Notiziario 256 - Frati Minori di Lombardia

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Anno XXXVII N. 255 Settembre-Novembre 2015 Anno XXXVIII – n. 256 – Settembre e Ottobre 2015 NOTIZIARIO Provincia di Lombardia “S. Carlo Borromeo” dei Frati Minori

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Notiziario della Provincia dei Frati Minori di Lombardia S. Carlo Borromeo: Anno XXXVIII - n. 256 - Settembre/Ottobre 2015

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Anno XXXVII ● N. 255 ● Settembre-Novembre 2015

Anno XXXVIII – n. 256 – Settembre e Ottobre 2015

NOTIZIARIO

Provincia di Lombardia “S. Carlo Borromeo” dei Frati Minori

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Anno XXXVII ● N. 255 ● Settembre-Novembre 2015

Indice

Riflessione del Ministro Generale – Assemblea UFME 1

Consiglio di Cooperazione

Baccanello – 5 settembre 2015 10

Assisi – 8 e 9 ottobre 2015 11

Dal Definitorio

Monza – 27 ottobre 2015 13

Testimonianze di vita fraterna

Nella Vigna del Signore 16

Poesia di fr. Pio Tagliabue 17

Ordinazione sacerdotale e diaconale – 10 settembre 2015 18

Dai Monasteri 22

Quando il canto si fa interprete della Parola 25

Il magistero dei migranti 29

Poesia di fr. Pio Tagliabue 32

FilmiAmo 33

Notizie di Casa 35

In memoria – fr. Carmelo Confalonieri 39

In memoria – fr. Anacleto Mosconi 43

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INCONTRO DELLE CONFERENZE D’EUROPA - UFME DUBROVNIK, CROAZIA - 19 OTTOBRE 2015 RIFLESSIONI DI FR. MICHAEL A. PERRY, OFM

MINISTRO GENERALE E SERVO

“Siamo ad un bivio importante per la storia dell’umanità. Un mondo nuovo sta per nascere e soffre le doglie del parto. La donna che partorisce soffre, ma quando è nato il suo figlio ritrova la gioia” (Verso le periferie con la gioia del Vangelo (VPGV), Documento finale, Capitolo generale 2015, par. 3)

Cari Fratelli Ministri delle Conferenze d’Europa, membri dell0UFME: il Signore vi doni la sua pace! È una grande gioia per me e per i Definitori generali fr. Ivan, fr. Lóránt e fr. Antonio essere qui con voi questi giorni riuniti in assemblea per condividere le preoccupazioni e gli interessi comuni, per trovare nuove strategie di collaborazione e per riscoprire come vivere i valori essenziali della nostra vita di Frati Minori in questo tempo. Questo, come ben sapete, era il tema centrale del Capitolo generale 2015 e sarà anche il tema che guiderà il lavoro del Definitorio generale nel prossimo sessennio, durante il quale cercheremo di liberarci per andare verso le periferie, verso i margini del nostro mondo contemporaneo. Inoltre, è molto chiara la chiamata dall’interno e dall’esterno dell’Ordine a ritornare ad essere ancora itineranti e missionari, disposti a portare la Buona Notizia del Vangelo alle periferie della nostra società. E questo lo dobbiamo fare in un modo che sia capace di risvegliare il mondo a nuove possibilità e nuove speranze, e che sappia offrire la misericordia, il perdono e la potenza della riconciliazione di Dio. In tal modo corroboriamo la grazia della nostra vocazione alla conclusione di questo speciale anno dedicato alla Vita Consacrata e ci presentiamo come precursori che annunciano il tema centrale dell’Anno giubilare della misericordia ormai alle porte. Siamo ad un bivio importante per la storia dell’umanità: le nuove sfide che l’Ordine dei Frati Minori deve affrontare in Europa Ci troviamo ad un bivio importante che plasmerà il volto della comunità umana, dell’ambiente, della Chiesa e dell’Ordine nei prossimi anni. Nel Documento finale del Capitolo (VPGV) troviamo queste sfide: , la rivoluzione digitale, che con Internet permette di diffondere le notizie in tempo reale, e la rivoluzione bioetica che sconvolge il nostro modo di agire sulla natura. Nuove forme di povertà sono nate, ad esempio la disoccupazione di molti giovani, la globalizzazione della violenza e della paura e il problema dei movimenti migratori di enormi masse di persone. A tutto questo bisogna aggiungere il cambiamento climatico, che comincia a preoccupare tutti i governi, e altri grandi problemi ecologici come la deforestazione, la perdita della bio-diversità e l’inquinamento dell’acqua e della terra, che toccano soprattutto i più poveri

a. la rivoluzione economica legata alla globalizzazione; b. la rivoluzione digitale; c. la rivoluzione bioetica che sconvolge il nostro modo di agire sulla natura; d. nuove forme di povertà cronica e di disoccupazione; e. la globalizzazione della violenza e le sue conseguenze;

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f. il problema dei movimenti migratori di enormi masse di persone, che sta avendo effetti diretti su molti dei Paesi rappresentati nell’UFME – nel 2014 c’erano 60 milioni di rifugiati o di migranti interni, 1 ogni 122 persone nel mondo (cf. D. Graham, 17 giugno 2015, “Violence Has Forced 60 Million People From Their Homes,” The Monthly Atlantic, http://www. theatlantic.com/international/archive/2015/06/refugees-global-peace-index/396122/);

g. una globalizzazione della retorica e della violenza terroristica; h. innovazioni biotecnologiche che stanno avendo effetti irreversibili sull’ambiente; i. un contributo negativo da parte dell’uomo al fenomeno del surriscaldamento

del pianeta, alla distruzione delle foreste e della biodiversità e all’inquinamento atmosferico.

Queste sfide alla qualità della vita umana e dell’ambiente esigono una maggiore attenzione da parte della Chiesa, come Papa Francesco ha evidenziato tanto nella Evangelii gaudium che nella Laudato Si’. Ciò che non è ancora chiaro è come noi Frati e Minori nel nostro tempo risponderemo a queste gravi sfide. Dedicheremo il tempo necessario ad approfondire la nostra conoscenza dei valori evangelici che sostengono la nostra vita? Svilupperemo nuove strategie per vivere le Cinque Priorità personalmente e fraternamente, nelle nostre Province e Custodie? Avremo il coraggio di tuffarci nel cuore del mondo, analizzando le sfide che ci stanno davanti e usando i migliori strumenti disponibili delle diverse scienze, unendo le forze con altre persone di buona volontà, al fine di proporre possibili soluzioni a queste domande cosi profonde? Lasceremo che queste sfide aprano in noi un nuovo desiderio di fare nostra la vita di penitenza vissuta e proposta da Francesco d’Assisi e dai suoi primi Fratelli, semplificando il nostro stile di vita, creando nelle nostre Fraternità “oasi” di misericordia, di riconciliazione, di autentico dialogo e di incontro? Siamo pronti e disposti ad intraprendere il cammino meno battuto (Robert Frost, The Road Not Taken), il cammino che richiede un’autenticità negli obiettivi e una testimonianza della speranza che ci è data nella morte e risurrezione di Gesù, un cammino di penitenza e di gioia evangeliche, e sceglieremo di restare sul cammino percorso dalla maggior parte dell’umanità, un cammino che non ci porta al cuore di Dio né dell’umanità ma, che, al contrario, ci allontana da Dio, da noi stessi e dal mondo?

Nel bosco mi sono ritrovato ad un bivio e io – io ho preso quello solitario e meno battuto,

E questo ha fatto la grande differenza. (Robert Frost, ‘The Road Not Taken” – Il sentiero non intrapreso)

Guardare il mondo dalle periferie: sviluppare una nuova ermeneutica per la vita francescana nel mondo d’oggi Una delle cose più sorprendenti che è capitata nella Chiesa è essersi spostata dal centro, da Roma, per andare verso le periferie, le Chiese locali. Questo movimento è cominciato durante il Concilio Vaticano II, ha preso ulteriore forma nei vari Sinodi della Chiesa, a cominciare da quello sull’evangelizzazione del 1971, per passare poi nei successivi Sinodi in Asia, nelle Americhe, in Africa e in Europa “fuori Roma”, ed è ancora più chiaro nell’attuale Sinodo sulla famiglia. Non è stato un cammino lineare, bensì si è interrotto ed è stato ripreso più volte. Il pericolo che la Chiesa e anche l’Ordine ritornino al loro interno e divorzino dalle realtà del mondo e del creato resta una minaccia costante, da tenere sempre sott’occhio.

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Papa Francesco ha anche giocato un ruolo maggiore nel modo in cui la Chiesa vive, riflette e testimonia attraverso i propri atti di giustizia e di carità. Il fatto che egli provenga dall’America Latina ha avuto un impatto rilevante sul modo in cui egli percepisce il mondo, la sua comprensione di come la Chiesa debba agire all’interno delle proprie mura e ci come debba impegnarsi nel mondo composta da comunità ecumeniche, inter-religiose e culturali. Non intendo offrire un’analisi esaustiva della visione che Papa Francesco ha della Chiesa e del mondo perché io non ho ancora capito che cosa stia succedendo nella sua testa “gesuito-francescana”, e credo che nemmeno nessun altro sia riuscito a farlo! Comunque, si intravedono dei temi-chiave del suo pontificato, che risuonano nei suoi scritti, nella sua testimonianza di vita e nel suo incarnare concretamente ciò che definiamo gli specifici valori francescani. Questi temi-chiave erano già presenti nella sua testimonianza di vita come Arcivescovo di Buenos Aires e hanno trovato sviluppo in maniera chiara e sistematica nel suo contributo alla Chiesa dell’America Latina ad Aparecida nel 2007 (cf. http://www.aecrc.org/documents/ Aparecida-Concluding%20Document.pdf ). Vorrei sottolineare alcuni di questi temi per suggerire a voi, cari Fratelli delle Province e Custodie delle Conferenze d’Europa, alcune linee di fondo che magari vorrete prendere in considerazione, mentre l’Ordine cerca di rispondere alla sfida di portare il Vangelo ai confini, alle periferie, nel contesto della situazione storica attuale. Temi centrali di Papa Francesco: 1. Dio è misericordia totale e non giudizio totale: il punto di partenza di Papa

Francesco riguardo al discepolato cristiano e alla vita di fede cattolica è la convinzione che Dio è misericordioso e cerca ogni modo possibile per offrire misericordia a tutti coloro che la chiedono, senza limiti né condizioni. L’Anno giubilare della Misericordia è una chiamata rivolta a tutta la Chiesa ad intraprendere la missione della misericordia verso tutti. [“Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre,” Misericordiae vultus, 1]. Guardare Dio attraverso le lenti della misericordia ci porta ad incontrarlo davvero per quel che è, ossia il Dio vivente e amante [cf. Evangelii gaudium, par. 3: “Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con esù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta”].

2. Dio si prende specialmente cura dei poveri, degli emarginati, di coloro che a causa della violenza dei sistemi politici, economici e culturali che disumanizzano la gente e la privano della capacità di vivere nella libertà di figli di Dio. La sfida per la Chiesa è abbandonare qualsiasi diritto speciale o privilegio e la ricerca dell’auto-accrescimento a motivo del Vangelo. La sfida per tutti i cristiani è abbracciare gli insegnamenti sociali della Chiesa come dimensione costitutiva della nostra fede. Non riuscire ad integrare i valori evangelici di giustizia, pace, integrità del creato e riconciliazione nella nostra vita e a cercare di camminare insieme con gli anawim Adonai significa fallire nel comprendere chi sia Dio e come agisca nel suo e nostro mondo (cf. Parte IV di Evangelii gaudium, par. 49; par. 176-221).

3. Dio cerca di abbattere i muri che ci separano gli uni dagli altri. Questi muri sono stati costruiti all’interno della cristianità e tra il cristianesimo e le altre religioni; separano le persone di buona volontà dai credenti e impediscono loro di collaborare in armonia per perseguire il bene comune. Per Papa Francesco compito del papa è creare opportunità di dialogo alla ricerca dell’unità dei cristiani e ri-orientare l’identità religiosa al fine di costruire ponti che permettano a persone di diversi credo e diverse culture di ritrovarsi per cercare cammini di pace e di verità [cf. Evangelii gaudium, par. 238-258, specialmente il par. 244, “Dobbiamo sempre

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ricordare che siamo pellegrini, e che peregriniamo insieme. A tale scopo bisogna affidare il cuore al compagno di strada senza sospetti, senza diffidenze, e guardare anzitutto a quello che cerchiamo: la pace nel volto dell’unico Dio”].

4. Dio agisce dall’esterno verso l’interno e dal basso in alto e la Chiesa, che è missione, esce da sé per andare dappertutto incontro al popolo di Dio. Questo risulta evidente nelle omelie, negli scritti e nella testimonianza di vita del Cardinal Bergogli0/Papa Francesco, che ha scelto coscientemente di vivere in semplicità, permettendo ai poveri di raggiungerlo e permettendo a sé stesso di raggiungere i poveri. Le sue corse in autobus e metropolitana a Buenos Aires gli offrivano la possibilità di avvicinarsi alla sua gente e toccare con mano il dramma della vita umana in tutte le sue forme. Egli spinge la Chiesa a mettere al centro della propria vita e testimonianza gli interessi altrui, specialmente quelli dei poveri e degli esclusi, e non il carrierismo e l’abuso di potere [cf. Evangelii gaudium, par. 27: “Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione.”]

5. Dio non cerca il potere ,a preferisce l’umiltà, non crede nel formalismo ma cerca la semplicità, l’accessibilità e la condivisione del ruolo dell’autorità in una maniera che rifletta il rispetto reciproco, la promozione della corresponsabilità e lo sviluppo della collegialità come modello del servizio dell’autorità. Papa Francesco cerca di potenziare le Chiese locali, affidando loro maggiori responsabilità e impegnandole in modo più chiaro e costruttivo in ogni settore della vita della Chiesa, imparando ad ascoltare la voce dello Spirito che parla ovunque nella Chiesa, non solo nel suo centro.

6. Dio desidera sporcarsi, entrare nella tragedia umana della vita della gente, nella sofferenza del creato e dare voce alla gente e al mondo che soffrono. Ci ricordiamo tutti la sua predica in cui ha invitato i pastori ad avere l’odore del gregge. Pertanto, la Chiesa è chiamata ad uscire dalle sue strutture fisiche e mentali per abbracciare gli essere umani e il creato in un modo che istilli fiducia, costruisca confidenza e promuova coraggio e speranza per tutti i popoli.

7. Dio è il Dio dell’ospitalità, che accoglie chi scappa dalla violenza e dalla minaccia di morte verso posti dove poter trovare tranquillità e nuove opportunità di vita in libertà, per poter vivere una vita degna da esseri umani. Nonostante alcune soluzioni proposte da Papa Francesco per rispondere alla crisi della migrazione mondiale non siano praticabili né contengano dettagli sufficienti per aiutare la gente a compiere le giuste decisioni, egli comunque dà voce a uno dei fondamenti biblici più profondi: accogliere lo straniero, l’orfano, la vedova e i poveri. Papa Francesco estende questa esperienza di ospitalità a coloro che si sono sentiti allontanati dalla Chiesa, i cattolici divorziati risposati, gli omosessuali, chi ha praticato o provocato l’aborto e tutti coloro che si sono sentiti emarginati dalla Chiesa istituzionale.

Una Chiesa che da testimonianza alla vita, morte e risurrezione del Signore Gesù e ai valori proposti dalle beatitudini del Regno di Dio (cf. Mt 5) è una Chiesa che, secondo Papa Francesco, porta in sé e condivide col mondo la visione di un Dio umile, che è misericordia

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totale. Il Dio che adoriamo è personale, amante, misericordioso e fedele. Il nostro Dio esce da sé e entra nell’esperienza esistenziale di ogni singola persona e del creato attraverso l’Incarnazione. Il nostro Dio rimane fedele alla promessa fatta ad Abramo e Sara di restare, abbracciare e accompagnare l’umanità e il creato nella via verso la piena realizzazione del Regno. I temi-chiave del pontificato di Papa Francesco, che guidano la chiesa, delineano gli elementi fondanti di quanto, vorrei suggerire, potrebbe costruire una nuova ermeneutica francescana per vivere il Vangelo nel XXI secolo, qui in Europa e in ogni parte del mondo francescano. Ecco questi elementi fondanti: 1. Un Ordine di Fratelli che cercano di rinnovare ogni giorno la propria relazione

personale con Gesù Cristo e fanno sì che Egli scorra nella loro vita – la nostra vita! – con misericordia, perdono, accoglienza, amore e gioia. Le crisi che alcuni Fratelli attraversano, la crisi economica che ha colpito fortemente la Curia generale e altre Istituzioni dell’Ordine in Europa e anche altrove e la crisi di umanità e di fede nella vita fraterna e nel servizio dell’autorità ci impongono di approfondire la nostra relazione con Dio, lasciando che Dio ritorni al centro della nostra vita, del nostro agire e del nostro servizio di autorità e di animazione. Dobbiamo, inoltre, cercare la riconciliazione tra noi in uno spirito di rinnovamento, cercando di perdonarci a vicenda, per ogni violenza che possiamo aver esercitato sugli altri, a livello personale o istituzionale, nelle nostre Entità, a livello di Conferenza e a livello di UFME. Non potremo procedere finché non ci saremo riconciliati, individualmente e istituzionalmente.

2. Un Ordine che cerca la via della minorità e della semplicità di vita, abbracciando il valore evangelico del vivere sine proprio, liberandosi per vivere e diventare amici e fratelli dei poveri e degli emarginati, dei rifugiati, delle vittime di traffici umani e di ogni forma di violenza, di ingiustizia e di disumanizzazione. Questo potrebbe avere serie ripercussioni sulle scelte che compiamo rispetto a dove dobbiamo vivere e lavorare e dove dobbiamo porre le fraternità di formazione, come molti voci al Capitolo generale hanno evidenziato, specialmente voci dall’America Latina.

3. Un Ordine caratterizzato da uno spirito di dialogo in ogni settore di vita, sia all’interno (tra i Fratelli) che all’esterno con tutte le istituzioni e i popoli; un Ordine che promuove i valori del Regno di Dio, che vive il sogno della riunificazione delle Chiese cristiane, che cerca una maggiore prossimità e un senso di fraternità condivisa con credenti di altre fedi, con non credenti e con tutte le persone di buona volontà. Sollecitando un’accesa discussione sulla crisi ecologica che il mondo sta affrontando, Papa Francesco è convinto che possiamo collaborare in tutte le dimensioni della nostra vita: ecumenica, inter-religiosa, culturale e scientifica. È un ottimista radicale perché crede che il dialogo cominci quando viene fatta riemergere l’immagine di Dio iscritta in ogni singolo essere umano. E così anche la ricerca del bene comune arriva al centro degli interessi politici, economici e socio-culturali. Noi Frati Minori, siamo pronti ad essere promotori di dialogo? Abbiamo le qualità necessarie, personali e tecniche, per portare avanti la nostra vocazione di uomini di fede e di dialogo? Siamo convinti davvero che il dialogo sia una qualità essenziale della nostra vita e vocazione?

4. Un Ordine caratterizzato da un rinnovato spirito missionario, dove i Fratelli si sentono spinti da Cristo ad uscire e condividere la Buona Novella attraverso la testimonianza di vita; dove le Province e le Custodie siano disposte a sacrificare i Frati migliori, per lasciarli camminare in modi nuovi, sviluppando forme che possano incarnare i valori francescani, forme in linea con i più profondi valori della nostra tradizione ma che possano anche offrire nuove opportunità affinché il popolo di Dio possa fare

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esperienza dell’amore, della misericordia, della pace, della riconciliazione e della gioia del Vangelo. Questo avrà serie ripercussioni sulle nostre attuali “buone opere” e strutture, nelle Provincie e nelle Custodie, come pure nella Curia generale. Questo dovrebbe sfidarci ad interrogarci sulle strutture fisiche che attualmente usiamo per realizzare la nostra missione di governo e amministrazione: sono le migliori possibili per l’oggi? O forse dobbiamo riflettere e decidere di abbandonare queste strutture in cerca di altre che ci aiutino a attuare la missione che Dio affida oggi al nostro Ordine? Questo implica che anche il Governo generale dell’Ordine dovrà riflettere sulla sua presenza nella Curia generale a Roma e sulla possibilità di aprirsi a nuove opportunità in futuro.

5. Un Ordine profondamente impegnato a combattere ogni forma di peccato sociale (S. Giovanni Paolo II, 1984, Riconciliazione e penitenza, par. 16), impegnato nei valori trasversali di giustizia, pace, integrità del creato e riconciliazione. Il Capitolo generale 2015 ha dichiarato urgente il bisogno per tutti i Fratelli dell’Ordine di integrare i valori di GPIC e della Dottrina Sociale della Chiesa nelle dimensioni spirituale, fraterna e missionaria della nostra vita. Ci sono ancora delle incomprensioni, delle paure e delle reticenze tra i Frati in alcune parti d’Europa e in altre parti dell’Ordine che impediscono loro di abbracciare le dimensioni sociali del Vangelo, la Dottrina Sociale della Chiesa, lasciando che essa dia forma alla loro spiritualità, alle loro relazioni fraterne e alla loro testimonianza evangelica nel mondo. L’attuale crisi dei rifugiati aggiunge ulteriore pressione sulle società e sulla Chiesa, testando la credibilità della nostra fede. È possibile, inoltre, che i nostri Paesi lascino crescere le nubi di un nuovo nazionalismo e protezionismo, che oscurano i valor più profondi che hanno permesso la fondazione di queste nazioni. Queste stesse nubi rischiano di penetrare la corazza del nostro impegno evangelico, trasformando alcuni Fratelli in nazionalisti esasperati, chiusi nei confronti di coloro che scappano da pericoli che minacciano la loro vita. Non dobbiamo lasciarci fuorviare da questi venti di paura e di xenofobia, né permettere che oscurino e trasformino il nostro cuore e la nostra mente. Al tempo stesso, dobbiamo essere critici e analitici, riconoscendo il bisogno di rispettare il dominio della legge e facendo molta attenzione ai singoli rifugiati, per non permettere che individui violenti e dediti al terrorismo infiltrino violenza e odio in Europa come in altre parti del mondo. E dobbiamo dialogare tra noi per vedere come possiamo rispondere, in qualità di Fratelli nel Vangelo, alle difficoltà dei poveri, dei rifugiati, delle vittime di ingiustizie e all’inarrestabile distruzione del creato. Al Capitolo è emersa chiaramente la preoccupazione per le condizioni di vita del pianeta. Questa preoccupazione è stata sollevata fortemente dai Fratelli asiatici, che stanno sperimentando in prima persona le conseguenze negative delle crisi umana ed ecologica di cui Papa Francesco parla nell’Enciclica Laudato si’. Il Capitolo generale 2015 ha già dato mandato al definitorio generale di preparare un documento sulla salvaguardia del creato; ma io sollecito ogni vostra Entità a intraprendere il processo di formazione alla luce della Laudato si’ e a verificare i modi in cui state o meno rispondendo alla crisi ecologica.

6. Un Ordine che mostri i valori del sine proprio e della semplicità di vita nella gestione economica. Come ricorderete, uno dei primi argomenti trattati nel Capitolo generale 2015 è stato quello della crisi economica, che sta impedendo alla Curia generale di mantenere fede alle proprie responsabilità. È emerso chiaramente che molte altre Entità dell’Ordine non stanno amministrando i beni che Dio e il popolo di dio ci hanno affidato secondo i valori della nostra vocazione francescana e le direttive della Chiesa. Non possiamo fare sconti alla trasparenza, al rispetto delle leggi dei Paesi dove viviamo e in cui operiamo. Non ci sono modi miracolosi per aumentare i guadagni e assicurarci così una stabilità economica. La recente crisi economica ha messo in luce tutto ciò. Inoltre, dobbiamo aiutare i Fratelli a riscoprire

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la “grazia del lavoro e della fatica”. Dobbiamo aiutarli ad rendersi conto di essere corresponsabili di quanto riceviamo come corrispettivo per il nostro servizio al popolo di Dio e per il nostro lavoro. I nostri Fratelli Cappuccini hanno scelto come tema del loro Consiglio Plenario 2015 proprio questo tema: “La grazia del lavoro”. Il piccolo manuale L’amministrazione francescana dell’economia offre una visione semplice e chiara di come dobbiamo usare delle risorse che sono state messe a nostra disposizione per grazia di Dio. La presentazione dei valori biblici, ecclesiali e francescani che devono guidare le nostre pratiche viene compendiata da linee-guida molto specifiche e concrete. Questo documento e i passi concreti in esso proposti in materia di trasparenza economica, dovrebbe essere studiato da tutti i Frati, a livello personale, locale e provinciale. Per di più, le line-guida dovrebbero essere integrate in tutti i sistemi di rendicontazione economica, nella speranza che questi possano essere legalmente conformi e possano riflettere i valori più profondi che diciamo di abbracciare come Frati e Minori.

7. Un Ordine i cui membri a livello di UFME, di Conferenze e di Province e Custodie sono impegnati a scoprire nuove vie da percorrere per una collaborazione tra le Conferenze, tra le Province e tra le Entità seria e sempre più intensa. In un’epoca di diminuzione numerica, di invecchiamento (ingrigimento) e di decrescita delle vocazioni, abbiamo davanti a noi due alternative tra cui scegliere in questo preciso momento storico: la vita, che significa impegnarsi con altre Entità all’interno delle Conferenze e dell’UFME, convogliando le energie, le risorse e le forze che abbiamo per condividerle e costruire qualcosa che serva a ciascuno e a tutti allo stesso tempo; oppure la morte, ossia lasciarci consumare dalla decrescente capacità di governarci, di animare e di impegnarci nell’evangelizzazione missionaria della Chiesa e dell’Ordine. Il sentiero della morte smaschera la mancanza di fiducia che a volte nutriamo reciprocamente tra diverse Entità dell’Ordine. Riconosciamo e onoriamo le esperienze e le sensibilità storiche e culturali, ma queste non possono diventare una scusa che blocchi l’azione. Alcune Entità preferiscono morire piuttosto che collaborare. Altre Entità hanno scoperto una nuova energia e una rinascita della speranza tra i Fratelli grazie al “dono della collaborazione fraterna”. Lo scopo della collaborazione non deve mai essere la sopravvivenza. La collaborazione serve a promuovere un rinnovamento nella visione, nel coraggio, nella speranza e nella gioia e non a prolungare l’agonia della morte e ad allungare la processione verso il cimitero. Il prezzo da pagare per la collaborazione è lasciar andare il potere e il controllo, lasciando che Dio porti qualcosa di nuovo in noi e tra di noi. Sollecito tutte le Entità dell’UFME a seguire il cammino della collaborazione immediatamente e con determinazione, lasciando spazio all’aspettativa che Dio opererà miracoli in noi e tra di noi. Questo vale anche per i programmi di formazione iniziale come per ogni altro aspetto di governo e di animazione della vita dei Fratelli.

8. Un Ordine che spera che “tutto possa diventare unico”, che i tre Primi Ordini – OFM, OFMConv e OFMCapp – possano iniziare un processo di dialogo, di scambio e di collaborazione, per intraprendere un cammino spirituale e fraterno che possa, un giorno, creare le condizioni per la riunificazione degli Ordini in un unico Ordine dei Frati Minori. Come già sapete, la Pontificia Università Antonianum, il Seraphicum e l’Istituto Francescano di Spiritualità diventeranno l’unica Università Francescana entro Pasqua 2018. La decisione è già stata presa e si concretizzerà senza se e senza

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ma. I rispettivi centri di studio hanno tempo fino a Pasqua 2018 per creare le strutture necessarie per portare avanti questa unificazione.

L’itinerario triennale verso il futuro C’è anche il cammino di penitenza, riconciliazione e riscoperta del dono della nostra comune vocazione condiviso tra OFM, OFMConv, OFMCapp e TOR. Questo cammino avrà luogo negli anni 2016-2018 e cercherà di promuovere un maggior senso della vocazione e della fraternità condivise. Nel 2016 l’attenzione si concentrerà sulla commemorazione dell’VIII centenario del Perdon d’Assisi. Sarà un tempo di penitenza, di perdono e di riconciliazione tra i Fratelli dei differenti Primi Ordini e del TOR. Nel 2017 si celebrerà il V centenario della Bolla Ite vos che in realtà divise i membri della Famiglia Francescana in Frati Minori della Regolare Osservanza e Frati Minori Conventuali. Ci sforzeremo di interpretare in una nuova prospettiva le forze e gli eventi che portarono alla divisione dell’Ordine dei Frati Minori, chiedendo perdono e cercando nuove strade per superare le offese storiche e le diverse interpretazioni e nutrendo la speranza e il sogno di un’eventuale riunificazione. La visita di Papa Francesco ad Assisi e i suoi suggerimenti ai Ministri generali hanno sollecitato fortemente il desiderio e il bisogno di avvicinarci di più gli uni agli altri e di cercare il sentiero dell’unità. Nel 2018 ci impegneremo a rafforzare sempre più i legami già esistenti, studiando nuove possibilità per vivere e lavorare insieme in modo interobbedienziale. L’unica Università a Roma è un asso in questa direzione. Si parla seriamente anche di creare diverse nuove fraternità interobbedienziali in diverse parti del mondo. La speciale relazione che esiste da tempo al centro studi “S. Bonaventura” di Lusaka, in Zambia, mostra come davvero sia possibile lavorare, studiare, pregare e vivere insieme. I Frati delle Case generali OFM, OFMConv e OFMCapp hanno cominciato ad incontrarsi condividendo la preghiera e il pasto fraterno. Cosa potrebbe essere fatto in più a livello di Province e Custodie e a livello di Conferenze Europee e di UFME per aiutare i Fratelli a entrare nello spirito di questo cammino triennale di fede, speranza e amore? So che ci sono Fratelli ed Entità che troveranno difficoltà a far proprio questo suggerimento, a motivo di conflitti storici, di offese di diverso tipo e di reciproca sfiducia. Allo stesso tempo, molti Frati Minori (OFM) in Europa hanno amici Conventuali, Cappuccini e del TOR. Pertanto, non è impossibile immaginare di partecipare a questo cammino triennale di condivisione. Il Definitorio generale sostiene appieno tale percorso e farà tutto il possibile per incoraggiarlo e favorirne la piena realizzazione. Riteniamo e speriamo che questo processo potrà aiutarci a crescere nella costruzione della fiducia fraterna vicendevole all’interno del nostro Ordine, favorendo la disponibilità a edificare un futuro sempre più condiviso. Promuovere una maggiore collaborazione tra le Entità in Europa: quale futuro per l’UFME? Come molti di voi sanno, alcune entità dell’UFME non sono pienamente rappresentate a questo incontro. Diverse sono le motivazioni, che saranno esposte dal Vice-Presidente dell’UFME, fr. Michel Laloux. Questo fatto deve farci fermare a riflettere ed esigerà un’analisi seria dello scopo e della missione dell’UFME in futuro. L’importante, credo, è continuare a promuovere vari forum di discussione in cui approfondire la nostra vocazione comune, condividere quanto impariamo nelle nostre Entità e anche nel lavoro di collaborazione con le altre Entità e cercare modalità per promuovere ulteriori progetti di collaborazione che coinvolgano non solo le strutture interne ma che ci sfidino a crescere nel nostro impegno verso il mondo d’oggi. Da questa analisi approfondita sullo “stato delle questioni umane ed ambientali” l’UFME e altri forum di condivisione tra Entità potranno aiutarci a sviluppare una maggiore capacità di collaborazione, al fine di reperire nuovi strumenti e metodi per portare avanti il programma specificamente

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francescano di evangelizzazione missionaria in ogni angolo d’Europa – Est, Ovest, Nord e Sud. Suggerisco di non cercare i possibili sviluppi futuri dell’UFME basandosi su quanto è stato fatto, elencando i successi o i fallimenti di alcuni progetti collaborativi del passato. Dovremmo, invece, guardare al futuro del mondo, al futuro della risposta della Chiesa e della nostra risposta alle sfide urgenti e pressanti che stanno di fronte ai nostri fratelli e sorelle, specialmente i poveri e gli emarginati, e che stanno di fronte alla nostra casa comune, al nostro pianeta. Dovremmo porci questa domanda centrale: come Ordine, chi dobbiamo diventare, perché Dio ci chiama a diventare, per il bene del mondo, del pianeta e dell’Europa? L’impegno a rispondere a questa domanda centrale richiederà molto sacrificio, l’impiego delle nostre qualità migliori per compiere analisi e preparare proposte d’azione, e la disponibilità da parte di tutti i Fratelli ad impegnarsi reciprocamente per il bene del pianeta, della comunità umana, della Chiesa e dell’Ordine. Anche se l’UFME non realizzasse mai pienamente le aspettative dei Fratelli delle diverse Entità che la compongono, dovremo ritornare ancora e sempre alla fonte della nostra comune vocazione e dovremo trovare nuove vie per collaborare più strettamente per il Regno di Dio, in nome della nostra presenza e testimonianza francescane e per il bene del mondo e del pianeta. Io temo solamente che, se continueremo a lavorare nei nostri piccoli, angusti mondi, chiudendoci in noi stessi, sperpereremo le nostre energie solo in manutenzione e assistenza, derubandoci e derubando i Fratelli della possibilità di creare una nuova visione, una nuova speranza e una nuova testimonianza condivisa della nostra vita evangelica per il bene del mondo e del creato. In ultima analisi, due sono le domande cui dobbiamo necessariamente rispondere. Primo: crediamo di essere chiamati ad andare verso le periferie con la gioia del Vangelo? Secondo: se rispondiamo positivamente e se questo impegno sta al centro della nostra attenzione e del nostro impegno concreto di vita, come possiamo aiutarci l’un l’altro al di là delle nostre rispettive identità e strutture provinciali o custodiali per realizzare questa comune vocazione francescana in Europa e nel mondo d’oggi? Grazie per la vostra cortese attenzione!

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Baccanello 5 settembre 2015

Consiglio di Cooperazione

Fr. Massimo Fusarelli dà inizio alle 9.30 all’incontro odierno del Consiglio di cooperazione con la preghiera ispirata al Vangelo liturgico del giorno. I Ministri sono tutti presenti. Il primo punto all’Ordine del giorno è la verifica della Assemblea dei Definitòri svoltasi a San Zeno di Montagna dal 24 al 28 agosto scorsi. Fr. Massimo invita i Ministri ad uno scambio di valutazioni sull’andamento della esperienza. Assemblea Definitori: Nello scambio viene sottolineata la positività della esperienza, che porta a compimento - dodicesimo anno - la tradizione di questo appuntamento che anno dopo anno è diventato uno strumento importante per il cammino verso la unione delle Province: nonostante la difficoltà e la parziale novità degli argomenti trattati (Amministrazione economica, Fondo Comune, Attività commerciali), il clima era molto buono. Lo spazio dedicato alla Evangelizzazione ha visto la verifica dei Progetti di Evangelizzazione in atto, e la scelta della Assemblea di dare particolare sottolineatura alla priorità della Pastorale Giovanile e della Cura Pastorale delle Vocazioni. Documento finale della Assemblea Definitòri: Viene dedicato uno spazio di confronto sul testo finale. Vengono approvate la bozza di Introduzione e di conclusione. Viene concordato di rinominare tutte le proposte come “decisioni”, in quanto approvate all’unanimità e quindi vincolanti, ad eccezione della 3.6 approvata a maggioranza (orientamento); viene pertanto modificata la numerazione dei punti 1 e 2. Lineamenta Capituli: Fr. Massimo Fusarelli presenta ai Ministri le modifiche operate nel testo dei Lineamenta in base alle osservazioni emerse nel corso della Assemblea. Viene ricordato che i Lineamenta raccolgono i contributi e le proposte emerse durante la prima fase di preparazione al Capitolo, che ha visto coinvolti Segretariati, Settori, Economi e Definitori, e dovranno guidare la seconda fase di preparazione, aperta a tutti i frati. Secondo la scelta votata all’unanimità durante la Assemblea Definitòri, viene sottolineata con forza nel testo la priorità data alla Pastorale Giovanile e Cura Pastorale delle Vocazioni. Vengono suggerite lievi correzioni di forma che vengono inserite nel testo. Si concorda che nella presentazione che verrà fatta per i Guardiani durante la Assemblea di settembre, si aiuti a comprendere il senso del cammino fatto ed il contesto generale…

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Assisi 8-9 ottobre 2015

Viene poi ricordato che la “metodologia ad imbuto” che si è scelto di seguire per la preparazione al Capitolo richiede che l’Instrumentum Laboris debba essere più semplificato rispetto ai Lineamenta, anche per aiutare a focalizzarsi - in sede di Capitolo - sulle proposte emerse e sulle questioni più importanti. Si concorda infine che i Ministri possano inviare commenti e correzioni sul testo dei Lineamenta fino al 10 settembre prossimo. Gruppo di lavoro sulle Attività commerciali: Fr. Massimo Fusarelli introduce la discussione sul Gruppo di lavoro per il discernimento da operare sulle Attività commerciali, come deciso nella Assemblea Definitòri di San Zeno di Montagna, e vengono fatte alcune ipotesi di nomi. Bozza del nuovo Sito Web: Fr. Stefano Dallarda presenta la bozza del Sito Web della nuova Provincia, approntato da fr. Giampietro Gobbo e dal sig. Francesco Baratella. La bozza viene approvata. Si concorda che il Sito, ancora nella sua veste provvisoria, venga fatto conoscere ai frati, in modo da avere qualche mese di tempo di “rodaggio” per consigli e indicazioni prima della nascita della nuova Provincia. L’indirizzo per visitare la bozza è il seguente:

http://www.ofmve.it/ofmni

Assemblea Guardiani: Viene preso visione del programma della Assemblea, inviato da fr. Fabio Piasentin,

Moderatore FoPe, e vengono concordati gli interventi: - Lunedì 28 settembre pomeriggio: sr. A. Smerilli; - Martedì 29 settembre “Proposte e progetti per la gestione economica”: a cura del Coordinamento Economi; - Mercoledì 30 settembre: • Presentazione Documento Assemblea

Definitori: fr. Francesco Bravi; • Presentazione dei Lineamenta e del

cammino verso il Capitolo 2016: fr. Massimo Fusarelli e fr. Stefano Dallarda;

• Percorsi e iniziative FoPe 2015-16: fr. Fabio Piasentin;

• Presentazione del Documento COMPI “Criteri e percorsi pedagogici” per le tappe della Formazione iniziale: fr. Lorenzo Raniero;

Spesa Laboratori Territoriali: Viene preso in esame il preventivo di spesa per le 3 giornate FoPe previste per ottobre. Si concorda che la spesa venga coperta dagli Economati provinciali in base al numero dei partecipanti per ciascuna Provincia. Varie ed eventuali: Fr. Massimo Fusarelli comunica che Samuel, in accoglienza ad Arco, ha lasciato la Casa e terminato il cammino; pertanto l’anno di Postulato sarà iniziato da 2 candidati. L’incontro del Consiglio si conclude con il tradizionale Agimus alle ore 11.52 per poter partecipare alla Iniziazione alla Vita Consacrata dei nuovi novizi.

Fr. Massimo Fusarelli dà inizio alle 15.30 all’incontro odierno del Consiglio di cooperazione tenuto ad Assisi - Casa Leonori - dove i Ministri provinciali sono riuniti per la annuale Assemblea COMPI. Come di consueto l’incontro incomincia con la preghiera ispirata al Vangelo liturgico del giorno. I Ministri sono tutti presenti. Fr. Francesco Bravi condivide la sua esperienza ad Assisi nei primi giorni di ottobre per l’offerta dell’olio della lampada votiva a san Francesco offerto quest’anno dalla Regione Lombardia insieme ai Vescovi lombardi.

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Assemblea Guardiani: Segue una valutazione dell’andamento della recente Assemblea Guardiani tenutasi a Castelletto di Brenzone dal 28 al 30 settembre. E’ stato molto apprezzato il contributo di riflessione sulla economia di sr. Alessandra Smerilli. Buona la partecipazione dei frati ed il clima di condivisione e di familiarità, nel quale si respirava già l’aria della nuova Provincia. Mappatura: Viene dedicato un ampio spazio di riflessione all’esame della Mappatura delle presenze, in vista della nascita della nuova Provincia. Viene ripreso il lavoro della apposita Commissione che aveva lavorato nel 2010-2011, poi discusso nella Assemblea Definitòri di Pergine dell’agosto 2012, ed il mandato della stessa Assemblea che affidava il proseguo del discernimento della Mappatura al Collegio dei Ministri . Viene sottolineato che il processo di ridimensionamento e ridefinizione delle nostre Presenze non è legato se non indirettamente al processo di unione delle Province, ma si fonda su una valutazione realistica delle proprie forze, che si desidera vivere anche come opportunità per ridefinire e rinnovare la nostra presenza come Frati Minori nel Nord Italia. Vengono quindi fatte alcune valutazioni anche in vista dell’Instrumentum Laboris del Capitolo. I lavori per questa prima giornata si concludono alle 19.25. Venerdì 9 ottobre 9.00 Nella prima parte della mattina si prosegue nel confronto sulla Mappatura. Preparazione del Capitolo provinciale: Fr. Mario Favretto presenta il verbale dell’incontro della Commissione liturgica per il Capitolo 2016 e le proposte emerse. L’analisi verte soprattutto sulla celebrazione della mattina del 16 maggio 2016, data della nascita della nuova Provincia a Padova: struttura della celebrazione e momenti di essa, luoghi e spazi adatti. Viene concordato di estendere l’invito a questo evento al Presidente e ai Ministri provinciali COMPI, al Ministro provinciale Conventuale e ai Ministri provinciali Cappuccini, ai presidenti regionali OFS. Il

Vescovo di Treviso (diocesi nella quale si trova la Casa di Camposampiero ove verrà celebrato il Capitolo) mons. Agostino Gardin, ex Ministro generale OFM Conv. e già Segretario CIVCSVA, verrà invitato a presiedere l’Eucaristia in una giornata della seconda fase del Capitolo. Il discorso si allarga poi su altri aspetti della preparazione del Capitolo provinciale. Fr. Matteo Giuliani viene nominato perito metodologo per facilitare i lavori capitolari della seconda parte del Capitolo, ad accezione delle unità di lavoro dedicate agli Statuti particolari, per le quali viene nominato fr. Cristoforo Paskiewicz (della Casa di Voghera) in quanto presidente della Commissione preparatoria per la bozza Statuti particolari. Economia: Fr. Mario Vaccari relaziona sul lavoro del Coordinamento Economi riguardante il Budget di previsione, gli Uffici e la Mappatura delle Attività, ed il cammino di fusione degli Enti. Segue uno spazio di riflessione e discernimento, in particolare sugli Uffici del nuovo Economato e sulla gestione dei dipendenti. Archivi provinciali: Fr. Maggiorino Stoppa viene confermato come Ministro referente per gli Archivi provinciali, e al tempo stesso viene nominato il dr. Riccardo Pedrini - laico archivista presso la Curia OFM di Bologna - come perito referente che sviluppi il lavoro necessario con le competenze dovute, in particolare in riferimento alle normative sugli archivi, alla Mappatura degli Archivi provinciali, al software ed ai criteri di catalogazione, ed ai criteri per orientare il passaggio del materiale “vivo” al nuovo Archivio provinciale corrente che avrà sede a Milano presso la Curia provinciale. L’incontro del Consiglio si conclude con il tradizionale Agimus alle ore 19.11.

Il segretario fr. Stefano Dallarda

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Monza 27 ottobre 2015

Dal Definitorio

I lavori iniziano alle ore 9.30 con una breve preghiera per la famiglia, scritta in occasione della conclusione del recente Sinodo sulla Famiglia. Segue l’approvazione unanime dei verbali del XXIV, XXV e XXVI Congresso definitoriale.

Il Ministro informa circa le condizioni dei fratelli ammalati e ricorda fr. Carmelo Confalonieri recentemente tornato alla casa del Padre.

Il Ministro provinciale ripercorre velocemente gli eventi significativi della vita della Provincia dell’ultimo periodo. Il 5 settembre, a Baccanello, le vestizioni e professioni; il 25 settembre l’inaugurazione della struttura polifunzionale che la Fondazione Piatti ha realizzato nell’ex-seminario di Varese; dal 2 al 4 ottobre il pellegrinaggio ad Assisi in occasione dell’offerta dell’olio per la lampada votiva da parte della Regione Lombardia; dal 5 all’8 ottobre l’Assemblea COMPI ad Assisi; il 9 ottobre, sempre ad Assisi, il Consiglio di Cooperazione. Il 10 ottobre, a Chiampo, presso il Santuario del Beato Claudio Granzotto, l’ordinazione diaconale di fr. Cristiano Castegnaro.

Fr. Francesco Bravi ricorda inoltre che il 18 e 19 settembre fr. Massimo Fusarelli, coadiuvato da fr. Roberto – esperto in materia economica, ha effettuato la visita canonica alla Curia provinciale. Oltre all’incontro fraterno con il Ministro, l’Economo e il Segretario, fr. Massimo Fusarelli ha ripreso alcuni aspetti della gestione della problematica finanziaria della Provincia.

Fr. Almiro Modonesi ha partecipato, in vece del Ministro provinciale, all’Assemblea dell’UFME tenutasi a Dubrovink dal 19 al 24 ottobre u.s. Nel corso dei lavori, a cui ha partecipato anche il Ministro generale, è stata verificata l’attuazione delle decisioni dell’ultima Assemblea. In particolare, la scelta di aprire almeno una fraternità internazionale in un paese del nord-europa ove non c’è la presenza di francescani. Dopo aver chiarito la competenza per la costituzione della suddetta fraternità, l’UFME ha ribadito la stessa opzione espressa nell’Assemblea precedente. Nei lavori Assembleari è stato altresì chiarito che la Comunità Europea dispone di fondi cui possono accedere anche le strutture caritative conventuali che si adoperano in favore dei migranti e dei rifugiati (ad es. mense, dormitori…). E’ stato deciso che l’Euroframe verrà organizzato con scadenze tali da non sovrapporsi alla GMG, e con la collaborazione degli Assistenti GiFra e degli Animatori vocazionali. Fr. Sabino Iannuzzi, attuale presidente COMPI, è stato eletto presidente dell’UFME.

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Fr. Marco Fossati ha partecipato, in vece del Ministro provinciale, all’Assemblea regionale della CISM. Si è continuata la riflessione sulla struttura dell’organismo e sulla revisione dello statuto. Fr. Marco parteciperà anche alla prossima Assemblea nazionale CISM che si terrà a Bari dal 4 al 6 novembre p.v. Il tema dell’Assemblea sarà: “Il denaro deve servire e non governare. La responsabilità del superiore maggiore e de suo consiglio per l’amministrazione e gestione dei beni ecclesiastici”.

Il Ministro provinciale comunica che il Cardinale di Milano ha istituito chiese penitenziali, per l’anno della misericordia, le chiese di s. Antonio in Milano, di S. Maria delle Grazie in Monza e di S. Maria nascente in Sabbioncello.

Dal 28 al 30 settembre si è tenuta a Castelletto di Brenzone (VR) l’annuale Assemblea dei guardiani delle Province OFM del Nord Italia. Si è lavorato per la preparazione del Capitolo di unione e si sono affrontati argomenti di natura economica (bilancio preventivo, presentazione della situazione patrimoniale e finanziaria della nuova Provincia, presentazione delle attività commerciali…). E’ stato molto apprezzato l’intervento di sr. Alessandra Smerilli, docente di Economia all’università, che ha aiutato i guardiani a comprendere l’importanza della dimensione economica della vita, anche della vita consacrata. La valutazione complessiva dell’esperienza è assai positiva, il Ministro comunica che anche nella nuova Provincia si organizzeranno degli incontri di formazione per i guardiani.

Dal 12 al 15 ottobre u.s., in tre sedi diverse dislocate sul territorio del Nord Italia, si sono tenuti i “Laboratori territoriali”. Tali incontri sono da collocarsi all’interno del cammino di preparazione del Capitolo di Unione del maggio 2016. Complessivamente l’esperienza è stata molto buona, con larga partecipazione di frati di tutte le Province (49 frati lombardi). E’ stata molto apprezzata la modalità (una giornata intera di lavoro: da pranzo a pranzo con pernottamento) che ha favorito la partecipazione. Qualche gruppo ha proposto di attuare la stessa modalità anche per gli incontri della nuova Provincia. Unica avvertenza è quella di lasciare un giorno libero tra un incontro e l’altro, in modo che anche le piccole fraternità possano allargare la partecipazione. C’è stato un ottimo clima di condivisione, concentrando l’attenzione sul positivo che già c’è. L’impressione è che ci si è incontrati tra frati appartenenti ad un’unica realtà, non si è percepito alcun senso di nostalgia per le “vecchie” province.

Il Ministro riferisce circa le decisioni del Consiglio di Cooperazione del 9 ottobre scorso (cfr. apposito verbale). Si sofferma in particolare sulla ripresa della mappatura e consegna a tutti uno schema riassuntivo che presenta lo status quaestionis. Il Consiglio di Cooperazione ha chiesto a ciascuna Provincia di individuare un convento a cui attribuire personalità giuridica, per ottenere eventuali finanziamenti regionali. Dopo breve confronto si ritiene che il convento più adatto a tale scopo sia il Convento di S. Antonio in Milano.

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Dal Definitorio

Il Ministro legge e commenta la Decisione 1.1 dell’Assemblea dei Definitòri di S. Zeno in Montagna ove si richiede “un’adeguata formazione” sia a livello provinciale che locale sui temi dell’Amministrazione comune, sulle Attività non istituzionali non lucrative e commerciali. Si decide, su proposta del CAE, di organizzare due incontri per gli economi locali: il 24 novembre, a s. Antonio in Milano, sul bilancio preventivo; un altro incontro nel mese di dicembre per completare la formazione sul bilancio preventivo e per informare su altri aspetti della vita economica (in quest’occasione si potrebbero raccogliere anche i premi assicurativi). Per informare adeguatamente tutti i frati, non essendo possibile organizzare un incontro assembleare, i membri del CAE si rendono disponibili per incontrare le singole fraternità in occasione di uno dei capitoli (o altro incontro) già programmati dalle fraternità. Tale incontro dovrebbe avvenire entro il mese di dicembre e avrebbe come oggetto: azzeramento del fondo presso economato provinciale, trasferimento del fondo TFR dei dipendenti all’economato provinciale a partire dal 2016, informazioni su ogni altro aspetto economico-amministrativo.

Si passa alla Decisione 2.3.2. L’Assemblea di s. Zeno ha chiesto ai singoli Definitòri di verificare le attività commerciali della propria Provincia al fine di valutare “la sostenibilità economica, le forze richieste, l’impronta carismatica, missionaria e sociale, procedendo ad eventuali chiusure o ridisegno delle stesse, elaborando proposte concrete da sottoporre al Capitolo provinciale” di unione. Le uniche attività commerciali della Provincia sono il “Centro d’Accoglienza” di Gargnano del Garda (BS) e le Edizioni Biblioteca Francescana (EBF). Dopo un breve confronto si decide di invitare al prossimo Congresso definitoriale fr. Paolo Canali così che possa presentare nel dettaglio l’attività delle EBF.

Il Ministro chiede a fr. Almiro Modonesi la disponibilità a visitare il monastero delle sorelle clarisse di Lovere per la preparazione al capitolo elettivo; fr. Almiro accetta. Fr. Francesco Bravi comunica che visiterà personalmente il monastero delle sorelle clarisse di Milano.

Il Definitorio incontra la fraternità di Monza per un momento di fraterna condivisione sul cammino della comunità a partire dalla relazione del Visitatore generale. Ci si sofferma in particolare sull’importanza di definire un chiaro progetto di vita fraterna che integri i molti e diversificati impegni dei frati (santuario, assistenza poveri, ostello, missioni al popolo, pastorale ad extra…). Si riflette anche su alcune questioni economiche (lavori e aspetti finanziari) della Provincia e della fraternità.

Si decide che il prossimo Congresso definitoriale si terrà a S. Angelo in Milano il 1 dicembre 2015. I lavori del Congresso definitoriale si concludono alle ore 16.35 circa. A laude di Cristo e del Poverello Francesco. Amen!

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NELLA VIGNA DEL SIGNORE Rezzato 11-13 Settembre 2015 di Giulia Aldeni

Testimonianze di vita Fraterna L'estate è sul finire, le ombre iniziano ad allungarsi, le foglie ad

ingiallirsi.. ma la gioia del Signore non si spegne e quale modo migliore di condividerla se non con altri giovani, dividendosi tra canti, preghiere, balli, riflessioni e lavoro nella natura?

Lo scorso fine settimana Gesù ha invitato noi giovani a Caprino Veronese, in mezzo ai filari, con Fra Matteo, Fra Enrico e Fra Gibo per farci capire ancora una volta attraverso il lavoro e la condivisione che è lui la nostra vite e che solo insieme a lui possiamo generare frutti.

E' già, lavoro e condivisione.. mica è sempre facile il cammino con Gesù..!

Per portare frutto ci vuole un po' di impegno e la volontà di mettersi in discussione per capire in che modo lui ci chiama, cosa ha pensato lui per noi.. qual è, secondo lui, la nostra missione. Bisogna tornare alla semplicità, alle cose essenziali e ci vuole il coraggio dire di no quando ci accorgiamo che quello che ci circonda o la realtà che stiamo vivendo non ci appartiene.

Questo weekend con altri giovani in cammino come me e con delle guide spirituali che portano Gesù in mezzo a noi, posso dire di aver gustato di nuovo la semplicità dei bambini che mangiano seduti per terra nel cortile dell'oratorio o su un prato e sono felici, la tranquillità e la pace del lavoro sano, quello in mezzo alla natura che rispetta i suoi ritmi e le sue regole, l'allegria di ballare e cantare tutti insieme senza pensare al giudizio degli altri, ma vivendo con gioia il momento e la condivisione, sì del cibo, sì degli spazi comuni, ma soprattutto della vita nella sua interezza, dei dubbi che attanagliano i giovani, delle loro perplessità e anche delle rinascite e delle riscoperte gioiose.

Ora la vita sì che ha un senso; non si va a letto insoddisfatti, non ci si alza con la voglia di lamentarsi, ma si cammina per mano con Gesù, per portare la sua gioia in mezzo a tutti e per prendere per mano tutti i tralci che si sono staccati dalla vite.

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NELLA VIGNA DEL SIGNORE

NOI TUTTI, ECCETTO I PIGRI, LAVORIAMO, DI P. PIO TAGLIABUE E QUANDO SIAMO INFERMI, NON POSSIAMO; DALLA BOLIVIA MA C’A ANCHE CHI NON VEDE L’ORA DI SUDARE PER USCIR DALLA MALORA.

COSCIENTE DEL PROBLEMA, IL BUON GESÙ, CHE SEMPRE CI SORVEGLIA DA LASSÙ, CI CHIAMA NELLA SUA VIGNA A LAVORARE ANCHE SE STIAMO VIVI IN FONDO AL MARE.

LA VIGNA DEL SIGNORE È IL SUO REGNO E LA VITE DA CURARE È OGNI ELETTO. BISOGNA RIMANERVI CON IMPEGNO, ZAPPANDO CON LA CROCE E RINUNCIANDO AL LETTO.

QUELLI CHE EGLI CHIAMA DI MATTINA, NON DEVONO NASCONDERSI IN CANTINA, MA ANDARE SOLLECITI AL LAVORO, PREGANDO SOLI O CANTANDO IN CORO.

LE VITI HANNO SEMPRE ALCUNI TRALCI CHE SEMBRANO CRESCIUTI A PUGNI E A CALCI, E CHI LI VUOL POTARE AD ARTE, NON PUÒ LASCIAR L’ESPERTO DA UNA PARTE.

EGLI A MEZZODÌ TORNA A CHIAMARE ANCHE CHI SI È SEDUTO PER PRANZARE: SI È RESO CONTO CHE VIENE LA TEMPESTA, ED HA BISOGNO DI UNA MANO LESTA.

È NECESSARIO STENDERE LE RETI SUI FILARI ED AIUTARE I VECCHI PRETI CHE VANNO A BENEDIRE QUALCHE PIANTA COL SECCHIO RICOLMO DI ACQUA SANTA.

NEL POMERIGGIO VISITA LA PIAZZA E VEDE MOLTI SEDUTI CON LA TAZZA. E AL CHIEDER: “PERCHÉ TANTI SFACCENDATI?” RISPONDON: “PERCHÉ NESSUNO CI HA CHIAMATI”.

ALLORA EGLI DICE ANCHE AI REFRATTARI: “VI ASSUMO TUTTI COME MISSIONARI, O COME SACERDOTI O RELIGIOSI, MA NON VOGLIO NÉ I LADRI NÉ I MAFIOSI.

ANDATE ALLA MIA VIGNA, CHE È UN CALVARIO: LÀ C’È LAVORO ANCHE FUORI ORARIO; E PORTATE CON VOI IL FERTILIZZANTE PERCHÉ CRESCANO I TRALCI DELLE PIANTE.

E CHE SI COMPIA CIÒ CHE IL PROFETA DICE: DOVUNQUE LA VIGNA METTERÀ RADICE E DARÀ OMBRA, UVA E VINO BUONO A CHI VIVE SOPRA E SOTTO IL TRONO!”

Testimonianze di vita Fraterna

ALL’IMBRUNIRE, QUANDO MANCA UN’ORA, IL GRAN SIGNORE CHIAMA ALTRI ANCORA. SON TRISTI, DEPRESSI ED ANNOIATI, PERCHÉ FINORA NESSUNO LI HA APPREZZATI.

MA CONFIDANDO NELLA SUA PROMESSA, VANNO ALLA VIGNA, POI ANDRANNO A MESSA, E INCOMINCIAN CON FERVORE A SRADICARE, TRAPIANTARE ED INNESTARE A TUTTO DARE.

E GIUNTA LA DOLCE ORA DEL SALARIO, RIUNISCE TUTTI QUANTI L’IMPRESARIO, E DÀ LA STESSA PAGA AGLI INGAGGIATI, ANCHE SE I PRIMI SI SONO LAMENTATI.

MA CON CIASCUNO IL SIGNORE È STATO BUONO E GLI HA DATO MONETE DA ULTRASUONO, PERCHÈ LAVORARE PER LUI È GIÀ UN ONORE ED ASSICURA PER SEMPRE IL GRANDE AMORE.

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ORDINAZIONE DIACONALE di fr. ALBERTO BURATO e fr. CRISTIANO CASTEGNARO ORDINAZIONE SACERDOTALE di fr. FRANCO DRIGO Chiampo 10 ottobre 2015 Mons. DINO DE ANTONI Vescovo Emerito di Gorizia

Testimonianze di vita Fraterna E' con un po' di commozione che anch'io applaudo al vostro

"Eccomi", detto con entusiasmo giovanile, accompagnato dai vostri genitori, familiari, superiori, amici e parrocchie che vi hanno seguito, incoraggiato, supportato in questi anni di formazione.

Alla commozione si aggiunge la gioia personale di ordinare un giovane al sacerdozio e altri due al diaconato nella famiglia francescana che ha dato e dà tanto alla Chiesa. Mi sento di dire che siamo di fronte a un triplice miracolo che si compie in questo incantevole nuovo tempio di Chiampo.

Il miracolo siete voi giunti ai piedi di questo altare, per mettervi al servizio dei fratelli nella Chiesa con lo spirito francescano nel quale siete stati formati.

Miracolo per le vostre storie personali. La prima di fra Alberto, ragioniere, perito informatico,

programmatore, conoscitore dell'inglese e del russo, esperto in ambito musicale (dentro il quale non si è fatto mancare nulla: musica religiosa, classica, gospel, spirituals), appassionato di computer, di fumetti e di video giochi. Ha vissuto il servizio civile presso la Caritas di Vicenza, si è coinvolto nelle esperienze di Medjugorie, di Taizé, del mondo focolarino, senza trascurare, tramite papà e mamma, il Rinnovamento nello Spirito. Per ultimo è arrivato s. Francesco ad affascinarlo e Alberto si è arreso. Ora, eccolo qua ad ammettere che è proprio camminando che si capisce la strada.

La seconda è una storia, altrettanto interessante , quella di fra

Cristiano, inseguito dal Signore fin dalla terza elementare, quando aveva scritto in un tema: "Voglio farmi sacerdote per aiutare gli altri". Cristiano ha cercato più volte di svicolare. Nel tentativo di defilarsi, il Signore gli ha fatto incontrare l'amore della sua vita, Sandra, che lo ha accompagnato per circa cinque anni e mezzo nel percorso di un normale matrimonio. E' stata un 'esperienza ed un dono bellissimo, anche se attraversato dalla sofferenza e dalla morte. Con Sandra, Cristiano ha scoperto che bisogna fidarsi del Signore, di non temerlo, perché Lui ci vuol bene. Ora dal cielo ti guarda, meglio ancora è qui presente, e ti ringrazia, fra Cristiano, perché anche tu sei stato per lei il dono più grande che Dio le abbia fatto. Attraverso anche il suo aiuto, ora sai che cosa il Signore voleva da te, dopo la vostra storia di amore.

Anche quella di frate Franco è stata una vita ricca di esperienze

concrete: cantante, responsabile di un negozio di musica, fidanzato, innamorato della Bibbia, in servizio agli ultimi, agli emarginati, alle missioni, con un particolare interesse per il mondo mussulmano, pronto ora a rispondere al Signore al modo di Francesco. Frate Franco, come tu stesso racconti, un giorno hai incontrato il Signore: " Mi colpì - hai scritto - molto l 'atteggiamento di questo tale

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[quello del vangelo di Marco di questa sera] che visto Gesù, "gli corse incontro", e "gettandosi in ginocchio davanti a lui", gli rivolse una domanda! Quando lessi - tu continui - che si trattava di un tale, una persona anonima, [che normalmente sottintende il lettore] mi sentii interpellato, come se parlasse di me, di ciò che anch'io potevo vivere. Pensai che la domanda che spingeva questo tale a correre incontro a Gesù e mettersi in ginocchio davanti a Lui, era urgente (correre), importante (gettandosi) e profonda (in ginocchio)... Era una domanda che si portava dentro una risposta [ti sei detto] e che chiedeva di essere ascoltata per poter permettere la giusta formulazione comprensibile anche al suo cuore". E così la tua vita è divenuta una storia ricca di sorprese! Quell'intuizione ti risuona ancora dentro, sapendo che " Il Vangelo è stato scritto da chi ha vissuto molto per strada, e seduto per terra", in atteggiamento umile per obbedire al Signore.

Queste le vostre storie personali, che ora vorrei inserire nelle pagine della Scrittura proposte da questa celebrazione. Sono brani brevissimi, folgoranti, testi costitutivi del ministero apostolico, che mettono in luce alcuni elementi essenziali dell'essere ministri del Signore, ai quali dovrete ancorare la vostra vita sacerdotale e diaconale, se vorrete abitare da cristiani il nostro tempo. Sono atteggiamenti che S. Francesco ha ritenuto essenziali per la vita dei suoi frati.

l. Il primo è l'ascolto. Ascolto che bisogna praticare in primo luogo verso la Parola di Dio "più tagliente di una spada", non dimenticando però, contemporaneamente, che egli ci parla anche nel cuore del mondo. E allora ascoltare indica una disposizione di apertura nei confronti dell'altro, una volontà di imparare dall'altro, un riconoscimento, almeno implicito, del bisogno e del vuoto. Tutto ciò postula superare tutte le tentazioni di paura spesso dovute alla diffidenza e alla rigidità delle nostre posizioni. Francesco fu libero da queste paure. Non lo spaventò neppure la diversità del Sultano, dal quale non temette di presentarsi. Ci viene chiesto allora di imparare la pazienza e di mantenerci aperti alla trascendenza in una relazione diretta verso Dio nella preghiera. Ciò che Francesco ha sempre cercato nel suo rapporto con il Creatore, con la natura e con l'uomo. La preghiera certamente è di somma importanza. Per questo un diacono ed un presbitero, naturalmente, sono legati alla partecipazione regolare alla celebrazione della santa eucaristia e alla recita dell'ufficio divino. Ma l'ascoltare è ancora più importante, in quanto la preghiera non è "performance", ma ascolto. Ascolto di Dio per chiedergli: "Cosa vuoi che io faccia?"; "Che cosa stai facendo, Dio, in queste circostanze?". E ancora: "Quelli che ascolto che cosa mi stanno rivelando di ciò che tu, Dio, dici e fai e vuoi che io dica e faccia?". È di fondamentale importanza che i fedeli possano discernere, se si trovano di fronte a un uomo che pratica la presenza di Dio o pratica la presenza della propria presenza.

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Testimonianze di vita Fraterna 2. Una seconda esigenza ce l'ha presentata la prima lettura,

formulando la richiesta della prudenza e della sapienza, che si concretizzano nel discernimento. Esso è il criterio che ci permette di riconoscere ciò che possiamo imparare e prendere dalla nostra attenzione a questo mondo che Dio ama. Discernere è la capacità di sentire un suono al di là del brusio della vita normale; esso rappresenta il dono di vedere - attraverso le apparenze e al di là di esse- l'interconnessione fra tutte le cose in Dio e ci impegna a fare nostra l'immagine di una Chiesa "aperta", senza smettere di essere critica, fondamentalmente serena e a proprio agio, nella modernità. Ricordate la grotta alla periferia di Assisi, dove, secondo il Celano, Francesco si ritirava per conoscere la volontà di Dio? Cercate spesso la "vostra" grotta per capire voi stessi, gli altri e il mondo. 3. Un terzo atteggiamento caratteristico della vostra scelta di vita è l'itineranza che vi permetterà di aprire delle strade, tracciare sentieri, lungo i quali Dio si fa conoscere come compagno della nostra umanità. Tutti i cristiani sono in cammino sulla strada del Vangelo, voi ancora di più perché avete lasciato tutto. La leggerezza della vostra itineranza vi permetterà di essere più vicini ai poveri, solidali con quanti vivono alla periferia della società e della vita, a quanti sono ai margini, resi fragili e in situazione di precarietà. Il Poverello di Assisi fu in questo un grande maestro! State per diventare ufficialmente presbitero e diaconi, cioè servitori, non solo per voi stessi, ma per esercitare e per promuovere la dimensione collettiva della diaconia della Chiesa, in un mondotentato dall' individualismo e da una eccessiva preoccupazione della propria realizzazione. Come Francesco, cercate di camminare insieme con tutta la Chiesa per abitare questo tempo; da lui imparate ad amarla e a "parlare bene" di essa, non in termini di estraneità, ma in termini di implicazione e di partecipazione. La Chiesa è un nostro affare, perché insieme, nella celebrazione della liturgia e dei sacramenti, secondo la diversità dei carismi e dei ministeri, siamo tutti chiamati ad esercitare la nostra diaconia a servizio dei nostri contemporanei. 4. L’ultimo elemento è la fraternità francescana, facilitata dall'aver lasciato padri, madri, fratelli e sorelle in nome suo. Essa funzionerà però solo se vissuta dentro una squadra nella quale ci sia moderazione e sobrietà, preghiera e carità, capacità di ospitare l'umano, dentro un tessuto forte, vitale, dentro legami teneri e stabili. Essa vi chiede di agire in equipe: "Ciascuno secondo il dono ricevuto". Non siete stati chiamati ad entrare in un esercito, ma a far parte di un'orchestra dove ognuno suona la sua parte, perché si esalti la musica comune. La ricchezza inesauribile del mistero di Cristo ha bisogno di mille volti, di mille doni. Ognuno deve contribuire a formare il volto del Maestro secondo il dono ricevuto. Ciò comporta di coltivare il ministero

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dell'unità, di avere la passione di far suonare a tutti insieme la musica del mondo e della vita. Non sognate di suonare tutti gli strumenti, né immaginatevi tutti direttori d'orchestra. Dal primo violino all'ultimo strumentista, tutti, sono necessari per rendere straordinaria la sinfonia. Ricordate Francesco? A chi gli chiedeva di indicargli il migliore dei suoi frati diceva: Guardate i frati!, sottintendendo: Tutti insieme i frati formano il frate perfetto. Tutti insieme! La vostra ordinazione vi inserisce infatti nel contesto numeroso e variegato di una grande famiglia che cresce e celebra la straordinaria eredità spirituale di uno dei più grandi santi di tutti i tempi: Francesco, profondamente uomo e profondamene santo! Da lui traspare un fascino "unico e irrepetibile", grazie alla sua grande audacia creativa e al coraggio innovativo del suo approccio "sine glossa" al Vangelo: è il vostro modello! Il suo carisma, che ha sedotto le vostre vite ed è all'origine della vostra vocazione e della vostra missione, vi sia caro! Siete figli di un grande sognatore! Sognate, sognate anche voi! Sognate con gli occhi del cuore che sono capaci di vedere e di riconoscere la presenza di Dio anche nel suo parlare in modo misterioso, a volte, per vie non razionali [pensate alla predica agli uccelli]. E sperate, sperate sempre di quella speranza che si fa operosità, per realizzare le cose grandi che il Signore vuole compiere attraverso di voi! La Vergine, Madre del Signore, per la quale Francesco era "animato da indicibile affetto", venerata nei secoli dall'Ordine Francescano, come testimonia questo santuario del beato Claudio, perché ha dato a Gesù Cristo "la vera carne della nostra umanità e fragilità ... rendendolo nostro fratello", la Vergine Madre del Signore vi accompagni e vi protegga sempre. Amen.

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Dopo essere stati accompagnati alla Verna domenica 8 settembre ed aver trascorso il giorno seguente in preghiera, ritrovandoci solo per le celebrazioni comunitarie e per i pasti nel grande refettorio, è stato bello partire con Mario (appartenente alla fraternità OFS di Baccanello) la mattina di martedì 9, uscendo quasi di soppiatto dal cortile della foresteria, dato il nostro abbigliamento non propriamente da pellegrini.

Lasciato il santuario passando attraverso il grande e rigoglioso bosco che ne affianca il viale di accesso, ci siamo trovati subito in difficoltà ad imboccare il sentiero giusto! Il dilemma che ci faceva un po’ ridere e un po’ arrabbiare, si sarebbe riproposto diverse volte anche nei giorni seguenti: eravamo noi dei “super imbranati”, oppure l’autrice della guida non era chiarissima con le sue indicazioni più romantiche che pertinenti? Alla fine, in quella tragicomica partenza, sotto lo sguardo tra il divertito e il compassionevole del gestore del piccolo bar in legno che sta preso il parcheggio dei pullman, siamo stati finalmente indirizzati all’imbocco del giusto sentiero!

Dopo un’ora di cammino ci siamo accorti di avere di nuovo sbagliato per mancanza di indicazioni chiare, prendendo un bivio al contrario. A quel punto qualche accidente all’autrice della guida non l’abbiamo proprio risparmiato… Anche i segnali (tau o frecce di colore giallo) in quel primo tratto erano scarsi o scarsamente visibili perché non riverniciati da anni. Poi, grazie al panorama stupendo che si godeva dal crinale dei monti, i nostri animi si sono addolciti...

Perso ormai il sentiero canonico, solo grazie al telefono satellitare di Mario, fornito di programma tracciante i sentieri di montagna, siamo giunti verso sera a Pieve Santo Stefano, sbucando provvidenzialmente da un sentiero che ci ha condotto proprio di fronte al B&B che avevamo contattato per la sosta notturna. Ma dietro il nome àulico del casolare (“Il castellare”) si celava la dura realtà di una notte passata respirando non proprio a pieni polmoni…

Appena entrati nella stanza, allarmati da un odore acre e persistente, abbiamo finalmente trovato il coraggio di aprire velocemente le finestre facendo la drammatica scoperta: sotto di noi, appoggiati alla parete della casa e a non più di un paio di metri dal davanzale della finestra, abbiamo scorto due grossi maiali mollemente sdraiati. Immediato e divertito è stato il commento: “due porci sotto e due porci sopra”?... Questi gli inizi…

Dal giorno seguente è stato bello percorrere in assoluta solitudine il tragitto fino a Montecasale, pernottando al Passo di Viamaggio dopo una puntata all’eremo del Cerbaiolo e mantenendoci ad una quota variabile dagli 800 ai 1000 metri di quota.

…dai Monasteri Risonanza di un’esperienza speciale

ERA ORA CHE DUE MONDI COSÌ DISTANTI TROVASSERO UNA QUALCHE COLLISIONE!

Così si espresse don Fabio, uno dei cappellani del carcere di Bollate riferendoci sulla positività dell’incontro. Ma ripercorriamo insieme il cammino che dopo un sereno e fruttuoso discernimento comunitario ci ha guidate a varcare la soglia della Casa di Reclusione di Milano –Bollate. Qualche parola su questa casa di reclusione forse può aiutarci a comprendere il senso del nostro condividere un pezzetto della vita che la abita. La Casa di reclusione di Bollate è considerata un Istituto di pena modello per le tante opportunità lavorative, di studio e di recupero sociale che offre ai carcerati. Bollate (con la presenza di circa 1200 detenuti) offre a tanti di loro la possibilità di confrontarsi con il mondo del lavoro, anche esterno con l’articolo 21 (ora sono più di 100). Evidentemente i problemi di reinserimento diventano molto più forti, anche dal punto di vista personale; il rientro in famiglia, la sussistenza, la responsabilità … Chi esce inizia a percepire che cos’è la vita “fuori”, la libertà e cosa significa essere responsabili di sé e tornare alla vita “normale”. A differenza per esempio del carcere di San Vittore qui diminuisce il bisogno primario, quello immediato, della sopravvivenza anche religiosa. Emerge la ricerca di un rapporto più approfondito con le persone che si troveranno a far fronte, dopo anni di reclusione, a tantissimi problemi, non ultimo, anche quello economico. Dal momento che “ le celle” non sono chiuse, i detenuti si muovono liberamente entro alcuni confini ben definiti, percorrono lunghissimi corridoi le cui pareti sono vivacizzate da affreschi moderni opere di detenuti artisti e il cui silenzio è abitato da un tenue accompagnamento musicale. Molte attività cercano di mantenere vivi gli interessi di questi fratelli e sorelle: laboratori artigianali, scuole con corsi diversificati per gradi e da qualche anno incontri formativi di carattere religioso, anche a gruppi, tra alcune sezioni maschili e quella femminile. Distinta da quella maschile e più ridotta, la struttura che accoglie le donne vede all’esterno un bel giardino, il “parlatorio esterno” dove le detenute incontrano i famigliari all’ombra di simpatici ombrelloni. In genere il reparto femminile è un po’ più complesso per le dinamiche che scattano tra le detenute. Il grado di sofferenza affettiva e di conflittualità da parte delle donne è superiore rispetto agli uomini per cui vige nei loro confronti una vigilanza e una disciplina più accurata. Ed ecco un giorno, all’inizio del mese di maggio, don Fabio ci raggiunse telefonicamente avanzando alla madre una richiesta da lui stessa ritenuta inusuale che percepiva tuttavia come consequenziale alla tappa del cammino che stava percorrendo con un gruppo di detenuti insieme ad alcuni volontari dell’OFS e della GIFRA. In un progressivo

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…dai Monasteri percorso di conoscenza della spiritualità francescana, dopo la testimonianza di un frate cappuccino che condivideva la propria esperienza con realtà di emarginazione e accanto alla testimonianza di una coppia di sposi che avrebbero condiviso la loro esperienza di missione, sarebbe stato significativo l’incrociarsi di due mondi reclusi per motivi evidentemente diversi, per mettere a tema il senso della vita contemplativa all’interno della famiglia francescana e della vita della Chiesa. La richiesta percorse le ordinarie tappe del discernimento comunitario ed ebbe bisogno di essere illuminata non solo dalla luce dello Spirito santo ma dall’apporto di ciascuna sorella che nella libertà espressiva contribuì a motivare e a maturare “l’essere comunità in uscita”. Certamente le parole di papa Francesco ebbero un peso non indifferente in ciascuna ma furono molto arricchenti gli interventi che pur da angolature diverse mossero il “motore di ricerca fraterna” perché la nostra adesione o meno fosse il frutto di una ricerca seria, appassionata alla nostra vita e all’umanità ferita. Fu subito evidente che qualora si fosse aderito la testimonianza sarebbe stata di due sorelle per rendere anche visivamente chiara la nostra identità così come fu evidente che questo gruppo, a differenza di tutti gli altri che ci accostano, non avrebbe mai avuto l’opportunità di interpellare in modo relazionale il nostro mondo! Come non ricordare al riguardo il gesto significativo del Cardinal Martini che scelse di incominciare le proprie visite pastorali dal carcere di san Vittore (4 novembre 1981) e in una intervista disse: “Vidi il carcere di San Vittore e sentii che là stava il cuore della città: lo stimolo più forte ad amarla e superare quel muro di indifferenza e di omologazione che invece continuamente ci tenta”. Nel 1985 in un’altra intervista aggiunse. “Il carcere è il luogo nel quale i problemi della società emergono in maniera più viva; è come vedere la società manifestarsi sotto una lente di ingrandimento, nelle forme più estreme: devianze sociali e tante povertà, solitudini, esasperazioni, sofferenze, i casi di chi patisce perché si ritiene innocente. V’è di tutto. Per cui quando io posso vivere un po’ in questo ambiente mi sento molto vescovo, mi sento molto a mio agio … Si fa sentire a delle persone che ci si preoccupa di loro; è ciò di cui più essi hanno bisogno. Per me è più ciò che ricavo di quel che posso dare concretamente. Ma è un mondo interessante, tanto più che penso sempre che un giorno o l’altro ci andremo a finire. Nessuno sa l’avvenire. Credo che sia prudente tenere sempre questa ipotesi aperta. Sono tantissimi i vescovi che sono stati in prigione.”

Il discernimento comunitario si orientò ad aderire a questa richiesta e due sorelle scelte dalla madre iniziarono a preparare soprattutto con la preghiera la testimonianza da rendere in un contesto davvero speciale dove tutto o quasi veniva lasciato all’imprevedibilità delle domande che sarebbero emerse dal contesto e che avrebbero poi orientato il seguito dell’incontro. Sabato 30 maggio alle ore 14.30 dopo vari accertamenti e permessi, accompagnate da don Fabio, da una suora che regolarmente affianca i cappellani e da alcuni volontari, siamo arrivate con passo spedito al

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…dai Monasteri luogo dell’incontro, una stanza multifunzionale molto sobria con sedie e sgabelli e abbiamo incontrato e salutato i fratelli detenuti che arrivavano da due reparti. Sono detenuti che per reati gravi, dopo essere stati inizialmente al carcere di San Vittore, ora stanno continuando la loro detenzione in questa casa di reclusione. Mentre gli uomini ci raggiungevano con libertà d’azione accompagnati dai volontari, le donne, arrivate ad incontro già iniziato e in numero ridotto (solo 11) erano scortate da una guardia femminile. Uno accanto all’altro, uno stretto all’altro perché eravamo tanti (circa 70), abbiamo iniziato noi sorelle a condividere le nostre storie vocazionali in un clima di silenzio e di ascolto, mentre accompagnati dalla Bibbia, da un quaderno e quanto d’altro alcune penne scrivevano ed annotavano … preparando le domande che poi ordinatamente sarebbero seguite ininterrottamente. Tante domande, tante sottolineature, tanti accostamenti pertinenti soprattutto a parole di uso comune che ci vedevano ancor più “affratellati” quali: cella, parlatorio, grate, campana, silenzio, solitudine e vita condivisa, povertà e nostalgia… Tutti figli di un solo Padre, tutti fratelli tra noi: nessuna distinzione né separazione anzi a fatica, grazie semplicemente al cartellino col nastrino colorato emergeva e si distingueva il fratello o la sorella volontari da tutto l’insieme. Volti attenti, riflessivi, a tratti pensosi ma sempre molto puliti e curati così come i portamenti distinti, in alcuni quasi raffinati ed eleganti che tutto potevano far pensare eccetto il pesante reato che abitava e tormentava la loro risalita dagli inferi. Le donne in particolare esprimevano più irrequietezza nella loro spiccata singolarità, lasciando trasparire vissuti certamente non facili. Verso le ore 16.00 le donne ci hanno lasciate, sempre scortate per rientrare nel loro reparto mentre ci siamo trattenute con gli uomini che abbiamo salutato ad uno ad uno consegnando a ciascuno un’immagine del mosaico di santa Chiara del nostro monastero che portava nel retro la firma di ogni sorella della fraternità come segno di un legame e di una comunione che ci vedeva tutti insieme sia in quel momento che nei giorni a venire. Non sono mancati brevi ma intensi colloqui personali in cui oltre al ringraziamento per il passo compiuto nei loro confronti affioravano i sentimenti più immediati di affidamento, di ricordo … soprattutto dei loro cari. Alle ore 17.30 siamo rientrate nel “nostro reparto speciale” in quella reclusione fraterna scelta e condivisa solo per… grazia. Ci è stato donato un pomeriggio intenso, un velocissimo passaggio tra un’umanità ferita e provata ma non disperata che ha sicuramente rimotivato il significato del nostro “stare” da “pellegrine e forestiere” in una vita contemplativa. Sappiamo che questi fratelli e sorelle si ritroveranno dopo una settimana per verificare l’accaduto. Sarà la Parola del Vangelo a guidarli, in una revisione a gruppi, e a fare luce sui passi successivi del loro cammino. Anche loro da “pellegrini e forestieri” nella ricerca della pace profonda, quella del cuore, nella ricomposizione dei loro affetti più cari, nella risalita dal buio e dal silenzio di Dio verso l’incontro col volto del Padre buono che già fin d’ora sta correndo loro incontro.

sr. Chiara Francesca e sr. Chiara Benedetta

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QUANDO IL CANTO SI FA INTERPRETE DELLA PAROLA

di fr. Gian Carlo Colombo

4 ottobre 2015

ANALISI VERBO-MELODICA DELL'ANTIFONA “SALVE, SANTCE PATER”

“Antifona al Magnificat per i giorni nell'Ottava del Serafico Padre Nostro Francesco. Di autore anonimo, è riportata dal Codice Vaticano latino 4354 (XIV secolo), al foglio 112. È attribuita al Cardinale Tommaso da Capua...” (1).

Così scrive fr Eliseo Bruning, ofm, nel suo “Epilogus criticus” al Cantuale Romano-Seraphicum” edito nel 1951. Di composizione – potremmo, quindi, dire – recente, non risulta ricalcata su melodia appartenente all'antico fondo gregoriano, ma è – comunque - sapientemente costruita secondo quello stile compositivo, ove la melodia è tutta tesa ad evidenziare il testo, che è chiamata ad elevare ad altissima forma di preghiera. Di che cosa abbiamo bisogno per comprendere la Bibbia? Ho provato a porre questa semplice domanda alla mia comunità. Le risposte ricevute oscillano da ingredienti spirituali, come la fede e l’amore, a strumenti più concreti come un traduttore, qualcuno che la spieghi, ecc. Tutti elementi utili, alcuni indispensabili.

(1) Tommaso, arcivescovo di Napoli nel 1216, nel medesino anno viene fatto Cardinale da papa Innocenzo III. Partecipa all'elezione di Onorio III nel 1216, di Gregorio IX nel 1227, di Celestino IV nel 1241 e di Innocenzo IV nel 1241-43. Autore della “Summa Dictaminis”, uno dei monumenti della diplomazia medievale, è noto anche come poeta e oratore, compositore di inni per la Santa Vergine e i Santi. Morirà in Anagni il 20 agosto 1243. Nella “Cronaca” di fr Salimbene de Adam da Parma, là dove questi tratta della canonizzazione di Francesco (16 luglio 1228) e della successiva traslazione nella Basilica costruita in suo onore (25 maggio, durante il Capitolo generale tenutosi nell'anno 1230), leggiamo: “... papa Gregorio (IX) compose in onore del Santo l'inno “Proles de coelo prodiit”, il responsorio “De paupertatis horreo”, la prosa (= sequenza) “Caput draconis ultimum”.... Il cardinal Tommaso da Capua poi … compose, a onore del beato Francesco, l'inno “In coelesti collegio” e l'altro “Decus morum”e il responsorio “Carnis spicam”...”. A quest'ultimo, la tradizione attribuisce anche la paternità della nostra antifona.

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Analisi testuale Il testo dell'antifona - un unico periodo – è suddiviso in due frasi: la prima è un'invocazione al santo, del quale vengono elencati alcuni “appellativi di merito”; la seconda è un'implorazione, sempre rivolta a lui, una esplicita “domanda di soccorso”. La prima frase, a sua volta si compone di due incisi:

- il primo è costituito dall'invocazione di apertura: Salve, sancte Pater, seguita dall'esposizione di altri due appellativi: patriae lux, forma Minorum;

- il secondo da un' ulteriore serie di appellativi: virtutis speculum, recti via, regula morum.

La seconda frase - carnis ab exilio, duc nos ad regna polorum - è l'implorazione verso cui tende tutta l'antifona: va letta con unico respiro (anche fisico!). Se proprio un respiro fosse necessario, questo – brevissimo – potrà essere posto dopo exilio, senza spezzare il flusso melodico che caratterizza la chiusura del brano. Alcune osservazioni sul testo, alla luce del contesto in cui l'antifona ha origine e dei chiari riferimenti al vocabolario di Francesco. Il contesto celebrativo – canonizzazione di Francesco e traslazione della sua salma nella basilica a lui intitolata – giustifica in pieno l'invocazione iniziale: Salve, sancte pater. Seguono altri cinque appellativi nei quali non ci è difficile scorgere un richiamo al linguaggio dello stesso Francesco e dei suoi primi compagni.

1. Patriae lux: chi canta oggi – in Italia - questa antifona difficilmente sfugge al pericolo di sentire questa espressione come rivolte a colui che Pio XII, proclamandolo - il 18 giugno 1939 - patrono d'Italia, definiva “il più italiano dei santi, il più santo degli italiani”. Ma non è certo a questo che pensava il cardinale Tommaso da Capua! Francesco chiedeva ai suoi frati di vivere come “ospiti e pellegrini in questo mondo”. Che significato dare, allora, all'appellativo patriae lux? Forse quello di luce che illumina il cammino verso la vera patria (2)?

2. Forma Minorum: chiaro qui un duplice riferimento: alla “forma di vita” che Francesco

stende per i fratelli che il Signore gli ha dato e a Francesco stesso che diviene per loro un modello da seguire (3).

3. Virtutis speculum: esprime un concetto che già troviamo nella Vita prima di frate

Tommaso da Celano (4): “Chi vuole … mettere mano a cose grandi e conquistare i doni più alti della via della perfezione, guardi nello specchio della sua vita e imparerà ogni perfezione” (1 Cel cap. 1 n. 90).

(2) Pacuvio (citato da Cicerone in Tusc. 3,37, 108 e successivamente ripreso anche da Seneca) scriveva “patria est ubicumque est bene”. Un letterato qual era il cardinale Tommaso da Capua, potrebbe aver ravvisato in Francesco la luce che guida al possesso del vero bene, nella patria verso la quale noi siamo ancora in cammino?

(3) Scrive san Bonaventura nella Legenda majior (Cap. 3 n.8):“Vedendo che il numero dei frati a poco a poco cresceva, il servitore di Cristo scrisse per sé e per i suoi frati con parole semplici, una formula di vita, nella quale, posta come fondamento imprescindibile l'osservanza del santo Vangelo, inserì poche altre cose...”

(4) Questa prima opera del Celano, fu verosimilmente visionata e approvata da papa Gregorio IX, già nel 1229.

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4-5. Recti via, regula morum: ritornano i concetti già sopra espressi riguardo alla luce e

alla forma di vita, così che potremmo, a questo punto, leggere i sei appellativi su due colonne parallele e scoprirne le corrispondenze:

1. sancte pater 4 (1a). virtutis speculum 2. patriae lux 5 (2a). recti via 3. forma Minorum 6 (3a). regula morum

L'invocazione finale: carnis ab exilio, duc nos ad regna polorum è il punto verso cui tende l'intero brano e ben si inserisce nel contesto celebrativo della canonizzazione di Francesco e della traslazione della sua salma, quel corpo che è vissuto per quarantaquattro anni in terra d'esilio e che ora ha raggiunto la “città stabile” nella pace del Regno (5). Analisi verbo-melodica L'antifona, costruita nel secondo modo e nella sua forma plagale ruota interamente attorno alla corda RE dalla quale partono e sulla quale concludono la maggior parte (quattro su sei) degli incisi o sotto-incisi da cui il testo è composto: Sal-ve, sancte Pa-ter pa-triae lux, forma mino-rum... rec-ti via, regula mo-rum car-nis ab exili-o e sulla quale – neessariamente – si chiude il brano: po-lo-rum. Nel suo complesso si tratta di una composizione di stile melodico ornato, anche se in forma molto semplice. Su ogni sillaba (tranne poche eccezioni e tra queste il melisma finale su re-gna) troviamo al massimo neumi di due suoni, con un certa frequenza nel loro accostamento (vedi, ad esempio: san-cte Pa-ter, re-gu-la mo-rum). Vediamo ora come la melodia assolve al compito di sottolineare, volta per volta, le affermazioni del testo. La prima frase si apre con l'invocazione Salve, sancte Pater: la melodia, che come il brano (nel suo complesso) ruota tutta attorno alla corda RE, quasi a segnare il reverente saluto a Francesco, scende a toccare la nota più bassa del brano (un la). Discesa che sarà ripetuta più avanti, quasi a rimarcare la distanza tra l'esilio terreno e la patria celeste. In questo primo inciso, l'innalzamento massimo è alla nota mi, su san-cte. La seconda parte di questo primo inciso conosce già un più ampio sviluppo, sia in fioritura melodica che in altezza. Su for-ma (parola di rilievo nel testo dell'antifona) ogni sillaba è ornata con tre note e si supera in altezza il precedente mi, raggiungendo su for(ma) la nota sol, per ridiscenere poi, gradatamente alla tonica re, su Mino-rum. Inattesa giunge l'apertura del secondo inciso. Con una figura rispetto alle precedenti rovesciata si attacca immediatamente sulla alta corda di la, ci si abbassa leggermente e sul la ci si riporta nel finale: si tratta di sottolineare l'alta esemplarità del modello offerto da Francesco, specchio di virtù! Poi con melodia che presenta qualche assonanza con quella che rivestiva le espressioni patriae lux, forma minorum, si rivestono le espressioni quasi equivalenti (vedi analisi testuale) recti via, regula morum, anche qui salendo su re-gula a toccare la nota sol con graduale discesa, anche qui, alla tonica re su mo-rum. (5) Trasparenti i richiami a testi paolini: “... sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo...” (Cor 5,1) e “Usciamo dunque anche noi dall'accampamento e andiamo verso di lui … perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura” (Eb 13,14).

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Sorprendente, la costruzione della seconda frase: dopo un attacco che ricalca melodicamente la frase iniziale (Sal-ve = car-nis) e in modo simile, ma più scarnificato prosegue, eccoci all'implorazione finale: duc nos ad regna polorum. Su car-nis si era nuovamente scesi a toccare il punto più basso della melodia (già raggiunto su sal-ve). Da qui si risale gradatamente quasi a segnare il percorso in salita che porta dall'esilio alla patria celeste e quando si raggiunge l'apice dell'invocazione (duc nos ad re-gna polorum), la melodia non può che espandersi in un esteso melisma che sottolinea proprio lo stupore e la gioia per l'ingresso nel regno (la sillaba re di regna) e si innalza fino a toccare la nota si (bemolle?): la massima elevazione melodica di tutto il brano.

* * *

L'analisi verbo-melodica può fermarsi qui, ma non possiamo slegare questa antifona del suo contesto celebrativo: è antifona al Magnificat. Essa è quindi radice del Cantico di lode che essa introduce (e conclude): il cantico di lode che la Chiesa, con le parole stesse della vergine Maria, ogni giorno, a sera, eleva al Padre. Ed era sera anche quel sabato tre ottobre dell'anno 1226, quando Francesco invocava per l'ultima volta il Padre con le parole del salmo 141: “Io grido a te, Signore; dico: Sei tu il mio rifugio, sei tu la mia sorte nella terra dei viventi. Ascolta la mia supplica: ho toccato il fondo dell'angoscia. Salvami dai miei persecutori perché sono di me più forti. Strappa dal carcere la mia vita, perché io renda grazie al tuo nome: i giusti mi faranno corona quando mi concederai la tua grazia”.

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IL MAGISTERO DEI MIGRANTI

Relazione di Lidia Maggi

9 ottobre 2015

LA BIBBIA È SCRITTA E NARRATA DALLA PROSPETTIVA DEI MIGRANTI, DI QUANTI SONO STATI COSTRETTI A VIAGGIARE IN CERCA DI UN FUTURO. ACCOGLIERE I MIGRANTI OGGI È UN ATTO DI SOLIDARIETÀ MA ANCHE UNA NECESSITÀ TEOLOGICA.

Il Signore disse ad Abramo: «Va’ via dal tuo paese, dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre, e va’ nel paese che io ti mostrerò» (Genesi 12, 1). «Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come straniero con poca gente e vi diventò una nazione grande, potente e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci oppressero e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore udì la nostra voce, vide la nostra oppressione, il nostro travaglio e la nostra afflizione, e il Signore ci fece uscire dall’Egitto con potente mano e con braccio steso, con grandi e tremendi miracoli e prodigi, ci ha condotti in questo luogo e ci ha dato questo paese, paese dove scorrono il latte e il miele. E ora io porto le primizie dei frutti della terra che tu, o Signore, mi hai data!» (Deuteronomio 26, 5-10). Di che cosa abbiamo bisogno per comprendere la Bibbia? Ho provato a porre questa semplice domanda alla mia comunità. Le risposte ricevute oscillano da ingredienti spirituali, come la fede e l’amore, a strumenti più concreti come un traduttore, qualcuno che la spieghi, ecc. Tutti elementi utili, alcuni indispensabili.

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Oggi, tuttavia, vorrei soffermarmi su una categoria di persone che, nella chiesa, è chiamata ad aiutare i credenti a comprendere meglio la Parola. Parlo dei dottori che Paolo, nella chiesa, nomina al terzo posto, dopo gli apostoli e i profeti (I Cor. 12, 28). Ma che cosa c’entrano i dottori con il cammino, la via? Per intuire il legame che intercorre tra i dottori della chiesa e la fede come viaggio è necessaria un’altra uscita, dal momento che abbiamo trasformato la figura dei dottori in persone erudite e piene di titoli di studio. È evidente che, per comprendere la Bibbia, occorrano persone preparate, se non altro perché la Parola di Dio si consegna come testo scritto, letterario. Mi chiedo, tuttavia, se Paolo, parlando di dottori, pensasse ai nostri teologi preparati nelle università o nei seminari. Per non cadere in anacronismi interpretativi, occorre che ogni generazione si interroghi su chi siano, oggi, i profeti della chiesa e i suoi dottori.

Forse uno dei criteri di discernimento per identificare il senso del carisma del dottore può essere ricercato nella capacità di saper aiutare chi crede, o chi cerca di credere, a cambiare prospettiva, a modificare il proprio sguardo per provare a vedere il mondo dal punto di vista della narrazione biblica. I dottori sono coloro che ci sollecitano a comprendere che il nostro punto di vista non coincide con quello della Bibbia; e non soltanto perché viviamo una distanza cronologica e geografica con un testo composto nell’arco di differenti secoli in una regione del mondo che non abitiamo. Piuttosto, perché la Bibbia è scritta e narrata dalla prospettiva dei migranti, di coloro che sono costretti a lasciare la propria terra per le ragioni più diverse: carestie, persecuzioni, una chiamata, una cacciata…

La storia biblica non è solo la vicenda di un popolo migrante, ma è soprattutto la storia raccontata dal punto di vista dei migranti.

Un migrante non lascia la propria terra per turismo, per curiosità, ma per ricercare una vita vivibile. Nella saga di Giuseppe, Giacobbe dice ai suoi figli in piena carestia: «Perché state a guardarvi l’un l’altro? Ho sentito dire che c’è grano in Egitto, scendete là a comprarne, così vivremo e non moriremo» (Gen. 42, 1-2). L’immobilismo porta alla morte; mettersi in viaggio apre a possibilità di vita. Il migrante affronta il rischio del viaggio alla ricerca di una nuova possibilità, quando tutte le vie gli appaiono sbarrate. A volte è meglio affrontare il deserto, piuttosto che rimanere su una terra dove i propri figli sono condannati a morte e il lavoro è solo schiavitù.

“La storia biblica non è solo la vicenda di un popolo migrante, ma è soprattutto la storia raccontata dal punto di vista dei migranti.”

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Non è anche di questo che parla l’evento fondatore della storia di Israele, l’esodo? Fuggire dal genocidio, dalla schiavitù, per sottrarsi alla persecuzione. Meglio il deserto, che una terra apparentemente ricca ma segnata da un governo ingiusto.

La Bibbia, in quanto storia di migranti, affronta tutte le questioni che i migranti ancora oggi affrontano, quando arrivano in una nuova terra. A iniziare dalla lingua. La Bibbia è uno strano testo, composto da una miscellanea di lingue: ebraico, aramaico, greco. Noi non ci poniamo il problema della traduzione solo per rendere fruibile questo libro a chiunque voglia leggerlo. La questione è presente nel testo stesso. Come mai le parole di Gesù, che parla in aramaico, un dialetto ebraico, vengono riportate dai suoi testimoni in greco, ovvero tradotte in una lingua straniera? Al di là della risposta tecnica, mi interessa qui segnalare che, nello stesso testo biblico, esiste un passaggio da una lingua a un’altra. Tema che non affronta una cultura stanziale. Chi nasce, vive e muore nello stesso posto, non si trova sollecitato a dover ricercare una mediazione linguistica che, invece, è di vitale importanza per tutti coloro che emigrano. Il migrante deve imparare la lingua del posto, oltre ai diversi usi e costumi. Si trova di continuo a dover definire i propri confini culturali, tra desiderio di integrazione (come Israele in Egitto, ai tempi di Giuseppe), scelta del nascondimento (come la regina Ester, che non rivela la sua identità religiosa e culturale) o differenziazione (come Israele al tempo di Mosè: «Lascia andare il mio popolo!» – come nella vicenda di Daniele e dei suoi amici, alla corte di Babilonia, che rifiutano di nutrirsi con il cibo regale). Tutto il libro del Levitico, pur presentando leggi arcaiche a noi perlopiù incomprensibili, può essere percorso con questa categoria: la necessità di un popolo, in una terra abitata da altri popoli, di differenziare la propria identità – un po’ come succede al protestantesimo in Italia che, sentendosi accerchiato da un contesto culturale a maggioranza cattolico, differenzia se stesso definendo la propria fede in contrapposizione all’altro. Una medesima strategia connota il Levitico, il libro della santità, della separazione: persino questo testo lo si comprende differentemente, se lo si considera un codice di migranti, preoccupati di perdere la propria memoria culturale.

È dal punto di vista del migrante che è raccontata la vicenda della terra promessa, poiché quel territorio è già occupato da altra gente, non è libero, vuoto. Questo genera conflitti, tensioni, che devono essere affrontati per tentare una convivenza non sempre facile.

Il Dio biblico è il Dio dei migranti. Li chiama a uscire, a lasciare la propria terra (Abramo), li forza a scappare da una situazione di morte (l’esodo) e si mette in viaggio con loro (i patriarchi e le matriarche, ma anche con il popolo in esilio, a Babilonia). Il protagonista divino si sente più a proprio agio in case precarie, nelle tende dei beduini, che nelle mura del tempio. È quanto intuisce il saggio Salomone, per quanto sia proprio lui a costruire un tempio per Dio: «Ma è proprio vero che Dio abiterà sulla terra? Ecco i cieli e i cieli dei cieli non ti possono contenere; quanto meno questa casa che io ho costruita!» (I Re 8, 27).

Per comprendere questo Dio e la sua Parola, narrata dalla prospettiva dei migranti, abbiamo bisogno di metterci in viaggio, di diventare a nostra volta migranti; oppure abbiamo bisogno di dottori, uomini e donne che ci aiutino a leggere la realtà dalla prospettiva degli stranieri. I dottori della chiesa sono oggi proprio i migranti che con la loro stessa esistenza preservano la memoria dello sguardo biblico. Accoglierli tra noi non è solo un atto di solidarietà, ma una necessità teologica: abbiamo bisogno del loro magistero!

Noi che rischiamo di farci un’idea del mettersi in cammino sui tapis roulants delle nostre chiese statiche, abbiamo bisogno di chi ha sperimentato realmente che cosa significhi essere dislocato, come i nostri padri, aramei erranti (Deut. 26, 5), come Gesù che non aveva dove posare il capo (Mt. 8, 20).

“Il Dio biblico è il Dio dei migranti”

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AVEVO FAME

IO SONO UN VECCHIO MISSIONARIO. DI P. PIO TAGLIABUE PRESTO NON POTRÒ PIÙ DIRE IL MIO ROSARIO. DALLA BOLIVIA E QUANDO VERRÀ ANCHE IL TUO TURNO, NON VORREI VEDERTI CON SATURNO.

SE STARÒ, COME SPERO, ALLA SUA DESTRA, POTRÒ SALUTARTI DALLA MIA FINESTRA, E, RICORDANDO BENE IL TUO PASSATO, POTRÒ FARTI ANCHE DA AVVOCATO.

SARÒ ORGOGLIOSO DI OFFRIRTI LA MIA ARRINGA, BENCHÉ LASSÙ, PIÙ CHE QUI, IL TEMPO STRINGA; E VORRÒ DIRE AI MEMBRI DEL GIURATO CIÒ CHE ORA SCRIVO CON UN PO’ DI FIATO.

“QUI SI PRESENTA CON LA VALIGIA PIENA QUESTO BUON UOMO MORTO SENZA CENA, E DATO CHE SON IO IL DIFENSORE, VI PROPONGO UN GIUDIZIO SULL’AMORE.

QUANDO TUTTI SAREMO RADUNATI CON GLI AGNELLI E I CAPRONI NON SALVATI, IL GIUDICE DIRÀ: “AVEVO FAME…”; E COSTUI CON ONOR PASSÒ L’ESAME.

CUOCEVA MOLTO PANE PER I FRATI E NE DAVA ANCHE AI POVERI AFFAMATI. AVEVA UN PO’ DI SOLDI GIÙ ALLA BANCA E ME LI MANDAVA PER LA GENTE STANCA.

IL RE DIRÀ ANCORA: “ERO ASSETATO…”; E IL MIO CLIENTE DI LUI SI È INTERESSATO; PENSANDO AL CAMPESINO CHE QUI MIETE, DAVA VINO CON ACQUA A CHI SOFFRIVA SETE.

E QUANDO SEPPE CHE PER IL MISSIONARIO LA SCARSITÀ DELL’ACQUA ERA UN CALVARIO, GLI HA PAGATO IL POZZO E PURE IL SECCHIO PER DAR DA BERE AL BIMBO ED ANCHE AL VECCHIO.

NEL GIUDIZIO EGLI DIRÀ: “AVEVO FREDDO…”; E QUESTO BUON UOMO LO HA VESTITO, MANDANDO I SUOI PACCHI ALLE MISSIONI CON CAMICE, MAGLIETTE E PANTALONI.

E SE INCONTRAVA UN FIGLIOL PERDUTO, NON RIMANEVA CIECO O SORDOMUTO; E, VEDENDO LE SUE SCARPE SENZA SUOLA, GLIELE DAVA NUOVE E LO MANDAVA A SCUOLA.

DIRÀ PURE: “ERO STRANIERO E PELLEGRINO…”; E A UN SENZATETTO MAROCCHINO SUBITO COSTUI APRÌ CUORE E CASA, QUANDO DI NUOVO L’ITALIA VENNE INVASA.

Testimonianze di vita Fraterna

E ANCHE SE I GRUPPI DELLA VECCHIA RAZZA GRIDAVANO: “NON VOGLIO CHI M’AMMAZZA!”, EGLI, IN PIAZZA SAN PIETRO, COL CARTELLO, DICEVA COL PAPA: “AMO IL MIO FRATELLO”.

AGGIUNGERÀ: “IO ERO AMMALATO…”; E IO SO CHE TU L’HAI SPESSO VISITATO, ANCHE PERCHÉ ENTRAVI IN PEDIATRIA AD ASSISTERE IL FIGLIO DI SUA ZIA.

E QUANDO SOPRAVVENNE L’ALLUVIONE, SEI SALITO COI POMPIERI SUL GOMMONE PER RISCATTARE COL REMO E PER NIENTE CHI STAVA AFFOGANDO SENZA SALVAGENTE.

CONCLUDERÀ DICENDO: “ERO IN PRIGIONE…”; E TU NON GLI HAI DATO UNO SPINTONE, PERCHÉ LO HAI VISITATO CON DOLCEZZA, LASCIANDOGLI SUL VISO UNA CAREZZA.

E ASCOLTANDO COLPEVOLI E INNOCENTI, PARLASTI AI CAPI ED AI VARI AGENTI PER CHIEDERE CHE TUTTE LE MISURE FOSSERO UN PO’ PIÙ UMANE E MENO DURE.

PER QUESTO IO CHIEDO AL GRAN CONSESSO CHE PRONUNCI IL SUO VERDETTO GIUSTO ADESSO ED ASSOCI COSTUI AL RESUSCITATO, PERCHÉ NEI POVERI L’HA SEMPRE AMATO.

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MERAVIGLIOSO BOCCACCIO FilmiAmo…

Scheda a cura di

fr. Davide Sironi

Meraviglioso Boccaccio di Paolo e Vittorio Taviani Drammatico 120 min Italia 2015 Teodora Film

Una cornice: Firenze 1348, la peste imperversa e dieci giovani decidono di lasciare la città e ritirarsi in collina. Un quadro: cinque novelle raccontate a turno per occupare il tempo e non pensare alla dramma della malattia e della morte. Boccaccio e il suo Decamerone riprendono vita grazie alle pennellate intense dei fratelli Taviani. Un appello ai giovani di oggi da parte di due ultraottantenni: la leggerezza della vita non può essere dimenticanza del dolore. Novellare non è fuggire ma prendere coscienza del legame che stringe vita e morte, dramma e gioia, fedeltà e tradimento, amore e odio, gelosia e donazione, sacrificio e risurrezione.

Paolo e Vittorio Taviani continuano a stupire. Per la loro

forza visionaria, per la temerarietà giovanile con cui affrontano testi sfidanti come le novelle di Boccaccio, per la passione che alla loro età ancora testimoniano per l’arte cinematografica. Per il tentativo di realizzare un cinema alto, che si ispira alla letteratura, che evoca il teatro nell’essenzialità della scenografia, che lavora per sottrazione.

Un inizio drammatico e poetico, mostra Firenze invasa da un aria mortifera, che si ha paura a respirare per non essere contagiati dalla peste. Siamo nel 1348, la grande epidemia ha falcidiato l’Europa. Ognuno tenta di sottrarsi al dolore di una fine atroce scegliendo di togliersi la vita, di condividere la morte dei cari, di rinchiudersi in luoghi sicuri o di fuggire lontano per evitare il contatto con gli appestati, con l’aria malsana, con la morte. Così fanno sette fanciulle e tre giovani altolocati che decidono, con qualche senso di colpa, di lasciare la città e rifugiarsi in un casale in collina. Lì iniziano una vita di condivisione, di gesti quotidiani, di immaginazione. Per occupare le lunghe giornate a turno uno di loro racconta una novella. E così tra storie di rinnegamenti, tradimenti, infedeltà, burle e sogni, amori e gelosie, devozione e passione, si scopre che tra finzione e realtà, tra raccontare e vivere, non ci può essere separazione. Le novelle coinvolgono i giovani che si immedesimano nei protagonisti delle storie, protagonisti di fantasia eppur così simili a loro, ai loro desideri di vita e amore, di verità e giustizia.

Si narra la vicenda della bella Catalina (Vittoria Puccini) restituita alla vita dall’amore di Gentile (Riccardo Scamarcio); di Calandrino (Kim Rossi Stuart) ingenuo e tonto a cui fanno credere di essere diventato invisibile; della meravigliosa

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Ghismunda (Kasia Smutniak) privata del suo amore per Guiscardo (Michele Riondino) dalla folle gelosia del padre Tancredi (Lello Arena); della severa badessa Usimbalda (Pala Cortellesi) che nel tentativo di punire la giovane suora (Carolina Crescentini) caduta nella tentazione della carne dovrà ammettere i suoi peccati; del cavalleresco Federico degli Alberighi (Josafat Vagni) che per amore della incantevole Giovanna (Jasmine Trinca) è disposto a sacrificare ciò che di più caro possiede.

Tre storie di amori profondi, passionali e delicati capaci di restituite vita, di affrontare l’odio, di attendere e di sacrificarsi, amori che affrontano la realtà dolorosa e avversa, senza ritrarsi. Sì, i fratelli Taviani non scelgono a caso le novelle del Decamerone, ma vogliono mostrare come i legami veri possano ridare speranza perché sono per sempre. In un tempo odierno segnato dalla precarietà anche affettiva, dalla superficialità, dalla volubilità del sentire emotivo, questi giovani ottantenni ricordano che qualsiasi peste si affronta con la forza del cuore, la dedizione di sé, con il sacrificio.

In questa trama amorosa si inseriscono, quasi come intermezzo, due storie apparentemente buffe, certamente leggere, che ricordano però come i semplici e i deboli non siano da colpire e condannare ma da comprendere perché tutti siamo fragili. La tentazione di eclissare le debolezze rimane, di rendersi invisibili, di mostrare di giorno la santità e di nascondere nella notte la peccaminosità. Di rifugiarsi nel giudizio e nella vendetta, in una sorta di purità che allontana dal contatto con la realtà segnata dal limite umano. Non si può fuggire da Firenze.

Il film va apprezzato più per il suo senso celato, per l’essenzialità della rappresentazione, per le ambientazioni sobrie dove il vuoto comunica altro, per scorci di un paesaggio magnifico, per la fotografia intensa, insomma per le pennellate affascinanti con cui i Taviani dipingono il quadro. Le atmosfere boccaccesche sono lontane, qui si punta sulla potenza dei moti dell’animo. Certo, a volte si avverte un senso di sospensione, si vorrebbe vedere e sentire di più, resta la nostalgia di altro, ma forse è questo che non fa dimenticare ciò che si è visto.

La cornice rimane esile, i giovani che si ritirano in collina a novellare a volte sembrano spaesati, la loro recitazione è di maniera. Ma per i registi è importante il loro raccontare: ha un effetto catartico, diventano consapevoli che a volte si può rischiare per un bene più grande, per rimanere vicino a chi si ama. E così fanno ritorno a Firenze, diventano grandi.

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NOTIZIE di CASA

11 - Sabbioncello (LC) 11 - Monastero s. Chiara Milano 21 - Seveso (MB) 26 - Rimini 29 - Marcallo (MI)

LUGLIO 2015

Dopo una celebrazione eucaristica alle ore 08.15, il Ministro provinciale fr. Francesco Bravi benedice le nuove stanze dell’ala restaurata dell’Infermeria provinciale.

Alle ore 09.30 nella chiesa del Monastero si celebrano i funerali di sr. Chiara Daniela Pugliese, di anni 95. Sr. Chiara Daniela faceva parte di quel gruppo di sorelle che, partite dal Protomonastero, hanno fondato il Monastero di Milano. Nella parrocchia dei SS. Protaso e Gervaso, alle ore 09.00, si celebrano i funerali del sig. Tagliabue Carlo, fratello di fr. Pio e fr. Galdino, di anni 85. Ha inizio la Marcia Francescana che nella prima parte percorsa a piedi attraverso il Montefeltro, giunge fino alla Verna. Come ogni anno si conclude poi alla Porziuncola il giorno 3 agosto. Nella chiesa parrocchiale, alle ore 10.00, si celebrano i funerali della sig.a Maria Garavaglia, sorella di fr. Virgilio.

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NOTIZIE di CASA

02 - Curia Milano 11 - Virle Treponti (BS) 13 - Agrate (MB) 24 - 28 S. Zeno in Montagna (VR)

05 - Baccanello (BG)

19 - Turate (CO)

AGOSTO 2015

Vengono pubblicate le Carte di Famiglia 2015-2016 disposte nel Congresso Definitoriale che si è riunito a Lenno (CO) dal 22 al 25 Giugno e in seguito a Dongo (CO) dal 20 al 22 Luglio. Nella parrocchia dei Ss. Pietro e Paolo, alle ore 10.00, si celebrano i funerali della sig.ra Elisabetta Veneziani, di anni 92, nonna di fr. Simone Menoni. Presso la casa di riposo Madre Ada Bianchi dove da tempo era ricoverata si celebrano i funerali della sig.ra Anna Labadini, di anni 87, nonna di fr. Matteo Della Torre. I Definitòri del Nord Italia si riuniscono per l’Assemblea annuale. Si riunisce in mattinata il Consiglio di Cooperazione dei Ministri provinciali. A fine mattinata si celebra il rito della Vestizione. Vestono i panni della prova Eduard Ulaj della Provincia Veneta, Samuele Canella della Provincia Trentina, Fabiano Fedrigo della Provincia Lombarda. Presiede il Ministro del Trentino fr. Francesco Patton , assieme al Ministro del Veneto fr. Mario Favretto, al Ministro del Piemonte fr. Maggiorino Stoppa, al Ministro della Liguria fr. Mario Vaccari, al Ministro di Emilia-Romagna fr. Bruno Bartolini, al Ministro della Lombardia fr. Francesco Bravi. Nel pomeriggio alle ore 16.00 concludono il Noviziato con la Professione temporanea fr. Christian Vallarsa e fr. Daniele Viviani della Provincia Veneta. L’Eucaristia è presieduta dal Ministro del Veneto fr. Mario Favretto. Alle ore 21.00, nella chiesa parrocchiale, dopo la Messa celebrata il giorno 14, si tiene una commemorazione di fr. Angelo Redaelli a 10 anni dalla sua morte. Intervengono fr. Luca Volontè, fr. Luigi Cavagna e fr. Stefano Dallarda.

SETTEMBRE 2015

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NOTIZIE di CASA

28 - 30 Castelletto di Brenzone (VR) 29 - S. Antonio (MI) 02 - 08 Assisi (PG) 06 - Monza 09 - Assisi (PG) 10 - Chiampo (VI)

11 - Monza

12 - 13 Torreglia (PD)

SETTEMBRE 2015

Si svolge l’annuale Assemblea Guardiani del Nord Italia. Nel primo giorno suor Alessandra Smerilli relaziona su “Economia e uso dei beni nella vita consacrata”. Il secondo giorno è dedicato a proposte e progetti per la gestione economica della nuova Provincia. Il giorno conclusivo è dedicato al cammino verso il Capitolo provinciale 2016. Si inaugura la mostra dedicata ai genitori di s. Teresa di Gesù Bambino, i coniugi Luigi e Zelia Martin. L’iniziativa, organizzata dal Commissariato di Terra Santa in collaborazione con l’O.F.S. e l’Associazione Terra Santa, è programmata fino al 18 ottobre. Il Ministro provinciale fr. Francesco Bravi partecipa al pellegrinaggio in occasione dell’offerta dell’olio per la lampada votiva da parte della Regione Lombardia. In seguito partecipa, dal 05 al 08, sempre ad Assisi, all’Assemblea COMPI. Convento delle Grazie: con l’introduzione “S. Luca e il Giubileo della Misericordia” ha inizio un cammino di lettura orante del terzo Vangelo. Si riunisce il Consiglio di Cooperazione. Nella chiesa del Beato Claudio Mons. Dino De Antoni presiede all’Ordinazione diaconale di fr. Cristiano Castegnaro e di fr. Alberto Burato e all’Ordinazione presbiterale di fr. Franco Drigo. Convento delle Grazie: si tiene il primo incontro delle Feste degli Araldini per conoscere san Francesco d’Assisi araldo del Gran Re. Circa 120 frati del Nord Italia si ritrovano per vivere l’esperienza dei “Laboratori territoriali” nella ricerca di criteri e direzioni nei quali si crede stia il bene della nuova Provincia.

OTTOBRE 2015

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NOTIZIE di CASA

13 - 15 Montebello (PV) Milano Marittima (RA) 16 - Monza

18 - Pavia

19 - 24 Dubrovnik

24 - Sabbioncello

26 - Monza

OTTOBRE 2015

Lo stesso incontro viene ripetuto il 13-14 a Montebello della Battaglia (PV) e il 14-15 a Milano Marittima (RA), con la partecipazione di circa un centinaio di frati. 1Convento delle Grazie: in serata la Compagnia teatrale Carlo Rivolta mette in scena una lettura scenica del libro di Giona affidata a Luciano Bertoli. Convento di Canepanova: inizia un percorso di otto incontri, uno al mese da ottobre a maggio, per confrontarsi sulla fede e sulle scelte della vita, attraverso la parola di Dio, a partire dall'esperienza di San Francesco e Santa Chiara. Fr. Almiro Modonesi partecipa, in vece del Ministro provinciale, all’Assemblea dell’UFME. Alle 10.30, nella chiesa di s. Maria Nascente, si celebrano i funerali di fr. Carmelo (Romildo) Confalonieri, sacerdote, di anni 94, nativo di Seregno (MI) e da tempo residente in Infermeria. Viene tumulato nella cappella del cimitero di Dongo, dove per molti anni ha svolto, mite e silenzioso, il suo ministero fraterno e sacerdotale.

L’effige della Madonna di Loreto che sta peregrinando per la Diocesi di Milano sosta presso il Santuario della Madonna delle Grazie in Monza.

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“Questa è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno” Gv 6, 40

Fr. CARMELO CONFALONIERI Fr. Carmelo nasce a Seregno (MI) il 12 febbraio 1921 e viene battezzato con il nome di Romildo. All’età di dodici anni entra nel seminario minore di Saiano, dove rimane -salvo una breve permanenza nel convento di Cividino- fino a quando chiede di entrare nell’Ordine dei Frati Minori nella Provincia di Lombardia S. Carlo Borromeo. L’8 agosto 1938 inizia, a Rezzato, con il nome di fr. Carmelo l’anno del noviziato. Qui, il 12 agosto 1939, emette la Professione temporanea nelle mani di fr. Sigismondo Bottarelli, Delegato del Ministro provinciale. Nel periodo della professione temporanea attende agli studi liceali e di teologia, dapprima nel convento di Sabbioncello e quindi nei conventi di Busto Arsizio e di S. Antonio in Milano. Il 6 settembre 1942 nel Convento del S. Cuore in Busto Arsizio, nelle mani di fr. Arcangelo Galli, Ministro Provinciale, emette i voti solenni. Il 22 dicembre 1945 è ordinato diacono; e il 6 aprile dell’anno successivo è ordinato sacerdote dal beato Card. Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano. Uomo dal carattere schivo ed essenziale nei modi, ma allo stesso tempo arguto e ironico, lascia la traccia di una vita semplice spesa nel servizio discreto e ponderato per il Regno di Dio. I primi quattro anni successivi alla professione solenne sono contraddistinti dal susseguirsi di numerosi trasferimenti, dal 1947 al 1951 è a S. Angelo, poi a S. Antonio in qualità di Vice Cappellano al Cimitero Monumentale, successivamente è a Pavia e l’anno successivo è nuovamente a S. Antonio e, per un breve periodo, è Cappellano agli Spedali Civili di Brescia. Nel 1951 l’obbedienza lo conduce a Monza dove, per sette anni, è confessore nel Santuario della Madonna delle Grazie. Dal 1958 al 1961, si succedono i trasferimenti a Milano S. Antonio, a Cividino e quindi a Varese, dove risiede per un triennio. Il triennio successivo è a Cremona come Economo della Casa, poi per un anno a Cividino ed infine a Cermenate. Dal 1977 al 1983 si trasferisce nuovamente a Monza, e quindi l’obbedienza lo chiama a Dongo ove rimarrà per ben trent’anni. Qui, rallegra la vita della fraternità, oltre che con la sua originale simpatia, con il servizio di cantiniere, offrendo a tutti i commensali un “goccio” di vino per rallegrare il cuore dell’uomo. Nel 2013 l’aggravarsi delle condizioni di salute, rende necessario il suo ricovero presso l’infermeria provinciale di Sabbioncello. Nel pomeriggio del 22 ottobre 2015 fr. Carmelo si addormenta per il riposo pomeridiano e si risveglia nella festa del cielo. A laude di Cristo e del Poverello Francesco. Amen.

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“Fratelli e sorelle! Non abbiate paura di accogliere Cristo

e di accettare la sua potestà... Non abbiate paura!

Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo... Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l'uomo. Solo lui lo sa”. Queste parole tratte dall'omelia per l'inizio del pontificato di San

Giovanni Paolo II nel giorno della sua memoria liturgica, sono risuonate come l'ultimo invito al nostro confratello frate Carmelo. Lui che ha vissuto la sua lunga esistenza aprendosi continuamente alla grazia della vocazione religiosa e sacerdotale, è stato invitato, nel suo ultimo giorno terreno e nel novantaquattresimo anno di vita, ad aprirsi al Cristo risorto per affrontare il passaggio da questa terra al cielo, a non avere paura di consegnarsi definitivamente a colui che sa cosa c'è nel cuore dell'uomo, a spalancare le porte della sua vita a colui che lo introduce nella gloria dei santi invitandolo a portare a compimento la sua consegna fatta un giorno nella professione della forma di vita dei frati minori. L'invito ad entrare nel “riposo di Dio – come ci ricorda la lettera agli Ebrei – lo ha raggiunto proprio durante il sonno; l'ultimo sonno terreno ha segnato il passaggio, come ci ripete questa liturgia esequiale, “alla gioia senza fine”. É stato il suo ultimo autostop – lui che ne ha fatti molti nei suoi spostamenti - ; lo ha caricato il Signore della gloria portandolo con se nel viaggio più importante, quello verso la “terra dei viventi”.

Nei giorni precedenti il transito del nostro confratello il Signore - “buono e pietoso… grande nell'amore” come ci ha ricordato il salmo responsoriale – ha voluto provvidenzialmente preparare il nostro confratello e tutti noi ripetendoci più volte l'invito a vigilare e ad essere pronti per la sua venuta. “Siate pronti – ci ha detto per bocca dell'evangelista Luca – con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze” ( Lc 12,35 ). E il giorno seguente – sempre il testo lucano – ci ripeteva “Anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo”. E così per frate Carmelo si è compiuta l'attesa e il suo oggi è divenuto l'oggi di Dio; così l'invito a vigilare e ad essere pronti si è trasformato nell'incontro del servo con il suo padrone. E la Parola di Dio continua anche oggi, mentre diamo l'ultimo saluto a questo frate minore e sacerdote, ad accompagnare la vita e la morte dei credenti. Così siamo invitati ad avere uno sguardo di fede anche di fronte al dolore e alla fatica del distacco. É infatti la Parola accolta nella fede che ci fa credere che “Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio” e che essi “sono nella pace... e la loro speranza è piena di immortalità”. E tutto questo ci è garantito dalla potenza e dalla forza del mistero pasquale di Cristo, il quale ci ha appena ripetuto: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.

Omelia di fr. Francesco Bravi Letture: Sap 3,1-9 salmo 102 Gv 14,1-6

Sabbioncello di Merate (LC), 24 ottobre 2015

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Nella casa del Padre mio vi sono molti posti... Io vado a prepararvi un posto”. La Parola che ci riempie di consolazione e di speranza ci permette così di dire nella verità che il nostro Dio in Cristo “non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe” e ci prepara un posto: “vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io”. Una certezza questa che matura nella vita percorrendo e ripercorrendo continuamente la “Via” che è Cristo Signore”: una Via che ci porta alla vita, una Via che fa verità, che ci fa conoscere la verità, ci permette di vivere nella verità: “Quanti confidano in lui comprenderanno la verità”. Una Via da amare e da conoscere in continuazione perché “ Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. Il mistero della Pasqua di Cristo diventa così e sempre più il mistero della Pasqua del discepolo.

La Pasqua di Gesù è quanto di più profondo un consacrato e un sacerdote è chiamato a celebrare nella sua vita. L’eucaristia, questo atto supremo di dedizione di Gesù per la sua chiesa e per il mondo, è posto nelle mani povere e deboli di ogni sacerdote che ogni giorno deve dire: “questo è il mio corpo donato, questo è il mio sangue versato per voi”. Così ogni eucaristia, anche quella delle ore più stanche e monotone, anche quella concelebrata a fior di labbra con i confratelli e magari sonnecchiando, fa della vita di un ministro ordinato un dono per tutto il mondo. Il congedo da un frate minore e sacerdote che ha condiviso con noi innanzitutto la fede, diviene allora momento privilegiato per professare la “nostra” fede. Siamo qui per dire la nostra certezza di vivere oltre il tempo. Siamo qui per dire che frate Carmelo vive nel Signore. Siamo qui per dire la consapevolezza di un legame che sopravvive oltre la morte e ci dona di poter ancora dialogare con i nostri cari. I cristiani chiamano questo “comunione dei santi”. Siamo qui per dire che la vita del Signore risorto sarà la nostra vita. Con frate Carmelo diciamo anche noi, prendendo in prestito le parole del salmo 89: “Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore. Volgiti, Signore; fino a quando? Muoviti a pietà dei tuoi servi. Saziaci al mattino con la tua grazia esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni”. È la consapevolezza – che ci ha ripetuto il libro della Sapienza – che coloro che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell’amore”.

La vita, la malattia e la morte di un frate rimanda ad una fitta trama di relazioni, di persone, di amici, di confratelli che hanno aiutato e sostenuto frate Carmelo; è dunque bello, opportuno e doveroso ringraziare tutti coloro che gli sono stati vicino in particolare i confratelli di Dongo e di Sabbioncello e tutto il personale dell’infermeria.

Anche dalla morte impariamo qualcosa per la nostra vita; sorella morte si fa paradossalmente maestra di vita. S. Antonio di Padova in uno dei suoi sermoni ci ricorda: “ Chi si umilia nel pensiero della morte, regola al meglio tutta la sua vita e si guarda intorno; sa scuotersi dalla pigrizia, resistere nella fatica, nelle avversità confidare nella misericordia del Signore e guidare rettamente la sua vita al porto della vita eterna”. É questo quello che chiediamo nella preghiera di suffragio per frate Carmelo perché – facendo nostre le parole della liturgia - “ottenga il

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perdono che ha sempre desiderato” e possa “ esser liberato da ogni colpa” commessa per l'umana fragilità.

E tutti noi, ancora con le parole del dottore evangelico e grande taumaturgo, innalzando la nostra fervente e corale preghiera diciamo: “A te dunque, o Trinità e Unità, supplici ci rivolgiamo, perché quando verranno i giorni della sofferenza e della corruzione finale,....l'anima da te creata a te ritorni e tu l'accolga affinché ...meriti di alzarsi in volo alla gloria della libertà dei figli di Dio. Accordacelo tu, Dio trino e uno, che sei benedetto per tutti i secoli dei secoli Amen” (cf. Sermoni).

A laude di Cristo e del poverello Francesco. Amen.

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Fr. ANACLETO MOSCONI Fr. Anacleto nasce a Prevalle (BS) il 15 febbraio 1915 e viene battezzato con il nome di Antonio. Compiute le prime tre classi ginnasiali, quattordicenne, entra nel Collegio serafico dei Frati minori a Saiano. Il 31 agosto 1932 inizia, a Rezzato, con il nome di fr. Anacleto l’anno del noviziato. Qui, il 14 settembre 1933, emette la Professione temporanea. Il 19 ottobre 1936 nel Convento di s. Antonio in Milano, nelle mani di fr. Dionisio Mazzola, Ministro Provinciale, emette i voti solenni. Il periodo della formazione si sovrappone alla difficile stagione del conflitto mondiale, per questo si susseguono diversi trasferimenti: dapprima è a Cividino, poi a Sabbioncello, quindi a Baccanello ed infine a Roma, dove si ferma per concludere gli studi di teologia. Il 18 maggio 1940, proprio a Roma, è ordinato diacono da Mons. Pascucci, Vescovo titolare di Sion; e il 16 giugno dello stesso anno è ordinato sacerdote da Mons. Traglia, Vicegerente del Vicariato di Roma. Perdurando la guerra, fr. Anacleto lascia Roma e per un anno è nel Convento di s. Antonio a Milano, quindi a Monza in qualità di Incaricato distrettuale del TOF (Terz’Ordine Francescano). Nel 1943 l’obbedienza lo conduce a Busto Arsizio dove inizia la sua attività di insegnante di Storia della Chiesa. Per circa vent’anni si prodiga per la formazione culturale delle giovani generazioni di frati insegnando anche Patrologia, Storia dell’Arte e Storia dell’Ordine Francescano. Fr. Anacleto nutrì una passione per la storia e per tutto ciò che è legato al passato, riteneva infatti che l’incontro con la storia “è pur sempre una memoria, una presenza, un far rivivere uomini e cose, passate nel tempo, ma non nella mente e nel cuore”. Dal 1946 al 1949 si succedono i trasferimenti a Saiano, a Gargnano e a Cremona, poi a Pavia e quindi a Busto Arsizio dove rimane per nove anni. Nel 1958 è, per un breve periodo, a Varese, poi a S. Antonio in Milano fino a quando, nel 1960, terminato l’insegnamento, viene inviato a Cuasso al Monte quale Cappellano e Delegato Arcivescovile dei degenti dell’Istituto climatico della Croce Rossa Italiana. Conclusa questa esperienza, dal 1961, per un triennio, l’obbedienza lo chiama a Milano nella parrocchia di S. Giovanni Battista alla Creta con l’incarico di Assistente Regionale dell’OFS. Nel 1964 viene trasferito a S. Angelo in Milano con l’incarico di Archivista provinciale e di Vicepostulatore delle Cause dei Santi. In questi anni si dedica con entusiasmo alla riorganizzazione dell’archivio provinciale e lo arricchisce con il ritrovamento di preziosi manoscritti e di volumi antichi. In una sua memoria scrive: “l’amore al mio

“Tu vivi nel tempo presente da quando al mondo festi udire uno strillo tua prima parola, fino all’ultimo tuo silenzio. Questo tuo viaggio nel tempo fluisce nel mar dell’eterno allor che tu entri nel regno che solo conosce l’amore” da Il Tempo Eternato A. Mosconi

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In una premessa ad alcune notizie biografiche stese da padre

Anacleto, lo stesso scriveva: “La mia simpatia per tutto ciò che significa la storia e il passato, mi ha portato a interessarmi delle vicende del mio paese, poi del mio casato, e infine anche delle vicende della mia stessa vita, dato che essa si è prolungata – per grazia del Signore – fino a diventare essa stessa un passato. La consuetudine poi di tenere la penna in attività, ha fatto il resto, cioè mi ha indotto a scrivere queste mie note biografiche. Forse non troveranno chi abbia la voglia di leggerle, ma certamente saranno servite almeno a me col mantenermi vivi i ricordi e il conseguente compiacimento proprio di chi – essendo ormai vecchio – ama riandare il suo passato, che è forse quanto gli è rimasto. Notizie che – infine – dedicandole a parenti e amici, potranno essere a loro gradite quale ricordo affettuoso, perché lo scritto è pur sempre una memoria, una presenza, un far rivivere uomini e cose, passate nel tempo, ma non nella mente e nel cuore”. Questo è stato, almeno in parte, il nostro fratello Anacleto, frate minore e sacerdote. Come non ricordare poi la sua passione per la storia e in specie la storia francescana – come abbiamo sentito all’inizio di questa celebrazione - e infine per la poesia con i diversi testi da lui composti.

Affidandolo ora, dopo la sua centenaria esistenza terrena, alla misericordia del Signore, esclamiamo con il padre S. Francesco: “Laudato sii mi

Omelia di fr. Francesco Bravi letture: 1Tm 6,13-16; salmo 99; Luca 2,22-40

Prevalle (BS), 11 novembre 2015

Ordine e la mia nomina ad Archivista provinciale ha accentuato la simpatia per il passato così da farmi dedicare tutto il tempo disponibile alle ricerche storiche sul francescanesimo lombardo con l’intento di far amare s. Francesco e il suo ordine nel tempo anche quando io sarò fuori del tempo”. Lascia una ricca bibliografia costituita da circa 30 volumi e da numerosissimi articoli su riviste e giornali; degno di nota è l’approfondito studio circa la storia dei tre Ordini francescani in terra di Lombardia dalle origini fino agli anni ’80. Nel 1966, per un anno, è Penitenziere nel Duomo di Milano e nel 1977, per un anno, è anche Cappellano dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano. Dal 1982 al 2009 vive nella parrocchia di s. Giovanni Battista alla Creta in Milano, fino a quando è trasferito nel convento di S. Angelo. Agli inizi del 2015 l’aggravarsi delle condizioni di salute, rende necessario il suo ricovero presso l’infermeria provinciale di Sabbioncello, qui il 9 novembre fr. Anacleto si addormenta per incontrare il Signore della Storia. A Lui immaginiamo che rivolga l’ultima e urgente domanda che risuona in una sua poesia: “La meta mia dov’è?”. “E’ là dove c’è un regno di pace e di bontà, è là dove Chi t’ama attende il tuo ritorno”. A laude di Cristo e del Poverello Francesco. Amen.

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Signore per sora nostra morte corporale”. La parola del Signore, proclamata nella comunità dei credenti, ci invita fortemente alla lode; ci ha fatto dire infatti con le parole del salmo responsoriale: “Riconoscete che solo il Signore è Dio: egli ci ha fatti e noi siamo suoi”. È la certezza di essere suoi che ci fa cantare e lodare il Signore; è la certezza di essere suoi che ci fa andare incontro alla morte certi che il Signore ci sosterrà anche in questo oscuro passaggio; è questa sicuramente la certezza che ha sostenuto frate Anacleto nel suo transito, nel suo passaggio dalla terra al cielo. Una certezza che la Parola di Dio ci ha ripetuto – attraverso la prima lettera di Paolo a Timoteo - che il Signore nostro Gesù Cristo è “il solo che possiede l’immortalità e abita una luce inaccessibile e che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio”. Tutto ciò ora viene mostrato in pienezza di luce al nostro fratello Anacleto – lui che ci vedeva poco come spesso ripeteva - e lui, varcando le “ porte con inni di grazie” può cantare davanti al “ beato e unico Sovrano, il Re dei Re e Signore dei signori”: “buono è il Signore, il suo amore è per sempre, la sua fedeltà di generazione in generazione”.

La vita del credente, la vita di Anacleto, frate minore e sacerdote, alla luce del brano evangelico della festa della Presentazione del Signore, viene descritta, nell’esperienza dei due anziani Simeone ed Anna, come una attesa ardente del Signore, consolazione e redenzione del suo popolo; attesa fatta di perseverante preghiera. L’attesa viene colmata con il dono dell’incontro, incontro che viene anticipato in tanti momenti dell’esistenza attraverso tanti doni e tante grazie, attesa che da significato ad una vita in castità, povertà e obbedienza, attesa che si fa celebrazione dei santi misteri che compiono l’opera della nostra salvezza, attesa che nell’incontro definitivo, desiderato per una intera esistenza, trova il suo compimento facendosi visione. Quante volte, nel corso di suoi cento anni, padre Anacleto ha detto nella preghiera di compieta “Ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace”; ora lo ha detto in modo definitivo. I suoi occhi ora vedono la salvezza, il Signore luce delle genti e gloria del suo popolo. Lui che , come la profetessa Anna, come frate minore e sacerdote, con la sua vita e il suo operare, ha parlato “ del bambino a quanti aspettavano la redenzione”, ora può contemplare nella pace colui che è stato la sua attesa e la sua speranza. “Sii fedele fino alla morte, o carissima, - diceva santa Chiara nella sua lettera ad Ermentrude – Sii fedele fino alla morte – ripete a ciascuno di noi frate Anacleto – Sii fedele fino alla morte a colui al quale ti sei promessa e da lui stesso sarai coronata con la corona della vita” ( cf. LErm 4 ).

Il lungo percorso terreno di frate Anacleto - da noi suoi fratelli chiamato famigliarmente “lo storico” - è terminato; ora Lui vede e contempla il mistero creduto; ora Lui contempla il Re della gloria. La sua vita di consacrato è stata, pur tra i limiti della fragile umanità, una vita spesa in questa ricerca. Ora per Lui si compiono in pienezza le parole di augurio e di saluto che santa Chiara rivolgeva a santa Agnese di Boemia e cioè l’invito a “ cantare il cantico nuovo con gli altri santissimi vergini davanti al trono di Dio e dell’Agnello e di seguire l’Agnello dovunque vada” ( 4LAg 3 ). E’ il cammino della fede che chiede di vivere la

Fr. ANACLETO MOSCONI

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sequela di Gesù e ci chiama a riconoscere il Cristo Signore, come dice S. Chiara, come colui che “si è fatto per noi via” (TestsC 5) e che ci permette di “possedere la vita beata senza fine” (1LAg 30). Mentre godiamo degli splendidi giorni dell’estate di San Martino e affidiamo alla terra dove è nato il nostro confratello padre Anacleto in attesa del giorno beato della risurrezione dei corpi, riascoltiamo l’antifona al Benedictus che la liturgia di questo giorno ci ha fatto pregare alle lodi: “Beato Martino! La tua anima possiede il paradiso. Si rallegrano gli angeli e gli arcangeli; i santi ti acclamano, le vergini cantano: Resta con noi per sempre”; e ci piace pensare che ora i celesti abitatori del cielo dicano la stessa cosa al nostro fratello: “Resta con noi per sempre” e a questo invito si unisca la voce dei parenti, degli amici e persino di questa sua terra natale che dicono in coro: “Resta con noi per sempre”.

È doveroso da parte mia ringraziare tutte le persone che sono state vicine a padre Anacleto e lo hanno sostenuto e aiutato pazientemente in tanti modi: il personale dell’infermeria, i confratelli di Milano e di Sabbioncello, gli amici e i parenti tutti.

Quasi come ultima consegna, a mo’ di testamento spirituale, che il nostro fratello ci offre, concludo queste mie parole con due strofe di una sua poesia:

“Mistero è la vita dell’uomo dell’ora tua prima quaggiù non ti è dato sapere il perché e dell’inizio ignori quand’è… Più in alto tu devi guardare più luce tu devi invocare finché il Signore del cielo ti apra del mistero la porta” (La vita è mistero, dalla raccolta di poesie Guardando oltre… Milano 2002). A laude di Cristo e del poverello Francesco. Amen.