VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni...

26
VOX POPULI – VOX DEI? (ALCUNI) LIMITI E (ALCUNI) PARADOSSI DELLA PRATICA DELIBERATIVA Paper presentato per la Terza edizione del Seminario Rothbard Milano, 21 novembre 2005 Luigi Curini Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Studi Sociali e Politici [email protected]

Transcript of VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni...

Page 1: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

VOX POPULI – VOX DEI?

(ALCUNI) LIMITI E (ALCUNI) PARADOSSI DELLA PRATICA DELIBERATIVA

Paper presentato per la Terza edizione del Seminario Rothbard Milano, 21 novembre 2005

Luigi Curini Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Studi Sociali e Politici

[email protected]

Page 2: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

VOX POPULI – VOX DEI? (ALCUNI) LIMITI E (ALCUNI) PARADOSSI DELLA PRATICA DELIBERATIVA

«The reason of man…is timid and cautious when left alone and acquires firmness and

confidence in proportion to the number with which is associated» (Madison, Federalist No. 49)

Introduzione Nella sua più semplice articolazione, una democrazia deliberativa è «una associazione i cui affari sono governati dalla deliberazione pubblica dei suoi membri» (Cohen 1997, p.67). Per chi sostiene questa posizione, la legittimità di un processo democratico è vincolata a una comunicazione priva di vincoli, alla discussione e al dibattito tra cittadini. Alla base di questa convinzione c’è infatti la fiducia nella capacità della deliberazione di modellare dei giudizi ragionati (Bohman - Rehg 1997). Ed è proprio in riferimenti a questi ultimi, e non alle preferenze private «grezze», che un processo democratico dovrebbe esercitare pienamente la sua responsiveness (French – Laver, 2005) . L’ideale deliberativo suggerisce, quindi, una ampia diffusione di forum formali e informali, in cui possano avere luogo processi, per l’appunto, di deliberazione pubblica su questioni di interesse generale. Passare, tuttavia, da quello che si vorrebbe fosse una pratica deliberativa, allo studio della deliberazione nel mondo reale, potrebbe rivelare delle sorprese. Di particolare interesse sono i fattori che influenzano il modo in cui i partecipanti interagiscono tra loro. Prendendo spunto dalla teoria della spirale del silenzio (Noelle-Neumann 1984), il presente saggio si prefigge, in questo senso, di analizzare la dinamica all’interno di un gruppo di agenti impegnato in un processo deliberativo, attraverso il ricorso ad una serie di modelli a soglia di azione collettiva. Astraendo pochi aspetti centrali della interazione discorsiva, si mostra come il contesto delle scelte individuali possa produrre differenti risultati. In particolare, si identificano le condizioni che facilitano l’emergere di un equilibrio dialogico (definito come persistenza di una pluralità di opinioni espresse all’interno dell’arena deliberativa) in alternativa ad un equilibrio monologico (vale a dire di sopravvivenza, nel tempo, di una sola opinione). Gli esiti dipendono dalla distribuzione dei punti di vista sulla questione oggetto del dibattito e dagli atteggiamenti degli individui nei confronti della discussione. Più in generale, i risultati della analisi suggeriscono non solo una associazione sottile, e spesso ingannevole, tra i punti di vista privati e le opinioni espresse in pubblico, ma anche le difficoltà ad affrontare con successo il problema dell’inclusione per la pratica deliberativa. Come si vedrà, l’insieme delle regole che strutturano un processo deliberativo, e, in particolare, le procedure che influenzano le modalità di espressione delle opinioni, acquistano una rilevanza cruciale, essendo in grado di spostare drammaticamente, l’esito della interazione. Questa conclusione, tuttavia, solleva anche questioni assai controverse sulla possibilità di una manipolazione dell’intero processo.

1

Page 3: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto, il concetto di «spirale del silenzio» (Noelle-Neumann 1984). Nella spirale del silenzio abbiamo una teoria legata alla espressione delle opinioni personali che prende, come antecedente causale, la percezione delle opinioni altrui. Più in dettaglio, questa teoria assume che nel decidere se esporsi pubblicamente su una specifica questione, una persona considera la proporzione delle opinioni precedentemente espresse (o che si aspetta vengano espresse) simpatetiche con la sua, e, come conseguenza, possa anche desistere dal parlare perché percepisce, non importa se correttamente o meno, di essere in minoranza. La natura interpersonale della spirale del silenzio è, in questo senso, legata alle classiche teorie dell’influenza sociale: gli attori ricercano una conferma dei loro punti di vista ma preferiscono evitare la manifestazione esplicita di un disaccordo in un ambiente che appare loro particolarmente ostile (Taylor 1982). Questa scelta, del tutto privata, influenza, ad ogni modo, l’ambiente complessivo in cui le opinioni vengono espresse, alterando le percezioni delle altre persone e, attraverso ciò, le loro decisioni. La tendenza di un individuo a parlare o a rimanere in silenzio dà allora il via a un processo per l’appunto a spirale che può stabilire in modo incrementale una certa opinione come la prevalente. Il legame tra le convinzioni personali di un individuo e i risultati delle sue osservazioni sull’ambiente sociale in cui si muove diventa, per questa via, la principale caratteristica nel processo di formazione della opinione pubblica. La postilla di questo ragionamento è che occorre tracciare una chiara distinzione tra le opinioni private degli individui e l’opinione pubblica. Quest’ultima, in particolare, è un fatto sociale: l’aggregazione delle opinioni private espresse. Tuttavia, per quanto detto, la distribuzione osservata di opinioni può avere poco a che fare con la distribuzione delle opinioni reali all’interno di una data collettività. Sebbene la teoria della spirale del silenzio, e la dinamica che gli fa da sfondo, sia stata sviluppata originariamente per studiare i processi di formazione dell’opinione pubblica, può trovare una interessante applicazione anche in relazione ai processi deliberativi. Dopotutto, in una arena deliberativa ci si incontra per discutere, e quindi per esprimere pubblicamente le proprie opinioni su un certo tema. Inoltre, sembra ragionevole assumere che gli individui non siano soggetti passivi alla discussione, ma piuttosto scelgano attivamente quando e se impegnarsi in un certo discorso1. Tali scelte, a loro volta, possono avere delle implicazioni più vaste. Il modello che verrà sviluppato nei prossimi paragrafi incorpora, in questo senso, molti degli spunti legati al dibattito sulla spirale del silenzio, soffermandosi, tuttavia, 1 Ma non con chi parlare. Normalmente, infatti, le persone coinvolte all’interno di una arena deliberativa non sono selezionate dagli stessi partecipanti (Luskin et al. 2002). E’ questa sostanziale impossibilità di scelta che differenzia il modello qui presentato dagli studi sulla formazione della opinione pubblica, dove, al contrario, le persone possono ovviamente scegliere con chi discutere di politica. Questo, a sua volta, rende possibile la formazione di cluster discorsivi omogenei in termini di opinioni (un fatto ampiamente documentato: Huckfeldt – Sprangue 1991).

2

Page 4: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

maggiormente, sulle differenze inter-personali, Queste ultime, in particolare, non vengono più ricondotte ad una unica regola di comportamento valida per tutti: esporsi pubblicamente quando si percepisce di essere in maggioranza; tacere altrimenti (con la possibile eccezione degli hard-core, ovvero dei militanti: si veda oltre). Al contrario, si offrirà un argomento più generale in base al quale ciascun attore presenta un certo livello di motivazione in relazione alla composizione delle voci (vale a dire delle opinioni espresse) all’interno del dibattito, una motivazione che può variare in modo continuo tra gli attori. In questo senso, e come si vedrà, piccoli cambiamenti nella distribuzione di questi livelli possono avere un impatto rilevante sugli esiti dell’equilibrio finale2.

2. Il modello I cosiddetti modelli a soglia servono a catturare tutte quelle situazioni (come quella descritta nel precedente paragrafo) in cui il comportamento di ciascuno dipende dal precedente comportamento altrui e in cui la composizione di chi intraprende una certa decisione è l’elemento cruciale di questa dipendenza (Schelling 1971 – 1978; Granovetter 1978)3. In particolare, questi modelli presuppongono: a) una scelta binaria da parte degli agenti; b) una eterogeneità nelle preferenze; c) il fatto che l’utilità di un agente nel compiere una particolare scelta cresca in funzione della frazione degli altri agenti che, all’interno di un qualche gruppo di riferimento, opta per la medesima scelta. La peculiarità del modello qui di seguito sviluppato consiste nell’ipotizzare l’esistenza di due sotto-gruppi tra gli individui chiamati a deliberare, che si differenziano tra loro in relazione all’opinione pre-deliberazione nei confronti dell’argomento dibattuto. Ad esempio: pro o contro l’aborto, l’inseminazione artificiale, ecc. Chiamiamo, per semplicità, questi due sotto-gruppi con opinioni omogenee al loro interno ma divergenti tra loro, rispettivamente, «bianchi» e «rossi»4. Le differenze individuali sono il punto fondamentale. Il concetto cruciale per descrivere questa variazione è quello di «motivazione» (e, conseguente, «livello di motivazione»): ogni membro di ciascun sotto-gruppo è infatti motivato ad esprimere pubblicamente la propria opinione su un dato argomento a meno che il rapporto tra voci contrarie e a favore della suddetta opinione non ecceda un qualche livello. Quando questo accade, l’agente in questione semplicemente opta per non esporsi.

2 D’altra parte, è stato sottolineato come la spirale del silenzio operi soprattutto laddove: a) c’è un forte interesse riguardo la questione dibattuta; b) si è a conoscenza della varietà delle opinioni in campo sull’argomento e quindi della misura in cui la propria opinione differisce da quella degli altri; c) quando la comunicazione interpersonale sul tema è intensa e non sporadica (Jeffres at al. 1999). Tutte queste condizioni sono normalmente presenti all’interno di una arena deliberativa. 3 I modelli a soglia pongono al loro centro un elemento del comportamento collettivo che la teoria classica dell’azione collettiva (quella, per intendersi, olsoniana) affronta solamente con difficoltà: la sostanziale eterogeneità delle preferenze e l’interdipendenza delle decisioni individuali nel tempo (Oliver 1993). 4 Il discorso può essere generalizzato a n gruppi (si veda Grannovetter - Soong 1988).

3

Page 5: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

Formalmente, un dato livello di motivazione per l’agente i è definito come: iJx I= ,

dove, rispettivamente, J e I indicano il numero di voci che sostengono l’opinione J (opposta a quella di i) e l’opinione I (la stessa dell’agente i). Ad esempio, se l’individuo i presenta un livello di motivazione pari a 1, esprimerà la sua opinione fintanto che le voci contrarie e quelle favorevoli alla propria opinione all’interno della arena deliberativa si equivalgono. Nel momento in cui le voci contrarie superano quelle favorevoli (vale a dire, J/I>1), allora l’agente i non si esporrà più pubblicamente. Preferenze più o meno intense, a favore o contro la questione dibattuta, sono riflesse nel livello di motivazione dei singoli agenti. Un individuo che presenta un livello di motivazione elevato, valuterà infatti i benefici di esprimere la propria opinione come molto alti e i relativi costi come trascurabili. Altri individui possono invece presentare una motivazione più blanda, fino ad arrivare al punto di non esporsi a meno che la propria opinione sia ampiamente diffusa nel dibattito pubblico. Un dato livello di motivazione determina semplicemente il rapporto tra benefici e costi percepiti nel fare una certa cosa (nel presente caso, esprimere pubblicamente la propria opinione) per un dato individuo5. In questo contesto, l’esito è determinato dalla esatta distribuzione dei livelli di motivazione per i due gruppi. Diventa quindi interessante analizzare i possibili esiti della interazione. In particolare, e come detto nell’introduzione, si vogliono identificare quali sono le condizioni che producono una situazione dialogica opposta ad una monologica. Il punto qui fondamentale (e normativamente problematico) è che questa seconda possibilità non è affatto dovuta ad un qualche supposto merito intrinseco dell’opinione in questione, bensì a dinamiche endogene all’insieme di persone chiamate a deliberare su una certa questione6. Qui di seguito verranno presentati alcuni risultati ottenuti impiegando una distribuzione normale di livelli di motivazione per i due gruppi7. La scelta di una distribuzione normale è particolarmente interessante, perché può essere considerata caratteristica di una popolazione in cui non è presente alcuna tendenza che distorce una distribuzione di preferenze lontana dalla sua regolare variazione intorno a una qualche tendenza centrale. 5 In questa particolare situazione, i costi e i benefici di scegliere di esporsi pubblicamente (rispetto al non esporsi) avranno quindi un aspetto intrinseco e uno estrinseco. Per quanto riguarda l’aspetto intrinseco (o specifico del singolo agente), tra i benefici possiamo assumere il piacere di affermare la propria idea (tanto maggiore, quanto più l’individuo in questione è convinto della sua opinione o particolarmente legato ad essa) o di poter incidere sul risultato finale; tra i possibili costi, la timidezza o un sentimento di inadeguatezza nel prendere la parola pubblicamente. Per quanto riguarda gli aspetti estrinseci, vale a dire quelli che dipendono dalle scelte altrui (l’impatto della interdipendenza), possiamo considerare, tra i benefici, il piacere di vedere rafforzata la propria opinione, se questa è appoggiata da altri, oppure una pura preferenza di conformismo; tra i costi, il sentimento di isolamento, assieme alle possibili reazioni di ostilità di chi ha opinioni diverse dalla propria. 6 MacKuen (1990) discutendo dei processi di formazione della opinione pubblica con un approccio simile a questo lavoro, parla di dialogo pubblico e di consenso sociale. 7 L’analisi può ovviamente essere estesa a tutte le possibili distribuzioni.

4

Page 6: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

Una distribuzione normale, come noto, è identificata da due parametri: la media (µ ) e la deviazione standard (σ ). La media determina la posizione della curva: facendo variare µ , la curva si sposta lungo l’asse delle ascisse. La deviazione standard influenza la minore o maggiore concentrazione della curva intorno a µ : a valori di σ via via più piccoli, corrispondono curve sempre più concentrate intorno alla media. Nel nostro caso, la media rappresenta la tendenza generale di un gruppo ad esprimere la propria opinione (il livello di motivazione medio). La deviazione standard, invece, il grado di dispersione di tali livelli di motivazione. Ipotizziamo che sia il gruppo dei bianchi che dei rossi sia composto da 100 persone8 e che, per entrambi i gruppi, l’intervallo dei livelli di motivazione (x) sia compreso tra 0 e 2. Nella figura 1, a questo riguardo, abbiamo riportato una distribuzione di frequenza normale (la funzione f(x) ) per il gruppo dei bianchi (rossi) con media uguale a 1 e con una deviazione standard pari a 0,5. La scelta di una media uguale 1 si riallaccia alle previsioni della teoria della spirale del silenzio, mentre una deviazione standard di 0,5 sembra un valore ragionevole tra una bassa e una elevata dispersione delle motivazioni individuali9. Sull’asse orizzontale sono riportati tutti i possibili valori di x presenti in quel dato gruppo. Si noti che, per comodità espositiva, la distribuzione di frequenza varia tra 2 e 0, e non tra 0 e 2. In altre parole, il più motivato tra i bianchi (rossi) presenta un livello pari a 2: vale a dire, è portato a parlare anche quando le voci (le opinioni espresse) simpatetiche con la propria rappresentano solo un terzo del totale; in modo simile, chi presenta un livello di motivazione pari a 0, non si esporrà a meno che non siano presenti solo voci a lui favorevoli nel dibattito10.

Figura 1 Nella figura 1 è riportata anche la corrispondente distribuzione cumulata (la funzione F(x) )11. In questo senso, l’asse verticale misura la proporzione delle persone appartenenti al gruppo dei bianchi (rossi) che per un dato valore di x continua ad essere motivata a parlare. Ad esempio, il 50% dei bianchi (rossi) ha un livello di motivazione

8 I risultati ottenuti sono indipendenti dal numero di persone chiamate a partecipare al dibattito deliberativo. Quello che conta è il rapporto tra le voci espresse (si veda oltre). D’altra parte, le esperienze concrete di pratiche deliberative variano dal coinvolgere poche decine di persone (le Citizen’s Juries), a un centinaio (i Deliberative Polls), a diverse migliaia (come è il caso dell’assai discusso Bilancio Partecipativo di Puerto Alegre). Si veda, tuttavia, Parkinson (2003) sull’importanza della questione numerica per l’esercizio deliberativo. 9 I risultati che abbiamo ottenuto sono solo marginalmente influenzati dal tipo di dispersione nel gruppo (al crescere, in particolare, dell’intervallo dei livelli di motivazione). Per questo manterremo in tutto gli esempi una deviazione standard uguale a 0,5. 10 La funzione di densità f(x) è definita tra e −∞ +∞ . Nel nostro caso, i livelli di motivazione nella coda a sinistra della distribuzione di frequenza sono considerati pari a 2, e quelli nella coda a destra uguali a 0. Si veda, tuttavia, il paragrafo 3. 11 Una distribuzione cumulata indica le proporzioni che sono minori o uguali ad un dato valore di una variabile. Nel nostro caso, tuttavia, la distribuzione cumula tutte le percentuali di persone che hanno una motivazione maggiore o uguale ad un dato valore per lo stesso livello. Quando tale livello di motivazione diminuisce, la distribuzione cumulata monotonamente si avvicina all’unità.

5

Page 7: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

per lo meno uguale a 1 (punto a). Il 21% per lo meno uguale a 1,4 (punto b). Il 79% per lo meno uguale a 0,6 (punto c).

Assumiamo, inoltre, che ciascuno, nel momento in cui compie la propria scelta, conosce il rapporto tra voci contrarie e a favore rispetto alla propria opinione espresse nella arena deliberativa12 (tranne, ovviamente, all’inizio del dibattito: un punto su cui torneremo successivamente); tuttavia, le persone non conoscono le (future) intenzioni degli altri. Infine, facciamo nostra la seguente assunzione: i bianchi (e i rossi) che in un dato momento parlano in una arena deliberativa, avranno sempre un livello di motivazione più elevato rispetto a chi non parla.

3. Sulle possibilità di un dialogo La relazione tra la definizione che abbiamo dato di livello di motivazione e la configurazione di voci bianche e rosse che discutono in un dato momento all’interno di una arena deliberativa, genera una dinamica elementare rappresentata nella figura 2. La curva denominata B è la trasformazione della distribuzione cumulata delle motivazioni per il gruppo dei bianchi. Più in dettaglio, per un qualunque numero di bianchi (ad esempio z) lungo l’asse orizzontale, il numero massimo di voci rosse la cui presenza non influenzerà la motivazione di quel dato numero di bianchi ad esprimere pubblicamente la propria opinione, è uguale al prodotto tra z e il corrispettivo livello di motivazione. Così, riprendendo l’esempio del paragrafo precedente, affinché 79 bianchi possano essere tutti motivati a parlare, non devono essere presenti nell’arena deliberativa più di 47 voci rosse (79*0,6). Per lo stesso ragionamento, 50 bianchi possono «accettare» un numero uguale di voci rosse e continuare a parlare. E così via.

Figura 2 Per capire meglio questa dinamica, si prenda un numero iniziale di voci bianche (lungo l’asse orizzontale) e di voci rosse (lungo quello verticale). Quando l’iniziale combinazione di entrambe giace sotto la curva B, allora la situazione è così favorevole all’opinione espressa dal gruppo dei bianchi, da incentivare l’aggiunta di nuovi voci simpatetiche con la propria nel dibattito pubblico (graficamente, ci muoveremo orizzontalmente verso destra), fino a che non si raggiungerà un nuovo punto lungo la curva B13. Allo stesso modo, quando il punto iniziale giace al di fuori della curva B, la dinamica dell’interazione sociale muoverà il punto orizzontalmente verso sinistra (ci sono relativamente troppe voci rosse, quindi il numero di voci bianche si contrae) fino a che, ancora una volta, non si raggiunge un punto lungo la curva B. Infine, qualunque punto lungo la curva B identifica una situazione di equilibrio per il gruppo dei bianchi,

12 L’opinione di quelli che non si espongono non conta, anche perché, essendo in silenzio, non possono essere facilmente identificati. 13 In questo senso, il problema del free-rider (l’idea, in altri termini, in base alla quale un individuo potrebbe decidere di non esprimere la propria opinione sull’argomento, perché, in fondo, «l’ha già espressa qualcun altro»), non si applica a tale situazione. Detto in altro modo, stante la giuste condizioni ambientali (date dal rapporto tra voci contrarie e favorevoli alla propria opinione), la componente espressiva della scelta individuale domina quella strumentale (Martelli 1999), incentivando un attore a far sempre sentire la propria opinione.

6

Page 8: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

nel senso che, dato il numero di voci rosse, quel particolare numero di voci bianche è soddisfatto. Naturalmente, il gruppo dei rossi farà il medesimo calcolo, generando quindi la curva R, che è sovrimposta alla curva B nella figura 2. La dinamica del numero complessivo di persone in ciascun gruppo che decide di esporsi è mostrata dalle frecce. In particolare, le frecce orizzontali indicano la direzione di cambiamento nel numero di voci bianche; le frecce verticali la direzione per i rossi, e la freccia diagonale (la risultante) la direzione del cambiamento complessivo. Nell’area all’estrema destra e al di sopra di entrambe le curve, la direzione del cambiamento, vede, allora, una diminuzione nel numero delle persone che esprimono la propria opinione14. Nella regione al di sotto di entrambe le curve, il numero delle voci (bianche e rosse) aumenterà fino a raggiungere una delle due curve. Nella regione al di sotto di una curva ma al di sopra dell’altra, infine, la dinamica mostra un aumento nel numero delle opinioni espresse del primo gruppo, e una contrazione del secondo. Nella figura 2 esistono tre equilibri, vale a dire ci sono tre combinazioni di voci bianche e di voci rosse nel mix di opinioni espresse nel corso dibattito, per cui nessun agente ha un qualche incentivo a cambiare comportamento (dato quello degli altri)15. Due di questi equilibri sono stabili (e sono indicati dal quadrato nella fig.3), mentre uno risulta instabile (indicato dal triangolo nella stessa figura). I due equilibri stabili sono entrambi monologici: vale a dire identificano una situazione in cui solo una delle due voci è presente nell’arena deliberativa. Quale dei due equilibri - rispettivamente il punto (100, 0) o (0, 100) - avrà luogo, dipenderà, in particolare, da dove il processo inizia così come dalla velocità relativa nei movimenti delle voci bianche e rosse. L’equilibrio caratterizzato da un dialogo, vale a dire il punto di intersezione tra le due curve, è invece instabile. Come si può infatti facilmente osservare, partendo da questo punto, data una leggera modifica nel numero di voci bianche o rosse, la dinamica di aggiustamento porta inevitabilmente lontano da questo punto verso uno dei due equilibri stabili. Al contrario, un equilibrio è stabile se il sistema ritorna verso questo punto dopo una piccola perturbazione. In questo senso, un equilibrio stabile attrae - mentre uno instabile allontana - tutte le (possibili) traiettorie. Con simili livelli di motivazione, si genera, dunque, una situazione in cui una sola opinione finisce per occupare completamente lo spazio discorsivo dell’arena deliberativa. Questo, a ben vedere, è un risultato sorprendente, perché, stante la distribuzione di frequenza ipotizzata (fig.1), almeno la metà degli agenti in ciascun gruppo è motivata ad esprimere la propria opinione anche quando è in minoranza. Tuttavia, l’aggiunta di nuove voci da parte di un gruppo o dell’altro finisce per «soffocare» quelle voci che precedentemente prendevano parte al dibattito. E dato che 14 La velocità relativa del movimento determinerà l’inclinazione della risultante: nel grafico, per semplicità, si assume che la velocità con cui le persone iniziano a parlare o smettono di farlo, a seconda del numero delle altre persone che esprimono la propria opinione, è uguale per entrambi i gruppi. 15 Esiste poi un ulteriore equilibrio (instabile) nel punto (0,0), in cui nessuno prende parola nel corso del dibattito. Data l’implausibilità, e lo scarso interesse teorico, di questa situazione, questa possibilità non verrà ulteriormente approfondita.

7

Page 9: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

la decisione di ciascun individuo dipende dalla decisione di tutti gli altri, in un contesto in cui il criterio di scelta degli altri varia, i risultati possono portare a soluzioni estreme. E’ in questo senso che l’equilibrio monologico può essere considerato una proprietà insorgente dell’interazione, in quanto non può essere dedotta dalla semplice aggregazione delle proprietà (caratteristiche) dei singoli individui (Axelrod 1997)16. Un modo per produrre un equilibrio stabile di dialogo è quello di aumentare l’intervallo dei livelli di motivazione per entrambi i gruppi. Questo è fatto nella figura 3, in cui l’intervallo delle motivazioni individuali passa da 2-0, con media pari a 1, a 4-0, con media pari a 217. In effetti, ora lungo un ampio spazio di possibili punti di partenza, è l’equilibrio misto di voci (rappresentato, ancora una volta, dalla intersezione tra le due curve) quello che è raggiunto attraverso una serie di movimenti successivi, risultando così il «centro di gravità» per una ampia porzione dello spazio.

Figura 3 L’equilibrio stabile di dialogo così riscontrato è tuttavia suscettibile a importanti discontinuità nel momento in cui la dimensione relativa dei due gruppi varia. In questo senso, la figura 4 (nella parte in tratto continuo) mostra quello che succederebbe se, stante sempre i due intervalli di livelli di motivazione della figura 3, il gruppo dei rossi passasse da 100 a 70, rendendo così i rossi una minoranza pari al 41% Le curve risultanti (B e R), come si può vedere, non si intersecano più. Il risultato è che l’equilibrio dialogico semplicemente svanisce. Continuano a persistere, al contrario, i due equilibri stabili monologici. In particolare l’equilibrio (100, 0), in cui solo le opinioni del gruppo dei bianchi (e quindi della maggioranza) vengono espresse, risulta in grado di attrarre verso di sé la maggior parte della distribuzione dei punti iniziali18.

16 Un aspetto importante dell’insorgenza è che rompe ogni relazione logica tra individualismo metodologico e riduzionismo. In altri termini, le proprietà insorgenti non possono essere comprese attraverso gli elementi individuali di un sistema, dato che sono intrinsecamente collettive. Tuttavia, sono proprio i comportamenti di questi elementi individuali a determinare se tali proprietà saranno, o meno, presenti. 17 Questo potrebbe risultare plausibile una volta che assumiamo che le persone che scelgono di essere coinvolte in un processo deliberativo risultano, mediamente, anche quelle che presentano preferenze più intense sull’argomento. Sul tema della autoselezione dei partecipanti, che tende a sovra-rappresentare certe categorie di cittadini all’interno di un processo deliberativo, si veda Regonini (2005). Per una evidenza empirica: Merkle (1996). 18 In effetti, più vicino un equilibrio instabile ad uno dei due equilibri stabili, più piccolo l’intervallo di punti attratti dal primo equilibrio e maggiore l’intervallo attratto dall’altro equilibrio stabile. Ciò non toglie che per date distribuzioni iniziali di voci, si possa anche affermare un equilibrio stabile in cui solo le opinioni rosse (quelle, cioè, della minoranza) vengono espresse. Quando questo accade, una opinione che godrebbe in teoria della maggioranza, potrebbe non essere mai espressa (e dunque essere la base di una decisione collettiva), perché una «minoranza vociante» riduce al silenzio la maggioranza, facendo apparire il clima del dibattito differente da quello che in realtà è. Da notare che una volta che questa situazione è raggiunta, rivelare la suddetta informazione alla maggioranza potrebbe non essere sufficiente per modificare la situazione, dato che, adesso, la maggioranza è chiamata ad impegnarsi in una azione collettiva che è lungi dall’essere scontata (Curini, 2004a).

8

Page 10: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

Figura 4

Data questa situazione, affinché un equilibrio dialogico stabile possa ancora una volta manifestarsi, deve necessariamente ampliarsi l’intervallo dei livelli di motivazione del gruppo che sostiene l’opinione in minoranza (o, alternativamente, contrarsi quello del gruppo di maggioranza). Sempre la figura 4 (nel passaggio da R a R’) illustra la prima possibilità, con un intervallo dei livelli di motivazione per il gruppo dei rossi che passa da 4 – 0 a 7 – 0, con media pari a 3,5. Possiamo, a questo punto, riassumere quanto visto sinora:

a) Per intervalli di livelli di motivazione medio-bassi (tra 2 e 0), e stante la nostra

assunzione relativa a una distribuzione normale di preferenze, gli unici equilibri stabili sono quelli monologici. Si noti che un simile livello di motivazione, con media intorno all’1, è quello previsto dalla teoria della spirale del silenzio. Date queste condizioni, se la maggior parte degli individui appartenenti al proprio gruppo sono percepiti tacere, rispetto all’altro gruppo, allora un feedback negativo farà sì che un equilibrio stabile di silenzio (per quel dato gruppo) venga mantenuto. In questa situazione, anche quegli individui disposti ad esporsi pubblicamente, pur essendo in minoranza, accetteranno tale condizione.

b) Un equilibrio dialogico è il solo caso in cui le opinioni espresse riflettono la

soggiacente varietà delle preferenze private esistenti. Come visto, tuttavia, questo risultato può essere difficile da raggiungere, proprio perché gli individui calcolano le loro strategie non in isolamento, ma piuttosto sulla base delle osservazione dell’apparente «clima del dibattito». In generale, un equilibrio stabile di dialogo è più probabile che venga raggiunto laddove le motivazioni sono forti e quando i diversi punti di vista sono distribuiti più o meno simmetricamente. Quando, al contrario, l’equilibrio numerico tra le opposte opinioni muta, la dinamica può facilmente produrre, ancora una volta, una situazione di conformismo.

c) Riconoscere, come fa Noelle-Neumann (1984), che esista una minoranza di

individui hard-core, ovvero di militanti, che sono pronti ad esporre sempre la propria opinione in pubblico indipendentemente da considerazioni legate all’ambiente esterno (vale a dire, con un livello di motivazione pari, al limite, a

) non muta significativamente i risultati dell’analisi. L’unica differenza (oltre al venir meno del poco plausibile equilibrio in cui nessuna delle opinioni viene espressa) è che ora, accanto ad un possibile equilibrio di dialogo, avremo un «sostanziale» equilibrio monologico, nel senso che, in questo ultimo caso, (quasi) tutte le voci che si sentono nell’arena deliberativa appartengono ad una data opinione, con l’eccezione degli hard-core dell’opinione alternativa che continuano a far sentire la propria voce (pur non potendo fare nulla per incidere sull’equilibrio). Ovviamente, quanto più la percentuale di hard-core cresce, tanto più un equilibrio (sostanzialmente) monologico assomiglierà ad un equilibrio dialogico. La figura 5, in questo senso, riprende la situazione illustrata nella figura 2 ma questa volta in presenza di una minoranza del 10% di hard-core nel gruppo dei bianchi. Come si può vedere, l’equilibrio in cui dominano le voci rosse, vede comunque presente 10

ix →+∞

9

Page 11: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

voci bianche, a differenza dell’equilibrio in cui dominano solo le voci bianche. In altre parole, il gruppo che gode di un maggior numero di militanti è relativamente avvantaggiato nella situazione a lui peggiore.

Figura 5

d) Le aspettative degli attori coinvolti nell’arena deliberativa rivestono un ruolo cruciale, dato che determinano il punto di partenza dell’intera dinamica, e, con questo, la possibilità di raggiungere un certo equilibrio e non un altro. Ad esempio, anche nello scenario tra quelli visti più favorevole al raggiungimento di un equilibrio stabile di dialogo (fig.3), se la maggior parte del gruppo dei bianchi si aspetta, per una qualche ragione, di ritrovarsi in una arena deliberativa dominata da voci rosse (vale a dire, nella parte sinistra della fig.3), allora l’equilibrio monologico in cui solo le voci rosse vengono espresse sarà (con tutta probabilità) raggiunto. Al contrario, l’apparire (o il credersi) forti diventa una profezia che si autoadempie; quelli che credono, poco importa se ottimisticamente o realisticamente, di essere in maggioranza, sono più disposti ad esporsi; quelli che pensano di essere in minoranza, hanno un ulteriore incentivo a rimanere in silenzio. In questo senso, le condizioni iniziali rappresentano le aspettative di partenza degli individui sulla natura dell’ambiente in cui si ritrovano ad interagire19.

e) Un dato livello di motivazione deve essere normalmente considerato in termini relativi, vale a dire come specifico per una particolare questione dibattuta. In questo senso, un individuo che appare essere poco motivato in una certa situazione, potrebbe benissimo esserlo date altre questioni. Le ricompense e le penalità associate con la discussione pubblica, e quindi le possibilità per gli individui di intrattenere un dialogo con punti di vista differenti dai propri, variano, in altre parole, con il contesto storico e sociale, con le questioni discusse e con il modo in cui il problema oggetto della discussione è strutturato. Una tradizione civica di moderazione incoraggia, ad esempio, la discussione, minimizzando, al contempo, il «dolore» dello scontro (MacKuen 1990). In modo simile, una conversazione è più semplice quando i punti opposti sono in disaccordo su come raggiungere degli obbiettivi condivisi piuttosto che essere in disaccordo sugli obbiettivi stessi20. In questo caso, chi è in disaccordo può essere al limite uno «sprovveduto», mai un «avversario», o, ancor peggio, un «nemico»21. In questo senso, anche la questione che viene discussa conta nel determinare quale equilibrio del dibattito alla fine verrà raggiunto.

19 Non è ovviamente detto che tali aspettative siano corrette. Anzi, secondo la teoria dell’ignoranza pluralistica, ci dovremmo aspettare normalmente percezioni poco accurate (Taylor 1982). 20 Si veda Curini (2004b) per la differenza tra preferenze primitive (definite rispetto ai fini) e preferenze indotte (definite rispetto ai mezzi). 21 Jeffres et al. (1999), ad esempio, mostrano come la natura di una questione e la salienza della stessa possono influenzare la probabilità di impegnarsi in una discussione politica.

10

Page 12: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

4. Alcune conseguenze per la pratica deliberativa 4.1 Teoria Il modello che è stato presentato nelle pagine precedenti astrae da un punto importante: a differenza, infatti, del comportamento individuale, che può variare nel corso dell’interazione (dall’esprimere la propria opinione al tacere o viceversa), le soggiacenti opinioni rimangono fisse22. Ovviamente, nel mondo reale, le preferenze individuali possono cambiare, e in effetti proprio questo è uno dei punti che con maggiore forza hanno sottolineato i teorici della deliberazione. La fiducia, in poche parole, nella capacità della deliberazione di rimodellare e incidere sulle preferenze individuali come conseguenza del confronto con le valutazioni, le storie e le ragioni degli altri (Regonini 2005). Questo apparente limite del modello non incide, tuttavia, se non marginalmente, sulla rilevanza delle questioni sollevate. Normalmente, infatti, l’opinione di un individuo può modificarsi solamente quando è nelle condizioni di ascoltare punti di vista diversi dal proprio. Ma in presenza di un equilibrio monologico, le opinioni (e le ragioni) altrui non sono, per definizione, mai ascoltate (o, comunque, non ascoltate a sufficienza23). La portata di questo punto ha un impatto molto generale rispetto all’intero dibatto sulla democrazia deliberativa. La tabella 1 riassume, in questo senso, alcune delle virtù associate in letteratura alla pratica deliberativa, distinguendo tra effetti diretti, relativi alla qualità della decisione collettiva finale prodotta; ed effetti indiretti, legati alle conseguenze della deliberazione su chi partecipa al processo deliberativo.

Tabella 1 Senza voler entrare nel dettaglio, è facile intuire come ciascuna di queste potenziali virtù sarebbe nel migliore dei casi menomata, e, nel peggiore, annullata (basti pensare agli effetti indiretti della deliberazione), se la presunzione di partenza (riguardo all’espressione di tutte le opinioni presenti in una arena deliberativa) non venisse mantenuta. Ma c’è di più. In alcune situazioni, la pratica deliberativa potrebbe continuare a fare differenza, ma in modi niente affatto previsti dai suoi sostenitori. Innanzitutto, laddove l’esito finale di un processo deliberativo riflette maggiormente le opinioni espresse

22 Non si prevedono, inoltre, ritardi temporali nell’aggiustamento del comportamento individuale a seguito di variazioni nell’ambiente esterno; né la possibilità di una percezione sbagliata della situazione da parte degli agenti (se non, come visto, all’inizio del dibattito). 23 In presenza di hard-core, ovviamente, ci sarà sempre qualcuno che sosterrà le ragioni «dell’altra opinione» indipendentemente dalle condizioni ambientali (si veda la fig.5). Tuttavia, gli hard-core, per definizione, sono anche quegli individui che presentano le preferenze più intense su un dato argomento. La credibilità dei loro messaggi, in questo senso, dovrebbe essere ampiamente scontata dagli altri attori quando sono chiamati a soppesare i vari pro e contro a una certa questione, con il risultato di minare la loro capacità persuasiva (Curini 2004). Si veda, inoltre, quanto detto più avanti a proposito dell’effetto della cascata informativa.

11

Page 13: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

durante la discussione, piuttosto che l’aggregazione di punti di vista privati (il voto)24, allora la presenza di un equilibrio monologico stabile può rendere il processo che porta ad una decisione collettiva più facile, ma non per questo necessariamente migliore. Si pensi, ad esempio, ad una situazione in cui una istituzione pubblica crea una arena deliberativa per sentire più da vicino l’opinione della cittadinanza (o di una parte di essa) su una specifica questione, prima di prendere una decisione, e che pertanto viene influenzata da quello che le «sembra di sentire» in modo inequivocabile all’interno della arena in questione. Così facendo, tuttavia, si ignorerebbero le preferenze di una porzione del pubblico (spesso minoritaria, ma non solo, come visto) ridotta al silenzio endogenamente dalla stessa pratica deliberativa. La conclusione, ancora una volta, è che può risultare decisamente fuorviante inferire delle preferenze individuali da esiti aggregati (Granovetter 1978). Nel caso appena visto, ad esempio, l’unanimità tra le voci espresse, non implica necessariamente il raggiungimento di un qualche consenso. Secondariamente, proprio per la dinamica appena considerata, una opinione che si afferma stabilmente, al di là dei suoi meriti intrinseci, all’interno di una arena deliberativa, potrebbe avere un effetto non trascurabile sulle preferenze degli individui coinvolti. Da un lato, potrebbe comportare un effetto dis-educativo (Price – Cappella – Nir 2002): dato, infatti, che in un equilibrio monologico, la discussione vede presente una sola opinione, senza alcun contraddittorio, i sostenitori di quest’ultima non necessiterebbero di sviluppare alcuna ragione a giustificazione del possibile disaccordo degli altri, portando ad un rafforzamento, e, prevedibilmente, ad una radicalizzazione, delle proprie opinioni ex-ante25. Dall’altro lato, esistono per lo meno due meccanismi che potrebbero modificare l’opinione di chi originariamente presentava una opinione diversa rispetto a quella affermatasi ex-post nell’arena deliberativa, in direzione proprio di questa ultima (Hafer – Landa 2005): a) l’effetto di una cascata informativa: coloro che in precedenza erano soltanto moderatamente convinti di una certa opinione, potrebbero inferire i benefici e/o il valore di una possibile alternativa dal fatto che quest’ultima è sostenuta da molti altri (che possono, in realtà, non essere più certi e/o convinti della cosa). Ovviamente, in una situazione di equilibrio monologico, la varietà di argomentazioni che si ascoltano è drasticamente ridotta (nel caso limite, a una sola voce). Ne consegue che si può essere persuasi soltanto in una direzione26; b) la già citata possibilità di un effetto bandwagon, che rinvia alla suscettibilità individuale all’influenza del gruppo: una volta ascoltato l’opinione degli altri, gli individui aggiustano la propria posizione nella direzione del punto di vista dominante ex-post. Ovviamente, in questo caso, l’eventuale cambiamento di preferenze sarebbe, ancora una volta, il prodotto della dinamica endogena di una pratica deliberativa, e non l’effetto della «forza della migliore argomentazione» (Habermas 1996). 24 Questo punto, a sua volta, rinvia a come dovrebbero essere prese le decisioni collettive a seguito di un processo deliberativo, una questione, a dir la verità, ancora piuttosto nebulosa in letteratura (Curini 2004b). 25 Utilizzando la metafora teatrale, potrebbero confondere la loro (vera) situazione di monologo per una (falsa) di soliloquio. 26 Questo vale ancora di più nel caso in cui in una arena deliberativa partecipano degli individui che non hanno (ancora) alcuna opinione specifica sul tema oggetto del dibattito.

12

Page 14: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

La plausibilità (o implausibilità) di questi punti non può essere risolta soltanto da un punto di vista teorico. Al contrario, sottolinea con forza la necessità di una adeguata investigazione empirica, che, nonostante i numerosi esperimenti che hanno coperto una gamma molto ampia di configurazioni (dai sondaggi deliberativi, alle elezioni deliberative, alle Citizen Juries e via discorrendo) ancora latita27. Temi quali l’intensità delle preferenze individuali, la relativa frequenza e lunghezza con cui le differenti persone parlano, l’andamento temporale di questa partecipazione, e l’effetto di tutto ciò sul proseguo del dibattito, non possono venire trascurati con leggerezza28. Una scarsa attenzione che è resa ancora più colpevole dai risultati degli studi empirici sulla spirale del silenzio, che sottolineano, in larga misura, la presenza di tale dinamica. Si è così visto ad esempio, che in diverse situazioni pubbliche (Noelle-Neumann 1984, p.24), gli uomini sono più disposti ad entrare in discussione su temi controversi rispetto alle donne, i più giovani rispetto ai più anziani, e quelli che appartengono agli strati sociali più alti rispetto a quelli degli strati sociali più bassi. Questo ha delle ovvie conseguenze per la visibilità pubblica dei vari punti di vista. Per la dinamica vista sopra, infatti, se una opinione è particolarmente diffusa tra gli uomini o tra i più educati, automaticamente avrà anche una migliore possibilità di apparire come l’opinione destinata ad ottenere un (apparente) consenso generale29. D’altra parte, anche gli studi che si sono concentrati sui processi decisionali all’interno delle giurie americane, sembrano sottolineare alcuni punti che dovrebbero mettere in guardia gli entusiasti della «deliberazione a tutti i costi». In particolare, si è dimostrato come alcune persone (ancora una volta uomini, con una elevata educazione e status sociale, appartenenti al gruppo etnico principale) parlino sistematicamente più di altre (Sanders 1997, p.365). Questo, di per sé, non sarebbe un problema laddove tutti o la maggior parte dei punti di vista presenti in una giuria fossero in qualche modo espressi e considerati, indipendentemente da quanto le persone parlano. Tuttavia, questi stessi studi suggeriscono come sia la quantità, piuttosto che la qualità, degli interventi ad influenzare le percezioni e quindi la probabilità che un certo punto di vista alla fine risulti vincente. Non si vede, allora, perché questo non debba valere, almeno in linea di principio, anche in altri contesti deliberativi.

27 Una interessante eccezione è rappresentata dai due numeri di Acta Politica (2005, vol. 40, n.2 e 3) dedicati propria agli approcci empirici alla deliberazione politica. 28 L’unico parziale riferimento su queste tematiche che sono riuscito a trovare è in Merkle (1996), dove, citando alcuni risultati del National Issues Convention Deliberative Poll, si sottolinea la forte disparità nella partecipazione individuale al dibattito, con alcuni individui che parlano moltissimo e altri, praticamente, sempre in silenzio. 29 Per una discussione sulla evidenza empirica dell’esistenza di una «spirale del silenzio» si veda: Glynn et al. (1997); Scheufle – Moy (2000). I risultati, in generale, confermano tale teoria, anche se non mancano le evidenze in senso contrario. Il problema con tali ricerche è che normalmente testano una situazione binaria: se un individuo percepisce di essere in maggioranza, esprime la sua opinione; altrimenti tace. Occorrerebbe, al contrario, studiare l’interazione tra una distribuzione di motivazioni (più o meno forti) ad esporsi in pubblico e la percezione individuale dell’ambiente esterno (come fatto, teoricamente, in questo lavoro).

13

Page 15: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

4.2 Applicazioni Affinché le virtù della deliberazione possano avere luogo, o per lo meno possano avere una qualche possibilità di avere luogo, occorre, per quanto detto, risolvere un problema alla fonte: come fare in modo che tutte le opinioni vengano espresse in egual misura in una arena deliberativa? In questo senso, concentrarsi sui pre-requisiti della deliberazione, affinché tale deliberazione sia davvero inclusiva, è una questione lontana dall’essere triviale, proprio perché, anche ammesso che si riesca a far partecipare formalmente nel gruppo tutti i punti di vista rilevanti, la dinamica che abbiamo considerato può fare in modo che endogenamente alcune posizioni semplicemente non vengano espresse. In altre parole, non è affatto necessario che sia presente una qualche forma esplicita di esclusione per «zittire» alcune preferenze. Da questo punto di vista, l’analisi qui esposta è completamente institution-free. Al contrario, da più parti è stata sottolineata l’importanza del deliberative setting, ovvero di quell’insieme di regole che strutturano le arene deliberative (Elster 1998). Questo punto, ovvero il fatto che la deliberazione debba essere pensata all’interno di un ambiente istituzionale, fatto di regole e procedure, ma anche caratterizzato dalla presenza di eventuali mediatori o facilitatori, esce ulteriormente rafforzato dalle conclusioni dei precedenti paragrafi. In effetti, il modello che è stato discusso sottolinea tutta una serie di linee di frattura lungo le quali diventa possibile intervenire per facilitare il raggiungimento di un risultato virtuoso (dialogico) piuttosto che vizioso (monologico). Ad esempio, influenzando le aspettative degli attori che entrano in una arena deliberativa riguardo al loro essere maggioranza o minoranza; oppure presentando il problema oggetto del dibattito in un certo modo, al fine di abbassare lo scontro ideologico e quindi incidendo indirettamente sulla distribuzione dei livelli di motivazione; o, ancora, selezionando quegli individui che presentano preferenze più intense sull’argomento rispetto ad altri; o, infine, distribuendo maggiori informazioni sull’argomento discusso a sostegno delle rispettive posizioni, nell’assunzione che questo possa aumentare i benefici di esprimere la propria posizione30. Tre ulteriori – e più specifiche - procedure che rendono possibile il raggiungimento di un equilibrio di dialogo pur in presenza di una situazione di partenza sfavorevole (quella, ad esempio, illustrata nella figura 4), sono riportate nella figura 631. Ciò che le accomuna è l’enfasi sulla necessità di arrivare ad una qualche strutturazione dell’espressione delle opinioni individuali all’interno di una arena deliberativa. Figura 6 30 Dando per scontata la preferenza, da un punto di vista normativo, a favore di un equilibrio dialogico rispetto ad uno monologico, bisogna tuttavia anche riconoscere come non sempre il primo equilibrio risulti privo di controindicazioni. Si consideri, ad esempio, la situazione in cui una delle possibili opinioni in campo (magari quella di minoranza) è moralmente condannabile (ad es. a favore della schiavitù, ecc.). 31 La discussione fatta in relazione alla fig.6 può essere facilmente estesa alla situazione in cui sono presenti degli hard-core in uno o in entrambi i gruppi, senza per questo incidere sulle conclusioni a cui si perviene.

14

Page 16: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

La prima procedura introduce la seguente regola: «per ogni fase o sessione del dibattito, non possono prendere la parola più di 40 persone». Questo vincolo può essere rappresentato tracciando nella figura 6 (per il resto identica alla 4) la retta R=40-B. Come si può facilmente intuire, ogni punto lungo la suddetta retta rappresenta un equilibrio. In questo senso, oltre ai due equilibri monologici, diventano ora possibili una pluralità di equilibri di dialogo prima non raggiungibili (tutti i punti lungo la retta e compresi tra le due curve)32. Se quindi non prevedere alcun limite al numero di individui che possono prendere parola nel corso di un processo deliberativo, risulta, a prima vista, normativamente molto attraente33, è anche vero che ciò rischia di rendere impossibile ottenere un equilibrio virtuoso di dialogo, raggiungibile, al contrario, proprio in presenza di un qualche vincolo all’espressione pubblica delle opinioni individuali. Detto in altri termini, e in modo controintuitivo, affinché in alcune situazioni tutte le opinioni possano venire espresse, non tutte le persone devono poter esprimere la propria opinione. Questa stessa conclusione, seppure declinata in modo differente, è condivisa anche dalle altre due possibili procedure. Entrambe, in particolare, permettono di raggiungere il medesimo (e stabile) equilibrio dialogico, in cui 140 voci (70 di un colore e 70 dell’altro) interagiscono all’interno dell’arena deliberativa. Più in dettaglio: la seconda procedura stabilisce che il numero di voci ammesse a parlare a sostegno di una certa opinione, non possono mai essere superiori al numero complessivo di individui che appoggiano l’opinione alternativa (nella fig.6, tale vincolo è rappresentato dalla retta B=70)34. Il punto debole di questa soluzione è che richiede una chiara e preventiva identificazione nonché quantificazione (quante sono le voci a sostegno della maggioranza? e quante della minoranza?) delle opinioni in gioco, cosa che potrebbe risultare niente affatto semplice (per tutto quello detto in precedenza). Alternativamente (terza procedura), si può ricorrere ad una meno onerosa, per lo meno dal punto di vista informativo, regola dell’alternanza. In questo caso, infatti, tutto ciò 32 Questi punti sono tuttavia «relativamente stabili» (Granovetter – Soong 1988). La spiegazione è semplice. Ammettiamo che ci siano 10 voci bianche e 10 voci rosse che iniziano il dibattito e ipotizziamo che, come fatto sinora, la velocità con cui le persone iniziano a parlare o smettono di farlo, a seconda del numero delle altre persone che esprimono la propria opinione, è uguale per entrambi i gruppi. Allora, partendo dal punto (10,10) ci ritroveremmo, come equilibrio finale, nel punto (20,20) lungo la retta. In questo senso, qualunque perturbazione che non modifica il rapporto di 1:1 tra voci bianche e rosse, riporterà all’equilibrio (20,20). Qualunque altro cambiamento condurrà, invece, ad un nuovo equilibrio lungo la retta. 33 In Bächtiger et al. (2005), ad esempio, l’assenza di vincoli alla partecipazione individuale è considerata uno degli indicatori principali che determinano la qualità di una deliberazione. 34 Si veda Schelling (1978) per una applicazione al caso della segregazione residenziale. Da notare che limitare il numero di voci che possono essere espresse a sostegno della opinione sostenuta dalla maggioranza equivale ad assumere una situazione in cui il numero di bianchi (il gruppo di maggioranza) in eccesso al vincolo stabilito dalla procedura (in questo caso: 70 voci ammesse per opinione) presenta una motivazione pari a 0. Sia che questi ultimi vengano esclusi, o si escludano da soli, è la loro assenza che trattiene le voci bianche dal «soffocare» quelle rosse in virtù del loro numero, rendendo l’equilibrio dialogico possibile. In questo senso, non è sempre detto che aumentare il livello di motivazione per un dato gruppo rappresenti la scelta migliore se si vuole raggiungere un equilibrio virtuoso di dialogo.

15

Page 17: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

che occorre è soltanto identificare quali sono le opinioni (due, nel nostro esempio) presenti su una certa questione, e successivamente richiedere che, per ogni sessione del dibattito, a un numero di persone che si esprime a favore di una data opinione succeda esattamente lo stesso numero di persone a sostegno dell’opinione alternativa, e che questo numero cresca di una unità (per parte) per ogni sessione del dibattito. Laddove questo non risultasse possibile (vale a dire, laddove ad un numero di persone pari a z che sostiene l’opinione x non può succedere un altrettanto numero z che sostiene l’opinione y, dato i livelli di motivazione del gruppo y), si ritorna alla situazione precedente. Graficamente (fig.6), i soli movimenti possibili della dinamica di aggiustamento risultano, in questo senso, lungo la retta R=B. Da notare che, data la suddetta procedura, l’unico equilibrio diventa proprio quello dialogico (nel punto 70,70)35. 4.2.1 Addendum: il rischio di una manipolazione In tutte le situazioni viste, è la presenza di una molteplicità di equilibri che riveste un ruolo fondamentale: è questa situazione che crea innanzitutto la possibilità, e, successivamente, anche la maggiore incisività, per eventuali interventi nel corso di un processo deliberativo. Di fronte a una pluralità di equilibri possibili, infatti, gli sforzi di un attore esterno possono modificare l’ambiente in cui avviene la deliberazione incidendo radicalmente sull’esito finale raggiungibile. In alcuni casi limite, anche una piccola modifica può funzionare da catalizzatore e causare una profonda variazione nell’equilibrio. Basti pensare, ad esempio, a quelle aree a cavallo tra le zone di attrazione di due equilibri stabili. Proprio la maggiore importanza di regole e interventi esterni sottolinea tuttavia anche la delicatezza di questi interventi36. Prendiamo, ad esempio, il caso degli organizzatori-facilitatori dei processi deliberativi. Queste figure, che possono essere rappresentanti delle istituzioni, ma anche professionisti con una specifica expertise nel campo della mediazione dei conflitti e della conduzione della discussione, intervengono 35 L’equilibrio in cui nessuno parla (il punto 0,0) è infatti instabile (oltre che poco plausibile). In presenza, poi, di una pur esigua minoranza di hard-core (da uno o da entrambi i lati), questa eventualità svanisce del tutto. 36 In una ottica diversa, Young (1997) sottolinea come la deliberazione non sia neutrale in relazione a chi controllerà la pratica deliberativa, una volta che i partecipanti sono stati selezionati e il processo ha avuto inizio. Le norme della deliberazione (in primis le nozioni di «ragionevolezza» e «reciprocità») richiedono, infatti, una particolare modalità per presentare discorsivamente degli argomenti: formale, rivolta a un problema comune e a principi astratti. Il problema è che una simile pratica discorsiva tende ad essere correlata con il privilegio sociale. In questo modo, si rischia di discreditare, su basi apparentemente democratiche, i punti di vista di coloro che con minore probabilità sono in grado di presentare i loro argomenti in modi riconoscibili come deliberativamente corretti. E, normalmente, questi sono anche quei gruppi di cittadini già sottorappresentati nelle istituzioni politiche formali. Nel linguaggio del presente lavoro, richiedere un particolare modo di esprimere le proprie ragioni in una arena deliberativa, può modificare, per alcuni gruppi, la bilancia tra costi e benefici di esporsi pubblicamente, facendo sì che la distribuzione complessiva dei loro livelli di motivazione si contragga. Questo renderebbe la probabilità di ottenere un equilibrio di dialogo ancora minore, dato che, per quanto discusso, affinché una minoranza si esponga, occorre che presenti un livello di motivazione superiore a quello della maggioranza (si veda la fig.4).

16

Page 18: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

normalmente già nella fase preparatoria, contribuendo a disegnare le regole del gioco e a definire l’insieme dei partecipanti e poi accompagnano i lavori delle arene deliberative fino alla loro conclusione (Bobbio 2002). In questo senso, e per quanto detto più sopra, la loro azione diviene cruciale nel condurre i processi decisionali verso un certo equilibrio decisionale a scapito di un altro. Il che, in linea teorica, apre anche la possibilità di una manipolazione più o meno esplicita delle istituzioni deliberative da chi le volesse utilizzare per un qualche fine privato. Ritorniamo al caso precedente dell’istituzione pubblica che da vita ad una arena deliberativa, ma in cui, adesso, l’istituzione in questione non è affatto neutrale rispetto alle opinioni in discussione. Oppure, e in modo simile, si pensi a un sindaco che presenta una certa preferenza su una data materia ma che affronta una maggioranza in consiglio comunale divisa sul tema. In questo quadro, piuttosto che limitarsi ad essere custode del buon esito del processo, la suddetta istituzione (o il suddetto sindaco) potrebbe riuscire, una volta posta in essere l’arena deliberativa, ad indirizzare l’esito del dibattito in una certa direzione (simpatetica con le proprie preferenze) e beneficiare, al tempo stesso, non solo della possibilità di eludere eventuali ostacoli politici, ma anche di un surplus di legittimità relativa alla decisione finale (dopotutto congruente, agli occhi della opinione pubblica e/o di quella parte riluttante della maggioranza nel consiglio comunale, con quanto «affermatosi» all’interno dell’arena deliberativa). Come allora efficacemente sottolineato (Regonini, 2005, p.9), «la funzione che nelle istituzioni politiche rappresentative è affidata a pagine e pagine di regolamenti, con articoli e commi che specificano il potere del presidente, la presentazione dell’ordine del giorno, la proposta di emendamenti e subemendamenti, è qui demandata al facilitatore, alla sua professionalità e alla sua deontologia». Il fatto di essere ben mimetizzato, non rende, tuttavia, questo potere più trasparente e meno problematico. Conclusioni In risposta a una serie di critiche sulla plausibilità dei processi deliberativi, Fishkin e Luskin (1996), due tra gli autori che si sono maggiormente distinti nello sviluppo di esperimenti deliberativi, riconoscono la possibilità che, durante lo svolgersi di un processo deliberativo, alcuni individui possano finire per dominare la discussione, mentre altri accontentarsi soltanto di partecipare, senza per questo dare troppo peso alla cosa: «this is surealy a realistic feature of the hypothetical as well as the actual public: not everyone, even when thoroughly engaged, is equally voluble» (Fishkin – Luskin 1996, p.49). Le conseguenze di questa evenienza, ad ogni modo, sono lungi dall’essere marginali per l’intera impalcatura normativa legata alla deliberazione. In effetti, se un certo segmento di una data popolazione ha maggiori probabilità di partecipare nel corso di un dibattito, allora le sue opinioni (e i suoi interessi) potrebbero anche esercitare una influenza sproporzionata sul risultato finale. Questo lavoro si è indirizzato, per l’appunto, a studiare alcuni dei possibili fattori che possono spiegare l’ammontare, il tipo e la diversità di partecipazione nella discussione all’interno di un determinato forum deliberativo. La giustificazione teorica per questa scelta è molto semplice, ma, al contempo, decisamente efficace: la deliberazione consiste, soprattutto,

17

Page 19: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

in una interazione tra individui, ed è proprio su questa interazione che occorre rivolgere il nostro interesse. In questo senso, muovendoci da quanto sottolineato dalla teoria della spirale del silenzio, e applicando un modello a soglia di azione collettiva, si è mostrato che, se la pratica deliberativa porta con sé molte (e preziose) promesse, è anche vero che rischia, se lasciata a sé stessa, di generare più spesso di quanto si vorrebbe un equilibrio vizioso (monologico) piuttosto che virtuoso (dialogico). Nel momento in cui, invece, proprio per evitare questa evenienza, la deliberazione è pensata all’interno di un adeguato assetto istituzionale, finisce per fare, inevitabilmente, un grande affidamento sulle qualità delle regole e di chi, come attore esterno, è coinvolto nel processo deliberativo. Da questo punto di vista, le conclusioni non appaiono poi troppo dissimili dalla letteratura che si è occupata dei processi aggregativi (del voto) nelle decisioni collettive, e della sua enfasi sulla manipolabilità e sulla vulnerabilità dei risultati finali rispetto alle regole adottate (Martelli 1999).

18

Page 20: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

Bibliografia Axelrod, R. (1997), The Complexity of Cooperation. Agent-Based Models of Competition and Collaboration, Princeton NJ, Princeton University Press Bächtiger, A., M. Spörndli, M. Steenbergen e J. Steiner (2005), The Deliberative Dimensions of Legislatures, in “Acta Politica”, Vol.40, n.2, pp.225-238 Bobbio, L. (2002), Le arene deliberative, in “Rivista italiana di politiche pubbliche”, n. 3, pp.5-29 Bohman, J. e W. Rehg (1997), Introduction, in J. Bohman e W. Rehg (a cura di) Deliberative Democracy: Essays on Reason and Politics. Cambridge, Mass., The MIT Press Cohen, J. (1997), Deliberation and Democratic Legitimacy, in A.Hamlin e P.Pettit (a cura di) The Good Polity: Normative Analysis of the State, Oxford: Basil Blackwell, pp.17-34 Curini, L. (2004a), Il dilemma della cooperazione, Milano, V&P Università Curini, L. (2004b), Note sulla democrazia deliberativa: giochi, preferenze, consenso, in “Quaderni di Scienza Politica”, n.3, pp.521-552 Dryzek, J.S. e C. List (2003), Social Choice and Deliberative Democracy: A Reconciliation, in “British Journal of Political Science”, Vol.33, n.1, pp.1-28 Elster, J. (1998), Deliberation and Constitution Making, in J. Elster (a cura di), Deliberative Democracy, Cambridge, CUP, pp.97-122 Fearon, J.D. (1998), Deliberation as Discussion, in J. Elster (a cura di) (1998), pp.44-68 Fishkin, J.S. e R.C.Luskin (1996), The Deliberative Poll: A Reply to Our Critics, in “Public Perspective”, 7(1), pp.45-49 French, D. e M. Laver (2005), Participation bias and framing effects in citizens’ juries, relazione presentata alla American Political Science Association, Washington DC Glynn, C.J., A.F. Hayes e J. Shanahan (1997), Perceived support for one’s opinions and willingness to speak out. A meta-analysis of survey studies on the “Spiral of Silence”, in “Public Opinion Quarterly”, 61, pp.452-463 Granovetter, M. (1978), Threshold Models of Collective Behavior, in “American Journal of Sociology”, 83, pp.1420-1443 Granovetter, M. e R. Soong (1988), Threshold Models of Diversity: Chinese Restaurants, Residential Segregation, and the Spiral of Silence, in “Sociological Methodology”, Vol.18, pp.69-104

19

Page 21: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

Hafer, C. e D. Landa (2005), Deliberation as Self-Discovery and Group Polarization, New York University, working paper Habermas, J. (1996), Fatti e norme. Contributi a una teoria discorsiva del diritto e della democrazia, Milano, Guerini & Associati Huckfeldt, R. e J. Sprangue (1991), Discussant Effects on Vote Choice: Intimacy, Structure, and Interdependence, in “Journal of Politics”, 53, pp.122-158 Jeffres, L.W., K.A. Neuendorf e D. Atkin (1999), Spirals of Silence: Expressing Opinions When the Climate of Opinion is Unambiguous, in “Political Communication”, 16, pp.115-131 List, C. e R.E. Goodin (2001), Epistemic Democracy: Generalizing the Condorcet Jury Theorem, in “The Journal of Political Philosophy”, Vol.9, n.3, pp.277-306 Luskin, R.C., J.S. Fishkin e R. Jowell (2002), Considered Opinions: Deliberative Polling in Britain, in “British Journal of Political Science”, n.32, pp.455-487 MacKuen, M. (1990), Speaking of Politics: Individual Conversational Choice, Public Opinion, and the Prospect for Deliberative Democracy, in J.A. Ferejohn - J.H. Kuklinski (a cura di), Information and Democratic Processes, Chicago, University of Illinois Press, pp.59-99 Martelli, P., Elezioni e democrazia rappresentativa, Laterza, Roma-Bari 1999 Merkle, D.M. (1996), Review: The National Issues Convention Deliberative Poll, in “The Public Opinion Quarterly”, Vol.60, n.4, pp.588-619 Noelle-Neumann, E. (1984), The Spiral of Silence, Chicago, Chigaco University Press Oliver, P.E. (1993), Formal Models of Collective Action, in “Annual Review of Sociology”, Vol.19, pp,271-300 Parkinson, J. (2003), Legitimacy Problems in Deliberative Democracy, in “Political Studies”, 51, 1, pp.180-196 Pettit, P. (2001), Deliberative Democracy and the Discursive Dilemma, in “Philosophical Issues”, 11, pp.268-299 Price, V., J.N. Cappella e L. Nir (2002), Does Disagreement Contribute to More Deliberative Opinion?, in “Political Communication”, 19, pp.95-112 Przeworski, A. (1998), Deliberation and Ideological Domination, in J.Elster (a cura di) (1998), pp.140-160

20

Page 22: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

Regonini, G. (2005), Paradossi della democrazia deliberativa, in “Stato e Mercato”, n.1, pp.3-32 Rosenberg, S. (2005), The Empirical Study of Deliberative Democracy: Setting a Research Agenda, in “Acta Politica”, Vol.40, n.2, pp.212-224 Sanders, L. (1997), Against Deliberation, in “Political Theory” 25: 3, 347-76 Schelling, T. (1971), Dynamic Models of Segregation, in “Journal of Mathematical Sociology”, 1, pp.143-186 Schelling, T. (1978), Micromotives and Macrobehavior, New York, W.W.Norton Scheufle, D.A. e P. Moy (2000), Twenty-five years of the spiral of silence: a conceptual review and empirical outlook, in “International Journal of Public Opinion Research, n.12, pp. 3 - 28 Taylor, D.G. (1982), Pluralistic Ignorance and the Spiral of Silence: A Formal Analysis, in “Public Opinion Quarterly”, 46, pp-311-335 Young, I.M. (1997), Difference as a Resource for Democratic Communication, in Bohman e Rehg (a cura di) (1997), pp.383-406

21

Page 23: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

Figure

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

0 0,5 1 1,5 2 2 0 x

f(x)

F(x)

a

b

c

0,79

0,5

0,21

1

0 1,4 1 0,6

Figura 1: distribuzione normale (e cumulata) di livelli di motivazione nell’intervallo 2-0; media=1; deviazione standard=0,5

0

20

40

60

80

100

120

0 20 40 60 80 100 120

B

R

Figura 2: gruppi bianchi e rossi=100; intervallo di livelli di motivazione=2-0; media della distribuzione normale=1; deviazione standard=0,5

Page 24: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

0

20

40

60

80

100

120

140

0 20 40 60 80 100 120 140

B

R

Figura 3: gruppi bianchi e rossi=100; intervallo di livelli di motivazione=4-0; media della distribuzione normale=2; deviazione standard=0,5

0

20

40

60

80

100

120

140

0 20 40 60 80 100 120

R

B

R'

Figura 4: Curve tratto continuo: gruppo bianchi=100; gruppo rossi=70; intervallo di livelli di motivazione=4-0; media della distribuzione normale=2; deviazione standard=0,5. Curva tratteggiata: gruppo rossi=70; intervallo di livelli di motivazione=7-0; media della distribuzione normale=3,5; deviazione standard=0,5

Page 25: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

0

20

40

60

80

100

120

0 20 40 60 80 100 120

B

R

Figura 5: come la figura 2, ma in presenza di una minoranza di hard-core pari al 10% nel gruppo dei bianchi

0

20

40

60

80

100

120

140

0 20 40 60 80 100 120 140

BR

Regola 1 : vincolo sulle voci

Regola 3 : regola dell'alternanza

Regola 2 : vincolo sul rapporto maggioranza-minoranza

Figura 6: come la figura 4, ma in presenza di tre procedure: 1) vincolo sulle voci ammesse a parlare nel dibattito; 2) vincolo sul rapporto maggioranza-minoranza; 3) regola dell’alternanza

Page 26: VOX POPULI – VOX DEI (ALCUNI LIMITI E ALCUNI DELLA …1. La spirale del silenzio: opinioni private, opinioni pubbliche Il punto di partenza da cui muove questo saggio è, come detto,

Tab.1. Le “virtù” dei processi deliberativi

Decisioni più efficaci

Dato un obbiettivo comune che vuole essere raggiunto, un processo deliberativo permette di condividere le informazioni disperse tra i vari attori, e questo, a sua volta, rende possibile optare per la scelta più consona all’obbiettivo ricercato (Przeworski 1998)

Scoperta di verità

Interpretazione epistemica alla deliberazione: capacità di condurre a scelte mediamente più corrette dato uno standard indipendente di valutazione (List – Goodin 2001)

Decisioni stabili

Pur in presenza di una divergenza di preferenze, la deliberazione può produrre decisioni collettive dotate di senso in ambienti pluralistici, superando il problema della ciclicità di preferenze, grazie alla sua capacità di strutturare queste ultime (Dryzek - List 2003)

Effetti diretti

Maggiore legittimità

La deliberazione produce una scelta collettiva maggiormente legittima, e quindi più facilmente accettabile da parte della minoranza, perché, nel corso della deliberazione, tutti i punti di vista sono stati discorsivamente sfidati e sostenuti (Pettit 2001)

Individui “migliori”

Le conseguenze del parlare: la partecipazione ad un processo deliberativo fornisce agli individui l’opportunità di pensare più attentamente alla propria posizione, per questa via rafforzando la qualità delle opinioni individuali e le relative argomentazioni, riducendo possibili “incoerenze” cognitive (Rosenber 2005)

Cittadini “migliori”

Le conseguenze dell’ascoltare: la deliberazione incoraggia la comprensione reciproca, la motivazione e lo spirito pubblico, che è richiesto ai cittadini per vivere e interagire tra loro (Fearon 1998)

Effetti indiretti

Senso di comunità

Una esperienza deliberativa è in grado di sviluppare un maggiore senso di appartenenza nei confronti una comunità più ampia. Rappresenta, in questo senso, un progetto civico (Sanders 1997)