2000-2 Oratorio di Anghiari

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1 PERIODICO DEL VICARIATO DI ANGHIARI E MONTERCHI N. 2 APRILE- MAGGIO 2000 Sped. in A.P. - art.2 comma 20c legge 662/96 Filiale E.P.T. 52100 AREZZO aut. Nr. 909 del 29/9/1997-Anno XXXIV-Per. del Vic. di Anghiari e Monterchi Con approvazione della Curia di Arezzo - Aut. Tribunale di Arezzo n. 5 del 28 aprile 1967 - Dir. Resp. Renato Bertini - Stampa Grafiche Borgo, Sansepolcro

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1 Sped. in A.P. - art.2 comma 20c legge 662/96 Filiale E.P.T. 52100 AREZZO aut. Nr. 909 del 29/9/1997-Anno XXXIV-Per. del Vic. di Anghiari e Monterchi Con approvazione della Curia di Arezzo - Aut. Tribunale di Arezzo n. 5 del 28 aprile 1967 - Dir. Resp. Renato Bertini - Stampa Grafiche Borgo, Sansepolcro

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PERIODICO DEL VICARIATO DI ANGHIARI E MONTERCHIN. 2 APRILE- MAGGIO 2000

Sped. in A.P. - art.2 comma 20c legge 662/96 Filiale E.P.T. 52100 AREZZO aut. Nr. 909 del 29/9/1997-Anno XXXIV-Per. del Vic. di Anghiari e MonterchiCon approvazione della Curia di Arezzo - Aut. Tribunale di Arezzo n. 5 del 28 aprile 1967 - Dir. Resp. Renato Bertini - Stampa Grafiche Borgo, Sansepolcro

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Sommario

La Domenica delle Palme di Vera Cuccini pag 2Le Fiere Antiquarie " 2Le feste di Maggio " 2Giubileo per l'Anno Santo del 2000 " 3Calendario Liturgico " 4Sante Messe festive e avvisi delle parrocchie " 5Il Palterre

Anghiari: la Battaglia e Leonardo di W. Del Sere " 6I mesi dell'anno di Armando Zanchi " 6Multe, buon senso... di Civis " 6Senza più tradizioni di Alessandro Bivignani " 6Beatitudini della sera " 7Segnali mobili di Civis " 7Carnevale della Gioventù " 7

Il Grande Giubileo del Duemila di don Q. Giorgini " 8Il FATTO di Enzo Panichi: La Croce ritrovata " 9La vignetta: Una collocazione sfortunata!! " 9L'angolo della poesia... e della prosa

Però di Maria Pia Fabiani " 10Aforismi di Turiddo Guerri " 10Gli amici della Motina di Odilio Goretti " 10Piove di Vera Cuccini " 11Il dilemma di Turiddo Guerri " 11A presto di Dante Madiai " 11Cuore di mamma di Maria Raffaelli " 11

Note dalla Misericordia a cura di Adriano BaccanelliAssemblea Ordinaria dei Confratelli " 12

Un'occasione di "conoscenza commossa" di L. Taddei " 12Angolo della Missione a cura di Franco Cristini

Le lettere da Kibakwe " 13Chiesa di S. Andrea a Catigliano " 13Gruppo Donatori di Sangue Fratres di P. Ganganelli

Un'autosufficienza nazionale non ancora raggiunta pag. 14Gruppo sportivo Fratres: Non solo calcio " 15Gita all'isola d'Elba " 15

Offerte per il Michelino e per l'Oratorio " 16Ho perduto un grande caro amico " 17Federica e Gianfranco Vené: Il mio ricordo " 17Che tempo fa! di Frido Camaiti " 17Il Sogliani, La Lavanda, I Busatti... " 18Cosa può servire al mondo artigianale... " 19ANGHIARI di Sergio Lombardi " 20Un nuovo Patto per lo sviluppo delle comunità locali" 21Da Tavernelle a cura di A. Bivignani

Notizie del G.S. Tavernelle " 22Scuola di Comunità " 22È carnevale anche a Tavernelle " 23

Dalle nostre parrocchie " 23La vignetta: Effetto sicuro " 23Leonardo in Anghiari per dipingere la Battaglia " 24Ricordando l'amico Pietro Nofri " 25Il nostro caro, vecchio Anghiari di Loris Babbini

Il Convento di S.Agostino: Prima Canonica " 26La Compagnia dei Ricomposti al BIT di Milano " 27Un giorno da ricordare " 27La battitura del grano di Flavio Mercati (II parte) " 28Fatti di casa nostra a cura di Walter Del Sere

Carnevale " 30S'ammazza il maiale! " 30Giovani toscani nel mondo " 30

Cronachetta dei fatti... " 31

I n c o p e r t i n a : L a c h i e s a d i C a t i g l i a -

ANGHIARI VI ASPETTA CON LA FIERA ANTIQUARIA

DOMENICA 9 APRILE 2000 e DOMENICA 14 MAGGIO 2000

La Domenica delle Palmedi Vera Cuccini

Lo squillo festosodelle campanesi perde lontanoportato dal tiepidovento della primavera.“Pace” sussurraagli uominidi buona volontàe “Pace” ci dicequella cioccadi Palme benedetteche, fuori dalla chiesa,stringe la piccola manod’un bimbo innocente.

3 MAGGIO 2000FESTE DI MAGGIOA D A N G H I A R IORE 20, IN PIAZZA BALDACCIO, ESTRA-ZIONE DELLA TOMBOLA E, SOTTO LE MURA DI ANGHIARI, SPETTACOLO DEI FUOCHI D'ARTIFICIO.

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Quando si celebra

Dal Natale del 1999 all’Epifania del 2001. Il Grande Giubileo del 2000 ha avuto inizio nella Notte di Natale con l’apertura della Porta Santa della Basilica di S. Pietro in Roma. Nelle Chiese locali l’inaugurazione del Giubi-leo è celebrata nel giorno di Natale. Nella nostra chiesa Cattedrale ha avuto inizio con una solenne celebrazione presieduta dal Vescovo.

Dove si celebra

A Roma, centro della cristianità; in Terra Santa, luogo della vita umana del Verbo; nella Cattedrale della Chiesa locale e in altre chiese che il Vescovo indicherà. Per la nostra diocesi, oltre alla chiesa Cattedrale, sono state indicate le Concattedrali di Cortona e di Sansepolcro, il Santuario della Verna, il Monastero di Camaldoli, il Santuario di S. Maria del Sasso e il Santuario delle Vertighe.Inoltre a tutti i fedeli è concessa l’indulgenza giubilare “in ogni luogo”, se si recheranno a rendere visita per un congruo tempo ai fratelli che si trovano in necessità o in

difficoltà (infermi, carcerati, anziani in solitudine, han-dicappati…), quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro, e ottemperando alle consuete condizioni spirituali, sacramentali e di preghiera.

Come si ottiene l’indulgenza giubilare

Confessione sacramentale e Comunione eucaristica.Pellegrinaggio a una chiesa giubilare oppure pellegri-naggio verso Cristo presente nei sofferenti, ai quali va offerto aiuto, presenza, amicizia, solidarietà.Preghiere: recita del Credo e di un Padre nostro, di una Ave Maria e di un Gloria al Padre, secondo le intenzioni del Papa.

L’indulgenza plenaria, lungo l’anno giubilare, può essere acquistata soltanto una volta al giorno, applicabile anche in suffragio dei defunti.In alternativa: rinunciare, almeno per un giorno, a consumi superflui offrendo il corrispettivo in opere di carità; oppure impegnarsi per un periodo di autentico volontariato religioso, caritativo o sociale.

Giubileo per l'Anno Santo del 2000Origine e storia (prima parte)

Il termine “giubileo” deriverebbe secondo alcuni dall’ebraico “jobhel”, che era il “corno di montone” suonato dai sacerdoti per dare l’annunzio dell’anno giubilare; secondo altri da una radice ebraica connessa all’idea del condono, remissione, liberazione.

I°Presso gli ebrei ogni settimo giorno era dedicato al riposo e al culto; ogni settimo anno costituiva l’anno sabba-tico, il quale comportava:- l’atto di remissione, con cui ogni creditore rimetteva (lasciava cadere) quanto aveva prestato al prossimo corre-

ligionario;- la liberazione degli schiavi ebrei, sull’esempio di Dio che aveva liberato Israele dalla schiavitù dell’Egitto.Al termine di sette settenni (cioè 49 anni), nel settimo mese dell’anno religioso (seconda metà di settembre) risuo-nava in tutta la Palestina la tromba che annunciava il Giubileo: anno di riposo, di rinnovamento, di ripristino della normalità sociale. Quest’anno di giubileo comportava:- il riposo dei campi, secondo le prescrizioni del Levitico (25, 11s): “non seminerete, né mieterete le rimesse di

quell’anno, tempo sacro per voi; ma potrete mangiare i prodotti spontanei che germogliano dalle radici o dai grani caduti l’anno precedente.” Tale prodotto spontaneo non doveva essere ammassato nei granai, ma poteva essere raccolto alla spicciolata da tutti;

- la proclamazione della libertà agli schiavi del paese, particolarmente a quei poveri che, non potendo pagare i debiti, avevano venduto il proprio servizio (non la propria persona) al creditore;

- il ripristino dei beni fondiari, basato sul principio che gli abitanti e i proprietari dei campi erano “protetti e accoliti del Signore” (Lv25, 23s)Il popolo ebraico doveva considerarsi come ospite della Terra Promessa e dipendente sempre da Dio, al quale

apparteneva la terra: nessuno perciò poteva acquistarsi una proprietà in perpetuo, ma per non più di 49 anni. Questa prassi tuttavia era già in decadenza prima dell’esilio babilonese.

L’anno sabbatico e l’anno giubilare erano un’applicazione pratica del principio che la terra apparteneva a Dio e quindi a tutti. Con l’istituzione dell’anno sabbatico e giubilare “si rimediava allo squilibrio nella ripartizione delle terre e nelle classi sociali” (A. Vaccari).

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CALENDARIO LITURGICO

Mese di aprile

2 aprile Domenica IV di Quaresima. Sante Messe se-condo l’orario festivo.4 aprile martedì. Primo martedì del mese. In Propo-situra alle ore 17 Ora di guardia con recita del Santo Rosario.6 aprile giovedì. Primo giovedì del mese. Si invitano i fedeli alla preghiera per le vocazioni.7 aprile venerdì. Primo venerdì del mese. Nella Pieve di Micciano alle ore 20 Santa Messa per il Gruppo uomini dei ritiri di perseveranza.9 aprile Domenica V di Quaresima. Sante messe secondo l’orario festivo.16 aprile Domenica delle Palme – De passione Domini. Alle ore 9,30 Santa Messa in Propositura. Alle ore 10,30 benedizione delle Palme presso la chiesa di Badia, da qui in processione ci rechiamo nella chiesa di Propositura per assistere alla S. Messa delle ore 11.Alle ore 18 S. Messa presso la chiesa della Croce.

All’avvicinarsi della sua Passione, Gesù sale a Gerusa-lemme cavalcando un asino, un puledro figlio di asina. È subito accolto da una folla festante che lo acclama Re-Messia cioè Colui che viene nel nome del Signore; al suo passaggio i mantelli sono stesi lungo il cammino e le palme vengono agitate gioiosamente. Riconosciamo anche noi la sovranità universale ed eterna del nostro Salvatore senza tradirlo come fece invece dopo poco gran parte del popolo di Gerusalemme.

Settimana Santa

20 aprile Giovedì Santo. Ultima Cena di Gesù. Alle ore 18, nella chiesa di Propositura, S. Messa vespertina solenne “In coena Domini” con il rito della Lavanda dei piedi. La Chiesa celebra in questa giornata l’istituzione della SS. Eucaristia. Al termine della Messa, visita in processione ai sepolcri nelle chiese paesane. Alle ore 21 nella chiesa di Propositura: Ora di meditazione.Con la celebrazione della Messa vespertina del Giovedì Santo ha inizio il “Triduo Pasquale” che comprende Venerdì Santo, Sabato Santo e la Domenica di Risur-rezione.21 aprile Venerdì Santo – “In Passione Domini”. In questo giorno meditiamo e celebriamo la Passione di nostro Signore Gesù Cristo che culmina con la sua morte in croce. Alle ore 11,30 circa del mattino ci troviamo alla Cappella dei Caduti per portare in processione il simulacro di “Gesù Morto” nella chiesa di Propositura. Un invito particolare ai bambini e ai giovani ad essere presenti a questa manifestazione.Alle ore 19, nella chiesa di Propositura inizio della So-

lenne celebrazione liturgica “In Passione Domini”.Al termine processione tradizionale per le strade del paese con il solito itinerario.22 aprile Sabato Santo. Gesù nel sepolcro. In questo secondo giorno del triduo pasquale si celebra il mistero della sepoltura: quel sepolcro vuoto, che prepara il trionfo al di là di tutte le apparenze, sottolinea nel cristianesimo l’importanza della Speranza. Alle ore 23,30, nella chiesa di Propositura inizio delle solenni celebrazioni liturgi-che che introdurranno alla S. Messa “In Resurrectione Domini”.23 aprile domenica – Pasqua di Resurrezione. Sante messe secondo l’orario festivo.“Il Signore è veramente risorto, Alleluja. Questo è il messaggio evangelico con il suo carattere decisamente positivo di gioia e di vittoria.

Inizio Tempo di Pasqua

Il Tempo di Pasqua abbraccia un periodo di cinquanta giorni, questo tempo è profondamente segnato dalla tre solennità in cui si snoda: Pasqua – Ascensione – Pen-tecoste.24 aprile Lunedì dell’Angelo. S. Messe secondo l’orario festivo.25 aprile martedì – San Marco Evangelista. Marco era cugino di Barnaba. Seguì l’apostolo Paolo nel suo primo viaggio missionario e poi anche a Roma. Fu discepolo di Pietro del quale riprodusse la predicazione nella stesura del suo Vangelo. La tradizione gli attribuisce la fonda-zione della Chiesa di Alessandria. Santa Messa alle ore: 11 nella chiesa di San Marco.29 aprile sabato – Santa Caterina da Siena Vergine e Dottore della Chiesa – Patrona d’Italia. Nata a Siena nel 1347 ancora adolescente entra tra le Mantellate di San Domenico. Spinta continuamente dall’ansia di perfezione e dall’amore verso Dio e verso il prossimo promosse la pace e la concordia tra le città italiane, difese i diritti e la libertà del pontefice romano e si prodigò per ristabilire la vita religiosa. Morì nel 1380.30 aprile Domenica II di Pasqua. Domenica in Albis. Sante Messe secondo l’orario festivo.

Mese di maggio

Mese dedicato alla Madonna

1° maggio lunedì. San Giuseppe lavoratore. Patrono del lavoro. Giubileo dei lavoratori.2 maggio martedì. Primo martedì del mese. Alle ore 17, in Propositura ora di guardia con recita del S.Rosario.3 maggio mercoledì. Santi Filippo e Giacomo. In An-

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SANTE MESSE FESTIVECELEBRATE NELLE CHIESEDEL VICARIATO DI ANGHIARI...

Ore 8,00 -PIEVE DI MICCIANO -CHIESA DI SAN LEOOre 8,30 -ANGHIARI: Chiesa di S. StefanoOre 8,40 -PIEVE DI SOVARAOre 9,00 -CHIESA DEL PONTE ALLA PIERA -CHIESA DI TUBBIANO -CHIESA DI CATIGLIANOOre 9,30 -ANGHIARI: Chiesa di ProposituraOre 10,00 -SANTUARIO DEL CARMINE -CENACOLO DI MONTAUTOOre 10,30 -CHIESA DI SAN LEOOre 11,00 -ANGHIARI: Chiesa di Propositura -PIEVE DI MICCIANOOre 11,30 -CHIESA DI TAVERNELLE -CHIESA DI VIAIOOre 12,00 -CHIESA DI TOPPOLEOre 18,00 -ANGHIARI: Chiesa della Croce

... E DI MONTERCHI

Ore 8,30 S. Maria della Pace Le VilleOre 8,45 San Michele Arc.lo a PadonchiaOre 9,30 CHIESA delle monache MonterchiOre 10 CHIESA della Madonna Bella PocaiaOre 11 S. Maria della Pace Le VilleOre 11,15 San Simeone profeta a MonterchiOre 16,30 (ore 18 estivo) San Simeone a Monterchi

Ultima domenica del mese chiesa di San Michele Arc.lo a Pianezze ore 15 (ore 17 estivo).

Catechesi per le famiglieCenacolo di Montauto

Dal novembre scorso sono iniziati gli incontri di cate-chesi per le famiglie tenuti da don Marco e dalle Suore del Cenacolo presso il Cenacolo di Montauto.La giornata inizia alle ore 19 e termina alle ore 21 dopo una semplice cena nel refettorio.I prossimi incontri: 15 aprile; 20 maggio; 3 giugno 2000. Ulteriori informazioni telefonando al Cenacolo.

San LorenzoSabato Santo - Ore 22: Santa Messa

ghiari festa del SS. Crocifisso. Sante Messe nella chiesa di Badia alle ore 9:30 e 11.Alle ore 17 in Propositura S. Messa celebrata dal nostro Vescovo Monsignor Gualtiero Bassetti che amministrerà il Sacramento della Cresima ai nostri giovani. Seguirà quindi la processione per le strade del paese fino alla chiesa della Croce.4 maggio giovedì. Primo giovedì del mese. Si invitano i fedeli alla preghiera per le vocazioni.5 maggio venerdì. Primo venerdì del mese. Nella Pieve di Micciano, alle ore 20, Santa Messa per il Gruppo Uomini dei Ritiri di Perseveranza.7 maggio Domenica III di Pasqua. Sante Messe secondo l’orario festivo.14 maggio Domenica IV di Pasqua. San Mattia apostolo. Sante messe secondo l’orario festivo. Giornata mondiale per le vocazioni.18 maggio giovedì. A Roma, in San Pietro, Giubileo del clero.21 maggio Domenica V di Pasqua. Sante Messe secondo l’orario festivo.22 maggio lunedì. Santa Rita da Cascia. Festa presso la chiesetta delle Suore della Ripa.25 maggio giovedì – Giubileo degli scienziati.28 maggio Domenica VI di Pasqua. Sante Messe secondo l’orario festivo.31 maggio mercoledì – Visitazione della Beata Vergine Maria a Santa Elisabetta. “Con un grido profetico Eli-sabetta accolse Maria: Come mai viene a me la Madre del mio Signore?”

Domenica 30 aprile Domenica in Albis

Da Micciano alle ore 16

Pellegrinaggio al Santuario del Carmine per la S.Messa delle ore 17 per la Consacrazione e consegna dello Scapolare

TAVERNELLEGiovedì Santo

Ore 16:30 Lavanda dei piedi e S.Messa in Coena Domini

Ore 21 Adorazione comunitaria.

Venerdì Santo

Ore 15 Adorazione della Croce.

Sabato Santo

Ore 23:30 al Cenacolo di Montauto Veglia pa-squale e S. Messa di Resurrezione.

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IL PALTERRE: dove gli anghiaresi parlano di Anghiari, e non solo

Il Gennaiofreddo e nevososolo a lettotrovi riposo

Il Febbraioche è il più cortoun po’ di soleesce accorto

Mentre Marzoè Primaverale lucertoleson di scena

E l’Aprilecon l’aprilantiche ci bagnatutti quanti

Mentre il Maggiosa di odoree si cogliequalche fiore

Giugno è bellonell’aspettofa il caldoper dispetto

Mentre il Lugliolunghe giornatecon il solefa a cornate

E l’Agostomese di feriefa il caldofuori di maniere

Il Settembresi distendeuva maturae il fico pende

Con Ottobrealle porteai doloried ossa rotte

Il Novembrecon i suoi Santisi sta a casatutti quanti

Il Dicembrenon è malec’è di mezzopure il Natale:

Multe, buon senso, educazione, senso civico, rispetto delle regole di Civis

Questi gli elementi in gioco nella circolazione e nella sosta dei veicoli nel nostro amato paese. Il fatto è che questi elementi, che dovrebbero essere sapientemente dosati, vengono usati a sproposito ora solamente l’uno, ora solamente l’altro.Risultato di questa situazione è che, come saluto, il nostro giovane parroco Juan Carlos, si è “beccato” anche lui la sua brava multa.Che l’argomento fosse complicato si sapeva. In occasione di un’assemblea pubblica di oltre un anno fa, dove l’ipocrisia la faceva da padrona, un cittadino arrivò a lamentarsi (segnalare?) che a lui non gli avevano mai fatto la multa benché parcheggiasse di frequente la macchina in divieto di sosta.Questo solo per dire che una persona che arrivi ad Anghiari crede che i segnali siano del tutto "ornamentali". Salvo poi incappare in quelle giornate...!È evidente che sono anche convinto che anche in altre località la situazione sia simile alla nostra: difficile da gestire. Comunque ci sono troppi segnali in giro!Se poi è vero che tutto mondo è paese, il nostro paese era così anche cinquanta o cento anni fa. E così mi sono ricordato di un appunto dell’archivio parrocchiale dove anche lì si parla di multa. Fu inflitta a Luigi Conti, padre del nostro compianto don Nilo e che recita: …perché alle ore 6,40 del giorno 30 luglio corrente [1928] lasciava vagare in Via Garibaldi [a quei tempi si chiamava così corso Matteotti] il cane di sua proprietà di colore nero senza la prescritta museruola.

I mesi dell’annodi Armando Zanchi Arezzo, 27/12/1999

Anghiari: la Battaglia e Leonardodi Walter Del Sere

Le manifestazioni (che ci auguriamo di largo respiro) organizzate dalla Amministrazione Comunale e dalla Pro Loco, si svolgeranno il 29 giugno in occasione del 560° anniversario dell’evento guerresco che deve la sua fama al “capolavoro scomparso” di Leonardo da Vinci. Al programma definitivo degli eventi mancano soltanto pochi dettagli da definire. Sicuro è il convegno internazionale di tre giorni al quale hanno già dato la propria adesione i maggiori studiosi mondiali di storia medievale e della vita del Genio del Rinascimento. Quasi certa la presenza di Piero Angela che dovrebbe partecipare in funzione di moderatore insieme all’altro noto giornalista televisivo Fernando Ferrigno. Certa è anche l’inaugurazione dello spazio espositivo dedicato alla Battaglia d’Anghiari con la ricostruzione del dipinto di Leonardo realizzata dall’artista bolognese Vittoria Chierici.

Mostra dell'Artigianato

nelle botteghe del centro storico di Anghiaridal 22 aprile al 1° maggio

Mostra delle acqueforti dello Schiaminossi

Museo di Palazzo Taglieschi (piano terra)15 aprile 7 maggio

Disegni Progetti OpereLuigi Vagnetti architetto15 aprile - 14 maggio

Anghiari, Sala Consiliare

Convegno su Architettura e paesaggio

Anghiari, Teatro dei Ricomposti13/14 maggio

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... Il Palterre

Beatitudini della seraBeatitudini della sera, che è anche il titolo della poesia, vorrei divenisse un spazio m cui riportare scritti di autori diversi tra loro, per origine, epoca e cultura: scritti dedicati alla condizione di coloro che hanno già contato, sulle proprie spalle, molte primavere. Grazie a ”L’Oratorio” per l’ospitalità attuale e per quella futura, se ciò sarà possibile. C .M. R.

Beati quelliche sanno farmi rivivere,evocandoli, i ricordidel bel passato.

Beati quelliche, incontrandomi,mi sorridono e mi regalanoil loro tempo.

Beati quelliche non mi dicono mai:“Questa storia me l’hairaccontata cento volte”.

Beato chi mi ha aiutato,soprattuttoquando non l’ho chiesto.

Beati quelliche s’accorgonoche la mia vista s’annebbiae che il mio pensierocammina a rilento.

Beati quelliche capiscono lo sforzodel mio orecchioper cogliere le loro parole.

Beati quelliche mi stanno accanto

Senza più tradizionidi Alessandro Bivignani

Ormai da alcuni anni stiamo perdendo la bella tradizione del “Ciccicoc-co”. È da ammirare infatti il gruppo di anghiaresi che ogni anno, porta avanti questa tradizione che ci tramandano i nostri vec-chi; il modo insomma di passare un carnevale in modo diverso dal solito, e anche per fuggire da una modernità e da un progres-so che troppo spesso ci fanno dimenticare alcuni valori e alcune tradizioni, come per esempio quella del Ciccicocco. Colpa forse di una società troppo “americanizzata”, grazie ai media, ma anche alle scuole. Ho infatti avuto modo di capire come le scuole sono riuscite a far dimenticare ai giovani le tradizioni anche della nostra valle, per lasciare posto a quelle di oltre oceano, come la festa di Halloween che, sorta di imitazione del nostro Ciccicocco, è entrata nella nostra mentalità comune, ed è riuscita a far mettere nel cassetto delle belle tradizioni simbolo delle festività del Carnevale nelle nostre valli. Mi ha rattristato il fatto che il 31 ottobre, vigilia della festa di tutti i Santi, alcuni ragazzi, vestiti da mostri e fantasmi, siano andati in giro per Tavernelle a chie-dere dei dolci (trovando persone che non sapevano neanche il perché), e il 2 marzo scorso, la giornata del Ciccicocco (il gio-vedì grasso), nessuno si è mosso per organizzare qualcosa di divertente e simpatico per questa giornata.

e mi ricordanoche sono sempre vivo,che sono stato amatoe che c’è ancoraqualcuno che mi pensa.

Beati quelliche rispettano il mio piedee la mia mano morta.

Beato te, ragazzo,che stamaninon mi hai gridato “Vecchio!”.

Beati quelliche bussano alla mia portanella solitudine dell’ospizio.

Beata te, sorella,che per il mio compleannomi hai portato un fiore.

E beati tutti voiche dalla sponda della vitamandate a noi- che passiamo all’altra riva -un saluto, un gestodi riconoscenza e di pietà,forse un ... bacio.

Ludmilla Cris

Segnali mobilidi CivisDavanti all'Ospedale (veramente sarebbe più corretto dire all’ex Ospedale), nel mese di gennaio, il divieto di sosta lì collocato stette a terra per alcuni giorni. Si dice sia stato qualche camion che l’ha fatto cadere a terra. Io ritengo invece che sia sceso da solo, visto e considerato che nessuno lo rispetta!!La frecciatina, cari lettori, è per gli automobilisti che, quando sono in regola, minacciano gravi sanzioni per chi sgarra, quando poi sono loro a commettere infrazioni vorrebbero che la “legge” fosse un po’ più elastica.

Carnevale della GioventùIntervista a Roberto Chieli: Siamo soddisfatti di come sono andate le due sfilate del Carnevale. Quest’anno si è aggiunto il concorso dei gruppi mascherati che ha portato gente e, soprattutto, entusiasmo nella gente. Speriamo che questa cosa au-menti sempre di più. Darà a noi lo stimolo a fare sempre meglio e a programmare la manifestazione del carnevale anghiarese pur in mezzo a tante difficoltà.Per le prospettive a lungo termine è necessario attendere l’elezione del nuovo Con-siglio (ci sarà quanto prima) che prenderà le decisioni più opportune affinché questa bella tradizione, voluta in prima persona dal Proposto don Nilo, non finisca.

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IL GRANDE GIUBILEODEL DUEMILA di don Quinto Giorgini

Il PELLEGRINAGGIO, altro segno del Giubileo, è l’oggetto del nostro discorso. Il gesto del pellegrinag-gio, fenomeno comune ad ogni fede religiosa, rievoca la condizione esistenziale dell’uomo e del credente che è simile a quella di un nomade, di un viandante o di un “viator” per usare una espressione teologica classica. Scrittori sacri e profani, teologi, filosofi e poeti, hanno fatto a gara nel paragonare la breve vita terrena dell’uo-mo ad un cammino faticoso verso una meta, verso il fine ultimo, verso Dio.

Chi non ricorda il primo verso della Divina Com-media “Nel mezzo del cammin di nostra vita...” con il quale il grande poeta esule, inizia a narrare il suo pel-legrinaggio nell’oltretomba, ispirandosi a quello fatto a Roma nel primo giubileo della storia?

Alla luce della Bibbia e della Storia bimillenaria della Chiesa, riflettiamo su alcuni tratti tipici del signi-ficato teologico-spirituale del pellegrinaggio. Il Vecchio Testamento ci presenta Abramo che, chiamato da Dio, lascia la patria, la casa di suo padre e diventa nomade e pellegrino verso una terra straniera indicatagli da un Dio invisibile e misterioso. Con Abramo inizia anche il cammino del popolo eletto, Israele, che vediamo schiavo in Egitto, peregrinante per quarant’anni nel deserto del Sinai, esule in Babilonia, sottoposto alle dominazioni persiana, greca, romana e poi disperso in tutto il mondo dopo la distruzione di Gerusalemme e del Tempio nel 70 dell’era cristiana. Il continuo e lungo peregrinare di questo popolo è preparazione ed immagine di quello di Cristo e della Chiesa. Il Nuovo Testamento si apre con il pellegrinaggio di Maria di Nazareth che con il concepito Gesù nel suo Grembo verginale si reca ad Ain-Karim sui monti della Giudea per visitare Elisabetta. Prosegue poi con quello fatto con Giuseppe verso Betlemme per il censimento e la nascita di Gesù. Sulle orme degli an-tichi padri, vediamo la S. Famiglia esule in Egitto per scampare alla strage di Erode. Pellegrini ogni anno al Tempio, andavano Giuseppe e Maria secondo l’usanza dei pii israeliti e quando Gesù ha dodici anni si reca con loro. Dopo la lunga pausa della vita privata nella bottega di Nazareth, Gesù riprende il suo incessante pellegri-naggio, percorrendo tutte le vie sassose e polverose dei villaggi della Palestina annunciando con la parola ed i miracoli la conversione e la venuta del Regno di Dio sulla terra Non avrà più una dimora fissa, mangerà e dormirà in luoghi occasionali o presso amici. Si presenta gradualmente come il vero Messia annunziato dai pro-feti indicando sé stesso come la via unica e sicura per andare a Dio-Padre, nelle parole di Gv. 14,6: “IO SONO LA VIA...” Certamente la via percorsa da Cristo passa per il Calvario, attraversa l’oscuro tunnel di una morte

espiatrice per sfociare nel mistero della Risurrezione ed Ascensione al Cielo. Come non ricordare il suggestivo racconto al cap.24 di Luca, dove il Risorto, appare sotto le sembianze di un Pellegrino che accompagna i due tristi discepoli incamminati verso Emmaus?

Terminato il pellegrinaggio di Gesù, sulla terra, inco-mincerà quello della Sua Chiesa Pellegrina nella storia. Subito dopo la Pentecoste lo sparuto gruppo degli apo-stoli e dei discepoli si disperse per tutte le regioni e città principali del vasto impero romano per l’annuncio della lieta notizia del Vangelo. Pietro, a cui Gesù aveva dato il mandato di “pascere i Suoi agnelli e le sue pecorelle” e di “confermare” nella Fede i fratelli, arriva a Roma, capitale dell’impero, sarà seguito poi dal convertito S. Paolo. Qui terminerà il cammino della loro vita, con il martirio, nella persecuzione di Nerone.

Le loro tombe, insieme a quelle di altri martiri, di-verranno la meta dei pellegrinaggi di cristiani di tutto il mondo. La Chiesa Romana è diventata perciò la diocesi del successore di S. Pietro “omnium ecclesiarum Mater et caput” cioè quella che presiede alla comunione di tutte le altre Chiese locali. La Roma cristiana, con la Sede del papa, con le sue quattro Basiliche maggiori, diventerà la meta principale dei pellegrinaggi giubilari lungo i secoli, cui si aggiungeranno poi i luoghi principali della terra santificata dalla vita di Gesù, Santiago di Compostela, S. Angelo sul Gargano, Assisi, Loreto ecc.

Nei tempi moderni sono diventate chiese giubilari, tutte le Cattedrali delle Diocesi, i grandi Santuari mariani di Lourdes, Fatima, Pompei ecc. e quelli locali scelti dai vescovi. Il più celebre pellegrino dei tempi moderni è il papa Giovanni Paolo Secondo che nei ventidue anni del suo pontificato ha percorso in largo ed in lungo tutto il mondo per portare a tutte le genti di ogni razza, lingua e cultura, il messaggio di salvezza, di fraternità e di pace del Vangelo. In questo anno giubilare ,il papa soddisfatto per aver introdotto la Chiesa oltre la soglia del Duemila, non si limita ad attendere le folle innumerevoli dei pellegrini e turisti che vengono a Roma, ma vuole coronare il suo intenso apostolato facendosi pellegrino lui stesso per le vie percorse da Abramo, Mosè, Gesù Cristo, unico Sal-vatore del mondo e dell’apostolo Pietro che da pescatore di Galilea divenne primo Vescovo di Roma.

Passiamo ora a considerare alcune modalità o aspetti pastorali da tener presenti per la riuscita di un pellegri-naggio.

La Commissione episcopale per la migrazione e il turi-smo, nel documento “Venite, saliamo sul monte del Signo-re” (Is. 2,3) del giugno 1998 afferma: “Il Pellegrinaggio consiste nel recarsi individualmente o collettivamente a un santuario o a un luogo particolarmente significativo

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per la fede, per compiervi speciali atti di devozione, sia a scopo di pietà che a scopo votivo o penitenziale, e per favorire un’esperienza di vita comunitaria, la crescita delle virtù cristiane ed una più ampia conoscenza di Chiesa”. Esso deve avere un carattere specificamente spirituale e religioso. Nella tradizione cristiana il pelle-grinaggio non è obbligatorio per nessun fedele. Infatti l’indulgenza plenaria si può ottenere facendo anche altre pratiche di pietà oppure opere di carità, tuttavia esso è utile se preparato e realizzato secondo le sue finalità. Il pellegrinaggio, contrariamente a ciò che potrebbe sembrare a prima vista, è una occasione propizia per ascoltare la Parola di Dio, per partecipare ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, per pratiche gradite alla religiosità popolare, per sostenere con la propria offerta le spese di culto e le opere di carità.

Il pellegrinaggio dovrà essere anzitutto un cammino interiore e non solo esteriore non dovrà essere conside-rato una gita turistica, una scampagnata, una evasione. Con ciò non si vuol negare che alla finalità prevalente religiosa e spirituale non si possa aggiungere anche quella culturale, artistica e ricreativa. Attraverso l’Arte sacra si può svolgere una catechesi itinerante specie per i più giovani.

Coloro che organizzano e guidano un pellegrinaggio giubilare, debbono tenere nel dovuto conto i suoi momenti costitutivi: la partenza cioè i motivi che spingono a partire. L’itinerario, il percorso con i suoi disagi, fatica, attesa ... ha un carattere penitenziale ed accentua il desiderio d’incontrarsi con Dio. L’arrivo alla meta, cioè al luogo sacro, il Santuario dove il pellegrino, in un clima misti-co di preghiera, di silenzio, di raccoglimento e di festa avverte la presenza del Signore risorto, della Madonna, la protezione di un santo, ascolta la Parola di Dio, si confessa, si comunica... ammira le bellezze artistiche, architettoniche e paesaggistiche di cui il santuario è testimone e custode.

Il ritorno a casa, se tutto si è svolto bene, con la stanchezza fisica, porta anche un nuovo entusiasmo, un senso di gratitudine al Signore, l’impegno di una vita cristiana migliore e il desiderio di raccontare agli altri l’esperienza fatta. Perché i frutti spirituali di un pelle-grinaggio rimangano, ogni pellegrino dovrà continuarlo nella vita quotidiana, senza lasciarsi assorbire dalle preoccupazioni, difficoltà e prove della vita.

Monterchi, 8 marzo 2000. Mercoledì delle Ceneri.

IL FATTO di Enzo Panichi

La croce ritrovata

Proseguendo con il suo lavoro di infaticabile ed esperto giardiniere della Maestà di san Francesco, il nostro amico Enzo è rimasto colpito da alcuni fatti successi ad una croce, che si trova lungo la via di Montauto.Racconta Enzo che quella croce (di quelle che si trovano in prossimità di vecchie chiese o cimiteri, di legno e con un basamento di cemento) esisteva già fin dalla sua infanzia ma, a causa dell’abbandono delle campagne circostanti, era stata tralasciata ed era purtroppo caduta per terra, con un notevole stato di degrado. Uno di questi giorni la croce era invece ritornata al suo posto, merito di alcuni uomini della squadra del Cinghiale, divenendo ben visibile dalla strada. Dopo questo atto di generosità anche Enzo aveva deciso di contribuire al rifacimento dell’opera. Così è andato nel posto e ha rifatto il basamento col cemento. L’entusiasmo gli è però passato in fretta visto che alcune persone avevano raccolto numerose bottiglie di plastica e di vetro intorno al basamento della croce, facendolo diventare così luogo per rifiuti.Così, un giorno di questi, mentre ero lungo la via con Rossano, mi si è avvicinato Enzo con la sua bicicletta, dicendomi di scrivere l’accaduto; non solo l’ho riportato molto volentieri, ma ho anche deciso di iniziare la ru-brica “IL FATTO di Enzo Panichi”, che uscirà con ogni numero dell’Oratorio. A.B.

La vignetta: Una collocazione sfortunata!!

Nel prossimo numero del giornale verrà pub-blicato un interessante lavoro curato da Monia Allegretti, Stefania Bargelli, Alessandra Peruzzi su Palazzo Corsi dal titolo: “Palazzo Corsi ad Anghiari: Breve storia ed ipotesi di restauro”.

In memoria di Roberto GiabbanelliSi ringraziano i tanti amici, i colleghi e le colleghe insegnanti e i bambini delle classi 1/A e 1/B di Anghiari per le loro offerte. La somma raccolta (circa due milioni e mezzo) verrà utilizzata per il restauro della tela raffigurante Sant'Anna nella chiesa della Propositura.

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Però…!di Maria Pia Fabiani

Non sono buongustaia, non amo il cibo;lo rispetto soltantoperché mi tiene in vita.Mi nutro in modo “asettico”e mangio su per giùsenza parteciparementre leggo o guardando la TV.Ma ieri m’è successo un caso strano.Aspettando ad Arezzo la corrierasono andata mezz’ora a curiosarein un supermercato non lontano.Niente di nuovo né d’interessantefino a che, ben in vista nel banconevedo un’insalatieracolma di ribollita bella caldaveramente invitante.Era una tentazioneperché gustata spesso in casa mia;e mi è rimasta intatta nella menteun’infantile, pura nostalgia.Poco distante, un’altra ghiotta cosa:quadrati d’invitante castagnaccio.Baldino e ribollita, che accoppiata!Sorridevo ai ricordidel mio tempo lontano.Rivedevo la mamma premurosaed il sorriso arguto di mio padre.E c’era la bontà senza confinidella zia Livia, bella e generosa,che d’estate ospitava noi bambininella serena villa di Castello.Tempo lontano, ti ricordo bello.Ho comprato i due cibi senza indugioe li ho mangiati subito, in viaggio.(Il cucchiaio? Ho comprato pure quello!)La zuppa era squisita ed il baldino-non esagero, credi- era divino!Mai fatto un pasto bello come questo!E comincio a capire quella genteche sta in cucina e che ci si diverte.Se i risultati son questa delizia,viva la brava cuoca che ci vizia!

Gli amici della Motina di Odilio GorettiAlla Motina sono vissuto per 8/9 anni e qui mi sono creato e ho mantenuto sincere cordiali amicizie.

Subiscol’umana costrizionedei miei sentimentidi ritornare là(dove vissila guerra e la miseria),a ritrovarepersone care.Ogni voltala stessaprofonda sensazione,gli stessipiacevoli ricordi,e dolorosidell’obbrobriodi quell’atroce guerrasenza giustificazione.Rivivere quei tempioffre il piaceredell’antenata amicizia,ma pur costringealla tristezzadel ricordodi tanti adolescenti amiciche limitaron la vitafino al loronefasto assassinio.Un fremito profondomi pervadee mi scuote:sempre,ogni volta che torno.Non possonon tornare:per non dimenticaree per rinnovareil grande piaceredi poter stareancoracoi miei amici.

Aforismidi Turiddo Guerri

A dare retta a tutti si fa ridere,ma a non voler consigli si fa piangere:se vuoi il saper nella tua mente incidere,raccogli il meglio ch’altri sanno spargere.

Aforismidi Turiddo Guerri

Non è per niente facile convivere,ma è necessario se si vuol vivere.

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Cuore di mammadi Maria Raffaelli

Era il lontano e freddo inverno del 1943, anno di guerra.Io, mia mamma e mia sorella eravamo sfollate,in campagna in casa di contadini.A quattro passi da noi, i nemici tedeschi eran vicini.La mamma allora insegnava in una scuola molto lontanae tornava da noi solo una volta la settimana.Nelle lunghe serate d’inverno, riuniti intorno al camino,quei vecchi coloni dicevano che il fronte era vicino.La situazione in generale era precaria,di giorno e di notte le cannonate volavano per l’aria.La paura era tanta,della mamma sentivamo la lontananza,della sua protezione la mancanza.Un fine settimana, proprio il giorno del suo ritorno,una tremenda tempesta di neve cominciò a imperversare.Il nostro pensiero andò subito a lei;la immaginammo sola per strada, sorpresa da quella tormentaincamminata in quella bufera di neve e gelido vento.Con nel cuore questo tormentodecidemmo d’andarla a incontrare.Era lunga, impervia ed abbondantemente innevata la strada,pur tuttavia raccogliemmo il coraggio,d’affrontar quell’impresa più grande di noi,che all’epoca eravamo ancora bambine.Impaurite e piangenti, dopo tanto cammino,scorgemmo lontano un puntolino.Man mano che si avvicinava la sua figura si delineava.Avremmo voluto correrle incontro ed annullar la distanza,ma la neve era alta, era impossibile data la circostanza.Ma quando alla fine fummo vicine,fu tale la gioia ed ancor più l’emozione,che quell’abbraccio fu una lunga fusione.Sulla sua fronte, pendevan dei capelli candelotti di gelo.Stringeva sul petto un pezzetto di pane incartato,che un contadino gentilmente le aveva donato.Di bocca se l’era levato ed a noi, unicamente, aveva pensato.Il suo tenero cuore questo bel gesto, le aveva dettato.Indelebile nella mia mente, e commossa or come allora,ho sempre presente la sua figura,proiettata in quello scenario, uniforme, di neve:incedeva con passo ormai stanco,stringendo a sé un piccolo involtoche in verità racchiudeva un pezzo di pane,ma anche un pezzo del suo grande cuore,un pezzo prezioso e stupendo del suo immenso amore.

Il dilemmadi Turiddo Guerri

Senz’essere sapienti tutti sannoL’alto valore della coerenza.È una virtù preclara e di gran contoPer cui le poche donne che ce l’hannoDestano ammirazion senza confronto.Ma quelle in cui preval l’incoerenzaSono molto più femmine, più vereE più buone del cacio con le pere.

Allora come scegliere si può?Solo i matti non fanno distinzioneE le mandano tutte a quel paese.Ma noi che siam forniti di ragionePrendere non dobbiamo le difeseD’una parte sì e dell’altra no.Possiam però fugar dubbi e travagliSeguendo il cuore; sempre che non sbagli.

Piovedi Vera Cuccini

Miriadi di piccole gocce,una dietro l’altra,cadono dolcementesull’asfalto lucidodella piccola strada.Piove sui maestosi cedrisulle piante fiorite di lillà,i petali aperti dei tulipaniaspirano l’umida linfacome arse labbra.Un profumo nuovosi spande per l’aria,un leggero vento s’insinuatra i rami bagnati degli alberigrondanti come teneri occhidi bimbi in lacrime…È la pioggia della primavera.

A prestodi Dante Madiai

Un abbraccio affettuoso al nostro Gostoche domani riparte per la Platase tu ritornerai per Ferragostotrovi la nipotina bell’e nata.Ugo con Antonella han fatto prestoun’altra famiglia nuova già formataperciò noi ti invitiamo a tornar prestocon la Marisa fa’ ‘sta passeggiata.

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NOTE DALLA MISERICORDIAa cura di Adriano Baccanelli

Discorso del Governatore all’Assemblea Ordinaria dei Confratelli 1999

Anghiari, 5 dicembre 1999 - In questi ultimi anni le funzioni, i compiti e l’attività della Misericordia, sono via via aumentate per l’accresciuta importanza che le organizzazioni di volontariato hanno assunto nell’im-pianto sociale del paese, oltre alle copiose e straordinarie produzioni normative, relative all’introduzione di impor-tanti novità di materia statutaria, fiscale e organizzativa riguardanti il cosiddetto “terzo settore”, quindi, anche la nostra Misericordia. Come giustamente rilevato dalla Confederazione Nazionale nel corso dell’Assemblea di Assisi, le Misericordie hanno conosciuto negli ultimi anni uno sviluppo ed una crescita quale era mai stata registrata prima: non solo in termini di quantità, ma soprattutto di qualità. Ciò si è tradotto in una maggiore competenza del personale preparato attraverso corsi di formazione; in un maggior numero di servizi espletati dalle Misericordie; nel 118 che assicura una qualificata presenza nel territorio di competenza, oltre ad una ac-cresciuta capacità innovativa e di progettazione delle Associazioni stesse. Si tratta tuttavia di primi passi verso obiettivi naturalmente e necessariamente più importanti e complessi: rivolti alle nuove emergenti povertà, alle difficoltà di una nazione e di un pianeta in rapida evo-luzione, (a tal punto ribadisco che ormai da quattro anni allineandoci alla politica Confederale e alla logistica di un disegno senza frontiere, abbiamo allacciato rapporti di fraterno aiuto rivolto non solo alle Misericordie ita-liane, ma anche a quelle di recente formazione in altri paesi, le quali, non sono in grado con i propri mezzi di espletare le innumerevoli opere che vengono loro quo-tidianamente richieste). La revisione poi degli attuali assetti dello stato sociale, imporranno al più antico ed importante organismo di volontariato di Anghiari, che è la Misericordia, di svolgere a tal proposito un ruolo di primo piano. Questo non significa “mettersi in mo-stra” a tutti i costi pur di apparire, ma implica di essere costantemente presenti nelle strutture della comunità, con professionalità, idee, progetti e proposte, che diano non solo un’immagine di credibilità, ma la coscienza di

ciò che rappresenta il volontariato espresso attraverso la Misericordia nel nostro paese. L’origine poi segnata-mente cattolica dell’Associazione, comporta un’ulteriore responsabilità: quella della “qualità a tutti i costi”, non solo nelle prestazioni, ma anche nei progetti mirati allo sviluppo delle relazioni sociali. Alla luce di ciò, il ruolo che attende la nostra secolare Istituzione nei prossimi anni, richiederà una politica tesa a poterlo svolgere nel migliore dei modi, che porti all’individuazione delle op-portune azioni che valorizzino le risorse umane presenti nella Misericordia. Occorreranno perciò formazione, impegno costante, professionalità e conoscenza; in so-stanza, la “parola d’ordine” sarà crescere.Si tratterà comunque di una crescita obbligatoria di progetto Confederale, e comune a tutte le Misericordie. Essa non può essere rimandata o celata per non correre il rischio dell’emarginazione, contrariamente, occorrerà darle un significato compiuto, per acquisire credibilità ed efficienza. Crescere non vuol dire però dimenticare le nostre origini, ma migliorarci rimanendo in linea con lo spirito dei Confratelli fondatori del 1564. Pronti ad accorrere presso i bisognosi che invocano Misericordia, e coloro che il sistema con le sue onerose regole ha emar-ginato. Nel rispetto dei principi e con lo scopo di sempre, che sono quelli del “Dio te ne renda merito”. Dopo il dibattito sul tema con distinte repliche da parte di Mario Del Pia, Pari Angelo e Pietro Ganganelli; l’Assemblea ha approvato unanimemente il bilancio consuntivo relativo al 1998, e quello di previsione 1999/2000. Si chiudeva così la mattinata che era iniziata con la celebrazione della S. Messa presso la Cappella della Misericordia, da parte di Don Marco Salvi Correttore dell’Opera Pia.

* Questo articolo era stato inserito nel numero scorso del giornale ma, per un errore del caporedattore, viene pubblicato ora scusandoci con i nostri lettori.

Una occasione di “conoscenza commossa” di Laura Taddei - L’opera d’arte è uno dei segni per eccellenza con cui il Mistero si comunica all’uomo che ha uno sguardo teso alla ricerca.La riscoperta della bellezza del dipinto “La lavanda dei piedi”, recentemente restaurato nella Propositura di Anghiari, è stata per me una circostanza significativa. Nel giorno dell’inaugurazione il rammarico per il mio ritardo che non mi ha permesso di seguire la presentazione iniziale, si è subito trasformato in stupore commosso di fronte al Cristo inginocchiato nel gesto di amore infinito per l’uomo. Ho percepito che la lavanda dei piedi non rappresenta solo il buon esempio che egli vuol dare a noi nei riguardi del nostro prossimo (“come ho fatto io fate anche voi”), ma fa pensare al mistero dell’Incarnazione: l’abbassamento di un Dio che ci ama così tanto da prendere su di sé il dolore e la morte, non prova disgusto per il male, ma si china sulle parti più sporche del-l’uomo, sulla sua meschinità e debolezza e, come i piedi degli apostoli, le lava e le bacia come gesto di Reden-zione. L’uomo non deve fare altro che accogliere il Suo amore, lasciarsi lavare e riconoscere nel gesto, benché silenzioso, la domanda di Gesù : “questo faccio io, Dio, per te. E tu? ”.

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Angolo della MissioneRubrica a cura di Franco Cristini

A testimonianza che tutte le vostre offerte sono arrivate a destinazione sono lieto di riprodurre alcune lettere che i frati cappuccini hanno inviato ai nostri parroci ringraziando tutti. Pace e bene

Buona Pasqua

Chiesa di S. Andrea a Catigliano da “Viaggio per le valli altotiberine” di don Ercole Agnoletti

Catigliano si trova sul versante destro della Sovara, su un rilievo nelle pendici del Poggio di Gnaccarino, tra il Rio di Tortigliano e la Sovara, a m. 338 s. m., in comune di Anghiari. E un nucleo rurale con chiesa dedicata a S. Andrea, nel piviere della Sovara.

La località e ricordata in un documento in cui è detto che Teudaldo, vescovo di Arezzo e fratello del margra-vio di Toscana Bonifazio di Canossa, donò intorno al 1030 tre poderi all’abbazia aretina delle sante Flora e Lu-cilla, posti in Catiliano, nel piviere di S. Maria in Suara.

Anche la chiesa è indirettamente ricordata nella presa di possesso della pieve della Sovara da parte del vesco-vo di Città di Castello, Davizzo, nel 1141, alla presenza, tra gli altri, del prete di Catiliano.

Per la visita alla pieve della Sovara da parte del vescovo castellano Niccolò del 14 febbraio 1268, fu dichia-rato quali erano le chiese del plebanato che avevano l’obbligo del censo al vescovo. Fra queste troviamo la chie-sa di S. Andrea di Catiliano.

Quando fu eretta la nuova diocesi di Sansepolcro nel 1520, il beneficio di questa chiesa divenne prebenda ca-nonicale del capitolo della cattedrale.

Nel 1639 la chiesa è dichiarata consacrata, con la celebrazione della festa annuale il 6 maggio. Sull’altar maggiore c’era una tela con l’immagine dell’apostolo Andrea e i santi Francesco e Carlo Borromeo. Vi era par-roco D. Marco Mercati dal Borgo San Sepolcro, con un reddito di 16 scudi e una popolazione di 60 anime am-messe alla comunione.

Dieci anni dopo, nella navata della chiesa c’era un secondo altare dedicato al Rosario. Sotto il pavimento c’erano quattro sepolcri. Il parroco abitava in una casa distante un tiro di sasso.

Nella visita del 1750 si fa cenno alla canonica. Per il sinodo del 1941 vi era economo spirituale D. Michele Maioli. La popolazione contava 250 anime. Nel 1979 la chiesa era servita da D. Giuseppe Fontana nato nel 1911 e ordinato nel 1937.

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Dal Gruppo Donatori di Sangue “Fratres”Anghiari

Se vuoi diventare un Donatore di Sangue o comunque far parte di questa Associazione

telefona ai seguenti numeri:

0575-723219 (Franca) 0575-788114 (Pietro)0575-749217 (Massimo)

Siamo sempre a disposizione per riceverela tua iscrizione!!!

Un’autosufficienza nazionalenon ancora raggiunta

È risaputo che i progressi della medicina e della chirurgia hanno costantemente accresciuto la necessità di sangue e derivati. Ciò verrà ulteriormente accentuato con l’entrata in vigore della nuova legge per il trapianto di organi.Va altresì sottolineato che le moderne tecniche della me-dicina trasfusionale hanno contribuito e contribuiscono a guarire molti ammalati e a salvare vite umane.Per questo occorrono più donatori periodici, più sangue e più plasma di cui purtroppo in Italia siamo ancora carenti.Infatti risulta dall’ultimo piano sangue e plasma 1999-2001, approvato dalla conferenza nazionale Stato-Re-gioni, che anche se nel nord Italia si registra un modesto esubero di sangue intero, purtroppo nel resto del Paese permane una carenza di oltre 200.000 unità. D’altra parte persiste anche una deficienza pari al 60% di farmaci plasmaderivati, per i quali dobbiamo ricorrere al mercato internazionale ed essere soggetti alle multinazionali del settore, con elevati costi per la sanità pubblica e con il pericolo di carenze di controllo sanitario dei prodotti importanti.Inoltre va segnalato con preoccupazione che nelle zone carenti, permane il ricorso alle donazioni occasionali e non periodiche, che accentuano i rischi per i riceventi.Le stesse disposizioni comunitarie in materia di standar-dizzazione e sicurezza trasfusionale, trovano notevoli difficoltà ad essere applicate tempestivamente ed effi-cacemente nel nostro paese, a causa della grande fram-mentazione del sistema trasfusionale, della mancanza di strutture di coordinamento, di adeguati meccanismi di

programmazione e finanziamento.Del resto i ritardi nell’aggiornamento della nostra le-gislazione e la mancanza di uno specifico programma nazionale per la promozione del dono del sangue per il rafforzamento delle organizzazioni delle associazioni di volontariato, sta comportando una tendenza alla riduzione del numero dei donatori.Di fronte alla drammatica realtà, è urgente ed indi-spensabile per il nostro Paese e per i nostri ammalati, raggiungere l’obiettivo dell’autosufficienza nazionale, di unità di sangue e suoi derivati e per seguire una maggiore efficienza del sistema trasfusionale, tenendo conto delle sollecitazioni e delle migliori realtà presenti in Europa.Per raggiungere questi diversi obiettivi occorre:a) che il parlamento approvi definitivamente il disegno di legge C71 di riforma della Legge 107/90, da tempo approvata all’unanimità dalla commissione affari sociali della Camera dei Deputati;b) che il Governo, il Ministro della Sanità, l’Istituto Supe-riore di Sanità diano rapida attuazione a quanto previsto nel piano sangue e plasma nazionale 1999-2001;c) siano prese iniziative informative, formative e propa-gandistiche di sensibilizzazione per aumentare i donatori periodici rigorosamente controllati, con particolare at-tenzione alle zone dove la carenza è maggiore;d) perseguire con rapidità l’obiettivo dell’autosufficienza nazionale, disponendo di adeguate misure finanziarie per permettere il potenziamento dei servizi di medicina trasfusionale.

La Presidenza nazionale

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Siamo arrivati nell’anno 2000 ed il Gruppo Sportivo Fratres Calcio festeggia i suoi 18 anni di vita. Infatti per volontà di un gruppo di amici, il 26 luglio 1982 si costituisce in Anghiari l’associazione di cui sopra, con lo scopo di promuovere la pratica dello sport a livelli esclusivamente dilettantistici ed amatoriali.Come indica il nome stesso, fin dalla nascita lo “sponsor” principale è stato il Gruppo Donatori di Sangue Fratres di Anghiari che ben volentieri ha intrapreso la strada sportiva, per promuovere le sue finalità di associazione di volontariato impegnata non solo nella donazione del sangue, ma anche nella promozione e diffusione della cultura della solidarietà umana e cristiana, tra la nostra gente.Nel corso di questi 18 anni il Gruppo Sportivo si è fatto conoscere ed apprezzare in ambito provinciale e com-prensoriale valtiberino, attraverso la partecipazione a campionati amatoriali di calcio, affiliandosi sia all’U.I.S.P. che al C.S.I. di Arezzo. Il dato rilevante da far notare è che circa 300 soci-atleti sono stati tesserati sino ad oggi con la “Fratres”, provenienti dall’intero comprensorio della valtiberina. A suggello di ciò sono arrivati anche i risultati sportivi, ottenuti sul campo (che non guasta mai!) e che insieme all’amicizia sono il collante necessario per andare avanti. Altra grande gratificazione per l’operato svolto in ambito calcistico è il gemellaggio sportivo, che la gloriosa Baldaccio Bruni ha voluto intrecciare con la “Fratres”, in occasione dei suoi 100 anni di vita. Quello

GRUPPO SPORTIVO FRATRES BALDACCIO BRUNI: NON SOLO CALCIO!

che comunque conta realmente, piace sottolinearlo ancora una volta, non sono tanto i pur graditi risultati sportivi, quanto l’opportunità che il gruppo sportivo offre a tutti i suoi iscritti di stare insieme, all’insegna della più schietta e genuina amicizia, contribuendo così al consolidamento di quei valori fondamentali quali la fratellanza, la socialità e la solidarietà umana.Nella stagione in corso la “Fratres” sta disputando il cam-pionato provinciale amatoriale categoria “Eccellenza” del C.S.I. di Arezzo, ottenendo ottimi risultati e occupando sistematicamente i posti alti della classifica. Anche se il cammino è ancora lungo e ricco di insidie, le prospettive per ulteriori soddisfazioni ci sono tutte.Senza nulla togliere, ed anzi siamo loro grati, a tutte le persone che hanno contribuito a rendere grande la “Fratres” negli anni, ci sembra doveroso ricordare i nomi di coloro che dal 1982 ad oggi sono ancora il punto di riferimento di questa società: Massimo Redenti, Enrico Piomboni, Patrizio Scartoni, Muzio Vellati, Veniero Vellati, Giuseppe Forasiepi, Osvaldo Crociani, Fausto Girolimoni, sino ad arrivare all’attuale presidente Mau-rizio Lacrimini.Augurando alla “Fratres” ottimi risultati anche in questo millennio, si ringraziano tutti gli sportivi anghiaresi che sostengono moralmente ed anche economicamente questa società.

La redazione sportiva

GITA SOCIALE 2000: UN GIORNO ALL’ ISOLA D’ELBADOMENICA 28 Maggio 2000

P R O G R A M M AOre 05:30 - Partenza dal Campo alla Fiera, con autobus G.T.;“ 08:45 - Arrivo a Piombino ed operazioni di imbar-

co;“ 10:45 - Arrivo a Portoferraio; visita alla città;“ 11:45 - Escursione in autobus dell’isola;“ 13:00 - Pranzo al sacco;“ 14:30 - Prosecuzione escursione dell’isola;“ 17:00 - Ritorno a Portoferraio ed imbarco sul tra-

ghetto;“ 18:15 - Arrivo a Piombino e partenza per Anghiari;“ 20:00 - Cena al sacco;“ 23:00 - Arrivo ad Anghiari.

* * *La gita è aperta a chiunque voglia parteciparvi, anche se un invito particolare è rivolto agli iscritti del Gruppo “FRATRES”, per i quali non è prevista altra comunicazione.

Il costo del viaggio è di £ 30.000 e non comprende il biglietto a/r del traghetto per l’isola (£14.000). Per i donatori attivi è previsto uno sconto del 30%, per cui il costo del viaggio sarà di £ 20.000. LE PRENOTAZIONI si ricevono da subito, come sempre, presso la nostra collaboratrice sig.ra Vesta Vellati, dell’ufficio Turistico di Anghiari, versando un acconto di £ 20.000, fino al raggiungimento dei posti disponibili (n° 55 ).

Il Presidente

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Acquisti FabianoAcquisti Pierangelo FirenzeAlberti Adriano MonterchiAlberti GianpieroAntonelli TaleteBabbini Angiola ArezzoBaldelli LuigiBalsimelli AdaBaracchi MariaBarna ErinoBartolini DomenicoBartolomei Anna MariaBassini Anna MariaBenedetti Alberto (Madonnuccia)Bergamaschi Alfredo LibbianoBianchini Bruno ViamaggioBidossi Renato ArezzoBigioli MariaBivignanelli Giovan Batti-

sta ArezzoBoriosi RinoBossi Camaiti Miledi Lona-

te PozzoloBrizzi Mario (Meliciano AR)Bruni Danilo TortiglianoBuscosi Apollonia MotinaBuscosi Apollonia MotinaBuscosi LeonieroCalli VincenzoCambi AscanioCambi MarioCangi DernaCangi GinoCangi OttavioCanicchi WertherCapucci GiuseppaCasi Emanuela San RufilloCatacchini Edda RomaCatacchini Elena Le VilleCesari AlbaCheccaglini MaurizioCheccaglini Renata MonterchiCherici SilvanaChieli Luciana MilanoCiternesi Claudio

Coleschi MauraCrociani CristinaDel Barba AngeloDel Gaia MiltonDel Pia AlessandroDel Pia Domenico ArezzoDel Pia MarinoDel Sere SecondoDell’Omarino/CardinaliDomestici BernardettaDon Bruno GiorniDonati Dino ColcellaltoDonati Sarti Adriano MotinaDonati Sarti VittorioDragonetti Vladimiro S.RemoDragoni MirellaErcoli RinoFabbriciani CesareFantoni DonatoFerrini SantinoFoni Duilio CerbaiaFoni Federico SienaFontana Anita ViaioFranchini AnselmoFrini Gilberto CesateFrulli DesiderioGattari PietroGelsumini MarcelloGennaioli Maria ColleGiabbanelli GraziaGiorni don Bruno S.SepolcroGiorni Eugenio FirenzeGiorni FrancoGiorni Giovanni Gardone VTGiorni GiuseppeGiorni VilmaGiovagnini LianaGoretti OdilioGorini Mario MonterchiGuadagni LuigiGuelfi PaolinoGuerrieri FernandoGuerrini GiulianaGurrieri OrlandoLamagna Liborio

Lanzi GiuseppinaLeonardi Angiolina Villa

d’Agri PZLeonardi IvanoLeonardi Viviana GenovaLeucalitti IvandroLeucalitti PaoloLocci AntonioLuzzi DanteMachi Elio S. M. LigureMafucci GastoneMangoni BrunoMaranesi Liliana RomaMarconi GianpieroMarcuzzi GiulioMari MarcellaMariani Rinaldo TavernelleMariani SantinoMarinuzzi dott. Aldo TriesteMartini Aldo e AthosMartini ClaudioMartini Leonilde S.SepolcroMatteucci PieroMazzoni NelloMercati FrancoMinelli TerziliaMondani BiancaMondani Camaiti EnricaMondani LuigiMondani OtelloMondani Otello ArezzoMondani Pietro CarmineMondani Pietro La CallaMonini LuigiMontagnoli SergioNicchi DesideroNicchi Domenica MugelliOmarini MarioPaci Felice PescaraPaci LucaPaci LucianoPacini StefaniaPancioni Maria RosaPanichi EnzoPanichi Paolina

Le vostre offerte per l'OratorioNel ringraziarvi ancora una volta per la vostra generosità continuiamo l'elenco dei nostri lettori che ci hanno fatto pervenire le loro offerte per il giornale. Mentre vi invitiamo a comunicarci eventuali omissioni od errori segnaliamo che nell'elenco del numero scorso non abbiamo indicato che la nostra affezionata lettrice Leonardi Carla è di Torre Pedrera, Gamberonci Luigi di Terranuova Bracciolini, Gennaioli Piero di Firenze e Gentili Laura di Arezzo.

Il nostro C/C postale è 11802527

Parente Ernesto MonterchiPennacchini PierinoPennacchini Pierino PinoPernici DolindaPernici DolindaPernici Domenica Meleto ARPetruccioli DomenicoPetruccioli ValentinoPierantoni Silvana BaldiPiomboni EnricoPiomboni Luciano TavernellePoggini Secondo ArezzoPolverini SiroProcelli AdrianoProcelli RinaldoProcida Antero IndicatoreRicceri NadaRistori Franco CapolonaRoselli ClaraRoselli AngiolinoRossi AndreaRuggeri AgostinoRumori FrancoRuti Rinaldi Magda, La BancaSalvi AmaliaSantini Nevio VicchioSassolini GiovanniSenesi NelloStaccini Maricla S.SepolcroStefanelli IolandaTesterini Franco e IrideTesti RinoTofanelli GuidoTuti MarcoTuti Paola RomaUlivi LucianaUlivi Ugo e DianaUna personaUna persona di ArezzoValbonetti FrancaValentini MarioVichi AngioloVichi Mario e CarloZanchi AntonioZoi Alfio Brescia

Ultime offerte pervenute per il restauro del quadro del Michelino a Santo StefanoIn memoria di Rosita Ruggeri L . 1 0 0 . 0 0 0Sassolini Alfonso L . 5 0 . 0 0 0B i d o s s i Renato L . 100.000D y n a m i s B i k e Anghiari L . 1 0 0 . 0 0 0Comune di Anghiari L. 1.500.000

Abbiamo raccolto fino ad oggi L. 16.412.000.Ricordiamo che la spesa complessiva comprendente

restauro, impianto di allarme e di illuminazione si aggira sui 35 milioni.

Ancora un grazie a tutti coloro che hanno contribuito a questo importante restauro e a quelli che

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Federica e Gianfranco VenéIl mio ricordodi Walter Del Sere

Aveva 51 anni Federica Borrione in Vené.È deceduta alla fine di gennaio, stroncata da

un male incurabile del quale se ne erano avute le prime nefaste avvisaglie alcuni mesi fa durante un breve soggiorno di Federica nella casa anghiarese che aveva acquistato anni fa insieme al marito Gianfranco Venè.

La triste notizia si è diffusa immediatamente tra i tanti amici, l’ex Sindaco Franco Talozzi in testa, della giovane bionda sposa dell’altrettanto sfortunato Vené, lo scrittore e giornalista ideatore di quel premio letterario che, negli anni 80, fece sì che il nome di Anghiari venisse conosciuto in tutta Italia.

Federica e Vené erano capitati in questo lembo di Toscana nell’estate del 1976 e ad Anghiari avevano trovato la giusta situazione e quel calore umano che gli consentì di sviluppare il progetto denominato “Premio Internazionale di Cultura Città di Anghiari” che tanto successo ebbe negli anni successivi.

Ad Anghiari i Vené avevano ristrutturato una bella casa nel cuore del centro storico, qui potevano contare su tanti amici, qui si erano sposati.

Poi, la malattia dello scrittore culminata con la morte sopravvenuta nell’autunno del 1992 ed ora la moglie Federica che lascia questo mondo per lo stesso male.

Di Federica resteranno il ricordo e la stima di chi ha avuto la fortuna di conoscerla: insostituibile compagna di vita di Gianfranco Vené.

Che tempo fa!di Frido Camaiti

45 giorni di temperature al di sotto dello zero termico al mattino; 8 giorni di gelo assoluto (mai il termo-metro sopra lo zero nell’arco dell’intera giornata e precisamente dal 21 al 24 dicembre 1999 e dal 25 al 27 gennaio 2000).Questi i dati delle temperature fino a tutto febbraio e chiaramente segnano il periodo invernale in maniera evidente. Ma quello che risulta abbastanza anomalo è la mancanza o quasi di precipitazioni. Infatti dalla fine di di-cembre a fine febbraio l’anticiclone delle Azzorre (quello estivo) si è impossessato del Mediterraneo e da quel momento solo rare volte è stata scalzata da perturbazioni “importanti”, ma solo per pochi giorni. Nella nostra zona siamo stati più fortunati perché qualche spruzzata di neve ai monti e qualche mezza giornata di acqua hanno un po’ alleviato la siccità.Ricordo quello che scrisse un esperto del tempo a lunga scadenza che in novembre dichiarò che l’inverno sarebbe stato molto asciutto e le vere precipitazioni abbondanti sia piovose che nevose sarebbero arrivate da metà marzo fino a tutto il mese di aprile (intervista a “La Nazione”).Dunque dobbiamo aspettare una quarantina di giorni prima di decretare la fine dell’inverno 2000.

5 marzo 2000

Ho perduto un grande caro amico(Guido Severi)

di Armando Zanchi Arezzo 7/2/2000Al caro Guidoche terra ha lasciatoun grande vuotoamaro ho provato

Tanti gli annipassati in sua compagniatra le risatee tanta allegria

Dopo il lavorotrovavamo ristoroa Garibaldiper parlare in coro

Anche il fotografoci fece l’ammucchiataa questa coppiadi amicizia innata

Sempre presentee sempre un salutonedi questo Guidogrande compagnone

Era per meuna parte di famigliacome lo sonoil figlio e la figlia

Anche con loroi legami sempre stretticome il padrelegato dagli affettiQuanto lavoro

duro à sfornatolontano da casaquest’uomo apprezzato

Una dura vitadi tribolazionema la famigliaera sua attenzione

Con la borsettapartiva la seraincamminandosiper la strada nera

Tanti gli annilontano dai suoi carima sempre felicedi ritrovarsi ad Anghiari

Qui i tanti amicilo stavano aspettandoperché era un amicoche non si teneva al bando

Era un amicopiacente e giovialecon la battutaci sapeva stare

Ora lassùritroverà gli amicigiorni di pacenon tristi e più grigi:

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L’amico di sempre Mario Del Pia mi sollecita a ricor-dare le parole senza schema che ho dette in occasione della presentazione dell’avvenuto restauro della “Lavanda dei piedi” del maestro Sogliani in Propositura. Non è affatto facile passare dai problemi quotidiani e dal pressing del lavoro a pensieri più alti come quelli da dedicare ad un piccolo evento dell’arte, ma la cosa immediata che mi viene alla memoria è che durante l’occasione sentivo costante la presenza degli spiriti di coloro ai quali questo restauro è stato dedicato.

Mio nonno Livio Busatti fuoco di fede applicata con tutti i limiti e le interpretazioni di noi umani, ma certo con tutto l’impegno possibile nel tentativo di trasformare in opere terrene la meravigliosa utopia del Vangelo.

Solo i beneficiari e qualche strettissimo collaboratore conoscevano il suo agire: non doveva sapere la destra ciò che la sinistra faceva, non dava pubblicità a ciò che faceva (come invece sto facendo) arrivava con opere di misericordia vera soccorrendo gli infermi stimolando e incitando gli sfiduciati lavando i cadaveri di coloro che morivano in abbandono e solitudine.

La signorina Vittoria Dragoni, che tantissimi anni ha passato assieme a lui e a noi, non può più sopportare l’odore dell’aceto (condisce infatti l’insalata con il limo-ne) perché quando tornava con il nonno da queste visite misericordiose aveva per ore e ore l’odore dell’aceto servito per la pietosa operazione.

Nel suo zelo egli per decenni (fino all’esplosione dei costi dovuti agli otto costosissimi nipoti Sassolini) ha scrupolosamente destinato alle opere di beneficenza esattamente quanto destinava alle spese di casa, una casa assai costosa con ortolano, donne di servizio e figlia Giuseppina all’università.

I più anziani ricordano ancora il suo impegno nel-l’opera dei ritiri di perseveranza le sue gite finalizzate ai ritiri spirituali a Roma, a Bologna e così via… il suo impegno per la Misericordia, per l’Ospedale. Ricordo nei primissimi degli anni ’50 l’arrivo in giardino a villa Miravalle, della nuova ambulanza (Fiat 1100/E) con la sirena con il manico, la grande curiosità di noi ragazzi tutti attorno, allontanati perché non facessimo danni. Mamma e zia a sera, con molto garbo e dandogli del lei, come usava a quei tempi, gli ricordavano le crescenti spese dovute alla famiglia numerosissima e lui tagliava corto dicendo la Provvidenza, la Provvidenza…

E mamma Cecca stessa tensione religiosa dedicata però alla formazione cristiana della famiglia; a noi figli dava solo degli addentellati sui quali era assolutamente intransigente e lasciava ampia libertà di movimento. Ri-cordo sempre una brevissima preghiera che ci faceva dire prima di dormire, una piccola preghiera scritta a quattro mani da lei e dalla nonna Romilda che recitava così:

Signore, Madonnina, fatemi essere buono; bene-

Il Sogliani, La Lavanda, i Busatti:storia di una famiglia e di un restaurodi Giovanni Sassolini

dite il babbo, la mamma, i nonni, i zii, i fratellini e tutti; portate in paradiso i nonni morti e dateci la pace; ascoltate le nostre preghiere; benedite la nostra Italia e gli infelici che soffrono (era stato aggiunto “proteggeteci dai bombardamenti”).

C’è un po’ il suo spirito di allora. Pensava soprattutto alla famiglia, ma non dimenticava gli altri con quel “tutti” e, soprattutto con “gli infelici che soffrono”; in questa infelicità e sofferenza mi sembra ci sia la tolleranza e l’universalità della sofferenza.

Lei era mente nata a forte sentire più che a meditare, ma la famiglia e la religione erano i limiti ed i valori entro i quali basava il suo comportamento.

Un enorme amore per l’arte e grande fiducia nella provvidenza divina nonostante le durissime prove alle quali la vita l’aveva sottoposta.

I suoi svaghi con noi fanciulli erano o una gita in campagna o una visita ad un museo, ad una chiesa e le sue spiegazioni non erano mai approssimative.

Negli ultimi anni se tornavo da una gita d’affari che non lasciava secondo me spazio ad altro essa mi ripren-deva perché avevo trascurato il museo Bardini a Firenze o una visita alla cattedrale di Piacenza con gli affreschi del Pinturicchio.

Per noi è stata una madre simbolo come forse tutte le madri italiane di quegli anni lo erano. La maternità era sacralità, era fecondità non inficiata dalle attuali realisti-che tecnologiche dissacrazioni. La televisione, arrivata in casa negli anni cinquanta, era ancora uno spettacolo serale a tempo ed era molto allineato e casto. La conversazione a tavola era a tutto campo. Il tema era generalmente una esortazione allo studio ed al buon comportamento. Erano frequenti ospiti sacerdoti o suore che restavano per più giorni. Ricordo degli ospiti estasiati per il panorama visi-bile dalle finestre tonde: erano quadri impressionisti con la nostra valle del Tevere senza le necessarie devastazioni del progresso agricolo ed industriale. L’unica costru-

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generino lavoro sempre più scarse, sarebbe necessario incentivare tutte quelle iniziative tese a creare nuovi posti di lavoro o a generare interesse anche di carattere turistico che facciano gravitare nel Paese afflussi esterni e di conseguenza anche lavoro.

Non è più pensabile che l’economia del nostro paese si regga solamente sull’agricoltura, alla quale peraltro si dedicano pochi giovani e in forma stagionale, o su di un turismo “mordi e fuggi”, cioè che non ha forme e strutture che permettano o invoglino i visitatori a fer-marsi nel paese.

La cruda realtà è che Anghiari sta divenendo un “Pae-se dormitorio” dal quale le persone partono al mattino per recarsi al lavoro in località più o meno vicine non del nostro Comune, per tornarvi la sera e passarvi la notte; con la conseguenza che tutto il movimento generato dal consumo che ciascuno normalmente attua nel corso della giornata (dal cappuccino o caffè al mattino o nella pausa di pranzo, il pranzo stesso, l’acquisto di generi di primo consumo o la classica spesa) vengono effettuati al di fuori delle realtà esistenti nel nostro Paese, durante la pausa pomeridiana o alla sera in attesa del pulman che li riporta al proprio domicilio.

Tutto questo genera un grave danno al tessuto eco-nomico del Paese e di conseguenza una involuzione alla tendenza di investire per creare nuove attività o per potenziare quelle esistenti.

Per invertire questo trend sarebbe necessario che i supporti logistici necessari venissero sviluppati con un programma preciso che coinvolga le Amministrazioni pubbliche (Regione, Provincia, Comunità Montana

e Comune) e gli Artigiani ed Imprenditori del luogo, ognuno nel proprio ruolo.

Le Amministrazioni con la proposta di incentivi finalizzati a produrre posti di lavoro verificabili, in particolar modo il Comune con scelte tese a rilanciare la produttività creando ad esempio Zone PIP per l’edi-lizia artigianale e della piccola e media industria ed applicando le percentuali minime sugli oneri propri in questo settore, per invogliare anche imprenditori esterni ad investire sul nostro Comune o quelli già esistenti a sviluppare ulteriormente la propria attività; tali scelte devono passare attraverso una volontà di programma che ponga al primo posto il rilancio delle attività produttive, attivare nel contempo tutte quelle iniziative di supporto tramite gli Uffici competenti per facilitare la burocrazia ed aiutare chi intende investire anche con interventi di carattere informatico e di ricerca.

Gli Artigiani o Imprenditori in genere, devono dal canto loro impegnarsi a sviluppare idee nuove al passo con i tempi e con le richieste di mercato, coalizzandosi ed investendo anche in progetti che magari non daranno immediato ritorno ma che proiettati nel tempo potranno generare un indotto allacciato fra le varie professioni che porterà a generare un movimento di gente nel nostro pae-se con conseguente richiesta di nuovi prodotti sui quali programmare ed attivare ristrutturazioni e riconversioni artigianali ed industriali per rispondere alle nuove richie-ste generando in tal modo posti di lavoro e rivitalizzando anche l’interesse turistico per la nostra zona.

Cosa può servire al mondo artigianale e imprenditorialeper rilanciare l’occupazione

In un paese come Anghiari, dove purtroppo le possibilità di lavoro sono sempre più rare e le iniziative che

zione vistosa era il capannone di Gricignano e l’unica luce fuori dal coro discreto l’insegna rossa del vecchio stabilimento Buitoni. Le nostre conversazioni a tavola erano pertanto poco laiche; solo crescendo i miei fratelli la tavola si vivacizzava perché il babbo, molto aperto, ci stimolava a parlare dei nostri amorazzi, delle nostre prime cotte e mamma partecipava e cercava di conoscere con molto garbo chi era l’alter ego, ma non gli ho sentito mai dire a nessuno di noi: quella non è roba per te. Data la sollecitata confidenza e il non divieto eravamo noi che arrivavamo a dire alla Cecca: «Mamma, che ne pensi della tale??» A quel punto il parere era assolutamente esplicito, breve e senza giri di parole: “Brava ragazza”, oppure “C’è di meglio”.

E don Vittorio? Don Vittorio è lutto troppo fresco per la nostra famiglia tutta. Egli è stato il cugino, il sacerdote, il confessore, il musico, la persona che riusciva a darti delle risposte brevi sulle quali eri costretto a riflettere perché nelle 5 parole c’era tutto. Delle mie 55 vigilie di natale, 50 di seguito le ho passate a Campalla, anzi 51 se

considero anche quella passata nella pancia di mamma e con me c’erano i miei fratelli: tutti, un vecchio famiglio Foscolo Matassi, tanti ricordi, tante forti sensazioni, non rimpianti. Durante il passaggio del fronte la nostra casa “Villa Miravalle”, attuale residenza dei nostri amici Calli, fu requisita dal comando tedesco di zona e ci furono concesse 6 ore per traslocare. Con le poche masserizie che riuscimmo a mettere insieme in quel poco tempo ci presentammo dai nostri parenti Bartolomei in Campalla. Alla vista di questo folto gruppo che stava davanti alla porta la mia zia Matilde Gentili Bartolomei rispose sol-tanto: “Venite c’è posto”. E c’era la guerra e nelle case non avanzava niente.

Noi figli di Francesca Busatti Sassolini ringraziamo pertanto la provvidenza che ci ha dato i mezzi per fare questo restauro, ringraziamo don Marco e don Juan Car-los che ci hanno consentito di mettere questa memoria anche se, purtroppo, a differenza del sor Livio non siamo stati capaci di fare un’opera di bene senza far sapere alla sinistra ciò che faceva la destra. Anghiari 14 marzo, 2000

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E invettive socio-politiche di carattere massima-listico presenti nell’attuale società, hanno suscitato in me la conoscenza di fatti storici che in parte giustificano la pianificazione del presente, quindi ho percorso Anghiari e zone limitrofe a ritroso negli anni, onde avere una spiegazione logica e costruttiva della struttura attuale del territorio. Geograficamente Anghiari si trova fra la valle del Sovara e la valle del Tevere, 43° 32' 24'’ di latitudine e 0° 25' 48' di longitudine a 429 m di altezza sul livello del mare con una superficie di 130,58 Kmq.Il nome Anghiari deriverebbe, a parere di alcuni storici dall’espressione “in glarea” in quanto il fiume Tevere ne lambiva il colle, per altri invece deriva da “castrum ang(u)lari” ed infine c’è chi dice che l’origine di An-ghiari risale al IV secolo. Secondo il Taglieschi nel 384 Bernardino di Angleria (Lombardia), lasciava la sua patria in preda ai barbari e fece costruire un castello su questa altura, infatti questo ammasso di roccia dovette sembrare l’ideale per difendersi facilmente dalle invasioni piuttosto frequenti in quel periodo. E. Ribustini afferma che esiste una carta datata 940 in cui viene ricordata la località di Anglare e presuppone che preistoricamente tutta la vallata alto-tiberina fosse coperta dal lago tiberino e acquitrini vari, inoltre in una carta poco successiva al 940 si ha una definizione di “castrum Angulare” da cui deriva certamente secondo Ribustini, l’odierno Anghiari. Castrum era un nucleo di case composto dal palazzo del signore comprendente la chiesa consortile e quindi la casa di qualche vassallo minore e il tutto cintato da un fossato per meglio difendersi dalle invasioni barbariche ma in questo caso tutto era facilitato dal corso del fiume Tevere.Originariamente in Anghiari esisteva solamente il Cassero cioè un edificio posto nel punto più alto della collina che oggi ospita tutto il centro storico di Anghiari. Non esistendo scritti precedenti al mille si ipotizza che il Cas-sero fosse un castello Longobardo. Il primo documento importante, tratto dai “codici del Taglieschi” inerente alla storia di Anghiari, riguarda la spartizione dell’asse patrimoniale del conte Ranieri di Galbino, tra i suoi due figli, Alberigo e Bernardo. Ranieri, di origine Longobarda (ciò risulta da un documento del 1070 da cui discesero i conti Barbolani di Montauto) fece prendere possesso a Bernardo del “Castellum de Anglare” con relativo distretto e chiese, delle quali divenne patrono. Con il governo di Bernardo questo primitivo nucleo abitato prende forma e diviene un vero e proprio castelletto, il conte Bernardo fu ottimo amministratore, ma pessimo politico, infatti commise ingiustizie e massacri atroci nei confronti dei sudditi, creando così un malcontento generalizzato ed infatti il suo dominio non fu molto lungo e presto gli succedette il figlio Bernardino. Tale

Bernardino fu personaggio chiave per gli avvenimenti che interesseranno il futuro di Anghiari, infatti Bernar-dino stesso, malato gravemente ed in fin di vita, con atto datato 7 Settembre 1104 dona tutti i suoi averi all’eremo di Camaldoli purché si provvedesse alla costruzione in Anghiari di un monastero ove deporre in sepoltura il suo corpo, tale monastero doveva essere dello stesso ordine e cioè Camaldolese. Queste volontà furono rispettate ed i frati Camaldolesi fecero costruire l’abbazia di S. Barto-lomeo con annesso monastero, costruzione terminata nel 1105. Questa fu veramente una svolta importante nella storia di Anghiari infatti ora in tutto e per tutto Anghiari è sotto il dominio dei padri Camaldolesi. Nel 1105 il papa Pasquale II° confermò il monastero Camaldolese suddetto, e con il titolo di visconte abate conferì al mag-giore dell’eremo Camaldolese, quasi un potere assoluto. Il citato lascito, fatto dalla famiglia Ranieri (Bernardino e la moglie Imeldina) viene preso come esempio dai numerosi signori della zona, i quali attratti dalla vitalità Camaldolese effettuarono donazioni a dismisura e dato che queste donazioni erano comprensive di terreni e persone ivi lavoranti, la popolazione aumentò di molto perché avvenne la concentrazione di ciò che era disperso, quindi inizia una mentalità aggregante di tipo comuna-le caratterizzata dalla presenza di “uomini maggiori e uomini minori”. Tale distinzione era basata unicamente sull’asse patrimoniale ed economico. Questo descritto è un periodo di prosperità e benessere per Anghiari, inoltre assistiamo ad un grande sviluppo delle attività artigianali, ma purtroppo per gli Anghiaresi questo periodo è di breve durata infatti (ora ci dobbiamo collegare ai fatti Italiani), era papa legittimo Innocenzo III° al quale Federico I° Barbarossa (sceso oltralpe) oppose Vittore V° e quindi si verificò un grande scisma. Naturalmente molti vescovi e monasteri ripudiarono l’antipapa attirandosi addosso le ire e le vendette dell’imperatore suddetto. Il monastero di Camaldoli fu fra quelli che rifiutarono di riconoscere l’autorità dell’antipapa. (continua)

A N G H I A R IOvvero la storia in breve del nostro paese raccontata da Sergio Lombardi

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Un nuovo Patto per lo sviluppo delle comunità localiL’avvento in Italia del Credito Cooperativo -attraverso le prime Casse Ru-rali- alla fine del secolo scorso, è stata la prima, reale, pratica opportunità per la gente comune di utilizzare servizi finanziari.

In oltre cento anni e per tutto il ‘900, il Credito Cooperativo ha permesso a milioni di piccoli agricoltori, artigiani, operai, imprenditori, professioni-sti, operatori del sociale e alle loro famiglie di ricevere fiducia, di ottenere credito, di migliorare la propria condizione di vita. Consentendo loro di realizzare le proprie aspirazioni, di costruire la propria prosperità, di far crescere le comunità locali e quindi un Paese intero.

I nostri predecessori hanno introdotto nell’industria bancaria i concetti e la prassi della respon-sabilità, dell’auto-aiuto, dell’impegno collettivo a vantaggio del bene comune, con l’obiettivo di promuovere princìpi differenti rispetto a quello del “più si ha, più è facile avere”, riuscendo quindi nell’intento di “includere” migliaia di persone nella vita economica e sociale.

Il socio è la nostra ragion d’essere.Il nostro scopo è rispondere alle sue esigenze finanziarie. Il cliente è la nostra ragione di fare e fare sempre meglio. La misura della loro soddisfazione è il nostro successo.

Nella nuova Europa unificata da una moneta comune, che abbatte frontiere e sembra trascurare i vecchi confini, il Credito Cooperativo –che origina dalle economie locali e di queste è l’artefice di sviluppo- non può non ripensare sé stesso per costruire un futuro nuovo di solidarietà e di demo-crazia economica.

Le nostre banche, dalla semplice attività di erogazione di credito e raccolta di risparmio, sono diventate fornitori globali di servizi, di prodotti e di soluzioni finanziarie. Di qualità. Senza dimen-ticare che la loro vocazione è quella di essere differenti per forza. Banche per le quali l’utile è uno strumento, non il fine.

Oggi noi responsabilmente firmiamo, e facendo ciò impegniamo la nostra storia e noi stessi, un nuovo “Patto con le nostre comunità locali”, con gli uomini, con le donne e le organizzazioni che le fanno vivere.

Oggi noi firmiamo un nuovo Patto con il nostro Paese.Abbiamo contribuito a costruire e a far crescere l’Italia, nella sua storia fatta di salti e di passaggi armonici, di strappi e di eccellenze.Di questa storia noi siamo parte fondamentale.

Ma oggi noi firmiamo anche un “Patto interno”, impegnandoci a cooperare in maniera nuova e più intensa tra banche, tra banche e organismi di servizio, tra banche e fabbriche di prodotti e soluzioni che abbiamo costruito nel corso degli anni. Ci impegniamo a cooperare come “sistema” di banche locali con altri “sistemi” cooperativi europei.

Gli impegni che assumiamo guideranno le nostre strategie e le nostre prassi.Da essi trarremo le regole di comportamento dei soci, degli amministratori, dei collaboratori.

Per tutto ciò, gli uomini e le donne che costituiscono il Credito Cooperativo si propongono di ri-spettare e promuovere la Carta dei Valori del Credito Cooperativo.Interpretando i princìpi che rendono la cooperazione di credito una formula viva e vitale per il Paese e per l’Europa.

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Da Tavernelle Rubrica a cura di Alessandro Bivignani

Notizie del G.S. TavernelleA seguito della festa sociale svolta lo scorso 5 feb-

braio 2000 nei locali del Circolo “La famiglia” di Taver-nelle, il consiglio direttivo del Gruppo Sportivo desidera ringraziare tutti coloro che hanno partecipato in maniera fattiva alla serata che, a nostro avviso, è sembrato sia stata di gradimento a tutti gli intervenuti. In primo luogo desideriamo ringraziare sentitamente le donne (Vanna Meazzini, Gabriella Magrini e Nerella Antonelli) che nel pomeriggio hanno fatto delle buonissime castagnole per tutti. Vivissimi complimenti anche al complesso “I Solero” che hanno egregiamente allietato la serata con i propri pezzi musicali. Non da meno, sono da ringraziare anche tutte quelle persone che hanno portato dei dolci o del buon vino.

Nella riunione svolta la settimana seguente il direttivo ha accertato la buona riuscita della festa, seppur senza notevoli guadagni, ma ha anche sottolineato la mancanza di una buona parte della popolazione di Tavernelle, in particolare dei soci tesserati, a cui era stato spedito un invito personale. Uno spazio della serata è stato riservato ad un piccolo aggiornamento sull’attività del gruppo, in particolare ai lavori straordinari eseguiti al campo sporti-vo ed alle strutture annesse; è stato anche puntato il dito contro gli atti di vandalismo che purtroppo continuano ancora a rovinare gli sforzi fatti per tenere a disposizione di tutta la popolazione di Tavernelle un ambiente pulito, curato ed efficiente.

Il Consiglio Direttivo

* * *Scuola di Comunità“Maestro, dove abiti? Venite e vedrete”di Laura Taddei di Tavernelle

Nella nostra parrocchia la catechesi degli adulti non viene svolta nel modo tradizionale, ma viviamo l’ap-profondimento della nostra fede attraverso la “Scuola di Comunità”.

Gli incontri si svolgono ogni mercoledì alle ore 21 in parrocchia e sono aperti a tutti: a coloro che non intendono ridurre la propria fede ad un far ansioso o a una sequenza di pratiche devote, ma desiderano anche mostrarla arricchita di giudizio e di ragioni; a coloro che spinti anche solo dal desiderio e dalla curiosità, come i primi discepoli, sono alla ricerca e si sentono interpellati come loro da Gesù con l’invito:

Venite e vedrete!Il termine “scuola” potrebbe far pensare ad un impegno

intellettuale, in realtà esso ci fa percepire che anche nella fede occorre imparare, e accostato alla parola “comunità” ci indica cosa: a far Comunione. Si impara -l’ho scoperto

negli anni- senza alcuno sforzo ma naturalmente, come un bambino che, preso per mano dai genitori, apprende le cose della vita. Infatti l’approfondimento è guidato non solo a recepire contenuti, ma soprattutto a metterci nell’atteggiamento di coloro che, incuriositi ed affasci-nati, seguirono Gesù per cercare da lui la risposta alla loro domanda di felicità.

Lo spirito di partenza è scoprire insieme il messaggio di don Giussani, attraverso i volumi del percorso indi-catoci. Quest’anno il testo letto e meditato con la guida di don Marco è “Il senso religioso”. Siamo partiti dalla consapevolezza che tutti gli uomini sono accomunati da un desiderio naturale, da una domanda di felicità che li porta alla ricerca del Bene supremo, dell’Infinito, del Mistero, in definitiva, di Dio.

Abbiamo capito che non è l’uomo, con il suo sforzo, ad arrivarci, ma è Dio stesso che viene incontro all’uomo. Il metodo che il Mistero usa per comunicarsi è anche oggi, come 2000 anni fa, l’Incarnazione, una presenza concreta che, qui ed ora, si rende visibile, incontrabile nel segno di una compagnia umana, la Comunità ecclesiale. “La Chiesa deve tornare ad essere un luogo praticabile dell’uomo di oggi, una trama di rapporti in cui egli possa fare un’esperienza umana profondamente interessante”. È necessario non guardare e giudicare “da fuori”, ma senza “pre - giudizi” accogliere anche noi l’invito di Gesù: Vieni e vedi! e, “stare con Lui stando con i Suoi”.

Come suggerisce Giovanni Paolo II “non abbiate paura di avvicinarvi a Lui, di varcare la soglia della sua casa, di parlare con Lui faccia a faccia come ci si intrattiene con un amico”. “La verità del rapporto tra gli uomini si svela così come appartenenza ad una compagnia”, l’altro, il nostro prossimo ci è messo accanto perché il Mistero si possa comunicare a noi.

La fede allora non è un fatto intimistico ma “cono-scenza commossa” (da cum-moveo = muoversi verso), non è un’entità statica, ma espressione del dinamismo dell’incontro con l’Altro.

Tutta la realtà, fatta di circostanze, rapporti, incontri, di amicizie, ci è donata come “segno” della Sua Presenza, perciò la vita di fede, oltre che testimonianza della vita eterna, diventa anche l’avverarsi della promessa del centuplo quaggiù.

I cristiani ci sono per vivere, non per prepararsi alla vita, dice il dott. Zivago nel romanzo di Pasternak. “Questa è l’origine dell’indomabile vena di letizia dei credenti che, mille volte ostacolati dalle drammatiche condizioni della vita, non si esaurisce mai”.

Bibliografia: citazioni dal testo di A. Scola “Gesù destino dell’uomo”.

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Micciano

A Micciano ci saranno tutti i riti della Settimana Santa a principiare dalla Domenica delle Palme e poi al triduo pasquale il Giovedì, Venerdì e Sabato Santo.

Giovedì messa dell’Eucaristia con l’Adorazione e con l’esposizione solenne dell’Eucaristia (che una volta erroneamente si chiamavano i sepolcri) che dura fino al Venerdì, alle ore 15 (l’ora della morte di Gesù). Alle ore 15:30 S. Messa.

Il sabato la Veglia pasquale viene celebrata alle 20. Poi il giorno di Pasqua ci sono le Messe festive. Parti-colarità di Micciano per la Domenica in Albis quando, alle ore 16, ci rechiamo in pellegrinaggio al Santuario del Carmine per le ore 17 per la celebrazione della Santa Messa. È questo un pellegrinaggio tradizionale molto sentito dalla popolazione. Da qualche anno don Marco ha aggiunto anche la cerimonia della consegna dello “Scapolare”.

Nel mese di maggio, ogni sera alle 19 (la domenica alle 17 con la meditazione mariana), si recita il Rosario in onore della Madonna.

Monterchi

La Domenica delle Palme, il Lunedì Santo e il Martedì Santo tradizione delle “Quaranta ore” nella chiesa di S. Simeone a Monterchi .

Il Venerdì Santo solenne Via Crucis dalla chiesa delle Benedettine alla chiesa di S. Simeone.

Lunedì di Pasqua festa a S. Biagio a Pocaia con pos-sibilità di confessione e comunione pasquale.

Durante il periodo pasquale verrà inaugurata la nuova porta della chiesa arcipretale di San Simeone a Monter-chi progettata e realizzata dall’Istituto Statale d’Arte di Anghiari in collaborazione con la falegnameria Puleri di Monterchi.

Durante il mese di maggio, mese dedicato alla Ma-donna, alle ore 20,45 al Santuario della Madonna Bella a Pocaia e nella chiesa delle Benedettine a Monterchi sacre funzioni.

San Leo

La Domenica delle Palme verrà celebrata con parti-colare attenzione sia a Tubbiano che a San Leo con la distribuzione del rametto di ulivo benedetto.

Nella Settimana Santa, il Giovedì, verrà celebrata la Messa in Coena Domini e, il Venerdì Santo, ci sarà l’adorazione della Croce: a San Leo alle 15:30 e alle 17 a Tubbiano, per dar modo poi di partecipare ai riti che si celebreranno ad Anghiari.

Nel pomeriggio del sabato il parroco sarà presente per le confessioni e, per chi lo desidera, per la benedizione in particolare di dolci e uova che verranno consumati nel giorno di Pasqua.

Nel giorno di Pasqua a San Leo la S. Messa delle 10:30 sarà accompagnata dal canto dei giovani della parrocchia.

Il 1° di maggio è da segnalare la benedizione delle foglie di giglio che poi saranno utilizzate per adornare le croci di vinco sbucciato da mettere nei campi il giorno 3, festa del SS. Crocifisso.

Santuario del Carmine

Domenica 30 aprile, Domenica in Albis, alle ore 17 S.Messa di Consacrazione e consegna dello “Scapolare” alle persone che si sono preparate.

Dalle Parrocchie

È carnevale anche a TavernelleLunedì 6 marzo si è svolta, nei locali del Centro par-

rocchiale, la consueta festa di carnevale per i bambini del catechismo della parrocchia di Tavernelle, organizzata dal gruppo delle catechiste. La festa, semplice ma gioiosa, ha visto la partecipazione dei bambini intervenuti ai giochi organizzati per l’occasione. Quest’anno, per decisione quasi unanime del gruppo delle catechiste, è stato deciso che i ragazzi non facessero a gara per la maschera più bella. È infatti una tradizione ormai abbastanza con-solidata quella che vede i ragazzi in competizione per la maschera più bella che, rigorosamente artigianale, deve essere strettamente attinente al tema formulato dal comitato organizzatore. I vari temi degli anni scorsi riguardavano la gara per fare il cappello, la coda, il frutto, il fiore oppure l’orologio più bello e fantasioso; (un anno la gara riguardò l’impersonificazione dei personaggi tipici di Tavernelle; per motivi che sono facilmente com-prensibili questo tema non è stato mai più riproposto), però con premi per tutti i ragazzi mascherati che sono rimasti sempre soddisfatti dell’iniziativa, checché se ne dica diversamente. A conclusione della festa non poteva mancare la merenda (per fortuna questa è stata mantenuta) fatta con i dolci artigianali delle mamme di Tavernelle, che ogni anno conclude in modo meraviglioso il gioioso ritrovo tipico delle feste di carnevale.

La vignetta: Effetto sicuro

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Leonardo in Anghiari per dipingere la “Battaglia”di Gigi Nono

cavaliere”.La storia lo ricorda fra i maggiorenti del Palazzo

Imperiale, un Centurione di Diocleziano che gli aveva dato l’ambito comando della prima schiera; mentre lui si faceva paladino dei fratelli cristiani soggetti alla per-secuzione, fino a subirne la stessa sorte.

Segue a questa inestimabile opera, l’ampia composi-zione della “Natività”, nella quale si nota ancora la mano dell’artista nelle figure del S. Giuseppe, dei re Magi e nella delicata immagine della Madonna, nella quale si ravvisa la similitudine in un disegno di Leonardo pub-blicato recentemente da una nota casa editrice.

Era il tempo rinascimentale quello nel quale si elevaro-no i colossi della pittura, quali: Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Perugino e il Leonardo del quale ricordiamo i rapporti di lavoro che egli ebbe in questa nostra terra con il “monarca” della pittura: Piero della Francesca e il suo amico fra Luca Pacioli.

Da recenti studi condotti da emeriti critici, sono stati annotai i seguenti fatti essenziali che illuminano ampia-mente un rapporto culturale eccezionale:

a) Leonardo copia le figure geometriche da Piero della Francesca (probabilmente al “Borgo” dopo che Piero era morto).

b) Leonardo che disegna le figure geometriche per Luca.

c) Leonardo che impara la multiplicazione de le radici da maestro Luca e dal medesimo acquista per 119 soldi la “Summa Arithmetica”, della quale ne trascriverà molte pagine nei codici “Atlantico”, “Arundel”, “Madrid II”.

d) Leonardo che veniva aggiornato da Luca Pacioli su tutta l’attività di Piero, del quale ne era l’esaltato cantore e teorico nella “Divina Proporzione”.

e) Luca fa sua l’opera di Piero: “De quinque corpo-ribus regolaribus”.

Il notevole rapporto diretto e indiretto avuto da Leo-nardo con i due grandi “burgensi”, convalida l’ipotesi che il pintore della Battaglia di Anghiari, sia giunto al Borgo per concretare l’immagine in compagnia di Luca, e poi ad Anghiari per concretare l’immagine della “Battaglia”, mentre è indubitabile che le iniziali inquadrature sui carto-ni le abbia tracciate qui durante quella visita. Una memoria lasciata dalla squadra pittorica leonardesca nella Domus

Mi dico veramente lieto, quale amico della storia e dell’arte, quando vedo di tanto in tanto rievocare in qual-che modo sprazzi del nostro non modesto retaggio storico e culturale, costituito da opere, fatti e personaggi.

Il riferimento trae dal titolo: “La Battaglia di Anghiari e Leonardo”. Oratorio numero 1 pag 30.

Finora, nelle tante note di disquisizione sull’opera perduta di Leonardo, non appare mai la presenza di Leonardo in Anghiari.

Evidentemente, questa assenza, a me pare dovuta al fatto che la terra di Anghiari è stata fin dai secoli passati la terra dell’oblio; per cui i fatti e le glorie antiche o recenti, qui non fanno testo.

Diversamente, riferendoci a questo eccelso pittore, appare certo che egli fosse qui giunto, dovendo assolvere all’incarico di illustrare pittoricamente la battaglia che vi fu combattuta in fine giugno 1440.

Egli doveva visionare il luogo dell’epico scontro, e questo gli fu reso assai agevole dai larghi spazi panora-mici che offrono le mura dell’antico castello.

Vogliamo immaginare il pittore “vinciano” davanti al mirabile scenario della valle sottostante, e al cavalletto con il cartone dove tracciò la sinopia della “battaglia”.

Egli giunse qui col seguito degli allievi o aiutanti, nel tempo che il vicariato era retto autorevolmente dal nobile fiorentino Guglielmo Altoviti. Di questa presenza sono rimaste tracce nella cappella Domus Orationis dove gli allievi ebbero occasione di ridipingerla in omaggio al Vicario che probabilmente ospitava anche loro.

A quel tempo la cappella era aperta in alto fino al tetto, non dimezzata dal soffitto dove ora poggia la sala del Sindaco. Tutto l’ambiente è ancora affrescato, e nelle pareti che si elevano dal piano terra si evidenzia a mano destra il S. Francesco che riceve le stimmate, probabile opera di Antonio d’Anghiari.

La figurazione che segue, a lato della porta di ingres-so, rappresenta il martirio di S. Sebastiano, un soggetto pittorico ambito da molti artisti desiderosi di misurarsi nelle opere classiche.

Infatti: il S. Sebastiano fu effigiato nel seguito di una gara silenziosa ed affascinante dal Tiziano, dal Luini, il Perugino, Antonio del Pollaiolo, il Francia, Antonello da Messina, Andrea Mantegna, Cosmè Tura, Hans Memling, Albrecht Duran, Joan Resach e Piero della Francesca.

Se è lecito immaginare che le opere di questi artisti sono popolari, destinate all’ammirazione di tutti e al loro giudizio, ritengo doveroso l’affermare che il no-stro S. Sebastiano, per il suo valore artistico, concorre sicuramente in primo piano fra tutti quelli eseguiti dagli artisti sopracitati.

L’opera rivela la chiara regia di Leonardo, nella quale egli ne propose fedelmente l’aspetto somatico, a memoria delle note tramandate dagli “Atti”, nella “Passio” e dalla “Leggenda Aurea” che lo esprime “Giovane bellissimo

Orationis, è documentata nella linea marginale posta alla base degli affreschi di sinistra, dove si legge graffita a stampatello nell’intonaco la frase : I VINCI. Evidentemente i discepoli di Leonardo si firmarono collettivamente per attestare l’opera compiuta, subordinando le loro ca-pacità personali a quella del grande “Maestro”.

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Ricordando l'amico Pietro No-feri

Da vecchio s’era fatto più serio. Sempre carino e disponibile era capace di attraversare la strada, coi suoi piedi a “guardabotteghe” per venire a stringerti la mano. Ma, da più giovane, aveva recitato con piena adesione al suo personaggio, il ruolo che si era assegnato nella umana commedia: il burlone!

Non colui che scherza perché si sente superiore e vuole metterti alla berlina ma colui che nella tua vita (che ha le sue lacrime!) vuole portare il sole del sorriso ed il sale del buonsenso. “Ridendo castigat mores” come dicevano i latini. A me ha insegnato a stare alle regole.

Avevo appena 16 anni (anno di grazia 1953) e una smodata paranoia, passione per la caccia. Col consenso del babbo, Pietrino mi aveva fatto avere la mia prima licenza. Ero pazzo di gioia e mentre mi facevo le cartucce pesando la polvere e il piombo col bilancino, sognavo ad occhi aperti la mia prima apertura e contavo le ore che ancora me ne separavano. La caccia si apriva allora per Ferragosto ma già qualche giorno prima certi fichi maturi sottocasa richiamavano una processione di rigo-goli dall’abbagliante livrea verde e giallo oro e il loro richiamo melodioso mi suonava come una sfida.

Non potei resistere e tirato su un capannuccio di frasche cominciai a sparare ai rigogoli (che chiamavamo “goli”) con delle cartuccine leggere dette dai capannisti “mezze dosi”. Nella quiete pomeridiana dell’estate i tonfi delle pur leggere cartucce rimbombavano come cannonate e qualcuno sapeva che sparavo ai goli prima dell’apertura.

Lo seppe anche Pietrino che, per insegnarmi a stare al mondo, me ne fece una delle sue. Mi viene incontro in piazza, serio serio e mi dice che tutti sapevano, che il maresciallo sapeva e che insomma, bla, bla, bla, la mia licenza era stata revocata e che lui avrebbe cercato di farmela riavere in tempo ma che non poteva giurarci. Io che già mi sentivo un Gnicche, gliela consegnai in silenzio, rosso in viso come un gambero.

Passano venti giorni di disperazione e di lacrime notturne ed il sabato avanti l’apertura, Pietro mi convoca nel suo ufficio a Casa Bartolomei e… “Non ci rifare” mi dice consegnandomi la patente. Ricordo che per la gioia sbattei, uscendo, una tale spallata sul portoncino che il giorno dopo, la sospirata apertura, non potevo alzare il fucile. Non era la prima volta che cascavo nelle sue trappole, doddolone com’ero.

Pietro veniva spesso invitato dai signori della Barbo-lana e di Galbino che si dilettavano delle sue facezie e dei suoi scherzi e uno di questi signori ebbe a regalargli un trofeo di caccia africano, un leopardo impagliato che subito Pietro utilizzò a modo suo. L’aveva sistemato nell’androne semibuio di casa e faceva dire a uno di noi ragazzi che ci aspettava a casa sua per una certa faccenda. Entrando nell’ombra dell’atrio, semiciechi per il sole che fuori dardeggiava, si veniva accolti da un tremendo rug-

gito e potevamo intravedere un grosso leopardo a bocca aperta che sbatteva la coda come se fosse sul punto di attaccare. Naturalmente la coda la manovrava lo stesso Pietro con un filo abbastanza lungo da permettergli di stare alla finestra a godersi lo spettacolo dei ragazzi che schizzavano via a razzo.

Io ci cascai subito ma qualcuno dei miei amici ci verniciò le mutande.

Uno degli scherzi più vispi ebbe come bersaglio il povero Urio che, dovendo spesso recarsi ad Arezzo per affari ed essendo sprovvisto di auto propria, usava chie-dere un passaggio a Pietrino che nel capoluogo doveva andarci spesso per le pratiche dei compaesani. Ecco che un giorno Urio vedendo sotto a Garibaldi quella che sembrava la seicento di Pietro gli va incontro e gli fa, al solito modo: “Non vai mica ad Arezzo?” E Pietro, pronto: “Guarda, prendo un caffè e vengo; tu intanto sali in macchina.” Pietro scompare nella bottega e Urio nella Seicento. Passa un po’ di tempo e un signore (il padrone della seicento) sale in macchina al posto di guida non poco sorpreso di trovarci dentro Urio che a sua volta gli dice: “Scusi, che viene ad Arezzo anche lei?”

Dopodiché all’imbarazzato Urio non rimase che prendere atto che Pietro aveva colpito ancora.

Per raccontare gli scherzi di Pietro non basterebbe un altro Decamerone. Ma bisognerebbe anche parlare dell’altro Pietro che per conto dei compaesani istruiva e sbrigava complesse pratiche nella giungla degli uffici burocratici. Del Pietro che conosceva tutti e tutti i più remoti distretti della nostra campagna e che a tutti ha reso qualche prezioso servizio. E della sua amata moglie dal nome poetico di Colomba, ostetrica di valore che ha fatto volare nella vita parecchi di noi tenendoci fra le sue mani (stavo per dire: fra le sue ali!). Ora Pietrino ci ha fatto ancora uno scherzo: l’ultimo!

Ci ha fatto ridere nella sua vita ma non ha voluto che piangessimo sulla sua morte: se n’è andato in silenzio, discretamente, senza nemmeno far affiggere i manifesti funebri. Ma noi lo ricordiamo e lo piangiamo ugualmen-te. Alfonso Sassolini

Ciccicocco 2000 - Come di consueto il Gruppo del Ciccicocco ha anche quest’anno fatto visita a famiglie anghiaresi portando un momento di allegria.

Al mattino sono state visitate le scuole materne ed elementa-ri ben accolti dai ragazzi e dagli insegnanti. Le famiglie ci hanno fatto le loro offerte che abbiamo così utilizzato: L. 100.000

Il Gruppo del Ciccicocco con Corea al Carmine

foto Francesca Madiai

per l'utiliz-zo del pul-mino della parrocchia e le rimanen-ti 457.000 sono state fatte perve-nire a don G i o v a n n i Gnaldi per la sua par-

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di Loris Babbini

La nuova Chiesa Propositurale della Madonna delle Grazie, detta comunemente “del Fosso”, alla fine del XVIII secolo, come all’inizio del successivo, visse anni tristi; ed ancor più tristi furono quelli durante i quali Anghiari fu dominata dal regime francese di Napoleone. Basti pensare, a tal proposito, che nell’arco di 20 anni furono soppresse ben 22 Chiese nella nostra comunità!

La Chiesa del Fosso, la nuova Parrocchiale, fu una Chiesa povera, e forse proprio in virtù di questa sua modesta luce poté superare quel triste momento, non rappresentando quasi nulla da poterci ricavare e poco da rosicchiare da parte dell’imperante governo napoleonico. È vero però che l’Opera della “Madonna del Fosso” fu anche coerede con la Comunità di Anghiari della cospi-cua eredità disposta da Messer Niccola Carocci, nobile anghiarese morto il 26 aprile 1710, per effetto del suo testamento del 21 precedente, consistente nella cosid-detta “Casa Carocci”, poi anche “Palazzo Doni”, il vasto edificio situato nel Borgo della Croce di Anghiari, con tutto quanto esso conteneva: masserizie, mobili, ricca e qualificata biblioteca, 41 dipinti, ecc.; ma è anche vero che l’allora costruenda Chiesa non poté mai entrare in possesso di siffatta donazione, a causa della successiva soppressione dell’ ”Opera” anzidetta, avendo già avuto termine la costruzione del sacro edificio.

È di tale periodo la seguente descrizione della nuo-va Propositura, secondo il contenuto di un documento esistente fra gli atti comunali dell’epoca: “La Chiesa Parrocchiale di S. Bartolomeo e Madonna del Fosso della Terra di Anghiari, non ha canonica, né abitazio-ne, né‚ giardino, né orto e né alcun recinto, avendo la pura e semplice Chiesa con la Sagrestia. Il curato ha il titolo di Proposto, non gode nessun terreno ed effetti per essere stati venduti dal Patrimonio Ecclesiastico di Firenze, sotto dì 28 agosto 1788 al Signor Benedetto Corsi, per la somma di scudi 29.000, soltanto possiede la Chiesa e la Sagrestia. La Cura di S. Bartolomeo, dichiarata Propositura, vi fu trasferita per rescritto del 24 luglio 1787.”

Non avendo locali di canonica, il Proposto abitava nel soppresso Convento di S. Agostino. Vi fu in proposito una decisione del Vescovo di Arezzo motivata dal fatto che la Chiesa di quel Convento fu annessa alla nuova Propositura. Per contro l’ex edificio conventuale ago-stiniano nel 1820 passò al Comune di Pistoia, cedutogli dal Governo Granducale, unitamente ad altri effetti,

in conguaglio di crediti; dopodiché l’edificio venne destinato all’uso di “fattoria”... con buona pace del suo plurisecolare ed illustre passato agostiniano!

Ma la situazione parrocchiale di quel tempo è chia-ramente esposta nella deliberazione del Magistrato Comunitativo di Anghiari del 13 luglio 1820 del testo seguente: “Che il Proposto Niccola Tuti, che attualmente abita detto Convento, era stato avvertito dal Fattore della Comunità di Pistoia, di lasciare libero detto stabile nel più breve termine.

Che il Vescovo di Arezzo, avendo destinato fino dalla soppressione del Convento di S. Agostino, la Chiesa ad esso unita per annesso alla Propositura di Anghiari, animato da plausibile zelo per la conservazione dei molti arredi ed utensili sacri appartenenti a detta Chiesa, con altri ne fecero acquisto all’epoca in cui venivano posti all’incanto del Ricevitore del Demanio, onde tuttora ai medesimi spettano la campana, l’organo, reliquiari, parati.

Che per andare al campanile, nell’organo, nella sa-crestia, cappella corrispondente alla Chiesa e pulpito e per aprire le porte della Chiesa, occorre transitare per il soppresso convento.

Che evacuando il Proposto dal Convento arrechereb-be grave danno e che tutte le volte che la Chiesa dovesse essere ufficiale, l’incorrerebbe nel pericolo di entrare in disputa con i nuovi abitatori del Convento.

Che dalla mancanza dei necessari arredi dall’allonta-namento del proposto pro-tempore e dai disordini sopra enunciati divenir ne potrebbe in seguito l’abbandono di questa Chiesa, tanto necessaria a questa Popolazione.

Riflettendo che il Proposto di Anghiari è privo di casa canonica, oggetto tanto necessario per questa dignità.

Che S.A.I. e R. il Granduca Leopoldo avendo ocula-tamente riscontrato in Anghiari questa necessità, emesse il benigno Rescritto 24 luglio 1787: “Che sia trasferita la Propositura di Anghiari nella Chiesa della Madon-na del Fosso, più bella, più grande, e più comoda al popolo, fabbricandovi subito la canonica rilasciando la vecchia cura dell’Abbazia (la Badia) per i bisogni del popolo.”

Che in seguito per ordine del Sovrano, da Mons. Vescovo di Arezzo, furono emanate disposizioni fra le quali quella delle erezioni di una canonica al Proposto di Anghiari, S.A.I. e R. benignamente rescriveva il 21 agosto 1787: ” Approvasi e facciasi come si propone ed

Il Convento di S. Agostino: Prima Canonica parrocchiale

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il Segretario del Regio Diritto dia gli ordini e parteci-pazioni occorrenti per l’esecuzione.”

Ma alla prova dei fatti queste sovrane decisioni non avevano avuto fino ad allora alcun pratico effetto, per cui il Proposto rimaneva sempre privo della canonica, anche se i rescritti granducali sopracitati vennero emessi dopo la soppressione dell’Abbazia (si intenda la Badia) e la sostituzione ad essa della nuova Propositura; dopo stabilite le congrue al Proposto ed ai Cappellani, si ri-scontrò un avanzo considerevole delle proprietà vendute e già appartenenti a detta Abbazia, di circa 14.000 scudi, versati alla allora Cassa Ecclesiastica di Arezzo.

Con tutto ciò fu giustamente valutato che il Convento di S. Agostino sarebbe stato più adatto a canonica che all’uso di fattoria, come era in quel tempo sotto la Co-munità di Pistoia, che non avrebbe continuato per un ulteriore corso di anni ad amministrare tali beni senza venderli o quanto meno affittarli. Poco aggravio sarebbe quindi venuto al Regio Governo nell’assegnare tale ido-neo locale al Proposto di Anghiari per uso della canonica, indennizzando adeguatamente la Comunità di Pistoia, dando così precisa esecuzione ai sopraindicati rescritti. Dopo considerazioni simili il partito comunitativo del 13 luglio 1820, così ebbe termine:

“Il Gonfalo-n iere propose di supplicare il Regio Trono, per ottenere a favore della Terra di An-ghiari e del Pro-posto, la fabbrica di S. Agostino per l’oggetto suddi-visato.”

Così fu che la supplica venne inoltrata e raccol-ta dal granduca.

Ma la soluzio-ne finale venne solo oltre cin-quanta anni dopo con la costruzione

La Compagnia dei Ricomposti al B.I.T di MilanoUna bella giornata condita di canzoni toscane e promozione turistica di quell’estremo lembo di regione che è la valtiberina toscana. Era questo l’obiettivo, pienamente raggiunto, della trasferta milanese della Compagnia dei Ricomposti di Anghiari diretta da Mario Guiducci che, sabato 26 febbraio, si è esibita alla Borsa Interna-zionale del Turismo di Milano. I “cantori” di Anghiari sono stati lungamente applauditi nelle 2 esibizioni po-meridiane che si sono tenute nei padiglioni della Fiera di Milano di fronte a centinaia di spettatori, all’interno della più importante rassegna europea del settore tu-ristico. Nei 30 minuti di ballate e stornelli c’è stato spazio anche per illustrare le attrattive del comprenso-rio: i capolavori di Piero della Francesca, la tradizione di artisti-artigiani, le bellezze naturalistiche, la storia

antica delle battaglie che qui si sono svolte, la più im-portante delle quali è stata quella d’Anghiari dipinta nel 1503 in Firenze da Leonardo da Vinci e scomparsa poco dopo. Un ottimo biglietto da visita quello fornito dalla Compagnia dei Ricomposti per la promozione di un territorio che sembra aver capito (non è mai troppo tardi) quanto è importante il turismo e quale valore ir-rinunciabile riveste la promozione della valle.

dell’attuale Canonica…Ma questa è un’altra storia!(Dai carteggi del nostro Archivio Storico locale)

Un giorno da ricordareIl 6 febbraio nella nostra famiglia è accaduto un fatto importante; si è sposato mio fratello. Molti di voi diranno: E a noi… ma io ho voluto scrivere questo perché per l’occasione cinque miei parenti d’Argentina sono venuti fin quassù a ben 12.000 chilometri di distanza facendoci sentire così importanti e così vicini.Io ho a lungo riflettuto su questo: viviamo oggi in una società in cui tutti sembrano infischiarsene gli uni degli altri. Io non voglio credere sia così; credo che se vogliamo possiamo essere più vicini e uniti alle persone a cui noi teniamo. Sono valori questi da trasmettere ai nostri figli.Ringrazio mio zio Costantino Giovagnini e mio cugino Giorgio Ruggeri i quali, anche se solo per poco, hanno voluto essere con noi in un giorno così importante. Grazie anche a zia Cesarina di essere stata presente e infine un grazie particolare a Giuliana e Alessandro i quali hanno vivacizzato la nostra casa, lasciando alla loro par-tenza un gran vuoto. Colgo l’occasione per ringraziare il nostro sindaco Maddalena Senesi, per essere stata così gentile e amabile nei confronti dei nostri “fratelli” argentini. Un grazie particolare a “Beppe” e Mirella: siete stati meravigliosi. Grazie anche a Simone e alla Compagnia dei Ricomposti e agli abitanti del Carmine sempre così disponibili verso i miei ospiti. Francesca.

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La battitura del grano dal passato al presentedi Flavio Mercati Seconda parte

Il LandiniIl dopoguerra vide il definitivo affermarsi nella battitu-ra del trattore, soprattutto del Landini e Superlandini. Questo trattore veniva costruito a Fabbrico, in provincia di Reggio Emilia, sin dai primi anni ’30, ma conobbe il grande successo, per le sue ottime qualità, solo dopo la guerra. Era capace di lavorare nei campi tirando l’aratro ininterrottamente per una settimana intera, dal lunedì al sabato, giorno e notte, con personale che si alternava alla guida; poi la Domenica, anche per lui, era giorno di riposo e di manutenzione. Il suo sempre più diffuso e possente chioccare era il simbolo di una laboriosità nuova nelle campagne, sempre meno basata sulla trazione animale e sempre più su questi nuovi mezzi. Sempre più raro era il “pio bove” e sempre più diffusi erano questi nuovi chiassosi esseri senz’anima.Con il diffondersi della meccanizzazione nelle campagne insieme ad un maggior uso di concimi aumentò anche la produttività dei campi e conseguentemente aumentò il reddito e migliorarono le condizioni di vita. Nelle case dei contadini comparvero le prime cucine economiche, le prime macchine da cucire a pedale in sostituzione di quelle a mano. Nei primi anni ’50 fu la volta della radio e, quindi, qualche anno dopo, arrivarono anche le prime moto e i primi scooter.Ritornando al Landini, il suo boom durò sino alla fine degli anni ’50 circa allorquando presero campo nuovi trattori con motori di concezione più avanzata. Rimase e rimane però nel cuore di molti amatori che ne conservano degli esemplari, li lustrano, li curano, li mantengono efficienti e ogni tanto li fanno sfilare per le strade orgogliosi del loro grande passato.

Battitura anni ’50Ormai nella battitura si fa esclusivamente ricorso alla forza del trattore, il motore a “foco” o quello a olio pesante sono ormai un lontano ricordo. Però, finora, ab-biamo solo trattato dei diversi sistemi di trebbiatura dalle prime civiltà al secondo dopoguerra. Soffermiamoci ora, invece, in modo più particolareggiato, su di una battitura. Prendiamone, come esempio, una dei primi anni ’50. Una media battitura richiedeva, in genere, 27 o 28 persone, senza contare macchinisti e imboccatori che andavano dietro alla macchina. Dalle nostre parti si batteva per circa un mese nel periodo che va, approssimativamente, dalla prima decade di luglio alla prima decade di agosto. Nelle zone d’alta collina o montagna (come Sestino, Badia), dove il grano matura più tardi, andavano invece anche a settembre. La battitura aveva anche un significato più specifico, più particolare, nel senso che stava anche ad indicare il battere presso una determinata casa a cui faceva capo un determinato podere, perciò ogni podere

aveva la sua singola battitura. Come succedeva e suc-cede nel lavoro in campagna questa operazione agricola durava un’intera giornata. Finito in un posto la macchina (insieme di trattore, trebbiatrice, scalone) andava in un altro e così via. La stessa macchina di solito faceva due battiture al giorno. Una sola se il podere era grande o, per i poderi piccoli, anche tre. La mattina si iniziava molto presto, fra le tre e mezzo e le quattro, “pel bel del fresco”, come dicevano in campagna, quando, “pel bel del fresco” si sarebbe stati bene anche a letto a dormire dopo il caldo della notte. Percorrendo al chiarore della luna e delle stelle vie, viuzze, viottoli, campi la gente arrivava alla casa dove si sarebbe battuto ancora mezza insonnolita, ma ci pensava subito il lacerante sibilo della sirena che dava l’inizio della battitura a svegliarla per bene. Tuttavia l’avvio era sempre un po’ stentato. Le persone, come si dice, non giravano ancora a pieni giri, ma non passava molto tempo che il lavoro prendeva il ritmo giusto e procedeva con alacrità mentre intanto si faceva giorno.Quando laggiù a est, nel cielo d’oro sopra le montagne appariva il disco splendente del sole, insieme al mera-viglioso spettacolo offerto dalla natura arrivava anche un certo languorino allo stomaco. Era allora che la battitura, per un quarto d’ora circa, si fermava e veniva passato un piccolo rinfresco, chiamato anche spuntino, a base, soprattutto, di torcolo e vinsanto campagnoli. Lo servivano delle ragazze, comunemente dette “citte” nel nostro gergo. Tutte ben acconciate nei loro vestiti lindi e rigorosamente sotto il ginocchio; alcune sembravano delle signorine di buona famiglia, intendendo dire si-gnorile, come delle padroncine in visita ai loro poderi in occasione della battitura, mentre in realtà appartenevano alla stessa gente a cui offrivano il rinfresco. Erano della casa o delle case vicine oppure parenti delle persone di quel podere. Sì, perché in occasione della trebbiatura venivano anche delle donne esterne ad aiutare quella dell’abitazione dove si batteva.Nelle faccende di casa c’era una divisione dei compiti come per gli uomini che lavoravano fuori. Le donne più adulte, le “spose”, pensavano a preparare da mangiare dove erano più esperte delle giovani mentre a queste era riservato il compito, diciamo così, di cameriere. E loro questo compito lo svolgevano volentieri perché così pote-vano mettersi un po’ in mostra e conoscere forse qualche attraente giovanotto. Magari da una conoscenza fatta sull’aia polverosa di una battitura poteva venir fuori un appuntamento per la domenica pomeriggio ad Anghiari, a ballare alla Pineta o a passeggiare, gustando un gelato, per il “Viale del Giardinetto” (Viale Antonio Gramsci), quando non c’erano il parcheggio e neppure le macchine che passavano ed era il luogo del passeggio domenicale. Poi, chissà! Da cosa nasce cosa, da questi incontri poteva

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edipìanche sbocciare un amore. Ma torniamo alla battitura che, fatto il rifornimento di torcolo e di vinsanto, riprendeva con maggiore lena. Non tutti i lavori che si svolgevano avevano lo stesso prestigio. Indubbiamente il lavoro che dava più lustro a chi lo svolgeva, se lo svolgeva bene, e che richiedeva maggiore abilità degli altri, era quello del pagliaista, del fare il pagliaio ed ancora di più del capo-pagliaista.Il pagliaio veniva fatto intorno ad un lungo fusto di legno ben conficcato nell’aia, chiamato “metullo”, nel linguaggio di alcune amministrazioni agricole locali, e nel linguaggio campagnolo “mitulo”. Il vero nome era stollo. Il pagliaio doveva partire con una certa ampiezza, allargarsi piano piano, formando una specie di pancia, poi rientrare gradualmente, finendo a cono, a punta ar-rotondata. Gli veniva data questa forma affinché l’acqua piovana scivolasse via il più possibile. Se il pagliaio veniva iniziato troppo stretto in relazione alla quantità di “manne” da battere, c’era il pericolo che alla fine avanzasse della paglia, se veniva iniziato troppo largo poteva accadere che la parte superiore finisse in un cono troppo schiacciato, troppo piatto con il pericolo di infiltrazioni di acqua. Inoltre c’era da tenere conto delle esigenze estetiche, della bella forma: fra le varie parti, la parte inferiore, quella centrale e quella superiore, vi doveva essere un giusto equilibrio, nessuna delle tre doveva prevalere sulle altre o, perlomeno, non molto. Non bastava neanche iniziare bene dal fondo, occorreva regolare continuamente la forma in base alla quantità di grano nel barcone che rimaneva da battere. Comunque una pagliaio fatto bene dal punto di vista della funzionalità riusciva anche bene esteticamente. Ecco! Il pagliaista doveva tenere conto di tutto questo. Se il pagliaio veniva bene, erano lodi, però se riusciva male, non si rimediava, rimaneva lì per alcuni mesi, fino a quando non veniva consumato, come indelebile marchio negativo su chi l’aveva fatto. Gli addetti al pagliaio erano di solito divisi in due squadre, in media di quattro ogni squadra, che si davano il cambio. Il capo-pagliaista apparteneva ad una squadra ma, quando era smontato, da terra controllava anche il lavoro dell’altra squadra.Altro lavoro che dava un certo tono era lo stare alla “pesa”, cioè pesare le balle riempite di grano che venivano portate dalle “bocchette” della trebbiatrice, affinché venissero tutte dello stesso peso. Era un lavoro di precisione che permetteva anche di scambiare qualche parola con il proprietario del podere o il fattore, per esempio sulla “resa” del frumento. Gli altri lavori erano più umili, da bassa truppa. Disquisendo, disquisendo siamo arrivati all’ora della colazione nella battitura che era verso le sette e mezzo-otto (ora solare, quella legale non esisteva). Le donne stendevano delle tovaglie bianche e pulite su delle casse d’uva rovesciate e accostate insieme o su qualche prato, stendevano stoviglie e posate, poi arrivavano le pietanze. Pomodori al tegame con uova intere o sbattute, fagioli lessi con tonno o senza, pomodori crudi, spaccati o a fette con uova sode, salame, finocchiona, prosciutto,

spalla erano i cibi più comuni. Se si era in un podere di collina o montagna dove venivano allevate le pecore, si poteva pure trovare del buon formaggio pecorino fresco, molto apprezzato da quelli che venivano dalla pianura dove questo allevamento non c’era e non c’era neanche o quasi questo suo prodotto. Il tutto annaffiato da vino più o meno buono. Quando la battitura riprendeva, il sole cominciava già a dardeggiare, a farsi sentire. Dopo un po’ arrivava una visita: era il frate da cerca con la miccina ed il barroccino e spesso accompagnato dal garzone. Nelle campagne d’Anghiari il collettore delle elemosine per il Monastero della Verna era fra’ Damaso (in dialetto Fradamise) che aveva l’ospizio dove adesso c’è la nuova sede della Misericordia. Nel dopoguerra le elemosine erano un po’ misere. Avanti guerra, invece, era diverso, soprattutto perché c’era quest’usanza: la famiglia dava al frate mezzo staio o uno staio di grano ed il frate rilasciava un’autorizzazione scritta a trascorrere tre o quattro giorni alla Verna a spese dei frati. Finito il periodo delle battiture gruppi di famiglie, con le autoriz-zazioni in tasca, partivano a piedi e allegre e spensierate a branchi, prendendo tutta la strada, tanto le macchine non passavano, se ne andavano al Monastero. Trascorsi i giorni di permanenza autorizzati, ritornavano giù sempre a piedi e partivano altri componenti della famiglia (non potevano partire tutti assieme lasciando sola la casa, c’era il bestiame da governare). In quel periodo c’era anche la consuetudine di dare del grano ai festarini della festa dell’Ascensione al Carmine per partecipare al pranzo in occasione di quella festa. Alcuni lo davano anche per partecipare alla merenda, sempre al Carmine, in occasione della festa di S. Vincenzo Ferreri. Negli anni ’50 conti-nuava invece, l’appalto, così si chiamava, con il fabbro e, in alcune famiglie, anche con il barbiere. Davano cioè uno staio di grano, ma non in occasione della battitura, a ciascuna di queste persone, in cambio di tutte le loro prestazioni annuali. Caso curioso, ma forse allora non tanto, a proposito del barbiere: non erano le famiglie a venire al suo locale, ma era lui che andava a casa loro, ogni tanto, secondo “contratto”, e dava una sistemata (capelli e anche barba e baffi a quelli che l’avevano) alle teste di tutti gli uomini e ragazzi, alle donne niente, anche perché quasi tutte avevano la crocchia. Ai ragazzi, capelli a zero alla “Umberto”.

La rievocazione di una battitura a Tavernelle nel 1997.

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Fatti di casa nostraovvero la pagina di Walter Del sere

Carnevale - Grazie anche alla tiepida giornata primaverile, che ha consentito a tanti bambini di trascorrere un allegro pomeriggio di festa, si è conclusa con un gran pienone la seconda sfilata del Carnevale della Gioventù di Anghiari. I bambini, come da classico, hanno preso d’assalto il trenino, mentre i gruppi folkloristici di Vicchio sul Mugel-lo e “La Mezza Età” di Lama (veramente bravi ed affiatati), intonavano marcette bandistiche e brani musicali d’atmosfera. Nel secondo corteo, ma fuori concorso, hanno sfilato pure i simpatici ragazzi di Tavernelle con la riuscita parodia delle gesta di “Black Magic” con tanto di orzate e strambate di circostanza. I finti neozelandesi di Tavernelle, tutti di nero vestiti ed abbronzati, piazzati sul carro allegorico che prendeva bonariamente in giro le gesta dei velisti impegnati nella America’s Cup, si erano infatti aggiudicati il primo premio al concorso mascherato della Domenica precedente. Ironia della sorte, al secondo posto si erano piazzati i componenti di “Luna Rossa”. Al terzo posto invece gli “M & M” del Bar Baldaccio. Il concorso del 12 marzo ha visto la vittoria di misura dei biturgensi di “Anonimo Veneziano” con i loro bei costumi. Al posto d’onore, l’allegra comitiva di finti napoletani accompagnato da un Vesuvio di cartapesta e pizze, finti Maradona e tarantelle a go go. Al 3° posto i ragazzi del “Fritto misto” vestiti con improbabili calamaretti, vongole ed altri molluschi di gommapiuma.Tutto più che bene, dunque? Non proprio. Nella domenica conclusiva la polemica era agitata da alcuni cartelloni listati a lutto che denunciavano l’indifferenza e l’egoismo di tutti coloro che hanno decretato a vario titolo la fine del Carnevale della Gioventù di Anghiari. Tutto ciò avverrà il prossimo 30 aprile quando la Società del Carnevale verrà sfrattata dal capannone che alloggia i carri e dove i volontari lavorano per tante settimane ad allestirne di nuovi. Così, se non interverranno fatti concreti, il Carnevale di Anghiari potrebbe finire per mancanza di spazi adeguati. Arrivederci al prossimo anno ? Il punto interrogativo, vista la situazione, questa volta è d’obbligo. E sarebbe un gran peccato se dovesse finire così il più bel Carnevale della valtiberina.P.S.: il “Sambudellaio”, seppur privato per motivi igienico-sanitari degli insaccati di maiale appesi alla canna da pesca

S’ammazza il maiale - Non ha deluso le aspettative la terza edizione della “Spezzatura del maiale all’antica maniera toscana”, organizzata dalla Pro Loco di Anghiari in Piazza S. Agostino nel tardo pomeriggio di Venerdì 10 marzo. Ebbene, i “norcini” anghiaresi (dai Papini padre e figlio, a Costantino, al Pasqui) hanno sezionato un bel suino di 160 kg davanti a una folla festante che ha successivamente “fatto la festa” ai costolicci, salsicce, bistecche e via dicendo, cotte alla griglia dai volontari della Pro Anghiari tra i quali si distinguevano la Romana, la Lea, la Faliera, la Daniela, Valerio, Iccio e il Gegio. Al fuoco e alla brace: Nello e il Leo. Al vino: Mario. Alla cassa: Francesco. Una festa riuscita con il sottofondo musicale di Gino Brondoli detto Corea che, con fisarmonica e batteria, ha fatto rivivere l’atmosfera festaiola dei tempi andati. Di altri tempi (e per questo ancor più prezioso) il contrasto in ottava rima dei poeti estemporanei Furio e Ferruccio di Sansepolcro che si sono affrontati improvvisando sui temi del carnevale e della donna secca e della donna grassa. La serata si è poi conclusa con la voce tenorile di Mario che ha scacciato il malocchio intonando “Cacciatelo via dalla porta, che ruzzoli giù dalle mura, che vada ramingo in miseria, che crepi nella lordura”, condannando senza altri preamboli il fantoccio del “re Carnevale” all’incendio (brucèto) e buttato successivamente giù dalle mura castellane.

Giovani toscani nel mondo - Hanno conosciuto la Valtiberina Toscana grazie al racconto dei nonni, partiti nel 1950 alla volta dell’Argentina in cerca di fortuna. Hanno avuto ora modo di vedere non solo i loro luoghi di ori-gine, ma anche di incontrare i loro coetanei toscani. Era questo lo scopo della “Conferenza mondiale dei giovani toscani” che si è recentemente tenuta a Montecatini, grazie alla Regione Toscana. Tra i 100 ragazzi prescelti c’erano anche Giuliana Lorenzotti e il fidanzato Alessandro Galeazzi. I due giovani sono nati e risiedono a La Plata, la città argentina gemellata da 16 mesi con Anghiari. Giuliana, che fa parte della segretaria del Circolo Toscano di La Plata, ha proposto la creazione, in Argentina, di uno spazio per promuovere i prodotti toscani, aprendo così uno sbocco professionale caratterizzato dalla collaborazione con la terra di origine. Giuliana ed Alessandro, nipoti di quegli emigrati appartenenti alle famiglie Ruggeri e Giovagnini che lasciarono Anghiari 50 anni fa, imbarcandosi a Genova per arrivare in Argentina, sono stati poi ospitati dai parenti anghiaresi prendendo parte, insieme allo zio Costantino ed al cugino Giorgio Ruggeri, al matrimonio del fratello della Franca Madiai. I due giovani sono stati anche festeggiati dal Sindaco, dall’Assessore Matteagi e dalla Compagnia dei Ricomposti che lo scorso anno fu invitata per una serie di recital di canti popolari toscani tenuti in varie città argentine nel corso delle manifestazioni organizzate in occasione del gemellaggio tra Anghiari e La Plata.

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CRONAC HETTA dei fatti più strani, più importanti o più semplici, avvenuti ad Anghiari e narrati da me Anghiarino Anghiarese.

Venerdì 31 dicembre 1999. Oggi è nata Martina Locci di Silvano e Daniela Pulcinelli. La sua famiglia abita a San Leo.

Mese di Gennaio

Sabato 1. Oggi è morto Ettore Pettinari di anni 90. Abitava a Libbiano.Mercoledì 5. Oggi è nato Davide Panicucci di Gian-carlo e Marcella Fabbri. La sua famiglia abita verso Mezzavia.- Oggi è morto mio suocero Jan Andrzejewski di anni 85. Jan, di origine polacca, era nato a Woitkiszki, vicino a Vilnius.Giovedì 6. La Befana ha portato la nebbia che si è un po’ alzata di giorno ma la sera, dalla via Nova, non si vedevano le mura di Anghiari.Mercoledì 12. È già una diecina di giorni che al Bel-vedere del Vignarolo c’è uno scalino rotto e la cannella della fontana pure.Giovedì 13. Anche stamani gli operai del Comune sta-vano ripulendo il greppo sotto il Belvedere della Curva del Mulino.Venerdì 14. Stamani sono andato da don Fabio a Mic-ciano. Il campanile della chiesa era affollato di colombe. Mi sa che sono quelle mandate via da Anghiari.- Oggi è nato Roberto Mosca di Vincenzo e Gabriella Di Silvestro. La sua famiglia abita per la Via Nova.Lunedì 17. Stanotte, poco dopo mezzanotte, m’è toccato andare a “staccare” le campane della Croce insieme alla Paola. Avevano cominciato a suonare da sole e non smettevano.- Oggi sono andato alla fiera di Monterchi.Martedì 18. Oggi ho visto Gastone che dava fuoco ai greppi dei suoi campi alle Forche.- Oggi è nato Jovan Nikolic di Zoran e Ida Nikolic. La sua famiglia abita per la via di Corsano.- Oggi è morto Pietro Noferi di anni 86. Pietro abitava per la “Croce”.Giovedì 20. Col Pari e col Mafucci siamo andati a vedere il Presepe a Rofelle. Bravi!

Venerdì 21. Oggi è morta Pia Pilastri vedova Piomboni di anni 73. Abitava vicino alla Commenda di Tavernelle.- Oggi è morto anche Luigi Foni di anni 87. Luigi abitava alla Motina.Domenica 23. Una bella sorpresa stamattina. Ho guar-dato fuori della finestra e ho visto che aveva nevicato, anche se poco.Lunedì 24. Oggi è morto tragicamente Roberto Giab-banelli a soli 24 anni.Giovedì 27. Oggi è morta Rosa Falcinelli vedova Gaburri di anni 90. Rosa abitava per la via del Carmine.Lunedì 31. Oggi è morta Eledia Vedovelli vedova Piom-boni di anni 85. Eledia abitava a Montebello.

Mese di Febbraio

Mercoledì 2. Stasera, festa della Candelora, con mia moglie ho partecipato alla S. Messa in Propositura.- Oggi è morto Guido severi di anni 78. Guido abitava nella piazzetta del “Campano”.Giovedì 3. Stamattina sono andato al rinfresco preparato da Marco Pernici per il suo compleanno nel suo nuovo negozio delle Bucacce.Venerdì 4. Mi sa che mi sono beccato l’influenza.Sabato 5. Sì, ho preso l’influenza. Febbre a 39!Lunedì 7. Oggi è morto Giulio Piomboni di anni 70. Giulio abitava a Casarecci.Martedì 8. Oggi è morto Giovanni Giornelli di anni 90. Giovanni abitava al “Topo”.Giovedì 10. Dopo pranzo con mia moglie siamo andati a fare l’insalata sul campo di Carlo del Carmine.Venerdì 11. Oggi è morto Giuseppe Ermini di anni 70. Giuseppe abitava a Bagnaia.Lunedì 14. Oggi per il viale della Stazione c’era una gran luce. Avevano potato gli alberi.Mercoledì 16. Oggi è nata Lucrezia Rossi di Stefano e Abbondanza Cristino. La sua famiglia abita per la via della Giardinella.Giovedì 17. La televisione ha detto che la Gilda (sarà quella che abita per la Croce!) anche oggi ha organizzato diversi scioperi nelle scuole.Lunedì 21. Per il Chiassolo fanno dei lavori e hanno messo il segnale di dare la precedenza nei sensi unici alternati!Venerdì 25. Al Ponte dei Sospiri ho visto Vasco, la guardia, che spaccava le legne per la stufa.Sabato 26. Oggi Ivo Polendoni ha rimontato il chiavi-stello del portone della chiesa della Croce.

All'avvicinarsi delle Feste del Crocifisso del prossimo 3 maggio segnaliamo il generoso contributo lasciato a suo tempo dall’indimenticabile Armida Capanni, in memoria di don Nilo, per il restauro del Crocifisso di Badia.

Tradizioni che scompaiono* Le “frittelle di san Giuseppe”.

* Il suono del “Campano” prima dei Consigli Comunali.

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