12 Mesi - BERGAMO - gennaio/febbraio 2013

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DIRETTORE RESPONSABILEGIORGIO [email protected] CARÈGIuSEppE RuGGIERI

EDITOREEDIZIONI 12 SRLREDAzIONEVIA pAGLIA, 26 - 24122 BERGAmOTEL. [email protected] LEGALE: BRESCIAVIALE DuCA DEGLI ABRuZZI, 163

REGISTRAzIONETRIBuNALE DI BERGAmO N. 10/12 DEL 16/03/2012

IMPAGINAzIONESALE’S SOLuTIONS SRL

STAMPATIBER SpA . BRESCIA . ITALIA

FOTOGRAFIEARChIVIO SALE’S SOLuTIONS, umBERTO FAVRETTO AGENZIA REpORTER, ROLANDO GIAmBELLI IL FOTOGRAmmA, pATRICk mERIGhI BRESCIA IN VETRINA, CRISTINA mININI

PUBBLICITàVIA pAGLIA, 26 - 24122 BERGAmOTEL. [email protected]: [email protected]

GENNAIO/FEBBRAIO 2013NUMERO 1RIVISTA mENSILE € 1,20

VIA pAGLIA, 26 24122 BERGAmO. ITALIATEL. [email protected]

HANNO COLLABORATOSILVIO BETTINI, DONATELLA CARÈ, ALESSANDRO ChEuLA, mARCO CImmINO, mARIO CONSERVA, LAuRA DI TEODORO, GIOVANNA DOLCI, FuLVIO FACCI, BRuNO FORZA, LORENZO FRIZZA, ROBERTO GIuLIETTI, LAuRA BERNARDI LOCATELLI, SARA NORIS, ANTONIO pANIGALLI, LELIA pARISI, mASSImO ROSSI, GIuSEppE RuGGIERI, ROSANNA SCARDI, DANIELE SELINI, GIORDANA TALAmONA, DONATELLA TIRABOSChI, ALESSANDRA TONIZZO.

DODICIMESI12/

12DODICIMESI MENSILE DI ATTUALITà ECONOMIA INCHIESTE OPINIONI E CULTURA DA BERGAMO E DAL MONDO

DODICIMESI12/SOMMARIO

l’editorialeProdotto & MerCatoStrateGia d’iMPreSabaCheCainSidela letteraParete nordal CineMa

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RUBRICHE

strade e quartieri: loreto ProMoSSo Grazie a ParChi e CoMMerCio diffuSohinterland: raniCa, PaeSe boMbonieraMa i Giovani Se ne vanno

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tERRItORIO

michele tiraboschi: ai noStri fiGlifaCCiaMo riSCoPrire i lavori Manualidavide ferrario: la berGaMo Culturaleè una Città Che non Correroberto bottacini: “il Guaio è Chele banChe hanno CaMbiato MeStiere”felice gimondi: quanti PiCColi CiCliStitarPati dai ProPri Genitori

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PENSIERI DI

bergamo: sempre più fedi sotto lo stesso cielo

p. 84

INCHIEStA

come non perdersi inun mare di speranZa

INCHIEStA

p. 26

turismo culturale e terme per il rilancio della valle imagna

p. 62lA PROvINCIA

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

il convegno: real eState nella SMart Cityquando l’idea innovativadiventa iMPreSal’appuntamento: breSCia-roMa,andata e ritornola travaGliata Storia del Gattile di treviGlioboCCe: “i nuovi atletili andiaMo a Prendere a SCuola”

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EDITORIALEL/EDITORIALEL/

Capitolo 1

“Gli anni ’80”Nel 1980, dopo aver lavorato qualche anno in radio e televisioni private, iniziai a collaborare con un impor-tante quotidiano locale, assunto dalla società conces-sionaria che ne gestiva la pubblicità. Per me, allora, la “stampa” era un mondo completamente nuovo: reda-zione e tipografia ambienti mai esplorati. In breve mi accorsi però che, se tutto sommato tra i notiziari par-lati e quelli scritti, i meccanismi di realizzazione erano per molti aspetti simili, tra la pubblicazione di quelli stampa e di quelli audiovisivi le differenze erano enor-mi. Nel mondo dell’emittenza privata la tecnologia era la più avanzata. Si lavorava già con l’elettronica, pur in modalità analogica (con le cassette a nastro magnetico per intenderci) e non ancora digitale. Quando visitai per la prima volta la tipografia del quotidiano, mi sem-brò invece di essere tornato indietro nei secoli, quasi fosse un museo dedicato a Johannes Gutenberg. Si predisponevano le pagine da stampare, usando anco-ra le linotype, imponenti macchinari che sembravano un incrocio tra una gigantesca macchina per scrivere e un organo a mantice di una cattedrale dell’ottavo se-colo. I tipografi, bardati con pesanti grembiuli neri, erano intrisi di inchiostro su tutto il corpo, maneg-giavano (a rischio silicosi) il piombo trasformato in caratteri di stampa dalle caldaie posizionate sul retro delle loro infernali tastiere. Fortunatamente dopo po-chi anni il piombo sparì, sostituito dalle lastre della fo-tocomposizione, e la salubrità dell’ambiente di lavoro migliorò. Ma gli elementi di base non sono mai cam-biati e, ancora oggi, i giornali, quotidiani e periodici, si producono con inchiostro e carta.

Capitolo 2

“Gli anni ’90”Poco più di un decennio dopo, nell’agosto del 1995, un mio superiore mi chiamò nel suo ufficio, girò verso di me il monitor del computer posto sulla sua scrivania e mi disse: “guardi qui Costa, questo è internet, questo è il nostro futuro”. Apparvero delle strisce di caratteri, parole con poco senso e qualche immagine sgranata, dal computer uscivano rumori che sembravano provenire da un vibrafono scordato. Era la prima volta che sentivo un modem. Perplesso, io che, ultraquarantenne di (non più) bel-le speranze, guastavo i computer solo avvicinando-mi senza nemmeno toccarli, non capii come quella strana schermata potesse diventare il “mio futuro”. I miei strumenti di lavoro erano allora una penna, un quaderno, le Pagine Gialle e il telefono (fisso) quan-do stavo in ufficio; un bloc-notes attaccato con una ventosa sul cruscotto della mia auto e un sacchetto di gettoni telefonici quando uscivo per clienti. Mai fui tanto cattivo profeta di me stesso. Già dopo cinque anni, la carta era sparita dalla mia scrivania e dalla mia auto. Ero diventato dipendente da tecnologia, agende elettroniche, pc sempre più leggeri e poten-ti, cellulari sempre più piccoli e smart. Non usavo più le Pagine Gialle, sostituite da Altavista e Yahoo e, dal ’97, dall’irrinunciabile Google; sempre meno il fax e sempre più la e-mail. A Natale regalai a mia figlia la prima console Nintendo, invece della solita scatola di costruzioni Lego.

Capitolo 3

“Il 2000”L’11 settembre 2001 è cambiato il mondo, ma ancora di più lo ha cambiato inter-net, con il www, con la e-mail e tutta la tecnologia digitale. Nel 2004 nasce Facebook, il primo social network e, quasi per caso, in quello stesso anno per la prima volta negli States cala il fat-turato della pubblicità televisiva. Due anni dopo è la volta di Twitter, il medium sociale più in voga tra i nostri politici che lo usano per le loro dichiarazioni ufficiali al posto delle pagine dei giornali e de-gli schermi televisivi. Nel 2007 nasce l’iPhone trasformando definitivamente il mondo della telefonia diffondendo l’uso di internet in mobilità. Nel 2010 nasce l’iPad. Oggi in Italia sono oltre 30 milioni gli smartpho-ne utilizzati e circa 3 milioni i ta-blet. Nell’aprile del 2009 nasce la nostra rivista Dodicimesi che nel 2011 diventa supplemento all’e-dizione Brescia del Corriere della Sera. Nel 2012 nasce l’edizione bergamasca di Dodicimesi, anch’es-sa supplemento all’edizione locale del Corriere. Oggi Dodicimesi viene diffuso in 25.000 copie per ogni edizione.

Capitolo 4

“Il prossimo decennio”24 febbraio 2013, elezioni politiche. Il governo abo-lisce i libri di scuola stampati e i nostri ragazzi vanno a scuola con in mano un tablet che pesa meno di mez-zo chilo (contro i 15 chili del tradizionale zainetto). I libri costano meno perché sono digitali, sono inte-rattivi e permettono ricerche e aggiornamenti, il nuo-vo e l’usato sono uguali e non si rovinano. A marzo 2013 Dodicimesi punta sul digitale e può essere letto su computer, tablet e smartphone, con tutti i sistemi operativi. Dodicimesi è gratuito, sia nell’ultima edi-zione sia nell’archivio, e permette un aumento della diffusione su province attualmente non coperte. Dal prossimo mese di marzo, sul nuovo sito www.dodiciweb.it, i nostri lettori potranno leggere in an-teprima le interviste, le inchieste e gli articoli che man mano saranno realizzati dalla nostra redazione. Po-tranno commentarli, pubblicare nuovi contributi, vo-tare sondaggi e proporre nuove iniziative e argomenti da trattare e dibattere. Grazie alla “rete” siamo certi che aumenterà la partecipazione e l’interattività dei nostri lettori, trasformandoli in attori del nostro pro-getto editoriale. Grazie a voi, alle vostre osservazioni, alla vostra attenzione, alle vostre critiche e al vostro consenso, il “Dodici” è cresciuto in questi primi quattro anni di attività. Vogliamo che continui a

crescere anche in futuro, con il nostro massimo impegno e la nostra gran-de passione, insieme e grazie a

tutti voi.

Giorgio Costa

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PENSIERI DI/ PENSIERI DI/

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Ai nostri figli fAcciAmo riscoprire i lAvori mAnuAli

Parla Michele Tiraboschi, docente universitario e direttore del Centro Studi “Marco Biagi”: “Le professioni del futuro?

Tecniche e scientifiche. Ma vanno rivalutate anche le antiche arti e professioni che hanno fatto la forza dell’Italia e che ora stanno scomparendo”.

il giuslavorista bergamasco Michele Tiraboschi, ordinario di Diritto del Lavoro all’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia e direttore

del Centro Studi “Marco Biagi”, sogna la “sua” scuola d’alta formazione nel mona-stero d’Astino e un Paese che trovi in sé le risposte, le idee e la forza per affrontare questa stagione difficilissima.Professore, come si esce dalla crisi?“Purtroppo noi tecnici non possediamo la sfera di cristallo. Posso solo dire che non dobbiamo perdere fiducia e determi-nazione: il pessimismo e l’autocommise-razione non aiutano, dobbiamo rimboc-carci le maniche e cercare nuove idee”.Da professore universitario ha un os-servatorio privilegiato sul mondo dei giovani. Che umori avverte?“Avverto un forte senso di sfiducia che si traduce spesso in poca voglia di mettersi in gioco. Credo che i giovani ricevano stimoli negativi soprattutto nell’ottica del loro futuro inserimento nel mondo del lavoro, e questo genera il triste pri-mato italiano in Europa di inattività gio-vanile. È una questione anche culturale: i nostri giovani, purtroppo, non hanno la ‘fame’ e la determinazione che invece vedo nei tanti studenti stranieri”.Come vede il loro futuro?“Devono costruirselo durante il percor-so scolastico e universitario. Per questo

auspico riforme che rendano efficienti le politiche attive del lavoro e creino un rap-porto solido tra scuola-Università-mondo del lavoro. Centrale, in questa prospetti-va, il rilancio dell’apprendistato”. Contano ancora curriculum e prepa-razione o primeggia sempre la spin-tarella?“Le spintarelle ci sono sempre state e anche oggi questa abitudine non cessa specie nel settore pubblico e in certe aree del Paese. Comunque, pur tra mille difficoltà i ragazzi preparati e determi-nati sono destinati, prima o poi, a emer-gere. Basta non mollare”.Quale approccio consiglia a un giova-ne che deve affrontare il mercato del lavoro?“Di conoscere le figure professionali richieste dal mercato e il percorso for-mativo che può condurlo ad un impiego certo. Solo così non si troverà imprepa-rato. È emblematico il fatto che in Italia si registri una continua mancanza di figure tecniche (come saldatori, mec-canici, ecc.) ricercate come l’oro dalle

aziende, e che, al contrario, non vengo-no facilmente ricoperte. Centrale è l’o-rientamento e la riscoperta dei maestri”. Le professioni del futuro?“Tecniche e scientifiche. Ma anche il lavoro manuale, che va rivalutato profon-damente riscoprendo antiche arti e pro-fessioni che hanno fatto la forza dell’Ita-lia e che ora stanno scomparendo”.Ai suoi figli quale percorso consiglie-rebbe?“Mia figlia ha sempre voluto fare la prin-cipessa. Ora, che è un poco più grande, la cantante. Le lascio coltivare i suoi so-gni e spero di essere capace di aiutarla a capire il prima possibile il suo vero ta-lento avendo sempre in mente un piano B nel caso in cui il piano A non dovesse realizzarsi”.Se in futuro le dicesse che se ne vuole andare all’estero approverebbe?“Certamente, credo che sia un’espe-rienza fondamentale sia a livello profes-sionale che personale”.Lei viaggia molto. Che percezione hanno all’estero del nostro Paese?“La notorietà dell’Italia va al di là dei noti stereotipi che tutti conosciamo. Purtroppo si sta diffondendo anche la percezione delle difficoltà che stiamo attraversando. Comunque, al di là dei preconcetti, tutti vorrebbero vivere nel nostro Paese”.Punti di forza e debolezza del sistema universitario italiano….

“Il nostro è un sistema arcaico, auto-referenziale, privo di adeguati sistemi di placement in grado di dialogare attiva-mente col territorio. Siamo lontani dalle migliori esperienze internazionali, da un’idea di formazione della persona e di costruzione di un sistema che risponda in modo intelligente ai fabbisogni pro-fessionali di un territorio”.A proposito di lavoro e riforme, per anni la politica italiana è stata latitan-te, è d’accordo?“Non totalmente. La politica è interve-nuta spesso per sollecitare interventi riformatori, anche se non sempre sono stati virtuosi. Più che la politica auspico che diventino veri interlocutori le parti sociali, gli unici veri protagonisti del mercato del lavoro. Credo molto nel-le logiche bilaterali e in Italia abbiamo buone pratiche come quelle del com-mercio e dell’artigianato”.Che voto dà alla Fornero?

“Si può constatare che, dalla sua entrata in vigore, solo il 30 per cento della rifor-ma Fornero è effettivamente operativa. E vedo attivi solo i nuovi rigidi divieti e poco altro, perciò mi è difficile valutare qua-le impatto avrà sull’occupazione, anche se mi sembra palese che gran parte del mondo produttivo italiano sia stato ‘trau-matizzato’ dalle nuove norme. La riforma, insomma, è rimasta a metà del guado, ir-rigidendo la flessibilità in entrata e senza rendere certe le norme su quella in usci-ta. Da segnalare invece la nota positiva dell’apprendistato, che la legge ha voluto votare quale principale canale di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro”.Un voto?“Non posso e non mi permetto di giudi-care la persona, se però guardo al ruolo avuto e ai risultati diciamo che il voto è molto basso”. In generale, crede davvero in una nuova stagione politica in Italia?

“Purtroppo no. Non vedo alternative credibili a quanto abbiamo visto sino ad oggi”.L’unione politica a livello europeo resta un sogno?“Sì, ma sognare è bello e non dobbiamo smettere di farlo. I sogni, prima o poi, si avverano!”Sindacati e fabbrica. Cosa pensa del braccio di ferro Fiat- Cgil?“Credo che il sindacato in generale non debba portare avanti ciecamente posi-zioni ormai arcaiche. Datori di lavoro e lavoratori dovrebbero dialogare, e sfrut-tare l’enorme potenziale dello strumen-to della contrattazione collettiva”.Siamo l’unico Paese con tre sigle sin-dacali, spesso in conflitto tra loro. Urge un nuovo modello?“Urge un rinnovato modello di relazio-ni industriali oggi tarato su un sistema produttivo non più attuale. Una riforma lungimirante del mercato del lavoro do-vrebbe diminuire le leggi per dare una spinta propulsiva alla contrattazione di secondo livello, aziendale, territoriale o addirittura individuale, rimessa alle par-ti sociali. Solo in questo modo si potrà giungere ad avere in Italia un sistema di relazioni di lavoro efficaci, mature e ri-messe ai veri protagonisti del mercato”.Trova, come sostengono molti anali-sti, che in Italia manchi una vera clas-se imprenditoriale?“In Italia abbiamo fior di imprenditori e un manifatturiero che, nonostante le mille difficoltà, è la forza del nostro Pa-ese. Manca classe politica, ma è un altro discorso”.Se non avesse scelto la carriera uni-versitaria, quale lavoro le sarebbe piaciuto fare?“Non riesco oggi a immaginare un altro lavoro. Però ricordo che da giovane mi adattavo a tutto e mi piaceva molto il la-voro manuale, ne avevo anzi un bisogno fisico dopo tanto tempo passato sui libri tra un esame e l’altro”. Un sogno nel cassetto?“Il monastero di Astino. Mi piacerebbe vederlo tornare al suo antico splendore, po-polato di giovani talenti e ricercatori prove-nienti da ogni parte del mondo”.

di Laura BernardI LoCaTeLLI

Questo è il Paese delle spintarelle. Ma i giovani preparati prima o poi ce la fanno

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Se non è un’emorragia poco ci manca, i maggiori brand del lusso, della moda e dell’agro-alimentare made in Italy pas-sano in mani straniere e sembra che ci siano ben poche risorse per arginare il fenomeno. L’Italia, soffocata tanto dalla tenaglia del credit crunch quanto da tanta inutile burocrazia, stretta da una spesa pubblica corrente in perenne disavanzo che pro-duce una pressione fiscale insostenibile per qualsiasi investimento di capitale alla ricerca di buoni rendimenti, incer-ta a causa di un’applicazione del diritto non sempre cristallina, piange il suo en-nesimo gioiello finito in mani straniere. Ducati, la prestigiosa casa motociclistica italiana, è stata acquistata ad aprile per 860 milioni di euro dalla Audi del grup-po tedesco Volkswagen, mentre solo po-chi mesi prima è finita al di là delle Alpi anche Bulgari, la famiglia di gioiellieri ha ceduto il suo 50 per cento ai campioni francesi di Lvmh, l’aggregato del lusso, colosso mondiale da oltre 20 miliardi di euro di ricavi che in passato aveva già ac-quistato Fendi, Emilio Pucci e L’acqua di Parma; nel frattempo anche gli spumanti di Gancia sono diventati russi.Purtroppo l’elenco è lunghissimo, dalla maison Valentino, finita a una socie-tà partecipata dall’emiro del Qatar, a Gucci, Brioni, le scarpe di Sergio Rossi e Bottega Veneta al gruppo transalpi-no Ppr; Ferré al Paris Group di Dubai, Mandarina Duck e Coccinelle comprati dai coreani di E. Land; Ferretti Yacht fi-nito ai cinesi, così come ormai cinese è oggi anche Benelli. Ancora, la pasta Bui-toni, l’acqua Sanpellegrino, i cioccolati-ni Perugina, il panettone Motta, l’Antica Gelateria del Corso e la Valle degli Orti sono di proprietà della multinazionale svizzera Nestlé, mentre la francese Lac-talis ha acquistato i marchi Galbani e Invernizzi, Cademartori, Locatelli e, lo

scorso giugno 2011 l’intera Parmalat. Agli spagnoli è andata la Star, la società italiana leader nei dadi da brodo, e sem-pre spagnoli sono oramai gli oli Sasso e Carapelli.La catena Coin, fondata nel 1916 da Vittorio Coin, oggi appartiene alla fran-cese Pai Partners. La Standa, fondata nel 1931 da Franco Monzino, è finita all’austriaca Billa, controllata del grup-po tedesco Rewe. La anglo-olandese Unilever ha acquistato i gelati Algida, le confetture Santa Rosa, il riso Flora e l’o-lio Bertolli. La Safilo, fondata nel 1878, che oggi produce occhiali per Armani, Valentino, Yves Saint Laurent, Hugo Boss, Dior e Marc Jacobs, è diventata di proprietà olandese.Solo nell’ultimo anno abbiamo ceduto all’estero marchi per un fatturato com-plessivo paria a 5 miliardi di euro, che diventano 51 se si estende il periodo a qualche anno in più, fenomeno che fa osservare anche al presidente di Col-diretti, Sergio Marini, come l’Italia stia diventando terra di conquista e diventi sempre più difficile tutelare i marchi nazionali dalle mire degli stranieri: “Si è iniziato con l’importare materie prime dall’estero per produrre prodotti trico-lori. Poi si è passati ad acquisire diretta-mente marchi storici e il prossimo passo rischia di essere la chiusura degli stabi-limenti italiani per trasferirli all’estero”.Dopo Gancia è, infatti, passata in mani straniere anche Ruffino e l’interesse nei confronti del settore vitivinicolo italiano non sembra affatto scemato, Il comparto dell’agribusiness di qualità italiano po-trebbe infatti diventare il nuovo target per il neo-colonialismo economico.

Nel 2011 abbiamo esportato circa 30 miliardi di merce con un incremento del 9% rispetto all’anno precedente e nonostante la crisi domestica, la crescita dell’economia globale continuerà a pro-durre dinamiche positive nella bilancia commerciale dell’alimentare e del vino italiano che vanta il 22% delle produzio-ni Doc dell’intera Comunità Europea.Purtroppo l’eccessiva frammentazione di questo settore, così come quello della gran parte del nostro sistema produttivo rende le nostre imprese di eccellenza facile preda di qualunque imprenditore straniero spesso, così come sono quelli tedeschi o francesi, anche agevolato dal credito facile e a basso costo. Del resto, da noi solo 2.400 circa sono le impre-se capaci di fatturare oltre 50 milioni di euro l’anno e in questo novero dobbia-mo considerare banche, assicurazioni, sanità e comparto pubblico in generale, mentre ben più di 4 milioni sono quelle che ne fatturano meno di due; inoltre ben pochi sono i gruppi nostrani capaci di andare a fare shopping e farsi rispet-tare all’estero: Barilla, Luxottica, Fiat, Ferrero e pochi altri, quindi? Quindi è senz’altro vero che fare impresa da noi è forse più difficile di quanto lo sia in qualunque altro paese occidentale, ma il nostro nanismo imprenditoriale non ci favorisce e a questo proposito le re-sponsabilità sono senz’altro diffuse.

PRODOTTO&MERCATO

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di siLvio bettini

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PENSIERI DI/ PENSIERI DI/

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lA BergAmo culturAleè unA città che non corre

a colloquio con il regista davide Ferrario: “negli anni il capoluogo orobico è diventato un centro di potere

e ricchezza con la presunzione di realizzare più di quanto sia nelle sue possibilità”.

di roSanna SCardI

Davide Ferrario, lei è nato nel Cremonese, ha vissu-to a lungo a Bergamo e l’amore l’ha portata a To-

rino. Come si considera? “Sono arrivato a Bergamo a 4 anni e ci sono rimasto fino a quarant’anni. Ed è qui che si è formata la mia educazione. Una bergamaschità che mi sono portato dietro anche in Piemonte e che si mani-festa attraverso serietà e caparbietà”.Dunque, l’ha forgiata più il territorio della famiglia?“Avevo dei genitori normalissimi, mam-ma casalinga e papà impiegato di banca. Ma ho un pessimo concetto della fami-glia italiana in generale, credo che sia la radice di molti nostri guai e un’incuba-trice per l’infelicità”.Non le sembra di esagerare?“Guardi alla violenza sulle donne e agli abusi sui minori: l’85 per cento avviene all’interno delle mura domestiche. Ci sarà un motivo se il primo sospettato in un omicidio è il coniuge?”. L’amore però è una forza innegabile anche per un pessimista come lei, tan-to che per stare accanto alla sua com-pagna si è trasferito a Torino.“Dire che per una donna si può fare di tutto è un’esagerazione da Baci Perugina.

Anche se ammetto di aver fatto qualche pazzia per amore che oggi mi vergogno di rivelare. In ogni caso, il bisogno e il de-siderio di stare insieme è uno degli istinti più profondi dell’essere umano”. Quindi non crede nell’amore eterno?“Non credo nel matrimonio. Non c’è nul-la che duri per sempre. Una storia tra due persone si basa sulla passione e sull’o-nestà, che comporta anche il saper dire quando il primo sentimento non c’è più”.Allora qual è la chiave per la felicità?“Volare bassi e sapersi accontentare”.Torniamo a Bergamo, quali sono i pregi e i difetti?“Il fatto di essere sempre stata una città di provincia nel bene e nel male. Senten-dosi inferiori rispetto ai cittadini della metropoli milanese, i bergamaschi da un lato sono stati rancorosi e arrabbiati,

dall’altro hanno cercato di colmare il di-vario. Oggi Bergamo da città emarginata, da dove negli Anni Settanta si emigrava, è diventata un centro di potere e ricchezza tanto da avere la presunzione di realizza-re più di quanto sia nelle sue possibilità”.La velleità più grande?“Concorrere al titolo di capitale euro-pea della cultura nel 2019. In ambito industriale la capitale orobica c’è, basti pensare alle candidature di Squinzi e Bombassei ai vertici di Confindustria. Ma dal punto di vista culturale è ferma. Una città che non corre”. Dalla cultura e impresa alla politica. Ma si può davvero ricostruire un si-stema più credibile?“Non ci sono speranze nel rinnovamen-to perché non c’è un rimpiazzo di nuove generazioni. Il mio film “Piazza Garibal-di”, uscito l’anno scorso, pone una pietra tombale su qualsiasi possibilità di futu-ro. Alla base c’è un ragionamento che si fonda su dati demografici: tra cent’anni ci saranno dieci milioni di sessantenni e se non fosse per gli immigrati saremmo destinati a scomparire. Dobbiamo finire di pensare di essere belli e giovani. Berlu-sconi è rimasto al potere per anni perché si auto-convinceva di essere immortale tanto che andava con le ragazzine”.Dunque, che futuro ci attende?“Siamo vecchi e in declino. Dobbiamo

ammetterlo a noi stessi. Molto meglio mettersi il cuore in pace e vivere la no-stra età con dignità”.Nel 2008 è uscito “Tutta colpa di Giuda” ambientato alle Vallette di Torino, frutto di anni di collabora-zione nelle carceri. Prosegue con que-sta attività di volontariato?“Dopo il film, saltuariamente. Certi tipi di relazioni diventano come dei rapporti sentimentali. C’è bisogno di prendere le distanze per non cadere nella routine”. L’indulto è un rimedio al problema dell’affollamento nelle celle?“È come il condono nell’edilizia. Si cer-ca di sanare una situazione avariata, ma senza esito”. La affascinano figure della mala come Francis Turatello o Renato Val-lanzasca?“Trascurerei l’elemento romanti-co. Comunque, ho svariati amici che hanno compiuto delitti atroci pur non essendo saliti alla ribalta delle cronache. E anche se c’è un

solco profondo tra chi commette un de-litto e chi no, il male resta affascinante, come il pensare il perché una persona commetta un omicidio e un’altra no”. “Cesare deve morire” dei fratelli Ta-viani è in corsa all’Oscar, la sua opi-nione?“È un brutto film, politically correct e caratterizzato da luoghi comuni che però possono far breccia in una nicchia di intellettuali. Ma chi ha esperienza nelle carceri non può fare a meno di do-mandarsi che roba sia”. Sono molti in Italia a usare il teatro come cura. Pensiamo anche ai pazien-ti psichiatrici della Fondazione Emi-lia Bosis. Il palco ha potere salvifico?

“Non esiste nulla che possa salvarci o darci la redenzione, anche il mondo è destinato a perire. Il teatro e il cinema però possono aiutarci a vivere, darci la consapevolezza laddove c’è necessità di trovare un equilibrio”. La musica è determinante nei suoi film, spesso racconta più dei dialo-ghi. Cosa ascolta?“Sono affascinato da tutto, cercando co-lonne sonore non ho un orecchio solo, anche se prediligo classica e jazz e mi annoia la musica italiana sia che si tratti di cantautori blasonati sia delle canzo-nette pop di Sanremo”. Molti giovani vogliono diventare re-gisti. Quale consiglio dà loro?“Io ho cominciato curando un cineforum

a Bergamo e distribuendo film che nessuno voleva vedere. Poi è stato naturale per me passare dietro la macchina da presa. La prima cosa che domando ai ragazzi è: avete qualcosa da dire? Altrimenti, sugge-risco di andare a studiare per diven-tare un avvocato, è molto più sem-

plice. Ma se sei un autore, possiedi un tuo stile per raccontare una determinata storia e questo bisogno viene dal profondo, lo fa-rai inevitabilmente e metterai la tua vita al servizio di quest’arte”.

la scheda

Davide Ferrario è nato a Casal-maggiore nel 1956 e si è trasferito a Bergamo all’età di quattro anni. Regista, sceneggiatore e scrittore, prima di passare dietro la cinepre-sa, ha curato un Cineforum, distri-buito pellicole e allestito rassegne cinematografiche in varie città ita-liane. Nel 1987 realizza il suo primo corto, “Non date da mangiare agli animali”. Due anni dopo dirige il suo primo film, “La fine della not-te”. Nel 1991 realizza il documen-tario sulla Lega Nord, “Lontano da Roma”. Il film “Dopo mezzanotte” ottiene nel 2005 tre nomine al Pre-mio David di Donatello. Tra i suoi film, anche “Guardami” dedicato al mondo del porno e “Tutta colpa di Giuda” realizzato all’interno del carcere Le Vallette di Torino.

La velleità più grande?Concorrere al titolo di capitale europea della cultura nel 2019

Ho un pessimo concetto della famiglia italiana, credo che sia la radice di molti nostri guai

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RUBRICALA/

GENNAIO/FEBBRAIO 12/DODICIMESI

STRATEGIA D’IMPRESA

La chiave della competitività dell’indu-stria è oggi più che mai il costo dell’e-nergia, le cui variazioni da paese a paese sono determinanti per la sostenibilità economica locale; questo vale in parti-colare per le produzioni metallurgiche, indicate correntemente come attività ad elevato assorbimento energetico, anche se il problema sussiste per l’insieme del sistema industriale, dal manifatturiero alle costruzioni, ai servizi.L’Italia, senza diversificazione dell’of-ferta, più fonti di generazione e mag-giori interconnessioni con l’estero, non ha un vero mercato concorrenziale dell’energia ed è penalizzata molto di più di altri in Europa: rispetto a paesi come Germania e Francia le nostre im-prese hanno costi energetici maggiori rispettivamente di oltre il 60% e di oltre l’80%. Sono particolarmente esposti i consu-matori industriali dei settori ad alta in-tensità energetica. Ricordiamo un caso di cui si è parlato spesso in questi ultimi tempi, quello dell’industria dell’allumi-nio primario, un settore che, se dovesse pagare l’energia elettrica alle condizioni standard del mercato nazionale, si trove-rebbe un onere quasi triplo rispetto alla media europea di 31,3 euro/MWh nel 2011, e quadruplo rispetto alla media mondiale riportata (escludendo la Cina) in 24,3 euro/MWh. Si tratta di dati con-tenuti in un recente studio della società inglese di analisi e ricerche di mercato sulle materie prime, Commodities Re-search Unit CRU. I numeri non hanno bisogno di altri commenti, lo svantaggio sulla bolletta energetica è fuori misura per le nostre

imprese ed è un differenziale non tol-lerabile per le industrie che hanno l’e-nergia tra le principali componenti di costo; e non solo per quelle classificate come energivore, come la metallurgia primaria, ma anche per i settori a valle della filiera, come le trasformazioni e il riciclo, penalizzati da uno svantaggio competitivo del 30% circa rispetto alla media europea. Rendiamoci conto che per questo tipo di imprese l’energia è un problema vitale, non solo in Italia, però qui da noi la questione necessita di un livello di attenzione massimo, perché il nostro paese, per fortuna, ha un bene fondamentale da difendere, una valida manifattura meccanica; questa è colle-gata agli approvvigionamenti domestici di materie prime, a dispetto delle diffi-coltà riesce a rimanere il principale con-tributore al Pil e all’export, però invoca a gran voce una strategia energetica na-zionale, inserita nel quadro di una poli-tica economica ed industriale. Come se non bastasse, a partire dal 2013 il settore della metallurgia non ferrosa sarà incluso nel sistema ETS (Emission Trading System, il sistema di controllo delle emissioni di gas ad ef-

fetto serra), adottato dall’UE nel quadro delle politiche per contrastare il cam-biamento climatico, che induce pesanti oneri economici, diretti e indiretti, pur-troppo sconosciuti alla gran parte della concorrenza extraeuropea. A causa dei meccanismi di mercato, il costo delle emissioni di CO2 sostenuto dai produt-tori di energia si riversa quasi automati-camente sui prezzi dell’elettricità, ed è anche per questo che in Europa i costi dell’energia hanno subito un’impennata così significativa negli ultimi anni. L’in-dustria europea del settore viene sotto-posta in pratica a un doppio onere per le emissioni, direttamente in relazione ai costi di riduzione delle proprie emissio-ni dei gas effetto serra e indirettamente per la trasformazione dei costi di emis-sioni di CO2 in costi energetici, effet-tuata dai produttori di energia. Il proto-collo di Kyoto è certamente un obiettivo da perseguire, però gli inevitabili oneri non dovrebbero ricadere solo sull’indu-stria, con il rischio di aprire la strada alla deindustrializzazione; il problema come detto è un po’ di tutta Europa, ma è il nostro paese quello che rischia di più perché è quello che un sistema indu-striale ce l’ha, ancora. La fase recessiva, che interessa l’economia nazionale in-sieme ai Paesi dell’Eurozona, ha portato all’esaurimento dei margini di resisten-za del sistema, ora servono idee e misure correttive concrete per far riconquistare competitività alle imprese.

COStI ENERGEtICIEMISSIONIed

rischio competitivitàper l’industria italiana

di MArio ConservA

L’intero ricavato del nuovo spettacolo teatrale di Gioele Dix – organizzato

dalla Fondazione Credito Bergamasco – sarà devoluto alla Caritas

Diocesana Bergamasca a sostegno del “Fondo di solidarietà

Famiglia – Lavoro”.

I biglietti per assistere allo spettacolo sono in vendita a Bergamo –

presso la biglietteria del Creberg Teatro, via Pizzo della Presolana

(tel. 035 343434) e Dentico, via Cesare Battisti 7/a (tel. 035 217353)

- con i seguenti prezzi (comprensivi di prevendita): primo settore

euro 18,00 cad. – secondo settore euro 13,00 cad. – terzo settore

euro 7,00 cad. Vendita on line al sito www.vivaticket.it

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www.fondazionecreberg.ite-mail: [email protected]

DAI CREDITO ALLA SOLIDARIETÀ - 12A EDIZIONE

Creberg Teatro Bergamo

13 febbraio 2013 alle ore 21.00

NASCOSTODOVE C’È

PIÙ LUCE

DR

IVE

PD

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1716

PENSIERI DI/ PENSIERI DI/

12/DODICIMESIGENNAIO/FEBBRAIO GENNAIO/FEBBRAIO 12/DODICIMESI

“il guAio è chele BAnche hAnno cAmBiAto mestiere”

Parla l’industriale roberto Bottacini, amministratore unico della Pneumax. “Gli istituti di credito si sono dedicati alla finanza speculativa, hanno perso

milioni e oggi non s’arrischiano a prestare 200mila euro a un’azienda”.

di donaTeLLa TIraBoSCHI

roberto Bottacini, lei è un felice caso di imprenditoria orobica d’adozione...“Sono approdato da Brughe-

rio dove avevo impiantato una piccola officina a Lurano nel lontano 1969 e non mi sono più mosso da qui”. Una piccola officina nata per caso in un garage?“Una volta si poteva cominciare anche da lì. Era tutto più semplice, adesso l’Asl imporrebbe la chiusura immediata. Era-no tempi diversi, il lavoro non mancava e le banche ti davano le 20mila lire per comprare il trapano per lavorare”.Adesso il trapano, non solo non lo danno, ma lo tolgono…“Da una parte hanno una ragione ma anche tre torti. Le banche hanno cam-biato mestiere, si sono dedicate alla finanza speculativa, utilizzando i soldi dei risparmiatori. Hanno perso milioni di euro e avendo rischiato troppo, non si arrischiano a prestare 200mila euro a un’azienda che ne ha bisogno”.È diventato bergamasco a tutti gli ef-fetti…“Avevo già frequentato le scuole dell’ob-bligo a Ponte San Pietro e, dunque, ber-gamasco già sentivo di esserlo un po’. Ho imparato il dialetto. Riesco a parlarlo perfino meglio di chi è nato qui”. Che cosa apprezza degli orobici?

“La grande voglia di lavorare, che non è però mai fine a se stessa, coincide con la voglia di realizzare qualcosa e di rea-lizzarsi intimamente attraverso il lavo-ro. È una forma di gratificazione anche personale”.Come pensa che la giudichino suoi operai?“Magro e veloce”. Cosa significa, per un capitano d’in-dustria “velocità”?“Quello che stabilisce anche la legge fisica: la capacità di realizzare più cose nella stessa unità di tempo. Ammesso di non commettere errori gravi. Velocità è anche intuizione”.La sua migliore intuizione?“Non saprei. Viviamo costantemente pressati dai tempi che vanno veloci e quindi dalle intuizioni che il mercato ci impone. Magari su dieci, nove non sono buone, ma ne resta una produttiva”.Come si riesce a rimanere a galla in un settore come quello metalmeccanico?“Fortunatamente il nostro comparto non è legato a situazioni contingenti, non segue la moda e può contare su una rete capillare all’estero”.Lei lavora molto con i tedeschi…“Sì, è un ottimo mercato e lavorano con grande logica, apprezzando qualità ed economicità”.Che cosa invidia dell’imprenditoria straniera?“Invidia è un concetto che non conosco. Apprezzo le cose fatte bene, in Italia come nel mondo, mentre quello che non capisco sono gli enormi indebitamenti, milioni di euro. La nostra prima preoccupazione è quella di tenere i bilanci in ordine”.Come ci si riesce, dati i tempi?“Investendo molto, in innovazione e in ricerca. In azienda ho diversi tecnici che se ne occupano a tempo pieno e il loro costo non incide in modo sostanziale sul bilancio economico. Sono una risorsa importante, se si vuole crescere”.Come si motiva il personale?“Dandogli quella responsabilità che si traduce poi nell’esemplificazione del loro impegno e del loro ingegno”. Che giudizio dà di Monti?“Ha fatto molto per rimettere soldi

in cassa, ma non ha attuato iniziative concrete per lo sviluppo a favore delle aziende, ed è stato un grande errore”.La politica?“Negli ultimi 25 anni sono state sulla scena persone che non solo non hanno inciso ma che non hanno neppure avuto il sentore di che cosa significhi fare po-litica. La loro vita comincia e finisce in tivù. Gente come De Gasperi, ha sapu-to dare qualcosa alla nazione. I politici di adesso sanno solo chiedere. Quando leggo i giornali, oltrepasso le prime quattro pagine: leggerle equivale ad ar-rabbiarsi e basta.”.Confindustria?“Non si rende conto della realtà che è fat-ta dalle nostre aziende. Non esistono solo l’Ilva e la Fiat. Esistono migliaia di picco-le aziende che occupano l’80 per cento della manodopera. Sono operai che pa-ghiamo e che non lasciamo a casa in cassa integrazione. Cassa che sarà sì anche un ammortizzatore sociale ma che non mette quasi nulla in tasca all’operaio”. Cucinelli ha diviso 6 milioni di utili tra i suoi operai…“Potendolo lo faremmo anche noi. Negli anni in cui avevamo surplus di bilancio, abbiamo dato un aumento di stipendio del 10, 15 per cento che forse vale di più dei sei mila euro che gli operai di Cuci-nelli si porteranno a casa”. Un segnale forte?“In Italia ci sono molti imprenditori che fanno gesti di questo tipo non con lo spirito del padrone magnanimo, ma sottintendendo un semplice messaggio: se va bene l’azienda vai bene anche tu. Anche la mia azienda dà il premio di ri-sultato, pure se il risultato non arriva per fattori contingenti indipendenti dal loro impegno”. Un esempio che molti suoi colleghi industriali non hanno seguito…“Se manca la motivazione alla proprie-tà è impossibile motivare i dipendenti. Hanno pensato a tutto fuorché a quello che più conta”.La sua agenda giornaliera cosa prevede?“Nove ore lavorative di media, che co-minciano con un giro in azienda per programmare il lavoro e valutare collet-

tivamente le varie problematiche”. Le sue figlie lavorano in azienda: è quello che immaginava per loro?“Fondamentalmente sì”.Che futuro hanno i nostri giovani?“Nessuno penserà per loro, dovranno pensarci da soli. Non dovranno farsi illu-sioni. Dovranno puntare ad una buona preparazione per riuscire a cavarsela”. Più in generale che futuro ci aspetta?“Nell’immediato non facile, a medio ter-mine discreto, a lungo starà a noi”.Che valore ha l’amicizia nella sua vita?“Un valore affettuoso, ogni anno mi ri-trovo con i compagni di classe del diplo-ma conseguito nel ’60”. Guardandosi dietro, rimpiange qual-cosa?“Dei tempi passati si ricordano solo le cose belle”.Rifarebbe tutto quello che ha fatto?“Forse rischierei qualcosa in più”.Se fosse il sindaco di Lurano?“L’attuale primo cittadino fa benissimo il suo mestiere. Si impegna molto per ri-solvere i problemi che si presentano, c’è una grande attenzione al sociale”.Cosa si aspetta dal 2013?“Sarà un anno faticoso, i grandi numeri non cambieranno”. Se non avesse fatto l’industriale?“Avrei fatto l’agricoltore, perché dà gli stessi risultati. C’è immediatezza dei ri-sultati”.

la schedaClasse 1938, Roberto Bottacini, mi-lanese di nascita ma bergamasco d’adozione, è fondatore, insieme a Giuseppe Beretta, della Pneumax di Lurano. Un self made man che, partendo nel 1976 da una piccola officina, ha dato vita ad un’azienda leader nel campo delle componenti e apparecchiature per l’automazio-ne ad aria compressa che oggi ha raggiunto un fatturato di 70 milioni di euro e conta oltre 500 dipenden-ti, con filiali e uffici di rappresen-tanza in tutto il mondo. L’ultimo ad essere aperto, lo scorso marzo, quello in Brasile.

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Il gruppo Oldrati tra i vincitori del premio “Di padre in figlio” Il premio “Di padre in figlio – il gusto di fare impresa”, giunto

quest’anno alla sua quarta edizione, ha visto il Gruppo Oldrati vincitore nella categoria “Giovane imprenditore”. Il premio, promosso da Eidos Partners, dalla Camera di Commercio Monza Brianza e dalla Camera di Commercio di Milano, è andato a Manuel Oldrati (nella foto), amministra-tore delegato dell’omonima società con sede a Villongo, Telgate e Adrara S. Martino (Bg) e Adro e Palazzolo (Bs) e ha riconosciuto il gruppo tra i passaggi generazionali più virtuosi. Premiato nelle scorse settimane alla Borsa Italiana a Milano da una giuria pre-sieduta da Mauro Magatti, preside della Facoltà di Sociologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il Gruppo Oldrati – da quasi cinquant’anni protagonista nel mercato nazionale ed internazionale della gomma – è stato scelto tra le circa sessanta aziende partecipanti all’ edizione 2012.

L’Abia: “Un 2102 difficile per il comparto agromeccanico” Per l’Abia-Confai (l’associazione bergamasca dei contoterzisti

agrari) il comparto agromeccanico evidenzia una situazione con luci ed ombre. “Alla tenuta sostanziale dei fatturati delle aziende agromeccaniche bergamasche – osserva il presidente Leonardo Bolis – che complessivamen-te realizzano un volume d’affari stimato in quasi 90 milioni, fa da contral-tare un 2012 che è stato caratterizzato dall’aggravarsi di numerose voci di costo aziendale, a partire da quella relativa al consumo di gasolio agricolo. Quest’ultimo ha infatti registrato negli ultimi due anni un incremento su-periore al 40%”. Le previsioni? “L’intero settore primario dovrà seguire con attenzione l’esito della discussione sulla nuova Pac: il primo semestre 2013, infatti, sarà verosimilmente cruciale per il delinearsi delle nuove norme della politica agricola comune che dovrebbero entrare in vigore a partire da gennaio 2014, salvo proroghe del regime attualmente in corso”.

Mezzo secolo d’attività, medaglia d’oro a tre commercialisti All’Alt di Alzano s’è tenuta la tradizionale serata di fine anno

promossa dall’Ordine dei Commercialisti e degli Esperti Contabili di Ber-gamo. Un’occasione anche per premiare chi si è distinto per la propria attività professionale e dare il benvenuto ai giovani neo-iscritti, ben 37. Tre iscritti all’Ordine sono stati premiati con la medaglia d’oro per i 50 anni di attività: Angelo Gambardella, Giuseppe Pastore e Giovan Battista Geneletti. Cinque hanno ricevuto la collana della Fondazione della Storia Economica e Sociale di Bergamo per i 40 anni di lavoro e 23 la medaglia d’argento per i 25 anni di attività. Ecco i loro nomi: Con 40 anni di anzianità professionale: Carlo Callioni, Giovanni Battista Rota Pasquale Formica, Claudio Scola ed Edoardo Gatti. Con 25 anni: Licia Arsuffi, Adele Pedretti, Piergiulio Bizioli, Luciano Poggio, Annamaria Bruno, Roberto Polini, Claudio Carretta, Monica Possenti, Giuliano Di Gregorio, Andrea Puppo, Maria Grazia Fortini, Giusep-pe Rota, Valter Gardoni, Giacomo Solitario, Giorgio Giudici, Franco Torda, Pietro Longaretti, Diego Verdi, Pier Luca Mazza, Maurizio Zorza, Stefano Mercorio, Gianfranco Zucca e Domenico Mercurio.

Ascom, ancora “Vantaggi” per i commercianti associati Con 18 convenzioni – siglate per aiutare i commercianti a gestire

la propria impresa, a competere sul territorio e a sfidare la crisi – torna “AscomVantaggi”, l’iniziativa promossa dall’Associazione di via Borgo Pa-lazzo, a Bergamo. A disposizione delle pmi del commercio, dei servizi e del turismo associate, un carnet di offerte a prezzi agevolati grazie all’accordo con diversi partner operativi nei campi delle pulizie, dei trasporti, dei me-dia, delle spedizioni, dello sport, dello spettacolo, dell’arte e della salute. Sull’e-commerce, AscomVantaggi è la prima a livello nazionale a siglare con Poste Italiane un accordo che prevede condizioni molto vantaggiose per chi accede al nuovo servizio. Il direttore dell’Ascom, Luigi Trigona: “Un’oc-casione per dare più sprint alla propria attività”.

BACHECA/

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Bergamo, in due anni dimezzatele vendite di veicoli commerciali Confermata anche nel 2102 la continua e netta caduta delle

vendite di auto. Bergamo non si sottrae all’andamento generale. Secondo i dati dell’Unrae, l’Associazione delle Case automobilistiche estere in Italia, le immatricolazioni di auto e fuoristrada nella nostra provincia sono scese in un anno del 22,6%, passando da 31.218 a 24.160, cioè più di settemi-la vetture, che vanno ad aggiungersi alle 5.400 perse dal 2010 al 2011 (-14,7%). Una flessione ancora più netta ha investito i veicoli commerciali, vera e propria cartina di tornasole dell’andamento dei settori produttivi, capace di registrare la fiducia o meno nelle prospettive di crescita delle aziende. Nella nostra provincia il calo è sta-to del 33,9%, e segue quello già consistente (-24%) del 2011. Prendendo in considerazio-ne gli ultimi due anni, le immatricolazioni di veicoli commerciali si sono quindi dimez-zate, passando dalle 5.060 del 2010 alle 2.517 del 2012.

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PENSIERI DI/ PENSIERI DI/

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Eddy e Freddy Maertens. Quest’ultima competizione fu per me un insegnamen-to di vita, che dovrebbe valere anche per i giovani”. Quale? “Che il treno passa una volta sola, ma tu devi essere pronto a prenderlo. Anche in quell’occasione Eddy parte in volata e io dietro a ruota. A 250 metri dall’ar-rivo, raggiunto Maertens, Eddy non va avanti, così esco io, battendo entrambi”. Com’è il ciclismo di oggi?“Molto più esasperato di quello di allo-ra. Stiamo uscendo da un periodo diffi-cile, anche se ritengo che i laboratori di controllo dovrebbero migliorare il loro lavoro”.

L’ha colpita la squalifica di Armstrong? “Trovo assurdo che sia stato squalifica-to e che gli siano stati tolti tutti i titoli. In quegli anni Armstrong aveva fatto innumerevoli controlli, prima e dopo le gare, ed era sempre risultato pulito. Mi devono spiegare, quindi, come diamine fossero stati fatti quei controlli e che senso hanno quelli di oggi! Anche se un asino dopato non può certo diventare un cavallo da corsa”. Crede che oggi, con gli sponsor e il denaro che ruota attorno al ciclismo, un campione sia libero di dire no al doping?“L’atleta è libero di decidere per sé. Non è proprio il caso di rischiare di es-

sere positivi al doping per le pressioni dello sponsor, molto meglio mandarlo a quel paese!”. Pantani incarna, forse più di altri, il mito del grande atleta che cade a ter-ra, sporcato dal doping e abbandona-to da tutti?“No, non è stato abbandonato, semmai è stato lui che si è isolato. Era un sogget-to difficile da gestire. Avrebbe dovuto rialzarsi, come quando cadi dalla bici e ricominci la gara. Invece, isolandosi, il trauma della squalifica l’ha buttato com-pletamente a terra. Sono convinto che passati gli anni, nessuno si sarebbe più ricordato di nulla. Tutto passa”. Riesce a immaginare un futuro senza doping?“Sì, perché sono convinto che noi italia-ni, oggi, siamo i più puliti”. Quest’anno ha festeggiato i 70 anni. È difficile accettare il tempo che passa? “Non più di tanto, ho accettato la vita che cambia. D’altra anche quando decisi di ritirarmi, nel 1979, accettai di non essere più competitivo come prima”. Che nonno è?“Presente, ma non eccessivamente, per-ché ho bisogno di avere ancora i miei spazi. Non smetto di lavorare proprio per questo, perché se dovessi stare a casa mi sentirei invecchiato, sia fisica-mente che psicologicamente”. Spera che suo nipote faccia il ciclista?“Deciderà lui. Per ora è piccolo e lo por-to in giro con la mia mountain bike, poi si vedrà”.

la schedaFelice Gimondi nasce a Sedrina nel 1942. Ha vinto 141 corse. È uno dei cinque corridori ad aver vinto tutti e tre i Grandi Giri: Tour de France, Giro d’Italia e Vuelta. Assieme a Eddy Merckx, suo grande rivale, è l’unico ad aver vinto Giro, Vuelta e Tour per tutte le tappe, Parigi-Rou-baix, Milano-Sanremo, Giro di Lom-bardia e Campionato del Mondo per le classifiche di un giorno. Ha concluso la carriera su strada col Giro dell’Emilia nel 1978, mentre la sua ultima apparizione da atleta fu nel 1979 nella Sei Giorni.

Grazie a questo sport ho imparato che il treno passa una volta sola, e devi essere pronto a prenderlo

“QuAnti piccoli ciclisti tArpAtiDAi propri genitori!”

Intervista a Felice Gimondi. “Vedo ragazzini sgridati se sbagliano una volata. È un errore, è giusto che a quell’età prendano lo sport come un gioco,

non come un’imposizione”.

di GIordana TaLaMona

ha da poco compiuto set-tant’anni ben portati, Feli-ce Gimondi, eroe di un ci-clismo lontano, dove la via

più lunga era preferibile ai risultati falsa-ti dal doping. Si racconta con un sorriso sulle labbra, Gimondi, ricordando que-gli anni in cui, col rivale numero uno, il “cannibale” Eddy Merckx, ha imparato il senso vero della vita: qualunque sia il tuo traguardo, corri e fai di tutto per raggiungerlo.Cosa è il ciclismo?“Uno sport che ti insegna a confrontarti con gli altri, a vincere, come a perdere, perché nella vita sono più le volte in cui si perde, di quelle in cui si vince. Il ciclismo ti regala anche un senso di libertà che nessun’altra carriera può darti. Quando senti il vento in faccia e alzi le braccia al cielo, sei il padrone del mondo”. Ai suoi tempi cosa contava più di tutto?“Il sapersi allenare duramente, quasi esaltarsi nella fatica. Devo dire, però, che lo stare accanto alla mia famiglia è stato fondamentale per me. Mi allenavo nella piccola squadra dell’oratorio di Se-

drina, senza esasperazioni. Ci si trovava tra amici per il puro piacere di andare in bicicletta, senza cercare, a tutti i costi, di raggiungere chissà quale obiettivo”. Trova che oggi ci sia troppa pressione sulle giovani leve? “Temo di sì, anche ai Giochi della Gio-ventù, dove ci sono ragazzini dagli 8 ai 12 anni, i genitori pretendono già dei ri-sultati. Li sgridano se sbagliano una vo-

lata, tarpando loro le ali. Invece è giusto che i ragazzi prendano il ciclismo come un gioco, non come un’imposizione”.Cosa consiglierebbe a un ragazzo che volesse fare questo sport? “Di abituarsi alla fatica, altrimenti è meglio non cominciare neanche, per-ché nessuno ti regala niente, tutto va conquistato. Lo sport è l’unico settore in cui la meritocrazia conta ancora. Non serve la raccomandazione o essere figlio di qualcuno noto. Ci sei tu e la tua voglia di arrivare, basta”.Se non avesse fatto il ciclista cosa avrebbe fatto nella vita?“Forse avrei lavorato nell’azienda di mio padre oppure, chissà, l’architetto”. Qual è la dote fondamentale per un ciclista?“L’istinto. Proprio da giovani bisogna im-parare a seguirlo, correndo fuori dal grup-po, sbagliando se serve. Bisogna avere il coraggio di “prendere il vento in faccia”, perché dopo servirà molto, se si avrà la for-tuna di passare al professionismo”. Il più grande campione di tutti i tempi?“Eddy Merckx. Andava forte su tutti i per-corsi, sulla cronometro, in salita e sulle di-stanze. Credo che non ci sia stato nessun altro atleta che, in dieci anni, abbia sop-portato il carico di lavoro di Eddy”.Le più grandi soddisfazioni?“L’aver vinto il Tour a 22 anni, l’essermi aggiudicato il Giro a 34 anni, cosa non facile undici anni dopo il Tour, e averla spuntata ai Mondiali contro due belgi,

Nella vita sono più le volte in cui si perde di quelle in cui si vince

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CONvEGNOiL/

reAl estAte nellA smArt citY

edizioni 12 presenta l’innovativo convegno

del 13 febbraio prossimo

all’auditorium di San Barnaba

a Brescia.

migliorare la città per arri-vare a migliorare la qualità della vita dei cittadini: in estrema sintesi, è questo

il concetto che sta alla base del progetto Smart City (ossia, città intelligente, razio-nale), avviato dall’Unione europea per fa-vorire la creazione di patti virtuosi tra am-ministrazioni pubbliche, imprese private e istituti di ricerca, al fine di dare concre-tezza a piani che promuovano il progres-so sostenibile dei centri urbani. Sia per questioni puramente storico-artistico-architettoniche, che per ragioni legate a gestioni del territorio spesso discutibili, condizionate da eccessi di superficialità e scriteriate espansioni urbanistiche, ri-salenti al periodo del boom economico del secondo dopoguerra), anche solo pensare di ridefinire l’assetto delle città italiane, costituisce un’impresa tutt’altro che semplice; ma, per quanto difficile, è chiaro che va affrontata, se veramente si vuole arrivare a vivere in aree urbane più rispettose dell’ambiente. Riguardo Brescia, la Leonessa si è, sì, distinta per essersi aggiudicata un contributo di 20 milioni di euro – da parte dell’Ue – per perseguire obiettivi “smart”, ma, fino ad ora, nulla si è mosso per mettere al centro dell’attenzione il tema dell’edilizia citta-dina privata e pubblica, nella prospettiva

di possibili (e auspicabili) interventi di riqualificazione per arrivare, appunto, a una “città intelligente”.Ed è proprio per rimediare a questa mancanza che Edizioni 12 e la testata on-line BsNews, scendono in campo organizzando il convegno “Real estate nella Smart City – Integrazione e svi-luppo”, in programma domenica 13 febbraio, al teatro San Barnaba di corso Magenta, a Brescia; il dibattito sarà divi-so in due parti (mattina e pomeriggio), e darà modo di ascoltare, e confrontare, i punti di vista di rappresentanti dell’am-ministrazione e delle associazioni di categoria locali, di figure dell’imprendi-toria bresciana, e anche di esperti prove-nienti da fuori provincia.A monte di tutto, due obiettivi: il primo, di carattere culturale, è avviare un nuo-vo atteggiamento, da parte dei singoli cittadini, nei confronti dell’edilizia. La considerazione di fondo è che, se si vuo-le realmente vivere in una città più eco-compatibile, diviene necessario essere in grado di capire la qualità degli immobili, avere le nozioni che servono per indivi-duare la casa costruita all’insegna del ri-sparmio energetico, avere le conoscenze per saper scegliere l’abitazione più ade-guata alle proprie esigenze e che sia dav-vero al passo con i tempi, che sia “smart”.

Seconda finalità del convegno è creare i presupposti per il rilancio dell’edili-zia, comparto che è uno dei fondamenti dell’economia italiana, e bresciana in par-ticolare, e che sta accusando in maniera gravissima gli effetti della crisi. Secondo gli organizzatori, la ripartenza del settore può senz’altro avvenire se l’amministra-zione interviene agevolando e riproget-tando quartieri dove la maggior parte degli immobili non rientrino nei canoni di eco-sostenibilità, ovvero dove ci sia un’alta percentuale di case non al passo coi tempi, abitazioni che, se si vuole ri-spettare l’ambiente, vanno “rottamate”, tutto ciò per incentivare il privato ad inve-stire in operazioni di recupero, o meglio, di “rottamazione”, per garantirsi oppor-tunità di lavoro e di profitto, mentre l’am-ministrazione centrerebbe l’obiettivo dello sviluppo urbano sostenibile, senza doversene accollare i costi.In definitiva, l’idea del convegno è pro-porre la Smart City, la città sostenibile, la città razionale, come (complesso) iter da completare grazie all’azione di ammini-stratori che creino le condizioni necessa-rie affinché i costruttori siano incentivati a impegnarsi nel recupero e nella rivalu-tazione – anche grazie alle tecnologie e ai materiali di ultima generazione – del tessuto immobiliare esistente.

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Real Estate nella Smart CityEDIZIONIDODICI

Convegno promosso da

13 febbraio 2013 Auditorium di San Barnaba

Brescia

Si ringrazia per la collaborazione

con i patrocini di

Camera di Commercio

Pro-Brixia•

Collegio dei Costruttori Edilidella Provincia

di Brescia•

Collegio Geometridella Provincia

di Brescia•

Gruppo Giovani Architetti

della Provincia di Brescia

• Ordine

degli Ingegneridella Provincia

di Brescia

Comune di BresciaRegistrazione dei partecipanti 9,00

Moderatore: Ing. Marco Belardi,presidente dell’Ordine degli Ingegneri

Moderatore: Dott. Massimo TedeschiCorriere della Sera ed. Brescia

La Sostenibilità Ambientale,Economica ed Urbanistica

Arch. Eliana Terzoni, presidente Gruppo Giovani Architetti

9,30

Case History Modern LivingRoberto Baglioni, imprenditore

e Ing. Matteo Ghidini

10,00

Intervento Arch. Massimo CurziProf. Facoltà Architettura Leonardo

del Politecnico di Milano

10,30

Smart City e connettitività:ricerca e sviluppo – Connettitività

e imprese le nuove frontiereDott. Peli, ad Intred

11,00

Costruzioni in legno comevalida alternativa

alle costruzioni tradizionaliDott. Ilario Albertani,

Albertani & Corporates

11,20

Borsa ImmobiliareDott. Ziletti,

Camera di Commercio Pro-Brixia

11,40

Marmo in edilizia: soluzioni per il luxuryD.ssa Laura Olivari Guarda, MGM

12,10

Principi dello studio del ciclo di vita edificio applicato alle scelte sostenibiliDott. Alessio Pesenti, Nordzinc

12,40

Progettazione e gestione del sistema edificio-impianto per ottimizzare il comforte i consumi energeticiIng. Giovanni Ziletti, Casa Clima

13,00

Avv. Adriano Paroli15,00

Geom. Paolo Bettonipresidente Gruppo Giovani Costruttori

15,20

Dott. Andrea GranelliCittà intelligenti? Per una viaitaliana alle Smart Cities

15,45

On. Stefano Saglia16,05

Geom. Giovanni Platto,presidente Collegio GeometriLa burocrazia in edilizia

16,25

Tavola rotonda16,45

Mattina

Pomeriggio

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25GENNAIO/FEBBRAIO 12/DODICIMESI12/DODICIMESIGENNAIO/FEBBRAIO

in evidenza in evidenza

INAUGURATO IL CANALE DI

GRONDA SUD

24

È stato inaugurato lo scorso 17 novembre, nei pressi della SP 121 tra Lurano e Brignano, il Canale di Gron-da Sud, un’opera consortile fondamentale che renderà ancora più efficiente e quindi più sicura la rete idrica di deflusso delle acque della pianura bergamasca.

I lavori riguardanti la realizzazione dell’ultimo tratto del canale (circa 1,3 km), dopo la firma del contratto d’ap-palto con l’impresa P.A.C. Spa di Brescia a fine maggio 2010, hanno avuto inizio nel luglio 2011 e sono termi-

nati dopo circa 1 anno e 4 mesi, nel pieno rispetto dei tempi previsti. L’opera idraulica può perciò oggi dirsi completa, dopo oltre 27 anni dall’inizio del primo tronco del canale di Gronda Sud, realizzato dal Consorzio di Bonifica tra Cologno al Serio e Morengo.

Prima che il Canale di Gronda Sud venisse completato era stato realizzato il tratto intercorrente fra lo sbocco nel fiume Serio, a Morengo, e l’immissione proveniente dal depuratore RIA in Lurano. Proprio da questa posi-

zione ha inizio l’ultimo tratto di canale appena ultimato, che costeggia la zona industriale di Lurano, passa sotto la SP 121, attraversa i territori di Brignano e Castel Roz-zone fino a collegarsi al punto in cui il torrente Morletta confluisce nella roggia Brembilla.

Il mancato completamento del canale di Gronda Sud, determinando le immissioni delle acque vettoriate dal torrente Morletta nella roggia Brembilla di Brignano, non aveva, in passato, protetto alcuni centri abitati della zona dalle esondazioni. Come nel 2007, quando si alla-gò il centro di Castel Rozzone e come nel 2008 quando fu colpito il centro di Brignano, con l’acqua che era sa-lita a quasi un metro di altezza. Compito del Canale di Gronda Sud sarà perciò quello di raccogliere le acque provenienti dal Torrente Morletta e quelle in eccesso

dalla Roggia Brembilla per poi scaricarle nel fiume Serio.

Il completamento del Canale è stato reso possibile grazie ad un finanziamento della Regione Lombardia di 3,5 mi-lioni di euro, mentre il Consorzio di Bonifica ha contribuito con 3 milioni e 175 mila euro, per un ammontare com-plessivo del costo dell’opera pari a 6,7 milioni di euro.

Il Canale di Gronda Sud, già testato con successo, per-metterà la messa in sicurezza di una vasta area della pianura bergamasca compresa tra Ciserano e Moren-go, nel cui ambito ricadono i comprensori di 24 Comuni. Un’opera importantissima ed una soluzione definitiva ai rischi di allagamento della pianura bergamasca. Con in gioco la sicurezza del territorio, il Consorzio ha così sa-puto dare risposte concrete, efficaci e tempestive.

L’ultimo tratto dell’opera consortile, realizzata in un anno e quattro mesi, è stata finanziata per metà dalla Regione Lombardia. Il canale permetterà così la messa in sicurezza

di altri 7000 ettari di territorio della pianura bergamasca in 12 Comuni.

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INCHIESTAL/

12/DODICIMESI GENNAIO/FEBBRAIO 12/DODICIMESIGENNAIO/FEBBRAIO

caraibi, Thailandia e il Bel Paese

Due viaggi, tre realtà. La Thailan-dia, la Repubblica Dominicana e l’Italia. Tre paesi conosciuti

nel mondo come importanti mete turi-stiche. L’Italia è il secondo paese ma-nifatturiero in Europa, ha il terzo Pil del continente e il 9,3% del proprio Prodotto interno Lordo generato dal turismo. La Thailandia ha ormai un Pil di circa un terzo del nostro, fortemente orientato alla manifattura (principal-mente hard-disk per computer) ed una percentuale di turismo pari al 6,1%. La Repubblica Dominicana vive prin-cipalmente di agricoltura e risorse mi-nerarie e la sua quota di turismo sul Pil è dell’8,2%. Sia il paese orientale, sia quello caraibico negli ultimi anni han-no riscontrato un forte incremento del Pil pro capite raggiungendo un terzo di quello italiano rispetto al decimo di una quindicina di anni fa. Entrambi i paesi, che oggi possiamo definire “ex poveri”, erano tra le mete preferite del mondo occidentale per investimenti immobilia-ri, industriali e turistici. Costava poco il terreno e molto poco la manodopera, facile da reperire e molto disponibile in termini di diritti e di welfare. Essendo paesi molto poveri anche la piaga della prostituzione era molto diffusa e a basso costo ed unita ad una natura lussureg-giante ed incontaminata aveva portato ad uno sviluppo del turismo particolar-mente attrattivo per i ricchi occidentali. Oggi questi due paesi stanno attraver-sando momenti di forte cambiamento: la nascita dei voli low-cost, la sempre mag-giore facilità nei visti di ingresso e usci-ta, l’aumento del Pil pro capite e la cre-scita dei diritti civili, del welfare e della democrazia interna, pur avendo miglio-rato la qualità di vita delle popolazioni, non le affranca dall’essere subalterne ai paesi tradizionalmente ricchi e a quelli

emergenti. La differenza palpabile tra la Repubblica Dominicana e la Thailandia è che, nella prima la crisi statunitense ed europea sta penalizzando il turismo, mentre nella seconda il turismo è in de-cisa ascesa, grazie ai russi e soprattutto ai cinesi che, con voli di sole quattro ore, raggiungono il vecchio Siam. Al-tra differenza importante è il modello di sviluppo turistico: più stile “riviera adriatica” quello thailandese, fatto da strutture con funzioni sostanzialmente di hotel e residence con tutti i servizi all’esterno; modello che permette lo sviluppo di innumerevoli piccole attività imprenditoriali che fruiscono dei flussi di visitatori. Il modello dominicano è invece principalmente sviluppato ver-so le grandi strutture all-inclusive che, pur garantendo molti posti di lavoro, non favoriscono la nascita e la crescita di attività imprenditoriali, artigianali e di servizi, di piccole dimensioni e a in-vestimenti ridotti. Ma pur con prospet-tive e aspettative diverse tra quelle due nazioni, la sensazione più sgradevole e amara che si percepisce nel rientrare in Italia è la minore libertà e la minore speranza nel futuro di cui oggi godiamo nel nostro paese. La libertà di intra-prendere, la burocrazia e le norme fat-te di sostanza e non di forma, la ridotta presenza di caste economiche, politiche e sociali sono ormai aspetti che portano i Dominicani a non lasciare la loro casa, i thailandesi emigrati a cercare il ritorno a casa, e molti italiani a desiderare una nuova casa.

come non perDersi in un mAre Di sperAnZAViaggio in taxi nei paradisi tropicali

di GIorGIo CoSTa

Tre Paradisi a confronTo

rePuBBlica dominicana Thailandia iTalia

Tipo di governo

abitanti 2012

numero abitanticapitale

religione maggioritaria

Prodotto interno lordo in miliardi di euro

Prodotto interno lordo pro capite 2011 in €

Turismo sul PIL %

natalità 1x1000

densità di popolazione per km²

HIV tasso su adulto

alfabetizzazione tasso 2003

Penetrazione telefonia mobile tasso per 100 abitanti 2009

utenti internet 2009% su totale popolazione

Spese per la salute (% su PIL)

Democrazia rappresentativa

presidenzialeMonarchia

parlamentare

Democraziarappresentativaparlamentare

10 milioni 70 milioni 61 milioni

Santo Domingo2,8 milioni

Bangkok9,5 milioni

Roma2,5 milioni

Cattolica Buddista Cattolica

75 480 1471

7.400 7.500 24.500

8,2 6,1 9,4

19,4 12,8 9,1

207 130 203

0,9 1,3 0,3

84,7 93 98

88 105 141

27 26 47

6,1 4,3 9,3

s

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2912/DODICIMESIGENNAIO/FEBBRAIO GENNAIO/FEBBRAIO 12/DODICIMESI

INCHIESTAL/

con annesso capannone di lavorazione dei gioielli in leghe d’oro e d’argento a pochi carati; Bangla road il quartiere a luci rosse che la sera viene pedonalizzato e dove, tra locali di lap-dance all’aperto, travestiti e prostitute, girano famiglie di russi con bambini in carrozzella o a ca-valloni che guardano quella strana fau-na come allo zoo. In ultimo, un centro commerciale enorme e modernissimo, con un intero piano dedicato al mondo degli smartphone e dei tablet. Decido di investire un paio di ore lì e mi faccio mettere la pellicola protettiva sull’ipad e sull’iphone in uno dei tanti corner de-dicati. Gli addetti maneggiano i miei og-getti con sapienza, immersi in migliaia di cover coloratissime e kitsch. Il governo ha annunciato che a tutti i bambini di cinque anni sarà regalato un Ipad e ne rimango favorevolmente colpito. Ma-lee mi fa notare che l’ex primo ministro è il tycoon delle telecomunicazioni in Thailandia e che per lui sarà un enorme business il traffico generato dalle schede telefoniche dei tablet. Mentre mi rendo conto che tutto il mondo è paese, penso però a come nel crescere bagneranno il naso ai nostri giovani. L’aspetto che mi colpisce maggiormente è che, davanti a ognuna di queste mete, sostano decine di pullman. Sono turisti cinesi, a miglia-ia, a centinaia di migliaia che invadono la Thailandia. Si muovono con le loro numerose famiglie, figli, mamme, zie,

cognati e in poche ore arrivano da Pechi-no e riempiono hotel, centri benessere, ristoranti e negozi di chincaglierie. Stra-no, pensavo che fossero loro i produtto-ri di chincaglierie, Malee mi conferma invece che vanno pazzi per le perline coltivate e che la tappa nei grandi nego-zi è d’obbligo. Il lungomare è ricolmo di bancarelle e piccoli negozi. Orologi, massaggi, crepes alla nutella (sì, proprio quella Ferrero), vasche di pesciolini che fanno il pedicure, ristoranti, cambiova-luta, vestiti, pesce fresco e frutta. Tutto rigorosamente avvolto in un groviglio di cavi che scende dai pali elettrici. Una giungla di fili che ondeggiano al vento

Transessuali a Bangla Road a Patong.

che farebbe la felicità dei nostri ispettori dell’ENPI. “Per aprire un’attività o co-struire una casa, basta andare in comune e pagare la relativa tassa” mi spiega Malee, “la ricevuta di pagamento fa anche da licenza”. Malee ha anche un sito internet che tutte le sere ag-giorna da solo, una via di mezzo fra la guida turistica e l’agenzia di viaggi. “Ho molti clienti italiani e sto rispar-miando per comprare un catamarano usato per fare charter. Non servono mol-ti soldi ma devo fare l’assicurazione che è molto costosa e penso di metterci un paio di anni. Prima ne avevo una, ma lo tsunami l’ha spazzata via e non ero assi-curato. Guadagnavo bene, più di duemi-la euro al mese. Ho dovuto ricominciare da capo facendomi prestare la macchina da mia moglie per fare il tassista”. Malee mi riaccompagna all’aeroporto, la mia vacanza è finita. Non penso che tornerò in Thailandia. Mi sento proprio come quei turisti che visitano la costa Sme-ralda a vedere gli yacht dei ricchi. Qui i ricchi sono i cinesi e i russi e noi, poveri italiani, possiamo solo guardare.

viAggioin tAxinei pArADisitropicAli

PHukeT e PaTonG aCCIdenTI aLLo TSunaMI!

Malee Thjerry ha 39 anni e fa il tassista a Phuket. È padre di tre figli e vive con il più piccolo

di quattordici anni, avuto dalla seconda moglie che vive in Malesia. Due volte l’anno torna in Thailandia per un paio di settimane a trovarlo. Anche l’auto che usa Malee, una vecchia berlina Mitsu-bishi, è della moglie, come la casa in cui vive. “In Malesia – mi dice – stanno meglio e guadagnano di più, mia mo-glie, come addetta commerciale di un’a-zienda produttrice di hard-disk, ha uno stipendio netto di 800 euro lavorando circa dieci ore al giorno per sei giorni la settimana. Io faccio fatica a raggiungere 500 euro, tolti i costi del carburante, con turni di 18 ore al giorno”. Malee fa la spola tra l’aeroporto di Phuket Town, capitale dell’omonima e celebre isola thailandese, e Patong, una sorta di Ri-mini d’oriente. Parla un ottimo italiano e, per 200 euro (non trattati), si mette a mia disposizione per tutta la settima-na, mi dà il suo numero di telefono e in mezz’ora mi raggiunge davanti al mio hotel ogni volta che voglio fare un giro. Il traffico intorno a Patong è intenso a qualsiasi ora, strade tortuose e decisa-mente sottodimensionate allungano la durata dei tragitti. Fortunatamente, la musica etnica delle autoradio è sempre a volume contenuto (a differenza dei pae-si del Magreb) e si può tranquillamente dialogare anche durante le interminabili code. Phuket e Patong non sono Ban-gkok e le mete di interesse da visitare sono quasi inesistenti: qualche piazzuola bellavista; una gigantesca spa dall’impo-nente architettura orientale e con prezzi da capitale europea; il museo delle perle

caraibi, Thailandia e il Bel Paeses

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viAggio in tAxi nei pArADisi tropicAlidalle 500 alle 1.000 camere cadauno. Miguel è padre di tre figli, il maggiore ha 22 anni ed è nato per un “incidente” quando aveva solo sedici anni. “Da noi è normale avere figli da giovanissimi”, mi dice quell’uomo dagli occhi da bra-vo ragazzo, “purtroppo, dopo un paio di figli e qualche anno di matrimonio, moltissimi si separano, lasciando alle donne l’onere del mantenimento anche economico” lui invece ama ancora come il primo giorno la moglie, insegnante part-time di scuola media. Gli chiedo se il suo primogenito ha la fidanzata. Abbassa gli occhi con un sorriso im-barazzato: “Ne ho sentito parlare, ma in casa non ce l’ha ancora portata”. Mi offre una sim telefonica dominicana, ne ha alcune nel cassettino del cruscotto “ con queste spendi molto meno anche per chiamare in Italia, quando parti me

la ridai”. Per ricaricarla è ormai tardi, i negozi Orange o Claro chiudono alle 19, ma non è un problema, si ferma da-vanti ad una farmacia di turno e con mil-le pesos (circa venti euro) la dottoressa attiva un credito che mi basterà per tutta la settimana. Le farmacie lì sono un po’ dei bazar, ci trovi di tutto e le medicine sono quasi tutte di libera vendita. Mi-guel mi scrive il suo numero di telefono in caso di bisogno, pur sapendo che una volta entrato nel villaggio turistico, dif-ficilmente avrò bisogno dei suoi servizi. In effetti il villaggio è totalmente auto-sufficiente: spiaggia privata, sei risto-ranti, negozi, souvenir, addirittura un artigiano che fabbrica sigari davanti a te e, naturalmente, gite organizzate. Oltre alle solite isolette a base di chincaglie-rie e cocco fresco con la cannuccia nei villaggi di pescatori, opto per un mas-

sacro di otto ore di pullman all’interno. Si parte di buon’ora e già dalle nove le voci dei giovani turisti italiani sono più alte del rumore del vecchio diesel che ci trasporta grazie alle abbondanti dosi di coca cola e rum (più rum che coca), che un accompagnatore con gli occhi stria-ti di rosso distribuisce con generosità in particolare a se stesso. Un secondo accompagnatore, a causa del rumore, rinuncia sconsolato ad utilizzare il mi-crofono per illustrarci la gita. È un cin-quantenne posato dall’aspetto elegante e colto. Mi sposto, mi siedo vicino e lui mi parla in un italiano fluido e completo. Andrea Wellington è docente univer-sitario e fa la guida turistica nei giorni di riposo. “Nel nostro paese quasi tutti fanno più di un lavoro, anche tre o quat-tro. Da ogni attività guadagni dai cento ai trecento dollari al mese ma per vivere dignitosamente ne servono almeno sei-cento. A La Romana un appartamento in affitto costa dai 150 ai 250 dollari al mese. Pensa che un pompiere gua-dagna novanta dollari, lo si paga poco perché lavora a chiamata solo se c’è un incendio, deve quindi integrare facendo il tassista o l’ambulante, in modo da es-sere disponibile immediatamente per le emergenze. Ma adesso non stiamo male,

i veri poveri sono i tre milioni di immi-grati haitiani che vivono qui. Raccolgono canna da zucchero a mano e la caricano sui treni per tre dollari la tonnellata e un adulto sano e forte riesce a raccoglierne tre tonnellate al giorno con 10-11 ore di lavoro”. Chiedo a Wellington di pen-sioni, sanità e istruzione. “Con 35 anni di contributi andiamo in pensione con l’80% dello stipendio e il 100% con 40 anni. La sanità ospedaliera è gratuita per tutti, anche se per interventi importan-ti chi ha disponibilità va a pagamento a Miami. Meno positiva la situazione dei farmaci: sono a pagamento totale quasi tutti. L’istru-zione è totalmente gratuita, compresi i libri, anche l’u-niversità, se sei in linea coi tempi e i risultati. La mia guida continua: “gli italiani qui sono molto graditi e ne facilitiamo l’immigrazione, voi siete ricchi e noi mol-to poveri. Vi bastano due mesi per il permesso per costruire una casa e tre per aprire un’attività”. Dopo quanto mi ha raccontato ho qualche dubbio che siamo noi i ricchi e loro i poveri. Cambio discorso e chiedo informazioni sulle mete della gita. “Vedremo l’Altos de Chavon, dove

sono stati girati Apocalipse Now e King Kong, la chiesetta falso ‘600 costru-ita nel 1974 dove si è sposato Michael Jackson e Casa de Campo dove ci sono le ville di Madonna, di Jonny Depp e Lu-ciano Gaucci” i nuovi miti, penso scon-solato, ecco con che cosa i nostri amici dominicani sono capaci di fare business. Noi abbiamo solo Roma, Venezia, Fi-renze e poco altro.

BayaHIBe rd, quanTo È BeLLa La FaMIGLIa!

Villaggio di pescatori nell’isola di Saona

Chiesa di San Stanislao

Miguel Hoyos ha 38 anni e fa il tassista nella Repubblica Do-minicana. Con il suo vecchio

ma ben tenuto van Hyundai a otto posti, si muove tra La Romana e le rinomate località turistiche di Punta Cana, Bavaro e Bayahibe. Nell’orario di arrivo di voli si reca in aeroporto, sperando in qual-che turista che non abbia il transfert per l’albergo già organizzato in pullman dal tour operator. Durante la giornata sta-ziona davanti ad uno dei mega villaggi turistici che sorgono nella costa sud est della seconda isola dei Caraibi. La matti-na, dalle sette alle nove, e il pomeriggio, dalle cinque alle sei, effettua servizio di taxi collettivo per quei pochi lavoratori che hanno perso la “guagua”, la corriera pubblica che trasporta i dipendenti dei villaggi a inizio e fine turno di lavoro. La Romana è una città di oltre 200.000 abitanti nata settant’anni fa come quar-tiere dormitorio per i lavoratori del tu-rismo di quella provincia, dove le strut-ture hanno quasi un dipendente per camera e per la maggior parte vantano

caraibi, Thailandia e il Bel Paese

Nel fiume Chavos sono stati girati Apocalipse Now e King Kong

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QuAnDo l’iDeA innovAtivA

DiventA impresA Mettersi in proprio è un’aspirazione di molti, ma anche una necessità in tempi di crisi. un progetto nuovo e accattivante può fare la differenza. ecco cinque esperienze tra quelle “coltivate” dall’Incubatore della Camera di Commercio.

di anna FaCCI

A chi non si è accesa, almeno una volta, la classica lampa-dina? Chi non ha pensato di sviluppare un business tutto

nuovo a partire da un proprio bisogno, da una propria passione o dalle proprie competenze? Spesso l’illuminazione se ne va con la stessa rapidità con cui si è palesata, talvolta resta nel cassetto come risorsa di sfoderare se e quando si deci-derà di cambiare vita, in altri casi diventa una concreta ipotesi di lavoro. È in queste situazioni che può rive-larsi utile un supporto. Perché dietro all’entusiasmo ci sia anche una buona dose di concretezza e le nuove idee sopravvivano oltre la soglia critica dei primi anni – contro la quale, come di-cono le statistiche, si infrangono molti sogni imprenditoriali –, la Camera di Commercio di Bergamo mette a dispo-sizione una serie di servizi mirati, tra i quali l’Incubatore d’Impresa, una strut-tura all’interno del Centro formativo per la creazione d’impresa di Bremba-te Sopra, che accoglie le iniziative più innovative e fornisce agli aspiranti im-

prenditori spazi di lavoro, servizi, con-sulenze e l’importante valore aggiunto del confronto con “colleghi” allo stesso modo impegnati nello sviluppare la pro-pria attività. Che si tratti di un terreno fertile lo dimostrano i dati. In dieci anni l’Incubatore ha selezionato 104 pro-getti, di cui 84 sono stati realizzati, os-

sia il 75%. Settanta sono ancora attivi, pari al 90%. Nel 2012 ha ospitato 15 realtà, cinque delle quali legate al turi-smo, cinque alla sostenibilità ambienta-le ed energetica e 12 caratterizzate da un’impronta tecnologica. È tra queste che abbiamo selezionato cinque espe-rienze da raccontare. s

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ACCHIAPPANIMALI

le tecniche Apprese negli usA riportAno A cAsA fiDo e micioLa rassegna stampa – che spazia dai quo-tidiani e dai telegiornali nazionali alle trasmissioni più seguite fino ai periodici per tutte le età – la dice lunga sull’inte-resse suscitato dall’iniziativa. Ma dietro al clamore per un servizio atteso, anche perché tocca spesso le sfera affettiva, ci sono risultati capaci di dargli solidità. A luglio del 2010, sulla soglia dei trent’a-ni, due educatori cinofili, Andrea Gra-nelli e Luca Spinelli, hanno dato vita all’associazione AcchiappAnimali, por-tando in Italia, e in Europa, le tecniche per il ritrovamento di animali smarriti apprese a Seattle da Kat Albrecht, la prima pet detective degli Stati Uniti, che con un suo libro li ha “illuminati” su una nuova attività da fare con i cani e

per i cani. Il sistema parte dall’analisi del profilo dell’animale scomparso – cani e gatti soprattutto, ma non solo – che porta ad individuare i motivi dell’allon-tanamento e la zona che potrebbe aver raggiunto e ad intervenire con una serie di strumenti, dai maxiposter facilmente leggibili anche da chi è in macchina agli appostamenti, alle fotografie notturne fino al posizionamento di gabbie di re-cupero. Nelle ricerca hanno un ruolo fondamentale i loro cani, Napoleone, un Setter irlandese di sette anni, e Grace, Bloodhound di due anni e mezzo, appo-sitamente addestrati a seguire con il loro fiuto le tracce dello scomparso. “In due anni – racconta Andrea – abbia-mo seguito 400 casi e il tasso di ritrova-

mento è dell’80% quando l’intervento è richiesto entro le 48 ore dalla scomparsa e del 70% sul totale delle chiamate”. La prospettiva è un’espansione. “Le richie-ste sono molte – prosegue – ed essendo solo in due non possiamo soddisfarle tutte. Stiamo pensando di organizzare dei corsi di formazione e dare vita ad al-tre sedi, in particolare al centro e al sud, dove oggi non riusciamo ad intervenire di persona. Ci siamo rivolti all’Incuba-tore soprattutto per le consulenze giu-ridiche e commerciali, sui contratti e le modalità su cui impostare i rapporti con le altre sedi”. Andrea e Luca con-tinuano ad essere impegnati anche nel loro centro cinofilo, Dogzone, in città, l’unico con piscina per la riabilitazione,

e stanno mettendo a punto nuove idee per prevenire le fughe, dedicate questa volta ai canili e agli allevatori. “Quella di AcchiappAnimali è comunque un’at-tività di cui si può vivere – rileva Andrea –. Certo è un lavoro impegnativo, che prevede anche appostamenti notturni o di correre per chilometri, pure lungo una ferrovia o una strada provinciale, quando il cane ha fiutato una pista. Oc-corre una forte passione per la natura e gli animali, ma le soddisfazioni non mancano”. Quanto costa il servizio? “I prezzi non sono eccessivi – spiega –, ma abbiamo deciso di fissarli anziché preve-dere la libera donazione, per selezionare in qualche modo, tra i tanti casi di scom-parsa che si verificano, i proprietari più motivati, anche perché loro stessi hanno un ruolo attivo nelle operazioni”.

Luca Spinelli, Andrea Granelli e NapoleoneCopyright 2011 © Stefano Cavicchi Corriere della Sera

RIPAROTTO.COM

per i guAsti Domestici lA soluZione è “sociAl”A chi non è tra i fortunati che possono contare su un professionista di fiducia per la riparazione delle apparecchiature domestiche – elettrodomestici, audio e video, elettronica e computer, riscalda-mento e climatizzazione – ha pensato un ingegnere aerospaziale bergamasco, che dopo la laurea è passato ad occupar-si di informatica, sviluppo di software e siti, lavorando in grosse aziende, anche all’estero, fino a decidere di sviluppare in proprio la sua idea. Si chiama Fabio Riva è di Lurano e insieme a un collega che vive in Spagna ha reso operativo Riparotto, un servizio on line gratuito (www.riparotto.com) in grado di trovare con un sistema automatico il centro assi-stenza che fa al proprio caso e di fissare direttamente l’appuntamento.Basta registrarsi, compilare la richie-sta (fornendo dati come l’indirizzo, la

marca del prodotto, alcuni dettagli sul problema e gli orari in cui si vuole che l’intervento sia realizzato) e controlla-re la posta elettronica, dove arriverà il messaggio con la conferma dell’appun-tamento e le informazioni sul centro assegnato, compresi il costo dell’uscita e quello orario. Il tocco in più arriva dal web 2.0, cioè dall’utilizzo dei principi del social network. A intervento avvenu-to, infatti, Riparotto chiede una valuta-zione su diversi aspetti della prestazio-ne ricevuta, in base ai quali può stilare una “classifica” ed individuare i centri di assistenza più affidabili e di qualità. “Avevo bisogno di una riparazione – ri-corda Riva – e mi è sembrato naturale fare una ricerca in internet. Quello che ho trovato, però, è stato solo un elenco di attività, nel quale dovevo cercare di indovinare da solo quella che poteva Fabio Riva

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VESTIBILIA.COM

fAshion victim e negoZi si incontrAno onlineL’idea di mettere a punto un nuovo prodotto o servizio molto spesso nasce da un proprio bisogno, la classica lam-padina che si accende constatando che, in una certa situazione, servirebbe quel certo aiuto. Luca Ubiali, sviluppatore web di 31 anni, non fa mistero di non sapersi destreggiare nella scelta dell’ab-bigliamento, per questo ha pensato a un modo per rendere più semplice trovare il proprio look tra le molteplici offerte del settore, utilizzando il canale che più gli è congeniale. All’interno dell’Incubatore d’Impresa di Brembate Sopra, ha messo a punto www.vestibilia.com, una piattaforma dalla dop-pia anima. Da un lato è un social network dove le appassionate e gli appassionati di moda possono condividere i propri outfit, mettere cioè in rete – sentendosi un po’ come le blogger diventate vere e proprie guide per lo stile – le fotografie dei capi, degli accessori e degli abbina-menti che si ritiene possano fare tenden-za e dove scambiarsi opinioni, consigli e informazioni sugli acquisti. Dall’altro è uno spazio aperto a brand e negozi, che possono nella stessa maniera postare le proprie proposte, le novità, i prezzi e le offerte. “Andare per negozi senza un obiettivo preciso – confessa Ubiali – mi mette in crisi, così ho pensato a qualcosa che permettesse di farsi un’idea in antici-po di quello che può fare al proprio caso, di individuare il prezzo, il punto vendita che lo propone e andare a colpo sicuro”. La parte “social”, gratuita, è funziona-

le a creare un’ampia platea composta da appassionati di moda, da chi vuole essere sempre aggiornato, chi vuole esprimere la propria creatività nel vesti-re o semplicemente da chi vuole saperne di più accedendo alle diverse sezioni e categorie. Per i negozi è prevista la pos-sibilità di una presenza “base” gratuita, alla quale possono essere affiancati, a pagamento, funzionalità più avanzate o servizi di supporto, come la realizzazio-ne delle fotografie o la consulenza per le pagine. “È un portale – spiega l’ideato-re – pensato soprattutto per le piccole attività, che solitamente non riescono a

Luca Ubiali

sviluppare la propria presenza online. Attraverso il sito potranno, ad esempio, avere le statistiche sulle visite, dare visi-bilità alle offerte, ai marchi, creare pa-gine personalizzate, ma anche promuo-vere eventi o contest tra gli iscritti alla piattaforma, il tutto in maniera sempli-ce, proprio perché possa essere curato anche dalle piccole insegne indipenden-ti”. Il servizio partirà su Bergamo, ma è replicabile in altre zone. Al momento si stanno raccogliendo le adesioni – e i pa-reri – dei commercianti, la previsione è di aprire lo spazio al pubblico della rete nella prima metà del 2013.

essermi di aiuto, per poi contattare l’a-zienda, verificare la disponibilità e i tem-pi e, in caso di risposta negativa, passare a un secondo tentativo. Il tutto con l’in-cognita della qualità delle prestazioni”. Riparotto nasce dalla constatazione che non c’erano risposte adeguate per esigenze come questa e trova nell’In-cubatore d’Impresa di Brembate Sopra il supporto per muovere i primi passi.

“Il progetto è pensato soprattutto per promuovere l’informatizzazione in un settore in cui è ancora poco presente – rileva l’ideatore –. Se pensiamo che con pochi clic si può prenotare un albergo dall’altra parte del mondo, mentre per trovare qualcuno che aggiusti gli appa-recchi di casa bisogna ancora affidarsi al passaparola o contattare i centri tecnici uno per uno, abbiamo la chiara dimen-

sione del divario tecnologico esistente, che risulta importante colmare soprat-tutto perché il futuro sarà sempre più automatizzato e interattivo”. Il sito, insomma, non solo dà una mano a chi è alle prese con un guasto, ma si propone – ed è questo che genera il ritorno eco-nomico – come strumento per la crescita tecnologica tra le realtà che si occupano di riparazioni.

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INCHIESTAL/

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Cavalca il fenomeno dei coupon che danno accesso a forti sconti e promo-zioni su prodotti e servizi “scontamelo.it”, una nuova idea di Pixspeak.com, società di brokeraggio nel campo del-la stampa e nei siti web formata da tre giovani – Dario Maffioli, Stefano Ber-toncini e Giorgio Colombari –, che ha già realizzato “pranzando.com”, guida online per trovare ogni giorno un locale diverso per la pausa pranzo. “Ciò che distingue scontamelo.it dagli altri siti che promuovono offerte speciali, primo fra tutti Groupon – racconta Colomba-ri –, è che non serve la carta di credito. Dopo essersi registrati, basta infatti prenotare il proprio sconto e stampare

SCONTAMELO.IT

i coupon con le superofferte si trovAno Anche Al BAr

il buono. Il pagamento sarà effettuato direttamente nel negozio o nell’eser-cizio al momento dell’acquisto”. Le possibilità sono molte, dal panino con bibita alla pizza, dal cuoco a domicilio al trattamento estetico, dall’abbiglia-mento al lavaggio dell’auto, occasioni non solo per risparmiare su spese abi-tuali, ma anche per sperimentare nuovi servizi e prodotti approfittando dei forti sconti. Un’altra differenza di scontamelo.it è che alle attività viene richiesta solo una quota per l’adesione al circuito e non una percentuale su ogni operazione. “In pratica abbiamo voluto creare un siste-ma più leggero – prosegue Colombari

– sia per chi vende sia per chi acquista”. Il tutto viene accompagnato dalla distri-buzione, “reale” e non online, di origi-nali bustine contenenti venti offerte già stampate. “Le abbiamo proposte nei bar di Bergamo e sono andate a ruba – evi-denzia –. È un modo per raggiungere anche chi non ha troppa dimestichezza con internet e favorire lo scambio. Delle venti offerte presenti nella busta, infatti, qualcuna potrà interessare chi la riceve, altre potranno essere regalate, allargan-do così il giro dei fruitori con il passa-parola, canale molto più efficace per la promozione delle iniziative”. Dopo il debutto a Bergamo, l’operazione è stata replicata a Milano.

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INCHIESTAL/

GENNAIO/FEBBRAIO 12/DODICIMESI

EVENTI CON STILE

lA svoltA eco-sosteniBile per meeting e ricevimenti

Dopo un percorso di formazione di un anno, dedicato a business-plan, analisi di mercato e ricerca di partnership, le amiche, prima che colleghe, France-sca Valenti e Valeria Brunelli, forti di un’esperienza ultradecennale di mar-keting per un ente certificatore inter-nazionale, hanno inaugurato a gennaio 2012 “Eventi con Stile”. La società si fa strada nel mondo degli eventi coniu-gando creatività e sostenibilità, grazie a relazioni sinergiche con fornitori e professionisti del settore. In nome del rispetto dell’ambiente e del territorio il progetto dice infatti addio agli sfarzi e agli sprechi che sin dalla notte dei tem-pi accompagnano feste e ricevimenti: “Abbiamo scelto di specializzarci nella realizzazione di eventi a limitato impat-to ambientale o ad impatto ambientale compensato, nel rispetto delle politiche ambientali e degli impegni per lo svi-luppo sostenibile – sottolinea France-sca Valenti –. Per rendere più tangibile l’impegno verso lo sviluppo sostenibile

si calcola il consumo di energia (l’im-pronta in termini di emissione di anidri-de carbonica) e si studia un programma per attuare meccanismi di compensa-zione o neutralizzazione dei consumi. Il percorso di neutralizzazione è ciclico e volontario ed è solo l’azienda che deci-de i confini dell’iniziativa”. Un esempio concreto? “Un’azienda può decidere di piantare alberi nel giardino di un asilo, agendo positivamente sulla comunità locale, o promuovere l’utilizzo di fonti rinnovabili”, spiega. Anche i partner scelti per gli eventi applicano i principi di sostenibilità e rispetto per l’ambien-te: “Le location, con impegno certi-ficato verso l’ambiente, propongono una cucina a base di prodotti biologici, stagionali e del territorio. La scelta del luogo dell’evento viene fatta in primis in base alla distanza dall’azienda e per il trasferimento proponiamo una scelta “eco” con macchine elettriche o car-sharing o bus. La stessa attenzione per l’ambiente viene adottata nella scelta

degli allestimenti, nell’impiego della carta e nella scelta dei gadget azienda-li, che non riporteranno né la data né il nome dell’evento per poter essere così riutilizzati. Proponiamo spesso vasi con piantine e borse in cotone o lino che si rivelano utilissime per la spesa di tutti i giorni”. La scelta di realizzare eco-eventi è sempre più diffusa tra le aziende: “Specialmente le grandi real-tà, che stilano un bilancio ambientale – raccontano –, ma anche le altre aziende sono sempre più disposte a considerare l’impatto delle diverse attività”. L’era del matrimonio sostenibile è invece ancora molto lontana: “Quando si pro-getta questo momento la sostenibilità non è in cima ai pensieri. È vero che i matrimoni eco-chic sono in crescita, ma l’attenzione all’ambiente e alla so-stenibilità riguarda in genere solo al-cuni aspetti, la scelta della location ad esempio o delle bomboniere”. La sfida è perciò far passare il messaggio anche tra i privati.

Valeria Brunelli e Francesca Valenti

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APPUNTAMENTOL/

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BresciA-romA,AnDAtA e ritorno

Giovedì 7 febbraio Paolo Corsini, Gregorio Gitti e Stefano Saglia a confronto nel dibattito promosso da dodicimesi e Bsnews.it.

lavoro, fisco, ambiente. Le pro-spettive di un Paese che sta vi-vendo la crisi più dura dal Do-poguerra. Ma anche le elezioni

per Palazzo Loggia. E le aspettative del-la Leonessa, che punta a tornare un ter-ritorio centrale nella politica e nell’eco-nomia italiana. Saranno questi alcuni dei temi del dibattito “Brescia-Roma: anda-ta e ritorno” – promosso dal quotidiano online Bsnews.it e dal mensile Dodici-mesi – che si terrà giovedì 7 febbraio, dalle 18.30, al Museo Mille Miglia di Brescia (viale della Bornata 123).Protagonisti della serata saranno tre au-torevoli bresciani che, con il voto del 24

e del 25 febbraio, si giocheranno – tutti con chance di essere eletti – un posto in Parlamento. A rappresentare il centrosi-nistra sarà l’ex sindaco di Brescia e – in virtù del recente successo alle primarie – probabile senatore del Partito demo-cratico Paolo Corsini. Per il fronte dei montiani interverrà invece l’avvocato e docente universitario Gregorio Gitti, numero due nella lista “Scelta civica - Con Monti per l’Italia” nel collegio Lombardia 2. Mentre il portabandiera del centrodestra sarà Stefano Saglia, de-putato uscente del Popolo delle libertà e sottosegretario allo Sviluppo dell’ultimo governo guidato da Silvio Berlusconi.

Il format del dibattito prevede cinque domande uguali poste a tutti e tre i can-didati, con quattro minuti al massimo per risposta. A condurre i lavori sarà Costa, direttore di Bsnews.it e di Do-dicimesi, che concentrerà l’attenzione sui temi economici, veri protagonisti del confronto politico di questa campa-gna elettorale. Con lui Andrea Tortelli (Bsnews.it), che getterà uno sguardo sulle elezioni amministrative di Bre-scia, e tre autorevoli giornalisti in rappresentanza delle principali testate bresciane. L’evento sarà trasmesso in diretta (streaming e testuale) su www.bsnews.it.

Paolo Corsini Gregorio Gitti Stefano Saglia

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in evidenza

Il Centro di eccellenza Alzheimer di Gazzaniga si pone l’obiettivo, oltre alla diagnosi e all’impostazione della te-rapia farmacologia, di attenuare i disturbi del comporta-mento associati a questa demenza, fornendo risposte adeguate.Da qualche anno è emersa tra gli operatori la consa-pevolezza che è possibile un approccio diverso. Questi disturbi non debbono essere considerati meramente come sintomi della malattia, bensì come modi in cui un paziente, che ha difficoltà intellettive e sensoriali ed è in-capace di comprendere l’ambiente che lo circonda e di esprimere il suo disagio, reagisce agli stimoli ambientali. Se è così, bisogna cercare, nella misura del possibile, di comprendere il significato di questi sintomi. Per far que-sto, è necessario un vero e proprio cambiamento nella cultura di coloro che operano nel campo della cura dei pazienti con demenza. Essi debbono spostare il loro in-teresse dalla cura della malattia al rapporto con l’uomo malato nella sua globalità. Fra i pionieri di questo nuovo modo di considerare la demenza vanno segnalate due personalità estranee al corpo medico in senso stretto: una terapista occupazionale canadese (Moyra Jones) e uno psicologo inglese (Tom Kitwood).L’approccio di Moyra Jones prende il nome di Gentle-care (cura gentile) e consiste nell’offrire al malato un sostegno o, come la Jones dice, una protesi (cioè un presidio sostitutivo) delle funzioni di cui egli manca. I tre elementi dell’approccio protesico sono: a) l’ambiente, che va strutturato in modo semplice, chiaro, comprensi-bile ad una persona con ridotta capacità visiva, uditiva e intellettiva, un ambiente il più possibile vicino ad un am-biente domestico; b) il personale di cura, che deve ten-dere alla comprensione del mondo del singolo malato; c) le attività in cui il paziente viene impegnato, che vanno “disegnate su misura” per le diverse persone. Questo modo di affrontare la questione ha prodotto importanti innovazioni:nei centri che ospitano le persone con de-menza. LL’ambiente viene oggi progettato in funzione del malato. I colori, gli arredi, la stessa disposizione dei locali sono tali da evitare situazioni difficili da capire e da

consentire ai malati irrequieti di camminare liberamente senza incontrare ostacoli. Le attività che vengono pro-poste ai pazienti sono “tagliate su misura” secondo la loro storia, il loro tipo di personalità, le loro preferenze. Grande sviluppo hanno avuto le attività di gioco, la mu-sica, i lavori domestici e sono state “inventate” nuove attività, come l’uso delle bambole che simulano bimbi molto piccoli per le persone con demenza avanzata. Il compianto Tom Kitwood, psicologo di formazione, è partito dalla necessità di riconoscere il malato affet-to da demenza come persona. Secondo questo stu-dioso, “l’essere persona è uno status conferito ad un essere umano dagli altri, nel contesto della relazione e dell’essere sociale; esso implica riconoscimento, rispet-to e fiducia”. Al centro di questo modello sta dunque la relazione del malato con gli altri (i familiari, i curanti, la società). I lavori del gruppo fondato da Kitwood presso l’Università di Bradford hanno portato alla elaborazione di una nuova metodologia, il cosiddetto Dementia Care Mapping (DCM) (letteralmente: mappatura della cura della demenza), che è al tempo stesso uno strumento rigoroso e standardizzato di osservazione del compor-tamento dei soggetti con demenza (e delle cure che ad essi vengono prestate) e un processo attraverso il quale si sviluppa la pratica della cura centrata sulla per-sona. Si tratta di un processo di attenta preparazione dell’équipe di cura, di pianificazione dell’attività in base ai dati emersi dall’osservazione e di continua verifica dei risultati. In termini aziendali, ciò si traduce in un pro-cesso di miglioramento continuo della qualità, ma – a differenza dai comuni processi che vanno sotto questo titolo – esso è contrassegnato da un’ispirazione forte-mente umanistica.

LA CURA DELLA mALATTIA DI ALzhEImER E LA CONTINUITà DEL TRATTAmENTO SUL TERRITORIO

Per maggiori informazioni:Centro Eccellenza malati di Alzheimer di GazzanigaTel. 035.306.5206 Mail: [email protected]

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ANIMALI/

lA trAvAgliAtA storiA DelgAttile Di treviglio

Situato in due piccoli locali nell’ex convento dei Cappuccini, è stato dichiarato fuori norma dall’asl e rischia la chiusura. Il Comune s’è mosso, ma burocrazia e carenza di fondi rendono difficoltosa la definizione di un’alternativa.

sul gattile di Treviglio incombe lo spettro della chiusura. Il rifu-gio, situato nell’ex convento dei Cappuccini di via Pontirolo, è

una struttura non conforme alle norme igienico-sanitarie a cui l’Asl, dopo aver chiuso un occhio per tanto tempo, do-vrà mettere i sigilli. Il Comune fa sapere di aver individuato alternative idonee a ospitare i felini in pericolo o in attesa di adozione. Nel frattempo, tuttavia, sono a rischio la salvaguardia delle colonie feline e i tanti gatti in attesa di trovare una famiglia. Tutti animali che gravitano attorno al ricovero, l’unico dopo quello di Bergamo che è gestito dall’Enpa, in grado di servire anche i territori di Ro-mano di Lombardia, Caravaggio e parte della Martesana. Persino Licia Colò, da sempre attenta ai temi legati al mondo della natura, lo scorso ottobre ha rivolto un appello, attraverso il suo blog, al sin-daco Giuseppe Pezzoni affinché interve-nisse sulla questione. La storia prende il via nel 1998 quando un gruppo di donne, tra mille difficoltà, inizia a prendersi cura della colonia fe-lina presso il vecchio cinema Ariston di vicolo Mulazzani. La voce che ci siano delle gattare si diffonde subito. La cit-tadinanza mostra interesse, telefona per chiedere consigli sulla cura dei propri animali o su dove mettere il micio quan-do non lo si può più tenere. I gatti sono

sterilizzati dall’Asl, quelli malati sono curati in casa dalle loro “madrine”. Poi sono rimessi in libertà nelle colonie di provenienza, dove i maschi hanno un raggio di spostamento di un chilome-tro, le femmine molto meno. Il servizio offerto dovrebbe essere comunale dal momento che i randagi sono sotto la tutela dell’amministrazione, a cui spetta provvedere alla loro salute e prevenire atti di vandalismo, come è accaduto con gli aghi inseriti nei bocconcini. A ren-dersi conto di quanto fosse necessaria la custodia degli animali è la Giunta di Giorgio Zordan, che nel 2005 concede

uno spazio, provvisorio e in comodato d’uso gratuito, presso l’ex convento dei Cappuccini. L’entusiasmo e la voglia di fare non mancano. E così l’edificio viene ristrutturato con le braccia e il denaro sia dei sostenitori sia delle varie collette. Nessuno si tira indietro: sono una ventina i volontari, dodici le perso-ne addette solo alla pulizia delle gabbie, c’è chi cura, chi medica e chi pulisce gli animali, chi li va a recuperare in un fosso in piena notte, chi dà loro da mangiare e chi salva le creature che sono state abbandonate. Altri si preoccupano dei gatti randagi, costretti a vivere tra ca-

di roSanna SCardI

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GENNAIO/FEBBRAIO

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pannoni, in mezzo alla strada, tra i giar-dini delle case abbandonate e che spesso diventando un problema. Gli anni passano e, nell’attesa di avere una struttura a norma, il gattile si regge grazie alla generosità dei trevigliesi che donano coperte e cibo, oltre all’autofi-nanziamento e al contributo comunale, di poco superiore ai duemila euro, oggi dimezzato a 1.400. Nel frattempo, pro-seguono i controlli dell’Asl. I tecnici sono consapevoli del servizio pubblico offerto, ma la struttura non è a norma, priva di servizi igienici, con feritoie al posto delle finestre e poco spazio per le gabbie. A capo della nuova giunta arriva Ariella Borghi, che promette e individua un’area in via Papa Giovanni XXIII, un parco dove erano state piantumate degli arbusti. Ma alcuni cittadini danno bat-taglia, c’è chi parla del gattile come di un lager, chi accusa gli animalisti di di-struggere il verde. E la soluzione sfuma di nuovo. Il dialogo prosegue con l’am-ministrazione di Giuseppe Pezzoni, pro-prio mentre è imminente la decisione di

chiudere la struttura. L’ultima spiaggia sembra essere la proposta di un privato, Massimiliano Rossin, titolare a Caravag-gio di una ditta di segnaletica stradale alimentata a pannelli solari. L’artigiano, che vuole costruire il camposanto degli

animali in un’area adiacente al cimitero di Treviglio, si offre di ospitare il gattile. Ipotesi che viene frenata sul nascere per i tempi biblici delle pratiche burocrati-che. “In occasione del Gatto party, lo scorso 11 novembre, tra 150 simpa-

ogni anno vengono adoTTaTi olTre 250 felini

Le colonie sono tutelate dalla legge. È così che il gattile di Treviglio si è conso-lidato come luogo organizzato (aperto al pubblico tutti i giorni, dalle 17.30 alle 19) dove il personale copre turni dalle due alle sei ore. Ogni anno si effettuano 250 sterilizzazioni, comprese le 120 a cura dell’Asl, mentre sono altrettanti i felini adottati, da famiglie provenienti da tutt’Italia, anche grazie al sito che conta picchi di 700-900 visite quotidiane, 12mila al mese. “È bello vedere i cuccioli che trovano casa – afferma Giorgio Fabbrucci, portavoce del gattile –. Ma ci sono purtroppo anche animali che stanno male, spesso affetti da immu-nodeficienza felina. Altri che dopo aver vissuto per anni in famiglia, arrivano qui e si ammalano di depressione, smettono di fare le fusa e miagolare. Per fortuna, quando ritrovano il calore umano, rinascono. Poi ci sono quelli che non si fanno avvicinare, casi rari. Allora li portiamo nelle “oasi” in Emilia Romagna, più attrezzate per i casi difficili”. Ogni mese almeno una coppia che si separa lascia al gattile il proprio micio, ma c’è chi se ne sbarazza anche per le allergie o per le sopraggiunte difficoltà economiche. Le varie necessità richiedono un lavoro instancabile da parte dei volontari: “A volte – annota ancora Fabbrucci – ci ritroviamo anche gatti feriti. Il detto: se vedo il tuo gatto lo faccio aggredire dal mio cane non è fantasia, in certi casi accade davvero”.

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tizzanti, abbiamo chiesto che il Comu-ne vincolasse un’area dove costruire il futuro gattile – afferma Fabbrucci, por-tavoce del gattile – ci bastano 300/400 metri”. Per sensibilizzare l’opinione pubblica viene anche promossa una rac-colta firme. Finché si apre uno spiraglio: “Abbiamo diverse alternative – afferma l’assessore all’Ambiente, Juri Imeri – e quella più adatta è un capannone nelle vicinanze dell’ospedale”. Il fabbricato si trova in campagna, è di proprietà di un allevatore e necessità di lavori per l’ade-guamento alla nuova funzione. “Dob-biamo ragionare sulla fattibilità tecnica e sui costi, poi decideremo se affittare la struttura, per dieci o vent’anni, op-pure potremmo valutare un comodato in cambio della ristrutturazione a nostre spese – afferma il vicesindaco –. Ci sono dei vincoli economici, stiamo lavorando alla riduzione dei costi comunali e il gat-tile non è una priorità”. Se la proposta venisse approvata, entro primavera i gatti potrebbero un nuovo rifugio. Sod-disfatto, in ogni caso, Fabbrucci: “È un gigantesco passo in avanti – afferma –. Ma bisogna valutare la localizzazione e il suo accesso ai volontari. La gente deve capire che il gattile è un mondo fatto di esseri viventi a quattro zampe. Fratelli minori con dei diritti da difendere”.

Info: www.gattiletreviglio.org, [email protected], tel. 340.0642664.

Ci hanno detto…elisa, 32 anni Il gattile deve essere una priorità per il Comune?“Direi di sì, almeno se consideriamo gli animali degli esseri di pari dignità”.Servirebbe una soluzione più rapida?“Assolutamente sì, non capisco i ri-tardi nella ricerca di una alternativa all’attuale sede”.

alfredo, 51 anniCosa ne pensa delle gattare? “Il meglio possibile. Si impegnano gratuitamente per dar sollievo e un futuro a delle povere bestiole”. Ma la gente non sembra così parte-cipe ai travagli del gattile..“Che vuole, per tanti gli animali sono dei pupazzi, senz’anima”.

Lidia, 39 anniContribuirebbe a sostenere un nuo-vo gattile?“Penso di sì, è pur sempre una causa nobile”.

Che idea si è fatta di questa vicenda?“Che le soluzioni in questo paese sono sempre complicate, si arriva al punto quando ormai si è in piena emergenza”

Giuseppe, 58 anniLei è mai entrato al gattile?“No, ma no ho sentito parlare più volte”Un appello al Comune?“Di non abbandonare né i volontari né i mici e di trovare al più presto una soluzione concreta”.

Gianna, 47 anniUn commento sulla vicenda del gat-tile?“È una vergogna far rischiare a que-sta meritevole struttura di finire in mezzo a una strada”.Sì, ma la sede è fuori norma…“Lo so, ma anche i gatti domestici hanno diritto a un tetto. E le istitu-zioni devono dare risposte rapide”.

L’assessore all’Ambiente del Comune di Treviglio, Juri Imeri

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ANIMALI/

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Il 2013 non si apre nel migliore dei modi per il mercato del lavoro bergamasco. La coda del 2012 ha visto il ritorno di grandi ver-tenze occupazionali, con la richiesta di 750

cassintegrati nel gruppo Italcementi e 700 nel gruppo della grande distribuzione Lombardini, oltre ad un’intesa per 650 uscite dal gruppo Ubi. Sono numeri che non riguardano solo la-voratori bergamaschi perché sono gruppi con interessi nazionali, ma si aggiungono a situa-zioni tutte locali, come la chiusura del cotoni-ficio Honegger di Albino, con 358 lavoratori, e un crescente numero di concordati preventivi e fallimenti. Questi ultimi viaggiano ormai da tre anni al ritmo di uno per giorno lavorativo: nel 2012 ne sono stati dichiarati 285, dopo i 284 sia del 2011, sia del 2010.Con le chiusure e i fallimenti, la perdita di posti di lavoro è traumatica e senza rimedio, mentre negli ultimi casi di grandi ristrutturazioni si è raggiunto comunque, magari obtorto collo, un accordo sulla gestione. Il risultato è comunque che, volontariamente o per obbligo, i posti di lavoro vanno persi e questo pesa in una situa-zione occupazionale che sta pagando il prolun-gamento della crisi.Gli ottimisti dicono che si è arrivati alla fine dei processi di ristrutturazione: chi prima, chi dopo, chi in maniera più “soft”, magari solo con la non conferma dei lavoratori a tempo determinato, chi in maniera più dura con veri e propri licenziamenti senza paracadute, ormai le aziende si sono ridimensionate e adeguate a volumi d’attività inferiori a quelli di prima della crisi. Restano però i numeri di quanto questo processo è costato.

L’anno scorso sono state autorizzate in pro-vincia di Bergamo 33,6 milioni di ore di cassa integrazione, con un aumento del 34,1% ri-spetto al 2011: non è un record, nel 2010 era-no state 41,6 milioni, ma è il peggior dato di sempre. Questa crescita è legata soprattutto al raddoppio delle ore di cassa integrazio-ne ordinaria (più 109% a 13,9 milioni di ore), che rappresentano il 41% del totale delle ore concesse. Vale meno del passato la consola-zione che la Cig ordinaria è normalmente le-gata a problemi solo congiunturali: in realtà le aziende si stanno tutelando utilizzando tutti gli strumenti a disposizione così che la distinzio-ne tra le varie tipologie non è più chiara come in passato. Allo stesso modo il calo del 4% (a quota 11,7 milioni, il 35% del totale) delle ore di cassa integrazione straordinaria, tradizional-mente dovute a ristrutturazioni e crisi struttu-rali, spesso preludio a una successiva perdita del posto di lavoro, non è più indizio di ripresa di salute. Questo per tre motivi: il calo non è in fondo così sensibile; sempre più spesso ci sono aziende che arrivano ai licenziamenti sen-za passare per altri ammortizzatori; la chiusura definitiva di aziende che magari facevano ricor-so alla Cigs da diversi anni ha ridotto la platea dei cassintegrati. Ma ha aumentato quella dei lavoratori in mobilità, eufemismo per dire che sono stati licenziati.L’anno scorso i lavoratori iscritti alle liste di mo-bilità hanno toccato un nuovo record: 9.104, con un aumento del 30% rispetto al 2011. Sono duemila persone in più in un anno, mentre ri-spetto al 2008, l’anno in cui della crisi si sono sentite solo le prime avvisaglie, il dato è quasi

BergAmo, l’impennAtA DellA cigmette A nuDo lA crisi Dell’occupAZione

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INSIDE/ INSIDE/

12/DODICIMESIGENNAIO/FEBBRAIO GENNAIO/FEBBRAIO 12/DODICIMESI

di John Law

triplicato. A crescere, in particolare, sono sta-ti i licenziamenti nelle piccole aziende (legge 236/93), che nell’ultimo anno hanno avuto un boom del 40%, dato che quelli nelle aziende che occupano più di 15 dipendenti (223/91), pure in crescita, hanno comunque contenuto l’incremento nel 9%.Ed è proprio il problema della tenuta delle piccole imprese, magari di poche unità di la-voratori, che però sommati valgono più di una grande industria, a preoccupare. E ancora una volta lo si vede in prospettiva dall’andamento della cassa integrazione, che ha visto l’ultimo anno un aumento del 29% nelle richieste di cassa integrazione in deroga, salita a 8 milioni di ore.

È bene precisare che secondo le ultime stime viene effettivamente utilizzato il 40-50% delle ore richieste. Il che, in ogni caso, vorrebbe dire che in Bergamasca il reale ricorso alla cassa in-tegrazione è stato di 14-18 milioni di ore, per coprire lavoro e quindi posti in realtà non esi-stenti. In mancanza di ripresa sono tutti proble-mi che quest’anno rischiano di riversarsi dalla cassa integrazione – con l’aggravante che la cassa in deroga risulta al momento finanziata solo fino a giugno – alla mobilità. E quindi alla disoccupazione dove pure si profila un nuovo record.Secondo gli ultimi dati disponibili, al 30 set-tembre i disoccupati disponibili iscritti nei dieci centri per l’impiego della Provincia di Bergamo hanno infatti superato quota settantamila, con una crescita del 16% rispetto ai 60.358 di un anno prima. Un aumento di quasi diecimila per-sone che va peraltro preso con le molle perché comprende sia gli inoccupati, che non hanno mai lavorato, sia chi ha perso il lavoro, compre-si gli iscritti alle liste di mobilità, ma anche chi in realtà un lavoro non lo sta cercando, come quanti sono in “scivolo” verso la pensione. Al di là delle questioni tecniche, resta il dato di fondo che anche a Bergamo un tasso di disoc-cupazione del 5% è da considerare una fortuna del passato. Ma ancora più preoccupante è la riduzione del tasso di occupazione: in qualche modo sistemato il personale in esubero, tra pensionamenti e ammortizzatori sociali e sem-pre più difficili ricollocamenti, restano comun-que sul tappeto le “macerie”. Sono i posti di lavoro persi che non vengono rimpiazzati da nuove iniziative.

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LETTERALA/

strAnieri A BergAmo, l’integrAZione non può essere A senso unico

Egregio direttore,

in relazione all’articolo di Rosanna Scardi sul boom di stranieri in Bergamo – apparso su 12 Mesi

di novembre – ci si chiede cosa si intende per un’integrazione maggiore nei piccoli centri. Vi è mai

capitato di venire in un paese della bassa bergamasca il cui ospedale è letteralmente invaso da comu-

nitari ed extra-comunitari che richiedono le più svariate prestazioni per la maggior parte gratuite?

Dove i bambini stranieri della scuola materna superano il 70% e nella scuola elementare il 30%?

Avete idea di che significa insegnare ai bambini stranieri, con evidenti svantaggi lessicali, l’italiano

e le altre discipline, visto che le loro mamme si rivolgono ai propri figli solo nella loro lingua? Sapete

che le bambine musulmane saranno indotte, verso i 10-12 anni, a portare il velo, anche integrale,

e che non potranno mai fidanzarsi con un cristiano? Che integrazione c’è se queste persone scelgono

un paese libero come l’Italia e poi condizionano i loro figli a certi obblighi? Sono soprattutto i mu-

sulmani a preoccupare perché mandano i figli ad imparare l’arabo alle scuole coraniche (causando

in loro una forte confusione), rifiutano la nostra carne perché l’animale non è sgozzato vivo secondo

la loro religione, vestono i loro abiti tradizionali e continuano ad assentarsi nelle loro feste. E nelle

gite scolastiche si rifiutano di entrare nelle chiese anche solo per interesse artistico (del resto l’80%

dell’arte italiana comprende un soggetto religioso). È questa l’integrazione? Il non adattarsi al

territorio in cui si sceglie di vivere?

L’immigrazione avrebbe dovuto e dovrà essere gestita meglio, perché sarà anche vero che molti stra-

nieri esercitano lavori di basso profilo, ma occorre anche essere consapevoli che i loro figli ambiranno

a posizioni migliori. E poi? Ne chiameremo altri per svolgere i lavori umili o si sveglieranno i nostri

giovani? Qualche imprenditore e politico dovrebbe sentirsi responsabile di aver voluto forza lavoro in

questo modo. Si afferma anche che fortunatamente ci sono loro che aiutano a pagare le pensioni agli

italiani, tralasciando il fatto che lo straniero capofamiglia, cioè quello che lavora, ha a carico almeno

altre 6 persone, tra figli e parenti, e moltissimi, soprattutto le donne, lavorano in nero. Sono quindi

così essenziali per l’economia del paese? Inoltre milioni di euro vengono mandati all’estero ogni

anno, con le risapute conseguenze a livello economico. Questo esodo di massa, voluto certamente da

accordi politici internazionali, non certo dal popolo, ha portato un sacco di guai, sia a livello sociale

che economico, e nessuno ne vuole parlare, forse perché non ha a che fare direttamente con queste

realtà. Quello che inoltre non si vuole capire è che l’Islam, dove arriva, mette radici e le estende. Lo

diceva Alberoni quindici anni fa e non sbagliava. Lo sbaglio lo facciamo noi nel momento in cui ci

mostriamo accoglienti e tolleranti per avere la coscienza a posto verso gente più sfortunata di noi, ma

non pensiamo a quanto male stiamo facendo abituando queste persone ai soli diritti: al diritto, per

esempio, ad una casa popolare, ai numerosi aiuti economici, ad attingere al fondo sociale dei comuni,

utilizzato solo dagli stranieri, ad essere completamente spesati (nel caso dei profughi di Lampedusa

e quelli di guerra). Avremo altri cittadini usi più ad essere mantenuti e assistiti che ad essere una

vera risorsa. Avremo uno stato in cui ci saranno conflitti fra le varie etnie, perché gli egiziani non

sopportano i marocchini, gli albanesi non sopportano i rumeni, gli slavi non sopportano i cinesi. Gli

italiani invece sono richiamati continuamente a sopportare tutto e tutti senza parlare.

Manca un dato statistico per completare l’articolo: quale percentuale ricopre la delinquenza stra-

niera e qual è la percentuale degli stranieri in carcere? Detta anche questa, forse si possono tirare le

somme, oltre che i pregiudizi.Laura Soliveri

50 12/DODICIMESIGENNAIO/FEBBRAIO

LETTERALA/

L’integrazione è sicuramente uno dei pro-blemi più complessi della nostra società e, in questo momento di crisi economica, emerge ancora di più. Purtroppo, e come sempre in Italia, tendiamo a mettere la testa nella sabbia fino a che non ne sia-mo travolti, come peraltro facciamo per le alluvioni e i terremoti. Quando negli anni ’60, milioni di persone sono arrivate nelle città del nord dal meridione d’Italia, hanno traumatizzato usi e costumi delle comunità preesistenti. Pian piano però è avvenuta una positiva osmosi e, anche se con molte eccezioni, sentiamo molti cit-tadini dichiararsi, con orgoglio e a pieno titolo, milanesi, bergamaschi o bresciani, pur con una parlata ancora fortemente del sud. Questo percorso virtuoso è sta-to però possibile grazie a tre caratteri-stiche fondamentali di chi si è integrato: il rispetto reciproco, l’etica del lavoro e, soprattutto, l’emancipazione della donna. Non sono le tradizioni culinarie o i simbo-lismi estetici che condizionano l’integra-zione (fino agli anni ’60 anche in Italia le donne si mettevano il velo per entrare in Chiesa), ma la parità di genere. Le etnie

in cui l’emancipazione femminile è mag-giore sono infatti già oggi più inserite nel nostro sistema sociale. Certamente non dobbiamo nasconderci che alcune socie-tà sono culturalmente molto più arretrate nell’emancipazione della donna. Recen-temente in Tunisia ho parlato con alcune studentesse universitarie, assolutamente convinte di effettuare l’infibulazione alle proprie future figlie femmine, nonostante questa tribale e criminale pratica sia for-malmente proibita. Con sgomento, le ho sentite affermare che questa mutilazione, con la conseguenza della privazione del piacere sessuale per la donna, è necessa-ria per la stabilità della famiglia. Purtrop-po, rispetto ad altre culture occidentali, anche in Italia l’emancipazione femminile non è compiuta. I maschi italiani, con la comoda scusa del sostegno economico alla famiglia, hanno lasciato alla donna l’onere dell’educazione dei figli, ma con-tinuando a dare ai giovani virgulti e futuri cittadini un esempio negativo e dannoso del ruolo dell’uomo, che ha provocato e provoca la maggior parte delle distorsioni di cui lei parla.

Il direttore

Gentilissima laura,

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STRADE E qUARTIERI/ STRADE E qUARTIERI/

12/DODICIMESIGENNAIO/FEBBRAIO GENNAIO/FEBBRAIO 12/DODICIMESI

GIorGIo BerTuLeTTI(BerTuLeTTI LuCe) Via BrosetaQuali sono i problemi di Loreto?“La mancanza del vigile di quartiere, una battaglia fatta in passato ma che non ha mai portato a nulla: lo abbiamo richiesto più volte, ma invano. E poi il fatto che Loreto non ha davvero una sua identità: era stato costruito nel Dopoguerra, ma

senza una particolare struttura, e ora soffre questa condizione”. Un pregio?“Ha il vantaggio di essere una comunità. I piccoli negozi resistono ancora, la gen-te riesce a fare la spesa con tranquillità: è come un borgo. I servizi non mancano”. Ci sono molti anziani?“È un quartiere nato nel Dopoguerra: chi è cresciuto qui è anche invecchiato qui. I giovani escono dalla città, anche per i costi delle case che anche in alcune vie di questo quartiere sono piuttosto care”.Si organizzano eventi?“Qualcosa abbiamo fatto, anche se da

qualche anno è sempre più difficile. An-che per una questione di spazi”.

eLda GHIrardI(PanIFICIo) Via Broseta È da molto che ha aperto qui il suo negozio?“Da ormai venticinque anni”.Quali difficoltà ci sono nel quartiere?“Non vedo in realtà grossi problemi, si sta bene. Ci sono negozi e servizi”. Non è una zona trafficata?“Non più di tanto, negli orari di punta magari sì, ma come in tutte le zone della città. Il traffico è senz’altro maggiore su via Carducci e sulla Briantea”.Cosa chiedere al Comune? “Più parcheggi. È una questione critica per il quartiere, perché molte case non hanno box e i residenti non riescono a parcheggiare con facilità”.

CI RACCONTANOLoreTo

Giorgio Bertuletti

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Un quartiere dove non manca nulla. C’è persino l’Uf-ficio Anagrafe nella sede della seconda Circoscrizio-ne. Ci si muove bene a piedi tra i vari servizi (scuole, piscine, negozi), ma il quartiere paga il prezzo della sua “vecchiaia” con abitazioni e condomini un po’ datati. Grazie anche al vantaggio di essere vicino al centro, è comunque particolarmente vivibile.

Elda Ghirardi

loreto promossogrAZie A pArchi e commercio Diffuso

Il quartiere dimostra tutti i suoi anni, ma si mantiene attraente, ricco di servizi e di negozi.

resta però il nodo irrisolto della ristrutturazione di Piazza risorgimento.

di Sara norIS

per essere vecchio è vecchio. Le sue case e i suoi grandi con-domini dimostrano tutti i loro anni, ma il quartiere di Loreto

resiste al tempo che passa. Un quartie-re nato nei primi anni Sessanta con lo sviluppo residenziale, accompagnato da negozi e dai primi uffici. Rappresentava il “nuovo” a due passi dal centro. Oggi però Loreto, nonostante i suoi servizi e il vantaggio di essere a pochi minuti da Piazza Pontida, avrebbe bisogno di una cura di ringiovanimento.Gli abitanti sono invecchiati insieme alle loro abitazioni e le giovani coppie cerca-no fuori città case a prezzi più abborda-bili: la struttura del quartiere, concepita a quei tempi attorno all’Ospedale Mag-giore, non aveva (e non ha) molti spazi da offrire per le nuove costruzioni, che nascono sì, ma sulle fondamenta di quel-le vecchie e decadenti, come è il caso del nuovo complesso che sorgerà all’angolo tra via Broseta e via XXIV Maggio, sulle

ceneri della vecchia segheria Beretta. Ep-pure qui, a detta di chi ci lavora, non man-ca nulla. Alla fine Loreto, con i suoi tanti anziani e il suo buon numero di sudame-ricani, soprattutto boliviani, è a misura di famiglia: ci sono cinque parchi (Cittadini, Locatelli, quelli di via Diaz e via Gothe e anche il parco della bicicletta), le piscine, i campi da tennis in via Curie, la Poli-sportiva che conta quasi trecento bam-bini, l’auditorium, ogni ordine di scuola, compresi gli asili nido. E poi tanti negozi, anche quelli che si fatica a trovare in al-tri quartieri popolosi della città, come la ferramenta in via Broseta o la merceria di piazza Risorgimento. Esercizi che si

concentrano in una manciata di vie – via Broseta, via XXIV Maggio, via IV No-vembre e via Toti – dove fare la spesa non è certamente un problema e non manca-no nemmeno i piccoli supermercati. Un po’ trafficato, soprattutto nelle ore di punta, anche se i commercianti minimiz-zano – “non è poi così caotico” dicono in coro – e ricordano invece che “i problemi sono ben altri”, ovvero parcheggi e aree

di sosta che non sono mai abbastanza. Né per i residenti, né per i commercianti. Il quartiere intanto aspetta la sistemazione di piazza Risorgimento, “almeno qualche panchina nuova e qualche aiuola. Così è bruttina e desolante” è il commento, tra il divertito e il rassegnato, del portavoce dei commercianti Lorenzo Carminati. “Avrebbe dovuto essere sistemata già da tempo. La vedremo mai più decorosa?”.

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STRADE E qUARTIERI/

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MaTTeo TreSoLdI(Forno arTIGIaLe)Via XXIV MaggioUn difetto del quartiere?“Non è molto considerato: ci sentiamo un po’ snobbati. Il Comune si rivolge soprattutto al centro, mentre la periferia è lasciata alle varie organizzazioni”.Cosa le piace del quartiere?“Ha un tessuto variegato, non c’è mol-to traffico, c’è una presenza forte della parrocchia”.Ci sono tanti servizi?“C’è di tutto: negozi, poste, la circoscri-zione, la piscina. Non ci si può lamenta-re. Unico neo, l’illuminazione delle vie. Alcune zone sono un po’ buie”.Ci sono tanti stranieri?“Tantissimi, soprattutto boliviani. Ma è una zona molto tranquilla”.

LuIGI PeSenTI(oSTerIa aL GIGIanCa) Via BrosetaCosa manca a Loreto?“Non vedo molte mancanze. Sono cre-sciuto qui e ci vivo dal 1980. Loreto è sempre rimasto lo stesso, è ben vissuto, si

può girare per negozi. Non manca nulla”.Si realizzano eventi, iniziative?“In realtà manca qualche evento su mi-sura per il quartiere”.Vi sentite sicuri?“Sì, mi dà l’idea di essere un quartiere sicuro, molto più di quanto ricordo da piccolo. Allora Loreto era diviso in due parti: la zona 167 era considerata una specie di Bronx”.

Le nostre domande a…

LoRenZo CaRMinati, PoRtaVoCe dei CoMMeRCianti BeRGaMo oVeSt

Lui è in pista dal 1996, ma non si è ancora stancato, nonostante i suoi tanti impegni – è pure consigliere co-munale nella Lista Tentorio e presi-dente provinciale di Assomacellai – e la constatazione che, anche se i tem-pi passano, i problemi e le difficoltà del quartiere sono sempre gli stessi. Lorenzo Carminati, titolare della Ma-celleria Equina di via Broseta e da se-dici anni portavoce dei commercianti di Bergamo Ovest, non ha dubbi: “È un quartiere vivibile”. Perché Loreto offre tanti servizi e tanti negozi ed è quindi a misura di famiglie”.Cosa manca allora?“I parcheggi. Il quartiere si è svi-luppato negli anni Cinquanta e Ses-santa, quando le automobili erano poche: molte case e condomini in-fatti non hanno rimesse o posti auto, perché allora non erano necessari. Adesso però la situazione è diversa.

E anche i residenti spesso faticano a trovare posteggi. È un handicap. So-prattutto perché ormai il parcheggio della Croce Rossa e quello di via Go-the sono sempre pieni. Il nuovo com-plesso che verrà realizzato all’angolo con via XXIV Maggio (l’area dell’ex

segheria Beretta) prevede anche nuovi parcheggi a rotazione. Speria-mo sia un’opportunità da sfruttare”.Il quartiere continua anche a sof-frire di mancanza di iniziative ed eventi…“È vero. L’ultima festa di via risale al 2007, poi non è stato fatto più nul-la. Non è semplice, perché la strut-tura del quartiere non aiuta. E poi, in questi ultimi anni, è sempre più complicato organizzare e chiedere la collaborazione di tutti”. Il traffico? Via Broseta è uno dei tanti ingressi in città…“Non è poi così caotico come si pensa. Perché negli orari di punta il traffico si riversa soprattutto lungo via Carducci oppure chi arriva da Longuelo devia per via Bonomini e sale poi verso le piscine e la galleria Conca d’oro. Direi che il tutto è più che tollerabile”.

Luigi Pesenti

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HINTERLAND/

12/DODICIMESIGENNAIO/FEBBRAIO GENNAIO/FEBBRAIO 12/DODICIMESI

rAnicApAese BomBonierA,mA i giovAni se ne vAnno

di Sara norIS

La tranquillità è il suo punto di forza, ma anche il suo limite. Scarseggiano le iniziative e gli alti prezzi delle case, oltre alla scarsità

di territorio edificabile, scoraggiano le neo-coppie

piccolo, curato, pulito. Il pae-se di Ranica si presenta così. Una bomboniera, con tanti vantaggi. Al di là della strada

provinciale, che separa in modo netto il centro e la zona delle “Torrette”, si apre un piccolo mondo. Ranica, poco più di 6mila abitanti, a pochi chilometri da Bergamo, è un bel paese residenziale ai piedi della collina, dove non mancano sentieri e passeggiate naturalistiche e che può vantare un importante centro di studi dedicato alle malattie rare, quello di Villa Camozzi dell’Istituto Mario Ne-gri. Un luogo piccolo ma curato, dove non sfrecciano le auto “perché le zone 30 fanno la differenza” precisa Paola Magni, alla guida del paese dal 2009 per la terza volta (è stata sindaco per due mandati dal 1995 al 2004) e dove,

come sempre accade nei piccoli centri, ci si conosce tutti. Un paese a misura di famiglie, dove i bambini possono muo-versi da soli, anche su percorsi ciclope-donali, in attesa della pista ciclabile che porterà fino a Torre Boldone, e dove non ci saranno proprio tutti i servizi (an-che se una fermata del tram c’è e l’Atb si spinge fino a qui con la linea 11) ma le associazioni di volontariato si danno parecchio da fare. Un paese tranquil-lo, insomma. “Fin troppo” secondo i commercianti che vorrebbero un centro più animato o almeno più propositivo.

Perché, si lamentano, non c’è una ricor-renza particolare – “nemmeno la festa del patrono” – che porti in piazza mer-catini, bancarelle o spettacoli. Ma anche Ranica deve fare i conti con l’altra faccia della medaglia: i costi delle case. Le gio-vani coppie se ne vanno per “problemi abitativi”, come dice il primo cittadino, non riescono a stabilirsi a Ranica, per-ché i prezzi delle abitazioni sono alti e del resto non ci sono nemmeno spazi per nuove costruzioni. “Il rischio è l’in-vecchiamento del paese” è l’amara con-statazione del sindaco.

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Ranica dà l’idea di essere un paese tranquillo. Stra-

de e piazze sono curate e qui e là spicca qualche

negozio particolare. Il tutto ai piedi della collina e,

soprattutto, a due passi dalla città.

CI RACCONTANOranICa

VIVIana ParMa(I FIorI dI VIVIana) Via AdelasioQuali sono i problemi di Ranica?“Il fatto di essere vicini alla città comunque ci penalizza, perché la gente la raggiunge facilmente. Uno dei problemi è senz’altro il fatto che si fa poco per animare il paese”.Un pregio?

“È un centro che ha potenzialità, insom-ma si potrebbe fare tanto”. Ci sono molti stranieri?“No, non sono molti. Gli immigrati pre-senti sono comunque ben inseriti”.Come si lavora qui?“Il momento economico è quello che è, però c’è abbastanza movimento”.

MonICa CoLoMBo(orToFruTTa MeLaManGIo)Via AdelasioCosa manca a Ranica?“Il macellaio! Ormai da dieci anni. Era

in centro e adesso bisogna andare a Torre Boldone. Manca anche un po’ di collaborazione tra i commercianti: do-vremmo essere più uniti, condividere iniziative. Io sono qui da quindici anni ma non è mai cambiato nulla”. Ci sono parcheggi?“Abbastanza, anche se c’è il problema del carico e scarico”.È un paese tranquillo?“Sì, non ci sono problemi, è un paese sicuro. Si vive bene”.Sul fronte dei servizi?“Nel suo piccolo Ranica è ben servito. È vicino alla città, ad Alzano c’è l’ospeda-le, c’è il tram. I servizi non mancano”.

MarISa BuGada(Creare aCConCIaTure)Via ZopfiCosa le piace del paese?“La tranquillità, è un paese vivibile. Io non ci abito, ma sono vent’anni che la-voro qui ed è sempre stato così e lo sarà sempre: tranquillo”.Viviana Parma Monica Colombo

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HINTERLAND/

12/DODICIMESIGENNAIO/FEBBRAIO

Cosa non sopporta, invece?“No, non c’è nulla che non mi piace. È proprio un bel paese”. Si organizzano eventi e iniziative?“Una sola, quella delle associazioni. Per il resto si fa ben poco”.Cosa trovano i giovani?“L’oratorio funziona bene e organizza tante iniziative, ma fino ai vent’anni. Poi c’è ben poco”.

MaurIZIo GerVaSonI(SPaZIo Moda)Via MarconiI commercianti del centro dicono che siete un “mondo a parte”…“Sì, la strada provinciale separa il paese. Le Torrette sono comunque frequentate anche dagli abitanti del paese”.Quali sono i problemi di Ranica?“La scarsa partecipazione degli eser-centi che non aderiscono ad eventi e iniziative”.Cosa chiederebbe al Comune?“Di farci pagare meno tasse per l’im-mondizia e l’Imu”.È un paese sicuro?“Sì, si sta bene, non ci sono particolari problemi”.

Maurizio Gervasoni

Le nostre domande a…

PaoLa MaGni, SindaCo di RaniCa“Spazi per nuove costruzioni non ce ne sono e quelle poche hanno prezzi alti. È un paese residenziale, posso dire una periferia di qualità, dove ci sono anche buoni servizi”. Paola Ma-gni, sindaco di Ranica, con alle spalle una lunga “carriera” da primo cittadi-no in questo paese a pochi chilometri da Bergamo – sindaco per due man-dati dal 1995 al 2004, poi vicesinda-co dal 2004 al 2009, e nuovamente sindaco con la lista Proposte per Ra-nica – arriva subito al dunque. A Ra-nica c’è un “problema abitativo” che costringe le giovani coppie ad uscire dai confini del paese. Perché “non ci sono spazi per costruire” e “l’offerta che c’è ha prezzi alti”. È l’altra faccia della medaglia di un paese “fortuna-to” – poco più di seimila abitanti – a ridosso della collina, vicino alla città, servito dal tram e dalle linee dell’Atb.Com’è cambiato il paese in questi anni?“Negli anni Ottanta c’era stato un vero e proprio sviluppo della zona di San Rocco, quella sotto la collina, e poi anche più giù verso la provincia-le. Con il parco di via Conciliazione si è qualificata tutta l’area circostante”. Il traffico è un problema?“Sulla strada provinciale sicuramente, anche se la via più problematica resta via Viandasso, utilizzata soprattutto dagli abitanti di Alzano. Nel centro storico problemi non ce ne sono. Ab-biamo individuato alcune zone 30, soprattutto lungo i percorsi che por-tano a scuola, con attraversamenti

rialzati. L’anno prossimo, con il contri-buto della Comunità Montana, realiz-zeremo la pista ciclopedonale nell’a-rea del tram, al di là di via Marconi, che collegherà Ranica a Torre Boldo-ne. Ora in costruzione c’è quella che arriva alla fermata del tram”.All’ingresso del paese c’è l’area dello stabilimento Zopfi. Nei vostri progetti c’era la riqualificazione dell’area.“Sì, è un’area privata, ormai dismes-sa e c’era un progetto di riqualifi-cazione che puntava a realizzare un complesso residenziale e commer-ciale. Ma è ormai decaduto. Ci pen-serà la futura amministrazione”.Dopo tanti anni dedicati alla politi-ca e al paese si ricandiderà?“Non mi ripresento. Ho fatto due mandati da sindaco, poi vicesindaco, e sindaco ancora. È ora di lasciare spazio ai giovani. Me ne vado arric-chita di un’esperienza straordinaria e con la disponibilità a dare una mano a quelli che mi chiederanno di essere accompagnati nel percorso politico”.

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in evidenzain evidenza

“mONTI DECIO 1912”, UN SUCCESSO LUNGO UN SECOLO

Una storia lunga 100 anni, fatta di stile e tradizione, scri-gno di quella sapiente arte orafa che fa di Monti Decio un modello di alta gioielleria. La famiglia Monti guarda al futuro con uno sguardo al pas-sato, ripercorrendo le fasi di un successo che li ha portati ad essere tra i pochi commercianti della città di Bergamo a vantare un così ragguardevole traguardo. In una società che corre in fretta, poter soffiare su cento candeline la dice lunga sull’imprenditoria di questa famiglia che ha saputo, con lungimiranza, rinnovarsi nel tempo, senza snaturare il proprio stile per rincorrere a tutti i costi le mode che cam-biano. “La passione è ciò che ci ha sempre guidati in tutti questi anni, ma anche il rimanere fedeli a noi stessi – spie-ga Bruno Monti, terza generazione della famiglia –. Un tratto distintivo che ci permette di guardare al futuro con ottimismo perché, dico spesso, se la mia famiglia è passata indenne su due guerre mondiali, può farcela anche in questo delicato momento economico”. Otti-

ma salute, dunque, per questa storica gioielleria che ha saputo cogliere i cambiamenti come un’occasione di sviluppo per il futuro. Tutto ebbe inizio nel lontano 1912, quando Decio Monti nato nei pressi di San Marino nel 1882, dopo essersi formato in alcuni importanti labora-tori di Milano, fondò a Bergamo la sua bottega orafa. Assieme a lui, la moglie Adelaide, fedele compagna di una vita che gli fu vicina in quella che sembrava essere un’avventura destinata a durare a lungo. “E non si sba-gliavano perché quella prima bottega portò il marchio Monti Decio nell’olimpo degli orafi, estendendo la sua fama sia a livello nazionale che internazionale”. Non solo, quel negozio si trasformò, ben presto, in un atelier orafo dove poterono formarsi molti giovani oro-logiai e orafi della città. Una vera e propria scuola nella quale, sotto l’occhio attento di Decio, poterono crescere innumerevoli talenti poi affermatisi nel panorama locale. “In seguito, negli anni Quaranta, nel nuovo negozio di via Zambonate subentrò il figlio di Decio, Tullio, esperto oro-logiaio accompagnato dalla moglie Mimma, designer di gioielli, dotata di uno spiccato fiuto imprenditoriale”. Fu quello il momento di importanti collaborazioni con alcu-ni dei più prestigiosi nomi dell’orologeria svizzera, che accrebbero esponenzialmente il successo del marchio bergamasco. IWC, Audemars Piguet, Girard Perregaux,

Bulgari, Vacheron Constantin, Omega, Gerald Genta, questi e molti altri i nomi che collaborarono con la gioielle-ria Monti Decio. Ma è nel pieno del boom economico che il marchio bergamasco riuscì ad affermarsi massimamen-te, affiancando alla propria produzione, altri nomi della gioielleria di livello. “È di quegli anni, infatti, la decisione di fare entrare, accanto alla grande produzione di gioielli e orologi firmati Monti1912, anche le top griffes della gio-ielleria mondiale”. Negli anni Settanta il negozio si sposta al civico 85, mentre nella sede storica di via Zambonate, al civico 79, viene aperta la gioielleria etnica, luogo d’in-canto per estimatori e collezionisti di tutto il mondo. Sono quegli gli anni della terza generazione di Monti, “entrati nell’azienda di famiglia – continua Bruno Monti – con la consapevolezza di una grande responsabilità per quel passato glorioso, ma animati al contempo da idee d’a-vanguardia”. Con la quarta generazione, entrata nel Terzo Millennio, il marchio Monti Decio si è confermato nello spirito della tradizione, declinata all’innovazione dei nuo-vi mezzi di comunicazione. “Con l’ultima generazione è nato il sito internet, indicato per tutti quei collezionisti alla ricerca del pezzo unico e introvabile. La nostra collezione, infatti, è cresciuta con noi, negli anni, e oggi è una vera soddisfazione poter accontentare richieste provenienti da ogni parte del mondo”. La gioielleria esporta prevalente-mente in Giappone, Cina, Olanda e Stati Uniti. Cento anni di tradizione, arte e design nel nome Monti Decio: più che un punto di arrivo, un nuovo punto di partenza.

Gioielleria Monti Decio dal 1912 via Zambonate 85 Bergamo tel. 035-238154 [email protected] - www.montidecio1912.it

La più antica gioielleria e orologeria di Bergamo, fondata nel 1912, continua ad essere un punto di riferimento per i collezionisti più esigenti. Collaborazioni decennali con i marchi più prestigiosi. 1. Due sedi per una scelta

di stile e carattereScegliere uno dei negozi Monti Decio 1912 è un'espressione di gusto e stile personali.I gioielli etnici, collocati presso la sede sto-rica, al civico 79 di via Zambonate, creano un punto d'incontro per gli appassionati di questo genere.Nella sede principale al n° 85 della stessa via su tre piani di vendita troviamo il luogo ideale per gli appassionati di orologi e gioielli classici e intramontabili.

2. Le creazioni e i servizi La gioielleria realizza preziosi grazie all'arte orafa dei suoi collaboratori studiando spes-so con il cliente le creazioni più esclusive e ricercate.È inoltre attivo un gruppo di maestri orologiai in grado di eseguire assistenza e riparazioni di primo livello su orologi di qualsiasi marca e grado di complicazione.

3. I marchi Nella gioielleria è possibile trovare, oltre alla collezione Monti 1912, anche i marchi più prestigiosi dell'alta gioielleria come lo stile senza tempo di Giorgio Visconti, l'inconfon-dibile manifattura dell'oro etrusco di Luigi Quaglia o l'originale gusto etnico di Misani. È inoltre disponibile un'ampia gamma di oro-logi selezionati tra le marche più prestigiose quali: IWC, Audemars Piguet, Girard Perre-gaux, Bulgari, Vacheron Constantin, Omega, Gerald Gentà, Breitling, Ulysse Nardin, Hamil-ton, Locman e molti altri ancora.

Il fondatore Decio Monti in un’immagine del 1912 Tullio Monti con la madre davanti allo storico negozio di via Zambonate negli anni ’40

I coniugi Monti nello studio della gioielleria in una foto degli anni '70

Panoramica di un locale del negozio ai giorni nostri

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PROvINCIALA/

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PROvINCIALA/

turismo culturAle e terme per il rilAncioDellA vAlle imAgnA

La valorizzazione dei gioielli architettonici del territorio e l’offerta benessere caratterizzata dal buon rapporto qualità-prezzo sono

alcune delle risposte di un territorio provato dalla crisi. Se almenno S. Salvatore, almenno S. Bartolomeo e S. omobono, dove è attiva

la nuova associazione degli imprenditori, sembrano offrire maggiori potenzialità, per Palazzago e Berbenno la prospettive sono più incerte.

racchiusa tra le sue verdi mon-tagne, la valle Imagna soffre di un paradosso che sinora l’ha relegata a Cenerentola delle

valli bergamasche. Ricca di natura, con un patrimonio storico-culturale rimasto praticamente intatto, è la valle più vicina a Milano, 50 chilometri appena di di-stanza, ma anche la meno conosciuta. I ricordi del recente passato, che l’aveva-no resa indipendente grazie al turismo e alle attività della lavorazione del legno, sono ormai spenti dinanzi a una crisi che azzera tutto e permette qualche rifles-sione sulle occasioni perse. Che siano mancati, quando ce n’era la possibilità, un certo spirito imprenditoriale e una lungimiranza che sapesse andare oltre al “qui e ora”? Anche questa può esse-re una delle chiavi di lettura per leggere un’offerta turistica che si è seduta su se stessa. Alta e bassa valle Imagna, divise da poche decine di chilometri, sembra-no, inoltre, due realtà a se stanti, mondi lontani che proprio in questo periodo dovrebbero cominciare a parlarsi di più, per fare fronte comune davanti alla crisi. L’obiettivo condiviso, tuttavia, non manca, essendo il rilancio del turismo culturale, religioso e legato alle terme la chiave di volta su cui intende spingere. Così Almenno San Salvatore punta su un percorso dell’arte romanica che valo-rizzi le stupende chiese del suo territorio. Costituito da una parte alta molto caratte-ristica, dove il tessuto commerciale è or-mai svanito, e da una parte bassa molto

di Sara norIS

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12/DODICIMESIGENNAIO/FEBBRAIO GENNAIO/FEBBRAIO 12/DODICIMESI

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PROvINCIALA/

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viva, Almenno San Salvatore ha pratica-mente tutto, mancando solo di qualche parcheggio accanto ai negozi. La costi-tuzione nel 2010 del Distretto del Com-mercio “Colline Orobiche”, tra Almenno San Salvatore, Almenno San Bartolomeo, Palazzago e Barzana, sta inoltre cercando di creare le condizioni per un rilancio condiviso del commercio. A breve distanza si trova Almenno San Bartolomeo che specularmente al suo omonimo San Salvatore, si è svuotato di attività commerciali nella parte alta, dove ne rimangono sì e no un paio, per allargarsi nella parte bassa. La prossimità ai numerosi supermercati della zona, in perfetta tendenza col resto della berga-masca, ha creato problemi al commercio di vicinato che fatica ad andare avanti. Anche qui si crede nel rilancio del turi-smo, tanto che, con un lavoro sinergico, si è passati da 5mila presenze sul territo-rio a 37mila, guadagnandosi sul campo la riconosciuta valenza turistica. La spinta più grande l’ha data la Rotonda di San Tomè, suggestivo gioiello romanico, ri-salente agli inizi del XII secolo. Palazza-go è un paese a sé, con un centro storico cristallizzato nel tempo, condizionato enormemente sia dalla mancanza di sboc-chi verso l’esterno, che da un’estensione

allungata del territorio. Questo incide nel commercio e nello sviluppo del paese. Fiore all’occhiello è la chiesa di San Gio-vanni Battista, che si distingue per la pala dell’Assunta e per la cosiddetta “cappella del diavolo”, dal suggestivo soffitto. A qualche chilometro di distanza si entra nell’alta valle Imagna, dove Sant’O-mobono Terme rappresenta il centro nevralgico di tutto il territorio. Ricca di attività commerciali che ne costituiscono il substrato sociale, questo grazioso pae-sino, sul cui territorio fanno bella mostra di sé le terme che ne trainano il turismo, ha capito che “l’unione fa la forza” di fronte alla crisi. Da questo spirito illumi-nato è nato ISOT nel 2010, l’associazio-ne imprenditori di S. Omobono Terme che comprende 150 attività dislocate in tutta l’alta valle, unendo commercianti, imprenditori e artigiani che costituisco-no le eccellenze del territorio. In appena due anni, oltre ad aver portato l’imma-gine della valle Imagna in importanti fiere, l’associazione è riuscita ad aprire un distaccamento dell’ufficio turistico a Sant’Omobono Terme al quale, in una sola stagione, si sono rivolti oltre 2.000 visitatori. Se a questo aggiungiamo che ISOT è stato promotore di un percorso religioso legato al Santuario della Cor-

nabusa, in collaborazione col vicariato di valle, col Centro studi valle Imagna, gra-zie ai fondi della Camera di Commercio, si può ben dire che quest’associazione sappia come muoversi per chiamare nuo-vo turismo. È in itinere, inoltre, il nuovo Distretto diffuso del commercio Valle Imagna che comprenderà i comuni di Be-dulita, Berbenno, Brumano, Capizzone, Corna Imagna, Costa Valle Imagna, Fu-ipiano Valle Imagna, Locatello, Roncola San Bernardo, Rota Imagna, Sant’Omo-bono Terme, Strozza, Valsecca che, si spera, potrà ulteriormente incidere sullo sviluppo sociale, economico e turistico del territorio. Berbenno si estende in varie frazioni, la più importante delle quali, Ponte Giurino, fa vita a se stante con i suoi circa 500 abitanti. Memore di un turismo lontano, fatto di berbennesi emigrati che tornavano per le ferie e di qualche milanese che passava l’estate nel-la zona, oggi Berbenno ha la lucida con-sapevolezza che quel passato non potrà più tornare.

Nelle pagine precedenti, la Rotonda di San Tomè,

ad Almenno San Barlomeo.Qui sotto, una panoramica

di Berbenno.

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GENNAIO/FEBBRAIO 12/DODICIMESI

CI RACCONTANOaLMenno San SaLVaTore

STeFano roTa(STudIo FoToGraFICo STeLLa) Via Pitentino Che paese è Almenno San Salvatore?“Principalmente residenziale, con po-che attività economiche, dove negli anni non sono arrivate la grandi industrie. È un paese dove si vive ancora bene”. Quanto è cambiato negli ultimi 10 anni?“Poco, ci sono state delle costruzioni mirate che non hanno aggredito il terri-torio. Anzi, direi che la parte storica di Almenno è stata protetta e valorizzata”. Come?“È stato creato un percorso del romani-co che chiama migliaia di persone tutto l’anno”. Il turismo come chiave contro la crisi?“Sì, è su questo che dobbiamo lavorare per il futuro della valle”.

LaVInIa CornaLI(aBBIGLIaMenTo)Via PitentinoLa sua è un’attività storica, quindi potrà dirmi com’è cambiato il paese. “Prima tutte le attività erano concen-trate nella parte alta, poi dagli anni No-vanta si sono spostate nella parte bassa. Dispiace vedere il centro storico così spento”. Come mai?“Credo che la responsabilità sia dovu-ta all’apertura dei supermercati nella zona”. Le piace il paese?

“Molto, quando vado via mi rendo conto che qui si sta bene. Il paese è tranquillo e molto vivibile”. Il turismo?“Bisognerebbe incentivarlo, ab-biamo delle chiese bellissime che potrebbero chiamare più pubblico. Noi, tra l’altro, facciamo la nostra parte promuovendo La sagra regio-nale degli uccelli, che ad agosto richia-ma oltre 15mila persone”.

Lara d’aSCenZo (Bar TroCadero)Via Martiri di CefaloniaCrede che la promozione turistica pos-sa essere una chiave contro la crisi?“Ad Almenno non credo proprio. Sono un po’ pessimista, vista la crisi in corso”. I giovani come si divertono?“Li vedo uscire poco. Forse più d’esta-

te, ma non mi sembra che, a parte l’ora-torio, ci siamo molti luoghi di aggrega-zione nel paese”. C’è qualcosa che andrebbe migliora-to nel paese?“Mancano i parcheggi. Qui siamo in una zona con molte attività commerciali, ma abbiamo solo sette parcheggi”.

GIorGIo BoFFeTTI (CenTro FruTTa)Via Martiri di CefaloniaUn problema del territorio?

Lavinia Cornali Lara D’Ascenzo

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Bella la parte alta, più commerciale e anonima quella bassa. Nel complesso un paese carino, con cittadini alla mano e di-sponibili. Si percepisce un certo potenziale turistico ancora inespresso, che nel futuro potrà migliorare la situazione. Un paese in fermento.

Giorgio Boffetti

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12/DODICIMESIGENNAIO/FEBBRAIO68

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“Hanno costruito troppi supermerca-ti nella zona, così le piccole attività ne hanno risentito enormemente”. Che paese è questo?“Ha una certa vocazione artistica lega-ta alle Chiese romaniche del territorio, tuttavia non credo possano essere suffi-cienti per creare un reale traino turisti-co, tale da portare un indotto nel paese”. Siete un paese unito?“Una volta di più. Mi sembra che oggi ci sia più individualismo, rispetto al recen-te passato”. Cosa manca?“I parcheggi. Continuano a fare marcia-piedi, che servono relativamente”.

E nella zona alta?“Ormai è morto tutto, da una decina d’anni”.

aLBerTo FaGIanI (FaGIanI GIoIeLLI)Via Martiri di CefaloniaNegli ultimi dieci anni, com’è cam-biato il territorio?“Non ci sono stati degli stravolgimenti, il paese si è sviluppato, ma non in ma-niera eccessiva”.Il fenomeno immigrazione?“C’è stato, ma è rimasto sotto controllo. Gli stranieri sul territorio si sono so-stanzialmente integrati tutti”.

Si avverte una certa vocazione turistica?“Poco, a parte il fenomeno delle secon-de case dei milanesi. Abbiamo il percor-so del romanico che, tuttavia, porta un turismo di nicchia”. Nel suo settore come sta impattando la crisi?“La mia clientela si orienta principal-mente sull’argento e l’acciaio. Il mio settore, infatti, soffre sia la crisi sia l’au-mento dell’oro, il cui prezzo si è triplica-to in pochi anni”.

GIoVannI de FerrarI (aZIenda aGrICoLa LuranI CernuSCHI)Via ConventoChe paese è Almenno?“Temo sia diventato un paese dormito-rio, nonostante la Pro Loco si sia spesa, in questi anni, per creare degli eventi d’aggregazione. Purtroppo, coi tempi che corrono, tutto è più difficile e il tes-suto sociale ne risente”. Cosa manca?“Fatto salvo il buon lavoro dell’ammini-strazione locale, che in base al Patto di stabilità ha le mani legate, ciò che manca è un luogo di aggregazione, come un’a-rea feste”.Come sta incidendo la crisi sulla sua attività?“Si acquista molto meno. Siamo passati dagli anni Ottanta, dove il cliente acqui-stava un cartone da dodici per tipologia di vino, ad oggi con l’acquisto di un car-tone misto da sei”. E la vocazione turistica?“Ci credo molto. Promuovere in nostro patrimonio paesaggistico ed enogastro-nomico è l’unico modo per portare da fuori persone ad Almenno”.

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12/DODICIMESIGENNAIO/FEBBRAIO GENNAIO/FEBBRAIO 12/DODICIMESI

CI RACCONTANOaLMenno San BarToLoMeo

edGardo BaTTaGLIa (aLIMenTarI)Via Martiri della Libertà

Come mai la parte alta del paese si è svuotata di attività?“Non c’è stato ricambio generazionale, una volta chiusi i negozi, nessuno ha più riaperto. La vecchia amministrazione ha tentato di riportare delle attività com-merciali, costruendo alcuni negozi, ma sono rimasti vuoti”. Mentre la parte bassa?“È una zona ancora viva, con molte at-tività”. E con la crisi?“Per ora nessuno ha chiuso, anche per-

ché la maggior parte è proprietaria dei muri e non ha affitto da pagare”. Il paese le piace?“Molto e mi sembra che negli ultimi anni sia stato fatto molto dalle varie am-ministrazioni”.

Mary ManZonI (edICoLa) Via De GasperiA cosa rinunciano i suoi clienti?“Leggono meno quotidiani. Inoltre, se prima acquistavano senza prestare at-tenzione al prezzo del periodico, adesso stanno ben attenti”. Le piace il paese?“Molto, è un territorio vivibile, ancora a misura d’uomo”. Il valore aggiunto?“Ci si conosce tutti. A me i supermerca-ti, così freddi e impersonali, non piac-ciono, preferisco fare la spesa in paese e scambiare due chiacchiere coi commer-cianti”.

renaTo MorLoTTI (MaCeLLerIa) Via Dante AlighieriCos’è successo al territorio negli ulti-mi 15 anni?“Il sistema produttivo si è sfaldato, mol-te grosse aziende hanno cominciato a delocalizzare le loro attività. Fino a due anni fa, tuttavia, non c’era disoccupazio-

ne nella zona, perché molti operai erano stati assorbiti da altre aziende, mentre con l’ultima crisi molti sono stati messi in cassa integrazione o licenziati”. E nella sua attività?“Ho avuto un calo del 25%, negli ultimi due anni. Ho una clientela affezionata, il 60% della quale viene da fuori. Su pollo, tacchino, maiale e coniglio, le vendite sono stabili, mentre abbiamo perso sulla carne di bovino, in particolare vitello”. C’è qualcosa che manca?“La sicurezza sulle strade. Non ci sono i vigili sulle strade, non ci sono dossi, né telecamere. Sono già stato in Comune varie volte, ma nulla è cambiato”.

LorenZo roTa(aLIMenTarI) Via Dante AlighieriCome va il commercio nel paese?“Male, se dovessi pagare l’affitto e dei

Edgardo Battaglia

Renato Morlotti

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Cittadini accoglienti e disponibili. Il paese

è ancora a misura d’uomo, un reale valore

aggiunto per decidere di vivere qui. Consi-

gliatissima una visita a San Tomè.state costruite scuole, associazioni sporti-vi e un centro ricreativo”. Crede in una rinata vocazione turistica?“Sì, senza dubbio. Abbiamo un centro di promozione turistica per San Tomè, che funziona molto bene”.

Le nostre domande a…

Gian BattiSta BRioSChi, SindaCo di aLMenno San BaRtoLoMeoCome interpreta le potenzialità del Distretto del commercio Colline Orobiche?“Trovo sia un bene che sia stato avvia-to, anche se con finanziamento della Regione Lombardia. Credo tuttavia sia giusto per il Comune recuperare risorse proprie di bilancio per conti-nuare a finanziarlo e a potenziarlo”.Per quanto riguarda la vocazione turi-stica del paese, crede che possa esse-re una chiave per combattere la crisi?“Il nostro paese è stato riconosciuto a valenza turistica, siamo infatti pas-sati da 5mila presenze sul territorio a ben oltre 37mila. Il turismo è una delle strade giuste per combattere questa crisi, se riusciremo a mette-re in campo tutte le potenzialità dei nostri monumenti e dei sapori del nostro territorio, con eventi e mani-

festazioni che contribuiscano a farlo crescere”. C’è chi si lamenta della sicurezza sulle strade del paese, è possibile potenziarla?“Abbiamo già sette telecamere per monitorare i siti più delicati e altre tre sono in via di allestimento. Per quan-to riguarda la polizia locale abbiamo

dipendenti, avrei già chiuso. I centri commerciali ci hanno tagliato letteral-mente le gambe!”. Con la crisi, i suoi clienti hanno cam-biato abitudini?“Certo, non solo acquistano meno, ma si indirizzano verso prodotti meno cari. Al posto di prendere il crudo, ad esem-pio, scelgono il cotto o la mortadella”. E le altre attività economiche del paese?“Prima erano una garanzia, anche per i giovani, adesso stanno soffrendo la crisi anche loro”. Almenno ha una vocazione turistica?“C’è la Rotonda di San Tomè, una bel-la chiesa che chiama pubblico anche da fuori. Purtroppo, però, non ci sono rica-dute sul territorio, si tratta di un turismo mordi e fuggi”.

MarCo CLIVaTI(aCConCIaTure uoMo)Strada della ReginaLa crisi?“Nella mia attività non ha inciso, fortu-natamente, perché non c’è molta con-correnza tra i parrucchieri per uomo. Diversa è, probabilmente, la situazione dei parrucchieri per signore”. Il paese è cambiato?“Sì, ha avuto un incremento demogra-fico non indifferente e sono stati creati nuovi servizi alla persona”. Ad esempio? “Negli ultimi dieci anni è stato fatto molto, sia per i giovani che per gli anziani. Sono

sottoscritto un protocollo d’intesa con il Comune di Ponte San Pietro per avere a disposizione agenti anche per il periodo estivo, da aprile a otto-bre, con tele laser e controllo etilico, sia serale che notturno”. Quali sono le prossime opere previ-ste sul territorio?“Le opere che andremo a inserire nel bilancio di previsione 2013 sono prevalentemente la realizzazione dei marciapiedi di via De Gasperi, la sca-la antincendio delle scuole elemen-tari, la struttura per l’area feste, la ristrutturazione della scuola materna delle Cascine, la riqualificazione di via Papa Giovanni XXIII, la riqualifi-cazione della rotonda Ca Marchì, la ristrutturazione della mensa scola-stica, oltre alla manutenzione delle strade e degli immobili comunali”.

Marco Clivati

Lorenzo Rota

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GENNAIO/FEBBRAIO 12/DODICIMESI

CI RACCONTANOPaLaZZaGo

GIorGIo donadonI (TraTTorIa Bar TaVerna)Via MaggioreÈ cambiato il paese negli anni?“No, non molto”. Con la crisi hanno chiuso delle attività?“Sì, anche negozi storici, aperti da de-cenni”. Hanno inciso i centri commerciali?“Certamente, quelli sulla Briantea han-no tolto buona parte del lavoro”. Il fatto che il paese si chiuda, senza alcuna via di sbocco, quanto ha inciso sul commercio?

“Molto, si parlava della costruzione di una strada che avrebbe collegato il paese a Ca-lolziocorte, ma è stata persa l’occasione”.

ZHenG SIaoJun (Bar SPorT) Via MaggioreLei ha aperto da tre anni. Perché pro-prio a Palazzago? “Mi trovo in Italia da qualche anno e desi-deravo aprire un bar. Palazzago mi piace-va, c’erano dei prezzi accessibili rispetto a Bergamo, così ho deciso di provare qui”. È qui con la sua famiglia?“Sì, con mia moglie e mia madre”. Com’è stata l’accoglienza?“Buona, mi piacciono i cittadini di Pa-lazzago. La maggior parte dei miei clien-ti sono gli anziani che vanno a messa e si fermano qui per un caffè”.

È soddisfatto? “Sì, tanto, ho avuto fortuna. Adesso man-cherebbe un po’ più di lavoro. Con le tasse e tutto il resto, riusciamo appena a man-giare. Ma sono ottimista per il futuro”.

CrISTIan CorBeTTa(MaCeLLerIa) Via MaggioreLei ha l’attività dal ’54, com’è cam-biato il paese? “È rimasto sostanzialmente lo stesso, nonostante negli ultimi dieci anni abbia-no costruito molto nella zona. Questo mi ha permesso di avere qualche cliente in più”. C’è qualcosa che vi ostacola come commercianti?“La strada a fondo chiuso e, probabil-mente, anche la conformazione allun-

Giorgio Donadoni Zheng Siaojun e Stefano Pesenti Cristian Corbetta

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I DUE NEGOZIRIMARRANNO

APERTI TUTTE LE

DOMENICHE

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Un paese chiuso in se stesso, forse un po’ come i suoi abitanti, molto restii a parlare, a parte qualche rara eccezione.

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12/DODICIMESIGENNAIO/FEBBRAIO

gata del paese. Qui ci devi venire, non c’è clientela di passaggio”. Lei come fa?“Per fortuna non pago l’affitto, altri-menti sarei in difficoltà. Inoltre negli anni, avendo delle carni di qualità che macello io, ho selezionato una clientela affezionata. Certo se dovessi partire da zero, tutto sarebbe diverso”.

CarLo CaSTeLLI(rISToranTe) Via LongoniLei si è trasferito recentemente qui dal centro storico, come mai?“Volevo stare vicino alle vie di passag-gio. Purtroppo il centro del paese si è svuotato e si sono sviluppate di più le zone limitrofe”.Un’occasione mancata?

“La creazione di nuove strade, cosa che sarebbe potuta avvenire senza grossi pro-blemi, intervenendo nella zona boschiva che si estende verso Pontida. Adesso è troppo tardi, con la crisi è impensabile poter realizzare nuove infrastrutture”.Un’idea per l’amministrazione?“Forse il Comune dovrebbe eliminare gli oneri per chi va a recuperare gli im-

mobili del centro. Certo bisognerebbe anche riuscire a vendere gli immobili, cosa che con la crisi del settore sembra molto difficile”. Nella sua attività si sente la crisi?“Sì, i clienti oggi vengono meno e deci-dono, molto spesso, di non bere vino. I miei ordini, non a caso, si sono ridimen-sionati nell’ultimo anno”.

Le nostre domande a…

MiCheLe JaCoBeLLi, SindaCo di PaLaZZaGo

Cos’è stato fatto grazie al Distretto del commercio Colline Orobiche? “Il progetto per l’aggregazione è stato finanziato e alcune attività com-merciali dei tre comuni ne hanno be-neficiato con interventi nei loro locali. Le Amministrazioni hanno deciso di lasciare i fondi ricevuti a disposizione del distretto (circa 249mila euro), per farlo continuare nel tempo. Con que-sti fondi si è finanziato prima un inter-vento per la sicurezza urbana festiva e feriale, in occasione delle feste di fine anno con particolare attenzione alle zone commerciali. Ovviamente Palazzago non ha la densità commer-ciale di Almenno, ma lo spirito del Distretto era lo sviluppo e l’appoggio delle attività di tutti i Comuni parteci-panti. Successivamente si è finanziata la creazione di un sistema informati-vo/pubblicitario del territorio e delle attività commerciali con l’acquisto di totem informatici da collocare sul territorio con la funzione di rendere note le potenzialità anche commer-ciali della rete del distretto. A questo punto però le risorse sono agli sgoc-cioli e occorrono nuovi investimenti o nuovo impulso di collaborazione con i commercianti: ritengo sia necessa-rio continuare il confronto con le al-tre Amministrazioni, perché due anni

sono un lasso di tempo troppo breve per tirare le conclusioni. Oltre a que-sto la recessione seguita alle misure adottate da questo Governo Monti non sta certo aiutando le imprese”.Quanto incide, secondo lei, la man-canza di via di sbocco sullo sviluppo del paese?“La particolare conformazione geo-grafica e topografica di Palazzago da un lato attira nuovi residenti, dall’altra, commercialmente parlando, pone pro-blemi non comuni ad altri territori. L’al-to numero di frazioni e una via principa-le non di passaggio, ma a fondo chiuso, rendono difficile la sopravvivenza dei negozi cosiddetti di vicinato”.Perché nel passato non sono state aperte altre strade?“Creare nuove vie di accesso strada-le che portino all’interno di Palazza-go potrebbe portare ai soliti sviluppi edificatori che, secondo noi, è meglio evitare. Ne abbiamo già a sufficienza di unità abitative invendute. Va aiu-tata la fantasia degli operatori per sfruttare le particolarità del nostro territorio, che così com’è, paesaggi-sticamente parlando, è apprezzato da molti”.Quali saranno le prossime opere?“Ringraziando il Governo Monti, che al sesto Comune più virtuoso della

Bergamasca (categoria Comuni tra 3-5mila abitanti) ha tolto ben 750mila euro, adesso abbiamo come priorità la sistemazione di una frana quie-scente che interessa il cimitero di una nostra frazione. Siamo soli perché le leggi prevedono un contributo, ma soltanto a frana avvenuta. Quindi ci arrangeremo per sistemare la nostra frazione prima che avvenga qualche calamità. Poi ci dedicheremo alla pa-lestra delle elementari, come ad altre opere di manutenzione e di investi-mento (in particolare i nuovi tronchi fognari). Se penso che il Governo toglie fondi a Comuni che già rispar-miano e amministrano oculatamente come Palazzago, sento tutta l’ingiu-stizia di un simile trattamento!”.

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7712/DODICIMESIGENNAIO/FEBBRAIO GENNAIO/FEBBRAIO 12/DODICIMESI

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CI RACCONTANOSanT’oMoBono TerMe

LuCIano BenaGLIa(ParruCCHIere) Via Vittorio Veneto

La crisi sta incidendo nella sua attività?“Nella mia, per fortuna, non molto, ma nel territorio purtroppo si percepisce”. Le piace il paese?“Sì, perché siamo nel centro valle, in un territorio di passaggio, quindi, rispetto ad altre realtà più piccole, non ci possia-mo lamentare”. Di sera?“Ci sono diversi bar, un po’ di movi-mento c’è”. E per i giovani?“Abbiamo delle associazioni sportive ben organizzate, sia per la pallavolo che per il calcio”.

STeFano FroSIo(rISToranTe FuMaTa BIanCa) Via Fumata BiancaUn’occasione mancata?“Ci si aspettava, visto che era stata una delle promesse della passata amministra-zione, una Casa di riposo. Tutto sembrava

pronto e invece il progetto si è bloccato”. Servirebbe all’intera valle?“Certo, è un’opera necessaria per tutta la comunità”. Venendo all’Isot, su cosa dovrebbe spingere?“Su iniziative di una certa rilevanza. Ho proposto all’associazione di far passare una tappa del Giro d’Italia a Sant’Omo-bono. Ha un certo costo, lo capisco, ma l’unione fa la forza e sarebbe un ritorno d’immagine incredibile”.

LuCIa CICoLarI(edICoLa) Via Alle FontiLa sua è un’attività storica, potrà dun-que dirmi com’è cambiato il paese. “Si è svuotato molto, rispetto al passa-to. Un tempo questo paese era il ‘centro commerciale’ di tutta la valle, vivo, con un andirivieni perenne di gente”. E poi?“Le attività economiche principali, legate alle fabbriche del legno, hanno comincia-to progressivamente a scomparire. Pian

piano è diventato più tranquillo”.Questa crisi sta incidendo ulterior-mente?“Purtroppo sì, la mia clientela sta atten-ta a tutto, rinuncia alle riviste patinate e ai quotidiani. Vanno ancora quelle rivi-ste di gossip da 50 centesimi”.

ManueL eManueLLI(eManueLLI e GreGIS eLeTTrodoMeSTICI) Via Alle FontiChe turismo c’è oggi?“È un turismo estivo fatto di nonni coi nipotini, o invernale di famiglie che han-no la casa qui. C’è ancora gente ma, ri-spetto a 15 anni fa, è molto diminuita”. Perché venire qui?“La nostra è una valle bellissima, ad appe-na un’ora da Milano, dov’è possibile fare lunghe passeggiate, andare alle terme, accedere a percorsi enogastronomici ri-scoprendo i sapori antichi di una volta”. Quanto incidono le Terme sul turi-smo della Valle?“Molto, durante l’estate sono aperte quelle comunali a Sant’Omobono, sen-za contare le spa presenti nel territorio, tutte di alto livello”. Oltre al turismo su cosa si fondava l’e-conomia del territorio?“Sulle tornerie che lavoravano il legno. Era il cuore dell’economia della val-le, poi l’arrivo della Cina ha inciso sul settore. Oggi rimangono dei piccoli artigiani che lavorano il legno, creando piccoli capolavori di pregio”.

Luciano Benaglia

Stefano Frosio

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

A Sant’Omobono Terme ci vivrei, sia per

l’accoglienza dei suoi cittadini, incredibil-

mente disponibili e socievoli, che per la

sua posizione centrale nella valle, che ne

fa un paese vivo e produttivo. Per il turi-

sta c’è solo l’imbarazzo della scelta: terme,

paesaggio fiabesco, artigianato, gastrono-

mia e arte.

nICoLeTTa CaSarI(VILLa orTenSIe MedICaL SPa)Via Alle FontiQual è il target della vostra clientela?“Medio-alto, fatto principalmente di ita-liani dai 20 ai 60 anni, anche se abbiamo notato un aumento dei giovani negli ultimi anni”. La crisi come si sta manifestando?“I nostri clienti fanno sempre meno not-ti, 2 o 3 al massimo, la settimana è diven-tata un’eccezione”. Come cercate di reagire?“Distinguendoci con programmi benes-sere dal buon rapporto qualità-prezzo”. Il futuro?“Credo molto nell’Isot, perché il nostro è un territorio ancora poco conosciuto e

sono convinta che tutti assieme potremo fare molto per promuoverlo”.

GraZIeLLa VIGanò, vicepresi-dente dell’Associazione Impren-ditori di Sant’Omobono TermePerché si sentiva il bisogno di un’as-sociazione come la vostra?“Crediamo molto nel nostro territorio e sentivamo che, visto il difficile momento economico, ci fosse la necessità di fare fronte comune contro la crisi. Quindi due anni fa abbiamo fondato l’ISOT, un’asso-ciazione di commercianti, imprenditori e artigiani che comprende 150 attività di diversa natura, in tutta la Valle Imagna. L’aver messo assieme tutte le eccellenze del territorio, dal settore artigianale del legno, a quello gastronomico, passando per quello edile e commerciale, ci dà la forza di poter lavorare a 360°”.Su cosa avete lavorato sinora?“Devo dire che in due anni abbiamo fatto molto. Recentemente abbiamo parteci-pato alla Fiera campionaria di Bergamo, portando sia la parte edile che artigiana della Valle Imagna. Siamo riusciti ad aprire un distaccamento dell’ufficio tu-

ristico a Sant’Omobono al quale, in una sola stagione, si sono rivolti oltre 2.000 visitatori. Senza contare che siamo stati i promotori di un percorso religioso lega-to al Santuario della Cornabusa e ad altri luoghi di culto, in collaborazione col vicariato di valle, col Centro studi valle Imagna, che è stato finanziato attraverso dei fondi della Camera di Commercio”.Le prossime novità?“A breve saremo ad Artigiani in Fiera, pro-muovendo il nostro territorio attraverso le belle opere dei nostri artigiani. Insomma, tutto questo lavoro, fatto anche in colla-borazione con la nostra amministrazione locale, con la Comunità Montana e con le varie associazioni sul territorio, ci fa ben sperare per il futuro della valle”.

Le nostre domande a…

PaoLo doLCi, SindaCo di Sant’oMoBono teRMeIl vostro è un territorio in fermento, sia grazie a ISOT che al prossimo Distretto del commercio Valle Ima-gna. Che valutazione ne dà?“A Sant’Omobono Terme abbiamo una realtà commerciale molto viva, sono convinto che avremo importanti benefici dal Distretto, soprattutto per i negozi di vicinato. Inoltre la mia am-ministrazione non può che ringraziare l’ISOT per tutto quello che sta facen-do, tanto che da quando ci siamo insediati l’associazione è diventata una dei principali partner per la pro-mozione del territorio. Aiutare ISOT, non dimentichiamolo, significa aiuta-re tutta l’alta valle Imagna, che oggi ha bisogno di un rilancio serio”. Crede che nel passato si siano per-se delle occasioni?“È evidente che non sia stata fatta alcuna politica seria di marketing ter-ritoriale sulla valle Imagna. Il nostro è un territorio che, grazie alla man-

canza di sblocchi naturali, è rimasto pressoché intatto, cristallizzandosi dal punto di vista naturalistico. Il fat-to che sia così vicino ai centri urbani non ha, paradossalmente, spinto gli imprenditori a credere realmente nel potenziale turistico della valle. Amministrazioni poco lungimiranti, nel passato, e imprenditori che non hanno sfruttato il turismo della valle, hanno fatto sì che il nostro bel ter-ritorio sia poco conosciuto, rispetto ad altri. Credo, tuttavia, che grazie a questo rinato associazionismo e al distretto del commercio, potremo fare molto per la sua promozione”. Nel recente passato si era parlato del-la costruzione di una Casa di riposo. È un progetto ancora realizzabile?“Quella era un’attività privata, le-gata anche alla costruzione di un centro commerciale, già realizzato. Purtroppo, nonostante i ripetuti invi-ti e la massima disponibilità da parte

della nostra amministrazione, questo operatore non si fa sentire”.Quali sono le prossime opere in fase di realizzazione?“Il periodo non è favorevole e ritengo che in passato siano stati investiti mol-ti denari in opere pubbliche, sia di im-patto visivo che emotivo. Oggi stiamo lavorando per mantenere gli impianti esistenti e ritengo che, visto il nostro indebitamento sproporzionato rispet-to alla capacità dell’Ente, figlio di cer-te scelte del passato, non sia il caso di fare passi troppo lunghi. Credo che ci limiteremo ai lavori pubblici ordinari”.

Nicoletta Casari Graziella Viganò

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79GENNAIO/FEBBRAIO 12/DODICIMESI

CI RACCONTANOBerBenno

eManueLe VanoTTI (BarBIere) Via San Giovanni Bosco Com’è cambiato il paese negli ultimi 15 anni? “Il lavoro è diminuito perché, con gli anni, si è abbassato percentualmente il numero degli emigranti berbennesi che periodica-mente tornavano nel paese, dalla Francia e dalla Svizzera. Una buona parte è rimasta all’estero, comprese le loro generazioni”. E chi è rimasto? “Sta andando avanti e, anzi, in contro-tendenza nel paese abbiamo molti gio-vani. Questo rende Berbenno vivo”.

L’immigrazione? “C’è stata, per un periodo, ma oggi sono pochi gli stranieri sul territo-rio, tutti ben integrati”. I servizi?“Per quanto riguarda le prime ne-cessità, abbiamo tutto, dall’asilo alle medie, biblioteca, banca, uffi-cio postale, farmacia e un buon orato-rio”. Divertimenti?“Abbiamo una buona Pro loco che orga-nizza delle manifestazioni durante tutto l’anno”.

donaTeLLa BoSIo(aLBerGo rIPoSo)Via Don BoscoFino a quando Berbenno ha avuto una vocazione turistica? “Fino a trent’anni fa. Venivano milane-si o berbennesi emigrati all’estero, per passare le ferie”. Pensa che nella Valle Imagna possa es-serci una ripresa del turismo, se ben promosso? “No, non credo, a Berbenno men che meno. Sono state perse delle occasioni, quando il turismo c’era”. Che paese è Berbenno?

“Temo che si stia spegnendo, nonostan-te il nostro sindaco e la Pro loco abbiano lanciato belle iniziative per animare il paese”.Richiamano pubblico anche da fuori?“Sì, ma spesso si ha l’impressione che l’effetto novità si esaurisca presto. Ho notato che diminuisce sensibilmente il pubblico, quando gli eventi vengono ri-petuti l’anno successivo”. Il cittadino medio fa la spesa nel paese?“Sì, preferibilmente gli anziani, men-

Emanuele Vanotti Donatella Bosio

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Berbenno è un paese grazioso, abbarbi-cato sulla collina, con innumerevoli frazio-ni che si estendono da più parti. Gentili e cordiali i suoi abitanti.

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tre le sposine prendono l’auto e vanno fuori”. Il futuro?“Non lo vedo roseo. In tre anni hanno chiuso diversi bar, il timore è che il pa-ese si spenga lentamente”.

GIanLuCa PeLLeGrInI (aLIMenTarI)Piazza San Giovanni BoscoCom’è il paese? “Si anima molto d’estate, mentre d’in-verno è molto tranquillo”. Turisti? “Una volta ce n’erano. D’estate si arri-vava ad essere 6 o 7mila persone, men-tre oggi 3.500, compresi i turisti”. Berbenno ha molte frazioni. Come ha inciso questo sul commercio? “Prima ogni frazione aveva i propri ne-gozi. Oggi la maggior parte delle attività

sono concentrate nel centro storico di Berbenno”. Anche lei fa parte dell’Isop. Crede che potrà dare una spinta anche a Berbenno?“Non credo, forse agevolerà principal-mente Sant’Omobono, anche per una que-stione logistica. Tuttavia mi sembrava im-portante aderire a un’associazione che sta tentando di dare visibilità alla nostra valle”.

MonICa InVernICI(Bar eCLISSe) Via Stoppani Frazione di Ponte GiurinoCome sta impattando la crisi in que-sta frazione?“Molte persone hanno perso il lavoro, quindi automaticamente anche nella no-stra attività abbiamo risentito di un calo. Evidentemente il bar è una tra le prime cose a cui si può rinunciare”. Esiste una vocazione turistica?“No, a differenza di altri paesi della Valle, non abbiamo case di proprietà di milanesi o stranieri. C’è solo una fami-glia che viene in villeggiatura durante l’estate”.Come mai? “Forse perché è una zona di passaggio, verso Sant’Omobono la situazione è dif-ferente”.

MaSSIMo BorIS (PaSTICCerIa doLCe Venere) Via Stoppani Frazione di Ponte GiurinoC’è una vocazione turistica?“Al 10%, prevalentemente turisti di giornata. Prima c’erano più turisti, così come più lavoro legato alle tornerie del legno. Oggi tutto è cambiato e buona parte della popolazione è costretta a spostarsi”. Le attività commerciali?“Tendono a chiudere, così anche noi siamo costretti a spostarci, andando nei supermercati della bassa valle. Il paese lo si vive, ma è molto diverso dal passato”. Cosa manca?“Da una decina d’anni si parla di costru-ire una piscina, speriamo che sia la volta buona, perché sarebbe molto utile per i giovani”.

Roberta Parazini e Gianluca Pellegrini

Massimo Boris

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in evidenzain evidenza

Il futuro dell’edilizia delle grandi opere arriva dalla Dani-marca e approda in Italia alla Fibers Consulting Group di Bergamo con l’obiettivo ambizioso di cambiare la tecnologia di costruzione delle infrastrutture pubbliche e private facilitando il processo di lavorazione delle opere, migliorando le prestazioni strutturali e garantendo, oltre ad eccellenti risultati, risparmi di tempo e di denaro.Una sfida alla diffidenza ed al timore del cambiamento che il fondatore e ceo (chief executive officies) Roberto Gussoni con a capo dell’ufficio tecnico Vassilis Mpam-patsikos, da poco approdato alla guida di FCG, stanno affrontando sul mercato edile italiano con la promozione e la diffusione dei profilati pultrusi per l’edilizia industriale privata e pubblica. “Sono i profilati pultrusi il core busi-ness di FCG – spiega Roberto Gussoni – per i quali ven-gono sviluppate tutte le nostre azioni di lavoro. Si tratta di un prodotto in fibra di vetro o di carbonio realizzato secondo processi di lavorazione che avvengono, nel pie-no rispetto dell’ambiente, nello stabilimento del gruppo danese Fiberline Composites, di cui noi siamo l’unico partner italiano”. Un materiale innovativo già utilizzato e altamente sperimentato nei paesi del nord Europa e che trova impiego soprattutto nel campo dell’edilizia stradale e pedonale con la costruzione di ponti, viadotti, impianti idrici, acquedotti e centri commerciali. “Rispetto all’utiliz-zo dei classici materiali di costruzione (cemento, acciaio, alluminio e legno) i profilati pultrusi hanno il grande van-taggio di avere un peso particolarmente ridotto (circa 1/5 dell’acciaio) che si traduce in notevoli risparmi di traspor-to e di montaggio, garantendo al tempo stesso stabilità e sicurezza. Se pensiamo per un momento alla realizza-zione o al rinnovo di un ponte autostradale – spiega il ceo di FCG – ci vengono in mente enormi cantieri, squadre di operai e soprattutto disagi derivanti dal blocco del traffi-co specialmente quando si tratta di grandi arterie viarie. Con il materiale composito Fiberline invece un ponte può essere installato in poche ore e grazie alla leggerezza del materiale può essere realizzato direttamente in fabbrica

e poi trasportato sul luogo di installazione in tempi ridot-tissimi ottenendo così bassi costi di trasporto e montag-gio oltre ad una più facile movimentazione”. Il compito di FCG, infatti, è quello della progettazione e commercializ-zazione del materiale nelle strutture da realizzare grazie anche al supporto di studi di ingegneria e architettura esterna. Per questo motivo l’azienda, oltre al Manage-ment si può avvalere di uno staff formato da due segre-terie per le operazioni commerciali e da squadre esterne specializzate di posatori. All’interno del board di FCG sono presenti Carla Cico (senior advisor per alcuni fondi internazionali nel settore dell’alta tecnologia e per le se-lezioni di investimenti nell’ambito di medie imprese oltre ad essere amministratore delegato di aziende sia in Italia che all’estero) e Dario Faggioni (esperto in comunicazio-ne e di public affaire e consigliere delegato per aziende nel mondo della finanza.). Ma il punto di forza di FCG è l’eccellenza, l’innovazione, la propensione al cambia-mento e la continua necessità di interagire con il territorio per capire quali sono le effettive esigenze del mercato per poi concretizzarle in prodotti innovativi. Il continuo inter-

scambio di lavoro e di idee con il Politecnico di Milano e l’EMBA (Executive Master in Business Administration) di Lugano ne sono la prova ed il costante contatto con la Fiberline Composites, certificata dall’attestazione di qua-lità ISO 9001, proiettano il gruppo verso un mercato glo-bale che un futuro non troppo lontano darà sicuramente ragione. “Ultimamente – conferma Roberto Gussoni – i materiali composti Fiberline hanno riscontrato parecchio successo in Brasile, negli Stati Uniti e negli Emirati Ara-bi dove ci siamo strutturati con partnership con Imprese e studi tecnici internazionali che operano localmente in questi Paesi. Interessante anche l’attenzione del merca-to nordafricano dove si vanno intensificando sempre di più i rapporti soprattutto col Marocco. I nostri clienti, una volta compresa la filosofia dell’impresa, basata su valori di qualità ed eccellenza, si rendono sempre più conto di trovarsi di fronte ad una realtà altamente innovativa cer-tificata a livello mondiale. Per questa ragione mostrano sempre più interesse ai materiali compositi ed alla nostra concezione imprenditoriale”. E a livello globale gioca un ruolo molto importante anche l’ecosostenibilità. “Tra i nostri obiettivi c’è quello di sup-portare la sfida a livello mondiale per rendere l’ambiente più pulito. Il materiale in fibra di vetro che noi commer-cializziamo è ecososte-nibile in quanto è possi-bile tramite un processo brevettato dalla casa madre riciclarne intera-

mente le fibre. Il pultruso viene realizzato, secondo pro-getti di lavorazione nel pieno rispetto dell’ambiente, con una reazione chimica che avviene in ambienti chiusi così da ottenere un risparmio energetico del 25% rispetto ai profilati strutturali in acciaio. Così l’utilizzo efficiente delle risorse ottenute protegge l’ambiente e rafforza la compe-titività di Fiberline”. Ma FCG ha un’altra importante carta da giocare per promuovere con successo i profilati pul-trusi in un Paese come il nostro geologicamente fragile ad esposto ad eventi sismici di grande importanza. “Il ridotto rapporto tra peso e capacità resistente che ca-ratterizza i profili pultrusi in vetroresina – spiega Vassilis Mpampatsikos – consente di realizzare impalcati di piano estremamente leggeri che limitano le forze inerziali ge-nerate dai sismi. Questa caratteristica è particolarmente idonea per gli interventi di ricostruzione e recupero del centro storico dell’Aquila verso il quale ci stiamo muo-vendo con particolare interesse”. FCG ultimamente sta riscuotendo successo anche per lo studio e la progetta-zione di strutture che ospitano presidi militari con partico-lare riferimento alla realizzazione di hangar. Anche l’edilizia sportiva guarda con attenzione e inte-resse alla filosofia FCG ed ai prodotti Fiberline. “Si sono da poco conclusi – spiega Roberto Gussoni – accordi

per la realizzazione di sky box e non solo, in alcuni tra i più impor-tanti stadi di serie A italiani”.

Grazie ad eccellenti tecnologie edili di costruzione, soprattutto per ponti e infrastrutture stradali, FCG è in grado di garantire massimi risultati, risparmio di tempo e di denaro.

Gussoni: “Sono i profilati pultrusi il nostro core business”

INNOvAzIONE E SOSTENIbILITà, LE CARTE vINCENTI DI FIbERS CONSULTING GROUp

“Abbiamo sancito da poco un’importante partnership nel campo edilizio con il gruppo immobiliare Percassi – tiene a sottolineare Roberto Gussoni –. Un’operazione a cui tenevamo molto e che è stato possibile portare a termine grazie all’interessamento del consigliere delegato Francesco Percassi che, insieme al direttore generale Jacopo Palermo, ha creduto nel nostro prodotto e nella nostra azienda. E per tale motivo vogliamo esprime i nostri più vivi ringraziamenti. Siamo certi

che la fattiva collaborazione con l’Impresa Percassi contribuirà ad offrire un servizio completo e di qualità al cliente: una joint venture tra le due realtà imprenditoriali che punta alla realizzazione di interessi comuni basati su crescita, rinnovamento, passione e competenza garantendo al tempo stesso qualità e sicurezza con lo scopo di contribuire alla realizzazione di un ambiente ideale e consentire uno stile di vita migliore sempre più in linea con i migliori standard europei”.

RaggIunto un accoRDo coL gRuppo ImmobILIaRe peRcassI

Roberto Gussoni

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sempre più feDiBergAmo

sotto lo stesso cielo accanto ai cattolici, cresce la presenza di altri gruppi religiosi,

dagli islamici alle chiese pentecostali, dai testimoni di Geova, ai movimenti alternativi, come i raeliani.

di Laura BernardI LoCaTeLLI

nella Bergamasca, per tradi-zione compattamente cat-tolica, ogni giorno si ele-vano verso lo stesso cielo

in cerca di un Dio diverso, una a fianco all’altra, le preghiere di molti fedeli: chi si inginocchia in direzione della Mecca, chi stringe in mano il rosario, chi cerca con lo sguardo l’approvazione del Pa-store o della guida spirituale, senza con-

tare quanti si affidano a movimenti reli-giosi alternativi, dai raeliani ai seguaci di Scientology, di culti orientaleggianti o che fanno leva sull’ambizione di ognuno di sviluppare al meglio le proprie poten-zialità. I luoghi di culto si trasformano e accol-gono una comunità cristiana sempre più multietnica, ma anche altri gruppi di fede. A Bergamo la prima domenica del mese, la Chiesa di San Leonardo, in Piazza Pontida, a mezzogiorno ce-

lebra l’Eucaristia cattolica in italiano, francese, inglese, spagnolo e tagalog (lingua filippina). O ancora, la seconda domenica del mese dalle Orsoline in via Masone si tiene la Messa in rito jiz (copto-cattolico) e nella Chiesa di San Rocco, a Terno d’Isola, si prega in lin-gua Tamil. Tra città e provincia, Bergamo conta venti diverse chiese evangeliche e pen-tecostali frequentate soprattutto da afri-cani presenti sul territorio. s

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cADei (gris): “i vAri movimenti AttrAggono perché DAnno risposte semplici”

“Purtroppo sono numerosi i casi in cui l’adesione comporta spesso indebitamenti insostenibili”.

Le religioni alternative continuano a nascere e a cambiare pelle, seguendo quasi una sorta di legge della domanda e dell’offerta. Ve ne sono per tutti i gusti e per tutte le tasche. I “movimenti religio-si alternativi” attraggono perché danno risposte semplici e semplicistiche a pro-blemi complessi, dagli Ufo dei raeliani ai gruppi ecologici ed altri. “Oggi sono tutti in libera uscita – spiega don Batti-sta Cadei, punto di riferimento da 25 anni a questa parte del Gruppo Ricerca e Informazione Socio-religiosa-Gris della Diocesi –. Viviamo in un’era di no-tevole relativismo e individualismo, in cui la ricerca del sacro è, a differenza de-gli anni Settanta in cui gli atei militanti prospettavano un mondo secolarizzato, in aumento. E non riguarda solo i fonda-mentalismi induisti e islamici, ma anche la fede cristiana e cattolica, con forme

molto entusiaste e convinte, aggrega-zioni “più papiste del Papa” o vicever-sa forme più libere e “fai da te”, fino al sincretismo più confusionario. Si va da Medjugorie ad altri luoghi di presunte apparizioni, da Padre Pio ai papa boys, ad aggregazioni sorte attorno a tauma-turghi e profeti apocalittici”.Oltre al cattolicesimo di frangia, dal-la Croce di Dozulè agli Amici di Jacob Lorber, al variopinto mondo pente-costale, grande influsso riscuotono le religioni e filosofie orientali, come il buddhismo di Roberto Baggio Soka Gakkai e l’ampia area New Age, a cui attingono varie aggregazioni filosofico-morali-spiritualiste e talora esplicita-mente religiose. “Oltre che aderire a religioni storiche, che in millenni hanno accumulato patrimoni di sapienza di tutto rispetto (Induismo, Buddhismo,

Cristianesimo, Islam – il più recente, avendo alle spalle solo, si fa per dire, 1.391 anni di storia), oggi vanno di moda religioni o filosofie di vita “fai da te”, che attingono alla rinfusa dove ca-pita, talora seguendo mode passeggere. Ci sono religioni che accarezzano egoi-smo e ambizioni e gruppi che inseguono grandi ideali sganciati dalla realtà. In un mondo di solitudine. L’appartenenza a gruppi convinti crea un grande senso di appartenenza e significato. Alcune realtà tengono a denominarsi religioni, come la Chiesa di Scientology, tipica “religione” per lo sviluppo del poten-ziale umano, i cui ministri hanno tanto di clergyman ed esibiscono personaggi dello spettacolo come testimonial. Altre realtà si dichiarano a-religiose e perciò stesso compatibili con tutti, credenti o no, mentre di fatto propongono filo-sofie e prassi che un cristiano coerente non può accettare”. Alcuni Movimenti Religiosi Alternativi si accontentano di un’appartenenza blanda, per cui nor-malmente l’adepto non viene chiamato a mutare il suo stile di vita. Altri esigono appartenenze forti, come nel caso degli Hare Krishna che negli anni Sessan-ta trasferirono in Occidente il loro

Don Battista Cadei

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nel mondo da 8 milioni di persone – e a gruppi come Silva Mind Control, esi-ste un movimento nato a Bergamo come Dinamica Mentale, fondata a Dalmine negli anni Settanta. Il karma, la “rein-carnazione” che in India è vissuta come una disgrazia, in Occidente è interpre-tata in chiave evoluzionista, come una nuova chance per perfezionarsi”. Sono purtroppo numerosi i casi di adesione a questi movimenti alternativi, in mo-menti di grande fragilità e debolezza, che comportano spesso indebitamenti insostenibili: “Sono molti i genitori che di fronte alla drammatica perdita dei figli a seguito di incidenti stradali o per Aids e over-dose cercano di stabilire un con-tatto aderendo a gruppi spiritisti”. Per raggiungere la perfezione e l’auto salvezza assoluta basta in diversi casi aprire il portafogli: “Si sa che tutte le chiese e religioni vivono soprattutto del-le offerte dei fedeli. Il problema nasce quando le offerte incidono fortemente sul bilancio familiare e altri membri del-la famiglia non sono d’accordo su tali spese. Gli stessi Mormoni, presenti a Bergamo e nel mondo, hanno come un-dicesimo comandamento il versamento della decima, cioè il 10% delle entrate – sottolinea don Cadei –. C’è chi mi ha confessato di avere versato in vent’anni 1 miliardo di vecchie lire a movimenti e di aver perso casa e azienda per vivere a ‘stecchetto’. Un giovane professionista, con un ottimo stipendio, si è ridotto sul lastrico e ha fatto debiti ingenti”. Che, ad esempio, in Scientology si

culto indù, compresi l’abbigliamento, l’acconciatura e il regime vegetariano. “Ora si sono un po’occidentalizzati e in sostanza, pur conservando certe loro caratteristiche, sono ben inseriti nella società”. In alcuni gruppi il senso di ap-partenenza è supportato dalla coscienza di doversi distinguere e separare da-gli altri, considerati schiavi del vizio o quantomeno dell’ignoranza. Il controllo in qualcuno di questi movimenti è totale ed è esercitato non solo dai dirigenti, ma anche da tutti i membri. Per i Testimoni di Geova, ad esempio, basta fumare una sigaretta per essere rimproverati e, se non si smette l’abitudine al fumo, essere estromessi”. Noti per la loro capillare propaganda porta a porta, i Testimoni di Geova sono ben attrezzati, con tanto di veri e propri manuali per confutare ogni obiezione, come “Ragioniamo facendo uso delle Scritture” che, con tanto di

l’ascesa delle chiese PenTecosTaliAll’interno del mondo evangelico, a livello mondiale, è ormai maggiori-taria la corrente carismatico pente-costale, frammentata in una miriade di chiese libere tra loro diverse, ma che hanno in comune il riferimento ai doni dello Spirito Santo (Pente-coste) e puntano su esperienze di-rette: dono delle lingue, guarigioni, conversioni, dando ampio spazio a preghiere spontanee, grida di giubi-lo o pianti, canti e danze. Anche sul nostro territorio le chiese evangeli-che più numerose e più visibili sono appunto di stampo pentecostale. Non serve andare ad Harlem per ascoltare i canti Gospel, basta assi-stere alle prove di canto e alla Messa in via Sardegna, a Bergamo, dove il Gospel Power Ministries solution center ha eletto la sua sede. Nel quartiere di Campagnola si ritrova l’Apostolic Church of Christ il giove-dì o il sabato per le prove del coro e la domenica per il culto. Le chiese evangeliche e pentecostali continua-no a crescere nella nostra provin-cia. La Peace& Love Evangelistic’s Church ha sede a Gorle in via Toniolo; la Unique Christian Pentecostal As-sembly a Villa di Serio in via Locatelli

e in via Dossi il centro sociale ospita la Christ Ambassadory Ministry. Gli evangelici della Christ Redemption Church si trovano la domenica al centro sportivo di Costa di Mezza-te; la Church of Pentecost è ospitata in ambienti comunali nel quartiere cittadino del Villaggio degli Sposi; l’Oratorio di Colognola ospita la Be-rean Baptist Church; il centro sporti-vo di Seriate ospita la Christ Victory Church; 200 tra ghanesi e nigeriani si ritrovano a Ponteranica, in via IV no-vembre, al civico 67, sede eletta del-la Christ Apostolic Church Wosem con il pastore Babalola Famuyide; la Family Prayer Fellowship e la Faith Gospel Center Church pregano in via Corridoni; sono oltre 100 i fede-li della Word of Faith Church, con il pastore Isaac Aye, che si ritrovano nella Sala Comunale a Valtesse. In via dei Carpinoni si ritrovano 20 ghanesi della Christ Heritage Churce, men-tre a Cividino, in via San Francesco, si ritrova l’evangelica Calvary Victory International Ministry; a Pedrengo, in via Pascoli, ha sede l’Assembly of God. Infine, a Treviglio, in via Piave si ritrova per il culto la Power & Soul Winner Ministry.

schema tipo obiezione-risposta, indica la migliore difesa ad ogni critica per ri-affermare il proprio credo. “Sul fronte dello sviluppo del potenzia-le umano tra i gruppi che seguono uno schema antico come quello gnostico, ol-tre alla Chiesa di Scientology – seguita

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entri ricchi e si esca – per chi riesce ad uscirne – poveri non ha fatto del re-sto mistero Maria Pia Gardini, cugina dell’industriale Raul, che, nel suo libro denuncia, svela il business che rende forte il movimento. “Va precisato che, trattandosi di una ex fedele, che la Chie-sa di Scientology definirebbe apostata, non vi si troverà una valutazione serena e priva di animosità e rancore. Di contro c’è chi si trova perfettamente a suo agio in questo sistema, per cui le spese soste-nute sono ‘per la felicità’, la quale non è mai pagata. D’altronde le spese più folli, che riducono sul lastrico, sono spesso quelle che si versano a certi astrologi e cartomanti. Per una Vanna Marchi piz-

i gruPPi alTernaTivi Più diffusi nella Bergamasca

I movimenti religiosi alternativi sono per loro stessa natura in continua trasformazione ed evoluzione. Alcu-ni muoiono, altri nascono ex novo, o rinascono con nome nuovo. Circa la loro diffusione sul territorio berga-masco, manca una ricerca analitica recente, sicché è difficile indicarne la consistenza numerica, neppure approssimativa”. Una classificazio-ne è possibile partendo dall’ambito cattolico e poi ortodosso, seguen-do il progressivo allontanamento rispetto alla fede cristiana cattoli-ca. Tra i gruppi para-cattolici sono sporadiche le presenze dei Devoti della Croce di Dozulé (‘rivelazione privata’ a Madeleine Aumont, in Francia, più volte disapprovata dal-la curia di Bayeux-Lisieux) e degli Amici di Jakob Lorber, un austria-co che nell’Ottocento scrisse più di 20mila pagine di “nuove rivelazoni”, con coloriture neognostiche. Non mancano cattolici apparizionisti, messaggisti, miracolisti, millenari-sti, spiritisti. Con qualcuno di questi è in atto un paziente dialogo. Vi è poi la Chiesa Ortodossa Autonoma dell’Europa e delle Americhe non canonica, in quanto non in comu-nione con le chiese ortodosse stori-che. Vi sono poi i gruppi evangelici (protestanti) indipendenti, per lo più pentecostali, spesso non aperti all’ecumenismo. Tra le aggregazioni di matrice cristiana, che a differenza

degli ortodossi e della maggior par-te dei protestanti, si sono allontanati dalla fede trinitaria come è intesa dalle chiese cristiane, sono presenti i Mormoni, con circa 300 membri, i Testimoni di Geova, con circa 3.000 adepti e gli aderenti a Vita Univer-sale”. La tendenza al pastiche post-moderno si traduce nel sincretismo. Un tentativo di amalgama, secondo i cattolici inammissibile, di religioni tra loro incompatibili: nel nostro ter-ritorio sono presenti la religione del Reverendo Moon, una mescolanza di religione coreana e cristianesimo, di Sai Baba, una mescolanza di indu-ismo e cristianesimo, e Damanhur, una religione neopaganeggiante nata in Piemonte, con ramificazione a Bergamo. Sono in ascesa le reli-gioni terapeutiche. Attirano molto perché promettono guarigioni; tra le più presenti vi sono le due filoso-fie religiose giapponesi Su-kyo Ma-hikari e Reiki. Molto presenti anche le religioni e vie orientali e orienta-leggianti, dal Neoinduismo al Neo-buddismo alla Teosofia. Alcune sono fondate da Guru venuti dall’Orien-te, altre da Maestri occidentali. Tra questi vi sono gli Arancioni di Osho-Rajneesh, gli Hare Krisha, presenti con il loro monastero nel territorio, Meditazione Trascendentale, un gruppo che si dichiara non-religione, ma usa invocazioni a divinità indui-ste, Società Teosofica, Antroposofia

e il buddhismo di Roberto Baggio Soka Gakkai, un gruppo di una certa consistenza che si diffonde tramite il passa-parola, che “prega” ripeten-do all’infinito una formula in lingua giapponese. Non manca un gruppo di origine bergamasca come Dinami-ca mentale: si dichiara non-religione e quindi è praticabile anche da cat-tolici, ma di fatto di rifà alla neo-gnosi teosofica, citandone espres-samente personaggi come Madame Blavatski, Annie Besant, Krishnamur-ti. Tra le religioni ufologiche o con-tattiste, non mancano nella nostra provincia seguaci del Movimento Raeliano: sono seguaci del france-se Claude Vorilhon, nato nel 1946, che sarebbe stato “contattato” nel 1973 da un “extraterrestre”, che gli avrebbe dato il nuovo nome di Raël, e gli avrebbe trasmesso una dottrina ufologica particolare. Vi è poi la ga-lassia variegata di New Age, Esote-rismo, Magia, Movimenti del Poten-ziale umano. Nella nostra provincia sono presenti l’Associazione Nuovo Mondo di Patrizio Paoletti, i Grup-pi di Gurdjieff (con riti di magia), la Chiesa di Scientology per lo svilup-po del potenziale umano e Mind Control, sempre per lo sviluppo del potenziale umano, ma che a diffe-renza della precedente, si definisce non-religione. È presente con una sede a Bergamo il Centro dell’Uomo di Pier Franco Marcenaro.

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PARLA DANIELE ROCCHETTI, TEOLOGO E VICEPRESIDENTE DELL’ACLI

cresce l’AspirAZione Al sAcro, mA spesso AllA ricercA Di iDentità e relAZioniMassiccia la presenza di islamici, il 50% sul totale degli immigrati nella Bergamasca.

La storia mette a tacere una volta per tutte chi prevedeva un nuovo millennio secolarizzato. Cresce come non mai la ricerca del sacro, anche se spesso si tra-duce in un inseguimento di un’identità o di un antidoto alla solitudine offerto da piccoli gruppi fortemente motivati e molto coesi, in un contesto religioso sempre più polverizzato e frammenta-rio. “È una chiesa post-moderna, dai confini sfuggenti in cui l’isolamento e la solitudine sono elevati. Il bisogno di sacro è oggi come non mai elevato, ma non troppo perimetrato – spiega Da-niele Rocchetti, teologo, vicepresidente

Acli e a capo del gruppo di ricerca che ha portato alla pubblicazione di “Migranti cristiani sotto il cielo di Bergamo 2012 –. Si cercano relazioni forti in cambio di esperienze fortemente identitarie. Una sorta di ‘fitness’ dello spirito, con-traddistinto dalla mediazione diretta del Vangelo e dalla libertà – apparente – da dogmi e precetti. In un mondo sempre più universale si ama il particolare e ri-torna in auge il passa-parola e la “con-versione” porta a porta o sul web. Il confronto ecumenico ormai non è più sulla carta ma nella capacità di ospitare altre comunità”. La vera sfida è quella di

declinare la comunità cristiana al plura-le: “Il meticciato di civiltà e culture deve rappresentare, come ha sottolineato il cardinale Angelo Scola, uno stimolo all’integrazione. Crolla il detto crociano “non possiamo non dirci cristiani” in una realtà sempre più frammentata in un mosaico di fedi. Anche se in Italia siamo più impreparati, dobbiamo tornare a fare i conti con la nostra storia, da Paese di emigranti a terra per immigrati prove-nienti da tutto il mondo”. Non a caso la ricerca “Migranti cristiani sotto il cielo di Bergamo 2012”, pubblicata da Acli con il contributo della Bcc di Ghisal-

zicata e incarcerata ce ne sono mille a tutte le ore del giorno e della notte su gran parte delle tv private: qui scattano meccanismi di dipendenza paragonabili alla dipendenza del gioco d’azzardo”. Le “sette” invitano a provare di tutto e il contrario di tutto (motivo per cui non si può generalizzare): dal libertinismo all’a-stensione, dal vegetarianesimo alle ve-glie notturne, dalle pratiche più innocue come lo yoga, alle terapie alternative e al Reiki fino alla magia, al paranormale e al satanismo, che può portare a veri e propri crimini. “Fortunatamente in Bergamasca

non si è mai arrivati a casi estremi, che purtroppo aree vicine come Busto Arsi-zio con le Bestie di Satana e Chiavenna con l’uccisione di suora Maria Laura Mainetti, hanno sperimentato, ma non possiamo pensare di essere immuni dal fenomeno, che esercita sempre un certo fascino tra gli adolescenti, con piccoli gruppi che creano rituali e pratiche tra-sgressive, oggi ancora più facilmente rag-giungibili via web. Le pratiche sataniche producono danni psicologici importanti, tanto che non è raro il caso di satanisti che finiscono in psichiatria. Nel nostro

territorio è stato accertato qualche caso individuale e sospettato qualche grup-petto in caso di profanazioni di cimiteri o chiese”. Sono oltre cento i gruppi che don Cadei ha annotato tra i più rappre-sentativi in Bergamasca: “Ma sono molti di più, senza contare il fatto che nascono, si evolvono e cambiano altrettanto velo-cemente nome. È una realtà multiforme e cangiante, che rappresenta un problema per la comunità ecclesiale, da affrontare senza pregiudizio e facili generalizzazio-ni, ma attraverso il dialogo e il rispetto della libertà di ognuno”.

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ba, riporta il vademecum dell’emigrante diffuso a suo tempo dal Comitato locale della Società Dante Alighieri, contenen-te informazioni e consigli ai valligiani che si apprestavano ad emigrare nei pa-esi di lingua tedesca. Per non dimentica-re da dove veniamo o da dove abbiamo fatto ritorno.Bergamo ospita, sulla base del rapporto Caritas-Migrantes 2012, immigrati per oltre il 50% musulmani, contro il 32% della media nazionale. “La massiccia presenza di immigrati di fede islamica è dovuta alla prima ondata migratoria dal Maghreb che risale alla fine degli anni ’80” sottolinea Rocchetti. Numerosa anche la comunità boliviana: si stima-no 15mila presenze, provenienti per il 70% da La Paz. La comunità è preva-lentemente cittadina, concentrata nella zona delle Cinque Vie, nel cuore del Borgo di San Leonardo: “Per dare un’i-dea del fenomeno basti pensare che solo Madrid ha una presenza così massiccia come la nostra. In pochi anni, visto che i primi flussi sono iniziati negli anni ’90, 20mila persone, di cui 1.000 bambini e ragazzini perfettamente inseriti nelle nostre scuole, sono arrivate nella nostra città” continua il teologo. In forte cre-scita in città e provincia negli ultimi anni sono le chiese evangeliche pentecostali africane, con oltre venti chiese nigeria-

Ci hanno detto…andrea, 37 anni, BergamoAnche a Bergamo ci sono tanti mo-vimenti religiosi. Che ne pensa?“Che c’è spazio per tutti, l’importan-te è la tolleranza reciproca”.Le sembra che ci sia?“Dipende, con i musulmani a volte mi pare di no”.

donatella, 42 anni, ZanicaCome giudica questo bisogno di fedi alternative?“Credo sia la conseguenza di una società sempre più individualista e materialista”.Ovvero?“Beh, siamo tutti più soli e il bisogno di sacro di conseguenza cresce. Se poi uno non trova risposte nella reli-

gione ufficiale, cerca altro”.

alberto, 29 anni, Seriate Lei è credente?“Non molto. E in più sono abbastan-za critico col potere che la Chiesa esercita sulla società”.Non le manca un appiglio religioso?“A volte sì, ma la fede è un dono che non ho ricevuto. E non mi attirano neppure i movimenti alternativi”.

ornella, 61 anni, BergamoSe suo figlio si sposasse con una don-na di religione diversa che direbbe? “Non direi nulla, perché i figli devono essere liberi di prendere le loro decisio-ni, ma sarei sicuramente preoccupata”. Perché?

“L’impatto tra culture religiose diver-se spesso produce situazioni conflit-tuali. Conosco una coppia che si è separata dopo l’adesione del marito ai testimoni di Geova”.

erminio, 53 anni, LallioL’hanno mai incuriosita le fedi alter-native?“Sì, anche se lontane dalla nostra cul-tura. Ogni religione credo abbiamo qualcosa di buono da trasmettere”.Ma quella cattolica deve temere l’avanzata progressiva di questi movimenti?“No, deve temere di più l’allontana-mento delle nuove generazione, che non cercano neppure nuovi approdi spirituali”

ne e molti gruppi in prevalenza ivoriani e ghanesi: “Si tratta di comunità piccole ed etniche raccolte attorno al carisma del loro leader-pastore, che stanno rac-cogliendo sempre maggiori consensi, conquistando anche qualche bergama-sco, al punto che non mancano osserva-tori che prevedono a livello globale un sorpasso delle chiese evangeliche nel 2015”. In crescita la presenza di immi-grati provenienti dall’Est: dalla Roma-nia, in particolare dall’ingresso nell’Ue, soprattutto dalla Moldavia (secondo un recente studio Ismu sono 20mila i ru-

meni presenti nella nostra provincia), oltre al flusso, soprattutto al femminile, di colf e badanti da Ucraina, Russia e Georgia, tutti Paesi i cui credenti sono per la stragrande maggioranza ortodos-si. La porta d’accesso al nostro Paese per gli sbarchi è sempre più Orio, che negli ultimi anni ha moltiplicato i col-legamenti ad Est: “Bisogna sfatare una volta per tutte il falso mito dell’immigra-to che arriva con il gommone: solo il 4% intraprende un viaggio della disperazio-ne, la maggioranza arriva in aereo” spie-ga il vicepresidente Acli.

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“I tempi cambiano, e noi con essi...”: così commentava la propria incon-dizionata adesione al legittimismo il principe de Talleyrand, che si era,

serenamente, speso per la ghigliottina come per il Direttorio, per Napoleone come per Luigi XVIII. La massima rende l’idea, specialmente in politica, anche se, per la verità, qui da noi ci di-vidiamo, abbastanza equamente, tra quelli che cambiano come un caleidoscopio in gran spol-vero e quelli che non sposterebbero nemmeno un cucchiaino da tè. La verità è che, se non ci si aggiorna almeno un poco, politicamente, si muore: però, se si sceglie il momento sbaglia-to per intraprendere il tonneau, si muore tanto quanto. La nostra lieta e pittoresca Mesopo-tamia bergamasca non si discosta granché dal resto della Penisola, se non per alcune peculia-rità, che, forse, vale la pena di sottolineare.Tanto per cominciare, Bergamo è uno di quei posti in cui, alle elezioni, vincono sempre tut-ti, tranne che la gente. Vedete, la nostra città non è mai stata governata da un partito o da una coalizione, tranne, forse, che ai tempi del monocolore democristiano, quando c’era De Gasperi e i comunisti si nutrivano svuotando le nursery. E, in realtà, perfino allora ci governa-vano dei prestanome: prestanome nobilissimi, intendiamoci, ma pur sempre emanazioni dei due giganteschi potentati cittadini, ossia la Cu-ria e l’imprenditoria. Sarà per questo che, ad un certo punto, con un delicato sincretismo, la Cu-ria si è messa a fare l’imprenditrice: per risolve-re una dicotomia politica. Da sempre, dunque, i bergamaschi sono stati soggetti ad un regime amministrativo e politico che ha loro imposto una sudditanza piuttosto imbarazzante, e che, in fondo, non è poi così cambiato, alla faccia di Talleyrand: se, un tempo, ci si rivolgeva al par-roco per essere assunti in banca e si sbancava

Città Alta per fare posto ad un leviatano che, oggi, ospita una decina di seminaristi, adesso si costruiscono gli ospedali dove nessun ber-gamasco pianterebbe nemmeno una tettoia di onduline e, per le commendatizie, ci si rivolge a qualche lobbysta locale.Già, le lobbies: tutti ne parlano, ma nessuno sa esattamente cosa siano. A Bergamo, sono del-le consorterie familiari, robuste, radicate e del tutto immuni dai cambiamenti di colore delle pubbliche amministrazioni: insomma, sempre gli stessi, che si sposano tra loro, si alleano tra loro e tra loro speculano e ingrassano, esattamente come durante l’età feudale. Potremmo, a un di-presso, dire che le lobby sono un nome nuovo per indicare una cosa che c’è sempre stata: e meno male che i tempi cambiano! Sì, va bene, e poi? Poi ci sono il centrodestra e il centrosinistra, anche se, come ho detto, si tratta, alla fin fine, di etichette di facciata, che indicano soprattut-to chi siano gli sponsor dei politici, più che le loro rispettive ideologie. La vera differenza sta nei particolari, proprio come nel caso degli abi-ti di sartoria. A Bergamo, tra Bruni e Tentorio, tra Vicentini e Veneziani, quel che ha distinto le diverse amministrazioni sono stati gli alleati,

di Marco Cimmino

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PARETE NORD/

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DA Bruni A tentorio AllA fine sempre immoBili restiAmo

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PARETE NORD/

il contorno, la cornice: la sostanza non era poi così diversa, e rimanda a quelle peculiarità oro-biche di cui si diceva poco sopra. Tentorio si è accompagnato ai ghiribizzi della Lega, Bruni a quelli dei comunisti, ma il risultato ci pare che cambi pochissimo: tira di qua, tira di là, alla fine si rimane immobili, ci si limita al minuto manteni-mento e si evitano impegni strutturali, progetti a lunga gittata, grandi piani di sviluppo. Insomma, non si mette mano a quelle opere, necessarie da decenni, che i cittadini continuano a reclamare, ma che la politica si guarda bene dal mettere in cantiere. This is Bergamo, Baby: mica Turku o Liverpool! Noi, in virtù di questo nostro modello, diciamo così, prudente di politica del territorio, di governanza, per fare un sottopasso di cento metri ci mettiamo sessant’anni: roba che si face-va prima a farlo scavare alla colonia elioterapi-ca, con secchiello e paletta, nei ritagli di tempo. Così, chi si presenterà ad un elettorato che ne ha piene le tasche dei soliti noti e della solita maniera di mandare avanti la baracca? Per il PD, ancora una volta, le cose sono più semplici: o la solida tradizione di famiglia, quella dei Martina e dei Misiani, oppure il centrosinistra in camicia bianca e cravatta, un po’ Obama e un po’ JFK,

di Gori. Si tratterà, tutto sommato, di una scel-ta facile: un futuro tranquillo e grigiastro, con i soliti pannicelli caldi dell’amore per i migranti e qualche ciclopedonale qua e là, oppure una brusca svolta, modernizzante e manageriale, con un occhio alla società civile e un altro alla società quotata in borsa. Per il PdL, massacrato dalle indagini, dalle faide tra portatori di tesse-re e dall’assoluta incapacità dei capi di creare una classe dirigente nuova, che avrebbe potu-to minacciare la loro leadership, l’unica ancora di salvezza è l’istinto degli elettori orobici, che, in fondo, sono sempre stati un po’ conservato-ri: come dire che, a Bergamo, se il centrodestra fosse anche solo un pochettino votabile, lo vo-terebbero in maggioranza. Il problema è che i nomi che circolano per le candidature si divido-no equamente tra impresentabili e risibili, con qualche nome nuovo di giovani che, però, di vecchio hanno il cognome, essendo figli o nipoti (e, a volte, entrambe le cose) d’arte. Alla fine, dunque, il voto sarà pressoché superfluo: si li-miterà, come sempre, a permetterci di scegliere di che morte morire. Ossia, come scriveva Carlin Porta duecento anni fa, il boia che ci scanni. E poi dicono che i tempi cambiano...

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a cura di eLIZaBeTH BerToLI

regia: Wes Anderson Cast: Bill Murray, Bruce Willis, Tilda Swinton, Edward Norton, Francis McDormand, Jason Schwartzman, Jared Gilman, Kara Hayward. Genere: commedia/drammatico durata: 94 minuti Produzione: USA 2012 uscita nelle sale: 5 dicembre 2012 Trama: Estate 1965. Su un’isola del New England la dodicenne Suzy, bizzarra e incompresa dai genitori, conosce il coetaneo Sam, scout in un campeggio sulla stessa isola, orfano e affidato ad una famiglia che lo ritiene troppo “difficile” per occuparsene. Dopo un incontro casuale i due ragazzini si innamorano e decidono di fuggire seguendo un’antica via tracciata nei boschi dai nativi.

regia: Neri Parenti Cast: Christian De Sica,

Luisa Ranieri, Rosalba Pippa, Claudio Gregori

Genere: commedia durata: 104 minuti

Produzione: Italia 2012 uscita nelle sale: 13 dicembre

2012 Trama: un film in due episodi

che affronta il tema dell’amore a prima vista. Nel primo episodio lo psichiatra Alberto si traveste da prete per sfuggire al fisco e

scappa in un paesino del Trentino fingendosi il nuovo parroco ma

si innamora della futura moglie del sindaco; nel secondo l’ambasciatore italiano in Vaticano, Ermete Maria, rimane

folgorato dalla pescivendola e popolana Adele.

Vittoria, 32 anni, responsabile commerciale: “Poetico e surreale, Anderson crea sempre dei piccoli gioielli cinematografici”. Patrizia, 51 anni, casalinga: “Strano ma delicato, coinvolge in ogni fotogramma”. daniele, 38 anni, impiegato: “Bella contrapposizione tra la visione degli adulti, stupidi e tristi, e dei ragazzini, maturi e non ancora tristi”. edoardo, 22 anni, studente: “Fotografia, musica, sceneggiatura e cast da Oscar”. Bryan, 29 anni, odontotecnico: “Non è ai livelli de Le avventure acquatiche, ma resta uno dei migliori film dell’anno”. Lucio, 47 anni, artigiano: “Naïf, divertente, leggero ma non troppo, guardarlo è stato un piacere”. Gabriele, 30 anni, insegnante: “Una bella fiaba per adulti con i bambini come protagonisti”. Marianna, 36 anni, assistente sanitario: “Carino e particolare, non mi è sembrato il capolavoro di cui tutti parlano”. Pietro, 54 anni, scrittore: “Bello, leggero, un soffio di aria fresca”.

Michela, 35 anni, impiegata: “Che strazio, lunghissimo e assurdo, tutto sembra finto”.

MoonrISe kInGdoM una FuGa d’aMore

Al cinemA

William, 32 anni, operaio: “Non è male, meno volgare e inutile di tanti altri film con De Sica”. Caterina, 28 anni, impiegata: “Esilarante, era da un po’ che non vedevo una commedia italiana decente.” antonio, 21 anni, studente: “Carino, divertente e originale, mi è piaciuto molto”. Francesca, 26 anni, operaia: “La prima parte è un po’ lenta ma la seconda è un capolavoro”. Sabrina, 38 anni, veterinario: “La parte dell’ambasciatore/coatto è veramente divertente”.

Vanessa, 37 anni, promoter: “La parte con De Sica è imbarazzante e scontata, la seconda si salva di poco”. Samanta, 24 anni, cameriera: “Se potessi mi farei ridare i soldi del biglietto, sono allibita da tanta stupidità”. alessandro, 34 anni, pasticcere: “Deprimente e triste, mai più cine panettoni”. daniele, 44 anni, disoccupato: “Parolacce, luoghi comuni vecchi, gag ammuffite, che tristezza di film”. Teresa, 23 anni, studentessa: “Noioso, mediocre, perbenista, scontato... Devo continuare?”

CoLPI dI FuLMIne

promosso

promosso

BocciAto

BocciAto

i pAreri Di chi l’hA visto

i pAreri Di chi l’hA visto

TEMPO LIBERO/

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di FuLVIo FaCCI

passa attraverso la scuola il rilan-cio del gioco delle bocce nella nostra provincia e non solo. Il popolare gioco, diffuso in tutti

i paesi della Bergamasca come momento ludico e ricreativo, ha sempre generato anche “numeri” importanti di pratican-ti a livello agonistico. Fino a cinque-sei anni fa se ne contavano più o meno quattromila, ora sono scesi a 2.500. Ed è dalla caduta che sono nate le iniziative per invertire la tendenza.“Oggi abbiamo circa 2.500 tesserati – racconta Roberto Nespoli, che dopo quattro anni nel Comitato di Bergamo della Federazione Italiana Bocce ne è diventato il presidente all’inizio di no-

vembre, succedendo a Ivano Bonetti che lo aveva retto per 16 anni – e l’aspetto che più ci gratifica è che ben 1.500 sono ragazzi. C’era stato un calo nei tesserati a seguito della mancanza di ricambio ge-nerazionale e allora siamo andati a pren-derli direttamente a scuola”.Il progetto è approvato dal ministero del-la Pubblica istruzione. Nella nostra pro-vincia attualmente coinvolge 23 plessi scolastici con circa 300 classi. Si tratta complessivamente di otto ore di corso distribuite su quattro settimane. Le “le-zioni” sono tenute da istruttori volontari che vengono abilitati dopo aver frequen-tato un percorso di formazione regionale. Il progetto è nazionale e la Lombardia è la più attiva così come il Comitato di Ber-gamo è il più attivo in Lombardia. Non è

che a scuola si giochi a bocce, si tratta di un gioco didattico con sfere, figure geo-metriche e tappeti, basato su calcoli arit-metici e geografici. “Per svolgere queste lezioni – prosegue il presidente provin-ciale – ci danno una mano 20 istruttori che provengono da diverse bocciofile. I ragazzi imparano e non mancano belle soddisfazioni. Due ragazze quattordi-cenni, in particolare, si stanno mettendo di luce: Camilla Tiraboschi, che ha vinto due titoli nazionali ed ha ottenuto un se-condo posto ai campionati regionali, e Silvia Cancelli, che si è imposta in diverse gare ed in un campionato regionale. Tra i maschi, Mattia Persico riesce spesso a dare del filo da torcere nelle competizio-ni di adulti”.Sviluppo e formazione sono quindi gli

obiettivi attuali del Comitato provinciale della Fib, ma a voler ben guardare non è che l’attività ordinaria sia poca cosa. Le società bocciofile in provincia sono 53 e tutte organizzano nel corso dell’anno al-meno una gara: prevalentemente si tratta di gare regionali ma sono una quindicina anche gli appuntamenti con gare nazio-nali. Il calendario è fitto: ogni lunedì, in pratica, iniziano due gare e tenuto conto della durata di ognuna nel corso del mese ci sono almeno 12 gare in corso di svolgi-mento. Mediamente alle gare partecipa-no 200 coppie, 400 giocatori quando si tratta di gare individuali.“Si tratta di uno sport popolare, questo è fuori di dubbio – conclude Roberto Nespoli – vissuto anche come momen-to di aggregazione, come momento per star bene insieme, come conferma l’at-tività anche al di fuori della Federazio-ne. Ipotizziamo infatti che in provincia i praticanti siano almeno 5.000, dei quali appunto solo 2.500 impegnati sul fronte agonistico, gli altri solo per divertimento. Senz’altro per arrivare ad un certo livello, oltre all’allenamento, ci vogliono delle capacità. In pratica c’è anche il professio-nismo. Non è il caso di Bergamo ma noi ai massimi livelli siamo andati bene in pas-sato con due titoli nazionali vinti da Gino Persico e uno da Renzo Persico: padre e figlio, gli unici bergamaschi a fregiar-si del titolo tricolore al massimo livello. Adesso puntiamo sui giovani e i risultati non mancano”.

Dal vertice alla base sembra essere sem-pre uno solo il motto che caratterizza l’attività nel mondo delle bocce: largo ai giovani. E se il Comitato provinciale ha il suo bell’impegno nel mondo della scuola non si può dire che le bocciofile distribuite su tutto il territorio stiano a guardare.Prendiamo ad esempio, una fra tante, la Bocciofila Seriatese che ha tre belle pi-ste da gioco al centro sportivo comunale di via Roma. “Diamo una mano anche noi al Comitato per l’iniziativa Junior Bocce nelle scuole – spiega il presi-dente Giuseppe Tebaldi – soprattutto fornendo degli istruttori volontari. Ma abbiamo anche il nostro programma per i più giovani: due pomeriggi alla setti-mana abbiamo infatti gli istruttori che svolgono attività con i ragazzi sui nostri campi. È lavoro intenso, che sta dando buoni frutti”.La società è tra quelle storiche nella no-stra provincia visto che è stata fondata nel 1948. Da circa vent’anni la sede è al centro sportivo. La Cooperativa Sport e

Cultura che gestisce gli impianti è vicina alla Bocciofila con qualche sponsorizza-zione e la promozione dell’attività. “Ab-biamo una trentina di iscritti per l’attivi-tà agonistica divisi nelle categorie A, B, C e Giovani – continua –. Cerchiamo di partecipare al maggior numero possibi-le di gare a tutti i livelli, quindi provin-ciali, regionali e nazionali. Le nostre tre piste sono comunque ben frequentate, visto che oltre agli agonisti abbiamo an-che una trentina di soci attivi, che non partecipano a gare ufficiali, ma giocano solo per divertirsi. In realtà, magari per via dell’attività lavorativa, non tutti pos-sono abbinare alle capacità tecniche il duro lavoro di allenamento necessario per emergere. Comunque non possia-mo lamentarci dei risultati ottenuti sul piano agonistico, visto che la nostra Luisa Valota ha vinto un campionato re-gionale e si è classificata seconda ad un campionato nazionale. Anche la giovane e promettente Camilla Tiraboschi ha vinto un titolo nazionale con noi, prima di scegliere altre strade”.

LA SOCIETÀ / BOCCIOFILA SERIATESE

“non solo Agonisti, trA i soci c’è Anche chi giocA solo per Divertirsi”

Bocce:

Il popolare gioco soffre la mancanza del ricambio generazionale. Il

rilancio passa attraverso il progetto Junior Bocce che avvicina i ragazzi

con un’attività ludica. nespoli (Fib): “alcuni giovani stanno emergendo”.

Il presidente del Comitato provinciale della Fib, Roberto Nespoli

“i nuovi Atleti li AnDiAmoA prenDere A scuolA”

s

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SPORT/

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“L’ultima mia gara di bocce? L’ho gio-cata a Sassuolo nel 2009, poi è iniziata la mia partita più importante, quella con la malattia. Sto bene e delle bocce ho tanti bei ricordi, oltre ad una settantina di medaglie d’oro vinte un po’ ovunque, anche in campo nazionale”.Si racconta così Giuliana D’Ambrosio, quella Giuliana della trattoria di via Bro-seta, grande appassionata di calcio e di Atalanta, oltre che di bocce, così come tutti la conoscono. “Avevamo, e abbiamo anche adesso, il campo di gioco presso la trattoria ed è stato inevitabile nascesse la passione – ricorda –. Giocavo tutti i gior-ni, molte ore al giorno, e avevo una certa attitudine, come hanno dimostrato poi i risultati. La prima gara importante l’ho vinta in Svizzera nel ’67, avevo 19 anni. Il premio era eccezionale per l’epoca e lo sarebbe ancora: un’autovettura Mini, un sogno, immaginate la festa”.Ma un passaggio che ha segnato la storia agonistica di Giuliana è stata la vittoria del campionato provinciale agli inizi de-

gli anni 70, evento significativo non tan-to, se vogliamo, per il valore pur impor-tante di una competizione, comunque in ambito locale, ma soprattutto perché era la prima volta che si assegnava un titolo singolare femminile. In precedenza le donne giocavano solo in coppie miste. “Sì, c’era tanta curiosità per le donne che giocavano a bocce. Io ero un po’ formo-setta, a volte indossavo gonne non molto lunghe, non lo so, forse c’era interesse anche per questo. L’istituzione del cam-pionato provinciale individuale femmini-le è stata un grosso traguardo per l’epoca anche al di là della mia vittoria. Ma questi sono solo dettagli, delle curiosità. Di re-ale e importante è che mi sono dedicata a questo sport per 30 anni con grande pas-sione e ho ottenuto delle grosse soddisfa-zioni”. Una passione nata in casa, lo riba-diamo, perché la Trattoria D’Ambrosio, con annesso campo di gioco per le bocce, è da sempre la sede della Bocciofila Ber-gamasca: una società storica nel panora-ma provinciale di questa disciplina.

IL PERSONAGGIO

giuliAnA D’AmBrosio, unA pAssione coltivAtA per trent’Anni.

La riconoscete? È Giuliana D’Ambrosio, anima della trattoria di via Broseta, in versione campionessa di bocce. L’immagine è del 1980. Nella sua carriera ha collezionato una settantina di medaglie d’oro ed è stata la prima vincitrice del provinciale femminile.

La squadra di allievi del Comitato provinciale con il presidente Nespoli, a sinistra, e il responsabile del settore giovanile Ruggero Cangelli

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