Weekly Report N°4/2016

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www.bloglobal.net N°4, 24 GENNAIO 6 FEBBRAIO 2016 ISSN: 2284-1024

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Rassegna settimanale a cura dell'Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) // 24 gennaio - 6 febbario 2016

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N°4, 24 GENNAIO – 6 FEBBRAIO 2016

ISSN: 2284-1024

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Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo

Milano, 7 febbraio 2016 ISSN: 2284-1024 A cura di: Georgiy Bogdanov Oleksiy Bondarenko Davide Borsani Lettine Ilenia Buioni Giuseppe Dentice Danilo Giordano Antonella Roberta La Fortezza Giorgia Mantelli Ester Mauro Violetta Orban Maria Serra

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Weekly Report N°4/2016 (24 gennaio – 6 febbraio 2016), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2016, www.bloglobal.net

Photo Credits: Reuters/Khaled Abdullah; Reuters/Max Rossi; Primary Pixels Photo Gallery; Presidenza del Consiglio dei Ministri; Associated Press; AP Photo/Santi Palacios, File; Agence-France Press.

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FOCUS

SIRIA-IRAQ ↴

Ancora una volta gli sforzi diplomatici delle Nazioni Unite per porre fine al con-

flitto siriano si sono rivelati fallimentari a causa dell’incapacità delle parti di tro-

vare un accordo su un ipotetico processo di transizione post-Assad da iniziare nel

Paese a guerra finita, o quantomeno congelata. Una situazione tale da costringere

l’inviato speciale dell’ONU e della Lega Araba, l’italiano Staffan de Mistura, a sospen-

dere temporaneamente per consultazioni i colloqui di pace e ad indire un nuovo round

di incontri per il prossimo 25 febbraio, sempre a Ginevra.

I colloqui di pace di Ginevra sono parte di un processo di riconciliazione guidato dalle

Nazioni Unite e basato sulla Risoluzione 2254 adottata dal Consiglio di Sicurezza il

18 dicembre scorso, che prevede un cessate il fuoco in Siria e un periodo di 18 mesi

di negoziati utili a definire tappe e modalità della transizione politica, culminanti con

la stesura di una nuova Costituzione e l’avvio di libere elezioni.

Sin dalla vigilia dei colloqui del cosiddetto Ginevra III, i delegati dell’Alto Comitato dei

Negoziati (HNC) – soggetto politico istituito lo scorso 10 dicembre a Riyadh e rappre-

sentativo delle opposizioni sunnite ad Assad – avevano confermato che la delegazione

siriana non avrebbe preso parte al tavolo delle consultazioni e non avrebbe accettato

alcun accordo di cessate il fuoco senza la presenza di due pre-requisiti fondamentali:

la certezza di un’esclusione del Presidente Bashar al-Assad da qualsiasi processo di

transizione politica e lo stop dei raid aerei russi su Aleppo e il nord del Paese in mano

agli insorti anti-regime. Proprio quest’ultimo fattore ha decretato, poche ore dopo

l’avvio dei primi incontri interlocutori tra le parti, la rottura delle trattative di pace,

costringendo quindi de Mistura a dover rinviare i prossimi colloqui al 25 febbraio.

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Infatti, proprio mentre si stavano svolgendo i colloqui di Ginevra, il regime dava avvio

ad un’importante offensiva militare nei pressi di Aleppo condotta da parte

delle truppe governative, supportate dall’alto da quelle russe e via terra da Hez-

bollah e da milizie sciite legate a Teheran. Con la conquista dell’area intorno ad Aleppo

e delle città di Nubul e Zahraa, le truppe di Assad hanno riconquistato sì alcuni im-

portanti avamposti all’opposizione armata siriana, ma hanno soprattutto interrotto

l’ultima importante linea di rifornimento dalla Turchia per le zone controllate dai ri-

belli, anche quelli islamisti.

LA CAMPAGNA DI ALEPPO (SETTEMBRE 2015 – FEBBRAIO 2016) – FONTE: INSTITUTE FOR THE STUDY OF WAR

Le forze pro-Assad hanno inoltre strappato agli insorti Ataman, città strategicamente

rilevante a circa 3 Km a nord di Dara’a, nel sud del Paese e vicino al Golan, il cui

controllo è ancora largamente nelle mani dei ribelli islamisti.

Mentre le truppe regolari sono impegnate nell’offensiva militare a nord, lo Stato Isla-

mico (IS) torna a compiere nuove stragi terroristiche nello scenario siro-iracheno. Il

31 gennaio, l’IS ha condotto un attentato contro il santuario sciita di Sayyida

Zeinab, nei pressi di Damasco, uccidendo più di 70 persone e provocando oltre un

centinaio di feriti. Pochi giorni dopo, il 2 febbraio, sul fronte iracheno, il gruppo gui-

dato dal Califfo Abu Bak al-Baghdadi ha attaccato un checkpoint militare uccidendo

18 soldati iracheni a nord di Ramadi, città da cui i militanti islamisti erano stati estro-

messi lo scorso 28 dicembre. Nonostante l’esercito iracheno abbia dichiarato la città

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di Ramadi libera, i miliziani dell’IS hanno condotto numerosi attacchi nei confronti dei

soldati di Baghdad, dimostrando una elevata capacità di resistenza.

Sul piano internazionale, infine, le questioni relative alla lotta allo Stato Islamico sono

state al centro delle discussioni del terzo Vertice ministeriale del cosiddetto

Small Group, ovvero la riunione dei Paesi della coalizione internazionale a guida

statunitense impegnati nella più ampia coalizione anti-IS, che si è tenuto a Roma lo

scorso 2 febbraio. Il Vertice ha visto la partecipazione dei Ministri degli Esteri di 23

Paesi occidentali e della regione, insieme con l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri

e la Politica di Sicurezza dell’Unione Europea, Federica Mogherini. Durante l’incontro,

il Segretario di Stato USA John Kerry ha chiesto con insistenza alla Russia di cessare

i bombardamenti sulla Siria che ucciderebbero, indiscriminatamente, donne e bam-

bini. Il Ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha invece difeso la posizione russa, spie-

gando che Mosca non cesserà i suoi attacchi aerei «fino a quando non sconfiggerà

organizzazioni terroristiche come Jabhat al-Nusra». Sempre dalla Russia, il portavoce

del Ministero della Difesa, Igor Konashenkov, avrebbe affermato alla stampa che la

Turchia starebbe preparando un intervento di terra nel nord della Siria: per

avvalorare questa tesi Mosca ha mostrato alcune fotografie satellitari che rivelereb-

bero la presenza di un checkpoint nell’area di Reyhanli-Sarmada, al confine turco-

siriano, dove Ankara fornirebbe armi e rinforzi ai ribelli siriani, in funzione anti-curda.

Su una linea interventista si sarebbe mostrata disponibile anche l’Arabia

Saudita che, per mezzo del Generale Ahmed al-Asiri, avrebbe garantito la propria

disponibilità ad inviare truppe di terra per combattere l’IS in Siria se la coalizione

guidata dagli USA darà il suo consenso. L’offerta saudita non è stata dettagliata ma,

probabilmente, verrà discussa durante il Vertice dei Ministri della Difesa della coali-

zione che si terrà a Bruxelles la settimana prossima. Ciò che invece sembra certo è il

rafforzamento della presenza militare dell’Italia in Iraq: a margine dell’incon-

tro di Roma, e sulla spinta dell’invito rivolto dal Segretario alla Difesa USA Ashton

Carter e del Ministro della Difesa francese Laurent Fabius, Roma è in procinto di in-

viare altri 130 soldati ed elicotteri ad Erbil. Con il nuovo schieramento, che dovrebbe

svolgere operazioni di personnel recovery, cioè il recupero di eventuali feriti e dispersi

nelle missioni di combattimento, la presenza italiana in Iraq raggiungerebbe quota

1000 soldati, risultando così il secondo contingente militare dopo quello degli USA nel

Paese. Nei prossimi mesi dovrebbero inoltre aggiungersi ulteriori 450 soldati che

avranno il compito di sorvegliare i lavori di ripristino e di messa in sicurezza della

diga di Mosul, sul fiume Tigri, il cui appalto è stato vinto dal Gruppo Trevi.

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UNIONE EUROPEA-IMMIGRAZIONE ↴

Il Comitato dei Rappresentanti Permanenti dei governi dei 28 Paesi membri

dell’Unione Europea (COREPER) ha approvato l’accordo sul finanziamento di 3

miliardi di euro in favore della Turchia da utilizzare per il miglioramento delle

condizioni di vita dei profughi siriani in territorio turco e per contenere il flusso mi-

gratorio.

Rispetto all’accordo negoziato lo scorso autunno e approvato il 29 novembre – intesa

che in cambio della maggior cooperazione turca in materia di immigrazione aveva

fatto registrare una convergenza circa la ripresa dei negoziati di adesione di Ankara

all’UE oltre che la possibilità dell’inserimento della Turchia nel sistema Schengen –, il

fondo sarà alimentato per 1 miliardo dal budget europeo e per 2 miliardi dai

singoli Stati membri in ragione del rispettivo reddito nazionale lordo, scomputati

dal calcolo ai fini delle regole del patto di stabilità. Con 224,9 milioni (anziché 281,6

come inizialmente preventivato) l’Italia sarà il quarto maggior contribuente dopo Ger-

mania (427 milioni), Regno Unito (327,6) e (Francia 309,2). La formalizzazione

dell’accordo è stata infatti resa possibile dallo scioglimento delle riserve in merito

proprio dall’Italia che, impegnata in un delicato braccio di ferro con la Commissione

europea – e con la Germania – circa la concessione di una maggior flessibilità di

bilancio, ha in proposito coerentemente avanzato la richiesta di detrarre dal calcolo

del deficit anche le spese sostenute nell’ambito delle operazioni di salvataggio nel

Mediterraneo marginalmente alla crisi libica.

La dimensione mediterranea della crisi migratoria, e specificatamente sul fianco sud-

orientale, è ad ogni modo messa in rilievo dalla pubblicazione di un Rapporto della

Commissione europea (27 gennaio) sulle mancanze della Grecia circa un ade-

guato controllo sulle frontiere esterne. Tali carenze riguarderebbero in particolar

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modo il processo di identificazione e di registrazione dei migranti, oltre che il controllo

dell’autenticità dei documenti e l’inserimento delle impronte digitali nelle banche dati

europee. Sebbene le autorità greche abbiano dichiarato che tale Rapporto è basato

su un controllo effettuato lo scorso novembre e che dunque da allora il governo ha

messo in atto tutte le misure necessarie per colmare le proprie lacune, la Commis-

sione ha chiesto ad Atene di apportare le misure correttive richieste entro tre mesi.

Nonostante il portavoce per la politica di Immigrazione e asilo della Commissione UE,

Natasha Bertaut, abbia escluso che un Paese europeo possa essere estromesso da

Schengen, il Vertice di Amsterdam dei Ministri degli Interni (25 gennaio) ha eviden-

ziato l’ennesima rottura con il governo ellenico sul tema e sembra profilare l’atti-

vazione dell’articolo 26 del Codice Schengen, ossia la reintroduzione dei controlli

di frontiera interni fino ad un massimo di 2 anni, con il rischio che la chiusura dei

confini settentrionali con la Macedonia (alla quale l’UE, soprattutto sotto l’impulso

dell’Ungheria, si è impegnata a garantire sostegno) possano determinare in Grecia

una situazione umanitaria di fatto insostenibile.

Il futuro del Trattato di Schengen – una cui sospensione è stimato che possa avere

un costo di 3-4 miliardi di euro, senza considerare le ricadute sul transito delle merci

– e il suo funzionamento saranno oggetto di discussione del Consiglio europeo del

prossimo 18 febbraio insieme con le questioni relative al ricollocamento automatico

e alla gestione delle richieste di asilo per i Paesi di primo arrivo. Sull’argomento i

Paesi dell’Europa settentrionale sembrano correre tuttavia in maniera autonoma.

Dopo aver reintrodotto (alla pari di Germania, Svezia, Norvegia, Austria e Francia) i

controlli temporanei alle frontiere, la Danimarca ha per esempio approvato a larga

maggioranza (26 gennaio) il progetto di legge che prevede la confisca di denaro e

gli oggetti di valore dei migranti al fine di garantirne la permanenza e il mante-

nimento nel Paese. Il fatto che la Commissione europea ne abbia ammesso la com-

patibilità con la normativa internazionale (purché tali confische si configurino “neces-

sarie e proporzionate”), lascia pensare che le divisioni tra i Paesi europei propensi

alla reintroduzione delle frontiere e quelli più favorevoli alla libera circolazione sia

destinata ad approfondirsi con rischi sempre più concreti sulla tenuta dell’unione po-

litica prima ancora che sui meccanismi di solidarietà fra Stati membri e sul sistema

di accoglienza europeo.

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BREVI

AFGHANISTAN, 1-2 FEBBRAIO ↴

Un raid dell’aviazione statunitense nella provincia di

Nangarhar ha distrutto l’edificio in cui si trovava “La

Voce del Califfato”, stazione radio creata dai miliziani

dello Stato Islamico (IS) in Afghanistan, con l’evidente

scopo di silenziare un importante strumento di

propaganda del gruppo jihadista in questione. Secondo

fonti locali nello strike aereo, nel quale sono stati uccisi almeno 29 terroristi, sarebbe

stato distrutto anche un tribunale islamico gestito dall’IS. Questi ultimi attacchi

testimoniano la preoccupazione degli statunitensi e delle forze della coalizione per la

crescente affermazione dell’IS in un territorio già fortemente colpito dalla minaccia

talebana. I due meeting quadrilaterali finora svoltisi alla presenza di rappresentanti

di Afghanistan, Pakistan, Stati Uniti e Cina, non hanno dato i risultati sperati per

intraprendere una effettiva roadmap per la pace nel Paese centrasiatico, stante

soprattutto la difficoltà di individuare una leadership talebana condivisa. L’annuncio

della morte del Mullah Omar, storica guida dei talebani, ha scatenato una guerra

fratricida per la leadership del movimento, che a poche ore dalla notizia era stata

affidata al Mullah Mansour. Nonostante queste difficoltà interne, da alcuni mesi il

movimento talebano ha intrapreso una serie di dure offensive contro il governo e

contro la coalizione occidentale, soprattutto nella provincia di Helmand, che hanno

permesso di riconquistare nuovi disretti. Nell’attentato più cruento del nuovo anno, il

1° febraio un attentatore suicida si è fatto esplodere all’esterno di un edificio della

polizia a Kabul, uccidendo 20 pesone e ferendone almeno 29. La paternità

dell’attentato è stata rivendicata dai talebani che, in un comunicato, hanno rivelato

di aver ucciso almeno 40 poliziotti, aumentando a proposito, come fanno solitamente,

l’entità dei danni provocati.

IRAN, 25-27 GENNAIO ↴

Dopo oltre dieci anni dall’ultima visita di un Presidente

iraniano in Europa, è cominciato il 25 gennaio a Roma

il tour di Hassan Rouhani, nel corso del quale una

posizione di preminenza è stata assunta dalla

sottoscrizione dei primi Memorandum of Understanding

(MoU), dapprima con l’Italia e, a seguire, con la

Francia. Durante il bilaterale, il Premier Matteo Renzi ha ammesso che i ventiquattro

accordi conclusi – per un valore totale di 17 miliardi di euro – rappresentano solo la

premessa dei futuri progetti di investimento tra l’Italia e la Repubblica Islamica. Se

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la cooperazione istituzionale si focalizza prioritariamente su politiche agricole, sanità,

trasporti e infrastrutture, molteplici sono state le intese siglate a livello

imprenditoriale. Grazie ad un accordo con la Azim Gostaresh Hormoz Shipbuilding

Industry Co (AGH), Fincantieri sarà impiegata nella realizzazione di un nuovo

complesso cantieristico iraniano nel Golfo Persico, all'interno della zona economica

speciale; il gruppo Danieli S.p.A. sarà attivo nel mercato dell’alluminio nell’ambito

della joint-venture Persian Metallic; Isotta Fraschini Motori, controllata di Fincantieri,

ha siglato un accordo con la Arka Tejarat Qeshm (ATQ) per la fornitura locomotori di

manovra e di propulsori marini. Saipem ha stipulato due protocolli di intesa con

National Iranian Gas Company e con la Persian Oil & Gas Company, per la

realizzazione di un gasdotto e l’ammodernamento delle raffinerie di Pars Shiraz e

Tabriz. Natura variegata rivestono, invece, gli accordi di principio sottoscritti con il

governo di Parigi, per circa 15 miliardi di euro. Airbus si è aggiudicato la commessa

per il rinnovo dell’obsoleta flotta iraniana e per l’addestramento dei piloti; Bouygues

Construction e Aéroports de Paris svolgeranno un ruolo chiave nell’ampliamento

dell’aeroporto di Teheran; la compagnia francese Total SA ha concluso un contratto

per l’acquisto di oltre 150.000 barili al giorno di greggio; la Compagnia Generale

Marittima ha siglato uno storico MoU nel trasporto marittimo tra l’Iran e il resto del

mondo. Lo stop alle sanzioni e l’accesso degli investitori europei nel mercato iraniano

inaugurano una nuova era per la storia di Teheran, alla quale l’Europa richiede

affidabilità economica, nonché un effettivo impegno diplomatico per la stabilizzazione

della regione mediorientale.

LIBIA, 2-3 FEBBRAIO ↴

Secondo fonti di stampa locale non ancora accertate,

nonostante la bocciatura del 25 gennaio scorso da

parte della Camera dei Rappresentanti di Tobruk (HoR)

– il Parlamento ufficialmente riconosciuto come

legittimo dalla comunità internazionale – il Consiglio

Presidenziale Libico (CPL) guidato dal Primo Ministro in

pectore Fayez al-Sarraj dovrebbe annunciare a breve

la nuova squadra di governo. L’HoR aveva in particolare criticato due capitoli dell’iter

decisionale del CPL: la mancata nomina di Khalifa Haftar quale Ministro della Difesa

e il passaggio di tutti i poteri di sicurezza, difesa e di capo delle forze armate nelle

mani del Primo Ministro. Riunito a Shkirat, in Marocco, al-Serraj ha definito come

“necessario e urgente” l’insediamento del governo di unità nazionale libico, spiegando

inoltre che il nuovo soggetto sarà composto da 12 Ministri – e non più da 32 come la

precedente proposta –, espressione delle tre regioni storiche del Paese (cinque dalla

Tripolitania, quattro dalla Cirenaica e tre dal Fezzan). In attesa dello sblocco del

l’impasse politica, gli attori internazionali sono tornati a fare pressioni sulle autorità

locali al fine di velocizzare il processo politico che, come ha anche sottolineato Martin

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Kobler, inviato speciale della Nazioni Unite, procede a rilento rispetto agli eventi

militari. A fronte, dunque, dell’incertezza politica, cresce il timore di un rafforzamento

del fronte jihadista legato allo Stato Islamico (IS) nel Paese. Infatti, secondo

indiscrezioni di intelligence occidentale, i miliziani legati all’IS sarebbero oggi

all’incirca 5.000 e il continuo affluisso di foreign fighters nel Paese avrebbe convinto

il Presidente Barack Obama a cercare una soluzione militare al fine di scongiurare

l’ipotesi di una Libia come hub del terrorismo islamista globale. Una situazione,

questa, che è stata ampiamente dibattuta nel Vertice della coalizione anti-IS tenutosi

a Roma il 2 febbraio, al quale ha preso parte anche il Segretario di Stato USA John

Kerry. Sebbene rimanga ancora soltanto nel ventaglio delle ipotesi, la soluzione

militare – coordinata a livello internazionale e guidata dagli USA – potrebbe

trasformarsi presto in una possibilità concreta se le parti riunite a Tobruk e Tripoli

non sbloccassero la paralisi politica entro il prossimo 8 febbraio, termine ultimo per

l’insediamento del nuovo governo di unità nazionale. Al fine di evitare lo scenario

militare, Kobler avrebbe minacciato l’uso di sanzioni internazionali nei confronti dei

leader politici e militari che impediscono la nascita del nuovo governo. Si tratterebbe

di una misura già paventata in passato da UE e ONU e basata sul blocco dei conti

economici in Europa, del sequestro degli appartamenti e dei beni di proprietà dei

principali leader politici locali che si opporrebbero all’accordo di transizione in Libia.

DISTRIBUZIONE DELLE FORZE IN CAMPO IN LIBIA- FONTE: INTERNAZIONALE

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STATI UNITI, 1° FEBBRAIO ↴

Si è tenuto in Iowa il primo round delle primarie delle

presidenziali americane sia per il Partito Democratico

sia per quello Repubblicano. L’Iowa, importante

appuntamento soprattutto dal punto di vista

psicologico, non assegna un ampio numero di delegati

ai vincitori della contesa (insieme al New Hampshire,

Stato dove le primarie si terranno il 9 febbraio, i

delegati assegnati corrispondo al 2% del totale). Dal lato dei democratici, ha ottenuto

una risicata vittoria l’ex Segretario di Stato, Hillary Clinton, con un margine dello

0,3% sul senatore indipendente del Vermont, Bernie Sanders, sostenuto soprattutto

dall’ala liberal degli attivisti e dagli under trenta. Era atteso uno scarto maggiore in

favore della Clinton in base ai sondaggi della vigilia, che però si è ben difesa e ha

portato a casa il risultato. Dal lato dei repubblicani, invece, si conferma maggiore

l’incertezza rispetto ai rivali democratici. Benché fosse in testa ai rilevamenti

demoscopici nei giorni e nelle settimane precedenti al voto, il tycoon Donald Trump

si è dovuto accontentare della seconda piazza dietro il senatore Ted Cruz, il quale ha

trovato terreno fertile in uno Stato che, per chi si identifica nella destra, vede di buon

occhio un candidato ultra-conservatore. La sorpresa vera è stata però Marco Rubio,

più al centro rispetto a Cruz, che si è classificato al terzo posto. Secondo gli analisti,

tale exploit potrebbe far convergere endorsement e finanziamenti da candidati come

Jeb Bush, tra i fanalini di coda, verso l’ispanico senatore della Florida. Il round in

Iowa ha mietuto alcune “vittime” tra gli aspiranti Presidenti di entrambi i partiti. Tra

i democratici, infatti, ha ritirato la candidatura Martin O’Malley, lasciando così a

confrontarsi solo la Clinton, che continua ad essere favorita, e Sanders. Tra i

repubblicani si sono ritirati l’ex governatore Mick Huckabee, l’ex senatore Rick

Santorum – che si è schierato in favore di Rubio – e il senatore Rand Paul, il cui

sostegno potrebbe essere rilevante per i candidati rimasti in gioco.

YEMEN, 28 GENNAIO – 6 FEBBRAIO ↴

Lo Yemen continua a essere teatro di combattimenti

sempre più intensi fra le forze governative e i ribelli

sciiti Houthi, registrando nelle ultime settimane un

elevato numero di vittime causato dai raid aerei della

coalizione a guida saudita, dagli attentati terroristici e

dalla profonda crisi umanitaria in atto. Dall’inizio del

coinvolgimento dell’Arabia Saudita contro gli Houthi

nel marzo 2015 si stima che i morti siano stati almeno 5.800 e le Nazioni Unite

calcolano che almeno l’80% della popolazione abbia urgente bisogno d’acqua, cibo e

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medicinali. Il 29 gennaio migliaia di yemeniti sono scesi in piazza nella capitale Sana’a

e nelle province di Ibb e Amran per condannare l’aggressione saudita al loro Paese,

denunciando il silenzio della comunità internazionale in merito alle violazioni

commesse da Riyadh e dai suoi alleati nel conflitto in corso. Un rapporto del gruppo

di monitoraggio dell’ONU sulla guerra yemenita divulgato il 28 gennaio accusa

l’Arabia Saudita di violazioni al diritto umanitario, di azioni sistematiche contro la

popolazione civile e di utilizzo della fame come tattica di guerra, richiedendo una

commissione d’inchiesta internazionale sul tema. Sullo sfondo del vuoto istituzionale

creatosi nel Paese si inserisce l’azione delle formazioni terroristiche attive nell’area;

lo Stato Islamico (IS) ha rivendicato l’attacco kamikaze nei pressi della residenza

presidenziale ad Aden, teatro di attentati contro esponenti del governo e delle forze

di sicurezza rivendicati da al-Qaeda e dall’IS da quando è stata indicata dal governo

Hadi come capitale provvisoria. Agli inizi di febbraio, dopo alcuni giorni di

combattimenti con i separatisti yemeniti del sud, al-Qaeda nella Penisola Arabica

(AQAP) ha annunciato la conquista della città di ‘Azzam, una cittadina di 50.000

abitanti situata tra Aden e la ricca provincia di gas e petrolio dell’Hadramawt. Lo

scorso anno AQAP aveva occupato Mukalla, capitale dell’Hadramawt, ed è giunta

ormai a minacciare concretamente Aden. La drammatica condizione vissuta dalla

popolazione civile è testimoniata dalle accuse rivolte dalla ONG Human Rights Watch

agli Houthi, che imputa loro di aver confiscato gli aiuti umanitari diretti alla città di

Ta’izz e sostiene che «la loro confisca di cibo e materiale sanitario [nella città] è

crudele».

NUMERO DI PERSONE COLPITE DALLA CRISI UMANITARIA NEI SINGOLI GOVERNATORATI – FONTE: OCHA

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ALTRE DAL MONDO

AZERBAIJAN, 28 GENNAIO – 3 FEBBRAIO ↴

Una delegazione del Fondo Monetario internazionale (FMI) si è recata in visita in

Azerbaijan per una missione conoscitiva in vista di un’eventuale cooperazione eco-

nomica. Dalla seconda metà del 2015, il tracollo finanziario conseguente al deprez-

zamento del petrolio (che da solo costituisce il 70% del PIL) ha investito l’ex Repub-

blica sovietica, alimentando le proteste popolari contro il declino del tenore di vita. Il

Ministro delle Finanze azero Samir Sharifov ha smentito il ricorso urgente ad un pre-

stito internazionale, sebbene il Financial Times avverta che le trattative potrebbero

avere ad oggetto un credito complessivo pari a 4 miliardi di dollari, prevalentemente

a carico del FMI. Tuttavia, il portavoce del FMI, Mohammed el-Qorchi, non ha confer-

mato l’entità del possibile finanziamento. Senza dubbio, il supporto del FMI stimole-

rebbe le potenzialità del Paese, quale esportatore e terra di transito di idrocarburi, a

condizione che il Presidente Ilham Aliyev offra maggiori garanzie di trasparenza eco-

nomica e bancaria.

CAMERUN, 25-29 GENNAIO ↴

Dall’inizio dell’anno il Camerun ha subito numerose aggressioni – a distanza di pochi

giorni l’una dall'altra – da parte di gruppi armati presumibilmente legati a Boko Ha-

ram, che hanno sconfinato dalla vicina Nigeria: il 25 gennaio a Bodo, un attentato

suicida ha causato la morte di 32 persone e una ventina di feriti; tre giorni dopo due

donne kamikaze si sono fatte esplodere nelle vicinanze di una scuola a Kerawa, nel

nord del Camerun; infine, il 29 gennaio, nella città di Bargaram sono rimaste uccise

almeno 6 persone. A fronte di questa situazione, il Governatore della Regione

dell’estremo nord, Midjiyawa Bakaris, ha deciso la chiusura dei mercati nei diparti-

menti di Logone e Chari, Mayo Tsanaga e Mayo-Sava, tra i più colpiti dal gruppo

terroristico. Infatti le aggressioni dei Boko Haram sono finora quasi sempre avvenute

in luoghi affollati e spesso i militanti si sono spacciati per mercanti in modo da non

destare sospetti, prima di farsi esplodere o di fare uso delle armi.

CINA, 2 FEBBRAIO ↴

La rete di Stato cinese CCTV ha annunciato l’ultima di una serie di riforme dell’esercito

e della struttura di sicurezza e difesa nazionale proposte dal Presidente Xi Jinping. La

riforma si inserisce infatti all’interno di un elaborato processo di un più efficiente

ricorso alle risorse militari a propria disposizione e di ridefinizione dello strumento

militare nazionale, che tenga conto inoltre dei nuovi obiettivi geopolitici della Cina.

In particolar modo, la riclassificazione di sette regioni militari in cinque “zone di bat-

taglia” rigidamente sottoposte al controllo del Partito Comunista, avrebbe lo scopo

primario di alleggerire tali regioni dai fardelli amministrativi e permetterne una mag-

giore concentrazione sugli aspetti più tecnici.

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COREA DEL NORD, 2-6 FEBBRAIO ↴

L’agenzia sudcoreana Yonhap ha annunciato che la Corea del Nord ha lanciato un

missile per portare in orbita un satellite di osservazione terrestre, che avrebbe, se-

condo Pyongyang, scopi meramente civili. Il missile è stato lanciato nella direzione

aerea di Okinawa, verso il sud del Giappone. USA, Giappone e Corea Sud hanno

chiesto immediatamente la convocazione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza delle

Nazioni Unite, che si è riunito alle 11 (le 17 in Italia) del 7 febbraio. Pyongyang nei

giorni scorsi aveva annunciato il lancio del missile da effettuarsi tra l’8 e il 25 febbraio.

La notizia del nuovo test nordcoreano arriva a meno di un mese dal quarto esperi-

mento nucleare condotto da Pyongyang e desta nuovi sospetti sulle intenzioni del

leader nordcoreano Kim Jong-un. Giappone, USA, Corea del Sud e Cina, ultimo alleato

della Corea del Nord, sospettano infatti che il lancio annunciato possa servire a te-

stare tecnologie per missili balistici a lungo raggio. In risposta all’ennesima provoca-

zione nordcoreana, Tokyo ha rafforzato il proprio apparato di difesa schierando nel

Mar di Giappone un cacciatorpediniere equipaggiato con sistema di combattimento

AEGIS, dotato di missili in grado di intercettare e neutralizzare bersagli multipli, e

rendendo operative le batterie di PATRIOT, le quali sono il sistema di difesa più effi-

cace nell’intercettazione di missili balistici. Tokyo ha inoltre ordinato alle proprie forze

di difesa l’abbattimento di qualsiasi eventuale missile nordcoreano che sorvoli il ter-

ritorio nipponico.

CUBA-FRANCIA, 2-3 FEBBRAIO ↴

Il Presidente cubano Raùl Castro si è recato in visita ufficiale in Francia dove ha in-

contrato l’omologo François Hollande e il Primo Ministro Manuel Valls. L’incontro è

stata l’occasione per discutere soprattutto del reinserimento di Cuba nel contesto

internazionale a seguito del riavvicinamento tra L’Avana e Washington. Dal punto di

vista bilaterale, Castro spera di rafforzare i legami con Parigi dal punto di vista eco-

nomico, politico e commerciale. Negli incontri si è discusso molto di turismo, una

priorità per lo stato economico di Cuba.

EGITTO, 31 GENNAIO ↴

Un ennesimo attentato terroristico ha colpito l’Egitto e in particolare la Penisola del

Sinai. Un ordigno rudimentale è stato fatto esplodere al passaggio di un carro armato

dell’esercito egiziano, mentre percorreva la strada che collega al-Arish a Sheikh Zu-

weid. L’esplosione, che ha causato la morte di due militari e il ferimento di altri due,

è stato rivendicato dal Wilayat Sinai, cellula egiziana dello Stato Islamico e respon-

sabile della gran parte degli attentati avvenuti nel Paese dalla deposizione del Presi-

dente Mohammed Mursi nel luglio 2013.

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NIGERIA, 30 GENNAIO ↴

Almeno 86 persone sono morte e 100 sono rimaste ferite in un attacco rivendicato

dal gruppo islamista Boko Haram nel villaggio di Dalori, a 12 chilometri da Maiduguri,

nella Nigeria nord-orientale. Il massacro è avvenuto nella tarda serata di sabato 30

gennaio ed è durato circa 4 ore. I jihadisti si sono introdotti nel villaggio a bordo di

auto e motociclette, indossando uniformi militari regolari. Testimoni hanno riferito

che i terroristi hanno colpito i civili con armi ed esplosivi e hanno appiccato il fuoco

alle case, bruciando vivi gli abitanti, tra i quali anche diversi bambini. Il portavoce

dell'esercito nigeriano, il colonnello Mustapha Ankas, ha inoltre riferito che mentre le

persone scappavano, tre attentatrici suicide si sono fatte largo tra la folla e si sono

quindi fatte esplodere. La scelta dell’area di Maiduguri da parte di Boko Haram non è

stata casuale. La città conta oggi 2,6 milioni di abitanti, di cui circa 1,6 milioni di

sfollati interni, che hanno abbandonato le proprie case a causa dell’avanzata dall’or-

ganizzazione terroristica.

RUSSIA, 2 FEBBRAIO ↴

Il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha nominato il Tenente Generale

Igor Korobov come nuovo Capo del Direttorato Principale per l’Informazione (GRU),

servizio di intelligence militare russo. La nomina di Korobov è avvenuta in seguito

alla morte improvvisa del suo predecessore Igor Sergun, scomparso il 3 gennaio

2016, ufficialmente per insufficienza cardiaca. Rimasto sempre al di fuori delle vi-

cende pubbliche, Korobov è considerato all’interno delle strutture dei servizi segreti

nazionali come “una persona seria” ed affidabile. Già responsabile dell’intelligence

strategica, la sua nomina potrebbe rappresentare l’inizio della riforma del GRU con lo

scopo di riportare il servizio a occuparsi principalmente dell’intelligence strategica,

ruolo svolto attivamente negli anni Settanta e Ottanta.

SPAGNA, 3 FEBBRAIO ↴

Dopo la rinuncia ufficiale da parte del Premier uscente Mariano Rajoy, il Re Felipe VI

ha affidato al leader del PSOE, Pedro Sanchez, l’incarico di trovare un’intesa con le

altre forze parlamentari per la formazione di un governo. Il Premier designato avrà

ora un mese di tempo per trovare un difficile accordo con Podemos, Izquierda Unida

e i gruppi autonomisti e non indipendentisti baschi e catalani per la formazione di un

esecutivo progressista.

TURCHIA-RUSSIA, 29 GENNAIO – 4 FEBBRAIO ↴

La Turchia ha accusato la Russia di aver violato nuovamente lo spazio aereo turco il

29 gennaio durante il volo di un Su-34; Recep Tayyp Erdoğan ha parlato a tal propo-

sito di un “gesto irresponsabile” che, se ripetuto, non potrà mancare di avere delle

“conseguenze”. Dopo aver ottenuto ancora una volta il sostegno verbale degli alleati

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atlantici, il Presidente turco ha poi chiesto, attraverso i canali diplomatici ufficiali, un

incontro con Vladimir Putin. A sua volta, la Russia, per il tramite del suo Ministro della

Difesa, Sergej Shoigu, ha respinto l’accusa di sconfinamento tacciandola di essere

parte di un piano propagandistico turco contro Mosca. Il 3 febbraio la Turchia ha,

inoltre, rifiutato il sorvolo di gruppi di osservatori russi AN-30B nell’ambito delle ope-

razioni del Trattato Cieli Aperti (siglato in ambito OSCE), per presunte divergenze

concernenti l’itinerario del volo lungo il confine turco-siriano. La violazione del trattato

è stata prontamente sottolineata da Mosca che ha parlato di un pericoloso prece-

dente. La stessa ha inoltre accusato Ankara non solo, come ormai di consueto, di

rifornire di armi e rinforzi i terroristi in Siria, ma di essere intenzionata a condurre

un’azione militare più incisiva che contempli persino un’invasione del territorio si-

riano, dato che emergerebbe, secondo Mosca, dal «crescente numero registrato di

mosse nascoste delle forze armate turche». Il governo turco ha reagito alle accuse

negando i presunti rifornimenti ai terroristi e parlando a sua volta di un’azione di

propaganda da parte di Mosca.

UCRAINA, 2 FEBBRAIO ↴

Il Ministro dell’Economia e del Commercio ucraino, Aivaras Abromavičius, ha rasse-

gnato le dimissioni giustificando la sua decisione con l’impossibilità di portare avanti

il suo incarico a causa della corruzione presente nel sistema politico-economico del

Paese. In particolare, l’ex Ministro ha accusato personaggi politici vicini a Petro Po-

rošenko, alludendo a Ihor Kononenko, di avere compiuto azioni concrete volte a pa-

ralizzare le riforme messe in atto dal suo Ministero. Il Presidente ucraino ha promesso

che l’Ufficio nazionale anti-corruzione verificherà queste accuse. La notizia delle di-

missione di Abromavičius è stata accolta con preoccupazione dagli osservatori occi-

dentali. In particolare, Christine Lagarde, Direttore Operativo del Fondo Monetario

Internazionale, ha sottolineato che la situazione attorno ad Abromavičius rappresenta

un chiaro segnale del fallimento di Kiev nella sua campagna contro la corruzione.

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ANALISI E COMMENTI

LA CINA IN AFRICA: OPPORTUNITÀ E LIMITI DELLA “WIN-WIN STRATEGY”

GIORGIA MANTELLI ↴

A partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, l’Africa ha rivestito un ruolo fonda-

mentale per la Repubblica Popolare Cinese. Una relazione sviluppatasi rapidamente

in virtù della diffusione e dell’attecchimento nel Continente di principi solidaristici e

anti-coloniali fatti propri dalla rivoluzione maoista. Oltre che sul piano politico, negli

anni Pechino e i Paesi sub-sahariani hanno lavorato molto per sviluppare relazioni

economico-commerciali entro cui dare sfogo alla cooperazione comune, producendo

però evidenti squilibri sociali soprattutto in Africa. Nonostante i limiti rappresentati

dalla “win-win stategy”, lo sviluppo del Continente nero non sembra tuttavia poter

prescindere, almeno nel breve periodo, dalla presenza e, soprattutto, dagli investi-

menti economici della Cina. Tra il 1963 e il 1964, il Primo Ministro cinese Zhou Enlai

pose per la prima volta le basi per le future relazioni sino-africane governate da prin-

cipi di parità, reciprocità d’interessi e non interferenza nelle rispettive politiche interne

(…) SEGUE >>>

COME LA SCOPERTA DI ZOHR CAMBIA IL PANORAMA ENERGETICO DI ISRAELE

IRENE MASALA ↴

Israele aggiunge un altro tassello alla diatriba sul gas. Un gruppo di compagnie, ca-

peggiato dalle società Isramco Negev e Modiin Energy, ha scoperto l’ennesima riserva

di gas naturale nella zona costiera israeliana del Mediterraneo. L’annuncio è stato

dato il 17 gennaio e le dimensioni del nuovo giacimento dovrebbero essere parago-

nate a quelle del già noto Tamar. Secondo quanto riportato dalle due compagnie, la

nuova falda avrebbe una portata stimata di 8,9 TCF (trillion cubic feet) di gas ed è

situata a est e a ovest della zona Daniel. Il giacimento Tamar, scoperto nel 2009 e

seguito nel 2010 dal Leviathan – i due più importanti giacimenti dell’offshore israe-

liano –, vanta riserve per 10 TCF per un totale di 275 miliardi di metri cubi. È stato

considerato fondamentale nel soddisfacimento del fabbisogno energetico di Israele,

oltre che nella capacità di export, tanto che la questione energetica viene spesso

associata a quella della sicurezza nazionale (…) SEGUE >>>

SFIDE ECONOMICHE ED EQUILIBRI POLITICI DEL PORTOGALLO DI ANTONIO COSTA

GIUSEPPE CONSIGLIO ↴

La travagliata nascita del nuovo governo portoghese a trazione socialista, varato a

fine novembre e guidato dall’ex sindaco di Lisbona António Costa, offre una plastica

rappresentazione di come l’intervento delle Istituzioni europee nelle fasi della cam-

pagna elettorale e della costituzione dei governi nei Paesi dell’area Euro stia diven-

tando una prassi consolidata. Agitando lo spauracchio dei mercati, l’ex Presidente

della Repubblica Aníbal Cavaco Silva, esponente del Partito Socialdemocratico (PSD)

e in carica fino allo scorso 24 gennaio, all’indomani delle elezioni legislative del 4

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ottobre conferiva l’incarico di costituire il nuovo governo al Premier uscente Pedro

Passos Coelho, fautore nonché attivo esecutore delle riforme garantite da Lisbona a

fronte del salvataggio da 78 miliardi di euro negoziato nel 2011 con la Banca Centrale

Europea (BCE), Commissione europea e Fondo Monetario Internazionale (FMI). Seb-

bene Coelho avesse perso la maggioranza assoluta dei seggi (…) SEGUE >>>

GEOPOLITICA DELLA COREA DEL NORD

PAOLO BALMAS ↴

Dal punto di vista geopolitico la Corea del Nord è un’“isola” circondata da quattro

giganti dell’economia mondiale: Cina, Russia, Giappone e Corea del Sud. Occupa

quindi una posizione strategica al centro di un flusso economico già enorme, ma che

potrebbe crescere oltremisura se questo piccolo Paese, la cui postura sembra lanciare

una sfida al mondo, decidesse di optare per un’apertura diplomatica e per un pro-

cesso di assorbimento da parte del mercato globale. Si parla di “isola” perché la Corea

del Nord è giunta a un punto critico di isolamento politico ed economico che lo rende

di fatto slegato dal resto del mondo. Esistono luoghi e strumenti per comunicare con

l’esterno, ma la filosofia stessa del sistema di governo professa una forma di autar-

chia che difficilmente può adeguarsi alle attuali dinamiche internazionali. Quindi, l’iso-

lamento è certamente dovuto alle pressioni sostenute dalle sanzioni economiche im-

poste dalle Nazioni Unite e da altri organi internazionali e nazionali, ma è potenziato

anche da un rigido atteggiamento interno (…) SEGUE >>>

A cura di

OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE

Ente di ricerca di

“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”

Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale

C.F. 98099880787

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