Notiziario dicembre 2013

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Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLIV - N. 09 di dicembre 2013 - In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia notiziario 09 2013 dicembre 03 editoriale Quando usciremo da questo “clima avvelenato”? Antonio Zambonelli 04 cultura Il Centro storico e il museo diffuso, intervista a Mimmo Spadoni Glauco Bertani 23-26 Inserto “Non siamo indifferenti” I commmenti di alcuni partecipanti 29 memoria I giovani e la memoria Barbara Fontanesi Quando la Resistenza è festa 70 anni

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Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLIV - N. 09 di dicembre 2013 - In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.

PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia

notiziario

092013dicembre

03 l© editorialeQuando usciremo da questo “clima avvelenato”?Antonio Zambonelli

04 l© culturaIl Centro storico e il museo diffuso, intervista a Mimmo SpadoniGlauco Bertani

23-26 l© Inserto“Non siamo indifferenti” I commmenti di alcuni partecipanti

29 l© memoriaI giovani e la memoriaBarbara Fontanesi

Quando la Resistenza

è festa

70 anni

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Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70%Periodico del Comitato Provinciale Associazione Na-zionale Partigiani d'Italia di Reggio EmiliaVia Farini, 1 - Reggio Emilia - Tel. 0522 432991C.F. 80010450353e-mail: [email protected]; [email protected] web: www.anpireggioemilia.itProprietario: Giacomo NotariDirettore: Antonio ZambonelliCaporedattore: Glauco BertaniComitato di redazione: Eletta Bertani, Ireo LusuardiCollaboratori: Paolo Attolini (fotografo), Angelo Bariani (fotografo), Massimo Becchi, dott. Giuliano Bedogni, dott. Carlo Menozzi, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini, Anna

Fava, Nicoletta Gemmi, Claudio Ghiretti, Enrico Lelli, Saverio Morselli, Fabrizio Tavernelli

Registrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2-03-1970

Questo numero è stato chiuso in tipografia il 11 novembre 2013 E. Lui Tipografia Reggiolo (RE)Impaginazione e grafica Glauco Bertani

Per sostenere il “Notiziario”:UNICREDIT, piazza del Monte (già Cesare Battisti) - Reggio Emilia IBAN: IT75F0200812834000100280840CCP N. 3482109 intestato a:Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - Comitato Provinciale ANPI

notiziario

sommario

092013dicembre

foto: copertina e quarta di copertina

Adriano Arati

Editoriale

03 Quando usciremo dal “clima avvelenato”?, di A. Zambonelli

Politica04 Il Centro storico, il museo diffuso.

Reggio Emilia negli anni Zero, intervista all’asses-sore Mimmo Spadoni, di G. Bertani

09 “Se non ci fosse Castelnuovo, la montagna sarebbe morta”, intervista a Giacomo Notari, di F. Correggi

11 Reggio Emilia. Nella città delle persone... quando arriva il freddo in tanti sono sulla strada, di G. Napolitano

13 Gaetano Davolio: “Perché sono andato a Roma il 12 ottobre scorso”, di A. Fontanesi

Estero14 Iran, Disinnescata la reazione militare di Israele?,

di B. Bertolaso

Cultura15 Perché Reggio non valorizza il proprio patrimonio

storico del Novecento?, di G. Bertani17 Angoli di Reggio tra Israele e Palestina – Giancarlo Ambrosetti, di a. z.18 Cavriago 1945-1950, quando le bandiere erano

rosse, di A. Zambonelli19 Come mi batte forte il tuo cuore, di F. Ferrarini20 La famiglia Karnowski di Singer, di G. Guidotti21 Quando si leggeva “Il Pioniere”, di B. Grulli22 Arti figurative e memoria dei Cervi, di P. Varesi

23-26 inserto

“Non siamo indifferenti” Fascismo, Resistenza, Costituzione Il Corso di formazione ANPI Reggio Emilia, Un bilancio, di Gemma BigiLe risposte di alcuni partecipanti

Cultura27 Vent’anni di “Sentieri Partigiani” e i 90 anni di

Fernando Cavazzini, di A. Arati29 Il futuro dei nostri giovani cammina con la nostra

memoria, di B. Fontanesi

Memoria

30 69° anniversario della strage di Marzabotto, di N. Orlandi

35 Quel dicembre di 70 anni or sono, tra caccia agli ebrei e fucilazione dei Cervi, di A. Zambonelli

36 Con il libro di Lucia Sarzi alla sala di Liegro a Roma

- Reggiolo ricorda i partigiani Selvino Lanzoni e Luigi Freddi

37 La vita di Nerina Lanzoni, di D. Fontanesi38 Francesco Vegliante Torri, di L. Mazzali39 Corfù e Cefalonia, rinascita della nazione,

di G. Ruggieri40 Ricordato a Poviglio il 70° della scelta post 8

settembre41 Egidio Baraldi, di A. Fontanesi - Tonino Munari, di G. Romani42 Romeo Ferretti, di G. Davolio

38 Lettere

43 Lutti

44 Anniversari

49 I sostenitori

Le rubriche18 Opinion leder, di Fabrizio “Taver” Tavernelli 31 Segnali di Pace, di Saverio Morselli

32 Cittadini-democrazia-potere, di Claudio Ghiretti

33 Primavera silenziosa, di Massimo Becchi

Vent’anni di “Sentieri Partigiani” e i 90 anni di Fernando Toni Cavazzini, di A. Arati, p. 27

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difiche non passino. Ma se malaugura-tamente passeranno (al momento in cui scriviamo continuiamo a sperare che no) dovremo impegnarci a fondo per un Referendum popolare che sconfigga il ri-schio di stravolgimenti della Costituzio-ne, mentre manterremo ferma la richiesta che si facciano – come ribadisce il Pre-sidente Smuraglia -, “quelle riforme che sono ormai mature e che non intaccano i princìpi generali della Costituzione”. A cominciare dal superamento del “bica-meralismo perfetto” e dalla riduzione del numero dei parlamentari.Di fronte alla montante marea di populi-smi e di svolte estremistiche che ancora una volta, come fu nell’Europa del dopo 1929, si inseriscono nella crisi economi-ca e sociale con proposte catastrofiche, l’ANPI sia una presenza che sappia sem-pre meglio intrecciare il valore della Me-moria a quello dell’impegno per mutare lo stato presente delle cose, nell’interesse di milioni di cittadini, giovani in partico-lare, che rischiano di perdere la speranza nel futuro. Crediamo che in questa ne-cessaria e difficile azione si debba avere come bussola la Costituzione repubbli-cana e come metodo il rigoroso rispetto della democrazia.Lo abbiamo scritto già in passato, e men-tre lo ribadiamo in questo spirare del 2013, formuliamo i più fervidi auguri di Buon Natale e di un migliore 2014. Con la tessera dell’ANPI in tasca, magari.

editoriale di Antonio Zambonelli

vivano questi valori non negoziabili”.Il conduttore della trasmissione, forse un po’ imbarazzato, nonostante tutto, ringra-zia la signora e dice che “i suoi sono sug-gerimenti sui quali riflettere”.Anche al sottoscritto è capitato di riflette-re, ripensando ai comportamenti di alcu-ni personaggi del panorama italiano degli ultimi 20 anni, in alcuni dei quali è age-vole identificare l’incarnazione dell’ide-altipo del sepolcro imbiancato.Comunque sia continuiamo a galleggia-re sul mare in burrasca di una crisi, eco-nomica e sociale, dalla quale si tarda ad uscire, anche se da troppo tempo vi siamo entrati.Un Governo ancora sotto ricatto, e sempre dello stesso incredibile perso-naggio, nonostante la “scissione” di cui all’inizio (e nonostante la giudiziaria messa fuori campo del cavaliere), si ag-groviglia alla disperata ricerca di rimedia-re ai danni provocati dalle trovate propa-gandistiche (no all’IMU, “è un impegno preso coi nostri elettori!”, ricordate?) di un alleato-nemico. Nello stesso tempo, quel sofferentre Governo, chiede al Legi-slativo di produrre riforme costituziona-li in deroga all’articolo 138 della Carta. Partita, quella delle riforme costituzionali, e delle preliminari modifiche all’art. 138, ancora tutta da giocare mentre scriviamo in questa tesa vigilia del 10-11 dicembre, quando si dovrà procedere all’ultimo atto delle stesse modifiche.L’ANPI si batte da mesi perché tali mo-

Su tutto continuano ad incombere le problematiche personali del cavaliere, nel cui ruolo carismatico non cessano di credere, nonostante il “doloroso distac-co” anche gli scissionisti (a tempo deter-minato?) capeggiati da Angelino Alfano.Il clima generale rimane dunque ancora “avvelenato”, come lo ha definito il Pre-sidente della Repubblica nel colloquio con Papa Francesco. Definizione per la quale Napolitano ha subìto attacchi sia dal M5S (cioè da sinistra?) che dai falchi della destra (senza punto interrogativo), Bondi e Brunetta in testa.Excusatio non petita... Che, tradotto, sa-rebbe “La prima gallina che canta ha fat-to l’uovo”. A volte anche la seconda. O tutt’e due contemporaneamente. Sul “Resto del Carlino” (13 novembre), giornale certamente non di sinistra, abbia-mo letto in merito un giudizio che ci pare assai equilibrato sulle parole pronunciate sia da Napolitano che dal Papa nel loro incontro: “Entrambi – scrive Marco Sas-sano – nei loro discorsi, hanno insistito sul richiamo al senso morale, nella poli-tica e nella fede. A chi li ha ascoltati con cuore limpido questo è sembrato il signi-ficato più bello e profondo dell’incontro tra questi due grandi vecchi”.Uno dei quali, Papa Francesco, aveva pochi giorni prima, durante la Messa in Santa Marta, stigmatizzato i “sepolcri imbiancati” che conducono una doppia vita, professandosi da un lato paladini della Chiesa e dall’altro non fanno una vita da cristiani. E definiva costoro “cor-rotti”. “Il corrotto é fisso in uno stato di sufficienza – precisava – non sa cosa sia l’umiltà. E un cristiano che si vanta di es-sere cristiano e non fa vita da cristiano, è uno di questi corrotti”.Domenica 27 ottobre u.s., ore 23, càpito su Radio Maria mentre sto per andare a letto. Una certa Carla telefona da Reg-gio Emilia. Ecco alcune delle sue testuali parole: “Sono un’elettrice di Berlusconi. Lui dal ‘93-94 ha portato avanti i valori cattolici, i valori non negoziabili. Adesso ha bisogno di persone attorno a lui che

Quando usciremo dal “clima avvelenato”?

Mentre stendiamo queste note non sappiamo bene, dopo la “scis-sione” del partito di Berlusconi, se e come e per quali obbiettivi so-pravviverà il Governo delle larghe e faticate intese. Se per darci una legge elettorale che renda possibile davvero un nuovo inizio di vita de-mocratica o per produrre riforme costituzionali in deroga all’articolo 138 della Carta. Deroga che sul “Notiziario” abbiamo segnalato come rischiosa fin dallo scorso anno.

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politicaIl Centro storico, il museo diffuso

Reggio Emilia negli anni ZeroIntervista a Mimmo Spadoni, assessore ai Progetti speciali e urbani, Lavori pubblici e Patrimonio del Comune di Reggio Emilia. Nell’intervista si è anche parlato dell’area Nord, dove il 26 ottobre scorso è stato inaugurato il Capannone 19 del Tecnopolo, questa parte pero verrà pubblicata sul prossimo numero del Notiziario.

Siamo seduti di fronte a Mimmo Spa-doni, nel suo ufficio di palazzo Ancini. Il Centro storico di Reggio Emilia in questi anni ha avuto una trasformazione esteti-ca di qualità attacchiamo…Fin dall’inizio, nel 2005, attraverso il piano di valorizzazione della città storica – ci risponde – abbiamo messo in cam-po una serie di opere che lavorasse sul ‘sistema delle piazze’, come lo chiama-vamo allora, sostanzialmente da piazza Fontanesi attraverso i vari collegamen-ti, Via Fornaciari, per fare un esempio, fino a piazza Martiri del 7 luglio e piazza della Vittoria. Il tutto accompagnato da una serie di interventi di riqualificazio-ne e di pedonalizzazione vera non solo di piazza Fontanesi ma anche di piazza Prampolini. Oggi in piazza Fontanesi ab-biamo caffè e attività innovative che si sono estese anche in via del Guazzatoio, che purtroppo non siamo ancora riusciti a riqualificare. Ricordo che verso la fine del primo mandato riuscimmo a mette-re in campo il mercato del contadino in piazza Fontanesi, che ha creato un polo molto significativo, diventando un posto in cui ci si ritrova volentieri. Accanto a questi interventi c’è il tema delle pan-chine che sembra un tema laterale, ma in realtà c’erano amministrazioni che sega-vano via le panchine e a Reggio, in alcu-ne zone, qualche cittadino le voleva far togliere. Noi abbiamo cercato di metterle con l’idea che la qualità della riqualifica-zione non può essere fine se stessa, una semplice operazione estetica, la bellezza

ha un suo valore, ma che fosse un contri-buto per riappriopiarsi dello spazio pub-blico come lo è stato del resto l’incentivo alle distese...

Però c’è una parte della città che è in sofferenza. Facciamo l’esempio di via Emilia San Pietro, la zona dei Teatri e via Roma … “La zona San Pietro, ad esempio, soffre di due questioni. La prima è il tema degli affitti che continuano ad avere dei valori fuori mercato anche in un periodo di crisi come l’attuale. Quando uno deve paga-re 40-50 mila euro solo per tirare su la serranda… erano prezzi di mercato, oggi sono prezzi marginali. La concentrazione di proprietà, il secondo tema, è un proble-ma endemico in Centro storico e di fatto non ne favorisce la dinamicità per cui se la proprietà è vissuta solo come rendita non come fattore, diciamo della produ-zione, è un problema complessivo”. Per affrontare la situazione Spadoni sottolinea gli interventi fatti, il Mercato

di Glauco Bertani

coperto, mentre è in corso la ristruttu-razione della facciata dell’ex tribunale, con l’intento “di portare delle attività in quella zona. Abbiamo riaperto i chiostri di San Pietro, che cerchiamo di tenerli aperti il più possibile in una situazione di restauro non finito ma che ci offre una grande flessibilità rispetto alle attività da fare. C’è questa oggettiva sofferenza, ci sono dei negozi vuoti, degli interventi che erano stati concordati come quello sui cinema ex D’Alberto e Alexander che purtroppo sono al palo...”.

Per motivi economici o per il disinteres-se dei soggetti che si erano impegnati? E’chiaro che c’è il problema di trovare il punto d’incontro tra la richiesta della pro-prietà e ciò che oggi gli operatori econo-mici sono disponibili a pagare in termini di affitti e questo è spesso un ostacolo non sopportabile. Poi, se uno guarda an-che dal punto di vista dell’accessibilità la zona di San Pietro è una delle più acces-sibili: ha tutto il flusso della stazione, del parcheggio della Polveriera, è innervato da una linea di minubu che passa ogni dieci minuti insomma...

C’è anche il problema della sera...Il problema della sera è che in quella zona - ma questo è un problema comples-sivo di tutta la zona nord del Centro sto-rico - ci sono solo delle attività marginali, ma non è un giudizio di valore.

A questo proposito, ma non riguarda direttamente il suo assessorato, però

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politica

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Claudio Ghiretti, capogruppo PD della Prima circoscrizione con la Maramotti ha sollevato la questione [se ne parla in altra parte del giornale] della qualità del commercio in Centro storico...Questo è uno degli obiettivi che occor-rerà porsi – poi siamo ormai a fine legi-slatura, e spetterà, credo, a chi arriverà, sicuramente non a me – è quello di imma-ginare come quella porzione di città che prendendo il lato nord della via Emilia, il quadrante via Roma con la direttrice via Nobili-Spallanzani, per capirci, possa es-sere oggetto di un piano di riqualificazio-ne urbano. Non è che non siano stati fatti interventi in quella zona lì...

Di carattere estetico sì... E’il tema del coinvolgimento dei privati. Io, amministrazione, posso intervenire in piazza Martiri, via Fornaciari, Piazza Fontanesi con interventi e opere pubbli-che, se, però, a causa delle crisi econo-mica, che ha colpito delle aziende come è il caso dell’isolato San Rocco, non mi parte il cantiere dell’ex cinema Ambra o, pensiamo, a interventi come palazzo Bussetti, il Mercato coperto o come via del Carbone, interventi che ammontano a centinaia di milioni di euro, cifre che non si possono più immaginare nei bilan-ci pubblici, senza l’impegno dei privati i Piani [si riferisce al PRUM, Piano di riqualificazione urbano della mobilità, NdR] hanno le gambe corte”. Per l’Assessore la situazione ante crisi non tornerà più, “e da un certo punto di vi-sta forse non è così sbagliato lasciarsi alle spalle l’idea della crescita per la crescita”. Tutttavia anche se la situazione economi-ca potrà migliorare in termini di crescita

di qualità, il “coinvolgimento dei privati è decisivo”. Un piano di riqualificazione urbana del quadrante Nord “deve son-dare fino in fondo le opportunità in una zona in cui ci sono alcune concentrazio-ni di proprietà che sono problematiche rispetto al Centro storico in generale e dall’altro lato invece c’è una frammen-tazione importante. Io ho in mente delle città europee – certo non hanno una stra-tificazione storica e non hanno le dina-miche di conservazione a volte eccessive che noi abbiamo – dove nei centri storici si è ottenuto un mix di qualità tra riquali-ficazione contemporanea e insediamento storico, perché la qualità delle abitazio-ni di quella zona potrebbe essere inte-ressante. Questo, credo potrebbe essere un obiettivo per il futuro perché faceva parte del disegno complessivo chiamato il “Parco dei Teatri”, la Zucchi. Il tema della Zucchi oggi con quel tipo di par-cheggio... tutti sappiamo che non potrà essere così per sempre, dovrà avere delle evoluzioni, sostenibili economicamente. Se uno s’immagina che vi siano atte-state verso i viali delle funzioni legate, magari, ai Teatri, e anche alla residenza quell’area diventa una sorta di piazza-in-terna-funzione: di qua c’è la Cavalleriz-za, l’Università, c’è il Gerra e in mezzo c’è questa piazza-parco, di là ci sono altre funzioni, diventa qualcosa che è centrale, mentre oggi è un retro che ti porta verso la circonvallazione... in modo da creare in una Zucchi riqualificata anche con dei posti auto sottoterra...

Assessore, questo mi dà l’occasione per domandarle perché il parcheggio sot-terraneo in Piazza della Vittoria e non alla Zucchi?

Il progetto complessivo prevedeva una serie di parcheggi non solo alla Zucchi ma anche in piazza della Vittoria, in Lar-go degli Alpini. Sui controviali avevamo messo 27 possibilità di intervento con l’idea che le auto vanno tolte dalla strada il più possibile, che si debba pedonalizza-re il più possibile, però dall’altro lato non si può chiedere ai residenti che già hanno una serie di carichi, che in altre zone non hanno, di sopportarne ulteriori. Ci sono centinaia, migliaia di persone che devo-no stare attente due volte alla settimana dove parcheggiano, perché c’è il merca-to, solo per fare un esempio banale, o per-ché passa una maratona ecc. Dunque, noi abbiamo esplorato tutto questo percorso per cui a regime secondo me la prospet-tiva è ancora valida. Il ragionamento era quello di dire: in quel sistema si creano dei box auto in piazza della Vittoria, per-ché avendo verificato che i residenti non avrebbero acquistato altrove. Quando parlo di PRUM, parlo di coinvolgimento dei privati in interventi di quel tipo lì, ma qualcuno dice: “ma perché non si è fatta la piazza senza farci sotto il parcheggio...

... ma fatelo sotto alla Zucchi...ma i residenti – cosa che noi abbiamo ve-rificato sono sei o sette anni che siamo su questa partita – non avrebbero comprato perché non parcheggia alla Zucchi chi sta in via dell’Aquila o nelle zone adia-centi. Dal punto di vista della fattibilità economica di quell’intervento che porta con sé, come abbiamo detto, il terminal della Zucchi, con la messa in sicurezza dello scambio fra gli autobus, il rifaci-mento della piazza: costo circa 2,5 milio-

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ni di euro, cosa che nei bilanci pubblici per un intervento così non ci saranno più. Questo è il dato. Piazza della Vittoria è il sito per i box privati e speriamo si vada il più possibile verso l’esaurimento attra-verso la vendita con la prospettiva però di una Zucchi riqualificata in termini di “Parco”, con dei volumi contemporanei che si affacciano sul lato nord-ovest della stessa perché diventi centro e non il retro di qualcosa: questo è il disegno. E’ chia-ro che noi andiamo per pezzi. Abbiamo fatto piazza Martiri, perché avevamo un po’ di risorse, realizzeremo attraverso le risorse dei privati anche gli altri interven-ti, ma la prospettiva deve continuare ad essere quella, perché disegna un senso complessivo dei quell’area.

E’ l’idea di una città policentrica... Esatto policentrica che completi un sistema.

Cambio registro. Vorrei parlare di metodo... sì però prima... ecco su via Emilia San Pietro e via Emilia Santo Stefano, la mediazione che non voglio discutere, ma scherzosamente coi commercianti di Corso Garibaldi, ad esempio, continuo a dirglielo ‘secondo me voi quando vi siete opposti alla ZTL in corso Garibaldi in prospettiva avete fatto un errore’. Se-condo me, l’impatto in termini di piace-volezza della passeggiata che non è poi solo per quello che passeggia ma è an-che il cliente che si ferma più volentieri o meno in una zona e non pensi solo di attraversarla...

Tutti questi interventi hanno fatto sì che si costituissero molti comitati di citta-dini, quello che le domando è: in que-sto percorso di formazione dei progetti sembra o meglio può far pensare alla mancata partecipazione dei cittadini all’iter progettuale? E all’assessorato non dover fronteggiare continue pole-miche?Da un lato abbiamo sperimentato dei me-todi partecipativi in alcune situazioni, ma questo non elimina assolutamente la con-flittualità, via Settembrini docet. Io credo anche che tali vicende, l’ultima quella del parcheggio di piazza della Vittoria ma potremmo prendere altre, andrebbero de-

purate da quel tanto di speculazione poli-tica che c’è. Sul sito web del Comune si possono leggere tutti gli atti deliberativi, tutti i comunicati e si capisce bene che la vicenda della Zucchi ha avuto un percor-so trasparente, una storia che non inizia dal 2009 ma molto più indietro. Tuttavia non ha eliminato la conflittualità perché allora avevamo un tavolo di confronto coi commercianti del Centro storico...

D’accordo, però quello che si percepi-sce all’esterno è una certa arroganza dell’Amministrazione comunale, un at-teggiamento poco, diciamo, inclusivo...Il problema è che non si elimina mai la conflittualità e quelli che si oppongo-no inevitabilmente hanno più audience di quelli che sono d’accordo. C’è anche l’esigenza, ma questo io lo riconosco, di un giusto equilibrio tra la realizzazione degli obiettivi e i percorsi da intrapren-dere. E’ chiaro che quando una procedura – prendiamo il parcheggio Zucchi come esempio – dura per tutta una serie di dif-ficoltà reali – che non sono semplici dif-ficoltà burocratiche come qualcuno po-trebbe pensare di trovare su procedimenti complessi – tutti gli equilibri sono frutto di trattative anche estenuanti. L’esigenza sarebbe quella di trovare, quindi, la giu-sta via di mezzo tra la necessità, la volon-tà di realizzare gli obiettivi con quella di mettere in atto tutti i processi necessari per arrivarvi: però se io vado a presen-tare semplicemente il PRUM del Centro storico con una conferenza stampa non fa dibattito e se si presenta un disegno e in base a quel progetto lì si mettono in cam-po gli atti per realizzarlo, non fa dibattito. Nel momento in cui, invece, ci si scontra con una posizione o con l’altra, quello fa dibattito. Io sono andato, ad esempio, a un incontro con il comitato di piazza della Vittoria, dove una mia frase decon-

testualizzata mi ha fatto dire che 3.500 firme non contano niente perché siamo in 170.000. Ma tutti quelli presenti lo pos-sono confermare, il mio ragionamento era diverso: la complessità della scelta in un momento in cui ci sono i silenziosi e gli arrabbiati non è nel dare risposta agli arrabbiati, che sono spesso su posizioni anche contrastanti fra loro, ma trovare una sintesi e nella sintesi uno tiene conto del suo ruolo di amministratore, che è lì per compiere delle scelte che spesso sono scelte che devono tener conto dell’inte-resse generale. E’ chiaro che oggi si fa sempre più fatica a riconoscersi in un in-teresse generale condiviso, e questo è un problema politico.

Memoria storica... io pur lavorando all’ANPI e a Istoreco credo che la me-moria non debba essere una zavorra né tanto meno una nostalgia del tempo passato ma deve essere un’azione posi-tiva sul presente e sul futuro. Mi piace-rebbe che ci fosse leggerezza a trattare la questione. Comunque, secondo me ci sono dei messaggi contraddittori da parte dell’amministrazione. Ricordo ad esempio che il suo assessorato ac-quistò delle mappe storiche curate da Istoreco e questo secondo me dimostra una certa attenzione che avete al tema, ma le chiedo perché non siamo riusciti a mettere insieme memoria storica e pro-mozione della città. Ad esempio i Sen-tieri partigiani di Istoreco, certo sono soprattutto indirizzati all’Appennino, però nel programma è prevista anche la visita alla città – muovono parecchie persone, molti giovani provenienti, in questo caso soprattutto dalla Germania. Recentemente sono stato a Torino dove è attivo il museo diffuso e i diversi luoghi significativi della memoria della guerra e della Resistenza sono uniti con un bus

Palazzo San Francesco

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politicasul quale degli attori raccontano quelle vicende. Le chiedo perché non si può trovare un modo per lavorare insieme? Qual è la questione che può in qualche misura impedire che si sviluppi tale collaborazione?Ci sono alcune esperienze e tentativi come quelli ricordati dei Sentieri Parti-giani, quelle installazioni in plexiglass, però sono episodi. Il fatto è che non c’è solo un tema di competenze, nel senso che tutto il sistema legato al turismo e alla valorizzazione della città deve es-sere, secondo me, complessivamente rivisto, perché la competenza che noi abbiamo in termini del sistema turistico regionale previsto dalla legge è quello dell’informazione. Gestiamo per conto della Regione lo IAT punto e a capo, per-ché la legge è fatta così: ci sono i club di prodotto, quello di Reggio si chiama “Città del Tricolore” che dovrebbe mette-re insieme i privati (esempio gli alberga-tori ecc.) con la parte pubblica e dovrebbe essere lo strumento che crea promozione turistica. Ma è un problema perché l’im-pianto non funziona come dovrebbe, le risorse sono pochissime, quasi tutte dre-nate dalla costa adriatica come dal siste-ma delle terme, e le città sono, diciamo, abbastanza da sole rispetto a questo. Una sfida che sarebbe assolutamente vera an-che perché una città come la nostra che è bella complessivamente ma non ha, ad esempio, una Ghirlandina o un battistero come quello di Parma o non ha un’Arena Verona, avrebbe bisogno di avere, inve-ce, più risorse per mettere in campo tut-ta una serie di cose con i privati, con il privato sociale in particolare proprio per creare dei percorsi di valorizzazione della città. Noi stiamo facendo con le guide tu-ristiche un percorso di maggior collabo-razione rispetto ai gruppi che vengono in città, e, per esempio, questa provocazio-

ne potrebbe essere estesa sui temi di cui stiamo parlando; ed è un ragionamento che potremmo fare anche se siamo agli scampoli di una consigliatura, mettendo insieme quel poco di strutture che ci oc-cupano insieme a tante altre cose.Effettivamente, io ricordo che per un anno o due abbiamo fatto una cosa sul Ghetto nel mese di settembre segnando dove erano i posti dov’era la panetteria ...

Questo è il museo diffuso...E’ il museo diffuso, quindi su questo è un qualcosa su cui, secondo me, dobbiamo provare a ragionare tenendo conto di quel-li che sono i vincoli però anche di maggio-re opportunità perché piaccia o non piac-cia la stazione mediopadana ci garantisce una vicinanza anche maggiore e anche una “competitività” sul fatto di arrivare a Reg-gio occorre offrire anche delle cose parti-colari. Quindi, su questo bisogna passare

da un’attività episodica a una più struttu-rata senz’altro perché sono poi disfide che dobbiamo porci per una collocazione nuo-va anche attraverso il sistema dei trasporti su un’area più vasta.

Uno scorcio di piazza Martiri 7 luglio (foto pagine 5-7 G. Bertani)

Panchine in piazza Casotti, terminal bus all’ex Zucchi, cantiere in via Del Carbone

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dini e in particolare la sua famiglia e ha testimoniato i suoi riconoscimenti a don Pessina e Tito Morselli ricordando i loro sacrifici e il legame con le sue travagliate vicende (conosciuto con il soprannome al Dievel fu tra i protagonisti della Re-sistenza in Emilia. Nel 1947 venne accu-sato ingiustamente dell’omicidio di don Umberto Pessina e scontò dieci anni di carcere. Solo nel 1994 sarà scagionato definitivamente dalla Corte d’Appello di Perugia). Per una volta con l’unanimità del voto da parte di tutte le forze politiche nella sedu-ta consigliare, la Resistenza è parsa dive-nire un momento storico condiviso e di patrimonio comune, sappiamo che però il nostro ruolo, come associazione è di far sì che occasioni come la benemerenza a Nicolini non siano più occasioni rare ma una prassi, un giusto debito verso chi si è sacrificato, per chi ha creduto nella Li-berazione. L’ANPI di Correggio si unisce alla sod-disfazione, all’emozione di Germano e si impegna affinché alla memoria locale sia data il necessario risalto.

Civica benemerenza a Germano Nico-lini. Nel mese di settembre si è svolta, nella sala del Consiglio comunale di Cor-reggio, la cerimonia per il conferimento della pubblica benemerenza a Germano Nicolini (il partigiano Diavolo). La motivazione, con consegna di targa e medaglia, viene così riportata dall’ammi-nistrazione comunale: Per l’importante contributo dato alla Resistenza reggiana, per l’attaccamen-to dimostrato alla nostra città, mai

Civica benemerenza a Germano Nicolini

di Fabrizio Tavernelli

Correggio

abbandonata anche nei momenti dif-ficili, e per l’impegno civile che lo ha contraddistinto e lo contraddistingue tuttora. Il documento era già stato approvato all’unanimità dal Consiglio comunale nel maggio scorso. Tanta è stata la soddisfa-zione di Nicolini che commosso ha ricor-dato nel suo intervento lo stesso luogo, il municipio in cui fu sindaco. Nicolini ha ricordato i tempi difficili, la guerra disastrosa, gli odi e i rancori, i lut-ti e un futuro che appariva complesso e incerto. Germano ha puntualizzato, come in quei giorni i partiti riuscirono a trovare una comune intesa per dare vita alla ad una Costituzione che ancora oggi rivela la sua modernità. Questo accadde nel paese così come nella sua Correggio. Come sempre con lucidi-tà, il Diavolo ha trovato punti di contatto con il presente e come spesso accade, tro-va sempre nuovi motivi per attualizzare le sue esperienze, i suoi racconti. Tutto questo con un’arte oratoria e un tra-sporto che riesce a coinvolgere le nuove generazioni e i nuovi antifascisti vicini all’ANPI. Germano ha poi ringraziato i concitta-

Germano Nicolini riceve dal sindaco di Cor-reggio Marzio Iotti la civica benemerenza

Continua l’attenzione dell’ANPI di Reggio Emilia per la scuola d’infanzia, frutto anche della pluriennale raccolta fondi della nostra associazione, di Seilat al Daher, cittadina palestinese a nord di Gerusalemme.I “nostri nipotini”, come li definisce Giacomo Notari, sono ora ben 140, e lo spazio in cui vengono accolti si è fatto insufficiente. Per questo, come si vede da questa foto scattata in ottobre scorso dal dott. Meinero (che da alcuni anni presta servizio volontario come medico nei ter-ritori palestinesi) sono in corso lavori di innalzamento dell’edificio. Sotto al porti-chetto si intravvedono due targhe. Quel-la più piccola, sulla destra, reca il logo dell’ANPI di Reggio Emilia ed il nome di Giuseppe Carretti, Dario, al quale la scuola stessa è dedicata.

Cresce la scuola “Giuseppe Carretti” di Seilat al Daher

intermezzo

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politica

Giacomo Notari e Nello Orlandi allo Sparavalle

Cosa pensa di questa riforma istituzio-nale che vede sciogliersi le Comunità Montane a favore di altre forme associa-tive per i comuni, tenendo anche conto di altri grossi cambiamenti in vista, come l’abolizione delle province?Fin dall’inizio di questo percorso, mi sono opposto ferocemente allo sciogli-mento della Comunità Montana. Lo riten-go un grosso danno al territorio e al suo sviluppo. Pensiamo ai risultati che la Co-munità Montana è riuscita a portare negli anni in cui ha operato più attivamente, in un periodo che è stato molto benefico per la montagna: l’area industriale di Fora di Cavola, la discarica comprensoriale di Carpineti, l’estensione della rete del gas metano ad uso delle aziende produttive, artigianali e civili, l’insediamento delle aree artigianali in quasi tutti i comuni favorendo così lo sviluppo economico e l’occupazione, gli interventi sugli ac-quedotti rurali e le strade interpoderali, la selezione e l’accentramento delle lat-terie diminuendo i costi di produzione del parmigiano reggiano e migliorando la produttività. A un certo punto però le Co-munità montane sono state svuotate delle loro competenze, passate man mano alle Province o ai consorzi di bonifica, e già allora la possibilità di investire e incidere sullo sviluppo è venuta a mancare. E ora abolendo le Province cosa succederà? Pensiamo che ci siano dei risparmi veri to-gliendo un presidente o una giunta? O verranno a mancare la progettualità e gli inve-stimenti sul territorio?

Giacomo Notari: “Se non ci fosse Castelnovo la montagna sarebbe morta”

di Francesca Correggi

A seguito del riordino territoriale messo in atto nella nostra Regione, con l’entrata in vigore della Legge regionale 21 del 2012, anche la Comunità montana dell’Appennino reggiano chiuderà per lasciare il passo alle Unioni dei comuni. Sul crinale l’Unione dei comuni dell’Alto appennino reggiano è attiva già dal 1999. E mentre più “in basso” ne sta nascendo una nuova tra i comuni di Carpineti, Casina, Castelnovo ne’ Monti e Vetto, il referendum per la fusione dei comuni di Villa Minozzo e Toano fallisce per mancato raggiungimen-to del quorum. Grandi cambiamenti in vista per l’assetto istituzionale del territorio appenninico, sui quali abbiamo raccolto alcune considerazioni da parte del Presidente dell’ANPI di Reggio Emilia, il montanaro Giacomo Notari, già consigliere comunale a Busana, assessore provinciale ai trasporti e al personale, sindaco di Ligonchio e assessore all’agricoltura della Comunità Montana. In una chiacchierata tra la politica e la passione per la montagna.

Ora che la Comunità montana è supera-ta, si passa a nuove forme associative e a ipotesi di fusione di comuni...Ora, la prima cosa da fare sarebbe muo-versi verso un progetto comune che non sia contro qualcuno, ma che abbia una visione complessiva dei problemi della montagna, che nessuna piccola unione o nessun comune da solo potrà risolve-re. Intanto, giudico positivo il fatto che i quattro comuni di Busana, dove io vivo, Collagna, Ligonchio e Ramiseto, abbiano

da tempo iniziato a ragionare insieme e si pongano in un rapporto costruttivo nei confronti di Castelnovo ne’ Monti, un centro che raccoglie i più importanti ser-vizi (il polo scolastico, l’ospedale, molti esercizi commerciali, la fiera di San Mi-chele, il cinema teatro) e senza il quale gli altri comuni farebbero fatica, da soli, ad andare avanti. Quindi, in questo ridi-segno istituzionale, rimanere agganciati a Castelnovo ne’ Monti è importante e strategico per tutti. Se non ci fosse Caste-lnovo, la montagna sarebbe morta.

Al di là della nascita delle unioni, cosa si può dire dell’ipotesi di fusione di alcuni comuni?La fusione di comuni può essere positiva, ma va sempre affrontata con uno sguardo d’insieme, sul territorio nel suo comples-so. Alcuni comuni si possono fondere, ma poi non possono pensare di rimanere per proprio conto. Una visione globale della montagna è imprescindibile e una unione di comuni unica sarebbe forse sta-ta la soluzione migliore. Probabilmente ci si arriverà per gradi, ma ci si arriverà, poiché la frammentazione non può porta-re da nessuna parte.

E tornando ai comuni del crinale? Alla fine degli anni ’90, sono stati tra i primi in Italia a costituire un’unione. Come vedi il loro futuro? Sono comuni che hanno caratteristiche si-mili: possiedono le cime più alte, una na-tura di straordinaria bellezza, tre valichi che conducono in Liguria e in Toscana, neve, acqua in abbondanza, tutte risorse che costituiscono un potenziale da utiliz-zare anche economicamente. Questi co-

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Giannetto Magnanini ha compiuto 90 anni

muni hanno tentato di guardare insieme alle potenzialità del loro territorio, cer-cando di combattere insieme i problemi, primo fra tutto quello dell’emorragia di popolazione. Insieme alle difficoltà, vedo ancora oggi delle possibilità che potreb-bero essere sfruttate, dal turismo all’in-novazione nel settore agricolo all’alleva-

mento, e a un miglioramento nelle vie di comunicazione. Teniamo conto del fatto che in questa zona passa una strada stata-le che potrebbe essere molto migliorata. Ci sono, poi, troppi ettari di terre incolte sulle quali si potrebbe investire e impie-gare persone, anche tanti stranieri, perché no. Sono tutti ragionamenti che abbiamo

già fatto e su cui andrebbero sviluppati ulteriori approfondimenti, tuttavia vedo una situazione molto complessa, ma che è anche semplice insieme. Le opportunità ci sono, speriamo che a seguito di questa riforma arrivino davvero i finanziamen-ti di cui si parla e un nuovo slancio per guardare verso il futuro.

Operaio alla Lombardini, partigiano della 76a Brigata SAP, dopo la guerra Giannetto Magnanini diventa dirigente prima della FGCI e poi del PCI reggiano.Nel 1970 è eletto nel Consiglio regionale dell’Emilia Romagna e viene nominato Presidente della Commissione sanità e sicurezza sociale della Regione.Assume poi la carica di Presidente dell’ACT e una volta in pensione accetta la carica di Presidente di Istoreco che ri-coprira per due mandati.Giannetto ha sempre amato raccontare la

storia. Tra i tanti titoli menzioniamo Ri-cordi di un comunista emiliano, Vicolo dei Servi, Dopo la Liberazione e l’ultimo I comunisti reggiani negli anni Sessanta. Dopo la morte della moglie si è trasferito a Martellago, in provincia di Venezia, per essere vicino alla figlia. Ma Reggio non la dimentica perché ogni estate ritorna nella sua amata Marola a trascorre le va-canze e rivedere i vecchi amici. Il comune di Martellago lo ha festeggia-to, insieme all’ANPI provinciale e comu-nale, come si vede dalle foto.

L’ANPI della Provincia di Venezia e della Sezione di Martellagoformulano i migliori Auguri a

Giannetto MAGNANINIper il suo 90° compleanno

ed esprimono profonda gratitudine per il contributo dato

per un’Italia libera e democratica.Il Presidente ANPI Provincia di Venezia

Diego A. ColloviniIl Presidente ANPI Sezione di Martellago

Cosimo Moretti

Il 5 ottobre scorso nella sala consiliare del Municipio di Martellago (VE) l’ANPI di Martellago, in collaborazione con l’ANPI provinciale di Ve-nezia, ha festeggiato i 90 anni del suo iscritto, Giannetto Ma-gnanini, che, per l’occasione si è presentato con il fazzolet-to da partigiano al collo. Alla cerimonia erano presenti una trentina di iscritti all’ANPI. Alla cerimonia ha voluto par-tecipare il sindaco di Martella-go, prof.ssa Monica Barbiero (nella foto con Giannetto).

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A Reggio Emilia, il 21 settembre 2013, un corteo cittadino dal nome LA STRA-DA NON E’ UNA CASA (su precarietà e marginalità non si costruisce il futu-ro), attraversa la città, fino a raggiungere piazza dei Martiri del 7 luglio, proprio nella città delle persone. Vi aderiscono, tra associazioni, mo-vimenti, sindacati di base, comitati, cooperative, circa trenta sigle, dall’as-sociazione PARTECIPAZIONE, a PAS-SAPAROLA, G.A.3, MONDOATTIVO, COLLETTIVO R60, GIOVANI A REG-GIO EMILIA CONTRO LE MAFIE, COMITATO PROVINCIALE ACQUA BENE COMUNE, FEDERCONSU-MATORI, FAI, CITTA’ MIGRANTE, la cooperativa MAG6, ZONACIVICA, l’AQ16, AMNESTY INTERNATIO-NAL, EMERGENCY, CUB, PARTIGIA-NI URBANI, CASA CANTONIERA AUTOGESTITA, GIOVANI MUSUL-MANI d’ITALIA, POLLICINO GNUS, COMITATO NO PARCHEGGIO IN PIAZZA DELLA VITTORIA, e tante al-tre. Ciò che ha spinto tante realtà diverse a mobilitarsi è stata la presa di coscienza del fatto che, nonostante l’alto e sempre in aumento numero di persone in emer-genza abitativa o senzatetto a Reggio Emilia – realtà che spesso sfugge alle sta-tistiche ufficiali – la città non è ancora in grado di dare risposte adeguate. Esisto-no strutture di accoglienza, come quelle gestite da Caritas, Papa Giovanni XXII e Dimora di Abramo, le quali si aggiun-gono a quelle parrocchie che mettono a disposizione i loro spazi e ad alcuni pri-vati, ma a quanto pare questo non basta più: la crisi ha stravolto inesorabilmente le previsioni ufficiali, e la mancanza di un piano comunale strutturato di contrasto all’emergenza abitativa produce conse-guenze sempre più drammatiche. La re-altà dei fatti ha smantellato il preconcetto secondo cui i senzatetto sono esclusiva-mente immigrati o persone con problemi “di adattabilità sociale”: basta andare in stazione dei treni dopo le 21.00, nei sot-toscala di sempre più numerosi condo-mini, nell’area delle ex Reggiane, negli scarichi merci dei supermercati o nelle case abbandonate, per rendersene conto. Un altro luogo emblematico sono i par-

cheggi... dove, già da tempo, si vedono uomini e donne dormire in auto o – i più fortunati – nei camper. Moltissimi sono italiani – non che faccia alcuna differen-za la provenienza geografica, quando si tratta di diritti umani, ma occorre sfatare il pregiudizio a cui si faceva riferimento: chi ha perso il lavoro, chi è fallito, esodati senza casa, padri separati. Non si può più far finta di niente, que-sto tipo di emergenza ormai è parte della città “dei record”. Per contrastare questa emergenza umanitaria è nato, nell’apri-le 2013, il coordinamento LA STRADA NON E’ UNA CASA, a seguito di un impegno – fatto di volontariato, azioni di sensibilizzazione della cittadinanza e mobilitazione per far attivare le istituzio-ni – in atto già da due anni.

politica

Nell’inverno del 2011, a fronte delle temperature record e della mancanza di strutture sufficienti, alcuni volontari di associazioni e collettivi si sono adoperati affiancando i soggetti istituzionali: sono state messe a disposizione, per l’acco-glienza, Casa Bettola (Casa cantoniera autogestita), la sede di Rifondazione co-munista e un condominio di un privato, con l’obiettivo di dare un tetto alle decine e decine di persone che non erano riuscite ad entrare nei dormitori del circuito Ca-ritas o in quello allestito in emergenza sotto allo stadio Mirabello – per volontà principalmente dell’assessore al Welfare Matteo Sassi e gestito dal Centro sociale Papa Giovanni XXIII. La speranza col-lettiva era che, dopo l’esperienza di quel primo inverno, il Comune mettesse in es-sere un piano strutturato ed efficace. Tut-tavia, anche l’inverno successivo, quello del 2012 -2013, ha visto un piano freddo improntato esclusivamente all’emergen-za, senza prospettiva a medio – lungo termine, nonostante alcuni miglioramenti rispetto all’anno precedente quali l’aper-tura del dormitorio di “Villa Rossi” – struttura di proprietà dell’ASL di Reggio Emilia, data in concessione d’uso al Co-mune e gestita dalla PGXXIII attraverso una convenzione con Caritas. A Villa Rossi, i volontari dell’associazione cultu-rale Partecipazione, del gruppo Rahamim volontari di misericordia e alcuni privati cittadini hanno lavorato senza sosta per tutta la durata dei quattro mesi canonici dell’emergenza freddo – dal 1° dicembre 2012 al 31 marzo 2013. Quando i quattro mesi sono finiti, il freddo era ancora mol-to forte, e le decine di ospiti si avviavano al loro destino di dover dormire in strada. A gran voce i volontari di Villa Rossi, a cui si sono aggiunti altre associazioni, movimenti e collettivi, si sono mobilitati per il prolungamento dell’apertura della struttura. La risposta da parte delle isti-tuzioni è stata incongruente: la struttura è stata mantenuta aperta solo per altri pochi giorni. Quell’inverno è accaduto anche un fatto gravissimo: un giovane marocchino ospite della struttura è stato ucciso da un estraneo ubriaco, entrato nel dormitorio in stato estremamente altera-to. Prima della chiusura di Villa Rossi è

Reggio Emilia

di Giuseppe Napolitano

Nella Città delle persone... quando arriva il freddo in tanti sono sulla strada

Per donare vestiti, per info o per accedere al servizio telefonare al n. 3274237046 o visita-re il sito www.partecipazione.eu

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gli organismi amministrativi della città diano una adeguata risposta, non a chi si mobilita nell’opera di volontariato e sen-sibilizzazione, ma alle ormai centinaia di persone che vivono in questa condizione estrema. Una risposta che renda questa città veramente la città delle persone... TUTTE.

stata organizzata dall’associazione Par-tecipazione e dal Centro sociale Papa Giovanni XXIII una mostra fotografica di impatto, dal nome REGGIO EMILIA, L’ALTRA CITTA’ DEL TRICOLORE. La mostra è stata allestita all’interno del-la struttura, completa di installazioni che ricostruivano i giacigli e le baracche di cartone in cui dormono i senzatetto, chei il visitatore era obbligato a scavalcare. Di questa mostra c’è stata una buona ri-sonanza sui media, ma tutto si è ferma-to lì, nonostante le promesse di interes-samento da parte di alcuni politici che hanno visitato la mostra. L’indignazione aumentava e l’opera di sensibilizzazione e la mobilitazione hanno continuato pres-santi sui social network, attraverso dibat-titi, sit-in, interviste, testimonianze, stri-scioni esposti al palazzo comunale e in occasione dell’inaugurazione della Foto-grafia europea. Sono state anche raccolte oltre un migliaio di firme, affinché gli organi preposti si adoperassero per apri-re strutture per accogliere i senzatetto. Dalla sua “costituzione” il coordinamen-to LA STRADA NON E’ UNA CASA è cresciuto come adesioni, compiendo una costante opera di sensibilizzazione e ope-

rando direttamente sul campo per aiutare chiunque fosse in difficoltà, chiedendo al Comune di Reggio Emilia non solo assi-stenza emergenziale, ma strutture aperte tutto l’anno e una strategia di percorsi che portino all’inserimento lavorativo, nonché la possibilità di adibire a strutture di accoglienza alcuni dei numerosi im-mobili inutilizzati sul territorio e il bloc-co degli sfratti e dei pignoramenti alle famiglie e ai singoli che, perso il lavoro, non sono più in grado di pagare l’affitto o il mutuo. La battaglia contro questa emergenza non è ancora finita, tanto è vero che l’asso-ciazione Partecipazione, con la collabo-razione di alcune altre realtà del coor-dinamento, ha aperto in via Due Canali un centro di ascolto solidale con annesso un guardaroba per distribuire vestiario e cercare di orientare chi si trova in diffi-coltà ai servizi esistenti, mettendo anche a disposizione le competenze e le profes-sionalità di quanti si stanno spendendo, a titolo volontario, per la causa. Quest’anno il freddo tarda a farsi sentire, dando un po’ di sollievo a chi dorme per strada, ma presto arriverà implacabile: ci si aspetta, dopo questo percorso, che

Tra luglio e ottobre scorsi Giovanni Mariotti, noto anche per i sonetti roma-neschi di cui è autore, alcuni pubblica-ti sul nostro periodico, è stato gratifi-cato da due prestigiosi riconoscimenti relativi al suo impegno nei campi della storia e della memoria.In luglio il Capo dell’Ufficio veterani di guerra della Polonia gli ha inviato una lettera di gratitudine “per la divul-gazione e promozione della storia del-la Polonia, ed in particolare di quegli aspetti legati alla nascita dell’Inno na-zionale polacco”, come noto composto a Reggio nel 1797 da Jòsef WybickiIn ottobre ha ricevuto , dall’Associa-zione nazionale veterani e reduci gari-baldini, il conferimento della Stella al Merito Garibaldino per la fedeltà agli ideali della tradizione Garibaldina”.Ci congratuliamo vivamente con l’amico Mariotti.

Riconoscimento al nostro amico Giovanni Mariotti Reggiano de Roma

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politicaGaetano Davolio:

“Perché sono andato a Roma il 12 ottobre scorso”

Tano ed io ci siamo incontrati nell’uf-ficio in uso all’ANPI alla Camera del la-voro di Campagnola, un giovedì di fine ottobre, Tano è il soprannome con cui da sempre tutti conoscono Gaetano Davo-lio, già sindaco di Campagnola e parti-giano. L’occasione dell’intervista che sto sviluppando per conoscere e raccontare la sua storia di partigiano, si è rivelata interessante anche per fare alcune con-siderazioni sul presente. In particolare Tano ha voluto esternare il suo pensiero in merito alla manifestazione del 12 otto-bre a Roma per la difesa della Costituzio-ne e che tanto ha fatto discutere in seno alla nostra associazione, di cui Tano ha ricoperto il ruolo di presidente della lo-cale sezione di Campagnola ed oggi è co-munque voce sempre lungimirante e mai banale. Ecco cos’ha raccontato in propo-sito per il nostro “Notiziario”: Innanzitutto l’adesione da parte dell’AN-PI alla manifestazione del 12 ottobre a Piazza del Popolo, ad una manifestazione per la difesa della Costituzione, a me è parsa fin da subito una cosa scontata. Al di là di quelle che sono state le motiva-zioni portate dai nostri dirigenti nazionali per non aderirvi, motivazioni rispettabi-lissime e giuste o non giuste che siano e sulle quali non entro nei meriti del torto o della ragione, poiché ritengo che alla luce di quella che è la realtà attuale, dove dopo 70 anni non solo la Costituzione non è stata messa in pratica, ma viene ormai quotidianamente disattesa, sono convin-to che essere in piazza per la sua difesa, sarebbe stato molto importante. Insieme a Zagrebelsky, a Landini, a Rodotà e don Ciotti, personaggi credo di provata e indiscussa statura morale, insieme a tanti soggetti e associazioni diversi, tra i quali anche i partiti della sinistra, per me quello era il luogo quasi naturale nel qua-le l’ANPI non poteva mancare. E allora quando ho saputo di questa manifestazio-ne e dopo una serie di polemiche che ne hanno fatto da contorno, il mio pensiero è subito andato a tutti quei compagni che hanno lottato insieme a me nella Resi-stenza e che oggi non ci sono più. Ho pensato al povero Pierino Bellesia, morto all’alba della Liberazione, ecco, io do-

di Alessandro Fontanesi

vevo essere a Roma per loro, perché an-che tutti loro oggi, penso avrebbero fatto altrettanto. Io ho 87 anni forse questa è l’ultima manifestazione a cui potrò par-tecipare, ho la fortuna di una salute che ancora mi assiste e così ho fatto presente a mia moglie ed ai miei figli che la mia intenzione era quella di andare a Roma. Non potendomelo negare, i miei figli si sono resi disponibili ad accompagnarmi e così ha fatto mia figlia, che insieme a me è venuta in treno. E mi ha fatto piace-re, una volta giunto a Roma, vedere che c’erano tanti vecchi come il sottoscritto, alcuni reggersi a fatica sul loro bastone, evidentemente animati dalla medesima volontà di partecipare ad una manifesta-zione tanto importante. Fino a quando c’è il tentativo di non ri-spettare la Costituzione, fino a quando c’è il tentativo, spesso riuscito, di violare la Costituzione e i suoi articoli, penso ad esempio alle spese militari per la guerra in Afganistan o a quelle per l’acquisto per gli ormai e purtroppo celebri bombar-dieri da guerra F35, mentre la nostra Co-stituzione nel suo articolo 11 ‘ripudia’ la guerra; e fino a quando ci sono forze po-litiche che non rispettano la Costituzione repubblicana, che è nostra, dei cittadini, del popolo ed è basata sul bisogno e sul diritto, fino a quando tutto questo non è rispettato e non è applicato in modo com-piuto, credo che i valori dell’antifascismo che sono alla base della Costituzione, quanto mai attuali e validissimi, debbano essere difesi da chiunque voglia stravol-

gerli. Noi veniamo da quella storia, cioè da tutto quello che ci ha portati al rag-giungimento della nostra Costituzione, cioè dalla Resistenza e pertanto è nostro naturale dovere batterci per il suo rispetto e la sua attuazione, in tutte le circostanze che si presentano per poterlo fare. Del resto anche Calamandrei diceva che per sapere dov’è nata e dove è stata scritta la Costituzione bisogna andare nei luoghi dove sono morti i partigiani e aveva ra-gione, perchè è lì che tutto inizia e quindi la Repubblica, la democrazia e la libertà. Per cui se i valori della nostra convivenza civile prendono corpo dalla Lotta di Li-berazione, allora noi dobbiamo rispettare quei principi per i quali i nostri compagni sono caduti e hanno sacrificato la loro stessa vita, per noi e per la libertà di tutti. Pertanto non possiamo tirarci indietro, per ragioni se vogliamo anche futili, dal rispettare e difendere quell’insieme di va-lori che sono alla base della Costituzione e lo dobbiamo fare sempre, anche quando una manifestazione può non convincerci, senza però farne un momento di divisio-ne, soprattutto se il suo intento è di fatto la difesa ed il rispetto di ciò che è stata la nostra storia, perchè la Costituzione è sia il nostro passato, il nostro presente e soprattutto il nostro futuro, allora noi non possiamo mancare.

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di Bruno Bertolaso

Disinnescata la reazione Iranmilitare di Israele?

estero

A spegnere o a ridurre gli entusiasmi di quella parte del popolo iraniano che nell’estate del 2009 era sceso in piazza a protestare contro i brogli elettorali che avevano tolto ogni legittimità alla elezio-ne di Mahmud Ahmadinejad e che festeg-giava oggi la vittoria del moderato Has-san Rohani ci ha pensato Netanyahu che ha messo in guardia l’Occidente dal non lasciarsi ingannare da Theheran, malgra-do il positivo esito dei negoziati con il Gruppo 5+1 di Ginevra, giudicando Ro-hani non in grado di cambiare la politica iraniana.La provvisoria chiusura degli arsenali militari di Tel Aviv, è stata abbinata ad una assai parziale riduzione delle sanzio-ni nei riguardi dell’Iran, oggi chiamato con particolare insistenza ad intervenire nei riguardi della Siria col fine di far ces-sare il bagno di sangue colà in corso.Lo scambio di missive e telefonate avuto con Obama, nel contesto della soluzione diplomatica per il controllo delle armi chimiche di Assad, ha dato una prima spinta per aprire nuovi positivi approcci fra i due Paesi per la ricerca di una so-luzione della questione nucleare, trattata anche con Hollande e Letta negli incon-tri, tenutisi all’ONU.Rohani si troverà, quindi, a riaffronta-re il medesimo dossier nucleare che lo aveva visto coinvolto nel 2003, quando nella sua qualità di rappresentante del presidente Khatami aveva condotto tutti i negoziati con gli USA, in qualità di capo del dossier nucleare e del relativo arric-chimento dell’uranio in atto nel Paese.Hossein Mousavian un ex-negoziatore del dossier nucleare, stretto collaboratore di Rohani ha rotto il silenzio del governo, incitando l’Occidente a ridare all’Iran il rispetto che si merita, esigendo un seve-ro controllo sull’arricchimento dell’ura-nio in atto oggi in Iran, quale base di un ragionevole e condivisibile accordo per una normale ripartenza dei reciprochi rapporti.Nel medesimo giorno della sua elezione Rohani ha dichiarato al popolo festante, che lo circondava che era un grande pia-cere rivedere di nuovo il sole della ragio-

ne che splendeva sull’Iran. Per il nuovo presidente il buio della “non ragione” erano stati gli otto anni di populismo e di provocazioni verso il mondo di Ahmadi-nehiad che avevo provocato l’isolamento dell’Iran dal resto del mondo.Con la domanda che si pongono oggi i commentatori politici più vicini al popo-lo, si tenta di capire che cosa potrà cam-biare in Iran con Rohani, mentre si spera vivamente che il neo eletto sappia usare con estrema intelligenza la chiave ideale, chiesta agli elettori ed avuta dagli stessi per consentire al presidente di aprire le porte entro le quali era rinchiuso il Paese.Per l’apertura molto dipende dall’Occi-dente. “Non lasciate solo Rohani” è la raccomandazione che gli ambasciatori iraniani rivolgono all’Europa, in modo che non si abbia a ripetere quanto suc-cesso con l’ex-presidente Khatani, quan-do questi aveva teso, senza successo, la mano all’Occidente.Allora gli Stati Uniti si erano voltati dall’altra parte, nel momento in cui, dopo la caduta di Bagdad, George Bush spe-rava che Teheran avrebbe seguito l’Iraq nella medesima caduta.Era stato proprio Rohani ad accetta-re allora di sospendere l’arricchimento dell’uranio e di sottoscrivere il protocollo straordinario, che consentiva agli ispetto-ri dell’ONU di visitare i siti atomici sen-za preavviso.

Molti parlamentari americani hanno sol-lecitato ed invitato Obama ad agire con rapidità e flessibilità onde evitare di ri-petere gli errori del passato, con i quali si era dato nuovo potere ai fondamentali-sti iraniani, i quali si oppongono, ancora oggi, ad ogni compromesso sul nucleare.Nel caso in cui gli USA non concedes-sero a Rhoani quello spazio politico, che gli consenta di agire conseguentemente, il neoeletto presidente si troverà a per-correre uno strettissimo cammino, disat-tendendo le aspettative dei riformatori che lo hanno votato e delle masse popo-lari che si attendono miglioramenti della situazione economica. I falchi si sono già mossi, avviando una campagna sul web, con la quale gli aya-tollah cominciano a chiedergli conto di quale significato intenda dare alla parola “moderazione”, che è stata il suo slogan elettorale. Rhoani è un uomo che è sempre stato al centro politico della Repubblica islami-ca, per lui moderazione vuol dire spinta verso il centro, escludendo quindi ogni forma di estremismo, lontano dallo spa-ventoso spettro siriano e dalla riapertura degli arsenali di Israele, colmi di arma-menti nucleari. Arsenali che gli accordi di Ginevra del 24 novembre tra Iran e i rappresentanti delle potenze 5+1 manterranno ancora chiusi, malgrado il forte dispiacere di Netanyahu.

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culturaPerché Reggio

non valorizza il proprio patrimonio storico del Novecento?

E se fosse anche una risorsa economica?di Glauco Bertani

Era l’alba buia e piovosa, del 5 ottobre scorso, quando chi scrive saliva, con un pizzico di sonno non tanto velato, sul pullman che, insieme ad un gruppo di iscritti dello SPI della 5a lega di Reggio Emilia, lo avrebbe portato a Torino, sui luoghi della memoria della Resistenza. Un viaggio di gemellaggio con lo SPI di Torino. Il sottoscritto viaggiava per conto di Istoreco.Anticipo la domanda che mi sarebbe sorta alla fine del viaggio e la rivolgo ad Antonio Zambonelli, da una vita custode dinamico della memoria della Resistenza prima presso l’Istituto storico e ora im-pegnato sul fronte ANPI come direttore della rivista che state sfogliando.Direttore, come mai a Reggio non c’è ancora un museo della Resistenza, e i luoghi di memoria neppure segnalati? Eppure Reggio è medaglia d’oro della Resistenza come Torino?

Torino, sacrario del Martinetto

«Un museo della Resistenza un tempo c’era, ed aveva sede presso i Musei ci-vici, nella sala oltre il lungo corridoio della Gliptoteca. Fu smantellato qualche decennio fa per far posto ad altri mate-riali. Cimeli, foto, documenti, bandiere, che erano esposti in quel Museo, sono da allora immagazzinati da qualche par-te. Alcuni oggetti mi risulta siano anche conservati in ISTORECO.Quando fu allestito, nella Residenza mu-nicipale, il Museo del Tricolore, come Istoreco proponemmo, ma senza suc-cesso, che la bella documentazione sul Primo Risorgimento avesse un seguito con le vicende della Resistenza, o Secon-do Risorgimento che dir si voglia. Sono anni che persone e gruppi che vengono in visita a Reggio “Città Medaglia d’Oro per la Resistenza”, manifestano stupore constatando l’assenza di un luogo in cui antifascismo e lotta di liberazione siano

documentati in permanenza. D’altra par-te anche i “luoghi di memoria” non sono in alcun modo segnalati con targhe ade-guate: penso a Villa Cucchi, al Carcere “dei Servi”, alle stesse ex carceri di San Tommaso…Nelle città e nei paesi della Francia ci si imbatte spesso in targhe o piccole lapidi poste sui muri di case in cui abitarono o nacquero caduti partigiani, o sterminati nei campi nazisti: “mort pour la France”, vi si legge, o “fusillé au Mont Valerien”, “Mort à Auschwitz”… Più in generale tutta la storia del Novecento non è “leg-gibile”, come invece dovrebbe, cammi-nando per le vie cittadine. Quanti sanno, per esempio, che il Palazzo Ancini, dove siamo ospitati anche noi come ANPI, fu sede della Camera del lavoro (e subì due violenti assalti fascisti) fino al 1923?». La riposta è facile, quindi la elidiamo.Probabilmente c’è anche un equivoco.

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In una terra in cui la Resistenza si con-siderava un prodotto locale doc come il lambrusco e il formaggio grana se non addirittura un gene del DNA del reggiano, si dava, e si dà, quindi come fatto acquisi-to una volta per sempre. Però, però c’è un problema nuovo, oltre al tempo che passa che allontana quegli avvenimenti dal pre-sente e che modifica gli ambiti familia-ri a cui probabilmente ci si affidava per la “trasmissione” di quella memoria. Ci siamo scordati colpevolemente dello spa-zio pubblico a cui affidare l’ereditarietà ambientale che si sta sfilacciando per le nuove generazioni ed è probabilmente un mistero per i nuovi venuti. E l’equivoco sta in questo: parlare di Resistenza scri-vendola sui muri della città equivarrebbe, per qualcuno, a uno stato dello spirito che corrisponderebbe alla nostalgia. In realtà la memoria non è solo un’occasione di formazione permanente alla democrazia ma una risorsa anche economica. Il museo diffuso – cioè un luogo fisico che ospita la memoria e le strade e i pa-lazzi della città che raccontano la loro sto-ria – come quello costruito a Torino può creare domanda di turismo. Un turismo culturale che, come i Sentieri partigiani di Istoreco, può muovere decine e decine di persone soprattutto anche dall’estero. Con i Sentieri, ad esempio, si cammina fra i monti e poi si scende al piano, in cit-tà. La Resistenza è l’occasione, quindi, per far conoscere la città nel Novecento nei suoi diversi aspetti attraverso formule non scontate. Il museo diffuso di Torino è un museo multimediale in cui sono confluite in for-mato digitale testimonianze video e la narrazione di quel pezzo di storia della

Le ex carceri Nuove ora Luogo della memora (le foto sono di G. Bertani)

città, mentre il “museo”, che si snoda per le vie dalla città, come in un disegno crit-tografato in cui i punti sono legati da un tratto di penna i luoghi della memoria più significativi sono uniti da un autobus su cui degli attori aspettano i turisti (e anche gli studenti delle scuole torinesi). Il bus parte e gli attori iniziano a raccon-tare le vicende di quei luoghi attraverso testimonianze e brani letterari. Un viag-gio emozionante. E da qui sorge spontanea la domanda: come mai regioni come il Piemonte ri-servano attenzione a questi temi e solo da noi, una regione che ha avuto una guerra di liberazione molto radicata non sembra esserci altrettanta sensibilità?«Effettivamente la Regione Piemonte da sempre, e con qualunque maggioranza di governo, ha avuto attenzione alla memo-ria della Resistenza. Già oltre vent’anni

or sono, c’era una maggioranza di centro destra, produsse la migliore legge regio-nale per il finanziamento della rete degli Istituti storici. Lo ricordo perché feci per-sonalmente una raccolta delle leggi re-gionali in materia per ragionarne in seno al nostro Istituto regionale.Comunque, per quanto ci riguarda come reggiani, credo che nel corso dei settante-simi della Resistenza (2013-2015) si do-vrà porre rimedio alle troppe assenze pro-duttrici di perdita della memoria rispetto ad una storia come la nostra nel corso del Novecento. Una storia che – anche se non necessariamente “magistra vitae”- ha tut-tavia molto da offrire alla riflessione col-lettiva circa il presente ed il futuro del mondo in cui viviamo».Una riflessione che giriamo agli ammini-stratori presenti e futuri.

Passeggiata resistente nelle Langhe, sulle tracce di Fenoglio, Pavese e Davide Lajolo

Sabato 28 e domenica 29 settembre una trentina di reggiani abbiamo par-tecipato alla Passeggiata resistente nelle Langhe – sulle tracce di Feno-glio, Pavese [e Davide Lajolo] organizzata da Istoreco e SPI-CGIL. Come preparazione, alcuni giorni prima, abbiamo potuto apprezzare una con-versazione (vera e propria lezione) di Salvatore Trapani, sui tre scrittori intimamente legati alle colline langarole e alla memoria della Resistenza. A Vinchio (paese natale di Lajolo) visita alla Casa della Memoria gestita dall’Istituto storico Resistenza di Asti. Oltre a documentare con foto e carte la lotta partigiana, la Casa comprende anche due strutture di grande effica-cia comunicativa: la ricostruzione di un nascondiglio partigiano (compresi rumori e voci di nazifascisti rastrellatori) e la simulazione di un viaggio nel 1944 sul treno per Auschwitz, accompagnata dallo sferragliare sulle rotaie e da immagini di paesaggi in fuga oltre il finestrino con filo spinato. A guidarci con grande competenza per le vie e i luoghi signifcativi di Asti, Vinchio e Santo Stefano Belbo, nonché per sentieri tra i vigneti langaroli, Mario Renosio, da anni anima dell’Istituto astigiano per la storia della Re-sistenza. (a.z.)

Nella foto (di Federica Troisi): ingresso alla Casa della Memoria di Vinchio. Sulla destra, Nando Rinaldi, direttore di Istoreco.

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Angoli di Reggio tra Israele e Palestina

cultura

Si è svolto con successo il viaggio organizzato da Istoreco alla scoperta di “Angoli di Reggio in Terra di Isra-ele”, da domenica 24 novembre a do-menica 1° dicembre. Al momento di andare in stampa abbiamo ricevuto diverse foto che documentano i vari incontri dei 35 partecipanti con diverse personalità e situazioni tra Gerusalemme, Tel Aviv e Seilat al Daher. Sul prossimo nume-ro pubblicheremo un ampio resoconto scritto e fotografico. Qui ci limitiamo a due foto: Una ci mostra lo splendi-do Aron hakodesh e le due lampade nella Sinagoga di Kiryat Shmu’el (Haifa) un tempo appartenenti alla Sinagoga di Reggio, l’altra bambini e maestre della scuola d’infanzia “Giu-seppe Carretti” di Seilat. All’incontro con gli ebrei di Kiryat ha presenziato anche il prof. David Cassuto, già Vice Sindaco di Gerusalemme e maggior esponente della comunità italiana in Israele.Allo Yad va-Shem, il Memoriale della Shoà, percorrendo il Viale dei Giusti, i reggiani hanno reso omaggio alla lapide su cui compare il nome del cavriaghino Enzo Boni Baldoni che, parrocco a Quara, salvò una famiglia di ebrei milanesi.Ai famigliari di don Enzo il certifi-cato di “Giusto” fu consegnato anni addietro proprio dal prof. Cassuto.

Giancarlo Ambrosetti La Resistenza e l’idea gramsciana del Museo dei ceti subalterni

di Antonio Zambonelli

Il 12 ottobre u.s. ci ha lasciato, in età di 78 anni, il dott. Giancarlo Ambrosetti, già direttore dei musei civici. A quanto si è scritto sulla sua figura nella stampa locale, voglio aggiungere un ricordo per-sonale. Nell’aprile 1967 Giancarlo era da poco giunto a Reggio per assumere il nuovo incarico. Era un giovane poco più che trentenne, già fornito di una bella barba, però più curata di quella inselva-tichita degli ultimi anni. Credo di essere stato il primo ad intervistarlo in merito ai

suoi propositi relativi alla funzione che aveva appena assunto dopo alcuni anni di esperienze nel campo della ricerca ar-cheologica in varie parti del mondo: dalla Francia alla Germania, dall’Asia minore a Paesi arabi, all’India. L’intervista fu pubblicata su “Reggio 15” del 16 aprile 1967.Ricordo bene, mentre camminavamo per i corridoi del Museo, la pungente ironia con cui, nel suo fiorito romanesco, sotto-lineava lo stato di abbandono in cui quin-

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ze, ambienti, fenomeni sociali riguardan-ti il mondo contadino reggiano, che stan-no per essere definitivamente cancellati dalla memoria, con grave pregiudizio per la intelliggibiltà di una storia delle ‘clas-si subalterne’ che per questa via finireb-be ancora una volta per essere espunta, totalmente o parzialmente, dalla ‘Storia scritta’, per così dire”.Sono ipotesi di lavoro ancora di grande attualità. Giancarlo Ambrosetti me le espose 46 anni or sono, quando aveva poco più di trent’anni e io poco meno. Nel frattempo il Museo della Resistenza non solo non ha trovato una sistemazio-ne degna ma è letteralmente scomparso. Quello ispirato alla nozione gramsciana dei “ceti subalterni” non ha mai visto la luce.

CAVRIAGO 1945–1950QUANDO LE BANDIERE ERANO ROSSE

di Antonio Zambonelli

L’autore, William Casotti, classe 1931, è stato iscritto al PCI fino al fatidico 1989, e per due volte Sindaco “rosso” di Cavri-ago (1958-1960; 1970-1972). Questa sua documentata ricostruzione della vita della Sezione comunista cavriaghese è dunque inevitabilmente anche, in parte, legata alla sua autobiografia di giovane a cavallo dei vent’anni. Ma lontana da Casotti la no-stalgia per il PCI, o l’idea che esso possa rinascere.Tuttavia, continuando in un suo ormai plu-riennale impegno di scavo nella storia della comunità cavriaghese, questa volta ha vo-luto farci capire che, comunque, la vicenda comunista locale negli anni dell’ uscita dal-la guerra e dell’avvio della ricostruzione, è stata un’esperienza straordinaria e generosa di impegno diffuso e totalizzante, per tanti uomini e donne. E come, nonostantre i dog-matismi e le attese di una qualche ora x, sia stata anche una grande stagione, a Cavriago come altrove, di alfabetizzazione politica e civile. Sia nella prassi del concreto impe-gno sociale e amministrativo, sia attraverso la vera e propria scuola che il PCI, a Cavri-ago come altrove, seppe diventare, con quei corsi, di sezione e di cellula, in cui militanti che raramente erano andati oltre la quinta ele-mentare, vennero avvicinati ai temi della sto-ria nazionale, dell’economia, della letteratura. Superato il trauma della sconfitta sul pia-no nazionale (18 aprile 1948) del Fronte democratico popolare, il PCI cavriaghese operò un progressivo rafforzamento della propria struttura organizzativa con una ri-presa, in concreto, della tradizione riformi-sta prampoliniana, nonostante quell’innesto leninista di cui scrisse Luciano Casali su

William Casotti, Un partito, un pae-se. I comunisti a Cavriago (1945-1950), Consulta ed., 2013, 223 pp., Euro 10

“Ricerche storiche”. Anche come tale inne-sto si sia prodotto, scrive Casotti in prefa-zione “è tutto da approfondire se si vuole capire la realtà cavriaghese”. Ma anche se si vuol capire la realtà emiliana e non solo.Una realtà che personalmente non esiterei a definire fortunatamente schizofrenica. Nel senso che, se il “programma massimo” era quello del salto rivoluzionario con colle-gato ripudio del ”riformismo” (il rinnega-to Kautski di Lenin, ricordate?), la prassi era fortunatamente quella che riprendeva, appunto, molto della tradizione riformista prefascista.Utile da leggere questa nuova fatica di Casotti, in questi momenti di smarrimento politico e sociale in cui stiamo vivendo, e magari avendo anche a mente gli interventi di questi giorni, sulla stampa locale, a pro-posito di un Museo del PCI a Reggio.Soprattutto chi la stagione storica di un PCI ben vivo ed operante non l’ha vissuta, per ragioni anagrafiche, avrà forse modo di rendersi conto del fatto che non tutto del passato repubblicano dell’Italia è da buttare e meno che mai da cancellare. Anche per-ché, come sostengono alcuni, forse con lo scioglimento del PCI si è gettato il bambino con l’acqua sporca. Ma questo soprattutto perché il PCI nei decenni che seguirono i primi anni del dopoguerra, aveva compiuto la trasformazione riassumibile nel passag-gio dalla “via democratica al socialismo”, e connesso legame più meno ferreo con l’URSS, ad una visione di “socialismo eu-ropeo” in cui la democrazia non era più la via per un teleologico “Traguardo finale” ma la condizione per la realizzazione di ri-forme sociali finalizzate alla “uguaglianza delle possibilità di partenza” per ciascuno:

il Riformismo per l’appunto.Certo, gli anni del dopoguerra 1945-1950 ci rimandano ad un mondo profondamen-te diverso da quello in cui stiamo vivendo. Quel modo di adesione alle togliattiane “minute pieghe della società” è oggi forse irripetibile. Non c’è più quel mondo bipo-lare Est-Ovest che induceva scelte di cam-po drastiche. Cancellata la certezza che “il comunismo sia la giovinezza del mondo e prepari dei domani che cantano”. La realtà, internazionale e locale è oggi assai frantumata e di difficile lettura. Ma l’esperienza concreta dei comunisti italiani, efficacemente raccontata da Casotti con un esemplare caso di “microstoria”, merita di essere conosciuta come occasione per riflet-tere su una possibilità, anche oggi, di fare politica da cittadini partecipi e non da pas-sivi spettatori di talk show televisivi.

tali di materiali si trovavano ammassati nelle vetrine malandate.Ma ascoltando le sue parole, i cocci sen-za senso diventavano prodotti del lavoro umano, un gruppo di materiali si diffe-renziava da un altro e da un altro ancora, ed i vari gruppi insieme venivano a for-mare una storia di lotte, di spostamenti umani alla ricerca di condizioni di vita più favorevoli, di mutamenti, di nascite sviluppi e decadenze di civiltà o di “cul-ture” apparse a volte per lunghi periodi sul territorio reggiano o altrove.Ma tutto quel materiale, così come si tro-vava allora nel Museo, era di impossibile decifrazione senza l’aiuto dello speciali-sta che si era già pazientemente studiato i “quasi indecifrabili – parole di Giancarlo

– e comunque incompleti cataloghi” del Museo stesso.In giornate nelle quali si affacciano sulla stampa vari progetti museografici circa la storia della nostra terra reggiana, merita qui riportare il brano dell’intervista in cui Ambrosetti parlò del Museo della Resi-stenza e di un Museo del territorio.“Nel quadro complessivo del riordina-mento, una sistemazione degna dovreb-be poi essere trovata per il Museo della Resistenza, avendo cura di arricchirlo attraverso l’acquisizione del materiale ancora reperibile, ma che rischia di an-dare irrimediabilmente disperso.Un ‘Museo delle tradizioni popolari’ do-vrebbe essere costituito ex novo. A questo proposito c’è tutto un patrimonio di usan-

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culturaCOME MI BATTE

fo r te i l tuo cuoredi Fiorella Ferrarini

Il 30 ottobre scorso, nell’ambito del progetto RADICI NEL FUTURO, che fa riferimento al gemellaggio tra cultura antifascista e cultura antimafia, firmato al Cervi nel 2011 tra l’Istituto e Libera con don Ciotti (a cui come ANPI di Reggio Emilia abbiamo aderito), con la colla-borazione di Gemma Bigi, e insieme ad Eugenio D’Ecclesiis mi sono recata al Liceo Magistrale Matilde di Canossa, per tenere un incontro con due classi in suc-cessione, coordinate dal prof. Stefano Ai-cardi. Il primo era stato svolto da Mirco Zanoni del Cervi, i prossimi saranno con-dotti da Luca Giovanelli dell’Associa-zione Papa Giovanni e gli ultimi due da Annalisa Duri di Libera Reggio Emilia. Abbiamo voluto dare un titolo che fos-se immediatamente recepito dai ragazzi: Come mi batte forte il tuo cuore (tratto dal bel libro di Benedetta Tobagi, figlia di Walter Tobagi, giornalista e scrittore ucciso nell’80 dalle Brigate Rosse), per esprimere la necessità nei rapporti inter-personali dell’empatia, del desiderio di comprensione, della solidarietà. Immaginate due aule abbastanza piccole, tanti banchi fitti fitti, tantissimi occhi at-tenti e vivaci. Sicuramente nelle scuole non molto si sa oggi dell’Associazione nazionale parti-giani d’Italia, della sua nascita in piena guerra, della Resistenza e della lotta di Liberazione, ma in questo caso sono usci-te buone risposte. Avrebbero compreso i

Eugenio D’Ecclesiis e Fiorella Ferrarini (foto Stefano Aicardi)

ragazzi il legame tra l’antifascismo, valo-re da troppi ritenuto superato e invece più che mai necessario, e le nuove resistenze, in particolare contro la “cultura”e le infil-trazioni mafiose?Utilizzando metodi interattivi e coinvol-genti, riducendo interventi frontali che poco stimolano l’attenzione, Eugenio ha iniziato chiedendo ai ragazzi a che cosa associavano la parola “resistenza”: per-ché resistere oggi? contro chi? Contro che cosa? Quindi ha fornito i dati minimi fondamentali per orientarsi storicamen-te: la Resistenza in Italia e in Europa, il Fascismo, il Nazismo, l’Antifascismo, la Resistenza. L’uso sistematico della violenza. Il rifiuto di ogni concetto di di-versità, di uguaglianza, la mancanza di li-bertà, l’ illegalità, la negazione dei diritti.Ha quindi proiettato da you tube, com-mentandolo, l’interessante ed efficace di-segno animato “Ora e sempre. Che cos’è l’ANPI”, creato dall’Associazione parti-giani di Colle Val d’Elsa (che consiglio di visionare e diffondere) e che si conclude con il famoso discorso del ’55 di Piero Calamandrei ai giovani, “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nel-le carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la liber-tà e la dignità della nazione, andate là, o giovani, col pensiero, perché là è nata la nostra Costituzione”.Io ho proposto ai ragazzi, tutti attenti e coinvolti, il gioco delle stelle, chiedendo

loro di ritagliare e attaccare all’abito due triangoli che, sovrapposti in senso inver-so avrebbero formato una stella a sei pun-te (stella di David? non solo); di scrivere su una parte, a scelta, uno dei valori del Manifesto di Radici nel futuro: libertà, solidarietà, memoria, legalità, respon-sabilità, motivando l’opzione. Il retro della stella doveva essere colorato di rosso, giallo, rosa, marrone, viola. Dopo l’illustrazione della follia del razzismo e dell’antisemitismo fascista e nazista, dei campi di concentramento e di sterminio, della soluzione finale, della razza “pura” ariana e dei milioni di morti provocati, aggiunti a quelli della terribile guerra mondiale, sono stati illustrati i colori del-le stelle che dovevano individuare, ai fini di sterminio, rispettivamente i prigionie-ri politici, gli ebrei, gli omosessuali, gli “zingari” e i testimoni di Geova. Ho poi chiesto ai ragazzi, evidentemente coin-volti, se queste assurde discriminazioni che le stelle rappresentavano esistono an-cora oggi, e sono uscite osservazioni mo-tivate (ed esperienze personali): contro i disabili, gli immigrati, gli omosessuali, i rom, le donne. Ancora oggi dunque, an-cora oggi è necessario “resistere”, impe-gnarsi, essere dalla parte giusta come lo furono i partigiani, alcune testimonianze dei quali sono state proposte, tratte da Lettere dei condannati a morte della Re-sistenza italiana. L’art. 3 della Costitu-zione, il cuore della nostra Carta, indica il cammino in modo chiaro e definitivo.Ha resistito e lottato, insieme a tante vitti-me della mafia, Rita Atrìa, la “picciridda”

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responsabilità che, alla fine, si traduce nell’indicazione di un nuovo, indispensabile umanesimo, illuminato dalla Costituzione più bella del mondo.

La famiglia Karnowski di Singer Una parabola ebraica della decadenza borghese tra letteratura e storia

Esistono opere letterarie che non solo definiscono un’epoca, ma una condizione umana. È il caso de I Buddenbrook, capo-lavoro di Thomas Mann. Ad esso si può riferire un consistente numero di produ-zioni, sia per impianto narrativo che per temi attinenti alla decadenza borghese e al crollo delle certezze. Gli esempi vanno da Il signor Cevdet e i suoi figli, prima opera del Nobel turco Orhan Pamuk, ad alcuni romanzi legati alla cultura degli ebrei orientali e alla loro lingua, lo jid-disch: La famiglia Moskat, di Isaac B. Singer (Nobel nel 1978); I fratelli Ashke-nazi” e La famiglia Karnowski, di Israel J. Singer, fratello maggiore di Isaac. In particolare La famiglia Karnowski (Adel-phi, 2013), testo pubblicato a New York da Israel J. Singer nel 1943 (un anno pri-ma della morte) ma solo ora recuperato dall’oblio grazie all’editore italiano e alla traduzione dalla lingua jiddisch di Anna Linda Callow, contribuisce in modo de-terminante a proiettare nuove luci (ma pure ombre) sul mondo degli ebrei orien-tali e su un periodo storico caratterizzati progressivamente dalla crescita dell’an-tisemitismo, dall’affermazione del nazi-smo, dalla tragedia della Shoah. La storia della famiglia si sviluppa nell’arco di tre generazioni, tra fine ’800 e anni Quaran-ta del Novecento, e fra due continenti, l’Europa e l’America. Le vicende pren-dono avvio con David, che dal piccolo villaggio ebraico di Melnitz, in Polonia, e da una vita impostata sui rigidi principi del chassidismo, si trasferisce a Berlino, dove ha l’opportunità di frequentare una comunità ebraica più moderna e aperta: amante della civiltà tedesca finisce per

di Giovanni Guidotti

abbandonare la lingua jiddisch, senza però smarrirsi, facendo suo il motto “es-sere ebrei in casa e uomini in strada”. Il figlio Georg inizia invece a misurare su di sé la crisi d’identità. Tra alterne vicende, che denotano una profonda inquietudine, riesce a completare gli studi universitari e dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale si afferma nella professione e nella società: diviene un medico stima-to e conosciuto, sposato con una donna tedesca di religione cristiana. Tuttavia, nella Germania sempre più antisemita, il marchio indelebile dell’origine riemerge drammaticamente: l’esistenza onorata e dignitosa faticosamente conquistata vie-ne di colpo annullata e sarà il figlio Jegor a subirne in misura maggiore le conse-guenze. Emigrati negli Stati Uniti a causa delle persecuzioni razziali, i Karnowski sono costretti a ripercorrere il millenario cammino della diaspora, mentre il giova-ne Jegor, sempre più chiuso in se stesso, finisce per odiare le proprie origini ebrai-che e s’avvia verso un destino tragico. Si parlava del rapporto tra l’opera di Mann e quella di Singer. In proposito Claudio Magris, appassionato studioso della cultura mitteleuropea, nell’intro-duzione al romanzo I fratelli Ashkenazi (rispetto al quale le vicende dei Karnow-ski si possono ritenere complementari), scrive: “il tema della decadenza bor-ghese, che resta in fondo tuttora uno dei motivi centrali della letteratura europea, acquista una fisionomia del tutto parti-colare quando viene vissuto e trattato da una prospettiva ebraica, o meglio ebrai-co-orientale…”. Negli Ostjuden (ebrei orientali) diviene insolubile il conflitto fra

l’ambizione piccolo-borghese, realizzata dall’affermazione economica e dall’asce-sa sociale, la dimensione spirituale, legata alla fedeltà verso le proprie tradizioni, e la situazione di progressiva segregazione: una tale antinomia genera continua insicu-rezza e crisi d’identità. Sono ancora le parole di Claudio Magris a fornire la sintesi finale di questa parabola: “I vari Buddenbrook delle varie società borghesi sopravvivono – sia pure autone-gandosi – nei demoni usciti dai loro lombi; dei Buddenbrook ebrei non resta traccia se non la biblica polvere. Ai sanguinosi cre-puscoli degli dei si contrappone l’assoluta estinzione…”.

Copertina, traduzione di Anna Linda Callow. Adelphi, 2013. Pagine 494. € 20.

di Paolo Borsellino “fimmina lingua lon-ga amica degli sbirri” secondo la mafia, suicidatasi dopo l’uccisione del giudice Borsellino, essendo diventata testimone di giustizia, contro la famiglia e il pae-se d’origine. Queste le ultime sue paro-le di speranza, malgrado la solitudine e l’emarginazione, “Forse un mondo one-sto non esisterà mai... ma chi ci impedi-sce di sognare... forse se ognuno di noi proverà a cambiare... forse ce la faremo”.E in un mondo ancora caratterizzato da ingiustizie, violenze ed emarginazioni, da recrudescenze di “nuovi” fascismi in Italia e in Europa, la speranza va costru-ita e l’antifascismo indica un percorso di

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culturaQuando si leggeva

“Il Pioniere”di Bruno Grulli

Il mercoledì, subito dopo pranzo, co-minciava l’attesa e dalla finestra guarda-vo in fondo alla via aspettando con ansia che spuntasse Forghieri. Se tardava erano dolori ma poi arrivava con la sua biciclet-ta e, soprattutto, con la sporta attaccata al manubrio. Prima di arrivare da noi entrava in altre case e, finalmente, saliva le nostre scale. Io correvo ad aprirgli la porta. Sempre ben accolto si sedeva al tavolo della cu-cina e dalla sporta estraeva “Noi donne” per mia nonna poi, giocando a fare il mi-sterioso, a volte fingeva di essersi dimen-ticato il giornalino. La cosa mi faceva penare ma nel mo-mento in cui Forghieri diceva che si era sbagliato e dalla sporta faceva uscire “Il Pioniere” la gioia era doppia.Afferrato il giornalino correvo in un an-golino per leggermelo in pace. I perso-naggi e le storie scorrevano rapidamente. Le avventure in rima di Cipollino e dei suoi amici nelle tavole di Verdini e quelle a fumetti di Chiodino, Pilucca e Perlina in ultima pagina però dovevano attendere la lettura della puntata del romanzo illu-strato in quarta e quinta pagina. Era questo infatti il motivo dell’attesa. Come erano andate le cose a Dick nella Freccia Nera, a capitan Blood, a D’Arta-gnan, al trombettiere di Pancho Villa? Ma prima ancora dei romanzi il posto d’ ono-re spettava alla pagina di Pif per le sue baruffe con Tonio e Agata. Le rubriche illustrate di scienza, storia e geografia erano poi piacevoli letture.Il “Pioniere” veniva distribuito tramite la rete del PCI e delle organizzazioni della sinistra. Il pacco destinato a Reggio ar-rivava già al martedì pomeriggio ed una copia era subito disponibile sui tavolini dello storico circolo Gramsci avente sede nella Federazione di via Toschi.Le sere di martedì nelle quali con mio pa-dre andavo a vedere la televisione nel sa-lone del circolo mi affrettavo a cercare “Il Pioniere” per sapere in anticipo quale era stato lo sviluppo delle avventure ma pur-troppo il giornalino era spesso nelle mani di un giovanotto che, anni dopo, ritrovai come assessore nella giunta Bonazzi. Ero così costretto ad attendere che il compagno Giulio Bigi terminasse la sua lettura e gli ronzavo attorno per poi af-ferrare il giornalino e dar sfogo alla mia

curiosità.Lo sfondo sociale e la scelta di parte del “Pioniere” erano evidenti. Cipollino, l’eroe principale, era un bambino del proletaria-to che con la sua arguzia aveva sempre la meglio sulla borghesia rappresentata dal cavalier Pomodoro e dalle contesse Del Ci-liegio; abbondavano i racconti sulla recente Resistenza, i Tre Moschettieri avevano la casacca rossa anziché blu come descritta da Dumas, la Storia veniva sempre racconta-ta dal punto di vista dei più deboli, i buoni trionfavano sempre sui cattivi.Non sapevo quanti altri bambini legges-sero “Il Pioniere” e mi sentivo isolato tra i tanti che leggevano “Il Corriere dei Pic-coli”, anche figli di comunisti. Una volta a scuola, ero forse in 2a ele-mentare, la maestra apostrofò noi bambi-ni dicendo che il giorno prima, sotto le finestre di casa sua, era passata una sfila-ta di Pionieri e che lei ne aveva sofferto molto. Ci ammonì di non aderire a quelle cose malvagie e che non voleva neanche pen-sare che qualcuno di noi, ed in quel mo-mento mi dette una rapida occhiata, vi partecipasse. Giorgio, il mio compagno di banco figlio di gente di destra e che sa-peva che leggevo “Il Pioniere”, mi dette una gomitata e mi disse: “Dice a te comu-nistaccio marcio”. Io ero impaurito e, nonostante non fos-si iscritto all’ API (L’Associazione dei Pionieri d’Italia) e non avessi partecipato alla sfilata, imploravo Giorgio di tacere e di non rivelare che tempo addietro gli avevo mostrato il giornalino che avevo messo nella cartella. Molti anni dopo seppi che “Il Pioniere” era all’indice della stampa proibita dalla Chiesa.Qualche tempo dopo quell’episodio par-tecipai ad una festa organizzata dal cir-colo Gramsci per i figli dei soci, forse la Befana del 1955. Fui contento di incontrare tanti bambini che leggevano “Il Pioniere” e mi meravi-gliai di vedere che tra di essi c’era Marco, un mio compagno di classe; mio padre e suo padre erano molto amici e ci misero a tavola vicini. Mentre mi servivano il primo cioccolato in tazza della mia vita Marco mi confes-sò che anche lui aveva vissuto male quel rimprovero della maestra.

Cessai di leggere “Il Pioniere” nel 1959 ma ne avevo conservato quasi tutte le copie dal 1952 (delle annate 1952-53-54 però rimase poco). Giacque per anni impacchettato in un armadio resistendo alle tentazioni di mia madre di fare spazio e persino al trasloco da via San Rocco. Ogni tanto un’occhiatina la davo finché decisi di depositare la raccolta all’archi-vio dell’Istituto storico della Resistenza. Ora è al Polo Archivistico del Comune di Reggio Emilia.

Copertina del “Pioniere” n. 51 del 25 dicembre 1955

Ringraziando l’amico Bruno per questa bella rievocazione, cogliamo l’occasione per ricordare che Gianni Rodari (1920-1980) fu fondatore e anima del “giorna-lino” messo all’indice dalla Chiesa.Da anni Rodari è universalmente ricono-sciuto come uno dei più importanti scrit-tori per l’infanzia del Novecento. I suoi libri vengono ricorrentemente ripubbli-cati non solo in Italia ma in varie parti del mondo. (a.z.)

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progetto di ricerca teso a raccogliere in-formazioni a tutti i livelli, partendo dalla città e dalla provincia di Reggio Emilia, presso enti pubblici e privati: musei, sedi delle ANPI delle Camere del lavoro, ma anche di cooperative e di partito, gallerie d’arte, biblioteche e singoli cittadini. Non è escluso che si possano trovare al-tre opere, altri documenti sulla storia dei Cervi, e rilanciarne cosi nell’occasione di questo 70° una ricerca a tutto campo.

Il 70° anniversario della Resistenza ol-tre ad essere un’occasione di studio e di nuovo approfondimento sui fatti legati alla Resistenza, costituisce anche un’oc-casione importante per studiare come si sono formati e consolidati memorie e miti. E soprattutto attraverso quali strade. Anche l’arte, e la pittura in primis, han-no svolto già nell’immediato dopoguerra un ruolo di racconto e di testimonianza che - anche se meno compiutamente che nella narrativa e nel cinema (almeno per quel che riguarda l’immediato dopoguer-ra) – ha contribuito a fondare una memo-ria pubblica della Resistenza ma anche a rappresentare fatti e memorie. In questo un ruolo particolare lo svolgo-no nell’immediato dopoguerra i concor-si de La Premiata Resistenza e i tanti ar-tisti che vi concorrono affermandosi poi a livello nazionale ma determinando con la loro arte e i loro soggetti una spinta verso la costruzione di un immaginario collettivo. E’ così che l’arte riveste un ruolo parti-colare anche nella narrazione, nella me-moria e nella costruzione del mito della vicenda della famiglia Cervi o di alcuni salienti episodi di essa, in particolare la fucilazione avvenuta per mano dei fasci-sti il 28 dicembre del 1943. Proprio la fucilazione dei sette Fratelli Cervi e di Quarto Camurri, evento tragi-co e nodale, è stata rappresentata da pa-recchi artisti nella sua tragicità ma anche nel suo forte impatto emotivo. A livello locale – solo per limitarsi ad alcuni di essi – ci sono Omero Ettorre, Mario No-vellini, Corinto Bonazzi, Nello Leonardi,

Arti figurative e memoria dei CerviCelebrazioni per il 70° della Resistenza

di Paola Varesi

Corinto Bonazzi, Il seme della libertà; Omero Ettorre, Il martirio dei fratelli Cervi; sotto Nani Tedeschi, Ritratto di Papà Cervi

Pantaleone Naif, Ninetto Baracchi. Opere significative, di questi come di al-tri artisti, giungono a partire già dai tardi anni ’50 del secolo scorso alla Casa di Gattatico – che nel frattempo comincia la sua trasformazione in Museo – come omaggio a cura degli stessi autori, op-pure attraverso iniziative pubbliche, fra le quali particolarmente significativa è quella voluta da Renato Bolondi che alla fine degli anni ’80 indice un concorso per lo sviluppo della raccolta d’arte che si sta costituendo al Museo, con particolare at-tenzione all’arte naive. Una parte consistente di queste opere – che sono parte integrante della Colle-zione d’arte del Museo Cervi – saranno esposte nell’ambito di una mostra che l’Istituto Alcide Cervi vuole dedicare ne-gli spazi del Museo Cervi al 70° anniver-sario della fucilazione dei sette Fratelli Cervi e di Quarto Camurri (28 dicembre 1943), con la collaborazione dell’Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia Romagna. L’intento di questo percorso fra arte e memoria non sarà però solo quello di valorizzare le opere conservate presso il Museo Cervi, ma quello di fare un punto sulla produzione nota e diffusa sul terri-torio (alcune di esse funzionali alla mo-stra perverranno da altre sedi museali e private), e anche – e significativamente – di verificare quanto si possa rintracciare presso sedi diffuse di non ancora cono-sciuto, repertoriato sulla famiglia Cervi, sulla fucilazione dei sette Fratelli e di Quarto Camurri. Cosi, sul fronte artistico, si è avviato un

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Il corso di formazione organizzato dall’ANPI provinciale di Reggio Emilia

UN BILANCIOIl 12 e 13 ottobre scorsi si è tenuto il primo Corso di formazione organiz-zato dall’ANPI provinciale di Reggio Emilia, con il contributo dell’ufficio formazione dell’ANPI nazionale e con la partecipazione di Istituto Alci-de Cervi e Istoreco.Ospiti del centro sociale Hortus-Catòmes tót, circa una cinquantina di persone hanno affrontato e ap-profondito il periodo storico che ha visto l’affermazione del fascismo, la nascita della Resistenza, la genesi della Costituzione; temi apparente-mente lontani nel tempo ma illustrati in tutta la loro attualità e pregnanza dagli storici intervenuti e dai gruppi di lavoro che sono stati creati.Sia gli esperti che i tutor dei gruppi hanno partecipato a titolo volontario, non percependo alcun compenso per i loro interventi e rendendo pertanto possibile il corso.La due giorni era divisa in una parte più teorica, quella del sabato, carat-terizzata dalle relazioni degli esper-ti sul periodo 1919-1948; e una più operativa caratterizzata dai work group della domenica.Dopo il saluto del presidente e par-tigiano Giacomo Notari, il primo intervento: Il fascismo, una scelta

di Gemma Bigi

politica è stato affidato a Claudio Si-lingardi, direttore generale INSMLI, il quale, attraverso date nodali, ha sottolineato la linearità dell’ascesa del fascismo e di quanto le sue scelte politiche e sociali rispondessero ad una strategia mai improvvisata.L’affermazione del fascismo dal 1919 al 1939 è stato il periodo trattato da William Gambetta, del Centro studi movimenti di Parma, seguito da Mas-simo Storchi di ISTORECO il quale ha inquadrato gli anni dal 1943 al 1945, quando l’antifascismo divenne Resistenza.La giornata del sabato è poi prose-guita con Paolo Papotti, referente della formazione per l’ANPI nazio-nale, con l’intervento La Costituzio-ne italiana, un progetto di società, in cui una particolare attenzione è stata riservata all’Assemblea Costituente, alle biografie dei suoi membri e ad alcuni temi emblematici del lavoro che vi venne svolto. Infine, i partecipanti hanno incon-trato il gappista Giglio Mazzi Alì, intervistato da Denis Fontanesi, la cui testimonianza ha permesso di comprendere le conseguenze sulla vita delle singole persone di quanto illustrato fino a quel momento.

La domenica è stata invece la volta dei gruppi di lavoro, i quali rappre-sentano un approfondimento di tema-tiche specifiche, a cui hanno parteci-pato in tutto una trentina di persone,. Tre i tavoli che hanno preso vita: Cinema e fascismo, la creazione del consenso” condotto da Salvatore Trapani di Istoreco; Memoria di pie-tra. Cippi e lapidi della provincia di Reggio Emilia. Per la creazione di progetti e collaborazioni con comuni e scuole” a cura dei volontari ANPI Riccardo Braglia, Massimo Vaccari, Patrizia Incerti, Livio Nicolini; Gioco di ruolo sulla Costituente condotto da Mirco Zanoni dell’Istituto Cervi.La restituzione del lavoro svolto dai gruppi, coordinata da Fiorella Ferra-rini, vicepresidente ANPI provincia-le, e le conclusioni del corso svolte da Papotti hanno poi sottolineato quan-to ancora resti da discutere e appro-fondire e hanno confermato l’impe-gno dell’Associazione nel promuovere futuri momenti di formazione.Diamo di seguito un assaggio dell’an-damento del corso e dell’entusiasmo degli iscritti riportando le risposte di alcuni di loro a domande poste dal Notiziario e pubblicando fotografie di diversi momenti.

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amministrativi e politici.Rivendichiamo questa conquista come parte integrante della lotta antifascista e. la natura è sta-ta madre nella lotta Partigiana: il tema dell’acqua pubblica è patrimonio ANPI e può insieme al tema della sostenibilità ambientale essere un cavallo di battaglia che le nuove generazioni, con la sensibi-lità e l’entusiasmo che le caratterizzano, possono facilmente far proprie e abbrac-ciare con entusiasmo.Le energie rinnovabili, l’agricoltura e il cibo devono diventare il campo di batta-glia su cui ci confrontiamo pubblicamen-te coi nostri detrattori.Questi sono i temi che ritengo piu’ urgen-ti affrontare con l’ANPI per invertire il senso della manipolazione storica, tenta-ta negli ultimi anni da varie componenti mediatiche, politiche e istituzionali.5. Continuando così: la voce dell’ANPI deve tuonare. L’ANPI e i partigiani han-no già costruito un patrimonio nelle scuo-le, adesso è importante valorizzarlo con fiducia: la possibilità di scegliere il futuro (e non la storia ) è il patrimonio che ci ha lasciato la Resistenza. Scegliamo noi.

Alfredo, 19741. Ho deciso di partecipare perché mi sono reso conto di non avere la minima idea di come sia nata la resistenza, di non sapere quale ruolo abbia avuto nella seconda guerra mondiale e di non avere ben chiaro quali fossero i suoi princìpi ispiratori.La scuola dell’obbligo in questo non mi è venuta incontro. Sono passati molti anni ma credo che la questione sia stata liqui-data in non più di un paio di righe nei li-bri di testo degli anni ‘80.2. Mi aspettavo certamente molto meno di quello che ho trovato. Mi aspettavo di avere dei momenti di commozione ma

1. Perché hai deciso di partecipare al Corso di formazione ANPI? – 2. Cosa ti aspettavi? – 3. Se non sei un iscritto ANPI: che impressione ti ha fatto l’asso-ciazione partigiani? – 4. Quali, secondo te, i temi che l’associazione dovrebbe affrontare quotidianamente? – 5. Come?

Emanuela, 19581. Mi sono appena trasferita a Toano da Roma ed è stato il primo contatto con l’ANPI cittadina, ho trovato l’informazio-ne del corso su : http://www.anpireggioe-milia.it/ il titolo Non siamo indifferenti è in perfetta sintonia con le mie emozioni. Mi sono iscritta immediatamente.2. Mi aspettavo una buona formazione e la possibilità di impostare un lavoro comune.E’ stata una bellissima sorpresa incontra-re tante persone e molti giovani, impe-gnati, simpatici, colti, vivaci e agguerriti: un network già attivo, una famiglia com-petitiva e efficiente e tante idee.3. Mi sono iscritta da poco più di un mese, consapevole che l’ANPI è giovane e mol-to attuale. Per molti anni l’ho considerata come tutti gli ambiti di interesse di mio padre, partigiano (morto 27 anni fa), area sua. Ho fatto il mio percorso in Francia e a Roma, solo negli ultimi anni, con l’ele-zione a sindaco di Alemanno a Roma, mi sono avvicinata all’ANPI romana, con la consapevolezza che era impegno e re-sponsabilità inderogabile di tutti confer-mare i valori dell’ antifascismo. Ho partecipato a molte iniziative con l’ANPI, tutte emozionalmente intense e volte a confermare la verità storica. Ho incontrato professionalità di grande spes-sore umano, persone fortemente impe-gnate nel sociale, giovani molto attivi. Mi chiedo spesso perché persone cosi’ com-petenti, di talento e oneste, con un’idea cosi’ alta della politica, non arrivino a competere per ruoli politici importanti.

E’ importante il ruolo di custodi impegnati con entusiasmo dal basso, ma serve un’inie-zione di ambizione negli aderenti ANPI!4. Se ci allontaniamo dalla retorica co-struita attorno alla Resistenza e alle sue commemorazioni, l’impegno è quello di restituire la consapevolezza ai bambini che le sue vicende sono straordinaria-mente vicine a noi in senso temporale, ieri l’altro il fascismo in Italia è stato sconfitto e la democrazia ha consegnato a tutti, vincitori e vinti, gli stessi diritti e doveri: dalla vittoria antifascista siamo diventati tutti uguali.Essere uguali in democrazia non significa abdicare ad altri, né tantomeno ai nemici di ieri, la responsabilità di scrivere la storia: a. eticamente dobbiamo imparare a sot-tolineare alle giovani generazioni che ab-biamo vinto e il valore della vittoria.b. formare la giovane classe dirigente di domani è un dovere: delegare ai giovani antifascisti gli incarichi istituzionali è un obbligo morale.In nome di una errata visione della de-mocrazia, proprio i giovani depositari del patrimonio culturale fascista troppo spes-so sono stati considerati anche dai diri-genti antifascisti, giovani brillanti a cui affidare responsabilità di governo.E’ un errore gravissimo: diventano i role models dei giovanissimi, che in questo modo non sono piu’ in grado di distin-guere tra vero e falso storico. c. occorre restituire dignità al ruolo di quella parte della comunità ebraica ita-liana, impegnata nell’antifascismo, che esprime ancor oggi giovani antifascisti di valore e che troppo spesso da anni è in-giustamente messa all’indice ed è vittima di atteggiamenti antisionisti. d. la parità di genere sancita dalla costitu-zione è patrimonio storico della Resisten-za: le giovani donne antifasciste, scelte per merito, devono accedere di diritto in numero paritario a incarichi pubblici,

Giglio Mazzi Alì con Denis Fontanesi; nella foto accanto immagine della sala dutante l’intervento di Massimo Storchi (foto Gemma Bigi)

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Momenti di lavoro dei gruppi tematici (foto di G. Bigi e Stefano Aicardi)

Williama Gambetta (foto di G. Bigi) Giacomo Notari apre il Corso (foto G. Bigi)

non mi aspettavo di vedere che non ero il solo a commuoversi. Non mi aspettavo un coinvolgimento così profondo da parte di persone così giovani, un così grande en-tusiasmo ed una così ampia competenza.3. Sono rimasto impressionato dalla ef-fettiva apoliticità del corso e dei suoi contenuti. Non deve essere per niente fa-cile fare divulgazione di argomenti civili riuscendo a non fare politica.4. Ho partecipato al workshop sulla pro-paganda cinematografica di regime. Io ritengo che sarebbe molto utile praticare la stessa analisi sui contenuti della odier-na televisione. Inoltre sarebbe oltremodo utile diffondere la storia della costituzio-ne così come ci è stata presentata: dando una dimensione umana alla carta costi-tuzionale, avvicinandola emotivamente all’ascoltatore.5. Credo che sarebbe utile fare questo ge-nere di attività nelle scuole medie infe-riori e superiori, con l’esperienza diretta fatta nelle scuole, poi, redarre materiali da mettere a disposizione degli istituti e degli insegnanti in modo che possa essere utilizzato liberamente nelle scuole italia-ne. Lezioni sulla nascita della Costituzio-ne si potrebbero fare nei luoghi (sempre

pochi) preposti alla integrazione degli immigrati: la nascita della costituzione al termine (o come parte integrante) di un corso di lingua italiana, per esempio.Sono convinto che questo sia un argomen-to che susciterebbe un grande interesse tanto nei giovani quanto negli stranieri.

Marcella, 1974Allora non so se riuscirò a descrivere a parole il perché mi sento così vicino all’ANPI ma forse devo partire dal prin-cipio. Mio nonno, che nel 1942 era a mi-litare, dopo essere diventato padre a soli 20 anni è partito per la Grecia dove è sta-to fatto prigioniero e deportato in Germa-nia da dove è tornato solo nel 1945 quan-do suo figlio (mio padre) aveva tre anni. Dopo molti anni, quando ero una ragaz-za, parlandomi di quel periodo anche se era passato molto tempo, mio nonno an-cora ricordava ogni singolo momento di quegli anni di prigionia e i suoi occhi si erano riempiti di lacrime. In quel momento ho pensato che dovevo trovare il modo per far si che questi ricor-di non andassero persi perché purtroppo ogni giorno parlando con le persone mi accorgo che non tutti danno il giusto peso al passato ma che pensano sia meglio pensare solo al presente. Io credo invece che se non sappiamo da dove veniamo non sappiamo dove la no-stra vita stia andando. Quindi quando mi è arrivata la mail del corso ho pensato che quello era il modo giusto per imparare cose nuove su di un argomento che ha ancora tante cose da in-segnarmi per poi diffonderle e cercare di combattere l’individualismo che dilaga, e dove condividere i ricordi di mio nonno che da qualche anno non c’e più ma è con me ogni momento grazie a tutto ciò che mi ha insegnato.COSA MI ASPETTAVO: di solito non ho delle grandi aspettative quando decido di fare una nuova esperienza perché penso che c’è sempre da imparare in qualsiasi situazione.

Una cosa è sicura non mi aspettavo di sentirmi come a casa in mezzo a persone che vedevo per la prima volta. Ho provato quella sensazione che sen-ti solo quando parli con qualcuno che ti capisce perfettamente e che è sulla tua stessa lunghezza d’onda e ho pensato che finalmente avevo trovato il modo giusto per far si che i ricordi,non solo quelli di mio nonno ma di tutti quelli che la guerra la portano ancora dentro, non andassero persi. L’ANPI da come l’ho vissuta in quei gior-ni, è fatta da persone che hanno voglia di andare contro a tutto ciò che divide le persone fisicamente ed intellettualmente, perché solo uniti si può fare la differenza e soprattutto non bisogna mai perdere la speranza che le cose possono cambiare. E’ per questo che ho deciso di iscrivermi perché voglio farne parte in pieno e aiu-tare a non dimenticare.

Anna, 1970 1. Perché mi interessava, sia a livello di-dattico (collaboro con l’istituto storico di Parma, e tengo interventi nelle scuole su

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nizzate? Che interessano ormai tutto il territorio italiano…5. Organizzando incontri/iniziative, là dove possono esserci le possibilità, ma-gari in collaborazione con altre associa-zioni presenti sul territorio.

Paolo Papotti e Salvatore Trapani durante momenti del Corso (foto di G. Bigi)

L’8 marzo 2014 la sezione cittadina dell’ANPI reggiana verrà intitolata uffi-cialmente alla partigiana Dorina Storchi, Lina, che durante la guerra abitava in Via del Portone. Proprio in questo mese ri-corre il 10° anniversario della sua scom-parsa: nata a Rivalta il 27 gennaio 1910 è deceduta il 13 dicembre 2003. Cresciuta in una famiglia proletaria e socialista tra-

La sez ione ANPI d i Regg io Emi l i a

Dedicata a Dorina Storchi sferitasi poi in città, anche per allonta-narsi dalle persecuzioni degli squadristi rivaltesi , dopo l’8 settembre ’43 Dorina fu da subito collegata, con altri suoi fami-liari, alla rete di resistenza che si andava formando ad opera del PCI clandestino.Eccola allora impegnata nell’assistenza a soldati sbandati, a prigionieri di guerra fuggiti dal campo di Fossoli, mentre pen-sava al marito Giovanni Ganassi, sotto le armi dal giugno ’40 (morirà poi in un lager nazista). Eccola ospitare i coniugi ebrei francesi Modiano, che furono così salvati dallo sterminio. Invece Dorina, in seguito alla spiata del famigerato Nikolai Aschenko, a metà gennaio 1944 venne arrestata e imprigionata ai Servi, il car-cere gestito dalla GNR, tornando libera (dopo mesi di inutili maltrattamenti per estorcerle confessioni) in seguito allo scambio con un ufficiale tedesco cattura-to dai partigiani.Alla cerimonia dell’8 marzo 2014 sarà presente, venendo da Roma (coi due figli) dove da anni esercita la professione di ar-chitetto, la figlia Simona Ganassi, la bim-ba di 4 anni che durante la carcerazione della madre era l’unico familiare ammes-so a visitare Dorina ai Servi, fungendo

così da tramite (coi bigliettini che le nascon-devano negli abiti) tra le detenute (compresa Lucia Sarzi) e la rete della Resistenza.

“RS-Ricerche Storiche”n. 116/2013

Costituzione e Storia delle donne) sia a li-vello personale, perché fa parte della mia cultura.2. Nulla di diverso, mi è sembrato davve-ro interessante, con relatori di alto livello, e ben organizzato. Due giornate intense,

ma molto piacevoli.4. Non saprei, mi sembra che l’ANPI, soprattutto a RE faccia davvero tanto, è sul territorio, e in alcuni casi, svolge un’importante lavoro con le scuole. For-se parlare di nuove resistenze, in primis di legalità, di lotta alle criminalità orga-

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culturaVent’anni di “Sentieri Partigiani”

e i 90 anni di Fernando Cavazzini Tonidi Adriano Arati

Lo si era detto, che sarebbe stata un’edi-zione speciale, e tale si è confermata, fra omaggi, commozione e tanta voglia di ri-cordare. A fine settembre Reggio Emilia ha ospitato per la 20esima volta i Sentieri Partigiani di ISTORECO. Un’edizione speciale, appunto, la 20esima in assoluta e quella cadeva nel 70esimo anniversa-rio dell’avvio della lotta di Liberazione in Italia. Splendida ciliegina sulla torta, letteralmente, il giorno conclusivo dei Sentieri è caduto con il 90esimo comple-anno Fernando Toni Cavazzini, una delle più belle ed umane icone della Resistenza reggiana.Il risultato, quattro giorni di emozioni, di senso di comunità, di parole, di luoghi e di testimonianze uniche, grazie alle par-tigiane e ai partigiani della nostra terra, protagonisti assoluti delle giornata orga-nizzate per il foltissimo gruppo – oltre 100 persone, fra cui tantissimi tedeschi e svizzeri – che dal 19 al 22 settembre han-no girato per il territorio reggiano, dalla montagna alla città.Ma la compagnia si è spesso allargata, e moltissimi italiani si sono uniti per le testimonianze, per parti di cammino e so-prattutto per i due momenti pubblici che hanno suggellato a Castelnovo Monti e a Reggio i Sentieri 2013.I Sentieri 2013 hanno preso il via giovedì 19 settembre, con l’arrivo in montagna degli ospiti tedeschi ed italiani e l’avvio delle escursioni lungo i sentieri Cai trac-ciati per i Sentieri, affrontati sotto la gui-da di Daniele Canossini.I primi tre giorni hanno visto tappe a Bu-sana e Cervarezza, al passo del Cerreto e a quello di Pradarena, alla Pietra di Bi-smantova e a Castelnovo Monti. Il tutto alternando marce a piedi sui sentieri e trasferimenti in pullman, per raggiungere le basi di partenza dei sentieri, e la pre-senza di partigiani e staffette, che hanno portato le loro testimonianze. In Appennino hanno parlato Giacomo Willi Notari, presidente dell’ANPI, e Francesco Volpe Bertacchini.Sabato 21 settembre, poi, la parte mon-tanara dei Sentieri ha avuto un’impronta femminile. Nel pomeriggio, ai giardini di Bagnolo a Castelnovo Monti, di fronte al monumento alla donna partigiana, si sono alternate Giacomina Castagnetti, staffetta partigiana, sindacalista, donna impegnata per l’eguaglianza, e Mara Re-

La Nuda

deghieri, ex cantante degli Ustmamò, che ha accompagnato le parole di Giacomina con brevi esibizioni incentrate su canti di rivolta e di resistenza. Un bel momento, organizzato assieme al Comune castelno-vese, che ha radunato parecchie persone della montagna, oltre ai partecipanti ai Sentieri, ed ha visto la collaborazione di Bottega Diversa, gruppo di acquisto soli-dale della montagna. A chiudere, la depo-sizione di un omaggio floreale ad un altro monumento, quello dedicato ai montana-ri deportati e morti in Germania, a Kahla.Il gran finale di questa edizione speciale è andato in scena domenica 22 settembre, in città. Ad aprire, alle 10, la testimonian-za di Fernando Toni Cavazzini. Toni, comandante partigiano, è da vent’an-

Steffen Kreuseler con Volpe

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ni sostenitore dei Sentieri Partigiani, che appunto ha festeggiato il compleanno pro-prio in quella data.La giornata è proseguita con la deposi-zione di fiori al monumento della Resi-stenza, in piazza dei Martiri del 7 Luglio, prima della parte più colorata e coinvol-gente, un corteo musicale lungo la via Emilia, al ritmo delle canzoni della po-polare “Banda di Quartiere”. La marcia, che ha attirato l’attenzione di tantissimi reggiani, prima incuriositi e poi coinvolti nei canti – ha attraversato il centro prima di raggiungere la sede di ISTORECO, ai Chiostri di San Domenico in via Dante. La mattinata è proseguita con la deposi-zione di fiori al monumento della Resi-stenza in piazza Martiri del 7 luglio, e a mezzogiorno è arrivato uno dei momenti più emozionanti, un corteo musicale lun-go la via Emilia, al ritmo delle canzoni della Banda di Quartiere. La Banda ha interpretato diverse canzoni popolari di Resistenza e di lotta, aprendo la marcia al lungo corteo – alcune centinaia di per-sone – che ha attraversato la zona cen-trale della via Emilia, sino a raggiungere la sede di ISTORECO, ai Chiostri di San Domenico in via Dante (di fronte alla questura).Qui erano stati allestiti tanti tavoli per un affollato Pranzo di Brigata, sempre ac-compagnato dalla musica della Banda di Quartiere e con la presenza di partigiani e staffette che da sempre sono gli ospiti dei Sentieri: Giacomo Notari, Giacomina Castagnetti, Giovanna Quadreri e Francesco Bertac-chini. Oltre ovviamente a Toni Cavazzini, che ha festeggiato il 90esimo complean-no in compagnia dei suoi famigliari e dei partecipanti ai Sentieri, ed è stato omag-giato con una bella torta dedicata a lui e a tutti i partigiani, frag gli applausi di tutti i presenti. Tanti auguri e grazie, meravi-glioso Toni.

Nella prima foto in alto davanti alle carceri di San Tommaso: Toni intevistato da Matthias. Alla sua destra Giovanna Quadreri, Giacomi-na Castagnetti e Giacomo Notari.Nell’ultima Toni con la moglie davanti alla torta di compleanno.

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culturaIl futuro dei nostri giovani

cammina con la nostra memoria?Possono le squadre ed associazioni sportive rispondere a questa domanda?

L’attività sportiva può servire alla formazione e crescita democratica dei giovani?Un incontro organizzato dalla sezione ANPI di Cadelbosco Sopra sabato 21 settembre 2013, nella palestra comunale di Cadelbo-sco Sopra. Sono intervenuti Barbara Fontanesi (ex atleta Nazionale di pallavolo), ideatrice del progetto Fuori Campo e regista della testimonianza con la partigiana Montanari Maria (Miscia) e Renzo Ulivieri allenatore di calcio ed oggi Presidente Associa-zione italiana allenatori calcio (AIAC). Intervistati da Mattia Mariani di Telereggio.

di Barbara Fontanesi

Pubblico con piacere l’estratto di una bella chiacchierata fatta Sabato 21 Set-tembre presso l’ANPI di Cadelbosco Sopra insieme a Renzo Ulivieri, la par-tigiana Maria Montanari ed il giornalista Mattia Mariani di Telereggio.“Se consideriamo la memoria una sorta di serbatoio delle conoscenze, in cui si accolgono e si ritengono le impressioni e le esperienze della nostra vita, ci rendia-mo subito conto che la memoria è stret-tamente collegata al nostro presente ed al nostro futuro. Parlando di giovani ritengo che non ci sia futuro senza un’osserva-zione, anche critica ed a volte dolorosa, del nostro passato. Le società sportive in quanto luoghi educanti, dovrebbero at-tingere dalla memoria (propria ed altrui) per rispondere alla domanda in questione ad una condizione: che la testimonianza rimanga una traccia e non venga presa come verità assoluta.La memoria diventa noiosa e rimane ina-scoltata dai giovani quando diventa un’ “Operazione Nostalgia” in cui non si ri-conoscono. Nel “Mi ricordo quando…” non c’è mai una modernità sullo sguardo. In questo video Maria, pur sensibilizzan-doci su temi universali, racconta la sua verità di quel preciso momento storico che non è il nostro, tanto meno il tempo delle ragazze del video in questione.È come se in mezzo alla savana trovassi-mo l’impronta di un leone. Se andassimo a sovrapporre la nostra impronta sulla sua, ci accorgeremmo che non è la stessa. È una traccia, è un’indicazione… ma non sarà mai la nostra strada!In generale ritengo che nello scavare dei ricordi ci debba essere sempre la costru-zione di qualcosa di nuovo: la testimo-nianza deve far accadere cose nuove. Dev’essere la miccia per un’esplosione verso il futuro e questo è un compito dif-ficile a cui siamo chiamati noi insegnanti, genitori, allenatori e dirigenti delle socie-tà sportive…La testimonianza di Maria è una testimo-nianza di forza, di lealtà e diimpegno…

Maria Montanari con Renzo Ulivieri

ha parlato poco ed ha fatto molto!I ragazzi, ascoltando la sua testimonian-za si dovranno chiedere: qual è il mio contributo personale di fronte a questa importante eredità che i miei nonni mi hanno lasciato?La democrazia ha a che vedere con l’ugua-glianza degli individui (morale e materia-le) e questo concetto è assolutamente tra-sferibile anche nel mondo dello sport. Agli atleti, a maggior ragione giovani, occorre spiegare che dal punto di vista umano siamo tutti uguali in termini di opportunità, ma non lo siamo dal punto di vista tecnico. E qui entra il gioco un altro concetto, quello del merito, parola che sempre crea qualche malumore e malinteso…Il concetto di democrazia ed il concetto di merito sono due dimensioni in qual-che misura complementari: l’uno pone in rilievo l’uguaglianza di fronte alle op-portunità, l’altro sottolinea il valore ac-

quisito per competenze e capacità in un determinato settore.Mi è capitato qualche volta di sentire dai genitori che ho avuto modo di conoscere: “Ho pagato la quota e pretendo che mio figlio giochi”… un concetto molto dise-ducativo che pone l’accento sulla possi-bilità di acquistare tutto, anche il posto in squadra.In realtà non si compra il posto in squadra ma l’opportunità di allenarsi in una bella palestra, possibilmente riscaldata e con dei seri allenatori… tutto il resto è fatica e sudore.Picasso sosteneva che il 98% del merito è sudore… perché non possiamo farlo ca-pire anche ai nostri ragazzi?Educare alla democrazia significa abbat-tere le forme di fascismo moderno che oggi sono molto più difficili da inquadra-re. Il fascismo di oggi non è lo stesso dei tempi di Mussolini. Ha a che vedere con l’informazione, con una burocrazia cao-

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ne su di esse mantenendo la guardia alta.Questo, a mio modesto parere, è un di-scorso umano e non politico…

Siamo tornati da questa commemorazione più ricchi, convinti che, nonostante i problemi che assillano il Paese, ci sia ancora una forza, una volontà di “ben fare”, eredità dei valori che hanno contraddistinto la Resistenza.

Mattia Mariani, Barbara Fontanesi, Ivano Manicardi, presidente ANPI Cadelbosco Sopra

6 ottobre 2013 69° anniversario della strage di Marzabotto

tica che fa di tutto per non farci capire niente e nel nostro non comprendere, ci punisce con multe salate che ci tolgono la vita. I nuovi fascismi sono subdoli e populisti, fanno presa sulle paure di chi soffre, sull’odio di chi vive un periodo di grande crisi. Al contempo non son facili da individuare, si dichiarano non fascisti, ma subdolamente fomentano odio, razzi-smo, xenofobia…Siamo in una dittatura violenta che ci comanda con elementi difficili da ricono-scere… i nostri giovani oggi sanno rico-noscerla?Cosa trasmettiamo a loro noi allenatori, genitori, dirigenti, nonni?Dov’è finita la dignità dell’uomo se si ar-riva a suicidarsi per il lavoro… durante la resistenza il nemico era chiaro e visibile oggi non lo è. Oggi ci istigano al suicidio per rimanere impuniti. Manteniamo una casta che è solo preoccupata di salva-guardare la propria poltrona ed i propri interessi.Anche Mussolini è stato socialista, qual-che strada e qualche legge giusta l’ha fat-ta, ma poi è diventato impero.La memoria quindi funziona se produce:- il ringraziamento dei nostri nipoti (delle conquiste fatte);- se diventa testimonianza e non un cata-

logo di date e di episodi;- se la traccia viene tradotte in novità.Maria ci comunica che dobbiamo avere coraggio e che le conquiste fatte in pas-sato non si sono acquisite per sempre… ogni santo giorno va rinnovata l’attenzio-

di Nello Orlandi

Le sezioni ANPI di Castelnovo ne’ Mon-ti e Felina, insieme a quelle di Boretto, Poviglio e l’ANPI reggiano, rappresenta-to dal medagliere portato da Anna Parigi, hanno partecipato al 69° anniversario del-la strage di Marzabotto.E’ sempre emozionante partecipare a que-sta commemorazione. L’aria, l’atmosfera della piazza, i gonfaloni, il lungo corteo di sindaci, le bandiere delle associazioni, le canzoni partigiane cantate dal coro ANPI di Udine ti riempiono il cuore a testimo-nianza di un sentimento comune, sem-plice, fatto di appartenenza e di volontà di non dimenticare. L’oratrice ufficiale quest’anno è stata l’on. Marina Sereni, vice presidente della Camera. Il suo di-scorso è piaciuto perché conciso e chiaro nell’esposizione dei concetti e delle idee: “La coscienza degli uomini e la storia hanno condannato e giudicato i loro atti di crudeltà disumana, frutto di una ideo-logia perversa. Sapere, però, è necessario. È necessario conoscere e ricordare. Ed è necessario distinguere. Dobbiamo sape-re che assieme alle SS, a compiere stragi come questa, c’erano anche degli italiani.

Alcuni erano molto giovani. Alcuni scel-sero la Repubblica di Salò in buona fede. Ma questo non diminuisce la colpa e la gravità delle loro azioni, e non cambia la verità storica, e cioè che da una parte – lo ripeto- c’era il bene e dall’altra il male; da una parte c’erano i partigiani, c’era chi scelse la Resistenza e la lotta per la libertà e la democrazia, dall’altra c’era chi scelse, con Salò, la Germania hitleriana, i princi-pi antisemiti contenuti nella Carta di Vero-na e prima ancora nelle leggi razziali del ’38, la collaborazione nelle deportazioni, nello sterminio degli ebrei, nelle leggi che insanguinarono questa terra. È nostro dovere non dimenticare, oggi, questo insegnamento. E’ nostro dovere non disperdere un patrimonio così grande e così prezioso. È nostro dovere, proprio per rimanere fedeli ai nostri valori fondanti, rinnova-re con saggezza e lungimiranza le nostre istituzioni. Perché i cittadini le sentano vi-cine, come una cosa loro. Ma ciò va fatto con saggezza e lungimiranza, senza toc-care i principi fondamentali della nostra bella Costituzione”.

L’assessore di Boretto Giorgia Bia, Adriana Zobo-letti e Anna Parigi, con il medagliere dell’ANPI

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La legge n.189 del 30/07/2002, meglio nota come “Bossi-Fini”, approvata dalla maggioranza di centro destra ad integra-zione e modifica della precedente in tema di immigrazione, la “Turco-Napolitano”, è caratterizzata da un approccio rigido, restrittivo ed escludente nei confronti degli extracomunitari che cercano di en-trare nel nostro Paese. Le principali no-vità introdotte riguardano il permesso di soggiorno subordinato ad un contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato prima dell’ingresso in Italia (in caso di licenziamento, dopo sei mesi il permesso scade), espulsione immediata degli im-migrati irregolari identificati e istituzione dei Centri di Identificazione ed Espul-sione (CIE) per quelli privi di documenti di identità, ove possono essere detenuti in via amministrativa (sic!) per un massi-mo di sessanta giorni sino alla definitiva espulsione, con previsione di reato pe-nale in caso di rientro. La legge prevede inoltre l’utilizzo delle navi della Marina militare per contrastare l’arrivo dei clan-destini, anche attraverso i respingimenti sulla base di accordi bilaterali con i Paesi limitrofi e l’identificazione degli aventi diritto all’asilo politico direttamente sulle navi, nonché il reato di favoreggiamento (sino a tre anni di carcere e 15.000 euro di multa per ogni persona favorita) per chi aiuta “in acque internazionali” i migranti ad entrare nel nostro Paese). Infine disci-plina (riducendole) le opportunità dei ri-congiungimenti familiari ed introduce la rilevazione delle impronte digitali degli immigrati regolari. Con la Bossi-Fini, il rifiuto dell’altro, del diverso, del lontano unito a uno striscian-te razzismo (o semplice ignoranza) che individua nel migrante e nel suo even-tuale insediamento un elemento di sov-versione dei nostri fondamenti culturali, sociali, religiosi e persino economici sino ad identificarlo come potenziale crimina-le sembrava aver raggiunto il suo picco più alto. Ma non è stato così: di fronte all’og-gettivo fallimento del raggiungimento

degli obiettivi che si prefiggeva, ovvero di fronte all’aumento dell’immigrazione irregolare (326.000 clandestini stimati nel 2012) alle difficoltà nelle espulsio-ni, all’implosione dei veri e propri lager chiamati CIE, la ratio che la animava ha rilanciato producendo il famigerato “Pac-chetto Sicurezza” dell’allora Ministro dell’Interno Maroni (Legge 15/07/2009, n.94), che ha introdotto il reato di immi-grazione clandestina (ammenda da 5.000 a 10.000 euro con processo davanti al giudice di pace) ed innalzato a sei mesi il periodo massimo di detenzione ammini-strativa nei CIE.Questo è il quadro normativo che ci ritro-viamo ancora oggi, al netto delle invettive, dei mal di pancia e dei cauti ripensamenti. Questo è il volto arcigno, ostile e immobi-le di un Paese che continua a considerare l’emigrazione un problema di ordine pub-blico e a non riconoscere “l’insopprimibi-le tutela della persona umana”. E’ ormai noto a tutti che il fenomeno dell’immigrazione clandestina deriva solo marginalmente dagli sbarchi sulle coste siciliane ed origina, soprattutto, dalla scadenza dei visti turistici o dal pas-saggio illegale via terra. Tuttavia, l’immagine delle carrette del mare, il bestiale traffico di esseri uma-ni e le frequenti tragedie che fanno del Mar Mediterraneo una sorta di cimitero subacqueo (19.142 corpi recuperati dal 1988, in realtà nessuno sa quanti siano) pongono con forza l’esigenza di un atteg-giamento solidale di accoglienza che fon-da la sua ragione d’essere sulla doverosa consapevolezza della “disuguaglianza” tra Paesi ricchi e Paesi poveri e, conse-guentemente, della migrazione per mo-tivi economici, ovvero di un lavoro e di una vita migliore. Al proposito, sarà forse il caso di ricor-dare a chi demagogicamente invoca di “aiutare gli immigrati a casa loro” che nel 2012 la riduzione complessiva dei fondi per l’assistenza allo sviluppo verso gli Stati africani da parte dei Paesi indu-

strializzati aderenti al Development Assi-stance Committee è stata del 4 percento rispetto all’anno precedente, con l’Italia maglia nera con un calo di ben il 34,7 percento. E che il trend, in tempi di crisi globale, non appare destinato a mutare.Ma i fatti di questi ultimi mesi eviden-ziano un aspetto ancora più terribile che cozza ancora più clamorosamente con l’atteggiamento legislativo ottuso ed inadeguato del nostro Paese: chi accetta mesi di privazioni, di sofferenze, di umi-liazioni e di violenze per potersi imbar-care senza alcuna prospettiva, non lo fa per vivere meglio, lo fa semplicemente per vivere. Lo fa per sfuggire dalla devastazione della guerra, dalla sopraffazione e dalla insopportabile condizione di ingiustizia che qualifica la quotidianità della propria esistenza. Si tratta di persone che fuggo-no dalla Siria, dalla Somalia, dall’Eritrea, dalla Nigeria, dal Mali, dall’Afghanistan perché hanno perduto ogni speranza e non hanno più nulla da perdere.Se la risposta a tutto questo continuerà ad essere l’incriminazione per immigrazio-ne clandestina (“atto dovuto”), così come è accaduto per i sopravvissuti di Lampe-dusa, o la detenzione per mesi nei CIE in condizioni di vita sub umane, se i diritti umani – perché di questo si tratta – con-tinueranno ad essere materia di polizia e di sicurezza nazionale, allora significherà per l’ennesima volta non aver compreso la dimensione e la gravità del fenomeno.Nessuno può ragionevolmente pensare la soluzione sia l’apertura completa delle frontiere, magari in nome di una conce-zione dell’accoglienza che non proble-matizza l’impatto sociale ed economico che inevitabilmente ne conseguirebbe. Ma, come qualcuno ha opportunamente dichiarato, visto che non possiamo fare tutto sarebbe giustificato non fare niente?Ben venga il coinvolgimento dell’Unione Europea, considerato che si tratta di un problema che va ben oltre i nostri confini nazionali, che spesso sono visti come un

La politica ha la memoria corta. E anche noi, la cosiddetta opinione pubblica, abbiamo la memoria corta. Ed allora, capita che la terribile strage di 374 migranti al largo di Lampedusa dello scorso ottobre tenda ad essere, esauriti il clamore, lo sgomento e le polemiche, quasi rimossa e riportata nell’ambito di quei fatti che fanno notizia – anche sensazionale – solo nel momento in cui accadono. Il dolore, l’orrore, le denunce e le controdenunce, le promesse e i mai più lasciano il posto prima ai distinguo sulle politiche da intraprendere in tema di immigrazione (propri di una compagine governativa che su questo ha al suo interno posizioni diverse e contraddittorie) e poi alla lucida, scaltra e comoda rimozione dell’urgenza del problema, che finisce per non dare risposta alla richiesta che da anni, costantemente viene riproposta dopo ogni tragedia del mare: non è tempo di abrogare la Bossi Fini?

di Saverio Morselli www.segnalidipace.wordpress.comSegnali di pace/

C’era una volta la Bossi-Fini E c’è ancora

le rubriche

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Quando la ristrutturazione di Palazzo Busetti sarà ultimata e le attività com-merciali vi saranno insediate, l’attratti-vità commerciale del centro storico di Reggio farà un salto di qualità. Insieme al recuperato Mercato Coperto e anche alla capacità innovativa di commercianti autoctoni che stanno investendo per rin-novare i loro negozi e proporre ai reg-giani un’offerta commerciale di qualità, nel volgere di poco tempo la città potrà contare su alcune significative eccellen-ze commerciali. Eppure, appena ci si al-lontana dalla zona pregiata che ha come fulcro Piazza del Monte, l’impressione che si ha, girando per il centro storico, non è quella dell’eccellenza commercia-le, ma il suo contrario: l’impoverimento e la sciatteria. E’ vero, la crisi economica, la disoccu-pazione e la forte immigrazione hanno ampliato di molto la povertà e quindi la domanda di prezzi bassi. Decine e deci-ne di attività commerciali, di scadente qualità, hanno aperto e stanno aprendo in centro storico, talvolta gestite da im-provvisati commercianti italiani, spesso dalla nuova imprenditoria extracomu-nitaria. A dispetto delle norme vigen-ti che vogliono il centro storico come luogo dell’eccellenza urbana, nessun requisito di qualità, nessuna coerenza e rispetto del contesto urbano, vengono loro richiesti. Molte attività presentano con vetrine sciatte, insegne trasandate, scritte improvvisate, che imbruttiscono le strade storiche e i loro edifici. Quan-do ciò avviene il contesto urbano subi-sce un colpo ingiusto e non necessario. E’ un danno evidente alla comunità, ma non si fa nulla per evitarlo. Cosa impe-disce all’amministrazione comunale di pretendere qualità da chiunque intende

operare nella nostra città, soprattutto nel-la sua parte più antica? La liberalizzazio-ne del commercio non include il diritto alla sciatteria e all’incuria.Molte brutture potrebbero essere evitate con un nuovo e moderno regolamento per il decoro urbano, che fissi standard di qualità adeguati al contesto in cui cia-scuna attività intende insediarsi, a partire dalle vetrine, le insegne, i fregi, le comu-nicazione, ecc. La legge e i massimi regolamenti co-munali, PSC e RUE contengono norme anche per evitare l’eccessiva concentra-zione di negozi problematici, quali quel-li che hanno la loro ragione economica principale nella vendita di bevande alco-liche e creano degrado ma, al momento, sono del tutto ignorate. Molte di queste attività hanno aperto e stanno aprendo anche uno di fianco all’altro, caratteriz-

di Claudio Ghiretti, www.governareggio.itCittadini-democrazia-potere/

Commercio e decoro urbano: occorre una correzione di rotta

zando negativamente la qualità urbana e commerciale di intere vie, danneggiando le attività pre-esistenti e la vita e le pro-prietà dei residenti. Se si lascia che sia il mercato a decidere, il mercato crea i ghetti. Occorre una decisa correzione di rotta. Non è più tempo di stare alla fine-stra. Occorrono atti di governo della città coerenti con la decisione strategica presa: quella di fare del centro storico il luogo dell’eccellenza urbana. Oggi non è così. Molte zone sono il luogo dell’incuria, del disordine e della violazione delle regole di convivenza urbana.La realtà urbana sta cambiando rapida-mente ed è indifferente ai tempi della politica. Aspettare che sia la prossima amministrazione ad occuparsene è un comportamento del tutto inadeguato. Queste cose i cittadini le vedono ogni giorno e chiedono un intervento subito.

Uno scorcio di Via Sessi (foto Glauco Bertani)

le rubriche

passaggio obbligato per arrivare altrove. Ben venga il potenziamento di coordina-menti europei in grado di controllare e gestire i flussi. Ma nell’ottica della condi-visione solidale di una accoglienza degna di questo nome, e non di mera protezio-ne delle frontiere o di polizia marittima specializzata nei respingimenti come

spesso si è configurata Frontex , un og-getto misterioso creato nel 2004 dall’UE per la gestione delle criticità in materia di immigrazione, e che ora si vorrebbe rilanciare .Tuttavia, l’attesa di una strategia comu-ne europea non può costituire un alibi per rinviare sine die la sostituzione della

Bossi Fini con una legge rispettosa dei diritti delle persone che preveda fondi e strutture in grado di affrontare una emer-genza destinata a durare.

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le rubrichedi Massimo BecchiPrimavera silenziosa/

Per capire come si è evoluta la nostra città negli ultimi anni basta fare un giro in quelle che una volta erano le periferie cittadine, oggi inglobate all’interno della città e ricordarsi che tre cunei verdi dalla campagna si spingevano fin dentro alla città: si poteva in pochi minuti di bici-cletta passare dal centro storico ai vigne-ti. Le sensazioni però non dicono tutto e per completare il quadro delle politiche ambientali messe in atto dalla nostra amministrazione nell’ultimo ventennio ci possiamo fare aiutare dai dati raccolti da Legambiente nel rapporto Ecosistema Urbano, che dal 1995 chiede agli ammi-nistratori delle città capoluogo di provin-cia di fornire una serie di dati sulla qua-lità dell’ambiente e sulle politiche messe in campo. Se i primi anni sono stati di “rodaggio” oggi nessuno più mette in discussione questi rapporti, ormai conso-lidati negli indicatori e confrontabili con una serie storica significativa, che evita oscillazioni inspiegabili di un parametro da un anno all’altro. Qualità dell’aria: è stata oggetto di mol-ti documenti ed interventi legislativi sia nazionali che locali negli ultimi anni, sol-levando spesso accesi dibattiti. Alcuni in-quinanti sono certamente diminuiti, come il biossido di azoto, prodotto soprattutto dalla combustione dei motori endotermi-ci, quindi dal traffico veicolare e molto importante perché elemento fondamen-tale per lo smog cittadino, passato da 57 del 1988 a 36 µg/mc del 2012 come me-dia annuale di tutte le stazioni cittadine. Diverso l’andamento delle polveri fino, le PM10, che non accennano a scendere sotto la soglia dei 35 µg/mc come me-dia dei valori medi annuali registrati. Nel 2012 sono state di 75,5 , mentre bisogna andare al 2006 per avere un 28,1 µg/mc con punte anche di 55,3 nel 2001. Questo dato è influenzato dall’ andamento clima-tico più che dalle politiche della mobilità, del tutto ininfluenti a dire il vero, e ci per-mette di capire cosa respiriamo, visto che le polveri veicolano nei nostri polmoni tutta una serie di altre particelle organi-che ed inorganiche. Influisce sulla qualità dell’aria anche la presenza del teleriscal-damento, attestatosi attorno ai 77,80 mc/ab, valore di gran lunga superiore ad ogni altra città dell’Emilia-Romagna e secon-

Quando i numeri parlano da soli 18 anni di dati ambientali raccolti e messi

a confronto da Legambiente a Reggio Emiliado a livello nazionale, che ha contribuito alla sostituzione di obsolete caldaie a ga-solio (di cui molti condomini erano dota-ti) e di quelle domestiche.Trasporto pubblico e privato: se le PM10 non calano è anche perché l’uso del mezzo privato per gli spostamenti nella nostra città la fa da padrone. L’in-dice di motorizzazione, ovvero le auto circolanti ogni 100 abitanti (bambini ed anziani compresi) e ormai fisso a 66 da molti anni, il dato maggiore fra le cit-tà della nostra regione, confermato dal trend in decrescita dell’uso del trasporto urbano, che è passato dai 98 viaggi/abi-tante/anno del 1995 ai 66 del 2012, con una lenta ma graduale perdita di uten-ti ogni anno, a testimoniare come solo una rigorosa politica sui mezzi pubblici avrebbe potuto migliorare la mobilità cit-tadina. L’offerta di trasporto pubblico è di 33 Km/vettura/abitanti/anno, percor-renza annua per abitante dei mezzi pub-blici, terza solo a Bologna e Parma, che superano i 40 Km/vettura/abitanti/anno, discreta quindi, ma non sufficientemente appetibile dai cittadini.Sono invece letteralmente “esplose” le piste ciclabili, che ci vedono sempre ai primi posti a livello nazionale, oggi con 38 metri quadrati equivalenti ogni 100 abitanti. Molti usano quindi la biciclet-ta negli spostamenti cittadini, quota co-munque non sufficiente a compensare il massiccio uso dell’auto privata, princi-pale causa della scarsa qualità dell’aria cittadina. I motocicli circolanti sono 10 ogni 100 abitanti, in linea con le altre cit-tà emiliane. Stabili da anni le ZTL e zone pedonali, con 3,53 e 0,11 mq/abitante.Consumi idrici e depurazione: i conti-nui appelli al risparmio idrico e all’uso parsimonioso dell’acqua sono indubbia-mente serviti – come anche alcune annate molto siccitose e calde – tanto da abbatte-re i comuni pro capite dai 233 litri/giorno del 1996 agli attuali 132,3: quasi cento litri al giorno in meno per ogni abitante della nostra città. Oltre ai comportamenti virtuosi hanno anche contribuito i nuo-vi elettrodomestici e sciacquoni a basso consumo. Modeste anche le perdita del-le rete idrica, attestatesi al 10 percento (miglior dato nazionale), e migliora negli anni leggermente la depurazione: oggi

l’89 percento delle abitazioni ed attività di Reggio è depurato a fronte dell’80 per-cento del 1995.Rifiuti e raccolta differenziata: la pro-duzione di rifiuti pro capite è andata crescendo dal 1994 da 463 kg/abitante all’anno fino ai 790 del 2008, per poi calare nel 2012 a 676. C’è da dire che in questo dati sono ricompresi anche gli assimilati, ovvero quelli prodotti dalle industrie, che vengono raccolti e smaltiti sempre da Iren. Solo in questo modo si spiega la differenza con altre città italia-ne, che hanno valori ricompresi fra i 400 e i 500 kg/ab/anno. La raccolta differen-ziata si stabilizza al 56,9 %, dato in linea con il 2011 e che solo un salto qualitativo legato al porta a porta potrà fare salire. Per avere un metro di misura, nel 1994, agli albori, la raccolta differenziata era del 7,4 percento. Una grossa componente resta comunque legata al giro verde, che da quando è stato introdotto ha sensibil-mente aumentato la percentuale differen-ziata da ogni reggiano.Verde urbano: molto apprezzato dai reg-giani, la superficie a verde urbano frui-bile per ogni cittadino è di 27.09 mq/ab, un dato molto maggiore ai 12 mq/ab del 1999 ed in costante aumento negli ultimi anni.Consumi energetici domestici: a fronte di un maggior numero di apparecchiature ed elettrodomestici presenti nelle nostre case il consumi di energia è rimasto pres-soché costante intorno ai 1.150 kWh/abi-tante (solo nel 2005 e 2006 si superano di poco i 1.200 kWh/abitante).Politiche energetiche: restano mode-sti gli investimenti su edifici pubblici di solare fotovoltaico e termico, rispetti-vamente con 0,84 Kilowatt installati su edifici comunali ogni 1.000 ab e 1,50 mq installati su edifici comunali ogni 1.000 ab, dato comunque comune a molte altre città, così come è di 74 punti il dato sulle politiche energetiche, un indice sinteti-co in base 100, che misura l’esistenza di politiche basate su risparmio energetico. Raggiunge il valore 100 a Ferrara e Ri-mini.Un quadro a tinte variabili quello che emerge dai dati ambientali, con punte eccellenti come per le piste ciclabili, rac

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UNA LETTERA DAL NOSTRO GINO GHIACCIe la nostra affettuosa risposta

lettere

Reggio Emilia, 23.10.2013Al Presidente ANPI Giacomo Notarie p.c. ad Anna Ferrari, Presidente sezione cittadina.

Caro Presidente,con la presente io sottoscritto dichiaro di rassegnare le dimissioni da vice presidente della Sezione cittadina per motivi di aggrava-mento delle mie condizioni di salute, a far data da oggi.Nel ringraziare per la fiducia e la collaborazione accordatami in questi anni invio i miei più cordiali saluti.

Gino GhiacciCaro Gino, ci dispiace che le tue condizioni di salute non ti permettano di continuare la tua preziosa collaborazione come vice presidente della sezioni ANPI cittadina di Reggio. Tu sei stato prima un giovanissimo partigiano nella 77a SAP operante nella Bassa reggiana, poi, per decenni, protagonista della crescita democratica con un impegno particolare in seno al movimento cooperativo. Da ultimo, negli anni del tuo pensionamento, non ti sei seduto, ma hai prestato la tua preziosa collaborazione all’ANPI.Di tutto questo noi ti ringraziamo con affetto, certi che, nonostante il distacco da impegni formali, continuerai a farci visita nella sede di Via Farini e a non farci mancare i tuoi consigli, come sempre caratterizzati da una garbata e sorridente saggezza.

Giacomo Notari Anna Ferrari

GINO GHIACCI (partigiano benemerito)

e NOVELLA GRIMALDI 65 anni insieme

Gino e Novella si sono sposati il 20 novembre 1948 a Casoni di Luzzara. Hanno festeggiato il loro 65° anniversario di matrimonio in un ristorante di Reg-gio circondati dall’affetto dei figli, delle nuore e dei nipoti. Per ricordare il felice anniversario offrono a favore del “Notiziario” e rinnovano agli sposi infiniti e af-fettuosi auguri.Nella lieta circistanza la nostra Redazione e l’ANPI formulano fraterni auguri a Gino e Novella.

colta differenziata e perdite di acqua dalla rete ed altri indicatori che necessitano di robusti investimenti e un cambio di rot-ta radicale, in primis la qualità dell’aria, influenzata dalla attività produttive, dalle emissioni domestiche ma soprattutto dal-la mobilità privata, che la fa da padrone. A consolidare l’interesse dei reggiani per l’auto sono stati i continui investimenti in opere viarie delle ultime amministrazio-ni comunali, come la strada di gronda a sud, la variante di Canali e i progetti delle varianti di Rivalta, di Fogliano, della via Emilia bis e il parcheggio sotterraneo di Piazza della Vittoria, tutti a confermare che gli investimenti del comune di Reg-

gio sono e restano sempre concentrati sulla viabilità, con una produzione di assi viari indubbiamente singolare la cui efficacia resta spesso tutta da verificare, come quella di Canali, che non ha risolto che in parte i problemi della frazione pro-prio perché mal progettata o la tangenzia-le sud che di fatto è trasportisticamente scarica perché troppo lontana dalla città. Resta il dato positivo dei comportamenti dei cittadini, che negli anni hanno ridotto la produzione di rifiuti, aumentato la rac-colta differenziata, fatto investimenti in elettrodomestici a basso consumo ener-getico ed apprezzato ed utilizzato le piste ciclabili. La qualità dell’ambiente passa

in primis dai comportamenti dei singoli cittadini, che hanno dimostrato di pren-dere sul serio molte questioni ambientali, anche non certo sempre agevoli e como-de da attuare, dimostrando una volta di più come le campagne informative e di sensibilizzazione abbiano un loro peso nelle decisioni dei singoli. A maggior ra-gione la città deve ora dotarsi di una di-versa e più efficace politica di mobilità sostenibile, che non può essere solo con-finata alle piste ciclabili, ma che abbia la riduzione della mobilità privata come obiettivo prioritario.

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memoria

Fu l’inizio di un duro inverno quel mese di dicembre 1943. Da novembre i 7 fra-telli Cervi, il loro padre e Quarto Camur-ri, erano in carcere. C’era freddo in parti-colare nei cuori di tanta gente.Soprattutto nella Bassa ovest, Campegi-ne, Gattatico e dintorni, tra quanti già si erano impegnati, coi Cervi, nel dare rifu-gio a decine di ex prigionieri di guerra o ad antifascisti reggiani usciti dalle galere fasciste nell’agosto badogliano. Sappiamo dai verbali degli interrogatori ai Sette, che essi ebbero un comporta-mento di grande dignità. Non coinvol-sero nessun altro nella loro attività. Non fecero nomi. Aldo prese su di sé tutte le eventuali “colpe” (agli occhi degli aguz-zini), nel tentativo di salvare i suoi fratelli e Quarto. Ma il mese finiva con la fucila-zione, il giorno 28, al Poligono di tiro, dei Sette Fratelli e di Quarto.Era cominciato, quel mese, con l’arresto, da parte della gendarmeria germanica e della polizia di Salò, dei dieci ebrei reg-giani che poi finirono ad Auschwitz senza ritorno. Si poteva rimanere inermi di fronte a tan-ta ferocia da parte dei nazisti occupanti e dei fascisti riemersi al loro servizio, fa-scisti che dopo il 25 luglio erano scom-parsi dalla circolazione ed ora tornavano più feroci che mai?Un po’ in tutte le località della provincia, particolarmente in pianura, si andava svi-luppando quel movimento resistenziale, a volte spontaneo ma in gran parte orga-nizzato dal PCI e chiamato prima “lavoro sportivo”, poi “paramilitare”, che coin-volse uomini e donne. Si trattò di aiutare sbandati, soldati stranieri fuggiti dopo l’8 settembre ‘43 da campi di concentramen-to, a cominciare da quello di Fossoli, che divenne poi Campo di transito per i de-portati nei campi di sterminio. Da Fosso-li, nel febbraio ‘44, partiranno infatti per Auschwitz circa 600 ebrei (tra loro anche i dieci reggiani), catturati in varie zone del Nord Italia. Anche Primo Levi, catturato in Piemonte assieme a suoi compagni, fu su quel convoglio e ne racconterà il viag-gio e l’arrivo, di notte, ad Auschwitz, nel libro Se questo è un uomo.Tra quanti operarono tra ottobre e dicem-bre in quell’avvio di Resistenza, merita ricordare Dorina Storchi, che aiutò tra gli altri anche quel Nikolaj Aschenko diven-tato poi il delatore che fece arrestare di-versi partigiani e partigiane collaboratori dei Cervi nel salvataggio di tante persone

Quel dicembre di 70 anni or sonotra caccia agli ebrei e fucilazione dei Cervi

Il ruolo di tante donne reggiane fin dall’inizio della Resistenza. Diverse di loro finirono nel carcere dei Servi dal gennaio 1944.

a rischio cattura. Tra gli arrestati proprio anche Dorina, che già aveva accolto nella sua casa i coniugi ebrei francesi Modia-no, come raccontiamo in altra pagina, a metà gennaio ’44.I nomi che Aldo e i suoi fratelli avevano eroicamente taciuto vennero proprio ri-velati ai fascisti da uno di coloro, Ascen-ko appunto, che erano stati salvati nella rete resistenziale organizzata dai Cervi.Un gappista farà poco dopo giustizia del traditore alla periferia di Reggio.Tra quanti si mossero in quei giorni drammatici, gettando le basi di un mo-vimento che diventerà “di massa”, spic-ca il gruppo dei vecchi (anche se alcuni avevano poco più di trent’anni) antifa-scisti, reduci dalla guerra antifranchista in Spagna, dalle carceri fasciste o dalle isole di confino, in tutto una settantina di uomini: da Paolo Davoli a Sante Vin-cenzi, da Cesare Campioli ad Alcide Le-onardi, Attilio Gombia, Didimo Ferrari, Scanio Fontanesi, Vivaldo Salsi, Fausto Pattacini... Fu proprio Campioli, con il li-beraldemocratico avv.Pellizzi, con mons. Simonelli, con i socialisti Giacomo Lari e Alberto Simonini, a tessere le fila per la costituzione, già nel settembre ’43, del CLNP (Comitato provinciale di libera-zione nazionale), organismo unitario che guiderà politicamente, per tutti i quasi 20 mesi della lotta di liberazione, l’attività partigiana.Ma molti sono anche i nomi di donne che si potrebbero fare per questa fase iniziale della resistenza reggiana. Non è un caso che nel carcere dei Servi, da metà genna-io ‘44, fossero ristrette, con Dorina Stor-chi, anche Lucia Sarzi, Marianna Bonini e sua figlia Nalfa, Serena Pergetti, Teresi-ta Merzi, per l’attività svolta tra ottobre e dicembre del ’44 e denunciata dallo stes-so Aschenko. Anch’esse protagoniste, con Dilva Da-voli di Novellara, che sfuggì alla cattura, dell’attività di accoglienza e smistamen-to di ex prigionieri di guerra tra Cadel-bosco, Novellara e Campegine, facendo perno su casa Cervi.Da subito dunque il ruolo delle donne fu di grande importanza nella lotta di libera-zione e lo sarà per tutti i lunghi dramma-tici mesi che precedettero il 25 aprile ’45.Il prossimo anno 2014, in autunno, do-vremo realizzare una grande iniziativa per ricordare in particolare, ciò che fece-ro centinaia di donne reggiane lungo la cosiddetta “Settimana del Partigiano”,

di Antonio Zambonelli

iniziata in novembre 1944 e proseguita poi fin oltre il capodanno 1945.Mesi durante i quali, grazie all’organiz-zazione dei Gruppi di difesa, le donne seppero dare un fondamentale sostegno ai partigiani della montagna che, secondo il proclama Alexander, avrebbero dovuto tornare alle loro case in attesa di ripren-dere la lotta in primavera.Derrate alimentari di ogni genere, capi d’abbigliamento idonei a sopportare il ge-lido inverno ’44-45, furono raccolti nella pianura reggiana e fatti giungere alle bri-gate della montagna attraverso i “corridoi” predisposti dal Servizio di Intendenza.Nei pacchi che giunsero ai distaccamenti garibaldini nel dicembre ’44, assieme ai calzettoni di lana, ai giubbotti o berret-ti confezionati con pelli di coniglio, ai guanti, ecc., c’erano sempre anche bi-glietti o lettere di auguri per il Natale e il Capodanno imminenti. Auguri che oggi formuliamo anche noi, ai nostri lettori.

Nello scorso gennaio è nato un coro di canti popolari, con particolare attenzione alle tradizioni locali. Il coro è diretto dal maestro Tiziano Bellelli. Ci troviamo tut-ti i mercoledì alle ore 21:00 nell’Atelier Bligny, sede dell’Associazione Eutopia, in via Bligny 52.Chi è interessato è il benvenuto. Per info 0522 585595.

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Sabato 9 novembre u.s. avrebbe do-vuto svolgersi la cerimonia di consegna all’ANPI di Luzzara, da parte di Nerina Lanzoni, di cui pubblichiamo qui accanto la toccante testimonianza raccolta da De-nis Fontanesi, della sciarpa che il fratello Selvino indossava quando fu ucciso, poi impiccato, il 23 marzo 1945, con il com-pagno Luigi Freddi, entrambi dicianno-venni, al lampione presso il monumento ai caduti della prima guerra mondiale a Casoni di Luzzara. Un incidente occorso a Nerina, che ha riportato la frattura del femore, ha impedito che la consegna del prezioso cimelio potesse compiersi. Gli organizzatori hanno deciso di rinviarla a data da destinarsi, rinnovando a Nerina l’affettuoso augurio di una prossima gua-rigione. Tuttavia la commemorazione dei due giovani partigiani ha comunque avu-to luogo a Reggiolo offrendo l’occasione per rievocare una eroica e tragica pagina della Resistenza. La cerimonia si è aperta con l’intervento del sindaco di Reggiolo Barbara Bernardelli, seguito da quello del

suo collega di Luzzara Andrea Costa. Gia-como Notari ha illustrato il valore della lotta partigiana per aprire la strada a con-quiste storiche sancite dalla Costituzione repubblicana. Ha concluso, con un suo in-tervento, Alessandro Fontanesi.

avvenimentiCon il libro di Lucia Sarzi

alla sala Di Liegro a RomaSono stati evocati “quegli spazi di pia-nura emiliana-lombarda e piemontese, a cavallo del Po – come li ha definiti Mas-simo Storchi di Istoreco – dove più pro-fonda era stata la penetrazione ideale del riformismo socialista di fine ottocento e dove più si era estesa la costruzione di un contromondo fatto di leghe sindacali, Ca-mere del lavoro e Case del popolo”, alla presentazione del libro di Laura Artioli Ma il mito sono io. Storia delle storie di Lucia Sarzi. Il teatro la Resistenza la famiglia Cervi, Aliberti editore, avvenu-ta nella sede della Provincia di Roma, a palazzo Valentini, lo scorso 21 settembre per iniziativa dell’ANPI, della fondazio-ne Nilde Iotti, della Provincia di Reggio Emilia, dell’istituto Alcide Cervi, di Le-gacoop Reggio Emilia e di Istoreco.Un libro che, ha dichiarato Livia Turco, presidente della fondazione, “ci fa cono-scere una personalità di spicco della lotta partigiana – Lucia univa infatti amore per la lettura, amore per la recitazione te-atrale, amore per la politica, amore per la famiglia – e ricostruendo le sue vicende racconta ancora una volta quanto fu ricco e multiforme l’impegno delle donne”.Per evitare che sulla memoria di tanta energia profusa e di tanta intelligenza cali il silenzio e per contrastare pericolosi rigurgiti antidemocratici, l’ANPI di Reg-gio Emilia – ha ribadito la vicepresidente Fiorella Ferrarini – sostiene dall’inizio questa lunga ricerca e continua a dif-fonderla, in consonanza con l’impegno dell’Anpi nazionale – testimone la vice-presidente Marisa Ombra – volto a rende-re giustizia a tante madri della repubblica sconosciute o dimenticate. Sonia Masini, presidente della Provincia di Reggio Emilia, ha sottolineato a sua volta come promuovere questa biografia sia motivo d’orgoglio, perché quella di Lucia Sarzi è una delle più belle e com-plesse storie di donna.L’autrice, Laura Artioli, si è soffermata su quella altissima responsabilità della paro-la che Lucia aveva appreso sulle tavole del palcoscenico fin da bambina, quando il teatro dei Sarzi, viaggiando di piazza in piazza, ridestava le coscienze contro la tirannide fascista, e che poi – entrata nella Resistenza – avrebbe condiviso con Aldo Cervi e tutta la sua famiglia, fino al tragico epilogo del dicembre 1943.Una responsabilità che Lucia, a guerra

terminata, ha idealmente trasmesso a Ma-ria Cervi alla quale il libro è dedicato, lei che questa impresa ha così tenacemente perseguito.Mauro Sarzi, che tiene viva la tradizione di famiglia nelle scuole e negli ospedali, si è poi esibito in un piccolo spettacolo

Reggiolo, commemorazione dei partigianiSelvino Lanzoni e Luigi Freddi

irresistibile muovendo burattini - due pa-pere e una farfalla - che suo padre Otello e sua zia Lucia avevano costruito e ani-mato negli anni Cinquanta. Impossibile non tornare bambini, fra gli stucchi e le dorature della sala Di Liegro.

Nella foto da sinistra: Sonia Masini, Livia Turco, Marisa Ombra, Laura Artioli e Massimo Storchi

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memoria

Nella foto della pagina precedente Simone Lasagna, presidente ANPI Luzzara, consegna la targa il memoria di Luigi Freddi alla cugina Edda. Prima della consegna di due targhe donate dalle amministrazioni comunali di Reggiolo e Luzzara e ANPI provinciale, alle famiglie Lanzoni e Freddi, ragazzi delle medie, sulle note di Bella ciao e Fischia il vento, suonate da Lorenzo Iori col violino appartenuto a Luigi Freddi e donato nel marzo scorso all’ANPI di Luzzara, hanno letto la storia dei due partigiani ed il passo, dall’intervista di Denis Fontanesi, in cui la sorella di Selvino rievoca il drammatico momento in cui trova il fratello impiccato.

La vita di Nerina Lanzoni (Franca)

di Denis Fontanesi

Nerina Lanzoni, anche nota come Fran-ca, nasce a Brugneto di Reggiolo il 28 novembre 1927 da famiglia contadina e come i suoi fratelli, Adalgisa e Selvino, frequenta le scuole elementari del luogo. A soli sette anni perde suo padre e tutta la famiglia si appoggia ai nonni i quali, come braccianti agricoli lavorano e ri-siedono fra Villa Rotta e Casoni. Sono certamente anni durissimi per la mamma dei tre ragazzi, ma ben presto un concreto apporto famigliare proviene dalla sorella Adalgisa che diventa una brava sarta e da Selvino; assunto alle Officine Reggiane. Poi arriva la guerra e con essa anche il fatidico 8 settembre 1943. In quasi tutti i paesi e le frazioni della zona arrivano i tedeschi e i presidi della milizia fascista; molti giovani e uomini validi al lavoro sono catturati per essere inseriti nella or-ganizzazione tedesca TODT. E’ anche il momento in cui Selvino trami-

te suo zio Gaetano e Franco Cigarini (un altro resistente della Città capoluogo) en-tra a far parte della Resistenza e proprio con il nome di battaglia “Selvino”. Nessuno della famiglia ne è al corrente ed il ragazzo motiva le sue assenze da casa raccontando di essere al servizio dell’organizzazione TODT. In realtà en-tra in organico alla 77a Brigata SAP nel distaccamento di Reggiolo, rifugiandosi giornalmente in diverse case di latitanza, come quella della famiglia Consolini. Con il passare del tempo però Franca e Adalgisa intuiscono l’impegno clande-stino del fratello, mentre non è così per la madre, che lo scoprirà solamente alla morte del figlio avvenuta il 23 marzo 1945, quando in piazza di Casoni furo-no impiccati ai pali della linea elettrica i corpi di due partigiani: Luigi Freddi e Selvino Lanzoni, fucilati dopo perpetrate sevizie e lì lasciati per un giorno intero, come monito alla popolazione. Ed è proprio Franca a scoprirlo. La mattina del 24 la ragazza si reca a Ca-soni per fare spesa quando, percorrendo via Tomba, improvvisamente il fornaio del posto gli corre incontro stringendola fortemente con un abbraccio inaspettato, quasi violento, che spaventa ed inquieta Franca al punto di farla pensare ad un abuso alla sua persona. Riesce finalmen-te a divincolarsi da questa stretta e fra-stornata, quasi inconsapevolmente, il suo sguardo spazia verso la piazza per vedere il corpo del fratello pendere da un lam-pione, con la tuta blu, il collo arancione della maglia... i capelli scomposti ... Sen-za rendersi conto come, disperata, Franca

si ritrova a casa dei nonni ed ovviamente la notizia raggiunge anche la sorella e la madre. I mesi susseguenti sono vissuti quasi surrealmente, tanto che Franca ri-corda pochissimo di quei giorni (ha un vago ricordo di alcune visite di controllo effettuate a casa sua da parte dei fascisti - N.d.I.) ma, sta di fatto, che in casa non parlarono più della tragedia che li colpì. L’evento toccò intimamente anche tutti gli abitanti della zona, ed in particolare il materassaio di Casoni; circa otto mesi dopo l’eccidio, ad una zia di Franca rac-contò di non essere più riuscito a vivere in quella piazza perché, continuamen-te, riviveva le scene, i lamenti e le urla di dolore dei due poveri partigiani, uno dei quali chiamava ininterrottamente la mamma. La terribile ferita subita dalla famiglia sarà inguaribile, tanto che ogni 25 Apri-le degli anni successivi alla guerra non saranno mai vissuti con la gioia pur così intimamente desiderata, soprattutto dalla madre. Franca non tornerà più nel luogo dove il fratello Selvino è stato trucidato. Tuttavia, è proprio durante il periodo Resistenziale che Franca conosce Merzi Alfonso, incontrato diverse volte insieme al fratello. Questi incontri continuano anche a Li-berazione avvenuta, sempre più assidui, fino al loro matrimonio avvenuto appun-to il 13 aprile 1946. Da allora Franca ha condiviso la sua vita con Alfonso ed è ancora al suo fianco nel diffondere gli intramontabili e sempre at-tuali valori della Resistenza.

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Francesco Vegliante Torripartigiano Ivan

Albinea, 13 settembre 2013

Gentile Chiara Piacentini,con la presente lettera, a nome dell’ ANPI di Albinea, vorrei chiederle se sia possi-bile sostituire la targa della via France-sco Vegliante Torri, ubicata in Fogliano (laterale destra di via E. Fermi), con una di quelle del nuovo ordinamento. Ho ri-portato qui sotto alcuni esempi di nuo-ve targhe situate nel comune di Reggio nell’Emilia del cui tipo vorremmo che venisse installata nella sopracitata via.Vegliante Torri nacque nella frazione ra-misetana di Miscoso nel 1921 ed ivi visse fino al ’37 quando, con la madre (vedova di un mutilato della Grande Guerra) si spostò alla Spezia per poi trasferirsi nel comune di Licciana Nardi (MS) dove, nel maggio 1944, si unì alla formazioni par-tigiane della Brigata Leone Borrini. As-sunse il nome di battaglia Ivan, e, dopo una riorganizzazione dei quadri militari della Brigata, venne nominato coman-dante del Distaccamento Giannotti: una formazione operante sul crinale lunigia-no-parmense. Il 26 gennaio 1945 presso Villa di Pa-nicale (Licciana Nardi, MS), dopo un fallito tentativo di sganciamento, venne accerchiato, ferito e catturato dai militi

Pubblichiamo la lettera di Luca Mazzali dell’ANPI di Albinea inviata al Comune di Reggio Emilia in cui chiede che nella didascalia sotto il nome di Francesco Vegliante Torri venga riportata la dicitura “partigiano”. Facciamo nostra la sua richiesta perché anche questo sarebbe un altro piccolo ma significativo tassello di “costruzione” del museo diffuso della città, un tema che nel presente numero del Notiziario affrontiamo diffusamente.

repubblichini, i quali, poiché il Torri si rifiutò di collaborare e fornire preziose informazioni, lo trucidarono sul posto (fu finito con un colpo di baionetta alla gola). Per le sue coraggiose gesta e per non aver riferito alcuna strategica informazione al nemico, Vegliante Torri venne decorato con la Medaglia d’Argento “alla me-moria” al Valor Militare il 18/4/1963.La figura di questo valoroso combattente per la libertà, nonostante la prestigiosa decorazione militare, è stata a lungo tem-po dimenticata e solo da qualche anno, per merito della perseveranza di alcuni suoi discendenti, è tornata giustamen-te alla ribalta, specie a Licciana Nardi, dove, due anni fa per iniziativa del Sin-daco, gli è stata dedicata la piazza del mercato. Per quanto riguarda la nostra provincia, la figura di Vegliante Torri è stata prati-camente misconosciuta fino a pochissimo tempo fa: l’ANPI e l’ISTORECO aveva-no solo alcune informazioni a riguardo (nemmeno una fotografia), il suo nome non risulta tra quelli dei 626 caduti par-tigiani presenti sul “Pantheon della Resi-stenza” (il monumento accanto al Teatro R. Valli) nonostante il Torri sia nato nel comune di Ramiseto, comune nel quale solo recentemente, e sempre per merito dei suoi discendenti, è stato aggiunto il suo nome (per altro scritto in maniera sbagliata) nella lapide dei caduti parti-giani nella Guerra di Liberazione; nella

sua Miscoso né una targa e nemmeno una strada ricordano il suo estremo sacrificio.Proprio per questa involontaria ma per-durata sepoltura del suo ricordo, Le chie-do, a nome dell’ANPI di Albinea e dei parenti che hanno prontamente contattato il sottoscritto appena saputo delle mie ri-cerche sul loro congiunto, se sia possibi-le sostituire la targa della via Francesco Vegliante Torri con una di quella previste dal nuovo ordinamento, la quale, nella di-dascalia sotto il nome, possa riportare la dicitura “Partigiano Medaglia d’Argento al Valor Militare”, così come gentilmen-te richiesto dai suoi discendenti. Come ANPI di Albinea, grazie anche alla col-laborazione della sezione provinciale, stiamo cercando di riportare alla luce la figura di Vegliante Torri e sarebbe no-stra intenzione, sempre sia possibile, far collocare una targa presso la casa nata-le a Miscoso ed aggiungere il suo nome, correlato di fotoceramica, nel “Pantheon della Resistenza” di Reggio Emilia. La richiesta a voi inoltrata è una delle ini-ziative che abbiamo intrapreso per cerca-re di onorare questo giovane partigiano che per troppo tempo è stato dimenticato nella sua provincia d’origine: una prima pietra per cercare di ricostruire una me-moria sepolta per quasi settant’anni. In attesa di una Sua risposta Le porgo i miei più cordiali saluti

Luca Mazzali

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“Onore a quanti nella loro vita difesero Termopili, mai recedendo dal loro do-vere, pur sapendo che alla fine i Persiani sarebbero passati”. (da Kavafis, Termopili).

Corfù e Cefalonia Rinascita della nazione

In occasione del 70° anniversario dell’eccidio di Cefalonia l’Associazione nazionale Divisione Acqui ha compiuto un viaggio della memoria, al quale ho partecipato per il tramite del locale Isto-reco, nelle isole elleniche, ove i soldati italiani si opposero con le armi alla pre-potenza delle forze armate germaniche, rifiutando una resa umiliante e senza onore.Guidati dal presidente dell’Associazione e assistiti da valenti storici, abbiamo visi-tato con profonda commozione i luoghi nei quali la Divisione Acqui fu pressoché sterminata per avere eroicamente voluto difendere il proprio onore.Con noi erano anche tre reduci, salvatisi dall’eccidio grazie all’accoglienza di fa-miglie greche, che li sottrassero alla furia tedesca, a rischio della loro stessa vita.Quale pegno di riconciliazione e di fratel-lanza tra i popoli, sono stati recati in dono alcuni defibrillatori di ultima generazio-ne e un’autoambulanza compiutamente attrezzata.Assistiti con premura ed efficienza dal Console italiano e dall’addetto militare all’Ambasciata italiana di Atene, dopo avere reso il doveroso omaggio, in en-trambe le isole, al Milite Ignoto Greco, si sono svolte cerimonie commemora-tive davanti al Monumento che a Corfù ricorda i caduti italiani e greci, ove due violiniste elleniche hanno suonato strug-genti melodie, e con particolare solennità davanti al Monumento dei Caduti della Divisione Acqui a Cefalonia.Le autorità civili e militari elleniche non-ché i rappresentanti delle religioni greco-ortodossa e cattolica hanno onorato tali cerimonie con la loro presenza mentre quella più solenne, svoltasi a Cefalonia, corredata da picchetti militari di entrambi i Paesi e dalla banda d’ordinanza italiana, ha visto la partecipazione di alte Autorità politiche, civili, militari e religiose elleni-che e italiane.Non sono mancati momenti di affratella-mento conviviale con la partecipazione dei rappresentanti locali e l’esibizione del coro italiano “Vox Cordis”.Ad Argostoli abbiamo anche visitato il museo, curato dall’Associazione italo-greca “Mediterraneo”, che racchiude ci-meli e ricordi dei caduti, e una mostra di pittura pertinente al tema.

di Giancarlo Ruggieri

Un concerto nel teatro Kefalos di Argostoli con l’esibizione del coro italiano “Città di Tolentino” e del coro greco “Città di Argostoli” ha segnato il conclusivo momento di affratellante condivisione per un futuro di pace e di cooperazione. I lunghi e socializ-zanti spostamenti per mare e per terra hanno consentito a tutti i partecipanti di mettere in comune emozioni, memorie e impressioni evocate e suscitate dal viaggio.

Alcuni momento della cerimonia. Giancarlo Ruggieri davanti al sacrario

memoria

CarpinetiIl museo “Ugo e Deletta Cantarelli”

Il museo intitolato a Ugo e Deletta Can-tarelli, ospitato nella casa-torre di Poia-go, mette in mostra le opere di Ugo, fatte in legno, in pietra, in rame.Ugo Cantarelli e Deletta Daolio sono sta-ti entrambi partigiani, Ugo con il nome di battaglia Veleno, nella 76a bgt SAP “A. Zanti” e nella 144a bgt “Garibaldi”, men-tre Deletta militò nella 77a in qualità di staffetta. Si sposarono nel 1945.Sempre a Carpineti, all’interno della casa protetta “Don Cavalletti”, è ospitato il museo di navigazione tattile “Viaggio con le mani” progetto messo a punto dall’Istituto comprensivo di Carpineti per promuovere nuove forme di appren-dimento e stimolare gli alunni frequen-tanti con particolare attenzione ai ragazzi diversamente abili.

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Bassa ovest Ricordato a Poviglio

il 70° della SCELTA post 8 settembre 1943

A Poviglio, nella sala civica intitolata alla partigiana Rosina Mazzieri, vener-dì 11 ottobre si è svolta con pieno suc-cesso di partecipazione l’iniziativa sul 70° dell’inizio della lotta di liberazione, dedicata al tema della “scelta” dopo l’8 settembre 1943. Tra il pubblico rappre-sentanti delle amministrazioni comunali e delle sezioni ANPI della Bassa ovest (Poviglio, Boretto, Brescello, Campe-gine, Castelnovo Sotto e Gattatico) e il m.llo Schiano, comandante stazione CC di Poviglio. Il tema è stato affrontato attraverso le fi-gure di due povigliesi che, come tanti al-tri loro conterranei, seppero compiere la scelta antifascista: Tonino Montanarini, caduto da partigiano in Jugoslavia il 18 ottobre 1943 e Atos Larini, uno dei circa 8.000 reggiani che scelsero il duro inter-namento nei lager tedeschi, rifiutando la collaborazione coi nazifascisti. Di Larini, presente alla serata e assai in gamba dall’alto dei suoi 93 anni, sono stati letti brani da un suo ampio memo-riale scritto per i familiari ma che merite-rebbe di essere dato alle stampe. Tonino Montanarini, alla cui figura Zam-bonelli dedicò il libro “Spero in una vi-cina pace”.Lettere dal fronte di T.M. (1990), è stato rievocato nell’intervento dello stesso Zambonelli (che ha anche ra-gionato su 8 settembre ‘43 e scoperta di una diversa Patria) e attraverso la lettura di alcune sue lettere .La serata, aperta e condotta e conclusa dal Sindaco Giammaria Manghi, come sempre mostrandosi molto sensibile ai temi della memoria resistenziale ed ai valori che essa ci ha trasmesso, ha visto anche gli interventi del giovane coordina-tore ANPI Bassa Ovest, Enrico Orlandini (che ha efficacemente sintetizzato il ruolo dell’ANPI nella sua “nuova stagione”), e di alcuni dei presenti tra cui Zambelli, sull’antifascismo nel ventennio, Carpi (ANPI Gattatico) sugli IMI, Campanini per presentare alcune fotocopie del volu-metto ormai introvabile di Zambonelli su Montanarini.

Nella foto sopra da sinistra: Riccardo Paterlini che ha letto brani dalle letttere di Tonino Monta-narini e dal memoriale di Atos Larini; Enrico Orlandini , coordinatore ANPI bassa ovest, Anto-nio Zambonelli, Gianmaria Manghi.Sotto Un folto pubblico ha partecipato all’iniziativa nella sala civica “Rosina Mazzieri”. In pri-mo piano, seconda da sinistra, la dott.ssa Emilia Giaroli, affettuosa custode degli scritti e della memoria dello zio Tonino.

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EGIDIO BARALDI WalterPartigiano e comunista che ha lottato per la libertà e per la verità

di Alessandro Fontanesi

Il 1° ottobre di due anni fa moriva Egidio Baraldi, protagonista indiscusso della Re-sistenza reggiana, conosciuto da tutti col nome di battaglia Walter. Aver condiviso con lui non solo le idee, ma soprattutto gli stessi principi di riferimento che furono alla base della Resistenza, nonché un trat-to di vita, seppur breve, sicuramente sono un patrimonio che ha arricchito e non poco chi lo ha ricevuto. Quella di Walter è stata un’esistenza spesso tormentata, in particolar modo negli anni successivi alla guerra, ma sicuramente condotta con grande forza di volontà, con coraggio, con l’incrollabile fede negli ideali di gioventù, un’esistenza vissuta con ammirabile igni-tà e a testa alta. E questa è sicuramente la caratteristica in-discussa, che non si presta a chiacchiere o fraintendimenti, che ha connotato tutta la generazione dei resistenti e nonostante oggi la si voglia adombrare di macchie, dubbi e speculazioni infami. Baraldi è sta-to un comunista autentico, ma soprattutto un uomo vero che non si arrese a logihe di comodo, ma che preferì lottare fino in fondo per la verità che lo riguardava e a ragione, rimanendo fedele agli ideali che rimarranno per lui sempre immutati. L’in-dole ribelle di Walter si manifestò ben presto, fin dalla giovane età e fu pertanto logica e naturale conseguenza la sua ade-sione alla Resistenza ad appena 23 anni, tuttavia come per tanti altri partigiani, tra i quali l’amico Germano Nicolini, gli anni più duri e amari furono però quelli successivi alla Liberazione, quando si in-scenarono vere e proprie macchinazioni politico-giudiziarie ai danni dei protago-nisti della Resistenza. In quegli anni, a cavallo tra il 1947 ed i primi anni Cin-quanta, i partigiani finivano in galera e i

traditori dell’Italia, i fascisti, ne uscivano con le connivenze dello Stato, ricollocati tutti nei medesimi posti che ricoprivano durante il fascismo. Baraldi fu proprio tra quei partigiani a pagare un prezzo enorme, arrestato i primi di marzo del ‘47 con l’ac-cusa falsa ed infamante di essere il man-dante dell’omicidio del capitano Mirotti, venne condannato a 23 anni, ridotti poi a 16 in appello. Ne scontò 7, uscendo dalla prigione alla vigilia di natale del 1953, ma la sua resistenza non terminò quel giorno, quella fu una resistenza forse ancor più

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dura di quella armata ai fascisti. La resi-stenza di un uomo innocente ed onesto, che ebbe le spalle girate purtroppo anche da una parte dei compagni di partito, che avrebbero preferito il silenzio alla verità, anche di fronte all’evidenza. E quella ve-rità Walter l’ha difesa con coraggio fino in fondo, sicuro che per quanto impieto-

sa potesse essere, sarebbe servita anche alla Resistenza, sapendo riconoscere al-trettanto coraggiosamente quello che era stato fatto nel bene e nel male. Infatti il 16 maggio 1998, la Corte di Appello di Perugia assolverà definitivamente Baraldi dalla medesima macchinazione politico-giudiziaria ordita guardacaso nei confron-ti di un altro comunista, Germano Nicoli-ni, rendendogli giustizia dopo 51 anni, 1 mese e 9 giorni, rendendo giustizia ad un uomo innocente, al partigiano e comunista Egidio Baraldi, che nulla aveva da spartire con un omicidio compiuto 16 mesi dopo la Liberazione. Oggi troppo in fretta ci si è dimenticati dei tanti Egidio Baraldi di questo nostro Paese, probabilmente attingendo dalla loro storia e dal loro esempio, si sarebbero potute evi-tare tante delle degenerazioni presenti, tan-te speculazioni e tanta corruzione in ogni ambito della società. L’Italia tormentata di questi anni dovreb-be sentire forte l’orgoglio per questo suo passato, ma come se non bastasse dimen-ticarlo, quando non addirittura denigrarlo, per giunta si istituiscono “processi” po-stumi, farseschi e infamanti come quelli di un tempo, unicamente per screditare la Resistenza ed i suoi protagonisti. Tuttavia l’Italia della Resistenza è ancora qui e non terminerà di certo con l’ultimo dei parti-giani, perchè è la medesima che ancora oggi non piega la testa di fronte alle mede-sime ingiustizie e disuguaglianze di allora e che saprà difendere la sua Costituzione dagli attacchi dei banditi di turno, memore di quanti sacrifici siano serviti per ottener-la e l’esempio di Walter ne è la conferma incontrovertibile.

A distanza di alcuni mesi dalla scom-parsa del partigiano, compagno e ami-co Tonino, Enzo il nome di battaglia, le sezioni Anpi di Puianello, Montecavolo e Quattro Castella, unitamente all’Anpi provinciale desiderano rinnovare la me-moria della sua attività di partigiano , di antifascista, di imprenditore.Entrato nelle file della Resistenza parte-cipò a diversi trasporti di armi e alla bat-taglia della Sparavalle, fu in quadrato poi nella 77a Brigata SAP, III btg. Successivamente si ritirò a Ramiseto per-

TONINO MUNARI Enzodi Giorgio Romani

ché colpito da una grave malattia alle gambe che lo rese temporaneamente infermo. Fu curato da un medico tedesco, passato nelle file dei partigiani, e una volta guari-to, con l’aiuto del padre e di alcuni parti-giani ritornò nella Bassa reggiana. Il viaggio fu fatto sulla canna della bici-cletta del padre, che lo avvolse nel suo tabarro: la malattia aveva debilitato e fat-to dimagrire Tonino tanto da sembrare un bambino. Passarono così in modo avven-turoso vari posti di blocco tedeschi.

Di lì a poco tempo riprese l’attività com-battentistica e prese parte alla dura bat-taglia di Fosdondo, allontanandosi poi con altri partigiani attraverso un canale di liquami. In quel combattimento Tonino vide ca-dere alcuni dei suoi amici e compagni più cari, cinque furono i partigiani e due i civili uccisi, non fu mai possibile conteggiare le perdite nelle file fasciste, si stimò che fossero state alcune decine di morti.La guerra finalmente terminò e Tonino intraprese l’attività di imprendi-

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tore, prima fondò un calzificio quindi un maglificio in cui lavorarono più di cen-to dipendenti. Si trasferì poi a Puianello dove ricevette l’incarico di dirigere come Presidente la locale sezione ANPI. Fu un bravo dirigente, sempre presente e rispet-toso delle idee altrui, un partigiano di va-lore, un uomo di grande bontà e soprattut-to di grande moralità; ci piace ricordare la

gentilezza con la quale metteva a proprio agio chiunque.Gli amici e i compagni di Puianello, Montecavolo, Quattro Castella e Reg-gio Emilia porgono un forte abbraccio a tutta la famiglia di Tonino, soprattutto alla moglie Bruna che negli ultimi anni di vita del suo compagno si è prodiga-ta nel tesseramento e in tutte le attività

dell’ANPI locale. Un abbraccio anche ai nipoti che lo han-no amato in vita e lo ricordano ora.Ricordare, onorare significa non solo mantenere viva la sua memoria ma anche rinsaldare princìpi, vincoli e affetti che sono linfa vitale per un Paese.

ROMEO FERRETTIdi Gaetano Davolio

Cattolico partigiano delle “Fiamme verdi” di Modena, Romeo Ferretti è nato a Novellara il 26 dicembre 1925 ed è deceduto a Campagnola Emilia il 6 feb-braio 2013. La sua vita di lavoratore di-pendente e di cittadino democratico non è sempre stata serena e tranquilla, come per tanti altri della stessa generazione. Nato e vissuto nel periodo della dittatura fascista di Mussolini, ha dovuto parteci-pare alla guerra, ma poi ha scelto la Resi-stenza ed ha vissuto il dopo Liberazione, con la disoccupazione, la miseria e, come altri partigiani combattenti, per lavorare ha dovuto emigrare in Francia dal 1950 al 1955. Da Fossoli di Carpi, dove la fa-miglia si era trasferita, ritorna a Novella-ra nel 1957 e si sposa con Maria Veroni nello stesso anno. Ottiene finalmente un lavoro sicuro e permanente quando nel 1959 viene assunto dalla Bonifica Parmi-giana Moglia, in cui rimane fino al suo pensionamento nel 1984. Eletto rappresentante dei lavoratori nel sindacato CISL. All’interno dell’azienda, si distingue e acquisisce prestigio per il suo attacca-mento al lavoro, per il suo forte carattere, modesto, calmo e dinamico, disponibile sempre per la difesa dei lavoratori. Su-bisce un grave infortunio sul lavoro: a causa di una scossa elettrica di tremila volts, rimane in coma 12 ore, ma si sal-va, tuttavia le conseguenze si fanno sen-tire in seguito e da quella scossa non è più tornato la persona di prima. Ai nostri Congressi sindacali dello SPI-CGIL era sempre presente ed interveniva con la sua calma e modestia, esprimendo sempre la necessità dell’unità di tutti i lavoratori, dei pensionati, di tutti i bisognosi. Escla-mava infatti “Uniti si vince” e continuan-do diceva: “La polemica inutile, sterile e inconsistente sulla radici storico-ideolo-giche di ciascuno di noi non deve essere mai motivo di divisione, le idee vanno rispettate, ma la scelta del momento deve sempre corrispondere all’interesse gene-rale dei lavoratori e del nostro paese; gli

stessi obiettivi che si scelgono devono sempre avere una robusta base unitaria, come fu nella Resistenza”. Romeo fu infatti uomo della Resisten-za, un combattente per la libertà e la democrazia del nostro Paese; ha avuto il coraggio di fuggire dall’esercito della repubblica di Salò mentre stava all’ospe-dale S. Orsola di Bologna a curarsi una leggera ferita di guerra; non ha quindi scelto di nascondersi, ma ha deciso di entrare nell’esercito partigiano, affron-tando tutti i rischi che correvano in quel momento nelle nostre zone. Eravamo giovani a 17/19 anni, un po’ incoscien-ti, ma fortemente consapevoli dei rischi che ogni giorno si potevano incontrare: scontri armati violenti fra partigiani e brigate nere, bombardamenti giornalieri e notturni; si viveva un clima di sospetto, di spionaggio, di paura che la tua assenza al Distretto potesse causare l’arresto del padre o comunque di un familiare; solo di notte si trovava un po’ di pace, sia se eri di guardia sia se stavi compiendo qualche azione di sabotaggio. Certo era molto piacevole quando il Commissario politico ti convocava per una assemblea del distaccamento, nella

quale venivi informato dei nuovi fatti di guerra, ma ricevevi anche qualche lezio-ne di stile e di comportamento per chi vi-veva nella clandestinità, quindi il rispetto assoluto delle regole disciplinari, il valo-re dell’amicizia e della solidarietà fra i compagni di lotta, nell’intesa di formare unità e compattezza della squadra o del distaccamento. Romeo ha vissuto questi momenti, ha acquisito questi valori, sapeva esprimerli con la sua modestia e semplicità, dimo-strando un forte carattere ed una grande coscienza, che seguì ed espresse nel cor-so della sua vita. Non a caso gli fu con-ferita la medaglia al merito militare dalla Croce Rossa. Noi dell’ANPI di Campa-gnola Emilia lo ricorderemo così come l’abbiamo conosciuto e ascoltato nei nostri Congressi, onesto, generosi, ami-co di tutti, esemplare, in contrasto con questa nostra società, che anche lui com-batteva, perché il ladrocinio, la falsità, la mafia e la delinquenza non diventino mai prevalenti nella nostra vita civile e democratica, che abbiamo sognato in al-tri tempi. Rinnoviamo pertanto le nostre condoglianze alla moglie Maria e a tutta la famiglia.

Romeo Ferretti è il primo in piedi a sinistra nel corso di ginnastica organizzato dal sindacato nel 1988

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LuttiCiao caro compagno Uris, purtroppo l’ulti-mo saluto non abbiamo potuto tributartelo, come meritavi, quando era ancora in vita. Un improvviso ictus ha colpito Uris dome-nica 15 settembre, dopo che aveva parteci-pato il sabato a quella bella iniziativa sulla Costituzione al Casino dell’Orologio. Era molto contento per la grande partecipa-zione e per l’intento della manifestazione,

12/03/1957-17/09/2013

URIS BONORI

E’ venuta a mancare troppo presto Ro-berta Manzotti, a 48 anni, figlia e nipo-te di partigiani, iscritta all’ANPI.Lascia il figlio Riccardo e il marito Ivan, iscritto all’ANPI, che con im-menso amore e dedizione l’hanno se-guita fino all’ultimo dei suoi giorni. La Robbi ci accompagnerà sempre con la sua intelligenza, la sua ironia e il suo immamcabile sorriso.

ROBERTA MANZOTTI

In sua memoria offrono a sostegno del Notiziario Enrico e Mattia Orlandini e Maria Manzotti.

Il 1° ottobre u.s. si è spento, all’età di 91 anni, il partigiano Mario Turrini Gigi.Nato a Stiolo di San Martino in Rio da famiglia contadina, nell’estate del 1943 si trova arruolato nell’Esercito Italiano. Mandato in Sicilia a contrastare lo sbar-co delle truppe alleate, durante la ritirata il suo treno viene bombardato e lui si sal-

MARIO TURRINI (GIGI)

come ci ha detto la moglie. E chi avrebbe immaginato che sareb-be stata l’ultima volta che lo avremmo incontrato.Uris era un dipendente comunale, lavorava per i Musei Civici, da sempre convinto militante comunista, in gioventù nel PCI ed oggi nel partito dei comunisti italiani; persona dalla provata ret-titudine e onestà. Apparentemente burbero, Uris era invece un uomo spiritosissimo e allegro, persona mite e sensibilissima, un amico col quale era molto piacevole conversare e a cui piaceva in particolar modo dibattere di politica e per la quale si infervo-rava, convinto com’era delle proprie idee che ha orgogliosamen-te sostenuto in ogni occasione pubblica e privata, fino all’ultimo. Da quest’anno era entrato a far parte del direttivo provinciale del Pdci reggiano, ma soprattutto era spesso impegnato prestando la propria disponibilità nella locale Associazione italiana ciechi e ipovedenti. Aveva appena 56 anni. Si è spento martedì 17 set-tembre, alle prime ore del mattino, al reparto di rianimazione del Santa Maria Nuova dove era giunto ormai in condizioni di-sperate per le conseguenze dell’emorragia cerebrale provocata dall’ictus. Lascia gli anziani genitori iscritti all’ANPI, il babbo Ideo e la dolce mamma Maria, purtroppo lascia anche la moglie, la cara Ginetta, a cui vanno le nostre condoglianze e i nostri pensieri più affettuosi, anch’essa straordinaria compagna e che stringiamo in un grande, immenso, caloroso abbraccio. Come da sua volontà, per il suo ultimo gesto di generosità è stato disposto l’espianto degli organi. Giovedì 19 settembre, al pomeriggio, si sono svolti i funerali al cimitero di Coviolo, con rito civile, per rispetto delle idee di Uris, dove verrà in seguito cremato. Ciao compagno, ti saluteremo con la tua bandiera rossa, per que-sto viaggio che ci rattrista, ma convinti che ti porterà nel mondo dei migliori.Nella dolorosa occasione, il Partito per onorare la memoria dell’amico e compagno Uris, offre pro Notiziario ANPI.

Partito dei Comunisti ItalianiFederazione di Reggio Emilia

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va saltando dal convoglio (salvo atterrare su dei fichi d’India). Insieme ad altri commilitoni, dopo un periodo di cura presso l’ospedale militare di Ancona, rientra a casa. E’ qui che si trova, ancora in licenza, l’8 settembre 1943.A questo punto la decisione di non ripresentarsi in caserma a Reggio. Gigi resta latitante fino al giugno del 1944, quando sce-glie di unirsi alla Resistenza. Assegnato alla 37a Brigata GAP, partecipa ad azioni di disarmo di fascisti, assalto a veicoli tede-schi ed anche alla battaglia di Fosdondo del 15 aprile 1945, per la quale riceverà dall’amministrazione comunale di Correggio un diploma e una medaglia. Al termine del conflitto, il suo ruolo nella Resistenza viene riconosciuto con un Certificato al Patrio-ta firmato dal Comandante Supremo Alleato, Maresciallo H. R. Alexander, e una croce al merito della Repubblica Italiana.Nell’Italia del dopoguerra, Mario si costruisce una famiglia e la sua professione diventa, fino alla pensione, quella di camionista. Di carattere schivo, ma estremamente convinto di ciò per cui ha combattuto, ha condiviso i propri ricordi ed emozioni di vita partigiana soltanto con i famigliari più stretti, che a lui tanto de-vono in termini di rispetto di valori quali onestà, solidarietà ed impegno politico (da non confondersi con partitico).Mario ci lascia come messaggio quello di imparare a guardare le cose con i nostri occhi e schierarci e lottare per ciò che in coscien-za ci sembra giusto, senza alcun condizionamento. Grazie Mario, faremo del nostro meglio per applicare questo insegnamento.

Giulia Turrini

La ragazzina dei Cavazzoli con la guerra di Liberazione diventò grande in fretta. A 15 anni iniziò attaccando volantini contro il fascismo, portò armi e accompagnò partigiani dalla sua fra-zione fino all’Ospizio dove c’era una casa in attesa. Con le zie e la sua fa-miglia ha portato il suo sentimento di libertà dal fascismo alla Costituzione repubblicana con la quale si è ricono-sciuta l’eguaglianza dei cittadini, il ri-

LOREDANA REVERBERI

fiuto delle guerre e la libertà politica. La sua scelta è stata l’esempio personale di chi si è messo in gioco per il bene comune, come del resto fece colui che idventò suo marito, il partigiano Disaster Luciano Camellini.

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IN MEMORIARENZO FERRARINI (BUOZZI)

Attestatato del Comando Brigata Fiamme Ver-di aderenti al Comitato Liberazione Nazionale: “Questo Comando attesta che il patriota Ferrarini Renzo (Buozzi) di Ligonchio si è arruolato nel Corpo Volontari della libertà il 6/6/44, mettendo a disposizione una mo-tocicletta e una bicicletta di sua proprietà.Presentandosi portò a questo comando le armi di cinque militi che da solo aveva di-

AnniversariGIUSEPPE CARRETTI (DARIO)

8° ANNIVERSARIO

Il 2 ottobre scorso ricorreva l’ottavo an-niversario della scomparsa del Partigiano Giuseppe Carretti Dario, vice comandan-te della 145a Bgt Garibaldi, ex sindaco di Cadelbosco Sopra e presidente dell’ANPI reggiana per oltre 25 anni. Lo ricordano con profondo rimpianto le famiglie Carretti e Pioppi offrendo al suo Notiziario.

IN MEMORIADOMENICO BAISI (RENZO)

Ciao Renzo,ti ricordi la nostra poltroncina rossa? Ades-so è vuota e spesso sola, anche lei sembra aspettarti; “guarda” verso la porta come se dovessi entrare da un momento all’altro per rompere questo “pesante” e opprimen-te silenzio.Ciao, Renzo, a dopo ...

Giovanna

1° ANNIVERSARIOPARIDE ALLEGRI (SIRIO)

Il 5 ottobre u.s. ricorreva il primo anniver-sario della morte di Paride Allegri, Sirio. Gli amici del Centro vezzanese per la riconciliazione dei popoli, uno dei lasciti del suo ricco apostolato laico, lo ricordano offrendo pro “Notiziario ANPI”, memori del ruolo che Sirio ebbe come partigiano nella lotta di Liberazione, poi nella Ri-

IN MEMORIAARRIGO RIVI (ASKAR)

Arrigo, partigiano sulle montagne e par-tigiano nella vita, leale onesto e com-battivo. La famiglia, in cui ha lasciato un vuoto incolmabile, lo vuole ricordare a 6 mesi dalla scomparsa e nel suo 89° compleanno.La moglie Giuseppina, la figlia Patrizia, il genero Luciano, le nipoti Samanta con Masimo e Chiara, Simona con Luigi

sarmato a Cinquecerri e si unì al Gruppo che la stessa sera riuscì a disarmare il Presidio repubblicano di Ligonchio. In oc-casione del primo rastrellamento tedesco il Ferrarini restava solo sul posto e avvertiva il Comandante Carlo che si poteva rientrare in Ligonchio. All’arrivo del Comandante, verificatosi l’incendio di Cinquecerri, il Ferrarini scendeva con pochi uo-mini armati per provvedere alla difesa di Caprile e si portava poi a Cinquecerri riuscendo, tra le fiamme, a portare il suo aiuto alla popolazione.Nel famoso rastrellamento del 30 luglio combattè fino all’ultimo in località Rocca. Ricevuto l’ordine di ritirarsi, si portava poi sulle alture di Ligonchio dove piazzava un mitragliatore e at-tendeva l’arrivo dei tedeschi. Dopo l’incendio di Casa Bracchi ad opera del nemico, chiedeva ancora il mortaio ed essendogli stato concesso un secondo mitragliatore, assumendo la respon-sabilità delle due armi iniziava combattimento a oltranza. So-steneva così, da solo, la più impari lotta infliggendo perdite al nemico mentre nei pressi della Centrale cadeva eroicamente la medaglia d’oro Enzo Bagnoli amico e compagno di lavoro del Ferrarini.In momenti assai delicati e difficili il Ferrarini come Coman-dante di squadra fu animatore e seppe ben guidare i suoi uomini.In tutto il periodo di servizio prestato egli ha dimostrato oltre alle sue ottime doti di combattente il più assoluto disinteresse, forte attaccamento al dovere, senso di responsabilità e grande amor patrio.Si rilascia il presente certificato perché il patriota Ferrarini passi a far parte del Comitato di Liberazione Zona Montana in data 29 novembre 1944”.

Il Comandante Carlo

Certificato di patriota:

“Nel nome dei governi e dei popoli delle Nazioni Unite ringra-ziamo Ferrarini Renzo per aver combattuto il nemico sui campi di battaglia, militando nei ranghi dei patrioti tra quegli uomini che hanno portato le armi per il trionfo della libertà, svolgen-do operazioni offensive, compiendo atti di sabotaggio, fornendo informazioni militari. Col loro coraggio e la loro dedizione i patrioti italiani hanno contribuito validamente alla liberazione dell’Italia e alla grande causa di tutti gli uomini liberi. Nell’Ita-lia rinata i possessori di questo attestato saranno acclamati come patrioti che hanno combattuto per l’onore e la libertà”.

H.R. Alexander Maresciallo Comandante supremo alleato delle forze

nel Mediterraneo centrale

Le figlie Fiorella e Verenna Ferrarini offrono a sostegno del Notiziario.

costruzione democratica come animatore del Convitto scuola di Rivaltella.

e Federico, il fratello Renzo sottoscrivono per il Notiziario, di cui Arrigo era un affezionato lettore e sostenitore.

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AnniversariANNIVERSARI

SENNO RICCO’ (MISCIA)IVO SPAGGIARI (TELIN)

Nell’ottavo anniversa-rio della scomparsa dei Partigiani Senno Riccò Misca e Ivo Spaggiari Te-lin della 76a Bgt. SAP, la Staffetta Ida Adis, rispet-tivamente moglie e sorel-la dei Defunti, li ricorda sempre, unitamente alle

famiglie, con immutato affetto e sottoscrive a favore del Notiziario.

28° ANNIVERSARIOODOARDO BULGARELLI (MODENA)SEVERINA BISI

Nel 28° anniversario della scomparsa del Partigiano Odoardo Bulgarelli Modena, av-venuta il 30 novembre 1985, lo ricordano con immutato affetto insie-me alla moglie Severina Bisi, staffetta partigiana, deceduta il 15 marzo

ANNIVERSARIALICE SACCANIRENATO GIACHETTI

Una vita insieme di amore e di lotta per un mondo migliore. I figli Giancarlo e Giuliana, unitamente ai nipoti, nel ricor-dare i genitori parti-giani Alice Saccani (8/7/1918-2/11/2000) e Renato Giachetti

(2/7/1903-24/8/1964), sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

IN MEMORIASERGIO RUBERTELLI

A sei mesi dalla scomparsa del Partigiano Sergio Rubertelli, per anni dirigente e pre-zioso collaboratore dell’ANPI provinciale di Reggio Emilia, lo ricordano la moglie Giovanna Saccani e i figli Paola e Tiziana. Sergio era nato il 6 ottobre 1925 a Pieve Modolena, fu giovanissimo operaio alle OMI Reggiane. Dopo il bombardamento del grande complesso industriale dell’8 gennaio 1944 fu trasferito, con altri operai,

nello stabilimento distaccato di Cocquio, in provincia di Varese; lì entrò in contatto con le forze della Resistenza locale e fece parte della 121a Brigata Garibaldi “Walter Marcobi”, col ruolo di Capo squadra.Si unisce al ricordo anche la Redazione del Notiziario ANPI.

15° ANNIVERSARIOELIO TROLLI (SERGIO)

Sono passati 15 anni dalla scomparsa del Partigiano Elio Trolli Sergio, ma il ricordo di lui, della sua passione, del suo impegno per il turismo amatoria-le sono più vivi che mai in coloro che hanno avuto la possibilità di verificare la sua instancabile opera organizzativa in occasione dei tornei e dei raduni sui sentieri partigiani.

41° ANNIVERSARIOMARCO MARASTONI

Licinio e Afra Marastoni ricordano con rimpianto il 41° anniversario della scomparsa del loro amato figlio Marco. In sua memoria offrono a sostegno del Notiziario.

Si associano, nel ricordo dell’amico Marco, Laila e Lucia Grossi offrendo pro Notiziario.

2009, i figli Paris e Sirte, i nipoti, i pronipoti e i famigliari sottoscri-vendo pro Notiziario.

ANNIVERSARIANGELO GIARONI (DARTAGNAN)DOLORES GEMMI

Il 18 novembre ricor-re il 28° anniversario della morte di Angelo Giaroni Dartagnan, bracciante, ispettore di battaglione nella 76a Bgt. SAP “Ange-lo Zanti”. Giovane so-cialista, a 15 anni (nel 1916), nel 1921 fu fra

i fondatori della FGCI. Arrestato nel 1932 per appartenenza al PCd’I, seppe resistere a pesanti interrogatori. Potè così usufruire della “amnistia del decennale” concessa da Mussolini, e conti-nuare la sua attività clandestina. Arrestato ancora nel 1938 nella grande retata contro gli antifascisti reggiani, venne condannato a sette anni di reclusione dal tribunale speciale. Liberato dopo la caduta di Mussolini, all’indomani dell’otto settembre fu tra quella sessantina di reggiani ex carcerati ed ex confinati che co-stituirono il nerbo del nascente movimento di resistenza. Nel do-poguerra, sempre impegnato nel PCI oltre che nell’ANPI, rag-giunse la pensione come operaio del Comune di Reggio Emilia. Lo ricordano, assieme alla moglie Dolores Gemmi deceduta il 21 settembre 1982, dirigente dell’UDI nel post Liberazione, il figlio Gianni e la famiglia offrendo pro Notiziario.

Per onorane la memoria Licinio e Afra Marastoni, nel ri-cordarlo con immutato affetto, sottoscrivono pro Notiziario.

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Anniversari8° ANNIVERSARIO

Il 24 luglio ricorreva l’ottavo anniversario della scomparsa di Pietro Govi, partigiano combattente con il nome di battaglia Piret-to distaccamento “G. Matteotti” della144a Bgt Garibaldi. Per onorarne la memoria e per ricordarlo con profonda nostalgia agli amici e ai fa-miliari. Katia, Adele, Silvano, Nadia, Si-mona sottoscrivono pro “Notiziario”.

PIETRO GOVI (PIRETTO)

12° ANNIVERSARIOBINDO BONOMI (CARAMBA)

Nel 12° anniversario della scomparsa del Partigiano Bindo Bonomi Caramba, av-venuta il 5 dicembre 2001, già presiden-te dell’ANPI di Fabbrico, la moglie Idilia (Mora) Bellesia, i figli e i parenti tutti, nel ricordarlo sempre con grande affetto, sot-toscrivono pro Notiziario.

13° ANNIVERSARIOBRUNO MARZI (MEM)

Il giorno 14 luglio ricorreva il 13° anni-versario della scomparsa di Bruno Marzi Mem, Partigiano combattente del distac-camento “G. Matteotti” della 144a Brigata Garibaldi. Amministratore e Sindaco del Comune di Rio Saliceto dal 1946 al 1975. Per onorare la memoria e il suo inse-gnamento, lo ricorda con tanto affetto e profonda nostalgia agli amici la figlia Katia, Adele, Silvano, Nadia, Simona

sottoscrivono pro Notiziario.VociVoci ideali e care / di quanti morirono, o di quanti sono / per noi persi come morti./ Talvolta parlano neinostri sogni, / talvolta le ode nel pensiero la mente./ E con il loro suono affiorano per un attimo / suoni dalla prima poesia della vita / come musica, che si spegne, lontana nella notte. (Kostandinos Kavafis)

3° ANNIVERSARIOALFIO MAGNANI (IVANO)

Il 6 dicembre 2010 moriva il Partigiano della 77a SAP Alfio Magnani Ivano, di San Martino in Rio, per tanti anni attivo dirigen-te dell’ANPI locale. Era nato a Rio Saliceto il 7 dicembre 1924.Per onorarne la memoria la moglie Irma e la figlia Marzia sottoscrivono pro Notiziario.

Un vecchio In un anagolo di un caffè rumoroso / siede un vecchio, chino sul ta-volo; / con un giornale davanti senza amici / E sprezzante dell’atro-ce vecchiaia / pensa a quanto poco aveva goduto gli anni /in cui aveva forza, eloquio e bellezza. / Sa di essere molto invecchiato: lo sente, lo vede. / Eppure il tempo in cui era giovane gli sembra quasi ieri. Così breve il tempo, cosi breve. / E pensa a come la Saggezza l’aveva deriso, / e a come si era sempre fidato-che pazzia! - di lei, / bugiarda, che gli diceva: “Domani hai tanto tempo”. / Ricorda gli slanci repressi; e quante / gioie sacrificate. 0gni occasione persa / ora irride alla sua stolta saggezza. / ... Ma a furia di penasare e ricordare / il vecchio è stordito. E s’addormenta / con la testa apog-giata al tavolino del caffè. (Kostandinos Kavafis)

69° ANNIVERSARIOLINO GROSSI (PIERO)

Sessantanove anni fa, il 17 novembre 1944 a Legoreccio (Vetto d’Enza), veniva ucci-so dai nazifascisti il Partigiano Lino Grossi Piero. Aveva 20 anni. Nel ricordarlo con affetto, la sorella Fermina sottoscrive pro Notiziario.

13° ANNIVERSARIOARTURO LUSETTI (LUPO)

Il 3 dicembre 2000 veniva a mancare il Par-tigiano più giovane dell’Emilia Romagna: Arturo Lusetti, nome di battaglia Lupo. Or-mai sono trascorsi 13 anni, ma sei sempre nel nostro cuore.Ti abbiamo voluto tanto bene e non ti di-menticheremo mai tua moglie Edda, i figli Vanni e Rossana, i nipoti Davide, Vanessa e Beatrice. Per onorare la sua memoria la Famiglia sottoscrive a favore del Notiziario.

68° ANNIVERSARIOMARTINO BARTOLI

In memoria del padre Martino Bartoli, uc-ciso dai tedeschi nell’aprile del 1945 alla vigilia della Liberazione, la figlia Ada of-fre pro Notiziario.

IN MEMORIATERESINA BELLESIA (SONIA)

In ricordo della Partigiana Teresina Bellesia Sonia, appartenente alla 77a bgt SAP “F.lli Manfredi”, Leopierluigi Bellesia offre a sostegno del Notiziario.

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Anniversari2° ANNIVERSARIO

BRUNO LODESANI (JOSE’)

Per i compagni di battaglia, per la sua fa-miglia era un marito, un padre un nonno e un esempio.Lo ricordano la moglie Franca, i figli Iva-ne Anna Maria, la nuora Enrica e le nipoti Giorgia e Sara.

13° ANNIVERSARIOCESARINO CATELLANI

Il 16 settembre scorso ricorreva il 13° anniversario della scomparsa di Cesarino Catellani. La moglie Pierina Bisi e i figli Lina, Gior-gio e Stefano offrono pro Notiziario.

3° ANNIVERSARIOSETTIMO BALLABENI

Il 1° novembre ricorreva il 3° anniversario della scomparsa di Settimo Ballabeni.La moglie Teresa Cigarini, la figlia e i fa-migliari tutti, nel ricordarlo con immutato affetto, sottoscrivono, in suo onore, pro Notiziario.

12° ANNIVERSARIOALDO BALLABENI (ALDINO)

Il 17 novembre ricorreva il 12° anniver-sario della scomparsa del Partigiano Aldo Ballabeni Aldino. Lo ricordano la moglie Norma Catellani e la figlia Fulvia che sottoscrivono pro Notiziario

21° ANNIVERSARIOALESSANDRO DATTERI (FRANCO)

Il 26 novembre scorso ricorreva il 21° an-niversario della scomparsa del Partigiano Alessandro Datteri Franco. Lo ricordano la moglie Ave Rosati e i figli Fiorella e Cesare e in sua memoria sotto-scrivono per il Notiziario.

16° ANNIVERSARIOWERTER BIZZARRI

Il 5 gennaio prossimo ricorre il 16° anni-versario della morte di Werter Bizzarri, ex internato militare in Germania. Lo ricordano sempre con affetto la moglie Valentina Rinaldi e la nipote Annusca e in suo onore sottoscrivono pro Notiziario.

6° ANNIVERSARIOCARLO PORTA

Il 26 novembre scorso ricorreva il 6° an-niversario della scomparsa di Carlo Porta, presidente dell’ANPPIA di Reggio Emilia. Lo ricordano con affetto la moglie Lea e la figlia Vanna sottoscrivendo pro Notiziario.

13° ANNIVERSARIOANGIOLINO MARGINI (TEMPESTA)

Il 15 novembre ricorreva il 13° anniver-sario della scomparsa del Partigiano An-giolino Margini Tempesta della 143a Brg. Garibaldi, attiva nel parmense. Lo ricordano con immutato affetto la mo-glie Adolfina Bussei, la figlia Luciana, il genero, la nuora, i nipoti e i parenti tutti. Per onorare la sua memoria sottoscrivono pro Notiziario.

12° ANNIVERSARIORICCARDO SONCINI

Il 31 agosto 12° anniversario della scom-parsa del Patriota Riccardo Soncini di Poviglio. Nel ricordarlo sempre con tanto affetto, la moglie Maria Frigeri e la figlia Marina, in sua memoria, sottoscrivono pro Notiziario.

4° ANNIVERSARIOCARLO SONCINI

La nipote Marina, in occasione del 4° an-niversario della scomparsa dello zio Car-lo, sottoscrive in suo onore a sostegno del Notiziario.

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Anniversari14° ANNIVERSARIO

NEDO BORCIANI

Il 5 ottobre scorso ricorreva il 14° anniver-sario della scomparsa di Nedo Borciani, deportato in Germania. Dopo la Liberazio-ne fu segretario della Camera del Lavoro e sindaco di Fabbrico, dirigente cooperativo e pubblico amministratore. Lo ricordano con immutato affetto la mo-glie Vanda, i figli Elisabetta, Everardo e Paolo sottoscrivendo pro Notiziario.

IN MEMORIAEMORE TAGLIAVINI

Per ricordare Emore Tagliavini, scompar-so nel giugno scorso, Patrizia Tagliavini e Cesira Gibertoni sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

7° ANNIVERSARIOERCOLE SANTINI

Per onorare la memoria di Ercole Santini, nel 7° anniversario della scomparsa avve-nuta l’otto dicembre 2006, e nel ricordar-lo con immutato affetto, la moglie Bruna (Carla) e il figlio Paride sottoscrivono pro Notiziario.

4° ANNIVERSARIOLUIGI MAIOLI

Per onorare la memoria di Luigi Maioli, partigiano di Campegine, la moglie Ore-lei, le figlie Marzia e Miria e i generi, gli adorati nipoti Letizia e Lorenzo sottoscri-vono pro Notiziario e lo ricordano con tantissimo affetto.

IN MEMORIAADRIANA ORLANDINIADORNO ed EMORE TAGLIAVINI

In memoria di Adriana Orlandini, Adorno ed Emore Tagliavini rispettivamente madre, padre e fratello, Mirca Tagliavini sot-toscrive pro Notiziario.

3° ANNIVERSARIOMARIO CATELLANI

In memoria di Mario Catellani, nel 3° an-niversario della sua scomparsa.Anche se non ci sei più fisicamente, ti sen-tiamo sempre vicino a noi con i tuoi valori ed insegnamenti!Ricordiamo con te lo zio Ferdinando, i cugini Remo ed Ulderico Miselli unita-mente al cugino Sergio Davoli, trucidati dai nazifascisti.Il loro sacrificio come quello di tanti al-tri ragazzi, possa essere d’esempio a tanti

giovani delusi e sfiduciati!Con riconoscenza le tue donne: Annamaria, Lorenza e la tua cara Chiara.La famiglia Catellani-Paterlini sottoscrive pro Notiziario.

LuttoMAFALDA CUCCOLINI

Il 2 dicembre scorso è deceduta all’età di 94 anni Mafalda Cuccolini di San Roc-co di Guastalla, vedova del Partigiano Irmo Pazzi fucilato a Parma l’undici giu-gno 1944. La ricordano i familiari con un’offerta al Notiziario.

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euro

- GIULIANA PECCHINI – sostegno ..................................... 25,00

- MARINA SONCINI – a ricordo del padre Riccardo e

dello zio Carlo ................................................................. 50,00

- ADOLFINA BUSSEI – a ricordo del marito

Angiolino Margini ............................................................. 50,00

- TERESA CIGARINI – a ricordo del marito

Settimo Ballabeni ............................................................. 25,00

- ISTORECO – festa per il Partigiano

Fernando Cavazzini “Toni” ............................................... 200,00

- FAM. SALSI, CAVAZZINI e BORCIANI – per i 90 anni di

Fernando Cavazzini “Toni” ............................................. 150,00

- PIERA FANTESINI – sostegno ............... ........................... 35,00

- LEO GIARONI – a ricordo dei genitori .................................. 200,00

- ANNA FERRARI – a ricordo del padre Didimo”Eros” ....... 100,00

- FAM. CARRETTI-PIOPPI – a ricordo di

Giuseppe Carretti “Dario” ..................................................100,00

- VALENTINO GAZZINI – sostegno ................................... 60,00

- VANDA BORCIANI e figli – a ricordo di Nedo Borciani .... 40,00

- ADA BARTOLI – a ricordo di Martino Bartoli,

caduto a Pieve .................................................................. 20,00

- SEZ. ANPI REGGIOLO – sostegno ................................. 100,00

- MIRCA TAGLIAVINI – a ricordo di Adorno, Emore e

Adriana Orlandini .............................................................. 50,00

- PATRIZIA TAGLIAVINI e CESIRA GIBERTONI – a ricordo

di Emore Tagliavini ......................................................... 50,00

- CENTRO PER LA RICERCA DEI POPOLI – a ricordo

Paride Allegri .................................................................... 50,00

- LAURA e GIULIANA REVERBERI – a ricordo di

Loredana Reverberi .......................................................... 50,00

- GIORGIO LODESANI – a ricordo di Bruno Lodesani ..... 100,00

- FULVIA e NORMA CATELLANI – a ricordo di

Aldo Ballabeni ................................................................. 100,00

- NEREO GRASSI – sostegno ........................................... 20,00

- FAM. SASSI – a ricordo di Sassi Alfonso ......................... 50,00

- GIOVANNA SACCANI e figli – a ricordo del marito

Sergio Rubertelli .............................................................. 200,00

- ALBERTINA BAGNACANI, il figlio e fam. – a ricordo di

Renzo Cagossi .................................................................100,00

- ALBERTINA BAGNACANI – sostegno ............................. 10,00

- AVE ROSATI e figli – a ricordo di Franco Datteri .............. 50,00

- OSTILIANA PIPERI – sostegno ....................................... 30,00

- VANNA PORTA – a ricordo del padre Carlo Porta ........... 50,00

- VALENTINA RINALDI – a ricordo del marito

Werter Bizzarri .................................................................. 50,00

- LAILA e LUCIA GROSSI – a ricordo di Marco Marastoni ... 50,00

- ENZO RABITTI (Scandiano) – sostegno .......................... 50,00

notiziario

i sostenitorieuro

- RINA ZARDETTO – sostegno .......................................... 30,00

- on.ADRIANO VIGNALI – sostegno .................................. 50,00

- PDCI di Reggio Emilia – a ricordo di Uris Bonori ............. 80,00

- MARIA MANZOTTI, ENRICO e MATTIA ORLANDINI –

a ricordo di Roberta Manzotti ........................................... 100,00

- GIULIANA e GIANCARLO GIACHETTI – a ricordo dei genitori

Renato e Alice .................................................................. 400,00

- GINO GHIACCI e NOVELLA – anniversario matrimonio . 50,00

- SEZ. ANPI CAVAZZOLI-BETONICA – a ricordo degli associati

scomparsi. Giorgio Bedogni, Elio Baricca, Lelcisa Fantuzzi in

Spaggiari .......................................................................... 100,00

- LINA CATELLANI – a ricordo di Cesarino Catellani ......... 50,00

- FRANCO VALLI – sostegno ............................................. 30,00

- LUIGI GALAVERNI e NORMA – sostegno ...................... 50,00

- MORA BELLESIA – a ricordo di Bindo Bonomi ............... 200,00

- FERMINA GROSSI – a ricordo del fratello Lino “Piero” .... -

- IDA SPAGGIARI – a ricordo di Senno Riccò e

Ivo Spaggiari ..................................................................... 50,00

- GIUSEPPINA MUNARI e fam. – a ricordo di Arrigo Rivi .. 50,00

- EDDA LUSETTI TAGLIAVINI – a ricordo del marito

Arturo “Lupo” ..................................................................... 80,00

- PARIS BULGARELLI – a ricordo del padre Odoardo e della

madre Severina Bisi ......................................................... 100,00

- PIERLUIGI BELLESIA (Milano) – a ricordo di

Teresa Bellesia ................................................................. 50,00

- BRUNA BONACINI e PARIDE SANTINI – a ricordo di

Ercole Santini ................................................................... 50,00

- GIOVANNA BIANCHI – a ricordo di

Domenico Baisi “Renzo” ................................................... 30,00

- FIORELLA e VERENNA FERRARINI – a ricordo del padre

RENZO “ BUOZZI” ........................................................... 100,00

- SALES CONDU – sostegno ............................................. 20,00

- EGIDIO FONTANESI – a ricordo bisnonna Vittorina Manghi 25,00

- SEZ. CAMPEGINE – sostegno ......................................... --

- ORNELLA FERRETTI – sostegno ................................... 20,00

- DANTINA IOTTI PLACENI – a ricordo dello

zio Giuseppe Manghi ....................................................... 20,00

- SEZ. ANPI Poviglio – a ricordo d Giovanni Tedoldi “Franz” . 100,00

- SEZ. ANPI Poviglio – sostegno Associazione

e scuola Seilat .................................................................. 200,00

- BRUNO MENOZZI – sostegno ......................................... 20,00

- SEZ. CORREGGIO – sostegno scuola di Seilat ............... 50,00

- MIRKO e GIULIA MARISTELLA – a ricordo di Mari Turrini. 100,00

- MARZIA MAGNANI e fam. – a ricordo del padre Alfio ..... 50,00

- MARZIA MAIOLI e fam. – a ricordo del padre Luigi ......... 30,00

- LICINIO e AFRA MARASTONI – a ricordo del figlio Marco

e di Elio Trolli .................................................................... 200,00

- DAVIDE ZAMBONI – sostegno ........................................ 30,00

- FAM. CATELLANI e PATERLINI – a ricordo di

Mario Catellani ................................................................... 100,00

- PRIMO BENATTI – a ricordo di Mafalda Cuccolini ........... 20,00

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