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N°4, 1-7 FEBBRAIO 2015
ISSN: 2284-1024
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BloGlobal Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo
Milano, 8 febbraio 2015 ISSN: 2284-1024 A cura di: Eleonora Bacchi Davide Borsani Giuseppe Dentice Danilo Giordano Maria Serra Alessandro Tinti
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Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:
Weekly Report N°4/2015 (1-7 febbraio 2015), Osservatorio di Politica Internazionale (BloGlobal – Lo sguardo sul mondo), Milano 2015, www.bloglobal.net
Photo credits: Reuters; Reuters/Khaled Abdullah; AFP; AFP/Thomas Kienzle; EFE; AP; International Court of Justice;
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FOCUS
GRECIA ↴
Dopo l’insediamento, il nuovo governo greco di Alexis Tsipras ha iniziato il suo
tour nelle capitali europee per cercare di raccogliere sostegno in vista di una pos-
sibile, ma improbabile, modifica delle clausole di rimborso dei titoli del debito pubblico
nazionale.
A Parigi, il Ministro delle Finanze greco Yunis Varoufakis, ha incassato il sostegno
del suo omologo francese Michel Sapin. Varoufakis ha affermato che «il risarci-
mento del debito andrà legato alla crescita. Se non ci viene permesso di rilanciare
l’economia non avremo mai la possibilità di pagare». Sapin ha osservato che «è giusto
che Atene avvii un dialogo con le istituzioni finanziarie, anzi è indispensabile. Nessuno
potrà uscire dalle difficoltà senza un ritorno alla crescita. Grecia e UE hanno bisogno
di investimenti». Anche gli Stati Uniti, per bocca del Presidente Barack Obama, hanno
invitato Bruxelles a venire incontro alle esigenze di Atene: «non si può continuare
a spremere Paesi in recessione. Serve una strategia per permettergli di ripagare il
debito». La successiva tappa di Varoufakis è stata Londra, dove ha incontrato il Can-
celliere dello Scacchiere, George Osborne, che ha definito lo situazione tra
Atene e Bruxelles «il più grande rischio per l’economia globale» e per questo
la Grecia dovrà agire «responsabilmente».
Anche Tsipras, in parallelo a Varoufakis, si è recato in visita presso vari Paesi
dell’Unione Europea per completare quanto fatto dal suo Ministro. La tappa di Roma
è stata particolarmente significativa per la distanza tra due Paesi le cui finanze
sono, in differenti modi, sotto l’occhio attento di Bruxelles e Francoforte. Tsipras ha
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dichiarato che «i cittadini e i creditori europei non devono avere paura delle mosse
che faremo. Anzi, dovrebbero avere paura se si restasse in questo vicolo cieco finan-
ziario, dove il vecchio debito viene finanziato facendo nuovi debiti. Prendiamo l’im-
pegno di non creare nuovo deficit e raggiungere l’equilibrio di bilancio anche attuando
le riforme» ma «serve il tempo necessario per la ripresa economica a medio termine».
Il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Matteo Renzi, ha enfatizzato da un lato
la necessità di una certa flessibilità da parte delle istituzioni europee, dall’altro ha
sottolineato l’importanza di rispettare gli accordi presi: «credo fortemente – ha detto
Renzi – che ci siano le condizioni per trovare un punto d’intesa con le istituzioni eu-
ropee da parte delle autorità greche», tuttavia «dobbiamo e vogliamo rispettare le
regole, tutti insieme, con le necessarie flessibilità e intelligenza e, contemporanea-
mente, lottare insieme per l’Europa della crescita. Facciamo il tifo, diamo il nostro
supporto perché questa situazione di emergenza sia affrontata nelle sedi proprie eu-
ropee».
Di fronte all’incertezza in campo, la Banca Centrale Europea ha fatto sapere che
toglierà ad Atene la possibilità di finanziarsi attraverso junk bond a garanzia
dei prestiti fin qui fornitole. La Germania ha rifiutato di adottare un atteggiamento
minimamente conciliante verso la Grecia. Il Ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang
Schäuble, non ha nascosto il suo «scetticismo. Alcune delle misure proposte da Atene
non vanno nella giusta direzione». Laconico e allusivo è stato il commento di Varoufa-
kis: «quando stasera tornerò nel mio Paese troverò un Parlamento in cui il terzo
partito non è un partito neonazista, ma nazista». Tsipras ha chiosato affermando che
«la democrazia greca non intende ricattare nessuno e non può essere ricattata. Ci
chiedono di implementare le riforme a cui ci siamo impegnati e noi rispondiamo che
rispettiamo le regole europee ma lavoriamo per cambiarle».
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IRAQ/SIRIA ↴
L’attacco sferrato dallo Stato Islamico su Kirkuk il 26 gennaio ha affrettato il trasfe-
rimento a sud della città petrolifera di alcune centinaia di combattenti tur-
comanni precedentemente impegnati nelle aree di Amerli e Tuz Khurmatu. I miliziani
presteranno servizio accanto ai Peshmerga curdi al fine di rafforzare le difese di Kir-
kuk. Già nella giornata del 31 gennaio i guerriglieri curdi hanno ripreso il vasto gia-
cimento petrolifero nella vicina Khabaz, dove i jihadisti avevano concluso l’offensiva
prendendo in ostaggio oltre venti dipendenti e dando alle fiamme tre pozzi.
Nella prima settimana di febbraio il Califfato ha invece diretto le proprie iniziative
nell’Anbar, aggredendo le unità dell’esercito regolare e delle milizie sciite tra Falluja
e Samarra allo scopo di compromettere la sicurezza della rete viaria.
Il 3 febbraio il Consiglio dei Ministri iracheno ha approvato sia la bozza di legge
sulla formazione della Guardia Nazionale, sia gli emendamenti da apporre
alla legge che delineò il processo di de-baathificazione dopo la caduta di Sad-
dam Hussein. Tuttavia, il dibattito parlamentare si annuncia incandescente. Entrambi
i provvedimenti sono cardine del progetto di riconciliazione nazionale avanzato
dall’esecutivo presieduto da Haider al-Abadi, ma implicano la controversa mediazione
delle tensioni settarie. A conferma della criticità della posta in gioco, i Ministri sunniti
hanno boicottato durante la seduta ministeriale il voto interno sulla revisione della
legge che vieta il conferimento di incarichi pubblici agli ex funzionari a vario titolo
coinvolti con il precedente regime baathista. Il passaggio parlamentare della proposta
legislativa sulla Guardia Nazionale è anch’essa oggetto di forte contestazione poiché
tra le fazioni politiche affiorano prospettive incompatibili su forma e mandato della
suddetta: intesa dai rappresentati di estrazione sunnita quale strumento consono a
riportare i gruppi tribali in un quadro di legalità costituzionale, saldando un nuovo
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patto di legittimità con le istituzioni centrali, alla Guardia Nazionale è invece attribuito
dalla maggioranza sciita il compito principale di coordinare quel fronte di mobilita-
zione popolare oggi composto prevalentemente dalle milizie sciite finanziate e armate
dall’Iran.
SITUAZIONE SUL CAMPO IN IRAQ 1-7 FEBBRAIO 2015 - FONTE: INSTITUTE FOR THE STUDY OF WAR
Intanto, la brutale esecuzione del pilota giordano Moaz al-Kassasbeh ha solle-
citato una determinata reazione della monarchia hashemita che ha intensifi-
cato i bombardamenti aerei in Siria e in Iraq. Nessun Paese arabo appartenente alla
coalizione internazionale allestita dagli Stati Uniti aveva sinora condotto operazioni di
combattimento in territorio iracheno, rispettando il veto fissato dalle autorità di Ba-
ghdad. Re Abdullah ha promesso una guerra implacabile contro i miscredenti dello
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Stato Islamico. La Giordania ha inoltre eseguito la condanna capitale di un
detenuto iracheno, appartenente ad al-Qaeda, e di Sajida al-Rishawi, su cui
gravava la responsabilità di plurimi attentati realizzati ad Amman nel 2005 e al cui
rilascio il Califfato aveva condizionato la liberazione di al-Kassasbeh.
Se la Giordania aumenta la misura dell’intervento militare contro le roccaforti islami-
ste, l’alleanza multilaterale accusa però lo sganciamento degli Emirati Arabi Uniti
dalle operazioni militari. Secondo il Pentagono, la decisione di tenere a terra i
caccia da combattimento è motivata dall’assenza di opportune garanzie di recupero
dei piloti in caso di abbattimento. A seguito dell’imprigionamento di al-Kassasbeh, gli
Emirati Arabi Uniti avevano espressamente richiesto agli Stati Uniti di spostare i vei-
voli multiruolo V-22 Ospreys dal Kuwait al confine siriano. Consapevole dell’impor-
tanza diplomatica prima ancora che militare della partecipazione diretta di Abu Dhabi
nello sforzo bellico contro lo Stato Islamico, Washington ha annunciato l’immi-
nente riposizionamento di alcuni asset logistici nelle aree settentrionali
dell’Iraq al fine di ridurre il tempo di eventuali missioni di recupero. La decisione è
suscettibile di aumentare la vulnerabilità del personale americano presente in terri-
torio iracheno e dunque conferma le preoccupazioni della Casa Bianca relativamente
all’ampiezza della coalizione anti-IS. Del resto, oltre a Giordania e Arabia Saudita, dei
Paesi arabi che hanno preso parte alle operazioni belliche, il Qatar ha svolto unica-
mente funzioni di supporto operativo, mentre il Bahrain ha garantito un modesto
apporto solo nei primi giorni della campagna. Inoltre, Abu Dhabi ha assunto una
posizione particolarmente dura sul mancato rafforzamento delle tribù sunnite nell’An-
bar iracheno, come recentemente ribadito in occasione della Conferenza di Londra.
In Siria, la riconquista di Kobane ha incoraggiato l’avanzamento dei guerriglieri
curdi, che sostenuti dal fuoco americano hanno gradualmente liberato un centinaio
di villaggi in prossimità del confine siro-turco. Lo scacco patito nel nord-ovest del
Paese, ha invece spinto la dirigenza del Califfato a mobilitare risorse e richiamo ideo-
logico lungo la direttrice che da Raqqa guarda a Damasco.
Nello scenario della guerra civile, il gruppo ribelle Harakat Hazm, di simpatie oc-
cidentali e considerato una fazione moderata del campo anti-Assad, è confluito nel
Fronte Sham, soggetto islamista che contende la preminenza di Jabhat al-Nusra
(JaN). Nei giorni precedenti il gruppo Harakat Hazm era stato coinvolto in violenti
scontri con i militanti di JaN nella provincia di Aleppo. La cooptazione nel Fronte Sham
è stata dunque giustificata dal proposito di moderare le aspre contrapposizioni che
dividono le numerose etichette che si oppongono al governo di Damasco. Non a caso
il Fronte Sham e JaN hanno contestualmente annunciato l’istituzione di un
centro operativo congiunto ad Aleppo.
Infine, il 5 febbraio un massiccio bombardamento dell’aviazione siriana nel centro di
Damasco ha provocato la morte di almeno ottantadue persone, in risposta all’esplo-
sione di colpi di mortaio ed al lancio di razzi che nella stessa giornata un gruppo
ribelle aveva rivolto contro i quartieri della capitale. È l’attacco più sanguinoso dal
raid compiuto in novembre contro le postazioni dello Stato Islamico a Raqqa.
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UCRAINA ↴
È rinviato al prossimo mercoledì 11 febbraio, in un nuovo incontro a Minsk tra Ger-
mania, Francia, Russia e Ucraina, un nuovo possibile accordo di pace sul conflitto
ucraino. Dopo una lunga conference call (8 febbraio), i leader dei quattro Paesi si
sono infatti detti d'accordo ad incontrarsi nuovamente per discutere di un nuovo piano
di pace per il Donbass che riesca effettivamente ad implementare quanto concordato
nella stessa capitale bielorussa lo scorso mese di settembre. Vladimir Putin, interve-
nuto da Sochi dove ha incontrato Aleksandr Lukashenko, ha tuttavia specificato che
il vertice ci sarà solo se entro quella data – che peraltro avverrà all'indomani di even-
tuali nuove sanzioni da parte dell'Unione Europea – si sarà trovato un compromesso
su determinate posizioni (un incontro del gruppo di contatto, con la mediazione
dell'OCSE, si svolgerà infatti il martedì 10 febbraio).
Una di queste condizioni riguarda evidentemente il possibile invio di armi a Kiev
da parte degli Stati Uniti: su nuova richiesta di Poroshenko, e nonostante la con-
trarietà espressa in merito lo scorso autunno, Washington – come ha lasciato intrav-
vedere il vice Presidente Joe Biden a margine della Conferenza sulla Sicurezza di
Monaco di Baviera (5-7 febbraio) – sembra aver aperto alla possibilità di un invio di
armi letali difensive, salvo tuttavia nuovamente retrocedere: il Segretario di Stato
USA John Kerry, dopo un nuovo bilaterale con il Ministro degli Esteri russo Sergej
Lavrov, ha infatti dichiarato che non esiste una soluzione militare alla crisi. E
sulla necessità di una soluzione diplomatica è concorde anche l'UE, come ha specifi-
cato l'Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza, Federica Mogherini,
preoccupata per l'ulteriore irrigidimento dei rapporti con Mosca.
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L'intesa che dunque ci si aspetta a Minsk, anche se Angela Merkel ha lasciato traspa-
rire i propri timori circa l'effettiva riuscita, dovrebbe riguardare una nuova defini-
zione della linea di controllo (corrispondente con la linea di demarcazione attuale
del conflitto) e della distanza di allontanamento delle armi pesanti dalla
stessa. Sempre la Germania ha difatti lanciato l'allarme per l'invio di un nuovo con-
voglio russo di 170 camion nelle città roccaforti dei separatisti che, insieme con gli
aiuti umanitari, potrebbero celare armamenti e soldati russi. A riprova della presenza
russa in Ucraina, Poroshenko ha sventolato nel corso della Conferenza di Monaco
passaporti di militari russi che combatterebbero al fianco degli insorti.
Di fronte all'eventualità di una nuova escalation – o di una guerra, come ha minac-
ciato Hollande – Jens Stoltenberg, Segretario Generale della NATO, sta intanto rive-
dendo il posizionamento della difesa transatlantica. Nel corso del Vertice mini-
steriale dell'Alleanza Atlantica del 5 febbraio, i Paesi NATO hanno annunciato un si-
gnificativo aumento di truppe e mezzi nell'Est Europa.
DISPOSITIVI DI SICUREZZA NATO - FONTE: CENTIMETRI/LA STAMPA
In particolare, la dotazione della nuova NATO Responce Force (NRF) – il cui raf-
forzamento era stato stabilito a margine del Vertice di Newport di settembre e la cui
gestione sarà affidata a rotazione a Germania, Italia, Francia, Polonia, Regno Unito e
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Spagna – passerà da 13mila a 30mila soldati. Nell'ambito della NRF opererà la
nuova brigata Spearhead (VJTF) composta da 5mila soldati dispiegabili in 48
ore. Anche se i dettagli logistici e operativi non saranno definiti prima di giugno e
prima del Summit di Varsavia del 2016, la VJTF è già schierabile grazie ai contributi
di Germania, Olanda e Norvegia. Il nuovo dispositivo potrà inoltre contare su sei
centri di comando e controllo in Polonia, Romania, Bulgaria, Estonia, Letto-
nia e Lituania. L'obiettivo sarà quello di creare un fronte di deterrenza contro la
minaccia di un conflitto su più ampia scala con la Russia, che ha immediatamente
richiamato 2mila riservisti (ordinanza in realtà che il Cremlino emette su base an-
nuale), ma anche di rispondere alle minacce alla sicurezza provenienti da sud e, dun-
que, dal terrorismo islamico.
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BREVI
BRASILE, 5 FEBBRAIO ↴
Non si arrestano le polemiche in Brasile per quello che
si sta configurando come il più grande caso di
corruzione politica ed economica della storia del Paese
latino-americano. Lo scandalo Petrobras, iniziato nel
2012 dopo le inchieste e gli arresti di Paulo Roberto
Costa, ex Direttore delle attività raffinanzione, e di
Renato Duque, Capo dei servizi e delle attività
ingegneristiche del gruppo fino al 2012, rischia infatti
di scoperchiare un vaso di pandora dalle potenzialità
politiche destabilizzanti e capaci colpire direttamente il
governo della rieletta Presidente Dilma Rousseff. Lo scandalo Petrobras si basa
sull’accusa di smistamento di fondi pubblici per 3 miliardi di euro nel periodo 2004-
12 verso deputati del Partido do Trabalhadores (PT) e dei suoi alleati di governo da
parte dei dirigenti della holding energetica. Questo caso, congiuntamente con la
recessione economica e le conseguenze della più grave crisi idrica da 80 anni a questa
parte, contribuisce a rendere più fragile e instabile l’inizio del secondo mandato per
Dilma Rousseff, che, sebbene non ancora coinvolta tecnicamente nell’inchiesta,
potrebbe rischiare nei prossimi mesi un’accusa di impeachment da parte del
Congresso brasiliano. A contribuire al clima di incertezza si sono aggiunte da un lato
l’arresto di João Vaccari Neto, tesoriere del PT, dall’altro le dimissioni di Maria das
Graças Foster, ex Amministratore Delegato di Petrobras e personalità molto vicina
alla stessa Presidente Rousseff, accusata insieme a José Carlos Cosenza, Direttore
degli approvvigionamenti del gruppo, di aver fatto parte di questo sistema di illeciti.
Le dimissioni della Foster sono state dovute alla divulgazione dei dati dell’inchiesta
interna da lei stessa promossa e che mostrava un maxi giro di corruzione che ha
coinvolto il colosso petrolifero nazionale e probabilmente personalità anche dello
stesso governo brasiliano. Intanto Aldemir Bendine, già a capo del Banco do Brasil,
è stato nominato nuovo Chief Executive del gruppo.
CROAZIA/SERBIA, 3 FEBBRAIO ↴
La Corte Internazionale di Giustizia (CIG), il principale
organo giudiziario delle Nazioni Unite, ha respinto le
accuse reciproche di genocidio mosse da Croazia (nel
1999) e Serbia (nel 2009) per gli episodi di violenza
compiuti nel corso delle guerre nei Balcani tra il 1991 e
il 1995. Il riferimento era in particolare alla distruzione
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della città croata di Vukovar e alla cacciata dei serbi della Kraijna in occasione
dell'Operazione Tempesta. Dopo 16 anni di lavori, Peter Tomka, a capo di una
commissione di 17 magistrati, ha dunque chiarito che i due eserciti si resero colpevoli
di crimini ascrivibili al reato di pulizia etnica durante il conflitto, ma nessuna delle due
parti è riuscita a provare che le azioni avessero lo scopo intenzionale di distruggere
«in tutto o in parte un gruppo etnico, nazionale o religioso in quanto tale». Si tratta
di un verdetto non del tutto inaspettato e che ripercorre la linea adottata anche dal
Tribunale Penale Internazionale per l'ex Jugoslavia (TPI), incaricato di giudicare i
crimini commessi nella regione negli anni successivi al 1991 che non ha mai
incriminato i due Paesi con l'accusa di genocidio. Tomka ha pertanto raccomandato i
due governi di proseguire sulla strada della collaborazione, in particolare per ciò che
riguarda lo scambio di informazioni sulle persone che risultano ancora scomparse e
sulle riparazioni nei confronti delle famiglie delle vittime.
EGITTO, 3-6 FEBBRAIO ↴
Nella settimana che ha visto la liberazione del
giornalista di al-Jazeera, l’australiano Peter Greste
estradato in Canada – mentre restano ancora incerte
le posizioni dei due egiziani Baher Mohamed e
Mohammed Fahmy arrestati con l’accusa di
«spionaggio a favore dei Fratelli Musulmani» –, al
Cairo, Qualibiya, Port Said e Alessandria non conosce sosta la serie di attacchi con
ordigni artigianali o IED (improvised explosive device) che si stanno verificando con
una progressiva regolarità sin dall’inizio del nuovo anno in Egitto. Ad essere colpite
sono state le metro e le infrastrutture strategiche come gli aeroporti. Nonostante il
numero crescente di attentati a bassa intensità, si registrano una sola vittima e poche
decine di feriti. Di tutt’altro tenore invece è la situazione nella Penisola del Sinai.
Dopo gli attacchi molteplici e coordinati della scorsa settimana tra al-Arish, Sheikh
Zuweid, Port Said e Suez, costati la vita ad almeno una trentina di soldati, 3 poliziotti
e 2 civili, il governo ha deciso di rinforzare le misure anti-terroristiche attraverso
l’istituzione di un comando unificato delle forze di intelligence, polizia e militari sotto
la guida unica del Generale Osama Roshdy Askar. Sempre il Generale Askar ha
ricevuto l’incarico direttamente dal Ministro della Difesa Sedki Sobhi di guidare la
seconda e terza armata operativa nel Sinai settentrionale nelle operazioni di counter-
terrorism contro le forze insurrezionali islamiste legate alla Provincia del Sinai (sigla
terroristica legata all’IS e meglio nota come Ansar Bayt al-Maqdis). Proprio le brigate
guidate da Askar hanno ucciso nei giorni scorsi 27 dei 47 islamisti totali ammazzati
nel Nord Sinai, in una delle operazioni militari più complesse dai tempi dello Yom
Kippur del 1973. Sempre in un’ottica di rafforzamento della sicurezza interna, Il Cairo
starebbe portando a termine alcune trattative con Parigi per una fornitura militare da
4,5 miliardi di euro comprendente 24 jet Rafale e 1 nave-fregata FREMM.
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Parallelamente le forze di sicurezza hanno scatenanto un nuovo giro di vite contro
soggetti ritenuti vicini alla Fratellanza Musulmana (da metà 2013 a oggi sono state
arrestate almeno 41mila persone, di cui 29mila affiliate all’Ikwhan). Proprio nelle
stesse ore in cui esplodevano alcuni ordigni al Cairo, un tribunale della capitale
confermava la condanna a morte per 183 militanti dei Fratelli Musulmani ritenuti
responsabili della morte di 11 poliziotti in un assalto avvenuto nell'agosto 2013 a
Kerdasa, pochi giorni dopo la deposizione di Mohammed Mursi del luglio dello stesso
anno.
LIBIA, 6 FEBBRAIO ↴
Dopo la conclusione in un nulla di fatto dei tentativi
svolti in seno alle Nazioni Unite a Ginevra per cercare
una soluzione alla crisi libica, sono ripresi nella passata
settimana gli scontri in più parti del Paese
nordafricano. Nella notte di martedì 3 febbraio alcuni
uomini armati hanno assalito il giacimento petrolifero
di al-Mabruk, situato a circa 170 Km a sud di Sirte. Il
sito, gestito da una joint-venture tra la National Oil Company (NOC) libica e la
francese Total, aveva cessato le proprie attività già dal 2013 e tutti i dipendenti
stranieri erano stati evacuati dalla zona da tempo. Le vittime dell’attentato,
appartenenti ad una forza di guardia del giacimento, sono circa dieci. Tre filippini che
si trovavano nel luogo per conto dell’italiana Sogepi S.r.l. sono inoltre stati presi in
ostaggio. Sebbene nessun gruppo di militanza libico abbia ancora rivendicato la
responsabilità dell’attentato, si pensa che l’assalto possa essere stato condotto per
mano dell’Islamic Youth Shoura Council di Derna, lo stesso movimento che ha
perpetrato l’assalto all’Hotel Corinthia del 27 gennaio scorso e affiliato al Califfato di
Abu Bakr al-Baghdadi. A tre giorni di distanza dall’assalto di Mabruk in aggiunta, il 6
febbraio, un’autobomba è esplosa nella cittadina cirenaica di Bengasi causando due
morti e venti feriti. Gli ufficiali militari delle forze armate dell’ex generale Khalifa
Haftar hanno affermato che l’ordigno esplosivo era diretto contro una base di
rifornimenti militari ma che sia casualmente esploso precocemente uccidendo un
uomo e un bambino. Ad inizio settimana infine uno dei due Parlamenti presenti in
Libia, in particolare quello stanziato a Tobruk, che riconosce quale Primo Ministro
ufficiale Abdullah al-Thani, ha dichiarato cessata la validità della legge per
l’isolamento politico nei confronti degli ex ufficiali del regime del Colonnello Gheddafi.
Si tratta di un provvedimento emanato nel maggio 2013 dal Congresso Generale a
maggioranza islamica formato in seguito alla caduta del regime nel 2011 che
prevedeva un allontamento dalla vita politica libica di dieci anni per gli ex ufficiali.
Come ha affermato il membro del Parlamento di Tobruk, Tareq al-Garrouchi, «tutti i
libici sono uguali. Nessuno deve essere privato del diritto alla partecipazione politica,
eccettuati coloro i quali siano stati dichiarati colpevoli di reati penali».
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NIGERIA, 3-7 FEBBRAIO ↴
Il 6 febbraio, i miliziani islamici di Boko Haram, di
stanza a Malam Fatori, hanno attaccato la città
nigerina di Bosso, situata al confine con la Nigeria,
nella regione del Lago Ciad. Le forze armate di Niger e
Ciad dislocate nell’area sono rapidamente intervenute
e hanno respinto indietro la minaccia. Un pò più ad
ovest, la città di Diffa, altro punto sensibile situato al confine tra Nigeria e Niger, è
stata colpita da diversi colpi di artiglieria: le forze armate nigerine hanno prontamente
risposto alla minaccia, prima con la forza aerea, poi con le truppe di terra che hanno
ricondotto Boko Haram all’interno del territorio nigeriano. È stato il primo attacco di
Boko Haram in Niger, al cui Presidente, Mahamadou Issoufou, il leader del gruppo
Abubakar Shekau aveva rimproverato la partecipazione alla marcia repubblicana di
Parigi contro il terrorismo, giurando vendetta. In precedenza, la mattina del 4
febbraio, numerosi combattenti di Boko Haram avevano assaltato la città di Fotokol,
in Camerun, entrando nella grande moschea e uccidendo tutti coloro che erano lì in
preghiera, prima di incendiare completamente l’edificio. Le truppe camerunensi e
quelle ciadiane sono intervenute rapidamente, ma ciò non ha evitato che il numero
di vittime civili fosse molto alto. L’attacco di Boko Haram alla città di Fotokol
rappresenta una risposta all’offensiva delle truppe del Ciad che il giorno prima
avevano riconquistato la città nigeriana di Gamboru, da circa un mese nelle mani dei
miliziani islamici. Nonostante la dimostrata capacità di attaccare su più fronti, è stata
Boko Haram a subire le perdite maggiori: in questi ultimi quattro giorni la setta
islamica ha perduto almeno 300 uomini, grazie soprattutto all’intervento degli eserciti
di Ciad, Niger e Camerun. Proprio in queste giornate sta prendendo forma la forza di
intervento regionale decisa al meeting di Niamey dei Paesi del bacino del Lago Ciad
e approvata dal vertice dell’Unione Africana ad Addis Abeba: si tratterebbe di una
forza di 8700 uomini, costituita da soldati di Nigeria, Niger, Ciad, Camerun e Benin.
Nonostante ciò, la commissione elettorale nigeriana ha deciso di posticipare al 28
marzo le elezioni presidenziali previste per il 14 febbraio, adducendo motivi di
sicurezza. È una scelta comprensibile, data la situazione, ma che potrebbe essere
interpretata dalle forze politiche di opposizione al Presidente Goodluck Jonathan come
un modo per cercare di riguadagnare consenso.
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OFFENSIVA MILITARE DI BOKO HARAMA - FONTE: AFP
YEMEN, 5 FEBBRAIO ↴
È stato raggiunto a Sana’a nella serata di mercoledì 4
febbraio un accordo tra i partiti politici yemeniti per la
creazione di un Consiglio Presidenziale ad interim che
resterà in carica per un anno, fino all’indizione di nuove
elezioni. In seguito alle dimissioni del 22 gennaio del
Presidente Abd-Rabbu Mansour Hadi e del Premier
Khaled Bahah, i ribelli sciiti Houthi che hanno conquistato progressivamente il potere
nel Paese, hanno dichiarato che se non si fosse trovato un accordo tra le varie parti
entro il 4 febbraio per la soluzione della crisi politica, avrebbero agito unilateralmente
alla formazione di un nuovo governo. Il Consiglio Presidenziale per il quale è stato
trovato l’accordo dei nove gruppi politici, compresi i separatisi sudisti Herak, sarà
composto da cinque personalità guidate da Ali Nasser Mohammed, Presidente dello
Yemen del Sud prima dell’unità statale nel 1990. Sono inoltre riprese le azioni di
controterrorismo americane dirette ad indebolire al-Qaeda nella Penisola Arabica
(AQAP) che trova in Yemen la propria roccaforte. Giovedì 5 febbraio AQAP ha infatti
confermato l’avvenuta uccisione da parte di un attacco con droni statunitensi del 31
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gennaio a Shabwa, del leader del movimento, Harith al-Nadhari. Insieme al target
viaggiavano nella medesima autoettura anche altri tre jihadisti, Said Bafaraj,
Abdelsamie al-Haddaa e Azzam al-Hadrami. Il gruppo AQAP è uno dei più attivi tra
quelli appartenenti alla rete di al-Qaeda e il 14 gennaio scorso ha reclamato tramite
un video la responsabilità dell’attacco al giornale satirico francese Charlie Hebdo.
Nonostante ci siano dei dubbi in merito alla diretta affiliazione degli attentatori di
Parigi con AQAP, ciò che è certo è che i fratelli Kouachi, responsabili della strage di
Cherlie Hebdo e dell’assalto al supermercato ebraico, si sono recati per un periodo in
Yemen dove hanno con molta probailità ricevuto addestramento dalle milizie di AQAP.
L’operazione statunitense arriva significativamente dopo alcuni mesi in cui le
rappresaglie sono state interrotte a causa della delicata situazione politica dello
Yemen.
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ALTRE DAL MONDO
ARGENTINA, 3-4 FEBBRAIO ↴
Sembra essere arrivato ad una svolta il caso di omicidio riguardante il Procuratore
argentino Alberto Nisman. Il quotidiano Clarin ha diffuso nei giorni scorsi una bozza
scritta dallo stesso Nisman in cui chiedeva l'arresto della Presidente Cristina Kirchner
e del Ministro degli Esteri Héctor Timerman, accusati di aver negoziato segretamente
con l’Iran un accordo basato su petrolio in cambio dell'impunità di alcuni dirigenti
iraniani imputati per l'attentato contro la mutua ebraica AMIA di Buenos Aires del
1994. Nel frattempo Cristina Kirchner si è recata in visita ufficiale a Pechino dove ha
incontrato il Presidente cinese Xi Jinping per firmare 15 accordi in materia economica,
commerciale, aerospaziale, infrastrutturale ed energetica.
BANGLADESH, 2-7 FEBBRAIO ↴
Nove persone sono morte a seguito di due differenti attacchi compiuti da membri
dell’opposizione ai danni di un autobus e di un autocarro nelle città di Dacca e Bhari-
sal. All’inizio della settimana, nella città di Chuddogram, un altro ordigno, attribuito
al Bangladesh Nationalist Party (BNP), era esploso contro un autobus provocando la
morte di 7 persone ed il ferimento di 15. Questa serie di attentati sono da ricondurre
alla tensione montante nel Paese, dovuta all’accrescere delle rivalità tra il Primo Mi-
nistro Sheikha Hasina e la rivale del BNP Begum Khaleda Zia.
COREA DEL NORD, 4-7 FEBBRAIO ↴
Una nuova interruzione dei negoziati nucleari tra Corea del Nord e Stati Uniti è arri-
vata il 4 febbraio da parte di Pyongyang. Nel comunicato del Presidente Kim Jong-un
intitolato «L’imperialismo USA andrà incontro alla suo destino finale» si afferma che
la Corea del Nord non intende per ora sedersi al tavolo del negoziato, ma che è pronta
a reagire con attacchi nucleari e guerra cibernetica a ogni aggressione statunitense.
Il 7 febbraio inoltre è stata diffusa la notizia secondo cui un nuovo missile balistico
antinave è stato testato dal regime nordcoreano in risposta ai previsti addestramenti
militari congiunti di Stati Uniti e Corea del Sud.
FRANCIA, 3 FEBBRAIO ↴
Tre militari francesi, che in linea con il piano anti-terrorismo Vigipirate erano di guar-
dia ad un palazzo di Nizza che ospita tre organismi ebraici, sono stati accoltellati da
un trentenne originario del Mali, Moussa Coulibaly. Nonostante l'omonimia con l'at-
tentatore di Parigi, non ci sarebbero collegamenti tra le due vicende. Intanto l'Alto
Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza comune Federica Mogherini, e i
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Ministri degli Esteri di Spagna e Lettonia, José Manuel Garcia-Margallo e Edgars
Rinkēvičs, stanno spingendo per un Vertice mediterraneo sul jihadismo che dovrebbe
tenersi a Barcellona il prossimo mese di aprile e che mira a rafforzare la cooperazione
in materia di anti-terrorismo tra UE e Paesi della sponda sud del Mediterraneo.
MYANMAR, 5 FEBBRAIO ↴
Violenti scontri nel nord-est lungo il confine cinese hanno provocato la morte di venti
persone, tra soldati dell’esercito regolare e guerriglieri ribelli, a seguito della richiesta
di unione federale formalizzata dal Consiglio federale delle nazionalità unite (UNFC),
che raccoglie le minoranze etniche contrapposte al governo centrale. Khu Oo Reh,
Segretario del UNFC, ha puntualizzato che l’avvio di un processo federale che ricono-
sca l’autonomia dei gruppi etnici porrebbe le premesse per un cessate il fuoco gene-
rale. Tuttavia, il disegno federale è incompatibile con le disposizioni costituzionali
introdotte nel 2008 dalla giunta militare guidata dal Presidente Thein Sein. Intanto,
continuano le manifestazioni di piazza degli studenti universitari contro la legge
sull’educazione recentemente approvata dal Parlamento che secondo i dimostranti
pone divieti all’attività politica all’interno delle istituzioni educative.
SOMALIA, 6 FEBBRAIO ↴
Un’operazione statunitense condotta il 31 gennaio con l’uso di droni nella cittadina
meridionale di Dinsor ha portato all’uccisione di un leader degli al-Shaabab, Abdi Nur
Mahdi, anche conosciuto come Yusuf Dheeg. Il leader era considerato responsabile
degli attacchi esterni alla Somalia, inclusi quelli del 2013 al centro commerciale di
Nairobi e del 2010 nella capitale dell’Uganda, Kampala. Il Contrammiraglio della US
Navy, John Kirby, ha affermato che «questa operazione è stata, come altre, un esem-
pio dell’impegno del governo degli Stati Uniti insieme ai nostri alleati e partner, nei
confronti del popolo e del governo della Somalia».
SUD SUDAN, 2 FEBBRAIO ↴
Dopo quattro giorni di intense contrattazioni, il Presidente del Sud Sudan Salva Kiir
e il leader dell’opposizione Riek Machar hanno raggiunto ad Addis Abeba un nuovo
accordo di pace per porre fine alle ostilità che vanno avanti da diversi mesi nel Paese.
L’intesa, proposta dall’Intergovernmental Authority on Development (IGAD), prevede
la condivisione del potere, per cui Salva Kiir rimarrà Presidente, mentre Riek Machar
riprenderà la posizione di vice Presidente, e una nuova suddivisone dei seggi in Par-
lamento.
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STATI UNITI, 6 FEBBRAIO ↴
È stata pubblicata la nuova National Security Strategy americana nella quale Barack
Obama delinea le nuove linee guida per la politica estera e di sicurezza statunitense
alla luce, in particolare, della crisi in Ucraina, e quindi dei rapporti con la Russia, e
della minaccia del terrorismo di matrice islamica, soprattutto dell’IS.
THAILANDIA, 1° FEBBRAIO ↴
Due bombe artigianali sono esplose dinanzi ad un lussuoso centro commerciale della
capitale Bangkok senza tuttavia causare vittime. Secondo gli investigatori lo scopo
delle bombe era di creare panico e non fare vittime. La situazione politica thailandese
ha raggiunto livelli di tensione molto alti dopo che la giunta militare al potere ha
bandito dal fare politica, per cinque anni, la Premier deposta Yingluck Shinawatra,
sorella dell’auto-esiliato ex Premier Thaksin Shinawatra.
TIMOR EST, 5 FEBBRAIO ↴
Xanana Gusmão ha rassegnato le dimissioni da Primo Ministro al fine di facilitare la
prossima riforma dell’Esecutivo e l’affermazione di una nuova classe dirigente. Sim-
bolo della lotta armata contro la più che ventennale occupazione indonesiana, dall’in-
dipendenza nel 2002 sino al 2007 Gusmão era stato Presidente di Timor Est e suc-
cessivamente aveva assunto la guida del governo.
TUNISIA, 5 FEBBRAIO ↴
A tre mesi dalle elezioni parlamentari, il Parlamento tunisino ha votato la fiducia al
nuovo Esecutivo di coalizione presieduto da Habib Essid. L’alleanza di governo com-
prende il partito laico di maggioranza Nidaa Tounes, il movimento islamista moderato
Ennahda e gruppi minori. Saranno dunque le due principali fazioni politiche del Paese
a imprimere la direzione del processo democratico.
VENEZUELA, 3 FEBBRAIO ↴
Gli Stati Uniti hanno annunciato nuove sanzioni nei confronti del Venezuela. Washing-
ton sanzionerà funzionari di Caracas che si sono resi complici di violazioni dei diritti
umani e che sono stati responsabili di atti di corruzione pubblica. In particolare, sa-
ranno ristretti il numero dei visti per entrare negli USA.
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ANALISI E COMMENTI
COUNTRY PROFILES: COSTA RICA
FRANCESCO TRUPIA ↴
Fra i tanti Paesi dell’intera America Centrale il Costa Rica ha evidenziato, insieme al
Messico, un’esponenziale crescita nell’ultimo biennio. Conseguenza di una lunga
corsa alla stabilità politico-economica, il Costa Rica rappresenta uno dei maggiori
rappresentanti dell’intera Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC)
Grazie all’indipendenza raggiunta nel 1821, il processo di democratizzazione costari-
cano si è concluso con la Costituzione del 1848 che diede origine ad una Repubblica
parlamentare e ad un regime politico tra i più stabili della regione latina. Gli alti livelli
di democraticità delle sue istituzioni hanno fin oggi manifestato tutta la loro forte
tradizione egualitaria fondata sul rispetto dei valori democratici. Dopo la conclusione
della guerra civile nel 1948, l’allora Presidente José Figueres Ferrer decise di abolire
l’esercito nazionale, divenendo il primo Paese al mondo a rinunciare ad una propria
forza di difesa militare (…) SEGUE >>>
LA COREA DEL NORD NELLE MAGLIE DEL CYBER-SPACE GLOBALE:
L’INSTABILE EQUILIBRIO TRA REPRESSIONE INTERNA E RAPPORTI INTERNAZIONALI
MATTEO ANTONIO NAPOLITANO ↴
Nell’alveo della contemporaneità, il fitto intreccio delle sfide globali “tradizionali” si
interseca irrimediabilmente con le dinamiche legate alla nuova geografia della comu-
nicazione, coinvolgendo in profondità l’ambiente delle Relazioni Internazionali e por-
tando i suoi attori a confrontarsi su un terreno invisibile, ma al contempo denso di
significati strategici La Corea del Nord occupa, nel contesto del multiforme cyber-
space asiatico, una posizione di assoluta particolarità, ricca di complesse sfaccetta-
ture e di controversi sviluppi. Per effetto di risonanza con la generale condizione del
macrocosmo sociale nordcoreano, anche lo spazio concettuale della rete risente delle
pesanti restrizioni di quella che è stata definita la nazione più opaca e oppressa del
mondo, guidata dall’ennesimo leader facente parte della dinastia dei Kim, Kim Jong-
un, e sempre attiva nella sistematica repressione d’ogni tentativo di emancipazione
(…) SEGUE >>>
A cura di
OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE
Ente di ricerca di
“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”
Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale
C.F. 98099880787
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