Weekly Report N°13/2015
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N°13, 10-16 MAGGIO 2015
ISSN: 2284-1024
I
Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo
Milano, 17 maggio 2015 ISSN: 2284-1024 A cura di: Davide Borsani Giuseppe Dentice Violetta Orban Maria Serra Alessandro Tinti
Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net
Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:
Weekly Report N°13/2015 (10-16 maggio 2015), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2015, www.bloglobal.net
Photo credits: Reuters; Reuters/AFP; Reuters/Kenzaburo Fukuhara; AFP; Twitter/NewsOnTheMin; Associated Press;
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FOCUS
IRAQ/SIRIA ↴
Dopo aver preso Idlib il 28 marzo, l’avanzata delle forze ribelli capeggiate da
Jabhat al-Nusra (JaN) nella vicina Jisr al-Shughour ha inferto duro colpo alla
tenuta del regime nella provincia nord-occidentale della Siria. La città prossima al
confine turco è un centro nevralgico di elevato valore strategico poiché si frappone
lungo la direttrice che congiunge la zona costiera di Latakia, ancora sotto controllo
delle truppe governative, ad Aleppo, divenuta roccaforte delle opposizioni. Il Presi-
dente siriano Bashar al-Assad ha annunciato una controffensiva per rompere l’assedio
all’ospedale di Jisr al-Shughour, dove circa 250 soldati dell’esercito regolare sono
sotto scacco delle forze ribelli dal 25 aprile scorso. Tuttavia, il protrarsi dei combatti-
menti testimonia che Damasco non è in grado di mobilitare risorse sufficienti per
recuperare il terreno perduto nelle ultime settimane, malgrado l’appoggio di Hezbol-
lah e delle milizie straniere organizzate da Teheran. A questo riguardo, il Der Spiegel
ha documentato che la Guardia Rivoluzionaria iraniana sta schierando nel tea-
tro di guerra centinaia di combattenti afghani, appartenenti al gruppo etnico
degli Hazara e di culto musulmano sciita, che, immigrati illegalmente in Iran, sono
stati costretti a prendere la via del fronte per evitare il carcere. La rivista tedesca
stima che già 700 miliziani afghani siano rimasti uccisi negli scontri avvenuti a Da-
masco e Aleppo.
L’intensificarsi delle ostilità – in cui ha perso la vita il comandante delle forze speciali
siriane, Muhi al-Din Mansour – indica che la battaglia di Jisr al-Shughour avrà
conseguenze notevoli sull’andamento del conflitto. Benché la situazione sul
campo sia mutevole, l’offensiva mostra la saldatura di oltre quaranta formazioni nel
cosiddetto “Esercito della Conquista” (Jaish al-Fatah) che riconosce la preminenza di
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JaN, mentre le divisioni dell’esercito regolare schierate nella provincia di Idlib sono
sottoposte al rischio di un isolamento fatale. Ciò non solo interroga i fedelissimi di
Bashar al-Assad sulla possibilità che la pressione ribelle dilaghi anche nelle aree di
Latakia e Hama, ma apre anche a scenari a lungo rimasti sospesi nel più ampio con-
fronto internazionale sulla crisi siriana e che oggi sembrano trovare più di un generico
intendimento, quale un intervento militare turco a favore dell’istituzione di una zona
cuscinetto nel nord del Paese che un eventuale successo delle milizie islamiste soste-
nute da Ankara potrebbe incoraggiare. Da questo versante, la diplomazia qatarina ha
lavorato alacremente per riavvicinare le posizioni di Turchia e Arabia Saudita, che
condividono l’auspicio del rovesciamento del regime alawita. Preoccupato dal cre-
scente rilievo iraniano nella crisi e angustiato dalle esitazioni statunitensi, il monarca
saudita Salman bin Abdul-Aziz al-Saud ha dato mandato di potenziare l’as-
sistenza finanziaria e militare alle forze anti-Assad e specificatamente alle mi-
lizie islamiste Ahrar al-Sham e Jaish al-Islam che combattono sotto le insegne del
Jaish al-Fatah. Mentre fonti non confermate attribuiscono ai servizi segreti turchi un
ruolo operativo nell’offensiva ribelle su Idlib, l’Associated Press riporta che la Turchia
sta effettuando pressioni per spingere JaN a ritrattare la sconveniente affiliazione alla
rete di al-Qaeda.
SITUAZIONE SUL CAMPO IN SIRIA – FONTE: INSTITUTE FOR THE STUDY OF WAR
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Nel frattempo, la Coalizione nazionale delle opposizioni ha annunciato che non par-
teciperà alle consultazioni di Ginevra promosse dalle Nazioni Unite.
Nel campo delle alleanze, il Presidente della commissione sulla sicurezza nazionale
del Parlamento iraniano, Ala al-din Boroujerdi, ha rinnovato la vicinanza di Teheran
al governo legittimo, mentre Hezbollah continua a fornire un contributo essenziale
alle truppe governative, in particolare nelle montagne del Qalamoun che delimitano
il confine libanese, oltre a collegare Damasco a Homs e alla zona costiera. Intanto,
l’avanzata delle formazioni ribelli ha spronato il regime a ricorrere indiscriminata-
mente a bombardamenti massicci su Aleppo: l’Osservatorio siriano per i diritti
umani riferisce che i raid effettuati dall’aviazione siriana il 13 maggio su obiettivi civili
a sud della città (l'ospedale di Salhin, una scuola e un mercato ortofrutticolo) hanno
provocato la morte di almeno 66 persone, in prevalenza donne e bambini.
Lo Stato Islamico sta invece accentuando lo spostamento del centro di gravità delle
operazioni militari nelle regioni centro-occidentali della Siria. Nell’ultima settimana,
tre attacchi suicidi hanno colpito le postazioni del regime a Homs, l’aeroporto militare
di Dair az-Zor e la base di Kuweires a est di Aleppo. Intanto, JN ha rotto la tregua
con il Califfato con una dichiarazione ufficiale di Jaysh al-Fatah, che prelude a un
confronto diretto nella regione del Qalamoun.
Nello scenario iracheno, i miliziani dell’IS hanno invece preso il sopravvento
sulle forze di sicurezza poste a protezione della raffineria di Baiji, tanto da
determinare un deciso e inconsueto aumento dei bombardamenti della coalizione in-
ternazionale. Il Capo di Stato Maggiore statunitense Martin Dempsey ha comunicato
che tra il 5 e il 7 maggio l’infrastruttura petrolifera è stata oggetto di 26 attacchi.
Malgrado ciò, l’esercito regolare iracheno appare in grave difficoltà, anche in virtù
della riemersione di attentati terroristici nelle regioni orientali in cui la presenza isla-
mista era stata efficacemente contrastata negli ultimi mesi. La stessa Tikrit, liberata
in marzo, è stata colpita dall’esplosione di un’autobomba. Ciò evidenzia la difficoltà
delle truppe governative di presidiare il territorio e al contempo gestire molte-
plici fronti di combattimento. Mentre il Fronte di Mobilitazione Popolare sta velociz-
zando l’arruolamento volontario nella provincia di Diyala, i mille guerriglieri tribali
sunniti di Amiriyat al-Fallujah hanno iniziato la fase di addestramento che dovrebbe
anticiparne l’impiego nell’Anbar.
Tuttavia, è proprio contro il capoluogo della provincia di Anbar che l’IS ha
scagliato il 15 maggio una vasta e fulminea offensiva. Applicando una tattica
consolidata, una serie di attentati suicidi con autobomba ha anticipato l’assalto dei
miliziani islamisti nei quartieri centrali di Ramadi. Le uniformi nere hanno colpito il
complesso governativo, il municipio, il comando operativo militare iracheno, una sta-
zione di polizia e una scuola. Fonti non confermate riportano che i miliziani sono
riusciti a impossessarsi dei palazzi governativi, alzando nuovamente (come nel gen-
naio 2014) il vessillo del Califfato. A destare alcun dubbio sono invece le capacità
organizzative, logistiche e di combattimento dell’IS. La pesante aggressione contro
Ramadi, che ha sorpreso e travolto le forze di sicurezza irachene, è stata accompa-
gnata da simultanei attacchi tra Baghdad e Samarra, oltre che nel villaggio
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di Jubba e nel distretto di al-Wafa a ovest di Ramadi. Nonostante la recente
sconfitta a Tikrit e i colpi inferti alla dirigenza dell’IS, l’operazione efficacemente con-
dotta dai guerriglieri islamisti nega la prevista flessione nelle risorse del Califfato e
anzi testimonia sia l’inalterata facilità di movimento lungo il Tigri e l’Eufrate, sia la
capacità di colpire in profondità obiettivi di elevato valore strategico e simbolico.
SITUAZIONE SUL CAMPO IN IRAQ – FONTE: INSTITUTE FOR THE STUDY OF WAR
Intanto, Baghdad ha dato la notizia della morte di Abu Ala al-Afri, esponente
di rilievo della leadership del Califfato che dopo il ferimento di Abu Bakr al-Baghdadi
aveva preso le redini dell’organizzazione. L’intelligence irachena ha riportato che al-
Afri sia caduto vittima di un bombardamento statunitense mentre partecipava a un
incontro nella moschea di al-Shuhadaa nella città di Tal Afar, a settanta chilometri da
Mosul. Tuttavia, il Comando Centrale degli Stati Uniti non ha confermato l’informa-
zione restituita dal Ministero della Difesa iracheno.
Nella notte tra il 16 e il 17 maggio, le forze speciali statunitensi hanno compiuto
un raid nei pressi di Dair az-Zor uccidendo un comandante dell’IS, noto con
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il nome di Abu Sayyaf, e una decina di miliziani. L’operazione di terra è stata con-
dotta da due commandos dei Delta Force, che sono penetrati in territorio siriano a
bordo di due elicotteri Black Hawk e di un V-22 Osprey. Bernadette Meehan, porta-
voce del National Security Council, ha dichiarato che le autorità siriane non sono state
preventivamente informate della missione e che il Presidente Obama ha dato la sua
autorizzazione dietro raccomandazione unanime dei suoi consiglieri in materia di si-
curezza. Come confermato dal Dipartimento della Difesa, Abu Sayyaf – di cittadi-
nanza tunisina e presente in Iraq dal 2003 – era una figura di medio livello nell’orga-
nigramma dell’IS, ma gestiva i canali di finanziamento dell’organizzazione, a partire
dalla vendita sul mercato nero di petrolio e gas naturale. Poiché i bombardamenti
della coalizione internazionale hanno in larga parte danneggiato le infrastrutture pe-
trolifere occupate dai miliziani islamisti, è presumibile ritenere che l’inusuale
operazione di terra avesse l’obiettivo primario di raccogliere la documenta-
zione in possesso di Abu Sayyaf per ricostruire le modalità con cui l’organizzazione
riceve capitali e muove le proprie risorse. Durante la missione, i soldati statunitensi
– che non hanno subito perdite – hanno arrestato la moglie di Abu Sayyaf.
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STATI UNITI ↴
È iniziata una «nuova era di cooperazione», ha annunciato il Presidente Barack
Obama a margine del summit di Camp David del 14 maggio, tra Washington e
i Paesi membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC). Il Vertice ha
visto riunirsi i rappresentanti di Stati Uniti, Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi
Uniti, Kuwait, Oman e Qatar. L’invito della Casa Bianca era esteso ai Capi di Stato dei
Paesi del Golfo, ma solo gli Emiri di Kuwait e Qatar si sono recati di persona negli
USA. La defezione più significativa è stata quella del Re dell’Arabia Saudita,
Salman bin Abdulaziz al Saud, che comunque ha inviato il Ministro dell’Interno e
principe ereditario, Mohammed bin Nayef. Acutamente, il New York Times ha eviden-
ziato che l’assenza del Re saudita costituisce «un segnale del continuo disappunto
dell’Arabia Saudita nei confronti delle relazioni tra Stati Uniti e Iran, suo avversario
regionale».
Il summit di Camp David ha in effetti avuto come principale scopo quello di tranquil-
lizzare i Paesi del GCC a fronte del probabile accordo che gli Stati Uniti rag-
giungeranno con l’Iran sullo spinoso dossier della questione nucleare, che, nel
timore delle potenze sunnite del Golfo, consentirebbe a Teheran di ritagliarsi eccessivi
spazi nella regione per l’esercizio della sua influenza, a cominciare dallo Yemen.
Obama ha promesso che gli Stati Uniti continueranno a difendere, se necessario con
l’uso della forza militare, i Paesi del GCC sia da «ogni tipo di aggressione esterna»
che di minaccia di aggressione. «Noi», ha affermato il Presidente statunitense. «au-
menteremo la nostra cooperazione, già considerevole, in materia di sicurezza. Au-
menteremo le nostre esercitazioni e la nostra assistenza militare per rispondere a
tutte le minacce, soprattutto il terrorismo. Lo scopo della cooperazione per la sicu-
rezza non è continuare a lungo termine qualsiasi confronto con l'Iran. Nessuna na-
zione ha interesse ad un conflitto a tempo indeterminato con l'Iran. Noi diamo il
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benvenuto a un Iran che gioca un ruolo responsabile nella regione che prende inizia-
tive concrete per costruire la fiducia e risolve le divergenze con i suoi vicini con mezzi
pacifici, rispettando le norme internazionali». Perciò, Washington si impegna a
contrastare qualsiasi «attività destabilizzante» nella regione da parte degli
iraniani. Inoltre, ha proseguito con un occhio alle capacità missilistiche di Teheran,
«lavoreremo insieme per sviluppare un sistema di difesa integrato del GCC contro i
missili balistici». Comunque, ha osservato in conclusione Obama, «voglio che sia
chiaro che lo scopo di questa cooperazione sul fronte della sicurezza non è quello di
alimentare uno scontro di lungo periodo con l'Iran e neppure quello di marginalizzare
l'Iran».
Il comunicato congiunto pubblicato alla conclusione del Vertice si è soffermato
anche sui conflitti in Libia, Siria, Yemen e Iraq, dove le potenze sunnite, seppur
non in modo univoco, si confrontano con quella sciita iraniana. Nella dichiarazione si
legge che a tali guerre «non c'è soluzione militare» e possono essere risolte «solo
attraverso mezzi politici e pacifici, il rispetto per la sovranità degli Stati e la non
interferenza nei loro affari interni». I Sauditi hanno fatto sapere in seguito che il loro
obiettivo resta quello di «garantire che l’Iran non riesca a ottenere le armi atomiche,
ma è ancora presto per dire cosa accetteremo e cosa no».
Nel frattempo, dopo il Senato, anche la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti
ha approvato il disegno di legge che obbligherebbe il Presidente a presentare al Con-
gresso l’accordo definitivo con l’Iran da raggiungere, secondo la timeline già deli-
neata, entro il 30 giugno. Obama ha comunque fatto sapere nei giorni scorsi che non
è sua intenzione firmare una legge che ne limiterebbe i poteri garantitigli costituzio-
nalmente.
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UNIONE EUROPEA ↴
Il 13 maggio l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e di Sicurezza dell’Unione Eu-
ropea, Federica Mogherini, ha annunciato l’approvazione della nuova agenda
della Commissione UE sull’immigrazione. L’iniziativa giunge in una fase di forte
sensibilità verso il fenomeno migratorio, alla luce del crescente numero di sbarchi
sulle coste europee e delle tragedie verificatesi nel Canale di Sicilia e al largo di Lam-
pedusa. Un tema, questo, sul quale Bruxelles è stata spesso accusata di disinteresse,
scarso coordinamento e mancanza di una politica coerente.
I presupposti su cui si basa il nuovo corso inaugurato dalla Commissione puntano a
ridurre gli incentivi alla migrazione irregolare, a gestire e a rendere sicure le frontiere
esterne dell’Unione, a proteggere i richiedenti asilo e a delineare una nuova politica
della migrazione legale. Tra le misure urgenti si è disposta la ripartizione in quote
tra gli Stati membri dei rifugiati sulla base di quattro criteri: PIL, popolazione,
tasso di disoccupazione e rifugiati già ospitati sul territorio nazionale. Nel piano rien-
tra anche un’operazione militare per distruggere i barconi dei trafficanti
prima che partano dalla Libia, la cui proposta sarà sottoposta già il 18 maggio in
occasione del Consiglio dei Ministri degli Esteri e della Difesa che potranno approvarne
le linee guida. L’eventuale lancio dell’operazione spetterà al Consiglio europeo dei
Capi di Stato e di Governo del prossimo giugno.
Mogherini ha auspicato l’adozione di una Risoluzione del Consiglio di Sicu-
rezza ONU che dia all’UE la copertura del mandato internazionale per intervenire e
ha escluso l’opzione dell’intervento militare sul terreno: «Pianifichiamo un’operazione
navale, speriamo in collaborazione con le autorità libiche, per smantellare il modello
di business dei trafficanti».
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Nel 2015 e 2016 è previsto un aumento dei fondi per triplicare le capacità e i
mezzi di Triton e Poseidon, le operazioni congiunte di sorveglianza delle frontiere
di Frontex, l’agenzia creata con il Regolamento 2007/2004 del Consiglio con lo scopo
di gestire la cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri. Il bi-
lancio rettificativo per il 2015 assicura i fondi necessari: un totale di 89 milioni di
euro, comprensivo di 57 milioni per il Fondo Asilo, migrazione e integrazione e 5
milioni per il Fondo Sicurezza interna in finanziamenti di emergenza destinati agli
Stati membri in prima linea, mentre entro fine maggio sarà presentato il nuovo
piano operativo Triton. Per il 2015 e 2016 è inoltre disposto lo stanziamento di 50
milioni di euro aggiuntivi per il reinsediamento di 20.000 rifugiati che vivono
nei campi profughi di Paesi terzi (soprattutto Giordania e Turchia) e hanno un diritto
già accertato alla protezione internazionale.
Le maggiori controversie e divergenze si registrano sul sistema delle quote; il
Regno Unito, fortemente critica su questa misura, potrebbe invocare la clausola
dell’opt-out sulla base dei trattati e non partecipare alla condivisione insieme a Ir-
landa e Danimarca. Ferma opposizione all'introduzione delle quote obbligatorie per
l’accoglienza dei migranti continua ad essere espressa anche da Repubblica Ceca,
Slovacchia, Ungheria, Polonia e Lituania. Grecia e Italia saranno esentate dalla pro-
cedura d’urgenza avendo già superato le soglie previste.
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BREVI
AF-PAK, 13 MAGGIO ↴
I Talebani hanno compiuto due violenti attentati in
Afghanistan e Pakistan. Il 13 maggio un singolo
attentatore ha attaccato il Park Palace Guest House a
Kabul, uccidendo quattordici persone, in prevalenza
cittadini stranieri di nazionalità statunitense, britannica
e indiana. Tra le vittime anche un cooperante italiano,
Sandro Abati, e due attivisti di ActionAid. Le forze di polizia hanno eliminato
l’attentatore prima che azionasse una cintura esplosiva e hanno liberato le
cinquantaquattro persone prese in ostaggio dopo l’attacco nel residence. Nel
rivendicare l’atto, il portavoce Zabihullah Mujahid ha annunciato che i Talebani
colpiranno nuovamente i cittadini stranieri presenti in Afghanistan. Nella stessa
giornata, il gruppo terroristico metteva a segno un secondo attentato a Karachi,
aprendo il fuoco contro un autobus che trasportava fedeli sciiti della comunità
ismailita. Il bilancio provvisorio riporta la morte di almeno quarantasette persone e il
ferimento di altre venti. Gli assalitori, sei uomini che hanno avvicinato il mezzo a
bordo di tre moto, sono riusciti a fuggire. Un volantino trovato sul luogo della strage
reclama la diretta responsabilità dello Stato Islamico, ma gli inquirenti ritengono che
la presunta rivendicazione costituisca un falso. Il disimpegno NATO dall’Afghanistan
e la comune urgenza di contrastare i gruppi jihadisti pongono Kabul e Islamabad
dinanzi alla necessità di un matrimonio di opportunità al fine di arginare la minaccia
del terrorismo di matrice islamica. Due giorni prima del duplice attentato, il
Presidente afghano Ashraf Ghani e il Primo Ministro pachistano Nawaz Sharif avevano
annunciato la volontà di procedere uniti nella guerra contro il jihadismo.
BURUNDI, 13 MAGGIO ↴
Dopo settimane di scontri a bassa intensità, seguiti alla
decisione del 26 aprile scorso del Presidente in carica
Pierre Nkurunziza di volersi candidare per un terzo
mandato presidenziale – infrangendo di fatto i limiti
posti dalla Costituzione nazionale, ma trovando
tuttavia l’appoggio legale della Corte Suprema che ha
avallato la candidatura –, l’ex Direttore dei servizi di
intelligence nazionali, Generale Godefroid
Niyombareh, aveva annunciato nei giorni scorsi la
destituzione di Nkurunziza, lo scoglimento del governo e il controllo dei principali
palazzi governativi. Quello che a tutti gli effetti si connotava come un colpo di Stato
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pare essere stato smentito poche ore più tardi da una dichiarazione dello stesso
Nkurunziza che da Dar es-Salam, in Tanzania, dove partecipava ad un summit dei
Paesi dell’Africa Orientale, smentiva le voci di una sua fuga in Uganda e affermava la
propria volontà di rientrare immediatamente nel Paese per discutere della crisi
politica. A causare il fallimento del coup d’etat del Generale Niyombareh vi sarebbe
stata soprattutto la mancata complicità di parte dell’esercito burundese rimasto
fedele a Nkurunziza e, in particolare, al Capo di Stato Maggiore Generale Prime
Niyongabo. Sebbene il golpe sia fallito, gli scontri tra le opposte fazioni proseguono
a Bujumbura e nei dintorni della capitale. Secondo fonti ufficiose, le forze pro-
Nkurunziza avrebbero ripreso il controllo dell’aeroporto della capitale, delle sedi della
televisione statale e di altre stazioni radio, mentre il portavoce degli insorti, il
commissario di polizia Vénon Ndabaneze, aveva negato tutto sottolineando che la
sua fazione avrebbe ancora il controllo dell’aeroporto. Intanto Niyombareh,
Ndabaneze e altri 18 alti ufficiali vicino agli insorti, tra cui il numero 3 del gruppo
Cyrile Ndayirukiye, si sarebbero consegnati volontariamente poche ore più tardi alle
autorità nel tentativo di placare le proteste ed evitare una pericolosa escalation di
violenze. Solo pochi anni fa è terminata infatti una sanguinosa guerra civile (1993-
2009) che ha provocato oltre 200 mila morti e che si inseriva nel contesto, anche
regionale, delle violenze inter-etniche tra Hutu e Tutsi. Proprio i vicini regionali Kenya,
Tanzania e Uganda e il Dipartimento di Stato USA premono per una rapida soluzione
pacifica alla crisi nel Paese.
CINA-INDIA, 14-16 MAGGIO ↴
Dopo la visita del Presidente Xi Jinping in Russia (8
maggio), a margine della quale sono stati firmati
alcuni importanti accordi per il rafforzamento della
cooperazione sino-russa – in particolar modo per ciò
che riguarda la promozione dei crediti cinesi (almeno
25 miliardi di dollari per i prossimi 3 anni) nei confronti
di compagnie russe in crisi dopo le sanzioni economiche e il crollo del prezzo del
petrolio – le relazioni tra i due Paesi hanno conosciuto un nuovo momento decisivo
dal punto di vista militare. Dureranno infatti fino al 21 maggio le esercitazioni militari
congiunte nel Mar Mediterraneo (c.d. “Interazione navale 2015”), che vedono la
partecipazione di almeno dieci navi di differenti classi delle rispettive Marine Militari,
con lo scopo dichiarato – nonostante i timori dettati dall’attuale clima di gelo nelle
relazioni Mosca e l’Occidente – di testare la sicurezza della navigazione nell'Oceano
e la capacità di risposta ad eventuali minacce alla sicurezza marittima. Analoghe
manovre saranno effettuate nel Mar del Giappone, per sperimentare operazioni
congiunte in un contesto di peacekeeping. Dopo la missione di sistema in Pakistan
del mese scorso, la diplomazia economica cinese nell'Asia Centrale ha segnato un
nuovo importante traguardo dopo l’incontro a Pechino e a Shanghai tra il Primo
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Ministro indiano Narendra Modi, per la prima volta il Cina dopo la sua elezione nel
maggio 2014, e il suo omologo Li Keqiang. Raggiunto un accordo di massima sulle
dispute di confine (saranno infatti istituiti un sistema di consultazioni periodiche tra
membri di entrambi gli eserciti e una “hot-line” militare) dopo che nelle scorse
settimane la tensione era tornata a riaccendersi a seguito di una visita dello stesso
Modi nell’Arunachal Pradesh e della diffusione di un servizio televisivo cinese in cui
veniva mostrata una mappa dell’India senza i territori reclamati da Pechino, i due
Premier hanno siglato 24 accordi commerciali dal valore di circa 10 miliardi di dollari
allo scopo di iniettare fiducia nello sviluppo delle relazioni bilaterali. Le intese, che
prevedono essenzialmente anche in questo caso lo stanziamento di fondi cinesi nei
confronti di compagnie indiane (Pechino resta infatti il principale partner economico
di New Delhi), riguardano numerosi settori di interesse, tra cui quello bancario, delle
telecomunicazioni, delle infrastrutture portuali, dell’energia solare e termica, dell’alta
velocità, delle esplorazioni nel settore minerario, del commercio, del turismo e
dell’aerospazio.
EGITTO, 10-16 MAGGIO ↴
La Corte Criminale del Cairo ha condannato a morte l’ex
Presidente Mohammed Mursi e altri 106 detenuti legati alla
Fratellanza Musulmana per un tentativo di evasione dal
carcere di Wadi al-Natroun, nel governatorato di al-
Buhayrah, circa 90 chilometri a nord-ovest del Cairo,
accaduto il 29 gennaio 2011. Nello stesso processo sono
stati condannati a morte anche altri due alti vertici
dell’Ikhwan, Khayrat al-Shater e Mohammed al-Beltagi.
Toccherà ora al Grand Mufti, la massima autorità legale islamica dell’Egitto, decidere
se confermare la sentenza di condanna a morte, anche se la sua decisione non è
comunque vincolante ai fini del processo, in quanto il tribunale in totale autonomia
potrebbe emettere un verdetto finale di condanna il 2 giugno prossimo. La stessa
Corte cairota in una sentenza diversa ha inoltre condannato a morte i gruppi di Ultras
calcistici egiziani, dichiarandoli appartenenti a organizzazioni terroristiche e dunque
fuorilegge, che hanno preso parte a manifestazioni politiche anti-governative e a
rivolte durante il periodo 2011 (come il caso della strage dello stadio di Port Said in
cui morirono 74 persone). In risposta a tali sentenze, tre giudici egiziani e un civile
sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco ad al-Arish, nel nord del Sinai. Sebbene
l’attacco non sia stato rivendicato, le forze di polizia sospettano che l’attentato sia
stato compiuto dai gruppi islamisti locali. Intanto sempre nel nord della Penisola
sinaitica, trenta tribù guidate dal clan dei Tarabeen hanno deciso di fondare
un’alleanza anti-IS e, nel caso specifico, anti-Provincia islamica del Sinai (PS), l’ex
formazione jihadista egiziana meglio nota come Ansar Bayt al-Maqdis. Le tribù
sinaitiche hanno costituito due gruppi di volontari, uno con compiti di intelligence e
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di recupero delle informazioni, l’altro più operativo e impegnato nei combattimenti
sul campo al fianco delle forze di sicurezza egiziane contro i jihadisti. La decisione dei
Tarabeen sarebbe avvenuta in seguito all’uccisione di un loro anziano leader
rifiutatosi di voler collaborare con i jihadisti del Sinai.
LIBIA, 11 MAGGIO ↴
La nave turca Tuna-1 è stata bombardata al largo delle
coste libiche, causando una vittima e alcuni feriti. Il
Ministero degli Esteri di Ankara ha riferito che il
mercantile, che si stava dirigendo al porto di Tobruk per
consegnare un carico di mattoni e cartongesso
proveniente dalla Spagna, è stato colpito dalla costa
quando si trovava ancora in acque internazionali e ha
subìto un secondo attacco per via aerea. Il governo turco ha condannato l’accaduto
e ha presentato una nota di protesta alle autorità libiche richiedendo azioni legali nei
confronti dei responsabili e riservandosi la possibilità di chiedere un risarcimento in
base al diritto internazionale. Il portavoce dei militari libici Mohamed Hejazi ha
affermato che il cargo è stato bombardato a 10 miglia dalla costa di Derna dopo aver
ignorato l’ordine di non avvicinarsi alla città. Secondo quanto riportato da Saqr al-
Garrouchi, comandante dell’aviazione al servizio del Parlamento di Tobruk, all’agenzia
di stampa turca Anadolu «la nave ha violato le acque territoriali libiche nonostante
gli avvertimenti dell’esercito di fermarsi. Inizialmente abbiamo sparato dei colpi di
avvertimento e visto che la nave non ci ha dato ascolto abbiamo sparato
all’obiettivo».
MACEDONIA, 13 MAGGIO ↴
A seguito dell’operazione di polizia nella città di
Kumanovo in cui sono rimaste uccise 22 persone – 8
poliziotti e 14 sovversivi – contro un gruppo di uomini
armati che aveva preso d’assalto la cittadina al confine
tra Macedonia, Kosovo e Serbia, i Ministri macedoni
dell’Interno, Gordana Jankulovksa, e delle
Comunicazioni e dei Trasporti, Mile Janakievski, hanno rassegnato le dimissioni dal
governo del conservatore Nikola Gruevski. Oltre a questi, sostituiti rispettivamente
da Mitko Cavkov (già a capo dell’ufficio di sicurezza pubblica) e da Vlado Misajlovski
(dirigente della società pubblica per la rete stradale), ha lasciato il proprio incarico il
capo dei servizi segreti macedoni, Sasho Mijalkov, cugino dello stesso Gruevski,
sospettato dall’opposizione di aver intrattenuto relazioni con membri del commando
di Kumanovo e oggetto di indagini su investimenti poco trasparenti in Repubblica
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Ceca. Sebbene la decisione non sia ufficialmente legata ai fatti di Kumanovo,
nell'ottica del Premier il rimpasto potrebbe servire ad allentare la crisi che – dopo lo
scandalo intercettazioni e le accuse di illeciti e di repressione delle forme di dissenso
– ha investito il governo. Il leader dell’opposizione socialdemocratica, Zoran Zaev, ha
tuttavia dichiarato che le dimissioni dei Ministri non saranno sufficienti a fermare le
proteste popolari – che piuttosto continueranno fino alla caduta del governo Gruevski
– e che a Kumanovo si sarebbe trattato di un gruppo eterodiretto per distogliere
l’opinione pubblica dalle manifestazioni antigovernative in corso a Skopje, piuttosto
che di un gruppo appartenente all’Esercito di Liberazione del Kosovo (UÇK), come
annunciato dalle autorità centrali macedoni. Tra gli oltre 20 arrestati risulterebbero
uomini (come Deme Shehu e Beg Rizaj, quest’ultimo collegato a Ramush Haradinaj,
ex Primo Ministro e leader del partito kosovaro Alleanza per il Futuro del Kosovo,
AAK) che hanno prestato servizio nell'UÇK in Kosovo, ma anche nel conflitto inter-
etnico in Macedonia nel 2001. Il Kosovo ha dunque chiesto l’apertura di un’indagine
indipendente per quanto accaduto a Kumanovo e ha rafforzato le misure di sicurezza
intorno ai principali valichi di frontiera. Il Ministro della Difesa serbo Bratislav Gasic
e alti funzionari di sicurezza di Belgrado hanno visitato la base militare di Cvore, nella
valle del Presevo, snodo di collegamento verso la Serbia, e ha dichiarato lo stato di
allerta di guerra. Da Belgrado è giunta dunque la proposta di creazione di un corpo
speciale per il coordinamento di tutte le strutture e forze di sicurezza.
SAHEL, 14 MAGGIO ↴
Il gruppo salafita al-Morabitoun avrebbe giurato
fedeltà allo Stato Islamico. La notizia è stata diffusa in
seguito al recapito di una registrazione audio
all’agenzia di stampa mauritana al-Akhbar in cui uno
dei leader del gruppo, Adnan Abu Waleed al-Sahrawi,
giura fedeltà all’IS invitando altre sigle jihadiste a fare
lo stesso. Il gruppo salafita al-Mourabitoun si è costituito nel 2013 dall’unione tra i
seguaci dell’algerino Mokhtar Belmokhtar, ex esponente di spicco di al-Qaeda nel
Maghreb islamico (AQIM), e una parte del Movimento per l’unità e il jihad in Africa
Occidentale (MUJAO), guidato da al-Sahrawi e autore dell’attentato nella capitale del
Mali dello marzo scorso. La dichiarazione di fedeltà all’IS era già stata proclamata da
Boko Haram in Nigeria, ma l’importanza dell’eventuale annuncio di al-Mourabitoun
risiede nel fatto che sarebbe la prima formazione islamista con base nella regione del
Sahara ad affiliarsi all’IS. La cautela è però d’obbligo perché il 15 maggio proprio
Belmokhtar avrebbe negato l’affiliazione a IS, smentendo la registrazione e
confermando la fedeltà a Ayman al-Zawahiri, attuale capo di al-Qaeda, «sulla via del
jihad». Non è tuttavia esclusa l’ipotesi di una perdita di influenza del leader algerino
sul proprio movimento che potrebbe aver deciso, senza il suo accordo, il sostegno a
IS.
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ALTRE DAL MONDO
CUBA, 10-12 MAGGIO ↴
Di ritorno da Mosca dove ha partecipato al V-Day, il Presidente Raùl Castro è giunto
a Roma per una visita di due giorni durante la quale ha incontrato il Presidente del
Consiglio Matteo Renzi e, soprattutto, Papa Francesco, con il quale ha tenuto un lungo
colloquio privato di ringraziamento per la sua opera di mediazione nel processo di
distensione diplomatica tra Cuba e gli Stati Uniti. Quarant’otto ore più tardi, il Presi-
dente François Hollande, impegnato in un viaggio verso la Guadalupe francese, si è
recato per una tappa intermedia a L’Avana – primo leader occidentale nell’isola
dall’imposizione dell’embargo –, dove è stato ricevuto dai fratelli Castro e dal Ministro
degli Esteri caraibico Rogelio Serra. Al centro dei colloqui il rilancio delle relazioni
bilaterali e della cooperazione economica e commerciale.
COREA DEL NORD, 13 MAGGIO ↴
L’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap ha diffuso la notizia dell’esecuzione del Mi-
nistro della Difesa della Corea del Nord, Hyon Yong-chol, sulla base di un’informativa
dei servizi segreti di Seoul. Il numero due delle forze armate nordcoreane, accusato
di essersi addormentato durante una parata militare presieduta dal leader supremo
Kim Jong-un, sarebbe stato ucciso il 30 aprile scorso. La notizia non è stata confer-
mata ufficialmente e ha suscitato dubbi e scetticismo da più parti. La televisione di
Stato nordcoreana ha continuato a mostrare immagini del Ministro della Difesa anche
dopo il suo presunto omicidio.
GIAPPONE-FILIPPINE, 12 MAGGIO ↴
Si sono tenute nelle acque del Mar Cinese Meridionale manovre navali congiunte tra
la Marina del Giappone e quella delle Filippine. L’attività militare è da intendersi come
un segnale di comunanza di intenti in chiave anti-cinese tra Manila e Tokyo. L’eser-
citazione è infatti avvenuta nei pressi dell’atollo di Scarborough, un’area che è al
centro di una disputa territoriale tra la Cina e le Filippine.
GRECIA-TURCHIA, 15 MAGGIO ↴
Sono ripresi i negoziati per la riunificazione di Cipro tra il Presidente della Repubblica
meridionale, Nikos Anastasiadis, e quello dell’autoproclamata Repubblica turca del
nord, Mustafa Akıncı, sotto l’egida delle Nazioni Unite, rappresentate per l’occasione
dai rappresentanti Espen Barth Eide e Lisa Buttenheim. Già raggiunto un primo risul-
tato: i due governi si sono accordati per l’abolizione del visto per valicare il confine.
Sarà sufficiente un documento d’identità.
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PALESTINA, 13-15 MAGGIO ↴
La Santa Sede ha riconosciuto ufficialmente la Palestina come uno Stato sovrano con
una firma di un accordo bilaterale volto a rilanciare – secondo quanto spiegato dalla
nota vaticana – il dialogo di pace tra le parti attraverso la formula “due popoli, due
Stati”. Dopo l’«intesa globale diplomatica» dei giorni scorsi, che aveva suscitato la
delusione e l’irritazione di Israele, il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese
Abu Mazen ha incontrato a Roma il Premier Matteo Renzi e Papa Francesco, con il
quale ha anche approfondito la questione della tutela dei cristiani d’Oriente.
POLONIA, 10 MAGGIO ↴
Contrariamente alle previsioni iniziali, il primo turno delle elezioni presidenziali po-
lacche ha visto la vittoria a sorpresa, con il 34,36%, di Andrzej Duda – candidato del
partito conservatore euroscettico Legge e Giustizia (PiS) – sull’uscente Bronizlaw
Komorowski (33,77%), esponente di Piattaforma Civica (PO) e in carica dal 2010
dopo la morte di Lech Kaczyński. Tra gli 11 candidati, il cantante e attivista sociale
Paweł Kukiz ha ottenuto il 20,8%, raccogliendo il voto di protesta nei confronti dei
partiti tradizionali. L’affluenza alle urne è stata del 49,4%, la più bassa dopo la fine
del comunismo. Il ballottaggio tra Duda e Komorowski – che all’indomani del voto ha
annunciato una bozza di riforma della legge elettorale, con l’obiettivo di intercettare
i voti di Kukiz – si svolgerà il prossimo 24 maggio.
UCRAINA, 15 MAGGIO ↴
Il Presidente ucraino Petro Poroshenko ha promulgato la legge – già approvata a
larga maggioranza dalla Rada lo scorso 9 aprile e che aveva incontrato lo sdegno
della Russia e dei separatisti dell’est del Paese – che equipara il comunismo al nazi-
smo – definiti entrambi regimi totalitari e criminali –, vietandone ogni negazione pub-
blica di tali caratteri così come ogni utilizzo pubblico dei loro simboli (eccetto per usi
educativi, scientifici e nei cimiteri) e di qualsiasi altra intestazione a monumenti, lo-
calità o strade ad ex dirigenti sovietici. Nonostante l’assenza alle celebrazioni del V-
Day e alla parata militare per il 70esimo anniversario della vittoria sovietica sui nazi-
sti, la visita del Cancelliere tedesco Merkel a Mosca (10 maggio) e quella del Segre-
tario di Stato USA Kerry (12 maggio) a Sochi, la prima di un alto responsabile ame-
ricano dall’inizio della crisi ucraina, sembrano costituire primi segnali di un’apparente
distensione dei rapporti tra Russia e Occidente. Al centro del bilaterale con Putin il
possibile inserimento degli USA nel c.d. “formato Normandia” e l’eventuale dispiega-
mento di una missione di peacekeeping nel Donbass.
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YEMEN, 12-14 MAGGIO ↴
Nonostante alcuni scontri a fuoco localizzati e a bassa intensità tra forze lealiste e
insorti anti-Hadi, la tregua umanitaria di cinque giorni indetta da ambo le parti pare
aver retto favorendo l’ingresso di aiuti ai civili in diverse parti del Paese. Intanto, il
governo legittimo yemenita riparato a Riyadh ha ritirato ufficialmente dall’Iran il pro-
prio Ambasciatore per protestare contro le azioni «illegali» di supporto politico e mi-
litare di Teheran ai ribelli filo-sciiti houthi.
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ANALISI E COMMENTI
L’ACCORDO SUL NUCLEARE IRANIANO: QUALI EFFETTI SULLA POLITICA ESTERA RUSSA?
ALBERTO GASPARETTO ↴
Con il raggiungimento di una prima intesa al termine dei colloqui tenutisi a Losanna
fra il 26 marzo e il 2 aprile pare che finalmente il lento cammino verso la soluzione
dell’annosa questione del nucleare iraniano possa giungere a compimento. Il 24 aprile
a Vienna ha avuto luogo un ulteriore incontro che ha definito la cornice politica entro
cui stabilire l’accordo legale, per il quale occorrerà attendere l’ulteriore step del pros-
simo 30 giugno. Niente ancora è certo e lo sviluppo degli eventi negli ultimi anni
legati alla vicenda dovrebbero indurre a mantenere estrema prudenza nel formulare
scenari. Tuttavia, le conseguenze di un tale «storico» avvenimento vengono salutate
con favore da tutti coloro che preconizzano o semplicemente sperano di vedere un
rilassamento delle relazioni bilaterali fra Iran e Stati Uniti (più in generale, della co-
munità internazionale), dopo oltre 35 anni di gelo seguite alla Rivoluzione iraniana.
Un ammorbidimento dei rapporti che dovrebbe portare ad includere Teheran fra i
grandi Paesi del Medio Oriente con cui, una volta ristabilite buone relazioni diploma-
tiche fondate sulla reciproca fiducia, sarà possibile trovare soluzione agli altri gravi
problemi che incendiano la regione: dal conflitto israelo-palestinese al problema del
terrorismo, dalle questioni energetiche all’espansione del Califfato targato IS. Ma
quale ruolo potrà giocare la Russia in questa partita e di quali benefici potrà godere?
Quali scenari dobbiamo comunque attenderci da un’eventuale buona riuscita dell’ac-
cordo? Rischia di vedere aumentato l’isolamento di cui soffre oppure ci sono spazi
per guadagni comuni? La risposta dipende da una serie di elementi il cui peso inciderà
innanzitutto sui rapporti fra Mosca e l’Occidente (…) SEGUE >>>
A cura di
OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE
Ente di ricerca di
“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”
Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale
C.F. 98099880787
www.bloglobal.net