Notiziario N.5-2008

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ASSOCIAZIONE TRENTINA MALATI REUMATICI Anno II Numero 5 Novembre 2008 NOTIZIARIO N OTIZIARIO DELL ’A SSOCIAZIONE T RENTINA M ALATI R EUMATICI – Proprietario ed Editore: A SSOCIAZIONE T RENTINA M ALATI R EUMATICI – ATMAR ONLUS Registrazione Tribunale di Trento n. 1331 del 12 luglio 2007 – e-mail: atmar@reumaticitrentino. it – sito web: www. reumaticitrentino. it Quadrimestrale - Poste Italiane s. p. a. - Spedizione in Abbonamento Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Trento ASSOCIAZIONE TRENTINA MALATI REUMATICI NOTIZIARIO

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ASSOCIAZIONETRENTINAMALATIREUMATICI

Anno IINumero 5Novembre 2008

NOTIZ IARIO

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itQuadrimestrale - Poste Italiane s. p. a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.

L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Trento

ASSOCIAZIONETRENTINAMALATIREUMATICI

NOTIZ IARIO

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Una manoalla speranza

SOMMARIO

2 Incontri d’autunnoLa Reumatologia incontra i malati reumatici del TrentinoAssociazione Trentina Malati Reumatici ATMAR – Onlusin collaborazione con l’Unità Operativa di Reumatologia dell’OspedaleS. Chiara di Trento

3 EditorialeMedico e paziente: due solitudini a confrontodott.ssa Annamaria MarchionnePresidente ATMAR

5 Argomenti mediciOsteoporosi: domande e risposteDott. Roberto BortolottiUnità Operativa di Reumatologia, Ospedale S. Chiara, Trento

14 Lupus Eritematoso Sistemico (LES)Dott.ssa Susanna PeccatoriUnità Operativa di Reumatologia, Ospedale S. Chiara, Trento

17 Il medico rispondeArtrite reumatoide e MethotrexateLupus eritematoso sistemico e vacciniDott. Giuseppe PaolazziDirettore Unità Operativa di Reumatologia, Ospedale S. Chiara, Trento

18 Progetto ZefiroUn percorso di sostegno psicologico ai malati reumaticiDott.ssa Mara MarchesoniPsicologa

20 Diritti e opportunitàIl collocamento “mirato” al lavoro della persona disabileDott. Fabio Cembrani e Dott.ssa Maria Francesca GozzoUnità Operativa Medicina LegaleAzienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento

23 Stare insieme con ATMAR

24 L’angolo di Chiara - dott.ssa Chiara Sangiuseppe

25 Un po’ di poesia - prof.ssa Nadia Scappini

27 Voce ai malati

28 Vita associativa

29 Eventi

Con il contributo dellaProvincia autonoma di TrentoAssessorato alle Politiche Sociali

Per scrivere alla redazione:

Sede ATMAR – 38100 TrentoLargo Nazario Sauro, 11tel. 348 3268464(dal lunedì al venerdì dalle 14 alle 19)Apertura sede: tutti i giovedì 17-19;da aprile 2008 anche martedì 10-12.

e-mail: atmar@reumaticitrentino. itsito web: www. reumaticitrentino. it

Notiziario dell’AssociazioneTrentina Malati ReumaticiRegistrazione Tribunale di Trenton. 1331 del 12 luglio 2007

Proprietario ed Editore:Associazione Trentina MalatiReumatici – ATMAR ONLUS

Direttore responsabile:Alessandro Casagrande

Comitato di redazione:Annamaria Marchionne, PresidenteATMAR, Coordinamento

Unità Operativa ReumatologiaOspedale S. Chiara, TrentoGiuseppe Paolazzi, DirettoreRoberto BortolottiFrancesco Paolo CavatortaLorenzo LeveghiSusanna Peccatori

Consiglio Direttivo ATMARIda Angeli, SegretarioMaria Daria CaldiniBruno Casagrande, VicepresidenteGiovanna Fogolari, TesoriereMariarosa HauserFranco Targa

Cura redazionale:Alessandra Faustini

Hanno collaborato a questo numero:Roberto Bortolotti, Fabio Cembrani, Ma-ria Francesca Gozzo, Mara Marchesoni,Annamaria Marchionne, Giuseppe Pao-lazzi, Susanna Peccatori, Nadia Scappi-ni, Chiara Sangiuseppe

Progetto grafico e impaginazione:Gabriele Weber, Trento

Stampa: Publistampa, PergineValsugana (TN)

Anno IINumero 5

Novembre 2008

In copertina: Beato Angelico, Adorazione dei Magi, 1433, part., rielaborazione grafica

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L’Associazione Trentina Malati Reumatici

annuncia con profonda commozione la scomparsa

del dott. Luciano Girardi, fondatore e Presidente

Onorario dell’ATMAR e si unisce al dolore dei

famigliari, ricordandone con sincero rimpianto

l’opera svolta con generosità e infaticabile impegno

in favore dei malati reumatici del Trentino.

In ricordo di Luciano Girardiimparato a conoscerlo in questi anni di diretta colla-borazione: una persona che preferiva la concretezzadell’agire alla vacuità delle parole, che svolgeva il suolavoro con abnegazione esemplare, con una fortissi-ma determinazione e con quella serietà che lo ha fattoapprezzare da tutti.Anche in questi ultimi mesi, in cui Luciano era mol-to provato dalla malattia, ci siamo affidati alla suasaggezza e al suo consiglio per gestire l’eredità che ciha lasciato.Abbiamo avuto l’onore di condividere con lui un lun-go tratto di strada, affiancandolo con entusiasmo,perché Luciano sapeva trasmetterci la sua passione,abbiamo condiviso la sua battaglia per i diritti dei piùdeboli, dei malati, di coloro che soffrono.Abbiamo condiviso una stagione di lavoro che ha vi-sto concretizzarsi il suo sogno, la nascita del repartodi Reumatologia dell’Ospedale S. Chiara di Trento,per il quale il dott. Girardi ha profuso tante energie.Vogliamo ricordarlo con sincero rimpianto per l’ap-passionato impegno civile con cui ha saputo darevoce ai malati del Trentino.Grazie, Luciano, per il tuo straordinario esempio.

È un momento in cui le parole, forse, rischiano di ap-parire inutili e vuote.Questo è il momento del raccoglimento, della rifles-sione, della meditazione in silenzio e della preghiera.È il momento di rendere onore al dott. LucianoGirardi e di rendere omaggio alla sua memoria.Ci stringiamo tutti uniti alla famiglia di Luciano.Lo facciamo con quella sobrietà alla quale ci avevaabituato. In fondo è quello che Luciano ci avrebbechiesto oggi. Perché Luciano è sì un testimone di for-za e di coraggio, ma anche di misura, di discrezione,di cui aveva fatto il suo stile di vita e di lavoro.Luciano Girardi è stato il fondatore della nostra Asso-ciazione, che ha diretto per molti anni con infaticabileimpegno, generosità e tenacia fino al 2006, anno incui è divenuto Presidente Onorario.Non possiamo dimenticare anche il prezioso contri-buto che il dott. Girardi ha offerto nell’ambito delConsiglio Direttivo dell’Associazione Nazionale Ma-lati Reumatici, che si unisce oggi a tutti noi nel doloreper la sua perdita.Luciano Girardi è stato per noi un grande Presiden-te, intelligente, autorevole, lungimirante. Abbiamo

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Incontri d’autunno

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Nell’ambito degli Incontri d’AutunnoATMAR sabato 22 novembre 2008, alle14.30, al Centro Servizi Culturali SantaChiara avrà luogo un importante ap-puntamento con i nostri medici e infer-mieri dell’U.O. di Reumatologia del-l’Ospedale S. Chiara di Trento.

14.30 Introduzionedott.ssa Annamaria Marchionne,Presidente ATMAR

Reumatologia in Trentino oggidott. Giuseppe Paolazzi,Direttore

Il punto sull’artrite psoriasicadott. Roberto Bortolotti

L’ecografia articolare: utilità eindicazioni

dott. Paolo Francesco Cavatorta

16.30 Pausa caffè

Il lupus: malattia dai mille voltidott.ssa Susanna Peccatori

La sclerodermia: i problemi criticidott. Lorenzo Leveghi

La gestione infermieristica delmalato in terapia con farmacibiologici

Serafina Corna, Infermieraprofessionale, Day Hospital

18.00 Chiusura dell’incontro

Come è possibile vedere dal program-ma, l’incontro, dedicato all’informazio-ne su alcune tra le principali malattiereumatiche infiammatorie e sulle novi-tà terapeutiche, è anche un’occasionepreziosa per fare il punto sull’assisten-za reumatologica in Trentino in un con-fronto diretto con i nostri reumatologi elo staff infermieristico.

Ancora una volta l’incontro testimoniala piena disponibilità dei nostri medicie infermieri a collaborare con l’Associa-zione, offrendoci un momento di ap-profondimento su tutti i temi di mag-giore interesse per i malati.

INCONTRI D’AUTUNNO

La Reumatologia incontra imalati reumatici del Trentino

Associazione Trentina Malati ReumaticiATMAR – ONLUS

Iniziativa realizzata in collaborazione conl’Unità Operativa di Reumatologia dell’Ospedale S. Chiara di Trento

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Editoriale

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Dott.ssa Annamaria Marchionne, PresidenteATMAR

Dott.ssa AnnamariaMarchionnePresidente ATMAR

C’è un legame indissolubile fra medicoe paziente, che la malattia sancisce eisola nella sua unicità.Ma quella tra medico e paziente, dob-biamo riconoscerlo, è una storia spessotormentata, complessa, attraversata dacontraddizioni e ambivalenze, che as-somiglia più a un percorso accidentatoin salita che a una strada pianeggiantee comoda.

Il convegno dedicato alla Relazione dicura. Medico e malato fra Tecnica enuovo Umanesimo, organizzato dal-l’ATMAR lo scorso 8 marzo 2008, ne haapprofondito i diversi aspetti: i contri-buti dei relatori hanno infatti ripercorsoil lungo itinerario del rapporto medico-paziente, illuminandoci sulle ragionistoriche, filosofiche, religiose, etiche,giuridiche, che hanno, nelle diverseepoche, caratterizzato questa relazione.

Più modestamente, vorrei ora condivi-dere con voi alcune riflessioni su que-sto tema, scaturite dal vissuto persona-le del rapporto medico-paziente.

C’è un singolare paradosso che connotail modo in cui noi malati generalmenteviviamo la figura del medico: da unlato lo percepiamo come un semidio,recuperando inconsciamente la figuraancestrale del medico-stregone, infalli-bile guaritore, dall’altro cerchiamo nelmedico l’uomo, dotato di sensibilità,capace di sviluppare una vicinanzaempatica, di comprendere la nostra sof-ferenza, le nostre paure e aspettative.Ognuno di noi vorrebbe trovare nelmedico queste due figure, che sonoperò tra loro in antitesi e, non potendotrovarle, vive spesso un senso di fru-strazione nel rapporto con il medico,che può essere lenito solo se riusciamoad avere consapevolezza della loroinconciliabilità.

A questo scopo può risultare utile sof-fermarsi su alcuni nodi fondamentali,che attengono al modo in cui comune-mente pensiamo alla medicina e al rap-porto col medico.

Contrariamente a quanto si è portati acredere, la medicina non è una scienzaesatta, ma è piuttosto un insieme armo-nico di tecnologia e di antropologiamedica, in cui, trovano applicazione lescienze di base: non a caso la medicinaviene definita anche “arte medica”. Lecure mediche diventano “arte” quandoil medico scambia con il suo malato ciòche il paziente esprime con difficoltà,ciò che esce dalle norme, che sfuggealla statistica medica, ma che appartie-ne all’esperienza e alla soggettività delmalato.Il medico dunque applica le sue cono-scenze scientifiche nella cura del mala-to, ma può anche fallire, vivendo, a suavolta, un senso di scacco, di frustrazio-ne.Le luci, le ombre, le speranze, la fru-strazione, la solitudine, che contraddi-stinguono il lavoro del medico sfuggo-no per lo più alla comprensione delmalato, che non è quasi mai disposto a“perdonare” l’errore medico.Questo è il risultato della mitizzazionedella medicina come scienza esatta,

alimentata nella nostra epoca da unacultura della spettacolarizzazione dellamedicina.I mass media diffondono quotidiana-mente informazioni sulla salute e sullasanità, rilevandone prevalentementeaspetti spettacolari e scoperte sensazio-nali e non soffermandosi quasi mai sul-l’ordinaria qualità delle prestazioni,sulla professionalità, sul livello quali-tativo del nostro sistema sanitario pub-blico, che, pur con livelli differenti sulterritorio nazionale, è ai vertici mon-diali in termini di costo/efficacia: insostanza le buone pratiche quotidianenon fanno notizia.Emblema di questo tipo di medicinaipertecnologizzata, disumanizzata è ilgenio sregolato del dott. House, prota-gonista del serial televisivo che è già diculto e che ha addirittura ispirato libriimpegnati.

Medico e paziente: due solitudini a confronto

La missione del medico zoppo, antipa-tico, con evidenti problemi di dipen-denza da farmaci, non è quella di farguarire i pazienti, il suo vero scopo èquello di sconfiggere la malattia, perlui, infettivologo dalle grande capacitàdiagnostiche, una vera sfida. Anticon-venzionale, privo di tatto, scontroso,misantropo, antipatico ai suoi pazienti,cinico, narcisista, egocentrico, sarcasti-co, violento, intemperante, eccessivo,infantile: l’antitesi dell’eroe empatico epositivo.House insegna che la malattia è primadi tutto un oggetto da pensare: tocca alsuo genio spregiudicato appropriar-sene con la mente per respingerla. Ilmalato non conta.

House è un pessimo medico, perché èla negazione incarnata del buon rap-porto medico-paziente, perché tratta imalati come cavie e li sottopone a raffi-che di esami che ammazzerebbero

Dott. GregoryHouse

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Argomenti medici

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chiunque, oltre ad affossare qualsiasisistema sanitario.

Agli antipodi di questa concezione stail celebre dott. Arrieta, medico delgrande pittore Goya, emblema di quel-l’umanità, che vorremmo sempre tro-vare nel curante.

Ciò che forse però molto spesso ci sfug-ge di questa “sostanza umana” è lacondizione di solitudine che attraversala relazione tra medico e paziente.

Due solitudini a confronto che duegrandi autori mitteleuropei raffiguranoin modo molto pregnante.

La solitudine vissuta dal medico, ilsenso di sconfitta, di naufragio dellamedicina, ci vengono efficacementedescritti da Franz Kafka in un raccontointitolato Un medico di campagna,scritto nel 1919:“Scriver ricette è facile, ma intendersi conla gente è difficile… Così la gente del miopaese. Pretende sempre l’impossibile dalmedico. Hanno perduto la vecchia fede, ilparroco se ne resta a casa a sfilacciare unadopo l’altra le sue pianete, ma il medicodeve saper fare di tutto con la sua mano leg-gera di chirurgo”.

La solitudine del malato viene invecedescritta in un bellissimo romanzo,scritto da Thomas Berhard, intitolato Ilnipote di Wittgenstein:“I malati non capiscono i sani come, vice-versa, i sani non capiscono i malati, e mol-to spesso nasce tra sani e malati come unconflitto mortale che il malato in definitivanon riesce ad affrontare. Il malato in effettiè sempre un uomo solo e l’aiuto che gli vie-ne concesso dall’esterno si rivela quasi sem-pre, questo lo sappiamo bene, soltanto unimpedimento o soltanto un disturbo. L’aiu-to di cui il malato ha bisogno è qualcosa diveramente impalpabile, che i sani però nonsono in grado di offrirgli.”

Riecheggia qui una nota dolorosa e no-stalgica in questo desiderio di umanavicinanza, questo qualcosa di “impal-pabile” che realizza l’aiuto e la speran-za di cui ogni malato sente, acuta e la-cerante l’esigenza.

Ma queste due solitudini potranno maiincontrarsi e lenirsi a vicenda?

Sono convinta che la strada da percor-rere per migliorare la relazione tra me-dico e paziente sia lunga e vada percor-sa con impegno, disponibilità e onestàda entrambe le parti.

E credo che ciò sia possibile a due con-dizioni:

La prima è che il medico riconosca nelmalato una persona che ha bisogno diaiuto, ha il diritto di essere rispettato,ha bisogno di essere ascoltato e accom-pagnato con empatia nella malattia enel percorso di cura.

La seconda è che il malato, dal cantosuo, riconosca nel medico un essereumano e un professionista, che ha dirit-to al suo rispetto, che si aspetta fiduciae collaborazione dal paziente, che non èonnisciente e onnipotente e può sba-gliare.

Dopo anni di convivenza con la malat-tia e di relazioni con i medici mi sonopersuasa che, accanto alla coscienza deipropri irrinunciabili diritti, il malato

debba sviluppare anche la consapevo-lezza dei propri doveri nei confrontidel curante.Credo che noi malati dovremmo ricor-dare che se vogliamo una migliore co-municazione con il nostro medico, dob-biamo, a nostra volta, imparare a co-municare, se ci attendiamo rispettodobbiamo rapportarci con rispetto neiconfronti della persona che ci cura, sevogliamo considerazione dobbiamouscire dall’egocentrismo che spesso ciimprigiona, se vogliamo comprensionee umanità, dobbiamo alimentare la re-lazione con il medico di fiducia e di di-sponibilità a comprendere le ragionidell’essere umano che sta dall’altra par-te.

Al tempo stesso, credo che i medicidebbano comprendere e sentire inmodo profondo l’importanza della re-lazione con il malato, che darà loromodo non solo di avere maggiori stru-menti diagnostici e terapeutici per cu-rarlo, ma permetterà loro ancheun’esperienza fondamentale nella vitadi un essere umano: il privilegio dinutrirsi della ricchezza dei pazienti,entrando nelle loro vite attraverso laporta della sofferenza.

F. Goya, Autoritratto col dr.Arrieta, 1820

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Argomenti medici

OSTEOPOROSI: DOMANDE ERISPOSTEDott. Roberto Bortolotti

Unità Operativa di ReumatologiaOspedale S. Chiara, Trento

IN COSA CONSISTEQUESTA MALATTIA?

L’osteoporosi è una malattia che iniziain maniera silente nell’età adulta e chesi manifesta in genere dopo i 50 anni,maggiormente nell’età senile. È deter-minata da una riduzione della massaossea (essenzialmente sali di calcio) conuna alterazione anche della sua archi-tettura per cui l’osso diventa fragile conun alto rischio di frattura. Questa com-plicanza può interessare tutte le ossa.Polso, vertebre e femore risultano lesedi più colpite.

È UNA MALATTIAPREVALENTEMENTEFEMMINILE O TUTTIPOSSONO AMMALARSI?

Tutte le persone che invecchiano perdo-no osso anche se alcune più velocemen-te di altre e quindi sono a rischio di svi-luppare la malattia. La donne sono piùsvantaggiate rispetto agli uomini inquanto posseggono una quantità diosso minore e, in genere, vanno incon-tro a un periodo più protratto di perdi-ta di massa scheletrica. Per la donna sipuò dire che l’incidenza della malattiapassa dal 14% tra i 50 e 59 anni al 70%dopo gli 80 anni. Una donna su due eun uomo su otto sopra i 50 anni avran-no una frattura da fragilità nella restan-te vita. I tassi di incidenza della frattu-ra del femore aumentano esponen-zialmente dai 65 anni in poi, raddop-piandosi all’incirca ogni 5 anni di etàfino ad interessare 2-4 donne ogni 100oltre gli 85 anni. In questo tipo di frat-tura le femmine sono colpite in misura

all’incirca doppia rispetto all’uomo. InItalia, ogni anno, si verificano circa250.000 fratture da osteoporosi di cuioltre 80.000 di femore. Con il progressi-vo invecchiamento della popolazione,in particolare di quella italiana che è trale più anziane, è da attendersi un incre-mento esponenziale delle fratture difemore. Si stima che i cambiamentidemografici del prossimi anni compor-teranno un aumentato numero di frat-ture del femore nel mondo da 1. 66 mi-lioni del 1990 ai 6. 26 milioni del 2050.In una recente indagine che ha coinvol-to 155 milioni di cittadini europei dai50 ai 79 anni è risultata una incidenzacomplessiva delle fratture vertebrali di1.400.000 all’anno. In Trentino si puòstimare una presenza di circa 6000 don-ne con osteoporosi conclamata e unmigliaio di casi all’anno di fratture difemore.

PERCHÈ COMPARE LAMALATTIA?

L’eccessiva perdita di massa ossea checaratterizza la malattia è il risultato diuna alterazione nel normale ciclo dirimodellamento dell’osso. Il ciclo, insostanza, consiste nel riassorbimento di

osso “vecchio” da parte di un tipo dicellule (osteoclasti) cui segue la deposi-zione di nuova matrice ossea e succes-siva mineralizzazione da parte di altrecellule (osteoblasti). Quando questo bi-lancio diviene negativo, cioè non vienesostituito tutto il materiale riassorbito,ed il numero di cicli diviene elevato siviene a creare una eccessiva perdita diosso. Questo può accadere quando vie-ne meno la azione protettiva degli or-moni sessuali e quindi, nella donna, ciòsi verifica tipicamente dopo la meno-pausa. Altre volte altri ormoni o sostan-ze possono influire negativamente sulbilancio osseo. Questo si verifica, peresempio, in caso di eccesso di ormonetiroideo, di cortisolo, di paratormone.Una causa frequente di osteoporosi èquella legata all’uso eccessivo e protrat-to di farmaci antinfiammatori steroidei(cortisone).

QUALI SONO I SINTOMI?

Il dolore rappresenta il sintomo princi-pale. Di solito esordisce in maniera bru-sca e intensa tanto da determinare unaimportante limitazione funzionale,dopo un trauma o uno sforzo di mini-ma entità (sollevare pesi, chinarsi). Lasede più spesso riferita è il rachide altratto dorso lombare e la causa del do-lore sono le fratture o microfratturevertebrali. Tale dolore può essere mol-to intenso e rendere difficile i movi-menti della colonna. Può durare anchealcuni mesi ed è alleviato, in parte, dalriposo a letto. Successivamente puòpermanere un dolore di minore intensi-tà legato al sovraccarico di alcune strut-ture osteoarticolari (legamenti, dischiintervertebrali) e alla distensione o con-trattura delle componenti muscolari.Con il tempo, e in caso di ripetuti epi-sodi fratturativi si accentua la curvatu-ra del dorso (cifosi dorsale) che com-porta una modifica della gabbia osseatoracica con ridotta espansione toracicae quindi possibili disturbi respiratori. Ildolore nei casi più gravi può originareanche dal contatto dell’arcata costalesull’osso iliaco del bacino. Si assiste aun progressivo calo della statura, perriduzione di altezza della cavitàaddominale l’addome può apparire

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Argomenti medici

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globoso e protruso con conseguenzesulla canalizzazione intestinale e di-sturbi intestinali (ernia dello hiatus,dispepsia, rigurgiti, stipsi). È importan-te ricordare, tuttavia, che le fratturevertebrali sono eventi ampiamentesottostimati. Questo accade perché dauna parte la maggioranza delle defor-mità vertebrali in corso di osteoporosinon comportano una sicura emergenzasul piano dei sintomi e dall’altra è pos-sibile che molte fratture vertebrali, checomportano dolore, possano sfuggire auna diagnosi corretta e venir confusecon affezioni dolorose come la spon-diloartrosi o forme miofasciali Proba-bilmente la ragione principale che spie-ga la maggior parte degli effetti negati-vi delle fratture vertebrali sulla qualitàdi vita dei pazienti con osteoporosi ri-siede nel fatto che nella maggioranzadei casi la frattura vertebrale non rima-ne un evento isolato ma incide nella re-altà clinica sotto forma di fratturevertebrali multiple. Il ripetersi di eventifratturativi nella storia naturaledell’osteoporosi è infatti un evento bendocumentato ed è di grande rilevanzail fatto che il principale fattore di ri-schio per una nuova frattura verte-brale, ed in generale per una frattura daosteoporosi, è il fatto di avere già pre-sentato una frattura in precedenza.Una tipica sede di frattura daosteoporosi è quella del polso (fratturedi Colles) che si instaura per un traumada caduta nel tentativo di proteggersiportando le braccia in avanti. Tale frat-tura impone l’applicazione di apparec-chio gessato e talora prolungata im-mobilizzazione cui deve seguire spessodella riabilitazione al fine di recuperareappieno al funzionalità del braccio.La più importante e temuta è la frattu-ra del femore perché presenta una mor-talità stimabile in circa il 5% in fase acu-ta e del 15-25% entro un anno. Ladisabilità deambulatoria è permanentenel 20% dei casi e solo il 30-40%riacquista autonomia compatibile conle precedenti attività della vita quoti-diana. La frattura della estremitàprossimale del femore nella maggiorparte è dovuta a caduta, anche banale,dalla stazione eretta e, molto raramen-te, avviene spontaneamente quando lecondizioni dell’osso sono gravemente

compromesse. È sempre necessario ilricovero in ospedale ed il trattamentochirurgico. L’ospedalizzazione compor-ta nei pazienti, soprattutto se molto an-ziani, il rischio di gravi complicanzequali infezioni broncopolmonari, pia-ghe da decubito e sindrome ipocinetica.I costi sociali di una frattura di femoresono rilevanti. La stima dei costi totali(diretti per ricovero in ospedale ed in-diretti) nel 2002 delle fratture femoraliin Italia in soggetti ultrasessanta-cinquenni è stata valutata in oltre unmiliardo di Euro.

QUALI ESAMI VENGONOEFFETTUATI PER SCOPRIRELA MALATTIA?

L’approccio diagnostico alla malattiadeve prevedere inizialmente un esameclinico che comprende una raccoltaanamnestica accurata e un esame obiet-tivo sistematico. È così possibile distin-guere la sintomatologia dolorosa osseada quella articolare e quindi orientarecorrettamente la diagnosi. Gli esamiematici consigliati cosiddetti di primolivello (emocromo, VES, profilo pro-teico, calcemia, ALP, calciuria), consen-tono in genere di riconoscere una for-ma cosiddetta primaria, ove i risultatidegli esami sono nella norma, da unaforma secondaria nel caso che sia pre-sente un’altra malattia che determini ildeterioramento del tessuto osseo. Nel-la grande maggioranza dei casi diosteoporosi gli esami ematici risultanonormali.Nella fase conclamata l’esame radio-logico dello scheletro, oltre alla presen-za di fratture, mostra una diffusaradiotrasparenza delle strutture ossee,particolarmente evidente a livello dellevertebre. Peraltro l’esame radiologico èin grado di evidenziare una condizionedi demineralizzazione soltanto quandola massa ossea si riduce di almeno unterzo. La patogenesi della fratturaosteoporotica è strettamente correlataalla bassa densità ossea che determinauna riduzione della resistenza dell’ossoessendo essa proporzionata alla massaossea.In genere, le fratture vertebrali insorte

nei primi 15 anni della menopausa oquelle conseguenti a terapia prolunga-ta con glucocorticoidi si manifestano difrequente con un collasso del corpovertebrale o con un elevato grado dicompressione e si accompagnano spes-so ad evidente sintomatologia doloro-sa, mentre quelle insorte dopo i 75 annihanno un andamento lento nel tempo esono molto spesso clinicamente silenti.A seconda della deformazione, le frat-ture si definiscono a lente biconcavaper cedimento della zona centrale (ver-tebre di pesce), appiattite per il cedi-mento globale del corpo vertebrale, op-pure schiacciate a cuneo per cedimentodella loro parte anteriore. Le fratturepiù frequenti sono quelle da collassodei corpi vertebrali della regione dorso-lombare, interessanti la regione anterio-re dei corpi vertebrali e tali da provoca-re deformazione scheletrica e conse-guente riduzione della statura, cosìquella caratteristica deformità dellamalattia nota come cifosi dorsale agrande arco. Le piccole deformazioni diun corpo vertebrale, spesso asinto-matiche, sono difficili da rilevare e perovviare alla variabilità dei controlli neldecorso della malattia sono state svi-luppate tecniche sia semiquantitativeche quantitative al fine di individuarecon precisione le deformazioni dei cor-pi vertebrali e monitorarle nel tempo.Nel corso degli ultimi anni è entrato inuso lo studio quantitativo sulle radio-grafie laterali del rachide dorsale e lom-bare, denominato morfometria verte-brale, in cui, per ogni corpo vertebrale,si calcola l’altezza relativa nella parteanteriore, centrale e posteriore, e la siparagona all’altezza relativa di un cor-po vertebrale normale di riferimento.Quando una delle altezze misurate ri-sulta inferiore da almeno il 15 o 20% ri-spetto al valore di riferimento la defor-mità vertebrale evidenziata è compati-bile con una avvenuta frattura. Occorretuttavia ricordare che non tutte le de-formazioni vertebrali sono causate daosteoporosi e quindi la analisi morfo-logica deve sempre essere integrata dadati clinici.Una stima della massa ossea, e quindidella resistenza dell’osso, viene effet-tuata attraverso la misurazione dellaquantità minerale o densità. È la mi-

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neralometria ossea computerizzata(MOC) o densitometria ossea. Si trattadi una esame semplice di tipo radiolo-gico effettuato mediante una specialeapparecchiatura che stima la quantitàminerale in uno o più siti scheletriciutilizzando una bassa quantità di ra-diazioni. La densitometria a raggi X(DXA) rappresenta la tecnica più diffu-sa e più usata per la misurazione dellaBMD; essa permette di misurare varisiti scheletrici (rachide lombare, trattoprossimale del femore, radio distale eultradistale, e infine su tutto lo schele-tro) con sufficiente accuratezza e preci-sione: è così possibile ottenere misureprecise sul contenuto minerale dellecomponenti trabecolare e corticale deltessuto osseo. La densità ossea (BMD)viene misurata come valore assoluto(g/cm2 o g/cm3) e come T- o Z-score,dove per T-score si intende il numerodi deviazioni standard dal valore me-dio di soggetti giovani, al picco di mas-sa ossea (circa 30 anni), mentre lo Zscore fa riferimento al numero delle de-viazioni standard dal valore medio delsoggetto di pari sesso ed età. L’O. M. S.ha definito come osteoporosi il valoredi T-score <2, 5 SD, valore che identifi-ca come osteoporotiche il 1 5 – 20 %delle donne in menopausa di età supe-riore ai 50 anni.Secondo la Consensus Conference del1994 la Organizzazione Mondiale dellaSanità ha definito i seguenti criteridiagnostici della malattia in base ai va-lori densitometrici:

– Normale se T score -1 o maggiore– osteopenia se T score compreso tra -

1 e -2.5– osteoporosi se T score minore di -2.5– osteoporosi stabilizzata se T score

minore di -2.5 + frattura.

L’esame è indicato in condizioni come:

– ipogonadismo o menopausa preco-ce (<45 anni)

– in previsione di prolungati (> 3mesi) trattamenti corticosteroidei (>5 mg/die di prednisone equivalenti)

– in soggetti con anamnesi familiarepositiva per fratture da fragilità(femore, vertebrali o del polso < 75anni)

– basso peso corporeo (< 57 Kg o in-dice di massa corporea < 19 Kg/m2)

– in caso di riscontro radiologico diosteoporosi

– in malattie associate a osteoporosi(malattie endocrine come iperpa-ratiroidismo, ipertiroidismo etc.,malattie reumatiche come artritereumatoide etc…)

– precedenti fratture da fragilità– nelle donne oltre i 65 anni di età.

L’esame densitometrico trova indica-zione anche nel follow up della malat-tia per documentare una variazionedella massa minerale e quindi anchel’effetto del trattamento. In questo casooccorre ricordare che le modificheevidenziabili, tenuto conto del metabo-lismo dell’osso e dell’errore di precisio-ne dello strumento, devono superarealmeno il 3-4% del precedente valore diriferimento. Questo significa che non èpossibile avere la certezza del cambia-mento reale del risultato dell’esamedensitometrico se non dopo un con-gruo periodo di tempo che in genere èsuperiore ai 12 mesi.La densitometria ossea ha una discretaspecificità, per cui il rischio di frattura èsenza dubbio elevato in pazienti conbassi valori di BMD. E stato dimostratoche una percentuale elevata di fratture(circa il 55%) si verifica anche nei sog-getti classificati a basso rischio dall’esa-me densitometrico, e questo giustificala scarsa sensibilità della metodica. Tut-tavia, riteniamo opportuno sottolineareche la predittività della BMD per il ri-schio di frattura è considerevolmentesuperiore a quello dell’ipercole-sterolemia e dell’ipertensione perquanto riguarda i rischi di infarto mio-cardico e ictus cerebrale. L’errorepredittivo della densitometria ossea èlegato al fatto che esistono altri fattoridi rischio di frattura indipendenti dallaBMD, come ad esempio l’età, per cui,mentre per un T-score compreso tra -2,5 e -3, 0 l’incidenza annua di frattura ètrascurabile in una donna di 55 anni,esso diventa 5 volte maggiore in unadonna di 75 anni.Si è osservato che il rischio di fratturanelle sedi cliniche più rilevanti sia me-glio previsto dalla valutazione den-

sitometrica dello stesso sito tuttavia lavalutazione di un distretto è predittivadi frattura anche di altre sedi scheletri-che. Ecco perché la misurazione di unasede periferica come il polso o le falan-gi, o il calcagno è comunque predittivaanche di frattura assiale.La misurazione densitometrica dellacolonna lombare è preferita nel primoperiodo della età post menopausaleperché è un sito precocemente interes-sato dalla malattia. L’accuratezza dellamisurazione si riduce in presenza diartrosi e di calcificazioni extrasche-letriche. Per questo la densitometriafemorale in età senile può essere piùaccurata e clinicamente più utile perchéla più predittiva del rischio di fratturapiù temuto.In alcuni casi è possibile inoltre avereuna misura della massa ossea con stru-menti ad ultrasuoni. Le caratteristicheessenziali della ultrasonografia osseasono l’assenza di radiazioni, la facilitàdi esecuzione dell’esame, la traspor-tabilità e il basso costo. Molto interesseper questo tipo di tecnica è derivatodalla possibilità di ottenere informazio-ni anche sulla struttura ossea. Tra i sitianatomici, che devono sempre rispon-dere a caratteristiche quali la facilità diaccesso e la scarsa presenza di tessutimolli, quello maggiormente studiato èil calcagno che, essendo composto pre-valentemente da osso trabecolare, e sot-toposto allo stesso carico a cui è sotto-posta la colonna vertebrale, costituisceun’ottima sede per lo studio ultra-sonografico. Altri siti scheletrici comu-nemente impiegati sono la falange, latibia, il radio. I parametri ultrasono-grafici comunemente utilizzati per lostudio dell’osso sono la velocità e l’atte-nuazione. La velocità di trasmissionedel fascio ultrasonografico è diretta-mente proporzionale alla densità del-l’osso mentre l’attenuazione esprime laperdita di energia dell’onda che avvie-ne in modo diverso secondo i vari tes-suti attraversati.Per quanto riguarda le correlazioni traparametri ultrasonografici e tradiziona-li metodiche densitometriche, pur risul-tando sempre significative, i risultatinon hanno mai raggiunto valori eleva-ti, ad indicare probabilmente chel’ultrasonografia esprime caratteristi-

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che diverse dell’osso. È stato tuttaviaampiamente dimostrato che i parame-tri ultrasonografici sono in grado dipredire in modo indipendente dallaBMD il rischio di frattura osteoporoticasia vertebrale che femorale nella popo-lazione femminile, anche se in misurainferiore rispetto alle tradizionali meto-diche densitometriche, e come l’usocombinato di tecniche densitometrichee ultrasonografiche possa aumentare lapredizione del rischio di frattura. Per ilmonitoraggio dell’effetto dei farmacisulla densità ossea rimane di primascelta il rilievo densitometrico a raggi X(DXA).L’utilizzo principale della densito-metria ad ultrasuoni è quello di pre-screening per selezionare i soggettimaggiormente a rischio che potrannopoi essere sottoposti a ulteriori accerta-menti. È una metodica inoltre che è ingrado di predire il rischio di frattura equindi integra con grande peso la stimacomplessiva della malattia con com-plicanze

QUALI MISURE POSSIAMOADOTTARE PER PREVENIREL’OSTEOPOROSI?

Diversi interventi non farmacologicipossono ridurre il rischio di osteopo-rosi attraverso un aumento del picco dimassa ossea, ossia del massimo conte-nuto minerale scheletrico, ed una ridu-zione della perdita associata all’età. Lacrescita dello scheletro si completa in-torno ai 20-30 anni, dopo di che comin-cia, in entrambi i sessi, la perdita dimassa ossea, che nelle donne viene ac-celerata dalla menopausa. I fattorinutrizionali, in particolare il calcio e lavitamina D e l’esercizio fisico hannomolteplici effetti. influenzando il piccodi massa ossea, la perdita ossea associa-ta all’età e la forza muscolare. Una buo-na nutrizione, in termini di dieta bilan-ciata e adeguato apporto calorico, è es-senziale per una normale crescita e perlo sviluppo di tutti i tessuti, inclusol’osso. Quindi, la valutazione dello sta-to nutrizionale e un’adeguata anamnesialimentare sono momenti fondamentalinella valutazione del profilo di rischio

per osteoporosi. In Europa. per la fasciadi età fra gli 11 ed i 17 anni, la dosequotidiana raccomandata (RDI) di cal-cìo varia fra gli 800 mg al giorno per lefemmine ed i 1.000 mg per i maschi. InItalia. almeno il 70% delle femmine e il60% dei maschi adolescenti ne assumo-no dosi inferiori a quelle raccomandate.Nell’adulto, l’introito dovrebbe essereintorno ai 1.000-1.300 mg/die, e solo il50-60% della popolazione sembra effet-tivamente rispettare questi suggeri-menti. Latte e latticini sono esempi dibuone fonti di calcio, ma la biodispo-nibilità può diminuire a causa di altricostituenti della dieta, che possono ri-durne l’assorbimento, quali le fibre, ifitati e i tannini. In caso di dieta varie-gata ed equilibrata, comunque, tale ri-schio è irrilevante. Le acque mineraliricche di calcio e con basso contenuto disodio e nitrati sono una ulteriore fontealimentare di calcio ben assimilabile.Dobbiamo ricordare, comunque, che lavariabilità interindividuale nell’assorbi-mento di calcio è molto vasta e influen-zata dai livelli di vitamina D. La caren-za di vitamina D porta al rachitismo nelbambino e all’osteomalacia nell’adulto,entrambe caratterizzate da un difetto dimineralizzazione dell’osso. Una defi-cienza meno marcata comporta inveceun iperparatiroidismo, che risulta in unaumentato turnover e perdita di osso,in assenza di alterazioni dellamineralizzazione ma ciò comporta co-munque un aumento del rischio di frat-tura. Durante l’adolescenza, quando ilconsumo di latte diminuisce, l’introitodi vitamina D può essere inadeguato equesto può influenzare negativamentel’assorbimento di calcio. La carenza divitamina D è molto comune nella po-polazione anziana ed è per lo più per ri-dotto introito, ma in parte anche per di-minuito assorbimento intestinale, dimi-nuita sintesi cutanea e ridotta conver-sione alla forma di vitamina più attiva.Gli anziani, quindi, sono consideratiuna popolazione a rischio e diversi stu-di clinici controllati hanno dimostratoche il supplemento di vitamina D tra400 e 800 IU/die riduce il rischio difrattura e aumenta gli effetti degliestrogeni sulla densità ossea. Fonti ali-mentari importanti di vitamina D sonoalcuni tipi di pesce (luccio, pesce persi-

co, salmone, sardine e tonno in scatola),alcune carni (fegato, pollo) e le uova.Dal momento che la vitamina D è ingran parte sintetizzata a livello cutaneosotto l’azione dei raggi ultravioletti par-ticolarmente a rischio sono i soggetticon bassa esposizione al sole come glianziani che vivono in casa di riposo,affetti da malattie croniche e disabili.Studi retrospettivi hanno evidenziatoche individui che hanno assunto rego-larmente latte durante l’infanzia pre-sentino da adulti una massa ossea mag-giore rispetto a color che non hanno se-guito questo costume di vita. Questaprospettiva è ancora più rilevante se siconsidera che a livello di popolazionegenerale un aumento del 10% del piccodi massa ossea potrebbe dimezzare ilrischio di frattura durante la vita adul-ta. In vari studi di intervento in donnein età post menopausale e anziani si èdimostrato che la supplementazione dicalcio e vitamina D fosse in grado dirallentare la velocità di perdita ossea edanche di ridurre l’incidenza di fratture.Un introito adeguato di proteine nelladieta è essenziale per la salute delleossa. Un deficit proteico è dannoso perl’acquisizione di massa ossea sia nel-l’infanzia che nell’adolescenza, oltreche per la conservazione della densitàossea nei soggetti in età avanzata. D’al-tra parte diete iperproteiche possonofavorire la perdita di calcio con le urine.Una dieta povera di proteine è frequen-te nell’anziano e appare essere ancorapiù deficitaria in soggetti con fratturefemorali rispetto alla popolazione ge-nerale di età avanzata. La malnutrizio-ne proteica compromette la massa e laforza muscolare con conseguente mino-re stabilità e maggior rischio di caduta.Un uso eccessivo di bevande alcolicheha mostrato un maggior rischio di ma-lattia e di fratture sia per una ridottafunzione anabolica dell’osso che in re-lazione ad un aumentato rischio di ca-duta. Un elevato introito di sodio (sale)promuove l’escrezione renale di calcioed è pertanto considerato un fattore dirischio per l’osteoporosi. La caffeina èstata pure implicata nello sviluppo diquesta malattia ma senza nessuna pro-va convincente che questo sai il caso.L’effetto del fumo, infine, è multi-fattoriale e include il peso inferiore tra

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i fumatori, un effetto di inibizione di-retto sugli osteoblasti e, nelle donne,una menopausa precoce. Si è eviden-ziato infatti che il fumo aumenta il ri-schio di frattura nell’arco della vita diuna donna di circa 50%.Tra i fattori legati allo stile di vita il piùimportante nel determinare la densitàossea è l’esercizio fisico. Innanzitutto,una regolare attività fisica che comportisia lavoro dell’osso contro la forza digravità, sia contrazione muscolare èfondamentale per la salute dell’osso,come è stato dimostrato dall’osteo-penia degli astronauti dopo una pro-lungata assenza di peso. L’attività fisicaregolare ha numerosi effetti positivi perindividui di tutte le età, ma l’impattopiù significativo si ha se cominciata pri-ma della pubertà. Uno studio ha addi-rittura dimostrato un effetto più marca-to dell’esercizio fisico che dell’introitodi calcio sullo sviluppo della massa os-sea in pubertà, ma diversi studi concor-dano nel sostenere un loro effetto addi-tivo. Anche se l’esercizio fisico non fadirettamente aumentare la massa osseanegli adulti, vari studi dimostrano chele persone che lo praticano regolarmen-te (passeggiate, corse, ballo, giardinag-gio) hanno un rischio dimezzato difrattura di femore rispetto a personepoco attive. In due studi epidemiolo-gici europei (MEDOS ed EPOS) è statodimostrato che l’abitudine a compiereregolari passeggiate nelle donne adultee anziane è associata a una riduzione difratture vertebrali e del femore. Un pro-blema metodologico che può, però, in-fluenzare i risultati di questi studi è le-gato al fatto di essere studi trasversali e,quindi, soggetti ai problemi di selezio-ne del campione, mentre studi longi-tudinali sono necessari per dimostraredefinitivamente l’effetto dell’attività fi-sica sulla densità ossea. Una meta-ana-lisi di 18 studi prospettici che valutava-no l’effetto dell’esercizio sulla perditaossea in menopausa ha dimostrato tut-tavia un significativo effetto dell’eserci-zio fisico moderato sulla densità osseaa livello vertebrale, mentre risultatidubbi sono stati riportati per la densitàa livello femorale e radiale. Un aumen-to tra il 2.5% ed il 5% nella densità mi-nerale ossea è stata evidenziato in don-ne in menopausa usualmente sedenta-

rie, dopo 7-9 mesi di esercizio fisico di2-3 ore ogni settimana, ma tutto il bene-ficio veniva perso in coloro che inter-rompevano il programma. Come neigiovani, c’è evidenza di un effetto addi-tivo dell’esercizio e del calcio sullamassa ossea nelle donne in menopausa.Nelle persone anziane, in cui la seden-tarietà è spesso associata a malattie,l’esercizio fisico vigoroso è controindi-cato. Tuttavia, programmi di eserciziomoderato, che tendano a migliorarel’equilibrio e la forza muscolare sonostati dimostrati significativamente as-sociati ad una riduzione del rischio dicadute e, quindi, di fratture osteopo-rotiche. Camminare e salire le scale,così come il ballo ed il giardinaggio,dovrebbero essere incoraggiati. Anchenella osteoporosi conclamata l’attivitàfisica va mantenuta. Tra gli esercizi dirinforzo muscolare vanno privilegiatiquelli che impegnano i muscoli esten-sori del dorso, glia addominali ed iglutei con stretching dei muscoli ante-riori dell’anca (ileo psoas) e evitando ilcarico in flessione del tronco. Questo èindispensabile per favorire e mantene-re una corretta postura che prevenga ocontrasti la deformità in cifosi dorsale,protrusione addominale e incertezzanella deambulazione. Per ridurre il ri-schio di caduta occorrerà in certi casiutilizzare degli ausili (bastone, deam-bulatore) e porre attenzione anche a fat-tori estrinseci (vedi tabella 2)

QUALI SONO LE TERAPIENELLA CURADELL’OSTEOPOROSI?

Oggi disponiamo di numerosi farmaciper la prevenzione e il trattamento del-l’osteoporosi. Tradizionalmente vengo-no suddivisi in antiriassorbitivi, quan-do intervengono prevalentemente sullaattività osteoclastica (cellule che rias-sorbono l’osso) ed osteoformativiquando la loro azione determina unaumento del processo di deposizioneossea intervenendo sulle cellule osteo-blastiche. (cellule che producono matri-ce ossea).

Di seguito verrà riportata una breve

sintesi delle maggiori evidenze scienti-fiche riguardo ai prodotti principali.

CalcitoninaLa calcitonina ha rappresentato il pri-mo farmaco specificamente impiegatonella terapia dell’osteoporosi. È statoun farmaco molto usato in passato orasostanzialmente sostituito da altri far-maci inibitori del riassorbimento osseoche hanno dimostrato una maggior po-tenza e tollerabilità. La letteratura rela-tiva all’impiego della calcitonina (spraynasale) nella terapia dell’osteoporosi èperaltro caratterizzata da studi di pic-cola consistenza numerica, di brevedurata e con dosaggi molto diversi fraloro. Nello studio è più importante(studio PROOF del 2000) la riduzionedell’incidenza delle fratture vertebrali èrisultata di circa il 50% mentre non sisono dimostrati effetti significativi sullaincidenza di fratture non vertebrali. Levariazioni della densità minerale osseain corso di terapia con calcitonina risul-tano peraltro contenute (1-3%). Cefaleae rinite sono gli effetti collaterali piùfrequenti con l’impiego della calci-tonina spray nasale.

Terapia sostitutiva ormonaleLa brusca riduzione dei livelli estro-genici alla menopausa è considerata ilsingolo maggiore fattore di rischio perosteoporosi nella donna. L’azione degliestrogeni sullo scheletro è alquanto ar-ticolata: si legano a recettori nuclearipresenti nelle cellule ossee e la loroazione si estrinseca prevalentementesugli osteoblasti regolandone la produ-zione di fattori e citochine che, a lorovolta, interferiscono con il numero, l’at-tività e la durata di vita degli osteo-clasti. L’impiego degli estrogeni inpostmenopausa era fino a poco tempofa caratterizzato dall’idea che la terapiaormonale sostitutiva (TSO) potesserappresentare il tramite per controllare,direttamente ed indirettamente, le di-verse problematiche della salute delladonna che riconoscono nella menopau-sa un momento eziopatogenetico fon-damentale. In realtà, negli ultimi anni,diversi studi avevano sollevato moltidubbi al riguardo, In particolare duegrossi studi di tipo prospettico(Women’s Health Iniziative 2002 e

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Million Women Study, 2003) a fronte diun significativo aumento della densitàossea (+3,7% a tre anni) e di una ridu-zione del 24% per tutte le fratture e del33% per quelle vertebrali, hannoevidenziato un significativo aumentodel rischio di malattie cardiovascolari,ictus, embolia polmonare e carcinomamammario invasivo rispetto al placebo.Al momento quindi, l’orientamentosull’uso della TSO è molto conservativoed il Comitato Scientifico della EMEA(ente regolatorio dei farmaci Europeo)riconosce al riguardo per gli estrogenil’indicazione al trattamento della sin-drome climaterica mentre per la pre-venzione delle fratture osteoporoticheil rapporto rischio/beneficio non è rite-nuto adeguato come prima scelta.

SERMI SERM (Selective Estrogen ReceptorModulators) rappresentano una classedi farmaci in grado di competere con ilrecettore estrogenico modulandoneselettivamente gli effetti. L’unico SERMattualmente utilizzato nella terapiadell’osteoporosi è il raloxifene che, so-stanzialmente sprovvisto di effetti a li-vello endometriale, mantiene effettiagonisti su osso e fegato ed antagonistia livello mammario. Il raloxifene ridu-ce pertanto il riassorbimento scheletri-co con un meccanismo estrogeno simi-le cioè antiriassorbitivo. ll più grossostudio sull’impiego del raloxifene nellaterapia dell’osteoporosi è rappresenta-to dallo studio “MORE” (1999) nel qua-le alcune migliaia di donne in post me-nopausa sono state trattate per tre annicon 60 mg di raloxifene al giorno dimo-strando una riduzione dell’incidenzacumulativa di nuove fratture del 40%mentre l’effetto sulle fratture nonvertebrali non appariva significativo.Rispetto al placebo, la massa ossea eraaumentata del 2-3% al rachide lombaree del 2.5% al collo femorale. Per inter-pretare la scarsa linearità del rapportofra aumento della densità ossea e ridu-zione delle fratture è stato ipotizzato uneffetto del farmaco su parametri di tipoqualitativo, diversi dalla massa ossea.L’impiego del raloxifene è inoltre asso-ciato ad una sostanziale riduzione delrischio di carcinoma mammario ormo-no-sensibile. Effetti collaterali della te-

rapia con raloxifene sono rappresenta-ti da vampate di calore, crampi arti in-feriori e trombosi venosa.

BisfosfonatiI bisfosfonati sono composti sinteticianaloghi del pirofosfato. Si distinguonoin base alla costituzione chimica ed inparticolare alla presenza o meno di ungruppo amminico (aminobisfosfonat)che ne influenza la potenza ed in parteanche il meccanismo di azione. I bisfo-sfonati si legano avidamente ai cristal-li di idrossiapatite posti sulle superficiossee, rimanendo poi conglobati nelloscheletro per periodi estremamentelunghi. Agiscono inibendo il riassor-bimento osseo mediante la interferenzasulla attività osteoclastica. Se assuntiper os il loro assorbimento è sempremolto scarso e quindi vanno sommini-strati a digiuno. Per gli aminobisfo-sfonati l’effetto collaterale più frequen-te è rappresentato dalle epigastralgie.Per migliorare la tollerabilità esofagogastrica è consigliabile l’assunzione instazione eretta con un bicchiere colmodi acqua. Di seguito verranno ricordatii principali bisfosfonati utilizzati per lacura dell’osteoporosi.

Acido clodronico o clodronato: in Ita-lia viene somministrato principalmenteper via intramuscolare (fiale da 100 mgogni 7-15 giorni). Nello studio principa-le che ne ha esaminato l’effetto sul ri-schio di fratture (studio di McCloskeyet al, 2004) circa 480 pazienti sono statetrattate con clodronato orale al do-saggio di 800 mg /die (che corrispondea circa 100-280 mg im alla settimana). Atre anni si è assistito ad un aumento si-gnificativo della massa ossea vertebrale(+ 4.35%) ed un riduzione del rischio difrattura vertebrale (-46%). Non è statadimostrata una riduzione del rischio difrattura non vertebrale.

Acido alendronico o alendronato: Ilprincipale studio di riferimento perl’impiego dell’alendronato nell’osteo-porosi post-menopausale è rappresen-tato dal FIT (Fracture InterventionTrial, 1996), che era suddiviso in duestudi distinti. Nel primo, 2.023 donnecon fratture prevalenti sono state tratta-te con 10 mg/die di alendronato che

hanno indotto incrementi della massaossea, dopo tre anni di terapia, compre-si fra il 6,2% al rachide lombare e l’1,6% all’avambraccio. Era inoltre presen-te una significativa riduzione delle frat-ture vertebrali, femorali e dell’avam-braccio distale. Nel secondo braccio delFIT, 4.432 donne senza fratture preva-lenti all’inizio dello studio presentava-no, dopo quattro anni di terapia, unariduzione del 44% dell’incidenza difratture morfometriche (cioè quelleevidenziate alla radiografia), con un ef-fetto tanto maggiore quanto minore erail valore iniziale della densità mineraleossea. Numerosi studi documentanoormai l’efficacia dell’alendronato inpostmenopausa. Una recente metana-lisi ha confermato l’efficacia del farma-co sia in termini di massa ossea (au-menti del 6-8% al rachide e del 3-6% alfemore prossimale dopo tre anni di te-rapia) che di riduzione del rischio difrattura di circa il 50%. Come per glialtri farmaci antiriassorbitivi, l’effettosulla massa ossea è massimo nel corsodel primo anno di trattamento. Unostudio recente (FLEX, 2006) ha valutatol’effetto del proseguimento della tera-pia con alendronato fino a 10 anni,evidenziando un mantenimento dellamassa ossea a livello femorale ed unulteriore lieve aumento a livellovertebrale con una significativa ridu-zione delle fratture vertebrali sintoma-tiche. La sospensione della terapiadopo cinque anni di trattamento con-sentiva invece il persistere di un gradointermedio di protezione. Al dosaggioattualmente impiegato di 70 mg/setti-mana, l’alendronato ha indotto modi-ficazioni della densità minerale osseadel tutto sovrapponibili a quelle otte-nute con 10 mg/die.

Acido risedronico o risedronato: ana-logamente all’alendronato, aumenta si-gnificativamente i valori di massa osseae riduce il rischio di frattura. In duestudi randomizzati e controllati (VERTnord americano 1999 e VERT Europeoed Australia, 2000), su un totale di 3.684donne con pregresse fratture vertebrali,la somministrazione di 5 mg/die dirisedronato ha determinato una ridu-zione del rischio cumulativo di nuovefratture vertebrali morfometriche del

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61-65% nel primo anno e del 41-49%dopo tre anni di terapia. Il rischio difratture non vertebrali risultava invecediminuito, rispetto al placebo, del 39%nel primo studio e di un non significa-tivo 33% nel secondo studio, caratteriz-zato peraltro da una minore nume-rosità. Rispetto al placebo, l’aumentodella massa ossea nei pazienti sottopo-sti a trattamento attivo era pari al 4,3-5,9% a livello del rachide lombare ed al2, 8-3,1% a livello del femore pros-simale. La riduzione del rischio di frat-tura rispetto ai controlli si conferma perterapie fino a 5-7 anni di durata. In unaltro studio finalizzato a valutare la ri-duzione del rischio di frattura difemore (HIP, 2001) in 5.445 donne di etàmedia pari a 74 anni con osteoporosidefinita in base ad una significativa ri-duzione della densità femorale ed in3.886 donne al di sopra di 80 anni d’etàcon almeno un fattore di rischio perfrattura di femore, il trattamento per treanni con risedronato (2,5 mg/die o 5mg/die) ha dimostrato una riduzionedell’incidenza cumulativa di fratture difemore pari al 40% rispetto al placebonelle sole donne con ridotta massa os-sea, sottolineando così l’importanza deivalori della densità quale criterio di se-lezione per i pazienti da sottoporre atrattamento. I dati densitometrici relati-vi alla somministrazione di 35 mg/set-timana sono infine sovrapponibili aquelli ottenuti con i 5 mg/die.

Acido ibandronico o ibandronato: conquesto farmaco si è dimostrato che an-che la somministrazione intermittente èin grado di agire positivamente sull’os-so analogamente ad una somministra-zione quotidiana o settimanale. La ri-duzione della frequenza di sommini-strazione dei bisfosfonati può migliora-re l’aderenza alla terapia. Con lo studioMOBILE (2006) oltre 1600 donne inpost menopausa hanno assunto varischemi terapeutici con questo farmaco.

La somministrazione una volta al mesedi 150 mg di ibandronato ha mostratoincrementi di massa ossea superiorialla assunzione quotidiana di 2.5 mg.Quest’ultima dose aveva già mostratoefficacia nel ridurre l’incidenza di nuo-ve fratture vertebrali (riduzione del ri-

schio del 62% in tre anni di cura, studioBONE, 2004).

ParatormoneLa reintegrazione del patrimonio sche-letrico è considerato un fattore criticoriguardo l’efficacia della terapia antio-steoporotica ma, a parte i controversirisultati dell’impiego dei fluoruri, finoa poco tempo fa non c’era alcuna pro-posta concreta riguardo le terapie ana-bolizzanti. Un notevole passo avanti inquesta direzione si compiuto con la in-troduzione del paratormone umanoricombinante 1-34 [rhPTH (1-34)] oteriparatide. Si tratta di un ormone nor-malmente presente nel nostro corpoche interviene nel metabolismo schele-trico. La somministrazione giornaliera,con brevi picchi di assorbimento, pervia inettiva (sottocute) di teriparatideinfluenza attivamente i processi di for-mazione di nuova matrice ossea. L’ef-fetto del teriparatide è rappresentato daun aumento del volume dell’ossotrabecolare. In uno studio prospetticocontrollato di circa 21 mesi (Neer et al,2001) condotto su 1.637 donne in etàpostmenopausale che presentavanoosteopenia e fratture vertebrali preva-lenti, iniezioni sottocutanee giornalieredi 20 mcg di teriparatide hanno indot-to importanti variazioni delle densitàminerale ossea a livello del rachidelombare (+9,7%) e del femore prossi-male (+2,6%) rispetto ai controlli. Talivalori sono risultati più alti da quelli ot-tenuti in altri studi con farmaciantiriassorbitivi come i bisfosfonati. Inparallelo, è stata rilevata una significa-tiva riduzione del rischio di fratturapari 65% per le nuove fratture ver-tebrali e dal 53% per le fratture nonvertebrali da fragilità. Fra gli effetti col-laterali in corso di terapia con teripa-ratide, sono stati riportati ipercalcemiatransitoria 4-6 ore dopo l’iniezione e,occasionalmente, nausea cefalea, cram-pi agli arti inferiori e vertigini.

Ranelato di stronzioIl ranelato di stronzio rappresenta unanuova e originale opzione terapeuticain quanto presenta la singolare capaci-tà di indurre da una parte un aumentodella osteoformazione e dall’altra di ri-durre il riassorbimento scheletrico. In

uno studio (SOTI, 2004) effettuato su1.649 donne in post-menopausa (etàmedia 70 anni) con ridotta densità os-sea e, in oltre l’80%, con già almeno unafrattura vertebrale, tre anni di tratta-mento con 2 g di stronzio ranelato algiorno hanno evidenziato una diminu-zione del rischio di nuove fratturevertebrali sintomatiche del 52% al pri-mo e del 41% al terzo anno di terapia.In un altro studio (TROPOS, 2005) con-dotto su oltre 5000 donne in post-me-nopausa il trattamento per tre anni hacomportato significative riduzioni delrischio per le maggiori fratture da fragi-lità (femore, pelvi, polso, sacro, coste,sterno, clavicola e omero) rispetto alplacebo. La riduzione del rischio difrattura di femore era del 36% nelle pa-zienti con età superiore 74 anni e densi-tà femorale particolarmente bassa. Neiprimi tre anni l’aumento della densitàossea‘è stato di +9,8% al femore pros-simale. Lo stronzio va somministrato adistanza dai cibi che potrebbero limi-tarne la biodisponibilità. Per quanto at-tiene gli effetti collaterali, il più impor-tante è rappresentato dalla diarrea, mail disturbo tende a scomparire dopo leprime settimane di terapia.

In conclusione si può affermare che tut-te le terapie illustrate presentano, purcon particolarità diverse, un significati-vo effetto sulle fratture da fragilità. Iconfronti non sono agevoli per le diver-se caratteristiche degli studi effettuati(tipo di pazienti, durata, gravità dellamalattia ecc.) e quindi non si può at-tualmente stabilire con certezza unapriorità in termini di efficacia tra i variprodotti. Va ricordato inoltre che tutti ifarmaci sopraccitati si sono dimostratiattivi sempre in associazione a calcio evitamina D. Questi due elementi infattisono considerati indispensabili per unacompleta azione del farmaco. La effica-cia solo del calcio e della vitamina D intermini prevenzione delle fratture è in-feriore ai farmaci più attivi sul metabo-lismo scheletrico ma comunque signifi-cativa se assunti in modo regolare e so-prattutto nei soggetti che ne presentanocarenza. In ogni caso la cura dell’osteo-porosi apporta i migliori benefici se vie-ne assunta regolarmente, per un perio-do di tempo adeguato, in genere peranni, e soprattutto quando il rischio di

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frattura ossea è particolarmente elevatoossia in presenza di fattori predittorinegativi come precedente frattura, bas-sa massa ossea, età avanzata e altre con-dizioni sfavorevoli per l’osso (malattiecome l’artrite, terapia cortisonica etc.).

DI COSA SI TRATTA E COMESI PUO’ CURAREL’OSTEOPOROSICORTISONICA?

Gli antinfiammatori steroidei o corti-costeroidi (CS) sono farmaci impiegatiper il trattamento di svariate condizio-ni cliniche e hanno ancora oggi, dopocirca settant’anni dalla loro scoperta,un ruolo insostituibile nel trattamentodi molte malattie. Il loro impiego è dif-fuso in medicina soprattutto in ambitoreumatologico, pneumologico, gastro-enterologico, dermatologico, oltre chein ematologia, in neurologia, in onco-logia e nelle nuove discipline relativealla trapiantologia. Nonostante questaampiezza di indicazioni e i vantaggiderivanti dal trattamento, sono ormaidefiniti e noti gli aventi avversi collega-ti all’uso continuativo che riguardano,tra l’altro, apparato cardiocircolatorio,metabolismo glucidico e fosfocalcico.

Occorre inoltre sottolineare che i dosag-gi che devono essere utilizzati in clini-ca sono profondamente diversi da com-posto a composto e variano in ragionedella potenza relativa. Un dosaggio di 5mg di prednisone equivale a 4 mg dimetilprednisolone e a circa 20 mg dicortisolo che è la quantità all’incircaprodotta quotidianamente dal surrene.In media l’1% dei soggetti adulti è trat-tato con cortisonici. La prevalenza diosteoporosi nei pazienti trattati è varia-bile e dipende da numerosi fattori cor-relati alla dose, all’introito cumulativo,alla durata del trattamento e alla ma-lattia di base. In linea generale si puòaffermare che nei pazienti che hannoassunto più di 30 grammi cumulativi diprednisone, la prevalenza di osteo-porosi valutata mediante un parametrodensitometrico supera il 70 % dei casi.La posologia steroidea è inoltre in gra-do di influenzare la perdita di massa

ossea: in studi longitudinali è stato cal-colato che posologie superiori a 30 mgquotidiani in equivalente prednisonicopossono indurre perdite di massa osseache in media sono pari al 7 % in unanno. I corticosteroidi influenzanol’omeostasi scheletrica attraverso nu-merosi e complessi meccanismi in par-te diretti sulle cellule ossee e in partemediati da interazioni con altri sistemiormonali. L’azione principale consistein una soppressione della attivitàneoformativa ossea da parte delle cel-lule osteoblastiche. Si è evidenziatoinoltre un effetto di incremento del rias-sorbimento osseo e una interferenzasull’assorbimento intestinale di calcio esulla sua escrezione urinaria.

Le stime indicano una incidenza dinuove fratture vertebrali, in pazienti,per lo più donne in post menopausa,sottoposti a trattamento steroideo,compresa tra il 6 il 17 % annuo cioè al-meno 2-3 volte superiore all’incidenzaregistrata nei soggetti già ad alto ri-schio non in trattamento. Le fratturesono meno correlate alla densità ossearispetto ai soggetti con osteoporosi postmenopausale e senile, cioè l’eventotraumatico si può verificare anche perdensità relativamente conservate ciòperché il farmaco influenza altri aspet-ti correlati alla resistenza ossea non fa-cilmente misurabili (peggioramentodella qualità dell’osso oltre che diquantità). La suscettibilità individualealla frattura osteoporotica è influenzatada diversi fattori: oltre alla dose cumu-lativa, hanno importanza, il sesso, lostato postmenopausale, la durata dellaesposizione allo steroide, la malattia dibase per cui il trattamento è stato ini-ziato, la massa ossea preesistente. Unacaratteristica clinica molto frequentenell’osteoporosi da corticosteroide è lacomparsa di fratture vertebrali multi-ple. Anche l’incidenza di fratture nonvertebrali (femore ed altre ossa lunghe)è aumentata. In ambito clinico è comu-ne l’osservazione di pazienti che, a pa-rità di dose e di durata del trattamentosteroideo, vanno incontro a quadri diosteoporosi di diversa gravità, a sotto-lineare l’esistenza di una possibile su-scettibilità individuale agli effetti col-laterali dei corticosteroidi Circa le mo-

dalità di somministrazione, l’uso deicorticosteroidi a giorni alterni non sem-bra comportare vantaggi scheletrici ri-spetto all’impiego quotidiano, mentrel’utilizzo di boli steroidei piuttosto chedi un trattamento continuativo ha di-mostrato di indurre, a parità di dosecumulativa, una minore perdita di den-sità scheletrica in una popolazione sele-zionata. Anche la terapia inalatoria(preparati spray per asma e bronchitecronica) svolge effetti. osteolesivi inmaniera dose- dipendente. Non esistein realtà una dose sicuramente priva dieffetti indesiderati; un aumento signifi-cativo del rischio di frattura si può ri-scontrare anche a dosaggi compresi tra5 e 7,5 mg al giorno di prednisone. L’in-fluenza negativa sull’osso avviene pre-valentemente a livello del comparti-mento metabolicamente più attivo ecioè a livello dell’osso trasecolare (ver-tebre, epifisi delle ossa lunghe) mentrela massa ossea corticale si riduce in mi-sura inferiore e più lentamente. Perquanto riguarda la perdita di massaossea, l’osteoporosi da steroide ha uncaratteristico comportamento bifasico,caratterizzato da una fase rapida neiprimi 8-12 mesi di terapia seguita da unperiodo in cui la perdita risulta ancoraprogressiva, ma relativamente più len-ta. Appare chiaro da questo comporta-mento che qualsiasi strategia preventi-va, per essere veramente efficace, deb-ba essere messa in atto all’inizio deltrattamento steroideo, proprio allo sco-po di prevenire la fase di perdita rapi-da. Una terza importante caratteristicaclinica è rappresentata dalla possibile,almeno parziale, reversibilità del-l’osteoporosi indotta da steroide

Tutte le linee guida delle più importan-ti Società Scientifiche raccomandanomisure generali da adottare in tutti ipazienti che necessitano di una terapiasteroidea superiore a tre mesi. Tali mi-sure prevedono: sensibilizzare i pazien-ti per i rischi aggiunti, adottare uno sti-le di vita che preveda un’adeguata atti-vità fisica, purché consentita dalla ma-lattia di base, ridurre il consumo di al-cool, abolire il fumo, garantire un ade-guato introito di calcio e di vitamina Dricorrendo alla supplementazione far-macologica, mantenere il peso corporeo

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nella norma. È utile inoltre mantenerel’introito di sodio entro i 2 grammi algiorno in quanto una elevata elimina-zione urinaria di sodio aumenta la per-dita urinaria di calcio. Più specifica-mente poi si consiglia di utilizzare ladose minima di steroide possibilmentecon somministrazione al mattino edevitando i preparati a maggior duratada azione (composti fluorurati). La cor-rezione dell’ipogonadismo, sia negliuomini che nelle donne, in particolaresotto i 50 anni, è una opzione racco-mandata dalla maggior parte delle li-nee guida. Oggi abbiamo a disposizio-ne potenti presidi farmacologici che

sono in grado di attenuare i temibili ef-fetti dei corticosteroidi sullo scheletro.Nella età adulta e senile la sceltaterapeutica più utilizzata è quelle del-l’uso dei bisfosfonati. Alendronato erisedronato in particolare si sono dimo-strati efficaci nel ridurre gli eventi av-versi dello steroide sull’osso: aumentoo stabilizzazione della massa ossea, ri-duzione del rischio di frattura. Le dosie le modalità di somministrazione sonoanaloghe a quelle indicate per l’osteo-porosi post menopausale e senile. L’usoassociato di supplementi di calcio e vi-tamina D è sempre consigliato.

Tabella 1: contenuto medio di calcio in mg per 100 gr di alimento e schema diapporto alimentare che garantisce un’adeguata assunzione giornaliera di calcio

Formaggi a lunga stagionatura (grana, emmenthal) 900-1100Formaggi a media stagionatura (taleggio, fontina, provolone) 600-900Formaggi freschi (ricotta, mozzarella, robiola) 400-600Pesce azzurro (sardine etc) 350Mandorle, noci, nocciole 250-300Cavoli, rape, verze 250Broccoli fagioli 100-150Gamberetti 120Latte e yogurth magri 100-120Latte e yogurth interi 80-100Spinaci 80-100

Alimento calcio (mg)

latte 250 ml 300yogurt 125 g 180parmigiano 30 g 330acqua minerale 1 litro 250altro 200

TOTALE 1260

Tabella 2: fattori estrinseci di caduta,norme di sicurezza

– Percorsi illuminati anche di notte– evitare pavimenti scivolosi– usare detergenti per pavimenti sen-

za cera– Posizionare maniglie di sicurezza in

casa– Utilizzare telefoni senza fili da por-

tare con sé– Evitare tappeti– Non utilizzare scarpe o ciabatte

scivolose– Correggere la perdita della vista e

dell’udito– Evitare l’assunzione di bevande al-

coliche e sedativi– Eseguire esercizi per lo sviluppo

della forza e della flessibilità– Indossare scarpe a tacchi bassi– Evitare di trasportare oggetti pesan-

ti o pericolosi– Non camminare sul ghiaccio– Utilizzare bastoni canadesi quando

necessario– Posizionare passamano sulle scale– Non lasciare oggetti su scale o pavi-

menti– Mantenere le scale in buono stato

Figura 1: vertebra fratturata a cuneo

Figura 2: osteoporosivertebrale

Figura 3:fratture difemore

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LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO(LES)

finito come la perdita della tolleranzaimmunologica). Questa perdita dellatolleranza si manifesta con la produzio-ne da parte delle cellule del sistemaimmunitario di auto-anticorpi. Glianticorpi sono proteine che attaccano igermi estranei all’organismo; si chia-mano auto-anticorpi quando attaccanole cellule dell’organismo che li produce.Se l’attacco continua, altre cellule delsistema immunitario entrano in gioco.Questo porta all’infiammazione deivasi sanguigni (vasculite) e all’arrivo dicellule del sistema immunitario in di-versi organi dove possono causare deidanni.Non si sa perchè si sviluppi questa in-fiammazione, ma è probabile che deb-bano essere contemporaneamente pre-senti diversi fattori, in parte ereditari ofamigliari e in parte ambientali (comead esempio certi tipi di infezioni virali,la, esposizione ai raggi ultravioletti delsole, alle polveri di silicio e allergie afarmaci).Recenti ricerche suggeriscono che i pa-zienti che si ammalano di LES possonoavere un difetto nella distruzione dellecellule vecchie o ammalate dell’organi-smo e che questo possa causare unaanomala ed eccessiva stimolazione delsistema immunitario.Deve essere ben chiaro che il LES non èuna malattia infettiva e pertanto non ètrasmissibile da persona a persona.Non è una malattia ereditaria, trasmes-sa come tale dai genitori ai figli. Ciò chepuò essere trasmesso è la predisposi-zione a sviluppare la malattia.

Chi si ammala di LES?Vi è un paziente affetto da LES ognicirca 5000 abitanti. Il LES è 10 volte piùfrequente nel sesso femminile rispettoal maschile. La malattia più spesso sisviluppa tra i 20 e i 30 anni. Il LES è piùcomune in certe razze, specie nella raz-za nera o negli asiatici, che tendonoanche ad avere le forme più gravi dellamalattia.

Che manifestazioni può dare ilLUPUS e come si arriva alladiagnosi?La diagnosi di LES può essere sospetta-ta sulla base dei sintomi riferiti dal pa-ziente ed è confermata da una serie diesami del sangue.Il Lupus può dare manifestazioni a ca-rico di qualsiasi organo o apparato.Tipici sintomi del LES sono ad esem-pio:– Febbre, stanchezza e perdita di peso;– Artrite in una o più articolazioni con

durata anche di alcune settimane;– Arrossamento della pelle del viso a

forma di farfalla o altre lesioni dellapelle;

– Lesioni della pelle che compaionoimmediatamente dopo una esposi-zione al sole;

– Infiammazioni alla bocca o al nasoche durano diverse settimane;

– Perdita di capelli qualche volta achiazze o al margine dell’attaccatu-ra dei capelli;

– Convulsioni, paralisi o disordinimentali;

– Trombosi a diverse localizzazioni;– Aborti ripetuti in alcune pazienti;– Sangue o proteine nelle urine o alte-

razioni degli esami di funzionalitàdel rene;

– Abbassamento delle cellule del san-gue (anemia, riduzione delle cellulebianche o delle piastrine);

– Cattiva circolazione alle dita dellemani e dei piedi.

Tutti questi sintomi possono sviluppar-si nel corso di anni rendendo difficile ladiagnosi del LES.Tra le manifestazioni più frequenti eparticolarmente caratteristiche vi sonole manifestazioni cutanee, l’artrite, lesierositi (pleurite e pericardite), le alte-razioni renali ed ematologiche. Le ma-nifestazioni cutanee comprendono il ti-pico eritema a farfalla, il lupus suba-cuto e quello cronico o discoide. La fotosensibilità è molto frequente neipazienti con LES e in molti pazientil’esordio della malattia o una sua riacu-tizzazione sono precedute dall’esposi-zione solare. La fotosensibilità può ma-nifestarsi con gli eritemi tipici dellamalattia, con eritemi diffusi del tuttoaspecifici o con febbre, artralgie e altre

La parola lupus fu utilizzata in passatoper indicare malattie della pelle che de-terminano cicatrici simili a quelle pro-vocate dal morso del lupo. In realtà, lemanifestazioni del lupus eritematososistemico sono così varie che il LES èstato anche chiamato il grande imitato-re, proprio perchè i suoi sintomi sonotanto numerosi e diversi che può veni-re confuso con altre malattie.

Che cosa è il LES?Il LES è una malattia cronica infiamma-toria che può colpire la pelle, le artico-lazioni, i reni, i polmoni, il sistema ner-voso centrale e periferico, il cuore e al-tri organi del corpo.I sintomi più comuni sono l’arrossa-mento e l’infiammazione della pelle el’artrite spesso accompagnata da stan-chezza e febbre.Il decorso clinico del LES varia da for-me molto leggere a forme gravissime ein genere la malattia alterna periodi dibenessere a ricadute. In alcuni casi lamalattia può essere così grave da cau-sare la morte, ma fortunatamente que-sto accade raramente. Inoltre le nuoveterapie a disposizione hanno migliora-to la qualità della vita dei pazienti e ri-dotto grandemente il rischio di morte.

Da cosa è causato il LES?Il LES è una malattia autoimmune chesi sviluppa quando il sistema immuni-tario, che normalmente ci protegge daitumori e dalle infezioni, attacca gli or-gani del corpo (si crea ciò che viene de-

Dott.ssa Susanna Peccatori

Unità Operativadi Reumatologia,OspedaleS. Chiara, Trento

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manifestazioni. L’artrite è forse la ma-nifestazione più frequente. Molti pa-zienti lamentano dolori accompagnatida gonfiore e rigidità delle articola-zioni. Le articolazioni più spesso inte-ressate sono le piccole articolazioni del-le mani, i polsi, le caviglie, le ginocchia,i piedi. Solo in una piccola percentualedi pazienti si verificano deformità arti-colari. La pleura e il pericardio sono lemembrane che avvolgono rispettiva-mente i polmoni ed il cuore. L’infiam-mazione di tali membrane (pleurite epericardite) determina dolore al toracee difficoltà a respirare.A volte si hanno anticorpi diretti controle cellule sanguigne; gli anticorpi con-tro i globuli rossi determinano anemia,quelli contro i globuli bianchi e le pia-strine determinano un calo di questeserie cellulari. Se i globuli bianchi sonobassi vi può essere una maggiore su-scettibilità alle infezioni. Se le piastrinesono molto basse si è più suscettibili aisanguinamenti. L’infiammazione deireni è riscontrabile nel 50% circa deipazienti con LES. Molto spesso si mani-festa con alterazioni urinarie comeproteinuria ed ematuria (che significapresenza di proteine e di globuli rossinelle urine). Vi può essere gonfiore allecaviglie, alle gambe, mal di testa, au-mento della pressione, stanchezza. Avolte è utile definire con esattezza iltipo di infiammazione renale e perciò ilmedico proporrà al paziente unabiopsia renale. Si tratta di un esamesemplice che si esegue in anestesia lo-cale e sotto guida ecografica, pungendola parete toracica e il rene sottostantecon un ago speciale che consente il pre-lievo di un piccolo frammento di tessu-to renale. Questo viene poi analizzatoal microscopio; è importante distingue-re una forma di glomerulonefrite dal-l’altra perché il trattamento non è sem-pre lo stesso e la prognosi è diversa.L’interessamento neurologico, nelle sueforme più severe è raro; i quadri piùcaratteristici sono la sindrome cerebraleorganica e l’epilessia. La sindrome cere-brale organica si manifesta in manieragraduale o improvvisa con perdita dimemoria e di altre funzioni intellettive.È un quadro che può risolversi comple-tamente se curato in modo corretto.L’epilessia è più frequente, può manife-

starsi con forme di assenza o scossemuscolari, accompagnate o meno daperdita di coscienza.Il LES, soprattutto in fase precoce, puòessere difficile da diagnosticare; infattimolte manifestazioni sono estremamen-te aspecifiche. Ci sono alcuni esami delsangue che aiutano a fare la diagnosi.Molto importanti sono gli anticorpi anti-nucleo (ANA) che sono presenti in tuttii pazienti affetti da LES. Altri esamicome la ricerca degli anticorpi anti DNAnativo (dsDNA) o degli anticorpi antiSm sono più specifici e vengono usatiper confermare la presenza del LES.I livelli di certe proteine del sangue (adesempio le proteine del complemento,che fanno parte delle proteine del siste-ma immunitario) aiutano nella diagno-si e sono utilizzate per monitorare l’an-damento della malattia.Se sono presenti gli anticorpi anti-fosfolipidi, questo non solo aiuta nelladiagnosi di LES, ma indica anche il ri-schio di sviluppare certe specifichecomplicanze della malattia. Queste in-cludono un aumentato rischio di abor-to e lo sviluppo di trombosi che posso-no portare a infarti cerebrali o ad embo-lie polmonari.

Come si cura il LES?Il trattamento del LES dipende dalla suagravità e dalla sintomatologia. Per dareal paziente la terapia più adatta è neces-sario che il medico lo veda con regolari-tà, per riconoscere i sintomi iniziali del-le possibili complicazioni della malattia.In genere, per i sintomi che non sonopericolosi per la vita del paziente, comeil dolore ai muscoli o alle articolazioni,la stanchezza o le alterazioni della pelle,si usano farmaci sintomatici, come glianti-infiammatori non steroidei. Moltoutili per il loro effetto immunomodulan-te, antiaggregante e per l’efficacia sullasintomatologia cutanea ed articolare so-no i farmaci anti-malarici (come l’idrossi-clorochina o Plaquenil).Per le complicanze più gravi o che met-tono a rischio la vita del paziente, comead esempio per l’infiammazione deireni, il coinvolgimento del cuore o deipolmoni, le complicanze del sistemanervoso centrale o periferico, si utilizza-no farmaci più aggressivi. In questi casisi possono utilizzare alte dosi di corti-

sone (come il Deltacortene o il Medrol) ealtri farmaci immunosoppressori comel’azatioprina, l’Endoxan (ciclofosfa-mide), il Sandimmun Neoral (ciclospo-rina) o il CellCept (micofenolato).Spesso per controllare meglio la malattiao prevenire i danni agli organi i farmacivengono utilizzati in combinazione traloro perché in questo modo sono più at-tivi del farmaco utilizzato da solo.La terapia dipende dalla valutazioneche viene fatta sul singolo malato pe-sando i possibili rischi e benefici. Infattimolti farmaci immunosoppressori pos-sono causare importanti effetti colla-terali come ad esempio un aumentatorischio di infezioni, la nausea, il vomi-to, la perdita dei capelli, la diarrea, unaumento della pressione del sangue ol’osteoporosi.Se i farmaci determinano la remissionedella malattia possono essere ridotti odeventualmente sospesi.Sono comunque in corso continue spe-rimentazioni cliniche che servono persperimentare nuovi trattamenti, datoche sino ad ora non esiste ancora unfarmaco che possa guarire dal LES.

L’IMPATTO DEL LES SULLASALUTE GENERALEAnche quando il LES sembra sotto con-trollo può ugualmente causare dellecomplicanze.Una di queste è l’aterosclerosi accelera-ta che porta ad un rischio maggiore diattacchi di cuore o di altre complicanzecircolatorie come l’insufficienza cardia-ca o l’ictus cerebrale. È quindi fonda-mentale prevenire queste complicazio-ni riducendo gli altri fattori che favori-scono queste malattie come ad esempioil fumo di sigaretta, la pressione alta, ilivelli alti di colesterolo o il sovrappeso.Il LES può inoltre causare insufficienzarenale che quando è molto avanzatarende necessaria la dialisi (cioè l’usodel rene artificiale). Per evitare questagrave complicanza occorre intervenireil più energicamente possibile ai primisegni di malattia del rene.

LUPUS ERITEMATOSOSISTEMICO E GRAVIDANZAIl LES colpisce spesso giovani donne,dunque i problemi legati alla gravidan-

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za e alla contraccezione sono particolar-mente importanti. Sui manuali medicidi 20 anni fa si leggeva che le pazienticon LES non potevano avere figli. Nu-merosi studi recenti hanno permesso diindividuare con precisione i fattori dirischio per la madre e per il feto, di ac-quisire maggiori conoscenze sull’usodei farmaci e di modificare radicalmen-te il decorso della gravidanza nelledonne con LES.È molto importante per un buon esitodella gravidanza stessa iniziarla in unafase di remissione clinica della malattialupica. La gravidanza va pianificatacon il proprio reumatologo e con il pro-prio ginecologo, anche per arrivare alconcepimento senza avere in corso te-rapie nocive al feto. La gravidanza puòdeterminare una riacutizzazione delLES, solitamente di modesta entità, piùfrequentemente nei primi 2 trimestri digestazione. Occorre tenere presente chemolti farmaci utilizzati per controllareil LES possono essere utilizzati durantela gravidanza; ciò vale per gli steroidi,gli antimalarici (es. idrossiclorochina),la ciclosporina. È importante non auto-sospendere le terapie, ma fare sempreriferimento al medico per la gestionedella terapia del LES in gravidanza.Occorre tenere presente che l’incidenzadi aborti in donne affette da LES restacomunque maggiore rispetto a pazientisane e che le complicanze gravidichesono particolarmente frequenti in don-ne affette da LES associato a sindromeda anticorpi antifosfolipidi.Nelle pazienti con LES, associato omeno a sindrome da anticorpi antifo-sfolipidi, il parto avviene più frequen-temente prima del termine, ma spesso èpossibile partorire senza ricorrere a ta-glio cesareo. Per quanto riguarda l’al-lattamento, questo sarà possibile solose i farmaci assunti dalla madre non locontroindicano.Nei figli di madri che hanno particolariautoanticorpi (anti SSa e anti SSB) vi èun rischio di problemi cardiaci (bloccoatrioventricolare), che si verifica tuttaviamolto raramente e che può essere dia-gnosticato già durante la gravidanza.

Vivere con il LESSebbene il trattamento abbia migliora-to in modo significativo la sopravvi-

venza dei pazienti affetti da LES, que-sta è una malattia cronica che può por-tare a diversi gradi di invalidità.Le limitazioni ad una normale esisten-za non sono però necessariamente lega-te alle complicanze più gravi della ma-lattia perché sono i sintomi meno peri-colosi (come ad esempio la stanchezzao il dolore articolare) che più spessocompromettono la qualità della vita deipazienti. Il migliore modo per tenere lamalattia sotto controllo è di essere mol-to precisi e attenti nel seguire le terapieche vengono prescritte, di recarsi aicontrolli medici o strumentali con rego-larità e cercare di imparare il più possi-bile sulla malattia, le sue cure e la suaevoluzione.Cercate sempre di essere protagonistiattivi nella cura della vostra malattiaanche se purtroppo l’imprevedibilitàdelle complicazioni della malattia el’eventuale mancanza di risposta com-pleta alla terapia possono causare de-pressione, perdita di speranza e dicombattività o altre reazioni psicologi-che come l’irritabilità o senso di rabbia.In questi casi un buon rapporto con ilvostro medico, un solido aiuto da par-te dei vostri famigliari e amici sono fon-damentali per imparare a conviverecon una malattia cronica e imprevedibi-le come il LES.

Alcuni consigli praticiPer mantenere le articolazioni flessibilie prevenire le complicanze cardio-va-scolari e l’osteoporosi è utile avere unostile di vita attivo. Questo non significaesagerare con l’attività fisica; il modomigliore per conservare la propria au-tonomia fisica è di alternare all’eserci-zio fisico leggero e moderato opportu-ni periodi di riposo.È necessario inoltre evitare l’eccessivaesposizione alla luce del sole perchè iraggi ultravioletti possono causare unariacutizzazione della malattia a livellodella pelle ma anche ad altri livelli (re-ni, sistema nervoso centrale ecc.). Perevitare questo tipo di complicazioni èimportante che quando si è all’aperto siindossino abiti che proteggono dallaluce solare (camicie con le maniche lun-ghe, cappelli con larghe falde) e si usi-no in abbondanza creme solari protetti-ve a schermo totale.

Le donne con malattia molto attiva eche devono assumere farmaci terato-geni dovrebbero sempre utilizzare me-todi contraccettivi sicuri. Un problemaper le pazienti affette da LES è semprestata la possibilità che l’uso degli estro-geni (contenuti nella pillola) possa sca-tenare o peggiorare la malattia. Ricer-che recenti hanno dimostrato come gliestrogeni possano scatenare riacutizza-zioni del LES in genere molto leggerema non siano in grado di scatenare leforme più gravi della malattia. In ognicaso, dato che gli estrogeni aumentanola coagulabilità del sangue e quindi ilrischio di trombosi, il loro uso è da evi-tare nelle pazienti che hanno nel san-gue gli anticorpi anti-cardiolipina.

In breve– Il LES colpisce 10 volte più spesso le

donne degli uomini.– La terapia dipende dal tipo e dalla

gravità dei sintomi con cui si mani-festa la malattia.

– Data la complessa e varia naturadella malattia, la terapia del LES ri-chiede l’intervento del reumato-logo, ma molto importante è la par-tecipazione attiva del paziente.

SITI INTERNET PERSAPERNE DI PIU’

www.lupus.orgÈ il sito ufficiale della Lupus Foundationof America, rivolto a pazienti americaniaffetti da LES; consente anche di acqui-stare testi divulgativi sul LES.

www.elef.rheumanet.orgSito dell’associazione europea dei malatidi LES.

www.lupus-italy.orgÈ il sito del gruppo italiano per la lottacontro il LES; contiene materiale informa-tivo molto accurato.

www.lupus.itIl sito è gestito da reumatologi dell’uni-versità di Padova; tramite questo sito èpossibile ricevere risposte di esperti aquesiti specifici; vi è inoltre un forum chepermette la comunicazione e la discussio-ne tra pazienti.

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Il medico risponde

Direttore UnitàOperativa diReumatologiaOspedale S. Chiara,Trento

Risponde ilDott. Giuseppe Paolazzi

Artrite reumatoide eMethotrexate

Egregio dottore,da alcuni anni sono in cura per artritereumatoide con methotrexate, cortisone eantinfiammatori. Purtroppo il methotrexatemi provoca diversi disturbi, fra cui la nau-sea il giorno in cui lo assumo. Che cosa miconsiglia per attenuare la nausea? Esistequalche rimedio naturale che mi possa aiu-tare in questo senso?

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Gentile signora, ecco la risposta alla suadomanda.Per ovviare alla nausea da Methotrexateha alcune possibilità. Associare, se giànon lo fa, il giorno dopo la sua assunzio-ne una compressa di Folina (in genereuna compressa da 5 mg), un vitaminicoche riduce gli effetti indesiderati gastricidel farmaco. Se questo provvedimentonon è efficace, deve valutare con il suoreumatologo la riduzione della dose delfarmaco o il cambio della modalità dellasua assunzione. Infine può sempre asso-ciare, il giorno che assume il farmaco e ilgiorno dopo, degli antiemetici (tipo ilPlasil due cucchiai al giorno). Se gli effet-ti gastrointestinali non recedono e diven-tano importanti va valutata la sostituzio-ne del farmaco.

Lupus EritematosoSistemico (LES) e vaccini

Egregio Dottore,sono malata di Les da 6 anni, in terapiaquotidiana con Deltacortene e Plaquenil.Visto l’avvicinarsi dell’inverno chiedo unsuo parere sul vaccino antinfluenzale. Laringrazio per la risposta.

Risponde ilDott. Giuseppe Paolazzi

Direttore Unità Operativa di ReumatologiaOspedale S. Chiara, Trento

Mi si chiede sulla opportunità che i mala-ti reumatici in terapia con farmaci speci-fici facciano o meno le vaccinazioni.Quello dei vaccini e malattie reumaticheè un problema interessante e che va vistosotto vari aspetti. Le domande che posso-no essere poste sono essenzialmente tre:possono i vaccini scatenare malattie reu-matiche? Possono riattivarle se già pre-senti? Sono sicuri ed efficaci in pazientiche spesso assumono terapie concortisonici ed immunosoppressori? Cer-cherò di rispondere brevemente riservan-domi una trattazione più adeguata inun’altra occasione. Tutti i vaccini posso-no, in soggetti geneticamente predisposti,causare un’attivazione autoimmunitariache può sfociare in una malattia reumati-ca. Numerose sono le segnalazioni in let-teratura dell’insorgenza di malattie reu-matiche specifiche dopo vaccinazioni. Cisono vaccini più a rischio rispetto ad altri(tipo la vaccinazione per l’epatite B). C’èda dire peraltro che il rischio è molto bas-so e che sicuramente il rapporto rischio/beneficio è a favore della pratica vaccina-le, ove richiesta. I vaccini in genere nonriattivano le malattie reumatiche auto-immuni; gli studi fatti in pazienti conArtrite Reumatoide, Lupus ed altre ma-lattie autoimmuni sono tranquillizzanti.In particolare appaiono privi di grossecapacità di riattivare malattie i vaccini co-muni come l’anti influenzale, l’anti pneu-mococcico e l’anti tetanico. Vanno sempreevitati i vaccini con virus vivi attenuati(anti morbillo, parotite, rosolia, febbregialla) in pazienti con connettiviti e

vasculiti perché non sicuri. Il tempo disomministrazione del vaccino deve co-munque considerare sempre l’attività e iltipo di malattia. L’ultima domanda èquella che più comunemente viene fatta.La risposta anticorpale al vaccino è lieve-mente ridotta in pazienti che fanno tera-pia steroidea a basse dosi e terapia confarmaci particolari come il Methorexate eimmunosoppressori. Tale risposta è co-munque tale da dare protezione. Se i pa-zienti assumono cortisonico a dosi me-die-elevate, la vaccinazione va posticipa-ta o non eseguita perché in questo caso larisposta sarebbe inefficace. I vaccini convirus vivi attenuati non sono sicuri e po-trebbero dare riattivazione di malattia,infezione in pazienti con connettiviti(LES, sclerodermia, polimiosite, Sjogren)e vasculiti (Wegener, Churg strass, po-liartrite): vanno quindi evitati. La dose dicortisonico considerata tale da non dareproblemi nella vaccinazione corrispondea una dose di prednisone (Deltacortene)inferiore a 10 mg o di metilprednisolone(Medrol) inferiore ad 8 mg. Con dosi tra10 e 20 mg al giorno di prednisone e tra 8e 12 mg di metilprednsisolone la rispostaal vaccino è lievemente minore; dosi su-periori controindicano la vaccinazione.In sintesi: un paziente con artrite in tera-pia con bassa dose di cortisonico e dosestandard di Methotrexate (o leflunamide)può fare le vaccinazioni usuali. Pazienticon malattia in fase acuta e in terapia concortisonico a dosi medio-elevate devonoattendere la risoluzione della fase acutaprima di vaccinarsi; pazienti in terapiacon dosi elevate di cortisonici non devo-no essere vaccinati. I pazienti con con-nettivite o vasculite non devono esseresottoposti a vaccinazioni con vaccini viviattenuati; possono ricevere le normalivaccinazioni (tipo anti influenzale ed antipenumococcica) se in terapia con bassadose di steroide. Se in terapia con altriimmunosoppressori come la ciclospo-rina, la ciclofosfamide, la azatioprinavanno valutati singolarmente: comunquein questi pazienti sono controindicati ivaccini con virus vivi attenuati. Questipazienti possono ricevere le vaccinazionicon virus vivi attenuati solo dopo almenotre mesi dalla sospensione della terapiaimmunosoppressiva. Per quanto riguar-da infine i pazienti in terapia con i nuovifarmaci biologici, detti pazienti possonoricevere le comuni vaccinazioni; anche inquesti sono controindicate le vaccinazio-ni con virus vivi attenuati.

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Progetto Zefiro

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Dott.ssa Mara MarchesoniPsicologa

Nella nostra società sono molte le per-sone a fare i conti con la malattia croni-ca, sia che riguardi loro stesse che qual-che persona cara. Essa costituisce unevento ad alto impatto psicologico, chealtera l’equilibrio psicofisico della per-sona. Tra le patologie croniche ad inci-denza più alta, ci sono quelle reumati-che che non coinvolgono solo il corpo,ma la persona nella sua globalità: le sueemozioni, i suoi pensieri, il proprio sta-re con gli altri, le proprie priorità. Ogniindividuo ha un proprio concetto disalute e malattia, che è strettamente le-gato alla sua storia, al contesto socio-culturale in cui vive e al significato cheattribuisce al proprio “male”. Sonomolte le persone con malattie reumati-che che esprimono un malessere psico-logico e sociale e che ricercano un aiu-

to per farvi fronte. Questa è una delleragioni per cui si stanno diffondendosempre di più anche nel nostro Paese, igruppi di auto mutuo aiuto (gruppiAMA), di ammalati che periodicamen-te si incontrano per confrontarsi sulleconseguenze della malattia, per condi-videre esperienze e trovare quella com-prensione e quel sostegno che aiuta anon sentirsi soli ed isolati nella propriasofferenza.Il confronto con persone che vivonoesperienze simili alle proprie rappre-senta una risorsa molto importantespecialmente per chi, purtroppo, social-mente non riceve un adeguato suppor-to e riconoscimento della propria ma-lattia e del dolore. Infatti, le malattiereumatiche, in particolare la sindromefibromialgica, sono oggetto di credenzee immagini sociali (anche tra gli “ad-detti ai lavori”) che hanno poco a chefare con quello che la medicina ci dice,sebbene abbiano delle conseguenzeprofonde su chi è affetto da questepatologie e sui familiari.

Il Progetto Zefiro nasce dall’esigenzadi accogliere i bisogni che si sono svi-luppati, nel corso degli ultimi anni, al-l’interno del gruppo di auto mutuo aiu-to dell’Atmar. La dottoressa AnnamariaMarchionne, Presidente dell’Associa-zione, ha raccolto gli elementi di criti-cità più condivisi, come la necessità diessere guidati da un esperto, che stimo-lasse il confronto anche su temi delica-ti quali per esempio l’impatto di malat-tia e la comunicazione. In considerazio-ne di queste necessità e di quanto affer-ma la letteratura scientifica ho struttu-rato un progetto che potesse offrireun’esperienza alternativa, mi augurofonte di nuove riflessione e confrontoper i partecipanti. Il nome di questoviaggio funge, in tal senso, da buonauspicio: “Zefiro”, vento che nella mi-tologia greca era visto come portatoredella primavera.

IL PROGETTO

Il Progetto Zefiro è rivolto a personecon malattie reumatiche che sentono ilbisogno di elaborare e di affrontare leproblematiche che stanno vivendo dauna prospettiva diversa. Obiettivoprincipale è soprattutto, nella fase ini-ziale, quello di acquisire informazioni enuove competenze, nuovi spunti di ri-flessione.Gli incontri durano due ore, sono a ca-denza bisettimanale e si tengono nellasede di Trento, utilizzata da Atmar perle sue attività sia informative che diAma. La partecipazione è su base vo-lontaristica, ma l’inserimento effettivonel gruppo è successivo a un colloquiocon lo psicologo, per dare la possibilitàalla persona di esprimere i suoi dubbi ele sue domande, verificare se questopercorso può rispondere (almeno po-tenzialmente) ai bisogni e alle aspettati-ve che questa vorrebbe soddisfare.I gruppi sono due: il primo è costituitoda persone con sindrome fibromialgica,mentre il secondo da coloro che presen-tano altre patologie reumatiche. Questadistinzione, così come il numero massi-mo dei partecipanti (undici), è fonda-mentale per dare specificità alle tema-tiche affrontate e permettere a tutti dipoter partecipare attivamente espri-

La nostra Associazione da sempre dedica particolare attenzione ai temi legatial disagio psicologico vissuto dai malati reumatici. Quest’anno abbiamo pen-sato di investire ancora di più su questo aspetto attraverso un nuovo proget-to, il progetto Zefiro, che la dott.ssa Mara Marchesoni illustra di seguito.La dott.ssa Marchesoni si è laureata in Psicologia Clinica presso l’Universi-tà di Padova. Ha proseguito la sua formazione seguendo corsi diPsiconcologia e in Tecniche Psicologiche a Mediazione Corporea presso l’Isti-tuto Nazionale Tumori di Milano.Si è occupata di ricerca sul dolore oncologico, in collaborazione con la Legaitaliana per la Lotta ai Tumori della provincia di Trento.Attualmente lavora presso il “Centro a Rete per l’Autismo e Sindromicorrelate” e si occupa di formazione in ambito sociosanitario.La dott.ssa Marchesoni ha accolto il nostro invito ad elaborare un progetto disostegno psicologico per i nostri malati e a collaborare con l’ATMAR in modopermanente su queste tematiche.

IL PROGETTO ZEFIRO:UN PERCORSO DI SOSTEGNOPSICOLOGICO AI MALATIREUMATICI

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Progetto Zefiro

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mendo i propri pensieri ed emozioni. Ilprogetto è articolato in due fasi: la pri-ma costituita da sei incontri in cui sa-ranno trattati in generale temi che gliammalati riportano come principalifonti di stress:

– l’impatto di malattia, inteso cometutte quelle reazioni psicosociali chegiocano un peso rilevante per lapersona e la sua famiglia durantel’iter diagnostico e l’adattamento al-la malattia (e alla diagnosi);

– la comunicazione che spesso rap-presenta il principale elemento dicriticità espresso dall’ammalato, siaessa intrafamiliare che extrafami-liare;

– il dolore e la sofferenza. Il dolore siaccompagna sempre ad una dimen-sione più profonda di disagio, lasofferenza, che in quanto tale pre-scinde dall’entità del male e dal do-lore comunemente inteso;

– il supporto sociale. La percezione diavere un sostegno sociale costitui-sce uno dei fattori che può aiutarel’individuo a fronteggiare eventi divita stressanti, specialmente se lapersona sente di poter condividerecon l’altro le proprie emozioni;

– le risorse attivate nel momento incui si affrontano situazioni partico-larmente difficili, affinché si acquisi-sca una maggiore consapevolezzadelle strategie utilizzate e ci sia al-l’interno del gruppo anche una con-divisione delle stesse.

La fase successiva offre la possibilità difermarsi e approfondire uno dei temitrattati in precedenza, attraverso altrisei incontri monotematici. In questa se-conda parte del progetto ci si concen-trerà, quindi, su uno degli argomentiche i partecipanti decidono essere im-portante per il gruppo, attraverso ilconfronto dialogico e momenti espe-rienziali.

CONCLUSIONE

Il progetto Zefiro si propone come unviaggio che vede il suo porto nella va-lorizzazione della persona e della suaindividualità, con il proprio modo dileggere ciò che le succede, di affrontarele difficoltà, di emozionarsi, pensare,gettarsi nel futuro. Per questa ragionenon si pone come meta il dare delle ri-sposte preconfezionate ai suoi viaggia-

tori sul dove si sta andando e il cosa sista facendo. Come dice M. Proust: “Ilvero viaggio di scoperta non è vedere nuo-vi mondi ma cambiare occhi”.

Le persone interessate possono contat-tare l’Atmar al 348-3268464 dal lunedìal venerdì dalle ore 14.00 alle 19.00 .

S. Botticelli, La nascita di Venere, 1485 ca.,particolare con Zefiro e la ninfa Cloris

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Diritti e opportunità

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IL COLLOCAMENTO “MIRATO” AL LAVORO DELLAPERSONA DISABILE

Dott. Fabio CembraniDirettore Unità Operativa diMedicina LegaleAzienda Provinciale per i ServiziSanitari di Trento

Dott.ssa Maria FrancescaGozzoUnità Operativa di Medicina LegaleAzienda Provinciale per i ServiziSanitari di Trento

La tutela assistenziale del cittadinodisabile si realizza, oltre che attraversomisure di sostegno economico, ancheattraverso il collocamento “mirato” allavoro, coerentemente con quanto pre-visto dall’articolo 38 della Costituzione.La norma di riferimento è la Legge n.68 del 12 marzo 1999 (“Norme per il di-ritto al lavoro dei disabili”) che, rispet-to alle norme previgenti, è primaria-mente diretta al recupero e al reinse-rimento lavorativo della personadisabile. Le finalità della norma sonoesplicitate nella “promozione dell’inse-rimento e dell’integrazione lavorativadelle persone disabili nel mondo dellavoro attraverso servizi di sostegno edi collocamento mirato” (art. 1, commaprimo), intendendosi per “collocamen-to mirato” (art. 2) quella serie struttura-

ta di “strumenti tecnici e di supportoche permettono di valutare adeguata-mente le persone con disabilità nelleloro capacità lavorative e di inserirlenel posto adatto (rispondente alle capa-cità ed aspettative del disabile, così davalorizzarlo al meglio e ridurne l’isola-mento), attraverso analisi di posti dilavoro, forme di sostegno, azioni posi-tive e soluzione dei problemi connessicon gli ambienti, gli strumenti e le rela-zioni interpersonali sui luoghi quoti-diani di lavoro e di relazione”.La Legge n. 68/1999, perpetuando pur-troppo quella differenziazione delladisabilità su base etiologica-categorialepropria del nostro sistema di sicurezzasociale che è fonte di ampie disequità,diversifica, ai fini del collocamento“mirato” al lavoro, le seguenti categoriedi persone disabili (art. 1, comma 1, let-tere a, b, c e d):

– le persone in età lavorativa affetteda minorazioni fisiche, psichiche osensoriali e i portatori di handicapintellettivo riconosciuti invalidi inmisura superiore al 45%;

– le persone invalide del lavoro conun grado di invalidità superiore al33%;

– le persone non vedenti o sordomu-te;

– le persone invalide di guerra, gli in-validi civili di guerra e gli invalidiper causa di servizio con minora-zioni ascritte dalla prima alla ottavacategoria della pensionistica di pri-vilegio.

Non sono, pertanto, compresi tra gliaventi titolo al collocamento “mirato”al lavoro gli invalidi civili riconosciutitali in misura inferiore al 46% e quellicon qualsiasi grado di invalidità macon una potenzialità lavorativa “aboli-ta”, “quasi abolita” e/o “conservatasolo per attività non redditizie”.Si accennava alle disequità sociali chesono proprie dell’attuale sistema di si-

curezza sociale del nostro Paese e chedeterminano la differenziazione dellepersone disabili negli invalidi di guer-ra, negli invalidi civili di guerra, negliinvalidi nel lavoro, negli invalidi percausa di servizio, negli ex tubercolotici,negli orfani, nei ciechi, nei sordomuti,nei sordo-ciechi, negli invalidi civili enelle persone in situazione di handicap.

Tali disequità risultano palesi, purtrop-po, anche nel campo del collocamento“mirato” al lavoro.Un esempio servirà a comprendere almeglio il nostro pensiero.Ipotizziamo il caso di una persona che,per motivi di ordine diverso, abbia per-duto la vista in un occhio e che la stes-sa abbia l’occhio superstite con pienaintegrità visiva. Se tale perdita è la con-seguenza di un infortunio sul lavoro lapersona disabile avrà titolo alla solacorresponsione di una rendita perma-nente mentre se tale perdita è la conse-guenza di fatti di guerra o di fatti con-nessi al servizio, oltre alla rendita vita-lizia, la persona disabile avrà titolo an-che al collocamento “mirato” al lavoro;se la perdita anatomica e/o funzionaledi un occhio è, invece, la conseguenzadi un evento non riconducibile al lavo-ro, al servizio o a fatti bellici, la personariconosciuta invalida civile non avrà ti-tolo né ad una provvidenza economicané, tanto meno, al collocamento obbli-gatorio al lavoro ma solo alla eventua-le fornitura protesica nel caso in cui,sulla base delle attitudini professionalidel soggetto e del lavoro effettivamen-te esercitato, l’invalidità superi la sogliaminima del 33%.La Legge n. 68/1999 identifica, inoltre,gli organi tecnico-sanitari incaricati diaccertare le condizioni che danno titoloal collocamento “mirato” al lavoro, in-dividuandoli (art. 1):

– nelle commissioni di cui all’articolo4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,secondo i criteri indicati nell’atto di

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Diritti e opportunità

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indirizzo e coordinamento emana-to, nel gennaio del 2000, dal Presi-dente del Consiglio dei Ministri;

– negli organi tecnico-sanitari del-l’Istituto nazionale per l’assicura-zione obbligatoria contro gli infor-tuni sul lavoro e le malattie profes-sionali (INAIL), nel caso in cui l’in-validità sia stata provocata da uninfortunio sul lavoro e/o da unamalattia professionale;

– nelle Commissioni medico ospe-daliere degli Ospedali militari nelcaso degli invalidi di guerra, degliinvalidi civili di guerra e degli inva-lidi per causa di servizio.

L’Agenzia del Lavoro è l’organo istitu-zionale che, nel nostro contesto territo-riale, coordina le diverse fasi che realiz-zano il collocamento “mirato” al lavorodella persona disabile e che sono statenel dettaglio disciplinate dalla Giuntaprovinciale di Trento, con la delibera-zione n. 1353 approvata il 2 giugno2000 (“Disposizioni e linee operativeper la valutazione e certificazione deisoggetti disabili (invalidi civili, ciechicivili, sordomuti e portatori di handi-cap) ai fini dell’applicazione delle nor-me per il diritto al lavoro contenutenella legge 12 marzo 1999, n. 68”) e suc-cessive modificazioni ed integrazioni.In breve sintesi la persona disabile inte-ressata al collocamento “mirato” al la-voro deve inoltrare all’Unità Operativadi Medicina Legale dell’Azienda Pro-vinciale per i Servizi sanitari di Trentoistanza di accertamento sanitario del-l’invalidità civile, della cecità o del sor-domutismo. La persona sarà successi-vamente convocata a visita medica al-l’atto della quale sarà valutato, da par-te dei medici individuati all’art. 15 del-la legge provinciale n. 7/1998, il gradodi invalidità e sarà redatto un appositoverbale di visita medica. Tale verbalesarà trasmesso all’interessato in dupli-ce copia: una in forma integrale (cioècomprensiva dei dati relativi alla dia-gnosi) e una copia in forma non inte-grale (priva della diagnosi), fornendo,contestualmente, alla persona disabilel’indicazione di presentarsi al Centroper l’impiego dell’Agenzia del Lavoroterritorialmente competente dove do-vrà presentare copia del verbale di in-

validità in forma integrale e dove, inoccasione del colloquio, verrà informa-ta in ordine ai soggetti ed Enti ai qualio dai quali i dati che lo riguardano sa-ranno comunicati per l’attuazione delprogetto occupazionale.Tale colloquio è propedeutico all’iscri-zione della persona disabile nell’elen-co/graduatoria per il collocamento“mirato” al lavoro.Sarà lo stesso Centro per l’impiego atrasmettere i dati della prima istruttoriaal Gruppo Tecnico dell’Agenzia del La-voro di Trento che coordina e pianificale procedure finalizzate alla raccolta diinformazioni relative alla persona di-sabile per la successiva determinazionedella “capacità globale” della medesi-ma (intesa come la performance dellapersona, valutata non in astratto e inriferimento alla sola capacità di svolge-re un lavoro remunerato ma in riferi-mento al suo ambiente di vita ed allacapacità di interagire e di adattarsi allepiù diverse circostanze). Tali informa-zioni sono richieste ai Servizi Socialidegli Enti Gestori competenti per terri-torio (in cui operano gli assistenti socia-li che sono coinvolti nel processo valu-tativo finalizzato all’inserimento mira-to al lavoro del disabile), al Servizio diAddestramento e Formazione Profes-sionale, alla Sovrintendenza Scolastica,alle Unità Operative di Psichiatria ter-ritorialmente competenti ed alle Con-sulte psichiatriche, ove costituite, nelcaso di disabili psichici, al Servizio tos-sicodipendenze ed al Servizio di alco-logia.Le diverse informazioni raccolte dal-l’Agenzia del Lavoro di Trento, oppor-tunamente integrate ed elaborate, sonosuccessivamente trasmesse alla Com-missione sanitaria integrata che è statacostituita nella Unità Operativa di Me-dicina Legale dell’Azienda provincialeper i Servizi sanitari di Trento: Com-missione che, per quanto previsto dal-l’art. 26, comma 7, della legge provin-ciale 20 marzo 2000, n. 3 (“Disposizioniper agevolare l’inserimento e l’integra-zione nel mondo del lavoro delle perso-ne disabili”) è costituita da più profes-sionisti con competenze tecniche diffe-renziate (da un medico specialista inmedicina legale con funzioni di presi-dente, dall’esperto dell’inserimento la-

vorativo nominato dall’Agenzia del La-voro di Trento, da un operatore socialee da un medico specialista, di volta involta designato dal Presidente dellaCommissione stessa, in relazione allapatologia di cui è affetto il disabile).A tale Commissione sanitaria competo-no una serie di adempimenti di naturatecnica che, pur riconducibili a una vi-sita medica, non sono solo clinici, risul-tando finalizzati:

– al vaglio della documentazione rac-colta, organizzata e supervisionatadal Gruppo Tecnico dell’Agenziadel Lavoro di Trento;

– alla visita medica della personadisabile;

– alla formulazione della “diagnosifunzionale” (descrizione delle capa-cità della persona e delle sue perfor-mance anche potenziali) e del “pro-filo socio lavorativo” (individua-zione della posizione della personadisabile nel suo ambiente di vita,nella famiglia, nella scuola e nel la-voro);

– alla individuazione delle linee pro-gettuali per l’integrazione lavorati-va della persona disabile.

“Diagnosi funzionale” e “profilo socio-lavorativo” fanno parte della “relazio-ne conclusiva” che la Commissione sa-nitaria integrata deve esprimere suogni singolo caso e nella quale devonoessere esplicitate le linee progettualiper l’integrazione lavorativa che laGiunta provinciale di Trento, nella deli-berazione n. 1353 approvata il 2 giugno2000 (“Disposizioni e linee operativeper la valutazione e la certificazione deisoggetti disabili (invalidi civili, ciechicivili, sordomuti e portatori di handi-cap) ai fini dell’applicazione delle nor-me per il diritto al lavoro contenutenella legge 12 marzo 1999, n. 68”), haindividuato:

– nel collocamento mirato al lavorosenza interventi di supporto (per lepersone disabili che posseggano irequisiti pre-lavorativi come la ca-pacità di relazionarsi in un contestodi lavoro, di gestire autonomamen-te il rapporto di lavoro, di raggiun-gere il posto di lavoro, di mantene-

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Diritti e opportunità

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re l’orario, di adeguarsi all’orga-nizzazione del lavoro stesso);

– nel collocamento mirato al lavorocon il supporto di un servizio dimediazione (prevede l’attivazionedi interventi propedeutici al rappor-to di lavoro quali azioni formative,tirocini aziendali, con la supervi-sione di un operatore esterno e diun “tutor” aziendale);

– nel collocamento mirato al lavorocon il supporto di un servizio dimediazione e con l’utilizzo di stru-menti tecnici (prevede, oltre agli in-terventi precedenti, anche le even-tuali modifiche ergonomiche delposto di lavoro);

– nel percorso formativo propedeu-tico al collocamento mirato al lavo-ro (tale percorso attiene gli inter-venti propedeutici al collocamentoal lavoro per le persone disabili nonin possesso dei pre-requisiti lavora-tivi e che sono potenzialmenteinseribili in progetti occupazionali);

– nel collocamento mirato per i disa-bili psichici.

La Commissione sanitaria integrataprovvede successivamente a trasmette-re alla persona disabile la “relazioneconclusiva” con la “diagnosi funziona-le” e le linee progettuali per l’inseri-mento lavorativo: la stessa relazioneviene inviata, oltre che al Gruppo Tec-nico dell’Agenzia del Lavoro di Trento,anche al Servizio Sociale territo-rialmente competente e, nel caso dipatologie psichiatriche, all’Unità Ope-rativa di Igiene e Salute Mentale.La fase successiva è quella dell’avvia-mento al lavoro della persona disabileche, per quanto previsto dalla legge n.68/1999, può avvenire con distintemodalità: o attraverso la richiesta no-minativa inoltrata dal singolo datore dilavoro all’Agenzia del Lavoro di Trentoo attraverso l’attuazione delle lineeprogettuali di inserimento lavorativocontenute nella “relazione conclusiva”predisposta dalla Commissione sanita-ria integrata fermo restando che, per idisabili psichici, la legge n. 68/1999prevede l’attivazione di specifiche con-venzioni che consentono al datore dilavoro di fruire delle agevolazioni fisca-li previste dall’art. 13 della stessa.

Nella più volte citata deliberazione n.1353 approvata il 2 giugno 2000 laGiunta provinciale di Trento ha inoltreprevisto:

– che nel caso in cui la Commissionesanitaria integrata, in sede di “rela-zione conclusiva”, abbia eviden-ziato la necessità di rivalutare ilcaso prima dell’effettivo inserimen-to lavorativo, la medesima Com-missione valuterà la compatibilitàtra lo stato psico-fisico della perso-na disabile ed il posto di lavoro;

– che nei casi in cui la verifica dellacompatibilità non sia stata previstadalla Commissione sanitaria inte-grata l’Agenzia del Lavoro di Tren-to richiede all’Unità Operativa diMedicina Legale la verifica dellapermanenza dello stato invalidante(nel solo caso in cui la data dell’ulti-mo accertamento di invalidità o del-la definizione del “profilo lavorati-vo” sia antecedente a 36 mesi);

– che per i disabili in possesso del“profilo lavorativo”, l’Agenzia delLavoro di Trento può, tramite ilGruppo tecnico, inviare alla Com-missione sanitaria integrata la ri-chiesta di revisione del profilo stes-so a fronte di progetti di colloca-mento “mirato” con esito negativoo qualora si ravvisi la necessità diavere ulteriori elementi di valuta-zione.

Un’ultima considerazione merita quan-to previsto dall’art. 10 della legge n.68/1999 in riferimento a quanto previ-sto dalla deliberazione dalla Giuntaprovinciale di Trento n. 3000 dd. 28 no-vembre 2003.Il citato atto deliberativo prevede chenelle situazioni esplicitamente previste(individuate nell’aggravamento dellecondizioni di salute della personadisabile e/o nelle significative modi-ficazioni dell’organizzazione del lavo-ro), la persona o il relativo datore di la-voro possano inoltrare ai Centri perl’Impiego dell’Agenzia del Lavoro diTrento una specifica richiesta finalizza-ta ad accertare la compatibilità dellemansioni affidate con lo stato di salutedel soggetto.In tali circostanze il Gruppo tecnico

dell’Agenzia del Lavoro di Trento tra-smette all’Unità Operativa di Preven-zione e sicurezza negli ambienti di la-voro dell’Azienda provinciale per i ser-vizi sanitari, la richiesta di attivazionedell’art. 10 della Legge 68 /1999 con al-legato il mansionario dei compiti effet-tivamente affidati al lavoratore e le va-lutazioni eventualmente espresse dalmedico competente, ai fini della raccol-ta delle informazioni utili a rilevare lemansioni lavorative assegnate alla per-sona disabile, la descrizione del cicloproduttivo e le eventuali variazioni si-gnificative dell’organizzazione del la-voro.La Commissione sanitaria integrata conun medico dell’Unità Operativa di Pre-venzione e Sicurezza provvede, succes-sivamente, ad accertare la compatibili-tà delle mansioni affidate alla personadisabile con lo stato di salute della stes-sa circostanziando, ove necessario,quelle che, in relazione allo stato di sa-lute del lavoratore, devono essere con-troindicate. In caso di compatibilità lapersona disabile continuerà la propriaattività nella rispettiva sede di lavoro;in caso di incompatibilità, invece, laCommissione sanitaria integrata prov-vederà a riformulare la “relazione con-clusiva”, individuando le nuove lineeprogettuali per l’integrazione lavorati-va della persona disabile.

Il complesso percorso finalizzato al col-locamento “mirato” al lavoro della per-sona disabile sin qui descritto testimo-nia l’attenzione che tutti i soggetti isti-tuzionali in esso coinvolti (Agenzia delLavoro di Trento e i professionisti delmondo sanitario e del mondo sociale)rivolgono a tale forma di sostegno; so-stegno che risulta primariamente diret-to alla piena integrazione sociale dellapersona disabile che deve essere soste-nuta dalla rete dei servizi in manieracoerente e nel rispetto di logiche preor-dinate.

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Stare insieme con ATMAR

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10 ottobre 2008:Giornata nazionaledel Malato ReumaticoVenerdì 10 ottobre si è celebrata a Trento,come ogni anno, la Giornata del MalatoReumatico con un gazebo nel centro sto-rico della città. Il tradizionale appunta-mento ha visto impegnate le volontariedell’ATMAR nella sensibilizzazione del-l’opinione pubblica sui problemi dei ma-lati reumatici, attinenti sia al versantedell’assistenza che a quello delle tutelesociali.La giornata di quest’anno è stata dedicatain particolare ai temi dell’informazionesulle patologie reumatiche, della diagno-si precoce, dei diritti dei malati (esenzio-ni, invalidità, inserimento lavorativo).Molte le persone interessate che hannorichiesto depliant informativi sulle pro-blematiche attinenti la cura e l’assistenza,nonchè sulle attività che l’ATMAR mettein campo a sostegno dei malati e dei lorofamigliari.Con curiosità e simpatia è stato accoltopure l’angolo dedicato ai lavori del labo-ratorio creativo ATMAR, coordinato daDaria.

ASSISTENZA LEGALETra i servizi recentemente attivati dall’ATMAR in favore dei propri socifigura anche l’assistenza legale. Infatti, da maggio 2007, collabora conla nostra Associazione l’avv. Simona D’Arpino del Foro di Trento, allaquale tutti gli iscritti potranno rivolgersi, tramite nostro, per consulen-za ed assistenza legale in materia di diritti assistenziali e previdenziali,conseguenza delle patologie reumatiche.

Come iscriversi: l’ATMAR ha biso-gno del tuo aiuto per sviluppare lasua attività in favore dei malati reu-matici. Se non l’hai ancora fatto ricor-dati di rinnovare la tua iscrizione perl’anno 2008 versando la quota asso-ciativa annuale di 16, 00 euro diretta-mente presso la sede di Trento oppu-re, dalla tua banca, con un bonificosul conto corrente bancario presso laCassa Rurale di Trento, via Belenzani4, Codice IBAN: IT76 N083 0401 80700000 7322 665.(Cod. Fisc. ATMAR 96043200227)

Tutti i giovedì dalle 17 alle 19 e tutti i martedì dalle 10 alle 12:Sportello informativo ATMAR.Il terzo martedì di ogni mese, dalle 15 alle 17: Laboratorio creativo ATMAR.Il primo mercoledì di ogni mese, dalle 17 alle 19, si riunisce il gruppo di auto-mutuo-aiuto.Tutte le attività si svolgono presso la sede ATMAR, Trento, Largo Nazario Sauro, 11, tel. 348 3268464.

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L’angolo di Chiara

L’angolo di Chiara zialità da esprimere, allora anche il do-lore e la rabbia si trasformano e si am-morbidiscono, allora puoi accettare ciòche è accaduto e farti portare là dovesei diretto: al tuo autentico sé.

Ho scelto questo libro per inaugurarequesta rubrica perché ha un titolo para-dossale: AMMALARSI FA BENE.Io adoro i paradossi, sono vitali, dirom-penti, rivoluzionari, non ti permettonodi dormire accoccolato nelle verità dicui gli altri di vogliono convincere.I malati soprattutto, devono scrollarsidi dosso una marea di pensieri pre-costituiti che la società, la medicina, ilpensiero dominante pensa per loro.Ai malati i paradossi fanno bene, sonomedicine potenti a costo zero.Provate a prendere un foglio e scriveresu una colonna tutte le “verità” cheavete in testa sulla vostra malattia e co-munque più in generale sull’essere ma-lati.Quanti pensieri positivi e vitali – quantiparadossi – avete scritto? Molto pochiprobabilmente. Adesso nella colonnavicina, trasformateli nel loro contrario:ad esempio Non posso più cammina-re/Finalmente posso fermarmi, e cosìvia.Osate pensieri nuovi, “eretici”.Non è più leggera, autentica, più corag-giosa, più nostra, la seconda colonna?

L’autore Giorgio Abraham – docente dipsichiatria, sessuologo e psicoterapeuta

– ci conduce col tono di una piacevole eintelligente chiacchierata ad esplorare ilnostro rapporto con il corpo, con la sa-lute e con la malattia.Attraverso le trascrizioni di alcuni col-loqui clinici ci accompagna alla ricercadi un senso più profondo, in cui la psi-che ritrova, scopre, la direzione che ilcorpo suggerisce con il sintomo e chenoi non riuscivamo più a vedere.L’autore ci racconta anche delle nuovescoperte nei diversi campi della medi-cina che dimostrano una base semprepiù scientifica alle intuizione dell’ap-proccio psicosomatico.Ci fa ragionare sui modelli culturali diefficienza, efficacia, bellezza, giovinez-za che dominano questa nostra societàcreando sensi di colpa, di inadeguatez-za, depressione, rabbia, esclusione, tuttiprodromi della ribellione che il corpo siincarica di esprimere per primo, ancoraprima che siano arrivati alla nostra co-scienza. Perché il corpo è l’avampostopiù avanzato del nostro essere, quelloche ha più esperienza, sono millenniche le nostre cellule fanno il loro lavoroaltamente specializzato in perfettasintonia. Appena il corpo percepiscequalcosa che non va ci manda un mes-saggio: il disagio, il dolore, prima, poila malattia quando ha capito che se sus-surra solamente non lo ascoltiamo.

In altri capitoli si occupa di vecchiaia,sonno, sesso, cancro e follia, impariamocosì qualcosa di nuovo, un punto di vi-sta “strano”, che tiene sempre contodell’individualità, ci regala una grandeverità, troppe volte negata sia dalla so-cietà, ma paradossalmente anche danoi stessi: ciascuno ha diritto di essereciò che è, di non uniformarsi a ciò chesembra normale, nemmeno nelle dia-gnosi, nemmeno nelle terapie, anzispesso è la nostra “malattia” a tenerciin vita a dare un senso vero alle nostrevite.Ci fa capire che in fondo, troppa salutepotrebbe essere letale.

Giudizio: fondamentale. Libro da como-dino, da leggere anche con la tecnica“una pagina a caso”.Giorgio Abraham, Claudia PeregriniAmmalarsi fa bene. La malattia a difesadella salute, edizioni Feltrinelli, 1989.

A partire da questo numero del Noti-ziario prende avvio una rubrica cura-ta dalla dott.ssa Chiara San Giusep-pe, che da qualche tempo collaboracome volontaria con la nostra Asso-ciazione.La dott.ssa San Giuseppe, laureata instoria dell’arte, ha al suo attivo stu-di di naturopatia e di medicine ener-getiche ed è da sempre molto sensibileai temi legati a una nuova medicinacentrata sulla persona.Attraverso percorsi di lettura, rifles-sioni e altri spunti, esploreremo conChiara, nuove prospettive sulla salu-te e sulla malattia.

Cominciamo con questo numero unpercorso che potremmo chiamare di“biblioterapia”.Vi parlerò dei libri che mi hanno aiuta-to ad affrontare una diversa visionedella realtà e soprattutto della malattia.Ormai il panorama editoriale è ricco ditali proposte che, con diversi approcci,diverse sfumature, diverse filosofie,provano a indagare la realtà del dolorefisico ed esistenziale cercandone il sen-so più profondo.Il libro che vi propongo, è uno dei pri-mi che hanno affrontato questi temi, haquasi trent’anni, ma non li dimostra.Come tanti altri approcci sia psico-somatici che spirituali, si basa su unassunto che ho cercato di tenere benpresente nella vita in tante occasioni:Quando ciò che ti accade non è più vi-sto come un nemico con cui combatte-re, ma un amico con cui allearsi, unmaestro che ha in serbo nuove poten-

Dott.ssaChiaraSangiuseppe

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Un po’ di poesia

Arte e poesia hanno da sempre accom-pagnato e dato espressione ai problemiesistenziali dell’uomo: la malattia, inte-sa come sofferenza non solo fisica, finoalla paura della morte, è indissolubil-mente legata al sentire umano, tantoche l’arte e la poesia l’hanno rappresen-tata, nel corso della storia dell’uomo,non diversamente dagli altri grandisentimenti umani.Accogliamo quindi con piacere ilcontributo della poetessa prof. ssaNadia Scappini, amica e sensibilesostenitrice dell’ATMAR.

UN PO’ DIPOESIAdi NadiaScappini

Premessa:

La prosa raccoglie, la poesia diffonde: cosìabbiamo semplificato nello scorso numeroalcune riflessioni di tipo letterario. Accen-nando poi al delicato rapporto tra psiche ecorpo, vi ho proposto tre testi poetici ispiratial tema.Questa volta cambiamo registro e scegliamosenz’altro la prosa, per affrontare con unpo’ di leggerezza le giornate d’autunno incui la luce sembra cedere così docile al buio.

Un “amarcord” estivo nel quale mi auguroche anche qualcuno tra voi si possa ritrova-re.

LA CREMA DELL’ELVIRA

Ci puoi scommettere, una crema cosìnon la mangiavo dai tempi dell’Elvira.Un gelato alla crema, voglio dire. Den-so, cremoso, che ci senti le uova e il li-mone grattugiato.

Già, i tempi dell’Elvira. Mi sembranopreistoria, se ci penso.Ci fiondavamo fuori dalle porte di casache davanti avevano una tenda di tes-suto spesso, di solito a righe. Era l’uni-co riparo dal sole cocente dell’estatepadana. Ma poteva essere anche direcupero, il tessuto – uno scampolo, unvecchio lenzuolo – in questo caso piùleggero e di fantasie diverse. Ci s’arran-giava come si poteva. Con la fantasia,mancando il denaro.Eravamo come bottiglie di spumantecapovolte prima del botto.Dietro la porta, in attesa dell’Elvira.“Ehi, zia, quando arriva, l’Elvira?”“A sta bass’ora: vièni in corte, bella, vièniall’òra (ombra)!”Ma io avevo una gran paura di nonsentire il campanello dell’Elvira e poinon capivo mai cosa fosse questabass’ora. Me l’aveva spiegato più voltela zia: “è quando il sole comincia a cala-re”. Però non capivo. Non capivo se ilsole cominciava a calare dopo pranzoquando un gelatino ci sarebbe statoproprio bene – cosa poco probabile, maastronomicamente corretta e per meconveniente…– o alle quattro del po-meriggio o alle sette, quando ormais’era fatta l’ora di andare a lavarsi perla cena, dopo le scorribande nel vigne-to o i giochi all’ombra del fienile diGiuliano.Aspettare fino alle sette, o giù di lì, sa-rebbe stato insopportabile. Piuttostouna fetta d’anguria… che lì in campa-gna ce n’erano tante. Subito dopo pran-zo non se ne parlava proprio. Anchel’Elvira, poveretta, doveva pur mangia-re, sbrigare le faccende domestiche, ol-tre a dare l’ultima sistematina ai gelati;e poi sarebbe stato troppo, decisamen-te troppo… C’era, allora, un’educazio-ne alla misura che coinvolgeva tutti noibambini siori o puvrett (ricchi o poveri),tutti! Almeno quelli di mia conoscenza,quelli che gravitavano lungo la stradadove abitavano la nonna e le zie. Poi,solo le zie.Così, quando da in cima alla strada, unserpentone polveroso con una curvaquasi ad angolo retto, la via Vegri (iVigar), si sentiva suonare la campanel-la – era lì che si fermava l’Elvira con ilsuo carrettino bianco – il tappo saltava.Come i pastori estasiati al presepe ci

accalcavamo attorno a lei, le papillegustative già allertate, pronte a ricava-re il massimo del godimento fin dallaprima leccatina…E non c’era, come oggi, l’imbarazzodella scelta tra gusti, più o meno esoti-ci, e colori. I gusti erano due: crema ecioccolato. O sceglievi crema, o ciocco-lato. Se proprio proprio avevi il per-messo di strafogarti, crema e cioccolatoinsieme. Dieci, venti lire (solo rare vol-te e di domenica) erano il budget di-sponibile; ma spesso si pagava in natu-ra.O meglio: i puvrett arrivavano dall’El-vira sempre con le uova; i fioi di sioricon la moneta. Io stavo a metà tra ledue categorie. Mi sentivo più a mioagio quando dal borsellino di morbidapelle rossa prelevavo le monetine, male zie talvolta insistevano per darmi leuova che si accumulavano in dispensa.Quand la galina la’n strica al cul, la fa tantiov. E questo, d’estate, era fisiologico.Così da un lato mi vergognavo un po’all’idea che io, venuta dalla città, potes-si essere considerata puvreta; dall’altromi sentivo orgogliosa di essere accoltatra di loro, con tutto ciò che questocomportava. Come, ad esempio, esseremessa a parte dei segreti sulla stalla osui tesori nascosti nei campi di gra-noturco. O camminare a piè discalzi.Dio mio, che sofferenza camminare suisassi senza scarpe. Era più o menocome camminare sui carboni ardenti.Eppure loro ci correvano disinvolti e…veloci. Dopo un po’, però, le cose co-minciavano a filare anche per me. Lapelle si ispessiva e, con un po’ di con-centrazione e un tantino d’orgoglio,riuscivo anch’io a traballare sui sentie-ri tra i campi.Le zie, naturalmente, non volevano.Non volevano che la nipotina di cittàprendesse certe abitudini un po’ sel-vagge, diciamo ruspanti, considerata lavicinanza dei pollai. O, semplicemente,temevano che mi facessi male o che mitagliassi con qualche vetro. Così, persollevarle da ogni imbarazzo, uscivo dicasa con i miei sandaletti e, girato l’an-golo, mi scalzavo, acquistando imme-diatamente credito tra gli altri dellastrada.

Ma l’Elvira, dove l’abbiamo lasciata?

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Un po’ di poesia

È in cima alla stradina polverosa chesuona la campanella. E poi mica arrivatutti i giorni, quindi sarà meglio nonfarla aspettare. Viene quando può. Conla sua bici spinge il carrettino bianco,sopra il quale svettano due cupolettemetalliche dal fascino esotico. Ti credo!Nascondono una delle più sublimi de-lizie inventate dalla fantasia dell’uo-mo…Eccola, la vedooo!L’Elvira è piuttosto in carne, non soquanti anni possa avere. Mi sembravecchiotta, però: ne avrà una quaranti-na, anno più anno meno. Indossa ungrembiule bianco lindo lindo, i capelliraccolti nel cocon. Rapida nei gesti,come nella cordialità un po’ brusca.Cusa vot, putin o putina? e via… Bisognaessere spicci a consegnare le uova o isoldi, a dire il gusto che si gradisce –crema o cioccolato o tutt’e due, quandova bene –, al resto pensa lei.La quantità del gelato che spaletta sulcono come un’opera d’arte dipendedall’umore della giornata, dall’inclina-

zione del sole, dal chiasso che facciamonoi bambini, dalla presenza o meno diqualche adulto solerte, venuto a con-trollare. Ma l’Elvira, di solito, è buona,cioè generosa nello spalettare il gelato.L’inclinazione del sole, dicevo. Labass’ora – ho capito poi – è quando ilsole comincia ad andar giù davvero.Quando, cioè, si può uscire di casa sen-za temere un’insolazione, quindi senzacappello, e, soprattutto, senza che il ge-lato si squagli.È quando all’orizzonte una palla difuoco enorme irradia la sua luce inve-stendo il mondo minerale vegetale ani-male in armonia ineffabile.È quando ti prende una nostalgia altret-tanto ineffabile, che ha a che fare con latua piccolezza di uomo di fronte al-l’universo, ma anche con la tua gran-dezza (dato che – Leopardi insegna –riesci almeno a concepirlo questo uni-verso). Che ha a che fare con il deside-rio di un ritorno, non so quando, nonso dove. La finitezza umana? Sì, pro-prio quella. Quella che ti urge dentro

proiettandoti verso un oltre. Quella cheti fa scavalcare i confini. Quella che ti fasentire pellegrino sulla terra. Che ha ache fare con il dolore, quello vago indi-stinto che punge e punge fino a scio-gliersi nella commozione di fronte al-l’universo. O talvolta resta imbrigliatoin una modesta relazione umana.Grande morbida crema dell’Elvira! Èstato proprio ieri sera che l’ho gustata,quasi uguale, alla gelateria di via Gari-baldi a Trento.Dico quasi, intendiamoci.

Il sapore dell’infanzia, delle infrazioni,delle aspettative vaghe, l’intuizionedell’enorme potenziale che è la vita sul-la soglia della quale si sono mossi soloi primi passi, non ci sono più.Ma il gusto di quella crema, rimasto in-tatto nel tempo, si accompagna ancoraal gusto della vita, magari un poco piùsmagato, magari con qualche chiaro-scuro, sempre però autentico.

E più intenso che mai.

K. Plattner, La matinèe, 1981-1982

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Voce ai malati

In questa rubrica accogliamo le lette-re di coloro che desiderano segnalar-ci problemi e difficoltà legati allacondizione di malati reumatici, manon solo, ci farebbe piacere condivi-dere anche riflessioni e testimonianzeche possano essere d’aiuto per tutti,offrendoci spiragli di speranza, diamicizia, di solidarietà.

Sono Lidia, una nuova volontaria dell’As-sociazione ATMAR.Non sono una malata reumatica e sono ar-rivata all’Associazione ATMAR quasi percaso. A dire il vero non so se sia stato pro-prio il caso. In previsione della pensione,incominciavo a chiedermi come sarebbestato il mio futuro da pensionata. Non vo-levo fare la casalinga a tempo pieno, vistoche non l’avevo mai fatto prima, pensavodi dedicare parte del mio tempo libero e lamia esperienza di impiegata a qualcunoche ne avesse bisogno, ma non sapevocome. Volevo dare un senso alla mia vitacon qualcosa che mi coinvolgesse e mi sti-molasse. Un giorno, ho esposto queste per-plessità sul mio futuro a Nadia Scappini,una mia cara amica, che mi ha promesso dimettermi in contatto con una persona, se-condo lei molto valida, che avrebbe potutofare al caso mio, perché era la responsabi-le di un’associazione di volontariato che sichiamava ATMAR. Associazione ATMAR?Non sapevo nemmeno cosa fosse. Sono si-cura che il destino mi ha dato una mano…

Fu così che, in un bar cittadino, Nadia mipresentò la Presidente dell’ATMAR, dott.ssa Annamaria Marchionne, una donnavulcanica, piena di idee, che in breve tem-po mi ha riassunto tutte le iniziative e leattività dell’ATMAR. Alla fine dell’incon-tro mi ha consegnato il relativo materialeinformativo da leggere, dicendomi: “Tu seiproprio la persona giusta di cui abbiamobisogno, vedrai che con noi di troverai be-nissimo”. Queste parole mi hanno colpito,tant’è che mi sono subito resa disponibile eho iniziato a frequentare l’Associazione,intanto come ascoltatrice. La prima voltache sono andata in sede ero un po’ preoc-cupata perché non conoscevo l’ambiente,le persone, e non sapevo ancora quale sa-rebbe stato il mio ruolo. Invece ho avutoun’accoglienza calorosa.Ho trovato persone dolcissime e disponibi-li a spiegarmi tutte le varie attività chesvolge l’Associazione. Ho cercato allora diimpegnarmi al massimo facendo tesoro ditutto quello che veniva detto o fatto, inparticolare ogni giovedì in sede, imparan-do ogni volta qualcosa di nuovo in mododa rendermi indipendente il più prestopossibile. Mi piace molto leggere ma inquel periodo ho lasciato da parte i miei ro-manzi preferiti e ho letto solo dispense, li-bretti e giornalini che trattavano o spiega-vano le malattie reumatiche. La cosa chepiù mi ha colpito frequentando questa As-sociazione, che è formata in prevalenza dadonne, è la grande forza interiore dellevolontarie, tutte ammalate reumatiche, masempre sorridenti e disponibili, anche se avolte si vede benissimo che sono sofferenti.Sono donne veramente da ammirare, ed èbello vedere come si incoraggiano e si aiu-tano l’una con l’altra. Sono molto contentadi questa mia nuova attività, perché misento molto utile e valorizzata per quelpoco che riesco a fare. Soprattutto adessoche do il mio contributo nel tenere apertala sede dell’Associazione tutti i martedì,dalle 10 alle 12. Nell’Associazione ATMARnon ho trovato solo simpatia e umanità, hotrovato anche amicizia, cosa molto rara algiorno d’oggi. Proprio per questo, consi-glio agli ammalati reumatici, che ancoranon ci conoscono, di passare a trovarci inAssociazione, anche solo per fare duechiacchiere, che spesso sono di grande aiu-to. Troveranno sempre un sorriso, un con-siglio se sarà chiesto, una parola di confor-to e, perché no, dei nuovi amici. Ringraziodi cuore tutti quelli che mi hanno offertoquesta splendida opportunità.

Lidia

Mi chiamo Marina e vorrei raccontarvi lamia testimonianza di malata reumatica.Ho 39 anni e da 8 sono affetta da “artritereumatoide”. Inutile dirvi degli alti e bas-si che la malattia ti fa “venire” … Certo,nei momenti in cui si riesce a stabilizzaretutto sembra “normale” ma quando inizi anon tollerare più alcun farmaco tradiziona-le e iniziano i dolori, le giornate in cui seibloccata … INIZIANO i pensieri negativi,la depressione, lo sconforto, la rabbia, ladelusione, la sofferenza, l’impotenza …Purtroppo entri in un tunnel dal quale nonvedi più la luce! In questo tunnel sono en-trata tre anni fà quando, appunto, ho avu-to una riacutizzazione improvvisa dellamalattia. Credetemi, niente mi andava piùbene. Sono entrata in una fragilità psicolo-gica che mi ha portato in uno stato di in-certezza e “voglia di cambiare radicalmen-te” la mia vita.Naturalmente, non potendo scappare dal-la malattia, nè tantomeno eliminarla hodeciso di non riuscire più a sostenere unrapporto coniugale che non mi dava “quel-lo” di cui avevo bisogno in quel momento.Certamente, avendo una splendida figlia,non è stato per niente facile! Non solo perla separazione ma più per i sensi di colpache hanno sicuramente inciso e tutt’ora in-cidono sull’aspetto psicologico. Partire dazero con nuovi problemi (voluti da me) ecercare di ritrovare fiducia in me stessa perriuscire a trasmettere serenità anche a miafiglia, bè credetemi, è una salita piena didifficoltà, insicurezze, dolore che a mo-menti diventa pure una discesa ma prontaad attenderti c’è sempre un’altra salita! E lamalattia che fa? Ti lascia il tempo per risol-vere i tuoi conflitti e ti aiuta nelle salite?Direi che è un grosso, ma grosso e pesantemacigno che trovi proprio mentre sei sullasalita più ripida … Come fare ad oltrepas-sarlo? L’aiuto per riuscirci arriva… perchèarriva il giorno in cui ti rendi conto di nonessere SOLA! Ho mia figlia, i mieifamigliari, gli amici, un compagno, e …l’aiuto delle persone malate e non, che fan-no parte dell’Associazione ATMAR. A tuttiloro voglio dire GRAZIE perchè senza diloro, probabilmente, starei ancora cercan-do la luce per uscire dal mio tunnel …Concludo riportando una frase letta tempofa: “Pensare a cosa si vuole fare nella vita ègiusto, ma poi bisogna fare quello che lavita ti mette di fronte!”. Saluto tutti e dico:CORAGGIO!!!!!

Marina

Ciao, sono Tiziana. Io come altre personepurtroppo soffro di sindrome fibromial-gica da ventisei anni. A volte le crisi acutedurano mesi e ti portano alla più forte de-pressione. Inoltre con un’osteoporosi gravee precoce come la mia conosco il dolorecronico molto bene. Ho subito un interven-to alla colonna per alleviare un po’ la soffe-renza. Comunque ho capito che non simuore di dolore fisico anche se lo si speraa volte!Scrivo soprattutto per volgere i miei rin-graziamenti all’equipe medica del dayhospital del quinto piano, alle persone pre-murose e sempre disponibili, insomma allafamiglia eccezionale che lavora lì e che aiu-ta anche con una parola di conforto le per-sone come me. Con simpatia e affetto

Tiziana

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Vita associativa

È Natale

È Natale ogni voltache sorridi a un fratelloe gli tendi la mano.È Natale ogni voltache rimani in silenzioper ascoltare l’altro.È Natale ogni voltache non accetti quei principiche relegano gli oppressiai margini della società.È Natale ogni voltache speri con quelli che disperanonella povertà fisica e spirituale.È Natale ogni voltache riconosci con umiltài tuoi limiti e la tua debolezza.È Natale ogni voltache permetti al Signoredi rinascere per donarlo agli altri.

Madre Teresa di Calcutta

Alla vigilia di NataleOggi siamo seduti, alla vigiliadi Natale, noi, gente misera,in una gelida stanzetta,il vento corre fuori, il vento entra.Vieni, buon Signore Gesù, da noi, volgi losguardo:perché tu ci sei davvero necessario.

Bertolt Brecht

nomica e sociale che caratterizza ilmondo globalizzato, orientare il nostrosguardo e il nostro impegno verso lafragilità del più debole, può rappresen-tare l’approdo più sicuro per la coscien-za civile e il modo più autentico perdare un senso al nostro presente e unasperanza al futuro.

BUON NATALE E FELICE2009 da ATMAR

Paolazzi, dott. Bortolotti, dott. Cava-torta, dott. Leveghi, dott.ssa Peccatori;agli infermieri del Day Hospital e deiPoliambulatori Reumatologici Crosina;al dott. Cembrani, Direttore dell’UnitàOperativa di Medicina Legale e ai suoicollaboratori; al dott. Albertazzi Coor-dinatore del Dipartimento di Riabilita-zione; alla dott.ssa Pompei e al dott.Gradassi dell’Unità Operativa di Psico-logia Clinica dell’Azienda provincialeper i Servizi Sanitari, alla dott.ssaMarchesoni, psicologa dell’ATMAR,alla fisioterapista Dalpalù.Un ringraziamento di cuore va all’avv.Simona d’Arpino, che con grande sen-sibilità ci supporta con l’assistenza econsulenza legale; al sig. Fabrizio Fogliche con generosa disponibilità aggior-na il nostro sito internet; allo StudioGrafico Gabriele Weber che cura le no-stre pubblicazioni.Infine un ringraziamento affettuoso vaai componenti il Consiglio Direttivo,alla Tesoriera, ai Revisori dei Conti, aiProbiviri e a tutte le volontarie delloSportello informativo ATMAR, delgruppo di auto mutuo aiuto, del Labo-ratorio Creativo, che con competenza epassione collaborano ogni giorno perfar crescere l’Associazione.

Beato Angelico, Adorazione dei Magi, 1433

L’augurio di buon Natale e di feliceanno nuovo va a tutti i nostri associati,alle loro famiglie, ai medici, agli infer-mieri, ai volontari, ai rappresentantidelle Istituzioni pubbliche e a tutti colo-ro che hanno dato il loro sostegnoall’ATMAR nel corso del 2008.La fine di un intenso anno di lavororinnova il piacere di ricordare le moltepersone che ci hanno aiutato, a variotitolo, nelle diverse attività promosse.A tutte va il nostro ringraziamento piùvivo e l’invito ad essere ancora con noinel 2009.Un ringraziamento particolare va ainostri medici e infermieri dell’UnitàOperativa di Reumatologia: dott.

Dedichiamo ai nostri lettori queste poe-sie sul Natale, scritte da due figure cosìdiverse, eppure così vicine, per lo stra-ordinario impegno umano e sociale concui hanno saputo mostrare l’altra facciadi un secolo, il ‘900, segnato dalle piùgrandi tragedie che la storia dell’uma-nità ricordi.Le proponiamo per la forza e l’attualitàdel loro messaggio.In un’epoca di incertezza e di muta-menti come quella che oggi viviamo, inun momento di grande precarietà eco-

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Settembre 2008 – Febbraio 2009

10 settembre 2008, Trentosede ATMAR, ore 17.30Presentazione del Progetto Zefirodott.ssa Mara Marchesoni

19 settembre 2008, RonzoneSala conferenze del Municipio, ore 20.30In collaborazione con i Musei di Ron-zone, conferenza della dott.ssa V. Ago-stini:Alterazione della pressione arteriosa, ipo eipertensione, alimentazione e attività fisicanei malati reumatici

26 settembre 2008, CavaleseSala Conferenze Biblioteca Comunale,ore 20.30conferenza della dott.ssa V. Agostini:Prevenzione delle malattie cardiovascolari neimalati reumatici

9 ottobre 2008, Trentosede ATMAR, ore 17.30conferenza della dott.ssa V. Agostini:Alterazione della pressione arteriosa, ipo eipertensione, alimentazione e attività fisicanei malati reumatici

10 ottobre 2008, TrentoGazebo ATMAR in occasione della Gior-nata nazionale del malato reumatico

6 novembre 2008, TrentoSala Rosa della Regione, ore 17.30: pre-sentazione degli atti del convegno La re-lazione di cura

15 novembre 2008, Roma/S.Colomba:partecipazione a Percorsi In dolore

Eventi

19 novembre 2008, TrentoTrasmissione televisiva Meeting TCA, ore21.00, dedicata alle malattie reumatiche

21 novembre 2008, TrentoSala corsi della Provincia, via Giusti,Corso di formazione su: Percorso assisten-ziale handicap, organizzato dall’APSS

22 novembre 2008, Trento,Centro Servizi Culturali S. Chiara, ore14.30La Reumatologia incontra i malati reumaticidel TrentinoRelazioni del Direttore e dell’èquipe me-dica e infermieristica dell’Unità Operati-va di Reumatologia dell’Ospedale S.Chiara di Trento

29 novembre 2008, TrentoGiornata delle Associazioni di volon-tariato della Sanità del Trentino presso ilCentro Servizi Volontariato della Provin-cia di Trento, Piazza Leonardo da Vinci

5 dicembre 2008, Ronzone, Sala confe-renze del Municipio, ore 20.30Nell’ambito del ciclo organizzato daiMusei di RonzoneConferenza della dott.ssa Mara Marche-soni: Psiche: l’incontro con la malattia e ildolore

18 dicembre 2008, Sede ATMAR, ore 17Malati e medici insieme per gli Auguri diNatale

14 febbraio 2009, Trento,Centro Servizi Culturali S. ChiaraConvegno dedicato alla Fibromialgia

CORSI ATMAR

I corsi si tengono presso la sede ATMAR,Largo Nazario Sauro 11, Trento

6 ottobre 2008Inizio corso di rilassamento ore 17.00 -18.30

7 ottobre 2008Primo incontro del Progetto Zefiro con lapsicologa Mara MarchesoniGli incontri si svolgono ogni quindicigiorni, di martedì, dalle ore 17.00 alle ore19.00

8 ottobre 2008Inizio corso di educazione al movimento,dedicato ai malati fibromialgici, con la fi-sioterapista Sandra Dalpalùore 16.00 - 17.30

5 novembre 2008Inizia un nuovo corso di educazione almovimento

Il primo mercoledì di ogni mese dalleore 17.30 alle ore 19.30 si riunisce il grup-po di auto-mutuo-aiuto

Per iscriversi ai corsi telefonare al nu-mero: 348 3268464 dal lunedì al venerdìdalle 14 alle 19.

Il giorno 6 novembre 2008, alle 17.30, presso la Sala Rosa della Regione, inpiazza Dante a Trento, avrà luogo la presentazione degli atti del convegno LaRelazione di cura Medico e malato fra Tecnica e nuovo Umanesimo.All’incontro parteciperanno i Relatori del convegno, medici, infermieri, espo-nenti delle Associazioni di Malati, rappresentanti dell’Azienda provinciale peri Servizi Sanitari e delle Istituzioni trentine.La presentazione della pubblicazione, che raccoglie gli interventi del convegno,sarà occasione per ribadire l’importanza del rapporto medico-paziente inun’epoca in cui la medicina è sempre più tecnologizzata e lontana dai bisognidel malato.Chi fosse interessato a ricevere la pubblicazione può partecipare alla presen-tazione, aperta a tutta la cittadinanza, oppure richiedere il volume telefonan-do all’ATMAR o ritirarlo presso la sede dell’Associazione.

LA RELAZIONE DI CURAMedico e malato fra Tecnica e nuovo Umanesimo

ATTI DEL CONVEGNOTrento, 8 marzo 2008

Associazione TrentinaMalati ReumaticiATMAR ONLUS

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