N°12 Gennaio 2013

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SOPPRESSO : Trasporti, tagli ed una sorpresa: DIECI e VENTICINQUE diventa international!

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La redazione:

[email protected]

http://www.diecieventicinque.it/ 1968

Pag. 3 Racconto di un’Italia a due velocità. di Laura Pergolizzi e Mario D'Apice

Pag. 4 - 5 "Io vado e non evado”. E la Tper? di Emilio Roberto Brucato e Salvo Ognibene

Pag. 6 Bicicletta Special di Beniamino Piscopo

Pag. 7 Diecieventicinque International: Ventun Gennaio Duemilatredici, ‘here we are’. di Diego Ottaviano

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un’occhiata al tabellone, si rende conto di avere un bel po’ di tempo per gli acquisti prima della sua coincidenza.

Solo alle 13,55 l’Intercity 731 per Messina sarà pronto per partire.La valigia va fuori dallo scompartimento già pieno. In molti, rimasti senza posto assegnato, occupano i sedili del corridoio ed l’enorme carrello del servizio mini bar costringe tutti ad alzarsi ogni 15 minuti per poter passare. Persino il controllore si confonde nel chiedere a tutti i biglietti. Le signore più snob evitano la zona del bagno. Molti i disagi, attenuati dalla voglia di tornare a casa e dalla cordialità dei compagni di viaggio.

Alle 18 e 30, tra un aneddoto e una piacevole lettura, ecco Villa San Giovanni, ed ecco le corse ai traghetti , lungo le scale ( non mobili) e lungo il percorso ad ostacoli della rampa in salita che porta i passeggeri sulla agognata nave traghetto che permetterà a Laura, finalmente, di tornare a casa. E’ qui che termina il suo viaggio, tra i 600 km in sole tre ore e venti a 80 euro e i 480 km in 5 ore e mezza a 50 euro.

Questo è il racconto lungo i binari di un’Italia a due velocità.

Veloci i paesaggi dai colli emiliani ai borghi toscani, velocissime la pianura laziale e le campagne campane. E poi lento l’Aspromonte con le sue a volte incerte ma infinite fermate; lenti, non tanto lo Stretto con i suoi soli 3 km, quanto le coste offese della trinacria.

Stazione di Bologna, 20 dicembre. Tra un biglietto dell’ultima ora e le corse ai binari, gli annunci di ritardo e i saluti di partenze e arrivi, Laura e Mario, studenti fuori sede, si ritrovano per condividere il viaggio di rientro a casa per le vacanze natalizie. Hanno appuntamento al binario 3:il treno Av 9650 delle 7 e 19 diretto a Napoli è già pronto per partire. Mario per la prima volta prenderà questo treno perché le corse dell’Intercity che lo portava a Caserta sono state ridotte al minimo, Laura per la prima volta prenderà questo treno perché i treni notte per Messina sono stati ridotti e non c’era più posto.

La Frecciarossa non sembra deluderli. Le porte sono automatiche, i sedili più che confortevoli, c’è tanto silenzio che sembra sia vietato parlare. La carrozza bar ristornante garantisce un’ottima pausa caffè, i video su youtube rendono meno noiose le ore di viaggio grazie al wifi gratuito, le donne festeggiano per i bagni puliti. Tutto è perfetto, e quasi ci si dimentica di aver speso praticamente il doppio: 80 euro contro i 41 del vecchio caro - senza sedili comodi e senza internet - Intercity.

Dopo un saluto veloce a Santa Maria Novella e Roma Termini, come se il tempo non fosse passato i due arrivano alla Stazione di Napoli centrale. E’ qui che termina il viaggio di Mario il quale, soddisfatto di aver percorso quasi 600 km in sole 3 ore e venti saluta Laura, le augura buon Natale e un buon prosegui-mento. E’qui che Laura, dopo aver dato

di Laura Pergolizzi e Mario D'Apice

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Ph Salvo Ognibene

Racconto di un’Italia a due velocità.

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prezzi del biglietto sono cresciuti moltissimo: da 1 euro si è passati a 1.20 in tabaccheria, addirittura 1.50 se il biglietto viene fatto a bordo) si sono visti irrigidire i controlli che sono stati affidati a un’azienda esterna. Esternalizzare ha un costo ma al problema finanziario si aggiunge anche un problema di coerenza.

E’ stata definita una ridicola pagliacciata difatti, la campagna che ha inscenato l’azienda contro chi non paga il biglietto sui bus e forse, i sindacati, non hanno tutti i torti.

La tendenza repressiva si manifestò anche ben prima della fusione, nel maggio 2011, quando per fare in modo che tutti pagassero i biglietti vennero sperimentati, su alcune linee, installando direttamente all'interno, i tornelli sull'autobus. Prequel della odierna campagna denominata “Io

vado e non evado”. Dirigenti che salgono sul bus per educare i viaggiatori e 500 lavoratori costretti a fare altrettanto nelle ore straordinarie. (ribadire le norme di comportamento sui mezzi: salire e scendere dalle porte giuste, non urlare al cellulare, non prendere troppo spazio e far sedere chi è più debole). Così facendo l’azienda paragona i portoghesi agli evasori fiscali ma mai opera fu così nefasta. A novembre i bolognesi scoprono che un accertamento della Guardia di Finanza risalente al 2008 rivela che proprio l'Atc deve al Fisco 1,5 milioni di euro. L’Atc avrebbe male interpretato una disposizione della finanziaria 2006 con il risultato di farsi uno sconto. Il testo

Il progetto è stato approvato in fretta e furia, dando tempo ai consiglieri solo una settimana per leggere le carte e con i legittimi dubbi del collegio dei revisori dei conti: “non paiono emergere con chiarezza le valide ragioni economiche che dovrebbero essere alla base” che dichiara “impossibile esprimere un parere

a causa della complessita'

dell'operazione, dell’ampiezza della

documentazione a fronte dell'esiguo

tempo a disposizione e per la totale

assenza di informazioni riguardo alle

dinamiche economiche, patrimoniali e

finanziarie.”

Le conseguenze non tardano ad arrivare, un anno dopo i lavoratori di Tper sono in agitazione da parecchi mesi e denunciano ritardi e mancanze nei pagamenti puntando la lente su i tagli al servizio a fronte dell’aumento del prezzo dei biglietti. Problemi anche con gli straordinari che trasformano i turni in gironi massacranti. E gli scioperi continuano perché la Regione ha già annunciato ulteriori tagli e rincari.

Insomma "Una delle più grandi aziende

intermodali nazionali", come disse un anno fa l’assessore regionale ai trasporti Alfredo Peri, non sembra proprio un grande esempio.

I tanto ventilati tagli alle spese si sono concentrati sui lavoratori e permangono ancora incarichi doppi nelle alte sfere così come denunciato dai sindacati. Così a pagare di più sono gli utenti che oltre al biglietto aumentato (da febbraio 2011 i

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di Emilio Roberto Brucato

e Salvo Ognibene

“Io vado e non evado” è la campagna lanciata da Tper per combattere i “portoghesi” che non pagano il biglietto. Un biglietto dalla validità di 60 minuti ( dalle 6.30 alle 20.30, in notturna 70 minuti) per il circuito urbano di Bologna che costa 1,20 in edicola e 1,50 in autobus. Un’enormità.Ora però sembra che ad evadere fosse proprio chi doveva controllare .

La fusione tra Atc spa e Fer srl (Tper spa) è stata approvata in consiglio comunale e provinciale il 28 novembre 2011 mentre Andrea Colombo, l'assessore alla Mobilità del Comune di Bologna, annunciava che "Non ci sarà un nuovo aumento dei

biglietti né un taglio alle linee autobus

grazie a un coraggioso sforzo da parte

della Regione. Sono stati infatti

confermati i fondi Tpl (trasporto pubblico

locale, ndr) anche per l'anno che verrà,

nonostante i tagli.”La newco è partecipata da: Regione (46,1%) e dal Comune di Bologna (30,1%), questo per quanto riguarda i servizi, la rete ferroviaria è stata scorporata e rimane a Fer. E’ controllata per il 93% dalla Regione Emilia-Romagna;

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Quanto al Civis, c’è l’addio ma in compenso arrivano 49 Crealis Neo, dei filobus a fibra ottica con l'accordo tra Irisbus e Tper. Ripartiranno i lavori stradali di completamento delle banchine ma i primi 20 Crealis arriveranno tra 24 mesi, gli altri nell’anno a seguire. Insomma, non è ancora finita. Ne vedremo delle belle.

autoreferenziale, oltre ai soliti sindacati spesso di base, sono presenti come sempre il comitato No People Mover e ultimamente anche il redivivo collettivo di Santa Insolvenza che fece parlare di sé l’anno scorso con la storica occupazione del cinema Arcobaleno in pieno centro. Santa Insolvenza ha manifestato negli scorsi giorni per difendere i meno abbienti che in un periodo di crisi non possono permettersi titoli di viaggio così costosi. Un portavoce del gruppo rivela che “Consultando i bilanci della società Tper,

è venuto fuori che l‘incidenza delle

entrate ricavate dalla vendita dei biglietti

dell’autobus è solo il 35% del ricavato

totale. I cosiddetti “evasori” sono solo

l’8%. E allora, perché questo aumento dei

prezzi? La verità è che, con il calo dei

finanziamenti da parte dello Stato, i

dirigenti rischiavano di vedere sgonfiati i

loro stipendi. Per mantenerli intatti,

hanno optato allora per un rincaro dei

prezzi a spese dei singoli utenti.” Hanno

quindi partorito un’iniziativa: il progetto

di una cassa comune “di resistenza”, con fondi raccolti attraverso autofinanzia-mento e sottoscrizione. Le persone che la sottoscrivono viaggeranno sull’autobus senza biglietto, e quando prenderanno la multa avranno le spese coperte: sarà una sorta di assicurazione per chi viene multato. La contro-campagna si chiama “Tper…tutt@”

Questa volta la moralizzazione dell’azienda Tper non è andata giù a molti, pare arrivino anche parecchi ricorsi da parte di utenti stufi di essere presi in giro.

prevedeva riduzioni dell’Irap per le imprese con lavoratori a tempo indeterminato. Tutte tranne quelle dei trasporti. “Questi sono amministratori incapaci"

arriva a dire un consigliere Pdl a Claroni e all’ex Francesco Sutti (indagato per il People Mover). Il Comune, socio di maggioranza di Atc deve decidere sul da farsi: conciliare con il fisco oppure agire per vie legali. Se si paga subito si ottengono degli sconti, andare per via legale si rischia di far aumentare gli interessi. Ma il dubbio che si è subito insinuato è che un evasione analoga potrebbe riscontrarsi anche per gli anni successivi. Detto fatto.

Proprio pochi giorni fa l’Agenzia delle Entrate ha stimato la richiesta all’Atc in 6

milioni di euro fra Irap non versata e sanzioni per gli accertamenti che riguardano gli anni dal 2007 al 2010. Atc è convinta di non dover pagare, ha chiesto la sospensione amministrativa e ha fatto ricorso. Intanto la situazione bolognese dei trasporti si complica considerando anche gli avvisi di garanzia che sono arrivati sempre a novembre all'ex sindaco di Bologna, Flavio Del Bono, al presidente della Provincia, Beatrice Draghetti, e il suo vice, Giacomo Venturi per il caso People Mover. E ricordando anche la vicenda del Civis si può ben dire che in fatto di trasporti a Bologna gli amministratori sono stati ben poco lungimiranti.

Ad alzare la voce contro questa gestione da parte di un gruppo di potere sempre più

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Uno dei miei primi ricordi di bambino è un triciclo di plastica rosso fiammante. Lo adoravo, ci facevo avanti e indietro il terrazzo della mia prima casa. Prima che ci trasferissimo. Ho rivisto quel terrazzo anni dopo, da ragazzo. Me lo ricordavo molto più grande, enorme, uno spazio immenso da riscoprire ogni volta, ogni volta diverso. Già allora mi piaceva pedalare. Da allora le sensazioni che provo pedalando, in fondo, non sono mai cambiate. Che si tratti del terrazzo o dei colli bolognesi, fatti su e giù nelle belle giornate di primavera.Non passò poi tanto prima che quel triciclo fosse sostituito da una bici vera.

di Beniamino Piscopo

Quanti ricordi che ho legati alla bici. Alcuni belli, altri brutti, altri che sono entrambe le cose.A otto anni ero sempre a pedalare per le stradine di campagna insieme a Salvatore, il mio vicino di casa. Andavamo in un posto tra i campi di pomodori, dove l’erba era più alta. Prima di arrivarci gridavamo che bisognava seguire la seconda stella a destra, e poi diritti fino al mattino, fingendo che quella fosse l’isola che non c’è. A ripensarci oggi, era un posto fetido e tutt’altro che suggestivo. Eppure vi passavamo ore a giocare ai bimbi sperduti e ai pirati, come in Hook Capitan Uncino, il nostro film preferito. Come se lì il tempo si fermasse davvero.Una volta, ad un incrocio, una macchina ci sbucò davanti, tagliandoci la strada. Salvatore la notò solo all’ultimo istante. Frenò di colpo, con tutte e due le mani, con tutta la sua forza. Stinse le ditina minute su quei freni troppo duri e pesanti, provando nel frattempo a poggiare i piedi a terra. Ma la bici era troppo alta e lui troppo piccolo. I piedi non toccarono mai terra. La ruota posteriore si alzò disarcionandolo all’istante. Salvatore fluttuò in aria come sparato da una catapulta.Quando quel pomeriggio mi affacciai alla

quello che ero. Adesso non potrei raccontarla senza infilarci dentro due ruote. Sembra una città fatta apposta per i ciclisti, non a caso delle biciclette ne è la capitale. Qualcuno dice perché è a misura d’uomo, io dico perché è a misura mia. Perché dentro ci sto tutto, il me di venti, di quindici anni fa, il me di adesso.Ecco perché quando posso, non perdo l’occasione di ritrovarmi. Così mi ritrovo quando sento i muscoli delle gambe talmente gonfi e duri e tesi da potersi spezzare, quando la bici ha perso giri e ormai si trascina a scatti. Così mi ritrovo quando manca poco, quando tra venti metri, oltre la curva, inizia la discesa. Non la vedo, ma ormai conosco la strada a memoria. Decido di alzarmi dal sellino per fare più forza sui pedali. La mia scalata ai colli è quasi terminata. È l’ultimo sforzo, prima di piombare giù verso porta San Mamolo, resa ultracoreografica dalle luci del tramonto che dipingono di rosso i viali. Prima di sentire sul viso, quel vento che ormai da anni ho imparato ad amare.Mi ritrovo quando dovrei rincasare, tornare ai codici e ai manuali di diritto. Ma proprio non mi va di separarmi dalle due ruote. Non in serate del genere. Ancora un po’, non importa quale via prendere.

In fondo la strada è sempre quella.

Seconda stella a destra,

e poi diritti fino al mattino…

soglia della sua camera di ospedale, la vista di Salvatore con la testolina pallida, e rigata da lacrime che venivano giù sottili da quegli occhietti semichiusi, mi inchiodò sulla soglia, curvo, contratto, come se stessi incassando dei pugni nello stomaco. Ricordo i nostri sguardi che si incrociarono tristi e bagnati. Ricordo che gli presi la mano, con delicatezza, quasi spaventato che usando troppa forza, avessi potuto peggiorare le cose. E la scena si ripeté simile più o meno per altri tre giorni, finché Salvatore non fu dimesso dall’ospedale.Dovevate vedermi in quei tre giorni. Mi piazzavo vicino al lettino di Salvatore. Gli

parlavo, mi prendevo cura di lui, come un ometto. Gli facevo i versi del T-Rex e dei Velociraptor e lo facevo ridere. E per me era una vittoria. Riuscire a strappare un sorriso a quella faccina dolorante e triste e sconsolata, mi riempiva di gioia. A volte lo facevo ridere troppo forte, e gli facevo venire male al petto. Allora la smettevo di fare lo scemo e me ne stavo zitto e immobile, chino su di lui per tutto il tempo.A questo ricordo non potei non pensarci anni dopo. Quando trasferitomi a Bologna, una volta caddi dalla bici in maniera quasi identica a quella di Salvatore, una coincidenza che mi è costata per un po’ il gesso a un braccio. Anche stavolta la cosa mi è sembrata meno grande di come mi parse allora, perché crescendo la percezione di alcuni fatti o oggetti o sensazioni cambia. Di altri invece, scopri che tutto è rimasto uguale.Trasferirsi a Bologna, lasciare tutto, per ritrovare una vecchia amica. E una vecchia abitudine che per anni avevo abbandonato. Ci misi poco a rendermi conto di quanto mi fosse mancato pedalare. Tante cose sono cambiate, io sono cambiato. Le sigle dei cartoni animati che cantavamo da piccoli durante le nostre pedalate tra i campi di pomodori e i raggi di sole che tagliavano i muri di foglie, sono state sostituite dal punk che i Clash e i Ramones, ora mi vomitano a volume massimo nei timpani. Musica che se avessi ascoltato allora, come minimo l’avrei accolta con uno sbadiglio.Bologna mi ha fatto diventare un’altra persona, e da un lato mi ha fatto tornare

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Bicicletta Special foto di Enrico Celesti

www.enricocelesti.it

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mare, dello scaldarsi del fuoco. Il ritmo era come quello di oggi, concreto, presente, ambizioso nel suo sapersi umile. Lentamente verso il nostro goal, verso la nostra meta, che una volta era ‘schierarsi dalla parte di una televisione siciliana’, che una volta era credere in uno studente, che alle volte era perché lo é ancora, viva nei sentieri del significato del conoscere, del dire, dell’ascoltare. Si, non molto tempo fa nasceva Diecieven-ticinque. Nasceva una nuova possibilità verso la cultura di un sistema per tutti, che tra ‘I Siciliani’ e il giornalismo, si decideva esser dalla parte della giustizia, contro le mafie e contro le politiche sbagliate. Diecieventicinque è cresciuto, è oggi più consapevole, vivace, ricco, ed è oggi più deciso. Questo il perché Diecieventicinque inizierà una nuova strada, verso nuove culture, quelle del ‘tutto il mondo è Paese’. Diecieventicinque si arricchisce dello scrivere di gente, che come noi, vive per il senso del giusto e della denuncia di un mondo un po’ così, un po’ malato. Diecieventicinque incontra le strade del mondo, dell’internazionalità. Saranno quindi le realtà delle Americhe, quelle africane, quelle europee, quelle asiatiche. La parola verrà allora scritta all’inglese, con diversi accenti, ma ancora una volta con le stesse idee ricche di toni, di speranze e d’immagini scritte. Diecieven-ticinque e Diecieventicinque International, due idee che da questo Gennaio ci prender-anno sotto braccio, per accompagnarci in una lotta che insieme vogliamo vincere, perché per dirla alla Socrate, “C’è solo un bene: il sapere. E un solo male: l’ignoranza”.

di Diego Ottaviano

Circa un anno fa partiva, prendeva sotto braccio i nostri istanti, respirava. Circa un anno fa, un’idea si univa ad altre. Idee ricche di toni, di speranze, d’immagini scritte... sapete, quelle che noi si chiama ‘parole’. Già, parole. In inglese verrebbe quasi da dire, ‘funny, don’t you think?’ Un intrinseco movimento di suoni dal gusto particolare in bocca, in quanto risuonano altrimenti all’orecchio, in quanto vivono dell’ideale di chi scrive. E’ il gioco del ‘ci siamo anche noi’. Si prende l’inchiostro, si pensa, si organizza e di stomaco e orgoglio ci si fa l’amore assieme. Distendi pensieri, opinioni, fatti. Si è obiettivi nella pienezza e nella creatività delle parole. Si è obiettivi nel sentimento di chi crede che il mondo forse non può esser cambiato, ma certamente può esser migliorato. E’ questa l’intensità che ci porta li, davanti ad un foglio, con la mente che viaggia, con la mente che vola, con la mente che s’inchina al discorso. Il discorso, sinonimo della voglia di tutelare, sinonimo del difendere il rispetto, sinonimo del custodire la legge, quella che si chiede esser uguale per tutti. Circa un anno fa partiva questo viaggio. Si andava tra Bologna e Palermo, tra Milano e Napoli, tra l’Italia e gli italiani. Alle volte toccava l’Olanda, Amsterdam. Le risposte dei viaggiatori, aumentavano. I biglietti erano li, per tutti, sotto forma di articoli, sotto forma di scritti, sotto forma di un ideale sociale. Un ideale della gente, quella che vive nella trasparenza della meritocra-zia, delle cose vere, delle opportunità di un sistema giusto, della ‘storia siamo noi’. La gente prendeva le nostre parole e le arricchiva con le loro pellicole d’opinioni. Il ritmo era quello disteso del nuotare del

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Diecieventicinque International:Ventun Gennaio Duemilatredici, ‘here we are’.

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Faccia-mocil’Eu-ropa

L’Italia ormai è troppo piccola per risolvere da sola i suoi problemi: Cina, India,

Giappone, Russia, l’America che raddoppia...Va bene, ma non abbiamo l’Europa per questo?Eh no che non ce l’abbiamo. L’Europa, fatta così, non ci

appartiene: al massimo siamo utenti, non cittadini.Ma se provassimo a rifarla in un altro modo? Con più, come dicono i greci, più “dimokratìa”? E quindi con meno banchieri, per logica conseguenza.

L’occasione ci sarebbe: nel 2013 in tre dei principali paesi europei (Francia, Germania, e noi) avremo con ogni probabilità tre governi di centrosinistra.

Saranno tre altri governi delle banche? O possiamo provarea chiedergli qualcosa di meglio, a gran voce e tutti insieme?

(1914-2014: fra poco è un secolo che l’Europa non c’è più)

Ma!a

ma ionon sono Stato

Operai

e Sud

E’ il principale problema d’Italia, quello che ci impoverisce di più. Non è una patologia criminale ma

il principale potere economico del paese, che ormai fa da modello anche a molta economia legale. “Tratta” con tutti, e sempre ottiene qualcosa. Ma ha un punto debole: è molto vulnerabile alla mobilitazione popolare. Negli anni Novanta è andata molto vicina ad essere sconfitta, e s’è salvata solo grazie alla “timidezza” dello Stato. Adesso bisogna:- Confiscare TUTTI i beni mafiosi o frutto di malversazione, di corruzione o di grande evasione fiscale;- Assegnarli alle cooperative di giovani lavoratori, e sostenerle adeguatamente; anagrafe dei beni confiscati; sgravi fiscali ai commercianti che se ne fanno clienti; - Vigilare (comuni, regioni, assemblee cittadine) sull’applicazio-

ne, cacciando i funzionari incapaci;- Punire seriamente gli scambi politico-mafiosi (riforma 416ter).

La mafia, se ci decidiamo davvero, può essere non solo sconfitta, ma eliminata del tutto. A condizione di cominciare dai sedicenti “non-mafiosi” (nelle imprese, nella politica, nello Stato) senza il cui aiuto e complicità non potrebbe sopravvivere un solo giorno.

Era una parola nobile, adesso è schiavitù. La crisi economica non pesa perché gli operai

“pretendono”, ma perché troppi imprenditori non sanno fare il loro mestiere (vedi Fiat) o portano

tutto all’estero, alla faccia della (nostra) economia. Bisogna:- Applicare l’art.41 della Costituzione (”programmi e controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”);- Applicare l’art.42 della Costituzione (”esproprio per motivi di interesse generale”) per sanzionare le delocalizzazioni, l’abuso di precariato e il mancato rispetto degli accordi di lavoro;- Separazione fra capitale finanziario e industriale; tetto alle partecipazioni finanziarie nell’editoria; Tobin tax;- Regolarizzare i rapporti di lavoro precari o di fatto;- Gestione pubblica dei servizi pubblici essenziali (scuola, università, difesa, acqua, energia, infrastrutture tecnologiche, credito internazionale); ristrutturazione della Rai su base pubblica; limite regionale per l’emittenza privata;- Progetto nazionale di messa in sicurezza del territorio, sul modello TVA, come volano economico soprattutto al Sud; divieto di ulteriori cementificazioni;- Responsabilità degli amministratori per il mancato uso di fondi;- Controllo del territorio nelle province ad alta intensità mafiosa.

ncora questo non è i Siciliani, ma

solo un foglio in cui si parla

di loro. I Siciliani

giovani è in rete da

un anno, è presente in una decina di

città con una rete di giovani giornalisti che ha pochi eguali in Italia.E allora, come mai non siamo ancora in edicola? Semplice: i soldi. La sottoscrizione è riuscita bene fra i lettori poveri, ma non fra gli amici più titolati: la maggior parte dei quali ci colma generosa- mente di auguri e lodi, che però tipografi e cartiere tendono a non accettare.

* * *Dopo un anno di buon lavoro, sul livello professio- nale dei Siciliani giovani c’è poco - crediamo - da eccepire. In Lombardia come in Sicilia i nostri redattori fanno il loro dovere, scrivono, fanno inchieste, subiscono avverti-menti e querele. Vecchi colleghi e giornalisti nuovi lavorano tranquillamente a questo prodotto collettivo, che ha il suo baricentro (2013!) nella rete ma che ha bisogno anche dell’edicola come fatto simbolico e di “ritorno in campo” pieno e totale.Perciò abbiamo poco da aggiungere. Sostenete i Siciliani, in quest’ennesima incarnazione della sua lunga storia. E’ un giornale di giovani, è un giornale di profondissime radici. Ne ha bisogno la Sicilia, ne ha biso-gno il Paese. Non tradite con la vostra indifferenza coloro che stanno lottando anche per voi.

TRATTATIVEL’anellomancante

MILANO

CATANIA

CULTURA

“Expo fugit”,sospiròil poeta...

“Ragazzo,niente sport:sei di Librino”

Tutto il cinemadi GiuseppeFava

Murodi gomma

“La mafia? A Catania non esiste”. “La mafia? Non c’è mafia a Roma”. “La ‘ndrangheta? Qualche caso isolato, qui a Milano”. Quante volte s’è sentito questo discorso, borbottato da un politico o elaborato con molti particolari mediatici da un giornale. Eppure la mafia c’era, fin dal primo momento. Pochi magistrati a combatterla, e fra noi giornalisti qualche collega eccentrico e qualche ragazzo. Così siamo arrivati fin qui. Ed ecco cosa c’era dietro il loro muro di gomma. Adesso, tutti i problemi sono esplosi - ma la mafia per prima, perché è la cultura mafiosa, l’economia mafiosa, il potere mafioso a far da modello per tutto il resto. La mafia, e tutti i suoi inconsapevoli allievi a ogni livello.Forse non è ancora troppo tardi, a condizione di muoversi subito e con durezza. A monte, una scelta precisa: non ci

fidiamo più della loro informazione. Perciò ce la facciamo da noi. Facciamola tutti insieme (noi diciamo “in rete”, in più sensi), e oggi tecnicamente si può. Ma senza vip e senza guru. Da noi, al centro della nostra moderna e sofisticata rete c’è in fondo un modesto doposcuola di quartiere.

ISICILIANI.IT

DA’ UNA MANOA RIPORTARE IN EDICOLA I SICILIANI:IBAN Banca EticaIT 28 B 05018 04600 000000148119(“Associazione Culturale I Siciliani Giovani")

oppure C/C 001008725614(Conto corrente postale “Assoc.CulturaleI Siciliani Giovani, via Cordai 47, Catania”)

“A che serve essere vivi,se non c’è

il coraggio di lottare?”Giuseppe Fava

Il foglio de

gennaio 2013

www.

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OCCHIELLOOCCHIELLORicordarelavorandoOgni anno a Catania i cittadini liberi si incontrano, il 5 gennaio, nel luogo dove i padroni della città fecero uccidere Giuseppe Fava. Saremo tutti lì alle 17. Più tardi, al Centro Zo, c’è un ricordo organizzato dalla Fondazione Fava. Infine, alle 21 a Cittàinsieme in via Siena, c’è l’assemblea dei Siciliani giovani, per fare il punto sul giornale e organizzare il lavoro e la solidarietà.Senza grandi parole ma col laoro

MILANO

Alla faccia dei Maya(e della ‘ndrangheta)Non è finito il mondo, creduloni che non siete altro. Niente asteroidi infuocati nè pestilenze. Almanacco gregoriano batte calendario Maya, un sospiro di sollievo per le agende 2013 di politici, tecnici e magistrati in coda alle urne dorate: son colme di appuntamenti, peccato dar buca a qualche coalizione. Siamo salvi, per Giunone! Ci si era allarmati tutti, qualcuno è fuggito sui monti, altri han fatto scorta di farina. Una pendolare su un treno lombardo, più carro merci che passeggieri: "Io non voglio morire al lavoro, domani non vado in ufficio!". Signori miei, non bisogna campar cent'anni per profetizzare che questo mondo finirà solo quando finiremo noi di farci solleticare le orecchie coi talk show di prima e seconda serata. Fuori dalla scatola parlante del salotto, oltre gli angoli del maxi schermo full hd, sono accaduti fatti incredibili: operai di destra e sinistra sono scesi insieme nelle piazze d'Italia e hann occupato le fabbriche. Giovani studenti milanesi hanno sostenuto con presidi e manifestazioni le vittime del potere mafioso: come la piccola Denise Cosco, loro coetanea, o Loreno Tetti, paninaro strozzato dagli usurai. E mentre addobbavamo l'alberello mettendo al fresco lo champagne, il direttore di Altomilanese, settimanale d'inchiesta di Magenta, riceveva un proiettile in busta chiusa con

tanto di auguri per un felice anno nuovo e la sua foto.Quasi in contemporanea, la casa editrice Blu Edizioni decide irrevocabilmente di chiudere i battenti con la testata, condan-nando l'intera redazione a morire senza uscire nelle edicole. A meno che qualcuno, riconoscente di essere sopravvis-suto ai Maya, dia il suo sostegno evitando l'estinzione di questi

Tanti giornali giovaniIn rete e per le stradeL’idea dei Siciliani giovani è nata (in quest’ultima versione) in una riunione a casa di Giambattista Scidà nell’estate del 2011: fare una rete di testate giovani di base, sia su carta che su web, sviluppare insieme un sito, una rivista pdf e una serie di ebook e, prima o poi, riportare in edicola un giornale ispirato ai Siciliani di Giuseppe Fava. Le testate che hanno aderito finora sono I Cordai, La Periferica e Ucuntu (Catania), Il Clandestino (Modica), Telejato (Partinico), Stampo Antimafioso (Milano), Diecieventicinque (Bologna), CtZen (Catania), La Domenica Settimanale (Napoli), Generazione Zero (Ragusa),

GENERAZIONI

Non illusi,non rassegnatiE’ possibile ricominciare la lotta, una generazione dopo,di un giornale come I Siciliani? Noi siamo sicuri di sì, perché noi questo filo non l’abbiamo interrotto mai. Molti dei nostri redattori non erano nati, al tempo dei primi Siciliani. Ma adesso, i Siciliani sono loro.

Catalano, Carmelo Catania, Giulio Cavalli, Antonio Cimino, Giancarla Codrignani, Dario Costantino, Tano D’Amico, Fabio D’Urso, Jack Daniel, Riccardo De Gennaro, Giacomo

Di Girolamo, Rosa Maria Di Natale, Francesco Feola, Norma Ferrara, Pino Finocchiaro, Paolo Fior, Enrica Frasca, Renato Ga- lasso, Rino Giacalone, Giuseppe Giustolisi, Carlo Gubitosa, Sebastiano Gulisano, Bruna Iacopino, Massimiliano Nicosia, Max Guglielmino, Diego Gutkowski, Bruna Iacopino,

Margherita Ingoglia, Kanjano, Gaetano Liardo, Sabina

Longhitano, Luca Salici, Michela Mancini,

Antonio Mazzeo, Martina

Mazzeo, Emanuele

Midoli, Lu-

ciano Mirone, Pino

Maniaci, Attilio Occhipinti, Salvo

Ognibene, Antonello Oliva, Riccardo Orioles, Pietro Orsatti, Salvo Perrotta, Giulio Petrelli, Aaron Pettinari, Giuseppe Pipitone, Antonio Roccuzzo, Vincenzo Rosa, Luca Rossomando, Giorgio Ruta, Luca Salici, Daniela Sammito, Miriana Schillaci, Mario Spada, Sara Spartà, Giuseppe Spina, Giudrppe Teri, Marilena Teri,

Fabio Vita, Salvo Vitale, Chiara Zappalà, Andrea

Zolea.

OCCHIELLO

La nave per Catania,i carbonari, la Marsigliese

Inutile girarci intorno: Napoli non è una città normale. Il giornalista deve fare il giornalista: documentare, indagare e fare domande e se non ti rispondono fare di nuovo domande. Almeno io cosi intendo la professione di cronista. L'esperienza più bella di quest'anno passa per l'imbarco sulla nave Napoli-Catania. Il tempo dell'ormeggio e già ero a gustarmi un cannolo alla crema. Arriva la vecchia 500 di un volontario ed eccomi al Gapa nel cuore di San Cristoforo - zona della famiglia mafiosa dei Santapaola. Qui un manipolo di “pazzi” guidati dal capitano Giovanni Caruso da circa 20 anni lavora con le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi e le famiglie del quartiere realiz. zando un mensile porta a porta

(in senso buono), i “Cordai”.Mi sono ritrovato in una riunione di carbonari composta da volontari, attivisti, colleghi e ex redattori di Pippo Fava, per i nostri “Siciliani Giovani”. Passione, grinta, scambi accesi, maleparole, riflessioni, visioni del mondo: è come aver partecipato ad una sinfonia di orchestra che intonava la Marsigliese. Ecco la stampa, bella, non la fermi.

Arnaldo Capezzuto

Radio Marsala.it (Marsala), DaSud (Calabria), Mamma! (Bologna), Antimafia Duemila, Liberainformazione, Agoravox.Il giornale è fatto da Gian Carlo Caselli, Nando dalla Chiesa, Giovanni Caruso, Giovanni Abbagnato, Francesco Appari, Lorenzo Baldo, Valerio Berra, Nando Benigno, Mauro Biani, Lello Bonaccorso, Paolo Brogi, Luciano Bruno, Anna Bucca, Elio Camilleri, Giulio Cavalli, Arnaldo Capezzuto, Giovanni Caruso, Ester Castano, Salvo

cronisti di provincia che tenacemente rompono le scatole a 'ndrangheta e malapolitica. Per un 2013 libero nel diritto al lavoro, libero nella pura bellezza della lotta antimafia.

Ester Castano

GIORNALI

Il disastro nascostoe il tempo di ricostruireSono stati pochi, nel giornalismo italiano, i giornali come i Siciliani di Giuseppe Fava, completamente liberi e senza - neanche indiretto - alcun padrone. Se tutti fossero stati così. Se tutti avessero potuto scrivere solo e semplicemente la verità. Se avessero avvertito in tempo chi si fidava di loro di ciò che l’Italia stava diventando.La mafia, non denunciata in tempo, è molto più potente di prima. Speculatori e corrotti, trattati come grandi industriali, hanno portato avanti la crisi. La politica stessa, fra adulazioni e carriere, s’è trasformata in un’altra cosa. Adesso, toccato il fondo, molti sentono che è tempo di risalire.

5 GENNAIO

I Siciliani giovani, registr.TribunaleCatania n.23/2011 del 20/09/2011,dir.responsabile Riccardo Orioles

Progetto grafico diPiergiorgio Maoloni(da un inedito del 1993)

DA’ UNA MANOA RIPORTARE IN EDICOLAI SICILIANI:IBAN Banca Etica

IT 28 B 05018 04600 000000148119(“Assoc.Culturale I Siciliani Giovani")

oppure C/C 001008725614(Conto corrente postale Ass.CulturaleI Siciliani Giovani,v.Cordai 47 Catania)

NAPOLI

CON I SICILIANI

Page 10: N°12 Gennaio 2013

08

Stazione Bologna Centrale

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