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Organizzare le relazioni ORGANIZZAZIONE AZIENDALE Prof. Armando Urbano - A.A. 2011-2012

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Organizzare le relazioni

ORGANIZZAZIONE AZIENDALE

Prof. Armando Urbano - A.A. 2011-2012

Organizzarsi per processi

Il caso IBM Credit

IBM Credit è la società finanziaria del gruppo IBM

Che si occupa del finanziamento ai clienti per

l’acquisto dei suoi prodotti hardware e software

Fino alla metà degli anni ’80

Il processo di evasione di una richiesta di

finanziamento era strutturato in maniera indistinta

Eccezion fatta per casi particolari legati all’affidabilità

del cliente o all’importo da erogare.

Organizzarsi per processi

Il caso IBM Credit

Il procedimento

Si avvaleva solo in minima parte di procedure

informatizzate

Richiedeva in media 6 giorni

Dal momento in cui il venditore telefonava alla IBM

Credit

Al momento in cui si informava il venditore sulla

decisione di erogare o meno il finanziamento

Organizzarsi per processi

Il caso IBM Credit

Il processo

Richiesta veniva annotata su un foglio di carta

Inoltrata all’ufficio finanziamenti vero e proprio

Informazioni digitalizzate

Verificata la solvibilità del cliente

Tale informazione, annotata su un apposito modulo

Era trasmessa al dipartimento affari

Potere di apportare eventuali modifiche alle condizioni

standard di credito precedentemente stabilite

Organizzarsi per processi

Il caso IBM Credit

Il processo

L’operazione successiva, ovvero la definizione del prezzo

(tasso) del finanziamento

Persona con incarico specifico

A questo punto le informazioni prodotte nelle varie fasi

Erano raccolte e inviate, mediante una lettera, al venditore dal

quale era partita la richiesta

Ma

Il giro di carte connesso all’evasione della pratica in alcuni

casi

“Bloccava” le attività del personale addetto alle vendite

Era spesso causa di mancate vendite.

Organizzarsi per processi

Il caso IBM Credit

Un’indagine interna aveva rivelato che

L’evasione di una richiesta tipo

priva cioè di complicazioni particolari legate alla

solvibilità del cliente

Si traduceva semplicemente nella ricerca di alcuni

dati e il completamento di formulari standard

L’operazione richiedeva in media un tempo non

superiore a due ore (contro i 6 giorni!)

Il caso IBM Credit: cosa si fa?

Cosa si fa

Ripensamento e ridisegno del processo

Eliminazione attività a non valore aggiunto per il

cliente (interno ed esterno)

Cosa significa lavorare per processi

Intervenire alla fonte del fabbisogno di integrazione

Potenziare la struttura organizzativa

Organizzarsi per processi

Per recuperare efficienza, IBM Credit ha provveduto al

ripensamento dell’intero processo operativo,

eliminando tutte le attività che non generano utilità per

il cliente sia interno (venditore) sia esterno (acquirente

di un prodotto IBM). Ciò per rispondere meglio in

termini di efficienza, qualità e servizio e flessibilità.

La teoria organizzativa suggerisce di definire regole e

programmi, per organizzare i flussi informativi tra le

unità coinvolte e gestire il fabbisogno di coordi-

namento. Tale soluzione è efficace (eseguito con

professionalità), ma poco efficiente (in termini di

tempo). Ecco perché si adotta la logica per processi.

Le aziende, pur essendo strutturate per funzioni

verticali, funzionano per processi orizzontali. Il

processo è un insieme di attività che, con input

diversi, produce output di valore per il cliente.

L’efficienza deriva dall’efficienza delle singole

attività, ma soprattutto dal loro coordinamento.

È quindi determinante identificare l’output delle

attività e il cliente per il quale si lavora.

Appare chiara la distinzione tra funzione e processo:

la funzione è composta da attività della stessa

natura, il processo è formato da attività anche di

natura diversa, ma finalizzate al raggiungimento

dello stesso risultato.

La logica per processi concepisce l’organizzazione

in senso orizzontale.

Come passare ai processi

La logica per processi non implica il ripensamento

dei criteri di specializzazione, ma il superamento

della rigida separazione delle attività, intese come

affinità tecniche attraverso:

l’adozione di una logica di cliente interno

(l’ufficio a valle ha esigenze e aspettative che

vanno soddisfatte);

l’individuazione di indicatori di interfaccia

(indicatori di prestazione);

il potenziamento dei flussi informativi

automatizzati (ICT) che diventano parti attive

del cambiamento.

Disegnare i processi

Il presupposto di identificazione dei

processi è l’analisi e la ricostruzione degli

stessi (process mapping) per definire:

modalità di svolgimento delle attività e

interdipendenze;

attribuzione delle responsabilità;

i confini del processo, per stabilire gli

interlocutori a monte a valle e le loro

esigenze, disponibilità e aspettative;

i feedback per il controllo;

L’identificazione dei processi non è

immediata.

Essi si individuano considerando:

l’impatto sulle prestazioni dell’impresa

(diretto se influenza il vantaggio

competitivo o indiretto se agisce sulle

competenze interne),

la possibilità di descrivere, analizzare e

comprendere il processo (strutturabilità

del processo)

Si distinguono:

processi core – costituiti dalle attività

principali dell’impresa (hanno un legame

diretto con i clienti esterni, esempio: la

produzione, la logistica, il commerciale);

processi support – supportano i processi

chiave e hanno clienti interni;

processi business network – coinvolgono

clienti e fornitori;

processi management – attraverso i quali

si pianificano, gestiscono e controllano le

risorse.

Attraverso la mappatura di un processo si cerca di

capire il suo stato attuale e di conseguenza quali

sono i tipi di cambiamento da introdurre, per

migliorare e accrescere la soddisfazione del cliente.

Il cambiamento può essere di due tipi:

cambiamento incrementale (Business Process

Improvement, BPI) – individua i punti di debolezza e

realizza interventi mirati, a correggere le inefficienze,

attuati gradualmente nel tempo; la struttura

organizzativa rimane sostanzialmente la stessa;

cambiamento radicale (Business Process Re-

engineering, BPR) – comporta il passaggio ad una

nuova configurazione organizzativa con il “totale

ripensamento e radicale riprogettazione dei processi

di business”; la responsabilità e l’autorità devono

essere ridistribuite secondo la logica orizzontale,

unendo compiti decisionali e operativi.

Fasi della riprogettazione dei processi

L’intervento di riprogettazione dei processi prevede

Step tra loro complementari:

Definizione del valore delle attività svolte (value)

Identificazione del flusso di valore (value stream)

Scorrimento senza interruzioni del valore (flow)

Assegnazione al cliente del ruolo di “tirare” il

flusso di valore (pull)

Orientamento alla perfezione (perfection)

Outsourcing

Consiste nell’esternalizzare una o più

attività precedentemente realizzate

all’interno dei confini organizzativi.

Perché si fa outsourcing

La pressione competitiva. La crescente

complessità delle attività svolte e l’evoluzione

sempre più rapida dell’ambiente di riferimento sono

le ragioni più rilevanti. Si configura come

un’opportunità dettata da ragioni di convenienza

economica e come risposta alle pressioni

competitive. Proprio queste ultime impongono alle

aziende processi innovativi (che sono processi

rischiosi); l’esternalizzazione consente di

condividere il rischio o anche di trasferirlo.

Recuperare flessibilità ed efficienza. Facendo leva

su risorse non disponibili internamente. Ricorrere

all’outsourcing non è sinonimo di transazioni di

mercato, consiste piuttosto in una forma ibrida tra

mercato e gerarchia, che occupa una posizione

“mobile”, ora più vicina al primo, ora più vicina alla

seconda.

Il caso Barilla-Number 1 costituisce un esempio di

abbattimento dei costi di movimentazione dei

prodotti stimato intorno al 30-40% rispetto alla

gestione diretta.

Accedere a risorse critiche. Quando l’attività è a

maggiore valore aggiunto (come nel caso

movimentazione bagagli di Malpensa), si adottano

forme di coordinamento assistite da meccanismi

gerarchici. Determinante è la possibilità di

accedere a risorse specifiche, a capacità

organizzative e a livelli di eccellenza, non reperibili

o non convenienti da perseguire internamente.

Spin off. E’ un caso particolare di outsourcing e

nasce dal “distacco” di una parte degli impianti e

del personale con la costituzione di un’impresa ex-

novo.

Outsourcing e confini organizzativi

L’outsourcing impone opportuni cambiamenti

nella struttura per controllare e coordinare i

servizi esternalizzati ed evitare il rischio di

perdita di controllo.

Obiettivi delle strategie di outsourcing:

Riduzione dei costi

Ampliamento delle risorse e delle capacità

organizzative

Opportunità di migliorare le performance

economico-finanziarie

Miglioramento della gestione delle risorse

umane

L’outsourcing può privare l’impresa della

possibilità di riprendere a svolgere tale servizio

all’interno; ma ci sono altri rischi:

rapporti potenzialmente conflittuali – rischio dato

dalla difficoltà di stipulare contratti esaustivi, che

può portare a comportamenti opportunistici;

costi di fornitura elevati – il fornitore non sempre

riesce a cogliere le economie di scala che sono

alla base del suo vantaggio competitivo;

elevate barriere all’uscita – legate all’entità degli

investimenti idiosincratici effettuati dalle parti. Negli ultimi anni si è assistito all’esternalizzazione di funzioni

core (destrutturazione funzionale), come nel caso Swatch-

Creative Lab.

Le alleanze

Si tratta di fenomeni complessi,

attraverso i quali due o più aziende,

decidono di collaborare mettendo

insieme risorse e persone per

raggiungere un fine comune.

Alleanze orizzontali, verticali e trasversali

È un fenomeno in forte crescita: oltre il 27%

dal 1987; si ricava che oltre il 20% delle

entrate generate dalle maggiori imprese

statunitensi ed europee deriva da alleanze.

Ma non tutte le alleanze si concludono con

successo (oltre il 50% si rivela un

fallimento).

Le alleanze orizzontali sono accordi tra imprese

che occupano la stessa posizione nella filiera

produttiva; sono quindi concorrenti (attuali o

potenziali). Rappresentano un modo per

conservare o accrescere le proprie capacità

competitive (esempio: le tre grandi alleanze

internazionali del trasporto aereo Star Alliance,

Oneworld, Sky Team).

Le alleanze verticali sono accordi tra

imprese che occupano posizioni diverse

nella filiera produttiva; accordi con fornitori di

materie prime, componenti e semilavorati

(accordi a monte), con le imprese che si

occupano della distribuzione dei prodotti

(accordi a valle). Esempio: Fiat Auto e TNT

Logistics.

Le alleanze trasversali sono accordi tra

imprese operanti in settori diversi le cui

attività non sono riconducibili alla medesima

filiera produttiva. (Fujitsu e Siemens nella

produzione di notebook; Sony ed Ericson

nella produzione di telefoni cellulari).

Modalità per fare le alleanze

In alcuni casi, alla base della relazione c’è

una forte relazione sociale tra le aziende

partner;

i vincoli al rispetto degli obblighi del

rapporto si fondano anche su legami

fiduciari.

Questo tipo di alleanza presenta un elevato

grado di instabilità, ma è particolarmente

adatta in situazioni ambigue e di forte

interdipendenza, di medio-lungo periodo.

All’estremo opposto, l’alleanza può prevedere un

flusso di capitali per la creazione di una nuova

organizzazione indipendente (cooperative equity).

Molte sono le situazioni intermedie; un esempio è

dato dal caso Piaggio-Aprilia (unite da una joint

procurement per l’acquisto congiunto di materiali).

Joint venture: è un accordo in forza della quale

due o più imprese cooperano alla realizzazione di

un bene o un servizio e si distinguono in:

Joint venture operativa: le stesse aziende

beneficiano del risultato finale della cooperazione.

Joint venture strumentale: risultato offerto a un

soggetto terzo.

Perché si stringono alleanze

I fattori che spingono alla collaborazione

vanno ricercati nella necessità di risolvere i

problemi organizzativi riconducibili ai

cambiamenti endogeni ed esogeni

dell’organizzazione. La turbolenza dei

mercati (che riduce la possibilità di fare

previsioni attendibili), il ciclo di vita del

prodotto (sempre più corto), la

globalizzazione (abbinata alla necessità di

mantenere un radicamento locale).

Forme contrattuali a supporto delle alleanze:

Franchising: forma di accordo commerciale tra

una impresa concedente e una o più imprese

concessionarie.

Licensing: accordo che prevede l’autorizzazione

ad utilizzare un brevetto.

Cartello: intesa tra più imprese dello stesso

settore per dominare il mercato.

Consorzio: organizzazione per lo svolgimento di

determinate attività.

Associazione temporanea d’impresa: joint

venture contrattuale e strumentale tra più imprese

per lo svolgimento di una definita attività e solo

per il periodo necessario al suo compimento.

Progettare e gestire le alleanze

È importante definire il ruolo dei partner,

identificando ed evitando i punti critici:

limitare la propensione alla replica organizzativa

non clonata da quella dei parent, ma

caratterizzata da:

identità (propria e separata da quella dei

parent)

autonomia (risorse sufficienti, autonomia

strategica e operativa)

ridondanza (disporre di risorse eccedenti il

fabbisogno operativo, da destinare ai processi

di apprendimento);

individuare i meccanismi di coordinamento

la forma di governo delle transazioni è il

mercato-b; in presenza di interdipendenze

generiche, non sono necessari meccanismi

di coordinamento complessi; al contrario,

se l’alleanza si basa sul know-how

innovativo, si devono affiancare

meccanismi quali il mutuo adattamento.

Dallo scambio alla condivisione: le

forme a rete (distretti industriali e reti)

Il network tra imprese sono una forma ibrida di

organizzazione nel continuum mercato-

gerarchia.

Si tratta di imprese di piccola o media

dimensione che adottano la forma semplice o

quella funzionale, che attivano processi di

collaborazione con altre imprese, mantenendo

la propria autonomia gestionale e strategica, ma

condividendo risorse e competenze

complementari.

Questa soluzione fa leva sul social capital e

sulla fiducia che si genera in certi contesti

territoriali, e presenta le seguenti caratteristiche:

strutture e processi che permettono la

massima flessibilità;

un centro decisionale “vicino” al luogo in cui si

manifesta il problema;

processi alternativi e complementari alla

gerarchia;

possibilità di combinare conoscenze,

informazioni e attività;

utilizzo delle risorse per una pluralità di scopi

diversi.

Nelle reti prevalgono le relazioni di condivisione,

che assumono la forma di convenzioni, articolate

su due livelli.

Nei distretti emerge il ruolo dell’impresa focale che

all’interno del network di relazioni e dalla

possibilità di azione che la posizione le assegna:

può vantare il maggior numero di relazioni;

è un nodo di passaggio focale per ogni altra

impresa;

può raggiungere tutti i nodi in modo semplice e

veloce.

presidia le attività che generano

contemporaneamente il maggior valore aggiunto.

Le altre unità organizzative costituiscono

l’ambiente transazionale (clienti, fornitori,

concorrenti con i quali esistono legami

collaborativi).

La rete non ha confini stabili e chiaramente

definiti; questi dipendono, infatti, dalla capacità

dell’impresa focale di accedere alle risorse

necessarie. Viene definita una forma

“morbida”, capace di sfruttare a fini economici

le relazioni sociali tra gli attori che operano

nelle imprese.

Tra le forme a rete si possono osservare il

Decentramento Produttivo cioè un agente

centrale che controlla le fasi critiche e

regola il ciclo produttivo, il Distretto

Industriale nelle quali gli imprenditori-

lavoratori si coordinano in modo orizzontale

Perché si diffondono le forme a rete

L’incertezza ambientale e la dipendenza

dalle risorse costituisce la prima

motivazione che spinge le imprese ad

entrare in relazione con altre, che

detengono risorse complementari.

Quindi, la dimensione (specie quella

virtuale, cui la singola impresa ha accesso),

che permette di accedere ad economie di

scala. Infine la riduzione dei costi di

transazione.

Organizzare l’innovazione

L’incertezza ambientale e la dipendenza

dalle risorse costituisce la prima

motivazione che spinge le imprese ad

entrare in relazione con altre, che

detengono risorse complementari.

Quindi, la dimensione (specie quella

virtuale, cui la singola impresa ha accesso),

che permette di accedere ad economie di

scala. Infine la riduzione dei costi di

transazione.

Forme adhocratiche e struttura a matrice

La forma gerarchico-funzionale pone

l’enfasi sull’efficienza e sullo sviluppo di

competenze specialistiche ma entra in crisi

di fronte a situazioni di complessità, quando

il tasso di cambiamento è molto elevato e le

direzioni non sono note.

La forma divisionale si concentra sull’output,

gestisce meglio il coordinamento, ma non

incoraggia l’innovazione.

Caratteristiche delle forme adhocratiche

Forma adhocratica, fondata su unità dotate di

competenze specialistiche diverse e ampia

autonomia operativa e decisionale.

Si adotta una plurima dimensione. Manca il

principio di unità di comando e di direzione: gli

organi di secondo livello dipendono

contemporaneamente e in modo stabile da più di

un responsabile. Caratteristica principale è la

capacità di “evoluzione” e adattamento; il

cambiamento può essere così veloce da rendere

inutile l’adattamento dell’organigramma.

L’organizzazione delle attività per gruppi di

lavoro è la condizione normale per il buon

funzionamento delle adhocrazie.

L’autonomia decisionale dei gruppi è

essenziale per due motivi:

l’elevata specializzazione permette di

risolvere i problemi senza ricorrere alla

gerarchia manageriale (potere diffuso),

l’attività operativa e direzionale sono

confuse e il potere spetta a chi ha le

competenze per decidere.

La mancanza di una visione globale e la ridotta

formalizzazione, rischiano di generare

ambiguità e tensioni di ruolo (con aumento

della conflittualità all’interno dei gruppi).

La linea manageriale intermedia si occupa

perciò dei collegamenti e delle negoziazioni,

gestendo varianze e conflitti, per condurli verso

le finalità produttive.

Il successo di un’adhocrazia, deriva dall’unione

degli sforzi di tutti i componenti; le

interdipendenze all’interno del gruppo di lavoro

e tra i diversi gruppi sono reciproche.

Notevole importanza assume la progettazione di

sistemi operativi sofisticati e complessi (sistemi

informativi).

Anche le adhocrazie non sono esenti da

problemi:

ansia legata al rispetto dei tempi di progetto;

incertezza nella definizione del ruolo del capo;

scarsa definizione delle mansioni;

casualità nello sviluppo delle proprie

competenze a causa della natura del progetto;

costi di comunicazione per coordinare i

componenti del gruppo.

L’innovazione aperta

L'idea centrale di questo concetto è che, in

un mondo come quello attuale dove la

conoscenza viene largamente diffusa e

distribuita, le aziende non possono pensare

di basarsi solo sui propri centri ricerca

interni, ma dovrebbero invece comprare o

concedere in licenza le innovazioni (per

esempio con i brevetti) attraverso scambi

con le altre aziende.

Inoltre, le invenzioni sviluppate

internamente ma non utilizzate nel proprio

business dovrebbero essere date all'esterno

(attraverso contratti di licenza, joint

ventures, spin-offs).

Al contrario, il modello closed innovation si

riferisce ad un processo che limita l'utilizzo

della conoscenza interna entro le mura

dell'azienda e non favorisce l'utilizzo della

conoscenza esterna.

Prima della seconda guerra mondiale, il

modello closed innovation era il

paradigma utilizzato nella maggior parte

delle aziende. Le aziende maggiormente

innovative mantenevano un elevato livello

di segretezza sulle loro scoperte e non

cercavano di reperire e/o assimilare

informazioni esterne ai loro laboratori di

ricerca e sviluppo.

Negli ultimi anni però vi è stato un

significativo sviluppo della tecnologia e della

società che ha facilitato moltissimo la

diffusione delle informazioni (in particolare i

sistemi di comunicazione ed internet). Al

giorno d'oggi le informazioni possono essere

trasferite in modo talmente facile che sembra

impossibile bloccarle. In questo contesto il

modello Open Innovation suggerisce che,

piuttosto che bloccare questi flussi di

informazioni, le aziende possono invece

utilizzarli a loro vantaggio.

In quest'ottica, diventa strategico per le aziende

capire quali informazioni esterne portare al

proprio interno e quali informazioni interne

cedere all'esterno.

Nonostante la somiglianza del nome, Open

Innovation ha poco in comune con l'Open

Source, che enfatizza invece lo scambio e non

la vendita o la concessione in licenza delle

innovazioni.

Conclusioni Le forme organizzative tradizionali non sono da

considerare “superate”.

La globalizzazione dei mercati e l’aumento della

competizione, lo sviluppo delle tecnologie della

comunicazione ecc. creano nuove pressioni

organizzative.

Particolare attenzione è rivolta alla flessibilità.

Le forme organizzative che supportano i

processi di innovazione, la flessibilità e le

situazioni di emergenza, tolgono enfasi

all’organizzazione in favore di forme effimere.