Incontro Gennaio 2013

12
Per una Chiesa Viva www.chiesaravello.it www.ravelloinfesta.it www.museoduomoravello.com Anno VIII - N. 12 – Gennaio 2013 È Il tema del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la giornata mondiale della pace 2013. La rinnovata constatazione che “l’uomo è fatto per la pace” ha spinto infatti il Papa a riflettere, in un’ottica adattata alla modernità, sulle parole di Cristo nel Discorso della Montagna: “Beati gli ope- ratori di pace perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9). Vivere concreta- mente la prospettiva delle Beatitudini evangeliche è, secondo Benedetto XVI, l’unico modo per superare il male che sconvolge il mondo e costruire una società fondata su “verità, giustizia e amore”. La pace, infatti, è un dono di Dio, ma al contempo anche un’opera umana che - scrive il Santo Padre - presuppone “un umanesimo aperto alla trascen- denza e un'etica della comunio- ne e della condivisione”, neces- sita di un “colloquio costante con Dio” e del “riconoscimento di essere una unica famiglia umana che si struttura con rela- zioni interpersonali e istituzioni dove si riconoscono i reciproci diritti e doveri”. L'operatore di pace è quindi “colui che ricerca il bene dell'altro, il bene pieno dell'anima e del corpo e che collabora alla realizzazione del bene comune delle varie società”. Come si traduce concretamente tutto ciò? Papa Benedetto sottolinea da subito che la realizzazione del bene comune e della pace è strettamente connessa al rispetto della vita umana nella sua inte- gralità. I “veri operatori di pace sono coloro che amano, difendono e promuo- vono la vita umana in tutte le sue dimen- sioni: personale, comunitaria e trascen- dente” afferma nel Messaggio. La dimen- sione Personale a cui si riferisce il Papa, rimarca il fatto che “gli operatori di pace difendono e promuovono la vita dal con- cepimento fino alla morte naturale”. In tale azione di difesa e promozione, il punto nodale è “il riconoscimento della struttura naturale del matrimonio, quale unione fra uomo e donna, caratterizzata anche dal suo insostituibile ruolo socia- le”, evidenzia il Santo Padre. Per coope- rare a realizzare la pace, è importante quindi che “gli ordinamenti giuridici e l'amministrazione della giustizia ricono- scano il diritto all'uso del principio dell'obiezione di coscienza nei confronti di leggi e misure governative che attenta- no contro la dignità umana, come l'abor- to e l'eutanasia”. C’è poi una dimensione trascendente della vita umana, posta in essere da chi difende la libertà religiosa, intesa dal Papa “non solo come libertà di scelta della religione, ma anche come libertà di testimoniare e annunciare, compiere attività educative e di assistenza, esistere e agire come organismi sociali”. Infine la dimensione comunitaria. Scrive il Santo Padre: “L'operatore di pace è colui che considera fondamentali e promuove i diritti e doveri sociali che sono essenziali per la piena realizzazione dei diritti e doveri civili e politici”. Il punto centrale è qui “la minaccia al diritto al lavoro”, considerato oggi “una variabile dipendente dei meccanismi eco- nomici e finanziari”. A tal proposito, il Pontefice riafferma la necessità di perse- guire l'obiettivo della piena occupazione, la cui precondizione è che il lavoro venga “considerato da un punto di vista etico, spirituale e come bene fon- damentale per la persona, per la famiglia e per la società”. Ciò esige che siano studiate e messe in atto coraggiose politiche del la- voro per tutti. Nel Messaggio si ricalca, pertanto, la necessità di un nuovo sguardo sull'economia e di un nuovo modello di sviluppo che “sia integrale, solidale e sostenibile” e che “abbia Dio come riferimento ultimo”. In tal senso, il Papa indica due pun- ti cruciali: da un lato, “la struttura- zione etica dei mercati monetari, finan- ziari e commerciali”; dall'altro, “una con- siderazione adeguata e risoluta della crisi alimentare” che, secondo Benedetto XVI, è “ben più grave di quella finanzia- ria”. Il tema della sicurezza degli approvvigio- namenti alimentari, spiega il Pontefice, è ritornato centrale nell'agenda politica internazionale a causa di crisi connesse, tra l'altro alle oscillazioni dei prezzi delle materie prime agricole, "a comporta- menti irresponsabili e ad un insufficiente controllo dei Governi e della Comunità internazionale”. Continua a pagina 2 Beati gli operatori di pace P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

description

Periodico Chiesa Ravello

Transcript of Incontro Gennaio 2013

Page 1: Incontro Gennaio 2013

Per una Chiesa Viva

www.chiesaravello.it www.ravelloinfesta.it www.museoduomoravello.comAnno VIII - N. 12 – Gennaio 2013

È Il tema del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la giornata mondiale della pace 2013. La rinnovata constatazione che “l’uomo è fatto per la pace” ha spinto infatti il Papa a riflettere, in un’ottica adattata alla modernità, sulle parole di Cristo nel Discorso della Montagna: “Beati gli ope-ratori di pace perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9). Vivere concreta-mente la prospettiva delle Beatitudini evangeliche è, secondo Benedetto XVI, l’unico modo per superare il male che sconvolge il mondo e costruire una società fondata su “verità, giustizia e amore”. La pace, infatti, è un dono di Dio, ma al contempo anche un’opera umana che - scrive il Santo Padre - presuppone “un umanesimo aperto alla trascen-denza e un'etica della comunio-ne e della condivisione”, neces-sita di un “colloquio costante con Dio” e del “riconoscimento di essere una unica famiglia umana che si struttura con rela-zioni interpersonali e istituzioni dove si riconoscono i reciproci diritti e doveri”. L'operatore di pace è quindi “colui che ricerca il bene dell'altro, il bene pieno dell'anima e del corpo e che collabora alla realizzazione del bene comune delle varie società”. Come si traduce concretamente tutto ciò? Papa Benedetto sottolinea da subito che la realizzazione del bene comune e della pace è strettamente connessa al rispetto della vita umana nella sua inte-gralità. I “veri operatori di pace sono coloro che amano, difendono e promuo-vono la vita umana in tutte le sue dimen-sioni: personale, comunitaria e trascen-

dente” afferma nel Messaggio. La dimen-sione Personale a cui si riferisce il Papa, rimarca il fatto che “gli operatori di pace difendono e promuovono la vita dal con-cepimento fino alla morte naturale”. In tale azione di difesa e promozione, il punto nodale è “il riconoscimento della struttura naturale del matrimonio, quale unione fra uomo e donna, caratterizzata anche dal suo insostituibile ruolo socia-le”, evidenzia il Santo Padre. Per coope-rare a realizzare la pace, è importante

quindi che “gli ordinamenti giuridici e l'amministrazione della giustizia ricono-scano il diritto all'uso del principio dell'obiezione di coscienza nei confronti di leggi e misure governative che attenta-no contro la dignità umana, come l'abor-to e l'eutanasia”. C’è poi una dimensione trascendente della vita umana, posta in essere da chi difende la libertà religiosa, intesa dal Papa “non solo come libertà di scelta della religione, ma anche come libertà di testimoniare e annunciare, compiere attività educative e di assistenza, esistere e agire come organismi sociali”. Infine la dimensione comunitaria. Scrive il Santo

Padre: “L'operatore di pace è colui che considera fondamentali e promuove i diritti e doveri sociali che sono essenziali per la piena realizzazione dei diritti e doveri civili e politici”. Il punto centrale è qui “la minaccia al diritto al lavoro”, considerato oggi “una variabile dipendente dei meccanismi eco-nomici e finanziari”. A tal proposito, il Pontefice riafferma la necessità di perse-guire l'obiettivo della piena occupazione, la cui precondizione è che il lavoro venga

“considerato da un punto di vista etico, spirituale e come bene fon-damentale per la persona, per la famiglia e per la società”. Ciò esige che siano studiate e messe in atto coraggiose politiche del la-voro per tutti. Nel Messaggio si ricalca, pertanto, la necessità di un nuovo sguardo sull'economia e di un nuovo modello di sviluppo che “sia integrale, solidale e sostenibile” e che “abbia Dio come riferimento ultimo”. In tal senso, il Papa indica due pun-ti cruciali: da un lato, “la struttura-

zione etica dei mercati monetari, finan-ziari e commerciali”; dall'altro, “una con-siderazione adeguata e risoluta della crisi alimentare” che, secondo Benedetto XVI, è “ben più grave di quella finanzia-ria”. Il tema della sicurezza degli approvvigio-namenti alimentari, spiega il Pontefice, è ritornato centrale nell'agenda politica internazionale a causa di crisi connesse, tra l'altro alle oscillazioni dei prezzi delle materie prime agricole, "a comporta-menti irresponsabili e ad un insufficiente controllo dei Governi e della Comunità internazionale”.

Continua a pagina 2

Beati gli operatori di pace

PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

Page 2: Incontro Gennaio 2013

PAGINA 2 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

È urgente, perciò, che gli operatori di pace si impegnino a creare le condizioni ottimali, specialmente per i piccoli agri-coltori, per far sì che essi svolgano il lavoro della terra "in modo dignitoso e sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico”. Richiamando il discorso del Messaggio del 2012 su "Educare i giovani alla giusti-zia e alla pace", il Papa, infine, concentra la sua attenzione sul tema dell'educazio-ne, ribadendo “con forza” che gli opera-tori di pace sono chiamati “a coltivare l'impegno di una valida educazione socia-le”. In primo luogo è la famiglia, “cellula base della società dal punto di vista demogra-fico, etico, pedagogico, economico e politico”, a dover svolgere un ruolo edu-cativo di base. Essa, scrive il Papa, “ha una naturale vo-cazione a promuovere la vita”; per cui “va tutelato il diritto dei genitori ad edu-care i propri figli e il loro ruolo primario nell'educazione, in particolare, nell'am-bito morale e religioso”. Anche le comunità religiose, hanno un "immenso compito di educazione alla pace" e, in questo ambito, ricoprono un ruolo fondamentale anche le istituzioni culturali, scolastiche e universitarie “alle quali è richiesto un fondamentale contri-buto per il rinnovamento della classe dirigente e delle istituzioni, così come una riflessione scientifica che radichi le attività economiche e finanziarie in un fondamento antropologico ed etico”. Il Messaggio per la Giornata della Pace 2013 si conclude quindi con l’afferma-zione della necessità di una “pedagogia della pace” che richiede “una ricca vita interiore, validi riferimenti morali e at-teggiamenti e stili di vita appropriati” e implica “azione, compassione, solidarie-tà, coraggio e perseveranza”. Tutti gli atteggiamenti, cioè, “incarnati dal Signore Gesù fino al totale dono di sé”.

Don Giuseppe Imperato

Gli uomini sapienti seguirono la stella e arrivarono a Gesù, la gran-de luce che illumina tutta l’umanità.

Cari fratelli e sorelle, il cammino di riflessione che stiamo fa-cendo insieme in quest’Anno della fede ci conduce a meditare oggi su un aspetto affascinante dell’esperienza umana e cri-stiana: l’uomo porta in sé un misterioso desiderio di Dio. In modo molto signifi-cativo, il Catechismo della Chiesa Catto-lica si apre proprio con la seguente consi-derazione: «Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore d e l l ' u o m o , perché l'uo-mo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l'uomo e sol-tanto in Dio l'uomo trove-rà la verità e la felicità che cerca senza posa» (n. 27). Una tale affermazione, che anche oggi in molti contesti culturali appare del tutto condivisibile, quasi ovvia, potrebbe inve-ce sembrare una provocazione nell’ambi-to della cultura occidentale secolarizzata. Molti nostri contemporanei potrebbero infatti obiettare di non avvertire per nul-la un tale desiderio di Dio. Per larghi settori della società Egli non è più l’atte-so, il desiderato, quanto piuttosto una realtà che lascia indifferenti, davanti alla quale non si deve nemmeno fare lo sfor-zo di pronunciarsi. In realtà, quello che abbiamo definito come «desiderio di Dio» non è del tutto scomparso e si af-faccia ancora oggi, in molti modi, al cuo-re dell’uomo. Il desiderio umano tende sempre a determinati beni concreti, spes-so tutt’altro che spirituali, e tuttavia si trova di fronte all’interrogativo su che

cosa sia davvero «il» bene, e quindi a confrontarsi con qualcosa che è altro da sé, che l’uomo non può costruire, ma è chiamato a riconoscere. Che cosa può davvero saziare il desiderio dell’uomo? Nella mia prima Enciclica, Deus caritas est, ho cercato di analizzare come tale dinamismo si realizzi nell’esperienza dell’amore umano, esperienza che nella nostra epoca è più facilmente percepita come momento di estasi, di uscita da sé, come luogo in cui l’uomo avverte di es-sere attraversato da un desiderio che lo supera. Attraverso l’amore, l’uomo e la donna sperimentano in modo nuovo, l’uno grazie all’altro, la grandezza e la bellezza della vita e del reale. Se ciò che sperimento non è una semplice illusione,

se davvero voglio il b e n e de l l ’a l t ro come via anche al mio bene, allora devo essere di-sposto a de-centrarmi, a mettermi al suo ser-

vizio, fino alla rinuncia a me stesso. La risposta alla questione sul senso dell’e-sperienza dell’amore passa quindi attra-verso la purificazione e la guarigione del volere, richiesta dal bene stesso che si vuole all’altro. Ci si deve esercitare, allenare, anche correggere, perché quel bene possa veramente essere voluto. L’estasi iniziale si traduce così in pelle-grinaggio, «esodo permanente dall’io chiuso in se stesso verso la sua liberazio-ne nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio» (Enc. Deus caritas est, 6). Attra-verso tale cammino potrà progressiva-mente approfondirsi per l’uomo la cono-scenza di quell’amore che aveva inizial-mente sperimentato. E andrà sempre più profilandosi anche il mistero che esso rappresenta: nemmeno la persona amata, infatti, è in grado di saziare il desiderio

Segue dalla prima pagina Il desiderio di Dio

Benedetto XVI @Pontifex_it Gli uomini sapienti seguirono la stella e arrivarono a Gesù, la grande luce che illumina tutta l’umanità.

Page 3: Incontro Gennaio 2013

PAGINA 3 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

che porta ad uscire da sé e a trovarsi di fronte al mistero che avvolge l’intera esistenza. Considerazioni analoghe si potrebbero fare anche a proposito di altre esperienze umane, quali l’amicizia, l’esperienza del bello, l’amore per la conoscenza: ogni bene sperimentato dall’uomo protende verso il mistero che avvolge l’uomo stes-so; ogni desiderio che si affaccia al cuore umano si fa eco di un desiderio fonda-mentale che non è mai pienamente sazia-to. Indubbiamente da tale desiderio pro-fondo, che nasconde anche qualcosa di enigmatico, non si può arrivare diretta-mente alla fede. L’uomo, in definitiva, conosce bene ciò che non lo sazia, ma non può immaginare o definire ciò che gli farebbe sperimentare quella felicità di cui porta nel cuore la nostalgia. Non si può conoscere Dio a partire soltanto dal desi-derio dell’uomo. Da questo punto di vista rimane il mistero: l’uomo è cercato-re dell’Assoluto, un cercatore a passi piccoli e incerti. E tuttavia, già l’espe-rienza del desiderio, del «cuore inquieto» come lo chiamava sant’Agostino, è assai significativa. Essa ci attesta che l’uomo è, nel profondo, un essere religioso (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 28), un «mendicante di Dio». Possiamo dire con le parole di Pascal: «L’uomo supera infinitamente l’uomo» (Pensieri, ed. Chevalier 438; ed. Brunschvicg 434). Gli occhi riconoscono gli oggetti quando questi sono illuminati dalla luce. Da qui il desiderio di conoscere la luce stessa, che fa brillare le cose del mondo e con esse accende il senso della bellezza. Dobbia-mo pertanto ritenere che sia possibile anche nella nostra epoca, apparentemen-te tanto refrattaria alla dimensione tra-scendente, aprire un cammino verso l’au-tentico senso religioso della vita, che mostra come il dono della fede non sia assurdo, non sia irrazionale. Sarebbe di grande utilità, a tal fine, promuovere una sorta di pedagogia del desiderio, sia per il cammino di chi ancora non crede, sia per chi ha già ricevuto il dono della fede. Una pedagogia che comprende almeno due aspetti. In primo luogo, imparare o re-imparare il gusto delle gioie autentiche della vita. Non tutte le soddisfazioni pro-ducono in noi lo stesso effetto: alcune lasciano una traccia positiva, sono capaci di pacificare l’animo, ci rendono più atti-

vi e generosi. Altre invece, dopo la luce iniziale, sembrano deludere le attese che avevano suscitato e talora lasciano dietro di sé amarezza, insoddisfazione o un sen-so di vuoto. Educare sin dalla tenera età ad assaporare le gioie vere, in tutti gli ambiti dell’esistenza – la famiglia, l’ami-cizia, la solidarietà con chi soffre, la ri-nuncia al proprio io per servire l’altro, l’amore per la conoscenza, per l’arte, per le bellezze della natura –, tutto ciò signi-fica esercitare il gusto interiore e produr-re anticorpi efficaci contro la banalizza-zione e l’appiattimento oggi diffusi. An-che gli adulti hanno bisogno di riscoprire queste gioie, di desiderare realtà autenti-che, purificandosi dalla mediocrità nella quale possono trovarsi invischiati. Diven-terà allora più facile lasciar cadere o re-spingere tutto ciò che, pur apparente-mente attrattivo, si rivela invece insipido, fonte di assuefazione e non di libertà. E ciò farà emergere quel desiderio di Dio di cui stiamo parlando. Un secondo aspetto, che va di pari passo con il precedente, è il non accontentarsi mai di quanto si è raggiunto. Proprio le gioie più vere sono capaci di liberare in noi quella sana inquietudine che porta ad essere più esigenti – volere un bene più alto, più profondo – e insieme a percepi-re con sempre maggiore chiarezza che nulla di finito può colmare il nostro cuo-re. Impareremo così a tendere, disarma-ti, verso quel bene che non possiamo costruire o procurarci con le nostre for-ze; a non lasciarci scoraggiare dalla fatica o dagli ostacoli che vengono dal nostro peccato. A questo proposito, non dobbiamo però dimenticare che il dinamismo del deside-rio è sempre aperto alla redenzione. An-che quando esso si inoltra su cammini sviati, quando insegue paradisi artificiali e sembra perdere la capacità di anelare al vero bene. Anche nell’abisso del peccato non si spegne nell’uomo quella scintilla che gli permette di riconoscere il vero bene, di assaporarlo, e di avviare così un percorso di risalita, al quale Dio, con il dono della sua grazia, non fa mancare mai il suo aiuto. Tutti, del resto, abbiamo bisogno di per-correre un cammino di purificazione e di guarigione del desiderio. Siamo pellegrini verso la patria celeste, verso quel bene pieno, eterno, che nulla ci potrà più

strappare. Non si tratta, dunque, di sof-focare il desiderio che è nel cuore dell’uomo, ma di liberarlo, affinché possa raggiungere la sua vera altezza. Quando nel desiderio si apre la finestra verso Dio, questo è già segno della presenza della fede nell’animo, fede che è una grazia di Dio. Sempre sant’Agostino affermava: «Con l’attesa, Dio allarga il nostro desi-derio, col desiderio allarga l’animo e dilatandolo lo rende più capa-ce» (Commento alla Prima lettera di Giovanni, 4,6: PL 35, 2009). In questo pellegrinaggio, sentiamoci fra-telli di tutti gli uomini, compagni di viag-gio anche di coloro che non credono, di chi è in ricerca, di chi si lascia interrogare con sincerità dal dinamismo del proprio desiderio di verità e di bene. Preghiamo, in questo Anno della fede, perché Dio mostri il suo volto a tutti coloro che lo cercano con cuore sincero. Grazie.

Benedetto XVI Catechesi del 7 novembre 2012

Commento al messaggio

per la giornata mondiale della pace

La pace “comporta principalmente, come scrisse il beato Giovanni XXIII nell’Enciclica Pacem in terris,… , la costruzione di una convivenza fondata sulla verità, sulla libertà, sull’amore e sulla giustizia”. Il messaggio scritto da Sua Sanità Bene-detto XVI per la Giornata Mondiale per la Pace, che ricorre il 1° gennaio, pone al centro della riflessione il ruolo dei co-struttori di pace, con riferimento al di-scorso delle beatitudini riportato nei Vangeli dove per gli operatori di pace c’è la promessa di essere chiamati figli di Dio. Ma le parole del Pontefice sembrano costruire un pone tra passato e futuro: dalla Pacem in terris di Giovanni XIII alla situazione mondiale attuale, dove la pace sembra sempre più un’utopia. Le parole del Papa del Concilio sottoli-neano con una precisione netta quali sia-no le condizioni per una pace duratura che sia dono per tutti i popoli: verità, libertà, amore e giustizia; a questi ele-menti va aggiunto un altro non meno importante: lo sviluppo fondato su un’economia etica.

Continua a pagina 4

Page 4: Incontro Gennaio 2013

PAGINA 4 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Verità, libertà, amore e giustizia sembra-no, infatti, essere molto diffuse oggi ma in realtà la situazione è ben diversa; non solo in alcune parti del mondo la libertà e la giustizia sono solo concetti astratti non presenti nella quotidianità degli uomini ma anche nei Paesi, cosiddetti sviluppati, la verità, l’amore, e anche la libertà e la giustizia in alcuni casi sono niente più che uno slogan. Basta considerare i tanti at-tentati alla dignità dell’uomo, dalla nasci-ta fino al termine ultimo della vita, pas-sando per il suo ruolo sociale di lavorato-re, per rendersi conto che la nostra so-cietà non può essere considerata un luogo dove si costruisce la pace. La pace non è, infatti, l’assenza di guerra, così come spesso si è portata a credere ma è la non presenza di conflitti minori che nella vita delle nostre città sono sempre più pre-senti. I conflitti sociali, in senso orizzon-

tale e in senso verti-cale, la cosiddetta guerra tra poveri, o ancor più quella tra gruppi et-

nici differenti, non sono solo emergenze sociali che la globalizzazione ha generato e che risultano tra le priorità per cui oc-corre trovare la soluzione, sono soprat-tutto il risultato di mancanza di verità, libertà, amore e giustizia nonché di un’e-conomia dove l’accrescimento del profit-to non si accompagna al rispetto della dignità umana. I grandi conflitti, ancora presenti nel mondo e che a volte si riacu-tizzano dopo un periodo di quiescenza, mostrano chiaramente che l’umanità corre un costante rischio di perdere di vista quali siano gli elementi costitutivi della dignità dell’uomo. Rispettare la libertà altrui, perseguire la giustizia e vivere la verità sono i passi necessari per giungere ad una pace duratura; ma l’ele-mento che deve essere il comune deno-minatore di tutto è l’amore: chi ama il prossimo non può limitarne la libertà o calpestarne la giustizia. In questa ottica anche lo sviluppo economico acquisterà la dimensione della sostenibilità e dell’e-ticità; mettere al primo posto il rispetto

dell’umanità della persona non significa depauperare i processi economici di svi-luppo ma arricchirli di una prospettiva costruttiva, dove il singolo (la persona) è veramente parte di un tutto (la società) e non lo strumento per l’arricchimento di pochi.Il Pontefice sottolinea l’importanza di educarsi ad essere operatori di pace. Questo ruolo non ha nulla a che fare con quanti sono chiamati ogni giorno per professione a diffondere la pace; non siamo tutti chiamati ad intervenire in zone di conflitto per portare la pace, ma tutti siamo chiamati a costruirla nel no-stro ambiente sociale, dal quartiere della città dove si vive, alla comunità ecclesiale a cui apparteniamo fino alla piccola socie-tà che è la nostra famiglia. Per costruire questa pace “minore” ma sicuramente più diffusa e che può essere un tassello di quella “maggiore” tra i po-poli, non occorre essere esperti ma basta utilizzare quegli elementi la cui impor-tanza veniva evidenziata dal beato Gio-vanni XIII. A tutto ciò occorre unire un altro ele-mento importante che è la conoscenza dell’altro. Conoscenza significa capire l’altro, specialmente se diverso da noi, imparare ad apprezzarne le ricchezze umane e culturali che lo caratterizzano perché da ogni persona che incontriamo possiamo apprendere qualcosa. Il conflitto è figlio dell’ignoranza, intesa come mancanza di conoscenza dell’altro e dell’incapacità di considerare l’altro nella sua dimensione di figlio di Dio. L’augurio che dobbiamo rivolgerci per questa giornata per la pace e la preghiera che deve accompagnare le nostre cele-brazioni liturgiche del 1° gennaio, in attesa della Veglia diocesana per la Pace, è, riprendendo le parole di Papa Bene-detto XVI, che Dio “illumini i responsabili dei popoli, affinché accanto alla sollecitudine per il giusto benessere dei loro cittadini garan-tiscano e difendano il prezioso dono della pace; accenda le volontà di tutti a superare le barriere che dividono, a rafforzare i vincoli della mutua carità, a comprendere gli altri e a perdonare coloro che hanno recato ingiurie, così che in virtù della sua azione, tutti i popo-li della terra si affratellino e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace”.

Maria Carla Sorrentino

Ritratto degli operatori di pace

Il primo Gennaio 2013, si è celebrata la XLVI Giornata Mondiale della Pace. Pa-pa Benedetto XVI l’8 di Dicembre, 2012, Solennità dell’Immacolata Conce-zione,ha donato alla Chiesa un incantevo-le Messaggio dal titolo “ Beati gli opera-tori di pace.”Il Santo Padre, dopo aver analizzato le cause che alimentano “i fo-colai di tensione e di contrapposizione” tra nazioni e tra popoli, ha inteso inco-raggiare tutti a sentirsi responsabili ri-guardo alla costruzione della pace. “L’uomo è fatto per la pace che è dono di Dio”, ha affermato , e nonostante “ i ven-ti di guerra , le molteplici opere di pace di cui è ricco il mondo , testimoniano l’innata vocazione dell’umanità alla pace. In ogni persona il desiderio di pace è aspirazione essenziale e coincide,con il desiderio di una vita umana piena, felice e ben realizzata.” Per questo motivo il Papa si è ispirato alla Beatitudine Evange-lica : “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” ( Mt,5,1-12) ed ha tratteggiato il modello , o me-glio , ha definito “la pedagogia dell’ope-ratore di pace”, elencando tutte le carat-teristiche necessarie a chi vuole persegui-re la pace. Per prima cosa “l’operatore di pace” si impegna a vivere secondo la volontà di Dio per realizzare “una serenità interiore “ e per cercare una “pace esteriore” con il prossimo ed il creato, basando i suoi rap-porti sulla verità, sulla libertà, sull’amore e sulla giustizia. Coloro che hanno a cuo-re la pace non tralasciano il rapporto intimo con Dio, consapevoli che l’unione con il Padre li aiuta ad allontanarsi dal peccato, dall’egoismo , dall’avidità, dalla violenza. Essi, inoltre sono coscienti di non rincor-rere un sogno o un ‘utopia, poiché creati ad immagine di Dio, e chiamati all’edifi-cazione di un mondo nuovo, grazie” all’Incarnazione del Figlio e alla Reden-zione da Lui operata”. Per la realizzazio-ne della pace, pur tenendo conto dei limiti umani, bisogna “IMITARE” Cristo. “Gesù, infatti è la nostra pace,la nostra giustizia, la nostra riconciliazione.” Il Santo Padre, afferma ancora che gli operatori di pace hanno rispetto per la

Segue da pagina 3

Page 5: Incontro Gennaio 2013

PAGINA 5 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

operatori di pace hanno rispetto per la vita umana, dal concepimento sino alla fine naturale e non devono tollerare at-tentati e delitti contro la vita , come l’eutanasia e l’aborto . A coloro che han-no a cuore la pace, Papa Benedetto rivol-ge un accorato invito a costruire un nuo-vo modello di sviluppo e di econo-mia ,affermando che” fino a quando l’ot-tica egoistica di massimizzare i profitti ed i consumi, resterà fra le prime aspirazio-ni dell’uomo di oggi, non si realizzerà la giustizia ,le disuguaglianze aumenteranno e la “pace sociale”, resterà solo una chi-mera da inseguire.” I veri operatori di pace si dovranno adoperare con ogni mezzo per favorire uno sviluppo ed un nuovo modello economico sostenibi-le,più solidale basato sui principi della gratuità e della logica del dono di sé. A tutti i principi morali quali l’ equità, la libertà, la giustizia, la verità ci si educa in famiglia , per questo motivo il Santo Padre , sempre nel tracciare il ritratto degli operatori di pace , dichiara che chi anela alla pace, “ coltiva la passione per il bene comune della famiglia, la quale è uno dei soggetti sociali indispensabili alla realizzazione della cultura della pace . Proprio nelle famiglie nascono e cresco-no “ gli operatori di pace”, futuri promo-tori di una cultura della vita e dell’amo-re. Fra gli altri soggetti deputati al com-pito di educare alla pace , c’è senz’altro la Chiesa attraverso la Nuova Evangeliz-zazione , ma anche altre Comunità Reli-giose , così come un ruolo fondamentale, è ricoperto dalle istituzioni culturali , scolastiche ed universitarie ,che si impe-gnano nella formazione degli operatori di pace, per realizzare l’armonia ed il bene comune.

Lo stesso Pontefice , afferma che educar-si alla pace è un lavoro lento, ma con la volontà di tutti si potranno “ superare le barriere che dividono , rafforzare i vinco-li della mutua carità, comprendere gli altri e perdonare coloro che hanno recato offese, così che tutti i popoli della terra si affratellino e fiorisca la desiderata pa-ce”,attraverso l’impegno degli operatori di pace che sempre devono mostrare compassione, solidarietà, coraggio e per-severanza.

Giulia Schiavo

Dopo aver percosso più volte il battaglio della porta, senza ottenere risposta, Da-rio diede un ultimo sguardo alla finestra illuminata. Aveva deciso. Salì le scale, girò la chiave nella toppa ed entrò. Il vecchio era riverso come un morto sul tavolo della cucina, le braccia allungate, una penna ancora stretta fra le dita, gli occhiali schiacciati tra il viso e il marmo bianco. Dietro di lui scoppiettava il cami-no e ticchettava forte un grosso orologio a muro.

“Ottaviano! Ottavianooo! Sono Dario!” L'uomo rizzò la testa e la scosse, riaggiu-stò gli occhiali sul naso e si levò dalla sedia con un balzo. “Chi è? Ah, Dario, scusa, ero mezzo addormentato, ero.

Ehh, questo fuoco traditore! Sei venuto per le cipolle, vero?” “Sì, voglio proprio vederlo, l’esperimen-to”. Il vecchio gli gettò un’occhiataccia: “Esperimento?! Gli esperimenti possono fallire, figlio mio, le cipolle no! Vedrai, vedrai. Accomodati, sarai servito, pren-do tutto l’armamentario e... Che ore sono? Ah, quasi le due. Trebièn, è l'ora giusta”. Girato lo sguardo dappertutto, Ottaviano si chinò sotto il lavello e da un cesto rac-colse due cipolle, dopo averne palpate diverse. Dal cassetto del tavolo prese un cucchiaino e un coltello, e dalla dispensa incassata nel muro un coccio con del sale e uno scifello; sul fondo di questo era adagiato un cartoncino rettangolare, divi-so in dodici riquadri, ciascuno col nome di un mese, scritto in stampatello. “Trebièn: cipolle, coltello, sale, c'è tut-to. Cominciamo, sei pronto?” Dario sorrise: “Io sì”. Il vecchio nettò il marmo del tavolo, posandovi tutti gli oggetti. “Allora, guar-da”, disse prendendo la prima cipolla, “la

vedi? Attento, serve bella tonda, non schiacciata!” Ottaviano la divise in due col coltello, poi ne prese una metà e staccò con cura la prima scaglia, un guscio emisferico che depose sul cartone, nella casella del mese di gennaio. Separò un secondo guscio, mettendolo nel riquadro del mese di febbraio, poi un terzo, che osservò con attenzione, prima di porlo nella casella di marzo. Dall'altra metà della cipolla rica-vò altre tre scaglie, con le quali riempì la prima fila di mesi. Dopo, affettò la se-conda cipolla e ripeté le stesse operazio-ni, fino a coprire coi gusci tutte e dodici le caselle. Poi, con mani tremanti, prese col cucchiaio un po’ di sale, ne dosò ac-curatamente la quantità e lo versò nella prima scaglia; borbottando ogni tanto degli strani versi, riempì col sale anche le altre undici. “Fatto!” esclamò alla fine, “ci vediamo domani mattina, bello!”. Il ragazzo sbottò in una risata: “Come domattina? Ma adesso non...” “Adesso non succede un bel niente! Dob-biamo aspettare la reazione delle cipolle, no? Senti, lo vuoi vedere il risultato? E allora, figlio mio, devi venire domani”. “Ma... ma domani io non posso, Otta-via’. C'è il veglione di capodanno stanot-te, andiamo fuori, forse neppure ritorne-rò, in giornata». Il vecchio abbassò lo sguardo, poi prese il ragazzo per un braccio e lo fissò: “Senti, puoi venire stasera? Non sarà ancora per-fetta la cosa, ma ne capiremo, vedrai. Ehh, figlio mio, ognuno alla sua arte, e il lupo alle pecore. Allora?” «Sì… sì, potrei venire prima di partire. Gli dico che arrivo una mezz'oretta più tardi... Va bene, vengo stasera, ci vedia-mo intorno alle dieci, allora”. Un po’ prima delle ventidue, Dario bus-sò di nuovo alla porta di Ottaviano. “Avanti, gioventù”. “Buonasera Ottavià, e tanti auguri”. Il vecchio spalancò la bocca: “Caspita, che damerino! Forza, ché stasera gli dài! Beato te! Va be’, aspetta, vado al belve-dere”. “Al belvedere?” “La terrazza, la loggia! Devono stare all'aria, le cipolle! L'aria, la luna, tutto ha influenza! Ehhh, bello mio”.

Capodanno con le cipolle

Page 6: Incontro Gennaio 2013

PAGINA 6 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Ottaviano tornò sorreggendo lo scifello, che appoggiò con cautela sul tavolo; poi cominciò a scorrere con lo sguardo i gu-sci di cipolla, nicchiando ogni tanto. “Ohhh”, esclamò infine, “adesso guarda, guarda il sale dentro la prima scaglia. Com'è? Quasi intatto, vedi? Dunque, a gennaio poca acqua. Ma se fa freddo è neve, ricordati!”. Spostò il dito sul se-condo guscio: “Febbraio, lo vedi? Anche qui, tutto solido: è secca, figlio mio! Marzo, sale un po‘ sciolto: pioggia, ma non tanta. Aprile, ehhh, osserva: il sale è tutto liquido: acqua a volontà! Anche a maggio, vedi, acqua! Giugno e luglio, asciutti. Agosto, ahh, pericoloso! Sale sciolto, granelli: grandine! Addio, belle speranze! Va be’... settembre e ottobre, un po’ di acquetta, e sta bene. Dicem-bre, idem con patate, ma... sacramento! Guarda novembre, guarda! L’acqua già esce dalla cipolla, domani bagna pure il cartone. Ahhh! Piogge a volontà, alluvio-ni! Sono dolori, caro ragazzo!” “Porca miseria! Ottavià, sei forte, com-plimenti. Ma senti: funziona sempre? È attendibile?” «Attendibile? Sacramento! Sono cin-quant'anni che ci azzecco! Senti, ti ricor-di l'alluvione di tre anni fa, te la ricordi? Allagamenti, frane, morti. Tutto previ-sto! Aveva avvertito Ottaviano, chiedilo a Sebastiano Cappellone. “Incredibile! Cioè, scusa, volevo dire che è fantastico. Ma dimmi una cosa, per-ché... insomma, a che serve tutto que-sto?” “A che serve? Ah-ah-ah! E che ti credi? Io le cipolle le spacco... per le cipolle! Per l'agricoltura! Mica faccio le previsioni pe’ anda’ a passeggio, io! E mica è questione solo di cipolle… Quante altre beghe ci stanno! La luna, la patta... vieni, vieni qui”. Ottaviano indicò il calendario appeso al muro. “La vedi questa faccia scura? Luna nuova! C'è stata il venti, dunque al tren-tuno ne mancano undici. Allora, la patta è di undici giorni, perché le lune sono tredici, ma i mesi dodici. Mi spiego...”. “Ecco, bravo, volevo proprio sapere se è importante, la luna”. “Ehhh! Addio veglione allora, ah-ah! Mi chiedi se la luna è importante? E’ tutto! E’ tutto! Invece, certi babbei non tengo-

no conto di una mazza, quando lavorano la terra; poi gli va tutto in malora. Gli sta bene! Noce di collo! Gliel’ho detto mille volte, ma se ci comanda a noi, la luna! Quando certe mattine ti alzi e ti rode il piripì, chi è stato secondo te? Comun-que, ascolta bene: mai potare, piantare e trapiantare con la luna tenera, cioè cre-scente. Mai! Solo con la luna dura! Semi-nare e raccogliere frutti sì, vendemmia compresa. Vuoi saperlo? Io vendemmio solo con la luna crescente, e i risultati... chiedi a Peppe Maschera che vinello ha fatto Ottaviano, l'anno scorso. Sta qui, lo puoi assaggiare. Ma ti dirò di più. Anni fa, avevo previsto un dicembre secco, buono insomma. Io non mi mossi! Tanti malfidati non vollero darmi retta e colse-ro l’oliva a novembre, come dice il pro-verbio, lo sai, no? - A Santa Caterina, sia la bianca sia la nerina - Ma siccome l'an-nata era stata cattiva, l'oliva era verde, acerba, e l’olio fu uno schifo. Io invece aspettai: fatti dire che nettare! Biondo, pulito, gustoso, uhhh! Mi feci certe risa-te! Era buono per l’arrotino, l'olio dei San Tommaso». “Grande Ottaviano! Grazie, m’ha fatto davvero piacere. Ma senti, voglio farti l’ultima domanda. Ci vengono i contadi-ni a chiedere il responso delle cipolle?” “Se ci vengono?! Ma sei matto? Vedrai domani mattina che processione, qui dentro!” Il primo di gennaio, tornando dalla messa seconda, Assunta, senza bussare, aprì la porta della casa di Ottaviano e salì fatico-samente le scale. Sorrise con la mano sulla bocca non appena vide il vecchio che avvitava la caffettiera. “Buon principio e buona fine», disse con aria solenne. Ottaviano ammiccò: “Auguri pure a te, comare. Tu ci indovini sempre, pure a capodanno…” “Veramente ridevo per un’altra cosa, compa’. Sono venuta a vedere le cipol-le”. “Eccole, hanno parlato pure que-st’anno. Aprile e maggio, acqua a barili, agosto, grandine. Ma è novembre il più cattivo! Avverti i parenti, i padani, sono cavolacci, lassù”. Assunta sgranò gli oc-chi: “Davvero? Santo Dio, non gli bastava la nebbia? Va be’, telefonerò, così gli faccio pure gli auguri. Ma ascolta, com-pa’: è venuto Filippo?” Ottaviano fece spallucce: “Sono due anni

che non si presenta, non lo sapevi?” “E Rocco?”. “Sta male, sacramento! Come faceva a venire?” “E Franceschino?». “Ma dove vivi? Non la coltiva più la Can-navina! Ci va ancora a tempo perso, ma...”. “Madre mia! Prima, a quest'ora, era già venuto mezzo paese! Insomma, non è venuto nessuno”. Ottaviano scrollò la testa e batté una mano sulla coscia: “Ma non è venuto il figlio di Maria Luisa? Dario, il più gran-de, quel pennellone. C'è stato due volte, quando l'ho spaccate e alle dieci, per vedere il responso, come dice lui”. Assunta sembrò ancor più sorpresa: “Ma tu guarda! E com’è che era interessato alle cipolle?” “Sacramento! Per curiosità! Che ti crede-vi, è venuto solo per curiosità! Che glie-ne frega a questi del tempo, della ter-ra...”. “Insomma, è venuto”. “Sineee! Adesso se lo metterà a racconta-re agli amici, stanne certa. Diranno un po’ di stupidaggini, me lo immagino, anzi, ci prenderanno per i fondelli, che ti credi”. “Ah, questo è sicuro. Però chissà, forse anche loro un giorno…”. Ottaviano saltò come una molla: “Che?! Come?! Ma non li vedi? Sono allevati coi biscottini questi, anche andare al cesso gli pesa! Questi le cipolle le spaccheranno, te lo dico io, ma per mangiarsele a cola-zione, pranzo e cena! Sempre che si tro-vino, perché quando la pacchia finirà, le ghiande dovranno raccogliere, e non per i porci, ma per loro, come Michele Sbu-cafratte, te lo ricordi?» “Santa Madonna, compa’! Andremo a finire proprio in queste condizioni?” “Andremo? Andran-no! Loro! Ne passeranno poca di fame, questi! Comunque… lasciamo perdere, non sono ragazzi cattivi. Hanno tutto, e non sanno fare niente... ma sono bravi ragazzi, non sarà manco colpa loro, che Dio gliela mandi buona”. Ottaviano si avvicinò alla caffettiera e lo sguardo cad-de sulle cipolle. Si voltò verso Assunta: “Ma sì, lasciamoli stare. Via, prendiamo-ci ‘sto caffè e... Ah, comma’, fammi un favore prima. Tanto non verrà più nessu-no…”. Indicò la finestra, e scattò con la testa: “Piglia le cipolle e...”. Armando Santarelli

Segue da pagina 5

Page 7: Incontro Gennaio 2013

PAGINA 7 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Complessivamente l’Italia è "in buono stato di salute e i dati del 2011 rispetto al 2010 verificano una condizione compara-bile con quella degli altri paesi europei". Il ministro della Salute, Renato Balduzzi, sintetizza così le conclusioni nella rela-zione sullo stato sanitario del paese pre-sentata alla presenza del Presidente della

Repubblica, Giorgio Napolitano. Tutta-via Balduzzi segnala un'area problemati-ca: "Gli stili di vita e le abitudini alimen-tari". Questioni intorno alle quali per il ministro serve lavorare per contrastare il crescere di alcune malattie UN MILIONE E 300ML GIOVANI A RISCHIO ALCOL. Alcol, sostanze e gioco d'azzardo: sono queste le 'dipendenze degli italiani. Circa un milio-ne e 300 mila giovani fra gli 11 e i 25 anni sono a rischio per il consumo di alcol fuori pasto o di binge drinking (le ''abbuffate" alcoliche); circa 390.000 minori non rispettano la prescrizione di totale astensione dal consumo alcolico. La sostanza d'abuso per cui la richiesta di trattamento è più diffusa è l'eroina (70,1% dei pazienti), seguita dalla cocai-na (15,2%) e dai cannabinoidi (9,2% ). Ed i ludopatici, nuova categoria di malati di gioco d'azzardo, sono stimanti in circa 700.000, di cui 300.000 quelli patologi-ci. Affrontare il problema delle dipen-denze non è un lavoro facile. Spesso il problema vero e’ trovare qualcuno che ascolta i problemi di chi soffre di dipen-denza . I centri di ascolto sono importan-ti per poter aiutare chi ha bisogno di un appoggio. La chiesa è il punto di riferi-mento principale delle comunità sia pic-cole che grandi ed è sempre disponibile ad offrire un appoggio a chi ne ha biso-gno, mentre lo stato offre il suo aiuto

tramite le ASL. In una lettera del 14 Di-cembre 2010 Mons. Orazio Soricelli, Arcivescovo di Amalfi-Cava de’Tirreni, affrontava il problema rivolgendosi alla comunità in questo modo : “Carissimi Fratelli e Sorelle, con questa lettera desidero esprimerVi la mia personale preoccupazione per un grave proble-ma che affligge il territorio sociale della no-stra Arcidiocesi: le dipendenze.Purtroppo tale devianze comportamentali si fanno sempre più strada nella vita dei nostri giovani e non solo. Tante sono le piaghe di cui molti sono affetti: alcool, fumo, gioco d’azzardo, la cocaina, l’eroina, ecc. Vi chiedo un impegno sempre maggiore per vigilare sulla vita dei nostri cari, siano essi figli, familiari ed amici. Il Signore ci suggeri-sce di amare il prossimo come sé stessi ed è proprio nel nostro prossimo che incontriamo il Signore in chi soffre, è emarginato, ha delle dipendenze da sostanze o da altro. Nel porta-re avanti questa delicata missione ci viene incontro il SER.T (Servizio per le tossico di-pendenze) della nostra Azienda Sanitaria Locale). Presso il SER.T opera il dott. Genna-ro Pagano con il quale io stesso ed i nostri parroci abbiamo già avuto alcuni incontri per avviare un impegno al fine di poter arginare in parte il triste fenomeno. Per quanto riguar-da la zona della Costiera Amalfitana presso il presidio ospedaliero di Castiglione di Ravello- via Civita 40, al secondo piano ogni Martedì dalle ore 15 alle 18 è attivo un centro di ascolto di cui è referente lo stesso dott. Paga-no. Tel. 089 4455451. Confidando sempre nell’aiuto del Signore e nella buona volontà di tutti, Vi auguro una fattiva collaborazione in questo delicato compito di vicinanza uma-na e cristiana”. La vita di una comunità è fatta di interscambio culturale, ludico, lavorativo, ecc. la chiesta e lo sport occu-pano uno spazio molto importante sia nella fase di crescita della comunità, sia come punti di riferimento di aggregazio-ne sociale ed anche di confronto con persone che hanno interessi, cultura , religione e ambienti di crescita diversi. Frequentare il catechismo, partecipare alle iniziative della propria parrocchia, praticare uno sport di squadra o anche la pratica sportiva svolta con un gruppo di persone, possono avere un ruolo impor-

tante nella scelta di uno stile di vita sano e lontano dalle dipendenze(qualunque esse siano), contribuendo a sviluppare il senso di appartenenza ad una comunità che può aiutare a sentirsi meno soli (la solitudine è fra le prime cause delle di-pendenze di alcool, droga e del gioco d’azzardo). La Diocesi di appartenenza, Il SER.T presso l’Asl, i servizi sociali del comune, sono tutte organizzazioni a cui si può fare riferimento per avere un ap-poggio, un aiuto concreto alla ricerca di una soluzione per uscire dalle dipenden-ze, sia che riguardi i ragazzi , sia che ri-guardi gli adulti. Affrontare una dipen-denza come un problema da risolvere vuol dire andare incontro ad una batta-glia impegnativa. La consapevolezza che sia un problema per sé stessi è il primo passo da fare . Accettare di farsi aiutare è il secondo passo e spesso il più difficile da compiere. Nel caso di ragazzi adole-scenti ( ed il numero di ragazzi che hanno problemi di alcool è purtroppo in cresci-ta) la consapevolezza che il problema esista non viene affrontata nell’ambito familiare per vergogna, o presunzione o mancanza di comunicazione, o altro, impedendo così alle famiglie di poter intervenire. I ragazzi in particolar modo, ma spesso anche gli adulti, non sono con-sapevoli che ci sono battaglie che da soli non si possono vincere. Chiedere aiuto spesso è complicato. Chiederlo a chi ci vuole bene dovrebbe essere più logico, ma il problema delle dipendenze non si sposa bene con la logica. Quello è il momento di guardarsi intorno e ci si accorge che lo Stato può fare la sua parte tramite le ASL (il SER.T appunto, dove ci sono persone competenti e pron-te ad offrire supporto per affrontare pro-blematiche relative all’alcool, alla droga, alla dipendenza dal gioco d’azzardo, al dialogo con i propri familiari, o altro, garantendo il più totale anonimato)e che la porta della chiesa , come ci ha dimo-strato più e più volte nel corso della sua storia millenaria, quando abbiamo biso-gno di conforto e di supporto, è sempre stata aperta e sempre lo sarà.

Marco Rossetto

Dipendenze e Centri di Ascolto

Page 8: Incontro Gennaio 2013

PAGINA 8 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Nell’Anno della Fede le celebrazioni natalizie,al di là delle tradizioni ormai fagocitate dai riti del consumi-smo,dovrebbero aver sortito almeno nei cristiani un risultato importan-te:meditare sull’inizio della salvezza e soprattutto su Colui che ci ha redenti, ossia Cristo del quale ogni anno la Chiesa ci fa celebrare il Natale. Nell’Anno della Fede sarebbe stato bello celebrare insie-me la nascita del Signore per dare un segno forte e tangibile del nostro essere comunità Ecclesiale,unita nella preghiera e nella lode al Signore ,laeta et trium-phans,prostrata davanti a Dio che ha scel-to di diventare uomo perché l’uomo diventasse Dio. Insomma,nell’Anno della Fede sarebbe stato bello celebrare il Na-tale del Signore in maniera diversa dagli altri anni e invece neppure l’Anno della Fede,almeno in questa sua prima parte, ha sortito quel-lo che, a mio giudi-zio,sarebbe stata la grande testimonianza di un impe-gno a vivere seriamente questi dodici mesi impor-tanti che Papa Benedetto XVI ha voluto dedicare alla prima delle virtù teologali. Sono forse troppo preten-zioso e mi arrogo il diritto di sostituire i miei tempi a quelli di Dio! Magari a Pasqua,a seguito delle ulteriori riflessioni che come comu-nità ecclesiali siamo invitate a fare pro-prio sul grande dono della Fede,si potrà registrare qualche novità di rilievo che attesti che la Comunità ecclesiale di Ra-vello sta diventando adulta nella Fede. Me lo auguro. Preso atto che anche nell’Anno della Fede ciascuna comunità parrocchiale ha celebrato il Natale nell’ambito dei propri confini territoria-li,la nostra cronaca deve limitarsi alle celebrazioni che si sono tenute nel Duo-mo. Ancora una volta, anche in occasio-ne delle feste natalizie,la Basilica ex Cat-tedrale,”Chiesa Madre” nel gergo devoto e corretto delle persone anziane di tutta Ravello, ha confermato quella sua voca-zione ad essere, oltre che luogo santo e

tempio di Dio, un magnifico scenario per iniziative artistico-culturali sempre più di alto livello,sapientemente mischiate alle solenni celebrazioni che la Liturgia del Tempo di Natale prevede. Come di con-sueto,tutto è iniziato con la solenne Mes-sa della Notte. Al suono delle zampogne e delle ciaramelle,dopo il canto della Calenda di Natale,la processione con la statuetta del Bambino ha preceduto la solenne celebrazione. Non c’erano tante persone,almeno all’inizio,poi pian piano l’assemblea è diventata natalizia,anche se oggettivamente la partecipazione non è stata altissima. La Fede non si misura dal numero dei praticanti,però è stato signi-ficativo vedere come, nell’Anno della Fede,tanti battezzati non hanno ritenuto

importante partecipare alle celebrazioni liturgiche. Del resto anche se vedessimo le Chiese piene,come comunità non do-vremmo mai stancarci di continuare a lavorare per comunicare la Fede al mon-do di oggi,senza dormire sugli allori o illudendoci di far comprendere e vivere il Natale con processioni,fuochi e zeppo-late. Il Natale è la prova tangibile dell’a-more di Dio per l’uomo. Se non com-prendiamo che alla base di tutto c’è un atto di Amore del Creatore verso la crea-tura non possiamo mai capire pienamen-te Cristo e il suo Vangelo. Non possiamo gioire della buona notizia del Vange-lo,ossia che Cristo ci ha salvati per Amo-re. E’ stato questo il concetto su cui Mons. Imperato ha insistito nel corso delle omelie tenute nella Messa della

Notte e del Giorno di Natale,in quest’ul-tima spiegando lo stupendo prologo del Vangelo di Giovanni,il discepolo teologo che ha compreso la vera natura di Dio e che ha posto il capo sul petto di Gesù.Ad aiutare a vivere e comprendere il senso del Natale i canti eseguiti dalla Corale della Basilica ex-Cattedrale diretta dal sempre bravo M°Giancarlo Amorelli e accompagnata all’Organo dal M° Achille Camera che non esita a dare la sua dispo-nibilità per allietare le celebrazioni litur-giche. La Messa polifonica eseguita dalla Corale nelle solennità natalizie conferma il generoso impegno di quanti,sotto la guida sapiente, paziente e competente del M°Amorelli,nonostante impegni familiari e lavorativi,hanno scelto di de-

dicare alcune ore della settimana allo studio e alla esecuzione del canto sacro. E a loro è toccato il compito di eseguire il primo dei concerti tenuti in Duomo in que-sto periodo natalizio. Nella serata d i s a b a t o 2 9 d i c e m -bre,infatti,insieme con i cori di Amalfi,Tramonti, e Furore i cori-sti del Duomo di Ravello hanno eseguito,sempre sotto la direzio-ne del M°Amorelli, celebri melo-die natalizie e alcuni brani dedica-ti alla Costiera Amalfitana che sono stati particolarmente ap-prezzati dal pubblico convenu-

to,abbastanza numeroso,nonostante le inevitabili concomitanze che da sempre si accumulano nel programma del Natale a Ravello. Domenica 30 dicembre, abbia-mo celebrato la Festa della Famiglia. Nella ricorrenza liturgica della Santa Famiglia,sia alla messa delle 10.30 sia a quella vespertina,gli sposi convenuti han-no rinnovato le promesse matrimoniali. Al mattino una particolare attenzione è stata riservata alle coppie che hanno nel trascorso 2012 ricordato il 25° o il 50°anniversario di matrimonio. Forte il mes-saggio di Mons.Imperato che ha ricorda-to l’importanza e la santità del matrimo-nio e della Famiglia,che non sono assolu-tamente quello che i talk show quotidia-namente ci propinano o che si ispirano al discutibile criterio del “fare quello che

Il Natale nell’Anno della Fede

Page 9: Incontro Gennaio 2013

PAGINA 9 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

piace”. Suggestivo l’invito rivolto alle mamme perché, guardando alla Vergine Maria, riscoprano il loro grande ruolo e siano le prime a trasmettere ai figli il dono della Fede. Nella mattina del 31 dicembre si è tenuto il Concerto di fine anno. Un altro grande momento che ha confer-mato le grandi potenzialità del monu-mentale Organo del Duomo e il ruolo centrale della Chiesa Madre di Ravello nello sviluppo e potenziamento di attivi-tà culturali già in atto nella Città della Musica. Alla messa vespertina sotto lo sguardo solenne e materno di Santa Ma-

ria Vetrana abbiamo reso grazie al Signo-re per quanto ci ha dato nell’anno 2012,così come nella solenne liturgia del 1 gennaio abbiamo meditato sulla più importante delle feste mariane,la divina Maternità di Maria SS., sapientemente valorizzata dalla riforma del calendario

post conciliare che l’ha posta nel ciclo natalizio, trasferendola dall’11 otto-bre,data nella quale si celebrava, non con la solennità odierna,fino agli anni del Vaticano II. Non è mancata la riflessione sulla Pace ascoltando alcuni passi tratti dall’interessantissimo messaggio che Sua Santità Benedetto XVI ha scritto in occa-sione della 46° Giornata Mondiale della Pace. E pace ha suscitato,almeno nel sottoscritto,il concerto che hanno tenuto la mattina di mercoledì,2 gennaio, alcuni ospiti dell’Istituto don Orione di Napoli. Raccolte intorno all’altare, queste perso-ne “diversamente abili”,sotto la direzione del M° Pia Ferrara,già nota ai ravellesi per i concerti che organizzava in Duomo ai tempi di don Giuseppe Imperato sen.,hanno animato la Messa e poi hanno offerto un breve momento musicale molto toccante che ci ha fatto capire come questi ragazzi e ragazze che noi crediamo”diversi”, “sfortunati” sono in grado di trasmettere sensazioni di pace e serenità attraverso la musica e il canto. L’ora non propizia e l’inclemenza del tempo hanno permesso soltanto a un gruppo di turisti e a pochissimi ravellesi di vivere questa esperienza significativa. Sempre mercoledì,ma in serata,il Duo-mo ha ospitato un altro grande momento musicale. Il gruppo artistico “Viatoledo” ha felice-mente intrattenuto il pubblico interve-

nuto con un raffina-tissimo programma di musiche popolari natalizie eseguite con grande professionali-tà da questi artisti,tra i quali l’amico Can-dido Del Pizzo,che hanno messo a dispo-sizione la loro arte per raccogliere fondi per la Onlus “Caterina”,con la quale il Duomo di Ravello collabora da

qualche anno,grazie agli amici del Greg-ge di Salerno che continuano a stupirci per il loro fortissimo legame con san Pantaleone. E’ stato commovente vedere,al termine del concerto, tanti di questi giovani “fiondarsi”in Cappella per venerare il

Sangue del Santo Patrono,in contrappo-sizione ai tanti amici di Ravello che,tornando a casa,ho visto uscire dal” donato” nuovo tempio. Perdonatemi!Considerazioni post natalizie! Una novità in questo anno della Fede l’ha proposta la Congrega della B.V.del Monte Carme-lo e del SS. Nome di Gesù. Giovedì,3 gennaio,in occasione della ripristinata memoria liturgica del SS. Nome di Ge-sù,i confratelli e le consorelle si sono ritrovati in Duomo per partecipare alla santa Messa e,in misura mino-re,all’Adorazione Eucaristica. Non il ripristino di una memoria arcai-ca,superata e obsoleta,ma una ulteriore occasione per comprendere l’importanza di Gesù,”nel cui nome ogni ginocchio si pieghi nei cieli sulla terra e sotto ter-ra”.Riteniamo opportuno citare altre due iniziative che completano la cronaca del Natale 2012. Il giorno di S.Stefano l’Azione Cattolica ha organizzato la Tombolata in Piazza, una iniziativa che consente di raccogliere fondi da destinare in beneficenza e un segno dell’attenzione che la prima asso-ciazione del laicato italiano rivolge agli indigenti. Un plauso al Presidente parrocchiale, Manuelita Perrillo,e ai suoi collaboratori per l’impegno con cui,nonostante tante difficoltà,si sforzano di far passare il mes-saggio e lo stile dell’A.C. in tempi non propizi. La seconda iniziativa che mi piace ricor-dare riguarda il Protocollo di intesa che il Comune di Ravello ha firmato,giovedì 3 gennaio, con l’Associazione “Ravello Nostra”in merito al riordino e alla siste-mazione dell’Archivio Comunale. Quando si parla di “Ravello Nostra” si parla del suo fondatore,don Giuseppe Imperato sen.,del quale ricorre nel luglio 2013 il decennale della scomparsa. A lui e a chi lo ha seguito nella guida pastorale della Parrocchia di S.Maria Assunta il merito di aver appassionato e dato fiducia a quei giovani che oggi, at-traverso i loro studi e le loro ricer-che,continuano a farci dono di tante no-tizie relative alla sempre gloriosa storia di Ravello.Una storia sempre più bella se illuminata dalla Fede.

Roberto Palumbo

Page 10: Incontro Gennaio 2013

PAGINA 10 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Nell’Anno della Fede, I cristiani “possano approfondire la conoscenza del mistero di Cristo e testimoniare con gioia il dono della fede in Lui”. È l’auspicio che Bene-detto XVI affida alla preghiera della Chiesa nella sua intenzione generale per il mese di gennaio. In questi ultimi mesi, soprattutto nelle udienze generali, il Pa-pa sta sviluppando una riflessione specifi-ca sull’Anno della Fede e sulle responsa-bilità che esso comporta per i cristiani. In questo servizio, Alessandro De Carolis ne sottolinea alcuni passaggi . Andare in battaglia in chiara situazione di svantaggio non è cosa che faccia stare tranquillo né un generale, né l’ultimo dei fanti. A meno che non si sappia di poter contare su un alleato di schiacciante su-periorità. L’Anno della Fede proclamato da Benedetto XVI circa tre mesi fa con-tiene per chi crede lo spi-rito di questa sfida: un c o m b a t t i -mento in condizioni di a m b i e n t e sempre più spesso ostile – dunque con le difficoltà, e anche i timori, indotti dall’inferiorità numerica – ma con la certezza che chi combatte di fianco ha la forza dell’onnipotenza. Non per niente, nell’aprire l’Anno della Fede, Benedetto XVI ha spinto i cristiani nei “deserti del mondo contemporaneo”, laddove cioè la terra della fede ha le crepe della siccità anche tra i battezzati: “Il cristiano oggi spesso non conosce neppure il nucleo centrale della propria fede cattolica, del Credo, così da lasciare spazio ad un certo sincretismo e relativismo religioso, senza chiarezza sulle verità da credere e sulla singolarità salvifica del cristianesimo (...) Dobbiamo, invece, tornare a Dio, al Dio di Gesù Cristo, dobbiamo riscoprire il messaggio del Vangelo, farlo entrare in modo più profondo nelle nostre coscien-ze e nella nostra vita quotidiana”. (Udienza generale, 17 ottobre 2012). Spesso la fede, affermava il Pontefice, “è vissuta in modo passivo e privato” e que-

sta remissività è alla base della “frattura” che esiste “tra fede e vita”. Eppure, aveva ribadito di recente Benedetto XVI, per rendere efficace l’annuncio di Gesù agli altri non c’è mai stato bisogno del piedi-s t a l l o d i u n a c a t t e d r a : “L’evangelizzazione, infatti, non è opera di alcuni specialisti, ma dell’intero Popo-lo di Dio, sotto la guida di Pastori. Ogni fedele, nella e con la comunità ecclesiale, deve sentirsi responsabile dell’annuncio e della testimonianza del Vangelo”. (Discorso Congregazione per i vescovi, 20 settembre 2012) Nell’intenzione di preghiera, inoltre, il Papa utilizza una parola che spesso passa inosservata, o viene considerata una sorta di “guarnizione” estetica al concetto dell’e-vangelizzazione, ovvero il fatto di testi-

moniare con “gioia”. Per far breccia nei muri di indifferenza verso Dio, ebbe a dire B e n e d e t t o XVI, c’è bi-sogno di cri-s t i a n i

“entusiasti della propria fede”. Un entu-siasmo, però, tutt’altro che ingenuo: “La gioia cristiana scaturisce pertanto da questa certezza: Dio è vicino, è con me, è con noi, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, come amico e sposo fedele. E questa gioia rimane anche nella prova, nella stessa sofferenza, e rimane non in superficie, bensì nel pro-fondo della persona che a Dio si affida e in Lui confida”. (Angelus, 16 dicembre 2007). Chiarito il contesto della sfida – e la natura della fiducia da portare nel cuo-re – Benedetto XVI enumera le armi con cui combatterla: “Non bastone, né sacca, né pane, né denaro, non due tuniche – come dice il Signore agli Apostoli invian-doli in missione – ma il Vangelo e la fede della Chiesa, di cui i documenti del Con-cilio Ecumenico Vaticano II sono lumino-sa espressione”. (Apertura Anno della Fede, 11 ottobre 2012)

Fonte: www.radiovaticana.va

Il Papa e l’Anno della Fede

Negli ultimi mesi dell’anno appena tra-scorso il Duomo di Ravello si è arricchi-to di nuove opere dal grande valore arti-stico, donazioni che testimoniano il pro-fondo legame che unisce i fedeli prove-nienti da ogni località alla chiesa ravelle-se. Il 7 settembre u.s. le famiglie D’Am-brosio e Castaldi di Pagliarone Monte-corvino Pugliano) hanno donato due angeli di fattura lignea, realizzati dal maestro Alfredo Molli, artista dallo stile raffinato specializzato nell’arte presepia-le partenopea, che sono stati collocati ai lati del tabernacolo nella cappella co-struita in onore di San Pantaleone. Un segno di amore verso Gesù Eucari-stia e di ringraziamento e devozione verso il Santo Patrono. In quella occa-sione Mons. Giuseppe Imperato ha pre-sieduto un intenso momento di preghie-ra, cui hanno partecipato le famiglie e i membri della Confraternita dedicata al SS. Nome di Gesù a alla Madonna del Monte Carmelo, che si è concluso con un atto di affidamento al celeste medico di Nicomedia, “difesa del clero e del popolo”. A distanza di poche settimane, poi, il 27 ottobre la statua raffigurante San Padre Pio, a devozione della fami-glia Priore – Pennacchia, è stata posta in corrispondenza del dossale in legno do-rato che accoglie il dipinto realizzato da Giovanni Angelo D’Amato. La prege-vole scultura è stata eseguita dal noto scultore Antonio Priore, scomparso nel 2003, autore di numerose immagini sacre dipinte nelle chiese della diocesi di San Severo e di opere oggi conservate in importanti gallerie nazionali. Ancora una volta nella Mater Ravellensis Ecclesia la fede si condensa nell’arte, capace di trasmettere la volontà e la sensibilità del donatore, la capacità in-terpretativa dell’artista, i complessi significati dell’opera stessa realizzata “ad maiorem Dei gloriam”.

Recenti donazioni

Page 11: Incontro Gennaio 2013

PAGINA 11 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Una coerente testimonianza di Fede

9 dicembre 2012, è una giornata dai vividi colori invernali sferzati da un gelido vento di tramontana, che sibila tra i frondosi rami della vegetazione mediterranea. La comunità di Ravello si appresta a celebrare la festa di Santa Barbara con un momento di preghiera presso le anti-che Grotte mentre, nel silenzio e in punta di piedi, il prof. Mario Palumbo, dopo una vita laboriosa, con il conforto dei sacramenti, dono particolare dello Spirito Santo, muove gli ultimi passi del suo pellegrinaggio terreno. Un cammino speso a servizio dell’intera collettività e segnato negli ultimi tempi dalla sofferenza, in parte lenita dalla dolcezza degli affetti familiari e vissuta nell’autentico spirito cristiano, come partecipazione all’opera salvifica del Redentore, con la fiducia nella Madre di ogni consolazione e di ogni aiuto. E’ trascorso già un mese. Per una volta ho atteso che fossero spenti i colori e le luci delle feste prima di affidare alla penna il ricordo di un solerte educatore delle nuove generazioni, di un animo sensibile ai più autentici valori della tradizione, impegnato nella difesa del

patrimonio monumentale e immateriale della Città, prota-gonista degli eventi più signifi-cativi della vita ravellese. E’ andato via un pezzo di storia cittadina e sembra ancora inve-rosimile rassegnarsi all’idea che ciò possa essere accaduto. Il tratto nero della stilo diventa fluente e deciso, quasi a voler evocare quella calligrafia all’an-tica, vergata con minuzia nei registri delle feste patronali, mentre con lo sguardo della memoria vedo apparire in lon-tananza il “professore Mario” con l’inseparabile borsa, lasciata talvolta solo alla fidata custodia dell’amata sposa Ida nell’edico-la di famiglia. Ritornano alla mia mente i giorni in cui la piazza o gli am-bienti domestici facevano da cornice alle nostre lunghe con-

versazioni, specialmente nei periodi prossimi alle celebrazioni patronali in cui, sulla scia di una nobile tradizione, profondeva impegno instancabile e meticoloso. Momenti in cui era possibile rivivere aneddoti e storie di una Ravello d’altri tempi, non di rado documentati con rigorose foto d’epoca molto spesso legate al borgo di Torello, e nello stesso tempo occuparsi delle problematiche di stretta attualità che interessavano una Città ormai a vocazio-ne internazionale. Tracciare il profilo di questa persona straordinaria, “professore” e “presidente del Comitato Feste” per antonomasia, mi è apparsa impresa ardua fin dalle prime righe. Chi potrei o dovrei ricordare? Lo sposo zelante? Il buon padre di famiglia? Il maestro diligente? L’amministratore attento? Il competente organizzatore? L’amico dei giovani? E qui metto un freno ai miei dubbi, di certo le pagine non riuscirebbero a trasmettere i molte-plici aspetti del suo carattere se non fossi capace di ricomporre queste tesse-re multicolori della sua personalità nel grande mosaico che si chiama

“testimonianza di Fede coerentemente vissuta”. Una Fede che ha permeato la vita di un uomo nella sua interezza, capace di far vivere la famiglia come chiesa domestica, il lavoro di educatore come missione finalizzata allo sviluppo integrale della persona, l’impegno civi-co come servizio al bene comune. Un’esperienza alimentata con la pre-ghiera e la partecipazione ai sacramen-ti, vissuta con lo sguardo costantemen-te rivolto alla Beata Vergine Addolora-ta, la madre che ai piedi della croce unisce il suo dolore, pieno di fede e di amore, a quello del Figlio, e al celeste medico Pantaleone, il grande Miseri-cordioso. Il 10 dicembre una folla pro-venente dalle varie Città della Costa d’Amalfi, unita al cordoglio dei familia-ri, si raccoglie nel Duomo di Ravello per rendere l’estremo saluto a una cit-tadino speciale. Alla fine del sacro rito il feretro, portato a spalla dai portatori di San Pantaleone, i “suoi” giovani, lascia la basilica sulle note del “Ravelli Pignus Optimum”, inno in onore di San Pantaleone eseguito dapprima ad orga-no e poi diffuso in una esecuzione per grande banda. Lo specchio di cielo so-prastante, plumbeo al calar del gior-no,viene squarciato da una serie di quindici colpi oscuri, saluto e suggello di un nuovo corso: inizia l’ennesimo spettacolo pirotecnico a cura del “professore Mario”, un capolavoro dai colori splendenti preparati con la pol-vere delle opere buone che unita all’ac-qua dei puri di cuore si accende nell’e-terna lode della Trinità. Luigi Buonocore

Page 12: Incontro Gennaio 2013

CELEBRAZIONI DEL MESE DI GENNAIO

GIORNI FERIALI Ore 17.00: Santo Rosario Ore 17.30: Santa Messa GIORNI PREFESTIVI E FESTIVI Ore 17.30: Santo Rosario Ore 18.00: Santa Messa GIOVEDI’ 3-10-17-24-31 GENNAIO Al termine della Santa Messa delle 17.30 Adorazione Eucaristica LUNEDI’ 7-14-21-28 Itinerario di Formazione alla Fede con il Catechismo della Chiesa Catto-lica per tutti gli Operatori Pastorali – “L’uomo è capace di Dio” 1 GENNAIO SOLENNITA’ DI MARIA SS. MADRE DI DIO Ore 8.00-10.30– 18.00: Sante Messe 3 GENNAIO Memoria del SS. Nome di Gesù - Contitolare della Confraternita 6 GENNAIO Solennità dell’Epifania del Signore Ore 8.00-10.30: Sante Messe Ore 18.00: Santa Messa e Reposizione del Bambino 13 GENNAIO Festa del Battesimo del Signore Ore 8.00-10.30– 18.00: Sante Messe 18 - 25 GENNAIO Ottavario di Preghiera per l’Unità dei Cristiani 20 GENNAIO II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00-10.30– 18.00: Sante Messe 24 GENNAIO SAN FRANCESCO DI SALES - PATRONO DEI GIORNALISTI

Ore 17.30: Santo Rosario Ore 18.00: Santa Messa e Momento di riflessione sul ruolo dei giornalisti Cattolici 25 GENNAIO Conclusione dell’ottavario di preghiera per l’Unità dei cristiani Ore 17.30: Santo Rosario Ore 18.00: Santa Messa con la partecipazione degli operatori pastorali e delle associazioni parrocchiali 27 GENNAIO III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00 - 10.30 - 18.00: Sante Messe