Non di Solo Pan n°716 - 28 Giugno 2015

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PANE Non di solo Sussidio di preghiera per la famiglia Anno XV - n° 716 Domenica 28 Giugno 2015 XIII del Tempo Ordinario Itinerario quotidiano di preghiera Fanciulla, io ti dico: Alzati!

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Transcript of Non di Solo Pan n°716 - 28 Giugno 2015

PANE Non di solo

Sussidio di preghiera per la famiglia

Anno XV - n° 716

Domenica 28 Giugno 2015

XIII del Tempo Ordinario

Itinerario quotidiano di preghiera

Fanciulla, io ti dico: Alzati!

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 2

Giugno - Luglio 2015

“Pregare, forse il

discorso più urgente”

Sussidio di preghiera

per la famiglia

Offerta della giornata

Cuore divino di Gesù,

io ti offro per mezzo

del Cuore Immacolato di Maria,

Madre della Chiesa,

in unione al Sacrificio eucaristico,

le preghiere, le azioni,

le gioie e le sofferenze

di questo giorno,

in riparazione dei peccati,

per la salvezza di tutti gli uomini,

nella grazia dello Spirito Santo,

a gloria del divin Padre.

Dio, nostro Padre, io ti offro tutta la mia giorna-

ta. Ti offro le mie preghiere, i pensieri, le paro-

le, le azioni, le gioie e le sofferenze in unione

con il Cuore del tuo Figlio Gesù Cristo che conti-

nua ad offrirsi a te nell’Eucaristia per la salvez-

za del mondo. Lo Spirito Santo che ha guidato

Gesù sia la mia guida e la mia forza oggi affin-

ché io possa essere testimone del tuo amore.

Con Maria, la madre del Signore e della Chiesa,

prego specialmente per le intenzioni che il Santo

Padre raccomanda alla preghiera di tutti i fedeli

in questo mese

Intenzione del Santo Padre

Perché la responsabilità politica sia vissuta come for-

ma di alta carità

Intenzione missionaria

Perché i cristiani in America latina, di fronte alle disu-

guaglianze sociali, possano dare testimonianza

d’amore per i poveri e contribuire ad una società più

fraterna,

Intenzione dei vescovi

Perché adempiamo il dovere di annunciare il Vangelo

a coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo hanno

sempre rifiutato.

Intenzione del Vescovo di Brescia

Mons. Luciano Monari

Perché i credenti crescano nella fede, nella speranza e

nell'amore e siano veri testimoni di Cristo nel mondo.

Offerta quotidiana

Sito di Non di Solo Pane:

www.nondisolopane.it

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ pagina 3

Domenica 28

Giugno

I Settimana del Salterio

XIII Domenica del Tempo Ordinario

Il coraggio apostolico è seminare. Seminare la Parola. Renderla a quel lui e a quella lei per i quali è data. Dare loro la bellezza del Vangelo, lo stupore dell’incontro con Gesù e lasciare che sia lo Spirito Santo a fare il resto.

Sant'Attilio è forse

identificabile con

un martire, presun-

to soldato della mi-

tica Legione Tebea,

venerato presso

Trino Vercellese. Il

suo culto non è pe-

rò mai stato suffra-

gato dall'inserimen-

to nei martirologi

ufficiali della Chie-

sa.

Etimologia:

Attilio = forse atti-

vo o avo, nonno,

dal latino

Emblema: Bandie-

ra, Elmo, Palma

Il santo del Giorno: Sant’Attilio martire

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attor­

no molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome

Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia

figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con

lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Dalla casa del capo della sinagoga

vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito

quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non

permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giaco­

mo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che pian­

geva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è

morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e

la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la

mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlza­

ti!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono

presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo

e disse di darle da mangiare

Brano Evangelico: Mc 5,21­43

Contemplo: Signore, abbi pietà di me (dal Salmo responsoriale)

Una donna, affetta da grave malattia, crede che se toccherà un lembo della veste di Gesù, sarà guarita dal suo male. Tanti nel­la calca toccano Gesù, ma nessuno ne tocca la veste con la stessa fede di quella donna che, nel suo cuo­re, con fede, avrà senz'altro detto questa preghiera: «Signore, abbi pietà di me». Sia questa la nostra preghiera quando siamo afflitti o malati, o anche solo preoccupati per qualcosa, sapendo che il Signore non abbandona quanti confidano in lui.

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 4

P a g i n e b i b l i c h e

I grandi miracoli non avven-

gono mai alla luce dei riflet-

tori ma nelle penombra del-

la discrezione. Sono un do-

no, un bacio d’amore, un

segreto da consumare

nell’intimità.

“Ma egli, cacciati tutti fuo-

ri, prese con sé il padre e la

madre della bambina …”.

Solo nella penombra di una

stanza, davanti agli occhi di

un ristretto numero di ami-

ci, Gesù pronuncia le arcane

parole di una nuova creazio-

ne: “Fanciulla, io ti dico:

àlzati!». E subito la fanciulla

si alzò e camminava; aveva

infatti dodici anni”. In quelle

parole pronunciate con amore

i genitori della bambina pos-

sono riconoscere la presenza

di Dio che si rivela con tutta

la sua potenza, un gesto per-

sonalissimo da sigillare

nell’esclusività di un’intima

relazione d’amore. I miracoli

sono sempre esclusivi, non si

possono moltiplicare: ogni

gesto che desta stupore, che

sprigiona la fragranza del pro-

digio, è sempre unico, irripe-

tibile, diverso da un altro.

Come il calore di un bacio è

sempre particolare, suscita

emozioni insostituibili e

ineguagliabili così il miracolo:

ha sfumature che lo caratteriz-

zano e lo differenziano. Tutti i

miracoli di Gesù sono unici,

sono diversi gli uni dagli altri,

portano il sigillo di un amore

che è personale, mai generico

ne tanto meno banale.

Oltre che riabbracciare la loro

bambina, i genitori del brano

evangelico possono cogliere il

fiore delicato della presenza di

Dio: un fiore da mettere sul

davanzale della loro vita per

non dimenticare mai il profumo

del Signore che allieta la vita

degli uomini.

don Luciano

“Fanciulla, io ti dico: alzati!».

Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 5

P a g i n e b i b l i c h e

Contemplazio:

Dovessi vivere sessanta, settanta, novant'anni al

massimo, che mi gioverebbe? Quando la vita è du-

ra, è già fin troppo lunga. Quando è dolce, è trop-

po corta. Non sono fatto per questo. Sono fatto

per la Vita, la Vita senza un più o un meno. E la

vita non è la Vita se deve essere troncata un gior-

no. No, la Vita dura per sempre, altrimenti non è

la Vita. Proprio perché la morte s'è infiltrata nel

mio corpo e continuamente tende tranelli alla mia

vita, Dio ha deciso di venire lui stesso in mezzo a

noi, per mettere fine a questa intollerabile inge-

renza nella sua opera, per affrontare l'assassino ed

eliminarlo, una volta per tutte, in un implacabile

corpo a corpo [...]. Da quel giorno la morte non è

più la morte. Un cane può morire, un albero pure,

perfino una stella. Ma il cuore dell'uomo non può

morire. Impossibile [...].

L'embrione cresce nutrito continuamente dalla ma-

dre. Il sangue di Gesù nutre in te la Vita eterna,

come afferma il sacerdote mentre immette nel ca-

lice un frammento d'ostia. Allora essa cresce in te

da sola, come il seme, senza nemmeno che tu te

ne accorga, alla sola condizione di essere conti-

nuamente alimentata. Che dice Gesù dopo avere

risvegliato la piccola di dodici anni e averla posta

nelle braccia della madre che la credeva morta?

«Datele da mangiare un pezzo di pane!». Ce lo dà

lui stesso questo pane perché morire sia solo un

addormentarsi. Ne rida pure il mondo! Un bambino

ha forse paura d'addormentarsi? È triste addormen-

tarsi? (D. ANGE, Le nozze di Dio dove il povero è re, Milano

1985, 251s.).

Giorno per giorno

Signore, tu non ti compiaci di

slanci generosi, ma vani...

di propositi buoni, ma ingenui.

Tu ci chiedi un sano realismo,

la verità del cuore

e una vita abbracciata

giorno per giorno

e portata con austerità, ma

anche con leggerezza.

Signore della vita,tu desideri

che la nostra esistenza non

affondi sotto pesi insopportabili,

ma si proietti in avanti e

cresca e si ampli e si

approfondisca come un

albero, esile o maestoso.

Amen

Preghiamo la Parola

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ pagina 6

Lunedì 29

Giugno

I Settimana del Salterio

XIII Tempo Ordinario

Il Santo del giorno: San Pietro e Paolo

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi di­

scepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono

Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».

Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il

Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, per­

ché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te

dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi

non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che leghe­

rai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei

cieli».

Brano Evangelico: Mt 16,13­19

Martirologio Romano: Solennità dei santi Pietro e Paolo Apostoli. Simone, figlio di Giona e fratello di Andrea, primo tra i discepoli professò che Gesù era il Cristo, Figlio del Dio vivente, dal quale fu chiamato Pietro. Paolo, Apostolo delle genti, pre­dicò ai Giudei e ai Greci Cristo crocifisso. Entram­bi nella fede e nell’amore di Gesù Cristo annuncia­

rono il Vangelo nella città di Roma e moriro­no mart ir i sotto l’imperatore Nerone: il primo, come dice la tradizione, crocifisso a testa in giù e sepolto in Vaticano presso la via Trionfale, il secondo trafitto con la spada e sepolto sulla via Ostien­se. In questo giorno tutto il mondo con u­guale onore e venera­

zione celebra il loro trionfo. Patronato: Vescovi, Missionari, Rover e Scolte

Contemplo: A te darò le chiavi del Regno (Mt 16,19)

San Paolo ci ha insegnato che la Chiesa è un Corpo vivo perché ha Cristo per Capo e non perché possiede uomini intelligenti o potenti. La Chiesa non è di Pietro, ma di Cristo Gesù, di Dio; però Pietro ha le chiavi della “porta” e sen­za il suo aiuto, come “presidente nella carità”, non si può arrivare a Cristo. Per questo “dalla Chiesa sale incessantemente a Dio una preghiera per Pie­tro” (cf At 12,5). La Chiesa è una istituzione di Gesù, e Lui ha affidato a Pie­tro e agli Apostoli la sua eredità.

Il restare, il rimanere fedeli implica un’uscita. Proprio se si ri­mane nel Signore si esce da sé stessi. Paradossalmente proprio perché si rimane, proprio se si è fedeli si cambia. Non si rimane fedeli, come i tradizionalisti o i fondamentalisti, alla lettera. La fedeltà è sempre un cambiamento, un fiorire, una crescita.

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 7

E per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi

dice la gente che io sia?».

Gesù parla di sé, del suo mistero, delle “cose” che

riguardano Dio non da una cattedra o da un pulpito

ma lungo la via, mentre cammina, attraverso un

dialogo che aiuta i discepoli, partendo

dall’esperienza concreta, a giungere alla verità. Co-

sì, cammin facendo, mettendo in comune i pareri

discordanti della gente, Pietro arriva a riconoscere

in Gesù, il Cristo, il Figlio del Dio Vivente. Gesù è la

“pazzia di Dio”, Colui che verrà messo in croce,

l’innocente condannato al patibolo. Scelta assurda,

così come è assurdo il cristianesimo secondo una

logica puramente umana. In L'avventura d'un povero

cristiano Pier Celestino rivolge a Bonifacio VIII que-

ste parole: "Se però il cristianesimo viene spogliato

delle sue cosiddette assurdità per renderlo gra-

d20ito al mondo, così com'è, è adatto all'esercizio

del potere, cosa ne rimane? Voi sapete che la ragio-

nevolezza, il buonsenso, le virtù naturali esistevano

già prima di Cristo, e si trovano anche ora presso

molti non cristiani. Che cosa Cristo ci ha portato in

più? Appunto alcune apparenti assurdità. Ci ha det-

to: amate la povertà, amate gli umiliati ed offesi,

amate i vostri nemici, non preoccupatevi del pote-

re, della carriera, degli onori, sono cose effimere,

indegne di anime immortali...» (p. 244).

«Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi sé

stesso, prenda la sua croce e mi segua.» Questa

“assurdità”, questa novità che Gesù ha testimoniato

nella sua vita terrena, questa proposta che ci appa-

re tanto “paradossale” diventa croce, la nostra pic-

cola grande croce. Cosi, cammin facendo, lontano

dalle cattedre, narriamo con la nostra vita la

“pazzia di Dio” che affida a delle povere creature i

misteri del suo Regno.

meditazione

La pazzia di Dio Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Tesoro prezioso

Signore, grande è il dono

dei santi Pietro e Paolo,

di cui oggi facciamo memoria.

Dalla loro umanità ricca,

forte ma intrisa

di contraddizioni,

tu hai saputo trarre

l'armonia impareggiabile,

il tesoro prezioso

per la Chiesa di ogni tempo e

luogo. Per questi due apostoli

coraggiosi, forgiati e resi degni

dal crogiuolo della sofferenza

per la fede, del servizio

ai fratelli, della testimonianza

sino al martirio,

ti rendiamo grazie,

Signore Gesù!

Amen

Agisci

Gesù, la sua parola, mi indica la

via della vita. Oggi, Egli mi ri-

corda quel grande dono di cui ha

colmato la sua Chiesa: la comu-

nione dei santi. Forse sono giun-

to alla fede grazie alla preghiera della mia

mamma, della mia nonna o di qualcun altro.

Ringrazierò il Signore con la preghiera del

Magnificat.

Preghiamo la Parola

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ pagina 8

Martedì 30

Giugno

I Settimana del Salterio

XIII Tempo Ordinario

I sacramenti sono gesti del Signore.

Non sono prestazioni o territori di conquista di preti o vescovi.

Santi protomartiri

della Santa Chiesa di

Roma, che accusati

dell’incendio della

Città furono per ordi-

ne dell’imperatore

Nerone crudelmente

uccisi con supplizi

diversi: alcuni, infat-

ti, furono esposti ai

cani coperti da pelli

di animali e ne ven-

nero dilaniati; altri

furono crocifissi e

altri ancora dati al

rogo, perché, venu-

ta meno la luce del

giorno, servissero

da lampade nottur-

ne. Tutti questi e-

rano discepoli degli

Apostoli e primizie

dei martiri che la

Chiesa di Roma pre-

sentò al Signore.

Il Santo del giorno: Protomartiri della Santa Chiesa di Roma

In quel tempo, salito Gesù sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono.

Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la

barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva. Allora si accostarono

a lui e lo svegliarono, dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed

egli disse loro: «Perché avete paura, gente di poca fede?». Poi si al-

zò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia. Tutti, pieni di

stupore, dicevano: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli

obbediscono?».

Brano Evangelico: Mt 8, 23­27

Contemplo: I venti e il mare gli obbediscono (Mt 8,27)

Gesù dorme sulla barca dei discepoli. Ma essi sanno che “non si addormente­rà, non prenderà sonno il Custode d'Israele” (Sal 121,4). Ascoltiamo il dolore del Signore che vede tutte le creature obbedienti al suo cenno, mentre l'uomo è ribelle: “Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Ti bue conosce il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende” (Is 1,2­3).

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 9

lo presero con sé, così com'era, nella barca.

Dio va sempre preso così com’è, con le sue vesti,

come si presenta. Non lo possiamo piegare, mani-

polare, rivestire con gli abiti che più ci aggradano.

Dio è Dio e tale deve rimanere. Scomodo, ingom-

brante, spesso così lontano dai nostri gusti, incom-

patibile con le nostre voglie, irremovibile sul pro-

porci la via stretta che porta ad orizzonti che non ci

appartengono. Come gli apostoli dobbiamo pren-

derlo sulla nostra barca come il Diverso, così com’

è, senza porre condizioni. Il peccato più grave è

minare la verità, narcotizzare il crogiuolo, Colui che

separa la paglia dal grano, il bene dal male. Non

temo le mie fragilità, il mio peccato, i piccoli o gran-

di compromessi. Una sola cosa mi spaventa: met-

tere sulle labbra di Dio le mie opinioni, nel suo cuo-

re i miei sentimenti, sedare con vani ragionamenti

la potenza della Parola che salva. Sulla mia barca

Lui è l’unico che ha il coraggio della Verità: guai

scaricarlo, guai mettergli il bavaglio dell’umana ra-

gionevolezza.

(don Luciano)

meditazione

Sulla mia barca Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Ti chiediamo di imparare

Signore Gesù,

alla tua misericordia

donata in pienezza e per

sempre, affidiamo la furia

di questo mondo

e i demoni che ci lusingano

e ci circondano.

Ti chiediamo di imparare

da te l'arte di un discernimento

senza «se» e senza «ma»,

che salva, guarisce

e che accetta persino,

con libertà, di essere

allontanato, non avendo

fatto che bene.

Per il perenne esempio

della tua vita, che diviene

linfa della nostra,

ti ringraziamo, Signore!

Amen

Agisci

... Spesso nel proprio benes­

sere ci si dimentica dei disa­

gi altrui. Sulla realtà degli

immigrati forse mi sono la­

sciato guidare dal giudizio,

dal risenti­mento. E se io fossi al posto

loro, come mi comporterei? Oltre ad un

gesto concreto, li affiderò a san Giusep­

pe, recitando una preghiera a lui dedica­

ta.

Preghiamo la Parola

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 10

La nostalgia di Giobbe si infran-

ge, come le onde del mare sulla

scogliera, contro la dura realtà

di un presente privo di luce e in

compagnia di un morbo che

mangia la carne e lo spirito.

Sul letamaio di Giobbe lo spasi-

mo delle piaghe cede il passo al

tormento dell’indifferenza e

del disprezzo degli adulatori,

dei ruffiani di un tempo: “Ora

invece ridono di me i più giova-

ni in età, i cui padri non avrei

degnato di mettere tra i cani

del mio gregge.

Ora io sono la loro canzone,

sono diventato la loro favola!

Hanno orrore di me e mi schiva-

no e non si astengono dallo spu-

tarmi in faccia!”.

Quando la prosperità e la salute

ti voltano le spalle scende la

freddezza e l’insensibilità

dell’umano consorzio, rimani

solo con l’amara radice della

solitudine e del distacco. Tra i

letamai non c’è spazio per la

pietà e i deserti dell’aridità

umana diventano devastanti:

“Cacciati via dal consorzio u-

mano, a loro si grida dietro co-

me al ladro; sì che dimorano in

valli orrende, nelle caverne

della terra e nelle rupi. In mez-

zo alle macchie urlano e sotto i

roveti si adunano; razza ignobi-

le, anzi razza senza nome, sono

calpestati più della terra”.

E’ facile levarsi il capello

quando passa chi gode di consi-

derazione, chi si lava i “piedi

nel latte”; una posizione, il

prestigio, un “titolo” richiedo-

no l’ossequio e la benevolenza.

Bisogna pur sopravvive, certe

amicizie possono tornare utili;

ma coloro che giacciono ai

margini, che vivono “nelle ca-

verne della terra e nelle rupi”,

beh, quelli possono tranquilla-

mente diventare pubblico ludi-

brio, oggetto di scherno e di

facili ironie.

Così, per Giobbe, oltre al pruri-

to e al lezzo della cancrena, la

gogna di coloro che ai tempi

della prosperità “si alzavano in

piedi” mentre sedeva alle porte

della città.

Gli immondezzai della sofferen-

za diventano i dimenticatoi di

tutti, la storia non ha pagine da

sciupare né inchiostro da versa-

re per coloro che non hanno

voce, per chi non produce, per

gli accattoni che vagano in lan-

de solitarie.

Il Dio che Giobbe aveva cono-

sciuto, quello della sua giovi-

nezza, dorme, non interviene, è

sordo al grido Giobbe.

Ma diciamolo francamente e

senza paura di diventare blasfe-

mi: il Dio che Giobbe conosce-

va, o meglio, che pensava di

conoscere, è meglio che conti-

nui a dormire; se è un Dio che si

siede tra i notabili, tra coloro

che godono di considerazione,

che hanno una posizione alle

porte della città che si assopi-

sca pure tra i fumi degli olocau-

sti e degli incensi. Quello che

l’umanità attende è il Dio dello

stupore, che irrompe nella sto-

ria, che da sempre ci parla di

Giobbe, delle vedove, dei clau-

dicanti e degli orfani. Quello

che sta per irrompere nel leta-

maio di Giobbe sarà un turbine

impetuoso che farà cadere ogni

umana ipocrisia.

di don Luciano Vitton Mea

Pagine bibliche: il libro di Giobbe/6 Gli approfondimenti di Non di Solo Pane

Razza senza nome

di don Luciano Vitton Mea

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ pagina 11

XIII Tempo Ordinario

Il criterio della vita diventa fatalmente il piacere,

la comodità, l'egoismo, la passione, l'istinto..., ed

il livello della dignità personale fin dove discende?

In quel tempo, giunto Gesù all’altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemo­

niati, uscendo dai sepolcri, gli andarono incontro; erano tanto furiosi che nes­

suno poteva passare per quella strada. Ed ecco, si misero a gridare: «Che vuoi

da noi, Figlio di Dio? Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?».

A qualche distanza da loro c’era una numerosa mandria di porci al pascolo; e

i demòni lo scongiuravano dicendo: «Se ci scacci, mandaci nella mandria dei

porci». Egli disse loro: «Andate!». Ed essi uscirono, ed entrarono nei porci:

ed ecco, tutta la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare e morirono nelle

acque. I mandriani allora fuggirono e, entrati in città, raccontarono ogni cosa

e anche il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù:

quando lo videro, lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio.

Brano Evangelico: Mt 8,28­34 Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?

Nacque ad Ahuetita de

Abajo, appartenente alla

parrocchia di Teocaltiche,

Jalisco (Diocesi de Agua­

scalientes) il 5 ottobre

1901. Venne ordinato sa­

cerdote quando esserlo era

il maggior delitto che pote­

va commettere un messica­

no. Ma lui, con una allegri­

a che sprizzava da tutti i

pori, stese le sue mani af­

finchè fossero consacrate

sotto il cielo azzurro dello

stato di Jalisco vicino al

quale si nascondevano

sia l`Arcivescovo che il

Seminario. Undici mesi

dopo il tranquillo ed

allegro sacerdote, men­

tre esercitava, come

poteva, il suo ministero,

venne chiamato dal suo

parroco il Signor Curato

Justino Orona. Obbe­

diente si avvió verso il

"Rancho de las Cruces"

luogo che sarebbe stato

il suo calvario. Mentre

dormiva giunsero le forze

militari e le autorita civili.

II padre Atilano udendo la

scarica che troncò la vita

al suo superiore, si ingi­

nocchiò sul letto ed attese

il monento del suo sacrifi­

cio. Lui venne fucilato,

dando prova della sua

fedelta a Cristo Sacerdote,

all'alba del 1° luglio 1928.

Contemplo: Mio Signore e mio Dio !

Grande e meraviglioso è sostenere non quello che sta dritto, ma quello

che cade. Così anche Cristo volle salvare quello che si perdeva e salvò

molti venendo e chiamando noi che eravamo già perduti.

Il Santo del giorno: Natività di San Giovanni Battista

Mercoledì 1

Luglio

I Settimana del Salterio

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 12

Quando il male si impadronisce dell’uomo la vita

diventa come un sepolcro e le pietre impedisco-

no ogni sorta di comunicazione. “Nessuno pote-

va più passare per quella strada”.

La cattiveria allontana, l’egoismo inaridisce il

cuore, la passione brucia qualsiasi primavera,

qualsiasi capacità d’amare in maniera autentica

e disinteressata. Solo un branco di porci dista

poco distante dai sepolcri, dal deserto di un cuo-

re indurito dal male. I sentieri della lontananza e

dell’isolamento sono bagnati dalle lacrime di una

solitudine struggente, non conoscono i colori di

una “presenza”. Recita un’antica omelia: “Povera

quella strada che non è percorsa da alcuno e

non è rallegrata da alcuna voce d’uomo! Essa

finisce per essere il luogo preferito di ogni gene-

re di bestie”. Tetra immagine di ciò che il pecca-

to genera nell’anima priva della grazia divina. Ma

vi è sempre il giorno in cui Gesù passa all’altra

riva, percorre la strada che conduce ai sepolcri

dell’umana miseria. “Uscendo …. gli vennero

incontro.” Beato l’uomo che sa cogliere questa

opportunità, che non manca all’incontro che sal-

va. Sui nostri sepolcri Dio può edificare la sal-

vezza, ridare vita a ciò che sembrava perduto.

don Luciano

meditazione

La cattiveria allontana di don Luciano Vitton Mea

Tu solo conosci le vie!

Signore Gesù,

quando nel nostro

cuore infuriano il dubbio,

la paura,

l'incredulità...

siamo strade sbarrate,

sordi a qualunque richiamo

eppure siamo tuoi.

Tu solo conosci vie,

per noi impensabili,

che ci riportano a noi

stessi con una sollecitudine

divina che risponde

con sovrabbondanza

di amore a tutto

il nostro male.

Grazie, Signore!

Amen

Agisci

Come il Signore a-

scolta il grido di chi

lo invoca, anche io

oggi mi metto in a-

scolto del grido, a volte silenzio-

so, di chi ha bisogno di me, del

mio aiuto, della mia vicinanza.

Preghiamo la Parola

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ pagina 13

Giovedì 2

Luglio

I Settimana del Salterio

XIII Tempo Ordinario

L’amicizia si nutre di tante sorgenti, ma più

di tutto del rispetto reciproco.

(Daniel Defoe)

Diventa patrono di una città mentre era ancora in vita. Lecce, estate del 1616: il padre gesuita Bernardino Realino sta morendo, 42 anni dopo esservi arrivato. I reggi­tori del Municipio lo vanno allora a visitare in forma ufficiale. E gli fanno richiesta di voler essere il protettore della città. Lui, che tanto ave­va fatto del bene a Lec­ce, acconsente. Nato in

una famiglia illustre di Carpi, che per i suoi primi studi gli faceva venire i mae­stri a casa, fu poi mandato all'Accade­mia modenese. A 26 anni, si laurea in dirit­to civile e canonico. Sotto la protezione di Cristoforo Madruzzo, Bernardino si avvia sulla strada dei «pubblici uffici». A un certo punto, però,

la sua carriera s'inter­rompe. Bernardino Re­alino frequenta i Gesui­ti ed entra nella Com­pagnia. Nel 1567 è or­dinato sacerdote e di­venta il maestro dei novizi gesuiti. Sette anni dopo, a Lecce, crea un collegio al qua­le si dedicherà fino alla morte. Papa Pio XII lo proclamerà santo nel 1947.

Il Santo del giorno: San Bernardino Realino

In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed

ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse

al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». Allora alcuni scribi disse­

ro fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché

pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono

perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Fi­

glio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al

paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua. Le

folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un

tale potere agli uomini.

Brano Evangelico: Mt 9,1­8

Contemplo: Ti sono perdonati i peccati (Mt 9,2)

Il perdono di Dio è dato quando ci si pente per i peccati commessi contro Dio. I peccati commessi contro il prossimo sono perdonati solo se ci si riconcilia con le persone che si sono offese. «Perdona a noi le nostre offese, come noi perdoniamo» ci ha insegnato Gesù. Dio, quando giudica il popolo, lo conside­ra nella sua interezza, e il profumo degli uni si comunica agli altri. Abbiamo bisogno degli altri, e soprattutto del «profumo di Cristo, del profumo della sua conoscenza» (2Cor 2,14­15).

Non di solo pane ­ Numero 716­ Tempo Ordinario ­ pagina 14

Agisci

Oggi mi prendo

cura di ciò che è pic-

colo e fragile, ini-

ziando a provare tenerezza per

le fragilità e i "difetti" che vedo

in me stesso

e negli altri.

Lo stupore della folla e lo scandalo degli scribi non nascono

tanto dalla guarigione del paralitico, quanto dall'affermazione

di Gesù: «Coraggio, figliolo, ti sono perdonati i tuoi pecca­ti».

Egli compie questo miracolo per annunciare che un nuovo po­

tere ha fatto irruzione nel mondo: quello di rimettere in piedi

l'uomo non solo nel corpo, ma anche nello spirito, perché ab­

bia una vita totalmente nuova. Gesù non è un semplice guarito­

re dei mali dell'uomo e della società, non guarisce per far fun­

zionare tutto meglio di prima: apre orizzonti di vita nuova,

riconciliando l'uomo con Dio. Ed è stupefacente il fatto che

questo potere sia stato trasferito alla chiesa. Riflettendo sul

comportamento di questo paralitico che si alza e va a casa,

possiamo immaginare la guarigione interiore che avviene in

una persona quando esce dal confessionale. Se il peccatore è

un uomo fallito nel suo fine di vivere in comunione con Dio,

questo brano del vangelo ci fa toccare con mano che, con l'av­

vento di Gesù nella storia, si realizza la profezia di Ezechiele:

«Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purifi­

cherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli; vi darò

un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, to­

glierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Por­

rò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie

leggi» (Ez 36,25­27).

Non è solo per essere stato guarito alle gambe che il paralitico

si alza e se ne va: è per il fatto che ora ha un cammino nuovo

da intraprendere e un progetto da realizzare. I veri paralitici del

brano di oggi sono quegli scribi che pensano: «Costui bestem­

mia». Essi tornano a casa come sono venuti, ancora schiavi del

loro peccato, delle loro presunzioni e del loro piccolo mondo.

La vera bestemmia, lo scandalo del vangelo, è che Dio si è

fatto solidale con noi nel nostro peccato perché noi fossimo

solidali con lui nella risurrezione. Per quanto lo si mediti, non

penetreremo mai abbastanza questo mistero dell'amore di Dio;

e per quanto ce ne possiamo rendere conto, non coglieremo

mai nella pienezza il miracolo che avviene tutte le volte che

entriamo in un confessionale per riconciliarci con Dio.

Meditiamo la Parola

Solidale con il nostro peccato Meditazione Pierluigi Castaldi e Anna Maria Rossi

Folle tentazione

Signore, da sempre

la nostra grande

e folle tentazione

è metterti alla prova.

Signore, Padre buono,

perdona la nostra

Incredulità e ripeti

ancora e sempre per noi,

con pazienza divina,

le parole che ci

rimettono in movimento,

nel dinamismo

del dono generoso di sé,

le nostre vite, le nostre

relazioni mentre ripeti

al nostro cuore:

«Alzati, alzati e cammina!».

Grazie, Signore!

Amen

Preghiamo la Parola

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 15

Venerdì 3

Luglio

I Settimana del Salterio

XIII Tempo Ordinario

Il progetto non è cambiare quello che e diverso, il progetto è di piena accettazione delle diversità noi

siamo tutte le diversità umane, riconosciamole come nostre grandi ricchezze.

Festa di san Tom-

maso, Apostolo, il

quale non credette

agli altri discepoli

che gli annunciava-

no la resurrezione

di Gesù, ma, quan-

do lui stesso gli

mostrò il costato

trafitto, esclamò:

«Mio Signore e mio

Dio». E con questa

stessa fede si ritie-

ne abbia portato la

parola del Vangelo

t ra i popol i

dell’India

Patronato: Archi-

tetti

Etimologia: Tom-

maso = gemello,

dall'ebraico

Emblema: Lancia

Il Santo del giorno: San Tommaso apostolo

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne

Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli

disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio

dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non cre­

do”. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro an­

che Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: “Pace a

voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi

la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!”.

Gli rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi

hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”.

Brano Evangelico: Gv 20,24­29

Contemplo: Che vuoi da noi, Figlio di Dio? (MI 8,29)

Esistono diversi modi di leggere il Vangelo. Nessuno esaurisce il suo significato, perché la Scrittura, secondo gli antichi, ha settanta signifi­cati. L'esorcismo di Gàdara segue l'episodio della tempesta sedata. La tradizione patristica vede Gesù che si risveglia dal sonno della morte e incatena il diavolo, il «leone ruggente» (1Pt 5,8). Cristo innalzato sulla croce ha gettato fuori il principe di questo mondo, «omicida fin da principio», per liberare tutti gli uomini.

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ pagina 16

Agisci

Come il Signore a-

scolta il grido di chi

lo invoca, anche io

oggi mi metto in a-

scolto del grido, a volte silen-

zioso, di chi ha bisogno di me,

del mio aiuto, della mia vici-

nanza.

Lo ricordiamo tutti come l'Apostolo incredulo, co-

me colui che volle mettere la mano al posto della

ferita della lancia e il dito al posto dei chiodi. Egli

volle così attingere la fede piena alla fonte stessa

dell'amore. È importante credere alla altrui testi-

monianza, ma non possiamo assolutamente con-

dannare chi vuole comprendere il prezzo dell'a-

more e toccare i segni della grazia. Molto proba-

bilmente Tommaso più degli altri era rimasto sa-

lutarmene scosso dalle parole che il suo Gesù ave-

va pronunciato non molti giorni prima, nella sera

dell'ultima cena: "questo è il mio corpo, questo è

il mio sangue sparso per voi". Ora Tommaso vuole

comprendere fino in fondo, per quanto è possibile

alla fragilità umana, il significato pieno di quel

dono. Volendo toccare il corpo di Cristo con i se-

gni della sua passione egli vuole stabilire una in-

tensa ed indefettibile comunione con Cristo. Egli

vuole riconoscere quel corpo, che non aveva visto

inchiodato alla croce, ma che desidera legare e

fondere con il suo, per essergli poi fedele fino alla

morte. I segni dei chiodi e le ferite del costato

che egli tocca gli consentono di salire con il suo

maestro fino al Calvario, fino alla croce per poi

godere nel vederlo vivo e risorto, lì presente di-

nanzi a lui, ancora pronto a fugare ogni dubbio.

L'intensità dell'amore talvolta supplisce alla debo-

lezza della fede. Vediamo infatti nella storia di

Tommaso l'esplosione simultanea della fede e

dell'amore quando dichiara che Cristo è il suo Si-

gnore e il suo Dio: «Mio Signore e mio Dio!». E',

tutto considerato, un bel percorso quello che

Tommaso compie; egli volge lo sguardo e poi toc-

ca Colui che hanno trafitto. Ci porge un invito che

tutti possiamo raccogliere: guardare il crocifisso

per immergerci in Cristo, per imprimere nel no-

stro cuore i germi fecondi della gratitudine della

fede e dell'amore.

Meditiamo la Parola

L’apostolo credente

Meditazione a cura della Redazione

«Mio Signore, mio Dio!».

Signore,

oggi ricordiamo

l'apostolo Tommaso,

così vicino a noi,

al nostro bisogno

di segni, che non

sappiamo leggere,

vicino alla cultura

di questi tempi increduli

e inconsapevoli insieme.

Fa' che riusciamo

a credere, non per la

fiducia in noi stessi,

ma per la fiducia

negli altri: soltanto

insieme potremo dire

«Mio Signore, mio Dio!».

Amen

Preghiamo la Parola

Non di solo pane ­ Numero 715 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 17

Dal matrimonio di Osea, il profe-

ta, il più vicino a Dio, e Gomer,

la prostituta, la più lontana da

Dio, nascono tre figli che porta-

no un marchio infamante: figli di

prostituzione. I tre nomi che O-

sea da a questi figli indicano il

mistero del male, le conseguen-

ze nefaste del peccato. Quando

l’uomo rinnega la propria elezio-

ne, l’amore di Dio e si prostitui-

sce a degli dei che si è costruito

con le proprie mani diventa uno

schiavo, perde la propria digni-

tà, scava un solco difficile da

colmare. Gomer, le alture dei

culti cananei e i tre nomi dei

figli di Osea non sono reperti

archeologici, dettagli insignifi-

canti di una storia che non ci

appartiene; sono impressi dentro

di noi, sono un retaggio con cui

dobbiamo confrontarci ogni gior-

no.

L’ uomo, ciascuno di noi, è un

mistero di vicinanza e di lonta-

nanza; c’è in noi un’innata incli-

nazione al bene ma nello

stesso tempo sentiamo il

fascino delle alture, le

lusinghe di una facile e

falsa libertà. Nasciamo

fidanzati con l’amore,

sentiamo il bisogno di

consumare un rapporto

vero e trasparente con

Colui che ci ha voluti,

pensati, creati; ma su-

biamo anche il fascino di una

prostituzione sacra che ci al-

lontana da Dio, dai fratelli, dal

“meglio” che giace custodito

nel sacrario della coscienza.

Quando l’uomo giace con un

surrogato dell’amore, quando

sale tra i cespugli dove lo a-

spettano le prostitute di turno

genera i tre figli di Gomer. E’

necessario conoscere e sentire

il peso di questi tre nomi terri-

bili.

«Egli andò a prendere Gomer,

figlia di Diblàim: essa concepì

e gli partorì un figlio. E il Si-

gnore disse a Osea: «Chiamalo

Izreèl, …..».

Izreèl è un nome maledetto

perché in quel luogo si è con-

sumato uno dei delitti più ter-

ribili della Storia di Israele, il

massacro della famiglia reale.

Al di la del fatto storico il no-

me evoca non solo quel bagno

di sangue ma tutti i crimini che

hanno segnato e segneranno la

storia degli uomini. Quando ci

si allontana da Dio si apre un

baratro tenebroso di cui non si

riesce a vedere il fondo; per

costruire le varie Auschwitz che

hanno segnato la storia umana

non ci vuole molto: basta de-

porre Dio e innalzare l’uomo, i

suoi interessi, le sue ideologie.

«La donna concepì di nuovo e

partorì una figlia e il Signore

disse a Osea: «Chiamala Non-

amata ….»

Dio non può amare il male, le

alture, la concorrenza di idoli

che non vedono e non sentono.

Dio perdona i peccati ma dete-

sta il male, le alture dove la

sua effige viene fregiata e rovi-

nata.

«Dopo aver divezzato Non-

amata, Gomer concepì e partorì

un figlio. E il Signore disse a

Osea: «Chiamalo Non-mio-

popolo, perché voi non siete

mio popolo e io non esisto per

voi».

Dio non c’è, non esiste in mez-

zo agli idoli; chi si inginocchia e

brucia l’incesso davanti

all’effimero diventa non popo-

lo, segna una lontananza che

solo la misericordia di Dio potrà

colmare.

Il libro di Osea

Il peso di un nome di don Luciano Vitton Mea

Pagine bibliche: il Libro di Osea/2 Gli approfondimenti di Non di Solo Pane

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ pagina 18

Sabato 4

Luglio

I Settimana del Salterio

XIII Tempo Ordinario

Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri! Per questo mi chiamo Francesco: come Francesco da Assisi, uomo di pover­tà, uomo di pace. L’uomo che ama e custodisce il Creato; e noi oggi abbiamo una relazione non tanto buona col Creato.

Nel 1789, durante la Ri­

voluzione Francese aiutò

molti sacerdoti che non

avevano aderito alla co­

stituzione civile del clero,

provvedendo loro con un

rifugio, viveri, ma soprat­

tutto trovando il pane e il

vino necessari per la cele­

brazione del sacrificio

eucaristico. Li prelevava

di notte, nascosti nelle

foreste della valle

d’Auze, e li accompa­

gnava nelle famiglie do­

v e s i r i ch i ed ev a

l’amministrazione dei

Sacramenti. Nel 1794 fu

processata ed imprigio­

nata. Fu liberata grazie

ad un insurrezione popo­

lare. Del resto non teme­

va di morire e affermava

che sulla ghigliottina

avrebbe ballato come

negli anni giovanili. Ac­

colta nel Terz’Ordine dei

Predicatori, imitò Santa

Caterina da Siena, so­

prattutto con un intenso

amore per l’Eucaristia e

la difesa dei suoi ministri

perseguitati, intrepida

nella confessione di fede

e di amore per la Chiesa.

Il Santo del giorno: Beata Caterina Jarrige Domenicana

Brano Evangelico: Mt 9, 14­17

Contemplo: I tuoi discepoli non digiunano? (Mt 9,14)

Gesù insegna il modo giusto di digiunare. Gli invitati a nozze non digiunano, ma

partecipano alla gioia dello Sposo. Noi siamo invitati a nozze! Se il digiuno è solo

un rito per farci notare dagli altri, oppure lo consideriamo una pratica dietetica, sia­

mo lontani dall'insegnamento del Signore. Siamo chiamati a essere sobri per amore

di Dio, delle sue creature e del prossimo, sobri nelle chiacchiere e nell'uso del tem­

po per dedicarci alla lettura della Scrittura e alla preghiera.

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero:

«Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non

digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in

lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà

loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su

un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo

strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si

spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vi­

no nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».

Non di solo pane ­ Numero 716 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 19

Agisci

Mi sforzerò oggi di

ricordare quanti be-

nefici ricevo da Dio e

tenterò di offrire a

Gesù il mio amore, rinunciando

con un po’ di sacrificio a delle

piccole cose

Accogliere il Messia è possibile solo se il

nostro cuore è predisposto ad accoglierlo.

I discepoli di Giovanni hanno digiunato

per essere pronti ad accogliere il Messia.

Volevano indossare "vestiti nuovi" per

prendere parte al banchetto del Messia. Il

Signore ci offre un vestito nuovo, un vino

nuovo, una vita nuova. È necessario però

fargli posto nella nostra vita, perché Gesù

non si impone a nessuno. Lo accolgono

veramente solo coloro che si sono prepa-

rati a questo incontro con un cuore in

condizione di ricevere umilmente la paro-

la del Messia. Le parole del Maestro in

questo vangelo ci fanno capire che, con

la sua venuta nel mondo, si apre per tutti

gli uomini una novità di vita che, prima

dell'arrivo di Gesù, non era neppure lon-

tanamente immaginabile. In lui, infatti,

ci viene aperta la porta del cuore di Dio,

ci viene spianata la strada che conduce

alla piena comunione del Padre con gli

uomini, rappresentata nel vangelo dal

banchetto di nozze.

Meditiamo la Parola

Vino nuovo, in otri nuove... Meditazione a cura di don Luciano

Tu ci ami così

Signore, ti ringraziamo,

perché parli ai nostri cuori

con un linguaggio

che possiamo intendere

poiché interpella

con delicatezza

commovente la nostra

esperienza umana.

Tu ci ami così come noi

«sentiamo» il profumo

dei nostri figli.

Tu ci ami dal profondo,

senza parole,

come una sposa trae forza,

fierezza e gioia

dalla sola presenza

dello sposo.

Amen

Preghiamo la Parola

333/3390059 don Luciano

Anno XV- n. 716

Domenica 28 Giugno 2015

Chiuso il 23 Giugno 2015

Numero copie 1400

Coordinatrice Fiorella Elmetti

Redazione

don Luciano Vitton Mea, don Carlo Moro, don Fabio Marini,

don Diego Facchetti, Fiorella Elmetti, Tiziana Guerini e Cristina Sabatti

Grafica e stampa

don Luciano Vitton Mea

Ideato da don Luciano Vitton Mea

Sussidio di preghiera per la famiglia

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