Weekly Report N°31/2015

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www.bloglobal.net N°31, 15-28 NOVEMBRE 2015 ISSN: 2284-1024

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Rassegna settimanale a cura dell'Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) // 15-28 novembre 2015

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N°31, 15-28 NOVEMBRE 2015

ISSN: 2284-1024

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Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo

Milano, 29 novembre 2015 ISSN: 2284-1024 A cura di: Davide Borsani Giuseppe Dentice Danilo Giordano Vittorio Giorgetti Antonella Roberta La Fortezza Giorgia Mantelli Violetta Orban Maria Serra Alessandro Tinti

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Weekly Report N°31/2015 (15-28 novembre 2015), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2015, www.bloglobal.net

Photo Credits: AFP; Alexander Zemlianichenko/Reuters; Aeronautica Turca, Novosti; Habibou Kouyateh/AFP/Getty Images; Reuters.

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FOCUS

FRANCIA-BELGIO ↴

Gli attentati di Parigi dello scorso 13 novembre, che hanno provocato la morte di 129

persone e che sono stati ufficialmente rivendicati dallo Stato Islamico (IS), hanno

aperto una nuova fase della lotta al terrorismo in Francia e in tutta Europa.

Stando alle ricostruzioni della polizia francese e confermate dal Procuratore di Parigi,

François Molins, gli attacchi sarebbero stati compiuti da 3 gruppi di almeno 7

persone (sebbene alcune fonti parlino di un commando di 19 individui): il primo

attivo allo Stade de France, dove 3 uomini (Bilal Hadfi, ventenne francese residente

in Belgio e combattente in Siria per l’IS, un secondo uomo affianco al quale è stato

ritrovato un falso passaporto siriano a nome di Ahmmad al-Mohammad, un terzo

sconosciuto) si sono fatti esplodere provocando una sola vittima. Al secondo gruppo,

entrato in azione al Bataclan, apparterrebbero due francesi, Samy Amimour – già

incriminato nel 2012 per associazione a delinquere di stampo terroristico – e Ismael

Omar Mostefai, quest’ultimo già attivo in Siria tra il 2013 e il 2014 e segnalato dalla

polizia turca alle autorità francesi in almeno due occasioni nel corso dell’ultimo anno.

Un settimo uomo, Ibrahim Abdeslam, si sarebbe fatto esplodere di fronte al Caffè

Comptoir Voltaire e sarebbe il fratello di un ottavo uomo, Salah Abdeslam, attual-

mente in fuga e per il quale è stato emanato un mandato di arresto internazionale.

La mente degli attentati sarebbe invece Abdelhamid Abaaoud – conosciuto

anche come Abu Umar al-Baljiki (“Il Belga”) –, belga di origini marocchine che ha

combattuto in Siria tra le fila dell’IS, già condannato in contumacia a vent’anni per

terrorismo e a capo della cellula jihadista di Verviers smantellata lo scorso 15 gennaio

a seguito della maxi-operazione seguita all’attentato a Charlie Hebdo. Abaaoud – che

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avrebbe avuto anche contatti con Ayoub El-Khazzani, autore dell’attentato sventato

lo scorso agosto sul treno Thalys Amsterdam-Parigi, con Sid Ahmed Ghlam, l’algerino

che in aprile progettava attentati contro le chiese di Villejuif, e con Mehdi Nemmou-

che, l’autore dell’attacco al Museo ebraico di Molenbeek nel mese di giugno nel quale

sono morte 4 persone – sarebbe rimasto ucciso nel corso del blitz della polizia

francese a Saint Denis la mattina del 18 novembre. Insieme a lui anche Hasna

Aitboulahcen, una giovane donna francese – probabilmente cugina di Salah Abdeslam

– che si è fatta saltare in aria, e un terzo uomo non ancora identificato. Secondo le

informazioni trapelate dai media francesi, la cellula stava progettando altri at-

tentati alla Défense e all’aeroporto Charles De Gaulle. Inoltre, una retata con-

dotta in 19 diversi Dipartimenti francesi (16 novembre) ha portato al ritrovamento di

un ingente quantitativo di armi, tra cui alcune da guerra, e all’arresto di 23 persone.

A Bruxelles è stato infine fermato Mohamed Amri, accusato di aver fabbricato

le cinture esplosive usate dai kamikaze la sera del 13 novembre e sospettato di aver

fornito loro supporto logistico.

Proprio Bruxelles, e in particolare il quartiere centrale di Molenbeek, già og-

getto di perquisizioni nel corso dell’ultimo anno e dove è stato portato alla luce un

vasto arsenale di armi e prodotti chimici, sono rimasti blindati durante il fine setti-

mana del 21-22 novembre: i Servizi di sicurezza belgi hanno infatti ritenuto immi-

nente un attentato nella capitale sulla base di indicazioni precise che tuttavia il Pre-

mier Charles Michel non ha voluto specificare. Altre perquisizioni hanno avuto luogo

in tutto il sud-est del Belgio, a Bierges, nella stessa Verviers e a Auvelais, tra Char-

leroi e Namur. Blitz anti-terrorismo sono stati condotti nella Grande Moschea di Bru-

xelles, ad Anversa – il cui imam avrebbe lasciato il Paese per andare a combattere in

Siria – e in alcuni luoghi di culto islamici in Germania, a Berlino, nel quartiere Char-

lottenburg, ritenuto obiettivo sensibile. In Italia, alla dogana di Trieste, sono stati

rinvenuti all’interno di un autoarticolato olandese 81 fucili a pompa Winchester SXP,

presumibilmente trasportati in Germania, Olanda e Belgio. Nei pressi di Antalya, in

Turchia, infine, due siriani e un belga sono stati fermati dalle autorità turche con

l’accusa di coinvolgimento negli attacchi di Parigi: il belga in particolare, Ahmet Da-

hmani, sarebbe stato il basista che avrebbe effettuato i sopralluoghi nelle zone og-

getto degli attentati.

Sul piano della risposta, oltre all’intensificazione dei bombardamenti aerei su Raqqa,

il Presidente francese Hollande, davanti al Parlamento riunito in seduta comune a

Versailles (16 novembre), ha stabilito l’estensione dello stato di emergenza per

tre mesi, ha proposto la modifica della Costituzione (con riferimento agli articoli

16 e 361) per meglio adeguarla all’attuale contesto di sicurezza, ha chiesto un ina-

sprimento delle pene per chi si macchia di reati ascritti a fenomeni di terrorismo e

1 Art. 16: Quando le istituzioni della Repubblica, l'indipendenza della Nazione, l'integrità del territorio o l'esecuzione degli impegni internazionali sono minacciati in maniera grave ed immediata e il regolare funzionamento dei poteri pubblici costituzionali è interrotto, il Presidente della Repubblica adotta le misure richieste da tali circostanze, sentiti il Primo Ministro, i Presidenti delle assemblee ed il Presidente del Consiglio Costituzionale.

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ha proposto un aumento degli organici della magistratura, dei servizi penitenziari e

della polizia di confine (il personale non potrà in questo senso essere ridotto fino al

2019). Sulla base della richiesta francese, inoltre, il Consiglio dei Ministri della Difesa

dell’Unione Europea (17 novembre) hanno annunciato per la prima volta dall’entrata

in vigore del Trattato di Lisbona l’attivazione della cosiddetta “clausola di difesa

collettiva” prevista dall'art. 42.7, al cui paragrafo 7 è fissato che «Qualora uno

Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri

sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in con-

formità dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ciò non pregiudica il carattere

specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri. Gli impegni e la

cooperazione in questo settore rimangono conformi agli impegni assunti nell’ambito

dell’Organizzazione del trattato del Nord-Atlantico che resta, per gli Stati che ne sono

membri, il fondamento della loro difesa collettiva e l’istanza di attuazione della

stessa». Mentre il Ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drien ha dichiarato che

ciò consentirà alla Francia di poter intrattenere con i singoli Paesi europei relazioni

bilaterali utili a concordare piani di sicurezza a beneficio della Francia e dei singoli

Stati, l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza comune Federica Mo-

gherini ha comunque affermato che il dispositivo non costituisce una missione

di difesa comune alle operazioni militari nelle quali è coinvolta la Francia. I

Ministri degli Interni e della Giustizia UE hanno inoltre concordato sulla necessità di

un rafforzamento delle frontiere, richiedendo alla Commissione europea di presentare

una revisione mirata dell’articolo 7.2 del codice Schengen per rendere i con-

trolli alle frontiere esterne sistematici anche per i cittadini UE.

Mentre le maggiori potenze mondiali si sono strette intorno alla Francia e, in occa-

sione del G20 in Turchia (16 novembre) – a latere del quale hanno avuto luogo una

serie di bilaterali – hanno espresso l’intenzione di rafforzare la cooperazione multila-

terale in materia di anti-terrorismo (in particolare potenziando la sicurezza aerea, i

controlli via web e la condivisione delle informazioni di intelligence), il Consiglio di

Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato (20 novembre) all’unanimità una Ri-

soluzione che invita tutti gli Stati membri a restare uniti e ad intensificare la lotta allo

Stato Islamico che «costituisce una minaccia globale senza precedenti alla pace in-

ternazionale e alla sicurezza (…) anche per la sua capacità di reclutare e addestrare

terroristi combattenti stranieri, la cui minaccia ha effetti su tutte le regioni e i Paesi

membri dell’ONU, anche quelli lontani dalle zone di guerra».

Art. 36: Lo stato d'assedio è decretato in Consiglio dei ministri. Non può essere prorogato oltre 12 giorni senza auto-rizzazione del Parlamento.

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SIRIA-IRAQ ↴

Dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre scorso, il Presidente francese François

Hollande si è gettato in una complessa iniziativa diplomatica al fine di strin-

gere l’unità d’intenti contro lo Stato Islamico (IS). Ottenuto il rinnovato soste-

gno tedesco (Berlino invierà alcuni cacciabombardieri Tornado, un aereo da riforni-

mento e una nave in appoggio alla portaerei Charles de Gaulle che dal porto di Tolone

ha raggiunto le coste siriane) e l’impegno del Primo Ministro britannico David Came-

ron a conquistare l’approvazione parlamentare per l’estensione dei bombardamenti

alla Siria, Hollande si è recato dapprima a Washington (24 novembre) e poi a Mosca

(26 novembre) per mediare tra i maggiori attori coinvolti nella crisi. La rappresaglia

dei caccia francesi sulla città di Raqqa, capitale dell’autoproclamato Califfato isla-

mico, lanciata dall’Eliseo a poche ore dagli attacchi terroristici che hanno colpito Parigi

e la chiamata alle armi di una coalizione europea per contrastare il gruppo jihadista

(il Ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian ha per la prima volta invocato l’articolo 42

comma 7 del Trattato di Lisbona che vincola i membri UE a prestare assistenza mili-

tare alla parte che subisca un’aggressione armata sul proprio territorio) erano state

accolte con favore dal Cremlino. Già il 17 novembre, il Presidente russo Vladimir Putin

aveva ordinato all’incrociatore Moskva schierato nel Mediterraneo di collaborare con

“l’alleato” francese nella comune campagna contro l’IS. Dall’incontro alla Casa Bianca,

tuttavia, è riemersa la fermezza statunitense sulla necessità di un accordo sulla tran-

sizione politica in Siria. In questo senso, il Presidente USA Barack Obama ha preci-

sato che un’operazione concertata contro l’IS e aperta a Mosca è condizio-

nata alla caduta del veto russo sulla legittimità di Bashar al-Assad a parteci-

pare al processo di normalizzazione dettato dall’agenda di Vienna. Per contro il Mini-

stro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha ribattuto che stabilire pre-condizioni nella

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lotta contro il terrorismo sia ormai inaccettabile. È dunque il nodo sul regime di Da-

masco a frenare il progetto francese di allestire una coalizione in grado di inferire un

colpo decisivo all’IS – un proposito su cui si riverberano sia il braccio di ferro

sull’Ucraina, sia la competizione tra le potenze regionali sunnite e l’Iran sciita, se-

condo garante del regime alawita e risolutamente avverso alla destituzione di al-

Assad. Se la distanza sul futuro assetto siriano è apparsa evidente anche nell’incontro

bilaterale al Cremlino, Putin ha però registrato la cooperazione con la Francia

quale il primo passo verso la creazione di una coalizione internazionale con-

tro il Califfato e ha concordato con Hollande la condivisione delle informazioni mili-

tari sulle operazioni in corso nel teatro di guerra. Del resto, seppur dietro a motiva-

zioni strategiche e calcoli politici di diversa natura, Parigi e Mosca sono accomunate

dall’interesse a cauterizzare rapidamente il travaso islamista nel cuore sunnita della

Siria e fissare la frammentazione del Paese provocata dall’annoso conflitto civile, in

vista del friabile processo negoziale segnato dalle conferenze di Vienna.

Tuttavia, Putin ha messo in guardia le cancellerie occidentali dall’applicazione

di doppi standard nell’individuazione dei gruppi terroristici di matrice islamista. Du-

rante il vertice G20 tenutosi ad Antalya in Turchia (15-16 novembre) il Presidente

russo aveva denunciato il finanziamento occulto dell’IS, adombrando la responsabilità

di alcuni Paesi presenti al summit (Arabia Saudita e Turchia in primis). Intanto, la

flotta russa continua a colpire pesantemente le opposizioni siriane con l’obiet-

tivo di ripristinare il controllo governativo lungo l’asse Damasco-Aleppo. Lo Stato

Maggiore ha comunicato che i bombardieri strategici a lungo raggio Tupolev Tu-160

e Tu-95 sono stati impiegati per la prima volta nelle provincie di Aleppo e Idlib. Inol-

tre, a partire dal 18 novembre le infrastrutture energetiche in uso al Califfato nell’area

di Dair az-Zor e Raqqa sono divenuti un bersaglio della campagna aerea diretta dal

Cremlino, quando nei giorni precedenti il Comando Centrale statunitense aveva an-

nunciato la distruzione di oltre un centinaio di camion cisterna con l’obiettivo di in-

taccare la capacità economica del gruppo jihadista. Il volume dei bombardamenti

russi ha permesso alle truppe di Damasco di deviare nuovamente verso Palmira e al

contempo di avanzare nella periferia meridionale di Aleppo, costringendo le brigate

dell’Esercito Libero Siriano a ripiegare da Hama, come anche le milizie islamiste rac-

colte nel Jaish al-Fatah (in particolare Jabhat al-Nusra e Ahrar al-Sham) ad alzare

nuovamente il livello dello scontro.

Intanto, il Segretario di Stato USA John Kerry ha manifestato l’intento di avviare

un’operazione congiunta con la Turchia per chiudere i circa novantotto chilometri

del poroso confine settentrionale siriano non ancora messi in sicurezza. Se dopo l’in-

cidente di frontiera che ha portato all’abbattimento di un caccia da combattimento

russo da parte della contraerea turca la diplomazia statunitense ha attentamente

difeso il diritto dell’alleato NATO di proteggere il proprio spazio aereo, l’amministra-

zione Obama ha dato segno di non voler accogliere la richiesta del governo

Davutoğlu sull’imposizione di una no-fly zone nel nord della Siria – una mossa

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che lo stesso Obama ha definito “controproducente” in occasione del G20 di Antalya

data la realtà dello scenario bellico.

In Iraq l’importante riconquista di Sinjar ha sollevato dissidi tra le diverse

fazioni curde, laddove la forte presenza del Partito dei Lavoratori del Kurdistan

(PKK) è invisa al Partito Democratico del Kurdistan (KDP) di Masoud Barzani, mentre

lo stallo sulla presidenza del governo regionale del Kurdistan iracheno (a oggi occu-

pata oltre la scadenza del mandato dallo stesso Barzani) va inasprendosi. Le tensioni

scoppiate a Tuz Khurmatu tra i Peshmerga dell’Unione Patriottica del Kurdistan (PUK)

e miliziani turcomanni – che hanno costretto le forze di sicurezza irachene e i gruppi

paramilitari sciiti a una precipitosa mobilitazione nella zona per soffocare il confronto

– evidenziano tanto la precarietà degli equilibri etnici e confessionali nello sconquas-

sato ordine federale iracheno, quanto le difficoltà del governo centrale presieduto da

Haider al-Abadi. Mentre i jihadisti dell’IS sembrano accusare i primi sbandamenti

nella battaglia combattuta intorno a Ramadi, le istituzioni di Baghdad subiscono

l’ondata di proteste in gran parte della provincie meridionali. I governi pro-

vinciali di Basra, Dhi Qar, Diwaniyah e Muthanna hanno rigettato la bozza del bilancio

federale per l’anno 2016, chiedendo una diversa ripartizione del gettito e minacciando

la vendita indipendente del petrolio.

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TURCHIA-RUSSIA ↴

Il 24 novembre alcuni F-16 turchi hanno abbattuto un bombardiere russo Su-

khoi-24 al confine tra Turchia e Siria. Il motivo dell’abbattimento, così come su-

bito precisato dalle autorità turche, è stata la violazione, da parte del Su-24, dello

spazio aereo turco.

Le versioni di Mosca e di Ankara, a cinque giorni dall’episodio, permangono discor-

danti: la Russia continua a sostenere che il bombardiere abbattuto non abbia mai

violato lo spazio aereo turco ma, così come si evince da un video diffuso dal Ministero

della Difesa russo, stava sorvolando il territorio siriano mantenendosi ad una distanza

di circa 5 chilometri dal confine turco. Opposta la versione della Turchia: in una lettera

indirizzata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il governo turco ha ricostruito

la dinamica dei fatti spiegando che la mattina del 24 novembre due bombardieri Su-

24 hanno violato per oltre un miglio, prima ripetute volte per brevi istanti e poi con-

tinuativamente per 17 secondi, lo spazio aereo turco. In seguito ai ripetuti avverti-

menti, ben 10 in 5 minuti secondo il governo turco, uno dei due jet è rientrato in

territorio siriano mentre l’altro, non procedendo in analoga maniera, è stato colpito

dagli F-16 inviati direttamente su ordine del Primo Ministro Ahmet Davutoğlu. A so-

stegno di questa ricostruzione, Ankara ha diffuso la registrazione audio in cui si sen-

tono gli avvertimenti inviati per radio al Su-24. Le accuse turche si aggiungono, del

resto, ad almeno altre due analoghe denunce di violazione del suo spazio aereo da

parte di jet russi avanzate negli ultimi due mesi.

La ricostruzione turca è stata sostenuta anche dalla NATO, il cui Consiglio è

stato convocato dalla Turchia nel pomeriggio stesso del 24, in base all’art. 4 del Trat-

tato dell’Alleanza Atlantica. Al termine della riunione, il Segretario Generale della

NATO, Jens Soltenberg, ha invitato alla calma e alla de-escalation, sottolineando in

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particolare la necessità di rafforzare la cooperazione tra le parti per evitare simili

incidenti in futuro. Anche il Presidente Barack Obama ha pienamente appoggiato l’al-

leato turco sottolineando che Ankara ha il diritto di difendere il proprio spazio aereo

e il proprio territorio.

RICOSTRUZIONE DELLA DINAMICA CIRCA L’ABBATTIMENTO DEL SUKHOI-24

A 24 ore dall’accaduto e dopo alcune incertezze iniziali, è stata confermata la morte

del pilota russo Oleg Peshkov, ucciso dalle forze anti-Assad mentre planava con il

paracadute dopo il lancio dal Su-24 colpito, mentre il capitano navigatore, Konstantin

Murakhtin, è stato portato in salvo da un’operazione concordata tra Mosca e le milizie

sciite del generale iraniano Qassem Soleimani ed eseguita da 6 uomini di Hezbollah

e forze speciali siriane appoggiate dalle forze aeree e dai satelliti russi. Proprio du-

rante la missione di recupero, uno degli elicotteri in appoggio aereo è stato colpito e,

secondo quanto riferito dall’Osservatorio per i diritti umani in Siria, costretto ad un

atterraggio di emergenza in territorio siriano in una delle zone controllate dalle forze

governative siriane. Uno dei membri dell’equipaggio sarebbe rimasto ucciso.

La risposta da parte di Mosca ai fatti del 24 novembre non si è fatta attendere: è

stata annunciata la decisione di sospendere per un tempo indefinito la parte-

cipazione russa alle esercitazioni navali sul Mar Nero “Blackseafor” a cui par-

tecipa anche la marina militare turca; il Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha

comunicato che dal 1° gennaio sarà sospeso il regime “visa free” con la Tur-

chia; saranno dislocati sistemi di difesa missilistica S-400 presso la base aerea

russa di Hamimin in Siria, base che si trova ad appena 30 km dalla frontiera turca;

infine, dal punto di vista economico, la Russia ha rafforzato il controllo sulle

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importazioni di generi alimentari turchi, minacciando contestualmente di bloc-

care il flusso di turisti russi e i voli da e verso la Turchia, ma anche di congelare o

addirittura far saltare il progetto per il gasdotto Turkish Stream e quello per la cen-

trale nucleare di Akkuyu.

Dal canto suo Ankara, secondo quanto dichiarato dal quotidiano Hürriyet, avrebbe

sospeso temporaneamente i suoi voli militari in Siria, decisione che sarebbe stata

presa in accordo con Mosca proprio nell’intento di evitare nuovi incidenti. Lo stop

dovrebbe durare fino a quando Ankara e Mosca non riapriranno i canali di dialogo e

non disporranno una linea specifica per la trasmissione di comunicazioni militari.

Nonostante le continue accuse che Erdoğan e Putin continuano a rivolgersi, non

sembra potersi prospettare un rischio di escalation soprattutto grazie al la-

voro delle rispettive diplomazie (sembra che il Ministro degli Esteri turco, Mevlüt

Çavuşoğlu e quello russo Lavrov, abbiano già concordato di incontrarsi a breve, forse

proprio a fine mese a Belgrado al margine della prevista riunione OSCE). Tuttavia,

l’innegabile deterioramento dei rapporti tra Mosca e Ankara rende indubbiamente più

difficile la realizzazione di un’alleanza che, tenendo dentro sia la Russia che la Turchia,

possa contrastare efficacemente l’avanzata dello Stato Islamico.

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BREVI

ARGENTINA, 22 NOVEMBRE ↴

Il candidato liberale Mauricio Macri, ex sindaco di

Buenos Aires, ha vinto il ballottaggio delle elezioni

presidenziali del Paese – il primo nella storia argentina

–, sconfiggendo con il 51,4% dei voti il candidato

peronista Daniel Scioli. Dopo dodici anni di governo del

clan Kirchner, prima Nestor e poi la moglie Christina

Fernández, il centro destra ritorna al governo in

Argentina. Il margine di voti, in realtà, è abbastanza risicato, solo 700.00 voti di

differenza, ma l’affermazione di Macri e della sua coalizione Cambiemos rimane molto

significativa. Entro il prossimo 10 dicembre, quando Macri dovrà insediarsi alla Casa

Rosada come nuovo Presidente della Repubblica, dovrà essere anche definita la

squadra di governo e capire su quale maggioranza il nuovo esecutivo poggierà in

Parlamento. Infatti, Cambiemos è in minoranza sia nel Congresso sia in Senato, con

91 Deputati e 15 Senatori e per far passare qualsiasi progetto di legge necessita di

129 e 37 voti alle due Camere.

DISTRIBUZIONE DEL VOTO PER DISTRETTO ELETTORALE - FONTE: LA NACION

Al neo eletto dunque toccherà vagliare all’interno dell’arco istituzionale argentino

quali forze potranno essere nella nuova coalizione di governo. Tra queste potrebbero

entrare nella maggioranza i radicali della Unión Cívica Radical (UCR) di Ricardo

Alfonsín e la lista civica di Elisa Carriò, ma determinante saranno soprattutto i voti

dei peronisti dissidenti di Sergio Massa, che con il loro 20% nel primo turno sono stati

determinanti per gli esiti finali del ballottaggio. Intanto, tra i primi atti di Macri c’è

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stata la scelta di Marcos Peña quale nuovo Capo di Gabinetto e incaricato di seguire

l’iter di formazione della squadra di governo. I problemi principali che Macri dovrà

affrontare riguardano l’inflazione – l’Istituto Nazionale di Statistica valuta intorno al

30%-40%, ma istituti privati e internazionali ritengono molto più alta –, il deficit di

bilancio e la riduzione delle valute estere. Soprattutto Macri dovrà ridare credibilità

al Paese che dopo il default del 2002 e le discutibili politiche economiche dell’epoca

kirchnerista ha incontrato la diffidenza dei mercati internazionali. Dal punto di vista

delle relazioni internazionali, l’elezione di Macri potrebbe rappresentare un

cambiamento di schieramento, con un miglioramento dei rapporti con gli Stati Uniti

e un allontanamento dall’asse delle sinistre latino-americane, come il Brasile di Dilma

Rousseff o il Venezuela di Nicolás Maduro. In relazione a quest’ultimo caso, Macri ha

già anticipato che in occasione del prossimo vertice del Mercosur, il 21 dicembre

prossimo ad Asunción, chiederà la sospensione della membership al Venezuela per

abusi nei confronti dei dissidenti.

ASIA ORIENTALE, 18-22 NOVEMBRE ↴

Prima a Manila, nelle Filippine, e poi a Kuala Lumpur,

in Malesia, si sono tenuti due Vertici rispettivamente

dell’APEC e dell’ASEAN, tra le maggiori e importanti

organizzazioni regionali. L’APEC, volta a facilitare la

cooperazione economica dell’Asia-Pacifico, ha

insolitamente centrato le discussioni su tematiche di

sicurezza, in particolare sulla questione del terrorismo internazionale alla luce degli

attacchi in Francia e in Mali, dove, tra l’altro, si sono registrate anche vittime cinesi.

Il comunicato diramato a margine del Vertice ha dunque sottolineato «la necessità

urgente di una maggiore cooperazione e solidarietà internazionale nella lotta al

terrorismo […] Non permetteremo al terrorismo di minacciare i valori fondamentali

che sostengono le nostre libere e aperte economie. La crescita economica, la

prosperità e l'offerta di opportunità sono tra gli strumenti più efficaci per affrontare

le cause del terrorismo e della radicalizzazione». Da segnalare, inoltre, che

parallelamente al summit si è tenuta una riunione bilaterale tra il Primo Ministro del

Giappone, Shinzo Abe, e il Presidente delle Filippine, Benito Aquino, conclusosi con

un accordo di massima per rafforzare i rapporti strategici di fronte all’avanzata della

Cina nel Mar Cinese Meridionale e Orientale. Lo stesso Barack Obama ha promesso il

sostegno alle Filippine. In Malesia, poi, i membri dell’ASEAN hanno raggiunto un

accordo per istituire la Comunità Economica degli Stati del Sud-Est Asiatico entro il

31 dicembre, benché servirà altro tempo per renderla operativa. È un’area che

comprenderà dieci Paesi e 2.600 miliardi di PIL. L’intento è di replicare la Comunità

economica europea, antesignana dell’UE, per liberalizzare merci, capitali e lavoratori

all’interno di una zona sempre più orientata verso l’integrazione economica.

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MALI, 20-27 NOVEMBRE ↴

Ad una settimana dagli attentati di Parigi, il Mali è stato

variamente colpito da alcuni attacchi terrroristici. Nel

pieno centro della capitale maliana Bamako, si è

registrato un sanguinoso attentato contro l’hotel

Radisson Blu, ampiamente frequentato da stranieri e

che si trova a pochi metri di distanza dagli

acquartieramenti delle Nazioni Unite. L’attacco sferrato da un piccolo commando ha

provocato la morte di 27 persone. Gli assalitori avrebbero fatto irruzione nell’edificio

fingendosi parte di un convoglio diplomatico. Una volta entrati nell’hotel e fatto fuoco

contro la sicurezza dell’albergo, gli assalitori si sono barricati con oltre 170 ostaggi

nelle stanze al settimo piano della struttura. L’intera operazione di salvataggio,

condotta dalle forze speciali francesi, provenienti dal vicino Burkina Faso, e

dall’esercito maliano, è durata diverse ore e ha portato alla piena liberazione dei

sequestrati. Durante il raid sarebbero stati uccisi tre attentatori, ma gli inquirenti che

stanno provando a ricostruire la dinamica dei fatti nutrono ancora dubbi circa il

numero esatto delle persone coinvolte tra assalitori diretti, basisti e informatori.

Poche ore dopo la fine del raid franco-maliano, il gruppo al-Mourabitoun guidato da

Mokhtar Belmokhtar – gruppo attivo nella fascia sahelo-sahariana e legato alla

galassia di al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM) – ha rivendicato l’attentato. L’atto

non rappresenta un’assoluta novita, in quanto già nei mesi precedenti vi erano stati

attacchi analoghi contro ristoranti, bar o altri alberghi della capitale, tuttavia questo

è quello che ha provocato più vittime e ha avuto un’eco internazionale molto alta,

anche a seguito dei fatti di Parigi. Il Presidente maliano Ibrahim Boubacar Keita ha

immediatamente emanato lo stato di emergenza per dieci giorni e ha disposto il

rafforzamento delle misure di sicurezza in tutto il Paese. Dopo aver arrestato due

sospetti di essere coinvolti nella strage del Radisson Blu, le forze di sicurezza maliane

stanno dando la caccia a tre-cinque persone ritenute fiancheggiatrici degli attentatori.

Nel frattempo un nuovo attacco si è verificato nel nord a Kidal, una delle zone

coinvolte insieme a

Gao e Tessalit nella

lotta in atto dal

2013 tra forze

regolari maliane e

insorti islamisti e

tuareg di Ansar

Eddine e del

MUJAO, anch’essi

variamente vicini

ad al-Mourabitoun

e ad AQIM.

L’attentato, non

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rivendicato ma presumibilmente affine per modalità alle formazioni della galassia

jihadista africana, è stato rivolto contro una base ONU della città, provocando la

morte di due peacekeepers e di un civile.

RUSSIA-IRAN, 23 NOVEMBRE ↴

Il Presidente russo Vladimir Putin si è recato in visita di

stato in Iran, dove ha incontrato il suo omologo locale

Hassan Rouhani e la Guida Suprema del Paese

l’Ayatollah Ali Khamenei. Al centro dei colloqui tra il

Presidente russo e quello iraniano c’erano innanzitutto

il rafforzamento e la diversificazione dei legami

commerciali bilaterali, resi ancora più importanti dopo la firma dell’accordo sul

nucleare iraniano e la possibile cancellazione delle sanzioni internazionali. Al termine

dell’incontro con Rouhani, Putin ha affermato che la Russia è pronta a garantire un

prestito da 5 milioni di dollari per la cooperazione industriale e a metter in campo 35

progetti, da sviluppare in comune, nel settore energetico ed infrastrutturale. Inoltre

ha paventato l’ipotesi che l’Unione Economica Eurasiatica, che vede al suo interno

anche Bielorussia, Kazakistan e Armenia, potrebbe estendere all’Iran l’area di libero

commercio in via di definizione. Non poteva mancare l’aspetto militare, con la Russia

che ha annunciato l’inizio delle forniture dei sistemi anti-missile S-300, bloccate dalle

sanzioni, e il conflitto siriano, con entrambi i Presidenti a sottolineare che il futuro del

Paese dovrà passare dalle consultazioni popolari. Il viaggio di Putin era stato

anticipato dalla firma di un decreto che autorizza l’importazione da Teheran di uranio

arricchito, in cambio di uranio naturale, permettendo all’Iran di liberarsi delle sue

scorte in eccesso. L’incontro è avvenuto a margine del terzo Forum dei Paesi

Esportatori di Gas (GECF), svoltosi sempre a Teheran, che raggruppa i principali

esportatori di gas naturale, ovvero il 45% del mercato mondiale, ed è, per questo,

definito l’OPEC del gas. Il Segretario dell’OPEC, Abdalla al-Badri, ha definito il Vertice

un successo, con buoni obiettivi per il futuro e ha auspicato una maggiore

cooperazione e coordinamento con la sua organizzazione.

Page 16: Weekly Report N°31/2015

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ALTRE DAL MONDO

AF-PAK, 25-26 NOVEMBRE ↴

L’intelligence pachistana ha rivelato che Khalid Mehsud, alias Khan Said Sajna, senior

commander del gruppo Tehreek-i-Taliban Pakistan (TTP), branca pachistana dei Ta-

lebani, è stato ucciso da un drone statunitense nell’area di Damma, provincia afghana

di Khost, in un attacco in cui sono morti altri 12 miliziani. Sajna era stato incluso

dagli americani nella lista dei terroristi più ricercati lo scorso anno, per le sue impli-

cazioni nell’attacco alla base navale di Mehran a Karachi del 2011. Sempre le forze

armate pachistane hanno lanciato un attacco aereo, nell’ambito dell’operazione Zarb-

i-Azb, nella Valle di Tirah e a Shawal, nella regione settentrionale del Khyber al con-

fine con l’Afghanistan, uccidendo 25 membri del TTP. Nel frattempo, i talebani afghani

hanno conquistato il distretto di Yamgan, nella provincia di Badakhstan, dopo violenti

scontri con le forze di sicurezza afghane.

BOSNIA ERZEGOVINA, 19 NOVEMBRE ↴

Sale l’allerta terrorismo a Sarajevo, dove un uomo ha ucciso due giovani militari

all’interno di una sala scommesse e, successivamente, ha aperto il fuoco contro un

autobus ferendo l’autista ed alcuni passeggeri. Braccato dalla polizia, l’attentatore si

è suicidato dopo qualche ora nella sua abitazione. L’Agenzia Statale per la Difesa ha

dichiarato che ci sono elementi validi per poter parlare di atto terroristico. Non è

ancora chiaro, invece, se l’atto possa essere ascritto come un episodio di matrice

islamista, il che confermerebbe la preoccupante escalation del radicalismo islamico,

in forte espansione all’interno del Paese. Oltre ad altri attentati di natura minore,

secondo i dati forniti dall’International Centre for the Study of Radicalisation del

King’s College di Londra, sarebbero 330 i cittadini bosniaci partiti tra il 2012 ed il

2014 per combattere in Siria.

BURUNDI, 21-25 NOVEMBRE ↴

Nella notte tra il 21 e il 22 novembre almeno quattro civili sono rimasti uccisi durante

gli scontri con la polizia nella capitale Bujumbura. Secondo le autorità locali c’è stata

una sparatoria dopo che gli agenti sono entrati in un bar per arrestare un gruppo di

giovani che stava preparando un attentato. Nelle stesse ore, le forze di sicurezza si

sono rese colpevoli di esecuzioni extragiudiziali, arresti arbitrari e abusi in varie città

del Paese, tra cui varie limitazioni della libertà di espressione. Il 25 novembre il Mi-

nistero dell’Interno ha inoltre temporaneamente vietato le attività di alcune ONG lo-

cali. Le Nazioni Unite hanno convocato un Consiglio di Sicurezza e nominato il Presi-

dente ugandese Yoweri Museveni, mediatore nella crisi nazionale. Secondo molti os-

servatori il Burundi rischia di cadere nel vortice di una guerra civile. Secondo l’Alto

Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, negli ultimi sei mesi in Burundi

ci sono stati almeno 240 vittime.

Page 17: Weekly Report N°31/2015

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CIAD, 20 NOVEMBRE ↴

Proprio nelle ore in cui nella capitale maliana Bamako veniva attaccato l’hotel Radis-

son Blu, i Capi di Stato dei Paesi del G5 della regione del Sahel (Burkina Faso, Niger,

Ciad, Mali, Mauritania) si sono riuniti nella capitale ciadiana N’Djamena, annunciando

iniziative militari congiunte per contrastare i gruppi estremisti e firmando un accordo

di cooperazione per la messa in sicurezza dei confini. Tra gli altri provvedimenti an-

nunciati, vi sono l’apertura di una scuola di formazione militare di base in Mauritania,

che entrerà in funzione nel 2016, il rafforzamento dei collegamenti tra i Paesi attra-

verso la creazione di una compagnia aerea regionale e nuove ferrovie e, infine, la

soppressione dei visti tra i Paesi membri. All’inizio del mese di novembre, il Presidente

del Ciad Idriss Déby aveva decretato lo stato di emergenza nella regione del Lago

omonimo a seguito del doppio attentato kamikaze, rivendicato dal gruppo islamista

nigeriano Boko Haram. Tale misura era stato poi prolungata a quattro mesi dal Par-

lamento ciadiano il 12 novembre scorso.

CINA, 22 NOVEMBRE ↴

Si sono tenute ad Hong Kong le elezioni amministrative. Consultazioni minori ma

comunque significative in quanto sono le prime a seguito delle proteste filo-demo-

cratiche del 2014. Si votava per assegnare 431 seggi nei 18 consigli distrettuali: a

confrontarsi erano circa 900 candidati. La vittoria è andata alle fazioni filo-cinesi, che

hanno ottenuto la maggioranza relativa dei seggi (191). I partiti pro-democrazia si

sono infatti fermati a 83.

EGITTO, 22-24 NOVEMBRE ↴

Anche nel secondo turno delle elezioni parlamentari, il partito “Per amore dell’Egitto”

– composto da uomini del vecchio regime e da élite militari e finanziarie nazionali –

si è confermato in testa nei primi dati parziali diffusi dalla Commissione elettorale

egiziana. Secondo le prime proiezioni, il partito avrebbe ottenuto la maggioranza as-

soluta nei 120 seggi a disposizione delle formazioni politiche – gli altri 476 scranni

disponibili sono suddivisi tra candidati indipendenti (448) e quelli nominati diretta-

mente dal Presidente (28). Intanto nel Sinai settentrionale e per la precisione ad al-

Arish, si è registrato l’ennesimo attentato dei jihadisti del Wilayat Sinai. Un doppio

attacco è stato condotto contro un hotel della città sinaitica dove alloggiavano alcuni

giudici impegnati nella supervisione elettorale del distretto. Secondo il Ministero della

Salute pubblica, l’attentato ha provocato 7 morti e 17 feriti. Invece a Saqqara, 30

chilometri a sud del Cairo, nei pressi di un sito archeologico, un commando armato e

non ben identificato ha ucciso 4 poliziotti. Altri episodi simili erano già avvenuti du-

rante l’anno e sempre in corrispondenza di siti di rilevanza culturale.

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ISRAELE-EMIRATI ARABI UNITI, 27 NOVEMBRE ↴

Il Direttore Generale del Ministero degli Affari Esteri israeliano, l’Ambasciatore Dore

Gold, ha annunciato l’apertura di una nuova missione diplomatica dello Stato Ebraico

negli Emirati Arabi Uniti (EAU). Gold ha tenuto subito a specificare che la rappresen-

tanza israeliana ad Abu Dhabi non rappresenta una missione ufficiale del governo e

dello Stato, bensì una delegazione accreditata presso l’Agenzia Internazionale per le

Energie Rinnovabili (IRENA) e le sue attività saranno limitate alle semplici attività in

materia di green energy. Sia Gold, sia Maryam al-Falasi, portavoce del Ministero degli

Esteri emiratino, hanno spiegato che tale rappresentanza «non modificherà i rapporti

bilaterali». La missione sarà guidata dal diplomatico israeliano Rami Hatan, che do-

vrebbe prendere servizio negli EAU nelle prossime settimane.

LIBIA, 23 NOVEMBRE ↴

Le tribù rivali Tebu e Tuareg hanno siglato un accordo di cessate il fuoco a Doha, in

Qatar, ponendo fine a 14 mesi di conflitto, concentratisi soprattutto nei dintorni della

città di Obari, nel Fezzan, sud della Libia; l’accordo è stato ben accolto anche dal

Congresso Nazionale Generale (GNC) che lo ha definito «un punto di partenza per la

riconciliazione dell’intero Paese». In Tripolitania e in Cirenaica, invece, la situazione

rimane ancora tesa: il 24 novembre, un’autobomba è esplosa nei pressi di un chec-

kpoint dell’esercito nei pressi di Tripoli, causando la morte di 6 persone ed il ferimento

di 14. Nel corso della sua visita in Italia, il nuovo inviato ONU in Libia, il tedesco

Martin Kobler, ha lanciato l’allarme sull’avanzata dello Stato Islamico nel Paese.

PORTOGALLO, 24 NOVEMBRE ↴

A poche settimane dalle elezioni legislative, il Presidente portoghese Aníbal Cavaco

Silva ha ufficialmente incaricato il leader del Partito Socialista ed ex sindaco di Li-

sbona, António Costa, di formare un nuovo esecutivo. Costa e la sua formazione

saranno sostenuti da un’alleanza formata dal Blocco di Sinistra, dal Partito Comunista

e dai Verdi. Alle ultime elezioni la coalizione di centro-destra del Premier uscente

Pedro Passos Coelho aveva ottenuto il numero più alto di voti, senza però guadagnare

la maggioranza assoluta necessaria a formare un governo stabile. Costa ha promesso

un taglio alla politica di austerity, sebbene il Presidente abbia preteso che il nuovo

Premier firmasse una lettera in cui dichiara il rispetto dei target fiscali europei e degli

altri impegni assunti con l’Unione Europea.

TUNISIA, 24 NOVEMBRE ↴

Un bus con a bordo uomini della guardia presidenziale è esploso nel centro di Tunisi,

nei pressi dell’ex sede del partito RCD del deposto Presidente Ben Ali in Avenue Mo-

hamed V, causando 14 morti e decine di feriti. Il giorno seguente l’attentato è stato

rivendicato con un comunicato diffuso su Twitter da una cellula locale dell’IS che ha

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reso note le generalità del kamikaze autore dell’attacco, Abu Abdullah al-Tunisi, af-

fermando che «i tiranni della Tunisia dovranno capire che non avranno pace e non ci

fermeremo fino a che non sarà in vigore la shari’a in Tunisia». Il Presidente Beji Caid

Essebsi ha proclamato lo stato di emergenza per 30 giorni e il coprifuoco nell’area

metropolitana della capitale, dalle 21 alle 5 del mattino, oltre ad annunciare la chiu-

sura della frontiera con la Libia per 15 giorni.

TURCHIA (1), 15-16 NOVEMBRE ↴

I leader del G20 si sono riuniti in Turchia, ad Antalya, per un vertice sui principali

temi dell’agenda globale. Oltre a ribadire la volontà di combattere il terrorismo e la

minaccia jihadista alla luce degli attacchi di Parigi del 13 novembre, nella prima gior-

nata del summit i rappresentanti delle principali economie mondiali hanno affrontato

le questioni della guerra in Siria e dell’emergenza rifugiati e hanno discusso di svi-

luppo e cambiamenti climatici, economia globale, strategie di investimento e occu-

pazione. Nel secondo giorno si è discusso di regolamentazione finanziaria, agenda

sulla fiscalità internazionale, azioni anticorruzione, riforme dell’FMI, questioni com-

merciali ed energetiche. L’undicesimo vertice del G20 si terrà nel 2016 a Hangzhou,

in Cina.

TURCHIA (2), 24 NOVEMBRE ↴

Dopo le elezioni dello scorso 1° novembre, in cui il Partito di Giustizia e Sviluppo ha

recuperato la maggioranza parlamentare persa nelle consultazioni di giugno, il Presi-

dente Recep Tayyip Erdoğan ha approvato la nuova squadra di governo scelta dal

Primo Ministro Ahmet Davutoğlu. I vice Premier sono Numan Kurtulmuş, Mehmet

Şimşek, Yalçın Akdoğan, Tuğrul Türkeş e Lütfi Elvan, agli Esteri torna Mevlüt

Çavuşoğlu e agli Interni va Efkan Ala. Per gli Affari Europei è stato nominato Volkan

Bozkır e per la Difesa Ismet Yılmaz, mentre all’Economia è stato scelto Mustafa Elitaş

invece di Ali Babacan, personaggio vicino a Davutoğlu. La forte influenza presiden-

ziale sui nuovi assetti dell’esecutivo è testimoniata anche dalla nomina di Berat Al-

bayrak, genero di Erdoğan, al Ministero dell’Energia.

UCRAINA, 24 NOVEMBRE ↴

Il colosso energetico Gazprom ha deciso di bloccare i rifornimenti di gas verso

l’Ucraina a causa del mancato pagamento anticipato degli ultimi volumi di metano

richiesti, in ottemperanza agli accordi firmati tra Kiev e Mosca lo scorso 12 ottobre.

Il governo ucraino ha ribadito l’autonomia della decisione, guidata dalla scelta di

emanciparsi sempre di più dal gas russo e di trovare soluzioni di acquisto più conve-

nienti. L’evento si colloca comunque in un quadro di crisi più ampio, alimentato da

una ripresa degli scontri nelle regioni separatiste e dall’improvvisa interruzione della

fornitura di corrente elettrica verso la Crimea – ufficialmente dovuta ad un’esplosione

lungo le linee dell’alta tensione – che ha lasciato quasi due milioni di persone al buio

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per diversi giorni. Sebbene non sia chiaro se ciò possa essere ricondotto ad un atto

di sabotaggio, Putin ha accusato le autorità ucraine di inefficienza, paventando un

tacito consenso tra queste e le organizzazioni sovversive tatare. A rendere ancora

più tesa la situazione, è arrivata la decisione del Premier Yatseniuk di chiudere lo

spazio aereo ucraino a tutte le compagnie di nazionalità russa.

VATICANO-AFRICA, 25-30 NOVEMBRE ↴

Lunedì 25 è iniziato il viaggio in Africa di Papa Francesco. Il Pontefice ha prima visitato

il Kenya, per poi spostarsi in Uganda, e da ultimo recarsi nella Repubblica Centrafri-

cana per inaugurare il Giubileo nella cattedrale Notre-Dame di Bangui fra domenica

29 e lunedì 30 novembre. Proprio quest’ultima tappa è ritenuta a forte rischio a causa

della minaccia di attacchi terroristici contro il Pontefice. Infatti come hanno segnalato

nei giorni scorsi gli apparati di intelligence francesi, esiste un concreto rischio di at-

tacchi guidati da milizie jihadiste non ben identificate contro la massima autorità pa-

storale cattolica. A parte la Gendarmeria Vaticana e le forze di sicurezza centrafri-

cane, per garantire l’incolumità del Papa verranno impiegati i caschi blu della MINU-

SCA e alcuni droni sorvoleranno la capitale. Inoltre, il Presidente ad interim Catherine

Samba-Panza ha messo a disposizione la propria guardia presidenziale.

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ANALISI E COMMENTI

DOPO GLI ATTACCHI DI PARIGI, QUALE RIPOSTA DEGLI STATI UNITI?

GIANLUCA PASTORI ↴

Gli attentati di Parigi interpellano in modo importante gli Stati Uniti da una parte per

il loro peso internazionale dall’altra per il ruolo – talora contraddittorio – da essi svolto

in una serie di teatri specifici, primo fra tutti quello del Medio Oriente e del Nord

Africa. In questo teatro, le scelte dall’amministrazione Obama hanno attratto nume-

rose critiche, sia per le presunte incertezze, sia per la supposta ambiguità. Sin dagli

inizi del mandato, il Presidente e il suo entourage sono stati accusati di mantenere

un atteggiamento troppo soft nei confronti della minaccia terrorista; parallelamente,

le scelte compiute su alcuni punti cruciali dell’agenda – da quello dei rapporti con le

c.d. “Primavere Arabe” a quello delle relazioni con il cruciale “triangolo” Israele-Iran-

monarchie del Golfo, a quello della gestione politico-militare della crisi siriana – si

sono dimostrate profondamente divisive sul piano interno come su quello internazio-

nale. Non a caso, le critiche all’operato del Presidente hanno avuto, in casa e fuori,

un carattere sostanzialmente bipartisan e hanno unito, sul primo fronte, esponenti

repubblicani e democratici (…) SEGUE >>>

LA LIBIA FRA DIPLOMAZIA E INTERESSI LOCALI

LORENZO MARINONE ↴

Nonostante gli sforzi diplomatici profusi dalle Nazioni Unite nel corso degli ultimi mesi,

la Libia continua a versare in uno stato caotico. Non accenna a diminuire la contrap-

posizione tra il Congresso Generale Nazionale di Tripoli (CGN) e la Camera dei Rap-

presentanti di Tobruk (CR), la cui azione politica appare sempre più succube delle

diverse milizie armate che compongono gli schieramenti. Il lavoro di mediazione

dell’inviato speciale dell’ONU Bernardino León ha raggiunto un primo, parziale suc-

cesso l’11 luglio scorso con la firma a Skhirat, in Marocco, di una bozza di accordo

tra le parti. Tuttavia, le negoziazioni riguardo la costituzione di un Governo di Unità

Nazionale (GUN) e la ristrutturazione delle principali istituzioni libiche sembrano ora

giunte a un punto di stallo. Infatti, la versione definitiva dell’accordo non solo non è

stata finalizzata entro le scadenze concordate, ma ha ulteriormente esasperato le

contraddizioni interne ad entrambi gli schieramenti in lotta. Uno dei nodi più contro-

versi dell’accordo riguarda il bilanciamento dei poteri (…) SEGUE >>>

PARIGI, BEIRUT E I PREVEDIBILI COLPI DI CODA DELLO STATO ISLAMICO

ANDREA FALCONI ↴

Il mese di novembre 2015 ha visto un notevole incremento degli episodi di violenza

radicale in varie parti del mondo, in gran parte riconducibili al movimento siro-ira-

cheno dello Stato Islamico (IS). Dal punto di vista nazionale ed europeo, l’ondata di

attacchi ha avuto il proprio punto culminante negli attacchi di Parigi del 13 novembre

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scorso, la cui eccezionalità consisterebbe nel fatto di aver visto coinvolti obiettivi

esclusivamente civili e nell’assenza di una minaccia preventivamente sostanziata,

come nel caso di Charlie Hebdo. Ciò ha generato un immediato clamore mediatico e

fomentato un clima di paura generalizzata, anche e soprattutto a fronte della fiducia

riposta dalla popolazione francese nei propri apparati di sicurezza dopo gli eventi del

gennaio 2015. Eppure, analizzando a fondo l’andamento delle vicende mediorientali

e l’evoluzione del movimento di Abu Bakr al-Baghdadi, gli attentati di Parigi s’inseri-

scono in un trend ben definito, che aveva assegnato ad un simile evento un carattere

di alta prevedibilità. Per comprendere a fondo le ragioni di quello che, a tutti gli effetti,

appare come un colpo di coda della formazione del sedicente Califfo Ibrahim (nom

de guerre di al-Baghdadi), bisogna considerare al contempo le dinamiche proprie

della strategia internazionale dell’IS e l’andamento dello sviluppo del teatro siriano e

iracheno (…) SEGUE >>>

LE RELAZIONI TRA GUERRA E TERRORISMO NELL’ETÀ CONTEMPORANEA

ANDREA BECCARO ↴

I recenti attacchi a Parigi, definiti dai più come terrorismo, e la risposta nelle dichia-

razioni del Presidente francese Hollande, il quale parla apertamente di guerra, ci de-

vono condurre a riflettere su questi due termini: terrorismo e guerra. Il problema

riguarda la definizione di questi due fenomeni, perché, malgrado si possano riempire

biblioteche intere con volumi e articoli accademici che trattano di cosa sia l’uno e

l’altra, in realtà una definizione condivisa non esiste. Cerchiamo dunque di capire con

un procedimento induttivo la relazione esistente fra i due fenomeni per comprendere

meglio sia la loro natura sia i legami che li uniscono. Partiamo dal concetto di guerra

stabilendo fin da subito alcuni principi basilari entro cui si deve muovere la nostra

riflessione. Convenzionalmente dalla pace di Westfalia in poi (quindi dal 1648, ovvero

un periodo di tempo molto limitato se si pensa all’intera storia dell’uomo e della

guerra) e nel solo mondo europeo (ovvero una piccola seppur importante porzione di

spazio geopolitico sul globo terrestre), la guerra è stata definita come lo scontro ar-

mato tra due Stati sovrani che si riconoscevano reciprocamente (…) SEGUE >>>

A cura di

OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE

Ente di ricerca di

“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”

Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale

C.F. 98099880787

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