VOX anno X_2011 n 1

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Poste Italiane SpA Spedizione in abbonamento postale 70% - L'Aquila ROC 9312 VOX MILITIAE VOX MILITIAE Anno X N° 1 Gennaio 2011 CAVENDO TUTUS TESSERAMENTO ANNO 2011 SOSTEGNO AL GIORNALE Il rinnovo della tessera per l‟anno 2011 potrà esse- re effettuato tramite bonifico bancario sul Conto Corrente Intestato a: Associazione Culturale VOX MILITIAE Codice IBAN: IT 71 I 06040 03601 000000104934 La quota di adesione, sia per i vecchi soci sia per i simpatizzanti che desiderano contribuire è pari a: € 25,00. Voglio ringraziare a nome mio, ma soprattut- to a nome di tutti noi militari in missione, chi ci vuole ascoltare e non ci degna del suo pen- siero solo in tristi occasioni come quando il tricolore avvolge quattro alpini morti facendo il loro dovere. Corrono giorni in cui identità e valori sem- brano superati, soffocati da una realtà che ci nega il tempo per pensare a cosa siamo, da dove veniamo, a cosa apparteniamo... Questi popoli di terre sventurate, dove spa- droneggia la corruzione, dove a comandare non sono solo i governanti ma anche ancora i capi clan, questi popoli hanno saputo conser- vare le loro radici dopo che i migliori eserciti, le più grosse armate hanno marciato sulle loro case: inva- no. L'essenza del popolo afghano è viva, le loro tra- dizioni si ripeto- no immutate, possiamo ritener- le sbagliate, arcaiche, ma da migliaia di anni sono rimaste immutate. Gente che nasce, vive e muore per amore delle proprie radici, della propria terra e di essa si nutre. Allora riesci a capire che questo strano popo- lo dalle usanze a volte anche stravaganti ha qualcosa da insegnare anche a noi. Come ogni giorno partiamo per una pattuglia. Avvicinandoci ai nostri mezzi Lince, prima di uscire, sguardi bassi, qualche gesto di rito scaramantico, segni della croce... Nel mezzo blindo, all'interno, non una parola. Solo la radio che ci aggiorna su possibili insurgents avvistati, su possibili zone per imboscate, nient'altro nell'aria... Consapevoli che il suolo afghano è cosparso di ordigni artigianali pronti ad esplodere al passaggio delle sei tonnellate del nostro Lince. Siamo il primo mezzo della colonna, ogni metro potrebbe essere l'ultimo, ma non ci pensi. La testa è troppo impegnata a scorgere nel terreno qualcosa di anomalo, finalmente siamo alle porte del villaggio... Veniamo accolti dai bambini che da dieci diventano venti, trenta, siamo circondati, si portano una mano alla bocca ormai sappiamo cosa vogliono: hanno fame... Li guardi: sono scalzi, con addosso qualche straccio che a occhio ha già vestito più di qualche fratello o sorella... Dei loro padri e delle loro madri neanche l'ombra, il villaggio, il nostro villaggio, è un via vai di bambini che hanno tutta l'aria di non essere li per gioca- re... Non sono li a caso, hanno quattro, cinque anni, i più grandi massimo dieci e con loro un mucchio di sterpaglie. Poi guardi bene, sotto le sterpaglie c'è un asinello, stracarico, porta con sé il raccolto, stanno lavorando... e i fra- telli maggiori , si intenda non più che quattor- dicenni, con un gregge che lascia sbigottiti anche i nostri alpini sardi, gente che di capre e pecore ne sa qualcosa... Dietro le finestre delle capanne di fango e fieno un adulto ci guarda, dalla barba gli daresti sessanta settanta anni poi scopri che ne ha massimo trenta... Delle donne neanche l'ombra, quelle poche che tardano a rientrare al nostro arrivo al villaggio indossano il bur- qa integrale: ci saranno quaranta gradi all'ombra... Quel poco che abbiamo con noi lo lasciamo qui. Ognuno prima di uscire per una pattuglia sa che deve riempire bene le proprie tasche e il mezzo con acqua e viveri: non serviranno certo a noi... Che dicano poi che noi alpini siamo cambiati... Mi ricordo quando mio nonno mi parlava della guerra: “brutta cosa bocia, beato ti che non te la vedarè mai...” Ed eccomi qua, valle del Gulistan, Afghanistan centrale, in testa quello strano copricapo con la penna che per noi alpini è sacro. Se potessi ascoltarmi, ti direi “visto ,nonno, che te te si sbaià...” Caporal Maggiore Matteo Miotto Thiene (Vicenza) - Valle del Gulistan, novembre 2010 Il Caporal Maggiore Matteo MIOTTO, nel mese di novembre 2010, aveva scritto una lettera al sito internet del quotidiano “Il Gazzettino” in cui racconta- va la tensione dei militari durante le missio- ni di pattugliamento del territorio afghano. Ricordando il nonno alpino: “il nonno mi diceva: beato te che non vedrai la guerra”. Cap. Mag. Matteo MIOTTO - 31 dicembre 2010 - 1° cap. mag. Luca SANNA - 18 gennaio 2011 -

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le forze armate, una risorsa per il paese, Il Ruolo ed il futuro delle principali Organizzazioni Internazionalidi riferimento per l’Italia

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Poste Italiane SpA – Spedizione in abbonamento postale – 70% - L'Aquila – ROC 9312

VOX MILITIAEVOX MILITIAE

Anno X – N° 1 Gennaio 2011

CAVENDO TUTUS

TESSERAMENTO ANNO 2011

SOSTEGNO AL GIORNALE Il rinnovo della tessera per l‟anno 2011 potrà esse-

re effettuato tramite bonifico bancario sul Conto

Corrente Intestato a:

Associazione Culturale VOX MILITIAE Codice IBAN:

IT 71 I 06040 03601 000000104934 La quota di adesione, sia per i vecchi soci sia per i

simpatizzanti che desiderano contribuire è pari a:

€ 25,00.

Voglio ringraziare a nome mio, ma soprattut-

to a nome di tutti noi militari in missione, chi

ci vuole ascoltare e non ci degna del suo pen-

siero solo in tristi occasioni come quando il

tricolore avvolge quattro alpini morti facendo

il loro dovere.

Corrono giorni in cui identità e valori sem-

brano superati, soffocati da una realtà che ci

nega il tempo per pensare a cosa siamo, da

dove veniamo, a cosa apparteniamo...

Questi popoli di terre sventurate, dove spa-

droneggia la corruzione, dove a comandare

non sono solo i governanti ma anche ancora i

capi clan, questi popoli hanno saputo conser-

vare le loro radici dopo che i migliori eserciti,

le più grosse

armate hanno

marciato sulle

loro case: inva-

no. L'essenza del

popolo afghano è

viva, le loro tra-

dizioni si ripeto-

no immutate,

possiamo ritener-

le sbagliate,

arcaiche, ma da

migliaia di anni

sono rimaste

immutate. Gente

che nasce, vive e

muore per amore

delle proprie

radici, della propria terra e di essa si nutre.

Allora riesci a capire che questo strano popo-

lo dalle usanze a volte anche stravaganti ha

qualcosa da insegnare anche a noi.

Come ogni giorno partiamo per una pattuglia.

Avvicinandoci ai nostri mezzi Lince, prima di

uscire, sguardi bassi, qualche gesto di rito

scaramantico, segni della croce... Nel mezzo

blindo, all'interno, non una parola. Solo la

radio che ci aggiorna su possibili insurgents

avvistati, su possibili zone per imboscate,

nient'altro nell'aria... Consapevoli che il suolo

afghano è cosparso di ordigni artigianali

pronti ad esplodere al passaggio delle sei

tonnellate del nostro Lince.

Siamo il primo mezzo della colonna, ogni

metro potrebbe essere l'ultimo, ma non ci

pensi. La testa è troppo impegnata a scorgere

nel terreno qualcosa di anomalo, finalmente

siamo alle porte del villaggio...

Veniamo accolti dai bambini che da dieci

diventano venti, trenta, siamo circondati, si

portano una mano alla bocca ormai sappiamo

cosa vogliono: hanno fame...

Li guardi: sono scalzi, con addosso qualche

straccio che a occhio ha già vestito più di

qualche fratello o sorella... Dei loro padri e

delle loro madri neanche l'ombra, il villaggio,

il nostro villaggio, è un via vai di bambini che

hanno tutta l'aria di non essere li per gioca-

re...

Non sono li a caso, hanno quattro, cinque

anni, i più grandi massimo dieci e con loro un

mucchio di sterpaglie. Poi guardi bene, sotto

le sterpaglie c'è un asinello, stracarico, porta

con sé il raccolto, stanno lavorando... e i fra-

telli maggiori , si intenda non più che quattor-

dicenni, con un gregge che lascia sbigottiti

anche i nostri alpini sardi, gente che di capre

e pecore ne sa qualcosa...

Dietro le finestre delle capanne di fango e

fieno un adulto ci guarda, dalla barba gli

daresti sessanta settanta anni poi scopri che

ne ha massimo trenta... Delle donne neanche

l'ombra, quelle poche che tardano a rientrare

al nostro arrivo al villaggio indossano il bur-

qa integrale: ci saranno quaranta gradi

all'ombra...

Quel poco che abbiamo con noi lo lasciamo

qui. Ognuno prima di uscire per una pattuglia

sa che deve riempire bene le proprie tasche e

il mezzo con acqua e viveri: non serviranno

certo a noi... Che dicano poi che noi alpini

siamo cambiati...

Mi ricordo quando mio nonno mi parlava

della guerra: “brutta cosa bocia, beato ti che

non te la vedarè mai...” Ed eccomi qua, valle

del Gulistan, Afghanistan centrale, in testa

quello strano copricapo con la penna che per

noi alpini è sacro. Se potessi ascoltarmi, ti

direi “visto ,nonno, che te te si sbaià...”

Caporal Maggiore Matteo Miotto

Thiene (Vicenza) -

Valle del Gulistan, novembre 2010

Il Caporal Maggiore Matteo

MIOTTO, nel mese di novembre 2010,

aveva scritto una lettera al sito internet del

quotidiano “Il Gazzettino” in cui racconta-

va la tensione dei militari durante le missio-

ni di pattugliamento del territorio afghano.

Ricordando il nonno alpino: “il nonno mi

diceva: beato te che non vedrai la guerra”.

Cap. Mag. Matteo MIOTTO

- 31 dicembre 2010 -

1° cap. mag. Luca SANNA

- 18 gennaio 2011 -

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VM Gennaio 2011

Venerdì 31 dicembre 2010, ultimo giorno

dell´anno, in Afghanistan, alle ore 14.50, se-

condo la versione ufficiale, il caporal maggio-

re Matteo Miotto, di 24 anni, è stato colpito da

un cecchino, mentre era di guardia, e alle ore

15 è stato dichiarato deceduto. Matteo, alpiere

della compagnia Alfa Coi, al comando del

capitano Daniele Castriota, sarebbe tornato a

casa a gennaio alla fine di una missione di sei

mesi.

Ieri mattina ero in procinto di lasciare l'avam-

posto militare italiano di Bala Murghab tra

l'allegria generale, un po' chiassosa e colma di

aspettativa per il cenone e la festa serali, in un

luogo, dove, ovviamente, le distrazioni per i

soldati, a volte molto giovani, sono davvero

poche. Ci siamo salutati come accade sempre,

con scambi di indirizzi e-mail, di numeri di

cellulari e di reciproche promesse di rimanere

in contatto. L'attentato è avvenuto mentre noi,

giornalisti in visita, eravamo in volo con i

Black Hawk, gli elicotteri statunitensi, e dopo

l'atterraggio, al rientro in base ad Herat, ci ha

accolto un silenzio profondo, quasi solenne e

volti chiusi, oscurati dalla mestizia e dal pudo-

re. Abbiamo capito così, in un momento, che

qualcosa di grave era accaduto.

Nel Camp Arena, sede del Regional Com-

mand West, solitamente chiamato base miliare

di Herat per la sua vicinanza con la città af-

ghana di Herat, ieri, durante la cena, il capo di

Stato maggiore, generale Marcello Bellacicco,

è venuto alla mensa. In piedi, con le mani

dietro la schiena, ammutoliti, soldati e giorna-

listi, abbiamo ascoltato le sue parole colme di

esasperazione e di dolore. La salma aereo-

trasportata è arrivata alle 22.40, nel piccolo

aeroporto di fronte ai commilitoni schierati,

deposta nella camera ardente è stata vegliata

per tutta la notte, mentre i pensieri di ognuno

si volgevano alla famiglia di Matteo, al capo-

danno più triste della loro vita. Nel piazzale

centrale sventolava a mezz'asta la bandiera

italiana, affiancata stamane da quella spagno-

la, il contingente spagnolo ha deciso, infatti,

di manifestare in questo modo, con umana

gentilezza, la propria solidarietà.

Nel pomeriggio il generale Bellacicco ha te-

nuto una conferenza per i giornalisti. Noi

italiani continueremo a lavorare come abbia-

mo sempre fatto, con razionalità e determina-

zione, ha affermato il generale, i nostri obietti-

vi sono la sicurezza e la stabilizzazione del

paese, la linea quella di un progressivo disim-

pegno politico, amministrativo e militare,

dovranno essere le forze afghane a combattere

i talebani, gli afgani che stiamo addestrando.

Quando si combatte, però, episodi come quel-

lo di ieri possono accadere, anche perché un

tempo gli insurgens avevano il predominio

mentre ora sono in difficoltà e vogliono col-

pirci anche con aiuti che potrebbero venire

dall'esterno. Noi costantemente controlliamo

il territorio e lavoriamo per prevenire gli attac-

chi e per mantenere l'iniziativa e abbiamo la

capacità di reagire immediatamente.

Il generale ha poi ricordato la lettera scritta a

novembre da Matteo al sindaco di Thiene, suo

paese d'origine, in provincia di Vicenza, nella

quale il giovane soldato parlava dei suoi ideali

e delle sue scelte, della vita militare intesa

come servizio e degli alpini, delle loro storia,

spirito e tradizioni. Una lettera nella quale il

generale ha dichiarato di essersi identificato e

riconosciuto. Un ragazzo che aveva capito il

vero Afghanistan come i tanti commilitoni che

fanno sacrifici ma hanno grandi ideali e valo-

ri.

Siamo stati tutti giovani e i giovani si entusia-

smano, si appassionano, si parla di servizio, si

dice che il militare nasce per servire gli altri e

tutto ciò per loro può essere esaltante. Abbia-

mo qui una gioventù sana come i lagunari che

rischiano la pelle e intanto regalano la loro

colazione ai bambini afghani. Ragazzi che

identificano il motivo per cui siamo qui, quan-

to possa essere creativo e quanto si riesca a

dare in missioni coinvolgenti e rischiose ma

l'importante per i militari è servire, è ritrovarsi

nei propri valori. Il militare italiano è animato

dai propri valori, noi siamo un'espressione

dell'Italia e cerchiamo di rappresentarla al

meglio, di dare prova di professionalità e di

spirito etico.

C'è la commozione, la tristezza per un ragazzo

ucciso in questa maniera ma non si tratta di

una minaccia usuale, i frutti del buon lavoro

fatto ci sono ancora, la shura del 20 dicembre

a Bakwa è stata fondamentale e l'attentato

potrebbe essere una risposta alla sua riuscita

ma noi continueremo nella nostra politica di

assistenza alla popolazione per erodere il con-

senso ai talebani. Il generale ha concluso,

visibilmente commosso, invitando i genitori di

Matteo ad essere tanto, tanto orgogliosi del

proprio figlio.

Nel 2010, i nostri soldati sono stati colpiti più

volte in Afghanistan dagli insurgens: i crimi-

nali fanatici talebani e i criminali comuni che

si dedicano ad ogni sorta di traffici illeciti,

soprattutto di oppio e di armi. Si contano

nell'ultimo anno 13 caduti, l' attentato del 9

ottobre scorso, il più cruento, ha provocato la

morte di quattro alpini e il ferimento del 5° in

seguito all'esplosione di un ordigno nella valle

del Gullistan, provincia di Farah, nel Sud

Ovest del paese.

Scontri a fuoco si sono registrati a metà di-

cembre quando con l'operazione Bazar Arad

"Libero mercato" l'8° reggimento alpini ha

esteso la bolla di sicurezza di Bala Murghab

di oltre un km quadrato verso Nord. A Natale

si erano registrati tentativi di colpirci, tentativi

fortunatamente falliti, non così a Capodanno.

Hanno tentato di colpirci durante la nostra

festa più cara, ci sono riusciti durante la nostra

festa più allegra nella quale tradizionalmente

ci si scambia i migliori auguri di felicità per il

nuovo anno. Possono davvero cantar vittoria, i

criminali che infestano questo sventurato pae-

se. Ancora per poco, speriamo.

--

Postato da Massimo Coltrinari su Secondo

Risorgimento il 4 gennaio 2011 10

CRONACA DALL‟AVAMPOSTO MILITARE DI BALA MURGHAB

(domenica 2 gennaio 2011)

di Anna ROLLI

L'AREA DI GULISTAN Nel Gulistan (provincia di Farah), una delle

zone più 'calde' del settore affidato al con-

trollo dei militari italiani, al confine con

l'Helmand, dal primo settembre operano gli

alpini del 7° reggimento di Belluno, che

costituiscono l'ossatura della Task force

south east, composta anche da militari di

altri reparti. Il 4 ottobre scorso, proprio

nella valle del Gulistan, si verificò l'imbo-

scata in cui morirono altri quattro soldati

italiani.

L'area affidata al controllo degli alpini,

denominata Box Tripoli, era un tempo sotto

comando statunitense. In questi pochi mesi

i militari italiani hanno portato avanti una

serie di iniziative (tra cui quattro progetti di

cooperazione civile-militare) con ''notevole

successo'', come ha sottolineato solo qual-

che settimana fa il generale David Petraeus,

comandante della missione Isaf (Forza in-

ternazionale di assistenza alla sicurezza,

sotto comando Nato) in Afghanistan, in

visita agli alpini del Gulistan.

L‟immagine si trova nel blog:

“yabastianopoli.blogspot.com”

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VM Gennaio 2011

LE FORZE ARMATE

UNA RISORSA PER IL PAESE DECRETO LEGISLATIVO 15 marzo 2010, n. 66

Nuovo Codice dell'ordinamento militare. (GU n. 106 del 8-5-2010 - Suppl. Ordinario n.84) - Entrata in vigore del provvedimento: 9/10/2010

Dal quotidiano ”Il Mattino.it”

“Rifiuti, gli spazzini sono in malattia

mentre i militari puliscono Napoli” Quadruplicate le assenze durante le feste di Natale

Salvataggio dei naufraghi Trasporto sanitario d’emergenza

Operazione Strade Sicure

Operazioni di Peace Keeping fuori del Territorio Nazionale

Terremoto a L’Aquila

rimozione macerie e

salvataggio vite umane

Oltre alle attività connesse con la difesa del

territorio e degli spazi posti sotto la sovrani-

tà nazionale, le Forze Armate svolgono quali

compiti istituzionali la salvaguardia delle

libere istituzioni e il concorso in caso di pub-

bliche calamità o in altri casi di straordina-

ria emergenza.

Attività che forniscono un grande contributo

alla salvaguardia della vita umana, così co-

me al funzionamento dei servizi essenziali. La nostra vignetta

Alluvione in Veneto: rinforzo argini

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Aprile e Ottobre 2007: Missione

Min. D‟Alema

VM Gennaio 2011

Secondo sant’Agostino, la pace è

“ordine e tranquillità”, l’ordine è “la

buona disposizione di parti diverse,

ciascuna nella posizione migliore”.

Il Ruolo ed il futuro delle principali Organizzazioni Internazionali di riferimento per l’Italia

Durante il periodo della guerra fredda “l‟ordine internazionale” era assicurato da due grandi blocchi facenti capo agli USA ed all‟URSS.

L‟equilibrio e la pace internazionale erano garantiti dalle due superpotenze che si ponevano come figure “istituzionali” di riferimento. Temen-

dosi a vicenda, erano attente a non rompere lo status quo e, con il loro intervento, risolvevano le rivalità tra stati. Con la fine del bipolarismo le

rivalità, non più controllate, sono riemerse prepotentemente e si è passati ad un mondo fondato sulla “instabilità permanente”.

La pace armata ha lasciato un vuoto nella gestione della sicurezza mondiale.

Il nuovo ordine internazionale, imperniato sull‟egemonia delle due superpotenze e condiviso da tutti, non necessariamente coincidente con la

pace e la giustizia, va ricercato arrivando alla definizione di nuove regole condivise. La domanda per la risoluzione delle controversie tra stati

è diretta in prima istanza all‟ONU e in secondo luogo alle varie organizzazioni/alleanze internazionali.

ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONE UNITE

Statuto dell‟ONU, Capitolo VII - azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della

pace ed agli atti di aggressione - Articolo 41.

Il Consiglio di Sicurezza può decidere quali misure, non implicanti l'impiego della forza

armata, debbano essere adottate per dare effetto alle sue decisioni, e può invitare i mem-

bri delle Nazioni Unite ad applicare tali misure. Queste possono comprendere un'interru-

zione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marit-

time, aeree, postali, telegrafiche, radio ed altre, e la rottura delle relazioni diplomatiche.

Le Nazioni Unite hanno sempre cercato di svolgere un ruolo attivo nel

ristabilimento della pace e nella repressione delle nuove aggressioni,

ma il loro attivismo si scontra con le esitazioni e le divergenze dei

singoli stati dai quali dipende.

Lo statuto dell‟ONU ha sessantacinque anni ed è diventato obsoleto a

causa dei cambiamenti che si sono verificati in questi anni, necessita,

pertanto, di una profonda revisione, non solo nelle sue funzioni (al

pericolo di guerra tra superpotenze si è sostituita la realtà del terrori-

smo), ma anche nella rivitalizzazione dell‟Assemblea Generale e nella

composizione del Consiglio di Sicurezza, che ne è l‟Organo motore.

Tutti i Dipartimenti delle Nazioni Unite, i Fondi, gli Istituti di Ricerca,

i Programmi e le Agenzie Specializzate, stanno lavorando insieme per

il raggiungimento degli “Obiettivi di sviluppo del Millennio” concor-

dati e adottati dieci anni fa con la “Dichiarazione del Millennio” da

147 Capi di Stato e di Governo, e da 189 Stati Membri in occasione

del “Vertice del Millennio” di New York. Questi Obiettivi, quadro di

riferimento per l‟azione del sistema delle Nazioni Unite nel XXI seco-

lo, sono frutto di una serie di accordi per apportare miglioramenti

rapidi e tangibili nella vita della popolazione più povera del pianeta

entro il 2015. Il dibattito per fronteggiare le nuove sfide con una strut-

tura più incisiva è sempre aperto. I diversi tentativi di riforma del Con-

siglio di Sicurezza, fatti negli ultimi tempi, non hanno avuto alcun

esito.

Al contrario, risultati

concreti, dettati dal

proliferare delle

“Peace Support Ope-

ration” (PSO), si

sono avuti con la

riforma del Diparti-

mento delle Opera-

zioni di Manteni-

mento della Pace

(DPKO).

Ove si osservi che il

numero del personale

militare impiegato nelle

attività di “peace kee-

ping” ha raggiunto le 100

mila unità, paragonabile

a quello di una Grande

Potenza, si comprende la

necessità di coordinare,

gestire ed impiegare

questa enorme massa di

personale con una strut-

tura di comando e con-

trollo adeguata, simile ad

un Comando Generale di

una Grande Potenza.

In tale direzione vanno le

risoluzioni

dell‟Assemblea Genera-

le, n. 61/250 del 2 aprile

2007 e n. 61/279 del giugno 2007, miranti al rafforzamento della Divi-

sione Militare nell‟ambito del DPKO. La struttura, sempre più com-

plessa, è in continua evoluzione.

L‟ufficio per Affari Militari (OMA) dovrà essere in grado di fornire

assistenza alle decisioni del Segretario Generale, sviluppare le attività

di pianificazione strategica ed operativa, emanare le direttive e gli

ordini (incluse le regole di ingaggio) e, conseguentemente, deve poter

disporre di un numero di personale adeguato alle esigenze. Con tali

cambiamenti si avrà un deciso miglioramento del livello delle capacità

e di gestione delle missioni.

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VM Gennaio 2011

Operazioni per il Mantenimento della Pace

- Dal 1945, i caschi blu delle Nazioni Unite sono stati impiegati in oltre 64 missioni ed hanno nego-

ziato 172 accordi di pace che hanno messo fine a conflitti regionali, e hanno permesso alla popola-

zione, in più di 45 Paesi, di partecipare ad elezioni libere e giuste.

- In conformità con la Carta delle Nazioni Unite, il Dipartimento delle Operazioni per il Manteni-

mento della Pace (DPKO) ha il compito di assistere gli Stati Membri e il Segretario Generale nei

loro sforzi volti a mantenere la pace e la sicurezza internazionale.

- Ci sono attualmente 16 operazioni di pace dirette e sostenute dal Dipartimento delle Operazioni

per il Mantenimento della Pace che comprende al suo interno un totale di 99,596 persone in uni-

forme incluse truppe; polizia e osservatori militari.

ONU GLI OBIETTIVI DEL NUOVO MILLENNIO

Pace, sicurezza e disarmo

Sviluppo ed eliminazione della povertà

Proteggere il nostro ambiente comune

Diritti umani, democrazia e buon governo

Proteggere i vulnerabili

Affrontare le particolari necessità dell’Africa

Rafforzare le Nazioni Unite

La cartina della fame nel mondo

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VM Gennaio 2011

LA NATO E IL NUOVO CONCETTO STRATEGICO Durante la riunione del vertice di Lisbona, 19 e 20 novembre 2010, i leader della NATO hanno adottato un nuovo

Concetto Strategico che servirà come roadmap dell'Alleanza per i prossimi dieci anni e che riconferma l'impegno

di difendere l'un l'altro contro gli attacchi come il fondamento della sicurezza euro-atlantica.

Il Trattato Nord Atlantico (NATO), sotto-

scritto a Washington il 4 aprile 1949 da 12

nazioni, nasce con lo scopo di assicurare – in

conformità e ad integrazione delle finalità e

dei principi della Carta delle Nazioni Unite –

la sicurezza internazionale e il benessere dei

rispettivi Paesi; in sostanza, si mirava a fron-

teggiare, militarmente, l'eventuale espansione

della potenza sovietica verso l'Europa occi-

dentale. Dopo 60 anni, con il mutare del con-

testo internazionale, l‟Alleanza ha sentito la

necessità di adeguare la sua organizzazione e i

suoi obiettivi alle nuove sfide per ben tre vol-

te.

La prima, nel 1991, con il dissolversi del Patto

di Varsavia, la NATO sentiva l'esigenza di

confermare la propria ragion d'essere e di dare

un segnale di apertura verso i Paesi del blocco

orientale.

La seconda, nel 1999, dopo l‟esperienza dei

Balcani, dove per la prima volta si concretiz-

zava un‟operazione ex art. 5 dell‟Alleanza,

ovvero impiego della forza per l‟imposizione

della pace al di fuori della tradizionale sfera

d‟azione, mai avvenuta durante la Guerra

Fredda contro minacce tradizionali.

L‟importanza dell'Articolo 5 del Trattato di

Washington ha mantenuto la sua centralità per

fronteggiare la minaccia terroristica all‟inizio

del XXI secolo. La terza, il 20 novembre 2010, nel vertice di

Lisbona tra i capi di stato e di governo che

compongono l‟alleanza. In tale consesso è

stato approvato un nuovo concetto strategico

per fronteggiare le sfide alla sicurezza del 21°

secolo. Un documento (dodici pagine - 38

paragrafi) approvato dai 28 paesi membri, nel

quale si delinea il futuro dell‟Alleanza.

Riaffermata, nella prefazione, la necessità di

difendersi reciprocamente, l‟ambizione è di

dare vita ad una nuova NATO, meno burocra-

tica, più snella, in grado di proteggere i citta-

dini dalle nuove sfide.

I principali argomenti trattati, obiettivi strate-

gici per l’Alleanza, riguardano:

Il terrorismo, i gruppi estremisti continuano a

diffondersi in zone di rilevante interesse per

l'Alleanza. Con lo sviluppo della moderna

tecnologia aumentano la minaccia e il poten-

ziale impatto degli attentati terroristici, in

particolare se i terroristi dovessero acquisire

capacità nucleari, chimiche, biologiche o ra-

diologiche;

La Sicurezza attraverso la gestione delle

crisi, crisi e conflitti di là dei confini della

NATO possono rappresentare una minaccia

diretta alla sicurezza del territorio dell'Allean-

za e delle popolazioni. L‟instabilità può mi-

nacciare direttamente la sicurezza dell'Allean-

za, fra l'altro promuovendo l'estremismo, il

terrorismo, e le attività illegali trans-nazionali,

come il traffico di armi, di stupefacenti e di

persone. La NATO possiede capacità politiche

e militari sufficienti per affrontare l'intero

spettro delle crisi - prima, durante e dopo i

conflitti;

Gli attacchi informatici, sempre più frequen-

ti, più organizzati e in grado di infliggere

gravi danni alle amministrazioni, alle impre-

se, alle economie, possono costituire una seria

minaccia alla prosperità nazionale ed euro-

atlantica. Militari stranieri e servizi segreti,

criminalità organizzata, gruppi estremisti

ognuno può essere la fonte di tali attacchi;

La Difesa e la deterrenza, il deterrente, basa-

to su un adeguato mix di capacità nucleare e

convenzionale, resta un elemento centrale

della strategia globale. Le circostanze in cui

l'uso delle armi nucleari potrebbe dover essere

contemplato sono estremamente remote. Fin-

tanto che le armi nucleari esistono, la NATO

rimarrà una alleanza nucleare;

Il Controllo degli armamenti disarmo e

cooperazione, la NATO cerca la sua sicurez-

za al minor livello possibile di forze attraverso

il controllo degli armamenti, il disarmo di

armi convenzionali e la non proliferazione

nucleare;

La Cooperazione, il dialogo e la cooperazio-

ne con i partners possono dare un contributo

concreto al miglioramento della sicurezza

internazionale. Queste relazioni saranno basa-

te sul principio di reciprocità, mutuo vantag-

gio e rispetto reciproco. La cooperazione NA-

TO - Russia, di importanza strategica, contri-

buisce a creare uno spazio comune di pace,

stabilità e sicurezza. La NATO non costituisce

una minaccia per la Russia, al contrario ricer-

ca un vero partenariato strategico con la Rus-

sia, con l'aspettativa di reciprocità;

La Difesa missilistica, Usa e Nato si prepara-

no a realizzare un unico scudo anti-missile: i

sistemi già esistenti saranno messi in rete e

fatti dialogare tra loro. La copertura dell'om-

brello sarà estesa: non proteggerà solo le trup-

pe impegnate nei teatri di crisi, ma le popola-

zioni e i territori. Il presidente russo Dmitri

Medvedev, al suo primo consiglio NATO -

Russia ha espresso la speranza di aprire nuova

fase di cooperazione nella difesa antimissili;

Riduzione delle spese, si auspica, infine,

l‟ottimizzazione delle proprie capacità

“riducendo le duplicazioni non necessarie,

sviluppando capacità comuni per ragioni di

costo/efficacia e ottimizzando le modalità di

pagamento delle operazioni”.

Page 7: VOX anno X_2011 n 1

7

Febbraio 2003: Trattato Amici-

zia, Buon Vicinato e Cooperazio-

ne

VM Gennaio 2011

L’ultimo libro di Gianni Marizza è un ponte di ricordi dalla Guerra fredda all’Iraq del dopo-Saddam

Claudio BONITO

Dalla fine della seconda guerra mondiale

ad oggi, tante cose sono cambiate. Basta

confrontare un atlante geografico

dell‟Europa degli anni Settanta con uno

di oggi. Nazioni che non esistono più,

altre che si sono frantumate, altre ancora

che hanno assunto nomi diversi. La storia

che viene definita “recente” e che co-

pre gli ultimi decenni, è estremamente

complessa e, proprio perché recente, affa-

scinante. Ma anche triste. Quanti di noi

hanno perso un nonno o un parente stretto

in una guerra che vedeva contrapposte

nazioni e governi. Questi eroici caduti

dovrebbero sapere che, grazie anche al

loro sacrificio, oggi i loro figli e nipoti

possono dirsi, insieme ai figli e ai i nipoti

dei vecchi nemici, cittadini europei.

Il generale degli Alpini Gianni Marizza,

nel suo ultimo bel libro “Guerra fredda e

pace calda”, edito da Widerholdt Frères,

ci racconta la sua avventura di soldato

iniziata nei primi anni Settanta come gio-

vane Ufficiale appena uscito

dall‟Accademia Militare di Modena e

terminata ai vertici della difesa Italiana,

impegnato, con funzioni di alto comando,

nelle più recenti missioni militari in varie

parti del mondo. La storia, la sua storia, si

dipana sullo sfondo di un mondo che

cambia e di un‟Europa che, raccolti i coc-

ci della seconda guerra mondiale, si avvia

pian piano ad un‟unità difficile, sofferta

ma inevitabile.

E‟ un libro bello, e sotto certi punti di

vista, commovente, come lo sono tutti i

racconti che partendo da una storia perso-

nale, fatta di particolari veri, umani, reali

toccano l‟animo di chi quei momenti li ha

vissuti, o li ha ascoltati nei racconti di

amici o di parenti.

E‟ suddiviso in sei capitoli relativi alle

varie esperienze dell‟autore, la cui figura

di protagonista, in realtà, si comporta da

lente di ingrandimento attraverso la quale

si osservano gli eventi scorrere con sem-

plicità e fedeltà storica.

Da un‟Italia che, attenta alla difesa del

“nemico” che veniva dal freddo - cioè

dalla frontiera orientale presso la quale

erano dislocate le divisioni più operative

- sempre nell‟alveo dell‟Alleanza Atlanti-

ca, passa ad un esercito professionale che

viene chiamato là dove la pace lo richie-

de. I racconti, o meglio, il racconto -

perché, in effetti, sembra di trovarsi di

fronte ad un romanzo– sono, a dir poco,

appassionanti ed avvincenti e prendendo

per mano il lettore lo conducono attraver-

so episodi a volte drammatici, a volte

divertenti, ma sempre reali.

Dalle Alpi al Nord Europa, dal Corno

d‟Africa ai Balcani e, infine, nell‟Iraq del

dopo 11 Settembre, come Vice coman-

dante del Corpo d‟Armata multinazionale

(il che la dice lunga sui meriti

dell‟autore), la storia del generale Mariz-

za corre parallela alla storia dell‟Italia,

dell‟Europa, del mondo.

Il primo capitolo è una vera e propria

lezione di geopolitica. Difficilmente è

data la possibilità di leggere la storia in

una maniera così chiara, accattivante,

documentata ed obbiettiva. Soprattutto

“quella” storia. Gli eventi, cioè, che han-

no caratterizzato il periodo immediata-

mente successivo alla caduta del fascismo

nel Friuli – Venezia Giulia. Eventi di

odio razziale, di vendette e di foibe. Ma il

segreto c‟è. Eccome. Ed è svelato dal

fatto che Giovanni Marizza non è solo un

impeccabile e pluridecorato generale de-

gli Alpini, è anche un giornalista, scritto-

re e, dulcis in fundo, insegnante di Geo-

politica all‟Università di Roma “La Sa-

pienza”.

Il sottotitolo del libro recita: “40 anni di

naja alpina”. La naja, si sa, rappresentava

il servizio militare così come “ai nostri

tempi”si faceva. Un servizio obbligatorio,

e al quale tutti dovevano attenersi. La

parola evoca l‟idea della noia, del conto

dei giorni che mancavano al congedo o

della “stecca”, come si definiva in gergo.

Oggi sappiamo, invece, che non erano, e

che non sono stati, giorni sprecati, e cer-

tamente il libro di Gianni Marizza riesce

a ricordarcelo.

Dal quotidiano “La Stampa” - Ottobre 1986

Page 8: VOX anno X_2011 n 1

8

VM Gennaio 2011

Domenica 7 dicembre 1941, i giapponesi

lanciarono un attacco a sorpresa contro

le navi USA nella base di Pearl Harbur.

Le foto qui riprodotte, spettacolari e di

alta qualità, sono state scattate da mari-

naio (imbarcato sulla USS QUAPAW

ATF – 110) con una macchina fotografi-

ca “Brownie”, e sviluppate di recente. Vecchia Brownie

Page 9: VOX anno X_2011 n 1

9

VM Gennaio 2011

Il numero 36 di “Abruzzo Contemporaneo”

dedicato alla fotografia vuole presentare lo

“stato dell‟arte” delle esperienze sullo studio

del documento iconografico da parte

dell‟Istituto Abruzzese per la Storia della

Resistenza e dell‟Italia Contemporanea.

Il testo parte da due saggi introduttivi di Da-

niela Calanca (Università di Bologna) Foto-

grafie di famiglia e percorsi di ricerca storica

e di Luciana Rocchi (direttrice dell‟Istituto

Grossetano della Resistenza e dell‟Età Con-

temporanea) Argomenti ed esperienze sull’uso

didattico della fotografia

come fonte storica, nei quali vengono presen-

tate riflessioni ed esperienze sull‟utilizzo della

fotografia in ambito storico.

La riflessione sull‟utilizzo dell‟immagine

come strumento per la didattica è sviluppata

nella parte scritta da David Adacher.

L‟immagine viene analizzata in tutti i suoi

aspetti (da quello materico a quello simbolico)

per evidenziarne l‟alto valore testimoniale e il

suo ruolo centrale nella società.

Numerosi esempi facilitano l‟analisi delle

fotografie e conducono “per mano” il lettore.

Il libro è destinato in primis agli studenti, ma

è utile per tutti, in quanto parla della fotografi-

a di famiglia, depositaria delle memorie.

Si afferma che un‟immagine dice più di mille

parole. Nelle istantanee, nei ritratti, nelle foto

di gruppo, si può leggere qualcosa della storia

di quel tempo, sempre che si possieda la

“grammatica”, che si sappia come leggerla.

Questo perché la fotografia non è la realtà,

non riproduce tale e quale a com‟è. Essa è uno

strumento, una fonte, che da un lato è stata

concepita per comunicare, dall‟altro risulta

muta, non dice nulla.

Bisogna interpretare le immagini, avvicinarsi

agli interessi e ai messaggi di chi le ha prodot-

te o ha partecipato con un suo ruolo

all‟evento: come si dovrebbe studiare lo stori-

co prima di cominciare a studiare i fatti, così

occorrerebbe studiare le intenzioni dei creatori

delle immagini prima di

utilizzarle come testimonianze.

L‟album di famiglia è il “protagonista”: non la

foto scattata da un professionista per reporta-

ge, ma quella ad uso personale, che permette

di ritrovare ed individuare.

Anche se piccolo e conservato non bene, un

album è un archivio, uno scrigno, della cui

importanza bisogna essere consapevoli.

La fotografia, sin dal suo apparire, si è diffusa

in tutti gli strati della popolazione, elaborando

forme di comunicazione nuove, e questo an-

che (e soprattutto) per la costante evoluzione

tecnica.

Basti pensare a quali differenze nelle posture

hanno comportato le migliorie nei tempi di

scatto (dalle pose lunghissime all‟istantanea) o

nei riguardi della portabilità degli apparecchi,

tanto per fare due esempi tra i tanti.

L‟invenzione ad opera di George Eastman

della Kodak («Voi schiacciate il bottone, al

resto pensiamo noi» , recitava lo slogan pub-

blicitario) fu poi il definitivo segno del cam-

biamento a livello sociale. Chiunque (ma pro-

prio chiunque!) era capace di scattare una

foto: questo ha permesso una organizzazione

dell‟immagine totale.

La compilazione stratificata del ricordo ha

interessato qualunque gruppo: famiglia, asso-

ciazione, fabbrica…

Mosso da interesse sociale, umano, politico,

economico, l‟uomo dà di sé un‟immagine

(spesso fittizia o ipocrita) che riveste una no-

tevole importanza in quanto segno di identità.

Con l‟album una famiglia trasmette il senso

della continuità generazionale, un gruppo

politico la sua compattezza ideologica, una

fabbrica la propria efficienza e solidità,

un‟associazione il suo carattere antropologico

e/o culturale.

La conoscenza storica per poter portare a dei

risultati validi, deve considerare tutti gli aspet-

ti del contesto in cui l‟immagine è nata, stabi-

lendo una interrelazione tra quello che appar-

tiene al vissuto di una persona e quello che ne

viene rappresentato.

La fotografia, inoltre, ha contribuito alla mo-

dificazione dei rapporti all‟interno del gruppo

famigliare: ne ha plasmato le forme e le rap-

presentazioni; le ha rese pubbliche, facendole

uscire da una sfera eminentemente intima.

L‟affettività, l‟amore, le gerarchie interne

vengono legittimati attraverso l‟immagine,

andando a mutarsi con il cambiare della socie-

tà.

Questi mutamenti ovviamente non sono uni-

voci, costanti, contemporanei, ma variano da

luogo a luogo, da periodo a periodo, da un

ceto all‟altro.

Che si tratti di una persona importante o me-

no, che viva una vita dura o monotona, più o

meno impegnata, il fotografo la trasporta mo-

mentaneamente in un contesto “altro”, di cui

tutti sono consapevoli, come lo sono del fatto

che comunque il codice rappresentativo «non

esprime uno stato mentale, ma lo plasma», per

cui le foto possiedono prerequisiti condivisi,

pur se viste da persone diverse in altre epo-

che, in altri luoghi, con diverse intenzioni.

In altre parole: il trucco c‟è e si vede, ed anzi,

si fa poco o nulla per mascherarlo.

Tante le occasioni di posa, che raccontano la

vita, gli affetti, i momenti più o meno impor-

tanti, più o meno sereni, felici, dolorosi: dalla

nascita alla morte, dal lavoro al tempo libero,

dal battesimo al matrimonio al servizio milita-

re … Il volume riporta le varie tipologie

decodificandone gli elementi, rendendoli frui-

bili, universali.

Occorre agire correttamente in rapporto con la

fonte, ed usarla come documento e non come

orpello; inoltre –ma non in ultimo– bisogna

contribuire a salvaguardare il patrimonio do-

cumentario, servendosi delle risorse digitali

che permettono la conservazione, la documen-

tazione e la veicolazione delle informazioni.

Solo agendo responsabilmente in questa dire-

zione, si potrà ancora in futuro rendere un

servizio civile alla nostra società, che, come

afferma Primo Levi, «Ha perduto la virtù di

osservare, ricordare, commisurare ed espri-

mersi, preferendosi una più comoda mimetiz-

zazione nell‟indifferenza» , sempre più votata

verso l‟immagine virtuale di sé, vuota di reali

–e morali – contenuti.

“La didattica della memoria l’uso della fotografia come fonte storica”

David ADACHER

Page 10: VOX anno X_2011 n 1

10

VM Gennaio 2011

- Il Secondo Risorgimento d’Italia -

ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMBATTENTI

DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE

INQUADRATI NEI REPARTI REGOLARI

DELLE FORZE ARMATE

(ANCFARGL)

Eugenio Moretti (Genova)

Le vicende della guerra segnarono anche il X° Reggimento Arditi, che

segui la sorte di tanti altri reparti italiani; alcuni si adeguarono alle

clausole dell'armistizio dell'8 settembre 1943, altri continuarono inve-

ce a combattere a fianco dell'ex alleato tedesco.

Per quanto attiene a quanti operarono a fianco degli alleati, l'8 settem-

bre sorprese il I° Battaglione Arditi in Sardegna. Il reparto non subì

sbandamenti restando fermo nella sua efficienza operativa grazie so-

prattutto all'opera del proprio Comandante, il Ten. Col. Guido Bo-

schetti.

Il 12 Settembre, attaccato in forze dai tedeschi che gli intimarono la

resa, contrattaccò, respingendoli sanguinosamente.

Il 19 febbraio 1944 il battaglione sbarcò a Napoli e immediatamente

fu schierato a fianco degli alleati sulla linea del Volturno. Questo av-

venimento segna l'ingresso degli Arditi nel Corpo Italiano di Libera-

zione (C.I.L.).

Il 19 marzo il reparto cambia nome per volere del Gen. Messe e diven-

ta IX Reparto d'Assalto dall'omonima unità che nella Prima Guerra

Mondiale aveva gloriosamente combattuto proprio agli ordini dell'al-

lora Maggiore Messe sui monti Grappa e Col Moschin.

A maggio, al momento dell'avanzata, il IX Reparto d'Assalto è un'uni-

tà organica con poco più di 400 Arditi in tutto così articolata:

• plotone comando

• 4 compagnie arditi: tre d'assalto (102,110,123) e una armi d'accom-

pagnamento (104).

Il reparto, inquadrato nel 68° Reggimento Fanteria del Gruppo di

Combattimento "Legnano" resta al fronte per tutta la durata della guer-

ra.

In pratica il contributo del IX Reparto d'assalto "Col Moschin" nella

guerra di liberazione, dall'8 Settembre 1943 all'8 Maggio 1945, fu,

tenuto conto dell'esiguità del suo organico, particolarmente elevato. Le

perdite totali assommarono a 60 caduti e circa 200 feriti.

Numerosi furono i riconoscimenti ufficiali sia da parte delle nostre

Autorità militari che dei Comandi Alleati. Ricordiamo, oltre alle deco-

razioni al Labaro, una M.O.V.M, 48 tra M.A.V.M. e M.B.V.M, una

Silver Star americana, 7 decorazioni polacche e ripetuti encomi solen-

ni.

Al termine del conflitto, nell'Agosto 1946, il reparto fu sciolto. In

seguito fu donata la Bandiera di Combattimento (anno 1976) al 9°

Battaglione Paracadutisti "Col Moschin" di Livorno ora 9° Reggimen-

to Paracadutisti "Col Moschin".

Per non dimenticare la mia diretta partecipazione mi sia consentito il

seguente aneddoto:

inizio primavera „45, ci sono ordinate azioni di disturbo nella zona

della linea Gotica (che sarà poi teatro finale con sfondamento linea

nemica - e liberazione città Bologna).

Nelle primissime ore del mattino del 10 aprile preceduti da nutriti

fuochi di artiglieria, diretti da un valido osservatore, il sottotenente

Poli, (Presidente nazionale ANCFARGL) iniziano gli attacchi ai due

obbiettivi prefissati: Parrocchia di Vignale e Quota 459 che sono posi-

zioni fortificate e contornate da campi minati.

La 110ma compagnia con obiettivo Parrocchia di Vignale al comando

dei S.Ten Manenti e Ten. Gagliardi, e la 123° compagnia con obiettivo

Quota 459 Sot.Ten. Palma e Schiavoni. Cruenti furono i combattimen-

ti con accesi corpo a corpo; grande abnegazione del S.Ten. Manenti

che, incappato su di un campo minato nel tentativo di salvare un suo

ardito dalla morsa delle mine, resta colpito mortalmente dallo scoppio

di un ordigno.

Nel contempo il giovane marconista Caporale Moretti avuto l'apparato

radio portatile colpito da schegge sia al vano porta batteria che al la-

ringofono, lo ripara sotto il fuoco dei mortai e riesce a trasmettere in

radiotelegrafia la richiesta di annebbiare il fronte per poter ripiegare i

reparti che hanno portato a termine l'azione.

L'esito glorioso delle due azioni non è stato incruento e sette morti più

una quindicina di feriti di cui alcuni gravi, è stato il tributo del IX

Reparto d'Assalto.

La mattina del 21 Aprile il Gen. Utili seguìto dalla bandiera del IX

Rep. d'assalto entra in Bologna da Porta S. Stefano tra una fitta ala di

folla festante.

9° reggimento “Col Moschin”

(Immagini dal Web)

Page 11: VOX anno X_2011 n 1

11

VM Gennaio 2011

UNA GRANDE REALTA’ AQUILANA

CHE IL TERREMOTO DEL 6 APRILE 2009 NON HA SPENTO.

L’ORGOGLIO, L’ENTUSIASMO E LA VOGLIA DI CONTINUARE

DEI DONATORI DI SANGUE DEL VAS DI L’AQUILA

VOLONTARI ABRUZZESI DEL SANGUE

Non tutti sanno che l‟associazione dei VO-

LONTARI ABRUZZESI SANGUE, meglio

conosciuta come VAS, è stata fondata a

L‟Aquila l‟8 Maggio 1954 da uno sparuto

numero di persone ed alcuni “quatrani” (in

italiano ragazzi) colmi d‟entusiasmo e tanta

voglia di fare che tra le tante doti possedute

ne prevaleva una “l’ALTRUISMO”. Sono

trascorsi molti anni dal lontano giorno della

nascita e di strada se ne fatta tanta, anzi tan-

tissima, e lo spirito di sempre non è mai

venuto meno. Neppure in quella terribile

notte, che in 30 secondi ha cambiato la no-

stra vita e la nostra realtà, si è aperto il sipario

di un mondo sconosciuto ed è iniziato un

nuovo modo di vivere e di relazionarsi. Si, è

vero, abbiamo provato il terrore, lo sgomen-

to, la disperazione, l‟angoscia, la paura di

non farcela. Abbiamo perduto tutto ma non ci

siamo rassegnati, anzi credo che stiamo per

avere ragione su tutte le avversità grazie alla

nostra caparbietà ed al sostegno morale e

materiale dei donatori di sangue di tutta

l‟Italia appartenenti alla FIDAS (Federazione

Italiana Associazioni Donatori San-

gue). Dall‟alba del 6 Aprile 2009 già alcuni

nostri donatori si sono recati all‟ospedale San

Salvatore di L‟Aquila pronti a donare il san-

gue, ma il centro trasfusionale così come

l‟intero ospedale erano praticamente distrut-

ti, tutto era difficile e complicato. Non c‟era

più niente neppure i malati che erano stati

trasferiti in altri nosocomi della regione o

altrove. Anche la sede storica non era più

disponibile e quindi i donatori avevano per-

duto anche il luogo di riferimento. Prima del

fatidico giorno eravamo in città più di 3.000

donatori attivi e sfioravamo le 5.500 dona-

zioni annue E‟ stata durissima ma

solo dopo qualche giorno, ormai

sfollati quasi tutti sulla costa

abruzzese, ci siamo riorganizzati e

molti di noi hanno continuato a

donare il sangue nei luoghi ove,

nostro malgrado, risiedevamo. A

L‟Aquila, grazie ad una grandis-

sima dimostrazione di solidarietà

e generosità da parte e soprattutto

dei nostri amici del Friuli, è stato

possibile ricominciare a donare il

sangue in quanto da Udine ci è

stata messa subito a disposizione

un‟autoemoteca (molto grande, un

TIR) che è restata in città per

alcuni mesi. Grazie alla FIDAS

Nazionale abbiamo in uso un con-

tainer e quindi una sede temporanea che sarà

utilizzata fino a quando avremo in dono, da

parte dei generosissimi Friulani, una sede

definitiva che sarà terminata entro il prossimo

mese di aprile . Ma non basta perché dal mese

di novembre 2009 la FIDAS Nazionale ci ha

donato un‟autoemoteca che, dopo un lungo

iter burocratico per la regolarizzazione ed il

collaudo per renderla operativa, da qualche

mese ci consente di raccogliere il sangue

anche in luoghi lontani ed isolati della pro-

vincia. Tutto ciò ci ha aiutato fortemente e ci

aiuta ancora tanto da infondere in noi un cau-

to ottimismo per tornare al più presto ai livelli

di prima. Ci siamo vicini, ma abbiamo anco-

ra molta strada da percorrere, che è anche

particolarmente impervia, ma ciò non ci spa-

venta anzi ci stimola. Stiamo riconquistando

giorno per giorno la perduta fiducia e stiamo

anche riprendendo la forza per farcela. Ce la

faremo, ne sono sicuro, i segnali sono con-

fortanti. Alla fine dell‟anno 2010 ci siamo

ritrovati in città in oltre 2300 do-

natori ed abbiamo effettuato circa

4300 donazioni, credo sia vera-

mente un buon recupero.

Anche il Centro Trasfusionale

dell‟Ospedale S. Salvatore è in

una sede provvisoria e quindi le

donazioni di sangue e/o di plasma,

piastrine ecc. vengono effettuate

ancora in una situazione piuttosto

precaria ma noi, per nulla intimi-

diti, continuiamo imperterriti per

la nostra strada. Ci piacerebbe che

anche i nostri giovani, così dura-

mente colpiti, si avvicinassero a

noi per compiere questo semplice

gesto estremamente importante

per tutti. La nostra è una popola-

zione molto forte ed orgogliosa e

quindi quella che è divenuta nel

tempo una tradizione non si per-

derà, anzi sicuramente si incre-

menterà. I padri continueranno ad

essere donatori e lo diverranno

anche i figli così come è avvenuto

da circa 60 anni ad oggi. Essere

donatore o meglio divenirlo è

semplice, basta contattarci nella

nostra sede provvisoria collocata

attualmente nel container ubica-

to nell‟Ospedale Civile San Sal-

vatore di L‟Aquila. Non dovete

aver paura, non è doloroso e nep-

pure pericoloso, fa solo bene ed

abbiamo tanto bisogno di

VOI……

Luciano PICCHIONI

Consigliere Direttivo Provinciale V A S

La sede temporanea nel Container

Autoemoteca donata dalla

Federazione Italiana Donatori del Sangue

L’edificio che ospiterà la sede definitiva pronta

ad aprile, dono dei “donatori” friulani

Page 12: VOX anno X_2011 n 1

12

L’Associazione Culturale VOX MILITIAE

si propone di:

Catalizzare le persone che condividono i Valo-

ri della Società Militare;

Diffondere la cultura e il ruolo dei militari

nella Nazione che cambia;

Condividere momenti di vita (Solidaristico-

Ricreativo) con persone che hanno identicche

motivazioni;

Fornire ai soci assistenza e consulenza giuridi-

ca e amministrativa.

La partecipazione è aperta a tutti coloro che vo-

gliono far sentire la loro voce. Gli articoli investo-

no la diretta responsabilità degli autori e ne ri-specchiano le idee personali, inoltre devono essere

esenti da vincoli editoriali. Di quanto scritto da

altri o di quanto riportato da organi di informazio-ne occorre citare la fonte. La redazione si riserva

di sintetizzare gli scritti in relazione agli spazi

disponibili; i testi non pubblicati non verranno restituiti.

Contattateci tramite telefono: 320.1108036;

E-Mail: [email protected].

ASSOCIAZIONE CULTURALE

VOX MILITIAE

QUOTA ASSOCIATIVA

ANNO 2011 € 25,00

CI SI ASSOCIA INVIANDO DOMANDA, CORREDATA DEI DATI ANAGRAFICI A:

ASSOCIAZIONE CULTURALE

VOX MILITIAE

Via Puglia, 18 – 67100 L’AQUILA

Il versamento della quota associativa per i

nuovi soci ed il rinnovo della tessera per gli associati può essere effettuato sul C/C Bancario

n. 104934 intestato a :

“Associazione Culturale VOX MILITIAE” CARISPAQ di L‟Aquila, sede Centrale

CODICE IBAN

IT71I0604003601000000104934

VOX MILITIAE

DIRETTORE GENERALE

Raffaele Suffoletta

DIRETTORE RESPONSABILE

Alessia Di Giovacchino

COORDINATORE

Gianluca Romanelli

Hanno collaborato

Adacher Davide, Coltrinari Massimo, Di

Ventura Vito, Papi Giovanni,

Impaginazione e grafica

TIPOGRAFIA

LA ROSA – Via Costa di Bagno Piccolo 67042 L’Aquila

Autorizzazione Tribunale di L‟Aquila N. 480 del 21.11.2001

VOX MILITIAE

Tel. 320.11.08.036

Stampato il 28 gennaio 2011

Spedito il 31 gennaio 2011

VM Gennaio 2011

promuove seminari, convegni su tematiche socio sanita-

rie e culturali;

organizza corsi di informatica per le persone anziane;

offre assistenza fiscale, di patronato e di tutela dei con-

sumatori;

assistenza legale;

segretariato sociale;

provoca occasioni d’incontro mirati agli interscambi

generazionali;

organizza il tempo libero attraverso gite con obiettivi

storico – culturali - ricreativi e giornate ludiche;

AIUTACI AD AIUTARTI

VIENI a trovarci nei container in Via Fioretta, S.R. 17 bis

Km. 2+290–Paganica(AQ)-

INVIA una e-mail: [email protected]

ASSOCIAZIONE

PER I DIRITTI DEGLI ANZIANI

«L’AQUILA»

ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO

fondata per fini di utilità sociale - legge 66/91

AUGURI VIVISSIMI

al Nuovo Capo di Stato Maggiore della Difesa

Generale di Corpo Armata Biagio ABRATE

CIAO!

VIGNA DI VALLE,

- 18 GENNAIO 2011 -

Alla presenza del presidente

della Repubblica, Giogio Napo-

litano e del Ministro della Dife-

sa, Ignazio La Russa si è svolta

la cerimonia del passaggio di

consegne nella carica di Capo di

Stato Maggiore della Difesa tra

il Gen. Vincenzo Camporini,

che lascia il servizio, e il Gen.

Biagio Abate che subentra

nell‟incarico.

Io sono Mariasole,

nata a L’Aquila il 19 ottobre 2010 ore 13.55;

la mia Mamma si chiama Alessia Maria D‟Andrea,

il mio papà si chiama Marco D'Ascenzo.