OPI Weekly Report N°11/2016

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www.bloglobal.net N°11, 3-16 APRILE 2016 ISSN: 2284-1024

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Rassegna settimanale a cura dell'Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) // 3-16 aprile 2016

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N°11, 3-16 APRILE 2016

ISSN: 2284-1024

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Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo

Milano, 17 aprile 2016 ISSN: 2284-1024 A cura di: Georgiy Bogdanov Oleksiy Bondarenko Davide Borsani Luttine Ilenia Buioni Agnese Carlini Giuseppe Dentice Antonella Roberta La Fortezza Giorgia Mantelli Fabio Rondini Maria Serra Alessandro Tinti

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Weekly Report N°11/2016 (3-16 aprile 2016), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2016, www.blo-global.net

Photo Credits: Narciso Contreras/AP; AP; BBC; ANSA; Reuters/President.ir/Handout; LaPresse/Xinhua; CNN.

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FOCUS

EGITTO ↴

Dopo settimane di reciproche accuse di mancata collaborazione e di critiche – soprat-

tutto italiane – nei confronti dell’operato degli inquirenti egiziani sulle modalità di

conduzione delle indagini per l’omicidio di Giulio Regeni, l’Italia ha concordato un

congelamento delle relazioni bilaterali con Il Cairo, richiamando il proprio Am-

basciatore, Maurizio Massari, ufficialmente per consultazioni.

Sebbene la misura non implichi un’interruzione o, addirittura, una rottura totale dei

rapporti bilaterali sui diversi piani di cooperazione attualmente vigenti tra Italia ed

Egitto (politica, economica, commerciale, culturale e di sicurezza), questa rappre-

senta comunque una dura presa di posizione da parte del governo assunta a seguito

dell’ennesimo nulla di fatto emerso dall’incontro di Roma (7-8 aprile) con gli investi-

gatori e i magistrati egiziani sul caso del ricercatore friulano, ucciso al Cairo in circo-

stanze ancora poco chiare.

L’incontro, più volte a rischio cancellazione, doveva essere l’occasione per entrambe

le parti per scambiare informazioni e per ipotizzare nuovi passi ufficiali da attuare

nella conduzione delle indagini. Tuttavia, di fronte all’ennesima richiesta italiana di

ottenere i tabulati telefonici di alcuni soggetti ritenuti cardine nell’inchiesta, i colleghi

egiziani avrebbero risposto con un netto rifiuto motivato da questioni di privacy, re-

golamentate e previste dalla Costituzione egiziana. Poche ore dopo il resoconto del

procuratore capo Giuseppe Pignatone e del suo sostituto Sergio Colaiocco, del capo

del Servizio Centrale Operativo della Polizia, Renato Cortese, e quello dei ROS dei

Carabinieri, Giuseppe Governale – la squadra italiana di magistrati e di forze di polizia

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incaricata di seguire e coordinare le indagini con i colleghi egiziani –, il governo

Renzi ha deciso ufficialmente il ritiro del proprio Ambasciatore, paventando

tuttavia nuove misure, ove e quando si rendessero necessarie, soprattutto nella mi-

sura in cui dal governo e dalle autorità egiziane vi fosse un atteggiamento fermo di

non collaborazione. Allo studio dell’esecutivo italiano vi sarebbe difatti la possibilità

di sconsigliare ufficialmente l’Egitto come meta turistica estera in quanto pe-

ricoloso per la sicurezza dei cittadini italiani. Il turismo nostrano rappresenta infatti il

sesto bacino di attrazione più importante al mondo (più di 330.000 unità, secondo i

dati 2015, soprattutto lungo le mete del Sinai e dell’Egitto continentale del Mar Rosso)

per la disastrata economia del Paese nordafricano, che dal turismo pre-2011 riceveva

guadagni pari all’11-13% del PIL. Data la sua importanza e i riflessi innegabilmente

politici di un tale atto, un blocco delle visite verso l’Egitto avrebbe sicuramente con-

traccolpi importanti all’interno delle relazioni bilaterali Il Cairo-Roma. Le altre misure

al vaglio del governo sarebbero il blocco delle relazioni culturali o dello scambio

di studenti universitari e, infine, la rivisitazione degli accordi commerciali bila-

terali e una sospensione dei rapporti politici, soprattutto qualora lo scontro tra Egitto

e Italia dovesse sfociare in un contrasto profondo.

Da parte sua, l’equipe di esperti egiziani mandata a Roma si è difesa spiegando che

la Procura di Giza – titolare delle investigazioni in loco – «non ha ancora concluso le

indagini e che quando le avrà terminate informerà immediatamente le autorità ita-

liane» sugli sviluppi. Benché più volte annunciati e spesso in contraddizione tra loro,

gli elementi di novità nell’indagine tardano ad arrivare e le autorità egiziane si

sono dunque trovate a formulare ipotesi e ricostruzioni dell’accaduto poco

plausibili soprattutto in relazione alle continue smentite fatte dalla stessa stampa

egiziana, anche quella più vicina storicamente ai vertici politici. Ciononostante il Mi-

nistro degli Esteri Sameh Shoukri – che ha parlato del caso Regeni come di un caso

isolato – e, soprattutto, il Presidente Abdel Fattah al-Sisi hanno provato a serrare i

ranghi – anche per smentire la fuga di voci su lotte interne fra apparati di sicurezza

e politici dello Stato –, auspicando una maggiore collaborazione con l’Italia. Intanto

durante un incontro a porte chiuse a Strasburgo con alcuni rappresentati del Partito

Popolare Europeo, una delegazione di deputati egiziani ha garantito che il Parlamento

del Cairo discuterà pubblicamente del caso Regeni.

Anche sul piano internazionale, l’eco dell’affaire Regeni ha trovato una nuova sponda

nella campagna mediatica portata avanti da alcune settimane dal quotidiano

statunitense New York Times, che nei suoi due ultimi editoriali ha attaccato du-

ramente i vertici dello “Stato profondo” egiziano e ha accusato la Francia di spregiu-

dicatezza, per la sua politica affaristica con tutti i più discussi regimi mediorientali1,

e di vergogna per il suo silenzio sul caso Regeni. Allo stesso tempo il quotidiano

newyorkese mette in guardia l’amministrazione Obama sulla necessità di rivedere i

1 Il Presidente francese Hollande sara impegnato il 17 e 18 aprile in una visita ufficiale in Egitto dove incon-trera al-Sisi e durante la quale si presume che stringera un nuovo accordo di fornitura militare da 1,1 mi-liardi di euro oltre ad intese commerciali e finanziarie da oltre 10 miliardi di euro.

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rapporti bilaterali con l’Egitto, anche correndo il rischio di incrinare ulteriormente le

già complesse relazioni con Il Cairo.

Se il caso Regeni rischia pertanto di pregiudicare i rapporti italo-egiziani, nelle stesse

ore in cui si teneva il vertice di Roma, il Re saudita Salman intraprendeva una

storica visita ufficiale di cinque giorni (7-12 aprile) in Egitto – la prima di un

Capo di Stato di Riyadh al Cairo dal 1946 –, conclusasi con la firma di numerosi

accordi di cooperazione economica e commerciale, nonché con il rafforzamento –

almeno apparente – dell’asse politico egiziano-saudita. Nel ricevere Salman, al-Sisi

ha ringraziato il monarca per la vicinanza del suo Paese all’Egitto in un momento di

particolare difficoltà economica. La visita di Stato è stata l’occasione infatti per la

firma di 17 accordi (soprattutto sulla fornitura di greggio), prestiti e investi-

menti per oltre 20 miliardi di dollari. Tra questi quello più rilevante è relativo alla

costruzione di un ponte sul Mar Rosso, intitolato a Re Salman, che collegherà

Asia e Africa per un costo complessivo di 1,1 miliardi di dollari. Un ponte che colle-

gherà Sharm al-Sheikh, nel Sinai egiziano, alla Penisola saudita e che nelle intenzioni

di entrambi i Paesi dovrebbe stimolare i commerci e ridurre i tempi di trasporto logi-

stico.

Proprio l’annuncio del ponte ha creato un pic-

colo caso diplomatico poiché, affinché questo

possa veder finalmente la luce – dopo esser

stato annunciato più volte anche nel corso degli

ultimi anni –, l’Egitto ha dovuto cedere la

sovranità delle due isole contese di Tiran e

Sanafir. Queste due isole nel Mar Rosso, disa-

bitate ma altamente strategiche in virtù della

loro posizione di accesso e uscita da e verso il

Canale di Suez, sono controllate a seguito della

Guerra dei Sei Giorni da Israele dal 1967 al

1982, quando poi sono ritornate all’Egitto per

effetto del Trattato di Pace di Camp David. Tut-

tavia, seppur rivendicate da Riyadh come parte

integrante del proprio territorio, geografica-

mente e giuridicamente le due isole sono sempre appartenute all’Egitto.

La decisione egiziana è stata giustificata come una misura attuativa a

quanto stabilito nel 1993 dal Paese nordafricano, che si era assunto in sede di

Nazioni Unite l’onere di attuare un definitivo passaggio di legittimità territoriale di

Sanafir e Tiran all’Arabia Saudita. Se nell’arco costituzionale e parlamentare la scelta

egiziana non ha trovato alcuna opposizione, il 16 aprile diverse manifestazioni av-

venute nelle principali città del Paese e organizzate da studenti, gente comune

e rappresentanti delle opposizioni laiche, hanno attaccato violentemente il governo

per quella che è stata definita la “svendita della dignità egiziana”. Le manifestazioni,

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a seguito delle quali sono scattate diverse centinaia di arresti, sono state anche l’oc-

casione per fare pressioni sul governo in merito al caso Regeni. Nuove proteste sono

state annunciate per il prossimo 25 aprile.

Dal punto di vista geo-strategico, la decisione saudita di rivendicare la supremazia

territoriale sulle isole egiziane nello Stretto di Tiran ha dimostrato un rinato inte-

resse di Riyadh per il Mar Rosso. Una risposta geopolitica, questa, anche in fun-

zione anti-iraniana in modo da mitigare la minaccia che Teheran esercita sullo Stretto

di Hormuz – attraverso cui transita circa il 17% del traffico energetico mondiali –, e

differenziando allo stesso tempo le esportazioni e le rotte marittime commerciali

nell’area, rafforzando quindi il proprio leverage in tutta la regione del Mar Rosso da

Suez, al Golfo di Aden e al Corno d’Africa.

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SIRIA-IRAQ ↴

Mentre si apriva il terzo round dei negoziati di pace a Ginevra, Damasco ha ripreso la

via delle armi contro le opposizioni nel nord della Siria, danneggiando il congelamento

delle ostilità in essere dalla fine di febbraio. Se l’aviazione siriana non ha mai inter-

rotto i bombardamenti sulle aree ribelli con l’espediente di colpire i gruppi terroristi

(Stato Islamico e Jabhat al-Nusra) esclusi dalla tregua, il 10 aprile le forze gover-

native hanno lanciato una vasta offensiva di terra su Aleppo. Lo Stato Mag-

giore russo aveva preparato il terreno all’operazione, avvisando la preoccupante con-

centrazione di almeno 10.000 miliziani di Jabhat al-Nusra (JaN) nei pressi della città

in vista di un imminente attacco. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani i

caccia militari russi sono direttamente coinvolti nell’azione, che punta a intaccare le

linee di rifornimento ribelli nelle campagne di Handarat a nord di Aleppo. L’esercito

regolare siriano e le forze a questo alleate (i guerriglieri di Hezbollah, della Guardia

Rivoluzionaria iraniana e delle milizie irachene) hanno attaccato anche le postazioni

di JaN nei villaggi di al-Eis e Kafar Naha alla periferia meridionale della città. Moham-

med Alloush, vertice della delegazione delle opposizioni filo-saudite, ha commentato

da Ginevra che la ri-acutizzazione del conflitto esprime l’indisponibilità del Presidente

Bashar al-Assad a raggiungere una soluzione politica.

Il nuovo impulso ai combattimenti peraltro si sovrappone agli assalti dello Stato

Islamico (IS), che negli ultimi giorni ha sottratto ai ribelli dell’Esercito Libero Siriano

numerosi centri abitati lungo la frontiera settentrionale, controllata dai guerriglieri

jihadisti tra Jarablus e al-Rai per un tratto di circa 55 chilometri che preme contro i

cantoni orientali del Rojava curdo e a ovest sulla lingua di terra presidiata dalle op-

posizioni ad Azaz. Le incursioni jihadiste sono state parzialmente ribattute an-

che dall’artiglieria turca e dai raid statunitensi, ma l’IS è riuscito a dare conti-

nuità alle aggressioni, esplodendo diversi colpi di mortaio sulla città turca di Kilis e

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costringendo alla fuga oltre 30.000 persone. A questo riguardo, Human Rights Watch

denuncia il respingimento violento da parte di Ankara degli sfollati siriani ac-

corsi al confine militarizzato siro-turco, che in parte hanno trovato un riparo

insicuro in campi improvvisati nei pressi di Azaz, ossia in una zona interessata dai

combattimenti e dagli stessi colpi di artiglieria sparati da oltre confine dall’esercito

turco. Amnesty International aveva già documentato le espulsioni forzate di migliaia

di rifugiati siriani verso il Paese d’origine martoriato dalla guerra. Intanto, le milizie

arabe e curde riunite nelle Forze Democratiche Siriane muovono oltre la diga di Tish-

rin sull’Eufrate per portare l’offensiva contro il sedicente Califfato islamico a Manbij e

al-Bab. Il successo dell’operazione, che isolerebbe Raqqa dalle avanguardie jihadiste

nel nord della Siria, potrebbe togliere ossigeno al gruppo islamista e tendere inoltre

verso l’unificazione dei cantoni curdi, un esito quest’ultimo nettamente opposto dalla

Turchia.

Alla luce del rapido deterioramento del cessate il fuoco, l’Inviato Speciale delle Nazioni

Unite per la Siria, Staffan de Mistura, ha richiamato le parti a stabilire passi concreti

sulla base della Risoluzione 2254 del Consiglio di Sicurezza approvata in dicembre. Il

12 aprile de Mistura si era recato a Teheran alla vigilia del nuovo round per favorire

la ripresa dei colloqui sull’accidentata transizione politica. Tuttavia, gli sviluppi nel

teatro di Aleppo non preludono ad un allentamento del conflitto civile, laddove i rap-

presentati del governo di Damasco e delle opposizioni convocate a Ginevra ancora

non sono sedute allo stesso tavolo negoziale e intrattengono invece incontri separati

mediati dai diplomatici dell’ONU. Del resto, il Ministro degli Esteri Walid al-Muallem

ha chiaramente ribadito la posizione ufficiale del regime circa una trattativa “senza

precondizioni”, ossia non vincolata alla destituzione di Bashar al-Assad.

Da Washington Barack Obama ha però ricordato che l’allontanamento di Assad

resta il discrimine per la risoluzione della crisi siriana. In caso di rottura defi-

nitiva della tregua e del processo politico a questo collegato, il Wall Street Journal

riporta che gli Stati Uniti aumenterebbero le forniture di sistemi antiaerei ed equi-

paggiamenti alle formazioni ribelli. Secondo le indiscrezioni raccolte, i consiglieri mi-

litari della Casa Bianca stanno lavorando al piano alternativo già dal 27 febbraio, ossia

dal primo giorno della tregua avvallata anche da Mosca. Intanto, il portavoce del

Dipartimento di Stato, John Kirby, ha dichiarato illegittime e non credibili le elezioni

per il rinnovo del Parlamento siriano, tenutesi lo stesso 13 aprile nelle sole

dodici provincie controllate dalle forze governative. Provocatoriamente, il go-

verno siriano ha posticipato la partecipazione ai colloqui di pace alla conclusione della

consultazione. La tornata elettorale è stata fortemente criticata dalla comunità inter-

nazionale, con l’eccezione della Russia – primo alleato del regime e ancora militar-

mente ben radicato e operativo nel Paese – che ha inviato una propria delegazione

per monitorare l’andamento del voto.

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Precipita invece verso la paralisi istituzionale la crisi politica irachena, acuita

dalle contrattazioni parlamentari per la ricomposizione del Consiglio dei Ministri. In-

calzato dalle manifestazioni popolari di dissenso e dalla sfiducia trasversale espressa

dalle forze politiche, il 31 marzo il Premier Haider al-Abadi aveva presentato una

lista di nomine – prevalentemente tecniche, a esclusione di Khalid al-Obeidi e Mu-

hammad al-Ghabban, entrambi confermati nei rispettivi ruoli di Ministro della Difesa

e Ministro degli Interni – da rimettere al vaglio del Parlamento per la ri-attribuzione

degli incarichi ministeriali. Tuttavia, la proposta ha alimentato il gioco al rialzo dei

blocchi parlamentari, determinati a ottenere quote di rappresentanza nella compa-

gine governativa e a contendere la stessa leadership di al-Abadi – tanto che lo stesso

Nouri al-Maliki, discusso predecessore di al-Abadi che oggi ricopre la carica cerimo-

niale di vice Presidente, avrebbe tentato di riprendere la guida del governo costrin-

gendo Teheran e Washington, entrambe interessate alla stabilità dell’esecutivo in ca-

rica seppur secondo letture divergenti, a intervenire direttamente per scongiurare

l’ipotesi. Il comandante della Guardia Rivoluzionaria Qassem Suleimani avrebbe per-

sonalmente bloccato sul nascere l’iniziativa di al-Maliki. A conferma del momento

critico il Segretario di Stato americano John Kerry si è recato a Baghdad l’8 aprile per

ribadire il sostegno ad al-Abadi, che il 12 aprile ha infine proposto una seconda lista

al fine di bilanciare le designazioni originarie con le richieste dei partiti. Nonostante

la soluzione di compromesso, la ripetuta cancellazione del voto sulle nomine a causa

del mancato raggiungimento del quorum e delle accese proteste nell’aula hanno ul-

teriormente esacerbato la competizione parlamentare e indebolito le posizioni di al-

Abadi e del Presidente del Parlamento Salim al-Jubouri, come pure portato a emer-

sione laceranti divisioni e defezioni all’interno delle stesse fazioni politiche.

Inevitabilmente, la vulnerabilità delle istituzioni centrali e la paralisi decisionale eser-

citano ripercussioni negative sulla campagna bellica contro l’IS. Nella provincia occi-

dentale dell’Anbar, l’esercito regolare è entrato a Hit e continua a fronteggiare i mili-

ziani jihadisti a Ramadi, Falluja e Garma, mentre l’annunciata risalita verso Mosul

(battuta dai bombardamenti della coalizione internazionale a guida statunitense) è

ritardata dagli attentati dinamitardi delle uniformi nere.

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BREVI

BELGIO-TERRORISMO, 31 MARZO ↴

Continuano da parte degli inquirenti belgi le indagini

sui membri della cellula terroristica brussellese autrice

degli attentati il 22 marzo all’aeroporto di Zaventem e

alla fermata metro di Maelbeek, nel pieno centro della

capitale. Nel vagliare una sequela impressionante di

documenti e di registrazioni delle telecamere di

sicurezza sparse per la città sarebbero riusciti a

rintracciare Mohammed Abrini, il cosiddetto “uomo con il cappello” filmato negli

attacchi all’aeroporto cittadino. L’uomo è stato catturato a Anderlecht, nella periferia

di Bruxelles, mentre in un’altra operazione di polizia ad Etterbeek sono stati arrestati

tre uomini anch’essi accusati di far parte della cellula terroristica che ha colpito la

capitale belga. Fin dai primi interrogatori Abrini si è auto-accusato di essere l’“uomo

con il cappello”. Nel valutare però attentamente ogni dichiarazione, le autorità non

starebbero scartando l’ipotesi

che Abrini, nell’addossarsi la

responsabilità dell’attentato

dell’aeroporto, in realtà

voglia nascondere l’indentità

del sospettato reale, facendo

così scemare l’interesse della

polizia sul “soggetto X”, il

quale sarebbe pronto infine a

colpire nuovamente in un

altro contesto. Abrini sarebbe

comunque un personaggio di

alto livello della cellula

terroristica di Bruxelles in

quanto direttamente

collegato come Salah

Abdeslam agli attacchi del

novembre scorso a Parigi.

Altrettanto interessante,

secondo gli inquirenti, il

profilo di uno dei tre arrestati,

tale Osama K, nickname di

Osama Krayem, un cittadino

svedese rientrato

illegalmente dalla Siria in

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Europa sull’isola greca di Leros, nascondendosi tra i migranti siriani e utilizzando un

falso passaporto anch’esso siriano. Krayem avrebbe infatti funto da accompagnatore

di Abrini alla fermata della metropolitana di Maelbeek. Intanto il livello di allarme a

Bruxelles e in tutto il Belgio resta confermato al livello “3” su una scala globale di “4”.

La decisione è stata presa dal Consiglio Nazionale di Sicurezza in una riunione

straordinaria indetta l’8 aprile subito dopo gli arresti. Sul piano politico belga, infine,

le critiche sollevate circa la lentezza di attuazione dei meccanismi di sicurezza

nazionale ha provocato le dimissioni del Ministro dei Trasporti Jacqueline Galant,

accusata di negligenza per aver ignorato le segnalazioni dell’Unione Europea sul

rischio di falle nella sicurezza di Zaventem, per l’inefficienza nella gestione degli

scioperi dei controllori di volo e, in particolar modo, per aver sottovalutato gli allarmi

segnalati da istituzioni europee e servizi di sicurezza sulle contromisure da adottare

in caso di possibili attentati a Bruxelles. A differenza, però, dei colleghi Koen Geens

(Ministro della Giustizia) e Jan Jambon (Ministro dell’Interno), le dimissioni della

Galant non sono state respinte dal Premier Charles Michel, alimentando così

polemiche interne sulla reale tenuta del governo e sul fatto che fosse necessario

individuare un capro espiatorio. Michel aveva recentemente rigettato le richieste di

dimissioni di Geens e Jambon in nome di una unità nazionale necessaria per far fronte

al difficile momento successivo agli attentati.

ITALIA-IRAN, 12-13 APRILE ↴

Si è svolta a Teheran la visita di Stato in Iran del

Presidente del Consiglio Matteo Renzi – la prima di un

capo di governo occidentale nel Paese dopo l’avvio

della rimozione delle sanzioni economiche –

accompagnato dal vice Ministro dello Sviluppo

Economico Ivan Scalfarotto, dal Ministro dell’Istruzione

Stefania Giannini e dai delegati delle oltre 50 aziende

italiane coinvolte nella missione imprenditoriale. In apertura del business forum

presso la Camera di Commercio di Teheran, Renzi ha annunciato la conclusione di 18

accordi tra l’Italia e la Repubblica Islamica, che andrebbero ad aggiungersi ai 30

contratti stipulati a margine della visita del Presidente Hassan Rouhani a Roma lo

scorso gennaio. I principali protocolli di intesa sottoscritti con le rispettive controparti

iraniane spaziano dal settore industriale e delle infrastrutture agli idrocarburi e

all’energia. In particolare, un accordo di 3,5 miliardi di euro sull’alta velocità è stato

siglato da Ferrovie dello Stato, un altro coinvolge la SEA nell’adeguamento

dell'aeroporto Mehrabad di Teheran, mentre ANAS è incaricata della realizzazione di

una linea di collegamento dal Golfo Persico alla Turchia e della manutenzione delle

autostrade iraniane. Inoltre, un’intesa da 250 milioni è stata conclusa dal Gruppo

Danieli per la produzione di tubi in acciaio ed un’altra da Saipem per lo sviluppo del

giacimento di Tus di circa 60 miliardi di metri cubi di gas. Seguono gli accordi con

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Isotta Fraschini per la realizzazione di 70 locomotive e 60 motori a scoppio e con il

Gruppo Fata, operativo nella progettazione di impianti industriali. Enel Trade ha

invece concluso un’intesa commerciale per l’acquisto di gas naturale liquefatto ed

infine Sistema Moda Italiana ha siglato un memorandum per il settore tessile.

Tuttavia, l’espansione della cooperazione bilaterale è subordinata al superamento

delle difficoltà nelle transazioni bancarie e finanziarie, residuo del blocco dei sistemi

di pagamento imposto all’Iran dalle sanzioni internazionali. A tale proposito, Teheran

ha recentemente corrisposto la prima delle tre rate previste dall’accordo di recupero

del credito sovrano (pari a 564 milioni di euro) vantato dall’italiana SACE, società

della Cassa depositi e prestiti (CDP), nei confronti della Banca Centrale dell’Iran.

Inoltre, in un comunicato diffuso il 12 aprile, CDP ha annunciato lo stanziamento,

congiuntamente alle controllate SACE e SIMEST, di circa 4,8 miliardi di euro a favore

delle controparti sovrane iraniane, nell’ambito del sistema «Export Banca». Le linee

di credito erogate sarebbero finalizzate al sostegno delle commesse italiane nei

settori di infrastrutture, oil&gas e trasporti in un Paese che l’Italia considera prioritario

per l’interscambio dei prossimi anni.

LIBIA, 5-12 APRILE ↴

Il Parlamento di Tripoli, con l’obiettivo di favorire

l’assunzione delle funzioni governative da parte del

nuovo governo di transizione nazionale guidato da

Premier in pectore Fayez al Serraj, ha votato il proprio

scioglimento accogliendo la trasformazione

dell’organismo parlamentare in Consiglio di Stato, così

come previsto nell’accordo di dicembre mediato dall’ONU. Circa 70 deputati hanno

dichiarato il proprio sostegno al governo di unità nazionale, il quale in pochi giorni, è

riuscito ad ottenere, oltre all’appoggio di numerose municipalità, anche quello della

Banca Centrale di Libia, della compagnia petrolifera di Stato e della Libyan

Investment Authority. Tuttavia, i precedenti vertici politici di Tripoli non sembrano

voler cedere facilmente il posto al nuovo esecutivo: l’ex Presidente del Parlamento

locale, Nuri Abud Sahimin, ha tacciato di illegittimità la decisione presa dal Congresso

e ha espresso la volontà di rivolgersi alla Corte Suprema Libica; mentre l’ex Capo del

governo, Khalifa Ghwell, ha invitato i suoi Ministri a non dimettersi minacciando azioni

contro chi collaborerà con al-Serraj. L’incognita più rilevante resta in ogni caso il voto

di fiducia al nuovo esecutivo da parte del Parlamento di Tobruk, quello riconosciuto

ufficialmente, che dovrebbe riunirsi entro il 18 aprile. In questo contesto si è svolta

il 12 aprile la visita del Ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, il primo

rappresentante di un governo occidentale ad incontrare in Libia il Premier al-Serraj.

Come confermato da ambo le parti, l’incontro è stato utile per porre le basi per una

futura collaborazione bilaterale legata in particolare alle questioni della sicurezza e

dell’immigrazione clandestina. Nella conferenza stampa congiunta che si è tenuta al

termine dell’incontro, Gentiloni ha confermato il pacchetto di aiuti umanitari da 1

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milione di euro in favore del nuovo esecutivo libico e ha annunciato la volontà italiana

di riaprire al più presto la propria missione diplomatica in Libia (medesima volontà è

stata espressa anche dalla Tunisia e dalla Turchia). Intanto una cellula dello Stato

Islamico in Libia ha effettuato un attentato contro un checkpoint militare a Sabbada,

vicino Misurata, uccidendo 1 soldato e ferendone 4. L’attacco – non casuale –

potrebbe nascondere in realtà un messaggio duplice, rivolto tanto alle istituzioni

politiche libiche – lanciando appunto un avvertimento sui pericoli che potrebbero

correre portando avanti tale processo di legittimazione politico-istituzionale – tanto

alle milizie locali, tra tutte la capofila Misurata, sui rischi di rappresaglia alle quali

potrebbero andare incontro.

PANAMA PAPERS, 6 APRILE ↴

Il terremoto politico provocato dalle rivelazioni dei

cosiddetti “Panama Papers” (PP) ha colpito numerosi

personaggi di pubblico dominio: celebrità, Capi di

Stato, di governo, finanzieri e industriali. Dal padre del

Primo Ministro britannico David Cameron al Primo

Ministro islandese Sigmundur Gunnlaugsson – che si è

dimesso a seguito dello scandalo –, passando per gli uomini dell’entourage del

Presidente russo Vladimir Putin, il Presidente argentino Mauricio Macri, il Premier

ucraino Petro Poroshenko e la moglie e molti altri ancora. Quanto emerso dai circa

11,5 milioni di documenti dell’inchiesta curata dai 378 giornalisti dell’International

Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) e trasmessa alla testata giornalistica

tedesca Süddeutsche Zeitung ha portato all’evidenza un trasferimento, più o meno

lecito, di grandi patrimoni finanziari in società offshore con sede nei Caraibi e in altri

“paradisi fiscali”, grazie all’appoggio dello studio legale panamense Mossack Fonseca,

per evadere la tassazione o nascondere attività illecite. Il Premier britannico

Cameron, tra i più colpiti dall’inchiesta e aspramente criticato in Regno Unito dalle

opposizioni, si è difeso alla Camera dei Comuni l’11 aprile, promettendo una stretta

sugli evasori fiscali e affermando di aver venduto le proprie quote del fondo

“Blairmore”, che era comunque stato sottoposto a tassazione, nel 2010 prima di

diventare Primo Ministro. Nell’inchiesta dell’ICIJ è emerso anche il coinvolgimento di

Sergej Roldugin, violoncellista e amico del Presidente Putin; questi, prendendo le

difese del Presidente russo, ha dichiarato che la fuga di notizie è, in realtà, un

“complotto americano” per indebolire la legittimità del leader russo e che i 2 miliardi

di dollari transitati sui fondi caraibici sarebbero stati spesi per strumenti musicali.

Perfino i reali di Marocco e Arabia Saudita risultano coinvolti per l’acquisto di alcuni

yatch di lusso. Intanto, il 15 aprile il Ministro dell’Industria spagnolo, José Manuel

Soria, si è dimesso, pur avendo negato di possedere conti nei Caraibi, a causa del

suo coinvolgimento nell’inchiesta dell’ICIJ. Fra i clienti dello studio Mossack Fonseca

ci sarebbero anche parenti del Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping,

grande sostenitore di una politica di anti-corruzione in patria. Non sono stati rivelati

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ancora nomi illustri statunitensi, ma la loro pubblicazione potrebbe essere solo

questione di tempo.

UCRAINA, 10 APRILE ↴

Arseniy Yatsenyuk ha annunciato le proprie dimissioni

dall’incarico di Primo Ministro, denunciando la natura

artificiale della crisi politica, provocata, secondo il

Premier uscente, dalle pressioni di alcuni gruppi politici

e dalla loro lotta per il potere. Già il 16 febbraio

membri del Blocco Petro Poroshenko (BPP) hanno

mosso la mozione di sfiducia contro il governo di Yatsenyuk, ma la manovra non

aveva raggiunto il numero di voti necessario per deporre il Primo Ministro. Questo

evento è stato l’inizio della fase critica della latente contrapposizione tra il Presidente

e il Premier, che ha visto di fatto la dissoluzione della coalizione di maggioranza,

mettendo in discussione la governabilità del Paese. La difficile decisione è stata presa

dall’ex Primo Ministro anche in seguito all’annuncio dei risultati negativi del

referendum tenuto in Olanda sugli accordi di associazione tra l’Unione Europea e

l’Ucraina. La vittoria del “no” è stato un colpo piuttosto duro per Yatsenyuk che traeva

una parte della propria legittimità dai progressi ottenuti nelle riforme interne, che

garantivano l’avvicinamento al sogno europeo. Nonostante la perdita dell’incarico

Yatsenyuk e il suo Fronte Popolare (FP) continueranno a giocare un ruolo di primo

piano nella vita politica ucraina e nel nuovo governo a causa di una forte presenza

del partito nella Verchovna Rada (il Parlamento ucraino). Infatti, dopo alcuni giorni

di trattative, proprio il partito di Yatseniuk insieme al BPP del Presidente hanno

sostenuto la formazione di un nuovo esecutivo, guidato dallo speaker della Rada,

Volodymyr Groysman. Il rimpasto di governo sembra essere mirato principalmente

ad evitare elezioni anticipate piuttosto che a garantire una stabilizzazione del sistema

politico ucraino. La maggioranza ha perso definitivamente il sostegno dei tre partiti

minori, Patria di Yulia Tymoshenko, il Partito Radicale e Samopomish e dovrà contare

sulla compattezza e l’unità d’intenti tra FP e BPP, al fine di evitare un nuovo stallo

istituzionale. Appare ancora presto per capire se il referendum olandese avrà serie

ripercussioni sulla politica di Bruxelles nei confronti dell’Ucraina, ma le pressioni per

una netta accelerazione nel difficile percorso di Kiev sulla strada delle riforme si fanno

sempre più insistenti.

Page 15: OPI Weekly Report N°11/2016

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ALTRE DAL MONDO

AFGHANISTAN, 12 APRILE ↴

I Taliban hanno annunciato l’inizio dell’“offensiva di primavera”, la stagione calda del

combattimento che quest’anno è stata denominata «Operazione Omar», in omaggio

al Mullah Mohammed Omar, leader spirituale e fondatore dell’Emirato Islamico

dell’Afghanistan, deceduto nel 2013. La diffusione del comunicato, in cui si minaccia

il ricorso ad «attacchi su vasta scala conto postazioni avversarie in tutto il Paese»,

segue di pochi giorni la visita del Segretario di Stato americano John Kerry a Kabul,

a conferma del supporto garantito dagli USA al governo di unità nazionale guidato

dal Presidente Ashraf Ghani. Solo l’11 aprile, nella città orientale di Jalalabad, un

kamikaze talebano a bordo di una motocicletta avrebbe provocato la morte di 12

soldati che viaggiavano su un autobus dell’esercito, mentre a Kabul alcune ore prima

la detonazione di un ordigno colpiva un minibus che trasportava impiegati del Mini-

stero dell’Istruzione, uccidendo almeno due persone. L’offensiva di primavera po-

trebbe rappresentare un serio ostacolo ai negoziati di pace avviati a gennaio dal Qua-

drilateral Coordination Group (QCG), formato dai rappresentanti di Afghanistan, Pa-

kistan, USA e Cina. Peraltro, secondo le stime fornite dal sito statunitense The Long

War Journal, i Taliban controllerebbero ad oggi circa 80 dei 400 distretti nei quali è

suddiviso il Paese.

BRASILE, 11 APRILE ↴

Dopo settimane di accuse e dibattiti politici, la Commissione Speciale del Parlamento

ha approvato l’avvio della procedura di impeachment nei confronti della Presidente

Dilma Rousseff. Il provvedimento sarà votato prima alla Camera dei Deputati

(17aprile) e nelle prossime settimane anche al Senato. Anche in caso di voto favore-

vole in entrambe le Camere del Parlamento – è necessario raggiungere i due terzi dei

voti –, l'iter conoscerà un percorso molto lungo. Un passaggio della mozione di im-

peachment provocherebbe infatti una sospensione di 6 mesi dei poteri e delle funzioni

presidenziali in attesa del verdetto definitivo della Corte Suprema, che soltanto in

quel caso potrebbe permettere la formazione di un nuovo esecutivo e di nuova mag-

gioranza parlamentare.

COREA DEL SUD, 13 APRILE ↴

Il partito conservatore Saenuri, del Presidente Park Geun-hye, ha perso dopo 16 anni

la maggioranza assoluta in Parlamento a seguito dell’inatteso risultato raggiunto nelle

attese elezioni legislative. Con più dell’80% dei votanti, il partito di centro-destra ha

ottenuto 122 seggi su 300, mentre il principale partito di opposizione Minjoo, di cen-

trosinistra, ne ha guadagnati 123. Il risultato sta ad indicare il crescente malcontento

popolare nei confronti dell’establishment principalmente riguardo a due questioni: in

primis l’indebolimento della protezione giuridica dei lavoratori contro i licenziamenti;

Page 16: OPI Weekly Report N°11/2016

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in secondo luogo, l’insoddisfazione dell’opposizione per il comportamento adottato

dal governo nei confronti dei dissidenti e dei manifestanti. Un ruolo fondamentale è

stato ricoperto dall’alta disoccupazione giovanile che è andata sommandosi all’alto e

crescente debito delle famiglie. Nel corso del 2015 l’economia del Paese è cresciuta

del 2,2%, mentre a febbraio di quest’anno la disoccupazione giovanile ha raggiunto

il 12,5%, picco massimo dal 1999.

IMMIGRAZIONE, 11 APRILE ↴

Come annunciato lo scorso mese di febbraio, l'Austria ha avviato lungo il passo del

Brennero, al confine con l'Italia, i lavori per la realizzazione di una barriera per con-

tenere il flusso migratorio previsto in aumento per i mesi estivi. La struttura, lunga

250 metri, comprenderà l’autostrada e la strada statale, oltre all’allestimento di un

centro di registrazione che si affiancherà ad un piccolo centro di prima accoglienza

già esistente. La dura risposta del governo italiano è stata accompagnata dall’invio

ufficioso ai Presidenti di Commissione e Consiglio europeo di una proposta relativa

ad un piano di regolamentazione del fenomeno migratorio: il “Migration Compact”

(qui il testo completo) prevedrebbe in particolare un accordo tra i Paesi di origine

e di transito basato sul supporto finanziario e operativo di quest'ultimi ai primi in

cambio di una più stretta cooperazione sui controlli alle frontiere, sui procedimenti di

rimpatrio/riammissione e sul contrasto al traffico di esseri umani.

MACEDONIA, 12 APRILE ↴

L’ufficializzazione da parte del Presidente macedone Gjorge Ivanov di interrompere

tutti i processi politici e di concedere la grazia a 56 esponenti di maggioranza e op-

posizione con carichi pendenti, ha scatenato una serie di manifestazioni popolari a

Skopje, sfociate tra l’altro in scontri con le forze di sicurezza. Il provvedimento di

grazia è stato infatti concesso anche nei confronti di coloro che risulterebbero essere

coinvolti nello scandalo intercettazioni che lo scorso anno aveva aperto una profonda

crisi istituzionale e che si era conclusa, nonostante numerose difficoltà nella succes-

siva implementazione, con un accordo mediato dall’UE, con la nomina di un procura-

tore speciale incaricato di far luce sulle intercettazioni, con le dimissioni del Premier

Nikola Gruevski e con l’organizzazione di elezioni anticipate programmate per il pros-

simo 5 giugno. Il leader dell’opposizione socialdemocratica, Zoran Zaev, ha accusato

Ivanov di colpo di Stato e di comportamento incostituzionale, annunciando un boi-

cottaggio dell’appuntamento elettorale che rischia pertanto di ritardare ulteriormente

la stabilizzazione politica del Paese.

NIGERIA-CINA, 11-14 APRILE ↴

Nella sua prima visita di Stato in Cina, il Presidente nigeriano Muhammadu Buhari ha

incontrato a Pechino Xi Jinping per discutere delle relazioni politiche e soprattutto

commerciali tra i due Paesi. Il 2016 segna infatti il 45º anniversario dell’instaurazione

Page 17: OPI Weekly Report N°11/2016

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delle relazioni diplomatiche tra Nigeria e Cina: dal 1971 sono stati raggiunti obiettivi

strategici in ambito tecnologico, scientifico, agricolo, energetico e commerciale. La

Nigeria, infatti, è il primo Paese africano ad utilizzare gli standard tecnici cinesi per

la costruzione delle ferrovie; il primo ad importare satelliti cinesi per la comunicazione

e a cooperare in un programma congiunto di ricerca marina. Durante il summit sono

stati firmati sei documenti sulla cooperazione nel settore economico, scientifico, fi-

nanziario, tecnologico, industriale e dell’aviazione. Nonostante la Nigeria sia la mag-

gior economia del continente africano, necessita di un sostegno alle infrastrutture

che al momento viene fornito in gran parte dalla Cina al fine di favorire la crescita e

lo sviluppo del Paese dell’Africa occidentale.

RUSSIA, 5 APRILE ↴

Vladimir Putin ha annunciato la creazione di un nuovo servizio di sicurezza, la Guardia

nazionale, che, di fatto, sarà indipendente dal Ministero degli Interni e che risponderà

direttamente al Presidente russo. Il Direttore della Guardia nazionale sarà il Generale

Victor Zolotov, che in precedenza è stato il timoniere del Servizio di Sicurezza del

Presidente della Federazione Russa e che negli ultimi anni ha comandato le truppe

interne. La struttura del nuovo servizio sarà basata su quella delle truppe interne,

ma comprenderà anche diversi reparti di polizia come OMON e SOBR, arrivando a un

totale di circa 470.000 unità. La necessità di creare la Guardia nazionale sembra

essere dettata sia dalle logiche di politica interna – dove la competizione tra i vari

servizi di sicurezza appare sempre più aspra e la paura del regime di un possibile

colpo di Stato sempre più alta –, sia dai temi strettamente legati alla sicurezza na-

zionale, come la lotta al terrorismo e al crimine organizzato.

SOMALIA, 8 APRILE ↴

Il Jahba East Africa, gruppo jihadista nato da una costola di al-Shabaab, ha giurato

fedeltà allo Stato Islamico, riconoscendo Abu Bakr al-Baghdadi come l’unico leader

legittimo di tutti i musulmani. In un comunicato in inglese pubblicato nei giorni scorsi

su Twitter, il nuovo gruppo – ex spin-off kenyano di al-Shabaab –, ha denigrato pub-

blicamente il movimento somalo e i suoi leader, accusati di tradire l’Islam. Matt Bry-

den, direttore della Sahan Research, organizzazione non governativa che dal 2002

opera in Somalia, ha affermato che non è chiaro quanti militanti islamisti abbiano

finora aderito a Jahba East Africa, che avrebbe connessioni con Kenya, Uganda, Tan-

zania e Somalia, mentre risulta evidente che sta aumentando sempre più la probabi-

lità di scontri tra fazioni estremiste rivali in Somalia.

STATI UNITI, 9 APRILE ↴

Il risultato del caucus del Wyoming tra i Democratici ha consolidato con il 56,1% delle

preferenze la lunga striscia di vittorie di Bernie Sanders, Senatore del Vermont, dopo

i risultati positivi ottenuti in Idaho, Utah, Alaska, Washington, Hawaii e Wisconsin. La

Page 18: OPI Weekly Report N°11/2016

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corsa per la Casa Bianca sembra essere dunque ancora aperta: Sanders e Ted Cruz

(quest’ultimo tra i Repubblicani), infatti, erodono il vantaggio accumulato dai fron-

trunners Hillary Clinton e Donald Trump. In attesa dell’atteso turno di primarie nello

Stato di New York del 19 aprile – forse decisivo su entrambi i fronti dato che asse-

gneranno 291 delegati per i Democratici e 95 per i Repubblicani –, Sanders e Clinton

si sono scontrati in un infuocato dibattito televisivo il 14 aprile, trovando un punto di

incontro soltanto su una maggiore contribuzione da parte degli alleati europei per

avere la protezione della NATO. Intanto, in vista delle primarie di New York, i son-

daggi del Wall Street Journal sembrano premiare ancora l’ex First Lady (55%) e il

tycoon newyorkese (54%). La situazione attuale vede la Clinton in testa per i Demo-

cratici con 1.776 delegati (607 mancanti alla nomination) e Sanders con 1.118; per

il Grand Old Party, guida Trump con 743 (494 mancanti) e Cruz con 545.

NUMERO DI DELEGATI CONQUISTATI TRA I DEMOCRATICI E I REPUBBLICANI – FONTE: AP

STATI UNITI-PACIFICO, 10 APRILE ↴

In occasione del Vertice dei Ministri degli Esteri del G7 in Giappone, il Segretario di

Stato americano, John Kerry, ha effettuato una storica visita al memoriale di Hiro-

shima, eretto dal governo di Tokyo per ricordare il bombardamento atomico dell’ago-

sto 1945 da parte degli Stati Uniti. Kerry non ha però voluto fornire scuse formali,

ricordando quanto fosse necessario a quel tempo il lancio dell’atomica. Nel frattempo,

Washington continua a muoversi nel teatro asiatico in funzione strategica anti-cinese.

È di prossima firma l’accordo tra Stati Uniti e India del Memorandum d’intesa per lo

scambio logistico in materia di condivisione di rifornimenti, munizioni e carburante

tra le forze dei due Paesi. Inoltre, il 14 aprile si è tenuta un’esercitazione navale

congiunta tra le marine di Stati Uniti e Filippine nelle acque asiatiche. All’esercitazione

Bataklan, come è stata denominata, hanno partecipato circa 5.500 soldati e sono

Page 19: OPI Weekly Report N°11/2016

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stati utilizzati lanciarazzi per missili a medio-lungo raggio, jet militari ed elicotteri da

attacco.

YEMEN, 3-10 APRILE ↴

Il 3 aprile il Presidente yemenita, Abdu-Rabbu Mansour Hadi, ha rimosso con decreto

presidenziale Khalid Bahah dalla carica di Premier, nominando quest’ultimo suo con-

sigliere politico e il generale Ali Mohsen al-Ahmar vice Presidente, mentre l’incarico

di nuovo Primo Ministro è stato affidato ad Ahmed Obeid bin Dagher. Nella stessa

giornata, il vice Principe ereditario dell’Arabia Saudita e Ministro della Difesa, Mo-

hammed bin Salman, ha confermato l’avvio dei negoziati ufficiosi a Riyadh tra una

delegazione Houthi e i rappresentanti del governo legittimo yemenita. Domenica 10

aprile è iniziata invece la tregua sponsorizzata dalle Nazioni Unite per cercare di ar-

ginare la guerra civile che segna il Paese da oltre un anno. La guerra ha causato oltre

6.000 vittime e costretto milioni di yemeniti ad abbandonare le proprie case. La tre-

gua servirà a preparare il terreno ai colloqui di pace che cominceranno il 18 aprile in

Kuwait.

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ANALISI E COMMENTI

GEORGIA: L’OMBRA DEL TERRORISMO E I PROBABILI SCENARI GEOPOLITICI

LUTTINE ILENIA BUIONI ↴

Lo scorso 26 gennaio, il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha dichiarato che il

governo di Mosca è in possesso di informazioni che testimoniano il funzionamento di

un campo di addestramento dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (IS) nella

gola del Pankisi, in Georgia. Nella medesima circostanza, lo stesso Lavrov annunciava

l’intenzione di Mosca di voler restaurare le relazioni diplomatiche con la Repubblica

ex sovietica, deterioratesi a seguito della Guerra dei Cinque Giorni, che nel 2008

aveva coinvolto Georgia, Federazione Russa e le due repubbliche de facto indipen-

denti di Abkhazia e Ossezia del Sud. Benchè il Primo Ministro georgiano Giorgi Kviri-

kashvili abbia smentito le affermazioni del Cremlino, ribadendo il pieno controllo sulla

regione da parte del governo centrale di Tbilisi, la valle del Pankisi è tradizionalmente

considerata un focolaio di instabilità, divenendo nei tempi recenti anche un centro di

reclutamento per il sedicente Stato Islamico (…) SEGUE >>>

STATI UNITI, RUSSIA, ARABIA SAUDITA.

IL RUOLO DELLE COALIZIONI MILITARI NEL “SIRAQ”

LORENZO MARINONE ↴

La sessione di negoziati di Ginevra III, attualmente interrotta e rinviata a data da

definirsi, sembra aver ottenuto risultati persino peggiori dei due tentativi precedenti.

Non solo non si è arrivati ad alcun accordo per porre fine alle ostilità in Siria, ma la

tensione tra gli Stati impegnati in diversa misura nel conflitto continua a salire. La

presenza dello Stato Islamico (IS), che dall’area siro-irachena ha dimostrato di po-

tersi irradiare in Medio Oriente e nel cuore dell’Europa per compiere sanguinosi at-

tentati ed espandere il suo network transnazionale, non ha finora subìto alcun serio

ridimensionamento strutturale, nonostante le perdite territoriali subite nell’ultimo

anno. Non è però l’impegno militare ciò che manca per fronteggiare la minaccia ter-

roristica. Al momento attuale, sono ben tre le coalizioni internazionali attive o poten-

zialmente attivabili nell’area: quella guidata dagli Stati Uniti, quella nata con l’inter-

vento della Russia, quella annunciata dall’Arabia Saudita (…) SEGUE >>>

RIFORME, SICUREZZA, ENERGIA: LE NUOVE FRECCE ALL’ARCO DEL GOVERNO ABE

PAOLO BALMAS ↴

Il prossimo luglio si affronteranno in Giappone le elezioni per rinnovare una parte dei

membri della Camera alta della Dieta, il Parlamento nipponico. Su un totale di 242

senatori, se ne eleggeranno la precisa metà. Il mandato di questi scade il 25 luglio

2016 e, secondo la legislazione giapponese, le elezioni dovranno avvenire entro i

trenta giorni che precedono la data. Per il Premier Shinzo Abe si tratta di una nuova

sfida, visto che la politica del governo, nota con l’appellativo di “Abenomics”, non sta

riscuotendo il successo che ci si aspettava a Tokyo. In particolare, i risultati delle

Page 21: OPI Weekly Report N°11/2016

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elezioni sveleranno il giudizio della popolazione giapponese nei confronti dell’operato

di Abe, in particolare a partire dallo scorso settembre 2015. Allora, il Primo Ministro

fu eletto per altri tre anni alla guida del proprio Partito Liberal Democratico (PLD). In

quella occasione, inoltre, Abe lanciò una nuova visione della politica del proprio go-

verno, che fu ribattezzata “Abenomics 2.0” (…) SEGUE >>>

LA DOTTRINA DI SICUREZZA NAZIONALE DELLA POLONIA:

ANTICHE MINACCE E NUOVE SFIDE

SIMONE ZUCCARELLI ↴

Per comprendere appieno le scelte strategiche di uno Stato è fondamentale conoscere

non soltanto la sua geografia, la sua struttura sociale ed economia e le sue capabili-

ties ma anche lo psycho-milieu che, unito alle componenti “materiali”, porta l’esta-

blishment del Paese di riferimento a mantenere una determinata postura in politica

estera. L’analisi della dottrina di sicurezza nazionale della Polonia non può prescin-

dere da un simile approccio che definisce al tempo stesso, quindi, anche l’ultima

National Security Strategy (NSS), approvata dal governo il 5 novembre 2014 in so-

stituzione della precedente del 2007. Al principio del documento, infatti, viene preci-

sato che gli obiettivi strategici di Varsavia «result from historical experience, existing

political and structural conditions, as well as the State’s capacities». È quantomeno

interessante notare come l’esperienza storica sia posizionata, non a caso, al primo

posto tra le determinanti fondamentali in grado di motivare le scelte polacche: è dalla

storia degli ultimi secoli infatti, che provengono le principali indicazioni utili a com-

prendere le valutazioni di sicurezza qui esaminate (…) SEGUE >>>

A cura di

OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE

Ente di ricerca di

“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”

Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale

C.F. 98099880787

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