Vita interculturale gennaio 2009
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Transcript of Vita interculturale gennaio 2009
Viviamo in anni di revival del fervore religioso, perfino in Italia; ne
è un segno evidente la sollecitazione che le nostre chiese
ricevono ad intervenire nella vita delle persone con atti di
benedizione; da una parte, infatti, arriva la richiesta di benedire
le unioni omosessuali, dall’altra, in particolare dagli immigrati, si
desidera che vengano benedetti case, persone o eventi. Questo
genere di richieste, lo ammetto, mi suona molto strano; forse per
la mia formazione valdese? Ricordo che una volta ai colleghi di
Pomaretto venne chiesto dal comune di intervenire con il prete
alla benedizione di una nuova piazza. Ne parlammo tra pastori
del circuito, più che altro con un senso di sorpresa per la “buffa”
proposta e ci parve che non fosse proprio il caso di partecipare.
Al contrario un pastore battista pensò bene di intervenire di sua
iniziativa come volenteroso supplente. Dopo almeno dieci anni
da quel fatto, e dopo aver esercitato il mio ministero in posti
molto diversi tra loro, continuo a guardare con un po’ di sospetto
a questo “bisogno di benedizione”, pur rendendomi ben conto
che esso nasconde un’esigenza a cui dobbiamo dare una
risposta. I miei problemi nascono, principalmente, dal fatto che
l’idea di benedire cose e persone, almeno nella maniera in cui
oggi molti pensano sia opportuno, non è biblica, o almeno, non
direttamente, e può, quindi, generare pericolosi fraintendimenti.
La benedizione, infatti, torna numerose volte soprattutto nel
Pentateuco e nei Salmi, dove può essere rivolta in due direzioni:
verso Dio o verso altre persone. Nel primo caso, benedire il
Signore è praticamente un sinonimo di “lodare”, verbo con cui
sovente appare in parallelo; quando si tratta di persone, invece,
diventa più difficile capire esattamente che cosa significhi. Per
capire il concetto, credo che si debba partire dal contesto del
culto sacrificale: una volta celebrato il sacrificio, che
fondamentalmente ha lo scopo di riconciliare l’essere umano
con Dio, il sacerdote benedice i presenti. Il potere di
riconciliazione contenuto nel sacrificio passa, mediante la parola
del sacerdote, nelle persone che la ricevono: essa rende
efficace in loro il potere del sacrificio. Da qui il significato si
amplia all’azione di Dio nei confronti della sua creazione: dopo
aver fatto il cielo e la terra, e l’umanità in essi, Dio pronuncia una
parola di benedizione, con la quale, in pratica, proclama che
accompa Nel Deuteronomio, e nella letteratura profetica, la
benedizione divina è vincolata all’osservanza della Legge: è la
scelta per il bene o per il male a determinare la benedizione o la
maledizione da parte di Dio. gnerà l’opera delle sue mani
preservandola dal male.
A CHE COSA SERVE UNA BENEDIZIONE Pastore Eric Noffke
In questo numero
1 A che cosa serve una
benedizione
3 I ghanesi e le benedizioni
3 Scuola domenicale:
un'esperienza di
multiculturalità
4 Giornata di formazione /
Interactive workshop
5 Nota editoriale
5 No comment…
La benedizione può
essere rivolta in due
direzioni: verso Dio o
altre persone.
Vita Interculturale
Gennaio 2009
Bollettino Semestrale di collegamento per la pastorale multiculturale delle chiese evangeliche valdesi e metodiste del II distretto
PAGINA 2 VITA INTERCULTURALE
La parola di
benedizione è una
parola efficace che
annuncia e porta la
protezione di Dio
Un concetto che, però, viene criticato sia da alcuni Salmi sia dal
libro di Giobbe, dove si presenta il caso della sofferenza del giusto
e della, almeno apparente, benedizione degli empi. Il Nuovo
Testamento non muta il senso del concetto. La problematicità
dell’attuale richiesta di benedizioni, dunque, è implicita nelle sue
fragili basi bibliche: non che sia di per sé negativa, il problema è
che porta in sé alcuni rischi di fraintendimento. In senso positivo,
l’atto di benedire ha il suo senso profondo nel suo rimandare al
sacrificio di Cristo, compiuto una volta per tutte sulla croce. La
parola di benedizione è, dunque, una parola efficace che
annuncia e porta la protezione di Dio. È quello che facciamo nel
culto ogni domenica, e può essere riprodotto in piccolo nella
dimensione domestica o del culto occasionale. Essa è un modo di
annunciare la riconciliazione avvenuta in Cristo e dichiararne
l’efficacia. È più forte di una semplice preghiera di intercessione,
perché fondata sulla parola resa efficace da Cristo, proprio come
avveniva al tempo del sacrificio nel Tempio. Il gesto di benedire
può essere importante soprattutto in un ambito culturale in cui il
mondo viene visto pieno delle insidie del tentatore: rendendo
“visibile” il fatto della benedizione divina, implicito nella vita di ogni
credente in virtù dello Spirito Santo, il gesto può rivestire un
significato pastorale di edificazione e può pure servire a
sottolineare l’approvazione e la presenza fortificante di Dio in
momenti considerati cruciali nell’esistenza di una persona. In
quest’ottica, ad esempio, va letta la richiesta delle benedizioni di
unioni omosessuali. L’elemento fondamentale e irrinunciabile,
però, è comunque l’annuncio previo dell’evangelo: dev’essere
chiaro che la preghiera di benedizione lì si fonda e non ha un
valore in se stessa. Il rischio che vedo, infatti, è proprio quello di
cadere in forme superstiziose, per cui il solo gesto o la sola parola
offre una protezione speciale a chi li riceve. Il che, per di più,
farebbe rientrare il sacerdozio ordinato dalla finestra. Se c’è, infatti,
una parola in cui si rivela l’universalità del sacerdozio è proprio
quella della benedizione, perché fondata in quel sacrificio unico e
irripetibile di Cristo. Nell’esatto istante in cui si ritiene che la
benedizione debba essere pronunciata dal pastore per essere
efficace, ecco che lo trasformiamo in sacerdote. La richiesta di
“benedizioni” rivela, dunque, il bisogno di una traccia visibile e
tangibile della presenza di Dio nella nostra vita, un bisogno di gesti
e segni che ci rassicurano dalle nostre paure, dalle nostre solitudini,
confermando quell’amore, il cui annuncio a parole certe volte
non sembra essere sufficiente. Un’esigenza a cui è necessario dare
una risposta; le cui implicazioni, però, possono rischiare di farci
perdere di vista i principi fondamentali della fede evangelica.
PAGINA 3 VITA INTERCULTURALE
I GHANESI E LE BENEDIZIONI Predicatore locale Eric Darko I ghanesi (e gli africani in generale) richiedono spesso la presenza
di un pastore per la benedizione di oggetti quali case, automobili
o altro prima del loro concreto utilizzo. Nella visione africana del
mondo, la vita umana non termina con la morte. Il defunto
diventa un "morto vivente". Vengono organizzate cerimonie in
onore dei defunti e a loro si richiede protezione, abbondanza e
fortuna. Vi sono poi altre tradizioni ghanesi che presuppongono
l'esistenza di Dio in termini di aiuto, protezione e benedizione
attraverso degli spiriti ancestrali. I bambini, le unioni matrimoniali, le
case e gli oggetti venivano dedicati a Dio attraverso
l'intercessione di spiriti ancestrali; questa è stata una pratica
trasmessa di generazione in generazione prima dell'avvento del
cristianesimo in Africa. Il cristianesimo in Ghana ha reso coscienti
coloro che ricevevano la Buona Novella del fatto che ciò che
facevano prima era un atto pagano. La fede dei ghanesi
riconosce ora la supremazia di Dio attraverso Gesù Cristo il quale è
il solo ad avere il potere di guidare, proteggere e benedire la
persona che invochi il nome di Dio. La pratica antica è stata però
trasportata all'interno del sistema cristiano facendo sì che, invece
di invocare altre divinità o spiriti, i cristiani africani chiedano ai
pastori o agli anziani della chiesa di benedire ciò che, secondo
loro, richieda un tale atto, dando così continuità, in veste
cristiana, alle pratiche più antiche.
Scuola domenicale: un'esperienza di
multiculturalità Gaetana Di Matteo – Chiesa Valdese di Como E' da circa una decina d'anni che nelle nostre comunità si discute
sul significato di “essere chiesa insieme”sulla consapevole e
profonda ricerca di una strada verso l'integrazione intesa come
reciproco riconoscimento nel rispetto delle diverse culture e con i
differenti doni e le diverse modalità di riconoscerli e valorizzarli.
All'interno della nostra comunità Valdese di Como già da qualche
anno viviamo l'esperienza dell'integrazione comunitaria con i
fratelli e le sorelle ghanesi in particolare da circa un anno, in
concomitanza del culto insieme della domenica, abbiamo iniziato
l'esperienza della scuola domenicale con i bambini italiani e
ghanesi insieme. Da quest'anno il nostro “team” è composto da tre
monitrici di cui due italiane e una ghanese che si occupano dei
bambini che vanno da un'età di 5 anni fino ai 10. L'esperienza è
sicuramente positiva i bambini risultano ben integrati tra loro, nel
condividere lo studio della bibbia, la preghiera e i momenti
conviviali a fine lezione. Quest'anno, per il “culto di Natale” dei
bambini stiamo lavorando ai testi per una recita che vedrà come
protagonisti gli “angeli” e tutti i bambini saranno coinvolti insieme
ad alcuni adulti della comunità. Credo che l'esperienza vissuta dai
bambini di condividere storie diverse provenienti da Paesi lontani
possa arricchire il loro vissuto e sgretolare i muri della diffidenza.
Tale condivisione porta, più che all'incontro con la cultura
dell'altro, al “volto” dell'altro con la sua storia in tal modo ci si
conosce vivendo emozioni che accomunano tutti.
La fede dei ghanesi
riconosce la
supremazia di Dio
attraverso Gesù Cristo
PAGINA 4 VITA INTERCULTURALE
Giornata di Formazione
Quando: il 7 marzo, 2009 dalle 10.15 alle 16.00
Dove: chiesa Metodista di Milano, via Porro
Lambertenghi, 28
Titolo: "Storie di Fede: la testimonianza dei Valdesi nei
secoli"
a cura della Dottoressa Gabriela Ballesio
Obiettivi: illustrare singole vite di testimonianza nel
passato e lavorare insieme per capire come meglio
raccontare i nostri viaggi nella Fede.
Come prenotare: contattare Costantino Sbacchi
Tel: 349 63 30 273
Mail: [email protected]
Interactive Workshop
When: March 7, 2009
Where: at the Methodist Church of Milan, via Porro
Lambertenghi, 28
Title: "Stories of Faith: the testimony of Waldensians
down through the ages"
Who: Dr. Gabriella Ballesio
Objectives: Tell the stories of individual Christians from
the Waldensian Valleys, think about how to share one's
own story of faith
To book, contact Costantino Sbacchi
Tel: 349 63 30 273
Mail: [email protected]
PAGINA 5 VITA INTERCULTURALE
Nota editoriale
Caro lettore, come avrai notato leggendo queste pagine, il bollettino che conosci
normalmente come "Vita Multiculturale" ha cambiato titolo e si chiama ora "Vita
interculturale". Abbiamo preferito l'aggettivo "interculturale" perché esso rappresenta
meglio ciò in cui crediamo, ovvero lo scambio culturale fra pari, la reciproca curiosità nei
confronti dell'"altro" e non la semplice convivenza di diverse culture, come suggerito
invece dall'aggettivo "multiculturale".
Vorremmo inoltre invitarti a rendere questo bollettino un luogo di scambio di esperienze,
di idee, di creatività. Pertanto, se vuoi segnalarci un progetto interculturale o mandare
un articolo, scrivi a: [email protected]
Chi siamo…
La commissione per la Pastorale Multiculturale del 2º distretto è costituita da: Giovanni
Bertalot, past. George Ennin, past. David Markay, Victoria Munsey, Past. Janique
Perrin, Past. Sergio Ribet, Costantino Sbacchi.
No comment…
Ten Commandments
A Sunday school teacher was
discussing the Ten Commandments with her five and six year olds. After explaining the commandment to "honor thy father and thy mother," she
asked "Is there a commandment that teaches us how to treat our brothers and sisters?" Without missing a beat one little boy answered, "Thou shall not kill."
A Sunday school teacher asked the children just before she dismissed them to go to church, "And why is it necessary to be quiet in church?" Annie replied, "Because people are sleeping"