Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso...

47
Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta SALUTE DELLA TIROIDE, SOLUZIONI NUTRIZIONALI E ALTERNATIVE AI FARMACI Nicola Triglione, Wanda Rizza

Transcript of Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso...

Page 1: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta SALUTE DELLA TIROIDE, SOLUZIONI NUTRIZIONALI E ALTERNATIVE AI FARMACI 

 

 

 

 

 

 

 

Nicola Triglione, Wanda Rizza 

 

 

 

Page 2: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Introduzione 3 La ghiandola tiroidea e i suoi ormoni 3 Breve classificazione dei disturbi tiroidei 5 

Prima parte: inquadrare il problema 6 Connessione tiroide-metabolismo glucidico 6 Connessione tiroide-intestino 10 Connessione tiroide-asse ipotalamo-ipofisi-surrene: risposta sistemica allo stress 12 Tossicità ambientale 16 

Seconda parte: mettere in pratica 18 Test di Barnes 18 

Come si esegue il test di Barnes? 18 Procedimento 18 Precauzioni 19 

Come si interpreta il test di Barnes? 19 Valori normali 19 Considerazioni 19 

Alimentazione per la salute della tiroide 20 Alimenti goitrogeni 20 L’apporto di iodio e selenio da garantire attraverso la dieta 22 La corretta gestione dei carboidrati 24 Il consumo di alimenti che possono potenzialmente scatenare una risposta di natura                       auto-immunitaria 26 I rischi legati alla pratica del digiuno intermittente 27 Caffè: amico o nemico della tiroide? 28 Strategie nutrizionali a confronto 30 

Paleodieta 30 Dieta di eliminazione (o Food Sensitivities Diet) 31 Protocollo Paleo autoimmune (AIP) 31 

Alimenti da includere nel protocollo dietetico autoimmune 32 Alimenti da evitare nel protocollo dietetico autoimmune 32 

Dieta Low FODMAPs 33 Dieta senza glutine 34 

Strategie terapeutiche 35 Ipotiroidismo - alternative all’Eutirox 35 

Tiroide secca 35 LIOTIR 35 IBSA 36 

Page 3: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Ipertiroidismo 36 Sindrome da basso T3 37 

Integrazione e supplementazione 38 Iodio 38 Selenio 38 Zinco 39 L-tirosina 39 DHEA 39 Vitamina D 40 Vitamina C 40 L-carnitina 40 Curcumina 40 Coleus, Guggul, Ashwagandha 41 Tiamina 41 

Conclusioni 42 

Riferimenti bibliografici 43  

 

   

Page 4: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Introduzione  Questa guida fornisce gli elementi per affrontare in maniera critica gli stati di alterata                           

funzionalità tiroidea, il cui primum movens è da ricercarsi nell’ambiente. Sicuramente la                       

predisposizione genetica gioca un ruolo importante, ma ciò che ci circonda e soprattutto come                           

noi ci rapportiamo ad esso rappresenta spesso la prima causa di malattia… ma anche di                             

guarigione dalle malattie autoimmuni.  

 

Questo gruppo di patologie, di cui l’ipotiroidismo da tiroidite è il più frequente, riconoscono una                             

patogenesi autoinfiammatoria in cui siamo letteralmente “aggrediti dall’interno”. Tuttavia                 

questa strana fisiopatologia non deve confonderci, perchè nella maggior parte dei casi                       

l’ambiente che ci circonda gioca un ruolo fondamentale: tutto ciò che mangiamo, respiriamo o                           

tocchiamo è in apparenza innocuo, ma nasconde insidie e segnali che possono scatenare una                           

reazione autoimmune.  

 

Tutto questo non deve farci paura, ma renderci consapevoli del fatto che uno stile di vita                               

salutare rappresenti non solo il modo migliore di far prevenzione, ma anche un validissimo                           

supporto terapeutico per queste temute patologie.  

 

L’obiettivo di questa guida, inoltre, è quello di sensibilizzare la popolazione riguardo alle terapie                           

ed agli esami di laboratorio convenzionali, spesso prescritti in maniera (solo) parziale o                         

interpretati in maniera assolutamente acritica. In questo tipo di patologie, il racconto del                         

paziente spesso guida molto di più il clinico rispetto ai dati di laboratorio, ed è proprio questo                                 

aspetto della medicina che ci auguriamo venga recuperato perché parte fondamentale non solo                         

della diagnosi ma anche della terapia. 

 

La ghiandola tiroidea e i suoi ormoni 

La tiroide, ghiandola endocrina situata nella parte anteriore del collo, gioca un ruolo                         

importante per il corretto funzionamento dell’organismo, e lo fa attraverso la produzione di                         

specifici ormoni che regolano il metabolismo energetico e controllano moltissime attività                     

funzionali. Ogni cellula del nostro corpo, infatti, è dotata di recettori per gli ormoni tiroidei. 

Page 5: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

 

Per questo motivo, quando questa ghiandola funziona “troppo” o “troppo poco”,                     

l’organismo risente della perdita dell’equilibrio tiroideo, e di conseguenza possono                   

manifestarsi dei sintomi più o meno marcati. Non sempre, tuttavia, si tratta di patologie                           

gravi, bensì di condizioni passeggere che possono essere risolte senza ricorrere ai farmaci. 

 

Gli ormoni tiroidei in circolo sono rappresentati da T4 e T3, rispettivamente nella loro forma                             

totale e libera. Il T3 circolante deriva per l’80% dalla desiodazione di T4 in periferia,                             

soprattutto a livello di fegato e reni. T4 e T3 circolano legati a proteine plasmatiche: TBG                               

(thyroxine-binding globulin), TTR (transthyretin - trasporta anche il retinolo) e albumina. La                       

forma attiva a livello cellulare è rappresentata dal T3, derivato per metabolizzazione dal T4,                           

cui viene tolto un atomo di iodio sull’anello esterno da parte di enzimi chiamati desiodasi.  

 

Azioni degli ormoni tiroidei: 

 

● Azione termogenica  

● Effetti sul metabolismo glucidico  

● Lipolisi e lipogenesi  

● Sintesi proteica 

● Effetti sul sistema nervoso centrale  

● Effetti sul sistema cardiovascolare 

 

Inoltre questi ormoni: 

 

● Aumentano la motilità intestinale  

● Favoriscono l’assorbimento della vit. B12 e del ferro aumentano la sintesi di                       

eritropoietina  

● Aumentano il flusso renale e la filtrazione glomerulare  

● Regolano il trofismo della cute e degli annessi  

Page 6: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

● Stimolano la produzione endogena di altri ormoni (GH) ed hanno un ruolo                       

permissivo sulle funzioni riproduttive 

 

Breve classificazione dei disturbi tiroidei  

Le malattie tiroidee rappresentano le patologie endocrinologiche più frequenti, e la loro                       

diffusione è molto ampia. Si stima infatti che ne sia affetta una persona su venti, con una netta                                   

prevalenza del sesso femminile. 

 

Esse comprendono: 

 

- patologie di natura benigna, di tipo normo-, ipo- o iper-funzionanti, in base alla quantità                           

di ormoni tiroidei che viene prodotta; 

- patologie infiammatorie (tiroiditi acute o croniche), tra le quali rientra la tiroidite di                         

Hashimoto, forma più frequente di tiroidite cronica linfocitaria; 

- tumori maligni. 

 

Il gozzo tiroideo rappresenta invece la prima manifestazione clinica della carenza nutrizionale di                         

iodio. Un tempo era frequente riscontrarlo nelle zone collinari e montane, dove i livelli di questo                               

elemento nel suolo sono molto bassi, ma l'introduzione di alimenti ricchi di iodio e la sua                               

aggiunta nell'acqua potabile hanno permesso di sradicare quasi del tutto questo problema. 

 

Nota: in questa guida non si parlerà di tumori della tiroide. 

   

Page 7: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Prima parte: inquadrare il problema 

In questa prima parte della Guida approfondiremo la relazione tra la ghiandola tiroidea ed alcuni                             

specifici organi o assetti endocrini del nostro organismo. 

 

Connessione tiroide-metabolismo glucidico 

Potrebbe sembrare strano, ma la funzionalità tiroidea e la regolazione glicemica sono in realtà                           

strettamente connesse. 

 

Se a voi o a qualcuno dei vostri pazienti è mai capitato di riportare uno o più fra i sintomi                                       

elencati nel box, la causa potrebbe risiedere proprio nella connessione tiroide-glicemia. 

 

● voglia incontrollata e/o frequente di zuccheri o di pane, pasta & co. 

● food addiction e/o overeating compulsivo  

● irritabilità quando manca un cibo o in attesa di un pasto al ristorante  

● sensazione perenne di nervosismo o agitazione 

● stanchezza, affaticamento o sonnolenza dopo i pasti 

● forte necessità di mangiare qualcosa di dolce dopo ogni pasto 

● candidosi recidiva 

● diuresi aumentata 

● sete eccessiva 

● aumento del grasso addominale 

 

Avere valori di glicemia non ottimali - in un senso e nell’altro - può tradursi in una                                 

down-regulation dei recettori tiroidei, così come diversi squilibri tiroidei possono contribuire                     

all’alterazione della regolazione glicemica, predisponendo l’organismo all’insulino-resistenza. 

 

Page 8: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

In molti studi si è infatti riscontrato un aumento dei disordini tiroidei nei soggetti diabetici, e al                                 

tempo stesso una maggior prevalenza di obesità e sindrome metabolica tra gli affetti da                           

patologie tiroidee. Come si spiega questa correlazione? 

 

Semplice: se la tiroide funziona bene, contribuisce al mantenimento della glicemia entro il range                           

fisiologico, e al tempo stesso se manteniamo un buon valore di glicemia (attraverso                         

l’alimentazione e non solo), supportiamo la funzionalità tiroidea. 

 

Valori troppo elevati o troppo bassi di glicemia possono infatti affliggere la tiroide. 

 

La condizione di iperglicemia cronica spesso si accompagna alla presenza di sovrappeso o                         

obesità (soprattutto quella addominale), ipertensione, insulino-resistenza, dislipidemia e               

infiammazione sistemica. Questo quadro, comunemente definito “sindrome metabolica”, altro                 

non è che il risultato di una dieta troppo ricca di carboidrati. 

 

Il punto è che le ripetute impennate di insulina da parte del pancreas, tipiche                           

nell’insulino-resistenza, favoriscono la perdita di funzionalità della tiroide, e questo determina                     

una ulteriore riduzione della sintesi di ormoni tiroidei. Ciò avviene soprattutto nelle persone                         

affette da un disturbo tiroideo auto-immunitario, ma non è escluso che possa verificarsi anche                           

in individui sani. 

 

Di contro, anche un valore di glicemia perennemente sotto soglia può dar fastidio al delicato                             

equilibrio tiroideo. In seguito ad abbassamenti repentini e/o frequenti della glicemia, infatti, si                         

osserva un aumento del rilascio di cortisolo da parte delle ghiandole surrenali, il cui scopo è                               

quello di aumentare la sintesi epatica di glucosio. Se questo meccanismo cronicizza, si                         

manifesta un effetto secondario del cortisolo, e cioè la soppressione della funzionalità ipofisaria.                         

Poiché, come già detto, l’ipofisi stimola la tiroide a sintetizzare T3 e T4 mediante l’azione del                               

TSH, va da sé che questo non può più avvenire nel modo fisiologico, e il risultato è un netto                                     

rallentamento della funzionalità tiroidea. 

 

Gli effetti negativi dell’iper- e dell’ipoglicemia, del resto, non riguardano solo la tiroide, ma                           

coinvolgono anche intestino, sistema nervoso, ghiandole surrenali e sistemi endogeni di                     

detossificazione, con un forte impatto negativo sul metabolismo in generale. 

Page 9: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

 

E se fosse la tiroide ad influenzare la glicemia? 

 

Ebbene sì, può avvenire anche il contrario di quanto detto finora, e cioè se la tiroide funziona                                 

male può intaccare negativamente l’equilibrio glicemico, attraverso i seguenti meccanismi: 

 

● riduzione dell’uptake di glucosio da parte delle cellule; 

● minor assorbimento di glucosio a livello intestinale; 

● soppressione dell’azione ipoglicemizzante dell’insulina; 

● riduzione della clearance di insulina dal circolo ematico, con il risultato che il valore può                             

rimanere alto molto più a lungo del dovuto. 

 

Quindi, nonostante i livelli di glucosio nel sangue possano essere normali o addirittura elevati, i                             

sintomi che si manifestano sono quelli tipici dell’ipoglicemia (fatica, fame, mal di testa,                         

irritabilità, etc.), poiché le cellule non ricevono il glucosio che occorre loro per svolgere le normali                               

funzioni interne. In parallelo, ciò comporta un aumento del rilascio di cortisolo, come visto prima,                             

e ciò favorisce l’instaurarsi di una “risposta alla stress cronico” che sopprime ulteriormente la                           

funzionalità tiroidea.  

 

Un labirinto senza via d’uscita? No, se si riesce a riequilibrare la glicemia. Il ripristino, o il                                 

mantenimento, di valori glicemici normali diventa quindi il primo step quando si vuole                         

recuperare o supportare la funzionalità tiroidea. In apparenza si tratta di un consiglio banale,                           

ma talvolta sono proprio le cose semplici quelle che vengono tralasciate.  

 

Senza ricorrere subito all’utilizzo di farmaci e/o integratori, quindi, occorre chiedersi se                       

l’alimentazione, intesa sia come apporto equilibrato dei macronutrienti sia come ripartizione                     

degli stessi tra i pasti e nei diversi momenti della giornata, sia adeguata. L’aggettivo “adeguata”,                             

in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non                                 

si identifica con una dieta totalmente priva di carboidrati, poiché la ghiandola tiroidea necessita                           

di glucosio più di molti altri organi, e questo aspetto è particolarmente delicato nelle donne.  

 

Page 10: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Prima di approfondire gli aspetti dietetici, per i quali si rimanda alla sezione pratica,                           

assicuriamoci di aver compreso cosa s’intende per “euglicemia” e vediamo quali sono i valori di                             

riferimento.  

 

I due parametri da considerare sono la glicemia a digiuno e la glicemia post-prandiale. Benché il                               

range di “normalità” per la glicemia sia compreso tra 70 e 100 mg/dl, un valore superiore a 90                                   

mg/dl è spesso predittivo dell’insorgenza di diabete. In generale si dovrebbe puntare a un valore                             

inferiore ai 90 mg/dl, ancor meglio se compreso tra 75 e 85 mg/dl. Per una più fine                                 

interpretazione di questo dato, inoltre, è utile conoscere il valore dell’emoglobina glicata                       

(Hb1Ac), che esprime il valore medio della glicemia in un arco temporale di 80-90 giorni.  

 

Ancora più importante della glicemia basale è il valore di glicemia post-prandiale, che può                           

essere misurato una o due ore dopo il pasto. Molti studi hanno infatti dimostrato che questo                               

parametro rappresenta il più accurato predittore di futura insorgenza di diabete e il primo                           

marker di disglicemia. Il valore ideale è sotto i 100 mg/dl, anche se fino a 120 mg/dl si può                                     

parlare di “normalità”.  

 

Questi numeri, da non considerare come “valori assoluti”, possono altresì rappresentare un utile                         

strumento per la corretta gestione dei carboidrati nella dieta.  

 

Nei casi di ipoglicemia è importante garantire un apporto di carboidrati da basso a moderato, e                               

non necessariamente elevato come si potrebbe pensare, ma ben distribuito nel corso della                         

giornata, in modo da evitare fluttuazioni glicemiche. Questo secondo aspetto è del resto il più                             

importante e giustifica il ricorso a pasti piccoli ma frequenti (ogni 2-3 ore) per garantire la                               

stabilità glicemica e il corretto apporto di glucosio alla tiroide. 

 

Di contro, in presenza di iperglicemia si deve puntare a un valore inferiore ai 120 mg/dl entro                                 

due ore dal pasto. E l’unico mezzo per raggiungere quest’obiettivo è la restrizione glucidica,                           

quantitativa prima ancora che qualitativa. 

 

Qui la domanda sorge spontanea: quanto “low-carb” bisogna andare? La risposta è diversa per                           

ciascun caso, poiché dipende dalla presenza o meno di insulino-resistenza, e soprattutto dalla                         

Page 11: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

tolleranza individuale ai carboidrati. Persone diverse avranno infatti risposte glicemiche                   

diverse nei confronti dello stesso cibo.  

 

Come si può riconoscere la propria tolleranza glucidica, e di conseguenza prevenire o risolvere                           

l’iperglicemia? Per molti è sufficiente ricorrere al glucometro, e testare il valore della glicemia                           

dopo pasti di diversa natura. Un valore di glicemia superiore ai 120 mg/dl due ore dopo un                                 

pasto significa che i carboidrati di quel pasto sono ancora “troppi”, indipendentemente da tipo e                             

quantità di eventuali grassi, proteine o fibre contenuti nello stesso pasto. 

 

Connessione tiroide-intestino  

Le alterazioni della funzionalità tiroidea possono nuocere alle funzioni intestinali riducendo la                       

peristalsi e la produzione di enzimi digestivi, oltre che diminuendo il tasso di produzione di                             

muco protettivo per le giunzioni che mantengono integro l’epitelio intestinale. Tuttavia anche la                         

presenza di una flora batterica in salute è essenziale a mantenere l’equilibrio tra tiroide e                             

intestino, poiché solo alcuni microorganismi sono capaci di produrre l’enzima responsabile della                       

conversione a livello intestinale dell’ormone tiroideo T4 nella sua forma attiva T3.  

 

La tiroidite di Hashimoto è la più comune malattia autoimmune in tutto il mondo. Cosa dire di                                 

questo crescente fenomeno? Le ultime evidenze scientifiche ci suggeriscono che l’autoimmunità                     

sia uno squilibrio alimentato in maniera primaria dall’intestino. La tiroide, così come le                         

articolazioni, il sistema nervoso, etc. rappresentano solo il target secondario                   

dell’auto-infiammazione comune a tutte queste patologie, che nasce in seguito alla                     

disregolazione del sistema immunitario ed è dovuto alla eccessiva permeabilità della mucosa                       

intestinale.  

 

Negli ultimi anni, inoltre, sempre maggior interesse è stato riservato al fenomeno della                         

contaminazione batterica dell’intestino tenue, aka SIBO. Normalmente la porzione superiore del                     

piccolo intestino è sterile, ma lo sviluppo di alcune patologie tra cui l’ipotiroidismo può                           

rappresentare una delle cause che scatenano il loop di maldigestione e malassorbimento, con il                           

perpetuarsi dell’infiammazione come risultato finale. L’ipotiroidismo, infatti, si caratterizza per la                     

10 

Page 12: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

scarsa produzione di enzimi digestivi, la presenza di stipsi e gonfiore addominale, tutte                         

condizioni che alimentano il malfunzionamento del tubo intestinale. 

 

La funzionalità e la salute dell’apparato digerente possono influenzare molteplici funzioni                     

organiche. Un intestino che funziona male, infatti, si accompagna spesso alla traslocazione di                         

endotossine dal lume intestinale al circolo sanguigno con conseguente cronica attivazione del                       

sistema immunitario ed instaurarsi di infiammazione. A sua volta, una tiroide mal funzionante                         

può contribuire all’aumento dell’infiammazione a livello intestinale, fino alla manifestazione della                     

sindrome da intestino permeabile (leaky gut syndrome). Circa il 20% della forma attiva                         

dell’ormone tiroideo viene prodotta nel tratto gastrointestinale. Alcuni particolari                 

microorganismi componenti il microbiota influenzano la conversione dell’ormone T4 in T3. Uno                       

squilibrio della flora batterica intestinale, presente nella maggior parte delle malattie croniche,                       

riduce il tasso di conversione. 

 

Per far funzionare bene la tiroide bisogna avere un intestino in salute e viceversa. Per                             

mantenere in equilibrio questa sottile connessione è opportuno agire su più fronti, tuttavia il                           

primo step è sempre la ricerca della causa scatenante. Alla base dell’alterata funzionalità                         

intestinale possiamo avere l’ipotiroidismo ma anche condizioni come disbiosi, ipocloridria,                   

infezioni, intolleranze alimentari. Una cosa è certa: vista l’influenza degli ormoni tiroidei sul                         

benessere di tutti gli altri organi, la terapia ormonale sostitutiva in caso di ipotiroidismo                           

conclamato accelererà la guarigione dell’intestino. In tutti gli altri casi, invece, è possibile                         

ripristinare l’equilibrio tra i vari organi ed il sistema immunitario attraverso un’adeguata                       

combinazione di alimentazione e integrazione.   

 

 

11 

Page 13: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Connessione tiroide-asse ipotalamo-ipofisi-surrene: risposta 

sistemica allo stress 

L’asse HPA è un network complesso di interazioni tra ipotalamo, ipofisi e surreni, in grado di                               

regolare temperatura corporea, digestione, sistema immunitario, umore, sessualità ed utilizzo di                     

energia. Questo sistema è inoltre responsabile della nostra reazione allo stress: quando l’asse                         

HPA è continuamente messo alla prova da stress cronico - per intenderci: situazioni che                           

estendono a giorni, mesi, anni il meccanismo di “fight or flight”, biologicamente predisposto per                           

intervenire acutamente - è probabile che nel lungo termine ne risentano le normali funzioni                           

ipotalamiche ed ipofisarie che riguardano la produzione di ormoni. Questo rappresenta il motivo                         

principale per cui tutto quello che “sconvolge” l’asse HPA porterà a soppressione della funzione                           

tiroidea. Numerosi sono gli studi che dimostrano come la produzione ipofisaria di TSH e la                             

conversione periferica T4 → T3 siano alterate in condizione di cronica produzione di citochine                           

infiammatorie, IL-6 e TNF-alfa.  

 

Il cortisolo è uno degli ormoni secreti dalle ghiandole surrenali in risposta allo stress, ma cosa                               

succede negli altri organi quando le concentrazioni ematiche di questo ormone sono                       

frequentemente alterate e vanno a configurare un processo cronico? 

 

Ad esempio, sarà minore la capacità del fegato di detossificare il circolo sistemico da estrogeni                             

in eccesso, portando come conseguenza un’aumentata concentrazione circolante di thyroid                   

binding globulin (TBG). Cosa succede quando gli ormoni tiroidei circolanti sono                     

persistentemente legati a queste proteine? Risulteranno inattivi, dovendo infatti “sganciarsi”                   

dalla globulina legante la tiroxina (TBG) per diventare frazioni free (fT3 - fT4). Degno di nota è                                 

sottolineare come oltre allo stress anche l’assunzione cronica di estroprogestinici (pillola                     

anticoncezionale, terapia ormonale sostitutiva, etc.) porti ad un’aumentata concentrazione                 

ematica di TBG, causando quindi la diminuzione delle frazioni libere circolanti di ormoni tiroidei. 

 

È dunque opportuno capire cosa causa ed alimenta cronicamente lo stress in modo tale da                             

interrompere un circolo vizioso che ha come inevitabile risultato l’insorgenza di malattie                       

croniche. Le cause possono essere sia fisiche che psicologiche, e tra le più frequenti ritroviamo:                             

12 

Page 14: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

anemia, intolleranza glucidica, infiammazione intestinale, intolleranze alimentari, tossine               

ambientali, sindromi ansioso-depressive. 

 

Dopo aver visto l’importanza dell’asse HPA capiamo come il TSH, se dosato e valutato                           

singolarmente, rappresenti un pessimo biomarcatore dello stato di funzionamento della tiroide.                     

Sarebbe opportuno valutare non solo gli ormoni direttamente prodotti dalla tiroide ma anche la                           

cortisolemia al mattino e alla sera o, meglio ancora, il cortisolo salivare. 

 

Fondamentale è poi prestare attenzione al livello di ormone T3, il cui valore ottimale è nella                               

seconda metà del range di normalità. Avere buoni valori di T4 non vuol dire nulla se la                                 

conversione è scarsa o inibita: valori sufficienti di T3 assicureranno energia metabolica, buona                         

digestione e lucidità mentale. 

  

Qui elencati alcuni motivi per cui la conversione T4 → T3 può essere deficitaria: 

 

- Carenze nutrizionali: vitamina A, vitamine del gruppo B, vitamina D, cromo, selenio,                       

zinco, iodio, ferro, rame. 

- Farmaci: Estroprogestinici, beta bloccanti, litio, corticosteroidi. 

  

Quali esami di laboratorio eseguire per valutare il funzionamento della tiroide? 

 

Sicuramente è sempre opportuno eseguire almeno il pannello basale, che è composto da: TSH,                           

fT3, fT4. Il TSH (Thyroid Stimulating Hormone) è un ormone ipofisario e la sua produzione                             

dipende dai livelli circolanti di ormoni tiroidei. Inoltre un ruolo fondamentale riveste il dosaggio                           

degli anticorpi diretti contro la ghiandola tiroidea, tra i più comuni troviamo: Ab anti TPO                             

(Thyroid peroxidase antibodies), Ab anti TG (thyroglobulin antibodies). Perché è così importante                       

andare alla ricerca di questi segnali auto-infiammatori? Il motivo è semplice: gli anticorpi                         

anti-tiroide spesso circolano per anni prima che si osservi una variazione nel valore del TSH.                             

Questo è il motivo per cui è necessario misurare la concentrazione di queste sostanze in                             

presenza di sintomi tipici di alterata funzionalità tiroidea anche se gli altri esami risultano                           

normali e, soprattutto, bisognerebbe ripetere l’analisi ematica frequentemente per monitorare le                     

modalità di “auto-aggressione”. 

 

13 

Page 15: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Una frase che spesso ci sentiamo ripetere dai nostri medici è: “È inutile controllare                           

continuamente l’andamento degli anticorpi circolanti, tanto quelli resteranno per sempre                   

elevati”. Non c’è frase più scorretta, dal momento che la più recente letteratura scientifica ha                             

ormai dimostrato che una supplementazione con dosaggi adeguati (adeguati!) di alcuni                     

elementi possa portare alla negativizzazione degli anticorpi circolanti.  

 

Ormoni tiroidei  Medicina 

convenzionale 

Med. Funzionale: OK  Med. Funzionale: Ottimale 

TSH  0.45 - 4.50 mU/L  1.0 - 2.5 mU/L  1.0 - 2.0 mU/L 

fT4  9 - 23 ug/dL  12 - 23 ug/dL  15 - 23 ug/dL 

fT3  2 - 4.4 ng/dL  2.8 - 3.2 ng/dL  3.2 - 4.4 ng/dL 

  

Inoltre crediamo profondamente che i sintomi rappresentino il test migliore per la diagnosi dei                           

disturbi tiroidei e che debbano promuovere l’affannosa ricerca di una soluzione. Nell’immagine                       

viene presentata una rapida carrellata: 

 

 

14 

Page 16: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

 

Qui presentiamo alcuni tra gli scenari clinici più frequentemente fraintesi: 

 

Laboratorio: 

TSH - Normale / fT3 - Normale / fT4 - Normale / Ab anti TPO/TG - Negativi 

Se i valori rientrano nei range ottimali ma sono ancora presenti sintomi è raccomandabile il                             

dosaggio di rT3 (alcuni laboratori che li eseguono: Merigen a Napoli; Bios a Roma) e                             

l’esecuzione di un’ecografia tiroidea. 

 

Laboratorio: 

TSH - Normale / fT3 - Normale / fT4 - Normale / Ab anti TPO/TG - Positivi 

Tiroidite di Hashimoto eutiroidea: ghiandola tiroidea sotto attacco, ma ancora in grado di                         

produrre normali quantità di ormoni. Non un buon motivo per non intervenire cercando di                           

dimunuire il segnale autoinfiammatorio. 

 

Laboratorio: 

TSH - Normale / fT3 - Normale / fT4 - Normale / Ab anti TPO/TG - Positivi o negativi 

Ipotiroidismo subclinico: la tiroide sta perdendo la capacità di produrre ormoni tiroidei in                         

sufficienza. Differentemente dal messaggio che in genere passa questa condizione è da                       

trattare. 

 

Le linee guida europee (2013 ETA Guideline: management of subclinical hypothyroidism)                     

consigliano di non “supportare” una ridotta funzionalità tiroidea con valori di TSH fino a 10                             

mU/L, e questo è il motivo per cui molte persone non trattate o trattate parzialmente continuano                               

ad avere intolleranza al freddo, stanchezza cronica, difficoltà a perdere peso e perdita di capelli.                             

Schematicamente con queste due affermazioni si possono racchiudere gli errori della moderna                       

endocrinologia:  

 

1) affidamento sul solo TSH per monitorare la funzionalità tiroidea (Bianco, 2016); 

2) terapia sostitutiva eseguita solo con Levotiroxina (Gullo, 2011). 

 

15 

Page 17: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Le strategie di intervento, come vedremo, devono essere altamente personalizzate. 

 

Tossicità ambientale 

Sicuramente, come a lungo descritto in questa guida, la correzione dei fattori di rischio                           

unitamente ad uno stile di vita salutare rappresentano le alternative terapeutiche migliori per la                           

prevenzione e la terapia di questi disturbi. Tra le “pratiche di buona salute”, oltre ad                             

alimentazione, supplementazione e stress management, ci sembra necessario annoverare                 

l’eliminazione delle sostanze tossiche, che nella vita moderna stanno raggiungendo                   

concentrazioni eccessive. Tra i componenti sicuramente da riconoscere (sono ovunque) e da                       

evitare ritroviamo i cosiddetti interferenti endocrini. 

 

Gli interferenti endocrini sono un eterogeneo gruppo di sostanze (contaminanti persistenti,                     

composti utilizzati nella filiera agricola, composti industriali, fitoestrogeni) caratterizzate dal                   

potenziale di interferire con il funzionamento del sistema endocrino attraverso svariati                     

meccanismi (recettoriali, metabolici). L'omeostasi degli steroidi sessuali e della tiroide                   

rappresenta il principale bersaglio di queste particolari sostanze. Come risultato si ottiene uno                         

stato di disregolazione: una serie di alterazioni molecolari che impediscono alla cellula di                         

rispondere in modo corretto ai normali stimoli esercitati da ormoni, agonisti recettoriali, fattori di                           

crescita ed altri agenti. Queste sostanze producono raramente una tossicità franca se non a                           

dosi molto elevate, inoltre, proprietà comuni a molti distruttori endocrini presenti nell’ambiente                       

sono l’elevata persistenza e la lenta eliminazione dalla dose assorbita nell’organismo. Tali                       

sostanze tendono perciò a concentrarsi e ad accumularsi nei tessuti, potendo raggiungere e                         

mantenere per lungo tempo concentrazioni cellulari “critiche” anche quando vengono assunte a                       

piccole dosi.  

 

Di seguito un elenco degli interferenti endocrini con cui più frequentemente entriamo in                         

contatto: 

 

● Bisfenolo A (BPA): si trova nella plastica e nei prodotti conservati in scatola 

● Triclosano: presente dei detergenti antibatterici 

● Parabeni: conservanti presenti nei cosmetici 

16 

Page 18: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

● Ftalati: composti chimici usati nell'industria delle materie plastiche come agenti                   

plastificanti 

● Sodium lauryl sulfate: tensioattivi comunemente presenti nei prodotti da bagno 

● Diossina 

● Pesticidi  

 

Cosa possiamo fare per difenderci da queste sostanze? 

 

● Acquistare frutta e verdura da agricoltura biologica quando possibile 

● Evitare detergenti antibatterici a base di tensioattivi aggressivi 

● Consumare acqua in bottiglie di vetro 

● Eliminare utensili di teflon 

   

17 

Page 19: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Seconda parte: mettere in pratica 

Approfondiamo in questa sezione le strategie nutrizionali, diagnostiche e terapeutiche che                     

possono essere applicate in presenza di un disturbo tiroideo. È bene ricordare che ciascun                           

intervento deve essere adeguatamente personalizzato. 

 

Test di Barnes 

Iniziamo la sezione pratica presentando un test di facile esecuzione, costo zero e affidabilità                           

elevata: il test della temperatura basale di Barnes. Si tratta di una metodica non sfruttata                             

abbastanza dalla medicina convenzionale, ma ampiamente diffusa tra i professionisti di                     

medicina integrata. 

 

Questo test è realmente utile e affidabile per la diagnosi dell’ipotiroidismo, poiché misura la                           

temperatura corporea “basale”, cioè a riposo, di una persona, consentendole di capire se si                           

trova in uno stato ipo-, normo- o iper-metabolico.  

 

Dal momento che la tiroide svolge un ruolo cruciale nella termoregolazione corporea, è intuitivo                           

capire che se la temperatura basale è molto bassa, le possibilità che la persona sia ipotiroidea                               

aumentano.  

 

Come si esegue il test di Barnes?   

Procedimento ● Munirsi di un termometro classico in vetro, “scaricandolo” la sera prima di andare a                           

dormire e lasciandolo sul comodino. 

● Per almeno 3-4 giorni consecutivi, ogni mattina al risveglio, prima di alzarsi e senza                           

fare movimenti bruschi, misurare la temperatura corporea ponendo il termometro nel                     

cavo ascellare. 

18 

Page 20: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

● Prendere nota delle temperature misurate giorno dopo giorno. 

 

Precauzioni - Bambini, uomini e donne in menopausa possono eseguire il test in qualsiasi giorno,                         

mentre le donne in età fertile dovrebbero eseguirlo il secondo, terzo e quarto giorno                           

dall’inizio del flusso mestruale. 

- Il test dovrebbe essere effettuato dopo una notte di sonno regolare, senza spuntini                         

notturni, agitazione o esercizio fisico per almeno 12 ore.  

- Non si deve essere eccessivamente coperti a letto, in quanto il calore delle coperte                           

potrebbe falsare il risultato. 

 

Come si interpreta il test di Barnes?   

Valori normali ● I valori normali dovrebbero essere compresi tra 36,5°C e 36,8°C.  

● Valori inferiori sono potenziali indicatori di ipotiroidismo. 

● Più bassi i valori, più alta la possibilità di essere ipotiroidei. Ci sono persone con                             

temperature basali più basse di un grado centigrado (35,5°C – 35,8°C) rispetto al                         

range di normalità. 

 

Considerazioni 

La sola presenza di temperature basali molto basse, senza altri sintomi suggestivi di                         

ipotiroidismo, non è sufficiente per fare diagnosi. 

 

Tuttavia, questo dato rappresenta un indicatore prezioso quando si associa ad altri sintomi                         

tipici dell’ipotiroidismo, e può altresì essere un elemento discriminante per la diagnosi finale                         

sia della forma conclamata sia di quella subclinica. 

 

19 

Page 21: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Alimentazione per la salute della tiroide  

Dal punto di vista nutrizionale, il professionista che si occupa di disturbi alla tiroide deve ben                               

conoscere i seguenti aspetti: 

 

1. L’assunzione di cibi goitrogeni, che potrebbe danneggiare la ghiandola o aumentare il                       

fabbisogno di iodio. 

2. L’apporto di iodio e selenio da garantire attraverso la dieta. 

3. La corretta gestione dei carboidrati. 

4. Il consumo di alimenti che possono potenzialmente scatenare una risposta di natura                       

auto-immunitaria. 

5. I rischi legati alla pratica del Digiuno Intermittente. 

6. Caffè amico o nemico della tiroide? 

 

Approfondiamo uno per uno questi punti. 

 

Alimenti goitrogeni 

L’aggettivo “goitrogeno” viene usato per descrivere un anti-nutriente o una sostanza chimica in                         

grado di inibire la funzione tiroidea attraverso un’alterazione nel metabolismo dello iodio.  

 

Vi sono, in particolare, sostanze goitrogene che inibiscono l'assorbimento dello iodio nella                       

ghiandola tiroidea, e sostanze che inibiscono la formazione di composti di iodio organico. Anche                           

un’importante carenza di iodio può tradursi in un effetto goitrogeno, tanto più se attraverso la                             

dieta si assumono alimenti che ne intaccano il corretto metabolismo.  

 

L’effetto goitrogeno di alcuni alimenti è stato associato sia ad ipo- e ipertiroidismo, sia alla                             

tiroidite di Hashimoto e al morbo di Graves. 

 

20 

Page 22: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Tra gli alimenti “lievemente goitrogeni” rientrano la soia, il miglio, le patate dolci, la manioca,                             

tutte le crucifere (sia cavoli, broccoli, cavoletti di Bruxelles, sia cavolo, cavolo nero, etc.) e altri                               

alimenti inseriti nel box sottostante. 

 

Vegetali  

● Bok choy 

● Broccoli 

● Cavoletti di Bruxelles 

● Cavolfiore 

● Cavolo verde 

● Cavolo nero 

● Cavolo cinese 

● Olio di colza 

● Rafano 

● Rape  

● Ravanelli 

● Senape indiana (verdura a foglia verde) 

● Verza 

 

Altri alimenti 

● Soia, tofu, farina di soia, latte di soia 

● Lecitina di soia 

● Arachidi  

● Pinoli 

● Manioca  

● Patate dolci 

● Miglio 

● Spinaci 

● Pere 

● Pesche 

● Fragole  

 

21 

Page 23: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

C’è da dire che a basse concentrazioni, l’effetto di questi alimenti non influisce                         

significativamente sulla funzionalità tiroidea, e può essere facilmente compensato mediante il                     

corretto apporto e/o l’eventuale supplementazione di iodio. È piuttosto l’esposizione a grandi                       

quantità di goitrogeni che causa l’incapacità della tiroide di usare correttamente lo iodio, e in                             

questi casi va da sé che anche l’integrazione esterna diventa inutile. 

 

Il consiglio più importante che si possa dare in questi casi è quello di consumare gli alimenti                                 

citati in quantità e frequenza non esagerate, ma soprattutto di cuocerli. In base al metodo di                               

cottura, non solo si può ridurre la percentuale di sostanze goitrogene dal 30% al 90%, ma si                                 

abbassa nettamente anche il contenuto di nitrili, tossine naturali presenti nelle crucifere e                         

potenzialmente più dannose degli stessi elementi goitrogeni. Invece la fermentazione (per es.                       

dei crauti) riduce maggiormente la quantità di nitrili più che dei goitrogeni. 

 

Non è necessario, se non in condizioni particolari come la gravidanza o qualora si stesse                             

seguendo un protocollo dietetico specifico, ridurre eccessivamente o addirittura eliminare tutti                     

gli alimenti goitrogeni dalla dieta. Per individuare il numero di porzioni settimanali da consigliare                           

al paziente, infine, sarebbe opportuno valutare l’intake di iodio. 

 

L’apporto di iodio e selenio da garantire attraverso la dieta 

Sembra paradossale, ma la carenza di iodio è ancor oggi molto diffusa, e non solo nei Paesi in                                   

via di sviluppo. Il fabbisogno per l’adulto è pari a 150 mcg/die, e aumenta fino a 250 mcg/die                                   

per la donna in gravidanza e allattamento. In entrambi i casi, il limite massimo di assunzione                               

ammonta a 600 mcg/die. Tuttavia, in medicina funzionale si consiglia di garantire un intake di                             

800 mcg-1 mg/giorno in tutti i casi di apporto insufficiente con la dieta. E come vedremo più                                 

avanti, anche questo dosaggio potrebbe essere insufficiente. 

 

Gli alimenti più ricchi di questo elemento sono il sale iodato, il pesce, le alghe, molti latticini della                                   

grande distribuzione (perché in fase di produzione e confezionamento viene spesso impiegato                       

iodio) e alcuni tipi di pane. La carenza di iodio è tuttavia indipendente dall’assunzione di questi                               

cibi, e la prevalenza è altissima e sottostimata. Un altro problema è che molti di questi cibi (sale                                   

22 

Page 24: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

e prodotti da forno) oltre allo iodio contengono e dunque veicolano sostanze tossiche come il                             

bromuro, dalle quali l’organismo non trae alcun beneficio. 

 

Le alghe rappresentano la fonte di iodio più importante, seppur in quantità variabile in base alla                               

specie (Kelp e Kombu ne contengono più di tutte, Wakame e Nori meno di tutte).  

 

Bisogna però fare i conti con la sicurezza del prodotto, che rischia di essere contaminato da                               

tossine e altre sostanze pericolose, e con la cottura. Quando un’alga viene sottoposta a cotture                             

anche brevi, subisce una drastica riduzione nel contenuto di iodio, dal 40 al 100%. Per esempio                               

l’alga Kombu, una tra le più diffuse nel nostro Paese e spesso consigliata in aggiunta ai legumi,                                 

perde il 99% di iodio dopo soli 15 minuti di bollitura. Tuttavia, proprio la Kombu e la Kelp,                                   

poiché contengono più di 1300 mcg/1 grammo, possono contribuire ad aumentare l’apporto di                         

iodio anche da cotte.  

 

Tra i suggerimenti per inserire le alghe nella propria dieta, vi è quello di usare l’alga kelp al posto                                     

del sale, aggiungendola sotto forma di fiocchi alle zuppe o alle uova. Anche la già citata                               

aggiunta di alga Kombu ai legumi, ma anche in zuppe o stufati, è un buon consiglio, purché                                 

venga aggiunta al massimo 15 minuti prima che la cottura sia finita, in quantità pari a 5-6                                 

grammi. 

 

Per chi ama il cibo etnico, poi, ci sono molti altri modi per incorporare le alghe nelle proprie                                   

ricette, sempre dopo averle reidratate. Ricordiamo che anche le uova, il merluzzo, i gamberetti e                             

il tonno sono tutti alimenti contenenti buone quantità di iodio. 

 

Una cosa che non si deve assolutamente fare quando si decide di aumentare l’intake di iodio è                                 

quella di farlo tutto d’un colpo, soprattutto se attraverso alimenti mai consumati prima come le                             

alghe.  

Questo discorso chiama in causa anche l’apporto di selenio, che se adeguato dovrebbe                         

prevenire gli effetti collaterali, ma è senz’altro più sicuro iniziare con una piccola dose,                           

preferibilmente dalle alghe a minor contenuto di iodio (Wakame, Dulse, Nori), e aumentare                         

gradualmente nel corso delle settimane. 

 

23 

Page 25: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Se dovesse però sorgere qualsiasi sintomo sospetto (mani e piedi molto freddi, stipsi o diarrea,                             

giramenti di testa, insonnia, etc.), è bene sospendere l’assunzione di questi cibi e verificare che                             

l’intake di selenio sia corretto. 

 

Riguardo a quest’ultimo, c’è da dire che la carenza è molto più rara rispetto a quella di iodio, ma                                     

al tempo stesso si è visto che sia l’aumento dell’apporto con la dieta, sia la supplementazione                               

mediante integratori, sono strumenti di fondamentale importanza in moltissimi casi di disturbi                       

tiroidei. 

 

Il fabbisogno di selenio per gli adulti è pari a 70 mcg/die, ma la dose consigliata a chi soffre di                                       

problemi alla tiroide va da 100 a 200 mcg/die. Tra gli alimenti, le noci brasiliane sono in assoluto                                   

le più ricche di questo elemento, seguite da tonno, halibut, sardine, carni (maiale, manzo, pollo,                             

tacchino) e uova. 

 

Nella sezione dedicata all’integrazione, vedremo quali altri elementi possono rivelarsi molto utile                       

nel trattamento dei disturbi tiroidei. 

 

La corretta gestione dei carboidrati 

Come accennato nella sezione sulla glicemia, in presenza di disturbi tiroidei di varia natura è                             

fondamentale curare l’apporto dietetico dei carboidrati, principalmente per due motivi: 

 

1) I carboidrati regolano il rilascio di insulina, che gioca un ruolo importante nel                         

metabolismo degli ormoni tiroidei, promuovendo la conversione del T4 in T3. Quando i                         

livelli di insulina sono cronicamente bassi, come accade nei protocolli “very low-carb”                       

(ma anche nei regimi “very low-protein”), si ha una riduzione nel tasso di conversione T4                             

→ T3, e ciò peggiora ulteriormente il grado di funzionalità tiroidea. In altre parole, la                             

tiroide ha bisogno di carboidrati, il che non significa dover necessariamente adottare un                         

regime high-carb, ma garantire almeno il 25-40% di cho al giorno. Minori sono i livelli di                               

T3, maggiore dovrà essere l’apporto di carboidrati, almeno in fase di ripristino della                         

funzionalità tiroidea, laddove ciò sia possibile. Il discorso cambia se la persona è                         

sovrappeso e soprattutto insulino-resistente o anche solo in perenne stato di                     

24 

Page 26: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

iperglicemia. In questi casi, un apporto tra i 10 e il 20% può essere più che sufficiente                                 

per garantire il fisiologico tasso di conversione e al tempo stesso correggere lo stato di                             

squilibrio glicemico. 

 

2) Il secondo aspetto riguarda la correlazione tiroide-surrene, approfondita in un paragrafo                     

della Prima Parte. Un apporto troppo basso di carboidrati, oltre a indurre gli effetti sopra                             

descritti, mette sotto eccessivo sforzo anche le ghiandole surrenali. Quanto più l’apporto                       

è mantenuto basso, come nei regimi low-carb, tanto più questo effetto si inasprisce, e                           

concorre a peggiorare la salute della tiroide, poiché quest’ultima trae supporto e                       

giovamento dai livelli fisiologici degli ormoni surrenalici. La condizione di affaticamento                     

surrenalico, inoltre, innesca - o amplifica, laddove già presente - una risposta                       

infiammatoria sistemica, e può dunque vanificare qualsiasi altro tentativo di ripristino                     

della funzionalità tiroidea. In questi casi, dunque, è fondamentale risolvere come prima                       

cosa lo stato di adrenal fatigue, e di conseguenza sarà più facile agire anche sulla tiroide.  

 

Dopo aver compreso l’importanza del giusto apporto di carboidrati, vediamo alcuni                     

consigli pratici, elencati di seguito. 

 

● Stabilire la quantità di carboidrati da assumere giornalmente, in base al disturbo tiroideo                         

in corso (auto-immunitario o meno), alla composizione corporea, all’equilibrio glicemico e                     

insulinemico e al livello di attività fisica praticata. 

 

● Se si è normopeso e con tutti i parametri metabolici nella norma, l’apporto di glucidi può                               

variare dal 30 al 50-60% dell’intero fabbisogno giornaliero, distribuendo gli alimenti                     

glucidici preferibilmente nella prima parte della giornata (a colazione e a pranzo) e                         

curando l’aspetto qualitativo dei carboidrati scelti.  

 

● Se si è sovrappeso e/o i valori di glicemia e insulina sono cronicamente elevati, si può                               

valutare una restrizione glucidica fino al 10-20% di cho/giorno, da applicare anche in                         

modo ciclico (per es. 10 giorni al mese, o 5 giorni a settimana). In questi casi è ancora                                   

più importante limitare l’apporto di zuccheri semplici al minimo indispensabile, almeno                     

fin quando non si sia recuperato un buon livello di sensibilità all’insulina. 

 

25 

Page 27: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

● Pianificare il timing di assunzione dei cho, in base all’attività fisica svolta e alla presenza                             

di una buona circadianità o meno (sonno regolare, livelli di cortisolo, etc.). 

 

● Soprattutto se si sospetta o si è certi della presenza di sovraffaticamento surrenalico,                         

l’ideale sarebbe distribuire i carboidrati nella prima parte della giornata, ancor meglio se                         

dopo una sessione d’allenamento. In questi casi, è inoltre importante non scendere sotto                         

i 150 g di cho/die, prevalentemente sotto forma di carboidrati complessi non raffinati                         

(riso semintegrale, cereali in chicco, tuberi ammessi) e solo in minima parte semplici                         

(frutti di bosco, frutta di stagione, evitando zucchero, snack e dolci). 

 

● In tutti i casi, non scendere al di sotto degli 80-100 g cho complessi/die, scegliendo non                               

solo le fonti integrali. Non è infatti necessario mangiare al 100% integrale, poiché                         

l’eccesso di fibra vegetale potrebbe limitare l’assorbimento di micronutrienti importanti.                   

Via libera quindi a riso basmati, carnaroli, Acquerello, nero e rosso, e all’alternanza tra                           

farro mono- e dicocco (integrali) e perlato, orzo decorticato e perlato, grano saraceno,                         

quinoa, miglio, etc.. In tutti i casi, si consiglia la scelta del biologico per un motivo di                                 

maggiore qualità e sicurezza. 

 

Il consumo di alimenti che possono potenzialmente scatenare una 

risposta di natura auto-immunitaria 

Quando si parla di tiroide e alimenti, non basta conoscere e tenere sotto controllo i cibi                               

goitrogeni. Esistono infatti altri alimenti che possono esacerbare le patologie di natura                       

auto-immunitaria, come la tiroidite di Hashimoto o il morbo di Graves.  

 

Tra gli alimenti in questione rientrano pomodori, melanzane, peperoni, peperoncini rossi, patate,                       

uova, latte e derivati (con l’eccezione del ghee), pepe di Cayenna (non il pepe nero) e paprika. Al                                   

banco degli imputati figurano anche glutine e cereali in generale, ma la cosa interessante è che                               

il livello di tolleranza è altamente variabile da individuo ad individuo. 

 

Una strategia nutrizionale sempre più diffusa nel trattamento delle tiroiditi e di altre patologie                           

su base auto-immunitaria è la “Dieta Paleo Autoimmune”, che prevede la totale eliminazione di                           

26 

Page 28: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

questi cibi per almeno trenta giorni, seguita dalla loro graduale reintroduzione, per verificare se                           

e quale tra essi dia effettivamente problemi o meno. 

 

È importante che la reintroduzione avvenga un cibo alla volta, per capire se ci sia una                               

correlazione o meno tra un determinato alimento e la manifestazione di uno o più sintomi.                             

L’ordine suggerito è: prima le uova (dapprima solo il tuorlo, poi anche l’albume), in seguito i                               

vegetali citati, sempre uno ad uno, i derivati del latte, dai più stagionati ai più freschi, ed infine i                                     

cereali contenenti glutine. 

 

A proposito di quest’ultimo, c’è chi tollera bene i cereali che lo contengono, purché sottoposti ad                               

ammollo o fermentazione. Tuttavia, considerando la particolare azione pro-infiammatoria del                   

glutine, è consigliabile limitarne l’apporto, prediligendo i cereali aglutinati e alcuni tuberi (batate                         

e topinambur in primis) come fonte principale di carboidrati complessi. 

 

Un’altra categoria da tenere sotto controllo è quella degli oli vegetali industriali - girasole, soia,                             

mais, cotone, cartamo, etc. - tutti potenziali agenti pro-infiammatori. 

 

Infine, anche nei casi in cui gli alimenti citati siano ben tollerati, occorre tenere presente che                               

potrebbero alimentare lo stato infiammatorio cronico tipico delle condizioni auto-immuni, ed è                       

pertanto doveroso consumarli con moderazione. 

  

I rischi legati alla pratica del digiuno intermittente 

Il digiuno intermittente (IF) rappresenta uno degli strumenti più potenti per la salute, e in                             

numerosi articoli ne abbiamo descritto i benefici, le diverse varianti e i potenziali rischi. Tuttavia,                             

quando si ha un disturbo alla tiroide, sia esso conclamato o subclinico, la pratica dell’IF non                               

rientra tra le strategie utili, anzi può diventare controproducente. Vediamo perché. 

  

Nello stato di digiuno prolungato (con “prolungato” intendiamo un arco di tempo superiore a                           

12-14 ore), si osserva un calo progressivo dei livelli di T3 ed un parallelo aumento dei livelli di                                   

rT3. TSH e T4 rimangono invece a lungo invariati, poiché una minor quantità di T4 è trasportata                                 

27 

Page 29: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

ai tessuti periferici, viene dunque prodotto meno T3 e l’eccesso di T4 rimane in circolo, anche                               

perché ne diminuisce la clearance. 

  

Oltre alla riduzione di tutti gli effetti a livello dei vari organi bersaglio, la riduzione dei livelli di T3                                     

induce un calo del consumo di ossigeno e della frequenza cardiaca. Si osserva, cioè, un                             

“rallentamento” generale, che a sua volta non aiuta una tiroide in difficoltà.  

  

Ciò equivale a dire che il digiuno intermittente non vada mai praticato da chi ha problemi di                                 

tiroide anche lievi? Non è detto, occorre valutare prima di tutto la funzionalità ormonale: se                             

conservata, l’IF potrebbe danneggiarla; se persa, l’IF potrebbe peggiorare il setting di un                         

organismo che sta già mettendo in atto diversi meccanismi di compenso. In questo secondo                           

caso, tuttavia, se la persona assume ormoni sostitutivi e la terapia può definirsi consolidata, si                             

potrebbe valutare una semplice compressione della finestra temporale in cui assumere i propri                         

pasti (per es. 10 ore su 24), misura semplice ma utile soprattutto nei casi di sovrappeso e/o                                 

iperglicemia. 

 

La pratica dell’IF è sicuramente da evitare in presenza di un disturbo auto-immunitario                         

importante, soprattutto in fase acuta o d’esordio. In questi casi è invece fondamentale adottare                           

una strategia nutrizionale anti-infiammatoria, come quelle descritte più avanti. 

  

Infine, la buona notizia è che in molti casi le alterazioni a carico degli ormoni tiroidei possono                                 

essere ripristinate a seguito dell’assunzione di quantità anche piccole di carboidrati (non di lipidi                           

o proteine, per tutti i motivi visti nel paragrafo sulla regolazione glicemica). In questi casi,                             

dunque, si possono prendere in considerazione forme di IF che prevedano l’assunzione di una                           

quota glucidica, sempre secondo uno specifico timing. 

 

Caffè: amico o nemico della tiroide? 

Non tutti sanno che l’assunzione di caffè in concomitanza ai farmaci per la tiroide può alterarne                               

l’assorbimento. Si tratta di una scoperta confermata una decina d’anni fa da un gruppo di                             

Ricercatori italiani, secondo la quale il caffè ridurrebbe notevolmente l’assorbimento intestinale                     

di T4, come del resto fa con molte altre sostanze organiche e inorganiche. 

28 

Page 30: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

 

Le ricerche in tal senso non si sono però fermate, e si è visto che il Tirosint, uno tra i farmaci più                                           

utilizzati, è l’unico a non risentire della contemporanea assunzione di caffè, forse per la peculiare                             

forma di levotiroxina in capsule gelatinose. Un’altra forma che in teoria non dovrebbe subire                           

interferenza è la levotiroxina liquida, ma è tra quelle meno diffuse.  

 

Anche per chi assume tiroide secca è consigliabile attendere almeno mezz’ora se non un’ora                           

prima di bere il tanto amato caffè. 

 

A questo punto il dubbio sorge spontaneo: se non si assume alcun farmaco per la tiroide, il caffè                                   

rappresenta comunque uno stressor per la ghiandola o può essere assunto senza limiti? Studi                           

passati avevano attribuito al caffè un potere protettivo nei confronti dei tumori tiroidei, ma                           

questi dati sono stati smentiti da metanalisi più recenti.  

 

Appurato poi che il caffè di per sè non causi patologie o disturbi della funzionalità tiroidea, è                                 

giusto ipotizzare che in alcuni casi si possa giovare dall’astensione della caffeina, sia a breve sia                               

a lungo termine. Questo discorso vale soprattutto per chi è ipertiroideo, ma anche per chi soffre                               

d’ansia, tachicardia, insonnia o iperdiuresi, e per chi potrebbe trovarsi in una condizione di                           

adrenal fatigue. Perfino chi soffre di emicrania, poiché l’abuso di caffè causa una deplezione di                             

magnesio, può solo giovare dall’allontanamento della caffeina, ovviamente non solo di quella                       

contenuta nel caffè, bensì in molti tipi di the e di bevande gasate, con una soglia di tolleranza                                   

individuale altamente variabile. 

 

Addio caffè, dunque? Non per forza. Dopo un periodo di astensione, si può provare a                             

reintrodurlo gradualmente e in quantità limitata, oppure a sostituirlo o alternarlo con il                         

decaffeinato, o ancora a renderlo meno aggressivo nei confronti della tiroide e dell’organismo in                           

generale attraverso un’azione di “estensione” dell’assorbimento della caffeina. L’aggiunta di                   

grassi, infatti, permette di rallentare lo spike indotto dalla caffeina, ed è anche semplice da                             

mettere in pratica: basta aggiungere al caffè qualche goccia di MCT oil o un po’ di olio o di latte                                       

di cocco. Chi non ha problemi con i derivati del latte può anche provare il burro chiarificato o il                                     

ghee, ne basta davvero una piccola quantità. 

 

29 

Page 31: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Infine, per chi soffre di ipotiroidismo o di tiroidite di Hashimoto, non ci sono evidenze sulla                               

necessità di evitare il caffè, naturalmente se non si hanno altri disturbi che potrebbero giovare                             

dell’assenza di caffeina nella dieta. 

 

Strategie nutrizionali a confronto 

Vediamo ora alcune strategie nutrizionali che possono essere adottate in presenza di un                         

disturbo tiroideo. L’efficacia dei protocolli descritti è piuttosto variabile da individuo a individuo,                         

anche se i maggiori risultati sono stati osservati nelle patologie auto-immunitarie come                       

l’Hashimoto e in molti casi di ipotiroidismo. 

  

1) Paleodieta 

2) Dieta di eliminazione (o Food Sensitivities Diet) 

3) Protocollo Paleo autoimmune (AIP) 

4) Dieta Low FODMAPs 

5) Dieta senza glutine 

 

Paleodieta 

Si tratta di un protocollo molto diffuso, che prevede l’esclusione di tutti i prodotti industriali e di                                 

intere categorie alimentari (latticini, legumi, cereali). Eliminando alla base tutti questi alimenti, e                         

quindi il glutine, le caseine, le lectine, etc., si ottiene una dieta decisamente anti-infiammatoria,                           

al tempo stesso caratterizzata da una drastica riduzione dei carboidrati in favore di grassi e                             

proteine. Perfino l’intake di frutta va limitato in termini di tipo, frequenza e quantità. Si tratta                               

dunque di un protocollo piuttosto restrittivo, difficile da adottare soprattutto in una fase iniziale.  

 

Okay - Si può mangiare  Non ok - Da evitare 

Frutta  Latticini 

Verdura  Grano e derivati 

Carne magra  Alimenti e zuccheri raffinati 

30 

Page 32: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Pesce, molluschi e crostacei  Legumi 

Noci e semi  Cibi amidacei 

Grassi salubri  Alcool 

Per chi soffre di disturbi tiroidei, il rischio maggiore di questo approccio è dunque l’eccessiva                             

restrizione glucidica, per i motivi che abbiamo visto nei paragrafi precedenti. In questi casi,                           

tuttavia, è possibile apportare alcune modifiche, come l’inserimento più frequente di tuberi e                         

cereali in chicco senza glutine, così da poter trarre i benefici associati a tale dieta. 

 

Dieta di eliminazione (o Food Sensitivities Diet) 

Come dice la parola stessa, si tratta di escludere diversi gruppi di alimenti. Il punto di partenza è                                   

duplice: si può prima fare il dosaggio ematico di specifiche IgG per individuare gli alimenti verso                               

i quali si è allergici, o anche solo “sensibili” (nel senso che l’organismo in quel dato momento                                 

mette in atto una reazione, pur non essendo allergico all’alimento in questione), oppure si                           

possono direttamente eliminare per 30-90 giorni gli alimenti cui la maggior parte delle persone                           

è sensibile, reintroducendoli uno alla volta dopo il periodo prestabilito, per valutare se e quanto                             

facciano star male. I gruppi alimentari in questione includono: alimenti contenenti glutine, soia,                         

latte e derivati, zucchero, mais, uova, crostacei, arachidi, dolcificanti artificiali. Anche questo                       

protocollo è molto restrittivo, ancor più della Paleodieta, ma in alcuni casi è il migliore per                               

ottenere una rapida riduzione dei livelli di auto-anticorpi. Un altro limite riguarda la                         

reintroduzione dei singoli alimenti, che dev’essere necessariamente lenta e graduale e richiede                       

dunque molto tempo. Chi sceglie di provare questa dieta, inoltre, deve mettere in conto il costo                               

dei dosaggi anticorpali, e al tempo stesso ricordarne i limiti. 

 

Protocollo Paleo autoimmune (AIP) 

Non è altro che un’appendice della Paleodieta, ancora più restrittiva, in quanto esclude anche                           

uova, frutta secca a guscio, semi oleosi e alcuni vegetali. Sembra però che sia tra tutte la più                                   

efficace, con una riduzione dei livelli di anticorpi anti-tiroide fino al 43%. I cibi ammessi sono:                               

vegetali - eccetto quelli esclusi -, piccole quantità di frutta, cocco e suoi derivati, olio d’oliva,                               

31 

Page 33: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

strutto, olio di cocco, cibi fermentati, carne bianca e rossa grass-fed, pesce, brodo d’ossa, the                             

verde, aceto. 

 

 

 

Alimenti da includere nel protocollo dietetico autoimmune 

 

 

32 

Page 34: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Alimenti da evitare nel protocollo dietetico autoimmune 

 

Sicuramente si tratta di un protocollo molto difficile da adottare e mantenere, sia per le                             

numerose restrizioni, sia per la difficile reperibilità di alcuni alimenti, specie di quelli poco                           

utilizzati in Italia (brodo d’ossa, cibi fermentati, organi, cocco e derivati). Potrebbe però                         

rappresentare la carta vincente soprattutto nei casi di auto-immunità multiple. 

 

Dieta Low FODMAPs 

Questo protocollo prevede la riduzione o l’esclusione dei cibi ricchi in polioli, mono-, di- e                             

oligosaccaridi, cioè quegli zuccheri che vengono facilmente fermentati a livello intestinale,                     

causando disturbi gastrointestinali di vario tipo. Tra i FODMAPs rientrano lattosio, fruttosio,                       

fruttani e galattani, e i cibi che ne sono più ricchi sono i legumi, il frumento, i latticini, i                                     

dolcificanti, molte varietà di frutta, aglio, cipolla, miele e inulina. 

 

 

33 

Page 35: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

 

Si tratta di un protocollo piuttosto efficace in presenza di SIBO o candida, condizioni spesso                             

riscontrabili in chi soffre di disturbi auto-immunitari a carico della tiroide. Anche in questo caso,                             

si è infatti osservata una riduzione degli auto-anticorpi di circa il 30%. 

 

Dieta senza glutine 

È forse la più nota, e sicuramente la più efficace in chi soffre di tiroidite di Hashimoto,                                 

indipendentemente dall’essere celiaco o meno. L’eliminazione del glutine, come del resto si                       

osserva per diverse patologie, si traduce infatti in una riduzione dello stato infiammatorio e                           

dell’auto-immunità. È fondamentale non rimpiazzare gli alimenti classici con versioni gluten-free                     

piene di ingredienti artificiali e processati. In altre parole, neanche in questo approccio sono                           

ammessi junk-foods. Mangiare “gluten-free” non comporta effetti collaterali e si associa a una                         

riduzione degli auto-anticorpi tiroidei del 35%, ma non in tutti i casi può essere sufficiente.   

  

34 

Page 36: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Oltre alle strategie nutrizionali più efficaci, vi sono invece alcune diete da evitare, soprattutto                           

quando si soffre di tiroidite di Hashimoto o di ipotiroidismo. Si tratta delle diete low-fat, very                               

low-carb, chetogeniche e molto ipocaloriche in generale, inclusa la restrizione calorica cronica. 

  

Questi regimi sono infatti potenzialmente dannosi in quanto possono peggiorare la funzionalità                       

tiroidea e inasprire la down-regulation del metabolismo di T3 e T4.   

35 

Page 37: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Strategie terapeutiche 

Ipotiroidismo - alternative all’Eutirox 

Il trattamento di scelta nell’ipotiroidismo prevede la diretta somministrazione di T4 (levotiroxina                       

- “Eutirox”). In realtà, utilizzando esclusivamente T4 la conversione nella forma attiva T3 non                           

sempre è efficace. Al contrario, somministrare solo T4 può aumentare la conversione in rT3 (che                             

pertanto è necessario dosare), con una ulteriore riduzione del T3 e un peggioramento dei                           

sintomi. 

  

Vediamo dunque alcune alternative terapeutiche. 

 

Tiroide secca 

È prodotta a partire dalla tiroide di maiale essiccata, polverizzata e formulata in compresse, e                             

contiene dunque tutti gli ormoni tiroidei, oltre a fattori minori non ormonali naturalmente                         

contenuti nella ghiandola stessa. Si intuisce quindi il perché la somministrazione di tiroide secca                           

possa compensare meglio della sola tiroxina. Tale sostanza è inoltre assolutamente sicura,                       

rientrando regolarmente nella categoria dei farmaci, nonostante dal 2011 la sua reperibilità in                         

Italia sia diventata molto difficile, e occorra dunque ordinarla tramite le poche farmacie che la                             

importano dagli USA, previa ricetta medica. L’etichetta del prodotto riporta l’esatto contenuto                       

degli ormoni, variabile in base alla marca. Le più diffuse sono Nature-Thyroid, Armour ed Erfa. 

 

LIOTIR 

Contiene il principio attivo liotironina sodica (T3), un ormone tiroideo di origine sintetica, la cui                             

struttura ed azione sono identiche all'ormone tiroideo naturale. 

 

36 

Page 38: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

IBSA 

Contiene T4 e T3 (levotiroxina e liotironina in terapia combinata) e come, la tiroide secca, può                               

essere utile in tutti quegli stati in cui persistono i sintomi dell’ipotiroidismo nonostante                         

l’assunzione di Eutirox. 

 

Come visto nel paragrafo sul caffè, è bene assumere qualsiasi farmaco tiroideo a digiuno, con                             

sola acqua, e attendere almeno mezz’ora o un’ora prima di bere caffè o the e di mangiare. 

 

Ciò non esclude la possibilità di somministrazione serale degli ormoni tiroidei, come dimostrato                         

da diversi studi. Questa scelta può anzi rivelarsi la più vantaggiosa, perché evita di dover                             

attendere per poter mangiare garantendo al tempo stesso un effetto sulla funzione tiroidea in                           

molti casi migliore rispetto alla somministrazione mattutina. Inoltre, è possibile che fare la prima                           

colazione entro 45 minuti dal risveglio attivi in modo naturale la funzione tiroidea, in particolare                             

attraverso la produzione di leptina, mentre ritardare l'assunzione di cibo potrebbe rallentarne la                         

funzione. 

 

Prima di cambiare l’orario di somministrazione del farmaco è comunque importante consultarsi                       

con il proprio endocrinologo. 

 

Ricordiamo infine che i cibi che maggiormente interferiscono con l’assorbimento dei farmaci                       

tiroidei sono la soia, le noci e il succo di pompelmo.  

 

Ipertiroidismo 

L’ipertiroidismo invece colpisce circa l’1-2% della popolazione; purtroppo non disponiamo di                     

alternative terapeutiche così efficaci come nell’ipotiroidismo. Solo nei casi più lievi possiamo                       

controllare la malattia usando esclusivamente prodotti naturali (integratori, fitoterapici).                 

Naturalmente, se questa condizione è già stata trattata chirurgicamente o con iodio radioattivo                         

(e quindi si è passati ad una fase di ipotiroidismo), è possibile ricorrere alle alternative elencate                               

nel paragrafo precedente. 

 

37 

Page 39: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Sindrome da basso T3 

La Sindrome da basso T3 (low T3 syndrome), è caratterizzata da una serie di modificazioni                             

dell’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide che intaccano il metabolismo e il trasporto degli ormoni                     

tiroidei. Il quadro ormonale è caratterizzato da ridotti livelli di T3, aumento del valore di rT3                               

(reverse T3) e, nei soggetti gravemente compromessi, riduzione del T4. Il TSH sierico è di solito                               

normale o inappropriatamente basso, nonostante i ridotti livelli di T3. 

 

I meccanismi fisiopatologici alla base di questa sindrome sono molteplici e complessi: 

 

● Alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisario: citochine proinfiammatorie come           

l’iInterleuchina 1 e 6, il TNF-alfa e l’IFN-beta agirebbero sui nuclei paraventricolari                       

dell’ipotalamo, riducendo la produzione di TRH; 

● Riduzione delle proteine di trasporto degli ormoni tiroidei (TBG, prealbumina e                     

albumina), soprattutto in fase acuta; 

● Riduzione dell’attività deiodinasica a livello dei tessuti periferici. 

 

In questi casi, poiché non esiste una terapia d’elezione, è opportuno adottare una strategia volta                             

a risolvere lo stimolo infiammatorio sistemico di basso grado ed aumentare la conversione T4 →                             

T3. 

   

38 

Page 40: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Integrazione e supplementazione 

Vediamo ora gli integratori che possono essere utilizzati per migliorare la funzionalità tiroidea.                         

Alcuni di essi, nel giusto dosaggio e talvolta in combinazione tra loro, possono prevenire                           

l’assunzione di farmaci, o permettere di ridurne il dosaggio anche in modo definitivo. 

 

Iodio 

Come visto nel paragrafo su iodio e selenio nella dieta, secondo la Medicina convenzionale il                             

fabbisogno per l’adulto è pari a 150 mcg/die, mentre il limite massimo di assunzione ammonta a                               

600 mcg/die. In Medicina Funzionale si parla di 800 mcg-1000 mcg/giorno. Tuttavia, secondo                         

gli studi del dottor Abraham, uno dei più importanti ricercatori al mondo sullo iodio, e del suo                                 

allievo dottor Brownstein, il fabbisogno giornaliero è molto più alto, dell’ordine di milligrammi.  

 

Questo dipende dalla capacità dell’organismo di trattenere lo iodio nei tessuti che più lo                           

utilizzano, tiroide in testa, seguita da seno, prostata, fegato, milza e altri tessuti ghiandolari. In                             

altre parole, secondo Abraham e Brownstein il fabbisogno per mantenere il giusto livello di                           

saturazione ammonta a 12-15 mg al giorno (6 mg destinati alla tiroide, 5 mg al seno, il resto                                   

agli altri tessuti), e la supplementazione terapeutica, che va stabilita in base allo stato di carenza                               

iniziale, varia da 12 a 100 mg/giorno. Il dosaggio può poi essere aggiustato in modo graduale e                                 

sintomo-dipendente, oltre che monitorando i livelli di iodio e degli ormoni tiroidei.  

 

In quest’ottica, anche la forma di assunzione dello iodio diventa discriminante ai fini di                           

garantirne il corretto assorbimento: secondo i medici sopra citati, lo iodio assunto con il sale                             

iodato è del tutto inutile, e l’unica formulazione corretta ed effettivamente bio-disponibile si                         

basa sulla combinazione di iodio e ioduro di potassio in soluzione acquosa o in pastiglie. 

 

Questo filone stravolge la linea di pensiero radicata ormai da decenni, ma a nostro parere                             

fornisce una potenziale chiave di lettura per molti dei casi in cui le terapie ormonali, di                               

integrazione e alimentazione non riescono a far ottenere i risultati sperati. La domanda da porsi,                             

infine, riguarda la possibilità di valutare sin dall’inizio il livello di saturazione dello iodio                           

39 

Page 41: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

nell’organismo, piuttosto che tenerla come ultima chance. E di questo si parlerà in un articolo                             

dedicato. 

Selenio 

Già alcuni decenni fa, lo studio della biochimica e della fisiologia umana ha permesso di capire                               

quanto questo elemento sia importante per la funzione della tiroide. Numerosi enzimi, tra cui                           

quello responsabile della conversione T4 → T3, utilizzano infatti il selenio come cofattore. Vi                           

sono inoltre le cosiddette selenoproteine, che richiedono il selenio quale componente                     

strutturale, e comprendono la glutatione perossidasi (GPx), la iodiotironina deiodinasi (ID) e la                         

tioredoxina reduttasi (TR). 

 

L’integrazione di questo elemento dovrebbe dunque rappresentare la prima mossa in presenza                       

di qualsiasi disturbo tiroideo, sia esso di natura auto-immunitaria o meno. In particolare, la                           

forma maggiormente biodisponibile è rappresentata dalla selenometionina, che in dosaggi pari                     

a 200 mcg/die e dopo almeno tre mesi di integrazione si è dimostrata efficace nella riduzione                               

dello stimolo infiammatorio e dei livelli di anticorpi circolanti. Questo tipo di supplementazione è                           

da ritenersi sicuro fino a dosaggi di 400 mcg/die. 

 

Zinco 

Spesso dimenticato, questo elemento è in realtà indispensabile sia per la sintesi degli ormoni                           

tiroidei sia per la conversione di T4 in T3. Anche in questo caso, è stato dimostrato che la                                   

supplementazione migliora la funzionalità tiroidea. Il dosaggio raccomandato è pari a 20 mg/die,                         

preferibilmente sotto forma di zinco picolinato o glicinato, le due forme maggiormente                       

assorbibili. 

 

L-tirosina 

Precursore non solo dell’ormone tiroideo tiroxina ma anche di adrenalina, noradrenalina e                       

dopamina, questo aminoacido rappresenta un supporto ottimale per la funzionalità della tiroide                       

e la regolazione dello stress. Grazie alle proprietà di molecola adattogena, la supplementazione                         

40 

Page 42: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

di l-tirosina mostra infatti ottimi risultati per contrastare affaticamento, insonnia, ipotiroidismo e                       

stress di varia natura. Il dosaggio iniziale consigliato è pari a 500 mg/die, preferibilmente la                             

mattina a digiuno. 

 

DHEA 

La somministrazione di questo ormone, i cui livelli calano fisiologicamente a partire dai 25 anni,                             

è consigliata soprattutto nei casi di affaticamento surrenalico, che come abbiamo visto si                         

accompagna spesso a uno squilibrio tiroideo. In alcuni casi il DHEA può essere prescritto                           

insieme al cortisolo e alla melatonina, ma si tratta di terapie da eseguire sotto controllo                             

endocrinologico. Il dosaggio del solo DHEA può variare da 20 a 50 mg/die.  

 

Vitamina D 

L’importanza di questa vitamina è nota, ed anche nel caso delle patologie tiroidee la sua                             

presenza si rivela a dir poco necessaria, soprattutto nelle condizioni di auto-immunità. A livelli                           

adeguati, la vitamina D contribuisce infatti alla regolazione del sistema immunitario, e non è un                             

caso se la carenza di tale sostanza sia stata espressamente associata ai disordini tiroidei                           

auto-immunitari, motivo per cui è sempre indicato controllare i livelli ematici nei pazienti con                           

malattie tiroidee. Si è visto inoltre che la supplementazione è efficace sia nella riduzione degli                             

auto-anticorpi sia nel miglioramento della funzionalità ormonale. Il dosaggio dipende da                     

numerosi fattori, e può variare da 2.000 UI/die a 10.000 UI/die.   

Vitamina C 

In presenza di disturbi tiroidei, la supplementazione di vitamina C è utile per migliorare                           

l’assorbimento dello iodio. Dose: 1-2 g/die. 

 

41 

Page 43: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

L-carnitina 

Questo aminoacido va usato solo nei casi di ipertiroidismo, in quanto a dosaggi maggiori di                             

quelli fisiologici è in grado di inibire l’entrata degli ormoni tiroidei nelle cellule, agendo dunque                             

come antagonista del TSH. Il dosaggio va da 2 a 4 g/die. 

 

Curcumina 

Gli effetti anti-infiammatori e anti-ossidanti di questa molecola possono essere molto utili in                         

presenza di malattie tiroidee su base auto-immunitaria, a dosaggi maggiori di 100 mg/die. Di                           

fondamentale importanza è la forma in cui la si assume, che ne determina assorbimento e                             

biodisponibilità. Ci sono infatti pochissimi integratori validi in commercio. 

 

Coleus, Guggul, Ashwagandha 

Queste sostanze naturali possono essere molto utili in tutti i casi di ipotiroidismo. Agendo sia                             

sulla tiroide che sul fegato, non solo riducono la perossidazione lipidica e i danni dei radicali                               

liberi, ma sono anche in grado di aumentare la conversione T4 → T3. I principi attivi del Coleus                                   

e del Guggul sono, rispettivamente, la forskolina e i guggulsteroidi. L’ashwagandha ha ottime                         

proprietà anche nei confronti dell’equilibrio surrenale. L’assunzione di queste erbe naturali può                       

avvenire mediante infusi o capsule, a dosaggi e combinazioni variabili. Anche l’edera, grazie al                           

contenuto di ederacoside-C, α-ederina e glucosidi, rientra nella categoria degli stimolanti                     

tiroidei. 

 

Tiamina 

La stanchezza rappresenta un sintomo comune nei casi di tiroide ipofunzionante, tuttavia                       

rappresenta una manifestazione associata anche ad insufficienza surrenalica, intolleranze                 

alimentari e carenza di nutrienti. In quest’ultimo gruppo rientra una condizione che molto                         

spesso viene trascurata: la carenza di vitamina B1 (tiamina). La tiamina svolge numerose                         

42 

Page 44: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

funzioni tra cui alcune relative al metabolismo dei carboidrati e alla secrezione di acido cloridrico                             

nello stomaco durante la digestione. La deplezione di questa vitamina è relativamente frequente                         

in diete restrittive, condizioni di stress e malattie autoinfiammatorie incluse quelle a carico della                           

tiroide, ed è ritenuta tra i maggiori responsabili di maldigestione e stanchezza cronica. Si                           

consiglia un dosaggio pari a 100-600 mg/die, in base alla serietà dei sintomi. 

 

   

43 

Page 45: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Conclusioni 

L’universo riguardante la tiroide è quanto mai vario e complesso, la sua cura è molto più                               

articolata di una semplice pastiglia.  

 

Si tratta di prendersi cura dell’intera persona che ci sta di fronte, saperne individuare eventuali                             

squilibri energetici o metabolici. Per far questo serve una fase diagnostica molto accurata e poi                             

un percorso terapeutico idoneo, personalizzato e quindi diverso per ciascun individuo.  

 

Ci auguriamo che con questa guida risulti più semplice la sensibilizzazione della comunità                         

scientifica, oltre che della popolazione generale, riguardo ad un argomento molto spesso                       

sottovalutato. 

   

44 

Page 46: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

Riferimenti bibliografici 

1. Mazokopakis EE et al. Effects of 12 months treatment with L-selenomethionine on                       

serum anti-TPO Levels in Patients with Hashimoto’s thyroiditis. Thyroid. 2007.  

2. Gärtner R et al. Selenium supplementation in patients with autoimmune thyroiditis                     

decreases thyroid peroxidase antibodies concentrations. J Clink Endocrinol Metab. 2002. 

3. Zimmermann MB, Köhrle J. The impact of iron and selenium deficiencies on iodine and                           

thyroid metabolism: biochemistry and relevance to public health. Thyroid. 2002. 

4. Maxokipakis Hashimoto’s thyroiditis and the role of selenium. Current concepts. Hell J                       

Nucl Med 2007. 

5. Turker O et al. Selenium treatment in autoimmune thyroiditis: 9-month follow-up with                       

variable doses. J Endocrinol. 2006.  

6. Köhrle F et al. Selenium, the Thyroid, and the Endocrine System by J. Endocr Rev. 2005. 

7. Duntas LH et al. Effects of a six month treatment with selenomethionine in patients with                             

autoimmune thyroiditis. Eur J Endocrinol. 2003. 

8. Barnes BO. Hypothyroidism: The Unsuspected Illness. Harper Collins. 1976. 

9. Toft AD. Letter-Thyroid function tests and hypothyroidism. BMJ. 2003. 

10. O’Reilly DS et al. Thyroid hormone replacement: an iatrogenic problem. Int J Clin Pract.                           

2010. 

11. Lowe JC. Stability Effectiveness Desiccated Thyroid VS Levothyroxine. Thyroid. 2009. 

12. Lowe JC. Stability, Effectiveness, and Safety of Desiccated Thyroid vs Levothyroxine: A                       

Rebuttal to the British Thyroid Association. Thyroid. 2009. 

13. Baloch Z et al. Laboratory medicine practice guidelines. Laboratory support for the                       

diagnosis and monitoring of thyroid disease. Thyroid. 2003. 

14. Benvenga S. et al. Altered intestinal absorption of L-thyroxine caused by coffee. Thyroid.                         

2008. 

15. Fan Y et al. Selenium Supplementation for Autoimmune Thyroiditis: A Systematic                     

Review and Meta-Analysis. Int J Endocrinol. 2014.  

16. Ebert EC. The thyroid and the gut. J Clin Gastroenterol. 2010. 

17. Gore AC et al. Executive Summary to EDC-2: The Endocrine Society's Second Scientific                         

Statement on Endocrine-Disrupting Chemicals. Endocr Rev. 2015. 

45 

Page 47: Tiroide, tiroiditi autoimmuni e dieta - Wanda Rizza...in questo contesto, equivale a dire “a basso indice e carico glicemico”, ma al tempo stesso non si identifica con una dieta

18. Katarzyna K et al. L-thyroxine Stabilizes Autoimmune Inflammatory Process in                   

Euthyroid. J Clin Res Pediatr Endocrinol. 2013. 

19. Lukaczer D. Assessment and Treatment of Thyroid Dysfunction. Institute of Functional                     

Medicine. 2017.  

20. Barbesino G, Tomer Y. Clinical review: Clinical utility of TSH receptor antibodies. J Clin                           

Endocrinol Metab. 2013. 

21. Geer M. Alternative schedules of levothyroxine administration. Am J Health Syst Pharm.                       

2015. 

46