Nuova Proposta maggio giugno 2012

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale anno XXXVIII - n. 5/6 - 2012 Poste Italiane SpA spediz. in abb. post. 70% - C/RM/DBC CARO ALBERO INSEGNAMI Albero centenario, mi piace vederti pieno di getti e di germogli come se fossi un adolescente. Insegnami il segreto di invecchiare così: aperto alla vita, alla giovinezza, ai sogni come chi sa che gioventù e vecchiaia non sono che gradini verso l’eternità. Helder Camara ANNO EUROPEO DELL’INVECCHIAMENTO ATTIVO: L’ARGENTO SEMPREVERDE

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Nuova Proposta, periodico di Uneba

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale

anno XXXVIII - n. 5/6 - 2012Poste Italiane SpA

spediz. in abb. post. 70% - C/RM/DBC

CARO ALBERO INSEGNAMI

Albero centenario,mi piace vederti pieno di gettie di germoglicome se fossi un adolescente.Insegnami il segretodi invecchiare così: aperto alla vita,alla giovinezza,ai sogni come chi sache gioventù e vecchiaianon sono che gradiniverso l’eternità.

Helder Camara

ANNO EUROPEO DELL’INVECCHIAMENTO ATTIVO:

L’ARGENTO SEMPREVERDE

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3 Gli anziani nell’Annodell’invecchiamento attivo

6 Politiche per gli anziani: urge partecipazione

9 Il welfare dei nonni

11 Casa famiglia: istruzioni per l’uso

14 Per carità e per giustizia

16 Comunicare socialmente inrete fa bene al Terzo settore

19 Norme giuridiche e giurisprudenza

23 Onlus: soggetti svantaggiati

24 Colpo d’ala

I GIORNI DELLA MEMORIA

9 MAGGIO: giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo.Questa data, rievocativa dell’uccisione dell’on. Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, può (deve) esserecolta – particolarmente dalla scuola – per trasferire sulle spalle del nostro presente il peso e il messaggio dialcuni tragici appuntamenti della storia.Fare memoria non è semplicemente ricordare, è rivivere, rendere attuale, tracciare un filo di continuità trapassato-presente-futuro, così che le esperienze, esaltanti oppure terribili, possano assumere il valore della ri-flessione e dei comportamenti conseguenti.9 maggio: giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo.Ad esso vanno uniti: il 27 gennaio, memoria della shoah; il 10 febbraio, memoria delle vittime delle foibe; il12 novembre, memoria dei caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace.E gli vanno uniti anche tutti quei giorni nascosti e personali che possono essere occasione per scacciare dallanostra coscienza comode assoluzioni liberatorie.

(Tra le trasmissioni televisive sulla memoria della shoah, molto toccante è stata”Ausmerzen - Vite indegne di essere vissute”, diMarco Paolini).

GP.M.

SOMMARIOPIAZZA DELLE ROSE

Piazza delle Rose, a Lublino,ha l’odore dei corpi lacerati.Ho visto Majdaneksotto un cielo di nuvole basse,distese a rendere più cupo l’arresto dei pensierie più tormentato il tentativo di preghiera.

Piazza delle Rose, a Lublino: il timore di calpestare, camminando,il pianto del breve sentiero;la sensazione dell’onda dei passie delle scarpe,delle scarpe infinite ...;i fiori gialli e i fili d’erba sottilinati a confondere il ricordo oscuro.

Piazza delle Rose, a Lublino: l’orrore di caricare sul sangue degli uominianche il peso di un’ultimaincredibile ironia.

G.Paolo Manganozzi

(Nel lager di Majdanek Le SS chiamavano Piazza delle Rose il luogo arrossato dalle macchie di sangue dei prigionieri fucilati o torturati).

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di Renato Frisanco*

Nel nostro Paese si constata che, pur in unperiodo di crisi e mentre la popolazione

invecchia, aumenta la percentuale degli ita-liani che dichiarano di godere di un “buono”stato di salute (si passa dal 69,3% nel 2009 al70,6% nel 2010, Indagine Multiscopo Istat).

VISIONE OLISTICA DELLA SALUTE

Gli anziani aumentano (lo sono due italianisu dieci), al contrario dei giovani, largamenteesclusi dal mercato del lavoro, così come di-minuisce la popolazione attiva. Ciò significache mentre il Paese invecchia il sistema diWelfare ha meno risorse per soddisfare pie-namente i bisogni multidimensionali deglianziani. Così che se essi vogliono invecchia-re bene ed evitare di fare un precoce ricorsoai servizi socio-assistenziali e sanitari devo-no mantenersi attivi, nel corpo e nella mente.Come? Attraverso l’adozione di stili di vitasani, unitamente all’esercizio di interessi, cu-riosità, hobby, relazioni. Si tratta di avere o direcuperare una visione olistica, complessivadel “bene salute”, quest’ultima intesa comestato di benessere fisico-psico-relazionale.Se è certo che con l’invecchiamento aumen-

ta la probabilità di acquisire una malattia è al-tresì fondamentale che tale stato patologiconon degeneri in disabilità e per fare questonon è sufficiente affrontarlo sul piano medi-co-farmacologico. Il cambiamento epocale dovuto ad un au-mento degli anni di vita attiva, che riguardaoggi oltre 12,3 milioni di over 65, di cui circa11 milioni ancora “produttivi”, coinvolgetutta la popolazione e, in particolare le fami-glie, mentre le istituzioni hanno un ruolosempre più importante di prevenzione e pro-mozione della salute degli anziani. Coinvolgetutta la popolazione per almeno due validimotivi: perché la prevenzione alla salutenell’età senile inizia molto prima del rag-giungimento del 65° anno di età. Chi arri-va a questa età in cattive condizioni di salute,basso reddito, con malsane abitudini alimen-tari, problemi relazionali, scarsa curiosità perla vita, carenza di interessi a latere di quelli la-vorativi, è destinato ad andare incontro a si-tuazioni di disagio, isolamento, sofferenza,patologia cronica-genenerativa. Il secondomotivo è che la società tutta deve farsi ca-rico di questo fenomeno e, lungi dal rimuo-verlo, deve gestirlo come una risorsa da atti-vare e da mantenere viva evitando pregiudizi

Questo è il simbolodell’Anno europeodell’invecchiamentoattivo e della solidarietàtra le generazioni,inaugurato il18.1.2012 perspronare gli Stati,ogni Pubblicaamministrazione, la società civile, gli imprenditori, la SCUOLA avalorizzare lapartecipazione degli anziani allavita della società.

GLI ANZIANI NELL’ANNODELL’INVECCHIAMENTO ATTIVO

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diffusa è la prestazione remunerata della co-siddetta “badante”. Peraltro l’uso nostranodel termine “badante” ha una valenza negati-va, perché minimizza le risorse e le potenzia-lità dell’assistito, ed appare inappropriato per-ché generalmente a questa figura viene richie-sta anche la collaborazione alle faccende do-mestiche. Tale figura è in considerevole au-mento a fronte di 1,7 milioni di anziani nonautosufficienti nel nostro Paese.

ANZIANI CON PIU RISORSE ALLA RICERCA DI NUOVI RUOLI

Quella dell’anziano oggi è in una cospicuamaggioranza di casi una condizione contanti “più”. Recenti indagini attestano cheuna persona arriva oggi all’età anziana conpiù anni da vivere, con più salute, più risorsemateriali (circa il 50% è abbiente), più istru-zione (siamo alla prima generazione di an-ziani con titolo di studio superiore alla terzamedia), più voglia di vivere e di fare in virtùdi un atteggiamento positivo nei confrontidella vita quotidiana. In generale sempre piùanziani non rinunciano al telefonino, vannoin palestra, apprezzano il computer, sono at-tenti al rapporto qualità-prezzo ma non di-sdegnano le spese “per sfizio”. Di particola-re interesse risultano poi i dati sulla loro pro-pensione al risparmio e all’investimento esono diventati un target molto studiato dalmarketing. Gli anziani sono inoltre semprepiù in grado anche di autorganizzarsi e dipartecipare, passando dalla nostalgia alla cu-

riosità, dalla stabilitàal cambiamento, dalfatalismo al progetto.Non a caso a partiredagli anni ‘90l’attenzione delle po-litiche e degli inter-venti per gli anziani,portate avanti soprat-tuttodall’associazionismodegli stessi anziani, siè concentrata mag-giormente sul settoredel tempo libero;vengono infatti ali-mentate iniziative inambito ricreativo rivi-sitando l’ottica cheaveva animato i tradi-zionali “Centri anzia-ni” riscoprendone an-che la valenza cultura-

e stereotipi negativi in riferimento, per altro,ad una minoranza non più residuale né silen-ziosa e anche ben rappresentata.

FAMIGLIE E ANZIANI: RAPPORTO ASIMMETRICO

L’invecchiamento della popolazione coinvol-ge le famiglie per un aumento significativo diquelle con almeno una persona anziana e diquelle composte esclusivamente di anziani.D’altra parte, la struttura familiare non garan-tisce più un supporto certo agli anziani chehanno bisogno di assistenza per il fatto cheessa è sempre più assottigliata e frammentatae le generazioni dei figli cinquantenni, (piùspesso le figlie) fanno fatica a garantire assi-stenza ai loro genitori anziani, magari dopoavere avuto un considerevole aiuto da questiper l’accudimento dei figli. I dati Istat segna-lano la crisi delle stesse reti di aiuto infor-male, a sostegno di persone connotate damaggiore vulnerabilità. L’impegno dei care gi-ver (offrono cura) è diminuito e con esso lacopertura delle famiglie bisognose di aiuto,siano esse della cerchia parentale che esternead essa, in aumento. Se è vero che più personeoggi fanno parte della rete di care giver (il26,8% del 2009 a fronte del 20,8% del 1983) èpur vero che esse hanno meno tempo da de-dicare agli altri, un’età media più avanzata e sitrovano di fronte a un maggior numero dipersone/famiglie bisognose di aiuto e per unperiodo più lungo dell’esistenza. Ciò com-porta una netta riduzione delle famiglie chebeneficiano del suppor-to delle reti informali(dal 23,3% del 1983 al16,9% del 2009). L’Istatcalcola che vi siano cir-ca due milioni di indivi-dui, soprattutto anziani,che non trovano ade-guata protezioneall’interno della famigliané possono avvalersi diaiuti esterni, pubblici odella rete informale. Ri-cevono aiuto dai care gi-ver soprattutto le donnecon figli minori che la-vorano e meno gli an-ziani, soprattutto sel’impegno è costantenel tempo o senza re-spiro come nel caso deinon autosufficienti; peri quali la soluzione più

NON ARRENDERTI MAI

Qualunque cosa accadanon arrenderti mai,sviluppa un buon cuore.Noi poniamo molto impegnonello sviluppo della mentee non coltiviamo l’amore.Sii compassionevolenon solo con i tuoi amicima con tutti gli esseri.Sii compassionevolelavora con la pacenel tuo cuore e nel mondo.Lavora per la pace e ricordanon arrenderti maiqualunque cosa accada intorno a te.Non arrenderti mai.

(Sua Santità il 14° Dalai Lama)

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le, così come si moltiplicano le Universitàdella Terza età, le attività socialmente utili(“il nonno vigile”) fino alla sperimentazionedel servizio civile per gli anziani (come in Ve-neto), la coltivazione dell’orto in concessio-ne, l’inserimento di attività di animazione so-cio-culturale nelle case di riposo. L’obiettivodi tali iniziative è una più netta caratterizza-zione dell’anziano come attore sociale, inaltri termini, un soggetto destinato non a ve-dere il deperimento della propria relaziona-lità e quindi della propria identità, ma capacedi rinnovare interessi e costruire nuovi pro-cessi relazionali e comunicativi di cui è pro-tagonista. D’altra parte proprio nel momen-to in cui perde un ruolo sociale esercitato nelcorso della vita lavorativa l’anziano aspira adassumerne di nuovi per far sì che la vecchiaiarimanga un’età intensa della vita. La capacitào la possibilità di coltivare valori e ideali, so-ciali, politici o solidaristici, permetteall’anziano di elaborare progetti per il futuroe di mantenere un’attività creativa, fonte diautonomia e di benessere. Le politiche socia-li attuali devono assecondare e incoraggiarel’orientamento degli anziani a realizzarsicompiutamente ed essere fonte di ricchezzaper la società contrastando in tal modo il sor-gere di dipendenza e invalidità che sonospesso sintomi e conseguenze ella sua esclu-sione sociale.

ANZIANI IMPEGNATI NEL VOLONTARIATO ENELL’ASSOCIAZIONISMO

Non a caso si assiste ad una espansionedell’impegno degli anziani nel volontariato enell’associazionismo, in quanto terreno otti-

male di realizzazione diun’anzianità attiva e protago-nista nella costruzione di unacomunità solidale. Quanto sono attivi gli anzianinel nostro Paese? Si può direche la maggior parte di essi losiano soprattutto in due setto-ri: come care giver, a supportodelle loro famiglie o di altri be-neficiari, se non nel volonta-riato organizzato e poinell’associazionismo, soprat-tutto di promozione sociale. Asottolineare il ruolo dei priminel sostegno al welfare contri-buisce una ricerca dello Spi-Cgil Emilia-Romagna condot-ta su 1.556 anziani tra i 60 e i 75

anni da cui si evince che il 79% di essi offreun aiuto informale a familiari, amici e vicinidi casa dedicandovi in media 2 ore e mezza algiorno. Si tratta di una risorsa spontanea, inbuone condizioni sia di salute che di livellosocio-economico e con molto tempo libero,dato che l’87,1% è in pensione (il 12,5% so-no casalinghe). Secondo le ultime stime i vo-lontari attivi nelle compagini solidaristichedel nostro Paese rappresentano il 18% deltotale; essi si occupano soprattutto di altrianziani, in virtù di una solidarietà interna allapropria classe anagrafica che caratterizza inprevalenza anche l’impegno dei giovani. Op-pure intervengono con la pregressa cospicuaprofessionalità per mettere gratuitamente alservizio di tutti le loro qualificate competen-ze. Vi è poi l’universo dell’associazionismodi promozione sociale e delle attività deltempo libero dove gli anziani trovano soddi-sfazione alle proprie esigenze ricreative e disocializzazione. Ma sono anche interessati adincrementare competenze (si pensi al boom dicorsi di apprendimento all’uso di PC e inter-net) presso biblioteche e associazioni, non-ché ad acquisire nuove conoscenze, dalleesperienza di turismo culturale ai corsi uni-versitari, all’apprendimento di una secondalingua. Vi è anche il bisogno di recuperare inetà avanzata le occasioni di crescita personalee culturale perse nelle precedenti fasi della vi-ta, soprattutto da parte della popolazionefemminile penalizzata sul piano delle pari op-portunità. Investire nella socialità, creatività eattivismo pro-sociale degli anziani significaoggi arricchire la società e promuoverne lacoesione sociale insieme allo sviluppo.

* Fondazione Roma - Terzo Settore

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welfare che dovrebbe richiamare più at-tenzione e responsabilità di autorità e ope-ratori sociali. E c’è soprattutto una crisidi partecipazione degli anziani stessialle scelte che li riguardano.Gli anziani costituiscono un’area di perso-ne fortemente differenziata e problemati-ca, una vera e propria galassia, che si mani-festa dopo la conclusione dell’impegno la-vorativo. Il futuro si apre a una nuova età,che sarà condizionata da molti fattori delpassato e del presente: apertura culturale einteressi, relazionalità sociale, opportunitàsociali e ambientali.Il cambiamento repentino di ruoli e rela-zioni consolidate, che avviene col pensio-namento, può produrre conseguenze de-primenti e avviare un processo di de-clino che si manifesta in varie forme, più omeno velocemente, ma progressivo: de-pressione, apatia, isolamento, deriva esisten-ziale, povertà, ecc. che precedono, e sonoaggravate dal declino della salute e dallaperdita dell’autosufficienza.Il lavoro sociale con gli anziani può inter-rompere questo percorso e riaprire i giochi,intervenendo, con un’ampia gamma distrumenti, sul modello dell’organizzazionesociale, del sistema formativo, sulla pro-mozione d’opportunità, sull’attivazionedelle risorse personali, la riapertura di nuo-ve prospettive sociali e di qualità della vita.Il precipitare in una simile condizione, haspesso le sue radici nel come si è arrivati al-la terza età: alla salute, a stili di vita, capa-cità progettuale... Chi opera con, per, tra, gli anziani deveavere un quadro chiaro della situazione,dei suoi problemi, delle prospettive, da re-cuperare o creare, dando consistenza alle

di Franco Bentivogli

La prima condizione per affrontare ilproblema degli anziani in una propset-

tiva di politica attiva per una vita attiva ècostitito dalla conoscenza, caratteristiche,dimensioni, proiezioni. Nel caso degli an-ziani invece si va vanti per slogan, comple-tamente vuoti di idee e di conseguenze po-litiche. Primo tra tutti: GLI ANZIANISONO UNA RISORSA! In verità sonouna risorsa potenziale e tale rimane per-manentemente, in assenza di risposte atutto campo. Ma vediamo i dati essenziali:al primo gennaio 2011 gli anziani con65 anni e più sono il 20,3%, cioè 12 mi-lioni dei dei 60,6 milioni di abitanti, e diquesti cioè 2,4 milioni stimati come di-sabili per effetto dell’invecchiamento,che salgono a circa 3 milioni nel 2020 evia crescendo.Di fronte, una platea enorme di cittadiniutenti con bisogni differenziati, di vita atti-va, di impegno culturale e lavorativo, dispazi di intervento, e di promozionedell’impegno, salute e servizi di cura. Perdare delle risposte vere occorre evitare leaffermazioni retoriche, demagogiche epuramente propagandistiche. Grandi isti-tuzioni come quelle di cura e della salutenon si adeguano coi cerottini. Basti pensa-re ai servizi sanitari, modellati su una po-polazione giovane, quella del famosoboom, che ora è diventata la generazionedei vecchi e per i quali la medicina di baseoffre solo delle lunghe attese per gli utenti,una specialistica sempre più lontana e co-stosa e i pronti soccorso che spesso ricordano i gi-roni danteschi dell’inferno, mentre i dibattitinon sfiorano nemmenmo i problemi. C’èuna crisi di partecipazionenell’organizzazione dei servizi del

POLITICHE PER GLI ANZIANI:URGE PARTECIPAZIONE

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aggregazioni sociali, alle forme di rappre-sentanza, agli spazi di partecipazione,all’efficienza e all’efficacia dei servizi. Il volontariato - e l’insieme degli organismidel terzo settore - con le proprie specifi-cità, deve operare, progettando in questadirezione, diventando una forza di cam-biamento. Molto importante, in questadirezione, è la capacità del volontariato disensibilizzare la comunità locale, le istitu-zioni e i soggetti sociali e politici del terri-torio e ancor più, stimolare le forze socialia mobilitarsi per progetti comuni di cam-biamento delle condizioni e delle prospet-tive degli anziani, a partire dalla profonditàdell’impegno dei servizi di prevenzione, diriabilitazione e sperimentando nuove for-me di domiciliarità, alternativeall’istituzionalizzazione. Alla base del rapporto conl’anziana/o devono esserci il ri-spetto e la costante ricerca dellasua partecipazione alle finalitàdel lavoro sociale.Per questo l’attitudineall’ascolto e la semplicità neirapporti con gli anziani, so-no fondamentali, per capire,per comunicare, per essereaccettati, ed è la premessaper l’avvio di un servizio che opera inprofondità.Qualunque servizio, anche il solo rappor-to gratuito di una persona cordiale è gradi-to dagli anziani, ma non bisogna fermarsi,al generico gradimento del servizio, occorreandare oltre, costruire insieme, un proget-to di sviluppo della condizione personaledell’anziano stesso, possibile di verifichedei risultati.Naturalmente l’interesse del volontario sirivolge prevalentemente e prioritariamen-te a soggetti in difficoltà, compresi quelliospiti degli istituti e quindi alla platea piùcomplessa degli anziani.In questo approccio sono necessari chiaripunti di riferimento: 1) l’anziano è una persona a sovranità

piena, non a sovranità limitata e decre-scente, la cui dignità e diritti umani non

possono subire deroghe, in nessun ca-so, a partire dalla condizione di non au-tosufficienza o dal ricovero in istituti.

2) quali che siano le condizionidell’anziano, non bisogna mai rinun-ciare al lavoro di recupero, di riabilita-zione, anche se parziale, anche se mini-ma. Rinunciare alla riabilitazione signi-fica condannare l’anziano alla perditadi ogni speranza, ad abbandonarlo, anon riconoscergli nessuna, sostanziale,rilevanza umana, la fine di ogni pro-spettiva.

I soggetti sociali, le istituzioni, i servizi for-mativi, i servizi per il tempo libero, devonoessere parte attiva del progetto di promozionedell’anziano, rendendo concreta la sua par-

tecipazione, rispettarne le opzioni ideali,culturali e religiose. Ciò vale perl’associazionismo, i sindacati, i gruppi divolontariato, le parrocchie, la scuola e pertutte le occasioni d’incontro e di socializ-zazione. L’esercizio delle responsabilità e della par-tecipazione agli organismi e alle problemati-che politiche sociali sono i più importanti anti-doti al riflusso assistenzialistico, al vittimi-smo, alla paura dei cambiamenti, alle diffi-coltà nel dialogo e nella comunicazionecon i giovani, all’isolamento in un mondo aparte, senza speranza. La memoria dell’anziano non deve essereun rifugio, ma una risorsa che aiuta a vive-re il presente in modo attivo, esercitandoresponsabilità, perseguendo occasioni dicomunicazione, di partecipazione, dicontinuità, su questioni concrete, senza

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ciò le famiglie, più che entità da sostenere equindi salvaguardare, sono intese comerealtà su cui scaricare i problemi.Il volontariato ha un importante compitodi denuncia e di primo intervento, per la suapresenza nelle zone di frontiera della sof-ferenza, dell’ingiustizia, dei cambiamenti, iquali producono nuove possibilità, ma an-che nuove occasioni e forme di sofferenzae d’esclusione. Questa posizione, però,esige una seria capacità d’intervento e diproposta, se si vuol andare oltre al prontosoccorso per le nuove ferite.Fare politica per il volontariato vuol direproprio questo: dare voce e cittadinanza agliesclusi, essere scomodi, non lasciar dormire i re-sponsabili, promuovere nuove soluzioni, afferma-re nelle scelte criteri di priorità e di valori umani ri-levanti.La presenza e il servizio dei volontari de-vono coinvolgere organicamente la comu-nità locale, costituire un elemento forteper lo sviluppo di una cultura e di una pra-tica dell’accoglienza e della solidarietà, ver-so gli stranieri, i diversi e i più svantaggiati.I servizi del volontariato devono essereconcretamente utili, modularsi sulle situa-zioni concrete: istituti, famiglie, anzianisoli, e saper mobilitare altre risorse chepossono interagire con le sue, devono su-scitare nuove disponibilità nelle istituzionie nei servizi pubblici, producendo nuovesensibilità e nuove risposte.La vecchiaia non deve mai diventare l ’ e tàde l la progress iva interdizione , soprattut-to per gli anziani più deboli o non autosuf-ficienti, né in casa, né negli istituti.Partecipare, esprimersi, scegliere, decide-re, controllare, protestare, devono esserediritti riconosciuti, effettivamente fruibiliin ogni condizione (famiglia, istituti ecc.),che nessuna burocrazia di apparati puòcancellare. Il rispetto di questi diritti pre-suppone, naturalmente, una crescita cultu-rale degli operatori dei servizi, fondata sulprimato della persona dell’anziano, nuoveregole e flessibilità nei lavori di cura e ilsupporto di sostegni associativi non subal-terni, né alle corporazioni, né alle ammini-strazioni.

mai isolarli o marginalizzarli rispetto alresto della società e delle altre generazio-ni. Ciò vale per la politica sociale dei co-muni, come per l’associazionismo, per ilvolontariato, per i servizi sociosanitari,per i problemi del territorio, prestandoattenzione ad ogni barriera culturale, ar-chitettonica, burocratica o di pregiudizioche limita l’esercizio dei diritti e gli spazidi vita.Sono importanti le occasioni formative,dove, purtroppo, prevalgono le iniziativefacili ed elitarie, complementari e non dibase, escludendo, per contenuti ed acces-sibilità, la stragrande maggioranza deglianziani. La formazione è la prima levastrategica per una nuova politica per la ter-za età, per gli anziani come per gli operato-ri sociali, per passare da una gestione bu-rocratica e ripetitiva dei servizi, alla creati-vità e all’innovazione.Occorre promuovere nel territorio pro-getti per il superamento dell’esclusionesociale, favorendo un intervento a rete dei va-ri soggetti: amministrazioni locali, volonta-riato, associazionismo, sindacati, parroc-chie, caritas, cooperative sociali, operatorisociali pubblici, ecc., valorizzando le speci-fiche competenze, innovando coraggiosa-mente nei propri servizi e favorendo nuovesoluzioni e priorità per gli stessi governi lo-cali (penso alla gestione della domiciliaritàdegli anziani soli e a Case famiglia alternativealle forme di istituzionalizzazione), i qualispesso confondono i fini per cui esistono,con lo status quo di interessi corporativi.Partendo da servizi domiciliari si entra nelcuore dell’esclusione, dell’abbandono,della residualità nella società attuale. Ri-spetto a questi problemi le famiglie con-servano un ruolo centrale, ma queste, co-me nel caso di un componente la famiglianon-autosufficiente, si trovano a dover af-frontare impegni tali, 24 ore su 24, che so-no normalmente insostenibili da una fa-miglia sola. E i servizi domiciliari, per or-ganizzazione, rigidità, cultura, raramenteoffrono un sostanziale sollievo. I principi di giustizia, prima ancora diquelli di solidarietà, sono latitanti, per-

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di Giovanni Santone

Prima di Natale dello scorso anno le Re-gioni Lombardia e Piemonte hanno

deciso che medici e ospedali hannol’obbligo di esporre i costi delle prestazio-ni sanitarie sui referti (per ricoveri e specia-listica) con l’eventuale quota a carico delpaziente. Decorrenza 1 marzo 2012. Ilprovvedimento ha suscitato non pocheproteste a partire dall’ordine dei medici diMilano, che ritengono tale misura “umi-liante perché il cittadino, per essere curatodal servizio sanitario nazionale, paga già letasse”. Al contrario quanti sono favorevoliall’iniziativa ritengono che è “un segno ditrasparenza e responsabilità”. Non so sealtre regioni si accingano a seguire Lom-bardia e Piemonte, ma quello che non con-divido è di far passare sotto l’etichetta ditrasparenza una informazione che umiliala persona e dimentica il principio di soli-darietà sancito nella nostra Costituzione.Per completezza il servizio sanitario do-vrebbe quanto meno far conoscere anchequali sono i risparmi della sanità derivantidall’impegno nell’assistenza da parte deifamiliari di malati e quello del volontariato.E’ questa una solidarietà che non si quanti-fica in costi monetari.Prendo spunto da tale notizia per intro-durre alcune considerazioni collegateall’Anno europeo dell’invecchiamentoattivo e della solidarietà tra le genera-zioni.Per tale evento è interessante l’aggettivoattivo, che accompagna invecchiamento el’abbinamento a solidarietà tra le generazioni.E’ una riaffermazione che indica che lavecchiaia può esprimere potenzialità nellaazioni di solidarietà, riscoprendo valori diuna civiltà dove l’anziano, senza esaltazio-ne di un tempo passato, era il patriarca del-la famiglia e oggi può svolgere – come èsotto gli occhi di tutti – un ruolo di sup-porto alla famiglia dei figli, nel sostenerecosti e spese, ma anche nell’accudire i ni-poti. Sarebbe povera illusione quantificareil risparmio che si produce con l’apportodelle persone anziane, che attuano già da

anni gli obiettivi specifici individuati perquesto anno europeo dell’invecchiamentodal Dipartimento per le politiche della famigliadel nostro Governo. Ma chi è anziano? Faccio fatica a indivi-duarlo in base all’età. Vi sono ultraottan-tenni (un esempio per tutti il nostro Presi-dente della Repubblica Giorgio Napolita-no) che hanno una vitalità invidiabile.Quindi un primo aspetto da considerare èquello di mantenersi in forma attraverso uncomplesso di iniziative, misurate e valutateda un elevato indice di gradimento, comeho potuto constatare nella mia attività diamministratore di un comune di medie di-mensioni, come è Padova. Qualche cenno.Mi riferisco ad attività per gli anziani aventil’obiettivo di promuovere l’integrazionesociale e la partecipazione attiva, per con-trastare la solitudine e per coltivare capa-cità relazionali e costruire legami di solida-rietà. Certamente per realizzare le varie ini-ziative sono necessari spazi adeguati, spe-cifiche professionalità e supporti organiz-zativi. Alcuni esempi: laboratori di pittura,di teatro per stimolare creatività e comuni-cazione, ma anche di curiosità, comescambi socio-culturali con altre realtà delCentro e del Sud Italia, adeguatamentepreparati e ancora di recente realizzati conregioni, la cui storia è quasi sconosciuta,come il Molise e prossimamente la Basili-cata. Ho avuto modo di vedere il materialeprodotto (relazioni, foto e DVD): potreb-be essere utilizzato anche nelle scuole. In-fatti conoscersi servirebbe a superare an-che certe diffidenze verso gli altri, di origi-ne e cultura diverse.Sempre nell’ottica della socializzazione edel superamento del “chiudersi in se stes-si” dovrebbero essere sviluppate le inizia-tive di soggiorni climatici estivi, ma anchele “passeggiate mirate” per conoscereluoghi e spazi suggestivi della propriacittà.Tornando all’impegno degli anziani mihanno colpito le pagine del Corriere della

IL WELFARE DEI NONNI

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che si era avvicinato a lei e al suo nipotinocon l’espressione: non mi toccare, quasi a si-gnificare il tuo colore indica sporcizia. Tra le iniziative da segnalare come positivene riporto una che mi coinvolse,quand’ero assessore a Padova nei famosianni ’90, che il citato foglio del Corrieredella Sera riporta con il titolo Quando ad es-sere adottato (in casa) è lo studente (ma anche ilgiovane lavoratore). Se vi è spesso una cer-ta diffidenza da parte delle persone anzia-ne sole, vi sono però anche anziani che de-cidono di affittare una stanza o un appar-tamentino a studenti e anche a lavoratori,in cambio non tanto dei soldi dell’affittointero, ma di compagnia, di assistenza e diqualche servizio, come ad esempio la spesaquotidiana, l’acquisto di medicinali e altrecommissioni.Vedo con piacere che l’iniziativa è sponso-rizzata oggi dall’Avv. Silvio Barbiero di Pa-dova, presidente vicario dell’Uppi (Unio-ne dei piccoli proprietari di immobili). So-no previsti anche sgravi fiscali, che si sperapossano essere mantenuti.

Sera dell’8 gennaio (è un inserto dal titoloNuovi Veneti). Il primo articolo, riferitoperaltro al contesto nazionale, è il seguen-te: Il welfare dei nonni: accudiscono i bambini,aiutano economicamente figli e nipoti… lavoranosempre di più… Ma soprattutto fa rifletterel’editoriale di Vittorio Filippi, che sui non-ni bene sintetizza con la frase da custodi del-la memoria a produttori di Pil. Al riguardo citauna ricerca del Sindacato pensionati dellaCgil che stima che tutta l’attività di aiutosvolta dagli anziani – compreso il volonta-riato – rappresenti l’1,2 % del Pil del no-stro Paese. Per concludere vorrei citare un piccoloesempio di solidarietà di persone anziane,che si sono impegnate a confezionare inquesto inverno rigido, berretti di lana per idetenuti del carcere di Padova. Ma ancheda anni preparano pullover per bambinidel terzo mondo.A fronte di tale manifestazione concretadi solidarietà devo purtroppo citare ancheesempi, non proprio educativi, di unanonna che allontana il ragazzo di colore,

LA SAGGEZZA DEI TIMONIERINulla di vero, dunque, affermano quelli che diconoche i vecchi non sono adatti all’attività politica: somigliano a chi dice che il timoniere, in navigazione,non fa nulla, dato che altri salgono sugli alberi,altri corrono su e giù sui ponti, altri svuotano la sentina dall’acqua,mentre lui, tenendo la barra del timone, se ne sta in riposo, seduto a poppa!Non fa quei lavori che fanno i giovani, ma ne fa altri molto più serie importanti. Le grandi cose non si fanno con la forza o con la velocità o con l’ agilità del corpo, ma con la saggezza, con l’autorità, con il prestigio;delle quali virtù la vecchiaia di solito nonsolo non è priva, ma anzi ne è arricchita.

Certo (Scipione) non si sarebbe dato alla corsa néal salto, né al lancio dell’asta da lontano, né ai combattimenti con la spada, bensì alla politica,al buon giudizio, alla saggezza. E se queste doti non ci fosseronei vecchi, i nostri antenati non avrebbero chiamato“Senato” la massima assemblea dello Stato.Presso gli Spartani, quelli che reggono la più importantemagistratura, sono chiamati, come sono in realtà, “vecchi”.E se volete leggere o ascoltare la storia dei popoli stranieritroverete che i più potenti Stati sono mandati in rovinadai giovani, mentre sono risollevati e rimessi in piedi dai vecchi.

M. T. Cicerone (“De Senectute”)

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di Orietta Ciammetti *

Inizio questo breve contributo condue delle numerose domande che mi

sono posta e spesso ancora mi pongo ealle quali non sono riuscita mai a dare ri-sposte per me soddisfacenti. Me le pon-go in qualità di mamma, di moglie, di fi-glia, di donna, di professionistadell’aiuto, probabilmente nella speranzadi intercettare nel non detto e nel nonpensato le motivazioni che mi hanno

spinto a trasformare 12 anni fa la mia vi-ta,con l’obiettivo di realizzare il comunedesiderio familiare di aprire le porte dellanostra casa e di noi stessi a chi ne avessebisogno.Gli esiti dell’impresa sono fondamental-mente positivi, nonostante le grandi diffi-coltà incontrate nella sua realizzazione enella gestione complessiva. Nel corso de-gli anni abbiamo ospitato e aiutato circa50 bambini con le loro famiglie, di età,nazionalità, genere diverso, che hannopercorso un tratto della loro strada di vitaaccompagnati da noi e da tanti educatori evolontari che prestano la loro opera con-dividendo la filosofia e gli obiettivi dellanostra comunità.La Casa famiglia è un “famiglia” più gran-de dell’usuale, con tanti figli, tanti fratelli,tante mamme, papà, zii e zie, dove gliospiti vivono nella maniera più normale

CASA FAMIGLIA: ISTRUZIONI PER L’USO

“Cosa spinge un famiglia “normale”a trasformareradicalmente il proprio assetto, mettendo in giocotutte le proprie risorse a favore degli altri?”“Perché scegliere di andare “oltre” un’azione di aiuto che potrebbe comunque risultare utile e positiva anche senza coinvolgersi totalmente negli affetti, nell’impegno quotidiano, negli investimenti futuri?”

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garantire un servizio adeguato alle molte-plici necessità manifestate dall’utenza.La normativa per l’apertura delle Comu-nità residenziali di tipo familiare si articolasia a livello nazionale che locale. Ogni am-ministrazione locale, regionale e comuna-le, si dota di una legislazione applicativa,dettando le norme specifiche perl’apertura e il funzionamento delle strut-ture. Nella Regione Lazio, ad esempio, cisi riferisce alla seguente normativa: • Legge Regionale n. 41 del 12 dicembre

2003 “Norme in materia di autorizzazioneall’apertura ed al funzionamento di struttureche prestano servizi socio-assistenziali”;

• Regolamento Regionale 18 gennaio2005, n. 2 “Regolamento di attuazione dell’art.2 della L.R. 12.12.2003 n. 41. Modalità eprocedure per il rilascio dell’autorizzazione ed alfunzionamento delle strutture che prestano servi-zi socio-assistenziali”;

• Deliberazione della Giunta Regionale27 marzo 2001, n. 424 “Normativa barrie-re architettoniche, verifiche ed autorizzazioni.Linee guida.”;

• Deliberazione Giunta Regionale 23 di-cembre 2004, n. 1305 “Autorizzazioneall’apertura ed al funzionamento delle struttu-re a ciclo residenziale e semiresidenziale che

possibile la loro quotidianità. Si tratta diospiti ”speciali”, che provengono da si-tuazioni familiari complesse, da cui sonostati allontanati non senza subire un gravedanno psicologico conseguente ai vissutidi abbandono che tutti noi sperimentia-mo nel momento in cui dobbiamo sepa-rarci dai nostri affetti.Il nostro compito è proprio quello di cer-care di alleviare la sofferenza di questibambini, “curando” le loro ferite attra-verso l’accudimento.Aprire una Casa famiglia è un po’un’avventura, in quanto le barriere buro-cratiche si ergono imponenti fino a deter-minare spesso sentimenti di scoraggia-mento e profonda delusione. E’ sicura-mente una sfida che può essere però su-perata positivamente con la determina-zione e la prospettiva di poter veramenteaiutare chi si trova in grave difficoltà.Le difficoltà che emergono sono in partedovute a un panorama legislativo pensatoper la tutela dei minori che hanno la ne-cessità di essere allontanati dalle famigliedi origine, per garantire loroun’accoglienza professionalmente quali-ficata. La solidarietà deve procedere insie-me alla competenza e all’esperienza per

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prestano servizi socio-asistenziali. Requisitistrutturali e organizzativi integrativi rispettoai requisiti previsti dall’art. 11 della L.R. n.41/2003.”

Una volta ottenuta dall’amministrazionecomunale l’autorizzazione al funziona-mento la Casa Famiglia diventa operativa.I minori vengono allontanati dalla fami-glia di origine dai Servizi sociali territoria-li, con l’intervento del Tribunale dei Mi-norenni qualora non venga espresso ilconsenso da chi esercita la potestà genito-riale. In presenza di consensol’allontanamento può essere disposto di-rettamente dal Servizio sociale.L’allontanamento si ritiene indispensabilein presenza di gravi difficoltà familiari re-lative a molteplici motivazioni e solo nelcaso in cui il minore è soggetto a un realerischio per la sua incolumità fisica e psico-logica. Lo scopo è quello di garantire alminore, in maniera temporanea, la cresci-ta in un ambiente adeguato e alla famigliadi poter trovare o ritrovare le risorse perpotersi occupare del proprio figlio rispon-dendo a tutte le sue necessità.Parallelamente all’allontanamento e collo-camento del minore in struttura protetta, iServizi dispongono un percorso di indagi-ne sulle capacità genitoriali e, laddove sene ravvisino le risorse, un progetto di so-stegno alla genitorialità. Tutto ciò per po-ter garantire al minore il rientro in famiglianel più breve tempo possibile.Qualora le risorse genitoriali non emerga-no, i Servizi o il Tribunale possono stabili-re, sempre in via provvisoria e tempora-nea, il trasferimento del minore in una fa-miglia alternativa alla famiglia di origine,attraverso l’istituto dell’affidamento fami-liare, disciplinato dalla Legge n.149/2001.Durante il periodo di svolgimento di tut-to l’iter descritto che, purtroppo, allo sta-to attuale risulta essere molto lungo ecomplesso, all’interno della Casa famigliavengono attuati tutti gli interventi ritenutiutili e necessari per garantire lo sviluppodel minore.Per fare ciò viene utilizzata una metodolo-gia improntata sul “modello familiare” in

cui il bambino “abita” la famiglia e la co-munità territoriale nell’otticadell’accompagnamento verso il raggiungi-mento delle tappe evolutive, svolgendo at-tività familiari comuni: consumare pasti,guardare la televisione insieme, controlla-re i compiti... e inserendosi nell’ambito ex-tra-familiare: scuola, attività sportive pub-bliche, partecipazione a feste di complean-no... Il bambino sperimenta la famiglia conle regole di comportamento a cui tutti,educatori, personale ausiliario ed operato-ri volontari, sono chiamati a conformarsi,fornendo l’indispensabile modello di so-cializzazione.Ove sia presente la famiglia di origine sifavoriscono, se opportuni, i contatti cer-cando di rivalutare le figure genitorialiche, nella maggioranza dei casi, sono vis-sute esclusivamente in termini di abban-dono. Far sentire al bambino che i genitorilo amano, anche se momentaneamentenon possono occuparsi di lui, gli forniràquella base di sicurezza indispensabile alsuo sviluppo psicofisico, la sicurezza diessere comunque accettato e il desideriodi avere una famiglia.I legami che si creano all’interno della Co-munità non dovrebbero essere spezzati almomento della dimissione. Spesso, manon sempre, le famiglie di origine o le fa-miglie affidatarie, garantiscono il mante-nimento dei rapporti con gli operatori del-la Comunità e consentono ai bambini di“tornare” in Casa famiglia. Ciò risulta difondamentale importanza per evitare unnuovo “strappo”, una separazione già inprecedenza vissuta e per la cui elaborazio-ne il bambino ha dovuto pagare un eleva-to costo emotivo.La Casa famiglia, in sostanza, articolal’intervento dei propri operatori sul passa-to, sul presente e sul futuro del minore, neltentativo di spezzare il circolo vizioso didisagio transgenerazionale che spesso, inassenza di interventi finalizzati alla sco-perta e alla valorizzazione delle potenzia-lità individuali, genera il perpetuarsi di si-tuazioni di grave disagio in soggetti ad altotasso di vulnerabilità.

*Pedagogista clinico

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dall’Unità di Italia dai religiosi e dalle reli-giose: una storia completa e documentatadella assistenza in Italia dalla parte degli ul-timi ed un quadro degli interventi e delleprestazioni “inventate” dalla Chiesa e tra-sfuse poi, negli anni, nella legislazione so-ciale italiana. Quello che oggi è prassi co-mune e garantita, è stato anticipato dallaseconda metà dell’Ottocento dagli istitutireligiosi, che da sempre affrontano le que-stioni più dolorose e difficili e divengonopoi altrettanti modelli per i legislatori e gliamministratori pubblici. Un capitolo, condati originali, è riservato alla rete di colle-gamenti intervenuta per la protezione de-gli ebrei nel corso dell’ultima guerra. Com-pleta il volume uno studio di Maria Bezzeche mette a confronto i dati del IV Censi-mento dei servizi sanitari, sociosanitari esocioassistenziali con quelli della Rileva-zione delle opere dei religiosi oggetto dellaricerca. Non solo storia, dunque, ma attua-lità e progetti per il futuro.

LA RELAZIONE DEL PROF. ROSSI

Uno sguardo di insieme alla storiadell’assistenza in Italia attraversol’impegno degli istituti religiosi, con conti-nui rimandi alla parte iniziale del libro, incui le varie esperienze innovative vengonoesposte, quello compiuto dal prof. Ema-nuele Rossi nella sua relazione. Esperien-ze troppo numerose ed interessanti perpoter essere riassunte in questo articolo;ci soffermiamo, invece sulla domanda po-sta a conclusione del suo intervento e sulleproposte da lui stesso avanzate: quale in-segnamento possiamo trarre da questastoria per il presente e per il futuro, affin-ché sia viva e vivificata per costruire undomani migliore? “In primo luogo - afferma Rossi - credo chel’impegno che se ne trae, per tutti e in particolareper coloro che hanno responsabilità istituzionali,sia di valorizzare e favorire la capacità del terzosettore di leggere i bisogni sociali e di individuaresoluzioni innovative, al fine di favorire un progres-so di conoscenze e di risposte in ambito sia privatosia pubblico. Occorre a tal fine ricordare che ilprincipio di sussidiarietà è effettivamente ed effica-

di Maurizio Giordano

Con la partecipazione del Segretariodi Stato, S. Em. Tarcisio Bertone,

del Ministro del lavoro e delle politichesociali, Elsa Fornero, del sindaco di Ro-ma, Gianni Alemanno, del presidentedell’Assemblea Capitolina, Pomarici, siè svolto il 25 febbraio scorso a Roma, inCampidoglio, il Convegno “Per carità eper giustizia”, a conclusione della ricer-ca condotta dalla CISM, dall’USMI edalla Fondazione Emanuela Zancan,nell’ambito dei progetti della Fondazio-ne Roma-Terzo settore, che ha indagatosull’apporto degli istituti religiosi allostato sociale italiano nei primi 150 annidall’unità d’Italia. Un apporto di gran-dissimo spessore e fortemente innovati-vo, avendo i religiosi e le religiose antici-pato, con le loro opere caritative, moltedelle prestazioni ed interventi che sonopoi stati recepiti dall’ordinamento giuri-dico italiano.I risultati della ricerca sono pubblicati nelvolume (curato dalla Fondazione Zan-can) “Per carità e per giustizia: Il contri-buto degli istituti religiosi alla costruzionedel welfare italiano”, il cui senso è stato il-lustrato da S.E. mons. Domenico Can-cian (Vescovo di Città di Castello), daipresidenti della CISM, don Alberto Lo-renzelli, dell’USMI, madre Viviana Balla-rin, della Fondazione Roma, prof. Emma-nuele F.M. Emanuele, e dal nuovo Diret-tore della Caritas italiana, mons. France-sco Soddu. Due le relazioni: del prof.Emanuele Rossi, sull’evoluzione del siste-ma giuridico italiano e sulla storia e sul ri-lievo della nostra Costituzionenell’assetto dei servizi alla persona, e dimons. Giuseppe Pasini, sulle ricadute sul-la comunità civile e sulle ricadute pastora-li. Ha concluso il segretario generale dellaCISM, padre Fidenzio Volpi.Il volume (che può essere richiesto alla CI-SM, via degli Scipioni, 256, Roma - 00192)contiene studi, esperienze e dati sulle in-novazioni introdotte nei 150 anni

Per carità e per giustizia. Il contributo degli istituti religiosi alla costruzione del welfare italiano (Roma, 25 febbraio 2012)

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cemente realizzato non tanto laddove vi siaun’integrazione tra privato e pubblico sul versantedell’erogazione dei servizi, quanto soprattutto al-lorché i soggetti privati partecipino e siano coinvoltianche nella fase della progettazione e della verificadegli interventi. Per giungere a tale risultato occor-re che gli enti del terzo settore siano capaci di con-tribuire a che l’amministrazione pubblica si calinel nuovo ruolo che il modello di welfare commu-nity le attribuisce, nel passaggio da una funzionedi “gestione” dei servizi a “regolazione” degli stes-si, da realizzare attraverso una molteplicità diazioni di controllo e di garanzia. E ciò onde evita-re il rischio che l’attivismo del terzo settore si tra-duca in una sorta di “ritiro” del pubblico dalle suefunzioni: mentre la prospettiva da perseguire è lagaranzia di una “regia” pubblica efficace del com-plesso di soggetti - pubblici e privati - partecipantialla programmazione, gestione e offerta dei servi-zi, per la garanzia piena dei diritti delle persone.

Ciò può passare anche attraverso la capa-cità degli enti del terzo settore di ripensare eridefinire la propria missione, come sin quiessi hanno dimostrato, in larga misura, disaper fare”.Un secondo insegnamento che si de-ve trarre per il futuro riguardal’esigenza di costruire una partecipa-zione capace di realizzare un gover-no territoriale del welfare, al fine di da-re organizzazione e socialità alle ri-sposte. Questo tema impone di ri-pensare e definire le modalità di par-tecipazione del terzo settoreall’elaborazione delle politiche pub-bliche, a partire dal livello locale sfa-tando l’idea diffusa di una contrap-posizione tra partecipazione ed effi-cienza. E’, invece, evidente come neisistemi pubblici moderni l’efficienzadecisionale non possa fare a meno

della democrazia e della partecipazione: eche anzi i processi effettivi di cambiamen-to richiedono oggi sempre più, per essereefficienti, percorsi di partecipazione, con-senso e condivisione. “Tale esigenza è stretta-mente connessa alla crescita di complessità delle so-cietà moderne: esse esigono processi inclusivi equindi partecipati perché soltanto attraverso la co-noscenza e il successivo confronto le diverse istanzeriescono a trovare sintesi positive ed efficaci, capacidi essere accettate e sostenute da chi ne è il destina-tario. In tal senso il ruolo del terzo settore è decisi-vo, perché teso a rappresentare non interessi parti-colari, quanto invece un modo specifico e disinteres-sato di leggere e rappresentare l’interesse generale”.Un altro insegnamento discende diretta-mente dalla storia della carità (nel sensopieno del termine sul quale Benedetto

XVI si sofferma nelle sue Encicliche) rac-contata nel volume e che chiama tutti aduna prospettiva di impegno ulteriore, cheva ben al di là del terzo settore. “Se infattil’assistenza è una necessità, a fronte dei bisogniesistenti e delle difficoltà a farvi fronte, tuttavianon va dimenticato che essa interviene dopo che ilbisogno si è prodotto, al fine di ripristinare la si-tuazione precedente all’emergere del bisogno stessoovvero a fornire un sostegno e un accompagnamen-to. E allora occorre operare, anche da parte delleopere che si richiamano alla fede cristiana, affinchéci siano sempre meno persone che hanno bisogno diquel tipo di assistenza.” Ed è questo il compi-to di una politica alta, volta al lavoro, allaformazione, all’abitazione, ad un sistemadi sicurezza sociale armonico ed equa-mente distribuito. Una quarta indicazione riguarda il ruolodella famiglia, la quale dovrebbe essereconsiderata non come destinataria dellepolitiche di welfare ma come risorsa, e quin-di co-protagonista, insieme agli enti delterzo settore e agli altri attori, dei suoi in-terventi. Da ultimo, il prof. Rossi si è soffermatosulla prospettiva politica e normativa, nellaquale si deve superare sul piano culturale,prima ancora che su quello giuridico-nor-mativo, la concezione che ritiene i dirittisociali come finanziariamente condiziona-ti ed ha, in proposito, ricordatol’orientamento della giurisprudenza costi-tuzionale, per cui ogni diritto «basato su nor-me costituzionali di carattere programmatico è ga-rantito a ogni persona come un diritto costituzio-nale pur condizionato dall’attuazione che il legi-slatore ordinario ne dà, tenendo conto dei limiti og-gettivi che questi incontra nella sua opera di attua-zione in relazione alle risorse organizzative e fi-nanziarie di cui dispone al momento» (sentenzan. 455/1990). Una posizione rafforzatadalla costituzionalizzazione dei livelli es-senziali delle prestazioni concernenti i di-ritti sociali (di cui all’art. 117, comma 2,lett. m) della Costituzione) per i quali nonvale il condizionamento delle risorse eco-nomiche disponibili. Una costituzionaliz-zazione rimasta, almeno per l’assistenzasociale, sulla carta a dodici anni dalla rifor-ma. “La logica della solidarietà che queste pagineci suggeriscono, e che meritano anche per questo diessere lette e meditate, - è la conclusione diEmanuele Rossi - induce a ritenere che prima visono i diritti, e che questi occorre garantire, speciealle categorie più deboli: in funzione di questoobiettivo vanno raccolte le risorse, che devono essereadeguate alla tutela di tali situazioni, oltre che ov-viamente agli altri scopi della comunità”.

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de forza di questi strumenti infatti risiedenella loro interattività, non solo “intesa comesemplice possibilità di scelta tra le diverse opzioni of-ferte o anche della possibilità di inviare un commentoo una risposta all’autore, interattività qui ha il sensopieno di includere ogni “partecipante” nel sistema,rendendolo parte delle decisioni e degli orientamenticollettivi, sia nei termini delle scelte da operare, sia inquello del giudizio reciproco sui suoi protagonisti”.2

Ma per realizzare questa interattività, nonbasta comprare un dominio e caricare sulla

rete delle pagine3, bisogna an-che acquisire un linguaggio

specifico4, fatto di ipertestinavigabili dal lettore,dando a quest’ultimo lapossibilità di dire la sua,di completare il testo, tra-

sformandolo da semplicefruitore della comunicazione

a co-autore della stessa. Oltre a ciòbisogna tenere nel giusto conto le “norme diusabilità e accessibilità. Indicano come fare un sito incui siano riconoscibili con chiarezza l’identitàdell’emittente e la sua “ragione sociale”, che ogni suaparte sia – se non necessario altrimenti – omogeneadal punto di vista stilistico, che presenti in ogni suasezione “barre di navigazione” e indicazioni sullaprovenienza delle informazioni, che queste ultimesiano ben organizzate e aggiornate, che sia ricevibile

di Luca Testuzza

Esistono almeno tre buoni motivi perchéun’organizzazione non-profit debba

comunicare verso l’esterno in modo effica-ce. Innanzitutto per far conoscere meglio lapropria mission e quindi raggiungere più fa-cilmente le persone che possono aver biso-gno di aiuto. In seconda battuta per avvici-nare all’organizzazione dei potenziali volon-tari/soci e allo stesso tempo renderla notaanche alle istituzioni e a tutti gli eventualipartner. Infine per migliorare le azionidi fund raising e quindi incre-mentare le risorse econo-miche a propria disposi-zione. In definitiva unabuona comunicazioneserve ad offrire i propriservizi e la propria testi-monianza ad un più ampiopubblico ed in modo più effi-cace.Ed esiste un solo modo in cuiun’organizzazione non-profit può comuni-care, ovvero divulgando i propri valori inmaniera coerente, senza però mai chiudersial confronto, ma anzi ricercando il più possi-bile il dialogo verso i propri stakeholder e lacittadinanza in senso più esteso.I nuovi canali mediali che stanno prendendopiede, soprattutto grazie alla diffusione diinternet, offrono a tutte le realtà di Terzosettore interessantissime opportunità percomunicare, anche in considerazione dellaloro economicità. In compenso, come ve-dremo, questi nuovi modi di comunicare ri-chiedono una grandissima attenzione e de-dizione.Il rapporto fra internet e settore non profit èormai consolidato, infatti quasi il 60% delleorganizzazioni che ne fanno parte ha unproprio sito web1, e questo è un dato in con-tinuo aumento. In quanto alla qualità,all’aggiornamento ed all’adeguatezza deicontenuti c’è invece molto da dire. La gran-

COMUNICARE SOCIALMENTEIN RETE FA BENEAL TERZO SETTORE

1 Fonte: Indagine sull’uso degli strumenti di comunica-zione nelle organizzazioni di Terzo Settore -www.terzacomunicazione.com

2 Marco Binotto, Volontari nella rete, in Raccontareil Volontariato, Firenze, Quaderni Cesvot, 2006,pagg. 143-144

3 Un’analisi dei principali siti del non profit italia-no è effettuata annualmente da Francesco Pira edal suo gruppo di ricerca. Vedi Francesco Pira,Monitoraggio dei siti non profit 2009, Udine, Univer-sità degli Studi di Udine, 2009 - www.uniud.it

4 Cfr. Jakob Nielsen e Marie Tahir, Homepage usabi-lity, Milano, Apogeo, 2002

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anche da pc e connessioni non troppo veloci (…) e in-fine che sia “leggibile” dalle tecnologie adottate daidisabili per navigare sul web”.5 La questionedell’accessibilità d’altronde non appare piùrimandabile da parte del Terzo settore, an-che se ovviamente costruire siti accessibili ri-chiede un certo grado di professionalità. Perovviare all’assenza di personale preparatonel proprio organico, si può talvolta ricorre-re all’uso di template. Esempio di questa ten-denza è il fiori dei blog legati al Terzo settore,una realtà che è diventata decisamente rile-vante nell’ultimo decennio. È qui solo il casodi accennare a realtà quali Joomla o Wordpress,cosidetti content management system (CMS),“software installato su un server web studiato per fa-cilitare la gestione dei contenuti di siti web, svincolan-do l’amministratore da conoscenze tecnichedi programmazioneWeb (fonte: Wikipe-dia)”. Per restare aidue esempi prece-dentemente citati, sìpuò dire che il primo,Joomla, offra buonepossibilità di perso-nalizzazione e la pos-sibilità di implemen-tare qualsiasi tipo diservizio, da un foruma un servizio di paga-mento online; necessita però di una discretadimestichezza con programmi di grafica esoprattutto un’infarinatura dei linguaggi diprogrammazione web. Wordpress invece èsicuramente più semplice ma anche moltomeno personalizzabile, il suo specifico è in-fatti il blog. Il bello di questi due CMS, oltrealla relativa semplicità d’uso, è la gratuità. Peressere più precisi, bisogna dire che in Word-press sono gratuiti soltanto alcuni servizi dibase a differenza di Joomla che invece è unapiattaforma del tutto open source, anche sealcuni template , realizzati da privati, posso-no avere un costo; d’altronde. In definitiva,questo genere di tecnologia sembra bene at-tagliarsi a realtà associative medio piccole,che possiedono al loro interno so-ci/volontari vogliosi di sperimentarsi in que-sto campo. Per realtà associative più grandi ecomplesse questi strumenti di comunicazio-ni più agili possono invece affiancarsi a quellipiù tipici della comunicazione istituzionale;non è infatti così raro trovare dei blog depu-tati ad animare il dibattito interno ed esternoalla realtà associativa, d’altronde spesso que-

sti sono espressione di sedi territoriali e/osingole aree di una grande associazione ma-dre.Ai blog ed ai veri propri siti, in tempi piùreenti, si sono affiancate le pagine create suipiù famosi social network. Questo fenomeno,d’altronde, prospera più o meno in parallelocon l’incredibile tasso di crescita di utentiche i social network stanno registrando. A talproposito, vorrei citare una recenteindagine6, che, esaminando l’attività su Face-book e Twitter di alcune fra le più importantirealtà non profit statunitensi, ha rilevato co-me questi mezzi possano rivelarsi estrema-mente efficaci sia al fine di reperire sosteni-tori e volontari che per migliorare le attivitàdi fund raising. Ma Facebook e Twitter, so-

prattutto il primoper ciò che riguar-da la realtà italia-na, offrono possi-bilità anche ai piùpiccoli di trovareil proprio palco-scenico virtualesulla rete, aiutatisia dalla facilitàd’uso, sia dal ca-rattere informa-le, così vicino al

modo d’essere delle piccole associa-zioni. Queste microrealtà perciò stannospesso scegliendo di abbandonare la classicaforma del sito, o di lasciarla a mo’ di vetrina,per sfruttare appieno l’interattività a bassocosto offerta dal social network. Ma gestire un account Facebook può rive-larsi impresa ardua, perché una cosa è aprireun account personale, altra è amministrarneuno per una realtà di Terzo settore. Adesempio è preferibile aprire un account co-me organizzazione non profit (e non comepersona fisica) ed avere quindi fans e nonamici. È inoltre importante capire quantotempo dedicare a questa importante risorsacomunicativa e chi sarà incaricato di rispon-dere alle domande, critiche o proposte cheverranno dalla rete. E, se da una parte chilancia e gestisce una pagina Facebook deve

5 Marco Binotto, op. cit., pag. 148

6 AA.VV., 2010 Nonprofit Social Media BenchmarksStudy, M+R Strategic Services, 2010 - www.e-benchmarksstudy.com/socialmedia

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perché non protette da copyright ma da licen-ze Creative Commons, che consentono, a de-terminate condizioni, quali, ad esempio,proprio l’assenza di fini di lucro, il riutilizzodi opere creative, siano essi testi immagini oaltre opere dell’ingegno.Questo veloce excursus fra le possibilità of-ferte dalla rete per comunicare, non esauri-sce di certo l’argomento, che è vastissimo ein rapidissima espansione (e mutazione).Quello che però è ulteriormente necessarioprecisare è che l’uso corretto di una molte-plicità di strumenti interattivi fra loro colle-

gati può realmente poten-ziare le azioni comunicati-ve degli enti non profit,anche a costi contenuti, equindi ben si attaglia an-che per le realtà più picco-le che non hanno a dispo-sizione grandi budget. Mal’uso di questi strumentiofferti da internet pare es-sere congeniale alle orga-nizzazioni di Terzo setto-re soprattutto perchél’interattività della reteben si presta a esprimerele istanze di enti spesso ca-ratterizzati da flussi infor-

mali di comunicazione interna e da una rela-zionalità diffusa. Gli enti non profit paionoinsomma essere naturalmente predispostiper apprendere ed impiegare nuovi linguag-gi e nuove modalità di comunicazione. Inew media possono inoltre rappresentare ilgiusto veicolo per entrare in contatto con ilpubblico giovane che, come ben evidenzia-no molte ricerche8 , è tendenzialmente lon-tano dal Terzo settore.Ovviamente però comunicare per comunicarenon ha senso e non bisogna mai dimenticaredi agire in maniera coerente con i propri va-lori, coordinando sempre tutta la propriaproduzione mediatica (tradizionale o menoche sia) sia da un punto di vista formale checontenutistico.

essere dotato di indubbie competenze spe-cifiche (ed infatti soprattutto in ambito pro-fit si sta sempre più sviluppando la figuraprofessionale del Facebook communitymanager), bisognerà che tutta la struttura siapartecipe e consapevole di questi nuovi per-corsi comunicativi, evitando fratture, sia dicarattere generazionale, sia fra vertice e ba-se associativa. Appare d’altronde evidentecome questo tipo di comunicazione pretta-mente informale meglio si attagli a realtà as-sociative aperte al confronto. Chi possiedeuna struttura rigida e verticistica ed ha timo-re di condividere le infor-mazioni già all’internodella propria organizza-zione, dovrebbe de factorinunciare a questo tipo dicomunicazione piena-mente interattiva cheespone a rischi comequello corso dalla “CroceRossa Americana, duramentecriticata su internet a proposi-to degli interventi post Katri-na.”7 Twitter d’altrondeserve ancor più per l’hic etnunc, per gestirel’immediato (volendo an-che l’imprevisto). Offrecioè una specie di lancio d’agenzia persona-lizzato ed autogestito. Per queste ragioni,affinché questo strumento abbia senso, bi-sognerà riuscire sia ad essere seguiti da mol-te fans, sia a fornire un flusso comunicativovelocissimo, in tempo reale, dotandosieventualmente di strumentazioni in gradodi comunicare ovunque ci si trovi (portatili,palmari, cellulari 3g).Un altra interessante possibilità offerta dallarete è quella di avere dei propri archivi me-diali online, anch’essi accessibili da un pub-blico più o meno vasto. Un esempio da tutticonosciuto è quello dei canali Youtube, nelquale caricare (e condividere) video inerentile attività del proprio ente. Per creare unproprio archivio fotografico invece esisteFlickr, community nella quale i diversi utentipossono pubblicare, commentare e scam-biare immagini. Questo strumento puòinoltre essere usato dal non profit per repe-rire immagini di buona qualità da utilizzareper completare i propri prodotti editoriali.Molte delle fotografie postate in questo sitoinfatti sono riutilizzabili in maniera gratuita

7 Donata Columbro, Network. Il non profit sopravvi-verà solo a colpi di tweet in Vita del 2 Dicembre 2011,pag. 29

8 Vedi ad es. Elaborazioni Iref-Caritas Italiana 2010su dati ISTAT (Indagine multiscopo sulle famiglie ita-liane, 2006) o Il Futuro del volontariato, FondazioneZancan, 2009

SITI WEB PER APPROFONDIRE:

www.w3c.it

www.facebook.com

www.twitter.it

www.joomla.it

http: //it.wordpress.com

www.youtube.com

www.flickr.com

www.creativecommons.it

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Le attività ricadenti nella categoria A sono considerate abasso rischio di incendio. Non richiedono il parere di confor-mità del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco e seguono laprocedura sopra descritta.Tra le attività che ricadono nella categoria A vi sono: • alberghi e residenze collettive fino a 50 posti letto;• scuole fino a 150 persone;• strutture sanitarie e case per anziani fino a 50 posti letto e am-

bulatori fino a 1000 mq;• edifici civili con altezza antincendio fino a 32 metri.Per le attività della categoria B, invece, occorre chiedere alComando il parere di conformità, presentando il progetto. IlComando entro 30 giorni può chiedere documentazione inte-grativa e entro 60 giorni si pronuncia sulla conformità. A lavoriultimati, come per la categoria A, l’istanza per l’iniziodell’attività viene presentata tramite SCIA e quindi l’attività puòiniziare subito, salvo poi subire i controlli a campione.Sono comprese nella categoria B, tra le altre, le seguenti attività: • teatri, palestre, fino a 200 persone;• alberghi, residenze turistico - alberghiere, villaggi turistici,

bed & breakfast, tra 50 e 100 posti letto;• scuole da 150 a 300 persone;• strutture sanitarie da 50 a 100 posti letto;• ambulatori e laboratori di analisi di superficie oltre 1000 mq;• edifici civili con altezza antincendio tra 32 e 54 metri.Nella categoria C sono ricomprese le attività più a rischio:come per la categoria B, occorre chiedere il parere di confor-mità presentando il progetto. Il Comando dei Vigili del Fuocoentro 30 giorni può chiedere documentazione integrativa ed en-tro 60 giorni si pronuncia sulla conformità. A lavori ultimati,basta presentare al S.U.A.P. o al Comando una SCIA commer-ciale per dare inizio immediato all’attività.Mentre per le attività in categoria A e B i controlli dei vigili delfuoco verranno fatti solo a campione, per le attività di categoriaC verranno fatti sistematicamente. Solo in caso di esito positivodel controllo il Comando rilascerà il Certificato di prevenzioneincendi.Sono comprese, tra le altre, le seguenti attività: • tutti gli edifici protetti ai sensi del Codice beni culturali e pae-

saggistici (D.Lgs. 42/2004);• teatri contenenti oltre le 100 persone;• alberghi e villaggi con oltre 100 posti letto;• scuole per oltre 300 persone;• strutture sanitarie con oltre 100 posti letto;• edifici civili oltre i 54 metri di altezza antincendio.Al progetto dei lavori va allegato l’atto notorio del titolaredell’attività, asseverazione di un tecnico abilitato di conformitàalla regola tecnica approvata dal Comando provinciale e certifi-cazione comprovante che gli elementi costruttivi, gli impiantiecc. sono stati realizzati secondo le norme antincendio.La richiesta di rinnovo periodico di conformità antincendioal Comando dei Vigili del Fuoco va fatta ogni 5 anni. Il titolaredell’attività deve dichiarare e attestare l’assenza di variazioni alle

STATO

NUOVO REGOLAMENTO ANTINCENDIO

Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 221 del 22 settembre 2011

È stato pubblicato il Decreto del Presidente della Repubbli-ca n. 151 del 1° agosto 2011, nuovo regolamento per la disci-plina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi.Il nuovo regolamento, recependo quanto previsto dalla leggedel 30 luglio 2010, n. 122 in materia di snellimento dell’attivitàamministrativa, individua le attività soggette alla disciplina dellaprevenzione incendi ed opera una sostanziale semplificazionerelativamente agli adempimenti da parte dei soggetti interessati.Le procedure per la prevenzione degli incendi vengonosemplificate sensibilmente. Il DPR, infatti, applica alle pro-cedure antincendio la SCIA, segnalazione certificata d’inizio at-tività. Nella tabella allegata al D.P.R. vengono elencate 80 atti-vità (tra cui residenze turistico alberghiere, case per ferie, ostel-li per la gioventù ed edifici per uso civile) soggette alle visite e aicontrolli di prevenzione incendi. Ad ogni attività corrispondo-no tre categorie (A, B, C), a seconda che il rischio di in-cendio sia basso, medio o alto (vanno a sostituire le 97 atti-vità elencate nel precedente D.M. 16.2.1982, abrogato insiemeal D.P.R. n. 689 del 1959).Va premesso che, nella procedura antincendio, la SCIA sosti-tuisce la DIA commerciale presentata dal titolare dell’attività,prima di iniziare l’attività stessa.Le attività più semplificate dal D.P.R. 151/2011 sono quelle in-cluse nella categoria “A”, a basso rischio di incendio. Ad esem-pio, per la realizzazione di una struttura da adibire a case per fe-rie contenente fino a 50 posti letto non è necessario chiedere ilparere preventivo dei Vigili del fuoco sul progetto edilizio. Percostruire occorre, ovviamente, applicare la procedura previstaper i lavori edilizi, in questo caso un permesso di costruire, inaltri casi una comunicazione inizio lavori, una SCIA edilizia.Una volta terminati i lavori di costruzione, basta presentare laSCIA con il progetto dell’opera allo Sportello unico delle atti-vità produttive (S.U.A.P.) o al Comando provinciale dei Vigilidel fuoco, tramite una procedura on line, allegando la docu-mentazione che attesta la conformità dell’attività realizzata alleprescrizioni vigenti in materia di sicurezza antincendio. Accer-tata la completezza dell’istanza, il Comando o lo Sportello uni-co (S.U.A.P.) rilascia immediatamente la ricevuta e l’attività siintende autorizzata. Tale ricevuta costituisce documento diprova di aver ottemperato alle procedure di sicurezza antincen-dio (non verrà rilasciato il Certificato di prevenzione incendi).Il Comando dei Vigili del fuoco entro 60 giorni potrà effettua-re controlli, attraverso visite tecniche che possono essere ese-guite a campione o in base a programmi settoriali per categoriadi attività, e in caso di carenze potrà vietare la prosecuzionedell’attività. Su richiesta del titolare dell’attività, potrà essere ri-lasciata copia dl verbale della visita tecnica.

Norme giuridiche e Giurisprudenzan.146

a cura di Alessio Affanni e Sergio Zanarella

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condizioni di sicurezza antincendio. Per alcune attività la perio-dicità è elevata a 10 anni. Tra esse aziende e uffici, edifici convincolo storico-artistico, edifici civili. Le nuove procedure sin qui descritte sono rivolte non solo al-le nuove attività ma anche a quelle già esistenti per le quali ègià stato rilasciato il Certificato di prevenzione incendi (C.P.I.) ecosì anche per quelle attività in attesa di autorizzazione.I titolari di attività già esistenti dovranno quindi verificare che lapropria attività rientri nell’obbligo delle visite e dei controlli diprevenzione incendi, come risulta dall’elenco riportato nellaTabella I allegata al D.P.R., identificando la propria categoria diappartenenza (A, B o C) e, se richiesto, espletando tutti gliadempimenti previsti dalla nuova normativa.

SEMPLIFICAZIONI IN MATERIA DIPRIVACY: ABOLITO L’OBBLIGO DEL D.P.S.

Supplemento ordinario n. 27 alla Gazzetta Ufficiale Se-rie Generale n. 33 del 9 febbraio 2012

Con il Decreto Legge n. 5 del 9 febbraio 2012 intitolato “Di-sposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo”si è provveduto all’abolizione totale o parziale di numerose leg-gi e all’introduzione di nuove misure per lo snellimento di pro-cedure amministrative.All’art. 45 del Decreto, inoltre, nell’ottica di introdurre sempli-ficazioni anche in materia di tutela dei dati personali, la princi-pale innovazione è l’espressa abrogazione del punto 19dell’Allegato B, nonché “la lettera g) del comma 1 e il comma 1-bis dell’art. 34”: in sostanza l’abolizione dell’obbligo di adottare,entro il 31 marzo di ogni anno, il Documento ProgrammaticoSicurezza (D.P.S.).Le associazioni e gli altri enti del terzo settore, quindi,non avranno più l’obbligo di predisporre ed approvare ta-le documento interno. Ciò non determina tuttavial’esonero, per il titolare o per il responsabile del tratta-mento di dati, dall’obbligo di osservare tutte le misure mi-nime di sicurezza. Resta infatti ferma l’integrale applicazionedell’art. 34 del Decreto 196/2003 sulla privacy nell’ipotesi ditrattamento dei dati con strumenti elettronici, con il conse-guente onere per i titolari/responsabili del trattamento di pre-disporre: a) l’autenticazione informatica;b) l’adozione di procedure di gestione delle credenziali di au-

tenticazione;c) l’utilizzazione di un sistema di autorizzazione;d) l’aggiornamento periodico dell’individuazione dell’ambito

del trattamento consentito ai singoli incaricati e addetti allagestione o alla manutenzione degli strumenti elettronici –provvedendo anche alla formazione degli stessi al fine di ga-rantire l’effettiva protezione dei dati, nonché l’efficacia dellemisure minime adottate;

e) la protezione degli strumenti elettronici e dei dati rispetto atrattamenti illeciti di dati, ad accessi non consentiti e a deter-minati programmi informatici;

f) l’adozione di procedure per la custodia di copie di sicurezza,il ripristino della disponibilità dei dati e dei sistemi;

h) l’adozione di tecniche di cifratura o di codici identificativiper determinati trattamenti di dati idonei a rivelare lo stato disalute o la vita sessuale effettuati da organismi sanitari.

Permangono inoltre gli obblighi relativi alla gestione deitrattamenti svolti dai soggetti, che prevedono le nominedi responsabili e incaricati, oltre all’individuazione dellespecifiche competenze e responsabilità.Già il precedente Decreto Legge n. 201 del 6 dicembre 2011,approvato dal governo Monti, aveva introdotto alcune modifi-che per la riduzione degli oneri in materia di privacy. Il Decre-to Legge, infatti, all’art. 40, comma 2, ha stabilito che le dispo-sizioni per la protezione dei dati personali previste dal Codicesulla privacy non sono più da applicare alle persone giuridiche,eliminate dal novero dei “soggetti interessati”: pertanto, d’orain poi, le norme di tutela previste del Codice riguardanosolo i dati delle persone fisiche.

REGIONI

LIGURIA

LINEE DI INDIRIZZO IN MATERIA DI DISCIPLINA DEI RAPPORTI TRAPUBBLICHE AMMINISTRAZIONI LOCALI E

SOGGETTI PRIVATI SENZA FINALITA DI LUCRO

Bollettino Ufficiale Regione Liguria n. 32 del 10 agosto 2011

Con Deliberazione della Giunta Regionale del 15 luglio2011, n. 846 sono state approvate le Linee di indirizzo in mate-ria di disciplina dei rapporti tra pubbliche amministrazioni lo-cali e soggetti privati senza finalità di profitto.Il presente atto di indirizzo regionale nasce dalla volontàdell’Assessorato regionale alle Politiche Sociali di intervenire, inattesa di una riforma organica della normativa regionale in ma-teria, indicando alle Amministrazioni locali modelli sostanziali eprocedurali innovativi cui ispirarsi nei rapporti con tutti i sog-getti senza finalità di profitto indicati dalla legge n. 328/2000.L’atto di indirizzo è il frutto di un lavoro di consultazione e col-laborazione con i soggetti del terzo settore ligure e con i rap-presentanti degli Enti Locali. Per quanto concerne i servizi pubblici locali e servizi stru-mentali di supporto alle attività istituzionali degli enti lo-cali, vengono trattate le problematiche legate alla rilevanza onon rilevanza economica dei servizi sociali, alla gestione direttao “in house”, alle modalità del loro affidamento e alla discre-zionalità delle scelte politico-amministrative locali (cfr. senten-za Consiglio di Stato, sez. I, 27 settembre 2010, n. 6529). Il presente atto di indirizzo intende, quindi, porre le premesseper una corretta distinzione delle problematiche sostanziali(modalità della gestione) da quelle procedurali (modalità di affi-damento).Si suggerisce agli Enti Locali l’adozione di una sorta di“griglia valutativa” che aiuti a “leggere” di indici rivelato-ri della natura dei servizi sociali, cioè se siano dotati di rile-vanza economica o meno. Ad esempio, in armonia con le pro-nunce del Consiglio di Stato, valutare la concreta struttura delservizio e le modalità di espletamento, i connotati economico-organizzativi e la natura del soggetto attuante.Ad esempio, in una recente sentenza, il Consiglio di Stato ha ri-tenuto che un servizio di mense scolastiche dovesse essere rite-nuto privo di rilevanza economica in quanto specificamente fi-nalizzato a realizzare il diritto allo studio, erogato a condizioni

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denza funzionale al fabbisogno di assistenza ma anchel’adozione di sistemi di miglioramento e verifica continui dellaqualità delle prestazioni erogate.Con l’accreditamento dei servizi sarà possibile superare,almeno in parte e laddove possibile, il sistema delle gareed arrivare ad un assetto, per quanto possibile e conve-niente, “aperto” nell’offerta di servizi (es. servizi domiciliariper anziani).Viene rammentato che le relazioni tipiche della P.A. con le or-ganizzazioni di volontariato e di quelle di promozione socialenon trovano la loro naturale collocazione fra quelle relative agliaffidamenti (concessioni, accreditamenti, appalti), bensì inquelle afferenti all’applicazione del principio di sussidiarietàorizzontale, cioè di tipo sinergicamente collaborativo (e noncompetitivo), riservando la competizione ad ipotesi (auspicabil-mente marginali) in cui i soggetti in questione non riescano araggiungere tra loro un accordo. Resta comunque esclusa, an-che in tali eventuali procedimenti competitivi, la possibilità diapplicare modalità e regole tipiche delle gare d’appalto(nell‘ipotesi in cui le organizzazioni in questione impropria-mente partecipino – avendone i requisiti – a gare d’appalto oper concessioni di servizi, ciò produrrà probabili conseguenzesulla non permanenza dei requisiti necessari per l’iscrizione neirispettivi registri regionali).I servizi e le strutture a ciclo residenziale e semiresiden-ziale a gestione pubblica o dei soggetti privati sono auto-rizzati dai Comuni. L’autorizzazione è rilasciata in conformitàai requisiti stabiliti dalla legge regionale e ai requisiti minimi na-zionali. I Comuni provvedono all’accreditamento e corrispondono aisoggetti accreditati tariffe per le prestazioni erogate nell’ambitodella programmazione regionale e locale.Le Regioni, nell’ambito degli indirizzi definiti dal Piano nazio-nale, disciplinano le modalità per il rilascio da parte dei Comu-ni ai soggetti privati, delle autorizzazioni alla erogazione di ser-vizi sperimentali e innovativi, per un periodo massimo di 3 an-ni. Le Regioni definiscono altresì gli strumenti per la verifica deirisultati.Si ribadisce la necessità che gli Enti Locali valorizzino e sosten-gano la partecipazione delle formazioni socialiall’esercizio della funzione sociale pubblica: dato che nellapratica (soprattutto dei Comuni di minori dimensioni) difficil-mente può avvenire in modo corretto e sistematico, la Regioneoffre il suo supporto offrendo modelli sostanziali e procedura-li di riferimento, cui gli enti locali ed i loro interlocutori potran-no ispirarsi.È opportuno quindi che la definizione della programmazionesociale locale, la co-progettazione e la sua attuazione venganoconsiderati un “procedimento amministrativo”, con obiettivi etempi di realizzazione.Per porre le premesse alla partecipazione alle successive fasi diprogettazione ed attuazione, l’avvio della programmazionesociale locale, sia a livello di Piano di Distretto Sociosani-tario, sia a livello di Piano di Ambito Territoriale Sociale,dovrà essere caratterizzato dall’evidenza pubblica; dovràcioè avvenire rendendo noto a tutti i soggetti non profit ope-ranti nel territorio di riferimento l’avvio del processo precisan-do le regole che lo disciplineranno e richiedendo agli stessil’espressione dell’interesse a tale partecipazione, coniugando laspeditezza e l’efficienza del processo con la necessità di dare

economiche sociali in forma di legge, che i Comuni coinvoltiavevano ritenuto di gestire in forma associata mediante affida-mento ad una istituzione comunale.Per quanto riguarda l’affidamento di servizi, esso può avve-nire attraverso due modalità: l’appalto di servizi e la con-cessione di servizi.Mentre l’appalto di servizi, che ha ovviamente natura giuridi-ca di diritto privato, altro non è che l’acquisto di “componenti”di un servizio sociale da parte del soggetto che lo gestisce (adesempio: un ente locale che gestisca in proprio un asilo nido ap-palta a terzi il servizio di preparazione dei pasti), la concessio-ne del servizio rappresenta una modalità di gestione attraver-so cui l’ente titolare della funzione affida ad un altro sog-getto la titolarità di quel servizio, che comunque resta unservizio pubblico locale (la concessione non ha nulla a che fa-re con la privatizzazione del servizio). Con il rapporto conces-sorio l’Ente locale conserva una posizione di tipo autoritativonei confronti del concessionario, ed il relativo rapporto (disci-plinato nel “contratto” di concessione) è caratterizzato in sensopubblicistico e potrà essere relativamente “plasmabile” nel cor-so del tempo.Lo strumento della concessione è, del resto, in ambito ligure,previsto come “la regola” negli affidamenti alle cooperative so-ciali dalla L.R. n. 23/1993, mentre l’appalto dovrebbe costitui-re l’eccezione. L’affidamento in concessione non può che avvenire, comel’appalto, attraverso procedimenti di gara ad evidenzapubblica nel rispetto dei principi di trasparenza, pubbli-cità, economicità ecc. indicati dal Codice dei Contratti (art.30). Ciò, comunque, non significa affatto che la scelta concor-renziale debba avvenire solo o prevalentemente con riferimen-to al prezzo (ma valutando, ad esempio, in particolare per i ser-vizi sociali, i legami con il territorio).La formula gestionale costituita dall’affidamento ad unasocietà mista in cui il socio privato svolga anche un ruolooperativo (cioè di produzione in tutto o in parte del servi-zio) viene segnalata come particolarmente interessante inquanto comporta la possibilità di valorizzare il profilo di part-nership in un rapporto di affidamento.Attraverso l‘accreditamento dei servizi sociali, invece, il sog-getto privato accreditato diventa un soggetto erogatore diun pubblico servizio ed instaura con l’Amministrazioneun rapporto di partnership finalizzato al miglioramentocontinuo della qualità del servizio.L’accreditamento non solo dei “presidi” (ovvero di quelle chenella Delib.G.R. n. 283/2002 venivano definite “strutture”),ma anche dei “servizi” sociali (a prescindere dalla circostanzache siano allocati in strutture o comunque le utilizzino) è oraespressamente previsto dalla L.R. n. 12/2006 (legge sui servizisociali e sociosanitari).Ai sensi delle norme citate compete ai Comuni disporre gliaccreditamenti di servizi e strutture sociali, compete allaRegione verificarne preventivamente l’idoneità tecnico-organizzativa.La Giunta Regionale suggerisce che, ove manchino particolaridisposizioni che stabiliscano standard di adeguatezzaall’accreditamento, in attesa dell’emanazione di un’organica di-sciplina della materia, la Commissione tecnica che valuta i re-quisiti per l’accreditamento consideri il possessodell’autorizzazione al funzionamento (ove richiesta) e la rispon-

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zione, il Programma pluriennale sull’immigrazione, appro-vato dalla Giunta provinciale, predisposto dall’assessoratocompetente dopo aver acquisito il parere della Consulta pro-vinciale per l’immigrazione.Presso la Ripartizione provinciale Lavoro è istituito, al serviziodi tutte le cittadine e di tutti i cittadini, il Centro di tutela con-tro le discriminazioni (fondate su origine etnica, genere,orientamento sessuale, disabilità, religione, ecc.). Il Centro, trale varie funzioni elencate nella legge, ha quello di collaborarecon l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR),con le altre istituzioni nazionali ed internazionali nonché congli enti privati e l’associazionismo che svolgono attività dicontrasto alle discriminazioni.Ai fini dell’integrazione sociale delle cittadine e dei cittadinistranieri è istituita la Consulta provinciale perl’immigrazione. La Consulta è nominata dalla Giunta provin-ciale e rimane in carica per la durata della legislatura. La Con-sulta è composta, tra gli altri, anche da un rappresentante le as-sociazioni del volontariato e da otto persone rappresentanti lecittadine e i cittadini stranieri.Le misure specifiche previste dalla legge sono: - l’integrazione linguistica e culturale, per la quale si con-

templano interventi di educazione permanente e aggiorna-mento, atti a promuovere una cultura dell’apprendimentolungo tutto l’arco della vita, in particolare sul posto di lavo-ro, oltre ad offerte di attività extrascolastiche del Serviziogiovani;

- attività di informazione, sensibilizzazione e consulenza inmateria di immigrazione;

- la mediazione interculturale, per la quale viene istituitol’elenco provinciale delle mediatrici e dei mediatori intercul-turali in possesso delle necessarie competenze professionali

- l’attuazione dei servizi di assistenza sociale, garantendo ilivelli essenziali delle prestazioni previsti su tutto il territorionazionale;

- la tutela della salute, assicurando anche per gli stranieri noniscritti al Servizio sanitario provinciale le cure ambulatoriali eospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché conti-nuative, per malattia e infortunio nonché i programmi di me-dicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e col-lettiva; vengono inoltre assicurate le attività finalizzate allaprevenzione e cura degli stati di disagio psicologico e psichicononché quelle finalizzate alla prevenzione e cura degli stati ditossicodipendenza, ivi compresa la dipendenza da alcool.

La Provincia potrà sostenere la realizzazione di soluzioni abi-tative temporanee di accoglienza, anche d’emergenza, non-ché iniziative, interventi e progetti di ospitalità e orientamentogenerale sul territorio a favore delle cittadine e dei cittadini stra-nieri regolarmente presenti sul territorio provinciale e in situa-zioni di disagio.La Provincia potrà inoltre organizzare corsi di qualificazione,riqualificazione e aggiornamento professionale specifica-mente rivolti alle cittadine e ai cittadini stranieri, ai finidell’inserimento lavorativo.E’ riconosciuto il ruolo fondamentale della scuola dell’infanziae della scuola dell’obbligo ed è garantito il diritto a completareil proprio percorso scolastico o formativo. Previste anche di-versi interventi per l’integrazione scolastica, avvalendosi an-che dell’attività extrascolastica del Servizio giovani, così comedei centri linguistici, anche tramite l’utilizzo dei mediatori inter-culturali e le organizzazioni di educazione permanente.

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voce anche alle formazioni sociali meno strutturate, anche spe-rimentando nuovi modelli di rappresentanza.A seguire verrà sottoscritto il “patto partecipativo” che dàconcreto avvio alle attività di co-programmazione destinate asfociare nell’approvazione del piano di riferimento; in tale fasedi co-programmazione, sarà opportuno che le regole preveda-no forme di rappresentanza dei soggetti di primo livello (adesempio attraverso loro associazioni, consorzi, reti locali ecc.inclusi i rappresentanti del Forum del Terzo Settore locale).A conclusione del processo di co-programmazione verrà ri-chiesta ai soggetti che vi abbiano – direttamente o per rappre-sentanza – partecipato di manifestare il proprio interesse a par-tecipare, questa volta direttamente, anche alla successiva fase dico-progettazione.A conclusione della stessa, sempre in forma collegiale e traspa-rente, verrà valutata l’opportunità e la disponibilità a realizzarei progetti attraverso autonome iniziative, singole o associate,dei soggetti che, avendo partecipato alla co-progettazione, si di-chiarino interessati in tal senso. Tali autonome iniziative go-dranno, ove necessario, del sostegno pubblico, attraverso lamessa a disposizione di risorse (organizzative, strumentali, fi-nanziarie, ecc.) nella misura strettamente necessaria a garantirela sostenibilità e l’adeguatezza dell’autonomo impegno dei pri-vati, con obbligo di rendiconto. Viene precisato chel’integrazione di una pluralità di soggetti non profit anche di di-versa natura (ad esempio: cooperative sociali, associazioni dipromozione sociale, organizzazioni di volontariato, ecc.) in me-desimi progetti condivisi dovrebbe costituire la modalità natu-rale di co-progettazione e co-realizzazione delle “autonome ini-ziative” di cui si parla, e che proprio attraverso forme associati-ve “di scopo” (c.d. “ATS”) fra tali soggetti sarà anche possibilepromuovere efficacemente il raggiungimento dell’accordo pro-cedimentale in mancanza del quale, sarà inevitabile il ricorso aprocedure competitive.

TRENTINO ALTO ADIGE - PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO

INTEGRAZIONE DELLE CITTADINE E DEI CITTADINI STRANIERI

Bollettino Ufficiale Trentino Alto Adige n. 47/I-IIdel 22 novembre 2011 – Gazzetta Ufficiale Serie Regionin. 47 del 26 novembre 2011

Con la Legge Provinciale n. 12 del 28 ottobre 2011 la Pro-vincia autonoma di Bolzano favorisce il reciproco riconosci-mento e la valorizzazione delle identità culturali, religiose e lin-guistiche, ispirandosi ai principi di uguaglianza e libertà religio-sa, ai sensi degli articoli 8, 19 e 20 della Costituzione italiana.Allo scopo di garantire il coordinamento delle misure previstedalla presente legge, la Provincia si avvale del Servizio dicoordinamento immigrazione, presso la Ripartizione pro-vinciale Lavoro.Per un migliore coordinamento tra le azioni su scala provincia-le e i fabbisogni e le iniziative nei singoli territori di competen-za degli enti locali, ogni comunità comprensoriale e ogni Co-mune individuano all’interno della rispettiva Giunta un compo-nente incaricato delle questioni inerenti all’integrazione dellecittadine e dei cittadini stranieri.Per dare attuazione ai principi e agli obiettivi di cui alla presen-te legge, la Provincia adotta, come strumento di programma-

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L’art. 10 del Decreto Legislativo460/1997 stabilisce quali enti possono

essere organizzazioni non lucrative di utilitàsociale (Onlus), specificando i settori di atti-vità, che devono essere rivolti a soggettisvantaggiati per ragioni di ordine fisico, psi-chico, sociale, economico o familiare (conun’eccezione per le attività considerate a so-lidarietà immanente, come la tuteladell’ambiente o del patrimonio storico arti-stico). Gli enti con queste caratteristiche ot-tengono l’iscrizione all’Anagrafe delle On-lus (la richiesta di iscrizione va presentata al-le Direzioni Regionali delle Entrate) e acce-dono ai benefici previsti dal Decreto 460;altri enti che ottengono la qualifica diOnlus di diritto, senza l’iscrizioneall’Anagrafe, sono le organiz-zazioni non governative(ONG) riconosciute dal Mi-nistero degli esteri, le orga-nizzazioni di volontariatoiscritte nell’apposito registroregionale e le cooperative so-ciali di cui alla L. 381/91.Partendo dal primo documen-to, l’Agenzia evidenzia comela categoria giuridica di sog-getto svantaggiato non vengadefinita dalla normativa inesame e pertanto occorra rica-varla in via interpretativa. Neldocumento, a titolo esemplifi-cativo, vengono citati alcunicasi di svantaggio che tengo-no in considerazione

l’evolversi della società e l’emergere dinuove esigenze: ad esempio, la carenzasempre crescente di posti di lavoro spingead ampliare le categorie di soggetti svan-taggiati, intercettando nuove tipologie diindividui difficilmente collocabili nelmercato del lavoro (in questa direzionevanno anche i regolamenti comunitari inmateria, tra i quali quello recepito dal De-creto Legislativo 155/2006, sull’impresasociale).Anche con riferimento agli stranieri o aimigranti vanno operate delle distinzioni:diversa è la condizione dell’individuo cheviene in Italia per ricoprire un incarico daquella del migrante che giunga nel Paesenell’impossibilità di provvedere alle pro-prie necessità primarie.Con lo stesso intento interpretativo, nelsecondo documento elaborato, l’Agenziaper il terzo settore cerca di definire la no-zione di “tutela dei diritti civili” fornendoun chiarimento in merito alle attività chepossano farsi rientrare in quest’ambito.Anche in tal caso le linee interpretative ap-profondiscono il quadro della Costituzio-ne, distinguendo i diritti politici da quellisociali, sia nel diritto internazionale che inquello della giurisprudenza costituzionale,e fornendo infine alcune indicazioni appli-cative.

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ONLUS: SOGGETTI SVANTAGGIATI

A fine gennaio 2012 l’Agenzia per il Terzo Settore* ha pubblicato sul sitowww.agenziaperleonlus.it due documenti: uno riguardante le linee interpretative della nozione di soggetto svantaggiato e l’altro quello della nozione di tutela dei diritti civili.I due documenti nascono dalla necessità di individuare i casi per la corretta applicazionedella normativa in materia di Onlus.

di Alessio Affanni

ENTI NON PROFIT: DONAZIONILa definizione delle linee da seguire per l’iscrizione evalutazione delle liberalità (donazioni) nel bilanciod’esercizio è lo scopo del secondo principio contabi-le per gli enti non profit, redatto dal tavolo tecnico traAgenzia per il Terzo settore, Consiglio nazionale deicommercialisti (CNDCEC) e Organismo italiano dicontabilità (OIC). Il documento, pubblicato il 13 feb-braio 2012 nei siti dei tre enti, è pubblicato anche su . Alla fine del documento è presente un’utile appendi-ce con le definizioni utilizzate nel testo ed esempi dimodalità di rendicontazione.

* Soppressa con Decreto-Legge n. 16 del 2 marzo2012 (art. 8, comma 23)pubblicato sulla Gazzet-ta Ufficiale Serie generalen. 52 del 2 marzo 2012

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA - Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza SocialeDirettore Responsabile: MAURIZIO GIORDANORedazione ed Amministrazione: 00185 Roma - Via Gioberti, 60 - Tel. 065943091 - Fax 0659602303e - mail: [email protected] - sito internet: www.uneba.orgAutorizzazione del Tribunale di Roma N. 88 del 21/2/1991Progetto e realizzazione grafica: www.fabiodesimone.itStampa: Consorzio AGE Arti Grafiche Europa - Roma

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LAQuesta pagina vuole essere un “colpo d’ala”, cioè una proposta per un momento di riflessione.

Anche se stanco e spossato, o uomo, non ti riposare.Non abbandonare la tua lotta solitaria,continua, non t i r iposare .Batterai sentieri incerti e aggrovigliati,non salverai, forse, che qualche povera vita,ma non perdere la fede, o uomo, non t i r iposare .La tua stessa vita ti consumerà e ti sarà ferita,crescenti ostacoli sorgeranno sul tuo cammino: o uomo, caricati di questi pesi, non t i r iposare .Salta al di là delle pene e degli affanniPur se fossero alti come montagne.E se anche non intravedi che campi aridi e sterili,ara, o uomo, questi campi, non t i r iposare .Il mondo sarà avvolto dalle tenebre: sarai tu a gettarvi luce,dispenserai l’oscurità che lo circonda.Anche quando la vita ti abbandoni uomo, non ti riposare.Non darti mai riposo, dona riposo agli altri.

(Vecchio inno gujarati che Gandhi si fece recitare all’incontro

di preghiera dell’ultimo giorno della sua vita)

UOMO NON TI RIPOSARE NON ARRESTARTI

Mentre il mondo del futuro è apertoall’immaginazione, e non ti appartiene più,il mondo del passato è quello in cui attraver-so la rimembranza ti rifugi in te stesso, ri-torni in te stesso, ricostruisci la tua identità,che si è venuta formando e rivelando nellaininterrotta serie dei tuoi atti di vita, conca-tenati gli uni con gli altri, ti giudichi, ti as-solvi, ti condanni, puoi anche tentare,quando il corso della vita sta per essere con-sumato, di fare il bilancio finale. Bisognaaffrettarsi. Il vecchio vive di ricordi e per iricordi, ma la sua memoria si affievolisce digiorno in giorno. Il tempo della memoriaprocede all’inverso di quello reale: tanto piùvivi i ricordi che affiorano nella reminiscen-za quanto più lontani nel tempo gli eventi.Ma sai anche che ciò che è rimasto, o sei riu-scito a scavare in quel pozzo senza fondo,non è che un’infinitesima parte della storiadella tua vita. Non arres tar t i . Non tra-lasciare di continuare a scavare.

Ogni volto, ogni gesto, ogni parola, ogni lon-tano canto, ritrovati, che sembravano perdu-ti per sempre, ti aiutano a sopravvivere.

Norberto Bobbio(“De Senectute”- Einaudi, Torino 1996)