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Sembrava che la vittoria eletto- rale ottenuta dal centrodestra alle recenti elezioni amministra- tive regionali potesse dare l’im- pulso necessario alla coalizione di maggioranza governativa ad intraprendere finalmente, senza titubanze, il cammino delle riforme e al Popolo delle Libertà la spinta utile a darsi una strut- tura, un disegno politico ed una classe dirigente adatti alle sfide cui un partito nazionale aspira ad affrontare con successo . Invece come da troppi mesi succede - anzi anni - qualcosa, o meglio qualcuno, frappone ostacoli sempre nuovi affin- ché tutto ciò non possa com- piutamente e speditamente avverarsi. L’ultima incomprensibile mossa del Presidente della Camera Fini, la minaccia cioè di voler creare gruppi parlamentari di suoi fedelissimi in Senato e alla Camera separati da quelli uffi- ciali del Popolo della Libertà, allo scopo di costringere Berlusconi e il suo Governo a rivedere alcune decisioni poli- tiche maturate in questi mesi, infatti va proprio nella direzio- ne di rallentare questo percor- so virtuoso auspicato anche da Napolitano oltre che di sfascia- re sul nascere il tentativo di far crescere politicamente il PdL ed il sistema bipolare italiano. La Storia in questione è trita è ritrita. Durante tutta la precedente legi- slatura che ha visto Berlusconi Capo del Governo, erano i post democristiani dell’UDC, Follini in particolare, a crea- re all’interno della coalizione, allora formata da Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord, oltre che dagli orfanel- li della Balena Bianca guidati da Casini all’epoca Presidente della Camera, le condizioni di instabilità politica che come palle al piede impedivano alla coalizione di Governo di corre- re nella direzione che i cittadini si aspettavano. Al giorno d’oggi sono inve- ce l’attuale Presidente della Camera Gianfranco Fini e i suoi fedelissimi, a rappresen- tare il “contro canto” ad ogni proposta di legge, ad ogni deci- sione politica proveniente dal resto del PDL. Gli esempi di ciò sono molteplici. Il Governo mette in essere una serrata politica di lotta all’in- gresso sul nostro territorio di immigrati clandestini preve- dendo il rispetto e l’inaspri- mento della legge nazionale che contrasta il fenomeno in que- stione? Ed ecco che si alzano dalle fila dei “finiani senza se e senza ma” gli strepitii di con- danna a tale avventata politica di macelleria razziale. Anzi lo stesso Fini rilancia a proposito il progetto - caro da sempre alla sinistra ma che mai essa ha avuto il coraggio di portare a termine per l’evidente oppo- sizione della pubblica opinio- ne - di accorciare i tempi per ottenere la cittadinanza italiana da parte degli stranieri regolari residenti sul nostro Territorio e di permettere a questi ulti- mi di poter votare alle elezioni amministrative che si tengono in Italia. Finalmente il Governo guida- to da Berlusconi annuncia di voler mettere mano seriamente a tutte quelle riforme neces- sarie al rilancio del Paese ed in primis a quella istituzionale, in caso anche senza la conver- genza con la minoranza par- lamentare? Ed ecco che Fini e gli ultras del Presidente della Camera annunciano che mai e poi mai si potrà mettere mano alla Carta Costituzionale senza l’avallo del centro sinistra, ma che anzi non potrà certamen- te essere questa la legislatura durante la quale potrà essere finalmente votata la modifica dell’architrave Istituzionale. Silvio Berlusconi afferma che è oramai il tempo per varare una sorta di presidenzialismo anche nel nostro Paese che vada nella direzione della fine del “Bicameralismo perfetto”? Ed ecco che l’ex Presidente di Alleanza Nazionale non solo difende l’antiquato impianto dello Stato venuto fuori dopo la seconda guerra mondiale ma per di più sembra condannare pure il bipolarismo frutto perfettibile della seconda Repubblica. Per non parlare poi delle posi- zioni di Fini riguardo le proble- matiche etiche come il recente referendum sulla bioetica, il varo di una legge che regola- mentasse i trattamenti medici concernenti il “Fine Vita” , la pillola abortiva, le “unioni di fatto”, posizioni ovviamente diametralmente contrapposte a quelle di Berlusconi e della stragrande maggioranza degli esponenti politici del centro destra oltre che di tutti coloro che da sempre votavano MSI ed Alleanza Nazionale poi. Non si contano poi in questi ultimi anni le critiche e gli stre- piti alle politiche economiche di Tremonti, a quelle federa- liste del leghista di turno o Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB-Roma 1-15/16-30 Aprile 2010 - Anno XLV - NN. 77-78 E 0,25 (Quindicinale) In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Roma-Italy — Fondato da Turchi — Goldman Sachs, Sec l’accusa di frode — a pagina 3— ECONOMIA Per la vostra pubblicità telefonare allo 800.574.727 La Piazza d’Italia Abb. sostenitore da E 1000 - Abb. annuale E 500 - Abb. semestrale E 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina COPIA OMAGGIO www.lapiazzaditalia.it di FRANZ TURCHI — a pagina 6 — APPROFONDIMENTI Ricco, continuamente aggiornato: arriva finalmente sul web il nuovo punto di riferimento per i giovani e per un nuovo modo di fare politica in Italia www.lapiazzaditalia.it Una Piazza di confronto aperta al dibattito su tutti i temi dell’agenda politica e sociale per valorizzare nuove idee e nuovi contenuti Non credo, date le ultime vicen- de, che il chiarimento tanto voluto sia cosa possibile se non umanamente, ma non certo politicamente. La Destra Italiana, per essere chiari, da sempre ha riscoperto il ruolo guida sui valori tradi- zionali (Dio, Patria e Famiglia) sin dai tempi dell’MSI; a seguire anche AN con Tatarella (prin- cipale arteficie di quel passag- gio) rimarcò il tutto coprendo vorrei dire però anche gli spazi dell’idealità e del sano pragma- tismo, portando AN ad oltre il 15% con punte del 18%. Le battaglie erano anche sulla sicurezza, sull’italianità, la ban- diera, contro la droga, a tutela dell’ambiente, a favore ed in difesa della piccola media impre- sa e dell’agricoltura; dell’orgo- glio della funzione pubblica e di coloro che ci lavoravano, ma soprattuto dello spazio identita- rio rispolverato e modernizzato con addirittura la proposta del presidenzialismo che lo stesso Pinuccio agognava. Ci sarebbe da dire molto altro rispetto alle battaglie fatte per aprire la destra ma per ora, per puro scopo esemplificativo, fer- miamoci qui. Tutto quello che abbiamo detto negli ultimi due anni Fini lo ha triturato, o rinnegato (secon- do Matteoli storicizzato), il che vuol dire che la destra non è più la destra, o meglio coloro che la dovrebbero rappresentare ora- mai seguono un altro percorso, rispettabile ma completamen- te diverso. Intelligentemente invece la Lega si appropria di questi temi, cari alla destra, e ne incassa i voti al nord, avendo anche una buona classe diri- gente ramificata e ben voluta a livello locale. A questo punto ritengo che invece di fare rotture, senza senso politico e senza futuro, sia più capibile coprire di nuovo gli stessi spazi politici, che la lega ormai cavalca al nord. Dove? Ovviamente al centro sud, dove invece l’astensionismo non ha trovato la sua risposta. Credo infatti che la dife- sa dei valori tradizionali, con un aggiunta di pragmatismo riguardo ai problemi specifi- ci del centro sud, ad esempio l’IVA agevolata al 10% per le aree disagiate e per la piccola media impresa; apertura di can- tieri delle opere con un’entità centralizzata o con un miglio- ramento della legge obiettivo; Continua a pag. 2 Il dovere di riformare La Destra italiana Segue a pagina 2 Tu quoque Fini… L’illogica e improvvida manovra di Fini disorienta l’elettorato ma non Berlusconi

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La Destra italiana - Tu quoque Fini… - Fini vs Berlusconi, giù la maschera - Disoccupazione e inflazione in crescita, debole la ripresa - Goldman Sachs, Sec l’accusa di frode - Lo Start 2 di Usa e Russia - Katyn 2, tragedia investe la Polonia - Obama e il nucleare - Il dovere di riformare - Corruzione, chi era costei? - Habermas, analisi di una dinamica elettorale - Libri: “Incontro con il nemico” di Luigi Turchi - Vinitaly 2010, tra bollicine e novità - La strada del tartufo, note aristocratiche di gusto

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Sembrava che la vittoria eletto-rale ottenuta dal centrodestra alle recenti elezioni amministra-tive regionali potesse dare l’im-pulso necessario alla coalizione di maggioranza governativa ad intraprendere finalmente, senza titubanze, il cammino delle riforme e al Popolo delle Libertà la spinta utile a darsi una strut-tura, un disegno politico ed una classe dirigente adatti alle sfide cui un partito nazionale aspira ad affrontare con successo .Invece come da troppi mesi succede - anzi anni - qualcosa, o meglio qualcuno, frappone ostacoli sempre nuovi affin-ché tutto ciò non possa com-piutamente e speditamente avverarsi.L’ultima incomprensibile mossa del Presidente della Camera Fini, la minaccia cioè di voler creare gruppi parlamentari di suoi fedelissimi in Senato e alla Camera separati da quelli uffi-ciali del Popolo della Libertà, allo scopo di costringere Berlusconi e il suo Governo a rivedere alcune decisioni poli-tiche maturate in questi mesi, infatti va proprio nella direzio-ne di rallentare questo percor-so virtuoso auspicato anche da Napolitano oltre che di sfascia-re sul nascere il tentativo di far crescere politicamente il PdL ed il sistema bipolare italiano.La Storia in questione è trita è ritrita.

Durante tutta la precedente legi-slatura che ha visto Berlusconi Capo del Governo, erano i post democristiani dell’UDC, Follini in particolare, a crea-re all’interno della coalizione, allora formata da Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord, oltre che dagli orfanel-li della Balena Bianca guidati da Casini all’epoca Presidente della Camera, le condizioni di instabilità politica che come palle al piede impedivano alla coalizione di Governo di corre-re nella direzione che i cittadini si aspettavano.Al giorno d’oggi sono inve-ce l’attuale Presidente della Camera Gianfranco Fini e i suoi fedelissimi, a rappresen-tare il “contro canto” ad ogni proposta di legge, ad ogni deci-sione politica proveniente dal resto del PDL. Gli esempi di ciò sono molteplici.Il Governo mette in essere una serrata politica di lotta all’in-gresso sul nostro territorio di immigrati clandestini preve-dendo il rispetto e l’inaspri-mento della legge nazionale che contrasta il fenomeno in que-stione? Ed ecco che si alzano dalle fila dei “finiani senza se e senza ma” gli strepitii di con-danna a tale avventata politica di macelleria razziale. Anzi lo stesso Fini rilancia a proposito il progetto - caro da sempre alla sinistra ma che mai essa

ha avuto il coraggio di portare a termine per l’evidente oppo-sizione della pubblica opinio-ne - di accorciare i tempi per ottenere la cittadinanza italiana da parte degli stranieri regolari residenti sul nostro Territorio e di permettere a questi ulti-mi di poter votare alle elezioni amministrative che si tengono in Italia.Finalmente il Governo guida-to da Berlusconi annuncia di voler mettere mano seriamente a tutte quelle riforme neces-sarie al rilancio del Paese ed in primis a quella istituzionale, in caso anche senza la conver-genza con la minoranza par-lamentare? Ed ecco che Fini e gli ultras del Presidente della Camera annunciano che mai e poi mai si potrà mettere mano alla Carta Costituzionale senza l’avallo del centro sinistra, ma che anzi non potrà certamen-te essere questa la legislatura durante la quale potrà essere finalmente votata la modifica dell’architrave Istituzionale.Silvio Berlusconi afferma che è oramai il tempo per varare una sorta di presidenzialismo anche nel nostro Paese che vada nella direzione della fine del “Bicameralismo perfetto”?Ed ecco che l’ex Presidente di Alleanza Nazionale non solo difende l’antiquato impianto dello Stato venuto fuori dopo la seconda guerra mondiale ma per

di più sembra condannare pure il bipolarismo frutto perfettibile della seconda Repubblica.Per non parlare poi delle posi-zioni di Fini riguardo le proble-matiche etiche come il recente referendum sulla bioetica, il varo di una legge che regola-mentasse i trattamenti medici concernenti il “Fine Vita” , la pillola abortiva, le “unioni di fatto”, posizioni ovviamente diametralmente contrapposte

a quelle di Berlusconi e della stragrande maggioranza degli esponenti politici del centro destra oltre che di tutti coloro che da sempre votavano MSI ed Alleanza Nazionale poi.Non si contano poi in questi ultimi anni le critiche e gli stre-piti alle politiche economiche di Tremonti, a quelle federa-liste del leghista di turno o

Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB-Roma 1-15/16-30 Aprile 2010 - Anno XLV - NN. 77-78 E 0,25 (Quindicinale)

In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romaninaper la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Roma-Italy

— Fondato da Turchi —

Goldman Sachs, Sec l’accusa

di frode— a pagina 3—

ECONOMIA

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La Piazza d’Italia

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di FRANZ TURCHI

— a pagina 6 —

APPROFONDIMENTI

Ricco, continuamente aggiornato:arriva finalmente sul web il nuovo punto

di riferimento per i giovani e per un nuovo modo di fare politica in Italia

www.lapiazzaditalia.itUna Piazza di confronto aperta aldibattito su tutti i temi dell’agenda

politica e sociale per valorizzare nuoveidee e nuovi contenuti

Non credo, date le ultime vicen-de, che il chiarimento tanto voluto sia cosa possibile se non umanamente, ma non certo politicamente.La Destra Italiana, per essere chiari, da sempre ha riscoperto il ruolo guida sui valori tradi-zionali (Dio, Patria e Famiglia) sin dai tempi dell’MSI; a seguire anche AN con Tatarella (prin-cipale arteficie di quel passag-gio) rimarcò il tutto coprendo vorrei dire però anche gli spazi dell’idealità e del sano pragma-tismo, portando AN ad oltre il 15% con punte del 18%.Le battaglie erano anche sulla sicurezza, sull’italianità, la ban-diera, contro la droga, a tutela dell’ambiente, a favore ed in difesa della piccola media impre-sa e dell’agricoltura; dell’orgo-glio della funzione pubblica e di coloro che ci lavoravano, ma soprattuto dello spazio identita-rio rispolverato e modernizzato con addirittura la proposta del presidenzialismo che lo stesso Pinuccio agognava.Ci sarebbe da dire molto altro rispetto alle battaglie fatte per aprire la destra ma per ora, per puro scopo esemplificativo, fer-miamoci qui.Tutto quello che abbiamo detto negli ultimi due anni Fini lo ha triturato, o rinnegato (secon-do Matteoli storicizzato), il che vuol dire che la destra non è più la destra, o meglio coloro che la dovrebbero rappresentare ora-mai seguono un altro percorso, rispettabile ma completamen-te diverso. Intelligentemente invece la Lega si appropria di questi temi, cari alla destra, e ne incassa i voti al nord, avendo anche una buona classe diri-gente ramificata e ben voluta a livello locale.A questo punto ritengo che invece di fare rotture, senza senso politico e senza futuro, sia più capibile coprire di nuovo gli stessi spazi politici, che la lega ormai cavalca al nord. Dove? Ovviamente al centro sud, dove invece l’astensionismo non ha trovato la sua risposta.Credo infatti che la dife-sa dei valori tradizionali, con un aggiunta di pragmatismo riguardo ai problemi specifi-ci del centro sud, ad esempio l’IVA agevolata al 10% per le aree disagiate e per la piccola media impresa; apertura di can-tieri delle opere con un’entità centralizzata o con un miglio-ramento della legge obiettivo;

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Il doveredi riformare

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Pag. 2 1-15/16-30 aprile 2010

E’ resa dei conti nel Popolo della Libertà.Dopo tanti, troppi mesi, in cui il Presidente della Camera Fini ha “studiato”, beccato e stuzzicato il Presidente del Consiglio Berlusconi su ogni tematica politica, su ogni legge proposta o votata dal Governo in carica, lo scorso 22 aprile in occasione della riunione romana del direttivo del PdL, c’è stato lo scontro finale tra i due che speriamo metta definitivamente fine ad una situazione insostenibile per l’attività del Governo e per la vita del Partito.Dopo l’apertura dei lavori da parte di Berlusconi e qualche dirigente del partito è stata la volta di Fini.Fini nel suo intervento, durato circa un ora, davanti ai dele-gati nazionali del PdL dopo aver ribadito che la leadership di Berlusconi non era messa in alcun modo in discussio-

ne, ha voluto comunque sot-tolineare che si riservava il diritto-dovere di criticare il Primo Ministro ed avere opi-nioni politiche diverse rispet-to a quelle di Berlusconi. Fin qui nulla di trascendentale se non fosse per il fatto che oramai tra Fini e Berlusconi, e tra Fini e tutto il popolo di centro destra, le opinioni politiche divergenti non sono alcune, bensì tutte.L’ex Presidente di Alleanza Nazionale ha poi prosegui-to affermando che il fatto di aver posto negli ultimi mesi delle questioni riguardo l’azione del Governo lo avesse posto nel mirino di organi d’informazione - il rimbrot-to era ovviamente riferito al “Giornale” diretto da Feltri - pagati da stretti familiari di Berlusconi.Certo però non si capisce il motivo per cui se è il Cavaliere ad essere attaccato, insultato, denigrato ed accusato dalla stampa e dai mass media in generale a tutte le ore del giorno, per ogni cosa che suc-cede in Italia allora quelle critiche - come da sempre il super partes Fini ama ripetere a piè sospinto - debbano esse-re accettate di buon grado dal diretto interessato perché in Italia la libertà di stampa non può essere in nessun modo “compressa”. Insomma se un organo d’ informazione chie-de spiegazioni a Fini riguardo il suo comportamento poli-ticamente “gattopardesco” nei confronti del Presidente del Consiglio si tratta di un gravissimo attentato alle “Istituzioni”, se è Berlusconi, notoriamente salito al pote-re con un colpo di Stato e non eletto democraticamente dagli italiani, a subire processi sommari in pubblico, allora tutto ciò rientra nel normale esercizio delle pratiche demo-cratiche. Per la serie al “dop-piopesismo” non c’è mai fine.Continuando il suo discorso davanti allo stato maggiore del PdL, il Presidente della Camera ha chiarito come Lui da sempre fosse abituato a

dire in libertà ciò che pensa - peccato che oramai ciò che pensa adesso non è lo stesso di quello che pensava magari solo due minuti prima - e che dire in faccia le cose è dimo-strazione di lealtà e non di tradimento.Ma il passaggio più impor-tante del Suo intervento è stato senz’altro il momento in cui ha dichiarato conclusa la fase costituente del PdL non avendo più senso parlare delle quote 70 e 30 dato che era in procinto di nascere la compo-nente dei “finiani” che non condivide in toto l’operato del Premier. Corrente che nasce - sempre secondo Fini - perché su alcune questioni il Popolo delle Libertà ha perso lo smal-to iniziale e al Nord il parti-to è diventato una fotocopia della Lega: che lo smalto ini-ziale riguardo tematiche come l’immigrazione, la bioetica, il voto agli stranieri, si sia anda-to ad appannare nel tempo è sicuramente vero, certamente a ciò hanno contribuito le posizioni - vicine a quelle sto-ricamente propalate dalla sini-stra - assunte dal Presidente della Camera in questi ulti-mi mesi in netta contrappo-sizione rispetto al program-ma elettorale del 2008 e al comune sentire della “base” del centrodestra. Fini ha poi terminato il proprio interven-to ribadendo il fatto che le riforme istituzionali andranno fatte con il massimo consenso parlamentare e che sarà indi-spensabile rivedere il sistema giudiziario combattendo le toghe politicizzate senza dare l’impressione di tutelare le sacche d’impunità.Ma il vero terremoto c’è stato quando a salire sul palco della direzione del Pdl è stato Berlusconi che non ha voluto aspettare il suo programmato intervento per la chiusura dei lavori ma ha voluto replicare punto per punto e subito al suo antagonista..Il Cavaliere ha subito pun-tualizzato che la riunione plenaria della Direzione del Popolo della Libertà era stata

convocata prima delle elezio-ni regionali e non per un dictat di Fini, che il partito da due anni a questa parte vince a man bassa elezioni sia politiche che amministrative nonostante la crisi economica mondiale.In seguito ha contestato all’ex Presidente di AN l’accusa di scarsa collegialità nel prendere le decisioni in seno al partito - critica oltretutto proveniente da colui il quale ha governato per anni con sistemi a dir poco dittatoriali un partito, Alleanza Nazionale, in cui le epurazioni erano a livello nazionale e locale, all’ordine del giorno - annunciando di voler convocare un congresso nazionale del partito per con-frontarsi democraticamente. Congressi, cosa che amiamo sempre ricordare, AN con Fini presidente ha tenuto in pochissime occasioni e non certo per decidere cose impor-tanti come ad esempio lo scio-glimento del Partito.Riguardo alla presunta supre-mazia leghista nei confron-ti del Pdl il Presidente del Consiglio ha tenuto a sotto-lineare i numeri che più di tutto possono fotografare il rapporto tra i due partiti: elet-tori della Lega tre volte meno quelli del Pdl, 20 ministri appartenenti al Popolo delle Libertà contro i 3 del partito di Bossi.Per quanto concerne i rappor-ti tra le due anime costituenti il partito, Berlusconi ha poi puntualizzato che fin d’ora mai erano arrivate da parte di La Russa - rappresentante ufficiale degli ex Alleanzini all’interno del coordinamento del Pdl - pretese o tantomeno critiche riguardo la gestione del partito, le problematiche politiche da affrontare o le suddivisioni degli incarichi da assegnare. Problemi creati invece - sempre secondo il Premier - dai “Finiani Doc” - Urso, Bocchino, Granata e Co. - che in pubblico hanno coperto di ridicolo il Partito.L’apice del dissenso tra Fini e Berlusconi si è raggiunto

quando quest’ultimo ha accu-sato il Presidente della Camera di avergli detto in una recente riunione tra i due di essersi pentito di aver fondato il Pdl: a questo punto Fini si è alzato dalla platea urlando frasi con-tro il Cavaliere. A sua volta Berlusconi, per terminare il proprio intervento ha rincara-to ulteriormente la dose attac-cando nuovamente l’ex presi-dente di AN intimandogli di smettere di fare dichiarazioni politiche in quanto Presidente della Camera e quindi super partes e invitandolo a dimet-tersi da quella carica se la sua intenzione era quella di fare politica all’interno del PdL, a quel punto Fini a reagito invi-tando il Premier a cacciarlo.Al termine di questo duel-lo infuocato si è passati a votare la mozione preparata dai 3 coordinatori del PdL e sostanzialmente sulle posi-zioni espresse dal presidente del Consiglio, risultato: 159 voti favorevoli, 11 contrari dei Finiani, e un astenuto, l’ex ministro degli Interni Beppe Pisanu, insomma altro che quota 70 a 30.A parte il dato numerico schiacciante favorevole alle tesi di Berlusconi, qualche considerazione finale è il caso di farla.Finalmente è venuta allo sco-perto la guerra sotterranea che Fini sta tentando da mesi di portare a Berlusconi: grazie alla diretta della riunione, tutti gli italiani hanno potuto vedere che la situazione diffi-cile tra i cofondatori del PdL non era una invenzione dei cronisti di politica.Scopo e motivo della guerra?Non si conoscono al momen-to. Forse problemi caratteriali insormontabili tra i due o la “scoperta” da parte di Fini di aver perso fette importanti di potere politico oppure la volontà di creare, una volta compreso che nel centro destra ci sarà sempre Berlusconi a sbarrargli la strada, un terzo polo centrista con l’UDC, i centristi del PD e magari i poteri forti di Montezemolo,

ma anche in questo caso ha buone possibilità di essere solo una ruota di scorta.Quello che appare chiaro è che oramai Fini ha perso tutto il suo potere nei confronti dei “colonnelli” ex AN. Nessuno di loro infatti si è schierato dichiaratamente al suo fianco, nessuno ha voglia di perdere le posizioni di rendita raggiunte per schierarsi con Fini salvo poi, come successo molte altre volte, essere gettati “a mare” dallo stesso Presidente della Camera. Da tempo, lo ricor-diamo: gli esponenti di AN al governo hanno incarichi di secondo piano rispetto ai voti portati in dote al PdL perché sono stati merce di scambio di Fini per ottenere dal Cavaliere l’agognato - quanto inutile - scranno alla Camera.Adesso si vedrà se quella di Fini è stata una mano-vra, sfuggitagli di mano per non aver previsto la reazione di Berlusconi, per ottenere maggior potere decisionale nel Partito per se stesso e più “sedie” per i suoi fede-lissimi a scapito dei vari La Russa, Matteoli, Gasparri e Alemanno.In ogni caso il rischio che corre Fini è quello di passare agli occhi dei simpatizzanti di centro destra per il sabo-tatore dell’azione di Governo e delle annunciate riforme se si ostina, con la sua risica-ta truppa, ad avversare ogni provvedimento di legge in arrivo in Parlamento o di esse-re costretto a migrare verso altri lidi politici per l’unica cosa che lo ha guidato in que-sti ultimi anni: la convenienza personale.Il pericolo per la maggioranza è un nuovo ricorso alle urne - come minacciato da Bossi, lui si capace di dar seguito alle parole con i fatti - e far saltare ogni minima possibi-lità di iniziare quel percorso riformatore tanto auspicato dal presidente Napolitano ma mai pienamente attuato dalle forze politiche di tutti gli schieramenti.

Giuliano Leo

Il duro scontro tra i due leader decreta al vittoria per KO di Berlusconi

L’illogica e improvvida manovra di Fini disorienta l’elettorato ma non Berlusconi

Tu quoque Fini...

Fini vs Berlusconi, giù la maschera

La Piazza d’Italia - Interni

quelle tutte “Law and Order” di Castelli prima e di Maroni poi. Opposizioni a volte anche giuste nel merito, intendiamo-ci, ma che poi finivano sempre tacitate attraverso l’assegna-zione di qualche strapuntino ministeriale affidato a qualche fedelissimo di turno.La volontà pervicace di smar-carsi politicamente da ciò che i governi di centro destra in questi anni hanno prodotto e la tenacia a ritagliarsi agli occhi dei cittadini l’immagi-ne dell’uomo delle Istituzioni, del “super partes”- anche se in occasione di ogni tornata elettorale ha sempre ruggito

forte per regalare a qualche suo accolito un buon posticino in lista - cosa hanno fruttato a Fini e al popolo di destra?A Lui l’assunzione del presti-gioso ma politicamente inu-tile ruolo di Presidente della Camera e gli applausi della sini-stra ad ogni sua uscita estempo-ranea, per tutti gli altri ex AN un ruolo di secondo piano: a parte il Ministero della Difesa, quello delle Infrastrutture e dei lavori pubblici, hanno avuto quello della Gioventù, che in periodi di crisi economi-ca e quindi senza fondi vale molto poco, e un posticino da “triumviro” del PdL.Adesso, stufatosi degli agi che

la presidenza della Camera dà, e accortosi che suonare il cam-panello per zittire Leghisti e Di Pietristi è effettivamente un po’ poco per la sua presupposta statura politica, ecco che schia-mazza per avere più peso nelle decisioni del partito accusando il “Berlusca” di essere solo un padre padrone che monopo-lizza il dibattito dentro al PdL non accettando pareri contrari e non permettendone di con-seguenza la relativa crescita democratica.Dimentico di come egli stesso ha gestito la crescita e la matu-razione di Alleanza Nazionale: circondandosi di “yes-man”, decidendo lui per tutti, cac-

ciando a pedate o relegando in un angolo del partito coloro i quali erano in disaccordo con le sue tesi politiche, distri-buendo incarichi e prebende solo ai “mansueti”. Per oltre quindici anni, da Fiuggi in poi insomma, AN non ha celebra-to mai un congresso vero: i simpatizzanti e la base hanno dovuto subire negli anni vere e proprie nefandezze come il famoso “elefantino“- l’alleanza col patto Segni alle elezioni Europee del 1999 - simbolo dei voli pindarici errati di Fini o lo scioglimento in tre giorni di un partito col potenziale di Alleanza Nazionale dopo che per mesi aveva negato ogni

ipotesi di fusione con Forza Italia.Per anni Fini è andato a rimorchio della capacità di Berlusconi di raccogliere con-sensi distribuendo incarichi e gloria politica, adesso all’in-domani dell’ennesima vitto-ria elettorale del Cavaliere - esempio questo delle qua-lità strategiche e tattiche del Presidente della Camera - batte i pugni sul tavolo per ottenere non si sa ancora che cosa o forse per rappresen-tare, nel teatro della politica italiana, l’ultimo personaggio che manca alla sua carriera politica: quello di Bruto.

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Dalla Prima

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La Destra italianapagamento dell’IVA al paga-mento della fattura; contributo a fondo perduto di 20.000,00 euro per le imprese in regola con fisco e contributi ma con obbligo di assunzione di un dipendente ed il fatturato al di sotto dei 100.000,00 euro.Tutto questo, e molto altro sicuramente è stato detto nel programma della PDL avrebbe grande successo in tutta l’Italia, specificatamente del sud com-preso il centro e le stesse isole.A questo punto si potreb-be aggiungere molto altro, ma chiudo pensando che il nostro grande Silvio lo sa già e aggiunge a questo il cavallo del presidenzialismo, che diventa lo spartiacque tra noi ed il centro sinistra, tra il PDL e la sua minoranza contestatrice interna, e tra Lui e le prossime elezioni politiche.

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L’Istat conferma l’inflazione in crescita, i prezzi al consumo sono cresciuti a marzo dello 0,3% rispetto a febbraio e dell’1,4% su base annua (a febbraio era all’1,2%) toccando il valore più alto da febbraio 2009, quando si attestò all’1,6%.A spingere in alto l’inflazione sono soprattutto i carburanti e i trasporti. Questi ultimi segna-no un incremento dell’1,1% su base congiunturale e del 5,1% su base tendenziale. A crescere sono in particolare i traspor-ti ferroviari: +0,2% rispetto a febbraio e + 15,1% su base annua. In salita anche il tra-sporto aereo, le cui tariffe sono cresciute del 9,3% su base men-sile e dell’8% su base annua. L’Istat segnala poi l’impennata dei prezzi dei carburanti. La benzina a marzo è aumentata del 16,7% su base annua e del 2,7% su base mensile mentre

per il diesel si è registrato un incremento annuale del 16,3% e del 4% su base mensile.Bankitalia avverte che la ripre-sa è debole, i consumi sono fermi e la disoccupazione cre-sce. Questo scenario purtroppo non è per nulla positivo per l’economia nazionale. Il proble-ma principale risiede sempre e comunque nella stagnazione dei consumi. Se si pensa che i con-sumi sono l’espressione della capacità di spesa delle famiglie e se si collega questa al livello di reddito di ognuna il passo è breve da qui a comprendere che il fattore ostativo alla ripresa dei consumi risiede proprio nei reddito delle famiglie.Il reddito delle famiglie è deter-minato dalla condizione econo-mica del nucleo familiare. Se questa vive in una situazione di precarietà o di disoccupazione è chiaro che la sua relativa capa-

cità di spesa è molto bassa o quasi nulla. Le politiche volte al mercato del lavoro e al sostegno dei redditi fino ad ora si sono limitate all’erogazione di bonus che sicuramente alleviano il peso della difficoltà economica, costituiscono utili coadiuvanti per le famiglie a basso reddito ma non risolvono il problema alla base, cioè non garantisco-no livelli di consumo tali da incidere positivamente sulla crescita economica del Paese. Quanto appena detto è chia-ro che vuol dimostrare come livelli di reddito insufficienti possano ostacolare il processo di crescita economica nazionale, è altrettanto evidente che tale deficienza reddituale ha altre implicazioni relative alla con-dizione economica dei singoli nuclei familiari.Bankitalia avverte che la disoc-cupazione continua a crescere,

le persone che non riescono a trovare una occupazione o quelle che l’hanno persa sono in aumento, pertanto le difficoltà in termini sociali ed economi-ci indeboliscono la ripresa. In questa concatenazione di fattori ognuno è la conseguenza dell’al-tro, il Governo deve intervenire mediante riforme strutturali per poter sradicare questo mecca-nismo vizioso se vuole creare le condizioni per una ripresa stabile e duratura.La verità è che si spendono molte parole, ma i fatti sono sempre scarsi o poco incisivi. In questi giorni la politica è tornata sui problemi delle rifor-me, sul federalismo, e appena ciò è stato il sentore subito ci sono state le prime discussioni nel partito di maggioranza. E’ vero che le riforme interessando tutto il Paese debbono cercare di avere il sostegno di una larga

maggioranza, ma questa può anche venire in secondo piano se i risultati da raggiungere vanno a risolvere strutturalmen-te i problemi di cui sopra.Invece, i tempi della politica sono sempre più lunghi del solito e fanno spesso perdere di vista ai policy makers quelle che sono le priorità delle famiglie.Gli effetti della crisi economi-ca sono ancora pesanti, avverte Palazzo Koch: dal 2008 persi 700 mila posti di lavoro, in diminuzione il reddito dispo-nibile delle famiglie, si rendono necessari pertanto flessibilità salari e più incentivi. La per-durante debolezza dei consumi delle famiglie allunga i tempi della ripresa, ma anche l’in-capacità dell’economia italiana di agganciarsi al recupero degli scambi internazionali fa la sua parte.Esauritisi gli effetti tempora-

nei degli incentivi fiscali alla rottamazione degli autoveicoli, la spesa per consumi è frena-ta dall’andamento sfavorevole delle sue principali determinan-ti. Sono, in particolare, i giova-ni a farne le spese dove prevale un forte senso di scoraggiamen-to soprattutto nelle regioni del Sud del Paese infatti, il tasso di partecipazione al mercato del lavoro è diminuito.Politiche a favore dei giova-ni, politiche a sostegno delle famiglie, riforme strutturali nel mercato del lavoro sono indi-spensabili per favorire la ripresa economica del Paese e soprat-tutto per affidare agli italiani un profondo senso di dignitosa appartenenza alla Nazione in termini di lavoro e di produt-tività.Senza italianità il Paese non può sperare in una ripresa concreta e duratura.

Abbastanza inaspettatamente, la Securities and Exchange Commission statunitense (Commissione per i Titoli e per gli Scambi) ha incrimina-to una tra le più importanti banche d’affari del mondo, di frode per mutui subprime, in pratica la Goldman Sachs avrebbe nascosto “informa-zioni vitali” su Abacus agli investitori causando danni per oltre un miliardo di dollari.La Goldman Sachs è una delle più grandi e affermate banche d’affari del mondo, la propria sede legale è a New York, nella Goldman Sachs Tower, ed ha filiali anche a Londra, Francoforte, Tokyo e Hong Kong. Negli anni si è resa protagonista ed è stata apprez-zata per consulenze, gestione di ristrutturazioni, fusioni e acquisizioni aziendali, investi-menti su materie prime, deri-vati e azioni di rischio.Fondata nel 1869 da Marcus Goldman, un tedesco immi-grato negli Stati Uniti, la socie-tà acquisisce il nome Sachs quando nel 1896 a Marcus Goldman si unisce il genero Samuel Sachs, e nello stesso anno viene quotata alla borsa di New York.Negli anni ’50 la banca svilup-pa avanzate tecniche d’investi-mento come la Block Trading che consente di comprare e vendere azioni contemporane-amente, nascono così eleva-ti nuovi guadagni e la banca decide di aprire nel 1956 la divisione Investment Banking, diventando la prima banca a vendere prodotti finanziari al pubblico.Il 16 aprile 2010 Goldman Sachs è stata accusata di frode per mutui subprime. Al centro dello scandalo ci sarebbe il titolo Abacus 2007-AC1, un complesso sistema attraverso il quale la banca d’affari avrebbe di fatto truffato i propri clien-ti, tra i quali figurano anche grandi istituzioni finanziarie internazionali; l’apertura di questo procedimento giudizia-

rio ha portato giù molti titoli bancari nelle borse europee e statunitensi.Il sistema dei prestiti subprime è molto pericoloso, perché si tratta di prestiti concessi ad un soggetto che non può accedere ai tassi di interesse di mercato, in quanto ha avuto problemi pregressi nella sua storia di debitore. I prestiti subprime sono dunque rischiosi sia per i creditori sia per i debitori vista la pericolosa combina-zione di alti tassi di interesse, cattiva storia creditizia e situa-zioni finanziarie poco chiare, associate a coloro che hanno accesso a questo tipo di cre-dito. La tipologia subprime comprende un’ampia varietà di strumenti di credito, quali i mutui subprime, i prestiti d’auto subprime, le carte di credito subprime.Il credito subprime avreb-be sicuramente garantito un diritto ad un accesso universa-le al credito, ma in modo non selettivo rispetto agli impie-ghi. I debitori subprime usano questo credito per acquistare abitazioni, oppure per finan-ziare altre forme di spesa, come l’acquisto di un’automobile, la ristrutturazione della casa, ad ogni modo, a causa dell’eleva-to profilo di rischio dei clienti subprime, il costo di questo accesso al credito è un tasso di interesse più elevato.Il fatto di non aver informato in modo completo e preciso gli investitori ha determinato i presupposti per una accusa da parte dell’agenzia di vigilanza statunitense. Non c’è dubbio che il diritto a ricevere una informazione corretta, chiara e trasparente è un diritto che va garantito in modo puntuale e a tutti gli investitori, a mag-gior ragione quando si tratta di prestiti erogati a categorie di soggetti che hanno pregressi di insolvenze già conclamate. Forse problema principale è rappresentato proprio dai fru-itori di questi servizi finanziari i quali hanno già dimostrato di

non essere adempienti, hanno già avuto rapporti con istituti di credito venendo meno ad onorare gli impegni prescritti.Il rapporto obbligatorio che si instaura tra creditori e debitori non ha credenziali forti, tali da tutelare il prestatore, per questo si richiede un tasso di interesse più elevato, ma il controsenso potrebbe risie-dere proprio in questo, cioè, nella effettiva possibilità da parte del debitore adempie-re all’obbligo pattuito. Se si presta danaro a chi non è in grado di restituirlo non è pen-sabile poter legittimare questa forma di prestito, quello che lascia un po’ perplessi non è il meccanismo di erogazione del credito ma il destinatario dello stesso, cioè si presta danaro a chi già ha dimostrato più volte di non poterlo restituire.Qual è allora il modo migliore per garantire il rimborso? Un modo potrebbe essere quello di informare bene l’investi-tore sui rischi e sulla perico-losità del prestito, ma non è sufficiente però il difetto di informazione per accusare l’istituto di credito, quello che andrebbe discusso è proprio lo strumento del subprime.Come dire i controsensi snatu-rano lo strumento finanziario in modo molto evidente e tale da non evidenziare una notizia come quella del 16 aprile.Sachs e Goldman potrebbe-ro sicuramente aver messo in piedi una bella offerta che agi-sce come una sorta di “indul-tino finanziario” per coloro i quali non ottemperando in altre occasioni alla restituzio-ne del prestito ora possono accedervi a costi più alti, ma quello che non funziona è che il subprime non tiene conto del fatto che la situazione eco-nomica del soggetto potrebbe rimanere invariata nel tempo, pertanto potrebbe risultare ancora una volta inadempien-te.Se tu sai “ex ante” che io non posso pagarti un debito (dopo

Quando queste variabili registrano una crescita il PIL non può che frenare

Il sistema Goldman Sachs dei subprime ha causato la crisi del sistema di funzionamento del mercato sul quale si fonda

La Piazza d’Italia - Economia

Disoccupazione e inflazione in crescita, debole la ripresa

Goldman Sachs, Sec l’accusa di frode

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aver accertato la condizione economica del debitore) che mi presti a fare i tuoi soldi “ex post”? In questa domanda c’è tutta la contraddizione del sub-prime che crea una distorsione molto accentuata nel mecca-nismo Goldman Sachs e che

ha portato alla fisiologica crisi di questo sistema finanziario. Una soluzione potrebbe esse-re quella di concedere meno “indulti finanziari” a soggetti che sono risultati già inadem-pienti e concedere, invece, pre-stiti a categorie di soggetti che

dimostrano di avere credenziali concrete di solvibilità prima dell’erogazione del prestito.Il problema non è dunque di informazione vitale o completa ma di sistema e di funziona-mento.

Avanzino Capponi

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La Piazza d’Italia - Esteri

Non contento dei “grandi risul-tati” ottenuti in politica estera, il Presidente Obama ha scritto un nuovo capitolo destinato a rimanere nella memoria di molti per tanto tempo.Dopo aver introdotto la politica della mano tesa verso il mondo del radicalismo islamico ed aver ricevuto in cambio un bel nien-te, il Presidente del nuovo corso rilancia, in una partita in cui gli avversari non si sono neanche seduti al tavolo, di fatto inde-bolendo ulteriormente le armi spuntate di un’ormai ex super-potenza.Ma di quale manovra mediatica e strutturale si tratta?La nuova politica sancisce un principio paradossale: gli USA non useranno armi nucleari con-tro un avversario che non ne possiede.Prima di lasciarci andare ad un sorriso è opportuno fare qualche considerazione.Il mondo che questo Presidente ha visto probabilmente è nato in un’epoca in cui pace voleva dire non confrontarsi e rifiutare il contatto con le problematiche che ne minacciavano la tenuta e sono passate per film che rac-contavano una guerra con una soluzione già scritta nel finale con la pace e l’amore sopra a tutto e tutti.

La storia insegna ben altro, però.Non sono le armi ad essere il deterrente ma la capacità di usarle quando la minaccia lo richiede, che esse siano nucleari oppure no.C’è anche un’altra riflessione di natura scientifica su quello che non sembra essere stato preso nella giusta considerazione: un attacco biologico, anche se da parte di un soggetto privo di armi nucleari, può comunque causare danni maggiori di quello che potrebbe fare l’ordigno che L’Iran è accusato di essere in procinto di costruire.Qual è allora la logica di un proposito, anzi un impegno così ardito?La paura è che tutto questo e quanto fatto fino ad ora sia il modo che il Presidente vuole usare per dimostrare che l’Ame-rica cattiva di Bush è finita e che quella nuova ha fiducia in ogni uomo.Sono stati da subito evidenti i risultati di questa attitudine con due esponenti dell’asse del male convertiti al bene: Ahmadinejad e Kim Jong Il.E’ vero che il Presidente Obama si è tenuto uno spiraglio limitan-do questo trattamento speciale solo a chi rispetta il trattato di non proliferazione nucleare ma

questo non eviterà al Paese che da sempre ha difeso la libertà e la democrazia ovunque un serio danno di immagine.Non è comunque questo tipo di danno ad essere il problema ma il peso specifico degli USA che lentamente sta diminuendo.Una dimostrazione di questo è l’atteggiamento che Israele sta tenendo nei confronti del suo alleato di sempre. Non è un dispetto o uno sgarbo ma sempli-cemente mancanza di fiducia in quello che gli Stati Uniti posso-no fare per portare la controparte palestinese a più miti consigli. Per questo agisce in autonomia malgrado le feroci critiche.Per lo stesso motivo l’Iran non cede ma rilancia per l’ennesi-ma volta sapendo che il deci-sionismo ormai è cosa lontana e che l’ONU ed il Consiglio di Sicurezza sono strumenti obsole-ti in questo mondo.Solo un singolo soggetto può prendersi la responsabilità di agire per risolvere problemi tanto gravi, delegare la collettività è solo fuggire dal problema. Mai perdere di vista il fine ultimo dei propri principi e soprattutto l’ar-monizzazione del contesto in cui ci si intende muovere. Un tempo questi erano gli USA.

Gabriele Polgar

Se ne è parlato per mesi ma poi, Stati Uniti e Russia hanno rag-giunto un accordo sulla riduzio-ne dei rispettivi arsenali nucleari. Lo Start 2 sarà stabilisce un tetto di 1.550 testate nucleari ope-rative e di 800 vettori nucleari. L’intesa durerà dieci anni e sarà possibile ancora prolungarla di cinque anni.Questo accordo è un caposaldo della stabilità globale presente e futura. Esso riduce un terzo delle armi nucleari raffreddando di fatto non poco la tensione in essere tra i due Paesi e non solo. La soddisfazione trapela da ambo le parti. Ma per l’analisi dell’accordo e delle soddisfazioni annesse e connesse dobbiamo smettere i panni dei cronisti, dei reporter delle dichiarazioni ufficiali ed indossare – sempre umilmente – quelli degli anali-sti. Innanzitutto – è bene leggere tra le righe – l’accordo manterrà “la flessibilità necessaria per pro-teggere la nostra sicurezza nazio-

nale e per garantire la sicurezza dei nostri alleati”.Bisogna saper captare i segnali. E questo lo è. Chiaro, limpido. Destinazione: Iran. Assieme a tutto il complesso organizzativo in grado di dar vita al pressing terrorista, che dall’Iran ha spesso e volentieri trovato sostegno eco-nomico e morale.Che si stia preparando il terreno al redde rationem con Teheran? Tra qualche mese sapremo. Intanto, Obama incassa l’occhio-lino di Medvedev che all’insegna dell’unità di intenti ha chiosato: “Il nuovo accordo sul disarmo rispecchia l’equilibrio degli inte-ressi di entrambi i Paesi”.Ma se l’accordo raggiunto – come ha sottolineato l’ammini-strazione americana - non stabi-lirebbe limiti sui programmi di difesa anti-missile, quale sareb-be allora la merce di scambio che avrebbe convinto Mosca ad avvicinarsi a Washington?Innanzitutto è bene ricodare che

lo Start 2 consentirà, ai bilanci di entrambi i Paesi di risparmia-re cospicui mezzi finanziari sul regime della verifica al contrario del vecchio trattato.Inoltre, ecco l’altra mezza verità (la prima, di Obama: “l’accordo non stabilisce limiti per la difesa abtimissile): nel nuovo accor-do per il disarmo nucleare tra Russia e Usa, il Cremlino pre-vede l’uscita dal trattato stesso nel caso in cui il potenziale della difesa antimissilistica Usa rag-giungerà la soglia della minaccia degli interessi nazionali russi.In termini calcistici un x. Vale a dire, un passo avanti con un occhio alle retrovie.Nell’analisi, perché sia completa non potrebbe non rientrare l’al-tro gigante, la Cina. La Cina è anch’essa una potenza nucleare di alto livello quindi i temi presi in considerazione per la stesura dello START 2 non riguardano solo Mosca e Washington. Il plauso di Pechino meritereb-

be un discorso profondo, per-ciò ci limitiamo ad incassarlo, come pure han fatto Obama e Medvedev con un sorriso a tutta bocca.Secondo Qin Gang, portavoce agli esteri per il governo cine-se, questo accordo spianerebbe la strada verso un ambizioso obiettivo finale: quello di un disarmo nucleare completo. Su una cosa si può scommettere ad occhi chiusi: l’apprezzamento di Pechino passa per il muta-to atteggiamento Usa nei con-fronti della questione tibetana e Taiwan (la vendita di armi a Taiwan e l’incontro tra il Dalai Lama e Obama sono ferite fre-sche per la diplomazia cinese).La convergenza russo-americana e, di rimbalzo, cinese (cui il problema non è affatto estraneo, basti pensare alla vicenda degli uiguri nello Xinjiang) ha un solo imput: “lotta al terrorismo”.Gli ultimi tempi sono per la Russia una tragica conferma

dell’attualità del problema e dell’urgenza di provvedimenti, azioni, alleanze. Pochi giorni fa l’attentato suicida alla metro di Mosca, seguito dall’attenta-to presso un commissariato di Karabulak. Le “vedove nere” erano già nella scuola di Beslan durante il mega-sequestro finito in tragedia nel 2004 (almeno 331 morti) ed erano nel teatro Dubrovka, a Mosca, nel 2002: uccisi almeno 33 terroristi e 129 ostaggi. Le donne kamikaze, o “shahidki” (vedove nere) sono un retaggio del terrorismo cece-no lanciato dal leader separatista Shamil Basayev e sopravvissuto alla sua morte.Gli atti terroristici portati nel cuore della Russia, possono esse-re considerati un avvertimento a non avvicinarsi ad Israele che recentemente ha stretto impor-tanti accordi politici ed econo-mici con Putin.Terrorismo, ancora terrorismo nelle cronache degli ultimi gior-

ni. Cinque violente esplosioni sono avvenute a Peshawar, la città vicina al confine con l’Af-ghanistan. Dopo gli ordigni è entrato in azione un commando che ha lanciato razzi vicino ai posti di sicurezza che circondano il consolato americano.In conclusione, l’anima dello Start 2 non va ricercata fuori della complessa e complicata lotta al terrorismo che sta a poco a poco coinvolgendo – in una sorta di sciagurato effetto domi-no – nazioni su nazioni. Anche quelle che per bieco calcolo miope lo avevano agli esordi appoggiato.Il tema (disarmo nucleare) da dare in pasto di qui ai prossimi mesi all’opinione pubblica sensi-bilizzandola è bello e pronto.Se fossi in Ahmadinejad non dormirei sonni tranquilli, visto che ogni momento – ora che Cina e Russia sembrano defilarsi - potrebbe essere quello giusto (o sbagliato).

Katyn 2, tragedia investe la PoloniaClasse dirigente decimata. Presto nuove elezioni, ma con quali candidati?

Obama e il nucleareOvvero come spuntare le armi e rendere sereni i nemici

Lo Start 2 di Usa e RussiaL’accordo tra Mosca e Washington è decisivo per i destini globali. La Cina sullo sfondo

Proprio mentre era in volo per presenziare a Katyn una ceri-monia per l’anniversario dell’ec-cidio di oltre 22.000 ufficiali e soldati polacchi per mano dell’Armata Rossa di Stalin nel 1940, il Presidente polacco Lech Kaczynski, è morto nella sciagu-ra aerea del suo Tupolev 154, schiantatosi ieri mattina mentre cercava di atterrare all’aeroporto di Smolensk, nella Russia occi-dentale. E assieme a lui tutti i passeggeri del velivolo, la cui lista annoverava il fior fiore della classe dirigente polacca, ridotta ora all’osso. Ministri, vice mini-stri, il presidente della Banca nazionale e lo stato maggiore del’esercito al completo. Una vera tragedia. A volte è davve-ro impietoso il destino, capace di prendersi beffe così crudeli su interi popoli. Ma tant’è e i polacchi dovranno farsene una ragione per ripartire.Per ora si parla di malasorte, errore umano, fatalità. Almeno fino a quando la commissio-ne d’inchiesta (nominata da Medvedev) non avrà terminato il proprio lavoro – anche se non vediamo quali potrebbero essere eventuali responsi alternativi.Il triste evento ha mobilitato masse disincantate d’ogni età, che commosse si sono recate in processione sotto il Palazzo presidenziale, deponendo mazzi di fiori e lumicini ovunque. I polacchi solitamente lontani dai politici e sfiduciati dalle istitu-zioni, colti nel profondo si sono prepotentemente riavvicinati alla “cosa pubblica”.Su ogni edificio - pubblico e privato – sventola la bandiera nazionale contrassegnata da un simbolo di lutto.Intanto, l’interim, come prevede la costituzione, è stato affida-to al presidente del parlamento (Sejm) Borislaw Komorowski, che in TV ha annunciato che entro fine aprile si fisserà la data

delle elezioni per il nuovo capo dello stato, che dovranno poi tenersi entro 60 giorni.Poco più di due anni e mezzo fa cadeva il governo di Jaroslaw Kaczynski, oggi capo dell’op-posizione. Il Presidente della Repubblica aveva a modo suo scritto un capitolo della storia polacca tra Guerra Fredda e Nascita dell’Europa di Lisbona.La morte di Lech Kaczynski ha dato vita a uno tsunami istituzionale in Polonia. Oltre a un vero vuoto di potere che ha decimato le istituzioni polacche, rendendolo più fragile di quanto non fosse, considerando i suoi potenti vicini.Due i partiti che ne hanno maggiormente pagato il costo: PiS e SLD, che hanno perso i loro candidati per le imminenti lezioni presidenzialiEntrambi i gemelli hanno carat-terizzato la storia recente del paese e del suo difficile rapporto con il passato dittatoriale e con il futuro europeo.Durante il periodo in cui i gemelli governavano assieme (dal dicembre del 2005 al set-tembre del 2007) l’azione del Governo polacco è stata molto discussa per l’accentramento dei poteri che ne derivò. Per permettere l’elezione di Lech Kaczynski al ruolo di presiden-te della Repubblica, Jaroslaw Kaczynski si è dimesso da primo ministro alla fine del 2005, affi-dando il Governo a Kazimierz Marcinkiewicz, di fatto mero prestanome dello stesso.Il 14 luglio 2006 anche Marcinkiewicz si è dimesso, lasciando di nuovo il posto a Jaroslaw Kaczynski, che inua-gura un periodo di duri attac-chi rivolti alla natura laica dello stato e alla divisione dei poteri. Un periodo discusso a causa degli ostacoli che i gemelli pose-ro alla integrazione europea per la gioia di una “certa visione

americana” del problema e della storica avversione di Mosca all’ingresso di paesi dell’ex Patto di Varsavia.Gli imprenditori più dinami-ci, nuove leve dell’economia polacca in espansione (l’unico paese ad essere cresciuto duran-te la forte recessione, +1,1%), i laici, i laureati, i giovani vis-suti all’estero e che rappresen-tavano una fascia importante del paese non votavano certo gli ex comunisti ma nemme-no i populisti del Pis (Diritto e Giustizia), partito che aveva preso tutto col supporto di importanti media ultracattolici (la famigerata antisemita Radio Marija) di movimenti politi-ci da primo ‘900 dalle istan-ze medievali che professavano chiusura, eurofobia e ruralismo becero. No, le energie fresche ed evolute del paese, piuttosto non votavano.I cavalli di battaglia della coa-lizione facente capo ai gemelli, che li hanno resi invisi a gran parte della Ue erano (e sono nella figura di Jaroslaw, leader del PiS): un marcato antieu-ropeismo; il filoamericanismo spinto; complesso di accerchia-mento (germanofobia e russo-fobia); omofobia; ultraclerica-lismo.Nel 2007, buon per la Polonia, inizia il declino dei Kaczynski. Il Governo populista perde contro un’altra coalizione libe-rale, ma chiaramente europei-sta. Donald Tusk, leader del PO (Piattaforma Civica) vince e inizia un confronto con il Presidente della Repubblica, rimasto solo nella difesa delle politiche del PiS.I cambiamenti procedono, la UE, già a cavallo del passaggio di consegne nell’esecutivo polac-co, approva programmi appositi per la Pomerania, la Slesia, la Bassa Slesia, Grande Polonia e Polonia Minore (per gli anni dal

2007 fino al 2013).Danuta Hubner, Commissario Europeo per le Regioni e cit-tadina polacca, li annuncia a Krynica, nella parte meridionale del paese. Donald Tusk incarna ormai lo spirito nuovo e la ten-denza ineluttabile del paese.Veniamo ad oggi. È difficile pensare come, tra soli due mesi, potranno aver luogo le elezio-ni presidenziali polacche. Jerzy Szmajdziñski, il candidato del

SLD (Alleanza della Sinistra Democratica) ha anch’egli perso la vita nell’incidente. Attualmente nessuno è in grado di dire se Jaroslaw, il gemel-lo dello scomparso Presidente abbia l’intenzione di partecipa-re alle elezioni. La campagna elettorale si annuncia pacata – all’insegna della concordia e dell’unità - rispetto al passato, con una grande partecipazione di quelli che si dichiaravano

disinteressati alla politica (gio-vani).Anche per questo l’esito eletto-rale si annuncia assai incerto. Troppe variabili pendono sul voto, non ultimo il ruolo della commozione popolare oltre ai nomi ad oggi misterioso dei candidati. Finchè non si riuscirà dal tunnel e non tornerà a splen-dere il sole su Varsavia – almeno metaforicamente.

Francesco Di Rosa

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La Piazza d’Italia - Approfondimenti

Il dovere di riformare

Corruzione, chi era costei?

Berlusconi da il via alla stagione delle riforme possibili

Passata la Pasqua e finita la sbornia elettorale delle ammi-nistrative di fine marzo che hanno visto la netta afferma-zione dei candidati del centro destra, la politica italiana si rituffa con rinnovato vigo-re nelle discussioni riguar-danti le riforme da attuare e approvare, possibilmente tutti insieme al fine di risollevare l’asfittica situazione socio-economica, oltre che istitu-zionale del Paese.Dato che i risultati elettorali hanno rinforzato la coalizione di centro destra al governo e ridotto ai minimi termini le opposizioni - sia quelle par-lamentari che quelle inter-ne al PdL - il pallino del gioco è giustamente passato nelle mani del Presidente del Consiglio Berlusconi, che in queste elezioni ha rischiato in prima persona la faccia, e della Lega che ha ottenuto un ottimo risultato in termini di consensi elettorali e che tra le altre cose, schiera tra le proprie fila il Ministro delle Riforme.Nelle prime riunioni infor-mali tenutesi ad Arcore tra Berlusconi, alcuni fedelissi-mi del Cavaliere e gli alleati leghisti, si è deciso quali sono le innovazioni da sottoporre alla valutazione degli alleati di maggioranza in maniera tale da presentare - una volta tro-vata la quadra da compagni di coalizione - tali proposte in visione alle opposizioni di centro sinistra.Sicuramente l’argomento più scottante di cui si è parlato è stato il riordino istituzionale dello Stato in senso presiden-zialista e federalista. Ma vedia-

mo quali sono al momento, dato che tale bozza deve anco-ra passare al vaglio di tutte le anime politiche componenti la maggioranza, i punti quali-ficanti riguardo tale possibile riforma.In primo luogo - secondo un primo schema preparato da Bossi e Calderoli - il Presidente della Repubblica, una volta approvata la riforma, sarà elet-to direttamente dal popolo e non più come accade adesso dalle Camere riunite in ses-sione plenaria: a Lui saranno dati più ampi poteri rispetto agli attuali, resta ancora da vedere quali, resterà in carica cinque anni e potrà avere una età minima più bassa - 40 anni - rispetto a quella attuale.Esso avrà poi il potere di nomina - e relativa revoca - del Presidente del Consiglio, e su proposta di quest’ultimo dei singoli Ministri. Inoltre rappresenterà l’unità naziona-le, avrà il potere di indire nuove elezioni e referendum, promulgare leggi, presiederà il consiglio supremo di difesa ed il CSM oltre che nominare un terzo dei giudici costitu-zionali.Il Presidente del Consiglio invece, sempre secondo le intenzioni dei Leghisti, verrà nominato direttamente dal Presidente della Repubblica e dovrà avere la “fiducia” della sola Camera dei Deputati. Viene poi prevista pure la così detta “sfiducia costruttiva” che permetterà ai Deputati, nel rispetto del risultato scatu-rito dalle elezioni, di indicare il nome di un nuovo Premier nel caso quello vecchio non abbia più la fiducia della mag-

gioranza dell’Aula.Tale canovaccio di riorganiz-zazione istituzionale riguarda pure Camera e Senato che saranno sottoposti ad una pesante cura di dimagrimen-to, infatti dagli attuali 945 parlamentari si passerebbe a 400 deputati e 200 senatori, questi ultimi eletti su base esclusivamente regionale e con il compito di legiferare riguardo le norme di esclu-siva competenza concorrente Stato-Regione.La Camera, l’unica con potere deliberante, invece esaminerà e approverà le leggi di esclusiva competenza dello Stato centra-le: in questa maniera finalmen-te sarà posta la pietra tombale al bicameralismo perfetto che necessitava, per ogni disegno di legge ratificato, dell’appro-vazione di entrambi i rami del Parlamento rendendo in tal modo la convalida dell’iter di un provvedimento legislativo lento e macchinoso.Solo per le leggi di modifica costituzionale sarà poi previ-sto il voto ed il procedimento bicamerale così come è oggi.Inoltre non ci saranno più i senatori a vita nominati diret-tamente dal presidente della Repubblica e gli stipendi degli Onorevoli verranno modulati in relazione all’effettivo nume-ro di sedute parlamentari cui questi ultimi parteciperanno.Questi sono i punti salienti del “memorandum“ leghista che ovviamente dovrà essere ridiscusso prima in maggio-ranza e poi con le opposizioni oltre che col Presidente della Repubblica. Quello che pare più interessante è che final-mente ci sia uno schema con-

creto su cui discutere anche se l’impronta “Lumbard” allo studio di modifica istituzio-nale pare abbastanza netta, purtroppo.In primo luogo questo sem-bra un presidenzialismo forte-mente annacquato in quanto, seppur eletto dai cittadini, il Capo dello Stato non potrà direttamente avere la direzio-ne della politica del Governo, poiché essa sarà delegata, anche se in maniera meno caratterizzata di quanto accade oggi ad esempio in Francia - Nazione dalla quale si preten-de di copiare lo statuto istitu-zionale - dal Primo Ministro. Quest’ultimo poi potrà venir cambiato attraverso la sfiducia costruttiva dai deputati, pro-prio quello che lo spirito del vero presidenzialismo nega a priori: il cittadino scrive e vota il nome di chi ritiene essere in grado di governare, se questo poi non ha la fiducia della Camera, deve essere sostituito solo dai cittadini che lo aveva-no votato.Insomma i ribaltoni non devono essere assolutamente permessi per legge: si deve cioè ritornare alle urne nel caso il Premier designato dai cittadini “cada”, cosa che questa prima bozza non permette o non permette completamente.Temiamo che una volta appro-vata, tale regola permetta un dualismo troppo accentuato tra Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio in maniera tale che l’indeboli-mento dello Stato centrale che ne scaturirebbe non farebbe altro che rafforzare indiretta-mente il potere delle istituzio-ni periferiche, vedi le regioni,

cosa che non farebbe altro che andare nella direzione calda-mente auspicata dallo stato maggiore leghista e dai propri elettori settentrionali.Perché non prevedere certo una diminuzione dei deputa-ti, la fine del bicameralismo perfetto, e un senato federale, l’elezione diretta del Presidente del Consiglio con i poteri immutati rispetto agli attua-li? Il Capo dello Stato, elet-to sempre dalle due Camere in seduta congiunta, in tal modo dovrebbe avere sempre le medesime prerogative di garante della Costituzione e di rappresentante dell’unità dello Stato che tuttora pos-siede. Logicamente devono cambiare anche le regole del gioco, nel senso che è impro-ponibile continuare ancora con l’attuale legge elettorale, a parole osteggiata da destra e sinistra, ma nei fatti sfruttata da tutti i partiti per piazzare in Parlamento i beniamini dei soliti noti.Proporzionale “secco”, con sbarramento, maggioritario con l’uninominale o meno, poco importa basta che i cit-tadini abbiano la possibilità di decidere direttamente nome del Primo Ministro, e nome dei deputati: insomma bando a liste preconfezionate dagli apparati di partito nel chiuso di fumose “stanze dei bottoni”.Il timore che purtroppo ci pervade è che il tentativo di riformare l’assetto istituziona-le del Paese attraverso un giu-sto percorso condiviso tra le forze partitiche di maggioran-za ed opposizione, alla fine, nel clima politico acceso che caratterizza questi primi due

anni di legislatura, non porti a nulla, anzi faccia affonda-re anche quelle riforme da alcuni definite secondarie ma che più interessano il sempli-ce cittadino: la riforma fiscale e del sistema pensionistico, quella del mercato del lavoro, regolato quest’ultimo da leggi vecchie oramai quaranta anni. Non è poi forse uno sba-glio dare carta bianca ai rap-presentanti della Lega Nord riguardo la formulazione di una proposta per cambiare le fondamenta istituzionali del Paese? Non manca forse di coraggio e proposte la destra italiana che tenta di ripro-porre il sistema semi presi-denziale francese e calarlo in una realtà - quella italiana - completamente diversa rispet-to a quella transalpina? Non sarebbe meglio avanzare uno schema di riforma comple-tamente nuovo e più adatto alla nascente realtà federalista dello “stivale”?Vedremo a questo punto se il disegno di Berlusconi sarà quello di far “giocare” - e fino a che punto - gli alleati leghisti con i cambiamenti istituzionali che potranno trovare una via di riuscita assai lentamente al fine di lasciarsi le mani libere per le due riforme che veramen-te gli interessano: quelle del sistema giudiziario e di quello fiscale che tanto a cuore sta a Tremonti e alla base elettorale del centro destra.Il nostro auspicio è quello identico del Presidente della Repubblica Napolitano: che questa non sia una legislatura sprecata al fine di riformare veramente l’Italia.

Dopo l’ennesimo smacco elet-torale della sinistra, che questa volta oltre alla consueta leva giudiziaria, al gossip e all’anti-berlusconismo di rimando ha provato in ogni modo a cavalca-re presunte responsabilità gover-native all’interno di inchieste che concernono la gestione degli appalti relativi alla ricostruzione dell’Abruzzo, conclusa la cam-pagna elettorale, è arrivato il momento di chiedersi se il riaf-facciarsi sul palcoscenico nazio-nale del tema della corruzione possa ritenersi una patologia entro determinati limiti ende-mica al carattere democratico di qualsiasi società compresa la nostra, oppure se si sia all’alba di una nuova emergenza modello “tangentopoli”.Ferma restando la naturale pre-sunzione d’innocenza che deve essere riconosciuta a coloro che si ritrovano sotto inchiesta e d’altra parte il rispetto e la con-siderazione per l’attività degli organi inquirenti, pochi giorni orsono, alla recente inaugura-zione dell’anno giudiziario, sul tema è intervenuto il procurato-re generale della Corte dei Conti in Abruzzo Bruno Di Fortunato che ha dichiarato: “la corruzione dilaga a fronte di controlli inade-guati o inesistenti, sia negli enti

locali che in quelli privatizzati a capitale pubblico”. L’Attività dei giudizi contabili dei giudici della Corte dei Conti dell’Abruzzo ha registrato una diffusa pratica di illegalità “a soddisfazione di vantaggi personali e di gruppi politici, dalla quale sono derivati danni incalcolabili all’immagine della classe politica e del Paese e all’economia”.Un messaggio che sotto molti profili ha fatto da megafono alle note inchieste della procura di Firenze che hanno coinvolto uno dei coordinatori nazionali del PDL, Denis Verdini, funzio-nari pubblici in posizioni apicali dell’Amministrazione, nonché il volto vincente del Governo “del fare” del Premier Silvio Berlusconi, Guido Bertolaso lea-der della mondialmente apprez-zata Protezione Civile Italiana.Di fronte al sollevarsi del polve-rone, l’opposizione non ha tar-dato a cercare di buttare al mare il bambino con tutta l’acqua sporca chiedendo le dimissio-ni di Bertolaso, con il disegno neanche tanto nascosto di mac-chiare uno dei successi impos-sibili da disconoscere nell’azio-ne dell’esecutivo, vale a dire la ricostruzione a tempo di record della terremotata provincia de L’Aquila.

Quanto fossero in errore e sotto certi profili segni evidente tale disegno di una mal celata diso-nestà intellettuale, oggi risulta evidente, sotto i colpi inequi-vocabili del risultato elettorale nella provincia de L’Aquila che manda a casa il Presidente di centro-sinistra per abbracciare l’opzione proposta dal Popolo della Libertà (Del Corvo 53,4/Pezzopane 45,3).Il motore della sinistra pen-sante è purtroppo però già in movimento e macina chilo-metri addentrandosi nel deser-to dell’incomprensione con il Paese; insulsaggine del popolo italiano, irrimediabile conni-venza malavitosa di tutti noi cittadini responsabili di abbrac-ciare il male così come faccia-mo continuando a scegliere il centro-destra e il suo leader, costituiscono il minimo comu-ne denominatore che si riesce ad intravedere dietro i primi commenti post elezioni ammi-nistrative (oltre il trito e ritrito complotto mediatico berlusco-niano).Il fatto è che l’esito elettora-le nella provincia de L’Aquila dimostra una cosa, una cosa molto occidentale e vicina a quanto accade nelle migliori democrazie del pianeta: contano

i risultati e i fatti ed in funzio-ne dei risultati e dei fatti, alle inchieste, al tema della corru-zione si lascia solo lo spazio del dubbio, per lo meno fin tanto che resta tale.In base al Corruption Perception Index di Transparency International, la Finlandia risul-ta essere il paese meno corrotto, il Giappone è al 21° posto e l’Italia al 31°, tre Paesi dalla storia politica e partitica simile laddove per la prima al di là dell’etica luterana, il fervente patriottismo e la rigidità del clima, giova una legge sul finan-ziamento pubblico ai partiti che obbliga i candidati a dichiarare importi e soggetti finanziato-ri, per la seconda la corruzione nella gestione degli affari pub-blici invece è addirittura parte di un efficiente sistema di coop-tazione sociale che assicura qua-lità e solidità ai servizi pubblici offerti, un sistema di face value, un modo ed una necessità di mantenere il buon rapporto fra eletto/elettore.Si sa, gli italiani hanno imparato nei secoli che serve arrangiarsi per non farsi ridurre alla fame e ci vorranno anni di buona amministrazione per convincerli che i tempi sono cambiati, ma non dovrebbero bastare due o

tre moralisti doc per far dimen-ticare che il malaffare alligna in assenza di procedure trasparenti e meccanismi certi e tempestivi nella esecutività delle decisio-ni amministrative ai vari livelli di governo della cosa pubblica, esattamente quello che manca al nostro sistema.Un sistema di finanziamento pubblico che preveda la pub-blicazione delle somme raccolte ed i nomi dei finanziatori può essere utilizzato dal candida-to quale volano per accredi-tarsi presso l’opinione pubbli-ca: se ha convinto questo o quel gruppo industriale, se ha raccolto tutto quel denaro…vuol dire che pezzi importan-

ti della società lo ritengono una persona valida; e così se la burocrazia amministrativa di questo Paese viene ricondotta a semplice meccanismo esecutore della volontà politica attraverso regole semplici e certe e non a decisore occulto nella gestione degli appalti, anche la sola stra-da per la “raccomandazione” si fa più ardua, si dirà che così si passa alla nomina, ma la nomina si accompagna alla responsabilità, un cerino questo sì che va messo senza pietà nelle mani del ceto politico inve-ce dell’ennesimo scandalo che promette di cambiare ogni cosa per lasciare invece che tutto resti come prima.

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In occasione dell’uscita del suo libro abbiamo il piace-re di porre alcune domande all’On. Luigi Turchi autore di “Incontro con il nemi-co” (con la prefazione di Giulio Andreotti) in attesa della presentazione ufficiale che si terrà alla Biblioteca del Senato in Piazza della Minerva il 14 aprile. On. Turchi cosa c’è alla base di questo libro?L’intento di questo racconto è quello di ripercorrere alcu-ne esperienze vissute nell’arco della mia vita personale e politica e di tentare di dare uno spaccato di un’Italia che si è sempre dimostrata unica per la sua vitalità anche nei momenti più drammatici. Il Libro inizia in un modo particolare.Ho voluto riportare testual-mente il mio memoriale, redatto pochi giorni dopo la mia liberazione nella prigione di Milano, da cui difficilmen-te sarei uscito vivo se non fosse stato per mia madre. Alcuni momenti sono toccanti vuole parlarcene?La situazione in Italia era molto difficile e tutti, da una parte e dall’altra ci trovavamo a vivere situazioni non degne

delle nostre tradizioni ma questa è la diretta conseguen-za di una guerra civile. In quei giorni ho provato tutto quello che un essere umano può provare: la paura, il dolo-re, l’incertezza, la speranza, la gratitudine. Il susseguirsi dei fatti mi ha lasciato dei segni profondi che ho fatto miei per quello che sarebbe stato il futuro della mia vita. Nella parte seguente del libro racconta della Sua vita in epoche successive e vengono riportati anche gli aspetti più personali della vita familia-re, il rapporto con Suo padre, il Senatore Franz Turchi, già Prefetto di La Spezia.La famiglia è stata per me e sempre lo sarà il fulcro di ogni mia attività anche se ho dovuto passare tempi piut-tosto lunghi lontano. Grazie all’amore che ho peri miei cari ho superato momenti in cui le scelte politiche si sono intrecciate con quelle perso-nali, mi riferisco ad esem-pio al difficile rapporto con Almirante, la delusione per quanto fatto nei confronti di mio padre dal Segretario del MSI. Ci sono stati anche periodi esaltanti ovviamente: ricordo l’entusiasmo con cui è stato creato e portato al suc-cesso il Secolo d’Italia, le spe-

ranze per un’Italia migliore, pacificata e in armonia con la sua turbolenta e controversa storia recente in cui mi sono trovato spesso dalla parte più “debole” ma per la quale ho lottato con una visione che ritengo ampia e moderna. Cosa l’ha fatta resistere e lotta-re per così tanto tempo?Nel libro parlo del mio rap-porto con i miei ideali di allora e di oggi sempre coe-rente con i valori umani che la mia famiglia si tramanda da sempre. Anche quando era difficile dire no, da giovanis-simo sotto la guida di mio padre, ho seguito un percorso distaccato da alcune scelte del ventennio. La coerenza è stata per me un pilastro. Dopo il periodo della guer-ra civile, ha potuto conosce-re un’Italia diversa e poi il mondo. Ho vissuto la guerra da gio-vanissimo, dopo quando la situazione si è normalizzata ho avuto la possibilità di viag-giare toccando realtà diverse di altri Paesi insieme a quelle italiane fuori dai nostri con-fini, con queste esperienze ricche di umanità ho dato un significato ancora più importante all’integrazione e all’amore per le radici.

Questo libro è un viaggio nel tempo che attraversa periodi della Sua vita assai diversi.Ho cominciato nella Scuola Allievi Ufficiali della Guardia Nazionale Repubblicana poi sono passato dal periodo della X MAS a quello della prigio-nia, dalla liberazione a Milano all’esperienza in Borsa a Roma, dal ritorno a Sorrento e dal legame con il territorio della Penisola Sorrentina alla ripar-tenza per Roma, dall’attività editoriale a quella parlamen-tare, dalle battaglie negli anni bui della nostra Repubblica alle soddisfazioni delle quattro Expo (tre internazionali e una universale) di cui sono stato il Commissario Generale. Può accenarci qualcosa di cui ha un ricordo particolare?Giusto un accenno riguardo le vicende della restituzione del corpo di Mussolini e poi di quello di Evita Peron alle rispettive famiglie in cui con mio padre abbiamo avuto un ruolo determinante.Tutto quanto ho raccontato nel libro è arricchito e testimo-niato da una documentazione sia fotografica che epistolare che traccia dei profili di per-sone ed eventi diversi da come sono stati raccontati fino ad ora. Credo sia un punto di vista interessante.

Una vita ricca di episodi ed iniziative che L’hanno portata a conoscere personaggi importanti.Ho avuto il privilegio di conoscere tra gli altri, Nixon, Rockfeller, Franco, Peron, Bush padre e figlio, i Reali di Spagna, Belgio, l’Imperatore del Giappone. Vorrei anche ricordare che l’introduzione al libro è del Senatore Andreotti con cui ho stretto da prima una collaborazione istituzio-nale e poi un’amicizia sincera.

Questo non è un libro di storia ma la storia in un libro, quella di un uomo che, attraverso i conflitti politici, imprenditoriali, personali, ha costruito la sua carriera, la sua vita e la sua amata famiglia.Una raccolta di ricordi che costituiscono in molti casi un punto di vista di una parte che spesso in questa Italia non ha avuto il giusto spazio.

Gabriele Polgar

La Piazza d’Italia - Cultura

Libri: “Incontro con il nemico” di Luigi Turchi

Opinione pubblica e contesto attuale

Habermas, analisi di una dinamica elettoraleIn un clima post-elettorale è interessante analizzare le rea-zioni dell’opinione pubblica di fronte alle metodologie com-portamentali delle forze politi-che che si sono sfidate e come queste ultime si relazionano, prima delle votazioni, ai cit-tadini.Se lo scopo è vincere e colpire, più che convincere, perché già quest’ultima opzione compor-terebbe una fluidità di dialogo nel panorama elettorale che non compete propriamente alla vita politica italiana, c’è da chiedersi quali mezzi e artifici le parti mettono in gioco per raggiungere l’obiettivo fina-le, come parlano al pubblico e quanto è davvero pubblica l’opinione che tendono a for-mare per incassare voti.Quest’ultimo periodo già introduce l’utilizzo di un agire strumentale più che comuni-cativo; la differenza tra que-ste due attitudini la spiega Jurgen Habermas (Dusseldorf 18/6/1929), filosofo contem-poraneo di importanza mon-diale: nella sua teoria discorsiva della morale e della politica, egli insegna che il discorso pubblico può essere incen-trato su due modelli: l’agire strumentale, che sembra essere organizzato in base alle logiche della tecnica e del dominio e l’agire comunicativo che indica e lascia aperta la possibilità di un’unione sociale non coerciti-va, basata sul criterio di ricono-scimento intersoggettivo, non violento, orientato all’intesa.Analizziamo il dibattito aper-to inizialmente attraverso le

analitiche osservazioni espo-ste nel testo “Storia e critica dell’opinione pubblica” (1974) di Jurgen Habermas, concen-trando l’attenzione in partico-lare sul capitolo “Sfera pubbli-ca manipolata e opinione non pubblica: il comportamento elettorale della popolazione”.L’opinione pubblica è la sede all’interno della quale si svi-luppa il principio di “pubblici-tà” e con quest’ultimo termine si intende l’uso pubblico della ragione, il dibattito razionale; questo ambito si pone come una sfera chiusa e rappresen-tativa e rimanda ad un’unicità sommatoria di individui.Il tratto che fonda la possibi-lità dell’esistenza di un’opi-nione pubblica, è la necessità di una società civile (strut-turatasi con la nascita di un ceto borghese, quindi in un contesto industriale avanzato); mentre i presupposti necessari perché si sviluppi sono libertà di pensiero, libertà di espres-sione, diritto alla conoscenza e all’istruzione.Nella nostra società dei con-sumi, essa è innegabilmente influenzata dagli interessi eco-nomici, a loro volta stretta-mente congiunti con il potere politico.Per ciò, quello che auspica Habermas, è la nascita di un contesto collettivo composto da liberi individui che abbia un ruolo sempre altamente vigile nei confronti dell’ambi-to politico.La grande problematica che viene dunque a porsi e che viene lasciata aperta, è come

arrivare alla formazione di una sfera di cittadini “extraindivi-duali” consapevoli e critici, se lo stesso processo di sviluppo delle opinioni subisce il diretto influsso dei poteri economici. Viene da sé, in base a quanto enunciato, che le elezioni poli-tiche non sono un’occasione per l’emancipazione intesa in questo senso habermasiano.Il livello di disgregazione di una sfera politica, concepita questa come luogo comune di parte-cipazione costante al dibattito sul potere, si ha quando sono i partiti a produrre periodica-mente la dimensione pubblica in modo esclusivo e genuina-mente pubblicistico. In base a ciò, le campagne elettorali non derivano più da uno scontro di opinioni già in corso.Tuttavia in apparenza e pro-babilmente in modo fittizio, pare che oggi ancora si esiga dall’elettore un certo grado di giudizio e conoscenza, che si interessi e prenda parte al pubblico dibattimento e che contribuisca a trovare il giusto metro vincolante per l’azione politica.Ma analizzando i diversi stra-ti che caratterizzano le parti elettorali, si vedrà come una categoria vince su tutte: i flut-tuanti tra un partito e l’altro.Questi cittadini si reclutano dalla riserva dei meno inte-ressati, meno informati e più apatici, o peggio ancora, quan-do si tratta di coloro che sono totalmente indifferenti alla dinamica politica. Risultano essere di certo influenzabili ma ad opera però, di quella

opinione prodotta in modo dimostrativo o manipolativo da attivisti elettorali.L’immobilismo della parte prevalente dell’elettorato è la misura della disgregazione del pubblico dei votanti. Il seguito di un partito viene quindi ad essere formato da una parte da quella piccola minoranza formata da cittadini “attivi”, dall’altro lato si trova inve-ce una maggioranza che non viene assolutamente scalfita dalle tempeste delle controver-sie politiche. Così la risultante sarà che la vincita elettorale racchiuderà in sé impulsi di volontà del tutto eterogenei e a volte anche concorrenti.I non elettori, coloro che si lasciano assoldare ora per un partito ora per un altro, sono la maggioranza, democratica-mente sono i più inaffidabili e i meno partecipi alla forma-zione di un’opinione pubblica, eppure sono oggetto delle più grandi attenzioni da parte dei manager elettorali.Questo è un passaggio fon-damentale messo in luce da Habermas che non può non riguardaci strettamente da vicino.Ogni partito cerca di sfrut-tare quanto più possibile la riserva degli indecisi non tanto mediante la chiarificazione delle proprie posizioni e linee guida, ma mediante l’adattamento di queste all’atteggiamento impo-litico dei consumatori.E’ ovvio che questo perico-losissimo atteggiamento porta all’apatia progressiva del siste-ma perché privo di un auten-

tico spirito di parte e fa della propaganda elettorale un asso tutto da giocare.Viene a diminuire così il nesso tra partecipazione elettorale ed orientamento verso finalità pro-grammatiche, mentre aumenta la concentrazione sull’immagi-ne dei principali candidati pre-sentati con i più efficaci strata-gemmi pubblicitari.Anche questa periodica messa in scena di una dimensione politica, mostra la disgregazio-ne dell’opinione pubblica e del suo ruolo critico.I partiti si vedono ormai costretti a influenzare le deci-sioni elettorali come fa la récla-me per le scelte degli acquisti. Nasce il marketing politico.Esperti senza bandiere, ven-gono assunti per vendere politica in modo impolitico. Destinatario di questa sfera pubblica creata ad occasione, è il nuovo consumatore, il “nuovo indifferente”: questa specie di elettore riconosce che le sue opinioni non hanno più alcun rapporto con la sua funzione politica; esse potran-no giusto servigli da gettone sociale e la sua tolleranza per le idee avverse non è dettata solo dalla sua bontà caratteriale, ma anche dal fatto che per lui, esse sono solo meri punti di vista, ma prive nella maniera più certa della forza che carat-terizza una totale adesione ad un’azione politica.Entro queste dinamiche, gli appelli politici per essere accol-ti devono perdere quanto più possibile ogni rapporto con i principi politici programma-

tici perché devono riscuotere quel tipo di popolarità che, nella nostra società di massa, sostituisce la relazione imme-diata dell’individuo con la politica.Perciò la presentazione del capo e dell’apparato dirigente necessitano più di ogni altra cosa, di una buona confezione di mercato.In quest’ottica, il congresso di partito è un altro elemento che perde di significato; può al massimo servire ancora per diffondere solo tra i fedelissimi qualche parola d’ordine, ma ormai anch’esso non è altro che una struttura pubblicitaria in cui i presenti in realtà, sono solo comparse.Così all’opinione pubblica subentra, all’interno di un contesto manipolato in questo modo, un’atmosfera di dispo-nibilità all’acclamazione e un rassicurante clima di appoggio. Si tratterà poi per il politico, solo di constatare e valuta-re reazioni prevedibili senza impegnare in modo serioso se stesso e coloro che si garan-tiscono il consenso in questo modo, quasi a livello plebi-scitario.Come afferma Habermas, un pubblico di cittadini disinte-grato e mediatizzato con mezzi pubblicistici serve solo per essere impiegato per la legit-timazione dei compromessi politici, senza che si ponga poi la necessità di renderlo par-tecipe alle scelte effettive, in quanto privo di qualsiasi peso decisionale e critico.

Ilaria Parpaglioni

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La Piazza d’Italia - Tempo Libero

C’è un itinerario che si snoda nell’Alta Sabina è la “strada del Tartufo e della Castagna della Valle del Turano” che raggruppa la parte più orien-tale della provincia di Rieti , un vero tripudio di colori, gusti e profumi nobili e genu-ini.Nel reatino, dove la natura è ancora incontaminata, sono numerosissimi i lecci, le quer-ce e i tigli vicino ai quali i tartufi crescono. C’è un nesso fortissimo, potremmo cor-rettamente dire vitale, tra il tartufo e gli alberi. Un lega-me simbiotico per definizio-ne. Questo fungo sotterraneo non è in grado di compiere autonomamente la fotosinte-si clorofilliana che veicola le sostanze necessaria all’accre-scimento della pianta, sicché per crescere esso ha bisogno di trarre il suo nutrimento da altre piante come appunto le querce, i salici, i pioppi, i noccioli, i faggi… e lungo la valle del Turano - così come lungo le colline, le montagne della piana reatina le valli del Terminillo e del Cicolano- crescono pregiati tartufi grazie ai generosi boschi popolati da

cerri, aceri, salici, pioppi…In questa parte del territorio laziale, che prende il nome dal fiume omonimo che l’at-traversa, vi sono strade ancora sterrate e sentieri dove poter fare lunghe passeggiate. Qui, l’opera dell’uomo con la sua cementificazione, sembra ancora non essere arrivata.Un contatto diretto con la natura - ricchissima d’arbu-sti di ginepro e ginestre, di cespugli di mirto, prugnolo, rosa canina, finocchio selvati-co e more, oltre che orchidee, genziane, violette e bucane-ve - permette di assaporare la preziosità del silenzio e di godere del più completo relax. Anche lo scorgere dell’asino, animale domestico prezioso per le attività di montagna, è testimonianza di un mondo ancora rurale.Fin dai tempi più antichi la Valle del Turano fu abitata da popolazioni che hanno lascia-to qui una traccia della propria presenza. I reperti rinvenuti nell’area testimoniano esisten-ze anche di animali preistorici, dove un tempo l’ambiente era completamente diverso dallo scenario attuale, si trattava di

una zona paludosa, ricca di grandi foreste. Oggi è inve-ce una Valle ampia e fertile, occupata da un bacino idrico artificiale costruito negli anni trenta del XX secolo.E ancora storia. Dopo la sua conquista, fu Roma a valoriz-zare l’antica ‘via Turanense’ e lungo questa sorsero numero-si insediamenti. La Valle del Turano fu dunque terra di conquista dei romani prima, dei longobardi poi. L’area ha subito grandi devastazio-ni ad opera degli ungari, dei saraceni. Fiorirono, attorno al XI-XII secolo, numerosi e splenditi castelli signorili, ma anche castri e fortini. Non vi è qui centro abitato che non abbia custodito testimonianze del passato.Ma la Valle del Turano è anche natura, ospitalità, tra-dizione anche culinaria. In un paesaggio dove il contatto uomo-natura è forte, percor-rendo la strada del tartufo si ha possibilità di gustare numerose specie pregiate di funghi ipogei (ossia che com-piono il loro ciclo vitale sotto-terra), in particolare la fami-glia “Melanosporum”, ovvero

il tartufo bianco e il nero pre-giato, ma anche lo Scorzone e l’Uncinato. Il loro profumo è sublime, elegante si potrebbe dire aristocratico. Lo sa bene il cercatore di tartufi, ovve-ro il tartufaio, che tenta di tramandare di padre in figlio l’esperienza raccolta in anni di ricerca; egli tenta di mostrare ai propri discendenti la sco-perta delle sue tartufaie, che sono dei veri tesori, che non devono essere svelati. Il tar-tufaio lavora in gran segreto e dopo ogni sua ricerca cancella le tracce del sue passaggio, in modo che il percorso rimanga celato. Un lavoro di pazienza e di astuzia, ma anche un lavoro duro quello del cerca-tore di tartufi che deve essere compiuto prima che il sole sorga. Di solito il tartufaio si accompagna sempre all’amico fedele dell’uomo: il cane. Un animale esperto e addestrato per la ricerca, è lui il vero protagonista della raccolta che con il suo ‘naso a terra’ fiuta il terreno appena sente note profumate di tartufo.Questi ricercati funghi sot-terranei crescono in maniera spontanea, sono preziosi sia

per la loro rarità che per il faticoso lavoro che il tartufa-io deve svolgere; nonostan-te il costo sia elevato, essi sono fortemente ricercati dai mercati nazionali ed esteri anche quando toccano prezzi da capogiro. Il fatto che ad essi sia attribuito un valore altissimo permette di com-prendere quanto sia unico il territorio reatino, quanto la sua grande ricchezza di preli-batezze sotterranee sia cospi-cua. Per indicare la grandio-sità di questo prodotto della terra, il compositore italiano Giocchino Rossini definì il tartufo come “il Mozart dei funghi”, una vera e propria musica per il naso e il palato.Ma il tartufo reatino ha una compagna culinaria ideale: la castagna. Nel periodo autun-nale, quando i castagni pro-ducono i gustosi frutti, l’in-contro con il tartufo diviene per l’arte culinaria un felice connubio, un matrimonio perfetto per i sensi.Il reatino famoso per il suo pregiatissimo olio d’oliva extravergine, è rinomato per i suoi castagneti di grandi dimensioni, alcuni risalenti a

quasi 300 anni di vita, unici per la loro forma straordina-ria. Le varietà più note sono il Marrone di Antrodoco e la Rossa del Cicolano, quest’ul-tima si caratterizza per la forma tondeggiante il sapore delicato e dolce.Grazie alle capacità nutrizio-nali della castagna, per cen-tinaia di anni questi frutti autunnali sono stati fonte principale di sostentamen-to delle popolazioni reatine durante l’inverno grazie anche alla loro capacità di non essere facilmente deperibili, ma con-servabili, sottoforma di farina, di marmellata o semplicemen-te seccate. Da queste antiche tradizioni popolari si genera-no nel reatino gustose ricette che vale la pena provare. Basti pensare alla minestra di casta-gne e tartufo, una bontà che riscalda nelle fredde giornate invernali.L’occasione per andare nella Valle del Turano, è dunque ghiotta. Il tartufo e le castagne aprono le porte ad un piccolo grande scrigno di sapori ed emozioni….quelli della terra e della tradizione contadina.

Alice Lupi

Menzione speciale al Vinitaly 2010 come miglior articolo sul Recioto pubblicato sul web

Anche Vinitaly 2010 si è con-cluso. Riportare i numeri, per quanto diano l’idea dell’impor-tanza di questa fiera, annoiano il lettore.Sicuramente si è riscontrato un

ritrovato ottimismo nel setto-re, che consacra Vinitaly caput mundi dell’enologia. Il Salone del Vino veronese rinnova il suo essere, anno dopo anno, una grande manifestazione sia

dal punto di vista degli opera-tori presenti, che dei visitatori e dei media. «Per raggiungere questo risultato – dice Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere - Vinitaly ha

realizzato massicce azioni di marketing diretto sui principali mercati e ha portato a Verona delegazioni qualificate da Nord, Centro ed Est Europa, Russia, ma anche da Usa, Canada e Australia, Paesi mediterranei, Asia, Estremo Oriente, America Centrale e Meridionale».La fiera enologica scaligera rimane una piazza importante dove non solo la domanda e l’offerta si incontrano, ma le aziende vinicole (anche le più piccole) si fanno conoscere, o almeno tentano di farlo, ad un pubblico con cui si interfaccia-no direttamente.Ma la manifestazione inter-nazionale del vino della città veronese è anche l’occasione per proporre novità, peculiarità enologiche ad un vasto e varie-gato popolo di visitatori, che divengono tester per gli esperti del marketing ma anche poten-ziali clienti.Sicuramente quest’anno il timone era considerevolmen-te tenuto dalle bollicine il cui mercato ha un trend in cresci-ta positivo, conquistando ogni giorno consumatori dai target più svariati, che fanno superare lo stereotipo dello spumante solo per il gentil sesso.Due delle novità, che si sono affacciate sul mondo delle bollicine, sono il Vollì della Romagna, che diverrà sicura-mente l’attrazione 2010 della Riviera e lo Spumante rosè d’Abruzzo proveniente da uve Montepulciano. Due pro-dotti che meritano di essere gustati per la loro freschezza e modernità.

Ma anche i vini classici tengono bene. Gli intramontabili vini toscani, ad esempio, sono stati richiestissimi dal popolo dei wine lover. File lunghe agli stand del Brunello di Montalcino, Nobile di Montepulciano, del Chianti Colli Fiorentini. Confermando che i classici non sono una moda.Quindi voglia di tradizione ma anche di sperimentare da parte dei visitatori. Come il “Nero Outsider Igt”, la new entry di casa Arnaldo Caprai, un pinot nero umbro in purezza, color rosso intenso, di gran struttura, al palato rimane equilibrato, setoso e richiama note di frutta rossa.Se è vero che le bollicine hanno “sbancato” il Vinitaly, vero è che i passiti si sono difesi bene: Abruzzo e Umbria con i rispet-tivi vini dolci ne hanno propo-sto di gustosi.Ad esempio “Clematis” della Cantina Zaccagnini è un pas-sito rosso proveniente da uve Montepulciano d’Abruzzo, di color intenso dalle note fruttate che ricordano la liquirizia.Ma anche il “Sagrantino di Montefalco” della Cantina Caprai prodotto con sole uve Sagrantino è un vino passito di rara piacevolezza.A rompere il tabù dei vini rossi che debbono essere tradizio-nalmente abbinati a piatti culi-nari a base di carne è stata la Regione Sicilia che ha proposto un’insolita accoppiata “pesce - vini rossi”. Infatti accanto ad un piatto di pesce azzurro fritto ha invitato ad accompagnare un Nerello Mascalese.

Forte più che mai sembra affer-marsi l’idea di tracciare e rin-tracciare, o meglio attestare le radici uniche, originali e auten-tiche che ogni vitigno possiede. Caratteristiche proprie che deb-bono rimanere tali per evitare standardizzazione di sapori e profumi enologici che permet-terebbero di cadere nell’ovvietà dell’impropria espressione “un vino vale l’altro”.A sottolineare le radici di uni-cità, all’interno di Vinitaly, è stata la Cantina Domini Veneti proponendo un interessante parallelo tra i vini Amarone e Borgogna, quali peculiarità dif-ferenti all’interno di una singola area geografica che devo essere necessariamente valorizzati.A caratterizzare l’edizione 2010 di Vinitaly è stata la visita del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il pros-simo anno l’Italia festeggia il 150° anniversario dell’Unità di Italia e “per questo è di buon auspicio l’idea condivisa con il Presidente della Repubblica – afferma Ettore Riello, presi-dente di Veronafiere- di indire un concorso per realizzare la bottiglia celebrativa del 150° dell’Unità d’Italia, da presen-tare insieme al Vinitaly del prossimo anno (7-11 aprile 2011)». Ma c’è ancora tempo per pensare alla prossima edi-zione del Salone internazio-nale del vino veronese che toccherà il 45° anno di atti-vità; ora è bene affermare che Vinitaly, quest’anno, è cre-sciuto in termini, ovviamen-te numerici, organizzativi ma anche culturali.

Vinitaly 2010, tra bollicine e novità

La strada del tartufo, note aristocratiche di gusto