Giornalino gennaio 2013

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pag. 3 n° 9 Febbraio 2013 pag. 4 I MURI I MURI I MURI COME DIVISIONI SOCIALI COME DIVISIONI SOCIALI COME DIVISIONI SOCIALI ABBATTIAMOLI! ABBATTIAMOLI! ABBATTIAMOLI! CONTRO TUTTI I TIPI DI MURI CHE CI DIVIDONO! CONTRO TUTTI I TIPI DI MURI CHE CI DIVIDONO! CONTRO TUTTI I TIPI DI MURI CHE CI DIVIDONO! Nel corso della storia umana alcuni muri sono diventati simboli di divisione tra popoli influenzando profondamente il contesto sociale, politico e ambientale in cui sono stati innalzati. Nella maggior parte dei casi il loro significato è negativo. Alcuni muri per fortuna sono stati abbattuti ma il loro ricordo rievoca anco- ra oggi un passato triste e doloroso. Imponenti costruzioni furo- no innalzate per separare, dividere, allontanare persone e cul- ture. Altri muri invece sono stati costruiti per ricordare eventi storici che non dovrebbero mai essere dimenticati. Tra i muri più tristemente celebri ricordiamo il Muro di Berli- no, che portò a una divisione della città in due parti: Berlino est e Berlino ovest. Con la guerra fredda i movimenti da Berlino est verso Berlino ovest vennero limitati al massimo proprio at- traverso la costruzione del muro. I lavori iniziarono nella notte QUESTO MESE: Abbattiamoli pag. 3 I muri tra i giovani pag. 4 I muri della fede pag. 5 Vivi e conosci pag. 6-7 The Green Dream pag. 8 Angeli silenziosi pag. 9 1° compleanno de IL perché pag. 10-11 Quinsanero, da bambine a donne pag. 12 Yoga a scuola pag. 13 Amici a quattro zampe pag. 14 Personaggio del mese pag. 15 Dillo con un fiore pag. 16.17 Sportivamente pag. 18-19 Facce da copertina pag. 20-21 IL perché: Cinema pag. 22 Scelta per voi da “Il Perchépag. 23 Scotti e bruciati pag. 24 I muri tra giovani I muri tra giovani I muri tra giovani “I primi a doversi accettare siamo noi” “I primi a doversi accettare siamo noi” “I primi a doversi accettare siamo noi” Tra i ragazzi vi sono sempre più vittime del “muro”… Quando si parla di “muro” s’intende alludere, metaforicamente, alle barriere che spesso vengono innalzate tra i giovani e che non consentono, al più debole, di inserirsi nel gruppo dei pari. Spesso infatti non si viene subito accettati dal gruppo, all’in- terno del quale vi sono delle dinamiche e delle gerarchie che condizionano le decisione degli altri. Sarà il consiglio dei “capi- gruppo” a decidere se accettare o no un nuovo membro, limi- tando così pesantemente la libertà di espressione individuale. Uno dei principali problemi tra i giovani, nel rapportarsi gli

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Giornalino Scolastico gennaio 2013

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pag. 3

n° 9 Febbraio 2013

pag. 4

I MURII MURII MURI COME DIVISIONI SOCIALICOME DIVISIONI SOCIALICOME DIVISIONI SOCIALI

ABBATTIAMOLI!ABBATTIAMOLI!ABBATTIAMOLI! CONTRO TUTTI I TIPI DI MURI CHE CI DIVIDONO!CONTRO TUTTI I TIPI DI MURI CHE CI DIVIDONO!CONTRO TUTTI I TIPI DI MURI CHE CI DIVIDONO! Nel corso della storia umana alcuni muri sono diventati simboli di divisione tra popoli influenzando profondamente il contesto sociale, politico e ambientale in cui sono stati innalzati. Nella maggior parte dei casi il loro significato è negativo. Alcuni muri per fortuna sono stati abbattuti ma il loro ricordo rievoca anco-ra oggi un passato triste e doloroso. Imponenti costruzioni furo-no innalzate per separare, dividere, allontanare persone e cul-ture. Altri muri invece sono stati costruiti per ricordare eventi storici che non dovrebbero mai essere dimenticati. Tra i muri più tristemente celebri ricordiamo il Muro di Berli-no, che portò a una divisione della città in due parti: Berlino est e Berlino ovest. Con la guerra fredda i movimenti da Berlino est verso Berlino ovest vennero limitati al massimo proprio at-traverso la costruzione del muro. I lavori iniziarono nella notte

QUESTO MESE: Abbattiamoli pag. 3 I muri tra i giovani pag. 4 I muri della fede pag. 5 Vivi e conosci pag. 6-7 The Green Dream pag. 8 Angeli silenziosi pag. 9 1° compleanno de IL perché pag. 10-11 Quinsanero, da bambine a donne pag. 12 Yoga a scuola pag. 13 Amici a quattro zampe pag. 14 Personaggio del mese pag. 15 Dillo con un fiore pag. 16.17 Sportivamente pag. 18-19 Facce da copertina pag. 20-21 IL perché: Cinema pag. 22 Scelta per voi da “Il Perché” pag. 23 Scotti e bruciati pag. 24

I muri tra giovaniI muri tra giovaniI muri tra giovani “I primi a doversi accettare siamo noi”“I primi a doversi accettare siamo noi”“I primi a doversi accettare siamo noi”

Tra i ragazzi vi sono sempre più vittime del “muro”… Quando

si parla di “muro” s’intende alludere, metaforicamente, alle

barriere che spesso vengono innalzate tra i giovani e che non

consentono, al più debole, di inserirsi nel gruppo dei pari.

Spesso infatti non si viene subito accettati dal gruppo, all’in-

terno del quale vi sono delle dinamiche e delle gerarchie che

condizionano le decisione degli altri. Sarà il consiglio dei “capi-

gruppo” a decidere se accettare o no un nuovo membro, limi-

tando così pesantemente la libertà di espressione individuale.

Uno dei principali problemi tra i giovani, nel rapportarsi gli

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Pagina 2 IIILLL PERCHE’

Numero 9

Redazione: Daniela Fiorentini (direttore) Silvia Sessa (caporedattore) Bochicchio Alessandra, Caberlon Giorgia,

Caldato Luca, Calisi Luca, Capasso Fabiana, Cappelletto Petra, Carnali Marika, D’Am-brosio Luca, Della Corte Fabio, Di Bella Marika, Di Razza Mirko, Franceschetti Chiara, Guido Giulia, Ianni Noemi, Lusuar-di Andrea, Romani Elisa, Torrao Arianna, (redattori)

Responsabili del Progetto: Prof.ssa Cristiana Angiello

Prof. Claudio Cappelletto (grafica) Collaboratori:

Stefano Trichei Assistenza tecnica:

Mauro Coppotelli

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dal 2002. Per Israele il muro è solo una barriera temporanea di sepa-razione per dividere la West Bank (Cisgiordania) dallo Stato d’Israele allo scopo di prevenire gli at-tentati suicidi palestinesi con-tro i cittadini israeliani. Per i palestinesi invece si tratta di un “muro di apartheid” che li rende prigionieri, all’interno delle proprie terre. Altri celebri muri, che divisero e che dividono ancora, sono la Peaces Line di Belfast, una serie di muri di separazione situati in Irlanda del Nord, costruiti per dividere la comu-nità cattolica da quella protestan-te. E poi c’è il muro messicano che divide la povera Tijuana dalla ricca San Diego o anche la barrie-ra del 38° parallelo che separa la Corea del Nord dalla Corea del Sud. Da ricordare il Muro del pianto,

ovvero l’unica parte rimasta del Tempio di Gerusalemme, distrutto dai Romani e mai più ricostruito. La sua distru-zione ha segnato profondamente il popolo di Israele, rimasto privo di un au-

tentico luogo di culto che rappre-sentava l’unità e la fede degli Ebrei con Dio. I muri che gli uomini hanno innal-zato tra di loro non sono altro che muri mentali, manifestazioni d’in-sicurezza, paura, odio, disprezzo, ignoranza. Tutti questi muri e molti altri sparsi nel mondo sono simboli vergognosi da abbattere.

Ma i veri muri da demolire non sono quelli fatti di mattoni, ce-mento, filo spinato, bensì quelli che offuscano la nostra mente e il

nostro cuore e che non ci consento-no di accogliere il diverso. Sono simbolo di luoghi comuni, di dot-trine errate, di opinioni distorte che molto spesso influenzano la nostra ragione e le nostre idee. I muri mentali sono sinonimo di ignoranza, vanno abbattuti solo aprendosi alle opinioni degli altri, al dialogo, alla possibilità di vive-re esperienze nuove che hanno il potere di ampliare le nostre menti e aprire i nostri cuori. Sono passati moltissimi anni dalla costruzione di alcuni muri, ma quelli della mente hanno radici ancora più antiche, che devono essere sradicate giorno dopo gior-no da ognuno di noi, con la spe-ranza di eliminarne ogni traccia. Tutto ciò dovrebbe partire proprio da noi giovani, dalle nuove gene-razioni che devono impegnarsi seriamente per impedire che que-ste barriere invadano anche i loro pensieri. Noi siamo la vera spe-ranza per il futuro perché tutti possano godere di una libertà au-tentica, spensierata e soprattutto degna di una società civile.

Daniela Fiorentini (3° B P.I.)

ABBATTIAMOLI!ABBATTIAMOLI!ABBATTIAMOLI! CONTRO TUTTI I TIPI DI MURI CHE CI DIVIDONO!CONTRO TUTTI I TIPI DI MURI CHE CI DIVIDONO!CONTRO TUTTI I TIPI DI MURI CHE CI DIVIDONO!

tra il 12 e il 13 agosto del 1961. Il muro, eretto in una sola notte e lungo inizialmente 155 chilome-tri, col passare del tempo venne sempre più perfezionato. Nel 1962 fu creata la cosiddetta “striscia della morte” per rendere impossibile la fuga verso la Ger-mania ovest. Nel 1965 venne co-struita un’ulteriore parte di muro e ancora, nel 1975, venne realiz-zata la “quarta generazione” del muro protetto, nella ”striscia del-la morte”, da recinzioni, trincee anticarro, più di 300 torri di guardia, bunker e una strada continuamente illuminata per il pattugliamento. Nonostante i controlli, si verificarono circa 5000 fughe coronate da successo, 240 morti e molti arrestati. Il muro divise in due la città di Berlino per 28 anni. Bisognerà attendere il 9 novembre 1989 perché il governo tedesco-o r i e n t a l e decreti l'a-pertura del-le frontiere con la Re-p u b b l i c a f e d e r a l e . Nei giorni e nelle setti-mane suc-cessive mi-gliaia di persone con-tribuirono ad abbattere il muro. Ora ciò che ne resta sono solo parti espositive, ormai diventate veri e propri monumenti decorati e variopinti da pitture murali di artisti di tutto il mondo. Da ricordare è anche il muro che divide lo Stato d’Israele dalla Palestina, un altro simbolo della VERGOGNA, costruito a partire

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uni con gli altri, è il soffermarsi su

aspetti puramente esteriori e su-

perficiali, sulla base dei quali si ha

poi la pretesa di giudicare i propri

coetanei. Gli adolescenti cercano

di creare un’immagine di sé che

sia vincente

nel mondo

esterno. A vol-

te neanche

loro la gradi-

scono, ma per

essere accetta-

ti, sono dispo-

sti a indossare

una maschera che li renda graditi

agli altri. Coloro che invece rifiu-

tano di indossare quella maschera

e preferiscono mostrarsi per ciò

che sono realmente, vengono

esclusi, sottovalutati, non conside-

rati, messi in disparte… E per i

ragazzi più fragili questa può es-

sere una condizione molto difficile

da sopportare e da accettare, so-

prattutto nella fase adolescenzia-

le. Anche a scuola, a volte, si veri-

ficano queste situazioni che creano

veri e propri stati di tensione, di

disagio e di solitudi-

ne difficili talora da

confessare.

Ma quali sono le

cause principali alla

base di atteggiamen-

ti discriminatori tra

i ragazzi? Certamen-

te molti muri sono

legati ad aspetti,

come già detto, pu-

ramente esteriori e

superficiali: l’essere alla moda, l’a-

vere un look vincente, l’essere di

aspetto gradevole… Altre cause

potrebbero addirittura radicarsi

all’interno dell’educazione ricevuta

in famiglia; si può discriminare un

compagno per ragioni religiose,

razziali, culturali…Talora solo per-

ché non è di nostro gradimento e

quindi si fa di tutto per emarginar-

lo, prenderlo in giro o comunque

farlo sentire a disagio. Tutto ciò fa

capire chiaramente quanto le per-

sone possano essere superficiali.

Questo avviene perché in molti

prevale l’egoismo, la banalità, l’ar-

roganza di sentirsi migliori degli

altri. Tali atteggiamenti sono spes-

so sollecitati anche dai modelli che

purtroppo, sempre più spesso, la

società ci offre. Oggi tutto è imma-

g ine , e s t e r i o r i tà , f o r za…

esattamente le stesse dinamiche

che troviamo all’interno dei gruppi

e che finiscono per far alzare i mu-

ri. Spesso i giovani si trovano da-

vanti a queste

situazioni, dal-

le quali non è

facile uscirne

da soli ma si

dovrebbe chie-

dere aiuto.

Alcuni decido-

no di prendere

altre strade, purtroppo spesso sba-

gliate. Se si è fortunati e abba-

stanza saldi per reagire, ci si rivol-

ge ad altre amicizie, più sane e

adatte a noi. Per i più deboli la

soluzione al problema può rivelar-

si complicata, difficile, ardua a tal

punto da lasciarsi andare.... Molti

ragazzi sembrano solo apparente-

mente forti, ma in realtà sono fra-

gili, incapaci di abbattere quei

muri che albergano soprattutto

nel loro animo. I primi a doversi

accettare siamo noi, ognuno nella

propria originale unicità! Abban-

doniamo la maschera pirandellia-

na, abbattiamo i muri dell’ipocri-

sia! Solo allora saremo davvero noi

stessi!

Chiara Franceschetti & Fabiana Capasso (4°G Chi.)

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I muri tra giovaniI muri tra giovaniI muri tra giovani “I primi a doversi accettare siamo noi”“I primi a doversi accettare siamo noi”“I primi a doversi accettare siamo noi”

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Asia Bibi è una donna cristiana cattolica condannata a morte in Pakistan con l'accusa di aver offeso il profeta islamico Maometto. La sentenza è stata emessa nel 2010. In Pakistan la blasfemia è un reato punibile con la condanna a morte. La vicenda risale al giugno 2009 quando ad Asia Bibi, una lavoratri-ce agricola, viene chiesto di andare a prendere dell'acqua. A quel punto un gruppo di donne musulmane l'avrebbe respinta sostenendo che lei, in quanto cristiana, non avrebbe dovuto toccare il recipiente e si sono quindi rivolte alle autorità soste-nendo che lei nella discussione avrebbe offeso Maometto. Asia Bibi, picchiata, chiusa in uno stanzino, stuprata, infine arrestata pochi giorni dopo nel villaggio di Ittan-walai, ha negato le accuse e ha re-plicato di essere perseguitata e di-scriminata a causa del suo credo religioso. Noi de Il Perché vogliamo riporta-re la lettera che Asia Bibi ha scrit-to dal carcere, nella speranza che la sua voce possa essere ascoltata e che la giustizia umana impedisca che nel 2013 si possa ancora morire per il proprio credo religioso. “Se mi convertissi sarei libera, pre-ferisco morire cristiana. Scrivo da una cella senza finestre Mi chiamo Asia Noreen Bibi. Scrivo agli uomini e alle donne di buona volontà dalla mia cella senza fine-stre, nel modulo d’isolamento della prigione di Sheikhupura, in Paki-stan, e non so se leggerete mai que-sta lettera. Sono rinchiusa qui dal giugno del 2009. Sono stata con-dannata a morte mediante im-piccagione per blasfemia contro il profeta Maometto. Dio sa che è una sentenza ingiusta e che il mio unico delitto, in questo mio grande Paese che amo tanto, è di essere cattolica. Non so se queste parole usciranno da questa prigio-ne. Se il Signore misericordioso vuo-le che ciò avvenga, chiedo agli spa-gnoli (il 15 dicembre, il marito di Asia ritirerà a Madrid il premio

I muri della I muri della I muri della fedefedefede Cristiani perseguitatiCristiani perseguitatiCristiani perseguitati

dell’associazione HazteOir, ndr) di pregare per me e intercedere presso il presidente del mio bellissimo Paese affinché io possa recuperare la libertà e tornare dalla mia famiglia che mi manca tanto. Sono sposata con un uo-mo buono che si chiama Ashiq Masih. Abbiamo cinque figli, benedizione del cielo: un maschio, Imran, e quattro ra-gazze, Nasima, Isha, Sidra e la pic-cola Isham. Voglio soltanto tornare da loro, vedere il loro sorriso e riportare la serenità. Stanno soffrendo a causa mia, perché sanno che sono in prigione senza giustizia. E temono per la mia vita. Un giudice, l’onorevole Naveed Iqbal, un giorno è entrato nella mia cella e, dopo avermi condannata a una morte orribile, mi ha offerto la revoca della sentenza se mi fossi convertita

all’islam. Io l’ho ringraziato di cuore per la sua proposta, ma gli ho risposto con tutta onestà che preferisco morire da cristiana che uscire dal carcere da musulmana. «Sono stata condannata perché cristiana – gli ho detto –. Credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per Lui». Due uomini giusti sono stati assassi-nati per aver chiesto per me giustizia e libertà. Il loro destino mi tormenta il cuore. Salman Taseer, governatore della mia regione, il Punjab, venne assassinato il 4 gennaio 2011 da un membro della sua scorta, semplice-mente perché aveva chiesto al governo che fossi rilasciata e perché si era op-

posto alla legge sulla blasfemia in vigore in Pakistan. Due mesi dopo un ministro del governo nazionale, Shahbaz Bhatti, cristiano come me, fu ucciso per lo stesso motivo. Circon-darono la sua auto e gli spararono con ferocia. Mi chiedo quante altre persone debbano morire a causa della giustizia. Prego in ogni momento per-ché Dio misericordioso illumini il giudizio delle nostre autorità e le leg-gi ristabiliscano l’antica armonia che ha sempre regnato fra persone di dif-ferenti religioni nel mio grande Paese. Gesù, nostro Signore e Salvatore, ci ama come esseri liberi e credo che la libertà di coscienza sia uno dei tesori più preziosi che il nostro Creatore ci ha dato, un tesoro che dobbiamo pro-teggere. Ho provato una grande emo-zione quando ho saputo che il Santo Padre Benedetto XVI era intervenuto a mio favore. Dio mi permetta di vive-re abbastanza per andare in pellegri-naggio fino a Roma e, se possibile, ringraziarlo personalmente. Penso alla mia famiglia, lo faccio in ogni momento. Vivo con il ricordo di mio marito e dei miei figli e chiedo a Dio misericordioso che mi permetta di tornare da loro. Amico o amica a cui scrivo, non so se questa lettera ti giungerà mai. Ma se accadrà, ricor-dati che ci sono persone nel mondo che sono perseguitate a causa della loro fede e – se puoi – prega il Signore per noi e scrivi al presidente del Paki-stan per chiedergli che mi faccia ri-tornare dai miei familiari. Se leggi questa lettera, è perché Dio lo avrà reso possibile. Lui, che è buono e giu-sto, ti colmi con la sua Grazia”. Asia Noreeen Bibi - Prigione di Sheikhupura, Pakistan Per non dimenticare Asia e quanti cristiani ogni giorno soffrono o muoio-no a causa della propria fede, dome-nica 24 marzo in occasione della Giornata di digiuno e di preghie-ra per i martiri missionari, alle ore 20,30 le campane di tutte le chiese della diocesi di Latina-Terracina-Sezze–Priverno suone-ranno a festa.

ILILIL PERCHE’

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VIVI E CONOSCIVIVI E CONOSCIVIVI E CONOSCI Idrovore Idrovore Idrovore --- Localita’� “Mazzocchio” Localita’� “Mazzocchio” Localita’� “Mazzocchio” --- PontiniaPontiniaPontinia

Il progetto VIVI E CONOSCI continua. Presso il Semiconvitto del nostro Istituto va avanti il corso ideato e organizzato dall’e-ducatrice, Giovanna Mulè. Esso si propone di creare una concreta relazione tra i ragazzi del Semi-convitto e le varie realtà del Ter-ritorio pontino. Attraverso un ci-clo di lezioni informative, gli stu-denti vengono via via preparati ad affrontare, in modo consapevo-le, le diverse visite sul Ter-ritorio. Questa volta è toc-cato alle idrovore dello sta-bilimento di Pontinia, loca-lità Mazzocchio. Il 4 dicem-bre 2012, arrivati in loco, abbiamo incontrato la no-stra guida che ci ha subito introdotto a comprendere la funzionalità di queste ‘’macchine’’: si tratta di un impianto attivo ininterrot-tamente tutto l’anno! Qui l’acqua, che proviene dalle sorgenti natu-rali (Sermoneta e Terracina), de-ve essere sollevata e trasferita, per superare il dislivello di 2 me-tri s.l.m. In totale esistono 22 impianti idrovori, ma quello che abbiamo visitato noi è il più importante e grande. Si trova a una distanza di circa 22 km dal mare e utilizza 6

pompe. L’impianto venne ideato nel gennaio del 1934, costruito in soli 10 mesi e inaugurato il 19 dicembre dello stesso anno. Gra-zie al suo corretto funzionamento è possibile prosciugare circa 10mila ettari di terreno che, altri-menti, tornerebbero a vivere nello stato di palude. Gli effetti impres-sionanti di un simile malfunzio-namento sono già stati vissuti negli ultimi anni della guerra,

quando l'esercito tedesco, per al-largare il fronte e mettere in diffi-coltà lo sbarco delle truppe statu-nitensi, optò proprio per il blocco delle 6 pompe dell'impianto di Mazzocchio, con effetti devastanti per il Territorio. L’idrovora è composta da una ba-se, una parte motoristica e dalle eliche. Al momento della sua inaugurazione, nel 1934, era la

pompa ad elica più potente d'Euro-pa. A pieno regime poteva pompa-re fino a 42.000 litri d'acqua al secondo, a una profondità di 2,5 m. CGE è la ditta appaltatrice della parte elettrica mentre RIVA è quella appaltatrice della parte meccanica. Ogni pompa ha una potenza di 560 cavalli. In totale tutti i 22 impianti hanno una po-tenza di 10.170 cavalli, quindi l’impianto di Mazzocchio ne rap-presenta il 40%. Ogni pompa solle-va 6000 litri al secondo e ha un funzionamento automatico, attra-verso il galleggiante, o manuale, attuato dall’idrovorista, ovvero l’addetto tecnico all’impianto. D’e-state funziona una sola pompa, per 7-8 ore al giorno, mentre nel periodo invernale sono in funzione anche tutte e sei le pompe contem-poraneamente. Il canale che de-fluisce le acque all’impianto si chiama Canale Selcella ed è lun-go 19 Km. Subito prima dell’im-

pianto, abbiamo notato, sulla riva del corso d’ac-qua, lo sgrigliatore, un grande raccoglitore rastrel-latore che ha il compito di pulire il canale da alghe, canne e altri tipi di residui. La fauna che abbiamo os-servato è costituita da vari tipi di pesci come carpe e tinche, ma anche da vongo-le, nutrie etc… In origine

le idrovore dello stabilimento era-no ben sette ma in seguito alla seconda guerra mondiale, i tede-schi rubarono tutte le pompe e le portarono in Germania. Nel 1947 le pompe furono ritrovate al confi-ne con l’Austria, ma sei e non più sette!

Fabio Della Corte (4°B Agr.)

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E via di nuovo in tour per l’Agro Pontino! 14 dicembre 2012, que-

sta volta con destinazione Cister-

na: Museo Palazzo Caetani. Ad attenderci c’era una giovane guida, che ci ha accompagnato per

tutto il nostro percorso all’interno

del museo. Il Palazzo Caetani si può definire un sintetismo cinque-centesco. Dopo la seconda guerra

mondiale, molto del Palazzo è sta-

to distrutto e perso e molti pezzi si trovano oggi a Latina. La nostra visita si è focalizzata principal-

mente sul museo del buttero. Pri-ma però abbiamo fatto una breve

visita al resto del com-plesso che è diviso in 2

parti: sala del buttero e arte contemporanea. Abbiamo visitato diverse stanze, affrescate con bellissime raffigurazioni,

delle quali oggi si posso-no ammirare solo i resti.

Abbiamo appreso anche un po’ della storia di Ci- ILILIL PERCHE’

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VIVI E CONOSCIVIVI E CONOSCIVIVI E CONOSCI Complesso monumentale Museo Palazzo Caetani Complesso monumentale Museo Palazzo Caetani Complesso monumentale Museo Palazzo Caetani

Famiglia Frangipane (Cisterna di Latina)

sterna e scoperto ad esempio che il suo nome è dovuto al fatto che

in antichità vi erano tre cisterne importanti che raccoglie-

vano le acque e le distri-buivano nel territorio. Sia-

mo quindi giunti al Mu-seo del Buttero.

Ma chi era il Buttero? … La nostra guida ci ha spie-

gato che si trattava dell’uomo che attraversa-

va la palude con il marem-mano. Era un mandriano

che si prendeva cura degli animali, li assisteva ed era attento a non perderli,

in caso fosse accaduto, si proponeva di recuperarli.

Il buttero era una persona burbe-ra, che sapeva dove portare a pa-

scolare gli animali in una situa-zione al quanto difficile a quei

tempi. Cisterna è stata anche la “patria

dei butteri”!

Profilo aquilino con indosso un cappello a cencio ed un mantello

di saio, il buttero era un rude mandriano temprato dalle avver-

sità atmosferiche e dalla malaria che quotidianamente mieteva vit-

time. Ma era anche un ardito cavaliere e un au-

dace domatore. Proprio come lo era Augu-

sto Imperiali, l'eroe di tutti i butteri. Buttero

della Casata Caetani, “Augustarello” (ogni but-tero aveva un soprannome

o nomignolo e questo era quello di Augusto Impe-

riali) fu il protagonista della cele-bre sfida contro il leggendario

Buffalo Bill e i suoi cowboys del-lo spettacolo itinerante "Wild

West Show" del febbraio 1890.

I due si sfidarono, dimostrando la loro abilità di domatori. Il con-fronto avvenne l'8 marzo 1890. Di

fronte ad un foltissimo pubblico, la vittoria andò al buttero cister-

nese, Augusto Imperiali!

Fabio Della Corte (4°B Agr.)

Palazzo Caetani   

(Cisterna di Latina) 

Augusto Imperiali 

Statua del Buttero 

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Le visite didattiche effettuate il 16 novembre scorso al cimitero inglese di Beach Head e ai Giardi-ni della Landriana nei pressi di Nettuno, con alcune classi del no-stro istituto, presentano come obiettivo l’immersione nella sto-ria, nella cultura e nel pensiero inglese. Attraverso di esse siamo riusciti infatti a concentrarci sull’atten-zione e l’accuratezza che gli ingle-si dedicano alla relazione con la natura. Osservando i giardini del-la Landriana, ideati e curati dal famoso architetto paesag-gista inglese Russell Page ne-gli anni ‘50, possiamo vedere vari spazi, ognuno caratteriz-zato da cocktail di colori che rendono il paesaggio incantato tra piante mediterranee, au-straliane ed esotiche. In questi giardini notiamo co-me la natura venga lasciata libera di espandersi ma allo stesso tempo,”guidata” per suscitare una sensazione di ordine: è lo stile inglese di landscape architecture, l’architet-tura del paesaggio. Nella zona inferiore troviamo un laghetto artificiale che crea l’illu-sione di trovarsi in ambienti tipi-camente inglesi; come del resto è la sensazione che ci trasmette il cimitero inglese situato lì presso, in cui troviamo sepolte 2.312 per-sone tra soldati e colonnelli di va-rie nazionalità del Commonwealth – l’organizzazione internazionale delle ex colonie britanniche - quali canadesi, neozelandesi , australia-ni, inglesi e americani. Entrare nel cimitero è stato quasi come entrare in un altro mondo. Sono stato subito colpito dalla di-sposizione delle lapidi, che sem-bravano spostarsi per creare un corridoio dietro all’altare centrale; questa sorta di “navata” puntava ad un’imponente croce di marmo circondata da ghirlande. Il contra-sto fra il bianco acceso delle lapidi e il verde dell’erba, reso brillante dalla brina mattutina, rendevano l’atmosfera surreale. Come ulte-

riore macchia di colore, spuntava-no qua e là papaveri di plastica, di un vivace color rosso. Ciò che colpisce di questo cimitero inglese è la grazia con cui viene curato dal punto di vista estetico; esso presenta un prato sempre ver-de e ben tagliato avvolto da piante e fiori ornamentali che affiorano tra le fogliose pensiline e i pergola-ti che attraversano il cimitero. Un altro elemento che sicuramente suscita attenzione è la giovane età - da un minimo di 18 anni ad un

massimo di 24 - delle persone lì sepolte. In fondo ad esso troviamo una grande croce ai piedi della quale erano deposte delle ghirlan-de di papaveri di plastica, simbolo del Remembrance Day celebrato, come ogni anno, l’11 di novembre per ricordare inizialmente la fine formale delle ostilità della Prima Guerra Mondiale e in seguito tutti i soldati. Le ghirlande di papaveri vengono utilizzate come simbolo del Re-membrance Day perché sono citate nella poesia scritta dal colonnello canadese John McCrae In Flanders Fields in memoria della morte del suo amico e commilitone Alexis Helmer; inoltre il loro colore rosso ricorda il sangue versato dai solda-ti durante la Prima Guerra Mon-diale ed essi erano i fiori che sboc-ciavano più numerosi nei campi di battaglia delle Fiandre, dove ebbe-ro luogo sanguinosi scontri più del conflitto. Sulle lapidi troviamo delle frasi molto significative; quella che mi è piaciuta di più è stata: His presen-

ce we miss, his memorial we che-rish, ovvero “La sua presenza ci manca, in sua memoria lo ricorde-remo”. Queste semplici parole ci fanno capire quanto sia stata du-ra la guerra e quante persone sia-no state strappate dalle loro vite per proteggere la patria. Inoltre una frase ancor più bella e signifi-cativa è quella scolpita sull’altare posto davanti all’ingresso del ci-mitero, sul quale leggiamo: Their name liveth for evermore, ossia “Il loro nome vivrà per sempre”; que-

sta frase racchiude tutta l’im-portanza dei caduti in guerra e la certezza che il loro ricordo rimarrà vivo in eterno. Alla Landriana, gli infiniti ac-coppiamenti fra piante diverse mi hanno colpito molto perché mi hanno fatto capire quanto possa essere bella e interes-sante la natura e soprattutto mi hanno fatto riflettere sul fatto che non esistono più luo-ghi belli e curati come i Giardi-ni della Landriana e che quin-

di stiamo perdendo uno dei beni più preziosi che abbiamo: il con-tatto e quindi l’amore per la natu-ra. Russell Page è riuscito – attraver-so la propria sensibilità artistica, visto che era anche un pittore – a trasformare i giardini in un Bosco Incantato, con il fine di inebriare l’uomo dei suoi stessi averi. I giar-dini rimasti nel mio cuore sono quelli inglesi, pieni d’atmosfera e di colori vivaci, lì dove la natura non presenta un intervento “invasivo” dell’uomo, bensì viene lasciata libera di esprimersi e solo “aiutata” a risaltare in tutto il suo rigoglio. Le visite d’istruzione sono state una guida ad una più profonda comprensione della cultura anglo-sassone ed un’esperienza formati-va sia a livello mentale che a livel-lo spirituale.

Miriana Alonzi Vladimir Gurov Alessio Pernite

5° F Professionale Chimico

IIILLL PERCHE’

Pagina 8 Numero 9

“““The Green Dream…”The Green Dream…”The Green Dream…” l’Inghilterra dietro l’angolol’Inghilterra dietro l’angolol’Inghilterra dietro l’angolo

Page 9: Giornalino gennaio 2013

IIILLL PERCHE’

Numero 9

Pagina 9

Ci rendiamo conto di alcune realtà che ci circondano, solo quando le viviamo in prima persona. È pro-prio per questo motivo che, nel mese di Gennaio, noi - de Il Per-ché - abbiamo cercato di avvici-narci a un mondo estraneo ai più, quello dei "senzatetto".

Ci siamo infatti recati presso due dormitori presenti nella provincia di Latina. Entrambi dispongono di vari posti letto ma sono preposti a funzioni diverse l’uno dall’altro.

Il primo, in via Via Aspromonte, alle spalle del Palazzetto dello Sport, conta 21 posti letto, più 4 in caso di emergenza; il secondo, in via Bassianese, dispone di 65 po-sti letto. Parlando con gli operato-ri e visitando i luoghi, abbiamo compreso il motivo di tale notevole differenza nel numero delle dispo-nibilità. Il primo dormitorio ospita solamente casi inviati dal Servi-zio Sociale del Comune di Lati-na, i vari soggetti vengono aiutati a inserirsi nella maniera migliore nel contesto sociale; il secondo dormitorio invece è aperto pratica-mente a chiunque non abbia un posto dove trascorrere la notte. Purtroppo la maggior parte dei casi non è di facile gestione. Circa il 50-60% dei “senzatetto” sono alcolisti, per questo motivo all'in-terno dei centri vigono rigide leggi che sono però alla base di una buona convivenza civile: niente sostanze stupefacenti, alcol e armi di qualsiasi tipo, pena l'espulsio-ne. Un assistente sociale, nel pri-mo dormitorio, ci ha spiegato co-me all'entrata dell'edificio venga sempre richiesto di svuotare il borsone o qualsiasi contenitore.

Tale prassi dà modo di eseguire un primo controllo visivo, necessa-rio a garantire a tutti adeguate condizioni di sicurezza all’interno del dormitorio. Va anche detto che al personale non compete eseguire alcun tipo di “perquisizione”. Per la sicurezza di tutti inoltre, i locali esterni e interni ai dormitori, escluse ovviamente le zone desti-nate al riposo e i bagni, sono mu-niti di videocamere di sorveglian-za. Ogni giorno viene anche comu-nicata alla Polizia di Stato l'i-dentità dei nuovi residenti, a tute-la degli ospiti e degli assistenti.

La differenza basilare tra il dormi-torio di Via Aspromonte e quello di via Bassianese è che il primo è collocato all'interno di un edificio, mentre il secondo è costituito da tende internamente riscaldate, fornite dalla Protezione Civile. Essendo il pri-mo situato all'interno di una struttura fissa, l'ambiente risulta certa-mente più caldo e curato: sala di ritrovo con tavo-lo, lavatoio dove poter detergere a turno i propri indumenti, doc-ce (obbligatorio il loro utilizzo all'entrata), ar-madietto perso-nale e dormitori separati da ten-de. In entrambi i centri abbiamo riscontrato però alcuni elementi comuni, come il fatto che i posti letto delle donne siano separati da quelli degli uomini e che la prima colazione sia fornita agli ospiti tutti i giorni.

La tristezza che si prova nell'en-trare in questi centri è davvero grande, soprattutto per chi, come noi, è abituato ad avere tutto. So-prattutto vedere persone anziane, costrette a usufruire di questo lo-devole servizio, trasmette un sen-

so di profonda e umana pietà. E' proprio questo però che spinge e motiva le persone che operano all'interno di tali dormitori.

Il pur breve contatto avuto con lo-ro, ci ha resi consapevoli di cosa accomuni tutti, assistenti, opera-tori e volontari: una grande di-sponibilità e un’incredibile forza di volontà. Doti queste che andrebbe-ro riconosciute come eroiche. Noi, de Il Perchè, siamo rimasti im-pressionati da tutte le persone che abbiamo incontrato in queste strut-ture ma soprattutto dalla “nostra” Giulia Fusti. Dico “nostra” perché si tratta di una studentessa del San Benedetto, che frequenta il 5°D Chimico. L’abbiamo trovata lì per caso, senza sapere che da tem-po Giulia opera come volontaria all’interno del dormitorio. Una ra-gazza come noi, ma che a differen-

za di molti di noi, pone parte del pro-prio tempo al servi-zio dell’altro.

Sono tanti gli “angeli silenziosi”, i volontari che s’im-pegnano ad aiutare il prossimo, celati dalla discrezione e dall'o-scurità delle nostre ombre egoiste. Par-liamo di Terzo Mon-do e di povertà come di un qualcosa a noi distante ed estranea. Doniamo soldi ad associazioni che ope-rano in paesi lontani

centinaia di chilometri da noi, ma non siamo capaci di vedere tutta la povertà e il bisogno che quotidiana-mente ci circonda. Persone che, a un passo da noi, non hanno nem-meno la sicurezza di un pasto caldo domani…

Vogliamo ringraziare tutti gli an-geli silenziosi che con coraggio, discrezione e spirito caritatevole, si adoperano per alleviare il disagio dei meno fortunati.

Luca Calisi e Mirko Di Razza (4°G Chi.)

AngeliAngeliAngeli silenziosisilenziosisilenziosi Volontariato e solidarieta’Volontariato e solidarieta’Volontariato e solidarieta’

Page 10: Giornalino gennaio 2013

1°1°1° Compleanno del Compleanno del Compleanno del

Numero 9 Pagina 10 IIILLL PERCHE’

portati avanti nell’I.I.S. San Bene-

detto con interviste a docenti e

studenti coinvolti nelle varie atti-

vità. Attraverso rubriche fisse,

sono stati valorizzati i talenti dei

nostri ragazzi nei campi più sva-

riati: sport, musica, canto…

Il palato ha avuto soddisfazione

nella rubrica “Scotti e bruciati” e

anche gli amanti di

piante e animali

troveranno, a parti-

re da questo mese,

la loro pagina spe-

ciale. E ancora tro-

verete una rubrica

dedicata al cinema,

Il Perché: cinema, che vi consi-

glierà film di qualità, scelti in li-

nea con gli argomenti via via af-

frontati.

Tanto il lavoro ma tante le soddi-

sfazioni, arrivate soprattutto dal

calore dei ragazzi e dall’entusia-

smo con il quale si sono tuffati

nell’avventura de Il Perché. I no-

stri giornalisti hanno saputo fare

proprio un bellissimo progetto,

Il 18 gennaio 2013 Il Perché ha

spento la sua prima candelina!

I ragazzi della Redazione si sono

ritrovati per festeggiare, insieme

ai professori responsabili del Pro-

getto, prof.ssa Cristiana Angiel-

lo e prof.re Claudio Cappellet-

to, questo importante traguardo,

segnato da tanta fatica ma soprat-

tutto costellato da molte soddisfa-

zioni. Erano presenti il prof.re

Stefano Trichei, preziosissimo

collaboratore de Il Perché, ovvia-

mente il Dirigente Scolastico,

prof.re ing. Nicola Di Battista,

nonché il prof.re Enzo Dapit,

Collaboratore della presidenza, e

la dott.ssa Patrizia Peruzzi,

DSGA.

Di fronte a un’ottima torta e a un

frizzante bicchiere di spumante, si

è fatto un bilancio del lavoro svolto

a partire dal 18 gennaio 2012: ca-

denza mensile, 8 numeri di circa

28 pagine ognuno, più un numero

speciale in occasione dell’occupa-

zione studentesca dell’Istituto del

mese di novembre 2013. Grande

varietà di argomenti affrontati:

tematiche giovanili, ambientali,

sociali, storico-politiche…

Sono stati curati tutti i Progetti

dimostrando capacità collaborati-

ve, senso critico e notevoli doti re-

lazionali.

Il Perché ha dato inoltre modo di

scoprire i talenti speciali del San

Benedetto: coloro che, tra studenti

e docenti, operano nel sociale e

prestano la propria umanità al

servizio dell’altro. Proprio in que-

sto momento di bilanci, vogliamo

ricordare i nomi di colore che Il

Perché ha portato alla luce…

Classe 5°E Tcb, anno scolastico

2011/2012: i ragazzi hanno dedica-

to un intero sabato pomeriggio di

novembre a servire pasti caldi

presso la Mensa di Sant’Egidio

a Roma;

Stefano Romani, 5° C Agrario,

esperienza di volontariato in Alba-

nia, estate 2012;

Domenico Grossi, 5° B Agrario,

esperienza di volontariato presso

l’Ospedale Cottolengo di Torino,

estate 2012;

Gruppo della Redazione de Il

Perché, esperienza di solidarietà

in Albania e consegna del contri-

buto raccolto tra studenti, docenti

Page 11: Giornalino gennaio 2013

IIILLL PERCHE’

Numero 9 Pagina 11

e benefattori esterni;

Giulia Fusti, 5°D Chi., volon-

taria presso il dormitorio per

senzatetto di Latina.

Cogliamo l’occasione per ricor-

dare anche l’opera e i meriti di

alcuni professori del San Bene-

detto. Il prof. Stefano Trichei

che da 14 anni è impegnato co-

me volontario in Albania dove

opera presso l’Istituto per por-

tatori di handicap di Durazzo,

vari Orfanotrofi della stessa

città e realtà difficili in villaggi

limitrofi. Il prof Trichei ogni

estate, con un gruppo di volon-

tari di età compresa tra i 16 e i

70 anni, trascorre un mese in

Albania tra i sorrisi di gratitudi-

ne di chi ogni anno lo aspetta.

La prof.ssa Marina Bellia che,

a Roma in data 8 gennaio 2013, è

stata tra le 76 donne premiate

per l’impegno dimostrato in am-

bito lavorativo. Le eccellenze

appartenevano ai più svariati

ambiti professionali: università,

moda, mondo cattolico, arte, cul-

tura, associazionismo… la nostra

collega, prof.ssa Bellia, è stata

riconosciuta tra le eccellenze

nell’ambito dell’associazionismo

dimostrando, assieme alle altre

premiate, che quella di oggi è

una donna dinamica, capace di

conciliare gli impegni quotidiani

con la propria attività lavorati-

va.

Il Perché è anche questo: sco-

prire e valorizzare i meriti di chi

lo merita.

Ringraziamo il Dirigente per le

parole di stima e di incoraggia-

mento pronunciate nei nostri

confronti, la Vicepresidenza,

per la disponibilità dimostrata

sempre verso gli impegni extra

aula dei nostri redattori. Un

ringraziamento va anche alla

collaboratrice della presidenza,

prof.ssa Pina Cochi che, seb-

bene assente per impegni inde-

rogabili, ha fatto comunque per-

venire la propria stima e ap-

prezzamento per il lavoro de Il

Perché.

Cogliamo l’occasione per ringra-

ziare tutti i colleghi per la dispo-

nibilità dimostrata a lasciare

uscire dall’aula i nostri giornali-

sti e ci scusiamo per gli eventua-

li disagi. In particolare però il

nostro grazie va al prof.re Pie-

ro Lergetporer che, fin dall’i-

nizio della nostra avventura, ci

ha sostenuto e incoraggiato.

Ringraziamo anche il Sig. Mau-

ro Coppotelli per la preziosa

collaborazione.

Noi, de Il Perché, continueremo

a lavorare con sempre più cre-

scente entusiasmo!

1°1°1° Compleanno del Compleanno del Compleanno del

ILILIL PERCHE’

Prof.re Stefano Trichei 

Prof.ssa Marina Bellia 

Page 12: Giornalino gennaio 2013

Numero 9 Pagina 12

QuinsaneroQuinsaneroQuinsanero DaDaDa bambinebambinebambine a a a donne donne donne

IIILLL PERCHE’

In Sud America c’è una tradizione

molto antica la cui origine è ancora

sconosciuta: il Quinsañero. È una

festa per tutte le ragazze che com-

piono 15 anni e che celebrano così il

passaggio dal mondo di bambine a

quello di donne. Cos’ha di speciale

il Quinsañero? Innanzi tutto le

ragazze indossano un abito bellissi-

mo, lungo o corto, e tacchi. La pre-

parazione alla festa è molto artico-

lata: il giorno prima si va a fare la

manicure e si sceglie per le unghie

un colore adatto a quello del vesti-

to. Quindi si va dal parrucchiere

per farsi fare una bella pettinatura,

rifinita anche da una stupenda co-

roncina.

La mia mamma è sud americana,

quindi io mi reco in Perù all’incirca

ogni 5 anni. Quest’anno è il mio

quindicesimo compleanno, dunque

sono stata io la Quinsañera!

È stata una bellissima esperienza!

Sono tanti i momenti indimentica-

bili del Quinsañero. Innanzitutto

ci deve essere una dama “aiutante

della Quinsañera” che la assiste

nell’uscita dall’auto. Il ballo uffi-

ciale della festa è il Valzer ed io ho

dovuto impararlo in occasione del

mio Quinsañero. Proprio il ballo

è un aspetto fondamentale della

festa: è prevista una coreografia

con 5 ragazzi bellissimi ma solo

uno di loro sarà il così detto

Ciambellano, cioè colui che ac-

compagnerà la Quinsañera per

tutta la festa e che la scorterà tra

un tavolo e l’altro. È la Quin-

sañera inoltre che, con un piccolo

cenno, autorizza le altre coppie a

ballare.

Anche la scelta del Ciambellano

avviene in modo particolare: un

po’ come accade nei matrimoni, la

festeggiata, a metà festa, lancia il

suo bouquet verso i 5 ragazzi, chi

di loro lo afferra, diventa il suo

Ciambellano.

Il Quinsañero si festeggia diver-

samente di paese in paese. In Pe-

rù abbiamo l’Ora Loca: è un mo-

mento molto vivace della festa,

esso dura 55 minuti e vede la pre-

senza di pagliacci che lanciano

coriandoli e creano un vero e pro-

prio scompiglio.

Questa è una bellissima tradizio-

ne Sudamericana che manca in

Italia dove si festeggiano solo i 18

anni. Io mi sento molto onorata

della festa che mi è stata riserva-

ta a dicembre in Perù. Inoltre ho

ricevuto molti regali e ascoltato

tanti bei discorsi dai miei zii che

mi hanno dato consigli utili e di-

mostrato infinito affetto. Il regalo

più bello per me è stato il “mi

Quinseaños”, ovvero il mio al-

bum di fotografie con i momenti

più emozionanti del mio Quin-

sañero.

Questa esperienza meravigliosa

rimarrà per sempre indelebile nel

mio cuore…

Arianna Herrera Torrao (1°B Tc)

Page 13: Giornalino gennaio 2013

IIILLL PERCHE’

Numero 9 Pagina 13

Da circa un mese, nella palestra del nostro Istituto, ha avuto inizio un corso settimanale di Yoga po-meridiano, gratuito, tenuto dal prof Salvatore Spataro ogni lunedì pomeriggio. Noi della Reda-zione de Il Perchè, ovviamente incuriositi, ci siamo subito iscritti per vedere di cosa si trattasse. La prima cosa che abbiamo fatto però è stata quella di capire in cosa consistesse di preciso lo Yo-ga? Ci è venuto in soc-corso il prof Spata-ro che ci ha dato molte delucidazio-ni: “Lo Yoga è una disciplina costitui-ta da un insieme di insegnamenti teori-ci e tecniche prati-che. Pur nella loro diversità, esse han-no, per il pratican-te, un obiettivo principale: svilup-pare la capacità di ricercare ed essere se stessi quanto più profon-damente possibile, esprimendo il massimo delle proprie possibilità e fornendo la risposta più adeguata nelle varie situazioni della vita. Lo Yoga permette di conoscersi davve-ro e insegna a gestire al meglio le

proprie emozioni”. “Per praticare lo Yoga - ci spiega an-cora il prof Spataro - bisogna innanzi-tutto avere una forte apertura mentale e ed essere disponibili al cambiamento. Pertanto può essere considerato un me-todo educativo per lo sviluppo di una personalità equili-

brata e armoniosa, uno strumento al servizio di un’educazione evolu-tiva, che consenta di affrontare al meglio il presente e il futuro, facen-do tesoro dell’esperienza del passa-to. Lo Yoga è scuola di se stessi e di vita. Costituisce un percorso utile a fornire un metodo, un atteggiamen-to per affrontare qualsiasi situazio-ne e crescere, trovando di fronte le

difficoltà, la rispo-sta migliore proprio in se stessi. Lo Yoga mira a ricostruire un nuovo equili-brio, al mutare del-le situazioni e a realizzare appieno le proprie potenzia-lità. È proprio questo il motivo che ha spin-

to il professor Spataro ad avvici-narsi allo Yoga; in un particolare momento della sua vita egli ha sentito forte l’esigenza di ritrovare un benessere fisico e psicologico e lo Yoga è stata la risposta giusta. Il professore inoltre si è spinto per-fino a diventare lui stesso inse-gnante della disciplina ed ora sono ben ventisei anni che è maestro di Yoga! Abbiamo quindi cercato di capire quali siano le principali tecniche e pratiche utilizzate nella disciplina

ed eccole a voi! -Tecniche di respirazione, con le quali si impara a respirare cor-rettamente e a rifornirsi di un’a-deguata quantità di aria e di energia; si apprende a distingue-re le differenti funzioni della re-spirazione toracica (tonificante) e di quella addominale (rilassante). Il respiro lento e profondo, infine, influisce positivamente sulla tranquillità emotiva e mentale. -Posizioni, grazie alle quali si migliora l’equilibrio psico-fisico e si ottiene scioltezza, forza e legge-rezza. Tramite la loro pratica, di norma organizzate in sequenze, si apprendono anche le corrette po-sture (in piedi e seduti). -Rilassamento, che è la parte principale della disciplina dello Yoga. In questa fase gli organi stressati trovano benefico riposo e il sistema di autoregolazione energetico, se alterato dalle ten-sioni, ripristina un armonioso funzionamento; si apprende come usare il minimo delle forze e quindi della tensione, necessaria per ogni diversa attività. -Abitudini salutari e igiene, si apprendono consigli utili circa l’esposizione al sole, che fatta con moderazione e controllo, l’idrata-zione dell’organismo e soprattutto si apprende come far riposare l’or-ganismo, se si è sottoposti a un elevato stress fisico o mentale. Noi, della Redazione de Il Per-ché, abbiamo sperimentato alcu-ne lezioni di Yoga. E ci siamo tro-vate molto bene! Sentiamo di averne tratto sensibili benefici sia fisici che mentali e speriamo viva-mente che la disciplina si diffonda anche tra noi giovani. Il referente del Progetto Yoga, presso il San Benedetto, è il prof Leonardo Rizzo .

Alessandra Bochicchio (4°E Agr.)

prof Leonardo Rizzo informa-zioni e delucidazioni, contattan-d o l o a n c h e a l n u m e r o 334-6269434

Prof. Salvatore Spataro 

YogaYogaYoga a scuolaa scuolaa scuola

Page 14: Giornalino gennaio 2013

IIILLL PERCHE’

Pagina 14 Numero 9

In questa nuova rubrica de Il

Perchè affronteremo il vastissi-

mo e complesso Mondo degli

animali costituito da quasi due

milioni di specie, che occupano il

cielo, la terra e il mare.

Questa rubrica mira soprattutto

a informare i nostri lettori sulle

necessità, sulle abitudini, sulle

esigenze dei nostri amici ani-

mali in modo da imparare a ri-

spettarli al meglio. Capiremo an-

che quanto possa essere impor-

tante la presenza di un animale

nella vita dell'uomo, soprattutto

in casi di disabilità o di solitudi-

ne. Vogliamo dunque iniziare a

parlare della Pet therapy.

Il termine Pet-therapy è oggi

entrato nel linguaggio comune ed

è noto il suo significato generale

anche a coloro che non si occupano

in modo specifico del lavoro con

persone svantaggiate. Si tratta di

una forma di terapia basata sullo

stabilirsi di una relazione fra un

soggetto e un animale da compa-

gnia, solitamente il cane ma anche

il gatto, il cavallo o altri piccoli

animali da affezione quali coni-

glietti, furetti…

La psicologia ha “riscoperto” il rap-

porto tra uomo e animale ricono-

scendo a esso una valenza

“terapeutica”. Si fa concordemente

risalire l’inizio della Pet-therapy

alla pubblicazione, nel 1961, di un

lavoro dal titolo “Il cane come co-

terapeuta”, dello psichiatra Boris

Levinson. Concretamente era ac-

Amici a Amici a Amici a quattroquattroquattro zampezampezampe

caduto che lo psichiatra, durante le

sedute con un bambino affetto da

disturbi psichici, aveva avuto modo

di osservare che il piccolo paziente si

dirigeva spontaneamente verso il

cane del dottore ed interagiva con lui

in maniera spontanea e ludica, cosa

che non faceva mai con le persone.

Incuriosito dalla circostanza, Levin-

son iniziò a fare del rapporto bambi-

no-cane l’oggetto delle sue osserva-

zioni e concluse che la presenza

dell’animale aveva facilitato la rela-

zione tra medico e piccolo paziente.

Ne dedusse che l'animale fosse un

mediatore utile a ristabilire i contatti

sociali. Da quel momento Levinson

usò il cane in maniera sistematica

nella relazione psicoterapeutica con i

suoi piccoli pazienti ottenendo risul-

tati soddisfacenti. stesso. Attraverso

studi successivi anche altri ricercato-

ri conclusero che la presenza di un

animale da compagnia incrementi la

longevità e diminuisca il rischio di

malattie.

“Grandezza e progresso mora-le di una nazione si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali”

Gandhi

Giorgia Ferraioli &

Martina Lalli (1°C Tc)

Page 15: Giornalino gennaio 2013

IIILLL PERCHE’

Numero 9 Pagina 15

Personaggio del mesePersonaggio del mesePersonaggio del mese

Da quanto tempo è

in questa scuola e

come ti trovi nell’ambito lavora-

tivo?

Questo è il secondo anno consecuti-

vo, e mi trovo bene!

Che opinione ge-

nerale ha della

scuola?

Il San Benedetto è un’ottima scuola

e anche molto bella. I grandi spazi

però esigerebbero che ognuno di noi

curasse il posto in cui si trova. Gli

studenti dovrebbero gettare le carte

nel cestino, i fumatori - docenti e

studenti – dovrebbero utilizzare gli

appositi raccoglitori e noi dipen-

denti dovremmo dare l’esempio,

con il nostro comportamento, di

rispettare per l’ambiente.

Come si compor-

tano, secondo il

suo parere, gli studenti

rispetto all’ambiente

che li circonda?

Il linea di massima si com-

portano bene, ma sono con-

vinto che, con l’impegno

individuale e il nostro

esempio, si potrebbe giun-

gere a risultati migliori!

Come è nata

l’idea di ab-

bellire e curare le aiuole

all’entrata della zootec-

nia?

Per un semplice motivo: dob-

biamo vivere la scuola quasi

tutti i giorni. E’ un po’ come

se fosse casa nostra! Quindi,

con buona volontà, dobbiamo

cercare di mantenere l’ambiente

pulito, accogliente, con il risultato

che tutti sono più felici e ben dispo-

sti a vivere la scuola. Trovarsi in

un luogo ben tenuto, con questi

giardini pieni di fiori e armonia,

mette in armonia anche lo spirito.

Cosa potrebbe fare

la scuola per avvi-

cinare gli studenti all’educa-

zione e al rispetto dell’ambien-

te?

‘’Ora et labora’’ avrebbe detto San

Benedetto! L’ambiente, come dono

ricevuto da Dio, va mantenuto e

rispettato. Ognuno nel suo piccolo

può contribuire a farlo.

Fabio Della Corte (4°B Agr.)

Nome Cognome: Sergio Di Raimo

Professione: Collaboratore scolastico reparto

zootecnia

ILILIL PERCHE’

ILILIL PERCHE’

ILILIL PERCHE’

ILILIL PERCHE’

ILILIL PERCHE’

Page 16: Giornalino gennaio 2013

Numero 9 Pagina 16 IIILLL PERCHE’

A partire da questo mese, Il Per-

ché darà avvio a un’altra rubrica

che vi accompagnerà nel corso di

tutto l’anno scolastico, “Dillo con

un fiore”. In questa sezione del

giornale, ci occuperemo di piante e

fiori, così da rendere più belli i no-

stri terrazzi, giardini e interni. Ci

avvarremo dei preziosi consigli di

Stefano Campagna e della sig.ra

Italia Mancini che, di volta in

volta, ci illustreranno come mante-

nere al meglio un determinato tipo

di pianta o fiore.

Sarà anche un modo per esplorare

il vivaio del San Benedetto!

Questo mese inizieremo con la

Pansè o Viola del pensiero.

Nome: Pansè

Famiglia: Violaceae

Specie: Viola del Pensiero

Nom. scient.: Viola tricolor

Zona di diffusione: Europa, zo-

ne tropicali, Continente ameri-

cano

Caratteristiche: la Viola del

pensiero o Panse è un fiore cono-

sciuto da tutti e molto adatto a

essere trapiantato nel periodo au-

tunnale, fino a quello invernale.

Cure:

Le viole non necessitano di cure

molto particolari e si adattano be-

nissimo a qualsiasi tipologia di

terriccio. Possono essere trapianta-

te direttamente in giardino nelle

aiuole, oppure in vasi singoli, o

semplicemente in fioriere nel vo-

stro balcone. Durante l'inverno le

viole non temono particolarmente

il freddo purché il terriccio

(specialmente in fioriere o vasi)

non si geli per lunghi periodi, in

questo caso si potrebbe verificare

la moria di qualche pianta per

mancanza d' acqua. Nei periodi

autunnali e primaverili bisogna

porre attenzione a non irrigare le

viole in eccesso, come la maggior

parte delle piante fiorite anche

loro temono la subirrigazione. La

concimazione deve essere effettua-

ta durante tutto il periodo coltura-

le fatta eccezione per le settimane

di gelo, con un concime ad alto

contenuto di fosforo e potassio.

Origine:

La Panse ha origine sui Pirenei

ma si è poi naturalizzata anche su

altre montagne europee. Tutte le

viole del pensiero nascono dalle

classiche violette; sono pianticelle

molto resistenti anche alle basse

temperature, compresi neve e

ghiaccio. Le Panse più piccole sono

le più diffuse e sono chiamate

“cornutelle” (nome lat. Williamsia-

num). Esse hanno il vantaggio di

produrre una fioritura molto ab-

bondante e appariscente che resi-

ste fino all’inizio della primavera.

La varietà dei colori, anche per

questa specie, è molto ampia: dal-

la tinta unita al bicolore, per arri-

vare alla varietà sfumata dalle

tonalità del rosa, lilla, rosso, blu e

viola.

Storia:

Le Panse venivano utilizzate già

nel 1500 per decorare i giardini

ma la loro massima diffusione si

ebbe nel XIX secolo quando, in

Inghilterra, iniziarono le prime

ibridazioni. La viola del pensiero

divenne, nel Sogno di una notte

di mezza estate di Shakespeare,

la chiave di tutta la commedia.

Mito:

la mitologia greca associa la viola

alla bellissima ninfa fluviale Io. Di

lei s’innamorò perdutamente Zeus

Dillo con un fioreDillo con un fioreDillo con un fiore I consigli di Italia & StefanoI consigli di Italia & StefanoI consigli di Italia & Stefano

Italia Mancini e  Stefano Campagna 

Page 17: Giornalino gennaio 2013

IIILLL PERCHE’

Numero 9 Pagina 17

e questo suscitò la terribile ira del-

la moglie Era. Zeus, per nasconde-

re il suo tradimento, tramutò la

ninfa Io in una bellissima giovenca.

Il padre degli Dei, vedendola co-

stretta a errare senza potersi nutri-

re e temendo che morisse, fece na-

scere dalla terra la viola mammola

o viola odorata,  che la ricordava nel

nome íon, ed essa divenne il suo

cibo. 

Linguaggio dei fiori:

il significato comunemente attri-

buito alla viola è quello del ricordo.

La viola mammola o viola odorata

nel linguaggio dei fiori rappresenta

la modestia, l’onestà, il pudore.

I CONSIGLI DELL'ERBORISTA

Come si prepara per la conser-

vazione

I fiori si essiccano all'aria rapida-

mente e si conservano in scatole di

cartone.

Per cicatrizzare le piaghe

far bollire per 3 minuti, in un litro

di acqua calda, 30 g di fiori. Filtrare

e lavare con cura le piaghe al matti-

no e la sera.

Contro i reumatismi

versare in un litro di acqua calda 3

cucchiai di fiori e far bollire per un

minuto. Filtrare e berne 3 tazze al

giorno, con

l'aggiunta di

miele.

Contro

l’acne

versare un

cucchiaio di

fiori in una

tazza da tè di

acqua calda.

Coprire e lasciare in infusione per

10 minuti. Filtrare e berne una taz-

za al mattino a digiuno e una alla

sera prima di coricarsi. La cura va

continuata per lungo tempo.

Un tonico contro l’acne

far macerare in mezzo litro di acqua

calda 50 g di fiori per 30 minuti.

Filtrare, spremere bene con un telo

e usare mattino e sera dopo la nor-

male pulizia. È opportuno conserva-

re nel frigorifero.

Contro un’indigestione

versare un cucchiaio di fiori in una

tazzina da caffè di acqua calda e

coprire. Filtrare dopo 5 minuti e

berne, ben caldo, 2, 3 tazzine al gior-

no.

Costituenti chimici

Saponine; Vitamine (in particolare vita-

mina C); Tannini; Flavonoidi (rutina, violantina,

vitexina); Olio essenziale; Antocianosidi; Mucillagini; Carotenoidi; Triterpeni; Violina (sostanza amara)

Luca D’Ambrosio (3°B P.I.)

Dillo con un fioreDillo con un fioreDillo con un fiore I consigli di Italia & StefanoI consigli di Italia & StefanoI consigli di Italia & Stefano

ILILIL PERCHE’

Page 18: Giornalino gennaio 2013

SportivamenteSportivamenteSportivamente

Marika Carnali VS Simone Cortiula

Intervista a Nome e Cognome: Marika Carnali

Età: 16 anni

Classe: 3°B P.I.

Sport: Judo

Da quanto tempo pratichi questo

sport? Sono già 4 anni che pratico Judo e devo dire che sono stati anni molto impegnativi.

In quale categoria gareggi?

Sono cintura blu, gareggio nella categoria juniores.

Per te il Judo rap-presenta un hobby

o una vera passione? È una passione nata per caso, non avrei mai pensato che mi sarei tro-vata a praticare questo genere di sport. Prima di iniziare Judo, fre-quentavo un corso di danza ritmica! Un po’ diverso, direi! Poi un giorno, vedendo un allenamento di Judo, ho pensato che avrei potuto provare e ho finito per appassionarmi.

Il tuo non è uno sport di squadra.

Pensi che questo sia un limite del

Judo? No, anzi il fatto che non ci siano ruoli, dà a tutti le stesse possibilità di esprimersi. Siamo considerati tutti allo stesso modo e quando combatti, ci sei solo tu e l'avversa-rio.

Quante volte a settimana ti alle-

ni? Normalmente mi alleno 3 giorni a settimana per un'ora e mezza, ma quando si avvicinano le gare, ci alleniamo molto di più.

Il Judo ti dà molte soddisfazioni?

Sì, mi dà molte soddisfazioni, so-prattutto quando il maestro nota il mio impegno e mi incita a fare sempre meglio. Quando mi alleno, mi rilasso e riesco a scaricare tutto lo stress accumulato durante la giornata.

Hai fatto gare? Avrei dovuto farle ad aprile del 2011

ma purtroppo, a causa di un infor-tunio ai tendini, ho dovuto rinun-ciare. Sono stata 4 mesi ferma sen-za potermi allenare! Quest'anno comunque ho ripreso e spero di ri-mettermi il prima possibile per affrontare le varie competizioni.

Segui una parti-colare alimenta-

zione in relazione alla pratica sportiva? In genere seguo un'alimentazione normale e soprattutto sana. Se però c'è bisogno di raggiungere un certo peso poter gareggiare in una determinata categoria, allora se-guo un'alimentazione più adegua-ta e attenta. Questo è importante, altrimenti si gareggia in una ca-tegoria superiore e diventa più complicato vincere.

C'è qualcosa che non ti piace di

questo sport? No, non c'è niente in particolare che non mi piaccia, si lavora sem-pre bene.

Cosa ami di più di questo sport?

Sicuramente il bel clima che si viene a creare sia con gli altri membri del gruppo che con gli insegnanti. C'è un’aria, che defi-nirei, familiare e questo è molto bello!

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Numero 9 Pagina 18 IIILLL PERCHE’

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Page 19: Giornalino gennaio 2013

Sportivamente Sportivamente Sportivamente

Simone Cortiula VS Marika Carnali

Mi alleno 3 volte a settimana per 3 ore.

Il Judo ti dà molte soddisfazioni? Moltissime! Soprat-

tutto quando vinco una gara! Allo-ra capisco che i miei sacrifici sono serviti a qualcosa.

Hai fatto gare? Sì, ormai non ricor-do nemmeno quante

ne ho fatte! In una, in particolare, i Campionati italiani under 23, sono riuscito a prendere la cintura nera.

Segui una partico-lare alimentazione in relazione alla

pratica sportiva? In realtà mangio un po’ di tutto e seguo un'alimentazione regolare e sana.

C'è qualcosa che non ti piace di questo sport?

Esso comporta molto sacrifici e molta forza volontà. Impegna la gran parte del mio tempo e questo un po’ mi pesa. Un'altra cosa che non mi piace è quando perdo qual-che gara perché, ogni volta, so che avrei potuto fare di meglio.

Cosa ami di più di questo sport? La cosa che amo di

più è che il Judo mi regala molte

Intervista a Nome e Cognome: Simone Cortiula

Età: 17 anni

Classe: 3°B Agr.

Sport: Judo

Da quanto tempo pratichi questo

sport? Sono 12 anni ormai, ho iniziato che avevo 5 anni e non ho più smesso.

In quale categoria gareggi? Gareggio nei 55 chili,

categoria juniores. Per te il Judo rap-presenta un hobby o una vera passione?

Per me è uno stile di vita! Questo sport richiede molto impegno e molta passione. Insegna a gestire il proprio carattere e le proprie emozioni.

Il tuo non è uno sport di squadra. Pensi che questo sia un limite

del Judo? No, non è un limite! Semplicemente, essendo uno sport individuale, nessu-no ha un ruolo preciso.

Quante volte a setti-mana ti alleni?

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soddisfazioni, anche se è iniziato tutto per gioco. Sono arrivato fino ad oggi ottenendo tutti i risultati per i quali mi ero impegnato. Oltre al fatto che sto molto bene insieme ai miei compagni.

Silvia Sessa & Luca D'Ambrosio (3°B P.I.)

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Numero 9 Pagina 19

Page 20: Giornalino gennaio 2013

Nome e Cognome:

Arianna Messini Età:19 anni

Classe: 4°A Chi.

Puoi descrivere il tuo carat-tere in due parole? Sono molto timida, però mi con-sidero anche solare, giocherello-na e a volte lunatica e rompisca-tole. Ma una volta presa confi-denza con qualcuno, divento an-che molto socievole!

Qual è il tuo rapporto con i ragazzi? Come ho detto, sono molto timi-da…comunque sono fidanzata da tre anni. Il mio ragazzo si chiama Alessandro e in futuro mi piacerebbe avere una bella famiglia con lui.

Cosa ti piace fare nel tempo libero? Nel tempo libero mi piace uscire con le amiche o tenermi in forma facendo attività fisica. Poi ci so-

no giorni in cui sono particolar-mente stanca, e allora preferisco stendermi sul letto a leggere un bel libro. Ti piace il tuo aspetto fisi-co? E come ti curi? No, non molto... Ho molti difet-ti, anche se i miei amici conti-nuano a ripetermi che sono una bella ragazza.

Cosa odi di te? Il mio sedere! Lo trovo un pò... inadeguato. Ed un'altra cosa che odio è che divento molto scontrosa con tutti, quando mi arrabbio...

Cosa ami di te? Caratterialmente amo la mia sincerità, mentre fisicamente mi piace molto il taglio dei miei occhi e soprattutto i miei capelli che curo ogni giorno!

Qual è il tuo rapporto con la scuola e lo studio? Diciamo che lo studio non è il mio forte... Ma cerco sempre di impegnarmi al massimo e met-tercela tutta, come in ogni cosa

che faccio!

Pratichi sport? Attualmente no, ma fino a qual-che mese fa andavo in palestra ad allenarmi. Ogni tanto però, durante la settimana, faccio un po’ di jogging.

Cosa vorresti fare dopo aver preso il diploma? Mi piacerebbe iscrivermi all'u-niversità e continuare nell’am-bito biologico. Mi piace molto la biologia e vorrei proseguire gli studi in tal senso anche dopo essermi diplomata.

Quali sono i valori fonda-mentali della tua vita? La famiglia al primo posto, poi il mio ragazzo e per ultimi, ma non meno importanti, i miei mi-gliori amici, senza i quali non sarei mai riuscita ad andare avanti in situazioni difficili...

Luca Caldato (4°G Chi.)

Facce da copertina…?Facce da copertina…?Facce da copertina…?

Numero 9 Pagina 20 IIILLL PERCHE’

Page 21: Giornalino gennaio 2013

Nome e Cognome:

Luca Calisi Età: 17 anni

Classe: 4°G Chi.

Puoi descrivere il tuo carat-tere in due parole? Penso di essere simpatico, molto testardo, spesso orgoglioso ma sempre disponibile per le perso-ne a me care. Qual è il tuo rapporto con le ragazze? Ho un ottimo rapporto con le ragazze! Mi piace però essere cercato piuttosto che cercare, in modo da capire se c'è realmente un interesse da parte loro. Cosa ti piace fare nel tempo libero? Nel tempo libero solitamente esco con gli amici e cerco di fre-quentare sempre posti e persone nuove, proprio perché odio pas-sare pomeriggi monotoni.

Già dalle medie ho sempre pre-ferito le materie scientifiche a quelle letterarie poi, il fatto di frequentare un professionale che mi avrebbe preparato fin da subito ad affrontare il mon-do del lavoro, mi ha convinto a operare questa scelta. Hai detto che pratichi atti-vità fisica. Quale in parti-colare? Oltre alla palestra, pratico sport solo con gli amici, come forma di sfogo e di divertimen-to. Quali sono i valori fonda-mentali della tua vita? La famiglia sopra di tutto, non meno importanti sono però gli amici, con i quali ho condiviso praticamente tutto e per que-sto motivo posso considerarli “fratelli” non di sangue ma di scelta.

Silvia Sessa e Marika Carnali (3°B P.I )

Ti piace il tuo aspetto fisico? E come ti curi? Sì, sono abbastanza soddisfatto del mio aspetto fisico, soprattut-to perché ne ho cura facendo at-tività fisica e seguendo un'ali-mentazione abbastanza corretta. Cosa pensi che piaccia alle ragazze di te? Penso che possa piacere il mio carattere: sono molto comprensi-vo e cerco sempre di venire in-contro a tutti, anche se ogni tan-to mi rendo conto di risultare pesante su alcune cose. Qual è il tuo rapporto con la scuola e lo studio? Nello studio ho sempre dato il massimo, proprio perché nella vita provo sempre a dare il cento per cento in tutto. Non ho mai avuto problemi con lo studio in quanto sono dell'idea che, a que-st'età, una delle cose più impor-tanti da fare sia pensare a co-struirsi un futuro. Quali sono i motivi che ti hanno spinto a scegliere l'in-dirizzo chimico?

Facce da copertina…?Facce da copertina…?Facce da copertina…?

IIILLL PERCHE’

Numero 9 Pagina 21

Page 22: Giornalino gennaio 2013

American American American History XHistory XHistory X

Trama:

In un tema in classe il giovane

Danny tratta argomenti ispirati al

'Mein Kampf' e il preside, Swee-ney, per punirlo, lo obbliga a pre-parare una relazione sul fratello

maggiore Derek. Quest'ultimo proprio quel giorno é uscito dal

carcere dopo aver scontato alcuni anni per l'uccisione di due ragazzi

neri che gli stavano rubando l'au-tomobile. All’epoca dei fatti, De-rek aveva il ruolo di leader in un

gruppo giovanile neonazista che si riconosceva in Cameron Alexan-

der, proprietario di una casa edi-trice che promuove libri e gruppi

musicali che inneggiano al-la supremazia bianca. Danny, che

aspettava con ansia il ritorno del fratello, vuole subito mettersi 'ai suoi ordini' ma non sa che Derek

in carcere ha riflettuto su se stes-so e ha maturato la convinzione di

voler cambiare vita…

Numero 9

Pagina 22 IIILLL PERCHE’

Genere: Drammatico

Regia: Tony Kaye

Sceneggiatura: David McKenna

Attori: Edward Norton, Edward Furlong, Elliot Gould, Jennifer Lien, Avery Brooks, Fairuza Balk, Beverly D'Angelo, Stacy Keach

Distribuzione: Medusa Film

Paese: USA 1998

Durata: 128 min.

Formato: Colore

1999 Premio Oscar

Nomination Miglior attore protagonista a Edward Norton

1999 - Saturn Award

Nomination Miglior attore protagonista a Edward Norton

1999 - Chicago Film Critics Association Award

Nomination Miglior attore protagonista a Edward Norton

1998 - Satellite Award

Miglior attore in un film drammatico a Edward Norton

Nomination Miglior attrice non protagonista a Beverly D'Angelo

Nomination Migliore sceneggiatura originale a David McKenna

1998 - Southeastern Film Critics Association Award

Miglior attore protagonista a Edward Norton

Commento: Che dire di questo film? Semplicemente ben realizzato e stupendo. Ci comunica il suo messaggio attraverso una violenza scioccan-te, carica di pietà, di amore e odio. Il regista è stato capace, girando intor-

no alla tematica dell'odio razziale, di farci riflettere sulle conseguenze delle nostre azioni e, soprattutto, sul dolore che esse provocano...

Proprio dagli errori più grandi, possono derivare i più importanti inse-gnamenti.

Luca Caldato (4°G Chi.)

Il perche’: Il perche’: Il perche’: cinemacinemacinema

Page 23: Giornalino gennaio 2013

SCELTA PER VOI DA SCELTA PER VOI DA SCELTA PER VOI DA

Another Brick in the Wall Pink Floyd

The Wall è il titolo del progetto più ambizioso e inter-nazionalmente noto della band inglese dei Pink Floyd: ne fanno parte l’album, il tour e il film. L'album è un'opera rock incentrata sulla storia di un personaggio inventato: Pink. Egli, a causa di una serie di traumi psicologici, arriva a costruirsi un “muro" mentale die-tro al quale si isola. I disagi infantili che portano Pink a questa scelta drammatica sono:

la morte del padre nella seconda guerra mondiale; la madre iperprotettiva; i maestri eccessivamente autoritari;

i tradimenti della moglie, in età adulta. L’idea nasce dal bas-sista del gruppo, Ro-ger Waters, spinto a un’attenta autoanali-si sui fallimenti e i traumi personali che,

inesorabilmente, l’hanno condotto ad alzare il muro. Il cosiddetto muro è simbolo dell’incomunicabilità e del sentimento di rottura con i suoi fan, e più general-mente, rappresenta l’esigenza dell’uomo di crearsi una barriera difensiva da ciò che lo circonda, è un muro di protezione ma anche di solitudine. I metaforici “mattoni del muro” corrispondono alle esperienze che provocano malessere nell’uomo. Tutto potrebbe essere riconducibile alla figura dello stesso Waters e dell’amico Syd Barrett, ex membro dei Pink Floyd, devastato dalla droga e dalla depressione. Percorrendo con criticità il suo passato, Pink riscopre quali siano i primi bricks, fondamenta della barrie-ra: ormai adulto è ancora frustrato per la mancanza di suo padre, morto nella battaglia di Anzio, al quale chiede “che cosa mi hai lasciato?” Un altro mattone è a carico della fin troppo presente madre che, con il suo atteggiamento morboso e iperpro-tettivo, non consente al figlio di svezzarsi né di affer-marsi. Lei lo tiene al sicuro “sotto la sua ala”, lo accu-disce e lo coccola ma, se pur in modo inconsapevole, lo cresce inculcandogli le sue stesse paranoie. Nel brano Mother, R. Waters impersona il protagoni-sta cantando ‘’Madre, dovrei aver fiducia nel governo?’’ oppure “Pensi che lei vada bene? Mi spezzerà il cuore?’’; e la genitrice, impersonata vocalmente da David Gil-mour, lo rassicura dicendo di non piangere e che si oc-cuperà lei di tutto… “Oh, piccolo, naturalmente la mamma ti aiuterà a costruire il muro”. Il brano più famoso dell’album, invece, racconta delle violenze psicologiche e dei soprusi negli anni del dopo-guerra inflitti dagli insegnanti sugli allievi. Il loro com-pito era infatti di schernire i ragazzi mettendone a nu-do debolezze e fragilità allo scopo di limitare ogni loro atto di creatività e di libertà personale. Another brick in the wall (parte 2), oltre ad essere

una chiara denuncia verso chi esercita tirannica-mente il potere, è un urlo di ribellione per rivendica-re i diritti fondamentali di ognuno di noi, spesso schiacciati dal sistema dell’omologazione. Questo brano è stato utilizzato come slogan in numerose manifestazioni e lotte sociali per la potenza e l’im-mediatezza del suo messaggio: We don't need no education We don't need no thought control No dark sarcasm in the classroom Teachers leave them kids alone Hey teacher, leave us kids alone All in all it's just another brick in the wall All in all you're just another brick in the wall  Noi non abbiamo bisogno d’istruzione Noi non abbiamo bisogno di controllo del pen-siero Di sinistro sarcasmo in classe Insegnanti, lasciate stare i ragazzi Ehi, maestro lascia stare noi ragazzi Dopo tutto è solo un altro mattone nel muro Dopo tutto sei solo un altro mattone nel muro Il protagonista del film, Pink, personaggio in cui ognuno di noi può riconoscersi, è costretto ad affron-tare le sue più radicate paure e a riempire gli empty spaces interiori con disperati tentativi di realizzazio-ne personale tipici del sistema consumistico. Non è, infatti, abbastanza forte da anestetizzare il dolore e il sentimento di solitudine che lo caratteriz-zano sin dall’infanzia e con l’ausilio della droga e del sesso facile, si ritrova rinchiuso in un muro ancora più alto e desolante. Un matrimonio finito: un giorno dopo l'altro, l'amore diventa grigio, l'entusiasmo iniziale sparisce, ma ha bisogno di lei per sfoggiarla con gli amici e per pic-chiarla il sabato sera. D'altra parte è questo il linguaggio che gli è stato insegnato: sopruso, violenza, la ragione del forte. Solo, si chiede se esista qualcun altro al di là del mu-ro: ora, solo ora, si accorge che la sua solitudine na-sce proprio dalla mancanza di AMORE. Con questa consapevolezza diventa una persona nuova e riesce finalmente ad abbattere il muro. I Pink Floyd ci raccontano di come nascano i pre-supposti per edificare una solida barriera, the wall, ma soprattutto dell’importanza di distruggerla. Nonostante, dunque, i macigni che ognuno di noi porta con sé, é indispensabile lasciar filtrare luce e speranza nel muro per trovare così la forza di abbat-terlo.

…TEAR DOWN THE WALL!

Doriana Costanzo (3°B P.I.)

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Page 24: Giornalino gennaio 2013

Numero 9

Pagina 24 IIILLL PERCHE’

SSScotti e cotti e cotti e bbbruciatiruciatiruciati Frappe o Frappe o Frappe o

ChiacchereChiacchereChiacchere

Ingredienti

500 gr di farina

30 gr di burro

50 gr di zucchero

Zucchero a velo qb

2 uova

Buccia di limone grattugiata

Succo di 2/3 arance

1 bicchierino di grappa

1 cucchiaio di lievito per dolci

1 pizzico di sale

Olio per friggere

Procedimento:

Sulla spianatoia disporre la fari-

na a montagnola, creando un cra-

tere nel centro. Versare lo zucche-

ro, il burro ammorbidito, le uova,

la buccia di limone grattugiata, la

grappa e il sale. Lavorare con la

punta delle dita gli ingredienti

umidi, amalgamandoli grossola-

namente tra loro, incorporare ma-

no a mano la farina setacciata e

aggiungere il succo delle arance.

Lavorare fino a ottenere una mas-

sa liscia e omogenea, che pulisca

il piano di lavoro e sia abbastanza

elastica. A questo punto, lasciare

riposare per almeno un’ora (non

in frigo ma in un luogo fresco) così

che la pasta si ammorbidisca e si

possa poi stendere con più facili-

tà.

Stendere la sfoglia con il matta-

rello o la macchinetta stendipasta

(impostare all’ultimo buco). Lavo-

rare fino a ottenere una sfoglia il

più possibile sottile. Con la rotella

dentellata ricavare rettangoli di

circa 5×10. Incidere ogni rettan-

golo al centro con un piccolo taglio.

Questo migliorerà la cottura e au-

menterà la fragranza. Friggere in

abbondante olio, non bollente. Co-

spargere infine con zucchero a ve-

lo.

Quanti nomi per un solo dolce!

Le chiacchiere sono preparazioni

tipiche del periodo di Carnevale e

vengono chiamate con nomi diver-

si a seconda delle regioni di prove-

nienza: chiacchiere e lattughe in

Lombardia, cenci e donzelle in

Toscana, frappe e sfrappole in

Emilia, cròstoli in Trentino, ga-

lani e gale in Veneto, bugie in

Piemonte, così come rosoni, lasa-

gne, pampuglie, ecc..

Le chiacchiere o frappe hanno

un’antichissima tradizione che

probabilmente risale a quella delle

frictilia, dolci fritti nel grasso di

maiale che nell'antica Roma ve-

nivano preparati proprio durante

il periodo di Carnevale; questi dol-

ci venivano prodotti in gran quan-

tità poiché dovevano durare per

tutto il periodo della Quaresima.

Le chiacchiere sono conosciute con nomi differenti nelle diverse regioni italiane: bugie (Genova, Torino, Asti, Imperia), italianizzazione del ligure böxie cenci o crogetti (Toscana) struffoli (zona Grosseto, Massa Marittima (Toscana)) chiacchiere (Basilicata, Sicilia, Campania, Lazio, Umbria, Puglia, Calabria, a Milano, Sassari e Parma) cróstoli o cróstołi o gròstoi (Ferrara, Rovigo, Vicenza, Treviso, Trentino, Friuli, Venezia Giulia) crostoli o grustal (Ferrara) cunchiell' o qunchiell (Molise) frappe (Roma, Viterbo, Perugia e Ancona) gałàni o sosole (Venezia, Verona, Padova) guanti (Caserta) gròstołi o grostoli (Trento) intrigoni (Reggio Emilia) maraviglias (Sardegna) sfrappe (Marche)

e ancora stracci, lasagne, pampuglie, manzole, garrulitas. Possono anche essere coperte da miele, cioccolato e/o zucchero a velo, innaffiate con alchermes