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Università di Brescia Topografia A Testo coordinato da Prof. Giorgio Vassena PROBLEMI GEODETICI DELLA TOPOGRAFIA Posizione dei problemi. Definizione della Topografia. La complessa attività dell'uomo sulla Terra volta a realizzare opere, sistemare il territorio, compiere viaggi, richiede un documento che permetta di conoscere in maniera sintetica e metricamente valida la superficie fisica su cui egli vive ed opera. Questo documento nella maggior parte dei casi e una carta ad una scala conveniente: la carta e quindi una rappresentazione grafica ed in scala del terreno; la carta non e l’unica rappresentazione tecnica del terreno, questo infatti può anche essere determinato ed utilizzato per via puramente numerica, si ottiene cosi il cosiddetto «terreno digitale» impiegato oggi in molti procedimento automatizzati di progettazione, di conservazione di dati e di operazioni catastali. La Topografia, traendo le basi scientifiche dalla Geometria per la definizione delle operazioni, dalla Statistica Matematica per 1'uso critico dei risultati delle misure, dalla Fisica per i principi di funzionamento degli strumenti di misura, dal Calcolo Numerico per gli algoritmi più raffinati, definisce un complesso di tecniche di misura, di calcolo e di disegno che permette di definire metricamente e di rappresentare il terreno in maniera conveniente ai vari scopi. La Topografia e pertanto una scienza applicata che propriamente potrebbe essere chiamata Geometria Applicata. Nota bene La Topografia è un complesso di tecniche di misura, di calcolo e di disegno che permette di definire metricamente e di rappresentare il terreno in maniera conveniente ai vari scopi. 1.2. Definizione teorica dei procedimenti atti a realizzare la rappresentazione del terreno. E’ necessario puntualizzare che per realizzare una rappresentazione metrica del terreno e inapplicabile tutta una serie di semplificazioni concettuali ed operative che rende facile la rappresentazione di un oggetto di piccole dimensioni e di forma geometricamente semplice. Infatti: a) la superficie fisica del terreno, con i manufatti costruiti dall'uomo, ha una forma molto irregolare,

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Università di Brescia Topografia A

Testo coordinato da Prof. Giorgio Vassena

PROBLEMI GEODETICI DELLA TOPOGRAFIA

Posizione dei problemi.

Definizione della Topografia. La complessa attività dell'uomo sulla Terra volta a realizzare opere, sistemare il territorio,

compiere viaggi, richiede un documento che permetta di conoscere in maniera sintetica e metricamente valida la superficie fisica su cui egli vive ed opera.

Questo documento nella maggior parte dei casi e una carta ad una scala conveniente: la carta e quindi una rappresentazione grafica ed in scala del terreno; la carta non e l’unica rappresentazione tecnica del terreno, questo infatti può anche essere determinato ed utilizzato per via puramente numerica, si ottiene cosi il cosiddetto «terreno digitale» impiegato oggi in molti procedimento automatizzati di progettazione, di conservazione di dati e di operazioni catastali.

La Topografia, traendo le basi scientifiche dalla Geometria per la definizione delle operazioni, dalla Statistica Matematica per 1'uso critico dei risultati delle misure, dalla Fisica per i principi di funzionamento degli strumenti di misura, dal Calcolo Numerico per gli algoritmi più raffinati, definisce un complesso di tecniche di misura, di calcolo e di disegno che permette di definire metricamente e di rappresentare il terreno in maniera conveniente ai vari scopi. La Topografia e pertanto una scienza applicata che propriamente potrebbe essere chiamata Geometria Applicata.

Nota bene La Topografia è un complesso di tecniche di misura, di calcolo e di disegno che permette di definire metricamente e di rappresentare il terreno in maniera conveniente ai vari scopi.

1.2. Definizione teorica dei procedimenti atti a realizzare la rappresentazione del terreno. E’ necessario puntualizzare che per realizzare una rappresentazione metrica del terreno e

inapplicabile tutta una serie di semplificazioni concettuali ed operative che rende facile la rappresentazione di un oggetto di piccole dimensioni e di forma geometricamente semplice.

Infatti: a) la superficie fisica del terreno, con i manufatti costruiti dall'uomo, ha una forma molto irregolare,

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b) la superficie su cui sarebbe naturale rappresentare il terreno non e piana,

c) la dimensione del terreno eccede in maniera decisa le dimensioni dell'uomo e rende complesse e raffinate le operazioni di misura che necessariamente sono alla base della rappresentazione metrica.

La superficie su cui il terreno dovrebbe essere rappresentato è il geoide; questa superficie molto complessa (la Geodesia e la scienza che si occupa della determinazione del geoide) è normale in ogni punto della terra alla direzione della verticale, che si può facilmente materializzare con un filo a piombo, od individuare con grande precisione mediante una livella (fiala di vetro con all’interno un fluido e una bolla di gas saturo) o un pendolo; questa superficie coinciderebbe con la superficie dei mari opportunamente prolungata sotto le terre emerse, qualora l'acqua dei mari avesse la stessa temperatura, la stessa densità e non esistessero le perturbazioni dovute alle correnti, ai venti ed alle maree.

Il GEOIDE è una superficie molto complessa è normale in ogni punto della terra alla direzione della verticale

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Fig. 1. Superficie fisica del terreno, geoide e rappresentazione del terreno.

La relazione fra terreno, geoide e rappresentazione del terreno e chiaramente mostrata nella figura 1, e se ne può trarre il seguente procedimento di rilievo e rappresentazione da considerare, almeno in alcune parti, puramente teorico perché presuppone, come mostra la figura, la superficie fisica ridotta ad una sottile pellicola ed il geoide concretamente esistente e percorribile al di sotto di essa:

a) data la complessità della forma il terreno va individuato mediante la determinazione della posizione di un sufficiente numero di punti, numero che e anche in relazione con la scala della rappresentazione: ad es. un edificio rettangolare viene individuate mediante i quattro punti di spigolo, una strada tortuosa mediante un punto dell'asse ogni 5 metri e così via;

b) ogni punto andrebbe proiettato, secondo la direzione della verticale, sul geoide ed ogni proiezione andrebbe segnalizzata; la distanza fra ogni punto ed il geoide, chiamata quota, va determinata;

c) percorrendo il geoide si dovrebbero misurare angoli e distanze fra le proiezioni dei punti in

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modo da determinarne la posizione relativa; dato che si suppone di operate su una superficie curva gli angoli da misurare non sono ovviamente angoli fra rette come pure le distanze non sono lunghezze di segmenti rettilinei: i tipi di angoli e distanze che si dovrebbero misurare vanno pertanto definiti;

Nota bene: a) realtà descritta per punti b) ogni punto rilevato proiettato sulla superficie del geoide c) le misure sul geoide non sono semplici in quanto non è una superficie piana.

Figura 2

d) sulla base degli elementi misurati occorre determinare la posizione dei punti proiettati mediante coordinale curvilinee sulla superficie di riferimento; infatti (fig. 2) con perfetta analogia con il piano, dove la posizione di un punto P è individuata dalle due coordinate ortogonali retti-linee XP, YP, la posizione di un punto P su una superficie curva può essere individuata mediante i valori di due coordinate curvilinee UP, VP. A questo scopo è necessario conoscere la forma ovvero l'equazione del geoide, definire su di questo un sistema di coordinate curvilinee u, v, ed eseguire dei calcoli che permettano, sulla base delle misure fatte, di ricavare le coordinate curvilinee dei punti proiettati;

e) si può a questo punto costruire in scala k porzione di geoide interessata al rilievo,

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riportare su di questa, in scala, il sistema di coordinate curvilinee, e quindi la posizione di ogni punto mediante le coordinate curvilinee, note, di ognuno; congiungendo opportunamente con linee i punti proiettati si evidenziano tutte le particolarità del terreno; accanto ad ogni punto si scrive anche la quota e si ha così la rappresentazione completa del terreno; unendo i punti di eguale quota si hanno le curve di livello (un esempio di siffatta rappresentazione è fornito dal mappamondo); d) si possono introdurre delle coordinate curvilinee e) Una scala k e il concetto di quota legato al punto e dunque le curve di livello

f) la rappresentazione del terreno così ricavata risulta disegnata su un supporto curvo, mentre per gli usi pratici è più adatto un supporto piano; a questo scopo occorre ricorrere ad una rappresentazione cartografica: poiché ogni punto e definito mediante le due coordinate curvilinee u e v, e la quota Q, si può stabilire una corrispondenza biunivoca

x= f ( u , v )

y=g( u , v ) fra le coordinate curvilinee u e v e le coordinate cartesiane ortogonali x e y; le relazioni [1] sono le equazioni della carta. Si trasformano quindi mediante le [1] le coordinate curvilinee di tutti i punti e si ottengono così le coordinate cartografiche x, y mediante le quali la posizione dei punti viene disegnata su un supporto piano con riferimento ad un sistema di assi ortogonali. Poiché il geoide non è una superficie sviluppabile la rappresentazione piana che si ottiene è deformata rispetto a quella disegnata sul supporto curvo (fig. 3). La Cartografia è la scienza che si occupa della definizione e dello studio dei vari tipi di rappresentazioni piane. Occorre notare che anche se si volesse rinunciare al geoide come superficie di riferimento e si volesse riferire direttamente la rappresentazione ad una superficie piana convenientemente disposta, l'iter teorico della formazione della rappresentazione sarebbe analogo a quello delineato, dato che gli strumenti di misura operano con riferimento alla verticale e quindi al geoide. È concettualmente possibile, modificando i metodi di misura, definire un iter in cui si prescinde dalla considerazione del geoide, ma questo è un argomento che viene discusso in sede scientifica e che, almeno per il momento, non conduce a pratiche applicazioni.

[1]

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f) la rappresentazione cartografica

Fig. 3. a) Rappresentazione cartografica su un supporto curvo simile alla superficie di riferimento; 6) Rappresentazione cartografica su un supporto piano.

1-3. Definizione dei procedimenti pratici atti a realizzare la rappresentazione del terreno. Le operazioni descritte ai punti b) e e) del paragrafo precedente non possono essere ovviamente eseguite in pratica dato che in effetti tutte le operazioni dì misura debbono necessariamente svolgersi sulla superficie fisica.

La difficoltà però si supera poiché i metodi di misura di angoli e distanze tra punti della superficie fisica sono tali da fornire angoli e distanze quali si sarebbero misurati sul geoide. Anche la misura diretta di una quota è impossibile, ma i metodi di misura permettono di ricavare i dislivelli, ovvero le differenze di quota fra punti della superficie fisica; le quote vengono definite allora collegando i punti mediante operazioni di livellazione che determinano le differenze di quota: è sufficiente che tra i punti collegati ne esista uno di quota nulla, cioè sul geoide, o di quota comunque nota, per ricavare le quote dì tutti gli altri.

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LE MISURE DEVONO ESSERE ESEGUITE SUL MONDO REALE E NON SUL GEOIDE

NON E’ POSSIBILE MISURARE LE QUOTE DEI PUNTI MA LE DIFFERENZE DI QUOTA

La rete di livellazione italiana che propaga la quota di Genova a tutto il territorio nazionale (immagine a sinistra) ed esempio di schema della misurazione di dislivello geometrico che

Esempio applicativo: Nelle due immagini si osservano due operatori impegnati in operazioni di misurazione angolare dalla vetta del Monte Adamello (Provincia di Brescia). Si osservi come le misurazioni vengono eseguite sulla superficie fisica del terreno che si può discostare, come in questo caso, anche in modo marcato dalla superficie del geoide. Inoltre la superficie fisica del terreno può non essere, come nel caso della vetta delle montagne, di andamento regolare e continuo.

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permette di trasportare le quote (immagine a destra)

Ciò posto per risolvere i problemi delineati occorre:

a) definire l'equazione del geoide,

b) definire il sistema di coordinate curvilinee u e v, e definire la natura degli angoli e delle distanze da misurare sul geoide (si può parlare di misure sul geoide poiché, come si è detto, le misure eseguite sulla superficie fisica devono equivalere a misure eseguite sul geoide),

d) definire i calcoli che permettono di dedurre dalle misure le coordinate curvilinee dei punti,

e) specificare le [1] per le rappresentazioni cartografiche che si vogliono usare, definendo al contempo le deformazioni che queste comportano.

I problemi da risolvere si presentano piuttosto difficili, ma fortunatamente possono essere introdotte alcune semplificazioni che facilitano l'opera del topografo che può, per rilievi di pìccole zone, anche ignorare completamente la base geodetica su cui il rilievo si fonda.

1) Si può intanto osservare che il geoide è una superficie chiusa piuttosto irregolare, ma di dimensioni notevoli rispetto ad una porzione dì terreno di qualche chilometro; in altre parole

• una piccola porzione del geoide si discosta poco da un piano tangente condotto per il punto centrale;

• si può inoltre verificare che porzioni di geoide limitate a un paio di centinaia di chilometri si discostano poco da una calotta sferica di raggio opportuno.

Ma la semplificazione più notevole deriva dal fatto che le migliaia di punti necessari a definire una carta possono essere distinti in due grandi classi:

1. i punti di inquadramento (planimetrici, altimetrici, GPS) 2. i punti di dettaglio.

I punti di inquadramento sono una piccola percentuale del totale, la loro posizione sul geoide è definita mediante operazioni geodetiche di triangolazione, trilaterazione, poligonazione ed altro

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eseguite secondo quanto è stato specificato, tramite misure di distanza, angolari, di dislivello e di misure GPS, oltre che di orientamento stellare;

i punti d'inquadramento formano una rete di punti, ogni maglia della quale si riferisce ad una porzione di geoide che può, in un senso che verrà specificato, ritenersi piana; tutte le operazioni di raffittimento dei punti di inquadramento e di rilievo dei punti di dettaglio che si svolgono nell'ambito di una maglia possono essere concepite, sia per le misure che per i calcoli, come riferentesi ad una superficie piana.

Per i punti di inquadramento vengono calcolate le coordinate curvilinee e le coordinate cartografiche; questi punti vengono riportati su un supporto piano mediante le coordinate cartografiche ridotte in scala con riferimento ad un unico sistema; in effetti la carta di un territorio consta di parecchi fogli, di dimensioni opportune, ma ogni foglio viene parametrato, vengono cioè disegnati gli incroci delle rette x = cost, e y = cost., con intervallo grafico in genere di 10 cm: ogni incrocio corrisponde ad un valore della coppia x, y riferito ad un'unica origine.

La rete trigonometrica italiana che definisce nel territorio i vertici di inquadramento cartografico. Nell’immagine in alto un esempio di monografia di un vertice trigonometrico dell’Istituto Geografico Militare Italiano

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I punti di dettaglio, che sono la maggioranza, vengono rilevati con riferimento ad un minimo di due punti di inquadramento e riportati graficamente sulla carta, in genere cioè non se ne calcolano le coordinate. Per esemplificare quanto detto in figura 5 è riportata una porzione di rilievo in cui sono evidenziati i punti di inquadramento con il simbolo A. ed i punti dì dettaglio con un punto più marcato; in effetti all'atto della costruzione della carta i punti di dettaglio vengono individuati con punti, ma questi vengono poi riassorbiti nelle linee che descrivono le particolarità del terreno.

MOMENTO GEODETICO e MOMENTO TOPOGRAFICO

Nel rilievo di una grande estensione di terreno si distinguono cioè un momento geodetico in cui secondo i procedimenti descritti si determinano le coordinate cartografiche dei punti di inquadramento, ed un momento topografico in cui operando in una stretta zona limitata da alcuni punti di inquadramento si opera con molta più facilità di misura, di calcolo e di rappresentazione.

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Le deformazioni introdotte, dalla rappresentazione cartografica sono evidenti se si considera il complesso di punti di inquadramento, mentre nell'ambito di una maglia della rete di inquadramento si può operare, con alcune precauzioni che verranno evidenziate come se le deformazioni non esistessero. Nota bene: …nell'ambito di una maglia della rete di inquadramento si può operare, con alcune precauzioni che verranno evidenziate come se le deformazioni non esistessero.

Le dimensioni della maglia in cui si può operare con semplicità sono dell'ordine di poche decine di chilometri.

Le dimensioni della maglia in cui si può operare con semplicità sono dell'ordine di poche decine di chilometri. Quanto detto si riferisce alla rappresentazione planimetrica del terreno; per le quote la superficie di riferimento non si può mai considerare piana, dato che per definizione queste rappresentano le distanze, secondo la verticale, fra i punti della superficie fisica ed il geoide, e gli scostamenti in senso altimetrico fra il piano tangente in un punto ed il geoide sono sempre sensibili anche in un ristretto intorno.

Nota bene: Per le quote la superficie di riferimento non si può mai considerare piana

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Definizione della superficie dì riferimento.

Equazione del geoide.

La base di partenza per la soluzione dei problemi posti è la determinazione dell'equazione del Geoide, di una superficie cioè normale in ogni punto alla direzione della verticale.

La verticale è la direzione della forza di gravita, definita in direzione e modulo in ogni punto collegato alla terra; in effetti si può parlare indifferentemente di forza o di accelerazione di gravità dato che si riferisce alla forza a cui è soggetta una massa unitaria; la gravità costituisce quindi un campo di forza che ha la caratteristica di essere conservativo, di ammettere cioè un potenziale.

DEFINIZIONE DI VERTICALE Nel campo si possono individuare le linee di forza, linee tangenti in ogni punto alla direzione

delle forze; nella fattispecie queste linee sono curve gobbe e prendono il nome di verticali;

la direzione della gravità in un punto è tangente cioè alla linea verticale che vi passa. Il luogo dei punti aventi lo stesso valore del potenziale costituisce una superficie equipotenziale; le superfici equipotenziali del campo della gravità sono infinite in dipendenza degli infiniti valori che il potenziale può assumere; come è noto le superfici equipotenziali sono normali alle linee di forza del campo, pertanto una superficie equipotenziale, opportunamente scelta, definisce il geoide.

Il geoide è quindi la superficie equipotenziale della gravità che passa per un determinato punto della superficie terrestre;

questo punto, a cui ovviamente si deve attribuire una quota nulla, è individuato determinando il livello medio del mare in un punto di posizione planimetrica stabilita. In Italia tale quota è identificata presso il mareografo di Genova.

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Calcolo della equazione del geoide Si riferisca il corpo terrestre ad un sistema di coordinate cartesiane OXYZ avente l'origine O nel baricentro della Terra, l'asse Z coincidente con l'asse di rotazione, e gli assi X ed Y coincidenti con gli assi principali d'inerzia. In questo modo si definisce anche la terna OXYZ che prende anche il nome di terna cartesiana geocentrica.

Nota: Si faccia attenzione che la Z di tale terna cartesiana NON ha ovviamente nulla a che fare con la verticale. Il piano XY non coincide con il piano tangente localmente alla superficie fisica o al geoide ma bensì con il piano equatoriale n vettore gravità g in un punto generico P è una funzione della posizione del punto, ovvero delle tre coordinate che lo individuano

e si può considerare composto da due forze:

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a) la forza f di attrazione newtoniana, che è la risultante di tutte le forze elementari che ogni elemento di massa della Terra esercita sull'unità di massa posta in P,

b) la forza centrifuga su l'unità di massa c = �2r (da ricordare che il punto P si ritiene collegato alla Terra) dovuta alla rotazione della Terra intorno all'asse polare Z, rotazione che avviene con la velocità angolare � = 7,29.10-5rad/sec; il vettore r ha ovviamente un modulo r = (X2+ Y2)1/2 (distanza del punto P dall'asse di rotazione) ed è diretto secondo la normale dal punto P all'asse Z verso l'esterno della Terra.

Il potenziale W in un punto è una funzione della posizione del punto W = W(X, Y,Z) per la quale si verifica che

che sinteticamente si esprimono con la

ovvero le derivate parziali del potenziale danno le componenti gx, gy, gz della gravità secondo i tre assi; in generale indicando con dP uno spostamento infinitesimo si ha

cioè la derivata del potenziale secondo una direzione dP da la componente del vettore gravità in quella direzione; in particolare se la direzione individuata da dP è tangente alla superficie equipotenziale passante per P risulta dW = 0 cioè g x dP = 0 da cui si deduce l'ortogonalità di g rispetto alla superficie equipotenziale.

Il potenziale W è la somma del potenziale V relativo alla forza di attrazione universale, e del potenziale v relativo alla forza centrifuga

(i potenziali possono essere sommati perché sono funzioni scalari).

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a- Il potenziale v è di immediata deduzione

b- Per il potenziale V si consideri (fig. 6) un elemento di massa dm della Terra posto nel punto Q di coordinate genetiche a, b, c; se � (a, b, c) è la densità in tale punto si ha

Questo elemento di massa determina sulla massa unitaria posta in P una forza di attrazione di modulo

e diretta da P verso Q; la costante G di attrazione universale in unità MKS vale 6,67 • 1011.Il potenziale dV dovuto alla massa dm vale

ed il potenziale dovuto a tutte le masse della Terra

ove l'integrale è esteso a tutto il volume della Terra. Si noti che V risulta funzione di X, Y, Z dato che le variabili di integrazione sono a, b, c. Il geoide ha quindi come equazione

[3]

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Superfici che approssimano il geoide: sferoide, ellissoide.

Per eseguire l'integrazione a secondo membro della [2] occorrerebbe conoscere la densità in

ogni punto della Terra, cioè la funzione � (a, b, c);

La risoluzione dell’integrale necessita la conoscenza della densità della terra

in ogni punto generico punto Q

la conoscenza dei valori di � nell'interno della Terra è piuttosto vaga e i dati attendibili sono

globali, si sa infatti che la densità media è di 5,52 gr/cm3 mentre in superficie è di 2,67 gr/cm3 e

necessariamente molto più alta nel nucleo; le indagini fatte forniscono dati abbastanza at-

tendibili sulla variazione della densità dalla superficie sino al nucleo, ma sono dati comunque

insufficienti per una dettagliata conoscenza della distribuzione delle masse; ne deriva che è

impossibile determinare rigorosamente l'equazione [3] cioè

L'integrale

viene allora sviluppato in serie di funzioni sferiche dopo aver introdotto in luogo delle

coordinate cartesiane le coordinate polari σ, ϕ, λ (v. fig. 7) legate alle coordinate cartesiane

dalle relazioni.

Fig. 7. Coordinale polari geocentriche.

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ALLEGATO INTEGRATIVO Riportiamo di seguito per nota di completezza, il processo per ottenere l’equazione

approssimata del geoide che prende il nome di sferoide

[4] X = ���� cos ϕϕϕϕ cos λλλλ, Y = ���� cos ϕϕϕϕ sen λλλλ, Z = ���� sen ϕϕϕϕ

A meno di termini dell'ordine di 1/σ4 sì ricava per V l'espressione approssimata

ove M è la massa totale della Terra, ed A, B e C sono i momenti di inerzia rispetto agli assi X, Y e Z.

Si potrebbero determinare altri termini importanti per lo studio del geoide, ma di scarsa rilevanza per

la determinazione di una superficie di riferimento per i rilievi; anzi, poiché una grande quantità di

osservazioni mostra che la figura della Terra è molto prossima a quella di un solido di rotazione, si può

supporre A=B, ed assumere come espressione matematica approssimata della [3] la seguente

dato che

La superficie definita dalla [6] è una superficie di rotazione, dato che la coordinata A non risulta più

presente nella formula, che viene chiamata sferoide. Le costanti GM e C — A che definiscono lo sferoide

sono di natura meccanica e vanno sostituite con parametri geometrici che, trattandosi di una superficie di

rotazione, non possono essere altro che il semi-asse equatoriale a e quello polare e.

Si ottiene cosi, con alcune trasformazioni, l'equazione dello sferoide in coordinate polari

σσσσ = a (1 — α sen2ψ)

ove a, come si è detto, è il semiasse equatoriale ed α, chiamato schiacciamento, è dato da

[8]

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Volendo esprimere la [8] in coordinate cartesiane si ottiene ovviamente

Si consideri ora un ellissoide di rotazione avente gli stessi semi-assi, equatoriale a e polare c, dello sferoide

dalla [9] si ricava c = a (1 — α)

da cui quadrando e trascurando a2

l'errore che si commette assumendo per c2 tale espressione, equivale ad ammettere su e un errore pari a

circa 1/90000 di α dato che lo schiacciamento a è dell'ordine di 1/300; con tale approssimazione la [11]

diviene

da cui, sviluppando in serie binominale da cui, , trascurando i termini in a2 e superiori, e ricordando

che X 2 + Y 2 + Z 2 =σ2 si ottiene:

Poiché a e σ sono dello stesso ordine di grandezza si può porre con la stessa approssimazione

Con uno sviluppo in serie rinominale operato su (1-2 α sen2 ψ)1/2, trascurando i termini in α2 e superiori si ottiene infine

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che coincide con l'equazione dello sferoide [8]. In conclusione si può stabilire che l'equazione [11] dell'ellissoide coincide a meno di termini in α2 con l'equazione [8] dello sferoide avente gli stessi semi-assi; poiché la geometria dell'ellissoide è più semplice e più conosciuta di quella dello sferoide ed anche per ragioni storiche connesse a studi teorici sulla forma dei pianeti ruotanti, si è convenuto intemazionalmente di assumere la [11] come superficie di riferimento. Non devono meravigliare le semplificazioni che sono state apportate per giungere a tale conclusione; si tratta infatti di determinare una superficie valida per i rilievi che non si scosti troppo dal geoide, e non di studiare a fondo il geoide. La vera forma di quest’ultimo può essere determinata con riferimento allo stesso ellissoide. Fine allegato

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L'ellissoide terrestre. Dimensioni dell’ellissoide. Si è dunque definita come superficie di riferimento che approssima in modo soddisfacente la forma del geoide, l’ellisse di rotazione che prende il nome di ellissoide, o in inglese ellipsoid.

L’equazione dell’ellissoide è:

e inoltre c = a (1 — α)

da cui quadrando e trascurando a2

È compito dei geodeti di determinare i parametri a e c, ovvero a ed α. I metodi si basano su misure geometriche (misure di archi di meridiano e di parallelo), su misure di gravità (vi è una relazione fra lo schiacciamento α e la variazione della gravità tra polo ed equatore) ed ultimamente su studi molto accurati delle traiettorie dei satelliti artificiali. Ma pur d'accordo nell'assumere la [11] come equazione della superficie di riferimento per i rilievi i vari geodeti che hanno lavorato su tale problema, utilizzando informazioni metriche diverse ed in diversa quantità, hanno determinato ed assunto valori diversi di a ed α; i valori più importanti, perché impiegati nei rilievi di vaste zone del globo, si riferiscono al nome dei geodeti che li hanno calcolati:

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Traduzione: 1/Flattering = schiacciamento = α

L’ellissoide Internazionale è comunemente denominato anche come ellissoide di Hayford, mentre l’ellissoide WGS84 ha assunto una notevole importanza in quanto è impiegato dai sistemi di posizionamento satellitari GPS (Global Positioning System). E’ utile ricordare i valori dei semiassi equatoriali dei due ellissoidi indicati e dello schiacciamento dell’ellissoide di Hayford.

Nota bene: a: semiasse equatoriale b oppure c: semiasse polare αααα : schiacciamento e2 : eccentricità

La geometria dell’ellissoide viene solitamente descritta dal valore di semi asse polare e di schicacciamento o eccentricità e2.Può essere anche descritto dai valori dei due semiassi, polare ed equatoriale.

In particolare, NOTA BENE:

L’eccentricità e2 è pari a:

Lo schiacciamento α è pari a: Poiché c = a (1 — α) si determina α = (c — a ) / a

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Coordinate curvilinee sull'ellissoide. Per individuare un sistema di coordinate curvilinee su una superficie di equazione

[13] occorre scegliere due parametri u e v e determinare le equazioni parametriche della superficie

dando un valore costante u0 al parametro u, e facendo variare l'altro parametro si determina sulla superfìcie una linea individuata dalle equazioni

dando ad u0 valori diversi si individua una famiglia di linee; un'altra famiglia di linee si può ottenere dando al parametro v dei valori costanti, e facendo variare l'altro parametro; le due famiglie di linee individuano sulla superficie un sistema di coordinate analogo al sistema formato sul piano dalle rette x = cost. e y = cost. Conviene che i parametri u e v siano scelti in modo che le linee coordinate u=cost. e v=cost. siano ortogonali, si incontrino cioè sulla superficie formando un angolo retto.

Fig. 8. Ellisse meridiana.

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Si esamina ora come si può specificare ciò nel caso dell'ellissoide di rotazione. Dato che per un punto qualsiasi di tale superficie X2 + Y2 = r2 la [11], cioè l’equazione dell’ellissoide che si ricorda è:

si può scrivere nella forma

che può essere interpretata come l'equazione di un ellisse riferito agli assi r, Z; si determini l'equazione parametrica di questa ellisse assumendo come parametro l'angolo ϕ (latitudine) che la normale in un punto forma con l'asse r (fig. 8).

Si fa notare come la definizione della latitudine ϕϕϕϕ NON sia dunque l’angolo tra il generico punto della superficie dell’ellissoide e il “centro” dell’ellissoide !

L’ellissoide con indicate le coordinate geografiche, latitudine e longitudine

I coseni direttori della normale ad una curva di equazione f (r, Z) = 0 sono proporzionali alle

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derivate parziali di questa funzione rispetto ad r e Z, nel caso quindi della [16]

quindi

e

che si può scrivere

avendo introdotto l'eccentricità e2 dell'ellisse definita da

Introducendo Z dato dalla [17] nella [16] e ricavando r, si ha

e, ancora dalla [17],

La [18] e la [19] sono le equazioni parametriche dell'ellisse meridiana dell'ellissoide di rotazione; per avere le equazioni parametriche dell'ellissoide basta osservare che con riferimento al sistema di assi geocentrico OXYZ una qualsiasi ellisse meridiana può essere individuata dall'angolo λ (longitudine) che il piano di questa forma con il piano coordinato XZ; poiché allora si ha ovviamente

Si hanno dunque le equazioni parametriche dell'ellissoide [11]

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avendo posto

Alle linee λ = cost. corrispondono i meridiani, luogo dei punti che hanno la stessa longitudine; alle linee ϕ = cost. corrispondono i paralleli, luogo dei punti che hanno la stessa latitudine; queste due famiglie di linee sono, ortogonali.

Ricavare le equazioni dei meridiani e dei paralleli Si parta dall’equazione generale dell’ellissoide

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È importante osservare che i parametri λ e ϕ (cioè le coordinate geografiche) individuano sia la direzione di una normale all'ellissoide che la posizione del punto per cui passa (in coordinate curvilinee):

se si misurassero pertanto direttamente i valori di λλλλ e ϕϕϕϕ su tutti i punti della superficie terrestre da rilevare, e ciò è possibile con misure astronomiche, si realizzerebbero con un'unica misura tutte le operazioni elencate nei punti a), b), e) e d).

Questa procedura può in effetti venire adottata per rilievi di carte a scala molto piccola (rilievi geografici), ma sarebbe inattuabile, per la scarsa precisione che ne deriverebbe, per i rilievi topografici.

Per raggiungere una precisione nella misura di λ e ϕ di qualche decimo di secondo sessagesimale, corrispondente sulla superficie di riferimento ad una precisione lineare di una decina di metri, (alle nostre latitudini un grado equivale a circa 30 metri) sono necessarie complesse apparecchiature e lunghe e raffinate osservazioni di astri, mentre osservazioni astronomiche speditive consentono solo precisioni di qualche decina di secondi, ovvero permettono di individuare posizioni di punti con errori di parecchie centinaia di metri.

È necessario inoltre osservare che la [11] è l'equazione di una superficie che approssima il geoide: ne deriva che la normale all’'ellissoide in un punto non è in genere diretta esattamente secondo la normale al geoide, ovvero secondo la verticale vera in quel punto.

Normale all’ellissoide e verticale NON coincidono

In effetti le coordinate curvilinee di un punto sul geoide determinate con osservazioni astronomiche definiscono in termini di latitudine ϕ e longitudine λ la direzione della verticale nel punto ϕ e λ sono chiamate in questo caso astronomiche o geoidiche mentre con le operazioni di misura e di calcolo riferite alla superficie ellissoidica [11], si ottengono le coordinate curvilinee

Nota: Si ricorda che per scala piccola si intende una scala di tipo geografico, dunque a scale dell’ordine di 1:100,000 – 1:500.000 Al contrario per cartografia a grande scale si intendono cartografie ad esempio a scala comunale, 1:5000 – 1:2000

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ϕ e λ che definiscono la direzione della normale all'ellissoide (latitudine e longitudine ellissoidiche); le differenze si possono mettere in evidenza quando per uno stesso punto si confrontano i valori delle coordinate curvilinee ottenute con i due metodi.

DEVIAZIONE DELLA VERTICALE

Sezioni normali. Raggi di curvatura dell'ellissoide terrestre. Per studiare problemi geometrici nell'intorno di un punto dell'ellissoide è necessario conoscere i raggi di curvatura nel punto stesso. Si consideri il punto P e la normale all'ellissoide n; tutti i piani passanti per n, ossia il fascio di piani aventi per costola n (fig. 9) intersecano l'ellissoide secondo delle linee piane chiamate sezioni normali; le sezioni normali hanno nel punto P raggi di curvatura diversi in dipendenza dell'angolo che la sezione normale forma con un piano di riferimento (nel caso di una superficie sferica invece tutte le sezioni normali sono circonferenze aventi lo stesso raggio della sfera);

Nota bene: Le considerazioni prima descritte, portano alla conclusione pratica che se si desidera misurare e rappresentare il territorio con accuratezze superiori a qualche decina di grado sessagesimale (dunque con accuratezze inferiori a 5-6 metri), non è possibile definire le coordinate geografiche di punti significativi del territorio (punti di inquadramento) tramite una osservazione assoluta alle stelle fisse. E’ dunque necessario procedere al tracciamento e misurazione sul terreno di reti geodetiche (che determinano la posizione relativa tra i vertici tramite misurazioni angolari e più recentemente di distanza e ora anche GPS) tali da permettere il calcolo delle coordinate dei punti di inquadramento rispetto ad un punto definito di emanazione a cui vengono associate delle coordinate definite secondo certe ben definite convenzioni. Ecco dunque da dove nasce la necessità di definire le modalità di trasporto di coordinate sull’ellissoide di seguito affrontate e risolte.

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Fig. 9. Sezioni normali in un punto dell'ellissoide

i raggi di curvatura delle sezioni normali in un punto dell'ellissoide variano con continuità da un minimo e ad un massimo N;

sezioni normali le sezioni che hanno rispettivamente il minimo ed il massimo raggio di curvatura sono dette sezioni normali principali ed i loro raggi di curvatura raggi principali di curvatura; le sezioni normali principali sono ortogonali fra di loro. In particolare nelle superfici di rotazione, come è il caso dell'ellissoide terrestre, una sezione normale principale coincide sempre con la curva meridiana, curva cioè che si ottiene intersecando la superficie con un piano che contiene, oltre alla normale nel punto, anche l'asse di rotazione. Ne deriva che una sezione principale in un punto dell'ellissoide coincide con il meridiano e che l'altra è perpendicolare al meridiano, corrisponde cioè al piano che contiene la tangente al parallelo. Il raggio di curvatura Rα di una sezione normale generica che forma un angolo α (azimut) con il meridiano, in funzione del raggio minimo ρ e massimo N, è dato dalla relazione (Teorema di EULERO)

Si determinano ora le espressioni di ρ e N.

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Calcolo di ����I meridiani sono ellissi tutti uguali la cui equazione è data dalla [16] (fig. 8); il raggio di curvatura di una curva piana è il limite del rapporto fra l'elemento di arco e l'angolo compreso fra le normali condotte per gli estremi di tale elemento; questo angolo, dato che gli estremi dell'arco infinitesimo hanno la stessa longitudine, è uguale alla differenza di latitudine: si avrà quindi

Dalle [18] e [19] differenziando rispetto a ϕ

e quindi

e infine

Calcolo di ���� (Gran Normale)Per trovare il valore di N basta applicare il teorema di MEUSNIER:il raggio di curvatura dì una sezione obliqua è uguale al raggio di curvatura della sezione normale corrispondente al piano che contiene la tangente alla sezione obliqua moltiplicato per il coseno dell'angolo formato fra i piani delle due sezioni.

Nel caso in esame la sezione principale contiene la tangente al parallelo (circonferenza di raggio r) e forma ovviamente con il piano del parallelo un angolo uguale alla latitudine del punto, ne deriva che

e in base alla [18]

Dalle formule precedenti si può ricavare che

Nota : si rammentano la 18 e la 19

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che permette di verificare che N è sempre maggiore o uguale a ρ, e dedurre che la differenza massima si riscontra all'equatore (ϕ = 0) mentre è nulla ai poli (ϕ = π/2); comunque la differenza relativa fra N e Q è dell'ordine di e2, ovvero di 1/150 (e2 è circa il doppio dello schiacciamento α), ovvero in ogni punto dell'ellissoide il raggio minimo e massimo di curvatura differiscono al massimo di 1/150 del loro valore; tenendo conto che tutti gli altri raggi di curvatura sono intermedi si può dedurre che l'ellissoide terrestre nell'intorno di un punto si discosta poco da una sfera.

Definizione di Raggio della sfera locale Come raggio medio R di curvatura dell'ellissoide in un punto può essere convenientemente assunta la media geometrica del raggio di curvatura minimo e massimo

La sfera di raggio R, tangente all'ellissoide nel punto in cui il raggio stesso è calcolato, si chiama sfera locale: la sfera locale differisce poco dall'ellissoide in un largo intorno del punto e può essere vantaggiosamente utilizzata per molti calcoli.

Misure di angoli e distanze sulla superficie di riferimento: lìnee geodetiche. Definizione delle linee geodetiche. Secondo il punto e) una volta proiettati i punti da rilevare sul geoide occorre misurare angoli e distanze fra i punti in modo da determinarne la posizione relativa. È necessario allora immaginare che i punti siano congiunti da linee appartenenti alla superficie e che la lunghezza della linea compresa fra due punti rappresenti la distanza misurabile fra questi; analogamente se si considerano due di tali linee uscenti da un punto P si dovrà definire come angolo fra di queste l'angolo che le tangenti alle linee nel punto P formano fra di loro. Poiché fra due punti su di una superficie curva possono essere tracciate linee di natura geometrica diversa occorre definire quali linee si devono prendere in considerazione. Se la linea che congiunge due punti deve rappresentare la distanza, valutata naturalmente sulla superficie, si dovrà scegliere quella linea che, fra tutte le possibili, abbia la minore lunghezza: questa linea è la geodetica.

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La geodetica è in effetti definita come quella linea sulla superficie che gode della proprietà di avere la normale in ogni punto coincidente con la normale alla superficie: l'equazione differenziale della geodetica si può scrivere appunto uguagliando l'espressione della normale alla linea all'espressione della normale alla superficie;

si può dimostrare che se due punti non sono troppo distanti la GEODETICA che li congiunge è unica e rappresenta il percorso di minima lunghezza.

Per esemplificare quanto sopra si consideri che, secondo la definizione: - le rette sono le geodetiche del piano (qualsiasi altra curva del piano ha la normale

giacente sul piano stesso) e che - sulla sfera gli archi di geodetica sono archi di cerchio massimo.

Così se la superficie di riferimento fosse sferica i punti sarebbero congiunti da archi di cerchio massimo e le misure da fare per individuarne la posizione relativa sarebbero lunghezze di archi di cerchio massimo e angoli fra cerchi massimi; più semplicemente nel caso di una superficie di riferimento piana si misurerebbero lunghezze di segmenti di retta ed angoli fra rette. È familiare il fatto che la geometria del piano si costituisce con i segmenti di retta ovvero con le geodetiche del piano (trigonometria piana) come pure è noto che la geometria della sfera si costruisce con gli archi di cerchio massimo, risulta quindi intuibile che la geometria dell'ellissoide si debba costruire con le geodetiche dell'ellissoide. Le geodetiche dell'ellissoide hanno però il difetto di essere curve gobbe, non sono cioè contenute in un piano. Questa non è una difficoltà dal punto di vista della costituzione di una trigonometria ellissoidica, perfettamente definibile a parte la complicazione delle formule (è facile risolvere un triangolo piano ed anche un triangolo sferico, ma la risoluzione di un triangolo sull'ellissoide i cui lati siano geodetiche ellissoidiche comporta l'uso di formule molto complesse), ma è un difetto dal punto di vista delle misure in quanto è intuibile che può essere facile ad esempio misurare la lunghezza di una linea contenuta in un piano e non altrettanto facile misurare la lunghezza di una linea gobba non fosse altro per i problemi che sorgerebbero per individuarla;

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ALLEGATO INTEGRATIVO Equazioni delle geodetiche Traducendo in formule la definizione data si ottengono le equazioni differenziali delle geodetiche; in generale se f(X, Y, Z)=0 è l'equazione della superficie i coseni direttori della normale sono

con

i coseni direttori di una linea data in forma parametrica X=X(s), Y=Y(s), Z=Z(s), con s lunghezza della linea valutata da un punto determinato, sono, indicando con R il raggio di prima curvatura

per cui eguagliando si hanno le equazioni

Per una superficie di rotazione la f(X, Y, Z)=0 si può sempre mettere nella forma

che per l'ellissoide sì può scrivere

si ha quindi

per cui la prima delle due equazioni differenziali [26] si può scrivere

ovvero

ed integrando

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tenuto conto delle [20]

che sostituite nelle [27] forniscono

Dal triangolo infinitesimo ABP (che in quanto infinitesimo si può considerare piano pur essendo su una superficie curva), indicando con α

Fig. 10 Triangolo infinitesimo sull’ellissoide

(fig. 10) l'angolo formato nel punto P, di coordinate X, Y, Z, fra la tan-gente alla geodetica e la tangente al meridiano si ha

rdλ = ds sen α

per cui eliminando dalla [28] il rapporto dλ/ds si ha infine

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[29] r sen αααα = cost.

che costituisce il teorema di CLAIRAUT: sulle superfici di rotazione è costante per ogni piatto di una geodetica il prodotto del raggio del parallelo per il seno dell'azimut della geodetica. L'angolo α, chiamato azimut della geodetica e definito come sopra, si computa a partire dal meridiano in senso orario e può avere qualsiasi valore compreso fra 0 e 2π.Il teorema di CLAIRAUT è molto importante perché permette di definire con semplicità le linee geodetiche di una superficie di rotazione e di individuarne il percorso. Ad es. se una geodetica esce da un punto P con un azimut di 50° si potrà constatare che l'azimut va crescendo mano a mano che la geodetica si allontana dal punto in dipendenza del fatto che il raggio del parallelo va diminuendo. FINE ALLEGATO INTEGRATIVO

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Misure che si possono eseguire sulla superficie fisica atte a definire misure sulla superficie di riferimento. Si è visto che la geometria sulla superficie di riferimento si può costruire considerando figure geometriche, in particolare il triangolo, i cui lati siano archi di geodetiche ellissoidiche, ma si sono anche evidenziate le difficoltà di misurare rigorosamente la lunghezza di un arco di geodetica, come pure di misurare l'angolo fra due geodetiche (angolo fra le tangenti alle geodetiche uscenti da un punto).

Fig. 11. Definizione delle misure sulla superficie di riferimento.

È opportuno quindi definire quali sono le misure che il geodeta e il topografo possono effettivamente eseguire (fig. 11):

a) Distanza fra due punti: considerati due punti A e B sulla superficie fisica gli strumenti e i metodi di misura impiegati permettono di definire la lunghezza l dell'arco di sezione normale che congiunge le proiezioni A0

e B0; in effetti le sezioni normali che congiungono questi punti sono due: una è la traccia l del piano che contiene la verticale per A0 ed il punto B0, l'altra è la traccia l' del piano che contiene la verticale per B0 ed il punto A0, le tracce non coincidono se le due verticali sono sghembe; la lunghezza l, o la l', è la distanza che si può effettivamente misurare fra A0 e B0.

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b) Azimut di un punto: considerati due punti A e B, l'azimut di B rispetto ad A, misurabile con osservazioni astronomiche o con teodoliti giroscopici, è l'angolo che la sezione normale A0B0 forma con la tangente al meridiano diretta verso nord; l'azimut si valuta in senso orario a partire dalla direzione del nord e può assumere tutti i valori fra 0 e 2π.Nota: si tenga ben presente che dunque il nord è definito come la direzione del meridiano con azimut pari a zero.

c) Angolo azimutale fra due punti: considerati i due punti A e B sulla superficie fisica ed un terzo punto O, l'angolo azimutale AOB, che si può misurare con un teodolite è l'angolo fra le sezioni normali O0A0 ed O0B0;operativamente infatti l'angolo azimutale è definito come l'angolo del diedro formato dal piano che contiene la verticale per O ed il punto A e dal piano che contiene la verticale per O ed il punto B; sussistono anche in questo caso le ambiguità circa le sezioni normali congiungenti due punti qualora si considerassero gli angoli azimutali OAB e OBA.

Da Proff Galetto - Spalla (scaricato da Internet) Da Prof. Anna Spalla (scaricato da Internet)

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d) Distanza zenitale: considerati i due punti A e B della superficie fisica la distanza zenitale zAB, misurabile con un teodolite se B è visibile da A, è l'angolo che la congiungente AB forma con la verticale in A; analogamente è definita la distanza zenitale zBA di B rispetto ad A.

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e) Dislivello: considerati i due punti A e B della superficie fisica il dislivello fra i punti A e B è la differenza fra la quota QA. di A e la quota QB di B e si indica con ∆AB, si ha cioè

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La distanza zenitale ed il dislivello sono stati definiti per dare un quadro completo delle misure geometriche che il geodeta o il topografo di norma eseguono, per le considerazioni che seguono si riprendono in esame la distanza, l'azimut e l'angolo azimutale.

Differenze fra misure sull’ellissoide e misure sul geoide. I tipi di misure illustrati nel paragrafo precedente fanno riferimento alla verticale vera, ovvero alla normale al geoide, conseguenza del fatto che gli strumenti di misura hanno assi che si possono con facilità e precisione orientale rispetto a tale direzione. In seguito però alla posizione fatta di assumere come superficie di riferimento l'ellissoide di rotazione sarebbe logico definire ed eseguire le misure di angoli e distanze con riferimento alla normale all'ellissoide. Ciò non è possibile perché nell'eseguire un rilievo le due direzioni si possono far coincidere solo in un punto, mentre negli altri punti la normale all'ellissoide non è tipicamente definibile ed è giocoforza continuare ad orientare gli strumenti di misura secondo la verticale vera; gli angoli e le distanze che si misurano sono quindi sempre riferiti al geoide per cui, stante le differenti direzioni della normale al geoide e della normale all'ellissoide, equivalgono teoricamente ad angoli ed a distanze di sezioni oblique su quest' ultimo. Si può sintetizzare la situazione dicendo : si misurano angoli e distanze con riferimento al geoide, ma i risultati delle misure si reputano uguali a quelli che si sarebbero ottenuti effettuando le misure con riferimento all'ellissoide. Questa incongruenza si può teoricamente, e volendo anche praticamente, superare una volta che le ondulazioni del geoide siano conosciute con riferimento all'ellissoide, e quindi .sia definibile, in ogni punto dove si eseguono misure, l'angolo formato fra le due normali: da tale conoscenza si potrebbero derivare delle correzioni alle misure eseguite con riferimento al geoide, per ottenere quelle che si sarebbero ottenute con riferimento all'ellissoide. Non si ha però notizia che in sede di attuazione di grandi rilievi si proceda in tal senso; si dovrebbe cioè in un primo momento accettare l'incongruenza ed eseguire un rilievo che conduce a posizioni di punti che si reputano appartenere all'ellissoide, indi determinare per ogni punto l'angolo fra la verticale vera e la normale all'ellissoide, correggere le misure per averle riferite all'ellissoide, e ripetere i calcoli per determinare le posizioni ellissoidiche dei punti. Vi è però da tenere presente che le incertezze che inevitabilmente accompagnano i risultati delle misure determinano incertezze nella posizione ellissoidica dei punti che potrebbero risultare dello stesso ordine delle correzioni che si apporterebbero procedendo come sopradetto; pertanto tale incongruenza viene accettata e si procede nell'ipotesi che le misure di angoli e distanze che si eseguono siano effettivamente

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riferite all'ellissoide. Comunque tali considerazioni vanno riferite solo ai punti di inquadramento del 1° ordine relativi a rilievi di grandissime estensioni, mentre non hanno rilevanza in rilievi di limitate estensioni.

Teoremi detta Geodesia operativa. Pur avendo superato le incongruenze messe in evidenza, con l'accettare che i risultati delle misure di angoli e distanze eseguite sulla superficie fisica si possano reputare riferite all'ellissoide, rimane il fatto che in effetti si misurano lunghezze di archi di sezioni normali e angoli fra sezioni normali, tra l'altro non univocamente definite, mentre si dovrebbero misurare lunghezze di archi di geodetica, ed angoli fra le tangenti alle geodetiche.

Fig. 12. Differenze tra le lunghezze e tra gli azimut di una sezione normale e di una geodetica passanti per due punti.

superficie fisica si possano reputare riferite all'ellissoide, rimane il fatto che in effetti si misurano lunghezze di archi di sezioni normali e angoli fra sezioni normali, tra l'altro non univocamente definite, mentre si dovrebbero misurare lunghezze di archi di geodetica, ed angoli fra le tangenti alle geodetiche. Si considerino allora (fig. 12) due punti sull'ellissoide P e Q, l'arco s' di sezione normale che li congiunge, avente un azimut A, e l'arco s di geodetica, avente un azimut α; a meno di termini dell'ordine di (s/N)2 ovvero assolutamente trascurabili per archi lunghi anche qualche centinaio di chilometri, si può dimostrare, utilizzando le formule di PUISEUX-WEINGARTEN, che

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Assumendo anche s = 1000 km si può allora calcolare che la differenza fra la lunghezza dell'arco di sezione normale e la lunghezza dell'arco di geodetica non supera il centimetro, ovvero 10-8 della distanza considerata; se si tiene presente che nella misura delle distanze si può raggiungere, e limitatamente a qualche decina di chilometri, una precisione relativa di 10-6, si può concludere che è perfettamente giustificato il ritenere che misure di distanze eseguite secondo sezioni normali diano gli stessi risultati di misure eseguite secondo archi di geodetiche. Quanto alla differenza dei due azimut, espressa in radianti, si può dimostrare, ricorrendo ugualmente alle formule di

che, a parità di lunghezza s, tale differenza è massima all'equatore e nulla ai poli, dove evidentemente sezioni normali, geodetiche e meridiani coincidono. Per geodetiche aventi un azimut di π/4 (sen 2α = 1) e per una distanza di 100 km, la differenza è di 0,03'' all'equatore e di 0,01'' alle latitudini medie; la differenza sale a 0,26'' e 0,13'' se si considera una distanza s di 300km. Se si tiene conto che la precisione di misura degli angoli raggiunge al massimo qualche decimo di secondo sessagesimale e che non è possibile, per effetto della curvatura terrestre, effettuare misure fra punti più distanti di 200 km, si può concludere che una misura di azimut anche se effettuata con riferimento ad una sezione normale può sempre considerarsi riferita ad una geodetica. Analoga conclusione si può trarre per la misura degli angoli azimutali dato che per un angolo azimutale, che si può considerare come differenza di due azimut, al massimo si potrebbero avere discrepanze doppie di quelle messe in evidenza. Quanto esposto costituisce la sostanza dei teoremi della Geodesia operativa,ovvero in sintesi

il fatto che qualunque misura di azimut, angolo o distanza eseguita con i mezzi a disposizione dei topografi può ritenersi eseguita con riferimento ad archi di geodetiche sulla superficie di riferimento.

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È utile per chiarezza notare che questa indagine è resa necessaria dal fatto che come superficie di riferimento è conveniente assumere un ellissoide di rotazione; qualora infatti fosse stato possibile assumere una superficie di riferimento sferica i teoremi della Geodesia operativa non sarebbero stati necessari in quanto sulla sfera le sezioni normali e le geodetiche coincidono, e sono entrambe dei cerchi massimi; l'ellissoide terrestre avendo uno schiacciamento molto basso differisce poco da una sfera per cui i Teoremi della Geodesia operativa si giustificano anche intuitivamente.

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ALLEGATO INTEGRATIVO (da Inghilleri – UTET) Risoluzione dì figure geometriche sulla superficie di riferimento. Considerazioni generali. Stabilito che qualsiasi misura di angolo o di distanza si può considerare riferita ad archi di geodetiche ellissoidiche ne deriva che qualsiasi calcolo, tipo la risoluzione di un triangolo, di un quadrilatero o di una qualsiasi figura poligonale, dovrebbe essere eseguito con gli algoritmi propri della trigonometria ellissoidica; la trigonometria ellissoidica è però piuttosto complessa per cui è opportuno esaminare la possibilità di eseguire i calcoli in maniera più semplice, in relazione al fatto che i triangoli, o le figure che in genere si devono risolvere, hanno lati che raramente eccedono i 50 km, ovvero sono piccoli rispetto ai raggi di curvatura dell'ellissoide che sono dell'ordine di 6000 km. Il rapporto s/ρ fra la lunghezza di un arco di geodetica s ed il raggio di curvatura del meridiano ρ, è quindi una quantità inferiore ad uno e non eccede in genere 10-2;questa quantità verrà presa in genere come quantità piccola del primo ordine, e si esprimeranno le approssimazioni delle formule in termini di potenze di tale quantità; sono altresì quantità piccole del 1° ordine i rapporti s/N, s/Rα e cosi via come pure è da considerare tale il valore di e2.A conclusione della breve indagine che segue si vedrà che, se gli archi di geodetica che compongono le figure oggetto del calcolo non eccedono i 100 km, i calcoli eseguiti con gli algoritmi della trigonometria sferica danno risultati praticamente uguali a quelli che si otterrebbero usando la trigonometria ellissoidica; inoltre se le dimensioni non eccedono i 20 -H 30 km, i risultati che si ottengono con la trigonometria piana sono praticamente uguali a quelli che si otterrebbero usando gli algoritmi più raffinati. È però opportuno specificare cosa si intende con « praticamente uguali ». Si vedrà oltre che le misure di angoli e di distanze non possono mai considerarsi esatte, per cui le posizioni di tutti i punti rilevati sono affette da un 'incertezza più o meno alta a seconda degli strumenti e dei metodi usati; ne segue che possono reputarsi praticamente uguali i risultati di due calcoli eseguiti con algoritmi diversi tutte le volte che le differenze sono decisamente inferiori alle incertezze derivanti dalle misure.

5-2. Formule di Puìseux-Weingarten. Si consideri (fig. 13) la terna cartesiana ortogonale P0XYZ, avente il piano XY tangente

all'ellissoide nel punto P0, di coordinate geografiche ϕp, λp, avente cioè l'asse Z diretto secondo la normale all'ellissoide, l'asse Y tangente al meridiano e diretto verso nord e l'asse X diretto verso est (terna Euleriana); sia g una geodetica uscente da P0 secondo l'azimut α, e sia s la lunghezza dell'arco dì geodetica compreso fra l'origine ed un punto generico Q;

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Tema Euleriana.

le formule di puìseux-weingarten, che si derivano dalle note formule di frenet, danno, mediante uno sviluppo in serie, le coordinate cartesiane del punto Q della geodetica in funzione della lun-ghezza dell'arco s; a meno di termini di quarto ordine esse sono:

dove ρ ed N sono i raggi di curvatura del meridiano e la grannormale nel punto P0 e R, il raggio di prima curvatura della geodetica nello stesso punto, che come è noto coincide con il raggio di curvatura della sezione normale avente lo stesso azimut. Poiché per le [22] e [24]

e dalla [21]

si ha con qualche semplice passaggio

per cui arrestando gli sviluppi [32] ai termini di secondo ordine, si ottiene

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5-3. Campo geodetico. Si consideri una sfera di raggio R = (ρN)1/2 tangente all'ellissoide nello stesso punto P0; anche per la sfera

gli sviluppi sono applicabili purché al posto di Ρ ed N si ponga il raggio R della sfera; per un punto posto a distanza s dall'origine sull'arco di cerchio massimo avente l'azimut α si hanno, nella stessa approssimazione delle [33], le coordinate

Le differenze fra le coordinate [33] e [34] risultano pertanto

Calcolando i valori delle due prime differenze per ϕ = 0 ed ρ = 0 o α = π/2 in modo da ottenere i valori massimi, si trova che per s=100 km esse non superano 27 mm e si possono quindi reputare decisamente inferiori alle incertezze di posizione derivanti dalle misure. Si può quindi concludere che i problemi di calcolo riguardanti figure geometriche ellissoidiche comprese nell'intorno di un punto di raggio di almeno 100 km possono essere risolti con gli algoritmi della trigonometria sferica, assumendo come raggio della sfera la media geometrica del raggio minimo e massimo dell'ellissoide nel punto P0, ovvero utilizzando la sfera locale in P0.L'intorno così definito si chiama campo geodetico. Per le quote occorre precisare meglio la questione dato che nel campo geodetico non è trascurabile la differenza fra la curvatura 1/Rαdella sezione normale (uguale alla curvatura della geodetica) e la curvatura 1/(Rρ)1/2 della sfera locale. Dalle [32] a meno di termini in e4 si ha

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per cui

e nella stessa approssimazione

pertanto dall'ultima delle [35]

Questa differenza si annulla ai poli (punti ombelicali dove tutti i raggi di curvatura sono uguali) ed assume i valori massimi, in dipendenza del valore di α, all'equatore; per ϕ = 45° i valori assoluti massimi (in corrispondenza di α = 0° ed α = 90°) della differenza Zs — Z alle varie distanze s sono riportati nella seguente tabella

Si può pertanto constatare che per calcoli relativi a quote di punti, o meglio di dislivelli, in cui sia necessario fare un'assunzione sulla superficie di riferimento, i limiti entro cui si può assumere come superficie di riferimento la sfera locale sono più ristretti; tenuto conto della precisione dei dislivelli ottenuti con la livellazione trigonometrica, la sfera locale può essere assunta come superficie di riferimento nell'intorno di un punto quando la distanza s, fra punti di cui si calcola il dislivello, non eccede i 20 km; quando la distanza eccede tale limite è opportuno usare nelle formule il raggio di curvatura della sezione normale Rα.FINE DELL’ALLEGATO INEGRATIVO

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NOTE BENE: Scostamento tra piano tangente e sfera locale

Campo topografico Per valori di s di qualche decina di chilometri le coordinate planimetriche del punto P si possono calcolare con le

[37] X = s sen α, Y = s cos α

dato che si può ritenere trascurabile l'apporto del secondo termine fra parentesi tonda delle prime due formule [34], come si vede dalla seguente tabella

Non si può però fissare un limite ben definito all'intorno di un punto, chiamato campo topografico, in cui è possibile usare le formule della trigonometria e geometria piana, poiché questo dipende dalla precisione delle misure; si può dire che l'intorno ha un raggio di almeno 15 km se si tiene conto che la precisione di 10-6 (1 millimetro fra punti distanti un chilometro) non può in genere essere superata. Come si è già notato nelle misure o nei calcoli delle quote si deve in generale tener conto della curvatura della superficie di riferimento; infatti lo scostamento fra il piano tangente in un punto P0 dell'ellissoide, sul quale tutti i punti hanno Z=0, ed i punti dell'ellissoide, o per semplicità della sfera locale, che a distanza s da P0 hanno

non può essere trascurato anche per valori di s molto bassi come risulta dalla seguente tabella

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Poiché si possono misurare differenze di quota fra punti distanti 100 m con la precisione di un paio di decimi di millimetro, si può così constatare che anche in un intorno di 100 m può essere necessario tener conto della curvatura della superficie di riferimento; d'altra parte se la precisione delle misure dei dislivelli è dell'ordine di qualche centimetro si può trascurare la curvatura della superficie di riferimento fino a distanze che non superano qualche centinaio di metri.

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Il problema della quota Quota ortometrica e quota ellissoidica Come si è brevemente accennato si impiega ai fini operativi la quota valutata rispetto al geoide. Tale quota, che prende il nome di quota ortometrica, ha in Italia la definizione di zero presso il mareografo di Genova.

Da tale punto la quota viene “trasportata” tramite livellazione lungo tutto il territorio nazionale. Quindi la quota ortometrica o quota sul livello medio del mare (s.l.m.) è legata alla fisicità della terra o meglio al campo di forze della gravità e per questo motivo è il riferimento altimetrico più idoneo per le applicazioni pratiche sul territorio. Se introduciamo anche un concetto di quota rispetto all’ellissoide di riferimento, dove per quota si intende la lunghezza del segmento rettilineo che congiunge un punto sulla superficie fisica terrestre con la sua proiezione sull’ellissoide lungo la normale a tale superficie è evidente che tale valore si potrà scostare anche in modo sensibile dalla quota ortometrica. Lo scarto tra questi due valori prende il nome di ondulazione del geoide. Dunque indichiamo con N, ondulazione del geoide, la differenza tra : N = H - h Dove H è la quota ortometrica e h la quota ellissoidica

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Andamenti dell’ondulazione del geoide negli Stati Uniti d’America

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Trasformazione di coordinate cartesiane in coordinate geografiche Una ulteriore utile trasformazione di coordinate è quella da coordinate cartesiane a geografiche e viceversa per un determinato datum. Note le coordinate geografiche di un punto ϕ e λ, e la quota ellissoidica h, è immediato calcolare le coordinate cartesiane X, Y, Z con le seguenti formule:

( )( )

( )[ ] ϕλϕλϕ

senhe1NZsencoshNYcoscoshNX

2 ⋅+−⋅=⋅⋅+=⋅⋅+=

(15.4-1)

con:

ϕ, λ = latitudine e longitudine ellissoidiche del punto h = quota ellissoidica del punto

ϕ22 sene1aN⋅−

= (gran normale)

a,e2 = parametri dell'ellissoide Per risalire alle coordinate geografiche di un punto note le coordinate cartesiane, è necessario invertire le equazioni (15.4-1). Il problema dell'inversione non è immediato ed il procedimento che in genere viene utilizzato perché preciso e veloce è quello di Bencini che descriviamo di seguito. Noti i parametri ellissoidici a ed e2 si eseguono i seguenti passaggi:

22 YXR += (distanza dell'asse polare)

20 e1RZarctan−⋅

=ϑ (valore di prima approssimazione della latitudine ridotta)

02

02

0022

cose)tan(1aR

tanaRsenee1a

Z

ϑϑϑϑ

ϑδ⋅−+⋅

⋅−⋅+−⋅= (correzione da apportare al valore ϑ0)

ϑ ϑ δ ϑ= +0 (valore corretto di seconda approssimazione della latitudine ridotta)

Il procedimento è iterativo e termina quando il valore di ϑ si stabilizza; la convergenza è in genere rapidissima e già dopo la prima iterazione l'approssimazione raggiunta è sufficiente per la maggior parte della applicazioni. Determinato ϑ si calcolano le coordinate ellissoidiche in questo modo:

N a1 e2

= − ⋅sen2 ϕ (gran normale) (15.4-2)

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XYarctan=λ longitudine (15.4-3)

ϕ ϑ= −arctan tan1 e2

latitudine (15.4-4)

( )21 e1NsenZh −⋅−= ϕ quota ellissoidica (15.4-5)

NOTA: parte del testo è preso da Inghilleri – UTET – Torino