N.2 - giugno 2015

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Giugno 2015

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  • Direttore: DENIS UGOLINI

    NUMERO 2 - GIUGNO-LUGLIO 2015

    Il recente voto in sette regioni. Cinquegovernatori al Pd, uno alla Lega e uno alcentrodestra. Partiti tutti in calo, tranne laLega che cresce. Alleanze variopinte.Attribuzione di gran senso (e invece ce npochissimo) al raffronto con le europee di unanno fa. Clamoroso (ma pare di scarsapreoccupazione) lastensionismo, come gimanifestatosi in Calabria e in Emilia-Romagnanel novembre scorso. Roma capitale infetta,come il Paese del resto. La politica ruotaintorno a Renzi. Leader del Governo e del Pd.Sotto attacco concentrico, diffuso. Moltiagguerriti avversari. I pi acerrimi nemicidentro il suo stesso partito. Massima ebollizionedi una politica bollita. Equilibri parlamentarisquilibrati. Pi di una palude. Difficile piazzaresoluzioni e in tempi utili. Problemi molti, grossie anche drammatici. Nei talkshow, nei giornali,nei network, impazza la chiacchiera, lurlo, lasentenza. Una gara, una corrida, a chi le sparapi grosse. Gran sagra di moralisti un tantoal chilo; torquemadapolpottisti di nuovo conio;tutti lapidatori autorizzati, unti. Senza macchiae senza peccato, cos da poter scagliare nonsolo la prima pietra, ma anche tutti i sampietrinidintorno. Dentro questa variegata e nutritaarmata (dei signori quella di Brancaleone), ipi ostentanti una certa qual cultura (se lasuppongono?) sono quei sinistri (similcuperlini)che disquisiscono se da sinistra si fanno cosedi destra. Ancora usi allo schemino ingurgitatocon il biberon, senza che entrino nel merito dinulla, n dei problemi, n di come affrontarli.Troppo impegnativo; impensabile distrazione,per la loro ideologica supponenza. Se questa politica. Se questo il confronto, il dibattito,politico, culturale. Mutuando da Tot: e poidicono se uno si butta nel privato. Gi!Dove senn? Ma, ecco di nuovo il moto e lavoglia di reazione. Unita alla consapevolezzache probabilmente serve a poco, forse niente.Per Anche queste pagine han senso? Possonservire? Certo non entrano nella sagrachiacchierona e moralistica. Non possonointerloquire, n scuotere, gli umori gastrici ei borbottii pancisti. E quindi si dir che cspazio ristretto, infimo, in cui stare e a cui ri-volgersi. Destra-sinistra. Puri e non puri.Onesti e disonesti. Intorno agli schemini lacaciara che pi appare e si ascolta. Ma canche altro. Non solo questo la realt italiana.Per fortuna. Sullonest. Lonest personale(che deve esserci, che occorre, in politica enon solo) non sufficiente a risolvere iproblemi. Il richiamo ad essa, da solo, comefosse quello un programma, la capacit,limpegno esaustivi e risolutivi di tutto, nonpu che ricondurci a quanto Belardelli ha direcente scritto in un articolo sulla questionemorale (Corriere della Sera). < Osserv unavolta Benedetto Croce che la petulante

    richiesta di onest nella vita politica l i-deale che canta nellanima di tutti gli imbecilli...Croce non voleva certo fare lapologia delladisonest in politica ma segnalare comelappello alla onest sia di per s insufficientea risolvere i mali della politica, che hannoanzitutto bisogno di rimedi appunto politici>. Concordo. Ecco, appunto, la politica;quella che non vuole farsi dele-gittimare, chevuole e vorrebbe riacquistare la fiducia e lacredibilit, oggi, molto mancanti. Il grandeastensionismo ha motivazioni in questo, nonse si di qua o di l. Grandi, gravosi problemida affrontare, epocali questioni di assolutadifficolt e drammaticit; un sistema politicopaludoso, confuso, caotico, di scarsissimaproduttivit; una classe politica di vastissimamediocrit. Al centro come in periferia doveormai prevalgono cacicchi, ras, capibastoncino.E non facciamo di ogni erba un fascio, ma ilgrosso sta in questi connotati. Purtroppo. Inun quadro simile, per quanto mi riguarda, nonmi adagio (e sarebbe facile) con laffollataschiera degli attacchi, degli avversari e deinemici di Renzi. E non mi annovero renziano.Valuto positivamente certe azioni e certiobiettivi. Nel deserto anche il poco risalta comemolto. La riforma del lavoro ha aperto stradepositive. Positiva la forzatura verso i con-servatorismi, di contenuto e di pratica di azione,delle forze sociali. Positivo arrivare alla riformadella scuola. Della riforma costituzionale indiscussione e della legge elettorale italicum,gi approvata, abbiamo ripetutamente espressole nostre critiche (non poche), ma ribadiamoancora: vada avanti. Pena ( e peggio) restareal palo o tornare in-dietro. Una maggiore,efficace, produttivit delle istituzioni, delParlamento, del governo sono necessari. Nmancher il nostro apprezzamento attivoallazione di ammo-dernamento culturale epolitico che auspi-cabile, Renzi, continui aspronare , ma anche realizzare, del Pd. Avrcompreso che la ditta un problema e unostacolo a questo processo? Come anche losono i cacicchi locali per quanto si sianomimetizzati allultima ora?Che quel rinnovamento non pu essere solo dicosmesi, di giovanilismo, di genere, di ladylikee robe simili? Riforme. Possono non piacere.Ma c chi ne parla e ne tenta. E c chi faaltro. Ai primi, non in modo acritico ed anchecon qualche scetticismo, annettiamo comunquequalche speranza. Il resto, at-tualmente, sonole convulsioni a destra, ap-pannaggio delleghismo di Salvini; i vaffa moralistici degliortotteri; i vetero ismi che accozzaglianoa sinistra.La forza di Renzi, per, non dipende da questovariegato altro, ma dalle riforme edallammodernamento che riuscir adinfondere nel Paese e nel Pd. Staremo a vedere.

    Se questa politica Pag. 2 - Perch andare a votare?Davide GiacalonePag. 3 -Societ di oggi e ruolo dei partitiSandro GoziPag. 4 - Costruire una sinistra modernaMassimo BonavitaPag. 5 - Renzi e il rinnovamento PD nonfattoDenis UgoliniPag. 6 - La ripresa: dobbiamo crederciSanzio ScarpelliniPag. 7 - La nostra societ oggiAlberto PiracciniPag. 8 - Piccolo non pi belloFranco PedrelliPag. 9 - Non esenti da mafiaPaolo MontesiPag. 10 - Interessi collettivi e bene comuneStefano BernacciPag. 11 - La Metropoli della Romagna:sfida per il territorioGiampiero PlacuzziPag. 12 - Hera. Socialismo capitalizzatoDavide GiacalonePag. 13 - Hera. Pi un problema che unarisorsaLuigi Di PlacidoPag. 14 - Il risiko bancario accelera semprepiPaolo MorelliPag. 15 - Dal Comune perfino uno schiaffoalle donneGiampiero TeodoraniPag. 16 - Un dialogo fra altriPag. 17 - Piazza della libert: finalcountdownValeria BurinPag. 18/19 L'"Eroico manoscritto"Claudio CavalliPag. 20 - Serra. Renato per i cesenatiMaurizio RavegnaniPag. 21- Renato Serra e CesenaOddo BiasiniPag. 22 - Cesenati e Grande Guerra:non solo SerraOrlando PiracciniPag. 23 - Il contributo della Brigata EbraicaOttorino BartoliniPag. 24 - Oltre la linea GoticaPiero AltieriPag. 25 - Rimetti a noi i nostri debitiVito BocchiniPag. 26 - Eutasania. Tema scomodo, maattualissimoGiancarlo BiasiniPag. 27 - Eutanasia. Non una risposta almistero del dolore e della morteStefano SpinelliPag. 28/29 - Eutanasia. Servono dialogoe reciproca compressioneParide PironiPag. 30 - Eutanasia. S alla libert di sceltasul fine vitaLearco SacchettiPag. 31 - La saluteLeonardo WolenskiPag. 32 - I Primi Mille Giorni di vitaAntonella BrunelliPag. 33 - Ior. L'impossibile diventapossibileFabrizio MiserocchiPag. 34 - Un aiuto concreto in AfricaPag. 35 - Sangue nostrumGiorgio BiguzziPag. 36 - E la rabbia si trasforma insolidariet

  • 2di Davide Giacalone*

    Perch andare a votare?

    *Editorialista per Libero, Il Tempo e RTL 102.5

    LEmilia Romagna segn la via,ora imboccata da tutte le altreelezioni regionali. Peccato sitratti della via che allontana glielettori dalle urne a fa cresceregli astenuti. Per noi, di vecchiascuola democratica, educati inunItalia che assaporava lariconquista della libert, il votonon solo un diritto, ma ancheun dovere. Per, insomma, non poi cos irrazionale, rinun-ciarci.

    Prima di venire a chi non ha votato, due parole sui risultatidel voto: era da tempo che non si vedevano cos tanti vincitori.Singolare, visto che sono tutti sconfitti. S, tutti. Lo ForzaItalia, che perde voti a rotta di collo e perde una Regione chenon aveva amministrato male. Ha vinto in Liguria, dimostrandoche quando gli avversari si sparano nelle gambe anche glisciancati possono vincere una corsa. Ha perso il PartitoDemocratico, per la stessa ragione:milioni di voti che se ne vanno. Sisono giocati la Liguria, e ancora nonhanno capito come hanno fatto. Sisono affondati in Veneto, non perchhanno perso, ma perch sono riuscitia non gareggiare nemmeno. Hannovinto in Campania, ficcandosi in uninferno di cui ancora non assaporanola calura. Anche il Movimento 5Stelle ha perso voti, sicch consolarsicon le percentuali somiglia sputatoa quella politica che dicevano didetestare. Ma la Lega ha vinto!Sicuri? Per funzionare ha bisogno di un partner serio di centrodestra, che compensi linaffidabilit economica e internazionale.Non lo ha, nella peggiore posizione e quel che c lo haelettoralmente cannibalizzato. S, la Lega guadagna voti. Masolo quelli. Torniamo agli elettori. Ma perch mai dovrebbeandare a votare, una persona seria? Per senso del dovere?Viviamo in una bolla irreale. Ci raccontiamo che c la ripresa,ci sono i segni positivi, che abbiamo svoltato, ma quel checonsente di far cambiare direzione a certi indicatori economicinon lo abbiamo n scelto, n realizzato noi. Le sole politicheespansioniste le ha messe in atto la Banca centrale europea.Il calo del prezzo del petrolio dipende da una scelta politicadei produttori, per spingere fuori mercato le fonti alternativedi gas e oil. Al netto di questi elementi noi siamo ancora inrecessione. Tanto vero che, al contrario di quel che avvienein Spagna, non si vedono apprezzabili riflessi della ripresasulloccupazione. Perch non generata allinterno. Allora,perch dovrebbe andare a votare, una persona seria?Perch interessato alla vita delle Regioni e alla qualit etipologia di chi le amministra? I partiti hanno aderito ad uncodice di autodisciplina (demenziale) che non rispettano ehanno passato settimane a darsi e dirsi dellimpresentabile. Cisono candidati fascisti nelle liste della sinistra, candidatibandieruola nelle liste di tutti, trasformisti e profittatori chesi spacciano per riflessivi democratici. E poi, a che servono

    le Regioni? Sono listituzione territoriale peggiore, a confrontodelle quali le province brillano per nitidezza ed efficacia. Ehanno anche in programma di portarne gli eletti al Senato!Meglio chiuderlo, se non altro per non offendere i cavalli.Difficile che si faccia avvincere da campagne elettorali tutteincentrate sul volto nuovo, manco fosse un concorso perestetisti. O che voglia prendere parte ad una gara fra simbolie bandiere, a meno che non faccia lo sbandieratore diprofessione. Che si getti nellagone per assicurare redditi eprebende agli impresentabili. O che, per protestare avversoquella genia, intenda portare il voto agli inutili, ai bercianti,alla rendita antisistemica di chi viene eletto e va a prendersii soldi del sistema. Difficile che una persona seria possaprovare empatia per gli esibizionisti del piccolo schermo, chedecantino lavvenuta ripresa produttiva o intonino la marciafunebre delluscita dalleuro, dallEuropa, dal Mondo e dallatesta. E tutta gente che parla a s stessa e alle proprie truppe.Alle pance e non alle teste. Guardate i numeri: togliete daivotanti lelettorato militante (rispettabile, ma non mobile),come anche quelli delle liste personali e di sostegno (voto

    clientelare, nel migliore dei casi),sottraete i voti andati ai professionistidellurlo antipolitico (la cui vitadipende dai soldi presi grazie allapolitica), tirate le somme e viaccorgerete che le persone serie, lepersone normali non sono rimasteper la met a casa: ci sono rimastiquasi tutti.Si facciano i conti con loccasionesprecata. Ai tempi del Nazarenodicevamo: passi per le riformeistituzionali, ma il Paese ha bisognourgente di misure economiche, si

    allarghi laccordo a questa vitale materia. Invece s adottatala linea laurina dei bonus. Alle scorse europee un pezzodellelettorato serio fece unapertura di credito, che ora haritirato: perch i candidati non erano seri e perch il governos tradotto nella declamazione fanfaronica e nella logorreaautocelebrativa. Renzi rifletta sullerrore catastrofico dellariforma della scuola, la cui unica sostanza lassunzione di160mila persone, il che dice a chi sa fare di conto che chigoverna non ne capace, e dice a chi ha a cuore listruzioneche al governo considerano la scuola un assumificio. Poi cisono quelli per cui se ne dovrebbero assumere 600mila. Renzipensava di scegliere la via di mezzo, ma ha imboccato quelladel nulla.Quando si va al governo senza mandato popolare (cosacostituzionalmente possibile e ripetuta nella prassi) si puessere determinati e procedere speditamente, ma non si pudire che le elezioni europee sono il suffragio mancante e chequelle regionali sono una vittoria, perch prima di sembrareimbroglioni si d limpressione dessersi imbrogliati. Pi volteabbiamo indicato la possibile via delle elezioni anticipate,che ora s occlusa. Non ci sono pi scorciatoie: metteresubito mano alle riforme economiche, farle e non soloraccontarle, altrimenti si continuer a perdere il solo elettoratoche regge le democrazie.

    Viviamo in una bolla irreale.Ci raccontiamo che c ripresa.

    Le sole politicheespansionistiche le hanno messe

    in atto la Banca centraleeuropea e il calo del prezzo del

    petrolio. Al netto di questielementi noi siamo ancora in

    recessione.

  • di Sandro Gozi*

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    Societ di oggi e ruolo dei partiti

    Partiti del futuro e futuro deipartiti: una riflessione assolutamente necessaria. Cheruolo hanno i partiti nella societdi oggi? Come possono adattarsimeglio ai cambiamenti semprepi rapidi? E infine: quale puessere la risposta della politicaalla crisi della rappresentanza?Domande che ci chiamano incausa, e non da oggi. Ma cheoggi sono ancora pi importantise pensiamo che le ultime

    tornate elettorali europee, regionali, amministrative sonostate caratterizzate da un crescente astensionismo e da uncrescente voto per le forze antipolitiche, Lega e 5Stelle sututti. davvero finito il tempo dei partiti?Iniziamo a fare chiarezza: il partito un mezzo, e proprio quista il suo valore. Affermare questo non significa sminuirneil ruolo: anzi, una delle funzioni pi importanti nella nostravita pubblica. Il mio rammarico che negli ultimi anni ci si focalizzati troppo sulla fisica: ilpartito liquido, quello solido, quello ma una battuta gassoso. E nonsi discusso abbastanza di cosadebbano essere, anche da un puntodi vista giuridico, i partiti.Fortunatamente, una riflessione inatto. Ne abbiamo parlato a Roma,in un seminario organizzato un paiodi mesi fa alla Camera dal Pd, che ha poi istituito unaCommissione interna con il compito di redigere una propostadi legge che regoli il funzionamento stesso dei partiti. Neabbiamo parlato, infine, a Cesena, lo scorso 13 maggio, nelcorso di uniniziativa pubblica con il Presidente del partitoMatteo Orfini.Da dove partire, dunque? A mio avviso dalla cartacostituzionale, e dal suo articolo 49. Il quale recita: Tutti icittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti perconcorrere con metodo democratico a determinare la politicanazionale. Attuare veramente larticolo 49 della Costituzione,come intende fare il Pd, significa dunque rimettere le cose alposto giusto: oggi siamo scivolati nellambito dei rapporticivili, per cui i partiti sono associazioni private nonriconosciute; noi dobbiamo riportarli al loro posto, vale a direallinterno dei rapporti politici, naturalmente nellambitodei diritti e doveri dei cittadini. Questo significa che i partitihanno dei diritti, ma anche dei doveri. Un diritto e quello diciascun partito di essere rappresentato in proporzione dei votiottenuti: chiamiamolo diritto di tribuna. Un diritto/doverealtrettanto importante e quello di chi vince, che deve esseremesso nelle condizioni di poter avere una maggioranza solidae stabile per poter governare.Proprio questo ci riporta alla stretta attualit: poche settimanefa abbiamo approvato in via definitiva lItalicum, una leggeelettorale che abbiamo fortemente voluto e che ci spinge aimmaginare una nuova centralit dei partiti. Il premio allalista, novit rispetto alla prima versione dellItalicum, nonsolo il prodotto di una visione della democrazia maggioritaria

    e decidente (mentre troppi nel nostro paese hanno troppo alungo preferito una democrazia consensuale e coalizionale),ma un chiaro impulso a ridare centralit alle forze politiche.Gi, ma qual il ruolo dei partiti nella societ attuale? A miogiudizio, devono riuscire a disegnare nuovi spazi della politica.Devono intercettare le persone nei luoghi in cui si trovano:che sia la piazza o twitter, ormai fa davvero poca differenza.E devono riuscire a riconnettersi con la societ, ma facendolocon la testa del 2015.Il Partito Democratico ha dimostrato di essere in grado diintercettare le persone nella societ del XXI secolo attraversole primarie. un esempio lampante: se la dicotomia iscritti/noniscritti non pi centrale, come da nostro statuto, allora giusto dare la possibilit ai cittadini di esprimersi in manieraefficace. A seguito di una intuizione brillante che ormai perha gi dieci anni di vita un tempo abbastanza lungo inpolitica pi che necessario un tagliando anche a questostrumento.La politica, infatti, non si improvvisa. Non c nulla di malenellattribuire ai gruppi dirigenti di un partito responsabilitdecisionali. Questa del resto una delle funzioni fondamentali

    dei partiti: formare e selezionarepersonale politico, e cio le donnee gli uomini pi idonei alla soluzionedei problemi sociali, nonch migliori,per esercitare le funzioni di governoad ogni livello.Proprio per questo, penso che siavenuto il tempo di fissare alcunipunti. Il primo riguarda la distinzione

    tra leadership e premiership: scrolliamoci di dosso questaambiguit una volta per tutte. Separare le due cariche non fabene a nessuna forza politica, anzi ci riporta alle logiche dellaPrima Repubblica, o agli equilibrismi della Seconda. FuBeniamino Andreatta, gi negli anni Sessanta, a teorizzare lanecessit di unire la leadership della Dc con la guida delgoverno, nella figura di Aldo Moro, per dare maggiore coerenzaal progetto del centro-sinistra. Daltra parte, ve lo immaginateTony Blair al 10 di Downing Street con il partito nelle manidi Gordon Brown? Oppure, ragionando a rovescio: lSpdtedesca oggi tra i partiti socialdemocratici pi in difficolt.Non credo che la distinzione tra candidato cancelliere epresidente del partito abbia aiutato la causa dei nostri amicitedeschi.Il futuro del Pd e della sinistra italiana passa dalla capacitdi ricreare luoghi di discussione, di confronto e di proposta.Con la consapevolezza che non sar facile. Nellepocatecnologica, degli smartphone, delle reti e dei social network pi facile per tutti restare tra le mura di casa ed esprimerepareri sul web senza confrontarsi davvero con altre opinioni.In questo modo si crea solo un rumore di fondo che noncambia le cose, ma si limita a prendere atto di quanto succede.Noi abbiamo lobbligo di misurarci con le persone, di andarlea pescare e portarle in luoghi come questo, e anche nei circoli,alle feste dellunit e in tutti i luoghi dove i soliloqui tecnologicihanno la possibilit di trasformarsi in dialoghi. Cio in tuttii nuovi luoghi della politica che sapremo inventarci.

    *Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministricon delega alle politiche europee

    Il futuro del Pd edella sinistra italiana passadalla capacit di ricreareluoghi di discussione, diconfronto e di proposta.

  • 4di Massimo Bonavita

    Esiste oggi la sinistra in Italia? Riconosco che messa gi cosla domanda possa apparirebrutale e retorica, ma credoche in situazioni estremedobbiamo porci domandeestreme che ci portino al di ldella storia che abbiamo finqui conosciuto e fuori deisentieri che abbiamo percorso.Se usiamo le categorie delpassato possiamo dire che nonesiste una forza politica di

    sinistra che per radicamento sociale, forza organizzativa,capacit di rappresentanza sia in grado di giocare un ruoloinfluente (sia che stia allopposizione od al governo) nellapolitica nazionale. Non possiamo considerare il PD unpartito di sinistra in quanto sin dal suo atto di nascita hadeciso di recidere anche nei simboli e nella descrizione dis qualsiasi richiamo alla sinistra storica. E nato un partitoprivo di unidentit, in cui possono convivere le culturepolitiche pi disparate che vanno da una sinistra quasiradicale a forze neoliberiste, da settori sensibili ai temi deidiritti civili e contro le discriminazioni di genere o sullepreferenze sessuali delle persone a posizioni omofobichee che rappresentano su questi temi fondamentali le posizionipi retrive del cattolicesimo. Situazione che non esiste innessun partito della sinistra europea, dove nessuno tra laltroha reciso le proprie radici con il passato pur modificandoed innovando (non sempre bene, con limiti ed insufficienze)le politiche della sinistra. Blair non ha cambiato nome alproprio partito, come non lanno fatto Schroeder in Germania,Zapatero in Spagna o Hollande in Francia dove hanno vintole elezioni presentandosi con la loro faccia e non dopooperazioni di chirurgia plastica. Il loro successo elettorale stato ottenuto compattando lelettorato tradizionale delpartito e conquistando consensi in settori della societstoricamente refrattari, se non ostili, alle proposte dellasinistra. Per attuare le loro politiche, anche quandocomportavano misure antipopolari, hanno sempre cercatoil dialogo con le forze sociali di riferimento e non cercandolo scontro senza possibilit di mediazione alcuna. Oggisento che molti criticano Renzi come se fosse lunicoresponsabile della situazione attuale, quasi a nascondere leproprie colpe. Ma se Renzi si conquistato il PD soprattuttoper le insufficienze, gli errori e larroganza del vecchiogruppo dirigente di provenienza PCI (DAlema, Bersani eVeltroni in testa) incapaci di capire i cambiamenti dellasociet ed innovare la politica del partito. Passando disconfitta in sconfitta hanno aperto unautostradaallarrembaggio dellex Sindaco di Firenze. N grandeentusiasmo sembrano in grado di generare le forze criticheinterne al PD o quelle che si pongono allesterno comeSEL, dove i personalismi trionfano tra divisioniincomprensibili nel loro microcosmo. Dopo le elezionieuropee dello scorso anno molti si erano illusi che Renzipotesse essere lartefice di quei cambiamenti istituzionalie di quelle riforme sociali per modernizzare il paese erenderlo meno diseguale. Ci si resi conto che per riformareil paese necessario un lungo e paziente lavoro, fatto diumilt e coraggio per uscire fuori dalle secche in cui ci

    troviamo e non basta lottimismo di facciata, il marketingpolitico o una buona capacit di comunicare. Servono fatticoncreti ed su quello che si misura la credibilit di unpolitico e che lo fa diventare statista. Dopo un anno digoverno, accanto ad alcuni provvedimenti settoriali comegli 80 euro e la riforma del mercato del lavoro (peraltro inalcuni aspetti molto discutibile), non sembra che si sianoottenuti grandi risultati. La riforma delle provincie non haprodotto alcuna efficienza o risparmio apprezzabile ma soloconfusione, le riforme istituzionali giacciono in Parlamento,la corruzione non si ferma, il debito pubblico continua acrescere e la pubblica amministrazione non funziona. Inpratica i mali storici del paese sono sempre l che aspettano.A chi obietta, giustamente, che questi problemi non sipossono risolvere in pochi mesi ma in anni di duro e tenacelavoro, si pu rispondere che la tempistica lha determinataproprio Renzi, quando dopo il successo elettorale delleeuropee, aveva affermato che in pochi mesi avrebbe rivoltatolItalia come un calzino. N pare plausibile chi attribuiscei ritardi o lincapacit di fare le riforme, sul cui merito cisarebbe molto da discutere, allopposizione interna del suopartito o delle organizzazioni sindacali. Lazione politicanon fatta solo di comando ed obbedienza, ma anchecapacit di convincere ed abilit nel mediare fra posizionidiverse alla ricerca di una soluzione praticabile. Questedoti, che fino ad ora sembra siano assenti in Renzi, fannodi un capo partito un leader politico riconosciuto e stimato:il detto molti nemici molto onore non ha mai prodottorisultati positivi. Se poi parliamo del PD come partito, alloraci troviamo di fronte allo sfacelo programmato. Emorragiacontinua degli iscritti, dominio incontrastato dei vari raslocali fuori da qualsiasi controllo, sindaci podest epersonaggi discutibili presentati con lavallo del segretarioalle recenti elezioni regionali con una incoscientesottovalutazione della disaffezione degli elettori checontinuano a disertare le urne ed alimentano il successodella Lega Nord e del Moimento 5 Stelle. Debbo riconoscereche fare politica oggi non affatto semplice, in quanto icondizionamenti esterni posti dagli organi regolatoridellUnione Europea e linfluenza delle multinazionali i cuibilanci sono superiori al PIL di interi paesi fanno in modoche i margini dellazione politica siano sempre pi ristretti.Le campagne elettorali sempre pi costose finanziate econdizionate dal flusso dei finanziamenti, fanno dire adalcuni politiloghi che siamo di fronte ad uno svuotamentoprogressivo della democrazia.Se il quadro deprimente, non privo di speranza. Oggitroviamo molta sinistra nei movimenti ed organizzazioniche lavorano nelle pieghe della societ su temi importantiquali il diritto alla salute, ad una scuola pubblica, alla difesadellambiente e per un modello economico sostenibile.Inoltre, occorre rinnovare la battaglia culturale su temifondamentali quali la lotta alle discriminazioni di genere,alle preferenze sessuali, alla libert di scelta delle personeper il proprio fine vita ed al testamento biologico con spiritolaico e senza sudditanze psicologiche. Da l si pu partireper provare a costruire una sinistra moderna legata ai bisognireali delle persone, ai loro desideri e dare loro speranza.Come diceva Norberto Bobbio, finch esistonodisuguaglianze ed ingiustizie sociali permangono le ragionidella sinistra.

    Costruire una sinistra moderna

  • 5di Denis Ugolini

    Renzi e il rinnovamento PD non fatto

    Dopo le europee dellannoscorso con il Pd al 41%, lultimatornata elettorale, in alcuneregioni e in alcuni comuni fracui Venezia ed Arezzo, persidal Pd, ha indotto molti os-servatori a fare valutazioni delloscenario politico italiano assaidiverse finanche da quelle delleultime settimane. Si parla disconfitta politica di Renzi, siacome capo del governo sia co-me segretario del Pd.

    Si ritiene che lattuale maggioranza considerata fortissima esenza avversari di particolare rilievo, fino a ieri, sia diventata,invece, molto contendibile. Tra questi osservatori ce ne sonodi approssimativi tanto che le loro opinioni banderuolano divolta in volta a seconda di dove soffia il vento. E ci sonoquelli che ogni occasione buona per confermarsi nel lorodesiderio di vedere il loro avversariodichiarato alle corde.Quelli pi seri e credibili analizzanocon pi metodo e pi dettaglio nelmerito. Intanto distinguono fraelezioni a carattere generale epolitico ed elezioni a carattere localee regionale. Partendo da qui ci sonoalcuni aspetti di queste ultimeelezioni che meritano attenzione eriflessione. Chi subito ne ha coltoalcuni di particolarmente signi-ficativi stato Renzi stesso chesubito ha anche parlato di Renzi 1edi Renzi 2. Ritenendo che lavereabbandonato seppur in parte la nettezza di certe suecaratteristiche, per costringersi a esagerate mediazionisoprattutto interne al suo Partito , ne ha penalizzato lacomprensione e quindi il rapporto con lelettorato cheinizialmente lo aveva premiato. Una conferma di questoarriva da Luciano Fontana (Corriere della Sera): Un primoelemento di riflessione riguarda direttamente il Pd Renziin pochi mesi ha cambiato lagenda politica, i programmi eil profilo del partito a livello nazionale. Ne ha fatto qualcosadi completamente diverso rispetto alla ditta di PierluigiBersani sconfitta nelle elezioni del 2013. Ma i titolari delladitta, piegati con qualche difficolt al centro, dominanoancora a livello locale. Hanno imposto i loro candidati ehanno presentato le stesse politiche e gli stessi vecchi voltiripetutamente respinti dagli elettori. La conquista di cetiproduttivi, liberali e moderati continua Fontana -, essenzialiper la ridefinizione del profilo del Pd, ridiventata unimpresamolto difficile Renzi dovr (accanto al varo di misure suquestioni cruciali come limmigrazione e il rilanciodelleconomia) porsi la questione di costruire un partito euna classe dirigente allaltezza del compito. Come nonconcordare. Ancora prima delle elezioni nella nostra regionedel novembre scorso, qui, ponevamo analoga questione, chequindi non nuova per noi: Renzi alla prova Emilia-Romagna. Indicando quanto fosse necessaria la rimozione(almeno lavvio di questo processo) dellimmagine e dellasostanza di quel partito dei quadri e del potere locale cos

    strettamente intrecciato a sistema di potere che altro non se non la ditta che si conferma, si mantiene, si adatta, pertenere le redini sulleconomia, la societ, il territorio. Dicevamoanche che comprendiamo che tutto e subito non possibileneppure per Renzi, ma che questo era ed un problema chedeve cominciare a porsi. Per quanto il Pd vinse quelle elezioni,qui in Emilia-Romagna si verific il maggiore astensionismo,superiore anche a quello di queste ultime giornate elettorali.Questo problema di un vero rinnovamento del Pd ora questione non rinviabile, non solo in questa regione di dittainvasiva, ma anche sul piano generale, periferico e territoriale.La questione lavevamo messa a fuoco anche valutando leultime elezioni comunali contemporanee alle europee delgrande balzo del Pd al 41%. Senza lapporto delleffettoRenzi, in quelloccasione, anche il risultato di molte comunali(anche nelle nostre localit) sarebbe stato diverso. Non tuttii candidati sindaci del Pd avrebbero vinto (sicuramente) alprimo turno, se non avessero beneficiato di quelleffetto.Tanto che il voto del solo Pd alle europee, nello stesso giorno,

    era di gran lunga superiore a quellodi candidati comunali Pd chesommavano con loro perfinolapporto anche di altre listeelettorali. A dimostrare cosa? Cheleffetto Renzi, tanto positivo, erariuscito a mitigare effetti di tuttaltrosegno che pure si sono manifestati.I risultati sono ancora l a parlarechiaro in questo senso. Non li havisti linformazione troppo prona;non lhanno visto i ciechi; non lovogliono vedere quelli che neconoscono le ragioni e proprio perquesto preferiscono negarle,

    dimenticarle e farle dimenticare. Del resto era evidentelimbellettamento renziano (tattico e dellultimissima ora) dimolti protagonisti della ditta. E in gran parte cos sonoancora: veri protagonisti della ditta, ma ancora imbellettati,finch serve, di renzismo. E il Pd continua ad essere quelpartito dei quadri e del potere locale che si diceva, direttoda un gruppo e fondamentalmente racchiuso in una oligarchiadi sistema che ne conduce le sorti. Di sicuro in molti territori. Se il Pd vuole vincere (quando sar, peraltro alla prova conlitalicum) occorre si sia ben mosso nellimpresa ridiventatamolto difficile di conquistare i ceti produttivi, liberali emoderati, essenziali per la ridefinizione del profilo del Pd.Renzi dovr, a fianco di un rinnovato impulso di efficaciae determinazione dellazione di governo intrapresa, dare forteimpulso a costruire un partito e una classe dirigente allaltezzadel compito. Con Renzi 1 erano molti autentici innovatoriche, durante Renzi 2, gli ingranaggi della ditta hanno tritato.Sar meglio per Renzi e per il Pd che a quel lavoro dicostruzione di una classe dirigente e di un partito piallaltezza ci si dedichi con la determinazione necessaria,tenendo, per, conto delle analisi appropriate non fatte e deglierrori gi commessi. Magari aprendo di pi a competenza,cultura politica e meno a stereotipi estetici, giovanilistici,ladylike e via cos. Dopo lestate questo spaccato diproblematica politica, cos rilevante, nella nostra regione enel nostro territorio, che ha senso approfondire con ampiezzae con particolarit.

    Se il Pd vuole vincere (quandosar peraltro alla prova conlitalicum) occorre si sia ben

    mosso nellimpresa ridiventatamolto difficile di conquistare

    i ceti produttivi, liberali emoderati, essenziali per la

    ridefinizione del profilo del Pd.

  • 6di Sanzio Scarpellini

    La quantit di moneta che circolain un paese ha effetti rilevantisulleconomia; ci significa chesussiste uno stretto legame tra legrandezze monetarie (domanda eofferta) e le grandezze reali(produzione, investimenti, reddito,etc). La quantit di monetacircolante in un paese in undeterminato momento si definisceofferta di moneta. La domanda dimoneta la quantit di moneta chele persone detengono in formaliquida per far fronte ai propribisogni. Sottolineo: non rappresenta

    la quantit di ricchezza richiesta dagli individui (la domanda sarebbescontata) ma quanta moneta essi preferiscono tenere in forma liquidaossia immediatamente disponibile nel portafoglio o in depositibancari non vincolati piuttosto che in titoli, immobili, depositivincolati. La questione , da un punto di vista economico, assairilevante: tenere presso di s moneta significa non impiegarla ininvestimenti fruttiferi (come titoli di stato, azioni ed obbligazionidi societ, fondi di investimento) con le conseguenze negative sulsistema economico che oggi tutti constatiamo. Ritornando allaaffermazione iniziale, la quantit di moneta in circolazione comepu influenzare o condizionare le grandezze macroeconomiche reali(investimenti, produzione, reddito, consumi)? La politica monetariautilizza le variabili quantit di moneta offerta e tasso dinteresseper controllare gli aggregati reali ed in particolare il livello generaledei prezzi. Nella sostanza, aumentando la liquidit si vuole stimolareil credito e quindi gli investimenti, il consumo e di conseguenzaanche il reddito. Viceversa, diminuendo la liquidit, si mira a ridurreil credito e quindi una contrazione degli investimenti con lobiettivodi diminuire la crescita della produzione e del reddito nel caso incui il sistema sia sottoposto ad un processo inflattivo. Su questi temigli studiosi di politica monetaria hanno sempre discusso avendoopinioni divergenti. Per i keynesiani la politica monetaria poveradi risorse rispetto al problema della disoccupazione specialmentein un periodo di depressione economica come quello che stiamoattraversando. La BCE ha in pi momenti diminuito il tasso dinteressefino a raggiungere livelli impensabili (0.05%) nella speranza distimolare gli investimenti e quindi la ripresa; i risultati purtropponon sono stati incoraggianti. Se in una situazione di processo inflattivolaumento del tasso dinteresse pu raggiungere alcuni obiettivi dibreve termine, in una situazione di grave congiuntura, la politicamonetaria assai meno efficace perch gli operatori economici sonorestii ad investire a causa delle negative prospettive di rendimento.Anche gli imprenditori, nonostante il denaro costi poco o pochissimocome in questo periodo, investono solo se intravedono per il medioperiodo opportunit per futuri utili. Keynes spiegava che il tassodinteresse manifesta, in periodi di depressione, poca efficacia sugliinvestimenti; sono le aspettative di guadagno che influenzano gliimprenditori. I keynesiani la chiamano bassa efficienza marginaledel capitale. In questo periodo quindi la politica monetaria da solanon in grado di rilanciare la domanda globale; occorre sia integratacon altre politiche per far fronte agli squilibri del sistema. Ilcoordinamento tra politica monetaria e altre politiche necessarioe auspicabile per la condotta economica del paese (CIAMPI.Scienze ed arte del banchiere centrale Mulino).Oggi comunque quasi tutti gli esperti di economia e politichemonetarie sono concordi nel ritenere che in un periodo di deflazionesia necessario implementare politiche di sviluppo finanziate dallabanca centrale europea. Nonostante gli sforzi del presidente dellaBCE, risultato assai difficoltoso ritrovare una certa armoniadintenti fra i 29 paesi della comunit. Tuttavia dal 10 marzo finoal settembre del 2016 la BCE ha acquistato e acquister titoli per65 miliardi al mese aumentando di fatto la liquidit allinterno delmercato. Lobiettivo e sar quello di promuovere sviluppoaumentando linflazione verso il 2%. Questa immensa liquidit

    dovrebbe far s che le banche si dimostrino pi generose con leimprese e soprattutto le famiglie. Come ha ricordato il presidentedella BCE queste misure non saranno tuttavia efficaci se non verrannoaccompagnate da misure specifiche dei principali governi dellunione.Il rischio che queste iniezioni di liquidit rimangano dormientinelle banche e quindi non vengano attuate politiche di sviluppo. Ilnostro presidente del consiglio deve avere pi coraggio nei confrontidi quella parte di paesi europei che chiedono austerit e bilanci inpareggio. Sforare il 3% del bilancio non significa non manteneregli impegni. Il nostro paese ha sempre fatto fronte ai propri obblighipagando regolarmente gli interessi. E pur vero che abbiamo undebito pubblico assai elevato ma per quanto riguarda lavanzoprimario cio la differenza fra entrate e spese al netto degli interessisiamo ai primi posti nella classifica europea. Il governo deve far sle riforme ma ha pure lobbligo improcrastinabile di rilanciareleconomia. La pessima riforma del senato, lincompiuta riformadelle province, la politica degli annunci, le imprudenti notizie sulTFR e lesosa tassazione, gli ottanta euro elargiti a livellopropagandistico e non utilizzati in maniera fruttuosa, il milione diposti di lavoro del ministro Poletti smentiti alcuni giorni dopo daidati negativi dellISTAT, la pressione fiscale che nellultimo trimestresembra sia salita al 50,3%, il tesoretto utilizzato come arma didistrazione di massa (24 ore del 14 aprile), la sentenza dellaconsulta sulla incostituzionalit della legge Fornero e il conseguentecostoso reintegro non sono certamente di aiuto e non servono aridare fiducia al nostro paese. Il denaro che potremmo utilizzaredallo sforamento del 3% non deve essere utilizzato quindi per speseimproduttive come purtroppo accaduto nel passato ma convogliatoalla diminuzione della pressione fiscale sulle imprese, sul lavoro esulle famiglie in difficolt. E pur vero che Keynes portava comeesempi le bottiglie piene di banconote nascoste nelle miniere dicarbone e si lasciasse alliniziativa privata di scavar fuori di nuovoi biglietti, ma affermava che sarebbe pi sensato costruire casee simili. Utilizzava questo ed altri paradossi per meglio far capireche con investimenti pubblici si sarebbero avviati sia un processodi nuova occupazione, sia un aumento del reddito e della domandadi beni di consumo secondo quel meccanismo che lo stesso Keyneschiamava moltiplicatore del reddito. Affermava inoltre chelintervento statale non alternativo alliniziativa privata e di mercatoanzi, deve essere un innesco per il processo dinvestimento. E purvero che alcuni interventi del governo quali la riduzione dei contributiper i nuovi assunti a tempo indeterminato, la parziale diminuzionedellIRAP, la seppur contraddittoria modifica dellarticolo 18 conlemanazione dei decreti attuativi mostrano la volont di affrontarein termini positivi alcune difficolt che opprimono il nostro sistemaproduttivo. Tutto questo non sufficiente. Mai come ora sussistonole condizioni per uscire abbastanza velocemente da questa triennalerecessione e quindi non accontentarsi di una crescita modesta. Unasmisurata quantit di liquidit (Quantitative Easing), la diminuzionedel prezzo del greggio, la quasi parit col dollaro (con il conseguenteaumento delle esportazioni), la notevole riduzione dello spread traBot e Bund e da ultimo lExpo sono opportunit economiche chedifficilmente potranno ripetersi contemporaneamente. Il Governodeve porre in essere azioni che offrano alle aziende, unico motoredel paese, opportunit favorevoli per la crescita. Quattro sono icapitoli sui quali necessita operare speditamente: 1) intervenire suivincoli che limitano la nostra economia (eccessiva burocrazia,incertezza del diritto, riduzione delle imposte, etc); 2) operareaffinch gli operatori stranieri (multinazionali, fondi internazionali,banche estere) investano nel nostro bellissimo paese; 3) aiutare lenostre aziende medie e piccole a rinnovarsi diventando esportatriciusuali non solo in Europa, ma anche a livello internazionale; 4)operare con trasparenza e grande coraggio sul debito (questapesantissima zavorra che ci accompagna da diversi lustri e che incideper circa ottanta miliardi di euro ogni anno sul bilancio dello stato)che non pu essere diminuito allontanando il commissariostraordinario e nascondendo in misteriosi cassetti le sue propostedi revisione della spesa pubblica. Il nostro paese ha le capacit peruscire dalla crisi, dobbiamo (solo) avere fiducia.

    La ripresa: dobbiamo crederci

  • 7di Alberto Piraccini

    Nella attuale societ italiana, amio avviso, si evidenziano tre"aspetti " talmente forti eradicati che la caratterizzano,per occhi critici, in manieranegativa.Questi tre aspetti, che defini-remo in modo pi approfonditopi avanti, sono: l'arroganza delpotere, chi controlla con-trollori, la certezza della pena.Questi "aspetti" sono parteintegrante della societ italiana.:

    Stato, Governo, Regioni, Province, Comuni, Istituzioni variee chi pi ne ha pi ne metta. Li troviamo ovunque.Non sono peculiari di un partito o di una ideologia, ma fannoparte, a volte anche in senso strutturale, di tutti noi.Ovviamente non siamo tutti uguali nei nostri comportamentie nelle nostre convinzioni, ma la societ va giudicata nel suocomplesso.Arroganza del potere. Arroganza, senso di superiorit neiconfronti del prossimo che si manifesta con un costantedisdegno. (G.Devoto e G.C.Oliv ). Attribuirsi qualcosaindebitamente.Potere. La maggior parte delle definizioni correnti attribuiscepotere: ad A nella misura in cui esso ottiene che B facciaqualcosa che questi non farebbe senza lintervento di A. Nelsignificato pi generale la parola Potere designa la capacite la possibilit di operare, di produrre effetti e pu essereriferita sia a individui o gruppi umani. Inteso in sensospecificatamente sociale e cio in rapporto alla vita dell'uomoin societ, il Potere si precisa e diventa da generica capacitdi operare a capacit dell'uomo di determinare la condottadell'uomo. Potere dell'uomo sull'uomo. Quando la capacitdi determinare la condotta altrui viene messa in atto il Potere,da semplice possibilit, si trasforma in azione nell'eserciziodel potere.L'uso del Potere, questo appropriarsi del potere come atto diarroganza, si manifesta ad ogni livello, dal Sottosegretariodi un Ministero che lascia l'auto in divieto di sosta e si rifiutadi pagare la multa perch un sottosegretario, dall'usciere diun ente Pubblico che pretende il "caffettino" per favorirtinella presentazione di una pratica, dai giocatori di calcio cheusano permessi di circolazione non dovuti perch chi glieliha concessi ha ritenuto di poterlo fare dalla sua posizione inseno a quella amministrazione.Chi, per la posizione che assume nella societ, specialmenteper motivi politici, si sente in possesso di un certo potere convinto di poter favorire amici, parenti o il proprio partitoe non si sente in colpa ma si arroga il diritto di poterlo fare.Esempi ce ne sono quanti se vogliamo, basta leggere lacronaca dei giornalini.Molti, a qualsiasi livello d potere (non legittimo), si sentono,alloccasione di volerlo esercitare.Chi controlla i controllori? Chi esercita il controllo finanziariosugli enti pubblici (nel privato ci pensa il privato)? Nessuno?Oppure tutti, ma per una ragione od un'altra si chiudono gliocchi e si tace? Come possibile che un alto dirigente delloStato possa ricevere milioni per una firma su un documentoche autorizza la vendita o lacquisto di un certo medicinale?Oppure che autorizzi la costruzione di un quartiere senza

    tutte le obbligatorie autorizzazioni?Come possibile che scandali finanziari esplodano in diverseRegioni italiane? Chi doveva esercitare il controlloanticipatamente per certe operazioni finanziarie?Come e possibile che un Consigliere Regionale possa comprareun auto, per uso personale, con i soldi della Regione e soloquando si scopre lo scandalo se ne viene a conoscenza? Tuttacolpa della burocrazia? Non credo.L'uso arrogante del potere consente questi comportamentidelittuosi.Certezza della pena. Nelle tre fasi pena legale, pena inflittae pena eseguita ci si aspetta che le Istituzioni facciano giustiziae che coloro che hanno commesso un crimine, un reato sianoperseguiti, arrestati e condannati e paghino la pena giusta chedeve essere esposta. Si chiede la certezza della pena.Il Questore Manganelli Antonio Capo del Dipartimento diPubblica Sicurezza in una intervista sul "Sole 24 Ore del30/5/2008 ha detto: La certezza della pena quanto di piincerto esista. Siamo arrivati all'individuo quotidiano.Il cittadino deve sapere a cosa va incontro a delinquere. Ma,evidentemente non sempre e cosi.Ci sono casi, a tutti conosciuti, di personaggi della politicao della finanza che, arrestati e messi in prigione, dopo pochigiorni o si sono suicidati o ammalati anche gravemente. Ilsolo dover stare per qualche giorno in prigione li ha distruttipsicologicamente e fisicamente. Perch?Perch il solo pensiero della prigione, quando coscientementecommettevano un reato, era talmente lontano, quasi impossibileche non era presa in alcuna considerazione tale ipotesi, taleeventualit e la nuova realt li ha distrutti.Questi tre "aspetti " che emergono nella nostra Societ sonocome un triangolo equilatero: ogni lato sostiene l'altro. E'come unazione circolare. Da una situazione ne nasce unaltra,proprio perch la prima (a scelta) consente che sorga laltra.Non pu esistere A senza B e non pu esistere B senza C ecosi di seguito.Questa situazione, assieme ad altre, porta l'Italia ad essereuno dei paesi pi corrotti del mondo.Secondo Trasparency International (2013) su 177 paesi presiin esame Danimarca e Nuova Zelanda sono primi con 91punti di merito. L'Italia 69 con 43 punti. In Europa soloRomania, Bulgaria e Grecia sono peggio di noi. In questaclassifica mondiale ultima la Cina con 40 punti.Riconoscere il problema il primo passo verso la soluzionedel problema.Ognuno di noi dopo un attento esame di coscienza dovrebbe,anzi deve, portare una pietra per ricostruire il Paese.Facile a dire, difficile a fare.Ma da qualche parte bisogner pur iniziare per non sprofondarein fondo alla classifica.E come dice il prof. Maurizio Viroli nel suo libro Le paroledel cittadino la rinascita nel nostro paese sempre avvenuta(quando avvenuta ) grazie all'educazione che fa riscoprirela bellezza e la dignit della vita vissuta secondo un altosenso dei doveri civili. La scuola la prima comunit in cuisperimentiamo un complesso rapporto con gli altri determinatoda regole, ma anche da passioni e interessi ......... Conoscerela nostra Costituzione e imparare a vivere da cittadini di unarepubblica democratica nella pratica scolastica sono fra iprimi e pi importanti passi per la costruzione di un Italiamigliore".

    La nostra societ oggi

  • 15 8

    di Franco Pedrelli

    Labitudine di Bruxelles nelnormare ogni cosa producegenerosi rilasci legislativi, perquesto vengono frequentementeindicati come burocrati ,compagine di funzionari e diimpiegati dediti pi allaproduzione di complicazionialla vita comunitaria, che allasua resa efficiente ed efficace.Leffetto quello di daresignificato negativo al termineburocrazia, e ci riescono bene.LItalia da par suo sembra

    sguazzare bene nel mare comunitario, almeno per quantoconcerne la capacit di moltiplicarne lazione normativa,forte dallavere ben tra le 150.000 e 200.000 leggi. Per unutile confronto si rimanda alle 7.000 leggi della Francia (lapatria della bureautique!), per procedere con le 5.000 dellaGermania, alle 3.000 del Regno Unito.Tante leggi, troppe, rendono incerta linterpretazione deirapporti nella societ, ad iniziare da quelli con lo Stato eassimilati, consigliando limpiego di adeguati consulenti, nonsolo societari, ma anche per ciascuna area di attivit operativa,vedi sicurezza sul lavoro, ambientale, per citarne dueimportanti. Siamo nellepoca delle specializzazioni, il cherichiede limpiego di consulenti specialistici, che sempre pidifficilmente sar possibile trovare allinterno di piccoleimprese, come accedere per le stesse a servizi esterni, sia peri costi sia per la necessit di doverne svolgere comunque ilgoverno interno. In questo caso le PMI sono ottime clientidelle associazioni di categoria, le quali possono offrire viavia servizi aggiuntivi, di pari passo allincremento dellattivitlegislativa di Bruxelles. Si direbbe che siamo nellalveo dellacatena virtuosa, con la produzione del lavoro da montea valle, da Bruxelles sino allimpresa, se non fosse che sequestultima non ha pi i razionali per giustificare le spesedi quanto richiesto a monte, perch se i suoi clienti noncomprano prodotti e servizi a prezzi sufficientementeremunerativi, la catena si interrompe e limpresa PMI chiude.La crisi ha costretto le aziende ad orientarsi verso les-portazione, ad iniziare verso quellEuropa che offre allaproprie imprese un carico legislativo 20-30 volte pi leggero,quindi pi competitive. Per le imprese italiane, ad iniziaredalle PMI, non possibile attendere che si riducano le leggi,allo scopo potranno fare pressioni tramite le loro associazionidi categoria, meglio se su queste prima si opera un drasticoriorientamento negli obiettivi, magari con un buon cambiodelle dirigenze. Le PMI italiane dovranno recuperarecompetitivit nei modi loro concessi, tra cui lapplicazionedei migliori modi di lavorare in uso dai loro concorrenti. Lechiamano best practises, letteralmente le pratiche migliori,ma cosa sono in realt?Molte volte sono associate al termine rigidit, quindi comenegativit, anzich elemento di positivit. Nel volere fareunagile panoramica di 70 anni di rigidit, utile vedereallora come questa sia nata ed evoluta, quali impatti abbiaavuto nel mondo industrializzato.Il tutto ebbe inizio con William Edwards Deming, siamonegli anni 40, durante la Seconda Guerra Mondiale e questoingegnere e statistico statunitense applic la sua attenzioneal miglioramento della produzione. Costru anche un modellodenominato appunto Ciclo di Deming, pi noto al pubblico

    come PDCA Plan-Do-Check-Act (Pianifica-Fai-Controlla-Agisci),che a livello scolastico si d per scontato, tanto comune il suo uso e significato. Non lo era tuttavia allora,tant che Deming, nonostante fosse anche un divulgatore,non trov attenzione nella sua patria, forse anche perch leindustrie erano in netta ripresa post-bellica, non avevanoconcorrenti mondiali e lultima cosa di cui avevano bisognoera di rallentare il proprio sviluppo perorganizzarsi meglio.Tant che il governo americano lo sped in Giappone, doveforte era la necessit di aiuto per riorganizzare il sistemaproduttivo industriale distrutto dalla guerra. L Deming trovun terreno fertile, aiutato dalla cultura giapponesedellobbedienza, dal saper lavorare in modo quasi sacrificale.Sono gli anni in cui i giapponesi vengono derisi dal mondooccidentale per il loro copiare gli altri, senza che nessuno siaccorga del potenziale che si accumula sotto gli insegnamentidelle nuove teorie: quel miglioramento continuo che si riflettesullintera cultura industriale giapponese, con la massimaespressione che ritroveremo nel concetto di Total Quality diToyota.Per gli occidentali, nelle due sponde dellAtlantico, sarunamara sorpresa. Agli inizi degli anni 70 c linvasionedelle moto giapponesi, che spazza via tutte le storiche marcheoccidentali, con tecniche aggressive di emissione di continuinuovi modelli, cui le vecchie case non riescono a far fronte,causa la loro struttura di costi alta, con tempi lunghi diammortamento dei singoli modelli. Modelli nuovi in tempirapidi, moto con funzionalit innovative, affidabilit di granlunga maggiore, prezzi concorrenziali, tutti gli elementi delmarketing furono ben studiati dai giapponesi.Lindustria occidentale accus il colpo, i primi anni 70vedono lintroduzione dei Circoli di Qualit, cui seguironole prime teorizzazioni dei Sistemi di Qualit, con tutta laloro pesantezza di norme e procedure, che tanto hanno datolavoro a schiere di consulenti, il cui unico modello baseseguito era e rimane il PDCA di Deming. Tuttavia cambiarela cultura delle persone non impresa di pochi giorni,richiedono anni, ecco perch sempre i giapponesi hannocontinuato a campare del vantaggio competitivo in tantisettori, vedi su tutti lhigh tech e lautomobile.I Sistemi di Qualit hanno fatto emergere i migliori modi dilavorare: sono nate le best practises, che quindi non sonoaltro che il frutto rielaborato e consolidato del PDCA inizialedi Deming. Queste vengono impiegate ovunque, perch si scoperto quanto sia inutile e faticoso scoprire lacqua caldaogni giorno, per individuare il modo pi efficiente ed efficacedi lavorare. I Sistemi di Qualit appaiono come uno strumentorigido, ma la sensibilit, lattenzione e la consapevolezzadei suoi utenti a renderlo flessibile, segnalando, ogni qualvoltasi individua la necessit, di adeguarsi ai cambiamenti.LItalia quasi come il Giappone postbellico, dobbiamoreinvertarci, farlo in tempi brevi, senza poterci permettereerrori, per questo le best practises sono basilari. Le grandiimprese sono autonome nellapplicarle, grazie alla dimensioneche ne permette sia organizzazione e gestione; nelle PMI,da sempre spina dorsale della manifattura italiana, cheabbiamo grandi difficolt. Il paradigma piccolo bellonon regge pi, fondersi in realt maggiori laborioso e lacultura individualista italica, sua gioia e dolore, non aiuta,ma non vi sono tante alternative. Un ruolo importante possonosvolgerlo le summenzionate associazioni di categoria,ammesso vogliamo essere veri attori del cambiamento,evitando di campare sulle PMI residue.

    Piccolo non pi bello

  • 9di Paolo Montesi

    Pericolo di infiltrazioni mafioseanche a Cesena. Alziamo laguardia!La mafia come i pidocchi,cresce dove c lo sporco.Tutti noi romagnoli abbiamoconservato per decenni lillusioneche il nostro sistema economicofosse profondamente sano,amalgamato da un forte collantedi coesione sociale e innervatosu un brulicare di associazionismoe volontariato, in sostanza immuneai pericoli di infiltrazioni mafiose.Molti di noi sarebbero pronti a

    giurare ancora che il nostro tessuto imprenditoriale siasostanzialmente estraneo a legami con le cosche mafiose, costituitocom di tanti esempi di industriali e artigiani romagnoli che sisono fatti da soli, partendo dalla loro bottega o garage e che neglianni hanno creato imperi produttivo-finanziari.Beh a dire il vero negli ultimi anni le indagini delle varie Procureantimafia e i numerosi episodi di cronaca locale, dicono il contrario.Anche a Cesena ora di svegliarsi e alzare la guardia.Non tutti sanno che lEmilia-Romagna (secondo i dati del Ministerodegli Interni) la prima regione del Centro-Nord per valore di beniimmobili confiscati ai clan malavitosi. probabile che la crisi economica, invece che disincentivare ilpericolo di infiltrazioni, abbia acuito la fame dei clan, che cercanonuove vie per riciclare il denaro sporco ed entrare in affari nellenostre zone ancora altamente produttive: offrono liquidit alleimprese in difficolt del territorio (che il sistema bancario noneroga pi), crescono a dismisura i poveracci che cadono nellarete dellusura e delle scommesse clandestine. Tanti sono gliimprenditori costretti a scendere in affari con i boss per sfruttarei costi di manodopera nettamente inferiori, ma frutto di evasione,sfruttamento, corruzione ed estorsione.Ad unanalisi pi attenta, magari con le lenti di un osservatoreinformato sulle dinamiche con cui usano muoversi le ndrine o lecosche mafiose, anche a Cesena si potrebbero leggere tanti piccoliepisodi, che nellinsieme potrebbero disegnare un quadropreoccupante: incendi dolosi appicciati a capannoni, autovetturee sedi di partito (scambiati per meri incidenti o episodi di violenzapolitica) che in realt potrebbero essere sintomo di nuove minaccedi estorsione o di intimidazione; episodi di criminalit, catalogabilianche come scontri per la difesa di zone per lo spaccio di drogain Riviera, che ha sempre avuto in Cesena un fulcro dello smercio;le violenze accadute in estate allippodromo di Cesena; arresti econdanne per maxi evasioni o riciclo di denaro sporco.La speranza che i boss mandati al confino in Emilia-Romagna,una volta allontanati dalle loro regioni di mafia, potessero smetteredi delinquere miseramente fallita. Al contrario si rivelato unefficacissimo modo per facilitare il trapianto del cancro mafiosoanche nella nostra realt, che probabilmente si sta mostrando moltopi permeabile del previsto, proprio per limpreparazione culturalea questi fenomeni. Non abbiamo gli anticorpi giusti. LEmilia-Romagna esente da mafia non esiste pi.Le indagini pi recenti, che hanno lambito o interessato direttamenteCesena, provano che esistono anche qui aderenze tra imprenditoricollegati alla malavita con il ceto politico locale.Nel 2012 furono arrestati esponenti della famiglia Ionetti, consideratolAmministratore giudiziario per conto della cosca Condello diReggio Calabria. Avevano affari nel settore dei trasporti perledilizia e la gestione dei rifiuti.A fine 2014 viene rivelato un legame forte tra la Romagna e lagalassia cooperativa al centro dello scandalo romano di mafiacapitale. Tra gli arrestati ci sono anche alcuni componenti del cdadi Formula Ambiente e il socio Salvatore Buzzi, presidente della29 Giugno Servizi-Societ Cooperativa di produzione e Lavoro:

    tra le controllate della 29 Giugno c infatti il Consorzio FormulaAmbiente, partecipato, tra gli altri, da Formula Servizi (Forl),Ciclat Trasporti (Ravenna), e Cils (Cesena). Buzzi, uomo chiavedellinchiesta che aveva forti collegamenti con Forl e Cesena, accusato di numerosi episodi di corruzione e nella corposa ordinanzadi custodia cautelare si raccontano svariate vicende di appaltitruccati e di pubblici ufficiali corrotti. La coop di Buzzi ha tra lecontrollate il Consorzio Formula Ambiente. Questa con 80 milionidi fatturato e 650 dipendenti ha sede a Cesena e riunisce altre 23coop, 20 delle quali a carattere sociale. Buzzi ne stato il fondatoreinsieme a Formula Servizi di Forl e fino al 2012 presidente,essendone socio al 49%".La corruzione, sostiene laccusa, era la via facile per arrivare adacquisire posizioni dominanti e a drenare denaro pubblico che poifiniva in mille rivoli. Buzzi, braccio destro di Massimo Carminati(gi banda della Magliana e intoccabile perch avrebbe portatosoldi a tutti grazie ai legami con Finmeccanica) non era solo.Infine, loperazione antimafia denominata AEmilia che ha portatoin carcere 117 persone collegate al clan del Grande Aracri di Cutro,e altre 46 sono agli arresti domiciliari, svelando una rete fittissima,di infiltrazioni mafiose, molto pervasiva e che coinvolgevaimprenditori, molti politici (molti esponenti del centro-destra),carabinieri, giudici, carabinieri, giornalisti, preti della nostra regione.Una mafia che anche in Emilia cercava di rendersi autonoma,controllando direttamente le imprese che evadevano il fisco econtemporaneamente vincevano appalti per la ricostruzione post-sisma, controllando o influenzando anche linformazione e leassociazioni di contrasto alla mafia.Ricordiamo che il Comune di Cesena ha tra i suoi fornitori principaliFormula Ambiente (per appalti per la spazzatura delle strade ela cura del verde pubblico), quindi una riflessione profonda andrebbesollevata in citt e non ci si pu accontentare del comunicatostampa di chiarimenti inviato dal Sindaco.Non mia intenzione sollevare accuse mirate contro chicchessiao fare banale dietrologia per attaccare una parte politica (si sa chela mafia sta con il potere). Tuttaltro. Propongo un ragionamentopi ampio, perch sono profondamente preoccupato che il nostrotessuto imprenditoriale, piegato da una drammatica crisi (di cuinon si vede il becco di ripresa), possa ritrovarsi, tra qualche annoal centro di un sistema, in cui sono i boss a dettare le regole delgioco e non il mercato o la libera iniziativa.Mi rivolgo agli attori principali del territorio (amministratori eesponenti politici, associazioni di categoria e culturali, banche eFondazione) che nella crisi non hanno certo brillato per coesionee sono stati spesso incapaci di alleviare gli effetti della recessione,perch in questa fase promuovano seriamente una riflessione sucome debellare da subito il cancro della mafia.Non auspico certo una caccia alle streghe, ma mi piacerebbe cheper una volta si parlasse chiaro agli imprenditori e ai cittadini.Lotta senza confini alla mafia anche a Cesena, soprattutto neisettori pi esposti al pericolo: imprese delledilizia, societ sportivee il settore del divertimento.Questo significa pretendere massima trasparenza negli incarichie negli appalti pubblici, maggiore controllo sulla spesa pubblica,liste nere di imprese in odor di mafia, rispetto certosino delleregole sul conflitto di interesse per gli amministratori e i dipendentipubblici, costituire subito uno Sportello legalit per imprese ecittadini, un ampio programma di iniziative per sostenere leAssociazioni che promuovono iniziative per educare consumatorie giovani imprenditori al rispetto delle regole.Cambiamo strada finch siamo in tempo. Alziamo la guardia efacciamo vedere che a Cesena lavorare eticamente la regola, anzi lunico modo che vogliamo utilizzare per fare impresa.Debellare la mafia, significa salvaguardare le imprese sane, ilavoratori, dare un futuro e una speranza ai giovani, e pretenderecomportamenti moralmente irreprensibili dai politici.Teniamo lontano la mafia da Cesena: la mafia come i pidocchi,cresce dove c lo sporco".

    Non esenti da mafia

  • 10

    In una societ dove le tradizionaliforme di aggregazione e diespressione delle esigenze sonoripetutamente messe in discus-sione, riaffermare il ruolo dirappresentanza delle organiz-zazioni imprenditoriali significaavere la consapevolezza della ne-cessit di avere moderni strumenticapaci di creare valore per leimprese, anche dal punto di vistasindacale.Il presidio del territorio, le azioniper favorire processi di inte-grazione e confronto fra imprese

    e la progettualit sui temi dello sviluppo economico e sociale dellacomunit sono fattori competitivi, che possono fare la differenzanelle dinamiche dei diversi ambiti territoriali.Il senso di un'organizzazione di rappresentanza non pu ritrovarsinella mera erogazione di servizi, ma quello di rappresentaredegnamente interessi collettivi.Le difficolt che gran parte dei sistemi associativi sta scontandonon dipende soltanto dalla crisi economica che ha modificatoprofondamente il sistema delle imprese.La crisi oggi riguarda principalmentequelle imprese e quei sistemi associativiche non riescono a reggere le sfide delcambiamento e non sono capaci dileggere le trasformazioni e offrirerisposte in sintonia con il mutare deitempi.Dal punto di vista della rappresentanzain questi anni abbiamo assistito altentativo di superamento dellatradizionale funzione di mediazione frapolitica e imprese esercitata dalleorganizzazioni. Da una parte gliamministratori ricercano un rapportodiretto con i cittadini, spesso in manierastrumentale per ottenere un consenso in bianco sulle loro decisioni.Dall'altra, nascono forme di espressione del dissenso soprattuttoattraverso la costituzione di comitati spontanei che radicalizzanole posizioni e, pur non portando generalmente ad alcun risultato,spingono sovente le associazioni verso un dilemma: o esacerbarei toni per assecondare la rabbia della gente, oppure cercare soluzioniai problemi, con il rischio per di non essere assecondati daidecisori politici e di risultare troppo e concilianti nella percezionedei cittadini imprenditori.Un problema di non facile soluzione e che richiede capacit diascolto, identificazione delle priorit, ricerca di soluzioni adeguatee di metodologie di comunicazione appropriate.Abbiamo peraltro la consapevolezza che Velocit, Sem-plificazione, Comunicazione rappresentano parole d'ordinedell'attuale fase politica e che con questi aspetti le organizzazionidebbono misurarsi se vogliono svolgere un ruolo incisivo di tuteladelle imprese avendo sempre pi come riferimento ambitiistituzionali e territoriali differenti rispetto agli attuali.L'evoluzione del quadro istituzionale con la progressiva nascita dienti di area pi vasta rispetto agli attuali ambiti provinciali, losviluppo delle Unioni dei Comuni con le possibili fusioni di moltidi questi, creeranno una profonda trasformazione delle logicheorganizzative di rappresentanza e di presenza sul territorio.Nell'attuale caos istituzionale sembra andare di moda la necessitdi creare livelli associativi speculari ai nuovi ambiti istituzionaliquasi che la modernit consista nel superare l'attuale localismonella ricerca di ipotetiche economie di scala nelle attivit e,soprattutto, nella riduzione dei costi. Alcuni sistemi associativihanno gi scelto la strada degli ambiti romagnoli mentre altrisono intenzionati a farlo a breve. Non siamo difensori dello status

    quo ma riteniamo semplicistiche certe soluzioni che vengonoprospettate.Se il problema, ad esempio, l'eccessiva frammentazione dellesigle associative all'interno di settori merceologici ormai superatinella loro capacit di costituire perimetri di rappresentanza(commercio, artigianato, industria, agricoltura, cooperazione)proporre come soluzione modelli di fatto uguali al passato conl'unica differenza della dimensione territoriale, potrebberappresentare una soluzione inadeguata.Per capirci: una possibile Confartigianato della Romagnasemplificherebbe la diffusione di associazioni dello stesso sistemaoperanti in aree sempre pi omogenee ma non risolverebbe ilproblema della rappresentanza unitaria degli interessi delle impreseartigiane e nemmeno quelli delle piccole e medie imprese aprescindere dall'inquadramento in settori merceologici sempre dipi privi di senso. Insomma: se da una parte l'evoluzione del quadroistituzionale costringe ad interventi di semplificazione di alcunefunzioni, dall'altro una dimensione associativa territorialmente piampia non risolve automaticamente i problemi legati ad unamaggiore capacit di rappresentanza degli interessi delle imprese.Condizione fondamentale per ogni possibile processo d'integrazionedovr essere quella di non disperdere il patrimonio di relazionicostruito nel territorio e soprattutto i principi ed i valori identitari

    di ogni sistema associativo, imperniatisulla democrazia interna, fondamentaleper consentire ai dirigenti imprenditoril'esercizio di quella funzione di rap-presentanza politica fondata su unprocesso di partecipazione alle scelte ead un modello di responsabilit diffusa.Nella nostra esperienza abbiamopredisposto ad esempio il Codice Eticodella Confartigianato Cesena im-prontandolo ai valori di legalit e cor-rettezza e ribadendo la responsabilitsociale di cui l'associazione e le impresedebbono farsi portatrici. Ben 1.051imprenditori hanno partecipato alrinnovo degli organi per eleggere 75

    delegati con un'et media di 45 anni. Di questi, 22 sono delegatiper la prima volta, 21 sono le donne e 14 i giovani sotto i 40 anni.Attraverso il vincolo statutario nessun delegato ha pi di 65 annied stato come di consueto rispettato il limite dei mandati per laPresidenza. Questi numeri rappresentano la prova tangibile delcambiamento in atto e del nostro lavoro per innalzare i livelli didemocrazia interna. Il valore associativo si misura oggi non soltantocon l'esercizio della funzione di rappresentanza, ma anche attraversoil valore che si trasmette alle imprese nel supportarle nellacompetizione presente sui mercati. In questi anni, attraversomolteplici iniziative (Campus d'impresa, Internazionalizzazione,supporto alla creazione di reti d'impresa, Innovazione) abbiamocercato di fornire alle imprese progetti, strumenti, momenti formativied informativi idonei allo scopo.Abbiamo sviluppato nell'ultimo quadriennio una quantit rilevantedi attivit svolgendo una funzione di connettori fra le imprese econ le opportunit esterne.I progetti Alto Italiano, Fablab, Lufthansa, Italian MakersVillage, Bottega scuola Accademia della meccanica, ITSalta formazione non rappresentano modalit occasionali, ma ilmodo con cui sempre di pi vogliamo sviluppare la nostra relazionecon le imprese.Non esistono modelli teorici capaci di offrire soluzioni automaticheper vincere la sfida del cambiamento e della modernit. E'necessario, il giusto mix di idee, passione, talento, competenza ededizione. Una organizzazione di rappresentanza seria deve inveceguardare vicino e lontano insieme. La funzione esercitata dai corpiintermedi indispensabile, a patto che questi continuino a coniugareinteressi delle imprese rappresentate e bene comune.

    *Segretario Federimpresa Cesena

    Interessi collettivi e bene comunedi Stefano Bernacci*

    Il valore associativo si misuraoggi non soltanto con lesercizio

    della funzione dirappresentanza, ma ancheattraverso il valore che sitrasmette alle imprese nel

    supportarle nella competizionepresente sui mercati.

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    La metropoli della Romagna: sfida per il territoriodi Giampiero Placuzzi*

    Il dibattito sulla metropoli dellaRomagna, che con l'avviodell'iter in regione sull'appro-vazione dei nuovi assetti istitu-zionali si acceso nel territorio,si insinua in una fase di grandeprecariet e confusione dell'ar-chitettura istituzionale decentratadel nostro Paese: l'eliminazionedelle Province senza ancora unminimo di chiarezza sulle deleghee sulle risorse economiche adisposizione delle Aree Vaste; lalegge Delrio che rischia di creare

    conflitti tra le citt metropolitane e le Regioni stesse; la costituzionedi Unioni di Comuni disciplinata da una legislazione attualefarraginosa e poco incentivante (e ci spiega perch il numerodelle Unioni costituite ancora cos limitato); la riforma del titoloV della Costituzione che, viste purtroppo le premesse, rischia dirivelarsi un intervento superficiale senza andare alla radice deiproblemi.Dal canto suo il sistema amministrativo locale, con particolareriferimento alle Regioni, almeno fino ad ora, si rivelato pressochfallimentare in Italia. In un recente articolo sulla crisi delleRegioni, conclamata inesorabilmente dalle ultime sconsolantivicende (scarsa affluenza alle urne, vicenda degli impresentabili,governatori di sinistra candidati con la destra, mafia Capitale epotremmo continuare), Sergio Rizzo notava che ci che peggio,di fronte a questa situazione il silenzio dei partiti assordante.Nessuno vuole aprire gli occhi, riconoscere la crisi drammaticain cui precipitata una politica locale mediocre, sempre piconcentrata esclusivamente nella sopravvivenza del proprio poterequando non affogata nella corruzione.Un'analisi in effetti spietatae non declinabile automaticamente a livello locale, ma checomunque offre spunti per una seria riflessione ed autocritica.Fatta questa premessa generale, fondamentale perch in questoscenario che si innesca il ragionamento sulla citt metropolitana,passiamo al merito.Primo punto: la sua reale fattibilit, per non rischiare di ragionarepi su un'idea che su un fatto realmente concretizzabile.Occorre dunque capire bene se c' la reale possibilit di crearequesto nuovo strumento e in che cosa esso differisce dalla Provincedi Area Vasta su cui si ragionato finora sulla base del decretoDelrio. Insomma: c' veramente la possibilit per farla nascere?Questo chiarimento, ovviamente, preliminare a tutto il resto.La prima domanda non pu che essere: che cosa ci si prefigge diottenere con la metropoli della Romagna? Se la creazione diquesto organismo avesse solamente uno scopo difensivo perarginare o contrastare lo strapotere della futura Bolognametropolitana da parte dei figliastri negletti romagnoli e ilrischio di un'ulteriore penalizzazione delle periferie, diciamosubito che il progetto avrebbe un respiro corto.Ancora: se la metropoli della Romagna fosse solo un nuovocontenitore, lasciando invariati gli attuali livelli istituzionali, ilrisultato sarebbe quello di aumentare i costi ma senza conseguirealcun reale vantaggio. Questo, di sicuro, ci che non serve.Sgombrato il campo da ci che la citt metropolitana non deveessere, quello che serve invece a nostro avviso - un progettopolitico che, sulla base di conclamate identit storiche, culturalie sociali dei nostri territori, definisca chiaramente gli obiettividel nuovo assetto istituzionale.Obiettivi che debbono essere condivisi dai romagnoli e debbonoavere innanzitutto due linee maestre: diminuire i costi di gestionedella cosa pubblica e conferire maggiore efficienza ai servizidestinati a cittadini e a imprese.Il progetto di citt metropolitana della Romagna deve quindi

    ridefinire e ridurre i centri di potere a livello locale, ma al tempostesso avere la capacit di mantenere un sistema di sportelliamministrativi vicini ai cittadini e di concentrare le funzioni diback office e i livelli decisionali di area vasta.Bisogna essere consapevoli, dunque, che questa strada comportala condivisione di strumenti di gestione amministrativa, comequello della pianificazione territoriale e dei regolamenti edilizi.In una ricerca di qualche anno fa commissionata da Confartigianatodi Cesena alla Facolt di Architettura di Cesena, emerse a questoproposito uno sconfortante quadro di estrema parcellizzazione,che ben conoscono e mal sopportano i nostri imprenditori: ogniComune ha infatti il proprio regolamento edilizio, diverso da quellodel Comune vicino. Questa giungla normativa, naturalmente, nonpotr essere compatibile con la prospettata metropoli della Romagna.Con la quale, altro esempio, si dovrebbero affrontare in manierauniforme le politiche della costa romagnola, in termini di sviluppoturistico e di infrastrutture necessarie. Lo stesso vale per le sceltestrategiche come la viabilit (la recente cancellazione della E55 un vulnus per il nostro territorio), le fiere e gli aeroporti. E ancora: la citt metropolitana presuppone una politica unitariasu mobilit del personale, uniformit di procedure, risorseinformatiche, politiche della montagna e quote del verde, politichedi sviluppo economico, sistema culturale con la rete dei teatri ela promozione di eventi sotto l'egida del marchio doc Romagna.Essa assorbir le funzioni in capo alle attuali province retrocessead enti di secondo livello, ma non potr essere un mero Provincione.Serve un respiro pi alto e un modo nuovo di fare politica, checostringe a uscire dai propri steccati. La forma mentis dovrdiventare Pensare Romagna .Gli amministratori saranno pronti a rinunciare al campanile infavore di una visione romagnola che sia capace di valorizzare lemigliori attitudini delle comunit locali? La domanda legittima, specie dopo aver constatato che i primimodelli praticati di area vasta romagnola in realt non sono staticerto del tutto incoraggianti. L'Ausl unica fino ad ora, ad esempio, non ha generato risparmi, non pare avere semplificato la governancee ha dato adito a preoccupazioni per la diminuzione qualitativadi servizi sanitari.Nel settore del trasporto pubblico, con Start Romagna, la situazione ben peggiore: non si verificata alcuna integrazione tra i sistemidi gestione nelle tre preesistenti Province, i costi di produzionenon sono diminuiti e i servizi ai cittadini sono peggiorati.Per quel che concerne la gestione dei rifiuti, con la divisione deiComuni della nostra Provincia sulla modalit in house o sul bandopubblico, con Cesena e Forl su due opposti versanti non certoun esempio di territorio integratoInsomma: le basi da cui si parte non sono solidissime e il lavoroda fare per far nascere la citt metropolitana della Romagna tantoe postula un nuovo approccio culturale.Il nuovo assetto dovr essere costruito dal basso attraverso unasolida visione comune da parte della classe dirigente locale e unavera unit di intenti fin da questa delicata fase nella quale l'As-semblea legislativa regionale ha avviato l'iter di approvazione del-la riforma del sistema istituzionale regionale: se la Romagna credenel progetto di metropoli, gli amministratori locali devono esercitareil loro peso politico per ottenere uno strumento istituzionaleche abbia le caratteristiche idonee per favorire una governancecondivisa dei nostri territori.Un ultima considerazione. Il tema della metropoli romagnola nonriguarda solo l'assetto istituzionale, ma pone una sfida anche atutti gli attori economici dello sviluppo del territorio, da quelli digoverno pubblico come le Camere di Commercio agli stessi sistemiassociativi. La partita riguarda tutti ed una sfida per gli attoripolitici economici e sociali della Romagna che attende rispostenei fatti, prima che nelle parole.

    * Vicesegretario di Confartigianato Federimpresa Cesena

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    Hera

    Doveva essere una furbata permettere soldi nelle tasche deicampanili, ma diventataunavventura che porta alloscontro fra campanili. Dovevaessere laccordo per ribadireil potere del capitalismomunicipale, divenuto ildisaccordo che mette inevidenza lassurdit di quelsistema. Mi riferisco a Hera ealla decisione (presa, smentita,ribadita e fermata) di venderne

    ulteriore parte delle azioni.Vendere patrimonio per alimentare la spesa una sceltadissoluta, che conduce alla rovina. Vale per singoli e famiglie,come vale per la collettivit. Pi di 200 comuni siapprestavano a farlo, speculando sui beni accumulati daipredecessori e impoverendo i successori. Attenti, dunque,a quel che sta capitando in Hera. Imponente conglomeratodi municipalizzate quotata in Borsa. Tipico animale mistodel socialismo capitalizzato.Hera ha 8.500 dipendenti, serve 3.5 milioni di cittadini, al primo posto nella gestione dei rifiuti, al secondo per leforniture dacqua, al terzo per ilgas ed il quinto operatorenazionale nella vendita di energiaelettrica. Il fatturato supera i 4.5miliardi. Decisamente grande.Nasce dallaggregazione di diversemunicipalizzate, fra lEmiliaRomagna, il Friuli Venezia Giulia,le Marche e la Toscana, attorno alnucleo forte di quelle bolognesi.Tale processo positivo, dato cheil problema italiano non sono tantoi municipi, ma le municipalizzate. Dovrebbe portare a delleeconomie e alla diminuzione della spesa pubblica, inoltrecontribuisce a diminuire il numero di consigli e consiglieridamministrazione. Peccato, per, che Hera abbia generato(fra possedute, controllate e partecipate) la bellezza di altre44 societ. Gli azionisti, che dovrebbero stare con il fiatosul collo degli amministratori, del resto, sono in granmaggioranza politici, sicch poco inclini a limitare le capannesotto ai cui tetti ripararsi in caso di mancata rielezione, nfavorevoli a diminuire i posti da assegnare ai pi devotisostenitori. E sono gli azionisti, infatti, il problema.Il 26 giugno del 2003 la societ fece il suo ingresso inBorsa, assegnando al flottante il 44,5% del capitale. I soldiincassati finirono nelle rispettive casse comunali. Ad ogginon se ne ritrovano pi neanche le tracce fossili. Siccomei soldi sono come le ciliege, che pi ne hai e pi ne mangi,i comuni, ovvero gli azionisti di controllo, hanno avviatole procedure per vendere unaltra parte del capitale,stipulando un patto di sindacato che passi dal 57,4 al 38,5%delle azioni. Vi invito a leggere quanto dichiarato dal sindaco(Paolo Lucchi) e dal vice (Carlo Battistini) di Cesena (tuttocattocomunismo alla Peppone e Don Camillo): il governopubblico resta garantito ed Hera non sar privatizzabile. Lagaranzia contenuta nelle modifiche statutarie che prevedonoil voto maggiorato legato alle azioni vincolate e lamaggioranza del 75% necessaria per cambiare lo statuto.

    Lasciate perdere che i due sono convinti essere pubblicauna societ quotata in Borsa, talch non si possa privatizzarla(ed il solo punto su cui mi sento di convenire con la scuolasovietica: non si pu privatizzare quel che gi privato),il loro eloquio, degno di un film titolato Peppone va inBorsa, chiarisce lintento: vendiamo un pezzo consistentedel nostro patrimonio, s da potere spendere i soldi subito,ma non molliamo un pelo del nostro potere. Programmache ha il pregio della chiarezza. Ne discendono alcuneconseguenze.I compagni di un tempo consideravano i patti di sindacatocon disprezzo, essendo uno strumento per mantenere ilpotere in poche mani, senza neanche impegnarle a scucirequattrini. Cera del vero, anche se, nel sistema Cuccia,era anche il modo per mantenere la politica fuori da uncapitalismo asfittico. Comunque, ora si sono convertiti, alpunto che i proprietari i soldi non solo non li mettono, mali pigliano. Il patto attuale, per, mette al sicuro da ognipossibile scalata, perch raccoglie pi della met del capitale.Quello che andavano preparando no. Ecco la trovata delvoto maggiorato, in modo che la minoranza sia maggioranza.In queste condizioni, perch il mercato dovrebbe investirein azioni vendute da sindaci e assessori che voglionoconservare il potere, in capo a una societ i cui amministratori

    sono da loro designati? Risposta:perch rendono bene. Non in-corporano il valore della conten-dibilit, altrimenti varrebbero dipi, ma scontano quello dellarendita. E chi garantisce la rendita?Oh bella: quei 3.5 milioni dicittadini che pagano le bollette.Sono loro che attirano i compratori,pagando pi di quel che potrebberoaltrimenti pagare. Tutto filava liscioe Peppone gi contava, in sogno,

    i soldi che avrebbe incassato, se non fosse che la Cgil smessa di traverso, con la pi rivelatrice delle motivazionipossibili: se i comuni perdono la maggioranza la societdovr rispondere a logiche di mercato. Oh bella, perchnon gi cos? E quotata una societ che non risponde almercato? I compagni sindacalisti hanno qualche ragione,che moltiplica i torti dei compagni sindaci. Per non dire deicompagni amministratori. Fatto che il comune di Bologna,il pachiderma del branco, ha fatto marcia indietro, decidendodi non vendere pi. Il che ha gettato nella costernazione glialtri Pepponi, con il pollice inutilmente inumidito. Sicchhanno deciso di ribadire: loro avrebbero comunque venduto.Gi, ma si pone un problema: il comune di Bologna, qualeazionista e quale componente decisivo del patto di sindacato,proceder ugualmente alla modifica dello statuto? In casoaffermativo, ci porter ad accrescere il peso di Bolognanel potere interno a Hera. In caso negativo, porter gli altrisindaci a far la parte degli sciocchi. In tutti i casi il puntodecisivo : una societ quotata in Borsa che risponde alogiche di potere e spartizione di tipo municipale. Perrendere appetibili azioni di questo tipo si deve pagare unconsiderevole premio. A spese dei cittadini che eleggonoquella classe politica. Se ne sono consapevoli, auguri. Senon ne sono consapevoli, portino velocemente la mano aproteggere il loro portafogli.

    di Davide Giacalone*

    *Editorialista per Libero, Il Tempo e RTL 102.5

    Socialismo capitalizzato

    Una societ quotata in Borsache risponde a logichedi potere e spartizione

    di tipo municipale.A spese dei cittadini che

    eleggono quellaclasse politica.

  • di Luigi Di Placido

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    Pi un problema che una risorsaHera

    Siamo pi volte intervenuti sullevicende riguardanti Hera, sin daitempi della sua nascita come spacon capitale a maggioranzapubblico nel 2002.Abbiamo, infatti, sempre nutritoforti dubbi sulla opportunit diquotare in borsa una societ man-tenendo la maggioranza azionariain capo ad amministrazioni pub-bliche: questo sia per gli evidenticonflitti di interesse, sia per il ri-schio di non poter reggere eventualiaumenti di capitale che si ren-dessero necessari.

    Fino ad oggi, con un meccanismo oggettivamente discutibile,controllore e controllato sono coincisi: i Comuni detenevano lamaggioranza e quindi definivano tariffe e servizi, e al tempo stessodovevano vigilare sulla congruit di une e altri.I dividendi ottenuti dalla partecipazione azionaria sono semprestati una voce importante nei bilanci comunali; alla luce di questo,non difficile capire come fosse complicato controllare quellestesse tariffe che fruttavano milioni di euro.In tutti questi anni, la politica romagnola non ha brillato perlungimiranza, comportandosi come se la presenza di Hera fosseineluttabile e immodificabile.E arriviamo ai giorni nostri: i Comuni hanno bisogno di soldi, percui decidono di vendere le azioni di Hera per fare cassa, Bolognain testa.Cos facendo, la loro quota scende al 38% del capitale azionarioma, con una mossa degna della miglior pianificazione sovietica,modificano le regole per mantenere comunque il controllo.Portano al 75% la soglia per poter cambiare lo statuto, cos possonocontinuare a contare, senza avere i soldi per farlo.In effetti qualcosa continueranno a contare, nominando consiglieridi amministrazione per tessere di partito e non per competenza,facendo scelte diverse a seconda del territorio amministrato (chisi tenuto le reti, chi le ha regalate alla multiutility), disegnandoil proprio sviluppo territoriale in base a cosa piace o non piace aHera.E i soldi che i Comuni incasseranno dalla vendita delle azioni,frutto di una dismissione del patrimonio? Siamo curiosi di vederese verranno utilizzati per sovvenzionare la spesa corrente e crearnedi nuova, o per investimenti.A Cesena, il Sindaco Lucchi e il Vice Sindaco Battistini ritengono"la partecipazione a Hera strategica per i servizi pubblici locali:talmente strategica che hanno deciso di vendere un terzo delleazioni possedute, senza peraltro certezza sulla cifra realizzata esui tempi necessari per ottenerla. Una domanda sorge spontanea:perch mai il "mercato" dovrebbe comperare le azioni che questisignori venderanno? Lo far se sar conveniente, ma per essereconveniente dovr essere remunerativo.Ed ecco laspetto pi interessante: i cittadini serviti da Heracontinueranno a pagare tariffe capaci di remunerare chi investenella societ, anche senza pretendere di scalarla e governarla. Vuoldire che pagheranno pi di quel che il servizio vale.Tutto deciso, dunque? Neanche per sogno, perch Bologna cambiaidea e decide di non vendere pi le sue azioni, grazie alla prospettivadi ottenere una quota importante nella ripartizione dei fondi europeiin capo alla Regione, in aggiunta ai fondi destinati alla CittMetropolitana e alla quotazione in Borsa dellaeroporto.Apriti cielo, i Comuni romagnoli reagiscono duramente: Bolognanon pu condizionare le politiche regionali con le sue scelte, questobolognacentrismo inaccettabile.Talmente inaccettabile che la decisione di vendere le azioni Hera partita proprio da Bologna, e tutti ci si sono accodati docilmente.Con una "unione dintenti di questo genere i cittadini del nostroterritorio dovrebbero stare tranquilli?

    Un ulteriore esempio di questo sfilacciamento emerso nelleultime settimane riguardo alla gestione del ciclo integrato deirifiuti nel territorio della provincia Forl-Cesena, attualmente incapo sempre a Hera.E infatti emersa una diffusa volont di avviare uno studiopreliminare per la gestione in house, ovvero direttamente incapo ai Comuni.Ci nasce da esperienze gi ampiamente sperimentate in Italia,che assegnano agli enti pubblici la gestione dei rifiuti, in manierada razionalizzare la gestione del materiale riciclato, mas-simizzandone il profitto, cos da poter abbassare le tariffe diigiene ambientale, oltre a dare vita a vere e proprie filiere spe-cializzate in questo campo. Una opportunit che da annicaldeggiamo con il nome di distretto del recupero.Sarebbe un inequivocabile segnale di indipendenza e, soprattutto,di capacit progettuale messa al servizio della crescita, dopo anninei quali sia la coesione territoriale sia i progetti cosiddetti diarea vasta hanno dovuto spesso scontare battute darresto,quando non morti premature, a causa dellombra ancora pesantedei campanili.Neanche su questo i territori sono in sintonia: il forlivese e buonaparte del cesenate sono daccordo ma non basta, perch Cesena(insieme a Ravenna) si messa di traverso: vuole trovare il nuovogestore attraverso una gara europea.Una scelta che, andreottianamente, suscita cattivi pensieri checostituiscono peccato. Per, magari, si azzecca il nome delvincitore della gara.Come si pu ancora affermare ragionevolmente che Hera unarisorsa? Per le ricadute economiche derivanti dalla sua attivit?Probabilmente sono le medesime che altri operatori saprebberomettere in campo, o che una gestione oculata e meno elefantiacaparimenti garantirebbe.Hera, ammesso che sia mai stata una risorsa, oggi non lo pi.E diventata un problema, che per nessuno pare avere il coraggiodi affrontare, perch questo comporterebbe rompere cordoniombelicali dei quali molti si nutrono.E qui arriviamo alla considerazione che da tempo facciamo: ilmonopolio che ha caratterizzato i servizi per troppi anni hainevitabilmente creato una situazione distorta che va curata.E la cura la concorrenza, l'eliminazione delle rendite di posizione,il servizio migliore.In altre parole: la gestione privata con capitale privato.I Comuni hanno una grande forza: possiedono le reti (anche se,purtroppo, alcuni le hanno colpevolmente vendute), vero poterecontrattuale nei confronti di qualunque gestore, con il qualeevitare distorsioni o eccessivi appetiti: ebbene, lo usino, lasciandoche sia una gara a decidere lofferta migliore.Sarebbe un grande contributo di chiarezza, per i bilanci e,sopratutto, per i cittadin