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Progetto scientifico a cura di Terapia antitrombotica nelle sindromi coronariche acute MODULO 3 SCA-NSTEMI Andrea Pozzati Responsabile U.O.S. Cardiologia, Ospedale Dossetti Bazzano, AUSL Bologna La terapia antitrombotica nella SCA: la durata della terapia antitrombotica per la prevenzione delle recidive e le strategie di aderenza alla terapia

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Progetto scientifico a cura di

Terapia antitrombotica nelle sindromi coronariche acute

MODULO 3SCA-NSTEMI

Andrea PozzatiResponsabile U.O.S. Cardiologia,

Ospedale Dossetti Bazzano, AUSL Bologna

La terapia antitrombotica nella SCA: la durata

della terapia antitrombotica

per la prevenzione delle recidive

e le strategie di aderenza alla terapia

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L’importanza della doppia terapia antiaggregante (DAPT) nel periodo seguente una sindrome coronarica acuta (SCA) trattata con angioplastica e stent (PCI) è del tutto evidente, fin dalla pubblicazione del CURE (1). (Slide 1)

Tuttavia, vi sono almeno due aspetti non completamente chiariti: • la durata complessiva della protezione offerta dalla terapia in termini di riduzione delle recidive ischemiche rispet-

to all’incidenza degli eventi emorragici; • l’eventuale diverso trattamento di alcuni sottogruppi di pazienti con SCA, come quelli a elevato rischio clinico di

eventi o quelli avviati alla strategia conservativa, cioè trattati solo con terapia medica.

Il primo aspetto è ulteriormente complicato dal diverso comportamento della DAPT rispetto al tipo di stent impian-tato, essendo gli stent a rilascio di farmaco (DES) più esposti alla trombosi tardiva (Slide 2) rispetto agli stent metallici (BMS), come confermano le raccomandazioni generate dalle Linee Guida Europee rispetto a quelle nordamericane. Per esempio, le Linee Guida del 2011 per la gestione del paziente sottoposto a intervento di angioplastica coro-narica percutanea rilasciate dall’American College of Cardiology, American Heart Association e dalla Society for Cardiovascular Angiography and Interventions raccomandano almeno 12 mesi di DAPT dopo impianto di DES. In contrasto, le Linee Guida dell’European Society of Cardiology (ESC) e dell’European Association for Cardio-Thoracic Surgery (EACTS) raccomandano una durata della terapia che va dai 6 ai 12 mesi (2).Il problema di definire la durata ottimale della DAPT nei pazienti reduci da una SCA è dibattuto da almeno 10 anni e la decisione clinica risulta complicata dalla sovrapposizione di rigide norme regolatorie da parte dei rispettivi sistemi sanitari, tra cui il nostro SSN.

Nell’era BMS, lo studio PCI-CURE (3) in pazienti con SCA-NSTEMI ha mostrato una rilevante riduzione degli eventi ischemici con la strategia di carico e DAPT con acido acetilsalicilico e clopidogrel per almeno 8 mesi, rispetto alla durata standard di 1 mese, come impiegato nell’infarto miocardico acuto STEMI. Anche allora fu segnalato un incremento di eventi emorragici minori nei pazienti in terapia prolungata. Nonostante alcuni limiti metodologici dello studio, la durata ottimale della DAPT di 12 mesi è tuttora raccomandata in tutti i pazienti reduci da una SCA, indipendentemente dal trattamento invasivo o conservativo attuato. La comunità cardiologica ha pertanto avvertito la necessità di definire se la durata della DAPT potesse essere diversa in rapporto alla presentazione clinica del paziente, del tipo di strategia scelta o in base alla tipologia di stent impian-tato. Lo studio PRODIGY (PROlonging Dual antiplatelet treatment after Grading stent-induced Intimal hyperplasia stu-

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dY) (4), che ha esaminato pazienti con SCA sottoposti a impianto di stent coronarico, ha cercato di dare una risposta a questi interrogativi, documentando che l’estensione della durata della terapia antiaggregante con clopidogrel fino a 24 mesi dopo PCI non riduce l’incidenza degli eventi avversi cardiaci rispetto a una durata di trattamento di soli 6 mesi. Il PRODIGY mette pertanto in discussione la validità delle attuali Linee Guida che, dopo l’impianto di un DES, consigliano almeno 12 mesi di terapia antiaggregante.

Sebbene non si possa escludere la possibilità di un piccolo vantaggio aggiuntivo con il prolungamento della terapia con clopidogrel, minore, comunque, di quanto in precedenza ipotizzato, lo studio di Valgimigli e coll. dimostra chiaramente come il rapporto rischio/beneficio di una terapia antiaggregante prolungata sia stato ampiamente sovrastimato. Nello studio sono stati randomizzati 2.013 pazienti con SCA (74% NSTEMI) provenienti da tre centri italiani, sottoposti a impianto di BMS di terza generazione o a uno dei tre DES a rilascio di farmaco (zotarolimus, paclitaxel o everolimus).Dopo l’impianto dello stent, i partecipanti sono stati randomizzati a ricevere DAPT (clopidogrel più acido acetilsali-cilico) per 6 mesi o lo stesso trattamento, prolungato fino a 24 mesi. Dallo studio non è emersa alcuna differenza in termini di mortalità per tutte le cause, d’incidenza di IMA o di stroke tra i pazienti assegnati al trattamento per 6 mesi rispetto a coloro i quali sono stati assegnati al trattamento prolungato di 24 mesi (HR 0,98 IC 95% 0,74-1,29). In particolare, per i pazienti che hanno ricevuto la terapia antiaggregante per soli 6 mesi, il rischio di infarto, stroke e di decesso per tutte le cause è stato pari al 10%, rispetto al 10,1% dei soggetti che hanno ricevuto la terapia antiaggregante per due anni. Inoltre, non è stata osservata alcuna differenza nell’incidenza di trombosi di stent tra i due gruppi in studio.Invece, nei pazienti trattati a lungo termine con la doppia terapia antiaggregante è stato osservato un netto au-mento del rischio di sanguinamenti maggiori (3.5% vs 7.4%) (HR 2.17; IC 95%: 1.44-3.22, p < 0.002) secondo la classificazione del Bleeding Academic Research Consortium (BARC) e dei sanguinamenti maggiori TIMI (0.6% vs 1.6%, P=0.04). Secondo gli esperti, inoltre, la DAPT di durata di 24 mesi aumenta anche la necessità di trasfusioni nel lungo periodo (1.3% vs 2.6%, P=0.04).

Lo studio PRODIGY presenta alcune limitazioni quali la struttura open-label, la randomizzazione a 30 giorni e le dimensioni ridotte del campione analizzato. Ma il trial ha anche dei punti di forza importanti, quali l’assenza di una sponsorizzazione dell’industria, l’inclusione di tutti i pazienti sottoposti a procedura di stent (inclusi i pazienti STEMI), l’inclusione di BMS, un’eccellente compliance e un follow-up completo.

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Altri due trial, REAL-LATE e EXCELLENT hanno ottenuto risultati simili allo studio PRODIGY. (Slide 3)

Ad esempio i risultati dello studio EXCELLENT, pubblicato nel 2011, dimostrano la non inferiorità del trattamento con la duplice terapia antiaggregante per 6 mesi rispetto a 12 mesi in un campione di 1443 pazienti sottoposti all’im-pianto di uno DES per quanto riguarda l’endpoint composito di morte/IMA/necessità di nuova rivascolarizzazione. Mentre i dati scaturiti dal REAL-LATE, seppur gravati da una serie di importanti limitazioni (combinazione dei dati di due diversi trial, basso numero di eventi osservati rispetto agli attesi che hanno reso “debole” la potenza dello studio, la natura “open label” del trial), hanno comunque fornito un’indicazione sufficientemente solida che la DAPT > di 12 mesi di durata non comporta sostanziali vantaggi clinici in termini di eventi ischemici.In conclusione, i risultati di questi trial documentano che la riduzione degli eventi ischemici attesa dal prolungamento della durata della terapia con clopidogrel oltre i 12 mesi non è significativa e i rischi riguardanti l’aumento dei san-guinamenti superano in modo sensibile i benefici in termini di efficacia.Allo scopo di ottenere maggiore chiarezza sull’argomento specifico del tipo di stent, era stata condotta una meta-a-nalisi dal gruppo di Kastrati (5) sui trial clinici disponibili per valutare le differenze negli outcome cardiovascolari in base alla durata della DAPT nel paziente sottoposto a PCI con impianto di stent metallici o DES, senza rilevare differenze significative. (Slide 4)

In una recentissima metanalisi di Cassese (6) lo scopo era di valutare se gli stent DES dovevano prevedere una lunga durata della DAPT. Sono stati analizzati e inclusi i dati di 9 studi non randomizzati, combinati con quelli di 2 studi randomizzati e l’endpoint composito principale è rappresentato dall’incidenza cumulativa di morte per tutte le cause e di IMA non fatale sino al termine del follow-up, così come riportato in ogni singolo studio. In questa analisi, 5 studi hanno valutato gli effetti di una sospensione della DAPT prima dei 6 mesi e 6 studi dopo i 12 mesi. Nella sintesi quantitativa venivano inclusi in totale 29.900 pazienti. L’effetto combinato della sospensione della DAPT è risultato in un aumento significativo del rischio di morte e infarto del miocardio non fatale (HR: 1,46; 95% IC, 1,18-1,80), ma il beneficio ottenuto con la prosecuzione della doppia terapia antiaggregante oltre i 12 mesi è risultato neutro (HR: 0,91; 95% IC, 0,75-1,10). L’analisi esplorativa effettuata in maniera sequenziale in modo da escludere uno studio per volta ha dimostrato che il risultato non era influenzato in maniera significativa da nessuno degli studi in particolare.

Alla luce dei risultati ottenuti questa meta-analisi dimostra che l’interruzione di una DAPT prima di 6 mesi dopo impianto di stent DES determina un incremento significativo del rischio di eventi maggiori, ma la prosecuzione del

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doppio trattamento antiaggregante oltre i 12 mesi non apporta benefici addizionali in termini di prevenzione del rischio globale.

Questi dati hanno rinforzato le correnti Linee Guida nei pazienti post SCA. Studi successivi saranno necessari per pa-ragonare outcome clinici a lungo termine sulla durata della DAPT in pazienti con diverse caratteristiche e con diversi stent. Ad esempio, la DAPT prolungata è comunemente utilizzata nei pazienti ad alto rischio clinico di eventi, che potrebbe provocare bias importanti quando si analizzano registri o trial non randomizzati, ove diventa indispensabile effettuare un’analisi multivariabili-aggiustata. Con l’arrivo dei nuovi antipiastrinici inibitori del recettore P2Y12, sono iniziati altri studi simili ma di maggiori dimen-sioni rispetto ai precedenti e con durata paragonabile. Il prasugrel nello studio TRITON TIMI-38 (7) e il ticagrelor nello studio PLATO (8) hanno entrambi dimostrato una riduzione degli eventi ischemici rispetto a clopidogrel, a fronte di un lieve incremento degli eventi emorragici minori. Il beneficio clinico netto è quindi risultato a favore dei nuovi antipiastrinici. A questo punto risulterebbe interessante selezionare i pazienti che mostrano il vantaggio più rilevante sul profilo clinico-pratico di un principio attivo rispetto all’altro o rispetto a clopidogrel, in termini di riduzione globale di eventi.

La durata del trattamento con gli antipiastrinici orali ha oscillato fra 3 e 12 mesi di clopidogrel (durata media di 9 mesi), mentre nello studio TRITON TIMI-38 (TRial to Assess Improvement in Therapeutic Outcomes by Optimizing Platelet InhibitioN with Prasugrel-Thrombolysis In Myocardial Infarction) la durata mediana del trattamento con prasugrel è stata di 14,5 mesi con un intervallo da 6 a 15.

Nello studio PLATO (PLATelet inhibition and patient Outcomes trial) (Slide 5) e in particolare nel sottogruppo di pazienti sottoposto a PCI la durata del trattamento con ticagrelor è stata di 9,2 mesi (range da 179 a 365 gior- ni) (Slide 6) , mentre nel sottogruppo di pazienti in cui era stato programmato un trattamento non invasivo la durata è stata sostanzialmente la stessa (276 giorni). I pazienti ad elevato rischio (positività troponina ad alta sensibilità) mostravano il maggior beneficio clinico in trattamento con ticagrelor (19% di riduzione morte-IMA-ictus). (Slide 7)

Anche nello studio TRILOGY ACS Trial (9) il prasugrel non è riuscito a ridurre gli eventi cardiovascolari globali in pazienti trattati con sola terapia medica dopo una SCA, rispetto a clopidogrel. (Slide 8)

Solo il sottogruppo di pazienti con documentazione angiografica di presenza di coronaropatia significativa che sono

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stati trattati con terapia medica dopo la coronarografia ha mostrato un vantaggio clinico, in termini di riduzione di morte/infarto/stroke, da parte della DAPT che ha incluso prasugrel. Questo vantaggio è stato particolarmente evi-dente nella seconda parte del follow-up, dopo i 12 mesi di trattamento. (Slide 9)

Sulla base delle considerazioni esposte si ritiene che la durata della duplice antiaggregazione debba essere decisa caso per caso (10), valutando in base al bilancio fra il rischio emorragico e rischio ischemico, il tipo di stent (BMS vs DES) (11) e le eventuali comorbilità del paziente: Comunque l’intervallo che interessa la durata della duplice antiag-gregazione dovrebbe essere sempre di almeno 6 mesi, con la possibilità di variare fino a 12-18 mesi di trattamento in sottogruppi particolari.

Le strategie di aderenza alla DAPT

Un dato fondamentale per il mantenimento delle procedure interventistiche coronariche è sicuramente l’adozione della doppia terapia antiaggregante piastrinica nel primo mese dopo una SCA-STEMI e per 1 anno nei pazienti con SCA-NSTEMI. L’interruzione precoce (prima dei 6-12 mesi) della doppia antiaggregazione determina un significativo aumento di reinfarto e morte che è stimato dal 37 al 50%, (con un Hazard Ratio di 2,62: IC 95%: 2,17-3,17) (12), la cui patogenesi risulta essere la trombosi di stent nella maggioranza dei casi.L’interruzione della DAPT si osservava fino al 30% dei pazienti con SCA durante il primo anno di follow-up, secondo i dati dei primi registri seguenti alla pubblicazione dello studio CURE (fine anni 90-primi anni 2000). In tempi recenti (2009-12), i dati dai trial TRITON-TIMI 38 e dal PLATO mostrano ancora una sospensione del trattamento con prasu-grel o ticagrelor del 18 e 23% rispettivamente, rispetto alla sospensione di clopidogrel del 17 e 21% rispettivamente. Quindi esiste un lieve miglioramento nell’adesione alla DAPT, confermato da una serie di osservazioni nel mondo re-ale, contesto dove il margine di miglioramento dell’adesione al trattamento consigliato è molto più ampio: l’adesio-ne media alla DAPT a 1 anno dalla SCA risulta essere di circa il 65% nei pazienti presenti nei registri del nostro Paese.

Secondo dati statunitensi, i pazienti con SCA-NSTEMI sono a elevato rischio di andare incontro a recidive ischemiche che determinano un nuovo ricovero ospedaliero per eventi coronarici nel primo anno dopo la dimissione.

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Il tasso di re-ricovero può arrivare fino al 20% secondo Schneider, responsabile americano del “National Steering Committee” della “ACP Initiative on Acute Coronary Syndrome”, nata per registrare i parametri più significativi per identificare i pazienti con le caratteristiche a rischio di recidiva, che richiedono pertanto un follow-up più intensivo.La raccolta di una serie di informazioni mediche, sociali e comportamentali da quattro gruppi di riferimento dovrà fornire un quadro complessivo di elementi da analizzare nei prossimi mesi.

Il principale fattore che sembra emergere è comunque la necessità di avere un cardiologo clinico di riferimento per comprendere i test eseguiti, rinforzare i cambiamenti dello stile di vita e verificare l’aderenza alla terapia farmacolo-gica, soprattutto alla DAPT. Una guida pratica viene fornita anche ai cardiologi che partecipano al registro, in modo da avere chiari gli strumenti di intervento nelle varie fasi di follow-up.

Cosa si può fare per attenuare il fenomeno dell’abbandono della DAPT?

• Un primo passo sarebbe l’impiego di un farmaco unico per la DAPT (al momento possibile solo con la combina-zione acido acetilsalicilico - clopidogrel), una sola volta al giorno, che già di per sé aumenta la probabilità di essere assunto a 6 mesi, specie nella popolazione anziana.

• La possibilità di accedere a un percorso di riabilitazione incrementa l’adesione della terapia a distanza (dati GO-SPEL-like, ICAROS) (13); pertanto, al di là dei benefici sulla performance del cardiopatico post-acuto, esiste la possibilità di inviare il paziente in Cardiologia Riabilitativa, proprio per incoraggiare l’adesione alla doppia terapia antiaggregante nel follow-up, con un intervento di counseling nel paziente a rischio basso e l’accesso al pro-gramma riabilitativo per i pazienti a rischio elevato.

• Sono stati infine proposti metodi di richiamo periodico da parte del team sanitario della Cardiologia (medico e/o infermieristico) attraverso l’uso di moduli elettronici interattivi, oppure predisporre sistemi di dispensazione diretta controllata da parte delle farmacie ospedaliere (modello Romagna), o anche estendere alla dimissione i

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registri progettati per implementare le Linee Guida nel percorso delle SCA, o iniziative nate per diffondere la rete per l’angioplastica primaria nell’IMA (come quella della cardiologia Italiana definita “Stent for Life”).

Lo snodo principale di tutti questi progetti è comunque quello di far discutere con il medico curante il motivo dell’eventuale interruzione della DAPT, in caso di effetti collaterali (intolleranza gastrica, emorragie minori) o altre problematiche come la sospensione temporanea o l’inappropriata sostituzione con eparina a basso peso molecolare in caso d’interventi chirurgici.

In conclusione, ricordiamo che è in corso di arruolamento un importante studio che, non a caso, si chiama Dual Antiplatelet Therapy Study (DAPT: prolonged dual antiplatelet therapy vs 12 months dual antiplatelet), un trial che ha arruolato oltre 20mila pazienti e che valuterà l’efficacia e la sicurezza di una doppia terapia antiaggregante (acico acetilsalicilico più tienopiridine) di 12 mesi verso una di 30 mesi. Iniziato nel 2009, il trial prevede una durata di 4 anni e pertanto i primi risultati non saranno disponibili prima della fine del 2014.

Bibliografia

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2) Hamm CW, ESC Guidelines for the management of acute coronary syndromes in patients presenting without persistent ST-segment elevation: the Task Force for the management of acute coronary syndromes (ACS) in patients presenting without persistent ST-segment elevation of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J 2011;32:2999-3054.

3) Mehta SR, Effects of pretreatment with clopidogrel and aspirin followed by long-term therapy in patients undergoing percutaneous coronary intervention: the PCI-CURE study. Lancet 2001;358:527-533

4) Valgimigli M, Should duration of dual antiplatelet therapy depend on type and/or potency of implanted stent? A pre-specified analysis from the PROlonging Dual antiplatelet treatment after Grading stent-induced Intimal hyperplasia studY (PRODIGY) study. Eur Heart J. doi:10.1093/eurheartj/ehs460. Published online 12 January 2013

5) Kastrati A, Analysis of 14 trials comparing sirolimus-eluting stents with bare-metal stents. N Engl J Med 2007;356:1030-1039.

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6) Cassese S, Clinical impact of extended dual antiplatelet therapy after percutaneous coronary interventions in the drug-eluting stent era: a meta-analysis of randomized trials. Eur Heart J 2012. Advance Access published October 2012, 10.1093/eurheartj/ehs318

7) Wiviott SD, Prasugrel versus clopidogrel in patients with acute coronary sindromes TRITON TIMI-38. N Engl J Med 2007; 357: 2001-15.

8) Cannon CP,Comparison of ticagrelor with clopidogrel in patients with a planned invasive strategy for acute coronary syndromes (PLATO): a randomised double-blind study. Lancet 2010; 375: 283-93.

9) Roe MT,Prasugrel versus clopidogrel for acute coronary syndromes without revascularization. TRILOGY ACS Trial N Engl J Med 2012;367:1297-309

10) Wijns W, Guidelines on myocardial revascularization. Eur Heart J 2010;31:2501-2555.11) Schomig A, A meta-analysis of 16 randomized trials of sirolimus-eluting stents versus paclitaxel-eluting stents in patients

with coronary artery disease. J Am Coll Cardiol 2007;50:1373-1380.12) Grines CL, Prevention of premature discontinuation of dual antiplatelet therapy in patients with coronary artery stents:

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