vox militiae anno IX 2010 n.2

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Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - 70% - LʼAquila - ROC 9312 CAVENDO TUTUS ANNO IX - N° 2 Giugno 2010 VOX MILITIÆ ONORE AI CADUTI IN AFGHANISTAN SERGENTE MASSIMILIANO RAMADUʼ CAPORAL MAGGIORE LUIGI PASCAZIO Alle prime luci dellʼalba di domenica 13 febbraio, alle 4:30 ore italiane, ha avuto inizio lʼoperazione “Moshatark”, lʼoffensiva delle forze della Coalizione contro i Talebani asserragliati nella città di Marja, nella regione dellʼHelmand, caposaldo dei terroristi Afghani, dando il via alla più vasta operazione militare dal 2001. Allʼoperazione, che in lingua Dari significa “Insieme”, hanno preso parte circa 15 mila soldati di varie nazionalità, con una forte presenza Afghana - 5 Brigate “miste” con personale dellʼEsercito Nazionale Afghano, della Polizia di Confine e della Gendarmeria Afghana, per un totale di circa 5 mila uomini (un rapporto di uno a due - un Afghano due Americani). Fortemente voluta dallʼAmministrazione Obama, che aveva inviato allo scopo altri 30.000 uomini, e ampiamente pubblicizzata per sottolineare il vento del cambiamento della strategia, da stagnante/difensiva ad attiva/ risolutiva, lʼoffensiva si è arenata davanti agli attacchi sporadici ma efficaci dei Talebani asserragliati nella città e, soprattutto, di fronte alla rete di esplosivi (i tristemente famosi IED) disseminati ovunque. Dopo tre mesi la provincia dellʼHelmand è in relativa sicurezza, con lʼinsediamento del governatore Haji Zahir, e ora gli Stati Uniti si preparano a lanciare una nuova offensiva, contro la città di Kandahar, di circa mezzo milione di abitanti. Nel frattempo, il Presidente Afghano, Hamid Karzai, ha lanciato la sua proposta di riconciliazione nazionale, promettendo soldi e posti di lavoro a quanti si dissociassero dalla lotta. Forse unica “strategia” vincente. Soldi e posti di lavoro infatti vincono e convincono ovunque i cuori della gente. In merito, è apparsa la notizia che in una località segreta della Maldive siano avvenuti i primi colloqui tra i rappresentanti del governo Afghano (?) e alcuni gruppi terroristici. La notizia è stata confermata dal governo delle Maldive, ma non dagli Americani, né dal governo Afghano, anche se proprio questo è stato uno dei temi affrontati nellʼultimo incontro tra Karzai e Obama. Invece, si è conclusa la “Jirga”, consiglio degli anziani delle varie tribù ed etnie, con lʼapprovazione finale del documento presentato dal governo. Ma tale approvazione non porta a nulla di fatto, sia perché mancavano alcuni influenti capi, sia perché non è stato stabilita alcuna “road map” o strategia per giungere alla famigerata riconciliazione nazionale e sia perché mentre si teneva la “Jirga” per la pace le truppe della coalizione continuavano ad ammassarsi per lʼoffensiva alla città di Kandahar, lanciando un segnale completamente opposto che non sfugge né ai Talebani che dovrebbero dissociarsi dalla lotta né alla popolazione che è in maggioranza di etnia Pastun, come i Talebani, con i quali ci sono forti legami di sangue e di tradizioni. I risultati dellʼoffensiva delle forze della Coalizione nellʼHelmand, e molto probabilmente anche la prossima nel Kandahar, hanno prodotto, e produrranno, di fatto, una recrudescenza di attentati che hanno insanguinato non solo lʼAfghanistan, ma anche il Pakistan e lʼIraq. Nella settimana da 17 al 23 maggio ci sono stati attacchi giornalieri che hanno provocato decine di morti. Il più sanguinoso è stato contro un convoglio della NATO, che ha provocato la morte di 18 soldati, mentre in quello del giorno precedente erano stati coinvolti i nostri due alpini della Brigata “Taurinense”. Gli ultimi in ordine di tempo sono stati gli attacchi alle basi aeree di Bagram e Kandahar, dove hanno trovato la morte sette soldati americani, portando alla tragica quota di 1.000 il totale dei soldati Americani morti in Afghanistan dallʼinizio delle operazioni (ottobre 2001). Ma a pagare il tributo di sangue più alto è senza dubbio la popolazione Afghana. Ogni attacco terrestre, ma soprattutto aereo, condotto dalle truppe della Coalizione porta inevitabilmente al coinvolgimento della popolazione e a seminare vittime, al punto da far sorgere il dilemma nella gente di chi siano veramente, tra i Terroristi e le forze della Coalizione, quelli da temere di più. Lʼultimo tributo in ordine di tempo è stato di una decina di morti registrata durante una sparatoria tra le truppe Americane e alcuni Talebani che cercavano di interrare una bomba nella provincia di Paktia. In conclusione, la vittoria sul terrorismo, motivo della campagna Afghana, è lontana. Anche se ci dovesse essere una vittoria militare sul campo e i Talebani essere cacciati dai loro territori, questo non porrà fine al terrorismo, sia in Afghanistan che nel mondo. Vito DI VENTURA OPERAZIONI MILITARI E “JIRGA” PER LA PACE. SEGNALI CONTRADDITTORI IN AFGHANISTAN.

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Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - 70% - L̓ Aquila - ROC 9312

CAVENDO TUTUS

ANNO IX - N° 2 Giugno 2010

VOX MILITIÆONORE AI CADUTIIN AFGHANISTAN

SERGENTE MASSIMILIANO RAMADUʼ CAPORAL MAGGIORE LUIGI PASCAZIO

Alle prime luci dellʼalba di domenica 13 febbraio, alle 4:30 ore italiane, ha avuto inizio lʼoperazione “Moshatark”, lʼoffensiva delle forze della Coalizione contro i Talebani asserragliati nella città di Marja, nella regione dellʼHelmand, caposaldo dei terroristi Afghani, dando il via alla più vasta operazione militare dal 2001. Allʼoperazione, che in lingua Dari significa “Insieme”, hanno preso parte circa 15 mila soldati di varie nazionalità, con una forte presenza Afghana - 5 Brigate “miste” con personale dellʼEsercito Nazionale Afghano, della Polizia di Confine e della Gendarmeria Afghana, per un totale di circa 5 mila uomini (un rapporto di uno a due - un Afghano due Americani). Fortemente voluta dallʼAmministrazione Obama, che aveva inviato allo scopo altri 30.000 uomini, e ampiamente pubblicizzata per sottolineare il vento del cambiamento della strategia, da stagnante/difensiva ad attiva/risolutiva, lʼoffensiva si è arenata davanti agli attacchi sporadici ma efficaci dei Talebani asserragliati nella città e, soprattutto, di fronte alla rete di esplosivi (i tristemente famosi IED) disseminati ovunque. Dopo tre mesi la provincia dellʼHelmand è in relativa sicurezza, con lʼinsediamento del governatore Haji Zahir, e ora gli Stati Uniti si preparano a lanciare una nuova offensiva, contro la città di Kandahar, di circa mezzo milione di abitanti. Nel frattempo, il Presidente Afghano, Hamid Karzai, ha lanciato la sua proposta di riconciliazione nazionale, promettendo soldi e posti di lavoro a quanti si dissociassero dalla lotta. Forse unica “strategia” vincente. Soldi e posti di lavoro infatti vincono e convincono ovunque i cuori della gente. In merito, è apparsa la notizia che in una località segreta della Maldive siano avvenuti i primi colloqui tra i rappresentanti del governo Afghano (?) e alcuni gruppi terroristici. La notizia è stata confermata dal governo delle Maldive, ma non dagli Americani, né dal governo Afghano, anche se proprio questo è stato uno dei temi affrontati nellʼultimo incontro tra Karzai e Obama. Invece, si è conclusa la “Jirga”, consiglio degli anziani delle varie tribù ed etnie, con lʼapprovazione finale del documento presentato dal governo. Ma tale approvazione non porta a nulla di fatto, sia perché mancavano alcuni influenti capi, sia perché non è stato stabilita

alcuna “road map” o strategia per giungere alla famigerata riconciliazione nazionale e sia perché mentre si teneva la “Jirga” per la pace le truppe della coalizione continuavano ad ammassarsi per lʼoffensiva alla città di Kandahar, lanciando un segnale completamente opposto che non sfugge né ai Talebani che dovrebbero dissociarsi dalla lotta né alla popolazione che è in maggioranza di etnia Pastun, come i Talebani, con i quali ci sono forti legami di sangue e di tradizioni. I risultati dellʼoffensiva delle forze della Coalizione nellʼHelmand, e molto probabilmente anche la prossima nel Kandahar, hanno prodotto, e produrranno, di fatto, una recrudescenza di attentati che hanno insanguinato non solo lʼAfghanistan, ma anche il Pakistan e lʼIraq. Nella settimana da 17 al 23 maggio ci sono stati attacchi giornalieri che hanno provocato decine di morti. Il più sanguinoso è stato contro un convoglio della NATO, che ha provocato la morte di 18 soldati, mentre in quello del giorno precedente erano stati coinvolti i nostri due alpini della Brigata “Taurinense”. Gli ultimi in ordine di tempo sono stati gli attacchi alle basi aeree di Bagram e Kandahar, dove hanno trovato la morte sette soldati americani, portando alla tragica quota di 1.000 il totale dei soldati Americani morti in Afghanistan dallʼinizio delle operazioni (ottobre 2001). Ma a pagare il tributo di sangue più alto è senza dubbio la popolazione Afghana. Ogni attacco terrestre, ma soprattutto aereo, condotto dalle truppe della Coalizione porta inevitabilmente al coinvolgimento della popolazione e a seminare vittime, al punto da far sorgere il dilemma nella gente di chi siano veramente, tra i Terroristi e le forze della Coalizione, quelli da temere di più. L̓ ultimo tributo in ordine di tempo è stato di una decina di morti registrata durante una sparatoria tra le truppe Americane e alcuni Talebani che cercavano di interrare una bomba nella provincia di Paktia. In conclusione, la vittoria sul terrorismo, motivo della campagna Afghana, è lontana. Anche se ci dovesse essere una vittoria militare sul campo e i Talebani essere cacciati dai loro territori, questo non porrà fine al terrorismo, sia in Afghanistan che nel mondo. Vito DI VENTURA

OPERAZIONI MILITARI E “JIRGA” PER LA PACE. SEGNALI CONTRADDITTORI IN AFGHANISTAN.

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FORZA MULTINAZIONALE “ISAF”(International Security Assistance Force)

In corso da gennaio 2002, sotto la guida NATO da agosto 2003La missione di ISAF è quella di “condurre operazioni militari in Afghanistan secondo il mandato ricevuto, in cooperazione e coordinazione con le Forze di Sicurezza afgane ed in coordinazione con le Forze della Coalizione, al fine di assistere il Governo afgano nel mantenimento della sicurezza, favorire lo sviluppo delle strutture di governo, estendere il controllo del governo su tutto il Paese ed assistere gli sforzi umanitari e di ricostruzione dello stesso.L̓ ISAF è posta sotto Comando NATO dal 11.08.2003. In precedenza il Comando è stato esercitato da “Lead Nations”. La guida politica di ISAF è esercitata dal NAC (North Atlantic Council), in stretto coordinamento con i Paesi non NATO che contribuiscono allʼoperazione. In precedenza tale attività era affidata ad un organismo di consultazione nel quale erano rappresentate le Nazioni partecipanti alla forza. La missione ISAF costituisce il più importante impegno operativo dellʼAlleanza Atlantica.

IMPEGNO MILITARE ITALIANO IN AMBITO ISAFNELLA CITTA ̓DI KABUL Nellʼambito del Quartier Generale di ISAF, della NTM-A (National Traning Mission – Afghanistan), incaricata dellʼaddestramento delle forze di sicurezza afghane, e di ITALFOR KABUL.

NELLA REGIONE DI HERATNellʼambito:• del Comando della Regione Occidentale (RC-W), nellʼarea da esso dipendente, nel PRT di Herat

e nella FSB di Herat);• della NTM-A a Herat e ad Adraskan (provincia di Herat).L̓ Italia detiene lʼincarico di Comandante del RC-W fin dalla sua istituzione nel 2005, dal quale dipendono, oltre alla FSB ed il PRT di Herat (questʼultimo a guida italiana), gli altri PRT della regione ovest del Paese (Farah a guida USA, Qala-e-Naw a guida spagnola e Chaghcharan a guida lituana).In ambito ISAF è anche presente, sotto Comando nazionale, personale della Guardia di Finanza per lʼaddestramento dellʼAfghan Border Police (ABP).Complessivamente il contributo italiano supera le 3.300 unità ed è destinato ad aumentare nel corso del 2010 con gradualità e con una maggiore incidenza nella seconda metà dellʼanno di circa mille militari.L̓ Afghanistan rimane una delle priorità della politica estera italiana, ed un impegno di lungo periodo.Lo sviluppo di capacità autonome delle forze di sicurezza afgane costituisce un obiettivo primario dellʼimpegno internazionale nel Paese. In tale contesto, circa lo sviluppo della Afghan National Army (ANA), la NATO ha indicato negli Operational and Mentoring Liaison Teams (OMLT) lʼelemento chiave per garantire lo sviluppo di un efficace e credibile esercito afgano. In questo ambito, lʼItalia ha inteso contribuire con 3 ulteriori OMLT, oltre ai quattro già in teatro.Per quanto riguarda lʼaddestrarmento della Afghan National Civil Order Police (ANCOP), è schierata in teatro (base di Adraskan) una training unit di 34 effettivi, fornita dallʼArma dei Carabinieri. L̓ unità, sino a tutto il 2010, procederà allʼaddestramento del personale di tale forza di polizia.Nel campo della ricostruzione, per parte militare italiana, dal 2006 ad oggi sono stati realizzati oltre 140 progetti nel campo dellʼeconomia e delle infrastrutture, delle attività produttive e dellʼeducazione, oltre alla moltitudine di interventi umanitari mediante lʼimpiego di personale specializzato anche in aree remote.

Nel quadro della riforma della Polizia afgana, lʼUnione Europea ha iniziato, di recente, lʼattività di pianificazione connessa alla iniziativa PESD (Politica Europea di Sicurezza e Difesa) denominata “European Police Afghanistan”. Detta iniziativa, finalizzata allo svolgimento delle attività di training, advising e mentoring a favore del personale afgano destinato alle unità dellʼAfghan National Police (ANP), e dellʼAfghan Border Police (ABP), prevede lo schieramento in Teatro di uomini dellʼArma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza (GdF).

Tra lʼaltro lʼItalia partecipa, con personale dei Carabinieri e della GdF, allʼaddestramento dellʼAfghan National Civil Order Police (ANCOP).La missione EUPOL ha sede a Kabul (organismo di direzione) ed è previsto che operi a livello sia regionale (presso i 5 Comandi regionali della Polizia nazionale afgana) sia provinciale (presso i PRT). Ha il compito contribuire alla ricostruzione della Polizia locale al fine di favorire lo sviluppo della sicurezza afgana in conformità agli stand internazionali.

EUPOL AFGHANISTAN(European Police Afghanistan)

Controllo del territorio

Inaugurazione pozzi dʼacqua

Addestramento personale afgano

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La Brigata alpini “Taurinense”, comandata dal Gen. Claudio Berto è dispiegata in Afghanistan dal 20 aprile 2010 con il compito di controllare e dirigere le operazioni del comando NATO responsabile per la regione occidentale dellʼAfghanistan (Regional Command West di Herat). Per la prima volta unʼunità alpina partecipa ad unʼoperazione allʼestero con tutti i suoi reggimenti: il 2° di Cuneo - agli ordini del colonnello Massimo Biagini - il 3° di Pinerolo comandato dal colonnello Giulio Lucia e il 9° dellʼAquila guidato dal colonnello Franco Federici. A questi si aggiungerà il 1° reggimento artiglieria da montagna di Fossano, comandato dal colonnello Emmanuele Aresu, sulla base del quale si costituirà il Provincial Reconstruction

Team (PRT) di Herat. Completano il dispositivo i genieri del 32° reggimento di stanza a Torino, guidati dal tenente colonnello Luca Bajata.Dal generale Berto dipendono circa 5000 militari provenienti da 11 nazioni (con contributi maggiori di Spagna e USA); di questi oltre 3000 saranno italiani, appartenenti a diverse armi e specialità di Esercito, Aeronautica, Marina, Carabinieri e Guardia di Finanza.Per far fronte alla complessità dello scenario Afghano, tutti gli Alpini della Taurinense - indipendentemente dal grado rivestito e dallʼincarico ricoperto - hanno svolto quattro mesi di training mirato alla messa a punto delle diverse capacità. Nella prima fase oltre alle normali attività militari è stata sviluppato lʼaddestramento in montagna, indispensabile per acquisire resistenza fisica e mentale in ambienti difficili e con la collaborazione con la Croce Rossa Italiana sono state sviluppate lezioni di Basic Life Support. Nella fase seguente piloti ed equipaggi hanno potuto impiegare il veicolo tattico leggero multiruolo “Lince” in dotazione allʼEsercito, utilizzando uno speciale percorso appositamente preparato in provincia di Torino. Successivamente, tutto il personale della brigata - indipendentemente dal grado e dallʼincarico ricoperto -ha seguito un Awareness Training mirato alla prevenzione della minaccia rappresentata dagli ordigni esplosivi rudimentali (IED - Improvised Explosive Devices), a cura degli specialisti del 32° reggimento genio guastatori. L̓ addestramento è stato completato da una serie di lezioni e conferenze mirate alla conoscenza sulla realtà della società afgana. L̓ ultimo step è stato effettuato presso il Centro di Simulazione e Validazione dellʼEsercito di Civitavecchia. Qui è stato riprodotto virtualmente uno scenario simile a quello afgano e nellʼoccasione sono state testate le procedure di comando e controllo. La brigata alpina Taurinense non è nuova alle missioni in Afghanistan, avendo già operato nel 2002 nellʼambito dellʼoperazione Enduring Freedom, per poi partecipare alle

operazioni dellʼInternational Security and Assistance Force (ISAF) della NATO dal 2003 ad oggi. L̓ unità possiede una lunga esperienza internazionale nella gestione di scenari di crisi: nel 1992-93 ha partecipato alla missione delle Nazioni Unite in Mozambico, dal 1997 in poi è stata attiva nei Balcani, assumendo un ruolo di rilievo nelle operazioni NATO di peacekeeping in Bosnia, Albania, Kosovo e Macedonia.

LA BRIGATA ALPINA TAURINENSE IN AFGHANISTANTen. Giuseppe GENOVESI – addetto stampa 9° Reggimento Alpini

Bandiere di guerra dei Reggimenti della “Taurinense”

Provincial Reconstruction Team Il Gen. Claudio Berto assume la responsabili-tà del Regional Command West di Herat”

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Gli Alpini abruzzesi ritrovano le loro montagnenel lontano Afghanistan

Ten. Giuseppe GENOVESI - addetto stampa 9° Reggimento Alpini

LA BANDIERA DI GUERRA DEL 9° ALPINI

Farah - Afghanistan. Il Col. Franco Federici assume il comando della Task Force Sud nellʼambito del Regional Command West

IL CORNO GRANDE MONTE CAMICIA MONTE PRENA

Ci vuole un pizzico di fantasia e buona dose dʼimmaginazione per rivedere le belle montagne dʼAbruzzo tra le brulle valli e le maestose cime dellʼAfghanistan, ma soprattutto è il frutto di un grande spirito alpino e di una forte passione per la montagna.Gli alpini del 9° reggimento, quando non impegnati in missioni allʼestero come quella di questi mesi in Afghanistan, svolgono durante lʼanno le cosiddette attività escursionistiche di specialità: ascensioni, arrampicate su parete naturale, movimenti tattici in zone dʼalta montagna nel meraviglioso e incontaminato scenario del Gran Sasso e dei Monti della Laga. “Siamo orgogliosi di questa missione. Sappiamo che stiamo facendo il bene della popolazione afghana. Ma ci mancano le belle montagne dʼAbruzzo!” Chi parla è il maresciallo Armando Bisegna, di Capistrello, comandante del plotone alpieri del 9° reggimento alpini, unʼunità con compiti esploranti con alto livello di preparazione nelle discipline di montagna, attualmente impegnato come responsabile della scorta personale del comandante della Task Force South a Farah. “Forse per sentire un pò lʼaria di casa, a testimonianza della nostra passione per la montagna, abbiamo rivisto, nelle cime che ci circondano, le vette a noi tanto care e familiari”.

Eʼcosì, come per gioco, prosegue Bisegna, “che il Kuh-e Baghak (1217 m.), il Kuh-e Naser (1605 m.) e il Kuh-e Khan (1215 m.) sono diventati rispettivamente il Corno Grande, il monte Camicia, il monte Prena.“Cʼè più di un elemento che accomuna le nostre arrampicate sulle pareti di roccia al lavoro che si svolge ogni giorno qui in Afghanistan: la fatica, il sudore e quella strana sensazione di disagio e apprensione. Le stesse sensazioni che si avvertono in parete e si provano quando usciamo dalla nostra base avanzata di Farah per recarci in pattuglia”, dice il caporal maggiore scelto Marco Stortini, altro esperto alpiere del 9° reggimento, che prosegue: “qui, però, la corda è costituita dallʼaffiatamento del team e lʼaddestramento rappresenta i chiodi che ci tengono saldamente ancorati alla parete”.E ̓vero, ci vuole un pizzico di fantasia, ma oggi, dopo aver ritrovato le loro montagne, gli alpieri del 9° reggimento, consapevoli dei rischi del mestiere, continueranno a svolgere il loro dovere con la “tosta” determinazione, come si dice in Abruzzo, che caratterizza ogni alpinista.

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PAG. 5 GIUGNO 2010 VM

Raffaele SUFFOLETTALa conferenza quinquennale di revisione del Trattato di non Proliferazione nucleare (lʼottava della sua storia), aperta a New York il 3 maggio si è conclusa venerdì 28 maggio 2010. A partire dallʼentrata in vigore del Trattato, nel 1970, le parti si sono riunite ogni cinque anni al fine di valutare lʼattuazione del Trattato e prendere in considerazione eventuali misure per renderlo più efficace. L̓ ultima conferenza, lʼottava della sua storia, si è conclusa con lʼapprovazione di un documento finale di 28 pagine sottoscritto da 189 paesi. Di seguito lʼaccordo sulle principali questioni:- il disarmo nucleare, i Paesi Nucleari (così definiti per aver fabbricato

o fatto esplodere un ordigno nucleare o un altro congegno esplosivo anteriormente al 1° gennaio 1967: Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina) si sono impegnati a ridurre ed eliminare i loro arsenali entro il 2014, molto genericamente, senza fissare date e controlli e si impegnano a ratificare il CTBT (Comprehensive Test Ban Treaty) con sollecitudine. Stati Uniti e Cina non hanno ratificato il trattato, il che significa che non può ancora entrare in vigore. Nel frattempo tutti gli Stati devono astenersi dal compiere test nucleari. Un passo avanti è senzʼaltro costituito dalla pubblicazione del numero delle testate nucleari da parte si Stati Uniti (5.113), Francia (meno di 300) e Gran Bretagna (oltre 200). Questʼultima ha, inoltre, precisato che comunque ne manterrà operative fino a 160 per esigenze di auto – difesa;

- Energia Nucleare per scopi pacifici, ogni stato si è impegnato, genericamente, ad iniziare la negoziazione di un trattato che vieti la produzione di materiale fissile, ribadendo di facilitare lo scambio di attrezzature, materiali e informazioni scientifiche e tecnologiche per gli usi pacifici dellʼenergia nucleare;

- Paesi non aderenti al TNP, India, Pakistan ed Israele sono stati invitati ad aderire al trattato NPT e la Corea del Nord ad abbandonare tutti i programmi nucleari e consentire libere verifiche;

- Medio Oriente libero da armi nucleari e di ogni altro tipo di armi di distruzione di massa, convocazione di una conferenza con tutti gli stati dellʼarea nel 2012. Ma il leader israeliano, Benyamin Netanyahu, che non ha partecipato alla conferenza, ha dichiarato che “la risoluzione del TNP è sbagliata alla base e intrisa di ipocrisia. Ignora la realtà del Medio Oriente e le minacce vere che da esso giungono per il mondo intero”. Della problematica per “lʼistituzione di una zona effettivamente

TRATTATO DI NON PROLIFERAZIONE NUCLEARE 8ª CONFERENZA INTERNAZIONALE DI REVISIONE DEL TRATTATO

“Un mondo senza armi nucleari sarebbe un bene pubblico di primo ordine per tutti”Ban Ki-moon - Segretario Generale delle Nazioni Unite

controllabile in Medio Oriente senza armi di distruzione di massa, nucleari, chimiche e biologiche, i loro vettori, e di astenersi dal prendere qualsiasi misura che preclude il raggiungimento di questo obiettivo” dalle Armi nucleari si era già parlato nella conferenza del 1995, ma essendo legata al Processo di Pace risulta di difficile applicazione;

- Agenzia Internazionale per L̓ Energia Atomica, si sottolinea lʼimportanza dellʼAIEA, e se ne sollecita il rafforzamento.

- Nucleare iraniano, il presidente Mahmoud Ahmadinejad, in apertura dei lavori (3 maggio), parlando alla conferenza sul Trattato di non-proliferazione alle Nazioni Unite, con grande clamore, ha accusato gli Stati Uniti ed i suoi alleati, ed ha chiesto la sospensione degli Stati Uniti dallʼAgenzia Internazionale dellʼEnergia Atomica (AIEA). Per contro lʼAIEA, durante la conferenza, con una dichiarazione del Direttore, Yukiya Amano, ha affermato di non essere in grado di confermare il carattere pacifico o meno del programma nucleare iraniano.Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha respinto le accuse “false e deliranti” lanciate dallʼIran ed ha ammonito lʼIran ad assecondare le richieste della comunità internazionale sul suo controverso programma nucleare, altrimenti farà fronte a dure sanzioni. lʼIran ha dichiarato di continuare ad arricchire lʼUranio al 20%. Puntualmente, il Consiglio di Sicurezza dellʼOnu, il 9 giugno 2010, ha approvato per la quarta volta dal 2006 una serie di nuove sanzioni contro lʼIran, a causa del suo controverso programma nucleare. Le sanzioni sono state approvate con 12 s̓ìʼ, due ʻnoʼ, Turchia e Brasile, che il 17 maggio avevano firmato un accordo trilaterale con lʼIran sullo scambio del combustibile nucleare, e lʼastensione del Libano.Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Ramin Mehmanparast, ha affermato che la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite – che infligge nuove sanzioni a Teheran per il suo controverso programma nucleare - è “un passo sbagliato” che “complica ancora di più la situazione”. Il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha replicato che le sanzioni “finiranno nella spazzatura”.

Cinque anni fa la conferenza si era chiusa senza alcun nuovo piano di azione contro la proliferazione nucleare, e anche nel 2010, pur di raggiungere un largo consenso, si è votato un documento pieno di buoni propositi.

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TERREMOTOUN PRIMO BILANCIO DOPO L’EMERGENZA

(Dati aggregati rilevati dal sito della Protezione Civile)

LA PRIMA EMERGENZAAlle 3,32 del 6 aprile 2009 una scossa di magnitudo 5,9 della scala Richter, profondità 8,8 Km, ha sconvolto il territorio della città di L̓ Aquila e di altri 57 comuni della provincia diL̓ Aquila.Alle 4,15 si riunisce lʼUnità di crisi della Protezione Civile. Un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dichiara lo Stato di Emergenza e nomina il Capo delle Protezione Civile, dottor Guido Bertolaso, Commissario Delegato (fino a gennaio 2010).Nelle ore successive al terremoto inizia la realizzazione delle prime tendopoli e lʼassistenza alla popolazione civile che si completa con la realizzazione di 171 aree di accoglienza con 6.000 tende installate e 47 presidi sanitari. La popolazione assistita ammonta a 67.459 persone, di queste 35.690 vengono ospitate nelle aree di accoglienza, mentre 32.796 trovano una sistemazione provvisoria in strutture alberghiere o abitazioni private.

LE SCELTE OPERATIVEProgetto C.A.S.E.—Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili

185 edifici simicamente isolati ed ecocompatibili, in 19 aree del territorio del comune di L̓ Aquila, per un totale di 4.449 alloggi, destinati ad alloggiare circa 15.000 persone. Inizio lavori: 8 giugno 2009, termine lavori degli ultimi edifici: 19 febbraio 2010. Dal 31 marzo 2010 la gestione di tutti gli edifici passa al comune di L̓ Aquila.Superfice occupata: 427.615 mq, solo superficie delle piastre, senza urbanizzazione; 1.600.000 mq. Se si comprendono le aree di urbanizzazione, strade parcheggi, ed aree verdi.Costo complessivo del progetto: 800 milioni di euro (IVA inclusa), costo medio di un edificio, escludendo i costi di urbanizzazione e degli arredi ed altri lavori:1.320 €/mq. (esclusa IVA). Superficie convenzionale di riferimento per edificio 1.800 mq., considerando solo i pavimenti. Costi unitari, Per calcolare i costi unitari nella superficie convenzionale di riferimento bisogna includere anche gli spazi comuni, ovvero le superfici di ballatoi e scale e i posti auto sottopiastra (più di 30 posti per edificio, ciascun posto di dimensioni 3x7,50 m). In questo modo la superficie convenzionale di riferimento passa da 1.800 mq medi per edificio a 2.333 mq..

I M.A.P.— Moduli Abitativi Provvisori

2.200 le villette realizzate nei Comuni abruzzesi e 1.273 realizzati allʼAquila (1.113 realizzati dal Dipartimento + 160 donati nelle frazioni).Capacità di accoglienza dei M.A.P.: 8.500 persone.Resistenti e sicuri, di varie metrature a seconda delle caratteristiche del nucleo familiare. In alcuni casi sono costruiti in legno massello, cioè naturale, in altri hanno strutture con pannelli coibentati. Costo complessivo delle opere: 231 milioni di euro (IVA inclusa).

I M.U.S.P.Moduli ad Uso Scolastico Provvisori

32 moduli destinati a sostituire provvisoriamente le scuole danneggiate o distrutte dal terremoto, dalla scuola per lʼinfanzia alle scuole medie e Istituti dʼistruzione Superiori. Costo complessivo del progetto: 81 milioni di euro (IVA inclusa). Riparazione rafforzamento di 59 scuole danneggiate.

I M.E.P. (Moduli Ecclesiastici Provvisori)

Costi complessivi: 736 mila euro (IVA inclusa).

CON TUTTI I POSSIBILI ERRORI IMPUTABILI A CHI HA OPERATO SUL CAMPO, AL DI LÀ DEL GIOCO DELLE “PARTI” POLITICHE, RARAMENTE IN ITALIA SI ERA VISTA L̓ EFFICIENZA DI UNA STRUTTURA STATALE AGIRE CON SOLERZIA E DETERMINAZIONE. LE POLEMICHE NON SONO MANCATE. TRA LE MAGGIORI, LA MANCANZA DI COLLEGIALITÀ NEL COINVOLGIMENTO DELLE COMUNITÀ LOCALI ED I COSTI ECCESSIVI, RIFERITI SOPRATTUTTO AL PROGETTO C.A.S.E.. IN MERITO AI COSTI, L̓ ALTERNATIVA SAREBBE STATA LA REALIZZAZIONE DI SINGOLE CASE PREFABBRICATE (CONTAINER? CASE MOBILI?) CHE NON REGGONO AL RAPPORTO COSTI/BENEFICI NEL RAFFRONTO CON LE ABITAZIONI DEL PROGETTO C.A.S.E.. SENZA CONSIDERARE LO SCONVOLGIMENTO DEL PATRIMONIO EDILIZIO CITTADINO PER LA REALIZZAZIONE DI MIGLIAIA DI CASETTE CON RELATIVE OPERE DI URBANIZZAZIONE; PRATICAMENTE IMPROPONIBILE DATA L̓ AMPIEZZA DELLE ESIGENZE.

continua a pagina 7.

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PAG. 7 GIUGNO 2010 VM

CON TUTTI I POSSIBILI ERRORI IMPUTABILI A CHI HA OPERATO SUL CAMPO, AL DI LÀ DEL GIOCO DELLE “PARTI” POLITICHE, RARAMENTE IN ITALIA SI ERA VISTA L̓ EFFICIENZA DI UNA STRUTTURA STATALE AGIRE CON SOLERZIA E DETERMINAZIONE. LE POLEMICHE NON SONO MANCATE. TRA LE MAGGIORI, LA MANCANZA DI COLLEGIALITÀ NEL COINVOLGIMENTO DELLE COMUNITÀ LOCALI ED I COSTI ECCESSIVI, RIFERITI SOPRATTUTTO AL PROGETTO C.A.S.E.. IN MERITO AI COSTI, L̓ ALTERNATIVA SAREBBE STATA LA REALIZZAZIONE DI SINGOLE CASE PREFABBRICATE (CONTAINER? CASE MOBILI?) CHE NON REGGONO AL RAPPORTO COSTI/BENEFICI NEL RAFFRONTO CON LE ABITAZIONI DEL PROGETTO C.A.S.E.. SENZA CONSIDERARE LO SCONVOLGIMENTO DEL PATRIMONIO EDILIZIO CITTADINO PER LA REALIZZAZIONE DI MIGLIAIA DI CASETTE CON RELATIVE OPERE DI URBANIZZAZIONE; PRATICAMENTE IMPROPONIBILE DATA L̓ AMPIEZZA DELLE ESIGENZE.

continua a pagina 7.

Segue da pagina 6.INTERESSANTE SARÀ CONOSCERE “LE LEZIONI APPRESE” SU QUANTO ACCADUTO E SU COME SI È OPERATO DA PARTE DEL DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE PER MIGLIORARE GLI INTERVENTI, MAI AUSPICABILI MA INELUDIBILI, PER IL FUTURO. TERMINATA LA PRIMA EMERGENZA, IL TERREMOTO IN ABRUZZO NON RIEMPIE PIÙ LE PRIME PAGINE DEI GIORNALI, E LA GRAN PARTE DELLA POPOLAZIONE ITALIANA HA L̓ IMPRESSIONE CHE LA SITUAZIONE SIA TORNATA ALLA NORMALITÀ. QUANDO VIENE FUORI QUALCHE PROBLEMATICA LEGATA A QUEL CHE AVVIENE, AD ESEMPIO QUELLA LEGATA AL “POPOLO DELLE CARRIOLE” GLI ITALIANI SI CHIEDONO: MA QUESTI AQUILANI COSA VOGLIONO ANCORA? NON SI COMPRENDE CHE VI SONO PERSONE CHE HANNO PERDUTO TUTTO IL LORO AVERE E NON SI CAPISCONO LE RAGIONI DI TANTA DISPERAZIONE.MOLTO È STATO FATTO, MOLTISSIMO RESTA ANCORA DA FARE.

Rinascerai Giovanna VITALIANI Rinascerai un’altra volta in una sera d’aprile con una voglia nuova di amare e di vivere più che mai Rinascerai con un nuovo destino in un anno che verrà Sarà una festa di colori, canti e suoni I cani randagi abbaieranno alla tua ombra Tornerai col tuo modesto bagaglio, lo stesso di quando sei partito Dalla polvere si innalza ormai un cuore nuovo fatto di fango e lacrime Ritorneranno i tuoi compagni di strada: il vagabondo, il mago, il poeta e ti diranno forza! su! così! così! coraggio fratello Tu sai quanto è stato duro ma è ora di rinascere Rinascerai e una gran voce dal profondo del cuore ti darà la forza anche per chi non c’è più Ci crederai, ritornerai e lotterai anche per me Rinascerai dalle cose che hai amato molto, troppo fino a soffrirne a morte quando le smarristi in quella maledetta notte Rinascerai dalle case inginocchiate e sventrate, dalle macerie accatastate, dalle lacrime amare e dai volti smarriti Rinascerai dalla frutta colorata e profumata del mercato della tua piazza Rinascerai dalla calda atmosfera del caffè sotto casa Rinascerai da una fotografia ingiallita Rinascerai dalla rabbia della gente e dalle vite spezzate troppo in fretta Rinascerai dal sorriso dolce di chi hai sempre amato Rinascerai insieme a chi non c’è più ma che in quel nuovo giorno ci sarà e benedirete insieme quella terra che tremando vi ha spezzato il cuore .

Dal sito del “Il capoluogo.it” - Quotidiano on-line.

RICOSTRUZIONELA STRUTTURA COMMISSARIALE

Il 29 gennaio 2010 il testimone della ricostruzione è passato dalla Protezione Civile Nazionale nelle mani della struttura Commissariale insediatasi presso la Scuola Sottufficiali Guardia di Finanza - Coppito, L̓ Aquila. Le funzioni del Governo e della Protezione Civile sono svolte dal Commissario Delegato alla Ricostruzione, il Presidente della Regione Abruzzo Dr. Gianni Chiodi, e dal Vice Commissario Vicario Dr. Massimo Cialente, sindaco del comune di L̓ Aquila. Rimarrà invece in capo al Governo e alla Protezione civile la responsabilità dellʼopera di ricostruzione che dovrà condividere con la Regione e il Comune. Il passaggio non è secondario, perché proprio da questa esperienza potrebbe nascere un Modello

Abruzzo, in grado di rilanciare il ruolo degli enti locali e le capacità organizzative degli stessi.La macchina commissariale che gestirà il processo di ricostruzione e che avrà il duplice compito di stare vicino alla popolazione e di fissare le competenze, si muove con tre motori:

- la Struttura per la gestione dellʼemergenza (SGE), organo che maggiormente dovrà stare vicino alle esigenze delle popolazioni terremotate: dallʼassistenza diretta e indiretta alla comunicazione, dalla gestione della Protezione civile al volontariato;

- la Struttura tecnica di missione, organismo

che dovrà gestire i finanziamenti, tutti i progetti di ricostruzione e la fase di rinascita urbanistica di tutti i comuni del cratere direttamente coinvolti nella ricostruzione;

- il Provveditorato alle Opere pubbliche, quale soggetto attuatore dei progetti degli edifici pubblici.

Accanto agli organi prettamente tecnici e operativi, la struttura organizzativa dellʼufficio del Commissario prevede una cabina di regia istituzionale, nel rispetto di quel rapporto di rappresentatività delle istanze politiche dei territori, che prevede la presenza dei sindaci del cratere, della Provincia dellʼAquila e dellʼassociazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e dellʼunione delle province (UPI).

APRILE 2010 PRESENTATE 9.311 PRATICHE CASE B-C

A fine aprile risultano protocollate da Fintecna 9.311 pratiche di riparazione delle case con danni classificati “B”, “C” ed “E” relativamente alle quali sono state esaminate con esito positivo 8.301 e 7.615 richieste di contributo, rispettivamente da ReLUIS e CINEAS. A fronte delle domande presentate il comune di LʼAquila ha emesso 7.255 provvedimenti di contributo definitivo a cui si aggiungono quelli emessi per gli esiti “A” che hanno toccato quota 3.062.Dati forniti dalla Struttura Tecnica di Missione.

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dal sito “libertadipensiero”

NUCLEARE SI, NO, FORSE: L’ITALIA SI DIVIDE ANCORAAnche sull’energia nucleare, tanto per cambiare, l’opinione pubblica italiana è divisa.

Lo dimostra questo dialogo fra due rappresentanti degli opposti schieramenti

Giovanni MARIZZA

Norberto: non so se cʼentra il fatto che sono di sinistra e il mio nome comincia con “No”, ma io sono contrario.Silvano: e io non so se conta qualcosa il fatto che sono di destra e il mio nome comincia con “Si”, comunque io sono favorevole.Norberto: forse destra e sinistra non cʼentrano, ma in ogni caso io non ce le voglio le bombe atomiche vicino a casa mia.Silvano: ma quali bombe atomiche? Stiamo parlando di centrali che utilizzano il nucleare per produrre energia, non di armi nucleari!Norberto: ah, è proprio qui che casca lʼasino! E allora perché sei contrario al programma nucleare iraniano? Anche loro vogliono il nucleare per motivi energetici.Silvano: no, questa è unʼaltra storia, quelli fanno finta di sviluppare programmi energetici, ma in realtà stanno costruendo la bomba atomica per distruggere Israele!Norberto: mah, lasciamo perdere lʼIran e parliamo dellʼItalia. Io comunque al referendum del 1987 ho votato contro il nucleare, come lʼ80% degli italiani.Silvano: caso mai come lʼ80% di quei pochi che erano andati a votare, non certo lʼ80% degli aventi diritto. E tanto meno lʼ80% degli italiani…Norberto: comunque abbiamo vinto noi…Silvano: bravo, e lo sai che lʼabbandono del nucleare ci è costato oltre 50 miliardi di euro, soprattutto per lo smantellamento delle vecchie centrali, e ha obbligato gli italiani a pagare lʼenergia elettrica molto più della media europea? Io te li farei pagare a te, quei soldi! Ma lo sai che oggi paghiamo il 30% in più della media europea e il 50% in più della Francia, che ricava dal nucleare il 75% della propria elettricità?Norberto: ma almeno ciabbiàmo lʼambiente più pulito!Silvano: manco peggnente, invece è proprio il nucleare che salvaguarda lʼambiente e combatte il cambiamento climatico, visto che è una fonte pulita che non emette gas con effetto serra.Norberto: sarà, ma se fanno una centrale nucleare in Italia io vado a protestare, vedrai che manifestazioni che faremo.Silvano: invece in Francia e altrove le manifestazioni le fanno perché vogliono le centrali sui loro territori, perché comportano lavoro, soldi e sconti sulle bollette…Norberto: io protesterò ugualmente contro le centrali atomiche.Silvano: e allora perché non protesti anche contro le centrali che stanno subito oltre il confine? Ci sono decine di centrali nucleari in Francia, in Svizzera e in Slovenia, dalle quali compriamo elettricità a prezzi molto più alti di quelli che pagheremmo se quelle centrali fossero immediatamente al

di qua del confine.Norberto: comunque il nucleare non mi piace, io sono per le “energie rinnovabili”.Silvano: ma chi ti ha insegnato questa parolaccia?Norberto: lʼho letta su un manifesto dellʼiddivvù.Silvano: ah, ecco, mi pareva. Tanto per cominciare non si tratta di energie ma di “fonti di energia” e non sono rinnovabili bensì “non esauribili”, e poi queste e il nucleare non sono cose che si escludono a vicenda, caso mai sono complementari, sono entrambe fonti non inquinanti.

Norberto: ma ti immagini un disastro come Chernobil in Italia?Silvano: il nucleare è tra le fonti energetiche più sicure. In Italia il più grande disastro energetico è stato la tragedia del Vajont, con quasi duemila morti, e quella era una centrale idroelettrica. E lʼanno scorso sono esplose negli Stati Uniti e in Russia due centrali a gas che hanno causato diverse vittime. E in questo momento nel Golfo del Messico sta bruciando una piattaforma petrolifera che sta facendo più danni di Chernobyl. Le centrali nucleari attuali non hanno nulla a che fare con Chernobyl, dove si è verificato un errore umano in una centrale antiquata e inaffidabile dei sovietici compagni tuoi.

Continua a pagina 9.

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Segue da pagina 8.Norberto: sì, in Italia non ci sono stati incidenti nucleari proprio perché le centrali non ci sono! E poi tu lo sai quanta gente è morta per via di Hiroshima, Nagasaki e Chernobyl? Tu hai unʼidea di quante migliaia di tumori hanno provocato quelle tragedie nucleari? Vogliamo tutelare la salute dei cittadini o no?Silvano: Aridajje con le bombe atomiche. Se le moderne centrali nucleari ti stanno antipatiche perché ti ricordano Chernobyl, allora dovresti eliminare i coltelli dalla tua cucina perché ricordano la ghigliottina. Oppure dovresti vivere al lume di candela perché lʼelettricità ricorda la sedia elettrica.Norberto: ma io non parlo di ghigliottina o di sedia elettrica, io parlo di tumori. Perché non chiedi un parere a Umberto Veronesi, che fa lʼoncologo, e che è uno che se ne intende? Ha fatto anche il ministro della sanità nel governo Prodi!Silvano: ah, sì? e allora ricordati che proprio il Veronesi ha detto e scritto che molti tumori sono dovuti allʼinquinamento atmosferico, i cui principali responsabili sono i combustibili fossili, e quindi petrolio, carbone e gas, mentre il pericolo cancerogeno dellʼenergia nucleare con i moderni reattori è praticamente uguale a zero. E sempre il Veronesi ha detto che il nucleare è una fonte di energia pulita, non produce lʼanidride solforosa responsabile delle piogge acide, né gli altri gas che producono lʼeffetto serra e non disperde nellʼambiente le polveri sottili pericolose per la salute e per il clima.Norberto: il meglio del meglio sarebbero le fonti di energia non esauribili, come le chiami tu, ma è meglio il trio carbone petrolio e gas che il nucleare. A me mi fa paura solo la parola…Silvano: meglio il petrolio? E allora perché tutti cercano di ridurre i consumi di petrolio, sia per la salute che per il clima? La Francia lo ha ridotto dal 45% al 2%, la Germania dal 23% allʼ1.5%; la Svezia dal 19% al 3%; il Belgio dal 78% al 15%. Solo noi, invece, siamo passati a una dipendenza dagli idrocarburi dal 64% al 69%.Norberto: e come la mettiamo con le scorie

nucleari? Dove andranno a finire le scorie? Resteranno qui da noi in qualche discarica abusiva, oppure verranno trasferite in qualche paese in via di sviluppo, così lì la gente si ammalerà, poi scapperanno, faranno gli immigrati clandestini, verranno da noi in Italia e ci riporteranno le stesse schifezze che noi abbiamo regalato a loro. Silvano: a ̓Norbè, tu sei rimasto fermo a qualche decennio fa. Ma lo sai o non lo sai che le centrali nucleari moderne producono pochissime scorie? Una centrale moderna produce circa un metro cubo di scorie in un anno! E comunque cʼè una ditta specializzata, la Sogin, che si curerà di questo problema, anzi di questo non-problema, perché non è un problema?Norberto: vabbè, mi hai convinto. Adesso mi sento più filonucleare.Silvano: ma lo sai che anche tu mi hai quasi convinto? Adesso mi sento più antinucleare.E se ne andarono litigando.

Articolo tratto da “ LʼOccidentale” – giornale On Line della Fondazione Magna Carta.

Centrali nucleari in Europa

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“INVICTUS” e “AVATAR”:quando la lotta per la libertà diventa spettacolo

Quello fra Storia e Cinema è stato, da subito, un connubio ineludibileDavide ADACHER

Due recenti film, per motivi diversi, hanno monopolizzato lʼattenzione sia del pubblico che della critica: Invictus di Clint Eastwood, e Avatar di James Cameron.Le loro trame sono note, comunque è bene richiamarle brevemente.Invictus, tratto dal romanzo di Johm Carlin “The human factor: Nelson Mandela and the game that changed the world” è ambien-tato nel Sudafrica post-apartheid , quando il neo presidente Nelson Mandela con la sua visione di pace coinvolge la nazionale di rugby (sport “bianco” per eccellenza in Sudafrica) degli Springbocks, impegnati nel mondiale in casa. Insieme con il capi-

tano Pienaar Mandela riesce a segnare una “meta” fondamentale nel percorso di inte-grazione e pacificazione tra bianchi e neri.Avatar è invece ambientato nel futuro, in un pianeta chiamato Pandora, dove una società mineraria estrae un metallo con cui è possi-bile risolvere la crisi energetica della Terra. Il protagonista, Jake Sully è un ex marine paraplegico il quale diviene un avatar, cioè una creatura ibrida, sviluppata genetica-mente dallʼunione del DNA umano con quello degli indigeni, i Naʼvi.La mimesi è resa possibile: attraverso unʼin-terfaccia mentale: un uomo può collegare i propri sensi nervosi alla creatura, imme-desimandosi e controllandola esattamente come se fosse il proprio corpo. Tale colle-gamento è possibile solo quando lʼessere umano cade in una sorta di coma allʼinterno di una speciale capsula tecnologica.Grazie a questo sistema Sully può muover-si e si infiltra fra i Naʼvi per convincerli ad

accettare le proposte dei terrestri, ma si in-namora di Neytiri, una guerriera che vede in lui segni di Eywa, la divinità sacra.La guerra è inevitabile: i Naʼvi disperata-mente lottano per la loro libertà e per difen-dere il loro mondo, in cui vivono in empatia con la natura. Alla fine gli stessi animali di Pandora arrivano a sconfiggere gli umani; i Naʼvi raggiungono la base terrestre, obbli-gando i soldati a lasciare il satellite, mentre Sully partecipa ad una sacra cerimonia, nel-la quale lascia il suo corpo umano, trasfe-rendosi definitivamente nel suo avatar.Al di là delle differenti trame ed ambientazio-ni, le due pellicole hanno in comune spunti storici di lotta per la libertà.Lo stesso David Griffith, lʼautore di Nasci-ta di una nazione (1915) e di Intolerance (1916), era convinto che i film storici avreb-bero sostituito i libri di Storia. Questa visione non è stata poi (per fortuna…) con-fermata integralmente, ma è pur vero che lʼimmagine da sempre (basti pensare alle pitture di Lascaux o di Altamira) ha con-tribuito in modo determinante allo svilup-po del sapere. Nel medioevo si diceva che “Pictura est laicorum grammatica”.Spesso un film ha raccontato più diretta-mente ed emblematicamente di tanti docu-menti.Attenzione però: il cinema (così come la fotografia e gli altri media), non è oggetti-vo specchio del reale, ma frutto di scelte, di punti di vista. Agli albori, in epoca po-sitivista, il cinema era stato proposto come la fonte per eccellenza per documentare gli avvenimenti. Ben presto ci si accorse che i mezzi tecnici e il montaggio deformavano la realtà, divenendo anzi strumenti di pro-paganda ideologica, non attendibili per la ricerca storica.A partire dagli anni ʼ60 del sec. XX il ci-nema è stato in certo modo rivalutato come fonte utile per la storia delle mentalità: il film cioè come strumento per leggere av-venimenti e problemi della Storia in quanto veicolo per le società per ciò che è consi-derato “visibile” in un determinato periodo. Quindi il cinema è utilizza-to come strumento per av-vicinarsi alle problemati-che storiche, e come tale è utile nella didattica. Certo, la Storia fa spesso capoli-no in film non “storici” (lo stesso Avatar, i nazisti di Indiana Jones, il Vietnam o lʼAfghanistan dei vari Rambo etc).Tra i diversi ruoli del cine-ma (narrazione filmica del-

la storia, fonte storica, supporto alla lezione e appiglio di memoria) una funzione credo sia interessante mettere in evidenza: quella di “rompighiaccio” (o icebreaker), che può servire a far nascere lʼattenzione, suscitan-do interrogativi.E qui torniamo ai nostri due film, “letti” come appunto rompighiaccio.A L̓ Aquila, patria del rugby, cʼè stata lʼan-teprima nazionale di Invictus. Il pubblico era talmente numeroso che era seduto per-sino sugli scalini della sala o era costretto a stare in piedi; tantissimi erano i ragazzi, dalle squadre del minirugby alle giovanili: tutti volevano vedere le azioni ambientate durante i mondiali.La sorpresa è stata grande quando si è visto che lo spazio dato alle partite era minore ri-spetto alla trama generale che vedeva come protagonista la nascita di una nazione (tanto per riprendere Griffith). Ma lʼatten-zione non è venuta meno: è stato perfetta-mente compreso il messaggio di Mandela reinterpretato da Eastwood: il suo rispetto verso il “nemico”, lʼapproccio giu-sto anche nei confronti degli ingiusti, lʼes-sere uomo di pace e di speranza, il suo esse-re politico nel significato più alto.Altro il caso di Avatar: immagini spettaco-lari in 3D, ritmo veloce, sistema dei personaggi “classico” (lotta tra Bene e Male, la redenzione, lʼamore). In questo caso la Sto-ria non è nel film ma ne è allʼorigine. Quan-ti hanno sentito parlare del popolo Dongria Kondh? Non siamo nel futuro in un pianeta lontano anni luce dalla Terra, ma nel pre-sente, in una regione dellʼIndia orientale dove unʼindustria mineraria, la Vedanta Re-sources -una delle 100 società più quotate al London Stock Exchange (FTSE-100) il cui socio di maggioranza e ̓il miliardario india-no Anil Agarwal- è determinata a estrarre bauxite (alluminio grezzo) dal ricco giaci-mento che si trova in una montagna, consi-derata sacra dai Dongria (detti dalle popola-zioni circostanti “i guardiani delle acque”).

Continua a pag.11.

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Segue da pag.10.Ricorda qualcosa? È esattamente la trama di Avatar.Ecco dove un film ha la funzione di “rom-pighiaccio”: genera curiosità, fa porre do-mande, pronta ad indagare sul presente, sul reale. Certo, pochissimi fra gli spettatori, se non a conoscenza diretta dei fatti, dalla pellicola potevano ricavare le informazio-ni, ma qui è utile lʼintervento di altre fonti massmediali, tra cui fondamentale si rivela internet.Infatti, cliccando Avatar sui motori di ricer-ca, vi sono pagine che rimandano allʼattua-lità.Si viene così a sapere che sulla rivista Va-riety è apparso un appello ad opera di Sur-vival International, unʼorganizzazione che si occupa a livello mondiale dei diritti dei nativi.L̓ appello è rivolto al regista Cameron, e tra lʼaltro vi si legge “Avatar non è solo

fantasia, è anche realtà. La tribù dei Don-gria Kondh, in India, sta combattendo per difendere la sua terra da una compagnia mineraria determinata a distruggere la sua montagna sacra. La prego, aiuti i Dongria. Noi abbiamo visto il suo film, ora lei guardi il nostroʼ̓ .È stato infatti prodotto un breve video (in Italia doppiato da Claudio Santamaria) con lo scopo di sensibilizzare lʼopinione pubbli-ca: ʻʼEsattamente come i Naʼvi descrivono la foresta di Pandora come il loro tutto -ha commentato Stephen Corry, Direttore Ge-nerale di Survival International- allo stesso modo, per i Dongria la vita e la terra sono sempre state profondamente interconnesse. Al di là dei lemuri multicolori, dei cavalli dalle lunghe proboscidi e degli an-droidi, la storia di Avatar si sta svolgendo proprio oggi nelle colline di Niyamgiri”.Già le prime conseguenze si sono viste, in quanto la Chiesa Anglicana ha deciso di di-sinvestire dalla Vedanta sulla base di valu-tazioni etiche. ʻʼLa Vedanta non ha mostra-to il livello di rispetto per i diritti umani e le comunità locali che ci saremmo aspettati -ha commentato la Chiesa- e temiamo non lo farà nemmeno in futuro. Mantenere in-vestimenti nella Vedanta sarebbe incoerente con la politica degli investimenti etici della Chiesaʼ̓ .Ecco dunque due esempi di come attraver-so il cinema la lotta per la libertà, divenuta

pretesto per fare spettacolo, è riuscita co-munque ad imporsi sullo spettacolo stesso.

B LOGAPPUNTI SULLA MAFIA

Brani tratti dal libro di Alfio Caruso: “Da cosa nasce cosa”Editore Loganesi: II Edizione maggio 2004

COSʼE ̓LA MAFIAPagina 125.… La mafia è una società, più o meno segreta, in continua evoluzione, capace di guardare sempre avanti, dʼimpossessarsi degli ultimi ritrovati della tecnica e della scienza, senza tuttavia dimenticare il passato e le origini. I quali, tragicamente, sono spesso il passato e le origini della stessa società siciliana. Tragicamente perché tale passato e tali origini costituiscono una forma di cultura che dà unʼimpronta particolare alla mafia, la rende un sistema malavitoso unico al mondo. …

GLI “SPERTI” OVVERO I FURBIPagina 142.… “li accoglie una Catania felice e spensierata con un debole per coloro che si fanno beffe della legge, che baciano la mano ai preti, che rubano danaro pubblico, che versano un obolo generoso in chiesa, che non pagano le tasse, che si commuovono guardando Via

col vento, che passano agli incroci con il rosso, che giudicano minchioni e farabutti quanti non sono come loro, che festeggiano senza badare a spese comunioni, battesimi, cresime e matrimoni, che fregano il prossimo per dovere e gli amici per diletto, che danno il “voi”ai genitori e alle persone di rispetto, che usano la stessa mano per taglare le gole e accompagnare i figli a scuola, che impediscono alle loro donne di vedere Divorzio allʼitaliana di Pietro Germi e poi sono capaci di qualsiasi soperchieria nei confronti di altre donne, che usano il danaro per atteggiarsi a vincenti, che dicono di avere tutte le femmine ai loro piedi e quando non sono in forma se ne fanno sette in una sola seduta amatoria.A Catania cʼè un aggettivo per indicare un simile cittadino modello: spertu, la cui banale traduzione è “furbo”. Alla città che adora gli “sperti” ne capitano in sorte una ventina travestiti da politici. Personaggi di modesta estrazione e dʼinfima cultura, …”.

www.banktrack.org

www.telegraph.co.uk

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· Catalizzare le persone che condividono i valori della Società Militare;

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· Condividere momenti di vita (solidaristi- co-ricreativo) con persone che hanno iden- tiche motivazioni;

· Fornire ai soci assistenza e consulenza giuridica e amministrativa.

La partecipazione è aperta a tutti coloro che vo-gliono far sentire la loro voce. Gli articoli inve-stono la diretta responsabilità degli autori e ne rispecchiano le idee personali, inoltre devono es-sere esenti da vincoli editoriali. Di quanto scritto da altri o di quanto riportato da organi di infor-mazione occorre citare la fonte. La redazione si riserva di sintetizzare gli scritti in relazione agli spazi disponibili; i testi non pubblicati non verran-no restituiti.Contattateci tramite telefono: 320 1108036e-mail: [email protected]

La passione dellʼautore per i trasporti deriva dalla stessa passione del padre tecnico (a cui era moto legato) delle allora floride Ferrovie dello Stato. In questo libro vengono descritti i trasporti dai tempi dei romani ai giorni nostri. Si evidenzia la nascita del campo automobilistico dal genio ferrovieri e ne vengono ripercorse sinteticamente le tappe dello sviluppo di questa efficiente ed indispensabile Arma dellʼEsercito. Tale pagine dedicate alla “strada” vengono arricchite da bellissime foto dei mezzi IVECO in dotazione alleʼEsercito. Essendo lʼAutore Colonnello del Genio Ferrovieri, il libro è in gran parte dedicato alla nascita della specialità stessa fino ai giorni nostri. In tali pagine sono esposte anche le esperienze personali dellʼAutore nella ricostruzione della rete ferroviaria in Bosnia, Kossovo, Albania e nella progettazione del ripristino (non attuato) della rete ferroviaria eritrea in Africa. Rete ferroviaria costruita da alpini e Bersaglieri nel 1921. Tale studio è correlato, tra lʼaltro, di numerosi allegati dedicati al trasporto strategico (vengono descritti i trasporti ferroviari organizzati dallʼAeronautica Militare dallʼItalia fino al confine dellʼAfghanistan e dallʼEsercito dallʼItalia in Kossovo) ai materiali ferroviari per lʼemergenza, ai ponti metallici ferroviari e ai compiti dei battaglioni del reggimento genio ferrovieri. In questo libero si evince un insegnamento, cioè che: la libertà di movimento di un popolo rappresentava e rappresenta uno dei principi fondamentali su cui deve sempre basarsi una nazione, perché lo sviluppo economico sociale e culturale di uno stato ed in un duraturo mantenimento della pace.Il libro si può leggere e scaricare gratuitamente sul sito dellʼAutore: www.pietrangeli.net

LE LINEE FERROVIARIE SABINE,

DELLA VALLE DEL TEVERE E LA CENTRALE ENEL DI

FARFA

Il libro, realizzato dal Colonnello Mario Pietrangeli, con la collabora-zione morale dellʼIngegnere M. An-tonilli del Sig. M. Moretti costitui-sce un salto nel passato degli autori che hanno vissuto, in quanto figli di ferrovieri, lungo le linee ferroviarie della Sabina romana e reatina. Tale studio-memoria costituisce una let-tura del passato, del presente e del

futuro delle linee Sabine. Tratta in particolare la storia del Papa Pio IX che ideò la rete ferroviaria dello stato Pontificio, lo sviluppo della linea Roma – Passo Corese di Fara Sabina – Orte – Firenze, la linea dimen-ticata Orte – Capranica – Civitavecchia (ora essenziale per i collega-menti adriatico porto di Civitavecchia), la Storia di vari progetti, mai realizzati, della linea Rieti – Roma, descrive romanticamente la linea Roma – Palombara Sabina- Tivoli, ricorda le Funivie del Lazio (Termi-nillo, Rocca di Papa, Castel Gandolfo), si occupa della linea Attigliano – Viterbo e della Centrale ENEL di Farfa (centrale idroelettrica, stile liberty del 1913) questʼultima realizzata anche per poter supportare la trazione della linea Rieti – Roma (mai realizzata).Il libro si può leggere e scaricare gratuitamente sul sito dellʼAutore: www.pietrangeli.net

SANTʼAGOSTINO DICEVA CHE SI CONOSCE

CIÒ CHE SI AMA

R E C E N S I O N I