Strumenti deflattivi del contenzioso 17 aprile 2012 · 2 La ratio degli istituti deflattivi del...

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1 Gli Istituti deflattivi del contenzioso: autotutela ed accertamento con adesione Roma, 17 Aprile 2012

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Gli Istituti deflattivi del contenzioso: autotutela ed accertamento con adesione

Roma, 17 Aprile 2012

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La ratio degli istituti deflattivi del contenziosoIl legislatore ha ritenuto di affermare in maniera sempre più chiara la

necessità della collaborazione e del contraddittorio nel rapporto tra Fisco e contribuente. Ciò per rendere meno distante la fase del controllo da quella della effettiva riscossione delle imposte evase, ma anche per essere maggiormente in linea con le disposizioni contenute nello Statuto del contribuente e per assicurare il giusto equilibrio tra la pretesa erariale, da un lato, i diritti del contribuente e l’ effettiva capacità contributiva, dall’altro. Questi sono i motivi per i quali il legislatore, con i cosiddetti istituti

deflattivi del contenzioso, in tutti i casi nei quali il contribuente, trovandosi in una situazione di lite potenziale con l’Amministrazione finanziaria, rinuncia al contenzioso e versa l’imposta, ha ritenuto di abbassare l’entità delle sanzioni e di concedere altri vantaggi.

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Obiettivo dell’Agenzia delle entrate: la deflazione del contenzioso!

La riduzione del contenzioso costituisce obiettivo prioritario dichiarato dall’Agenzia delle entrate (Circolare n. 22/E del 26 maggio 2011), laquale ha affermato che:“va esercitata l’autotutela tutte le volte che ne ricorrono i presupposti, escludendo

di resistere indebitamente in giudizio; va tentata la conciliazione giudiziale tutte le volte in cui appaia possibile e

probabile.Prima della predisposizione delle controdeduzioni in primo grado, va pertanto

valutato, previo esame dei motivi del ricorso, il grado o rating di sostenibilitàdella controversia, al fine di verificare l’eventuale esistenza dei presupposti per l’autotutela o la conciliazione giudiziale, totali o parziali.”

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Per evitare il contenzioso tributario e sottrarsi a lunghi e costosi giudizi, esistono diversi strumenti:

Il ravvedimento operoso (articolo 13 D.lgs. n. 472/1997);

L’adesione ai Processi Verbali di Constatazione (articolo 5-bis D.lgs. n. 218/1997);

L’adesione all’invito dell’ufficio a definire un accertamento (articoli 5 e 11 D.lgs. n. 218/1997);

L’accertamento con adesione ad istanza del contribuente (articoli 6 e 12 D.lgs. n. 218/1997);

L’acquiescenza (articolo 15 D.lgs. n. 218/1997);

Il reclamo e la mediazione (articolo 17-bis D.lgs. n. 546/1992);

La conciliazione giudiziale (articolo 48 D.lgs. n. 546/1992);

L’autotutela (articolo 2-quater D.L. n. 564 del 1994, convertito da legge n. 656 del 1994).

Gli strumenti deflattivi del contenzioso

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Il ravvedimento operoso: per regolarizzare spontaneamente omissioni e irregolarità e beneficiare della riduzione delle sanzioni amministrative ordinarie;

l’adesione ai “processi verbali di constatazione” e all’invito al “contraddittorio”: per definire la propria posizione fiscale ancor prima di ricevere un accertamento e usufruire di un notevole risparmio sulle sanzioni;

l’accertamento con adesione: per concordare le imposte dovute e ottenere la riduzione delle sanzioni;

l’acquiescenza: per definire un atto e pagare sanzioni ridotte; il reclamo e la mediazione: riesame obbligatorio di atti di valore non elevato emessi

dall’Agenzia delle entrate, per rideterminare la pretesa e beneficiare della riduzione delle sanzioni;

la conciliazione giudiziale: per porre fine a un contenzioso aperto e avere uno sconto sulle sanzioni;

l’autotutela: per far rilevare un errore dell’Amministrazione e ottenerne la correzione.

I vantaggi degli strumenti deflattivi del contenzioso

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Il Ravvedimento operoso

1/8 del minimo •Entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione;•se non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dalla commissione dell’omissione/errore.

Errori od omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo (art. 13, co. 1, lett. b).

1/10 del minimo Entro 90 giorni dalla data stabilita per la presentazione.

Omessa presentazione della dichiarazione dei tributi, non solo II.DD (art. 13, co. 1, lett. c).

1/10 del minimoDal 15° giorno ed entro 30 giorni dalla data di commissione della violazione.

Mancato pagamento del tributo o di un acconto (art. 13, co. 1, lett. a).

Ridotta ad 1/15del minimo per ogni giorno di

ritardo (i.e. 2% g.) ulteriormente ridotta di 1/10 (i.e. 0,2% per 1 g. di ritardo fino al 2,8% per 14

gg. di ritardo)

Entro 14 giorni dalla data di commissione della violazione

Tardivo versamento di acconti e saldi dell’imposta derivante dalla dichiarazione (ex artt. 13 D.Lgs. n. 471/1997 e 13 co. 1, lett. a) D.Lgs. n. 472/1997)

È ammesso a condizione che:

•le violazioni non siano già state constatate dall’amministrazione finanziaria (in questi casi l’esclusione dal ravvedimento non ètotale, ma limitata ai periodi e ai tributi oggetto di controllo), e

• comunque, non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attivitàamministrative di accertamento di cui il contribuente abbia avuto formale conoscenza.

SANZIONE TERMINI PER LA REGOLARIZZAZIONE (con pagamento del tributo,interessi e sanzioni ridotte)

VIOLAZIONEPRESUPPOSTO

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Adesione ai Processi Verbali di Constatazione (PVC)

1/6 del minimo

1. adesione integrale al contenuto del PVC entro 30 giorni dalla consegna dello stesso mediante una comunicazione scritta all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente e all’Organo che ha redatto il verbale (se diverso dall’Ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate);

2. la definizione del PVC si perfeziona con la notifica dell’atto di definizione da parte dell’ufficio competente (che dovrebbe avvenire entro 60 gg. dalla comunicazione di cui al punto 1) e non con il pagamento delle somme dovute(le quali possono essere rateizzate senza prestazione di garanzie).

3. se entro 20 giorni dalla notifica dell’atto di definizione le somme dovute (o la prima rata) non sono versate si applica la sanzione ex art. 13 del D.Lgs. 471/1997 (pari al 30% delle somme non versate).

• Imposte sui redditi (comprese addizionali IRPEF) e IRAP;

• contributi previdenziali;• IVA,• per le quali è consentita l’emissione di

accertamenti parziali ex art. 41-bis del DPR 600/1973 e art. 54, co. 4, del DPR 633/1972 (violazioni c.d. sostanziali), ossia redditi imponibili o IVA non dichiarati (totalmente o parzialmente); detrazioni/deduzioni/agevolazioni, in tutto o in parte, non spettanti; imposte non versate (escluse le ipotesi di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del DPR 600/1973 e art. 54-bis DPR 633/1972).

PVC relativi a periodi di imposta per i quali, all’atto della consegna del PVC, sia già scaduto il termine di presentazione delle dichiarazioni.

SANZIONETERMINI PER LA REGOLARIZZAZIONEVIOLAZIONE PRESUPPOSTO

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E’ il più rilevante strumento deflattivo e si tratta di un istituto che, con diverse forme e appellativi (“concordato tributario”, “concordato fiscale”, “concordato a regime”) ha origini piuttosto lontane essendo stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico già agli inizi del secolo scorso, ma di cui negli anni più recenti si è cercato di potenziare l’efficacia, coerentemente alla volontà di creare un rapporto fisco-contribuente meno conflittuale e di ridurre il contenzioso, anche per bilanciare i maggiori poteri di accertamento presuntivo via via riconosciuti all’Amministrazione finanziaria.

E’ in sostanza un procedimento mediante il quale si addiviene ad una definizione dell’accertamento concordata in sede di contraddittorio con il contribuente, che è invitato dall’Ufficio o presenta istanza dopo aver ricevuto la notifica di un avviso di accertamento.

Il contraddittorio è la fase fondamentale dell’intero procedimento e nel suo ambito viene alla luce una componente discrezionale dispositiva (definita come discrezionalità tecnico-giuridica) in quanto la fondatezza della pretesa tributaria deve essere valutata alla luce delle obiezioni che può muoverle il contribuente.

L’accertamento con adesione

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Accertamento con adesione su invito dell’ufficio

1/3 del minimo

Ai fini del perfezionamento della definizione ènecessario provvedere:• entro 20 giorni dalla redazione dell’atto di definizione al pagamento, dell’intero importo o della prima rata (il pagamento rateale non comporta la prestazione di idonee garanzie); • entro 10 giorni dal pagamento, alla presentazione della ricevuta di pagamento e al ritiro dell’atto di definizione.

• Imposte sui redditi;• IVA;• IRAP; • altre imposte

indirette.

Se non vi è adesione all’invito al contraddittorio lo stesso potrà dare origine al normale iter di accertamento con adesione d’ufficio.

1/6 del minimo

Adesione integrale al contenuto dell’invito, entro i 15 giorni antecedenti la data fissata per la comparizioneè necessario:• effettuare il pagamento di quanto dovuto (o della prima rata (il pagamento rateale non comporta la prestazione di idonee garanzie); per l’omesso versamento delle rate successive si applica la sanzione di cui all’art. 13 d.lgs. 471/1997, pari al 30%); e• inviare un’apposita comunicazione all’ufficio corredata della ricevuta di pagamento.

• Imposte sui redditi;• IVA;• IRAP; • altre imposte

indirette.

Inviti al contraddittorio da parte dell’Ufficio;

–la definizione agevolata non èapplicabile qualora l’invito sia stato preceduto dai PVC definibili ex art. 5-bis del D.lgs. n. 218/1997, ai quali il contribuente non abbia prestato adesione; la preclusione non opera nei casi in cui l’invito si discosti dal contenuto del PVC.

SANZIONETERMINI PER LA REGOLARIZZAZIONE(con pagamento del tributo, interessi e sanzioni

ridotte)VIOLAZIONE PRESUPPOSTO

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Accertamento con adesione ad istanza del contribuente

1/3 del minimo

È necessario presentare un’istanza in carta semplice entro i termini per l’impugnazione dell’atto, la quale avrà l’effetto di sospendere i termini per l’impugnazione e per il pagamento di quanto dovuto per un periodo di 90 gg (1). Ai fini del perfezionamento della definizione è necessario provvedere:•entro 20 giorni dalla redazione dell’atto di definizione, al pagamento dell’intero importo o della prima rata;•entro 10 giorni dal versamento, alla presentazione della ricevuta di pagamento e al ritiro dell’atto di definizione. •In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di versamento della rata successiva, il totale delle somme residue dovute è iscritto a ruolo con i relativi interessi e con la sanzione di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997 in misura doppia (pari, cioè, al 60%).

• Imposte sui redditi;• IRAP;

• IVA;

•altre imposte indirette.

Avviso di accertamento o di rettifica non preceduto dall’invito al contraddittorio di cui all’art. 5 (II.DD. e IVA) e all’art. 11 (altre imposte indirette) d.lgs. n. 218/1997. Anche i contribuenti nei cui confronti siano stati effettuati accessi, ispezioni o verifiche hanno facoltà di richiedere all’ufficio la formulazione di una proposta di accertamento con adesione dando impulso all’attività degli uffici.

SANZIONE TERMINI PER LA REGOLARIZZAZIONE(con pagamento del tributo, interessi e sanzioni ridotte)

VIOLAZIONE PRESUPPOSTO

(1) La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 140 pubblicata il 15 aprile 2011 ha affermato il principio secondo cui il periodo di sospensione del termine per ricorrere di 90 giorni, conseguente alla presentazione dell’istanza di accertamento con adesione, previsto dall’art. 6, comma 3, d.lgs. n. 218/97, opera a prescindere dall’esito del contraddittorio.

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L’atto definito con adesione: non è soggetto ad impugnazione da parte del contribuente; non rileva ai fini extratributari, ad eccezione che per i contributi previdenziali ed assistenziali; le pene previste per i reati tributari connessi all'avviso di accertamento (o al PVC) sono

diminuite fino ad 1/3 e non si applicano le pene accessorie, a condizione che l'adesione sia perfezionata prima dell'apertura del dibattimento di primo grado con estinzione del debito tributario (ex art. 13 D.lgs. n. 74/2000);

non è modificabile o integrabile da parte dell’ufficio. Tuttavia, in talune ipotesi tassative, gli uffici, nei termini ordinari per l’accertamento, possono procedere ad accertamenti integrativi (ex articolo 2, co. 4, D.lgs. n. 218/1997) quando:

• sulla base della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi è possibile accertare un maggior reddito > al 50% del reddito definito e comunque non inferiore a 77.468 euro (150 milioni di lire);

• la definizione ha riguardato un accertamento parziale;• la definizione ha riguardato redditi derivanti da partecipazione in società di persone,

associazioni professionali o l’azienda coniugale;• successivamente alla definizione della posizione personale del socio, associato o

coniuge sia stato accertato un maggior reddito nei confronti della società, associazione o azienda coniugale.

Gli effetti dell’adesione

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Acquiescenza

1/3 del minimo

Entro il termine per l’impugnazione dell’atto:• rinuncia all’impugnazione:• non sia stata presentata istanza di accertamento con

adesione;• entro dieci giorni dal versamento dell’intero importo o

della prima rata, il contribuente deve far pervenire all’ufficio la quietanza dell’avvenuto pagamento;

• le somme dovute possono essere rateizzate senza la prestazione di idonee garanzie;

• in caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di versamento della rata successiva, il totale delle somme residue dovute è iscritto a ruolo con i relativi interessi e con la sanzione di cui all’art. 13 del D.Lgs.n. 471/1997 in misura doppia (pari, cioè, al 60%).

• imposte dirette IRAP e IVA;

• insufficiente dichiarazione di valore ai fini dell’imposta di registro;

• omessa presentazione della dichiarazione della successione ereditaria.

Avviso di accertamento o di liquidazione anche se l’avviso èstato preceduto da:•un PVC definibile (ex art. 5-bis, d.lgs. 218/1997); o•un invito al contraddittorio (ex artt. 5 e 11 del d.lgs. 218/1997) ai quali il contribuente non abbia aderito.

1/6 del minimoAvviso di accertamento o liquidazione non preceduto da:•un PVC definibile ex art. 5-bis d.lgs. 218/1997, • né da un invito al contraddittorio di cui agli artt. 5 e 11 d.lgs. 218/1997.

SANZIONE TERMINI PER LA REGOLARIZZAZIONE(con pagamento del tributo, interessi e sanzioni

ridotte)

VIOLAZIONE PRESUPPOSTO

Ulteriore vantaggio dell’acquiescenza: abbattimento fino a 1/3 delle sanzioni penali ed esclusione delle sanzioni accessorie.

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Il nuovo istituto del reclamo e della mediazione Si tratta di uno strumento deflattivo del contenzioso relativo ad atti di valore non elevato emessi dall’Agenzia delle entrate, previsto dal nuovo art. 17-bis del D. Lgs. n. 546 del 1992 (introdotto dall’art. 39, co. 9, del D.l. 6 luglio 2011, n. 98), con il quale: si prevede la presentazione obbligatoria di un’istanza che anticipa il

contenuto del ricorso, a pena di inammissibilità del ricorso rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio; sostanzialmente, si chiede l’annullamento, parziale o totale dell’atto impugnabile sulla base dei medesimi motivi di fatto e diritto che si intenderebbero portare all’attenzione della Commissione Tributaria Provinciale; il contenuto dell’istanza deve essere il medesimo richiesto per il (potenziale) ricorso;

si riconosce al contribuente la facoltà di inserire nell’istanza anche una motivata proposta di mediazione, comprensiva della rideterminazione dell’ammontare della pretesa (la proposta di mediazione ha forma libera).

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Il reclamo e la mediazione – funzione e ambito di applicazione

L’istanza di reclamo unitamente alla proposta di mediazione ha una duplice funzione:1. funzione pre-processuale di chiamata in giudizio dell’Agenzia delle entrate;2. funzione di avvio della fase amministrativa nel corso della quale il contribuente e

l’Agenzia delle entrate possono verificare se sussistono i presupposti per la risoluzione stragiudiziale della lite e possono giungere ad una rideterminazione della pretesa o dell’importo chiesto a rimborso.

Il contribuente è obbligato ad esperire il reclamo ogni qualvolta intenda impugnare: un atto emesso dall’Agenzia delle entrate ricevuto dal contribuente a decorrere dal

1° aprile 2012 (o rifiuti taciti per i quali al 1° aprile 2012 non sia ancora decorso il termine di 90 giorni dalla presentazione dell’istanza di rimborso) e

il valore della controversia non sia superiore ai 20.000 euro.

Le controversie a cui si applica l’istituto del reclamo e della mediazione non sono definibili con la conciliazione giudiziale di cui all’art. 48 del D.lgs. n. 546 del 1992.

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Il reclamo e la mediazione – ambito di applicazione (segue) Per atto emesso dall’Agenzia delle entrate si intende uno degli atti elencati dall’articolo 19 del D.Lgs.

n. 546 del 1992 riconducibili all’attività dell’Agenzia delle entrate, in particolare: avviso di accertamento; avviso di liquidazione; provvedimento che irroga le sanzioni; ruolo; cartella di pagamento per vizi riconducibili solo all’attività dell’Agenzia delle entrate; rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori

non dovuti; diniego o revoca di agevolazioni o rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari; ogni altro atto emanato dall’Agenzia delle entrate, per il quale la legge preveda l’autonoma

impugnabilità innanzi alle Commissioni tributarie. Non sono, invece, oggetto di reclamo e mediazione le controversie concernenti gli altri atti

elencati dall’articolo 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, i quali, pur essendo impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie, non sono emessi dall’Agenzia delle entrate e, di norma, non sono riconducibili all’attività della stessa (cartella di pagamento per vizi propri; iscrizione di ipoteca sugli immobili; fermo di beni mobili registrati; atti relativi ad operazioni catastali).

Per espressa previsione normativa sono inoltre esclusi dal reclamo e mediazione: tutti gli atti di recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con il diritto comunitario.

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Il reclamo e la mediazione – ambito di applicazione (segue)

Valore della controversia non superiore ai 20.000 euro: deve essere determinato ai sensi dell’art. 12, co. 5, del D.Lgs. n. 546 del 1992, pertanto:

con riferimento a ciascun atto impugnato il valore è dato dall’importo del tributo (o somma dei tributi) al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate;

qualora la controversia riguardi l’atto di irrogazione delle sanzioni o l’impugnazione delle sole sanzioni, il valore è costituito dalla somma delle sanzioni contestate;

nelle controversie aventi ad oggetto il rifiuto espresso o tacito alla restituzione di tributi, il valore è dato dall’importo del tributo chiesto a rimborso per singolo periodo di imposta;

controversie aventi ad oggetto atti che si limitino a rettificare perdite dichiarate, il valore è determinato sulla base dell’imposta “virtuale” calcolata sull’importo risultante dalla differenza tra perdita dichiarata (utilizzata e/o riportabile) e la perdita e/o il reddito accertata/o.

Le controversie di valore indeterminabile sono escluse dal reclamo e mediazione, poiché l’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 richiede che la controversia sia contraddistinta da un valore espressamente individuato.

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Il reclamo e la mediazione - i termini L’istanza di reclamo e mediazione va notificata:

a pena di inammissibilità entro 60 gg. dalla data di notificazione dell’atto che il contribuente intende impugnare;

nel caso di rifiuto tacito ad un’istanza di rimborso, l’istanza di reclamo e mediazione può essere proposta dopo il novantesimo giorno dalla presentazione dell’istanza di rimborso e fino a quando il diritto alla restituzione non sia prescritto.

In caso di presentazione di istanza di accertamento con adesione il termine per la proposizione dell’eventuale istanza di reclamo e mediazione è sospeso per un periodo di 90 gg. dalla data di presentazione da parte del contribuente dell’istanza di accertamento con adesione.

All’istanza di reclamo, stante lo stretto nesso tra la presentazione dell’istanza e la proposizione del ricorso, si applicano inoltre le disposizioni sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale (1°agosto – 15 settembre); la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale non si applica nel corso della procedura di mediazione vera e propria, la quale essendo una fase amministrativa e non processuale deve concludersi comunque nel termine di 90 gg.

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Il reclamo e la mediazione - gli effetti sostanziali e processuali La notifica dell’istanza di reclamo e mediazione produce l’effetto di:

interrompere il decorso del termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto; chiamata in giudizio dell’Agenzia delle entrate; non comportare la sospensione automatica dell’esecuzione dell’atto impugnato; il

contribuente può però richiederla e se le eccezioni sollevate nell’istanza non appaiano infondate, l’Agenzia delle entrate può concedere la sospensione che non può protrarsi oltre il tempo necessario per la conclusione del procedimento.

Decorsi 90 giorni senza che sia stato notificato l’atto di accoglimento, totale o parziale, del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, l’istanza di reclamo e mediazione produce gli effetti del ricorso; conseguentemente la notifica dell’istanza equivale alla notifica del ricorso (chiamata in giudizio) ed il termine di 30 gg., di cui all’art. 22 del D.lgs. n. 546 del 1992, per l’instaurazione della controversia innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale mediante il deposito del ricorso (costituzione in giudizio) va calcolato dal giorno successivo: a quello di compimento dei 90 gg. dal ricevimento dell’istanza da parte dell’Agenzia

delle entrate, senza che sia stato notificato il provvedimento di accoglimento della stessa o senza che sia stato formalizzato l’accordo di mediazione;

a quello di comunicazione del provvedimento con il quale l’Agenzia delle entrate respinge l’istanza prima del decorso di 90 gg.;

a quello di comunicazione del provvedimento con il quale l’Agenzia delle entrate prima del decorso dei 90 gg accoglie parzialmente l’istanza.

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L’istanza di reclamo e mediazione – possibili esiti

Accoglimento dell’istanza: ove le motivazioni addotte dal contribuente giustifichino l’annullamento dell’atto, l’Agenzia porta a conoscenza del contribuente il provvedimento di accoglimento dell’istanza; l’accoglimento determina il venir meno dell’interesse ad agire in giudizio e rende inammissibile l’eventuale ricorso.

Se non è possibile l’annullamento dell’atto, l’Agenzia delle entrate valuta la possibilità di giungere ad una mediazione.

In assenza dei presupposti per l’annullamento dell’atto o per concludere la mediazione, l’Agenzia delle entrate notifica al contribuente un provvedimento di diniego.

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La mediazione – i presuppostiAccertata l’impossibilità di procedere all’annullamento dell’atto, l’Agenzia delle entrate valuta, anche in assenza di proposta formulata dal contribuente, la sussistenza dei seguenti presupposti per la mediazione: Incertezza delle questioni controverse; i.e. quando la posizione assunta

nell’atto impugnato contrasti con l’orientamento giurisprudenziale, tuttavia è esclusa la possibilità di mediare in relazione a questioni risolte in via amministrativa con documenti di prassi, a nulla rilevando l’eventuale contrario orientamento della giurisprudenza cui l’Amministrazione non abbia ancora aderito (in tal senso Circolare Agenzia delle entrate n. 9 del 2012);

Grado di sostenibilità della pretesa; i.e. quando le questioni di fatto addotte dal contribuente siano sostenute da elementi di prova e sia prevedibile un esito sfavorevole del giudizio per l’Agenzia delle entrate;

Principio di economicità dell’azione amministrativa: i.e. evitare di gravare il procedimento amministrativo di oneri inutili e dispendiosi, cercando di realizzare una rapida ed efficiente conclusione dell’attivitàamministrativa nel rispetto dei principi di legalità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza.

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L’accordo di mediazione e suoi effetti Verificata la sussistenza dei presupposti per la mediazione, l’Agenzia delle entrate può:

1. accogliere integralmente la proposta di mediazione del contribuente;2. comunicare, in assenza di una proposta del contribuente, la propria proposta

motivata di mediazione con la rideterminazione della pretesa tributaria; in questo caso il contribuente può (i) accettare la proposta dell’Agenzia oppure qualora non intenda aderirvi (ii) avviare il contraddittorio;

3. invitare il contribuente al contraddittorio, quando non ritiene possibile e/o opportuno formulare immediatamente una motivata proposta di mediazione.

In caso di avvenuta mediazione, le sanzioni amministrative si applicano nella misura del 40% delle somme irrogabili in rapporto del tributo risultante dalla mediazione (mai però al di sotto del 40% dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi). Le sanzioni possono essere irrogate in misura ridotta del 40% anche nei casi in cui la pretesa originaria sia integralmente confermata dall’accordo di mediazione.

L’accordo di mediazione si perfeziona con la sottoscrizione dell’accordo - contenente, interalia, l’indicazione degli importi dovuti e le modalità di versamento degli stessi – e con il versamento dell’itero importo dovuto, o della prima rata, effettuato entro 20 gg. dalla sottoscrizione dell’accordo (la mediazione relativa ad istanze di rimborso si perfeziona con la sottoscrizione dell’accordo).

L’accordo di mediazione (i) definisce la pretesa tributaria, (ii) rende l’atto sottostante non piùcontestabile e (iii) costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute.

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Il rigetto dell’istanza di reclamo e mediazione Il provvedimento di diniego dell’istanza di reclamo e mediazione è portato a

conoscenza del contribuente; il quale non potrà impugnare il diniego ma potràcostituirsi in giudizio, con il deposito del ricorso (istanza di reclamo) entro 30 gg. decorrenti dalla data di notifica del diniego (ovvero, dal novantesimo giorno dalla presentazione dell’istanza di reclamo qualora non sia stato comunicato entro i 90 gg. nessun provvedimento).

Il provvedimento di diniego contiene le ragioni, di fatto e di diritto, poste a fondamento della pretesa tributaria; in caso di successiva costituzione in giudizio del contribuente, il provvedimento di diniego vale come atto di controdeduzioni dell’Agenzia delle entrate.

Nel caso in cui sia instaurato il contenzioso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, è previsto che la parte soccombente sia condannata a rimborsare, in aggiunta alle spese di giudizio, una somma pari al 50% delle spese di giudizio a titolo di rimborso spese del procedimento di reclamo e mediazione. La compensazione delle spese può essere disposta solo se ricorrono giusti motivi che devono essere esplicitamente indicati nella motivazione della sentenza.

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Conciliazione Giudiziale

Si applica in misura del 40% delle somme irrogabili e comunque per un importo non inferiore al minimo edittale delle sanzioni piùgravi relative a ciascun tributo. Per i ricorsi presentati (i.e. notificati all’Amministrazione finanziaria) prima del 1° febbraio 2011, la sanzione si applica nella misura di 1/3 delle somme irrogabili e comunque per un importo non inferiore al minimo edittale delle sanzioni più gravi relative a ciascun tributo.

Non oltre la prima udienza, ciascuna parte (ovvero la Commissione d’ufficio) può proporre la conciliazione totale o parziale della controversia con istanza ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. 546/1992.

Per la quale èprevista la competenza delle Commissioni tributarie.

Pendenza di un giudizio in CTP diverso da quelli a cui si applica l’istituto del Reclamo e mediazione di cui all’art.17-bis del D. Lgs. n. 546 del 1992.

SANZIONE TERMINI PER LA REGOLARIZZAZIONE

VIOLAZIONE PRESUPPOSTO

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L’Autotutela

L’autotutela è espressione di quella capacità che l’ordinamento conferisce alle Pubbliche Amministrazioni di attuare autoritativamente le proprie determinazioni, riesaminando la propria attività senza l’intervento dell’Autorità giudiziaria attraverso il ritiro di atti viziati o comunque giudicati inidonei ad esprimere la funzione amministrativa, in attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost.

Nell’esercizio della sua funzione impositiva l’Amministrazione finanziaria pone in essere attività ed emana atti che tipicamente sono riconducibili ai poteri ed ai provvedimenti amministrativi in senso proprio: pertanto anche nel diritto tributario è previsto, ex art. 2-quater D.L. 564/1994, il potere di autotutela dell’Amministrazione finanziaria.

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La ratio iuris dell’autotutela

secondo una parte della dottrina, l’autotutela tributaria divergerebbe da quella amministrativa per il principio dell’indisponibilità del tributo e della natura vincolata dell’attivitàimpositiva; da ciò ne discenderebbe una ratio giustiziale dell’istituto, teleologicamente rivolto ad una sorta di mediazione dei due interessi in conflitto (funzione impositiva dell’Amministrazione finanziaria e tutela del contribuente);

secondo altra parte della dottrina, l’autotutela tributaria (e, più in generale, il potere di autotutela delle amministrazioni pubbliche) troverebbe la sua ratio all’interno della funzione impositiva stessa dell’Amministrazione finanziaria. Nella funzione impositiva in senso latu andrebbe ricompresa anche la possibilità di eliminare un atto viziato e, perciò, illegittimo.

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A cosa si riferisce l’autotutela?

Quando si parla di autotutela, ci si riferisce al potere discrezionale di autocorrezione dell’Amministrazione finanziaria la quale, nel caso in cui riconosca di aver commesso un errore, può annullare il proprio operato e correggerlo senza necessità di attendere la decisione di un giudice.

La competenza ad effettuare la correzione è, generalmente, dello stesso ufficio che ha emanato l’atto. L’autotutela si sostanzia in

(i) un procedimento di riesame del provvedimento emanato, che si ritiene obbligatorio (si veda Corte Cost., sentenza n. 264/1997 e si tenga presente l’obbligo di concludere il procedimento amministrativo previsto dalla legge 241/1990) se sollecitato dall’istanza del contribuente (nel caso in cui l’ufficio sollecitato rimanga inerme di fronte ad un’istanza di autotutela, è previsto che l’ufficio sovraordinato possa sostituirsi per il riesame dell’atto) e

(ii) in un provvedimento che lo conclude: che, a seconda dei casi, può essere di mero ritiro, totale o parziale; di diniego; di ritiro con emanazione di un nuovo atto.

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Come si attiva l’autotutela? L’autotutela può essere attivata:

d’ufficio da parte dell’autorità che ha emanato l’atto; su istanza del contribuente.

Quest’ultimo può trasmettere all’ufficio competente una semplice domanda in carta libera, contenente un’esposizione sintetica dei fatti e corredata dalla documentazione idonea a dimostrare le tesi sostenute.

Nella domanda occorre riportare: l’atto di cui si chiede l’annullamento, i motivi che fanno ritenere tale atto illegittimo e, di

conseguenza, annullabile in tutto o in parte.

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Quando si attiva l’autotutela? I casi più frequenti di autotutela si hanno quando l’illegittimità deriva da:

errore di persona; evidente errore logico o di calcolo; errore sul presupposto dell’imposta; doppia imposizione; mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti; mancanza di documentazione successivamente presentata (non oltre i termini

di decadenza); sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi

agevolativi, precedentemente negati; errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile

dall’Amministrazione.

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I termini dell’autotutela e il rapporto tra autotutela e azione giurisdizionale

Questione particolarmente dibattuta è il rapporto tra autotutela e azione giurisdizionale, in quanto si tratta di delineare i nessi tra due funzioni pubbliche diverse, quella amministrativa e quella giurisdizionale.

1. Autotutela e atto suscettibile di impugnazione;

2. Autotutela e giudizio pendente;

3. Autotutela e atto inoppugnabile;

4. Autotutela e giudicato.

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I termini dell’autotutela e il rapporto tra autotutela e azione giurisdizionale - segue

1. Autotutela e atto suscettibile di impugnazione:

l’autotutela è certamente esercitabile; ma

l’istanza di autotutela, non interrompe il termine per ricorrere avverso l’atto impositivo, a meno che non intervenga un provvedimento di sospensione degli effetti dell’atto da parte dell’Amministrazione a cui si accompagni la sospensione del termine per impugnare.

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I termini dell’autotutela e il rapporto tra autotutela e azione giurisdizionale - segue

2. Autotutela e giudizio pendente:

non vi sono particolari dubbi circa la possibilità di presentare l’istanza;

a seguito del riesame l’Amministrazione finanziaria può:

i. ritirare totalmente l’atto, il processo si estingue per cessata materia del contendere;

ii. ritirare parzialmente l’atto, il processo potrebbe chiudersi con una sentenza di annullamento o di rigetto riferita alle parti confermate.

3. Autotutela e atto inoppugnabile;

l’inutile decorrenza del termine per proporre ricorso non preclude al contribuente la possibilità di agire in autotutela.

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I termini dell’autotutela e il Rapporto tra autotutela e azione giurisdizionale - segue

4. Autotutela e giudicato: il ritiro dell’atto ritenuto legittimo dal giudice tributario è possibile, ma a patto che sia

giustificato da motivi diversi da quelli considerati nel corso del giudizio (la circolare ministeriale 5 agosto 1998, n. 198 S ha chiarito che l’annullamento dell’atto da parte dell’ufficio possa avvenire anche dopo il rigetto del ricorso del contribuente con sentenza passata in giudicato, per motivi di ordine formale come: inammissibilità, improcedibilità o irricevibilità);

da un lato, è evidente come l’esercizio del potere giurisdizionale, concretizzatosi nell’emanazione della sentenza passata in giudicato, è in grado di condizionare l’attività dell’amministrazione, o meglio è in grado di limitare ed indirizzare la successiva attività amministrativa;

dall’altro, possono sorgere problemi derivanti dal potere dell’amministrazione di superare il giudicato (con il limite di cui sopra); si pensi al fatto che rimuovendo l’atto si rinuncia ad una pretesa suscettibile di essere eseguita coattivamente per mezzo della sentenza passata in giudicato.

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Il rigetto dell’istanza di autotutela – rimedi?

Si è consolidata l’opinione secondo cui il contribuente non possa proporre impugnazione contro il diniego di autotutela.

Più precisamente, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità “la posizione del contribuente in ordine ad un atto di autotutela non costituisce diritto soggettivo perfetto ma interesse legittimo, che potrà trovare tutela nell’ambito della Giurisdizione Tributaria, e non amministrativa, rimanendo tuttavia sottoposta ai limiti di sindacabilitàdegli atti discrezionali, ovvero nell’ambito della legittimità dell’operato della Amministrazione (anche in caso di inerzia) e non del merito, non essendo ammissibile la sostituzione del Giudice Tributario alla Amministrazione nella adozione di un atto di autotutela. Ne consegue che il sindacato del mero rifiuto dell’esercizio di autotutela deve limitarsi all’esame della legittimità della condotta omissiva, e non può estendersi al merito, ovvero a valutare la fondatezza della pretesa tributaria del contribuente” (tra le altre, Corte di Cassazione, sentenza n. 26313 del 29 dicembre 2010).