Nuova Proposta settembre ottobre 2012

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale anno XXXVIII - n. 9/10 - 2012 Poste Italiane SpA spediz. in abb. post. 70% - C/RM/DBC LOANO (SV) “WELFARE DI COMUNITA’: RUOLO E VALORI DEL TERZO SETTORE” XIV CONGRESSO NAZIONALE UNEBA 25-27 OTTOBRE 2012

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Numero di settembre ottobre 2012 di Nuova Proposta, il periodico di Uneba

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale

anno XXXVIII - n. 9/10 - 2012Poste Italiane SpA

spediz. in abb. post. 70% - C/RM/DBC

LOANO (SV)

“WELFARE DI COMUNITA’: RUOLO E VALORI DEL TERZO SETTORE”

XIV CONGRESSO NAZIONALE UNEBA25-27 OTTOBRE 2012

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3 L’Uneba a congresso

5 VII incontro mondiale delle famiglie

7 Fragilità familiari e politiche di fronteggiamento

10 Bambini e famiglie a rischio poverta’

12 Nella scuola ed oltre

15 Il nostro percorso verso l’adozione

17 Gli istituti giuridici pro-famiglia

19 Norme giuridiche e giurisprudenza

23 Famiglia: un vantaggio anche per le imprese

24 Colpo d’ala

Giovedì , 25 ottobre, ore 15, 30Assemblea dei delegati UNEBA Apertura e saluto del Presidente nazionaleApprovazione del Regolamento congressualeNomina della Presidenza e del Segretario del CongressoNomina delle Commissioni previste dal Regolamento

Relazione:L’at t iv i tà del l ’UNEBA dal XIII Congressodott. Luciano Conforti, Segretario generaledell’UNEBA .

Cena

Venerdì , 26 ottobre, ore 9Relazione: L’UNEBA al lo specchiodott. Fosco Foglietta, presidente s.p.a. CUP2000

Relazioni del le Federazioni regional iDibattito

Pranzo

Venerdì 26 ottobre, ore 15Convegno pubbl ico Introduzione e saluto del Presidente della Federazioneregionale UNEBA-Liguria, dott. Giuseppe GrigoniSaluto delle Autorità civili e religiose

Relazioni:Welfare di comuni tà: ruolo, v alori e prospet t i -v e del terzo set toreProf. Gianpaolo Barbetta, professore associato Univer-sità Cattolica del Sacro Cuore

Welfare di comuni tà e Terzo set tore di fronteal l ’EuropaDott. Giuseppe Guerini, Presidente FedersolidarietàDibattito

Cena

S abato 27 ottobre, ore 9Relazione:Cit tadini e terzo set tore t ra welfare nazionale ewelfare regional iOn. Dott.ssa Lorena Rambaudi, Assessore alle PoliticheSociali, Terzo Settore, Cooperazione allo Sviluppo, Po-litiche Giovanili, Pari OpportunitàRegione LiguriaDibattitoVotazione per l’elezione del Consiglio nazionale e delCollegio dei revisori

Conclusioni:Dott. Maurizio Giordano, Presidente nazionaleUNEBA

Pranzo e partenze

XIV CONGRESSO NAZIONALE

“WELFARE DI COMUNITA’: RUOLO, VALORI E PROSPETTIVE DEL TERZO SETTORE”Hotel e Centro Congressi “Loano2Vil lage” Loano (S av ona).

SOMMARIO

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Maurizio Giordano

Siamo dunque arrivati al XIV Con-gresso: occasione di dibattito, di

approfondimento, di confronto di ideeed esperienze; momento fraterno diincontro tra vecchi amici che vengonoda tutta Italia e opportunità per nuoveamicizie e conoscenze; punto di par-tenza per una vita associativa ed unapresenza sul territorio sempre più vi-vace ed incisiva. Abbiamo alle spalle62 anni di storia che coincidono ingran parte con la storia dell’assistenzain Italia: il volumetto che abbiamopreparato per questa occasione testi-monia di una partecipazioneall’evoluzione dello stato sociale suposizioni sempre all’avanguardia atutela delle persone più fragili ed a di-fesa di quel caposaldo di ogni sistemademocratico che è rappresentato dallalibertà di scelta dell’individuo, cuicorrisponde un ordinamento sussidia-rio sia nel senso istituzionale, con iComuni al centro dei servizi, che so-ciale, con i corpi intermedi autonoma-mente attori nella prestazione di servi-zi ed interventi alla persona.Non a caso l’originario ispiratore dellanostra formula associativa, S.S. PaoloVI, ricevendo nel 1964 il Consiglio na-zionale, ebbe a definire l’UNEBA “ma-gnifica testimonianza storica e presentedella carità privata” e S.S. GiovanniPaolo II, nell’udienza privata concessaai partecipanti all’VIII Congresso na-zionale (1979), affermò: “Voi cosìoperando, non solo incrementate, sulpiano civile, un più vasto pluralismo diquelle libere istituzioni checostituiscono il tessuto connettivo diuna società veramente democratica,nella quale si realizza la responsabile

partecipazione dei cittadini in ordine alconseguimento del bene comune, manello stesso tempo voi favorite i dirittipropri dell’uomo e delle sue libertà, e,segnatamente della libertà religiosa,che nel nostro tempo assume unparticolare valore e significato, inquanto qualifica lo stesso ordinamentopolitico di una società”.Sono parole, ancora attuali, che dovre-mo tenere presenti a Loano perché co-stituiscono il succo della ragione del no-stro essere: sì, una associazione di cate-goria che rappresenta, assiste, tutela lelibere istituzioni associate, stipula icontratti collettivi di lavoro, intervienesul piano legislativo e programmatorio,approfondisce i temi gestionali ed orga-nizzativi, ma solo se ed in quanto fun-zionali “al miglioramento morale, ma-teriale e sociale delle persone e delle fa-miglie che si trovano in situazioni didifficoltà in relazione ad un loro stato fi-sico, psichico, sociale, economico al fi-ne di una loro responsabile ed integralepartecipazione alla società” (art. 3 delloStatuto). Una associazione, cioè, in cuiessenziale è il momento motivazionaleed il senso del bene comune.Si comprende allora meglio il senso e loscopo del tema conduttore del Congres-so, “Welfare di comunità: ruolo, valorie prospettive del terzo settore”, el’articolazione delle relazioni che mira-no a dare una lettura delle prospettivecui tende lo stato sociale, chiamato aduna svolta fondamentale dopo la fase direalizzazione di un sistema compiuto disicurezza sociale basato sui concettidella universalità, della generalità, dellapubblicità, della gratuità che ha caratte-rizzato la seconda metà del Novecento.

L’UNEBA A CONGRESSO

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quanto possibile, documentata delletendenze generali e particolari alle isti-tuzioni ed alle persone impegnate nelsettore per consentire loro consapevolie meditate scelte.Un altro forte impegno del Congresso èquello dell’autoanalisi: in ogni Con-gresso si è parlato di questioni organiz-zative, di servizi da offrire ai soci, dipartecipazione, di coordinamento. Perla prima volta nella nostra lunga storiadedicheremo una intera sessione allalettura e discussione delle schede cheabbiamo inviato a tutti i soci perché di-cessero la loro sull’UNEBA, sulle loroattese, sulle loro esigenze, perché des-sero un apporto critico e di suggerimen-ti all’Associazione. La lettura della no-stra realtà e delle nostre prospettive saràaffidata da un lato alle stesse Federazio-ni regionali, dall’altro ad un espertoesterno non condizionato da apparte-nenze o legato a ricordi personali, chespesso tolgono lucidità.Nel commentare i risultati del Congres-so di Castellammare di Stabia del 1974in cui l’UNEBA adottò, in anticipo suitempi, l’attuale forma organizzativafortemente regionalizzata, l’editorialedella nostra Rivista titolava “Incipit vitanova”. Ebbene, a quasi 40 anni di di-stanza la sfida del rinnovamento si ri-presenta e ci coinvolge tutti.

Un complesso di cause sta alla base diquesta svolta: il venir meno dello svi-luppo continuo che alimentava le entra-te pubbliche, la burocratizzazione, i co-sti crescenti, i fattori demografici,l’internazionalizzazione dei fattori pro-duttivi e del mercato del lavoro, i movi-menti migratori… Agli slogan “dallaculla alla bara” e “tutto a tutti” si sta so-stituendo l’ossimoro dell’ ”universali-smo selettivo”: ma cosa vuol dire inconcreto questo passaggio? e chi lo pa-gherà? vogliamo evitare che siano, co-me al solito, i più poveri? accettiamouna declinazione della sussidiarietà ba-sata sulle convenienze finanziarie diuno Stato fortemente indebitato e di Re-gioni e Comuni senza risorse? ci sononuove ed efficaci forme di comparteci-pazione? quale spazio riconoscere aquel quarto settore individuato nellaenciclica “Caritas in veritate” nei rap-porti con il non profit e nella program-mazione locale?Questo è l’impegnativo tema del XIVCongresso e lo approfondiremo su trelivelli: quello nazionale di prospettivedi sistema; quello del ruolo delle Re-gioni e della autonomie locali; quellodella prospettiva europea destinata adinfluire sempre più sulle legislazioni eprassi nazionali. Il nostro desiderio èquello di offrire un’idea ragionata e, per

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di Pao l a Spri ng hetti

Per gli italiani, molto più che per gli altri eu-ropei, la famiglia resta un punto di riferi-

mento indispensabile nella ricerca della feli-cità, ma anche nei momenti difficili della vita enelle crisi economiche. L’80% degli italiani, adesempio, ritiene che per essere felici sia neces-sario avere una relazione duratura; in Olandaquesta convinzione è condivisasolo dal 30% dei cittadini. E se sichiede ai nostri connazionaliquali sono i loro valori di riferi-mento, rispondono che al primoposto c’è la famiglia (65%), chestacca notevolmente gli altri va-lori: il gusto per la qualità dellavita (25%), la tradizione religio-sa (21%), l’amore per il bello(20%) (Censis 2006). Anche leindagini sui giovani confermano questa fiducianell’istituzione familiare.Questo non significa che non si vedano eviden-ti segni di fragilità all’interno della realtà fami-liare italiana. Il numero dei matrimoni, ad esem-pio, cala mediamente del 6% l’anno (nel 2010sono stati 217mila). Il numero delle separazio-ni si aggira attorno al 26%: resta più basso diquello degli altri paesi occidentali, ma questa èuna magra consolazione. Aumenta invece il nu-mero dei bambini nati al di fuori del matrimonio(quasi il 22% del totale dei nati nel 2009), anchese il tasso di natalità resta tra i più bassi al mon-do. Il numero medio dei figli per donna è di 1,4,anche se le donne dicono di desiderarne media-mente due (Istat).Ed è proprio quest’ultimo dato che ci apre unospiraglio sui motivi della debolezza della fami-glia oggi. Sposarsi non è un obbligo: è una li-bera scelta, tanto per gli uomini che per le don-ne. Lo stesso vale per i figli, la cui nascita è, ingenere, accuratamente pianificata. Ma se ledonne dicono di desiderare due figli, perché poine fanno solo uno?Il fatto è che un figlio, per le giovani coppie,non è un’opportunità, ma un rischio. Bastaguardare i dati sulla povertà in Italia che, perquesto aspetto, cambiano poco di anno in anno:l’incidenza di povertà relativa sale dall’11% al

12% tra i nuclei con un figlio, ma sale molto dipiù con la nascita del secondo e arriva al 30%per i nuclei con tre figli. Secondo il Cisf mante-nere un figlio costa oggi quasi 650 euro al mesee non ci può contare sull’esistenza di servizi nédi politiche di sostegno. E non bisogna dimen-ticare che la spesa italiana per la famiglia am-

monta al 4,1% del Pil, quella media nell’Unioneall’8%.Insomma, se è vero che le famiglie sono il mi-glior ammortizzatore sociale del Paese, è veroanche che c’è un problema economico che im-pedisce loro di espandersi e di realizzarsi. Dauna parte le solidarietà familiari permettono diaffrontare la crisi economica, di sopportare ladisoccupazione crescente, di permettere allegiovani coppie di trovare soluzioni abitativenonostante i prezzi delle case… Dall’altra que-sta solidarietà mostra sempre più di essere unacoperta troppo corta, o per lo meno non basta adare alle coppie la sicurezza necessaria per deci-dere di affrontare la seconda o la terza maternità,a volte neanche la prima. Strettamente collegato a questo problema èquello dell’occupazione femminile. I paesi incui le donne lavorano in alta percentuale, hannoun tasso di natalità maggiore del nostro e mag-gior sviluppo economico. Il tasso di occupa-zione femminile in Italia si aggira attorno46,6% (ma scende paurosamente al Sud per sali-re di molto al Nord). Quello medio nell’UnioneEuropea è del 58,6%, e l’Agenda di Lisbona ave-va posto quello del 60% come obiettivo da rag-giungere nel 2010.Per le nuove generazioni il lavoro è poco, pre-cario e sottopagato. In esse, le donne hanno

VII INCONTRO MONDIALEDELLE FAMIGLIE

Il VII incontro mondiale delle famiglie, che si è svolto recentemente a Milano, ha ricordato a tutto il paese quanto quella familiare sia una realtà ancora vitale,amata e cercata, oltre che indispensabile.

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Il fatto è che si sta imponendo un modello di su-perwoman (e di supercoppia), che erode i dirittidelle donne (in barba alle leggi che tutelano lamaternità) e quello che in questi anni è statoconquistato in termini di tutela loro, dei figli edella famiglia.Eppure, dicevamo, gli italiani continuano a cre-derci. Ma questa loro fiducia va sostenuta con unampio lavoro sul piano culturale, per ricordareche se una cosa ha un valore, va protetta, difesa,valorizzata. Nella messa conclusiva dell’incontro di Mila-no, il Papa ha parlato del lavoro e della festa,che peraltro erano il tema dell’evento. «Armo-nizzare i tempi del lavoro e le esigenze della fa-miglia, la professione e la maternità, il lavoro ela festa, è importante per costruire società dalvolto umano», ha detto Benedetto XVI. In que-sti tempi in cui si discute di riforme del lavoro,questo richiamo del Papa ricorda che la produtti-vità non è l’unico valore-guida di una societàche si vuole sviluppata anche sul piano umano esociale. Ribadendo che la domenica è il giornodel Signore (e, in termini laici, del risposo e so-prattutto della socializzazione), Benedetto XVIha aggiunto che «nelle moderne teorie econo-miche, prevale spesso una concezione utilitari-stica del lavoro, della produzione e del merca-to». Ma «Il progetto di Dio e la stessa esperien-za mostrano, però, che non è la logica unilatera-le dell’utile proprio e del massimo profitto quel-la che può concorrere ad uno sviluppo armoni-co, al bene della famiglia e ad edificare una so-cietà più giusta, perché porta con sé concorren-za esasperata, forti disuguaglianze, degradodell’ambiente, corsa ai consumi, disagio nellefamiglie». Questo è il lavoro culturale da fare, se si vuolesostenere la famiglia: individuare un modello disviluppo che lasci spazio all’essere oltre cheall’avere, che tenga conto del fatto che il lavoroè un diritto, e che i salari devono garantire unaqualità di vita dignitosa, che riconosca alla fa-miglia la centralità che, di fatto, ha già nella so-cietà.Dal lavoro culturale discende quello politico,che riguarda le politiche del lavoro (conciliabi-lità tra orari di lavoro e tempi di cura, lotta alprecariato, eccetera), di welfare, socio-sanita-rie. E dal lavoro culturale discendono anchequello sociale - per ascoltare i bisogni delle fa-miglie, in particolare quelle fragili, e fare soli-darietà - e quello sugli stili di vita: è in questoambito che si trovano le esperienze più profeti-che e concrete nello stesso tempo, che possoaiutare a costruire nuovi modelli familiari: pen-so alle comunità di famiglie, ai condomini soli-dali, ai gruppi di acquisto, all’attivismo fami-liare.

maggiori difficoltà ad accedere al mercato, emaggiori difficoltà a restarci: il 6% delle donneviene licenziato quando rimane incinta (Istat2003), un altro 14% lascia dopo il primo fi-glio. Non sarebbe un dramma, se fosse una libe-ra scelta, ma così non è: solo il 31% delle donneche non lavorano lo ha scelto (Isfol 2007). Delresto, anche per quelle che ce l’hanno fatta, adentrare nel mondo del lavoro, la vita è dura: piùprecariato dei colleghi maschi, paghe più bas-se, meno carriera. Tutti elementi che spingonospesso a lasciare il posto, vista la mancanza diasili e di servizi in generale: tra asilo e baby sit-ter, la coppia spende di più di quanto la donnaguadagni.Così le famiglie si trovano spesso a farsi cariconon solo dei propri membri più deboli (disabi-li, malati, dipendenti) o in difficoltà (disoccu-pati), ma anche degli anziani. E le coppie (di-ciamolo, soprattutto le donne), si trovanoschiacciate dall’effetto panino: sotto i bambi-ni, sopra gli anziani, in mezzo loro, schiaccia-te, costrette a prendersi cura di tutti.E non aiutano le madri né i padri di famiglia inuovi modelli “vincenti” proposti dai media,ma anche della politica. Due esempi clamorosiper capire: le immagini della modella GiseleBündchen a quattro mesi dal parto - ventre piat-to come un ferro da stiro, neanche un’ombra diocchiaie - imperversavano su tutti i giornali. Il“Venerdì” di “Repubblica” le ha messe in unarubrica intitolata “Dolce vita”. Il titolo era:“Lei ha partorito quattro mesi fa /le altre mam-me invece sgobbano”. E passi per il mondo do-rato dei vip. Ma è sulla stessa lineal’affermazione: “Fate come me, tornate al lavo-ro subito. Perché stare a casa dopo il parto è unprivilegio”, fatta da una donna-ministro (MariaStella Gelmini) in un’intervista a “Io donna”.In effetti, lei era tornata al lavoro pochi giornidopo il parto, portandosi il figlio al Ministero,in locali adeguati e, soprattutto, con personaleinteramente dedito all’illustre bebè. Evidente-mente, rilasciando quell’intervista, aveva di-menticato di essere una privilegiata.

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di Renato Frisanco (*)

E’stato recentemente pubblicato il Rap-porto biennale sulla condizione della

famiglia in Italia, realizzato nell’ambitodell’Osservatorio nazionale sulla famiglia.Con un titolo (“Sfide sociali e innovazioninei servizi”)1 emblematico di un orienta-mento che cerca di leggere la realtà e le esi-genze della famiglia in Italia in connessionecon i processi sociali e demografici del nos-tro tempo.Dal Rapporto emerge chiara-mente come la famiglia stiacambiando non meno della realtàsociale di cui è cellula impres-cindibile per lo svolgimento difunzioni sociali che sono media-zioni tra l’individuo e la società.Faticano invece a cambiare lepolitiche sociali, piuttosto in-gessate, incapaci di comprenderela “morfogenesi della famiglia”,nella varietà delle sue forme, nontutte fisiologiche, alcune anche“patologiche”, come sostieneDonati nel capitolo introdutti-vo. Si constata in realtà il falli-mento di politiche sociali di sos-tegno attivo della famiglia ita-liana, nonostante il suo tenden-ziale indebolirsi e la sua fram-mentazione che producono nonpochi problemi e disagi. L’Italiasi caratterizza in Europa per alcu-ni aspetti socio-demografici cheimpattano negativamente sullafamiglia: bassa natal i tà, for-te invecchiamento del lapopolazione, di lazione delmatrimonio e dei tempi de-

l la procreazione, maggiore presenzadi figl i adulti nel la famigl ia di origi -ne. Se si aggiunge la crisi economico-occu-pazionale del nostro tempo vi è il rischio chela famiglia si chiuda in se stessa. Le famiglie più vulnerabi l i sono quellecon più figli (“in questo paese sono i figli cherendono povere le famiglie”) o con un genito-re solo con figli minori (quasi sempre la ma-dre), o costituita da un anziano solo o di per-

FRAGILITA’ FAMILIARIE POLITICHEDI FRONTEGGIAMENTO

Foto da “Cronache e Opinioni maggio 2012. Ceramica di Vania Sartori.

1 (a cura di) Donati P., La Famiglia inItalia. Sfide sociali e innovazioni neiservizi, Osservatorio nazionale sullafamiglia, Volumi I e II, Roma, Ca-rocci Editore, 2012.

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affettive primarie tra le persone ma che essepossono revocare in ogni momento. Le for-me più stabi l i e impegnative di fami-gl ie “sono considerate un’eccezione ecomunque fuori del la traiettoriadell’evoluzione”. In realtà, secondo Donati,“la pluralizzazione delle forme familiari por-ta con sè nuove carenze, che consistono nelfatto di vivere in una condizione familiarepovera di risorse relazionali” che “sono anco-ra più decisive delle risorse materiali agli ef-fetti del benessere delle persone e della coe-sione sociale”. Il rapporto mette proprio a te-ma l e nuove povertà fami l iari comedefici t relazional i che determinanonuove patologie infanti l i , adolescen-zial i , giovani l i , ma anche di adul ti edi anziani . Si possono menzionare anchefenomeni diffusi di conflittualità familiare,con l’epicentro nella violenza subita e assis-tita dentro le pareti domestiche, e il crescentenumero di separazioni litigiose, con figlicontesi e gravi molestie di un coniugesull’altro (stolking).

POLITICHE SOCIALI BLOCCATESul piano delle politiche sociali per la fami-glia mancano orientamenti unitari o di indi-rizzo a livello dell’Unione Europea così comesono deboli in ciascun Paese membro, datoche prevale l’idea che “le problematiche fami-liari debbano essere affrontate al livello terri-toriale più basso possibile”. D’altra parte, èassente a livello europeo una definizione con-divisa di cosa debba intendersi per famiglia, equali siano le politiche sociali in grado di sos-tenere la cellula primaria della società che, co-me tale, svolge specifiche funzioni sociali enon può essere solo al servizio di persone chefanno le loro scelte private.D’altra parte le politiche familiari a livellonazionale appaiono bloccate, incapaci dicomprendere e intervenire sulle tendenze so-cio-demografiche e di sostenere le funzioni dicura di anziani, di sostegno ai compiti genito-riali nonché di mediazione familiare in caso diconflitto. Invertire tale tendenza significa soprattuttoattivare politiche sociali che recuperino ilprotagonismo delle famiglie, le rendano com-petenti a svolgere le loro funzioni essenzialifino ad essere agenti di welfare esse stesse.Occorre tener conto anzitutto che il benesserefamiliare non è statico ma dinamico come lefasi del ciclo di vita delle famiglie con le rela-tive “transizioni”, ovvero momenti critici dipassaggio della vita familiare (nascita di nuo-vi membri o loro uscita per morte, o rottura

sone immigrate ma non ancora integrate nelcontesto nazionale.Per le restanti famiglie le cose non vannomeglio, soprattutto in questo periodo di cri-si, in quanto sono chiamate a supplire allecarenze del pubblico svolgendo una funzionereale di “ammortizzatore sociale” per le per-sone più deboli, funzione vicaria e semprepiù minacciata nel prossimo futuro dalle ten-denze all’invecchiamento e alla frammenta-zione della famiglia.

CARENZA DI PROGETTIOltre all’incidenza sulla famiglia dei datistrutturali, assistiamo nel nostro Paeseall’affermarsi di una concezione minima-le del la famigl ia, considerata un conteni-tore di istanze individuali sganciate da pro-getti di lungo termine e da funzioni socialivincolanti. Essa figura come un aggregato diindividui o come semplice gruppo primariopiuttosto che una istituzione sociale. Fino aconcepire la scelta procreativa come segno direalizzazione individuale piuttosto che comeemblema della responsabilità della coppiagenitoriale. Si parla pertanto di una “plura-lizzazione delle forme familiari” dove trova-no collocazione o rifugio tutte le relazioni

Foto da “Cronache e Opinioni maggio 2012. Ceramica di Vania Sartori.

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del nucleo familiare o costituzione di nuovonucleo, non autosufficienza...). Tali transi-zioni sono oggi meno ritualizzate e lineariche in passato, se non più complesse (vi è an-che chi perde il lavoro a 50 anni, chi è disoc-cupato a 30 anni). Questo fa sì che si determi-ni un “intreccio generazionale complesso”per la sussistenza contemporanea di più tran-sizioni con l’esigenza della famiglia di inves-tire molte energie per trovare soluzione allediverse problematiche concomitanti, e alleprese con servizi che operano per lo più inmodo standardizzato piuttosto che personaliz-zato e flessibile. E’ evidente che quanto piùl’offerta di soluzioni è ampia e diversificatatanto più è in grado di venire incontro alle esi-genze della specifica famiglia. Ad esempio,se ad una famiglia può risultare più utile uncongedo parentale ad un’altra può essere piùopportuno accordarsi con altre famiglie peraprire un nido famiglia. Ciò va di pari passocon la promozione di un ruolo attivo della fa-miglia, valorizzando le capacità di soddisfare isuoi bisogni senza sostituirsi ad essa, e met-tendola in contatto con altre famiglie con cuiessa possa condividere competenze e risorse.

DUE BUONE PRATICHERiguardo a quest’ultima soluzione, oltre alpiù classico esempio dell’auto-mutuo aiuto,si palesano altre innovazioni operative comele due “buone pratiche” segnalate dal rapportoe realizzate l’una a Varese e l’altra a Torino.La prima consiste nella traduzione italiana delMultifamily Approach in cui un ristrettogruppo di famiglie multiproblematiche (cin-que per un totale di 16 persone, nel caso vare-sino) si frequentano per alcune giornate - sot-to la guida di operatori che ne facilitano le di-namiche - in una dimensione di reciprocità,riscoprendo le proprie competenze e aiutando-si nell’organizzazione e gestione della giorna-ta e nel fronteggiare le difficoltà che emergo-no nella quotidianità della relazione genitori-figli. Il secondo caso è quello dell’affido diuna famiglia che viene presa in carico (non in-serita fisicamente) da un’altra famiglia facen-do leva sul fatto che le relazioni familiari so-no terapeutiche per l’intera famiglia fragile(può essere una famiglia monogenitoriale, ostraniera o con minori disabili) che viene affi-data a un altro nucleo.Aiutare le famiglie ad aiutarsi e favorire ilmettersi in rete con le altre famiglie richiamail tema della partecipazione dei soggetti delprivato sociale e, in particolare delle associa-zioni di famiglie alla progettazione e realizza-zione dei servizi - mettendo al centro la rela-

zione familiare e i suoi bisogni del tutto spe-cifici - in coerenza con il noto principio disussidiarietà.

RELAZIONI E SERVIZI ALLA PERSONAL’affermarsi del paradigma relazionalenell’ambito dei servizi alla persona ha tre ele-menti di valore:- mutua il coinvolgimento di chi riceve

l’intervento e del suo stesso contesto rela-zionale, in primis della famiglia, per cui lapresa in carico è sì del soggetto ma con larete di relazioni in cui è inserito e che ha insè potenzialità e risorse per rispondere aibisogni;

- considera “problema sociale” del soggettoquello che si determina quando viene menola capacità di azione della rete di relazioni acui il soggetto appartiene;

- si basa sulla connessione di tutte le risorsee i soggetti attivabili per dare risposte ade-guate e coerenti.

Rispetto a quest’ultima valenza una recenteindagine sulle donne sole con figli minori rea-lizzata in Toscana (LABOS 2012) fa emerge-re la figura di una donna in difficoltà materia-le, che mostra, inizialmente, di accostarsi aiservizi sociali e al volontariato per avere sus-sidi economici, pagare le bollette, l’affitto,fare la spesa o per soddisfare le esigenze di ba-se dei propri figli. Tuttavia dietro l’aiuto eco-nomico vi è l’esigenza, ben palesata dalle in-terviste, di “avere qualcuno accanto...”.“Qualcuno” che consenta alla donna non solodi avere un aiuto nella cura dei figli, ma anchedi avere un supporto morale e psicologico ingrado di ridurre l’ansia e le frustrazioni deri-vanti dai problemi della vita quotidiana. Ladonna povera è, prevalentemente una donnache si sente “sola”, ma tenta di reagire a questacondizione cercando di costruire relazioni sta-bili di amicizia e di affetto con il supporto diquella “rete” relazionale, unitamente alla fun-zione di “maternage” dei servizi sociali.L’indagine rivela che è l’effetto costruttivodella rete l’elemento fondamentale per la rius-cita dei percorsi di re-inserimento sociale de-lle famiglie composte da donne sole con figli. Questo approccio relazionale-sistemico facrescere la rete di relazioni tra i soggetti, la fi-ducia che circola in tali reti, la reciprocità de-lle relazioni e l’orientamento cooperativo, ri-generando così il “capitale sociale”, necessa-rio perché una famiglia e una comunità stianoinsieme e abbiano “benessere”.

(*) Fondazione Roma – Terzo settore

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proponente il Ministro Andrea Riccardi, ilPiano nazionale per la famiglia (comprendearee di intereventi urgenti per famiglie conminori, con disabili e con disagi nelle rela-zioni genitori-figli). Nella premessa delprovvedimento si ricorda che il testo è statoelaborato e approvato il 23 giugno 2011dall’Osservatorio nazionale sulla famiglia,con riferimento alla Conferenza di Milanodel novembre 2010. Si considerino le date:sono quasi due anni che si discute su fami-glia e minori. Nel frattempo le risorse delloStato e delle Regioni sono passate sotto lascure dei tagli. E poi francamente i tempidelle istituzioni pubbliche non sono quellidei bisogni delle famiglie, sempre in mag-giori difficoltà economiche per licenzia-menti e mancanza di lavoro.

Che sia una situazione per lo meno preoc-cupante lo rileva anche la ricerca del mag-gio scorso di “Save the Children” con ildossier “Il Paese di Pollicino”. I dati sonosconfortanti. Infatti in Italia un bimbo su 4

di Gi ovanni S antone

Tanto per memoria.Con Decreto del

Presidente della Re-pubblica del 21 gennaio2011 e con i sacri crismidelle firme del Governoin carica veniva reso ope-rante il Piano NazionaleInfanzia, pubblicato suc-cessivamente nella GazzettaUfficiale del 9-5-2011.

Gli obiettivi erano di grande re-spiro e le relative azioni ab-bracciavano tutto il campo deidiritti dei minori, senza di-stinzioni. Anche le propo-ste di riforma degli organidella giustizia relativa aiminori e quelle control’abuso e per la tutela dei disa-bili non potevano che essere con-divisibili. Nel piano si indicaval’opportunità di istituire il Garante Nazio-nale per l’infanzia e l’adolescenza.Ho parlato al passato per il semplice moti-vo che, salvo il Garante per l’infanzia,molto poco si è realizzato di quanto enun-ciato nel Piano. Non è una novità.Come è mia abitudine vado a vederel’ultimo punto del provvedimento: le ri-sorse. Ed ecco la sorpresa. Infatti si precisache le azioni… da attuarsi nell’ambito del-la legislazione vigente risultano finanzia-bili nei limiti degli stanziamenti previ-sti… Gli impegni finanziari, si aggiunge,hanno carattere meramente programmati-co, in quanto la sede nella quale sarannoponderate le diverse esigenze del settore è ladecisione di finanza pubblica (DPF).

Ho citato questa modalità di lettura di unprovvedimento: prospettare condivisibiliobiettivi e strategie, ma senza risorse certeè una presa in giro.Facciamo un salto nel tempo di un anno emezzo. Precisamente il 7 giugno 2012 vie-ne approvato dal Consiglio dei Ministri,

BAMBINI E FAMIGLIEA RISCHIO POVERTÀ

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è a rischio povertà (1 su 3 se vive con la so-la madre). Risulta, inoltre, che il nostroPaese è ai primi posti nella classifica dellefamiglie, specie giovani, con bambini chesoffrono di disagio economico, tale da nonconsentire un armonico e pieno sviluppodella persona del minore. Nonostante tuttele proclamazioni da parte dello Stato cen-trale, come delle regioni e degli enti locali,sulla attenzione ad una politica per la fami-glia, i relativi finanziamenti in Italia nonsuperano l’1,3% del Pil, a fronte del 2,2%della media europea. Il sostegno ad azioniche pongono al centro i bambini, non tro-va riscontro – come si può constatare - nel-la disponibilità di risorse e nei servizi ade-guati.In cifre, a rischio povertà sono due milio-ni di minori, le cui famiglie hanno un red-dito tale da non poter assicurare tutti i ser-vizi dei quali i figli hanno bisogno. Sepoi si considera la povertà assoluta (vale adire mancanza del necessario per vivere)risulta che a soffrirne sono oltre 600 milabambini.Sempre sull’argomento è interessante la re-lazione al Parlamento dell’aprile scorso delGarante nazionale per l’infanzia VincenzoSpadafora. Egli rivolge un appello accoratoalle istituzioni, ma anche a tutti noi, affin-chè vengano poste in primo piano le politi-che per l’infanzia, sulla base di quanto im-pone l’art. 31 della nostra Costituzione e laconvenzione ONU del 1989 ratificatadall’Italia nel 1991. E’ da condividere quan-to dice il Garante, quando afferma che la tra-

scuratezza di oggi potrebbe giocare conse-guenze disastrose. L’alibi del “non ci sonosoldi”, per tagliare risorse e servizi a favoredell’infanzia, potrebbe riservare amare sor-prese per il nostro futuro, che sono i bam-bini di oggi.

Per concludere, non basta sollevare ognitanto il problema della povertà delle fami-glie e delle conseguenze sui bambini, maoccorre tener viva l’attenzione con tutti imezzi, come la stampa e gli altri strumentidi comunicazione.In tempi di vacche magre è immorale che itagli colpiscano il bene del nostro futuro,come sono i bambini, senza minimamentescalfire privilegi e finanziamenti, comequello dei partiti, con gli scandali che cono-sciamo.Un’ altra fonte di possibile risparmio èquella di riportare la gestione di tutti i ser-vizi sociali all’ente locale, che ha la capa-cità di meglio rispondere ai bisogni delle fa-miglie con servizi tempestivi e flessibili.In questo non c’è nulla da scoprire. E’ il co-mune singolo o nelle forme associate, co-me previsto da normativa che risale agli an-ni 70 del secolo scorso (ricordo il DPR 616del 1977) e la successiva legge-quadro328/2000. Invece la realtà è ben altra. Sta-to, regioni, province, aziende dei servizisociali e sanitarie (in alcune realtà) o addi-rittura, a volte, le comunità montane svol-gono tuttora funzioni di gestione, con gran-de spreco di risorse organizzative, tempilunghi e sovrapposizioni di interventi.

“...E FIGLIE SO’ FIGLIE E SO’ TUTT’EGUALE”

Nel lontano 1946 Eduardo de Filippo scrisse la nota commedia FilumenaMarturano. La protagonista conclude con la celebre frase “i figli sono figli

e devono essere tutti eguali”. Così metteva a tacere la curiosità dei maschi con iquali aveva avuto le sue avventure amorose.E oggi cosa succede? In Italia le situazioni di bambini con meno diritti, meno tutele, oconosciuti come diversi, si sono moltiplicate. Solo un cenno su differenti situazioni:- ci sono figli legittimi e figli non ritenuti tali;- esistono situazioni meno tutelate, come quelle dei figli di coppie non sposate;- i figli adottivi non hanno il riconoscimento di parentela collaterale;- i figli degli immigrati non hanno diritto alla cittadinanza italiana.E si potrebbe continuare nell’elenco delle discriminazioni.Ci si chiede: cosa aspetta il Parlamento ad approvare una legge di un solo articolo, giàscritto da Filumena Marturano: i figli sono tutti eguali?

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neo Senza Handicap onlus.La stessa classificazione internazionale delfunzionamento e delle disabilità propostodall’Organizzazione Mondiale della Sanitànel 2000 (ICF), ha ribadito che un interventosull’ambiente, basato sul modello bio-psico-sociale e non solo sulle singole persone e sul-le proprie storie cliniche, rende possibile lapartecipazione a dispetto di menomazioni eproblemi che ogni persona presenta. Unamentalità che ormai si sta facendo strada den-tro e fuori la scuola, dentro e fuori la famiglia(Cfr. l’introduzione di Matilde Leonardi inICF, Trento, Edizioni Erickson 2000).

I PARADOSSI DELLA DISABILITA’Il Congresso di Madrid I paradossi della disa-bilità. Autonomia Capacità Dipendenza hadato a tale proposito uno spaccato su storie di“inclusione” molto differenti e variegate.L’Italia ormai vanta un’esperienza di 30 annidi “integrazione scolastica”. Questo a partiredalla prima legge datata 1971, fino ad arrivarealla Legge Quadro 104 del 1992, anche se for-se sarebbe il caso di iniziare a parlare di “in-clusione” degli alunni con disabilità nellascuola ordinaria. In ogni caso, oggi il lavoropiù proficuo è quello di determinare ambientiaccoglienti, anche se i contesti cambiano daun Paese all’altro.

Ci appare quindi utile fare accenno ad alcuniaspetti di ricerca e di sperimentazione che pro-vengono dal nostro contesto italiano. Il pri-mo riferimento è quello del Dipartimento diPsicologia Dinamica, Clinica e dello Svilup-po della Facoltà di Psicologia 1,dell’Università di Roma “Sapienza”, il cui in-tervento integrale fatto a Madrid verrà pubbli-cato prossimamente negli Atti del Congres-so.1

La ricerca effettuata fa notare che qualcosamanca per il raggiungimento di un processodi inclusione di qualità: un pensiero più co-struttivo e condiviso tra i diversi agentiall’interno dei contesti scolastici e in relazio-

di Michela Carrozzino (*)

L’Associazione Mediterraneo senza handi-cap (www.mediterraneosenzahandicap

.org) durante i congressi internazionali realiz-zati dal 2000 al 2012 (Tunisi, Lisbona, Mal-ta, Marsiglia, Madrid) ha spesso affrontato iltema dei bambini e dei ragazzi con disabilitànelle scuole e nell’ambiente in cui vivono.Il riferimento alla Dichiarazione di Salaman-ca, la Carta di azione per i bisogni educativispeciali (UNESCO 1994) e la Convenzionedei diritti delle persone con disabilità redattadall’ONU (2006) hanno favorito uno sguardo

più ampio perquanto riguarda“l’integrazione”dei ragazzi con di-sabilità.

In realtà, più che di “integrazione” – termineche oggigiorno viene messo in discussione –si sente parlare sempre più spesso di “inclu-sione”. Con questa espressione s’intende in-fatti il processo attraverso il quale la società(civile, scolastica, etc.) pensa se stessa e leproprie regole, guardando a tutti gli individuie non accontentandosi semplicemente chequalcuno, in questo caso il bambino disabile,entri nel proprio complesso di regole pre-co-stituito e pre-esistente.La stessa terminologia usata per definire i co-siddetti “bisogni speciali” di queste personenecessita ormai di una nuova interpretazione.Proprio alla luce della dimensione che ha por-tato negli ultimi anni ad una radicata consa-pevolezza che le persone con disabilità sono“parte integrante” e non solo “integrata” dellasocietà, secondo il modello dell’inclusione,si può affermare con assoluta consapevolezzache queste persone non hanno “speciali” bi-sogni, ma bisogni umani ai quali risponderecon mezzi e strumenti particolari, che è pos-sibile definire anche “speciali”, se si preferi-sce. Mangiare, studiare, giocare, muoversisono bisogni di ogni “persona umana”, diogni bambino con e senza disabilità. Tali so-no state le affermazioni fatte durante i lavoridel V Congresso internazionale dal prof.Adriano Pessina, Direttore del Centro di Ate-neo di Bioetica e Vice presidente del Comita-to scientifico dell’Associazione Mediterra-

NELLA SCUOLA ED OLTRE

Percorsi di “inclusione” alla luce del V Congresso internazionale - Madrid 2012

1 Gli Atti si possono richiedere al seguente indirizzo:

[email protected]

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ne alla famiglia. È da condividere quanto affer-ma Maria di Nocera: “Il momento storico incui si trova la scuola italiana necessita di unasensibilizzazione e di un’operatività forte re-lativamente ai processi inclusivi; non possia-mo più difenderci attraverso frasi del tipo:‘non ci sono abbastanza risorse, sia materialiche personali’, ‘non c’è un’organizzazione’,‘non esiste una rete’; aspetti fondamentali,certo, ma l’integrazione si cominciadall’interno, da un cambiamento culturale, daciò che si può fare partendo da ciò che abbia-mo, dalla valorizzazione delle risorse presen-ti, dalla collaborazione tra le persone e i ruoliche assumono nel contesto, dalle competenzesia personali che professionali volte versoobiettivi condivisi”.Da una parte abbiamo, dunque, la ricerca uni-versitaria e dall’altra è forse giunto il momen-to di sperimentare forme che integrano il la-voro che viene svolto nelle scuole, conl’obiettivo di prevenire alcune forme di disa-bilità e se non altro prevenirnel’aggravamento. Il tutto fatto coinvolgendola famiglia.

UNA SPERIMENTAZIONEMULTIETNICAÈ il caso del Progetto “SPAZIO GIOCO”,iniziato nel 2010 e presentato in sede interna-zionale dall’équipe educativadell’Associazione Solidarietà RiabilitazioneStudi “Oasi Federico” onlus. Il Progetto sisvolge presso il Centro per tutti “BenedettoXVI” di Belvedere Marittimo (Calabria) ed èsostenuto dalla Fondazione De Agostini.Si tratta di una sperimentazione realizzata nel

territorio del Distretto Sanitario n. 1 Praia-Scalea – ASP di Cosenza (coincidente con Di-stretto Ambito Sociale n. 1 Praia-Scalea)composto da 15 Comuni con una popolazio-ne di circa 60.000 abitati. Il Progetto trova lasua genesi nella dimensione universale di of-frire e possibilmente garantire ad ogni bambi-no il proprio diritto al gioco (ConvenzioneONU sui diritti dell’Infanzia, novembre1989; Convenzione ONU sui diritti delle per-sone con disabilità, dicembre 2006).Il primo dato da tener presente è che per i bam-bini con disabilità, sul territorio di cui parlia-mo, esistono esclusivamente servizi sanitaridi riabilitazione e quelli previsti per la scuoladalla Legge 104/92. Di conseguenza, taleProgetto si presenta per alcuni versi differentee per altri integrativo rispetto ai servizi giàesistenti. Questo “SPAZIO GIOCO” si con-figura come un luogo dove poter prevenire, inambito educativo, stati di disagio che posso-no pervadere la sfera emotivo-relazionale inetà evolutiva. Prendersi cura del bambino intali stati di disagio, attraverso un interventoolistico, permette di salvaguardare non solo ilbambino stesso, ma anche il suo entouragefamiliare. Il servizio, inoltre, presta ancheparticolare attenzione a bambini con disabi-lità e difficoltà provenienti dai Paesi dell’EstEuropa.

Dello “SPAZIO GIOCO” usufruiscono at-tualmente 15 bambini ambosessi, di età com-presa tra i 4 e i 12 anni. Uno “spazio transi-zionale”, dove l’équipe interdisciplinare(composto da educatori, da una terapista dellaneuropsicomotricità dell’età evolutiva, una

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attenzione, cogliere i desideri e comprenderecome motivare i comportamenti che vorreb-bero che i loro bambini assumessero. Standoinsieme in un contesto di gioco possonocomprendere meglio quali rinforzi positivimettere in atto, quali risposte sono più effica-ci e quali prese di posizione sono da evitare.Lo spazio gioco offre ai genitoril’opportunità di fare questo e ancora di più.L’adulto stesso è infatti accompagnato in unpercorso di scoperta del “piacere del gioco” eallo stesso tempo ridefinisce il proprio mododi mettersi in relazione con il figlio disabile. La sperimentazione di tale Progetto punta sulprevenire la strutturazione del disagio manife-sto nel bambino e l’insorgere di ulteriori ma-lesseri; evita l’isolamento rispetto al nucleofamiliare ritenendo indispensabile il coinvol-gimento della famiglia: un coinvolgimentoche ha tempi e forme differenziate, a secondadegli impegni e del tipo di personalità della fi-gura parentale che si occupa del bambino.Inoltre, impedisce l’istituzionalizzazione delbambino perché, non essendoci altri servizi,capita anche che le famiglie li affidino a realtànon adeguate. Purtroppo è accaduto ad alcunibambini, i quali sono stati “consegnati” addi-rittura a struttura del “dopo di noi”, perchéquella rappresentava per loro l’unica spiaggiasu cui poter approdare. Nello stesso tempo unProgetto come lo “SPAZIO GIOCO” favori-sce la riappropriazione delle proprie abilità,un più sereno vissuto dei rapporti familiari,un migliore rendimento scolastico e in defini-tiva una più adeguata inclusione sociale.L’obiettivo finale è ardito e anche orgoglioso.Con simili attività si mira a ridurre,nell’ambito territoriale di riferimento, il nume-ro di bambini con problematiche legate alla di-sabilità. Da parte loro, i bambini vivono talespazio traendo un reale beneficio perun’inclusione scolastica agevolata e allo stessotempo godono di un rafforzamento dei legamiaffettivi con i membri della propria famiglia.È fondamentale curare, favorire e rafforzare ilrapporto parentale stretto. Facendo veicolarele singole proposte in un contesto di sinceraaffettività si ottengono più e migliori risulta-ti. Infatti i grandi educatori, tra questi san Lui-gi Guanella, hanno sperimentato e ci ricorda-no che “l’educazione è opera di cuore”. Moni-to ancora valido ai nostri giorni e anche per ilfuturo, visto e considerato che ogni creaturaumana è “impastata” di un’irrinunciabile af-fettività.

(*) Pedagogista clinico – Direttrice CentroRicerca don Guanella e Oasi Federico

psicologa e un’assistente sociale, oltre allapresenza di animatori e volontari) alterna mo-menti di gioco libero a momenti di attivitàludiche strutturate. Se il gioco libero offre in-dicazioni sulle tematiche che animano ilmondo interno del bambino, la strutturazionedel materiale di gioco e delle cose che lo cir-condano, ciò che in termine tecnico viene de-finito “setting”, consente di mettere a fuocol’eventuale presenza di indicatori di disagiosui quali indirizzare l’intervento educativo.Gli obiettivi di base vengono raggiunti attra-verso tecniche di gioco e di attività espressivee vanno dall’ascolto alla comprensione, dallacomunicazione alla relazione. Favorisconoautonomia, indipendenza e autostima; svi-luppano una corretta socializzazione attraver-so il gioco cooperativo; puntano a miglioraree potenziare la relazione di chi dona assisten-za (caregivers) e il bambino.In quest’ottica, gli operatori hanno il compi-to di “immergersi nel gioco” con una posi-zione partecipe, garantendo quegli elementirelazionali e di condivisione che qualificanoil progetto educativo del prendersi cura, e conla loro presenza attiva danno sostegno, sti-molano e permettono la costruzione di uncontesto positivo.Insieme ai ragazzi, essi svolgono attività lu-diche legate alla manipolazione di oggetti, aldisegno libero e tematico, all’utilizzo dei co-lori con le dita, percorso psicomotorio prede-finito con perseguimento di obiettivi secon-dari, alla realizzazione di puzzle con relativastoria inventata, alla visione di cartoni ani-mati con successiva rappresentazione grafica,ma anche all’incontro con la fiaba così comecon la favola. Queste ultime, ad esempio,permettono di fantasticare, di incentivare lecapacità creative per trovare analogie con lavita quotidiana, affrontandola con maggioreserenità.

Tra gli obiettivi progettuali vi è la finalità di faremergere e promuovere un pensare e un sentireludico negli stessi educatori e genitori o in ognicaso nella figura parentale. Per questo motivoil Progetto ha previsto e prevede sia incontri in-dividuali che di gruppo: il gioco diviene, allo-ra, il leitmotiv di un diverso approccio mi-rante a incrementare le risorse delle famiglie,sostenere i genitori nel loro compito evoluti-vo, stimolare e/o potenziare l’instaurarsi diuna relazione educativa efficace.I genitori sono sollecitati di fatto a rendersiconto della necessità di trovare il tempo datrascorrere insieme ai propri figli. Un tempoutile per imparare a osservare con maggiore

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di Giul ia Forino e Carlo Comparini

Abbiamo sempre pensato alla possibilitàdi adottare: fin da prima di sposarci pen-

savamo di potere essere la famiglia di un bam-bino che non ne avesse avuta una e magari perpiù di uno. Con il matrimonio ormai consoli-dato (dopo quasi otto anni) e non avendo anco-ra bambini, abbiamo deciso di intraprendere ilcammino per l’adozione.Abbiamo cominciato con un paio di incontriinformativi presso il Centro Pollicino delComune di Roma. Ci hanno aiutato a capire

il percorso che ci attendeva: il que-stionario del tribunale, la differenzatra adozione nazionale ed internazio-nale, i tempi (in media a Roma oltrequattro o cinque anni per l’adozionenazionale, perché ci sono moltecoppie che danno la disponibilità adadottare e non molti bambini), i di-versi attori che avremmo incontrato(assistenti sociali, psicologi, giudi-ci e altri) i loro ruoli e responsabi-

lità. Ci hanno chiarito che il centro di questopercorso sarebbe stato il bambino e che quindii tempi, ed i modi avrebbero talvolta rischiatodi sembrare bruschi perché la famiglia che dàla disponibilità all’adozione è alla fine solouno strumento per un fine che è il bambino.Ci hanno aiutato a porci domande.Avere dubbi, tanti dubbi, è stato per noi mol-to importante. Aiuta a verificare e conosceresé stessi ed il proprio partner, su aspetti suiquali comunque non è stato possibile verifi-carsi in precedenza. Abbiamo l’impressioneche chi non avesse dubbi, potrebbe fare più fa-tica. Subito dopo abbiamo presentato la no-stra domanda al Tribunale dei Minori.Dopo alcuni mesi, cinque nel nostro caso(c’era anche l’estate di mezzo), abbiamo rice-vuto una chiamata dai servizi sociali del no-stro Municipio per un primo incontro. In que-sto incontro l’assistente sociale e la psicolo-ga che ci avrebbero seguito, ci hanno chiestodi raccontare la nostra storia, e ci hanno spie-gato l’iter che ci aspettava: visite mediche,molto approfondite e gratuite, compresa unavisita psichiatrica, quindi ritornare per alcuniincontri con loro. Finite le visite in alcune settimane , siamo tor-

nati al percorso psicoattitudinale conl’assistente e la psicologa. Per noi questa è sta-ta la parte più difficile del percorso. Abbiamoavuto la netta sensazione di essere giudicati. Ein effetti è una sensazione inevitabile: questopercorso ha come obiettivo un resoconto, ungiudizio su quanto si ha di più profondo,sull’essenza delle proprie scelte e per di più ungiudizio che peserà sul proprio futuro e sulleproprie speranza come pochi altri: determineràla nostra possibilità di adottare un bambino. Noi a questo non eravamo preparati. Aveva-mo idea che ci avrebbero aiutato a capire qualidifficoltà avremmo potuto incontrarenell’adozione, e quali risorse avremmo potu-to attivare per affrontarle. In un certo sensonon era sbagliato, loro cercavano di esplorarele nostre scelte, cercavano di capire la nostrareale capacità di affrontare la genitorialità, equali risorse interne avevamo a partire dallanostra storia, dal nostro vissuto. Non siamoriusciti a trovare un canale di comunicazionecon loro che ci favorisse in questo importantepassaggio del percorso, e forse è stata in parteun’occasione persa. Giustamente, non è pos-sibile scegliere l’assistente , la psicologa o ilgiudice e quindi la relazione con loro vive an-che di una dose di casualità, per quanto possa-no essere professionali. E’ importante tenerlopresente per vivere al meglio tutti passaggi. Ilpercorso è composto da almeno quattro in-contri, per noi sono stati otto, presso i lorouffici, una visita a casa in cui abbiamo analiz-zato insieme il questionario che deve essereconsegnato con tutta la documentazione alTribunale. Il questionario non è di facile inter-pretazione ed è stato importante confrontarcicon i Servizi Sociali. Per noi è stato uno stru-mento fondamentale all’interno della coppiaper confrontarci e chiarirci sulle strade, i livel-li di difficoltà ed incognite che eravamo dispo-sti ad accogliere. Infine c’è un incontro finalein cui viene condivisa la relazione che poi saràpresentata al tribunale. Viene riletta la nostravita secondo quello che il confronto ha fattopercepire loro. Può anche essere divertente,ma non è facile. La nostra relazione tuttosommato era positiva.Alcune settimane dopo (circa un paio di mesi

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sorpresa, un grosso impegno, crescere unbambino adottato è veramente un tuffo nelbuio! Prima di conoscerlo non sai quanti anniavrà, non sai da dove viene, di che colore saràla sua pelle, se sarà uno o più di uno e senzanessun tempo come quello della gravidanzache ti avvicina all’evento e dà modo di prepa-rarti. Il percorso non può essere paragonato aduna gravidanza secondo noi, come alcuni di-cono. La gravidanza salvo situazioni a ri-schio, è già condizione certa, il percorso diaiuta fare una scelta, ti valuta nelle tua capa-cità ma no ti garantisce la certezza dell’arrivodi un bambino. La certezza c’è nel momentodell’incontro con lui. E’ da lì che la tua storiacon tuo o i tuoi figli inizia. Non è una sceltada fare a cuor leggero, è una scelta che va ma-turata e credeteci serve tutto il tempo che que-sto cammino si porta dietro.Noi abbiamo conosciuto il nostro bambinoche aveva due anni e mezzo, aveva già un suocarattere, una sua personalità, una sua storiaimpegnativa che ha portato come bagaglio.Abbiamo conosciuto una persona. Una per-sona che dopo pochi mesi di avvicinamentoha deciso di venire a vivere con noi. Ha pro-prio deciso lui, e con le poche parole che allo-ra sapeva usare, una volta ci ha detto: “io‘mango qui, casa mia!”. Per noi è stato incre-dibile, ed è sempre bellissimo vedere quantoabbia bisogno di noi, del contatto fisico checon noi, come ami ad esempio rimanere acco-vacciato tra le nostre braccia, mimando il pul-cino nel suo uovo. Lui ci guida e ci aiuta tan-tissimo nel capire come camminare insieme,bisogna osservare, essere attenti, ascoltare,essere pronti a cambiare atteggiamento e re-gole ma questa è una regola universale che va-le per tutti i figli del mondo.Oggi, dopo un anno e tre mesi che vive connoi siamo in attesa che venga chiuso il ri-schio giuridico, e nel frattempo incontriamoregolarmente con l’assistente che ci ha segui-to fin dall’inizio ed una psicologa della Aslnuova che riportano al Tribunale, ci troviamomeglio con questa coppia la comunicazione èstata molto favorevole e siamo contenti chesia avvenuto questo cambiamento casuale,nel momento in cui abbiano iniziato a cam-minare insieme a nostro figlio. Quest’annoha frequentato il primo anno di scuola mater-na, ora si esprime con proprietà di linguaggioche talvolta ci sorprende, ha imparato ad anda-re in bici senza rotelle, e cresce, cresce moltovelocemente anche nel fisico!!!!Oggi siamo molto felici perché sembra a noie a tanti amici che sia davvero felice. Ancheagli amici della Casa Famiglia dove è statoprima di venire a stare con noi.

nel nostro caso) siamo stati convocati da ungiudice onorario che letta la relazione ci cono-sce e redige una sintesi per il collegio di giudi-ci che poi potrà effettivamente sancirel’adozione. Il giudice raccogliendo le nostredisponibilità ci ribadisce che le tempistichepiù probabili sono intorno a tre anni da quelmomento (intanto erano passati un anno e tremesi dalla presentazione della domanda). Nel-la nostra esperienza tutti gli incontri con ilTribunale dei Minori sono stati improntati al-la chiarezza ed alla cortesia al di là delle nostreaspettative, oltre che da una grande professio-nalità (che davamo un po’ per scontata). Cisono stati utili non solo dal punto di vistagiuridico ma anche di sostegno e chiarimentonelle scelte che stavamo intraprendendo.Dopo questo incontro ci siamo rilassati, ave-vamo tre anni per prepararci!Ma meno di quattro mesi dopo riceviamo unaconvocazione telefonica dal Tribunale, per unappuntamento. Noi pensavamo fosse perchiarire qualcosa sulla nostra posizione, su-gli elementi raccolti o chissà cos’altro. E in-vece ci comunicavano che ci avevano abbina-to ad un bambino e che avremmo potuto ve-derlo il pomeriggio stesso. All’inizio noisiamo rimasti zitti e immobili per la sorpre-sa, tanto che il giudice ci chiese se eravamofelici! Ma per noi non era possibile. Eppureera vero. Man mano che il giudice ci spiega-va, ci rendevamo conto, e il ghiaccio si scio-glieva pian piano in felicità condita di un po’di frenesia e panico!!!Nel pomeriggio andammo nella casa fami-glia dove era ospitato. Le suore responsabilici raccontarono la sua storia, poi lo fecero en-trare, ci degnò appena di uno sguardo, rubòuna caramella, anzi tutte quelle che la sua ma-no riusciva ad afferrare e scappò dalla stanza.Lo rivedemmo poco dopo nella sala giochi,dove iniziò il nostro periodo di avvicinamen-to. Lo incontravamo sempre più spesso e perperiodi più lunghi per qualche mese, fino afargli conoscere la casa e provare lentamentea prenderne confidenza iniziando anche a dor-mirci. Eravamo travolti dal cambiamento chestava avvenendo nelle nostre vite, sopraffattidalle emozioni ed aver incontrato le Suoredella Casa Famiglia è stato fondamentale. Cihanno accompagnati per mano, hanno cam-minato con noi e ci accuditi, ascoltati, soste-nuti nel momento più delicato di tutta la no-stra vita matrimoniale. Ci siamo sentiti ama-ti e questo ci ha permesso di creare le condi-zioni migliori per accogliere nostro figlio.Per noi avere un bambino è un’esperienzacontinuamente sorprendente. Crescere un bambino è sempre una continua

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di S ergio Zanarel la

La difficoltà che si riscontra da partedegli locali a far fronte alle richieste

delle famiglie che hanno al proprio in-terno un caso di disabilità è facilmentepercepibile sia da un punto di vista qua-litativo, che quantitativo: il solo entepubblico non è in grado di far fronte néal numero di richieste espresse dal terri-torio; né alle specificità che possono es-sere necessarie per trattare alcune pro-blematiche. A questo bisogna aggiunge-re che il genitore o il parente si prefig-gono non solo di fornire al proprio fi-glio le migliori cure assistenze possibi-li, ma anche di garantire una situazionedi sicurezza economica e affettiva alsoggetto disabile, nel pieno rispettodella sua soggettività e dei suoi diritti.

Proprio a partire da queste premesse e conl’intenzione sempre maggiore da parte deigenitori di non volere lasciare ad altri ilcompito di sistemare i propri figli, si stan-no diffondendo modelli gestionali alterna-tivi, che si incardinano su strumenti giuri-dici poco indagati dalla dottrina e non rego-lamentati legislativamente: le cosiddettefondazioni di partecipazione ed il trust. Ta-li istituti sono utilizzati soprattutto per fa-re in modo che siano i genitori stessi cheabbiano la possibilità di cercare delle solu-zioni residenziali per i propri figli.L’istituto della fondazione di partecipazio-ne è stato individuato da alcune regioniquale strumento più adatto a favorire la rea-lizzazione di strutture che possano rispon-dere alle esigenze del cosiddetto dopo dinoi, nelle quali si attui una progettazione,appunto “partecipata” (dalle famiglie, inprima istanza, ma anche dal privato socialepresente sul territorio), dei programmi diassistenza che lì si vanno a realizzare, inattuazione del principio di sussidiarietàorizzontale statuito dall’art. 118 della Co-stituzione.

La fondazione partecipata è un istituto didiritto privato che si caratterizza per la

presenza di uno scopo, defini to almomento del la sottoscri zionedell’atto costitutivo da parte dei soci fonda-tori e immodi fi cabi l e nel tempo (sibadi bene: anche da parte degli stessi fonda-tori), e per la partecipazione di una plura-lità di soggetti (i quali possono essere siapubblici che privati), che condividono lefinalità della fondazione di partecipazione evi partecipano apportando beni mobili,immobili, denaro, servizi. Inoltre, chi par-tecipa a vario titolo alla fondazione, gesti-sce e controlla l’utilizzazione del propriocontributo attraverso la partecipazioneagli organi interni.Ciò garantisce una proficua e armonicacol laborazione tra pubbl i co e pri -vato che, ad esempio, può assicurare per-corsi efficaci ed efficienti di autonomia del-le persone disabili ed assicurare, nel con-tempo, che le risorse finalizzate al perse-guimento dello scopo della fondazione (as-sistenza e cura delle persone con disabilità)non possano, dopo la morte dei congiunti,essere utilizzate in modo diverso rispettoai fini dichiarati nello Statuto.

La seconda peculiarità propria dell’ente indiscorso attiene alla sua natura giuridi -ca: essa rappresenta una s intes i tra i lmodel lo giuridi co del la fondazionein generale e quel lodel l ’associazione. Dalla prima è infattimutuato l’elemento patrimoniale: comenella fondazione classica, anche in quelladi partecipazione vi deve essere un patri-monio vincolato alla realizzazione di unoscopo immutabile nel tempo (si ricorda atale riguardo che le norme del codice civileprevedono non solo la impossibilità dimodificare lo scopo della fondazione, maanche l’estinzione della fondazione in casodi raggiungimento dello scopo o di impos-sibilità di raggiungimento dello stesso: inquest’ultimo caso il patrimonio è devolutoad enti che perseguono finalità simili).Dalla associazione invece è mutuatol’elemento personale; infatti, l’atto giuri-

GLI ISTITUTI GIURIDICIPRO-FAMIGLIA

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zio, decesso, fallimento, pretese dei credi-tori, ecc.) della persona cui sono affidati ibeni, ma anche del disponente e dello stes-so disabile. Trustee può essere una persona fisica o an-che una organizzazione, ad esempio unaONLUS, purché di fiducia dei costituentiil trust.Beneficiario diretto del trust è chiaramenteil soggetto debole; alla sua morte i beni intrust potranno eventualmente essere distri-buiti a soggetti diversi, sempre in base alleindicazioni date dai disponenti (es. altri fi-gli dei disponenti).

E’ facile intuire la portata rivoluzionariadel trust rispetto agli strumenti giuridicitradizionali, difatti mentre la tutela e la cu-ratela sono istituti che si preoccupano so-prattutto di gestire la vita del disabile sottoil profilo economico, il trust può esserediretto a tutelare anche la qualità della vitadel soggetto debole, secondo le indicazionidate dai genitori. Si pensi ad esempio allapossibilità che nell’atto di trust sia fattoobbligo di venire incontro ad esigenza divita del disabile quale una passeggiata quo-tidiana, una gita, un soggiorno in un luo-go particolare da ripetere periodicamente.In conclusione, entrambe gli istituti presiin esame intendono far fronte al problemadella cura del disabile anche al venir menodel nucleo familiare, cercando di garantiredei percorsi di vita autonomi e non stretta-mente dipendenti dal nucleo di origine,inoltre favoriscono l’integrazione di inter-venti tra la famiglia e i diversi soggettipubblici e privati. L’obiettivo è soprattut-to il miglioramento della qualità della vitafutura del disabile e non semplicemente lasalvaguardia del suo patrimonio, creandodelle soluzioni e dei percorsi educativi e re-sidenziali voluti dai genitori stessi e quindiritagliati su misura sulle esigenze dei sog-getti deboli, aiutando le famiglie a pensarele strategie di gestione del “dopo” moltoprima che si manifesti la crisi della capa-cità di cura.

Nonostante il trust sia un istituto ancoragiovane nel nostro ordinamento giuridico,è da preferire all’istituto della fondazionein quanto può essere attuato anche da unaassociazione priva di personalità giuridica,evitando quindi ulteriori lungaggini buro-cratiche-amministrative a chi intende crea-re un’iniziativa nel campo della solida-rietà.

dico che dà vita alla fondazione di parteci-pazione è un contratto plurilaterale a strut-tura aperta: questo significa, da un lato,che l’atto costitutivo deve essere sotto-scritto da una pluralità di soggetti;dall’altro, che nuove persone fisiche ogiuridiche, ove condividano lo scopo dellafondazione e apprezzino l’attività svoltafino a quel momento possono entrare a far-ne parte anche in un momento successivoalla sua costituzione. Da questo ultimo elemento spesso conse-gue la previsione di distinte categorie disoci: i “fondatori promotori” (che hannocostituito la fondazione di partecipazione,dotandola di un patrimonio finalizzato allarealizzazione di uno scopo individuato) e imeri “fondatori”, che hanno aderito in unmomento successivo, condividendo loscopo e apportando beni o servizi.Inoltre, non essendo la fondazione un isti-tuto di carattere e struttura democratica, ta-le suddivisione si riflette sulla composi-zione e sulla funzione degli organi costitu-tivi, in quanto generalmente i fondatoripromotori e i fondatori siedono nel Consi-glio di Amministrazione e hanno un pote-re più spiccatamente decisionale (spesso ifondatori promotori nominano la maggio-ranza dei consiglieri), mentre i secondi,che siedono nel Collegio dei partecipanti,hanno un potere consultivo.

Il trus t invece è un istituto che trova lasua origine nel diritto straniero ma è statoriconosciuto dall’ordinamento giuridicoitaliano e, semplificando la questione,consente che al cuni beni s i ano am-mi ni s trati e ges ti ti nel l ’escl us i voi nteresse di terzi benefi ci ari o peri l raggi ungi mento di un determi na-to scopo. Ad esempio per mezzo di untrust è possibile garantire al disabile unaserie di prestazioni economiche che gliconsentano di “vivere bene” anche quandodovesse restare solo: secondo le modalitàe nei termini prestabiliti dal genitore, dalparente, dall’amico, egli potrà ricevere,oppure vedere impiegati in suo esclusivofavore e vantaggio, beni e capitali apposi-tamente affidati ad una persona di fiducia(il trustee), che ha lo specifico obbligo dioccuparsi di tutte le sue necessità. I beni ei capitali vincolati con tale istituto rap-presentano un patrimonio separato e auto-nomo, esclusivamente deputato ai biso-gni del disabile, del tutto insensibile allevicende personali e patrimoniali (divor-

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dei rifiuti (scarti da consumi e produzione) tenda a disallinearsi dal-la crescita economica in modo da garantire uno sviluppo funzionalesia alla successiva gestione dei rifiuti che all’uso delle risorse, so-prattutto non rinnovabili ed introduce ex novo la nozione di “riuti-lizzo”. Le disposizioni della direttiva comunitaria, in conformitàagli indirizzi della strategia tematica per la prevenzione ed il rici-clo, individuano le azioni che gli Stati membri dovranno attivare.La nuova direttiva enuncia principi in parte già reperibiliall’interno del D.Lgs. 152/06.Le presenti linee guida, approvate con Deliberazione della GiuntaRegionale del 13 febbraio 2012, n. 66, che tengono conto di espe-rienze simili avviate anche in altre realtà regionali, sono prioritaria-mente destinate a Enti pubblici e gestori del ciclo dei rifiuti urbanied assimilati e dei Centri di raccolta. I “Centri del Riuso” sonocostituiti da locali o aree coperte presidiati ed allestiti in cui si svol-ge unicamente attività di consegna e prelievo di beni usati anco-ra utilizzabili. Le linee guida intendono favorire a livello di ATOe, nelle more, a livello comunale e/o consortile, l’organizzazione ela realizzazione di una Rete regionale dei Centri del riuso, inte-grata con il sistema regionale dei “Centri di Raccolta” (CdR) dei ri-fiuti urbani ed assimilati, comunali ed intercomunali, come previstidal D.M. 8 aprile 2008, presenti a livello di Ambito Territoriale Ot-timale (ATO), come definiti dal D.Lgs. 152/06 e dalla L.R. 45/07 edisciplinati dal D.M. Ambiente 8 Aprile 2008, recante: “Disciplinadei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo differenzia-to, come previsto dall’articolo 183, comma 1, lettera cc) del decre-to legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modifiche”, poimodificato dal D.M. 13 maggio 2009. La Regione sostiene la rea-lizzazione della Rete regionale dei Centri del riuso con risorse pub-bliche disponibili nell’ambito della programmazione regionale disettore (es. fondi comunitari, nazionali e regionali).Le presenti “Linee guida” hanno le seguenti finalità: - contrastare e superare la cultura dello spreco delle risorse e dello

“usa e getta”; - promuovere la diffusione di una cultura del riuso dei beni basata

su principi di tutela ambientale e di solidarietà sociale; - promuovere il reimpiego ed il riutilizzo dei beni usati ancora riu-

tilizzabili e non inseriti nel circuito della raccolta dei rifiuti urba-ni ed assimilati, prolungandone il ciclo di vita oltre le necessitàdel primo utilizzatore per ridurre la quantità di rifiuti da avviare atrattamento/smaltimento;

- realizzare una struttura di supporto a fasce sensibili di utenti,consentendo una possibilità di acquisizione, a titolo gratuito, dibeni di consumo usati ancora funzionanti ed in condizioni di es-sere efficacemente utilizzati per gli usi, gli scopi e le finalità ori-ginarie dei beni stessi.

Il Centro del Riuso è istituito con apposita Delibera della Giun-ta Comunale (DGC) ed è costituito da un locale chiuso o area co-perta, allestito nel rispetto di tutte le norme vigenti in materia di tu-tela della salute dell’uomo e dell’ambiente, nonché di sicurezza dellavoro ed è strutturato prevedendo per i beni usati conferiti: a. zona di ricevimento e di prima valutazione; b. zona di primo ammassamento; c. zona di catalogazione; d. zona di immagazzinamento ed esposizione.

STATO

DECRETO DI RIORDINO DEL SERVIZIONAZIONALE DI PROTEZIONE CIVILE

Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 113 del 16 maggio2012

È stato pubblicato il decreto legge n. 59 del 15 maggio 2012 cheriorganizza il Servizio nazionale di protezione civile e modifica lalegge 225/92 che lo ha istituito. L’obiettivo del provvedimento è dirafforzare l’efficacia nel monitoraggio e nella gestione delleemergenze. Rispetto al regime attuale, si stabilisce che il Presiden-te del Consiglio dei Ministri, ai fini di protezione civile, possa eser-citare in proprio le funzioni di promozione e coordinamento delleattività delle amministrazioni statali e locali e di ogni altra istituzio-ne pubblica e privata sul territorio, ovvero che egli possa delegaretali funzioni al solo Ministro dell’Interno. Sono meglio chiarite letipologie di rischio degli eventi calamitosi, distinguendo, inoltre,le fasi degli interventi: la fase del soccorso, di competenza dellaprotezione civile e della durata massima di 60 (più 40) giorni, daquella del superamento dell’emergenza, affidataall’Amministrazione competente in via ordinaria. Durante la fasedell’emergenza il potere di ordinanza è esercitato dal Capo del Di-partimento della protezione civile, se a ciò delegato dal Presidenteo dal Ministro. Le ordinanze sono emanate acquisita l’intesa dellaRegione interessata. Tali ordinanze possono disporre esclusiva-mente in ordine all’organizzazione degli interventi di urgente soc-corso e di assistenza ai soggetti colpiti dall’evento, nonché di quelliprovvisionali indispensabili alle prime necessità e nei limiti dellerisorse disponibili.Nel momento della dichiarazione dello stato di emergenza si prov-vede al fabbisogno finanziario utilizzando le risorse del Fondo na-zionale di protezione civile. Qualora sia utilizzato anche il fondospese impreviste, lo stesso è immediatamente e obbligatoriamentereintegrato con risorse ordinarie e/o con le maggiori entrate deri-vanti dall’aumento dell’accisa sui carburanti, stabilita dal Consi-glio dei Ministri in misura non superiore a cinque centesimi per li-tro. Al momento della dichiarazione dello stato di emergenza, inol-tre, le Regioni hanno facoltà di elevare l’imposta regionale sullabenzina di loro competenza sino al massimo di cinque centesimiper litro.

REGIONI

ABRUZZO

LINEE GUIDA PER LA REALIZZAZIONE DEI CENTRI DEL RIUSO

Bollettino Ufficiale Regione Abruzzo n. 19 Speciale Am-biente del 9 marzo 2012

La Direttiva Quadro 2008/98/CE, approvata dal Parlamento Euro-peo e dal Consiglio il 19 novembre 2008, prevede che la crescita

Norme giuridiche e Giurisprudenzan.148

a cura di Alessio Affanni e Sergio Zanarella

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Il Centro deve essere dotato di apposite attrezzature tecniche, qualiad esempio la catalogazione informatica dei beni e la gestione dimagazzino con collegamento in rete nonché attrezzi per la pesaturae l’esposizione dei beni, e deve garantire determinati servizi, comeil presidio e l’assistenza per la varie fasi operazioni di assistenza.Al Centro del Riuso sono accettati i beni di consumo ancora in buo-no stato di conservazione, anche da un punto di vista igienico e fun-zionanti, che possono essere efficacemente ri-utilizzati per gli usi,gli scopi e le finalità originarie. Nelle Linee guida sono definite le procedure di consegna e presain carico dei beni usati: 1. procedure di verifica in fase di accettazione all’atto di ricevi-

mento del bene e, successivamente all’eventuale accettazione,compilazione della scheda di consegna con i relativi quadri de-scrittivi di prodotto (Modulo 1 allegato alle Linee guida). Leprocedure di verifica riguardano la titolarità del conferitore allaconsegna e l’accettabilità del bene;

2. eventuale primo ammassamento in area dedicata; 3. compilazione della stringa di catalogazione del bene come da

schema seguente, con attribuzione del relativo codice identifi-cativo secondo il repertorio di catalogazione (Modulo 2) e cari-camento nel data base informatico di gestione, in base a Classe,Tipologia e n° progressivo del bene usato;

4. immagazzinamento ed esposizione.L’accesso all’utenza é consentito solo durante l’orario ed i giornistabiliti per l’apertura del Centro del Riuso. L’operatore del Centrodi Raccolta, in coordinamento con l’operatore del Centro del Riu-so, si riserva la possibilità di verificare la presenza di beni, non an-cora conferiti come rifiuti, proponendo al conferitore di dirottarli alCentro del Riuso. Non possono essere conferiti beni destinati allarottamazione collegata ad incentivi fiscali; il Centro del Riuso, inquanto soggetto responsabile, si riserva la verifica delle condizionigenerali dei beni consegnati assicurando il controllo, la valutazionedel corretto stato e la funzionalità dei beni usati affinché possanoefficacemente essere utilizzati per gli usi, gli scopi e le finalità ori-ginarie. Gli utenti che prelevano i beni al Centro del Riuso sollevano il Ge-store ed i suoi operatori da ogni responsabilità diretta o indirettaconseguente al prelievo del bene, comprese le responsabilità pereventuali danni a cose e/o persone derivanti dal loro uso proprio edimproprio (Modulo 3 allegato alle Linee guida).Dall’attività del Centro del Riuso non può derivare alcun lucro, népuò costituire vantaggio diretto o indiretto per l’esercizio di attivitàdi privati svolte con fini di lucro, pertanto è vietato il prelevamentodi beni da parte degli operatori dell’usato. Il prelievo é gratuito. E’facoltà del Gestore del Centro del Riuso non accettare tipologie dibeni, anche se previste dalle presenti Linee guida, qualora ritenutenon gestibili sotto il profilo dell’eccessivo ingombro e/o della sicu-rezza per il Centro del Riuso o per gli operatori, così come, in casodi deposito prolungato del bene che impedisce un corretto funzio-namento delle attività del Centro del Riuso, è facoltà del Gestoreavviare il bene a trattamento in impianti autorizzati o limitare i con-ferimenti ed i prelievi in caso di mancato rispetto delle condizionigenerali di funzionamento del Centro.L’elenco aggiornato dei “Centri del Riuso”, è pubblicato sul sitoistituzionale della Regione. La Provincia territorialmente compe-tente verifica presso i Centri del Riuso attivi nel territorio di riferi-mento, il rispetto delle prescrizioni e delle disposizioni delle pre-senti Linee guida.Anche i Comuni, per il loro ruolo strategico nel sistema di gestioneintegrata dei rifiuti, più vicino al cittadino e alle locali attività pro-

duttive e/o commerciali, con la collaborazione delle imprese (Ge-stori) che gestiscono il Centri del Riuso, possono avere un ruolo de-cisivo nell’informare ed educare in materia di sostenibilità dei con-sumi, prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti, e devo-no dotarsi di strumenti efficaci, concreti e riproducibili nel tempo.Altresì i Comuni possono prevedere un “sistema di incentivazione”alla consegna dei beni da parte degli utenti interessati, che operimediante un meccanismo premiante in termini di riduzione tariffa-ria al cittadino o altro sistema eventualmente organizzato.

CAMPANIA

NUOVE FUNZIONI DEL CENTROREGIONALE PER LE ADOZIONIINTERNAZIONALI

Bollettino Ufficiale Regione Campania n. 31 del 14 mag-gio 2012

Pubblicata la Legge regionale n. 9 del 10 maggio 2012 con la qua-le viene ridefinita l’attività del Centro regionale per le adozioniinternazionali (istituito presso l’assessorato alle politiche socialidella Regione Campania in base all’art. 31 della legge regionale 30gennaio 2008, n. 1 - legge finanziaria 2008) che ha il compito dipromuovere la semplificazione delle procedure di adozione, di ac-celerarne i tempi di svolgimento e dare supporto alle coppie nellediverse fasi del delicato percorso genitoriale, nel rispetto delle di-versità e ricchezza culturale dei bambini da accogliere.Le nuove disposizioni stabiliscono che il Centro, in collaborazio-ne con gli enti e le organizzazioni non lucrative di utilità sociale(Onlus), in possesso dei requisiti dell’articolo 39-ter della legge 4maggio 1983, n. 184 (“Diritto del minore ad una famiglia”) aventisede legale nel territorio della Regione Campania, svolge le se-guenti attività:a) realizzazione di progetti propri o partecipazione a progetti

internazionali, europei, statali, interregionali, locali e del priva-to sociale, compresi progetti a distanza finalizzati a promuoverel’interscambio e la cooperazione tra i soggetti che operano nelsettore dell’adozione internazionale e della protezione dei mi-nori nei Paesi stranieri, per consentire la loro permanenza nellefamiglie di origine;

b) promozione di incontri e conferenze di studio, prevalente-mente a carattere formativo per gli operatori del settore, con laCommissione per le adozioni internazionali, con i servizi, le as-sociazioni familiari e le autorità giudiziarie minorili;

c) organizzazione di scambi di esperienze tra le famiglie adot-tive nel rispetto delle finalità e dei principi espressi dalla legi-slazione nazionale;

d) sviluppo di una rete fra i servizi regionali operanti nel settoredelle adozioni, anche in raccordo con i tribunali per i minorenni,e, in tale ambito, segnalazione al Centro regionale per le adozio-ni internazionali sul funzionamento delle strutture e dei serviziattivi nel territorio;

e) promozione, in collegamento stabile con gli organi giudiziariminorili, di protocolli operativi o convenzioni fra enti autoriz-zati e servizi territoriali anche con il diretto coinvolgimento diordini professionali in grado di fornire un supporto tecnico-fun-zionale, a titolo gratuito, alla realizzazione degli scopi del Cen-tro regionale per le adozioni internazionali.

Dall’attuazione delle disposizioni del presente articolo non deriva-no nuovi o maggiori oneri a caricodel bilancio della Regione.

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zioni sindacali, in ragione di uno per organizzazione; f) quattro rappresentanti dei movimenti giovanili delle associa-

zioni di categoria più rappresentative sul territorio; g) un rappresentante designato dalla Consulta regionale delle pro-

fessioni ordinistiche.La Consulta svolge funzioni propositive e consultive per le politi-che regionali a favore dei giovani tra le quali, in particolare, propor-re iniziative e progetti per la valorizzazione dell’autonomia dei gio-vani, esprimere pareri e proposte su richiesta della amministrazio-ne regionale, collaborare alla elaborazione del Piano regionale gio-vani e con le consulte, i forum e gli altri soggetti attivi nelle politi-che giovanili e promuovere progetti, ricerche, incontri e dibattitipubblici su temi attinenti alla condizione giovanile.Al fine di coordinare le azioni a favore dei giovani con le linee stra-tegiche del Piano regionale giovani, la Regione costituisce un ta-volo di coordinamento politico e istituzionale, convocato e pre-sieduto dall’assessore regionale competente in materia di politichegiovanili. A tale tavolo partecipano gli assessori regionali compe-tenti per materia, gli assessori provinciali alle politiche giovanili equattro assessori comunali, uno per provincia, competenti per lepolitiche giovanili, rappresentanti i Comuni della regione, nomina-ti per tre anni dal Consiglio delle autonomie locali. Alle riunioni dei tavoli di coordinamento partecipano i rappresen-tanti della Consulta regionale dei giovani. Possono partecipare al-tresì, su invito del presidente, altri soggetti la cui presenza è ritenutautile per gli argomenti posti all’ordine del giorno.Ogni Provincia promuove, almeno una volta ogni tre anni,l’Assemblea provinciale dei giovani. Tale assemblea rappresentaoccasione di incontro, confronto e dibattito su questioni che inte-ressano i giovani del territorio. All’Assemblea sono invitati i rap-presentati delle associazioni e aggregazioni giovanili del territoriodi competenza e sono aperte ai giovani interessati. Analogamente,ogni tre anni la Regione convoca la Conferenza regionale dei gio-vani con il compito di accogliere e dibattere le istanze provenientidalle Assemblee provinciali, di verificare lo stato di attuazione del-le azioni messe in atto dalla presente legge, di avanzare proposte epareri alla Giunta regionale. Alla Conferenza è invitata una rappre-sentanza qualificata dei diversi comparti del mondo giovanile: as-sociazioni, aggregazioni giovanili, studenti, lavoratori e partecipal’assessore regionale alle politiche giovanili.Viene inoltre il registro regionale delle associazioni giovanili, te-nuto dalla Regione. Al registro sono iscritte, previa domanda, le associazioni che hannosede e svolgono l’attività nel Friuli Venezia Giulia, in possesso deiseguenti requisiti:- le associazioni giovanili ammesse all’iscrizione nel registro so-

no composte, almeno per l’80 per cento, da persone di età nonsuperiore a trentacinque anni, nel loro organo direttivo non sonopresenti persone di età superiore a trentacinque anni e nell’attocostitutivo e nello statuto sono previsti i seguenti requisiti:

a) assenza dello scopo di lucro; b) ordinamento interno ispirato ai principi di democrazia, di ugua-

glianza, di rispetto della libertà e dignità degli associati; c) elettività e gratuità delle cariche associative; d) coinvolgimento prevalente di giovani nelle attività. - non sono considerate associazioni giovanili ammesse

all’iscrizione nel registro i partiti politici, le associazioni sinda-cali, le associazioni professionali e di categoria.

L’iscrizione al registro è condizione necessaria per l’ottenimentodi contributi, finanziamenti e ogni altro incentivo regionale pre-visto dalla presente legge. Un successivo regolamento regiona-le disciplina le modalità di iscrizione, cancellazione e aggiorna-

FRIULI VENEZIA GIULIA

LEGGE PER L’AUTONOMIA DEI GIOVANIE SUL FONDO DI GARANZIA PER LE LOROOPPORTUNITA’

Gazzetta Ufficiale Serie Regioni n. 16 del 21 aprile 2012

Approvata la Legge regionale n. 5 del 22 marzo 2012, destinataai giovani di età compresa tra i quattordici e trentacinque anni,residenti o presenti per ragioni di studio o di lavoro nel territo-rio regionale. La legge prevede in primis una serie di organismi di partecipazionee rappresentanza giovanile al fine di favorire la partecipazione atti-va dei giovani alla vita della comunità. Specifiche iniziative sono previste per agevolare l’autonomia abi-tativa, la stabilizzazione occupazionale, la ricerca e l’alta forma-zione all’estero, la realizzazione di progetti di imprenditoria giova-nile, oltre che l’internazionalizzazione delle professioni.La mobilità internazionale, la conoscenza delle lingue straniere, co-me pure l’alfabetizzazione informatica sono considerati strumentiessenziali per la crescita personale dei giovani e l’accesso al lavoro. La legge regionale offre anche strumenti diretti ad agevolare la co-municazione e l’informazione: tra questi rientra la realizzazione diun apposito portale informatico dedicato ai giovani e il potenzia-mento degli sportelli Informagiovani.Il coordinamento delle azioni regionali previste dalla presente leg-ge è esercitato da un’apposita struttura regionale da costituirsi pres-so la Direzione centrale competente in materia di politiche giovani-li, alla quale si raccordano le altre strutture sulla base delle rispetti-ve competenze.Per il raggiungimento delle finalità e degli obiettivi della presentelegge, la Regione adotta il Piano regionale giovani, di duratatriennale, che individua le linee strategiche di indirizzo, gli ambitidi competenza dei soggetti attuatori sopra indicati, e le azioni a fa-vore dei giovani, in armonia con le azioni del Piano strategico re-gionale e con i principi e i programmi rivolti ai giovani in ambitonazionale ed europeo.Il Piano è elaborato dalla struttura regionale competente in materiadi politiche giovanili, con la partecipazione attiva della Consultaregionale dei giovani, organo di rappresentanza dei giovani delFriuli Venezia Giulia che viene nominata, per la durata di tre anni,con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione del-la Giunta regionale, su proposta dell’assessore competente in ma-teria di politiche giovanili, e che è composta da: a) cinque rappresentanti dei giovani, di cui uno della comunità slo-

vena, eletti dalle associazioni iscritte al registro regionale delleassociazioni giovanili, in modo da assicurare la rappresentativitàterritoriale, di genere e per settore di operatività associativa;

b) quattro rappresentanti degli studenti universitari e dell’alta for-mazione designati dal Coordinamento regionale per l’alta for-mazione;

c) quattro rappresentanti degli studenti delle scuole di istruzionesecondaria superiore, uno per ciascuna provincia, designati dal-le Consulte provinciali degli studenti della regione;

d) cinque rappresentanti dei movimenti giovanili dei partiti e deimovimenti politici rappresentati in Consiglio regionale, eletticon voto limitato, al fine di garantire la rappresentanza di mag-gioranza e opposizione;

e) cinque rappresentati dei movimenti giovanili delle organizza-zioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresen-tative sul territorio regionale designati dalle stesse organizza-

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e modalità di accesso alle prestazioni”), che disciplina i cri-teri e le modalità per l’accesso alle prestazioni nonché i crite-ri per garantire la gradualità nell’erogazione delle prestazio-ni per la fase di progressivo raggiungimento dei livelli essen-ziali.Le risorse del Fondo sono destinate all’erogazione delle pre-stazioni previste dal Piano di assistenza personalizzato(PAP) nell’ambito delle seguenti tipologie: a) interventi a carattere domiciliare; b) interventi a carattere semiresidenziale; c) interventi a carattere residenziale; d) interventi volti a facilitare la vita indipendente del sogget-

to non autosufficiente tramite dotazione di ausili, attrez-zature e presidi non finanziati da altre leggi nazionali o re-gionali;

e) interventi volti a facilitare l’accesso e la frequenza alle at-tività scolastiche e formative dei disabili in età evolutiva.

L’universalità dell’accesso alle prestazioni è garantita dallarete dei servizi territoriali sociali e sanitari, uffici della citta-dinanza e centri di salute che assicurano l’immediata presa incarico della persona non autosufficiente e, dopo una primalettura del bisogno, l’avvio delle procedure valutative chedevono concludersi con la elaborazione del progetto indivi-duale e la sottoscrizione del Patto per la cura e il benessere,entro e non oltre sessanta giorni dalla presa in carico dellapersona. L’accesso alle prestazioni, le indicazioni quantitative e temporalidelle stesse e l’allocazione delle risorse professionali, strumentali,tecniche ed economiche necessarie, nonché gli obiettivi e gli esitiattesi in termini di miglioramento delle condizioni di salute dellapersona non autosufficiente costituiscono il programma assisten-ziale personalizzato (PAP) sopra menzionato, inserito all’internodel progetto individuale. L’accertamento della condizione di non autosufficienza e delrelativo livello di gravità è effettuato dalle unità multidisci-plinari di valutazione, secondo parametri definiti con attodella Giunta regionale ai sensi dell’articolo 6 della l.r.9/2008. L’erogazione delle prestazioni previste dal presente regola-mento è effettuato sulla base dei seguenti criteri: a) la gravità clinica; b) la bassa redditualità dell’assistito; c) l’alta fragilità sociale.La compartecipazione alla copertura del costo degli inter-venti sociali da parte del soggetto destinatario delle presta-zioni, secondo livelli differenziati di situazione economica, èeffettuato tenendo conto dell’Indicatore della situazioneeconomica equivalente (ISEE).L’esenzione totale alla compartecipazione del costo socialedegli interventi viene riconosciuta ai soggetti non autosuffi-cienti il cui ISEE è inferiore o pari alla soglia nazionale dipovertà relativa rilevata l’anno antecedente a cui la presta-zione si riferisce. Il regolamento stabilisce anche i criteri perl’esenzione parziale.Le prestazioni erogate dal presente regolamento (tempisticae utenti) verranno monitorate dal Direttore di Distretto sani-tario ed dal promotore sociale competente per territorio cheelaborano, entro il 31 ottobre di ogni anno, una apposita rela-zione annuale.

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mento del registro e le modalità di tenuta dello stesso.La presente legge regionale riconosce anche le aggregazioni gio-vanili definendole come i gruppi spontanei di giovani, di età com-presa tra quattordici e trentacinque anni, residenti o presenti in re-gione per ragioni di studio o di lavoro, costituiti senza finalità dilucro, che esprimono e rappresentano le esigenze del mondo gio-vanile, realizzando attività in coerenza con le finalità della presen-te legge. I componenti delle aggregazioni giovanili svolgono le attività informa volontaria e gratuita. Le aggregazioni giovanili sono costituite con atto scritto dal qualerisulta il soggetto legalmente autorizzato a rappresentarle e a ri-scuotere eventuali contributi in denaro.Previste misure di sostegno alla formazione di giovani talenti e alloro rientro in regione, nonché borse di studio di durata massimatriennale per neo laureati residenti in regione, finalizzate al soste-gno di percorsi di alta formazione in centri di eccellenza all’estero. La Regione sostiene inoltre scambi giovanili, attività di volontaria-to, progetti d’iniziativa giovanile, seminari e corsi transnazionaliideati, pianificati e realizzati dai giovani, dai loro gruppi, ancheinformali, e dalle loro associazioni.Previste forme di sostegno anche per l’imprenditoria giovanile einterventi a sostegno di iniziative sia da realizzare in ambito socialeche finalizzate alla promozione della salute. Contributi previsti an-che per interventi promossi in ambito culturale. I contributi sonodestinati a enti locali, enti pubblici, istituzioni scolastiche, asso-ciazioni e aggregazioni giovanili, cooperative sociali e altri entisenza fini di lucro.Altro aspetto interessante è che la Regione concede contributi a en-ti locali, enti pubblici, associazioni giovanili iscritte al registro, par-rocchie e altri enti privati senza fine di lucro per l’acquisto, la co-struzione, la ristrutturazione e la messa a norma di immobili,comprensivi degli impianti, degli arredi e delle attrezzature, da de-stinare a sede di centri di aggregazione giovanile in possesso deirequisiti previsti dalla presente legge. I centri di aggregazione gio-vanile, anche nella struttura di centri polifunzionali, sono destinatiallo svolgimento di attività integrate di tipo educativo, ricreativo,sportivo, artistico, culturale e musicale rivolte ai giovani.La Regione promuove inoltre l’adozione di una carta servizi deno-minata Carta giovani che consente l’accesso in forma agevolata ainiziative, attività e servizi, con particolare riguardo a quelli soste-nuti dalla Regione per i giovani nella fascia di età compresa tra iquattordici e i trentacinque anni. I criteri e le modalità di attuazionedegli interventi previsti dalla presente legge e di concessione ederogazione di contributi e altri incentivi economici sono disciplina-ti con apposito regolamento.

UMBRIA

REGOLAMENTO REGIONALE SULLE MODALITA’ DI ACCESSO

ALLE PRESTAZIONI DEL FONDO REGIONALEPER LA NON AUTOSUFFICIENZA

Gazzetta Ufficiale Serie Regioni n. 14 del 7 aprile2012

Pubblicato il Regolamento regionale n. 3 dell’8 marzo2012, in attuazione della legge regionale 4 giugno 2008, n. 9(“Istituzione del Fondo regionale per la non autosufficienza

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LAVO

RO

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Con Decreto del Ministro della Gioventùdel 19 novembre 2010 (pubblicato in

G.U. del 27 dicembre 2010) sono stati stan-ziati 51 milioni di euro per incentivare le as-sunzioni di giovani genitori disoccupati oprecari e per combattere il fenomenodell’allontanamento delle giovani donne dal

lavoro dopo la gravidanza.I genitori di figli minori, dietà non superiore a 35 anni,in cerca di un lavoro stabile,possono iscriversi alla “Ban-ca dati per l’occupazione deigiovani genitori”, istituita

presso l’Inps. L’iniziativa consente alle im-prese private e alle società cooperative che as-sumono a tempo indeterminato, (anche parttime) gli iscritti alla “banca”, di fruire di unincentivo pari a 5mila euro a lavoratore.Le modalità di iscrizione alla Banca dati sonoindicate nella circolare Inps n. 115 del 5 set-tembre 2011.

REQUIS ITI PER GLI AS PIRANTI LAVORATORI

Per iscriversi alla banca dati è necessario nonaver compiuto il 36° anno d’età, essere geni-tori di figli minori (legittimi, naturali o adot-tivi o affidatari), ed essere titolare di (o avercessato) uno dei seguenti rapporti di lavoro:• lavoro subordinato a tempo determinato• lavoro in somministrazione• lavoro intermittente• lavoro ripartito• contratto di inserimento• collaborazione a progetto o occasionale• lavoro accessorio• collaborazione coordinata e continuativa.Il superamento del limite di età (del lavoratoreo dei figli) e l’assunzione a tempo indetermi-nato comportano la cancellazione automaticadalla banca dati. In caso di cessazionedell’affidamento, invece, la cancellazionespetta all’interessato. È consentito ripresen-tare la domanda di iscrizione, nel caso in cui siverifichino nuove condizioni di accesso.Coloro che abbiano terminato uno dei rappor-

ti di lavoro sopra indicati devono presentare,come requisito, la registrazione dello stato didisoccupazione presso un Centro perl’impiego.

DATORI DI LAVORO BENEFICIARI

L’Inps riconosce l’importo di 5mila euro perogni assunzione a tempo indeterminato, an-che parziale, alle imprese private, alle societàcooperative e alle imprese sociali (D. Lgs.155/2001), anche cumulabili con altri incen-tivi previste dalle normative in vigore. Sono escluse dall’incentivo gli enti pubblici(economici e non) e i datori di lavoro non qua-lificabili come imprenditori ai sensi del codi-ce civile.

ACCES S O TELEMATICO ED IS CRIZIONE ON-LINE

L’iscrizione si effettua accedendo alla sezionedei servizi al cittadino del sito internet dell’Inpsseguendo il seguente percorso: “al servizio delcittadino” > “autenticazione con PIN” > “fasci-colo previdenziale del cittadino” > “comunica-zioni telematiche” > “invio comunicazioni” >“iscrizione banca dati giovani genitori”.L’accesso alla banca dati può anche essere ef-fettuato collegandosi al sito del Dipartimentodella Gioventù www.gioventu.gov.it, sempreprevia autenticazione con il PIN rilasciatodall’Inps.

RICHIES TA DELL’INCENTIVO

Avviene tramite il modulo telematico dispo-nibile sul sito internet dell’Inps, alla sezione“Istanze on-line” del Cassetto previdenzialeAziende. Il giorno successivo all’invio,l’Inps, dopo aver controllato l’esistenza ditutti i requisiti necessari per accedere al bene-ficio, attribuisce un Codice alla posizionecontributiva interessata. Nella stessa sezione“Istanze on-line” sarà disponibile l’esito dellarichiesta.

FAMIGLIA: UN VANTAGGIOANCHE PER LE IMPRESE

Incentivi ai datori di lavoro cheassumono giovani genitori under 35

Page 24: Nuova Proposta settembre ottobre 2012

Bollettino ufficiale dell’UNEBA - Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza SocialeDirettore Responsabile: MAURIZIO GIORDANORedazione ed Amministrazione: 00185 Roma - Via Gioberti, 60 - Tel. 065943091 - Fax 0659602303e - mail: [email protected] - sito internet: www.uneba.orgAutorizzazione del Tribunale di Roma N. 88 del 21/2/1991Progetto e realizzazione grafica: www.fabiodesimone.itStampa: Consorzio AGE Arti Grafiche Europa - Roma

Il giornale è inviato gratuitamente agli associati dell’UNEBAFinito di stampare nel settembre 2012

CO

LPO

D’A

LAQuesta pagina vuole essere un “colpo d’ala”, cioè una proposta per un momento di riflessione.

“Siamo tutti profughi,

senza fissa dimora nell’intrico del mondo.

Respinti alla frontiera da un esercito di parole,

cerchiamo una storia dove avere rifugio.”

Da “Timira - Romanzo Meticcio”

di Wu Ming 2 e Antar Mohamed

TIMIRA - ROMANZO METICCIO