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All’Interno NEWS: Nico Cereghini racconta la storia delle Kawasaki 2 tempi | Massimo Clarke il sei cilindri della BMW K 1600 MOTOGP: Kevin Schwantz spiega perché la MotoGP arriverà in Texas | SPORT: Suzuki Sert domina il 75° Bol D’Or Numero 14 26 Aprile 2011 67 Pagine Prova: Harley-Davidson 883 Sportster Superlow Pag. 12 | PROVA ANTEPRIMA | KTM 450 Rally da Pag. 2 a Pag 11 Prova: Piaggio MP3 Yourban Più giovane, più snello, più agile | Pag. 22 Speciale Motocross Gran Premio d’Olanda Pag. 34 Spedizione su abbonamento gratuito Ricevi Moto.it Magazine » Numero 14 Anno 01 26 Aprile 2011 Periodico elettronico di informazione motociclistica MOTOGP NEWS SUPERBIKE PROVE MOTOCROSS SPORT

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Prova: Harley-Davidson 883 Sportster Superlow Pag. 34 NEWS: Nico Cereghini racconta la storia delle Kawasaki 2 tempi | Massimo Clarke il sei cilindri della BMW K 1600 MOTOGP: Kevin Schwantz spiega perché la MotoGP arriverà in Texas | SPORT: Suzuki Sert domina il 75° Bol D’Or 2011 Pag. 12 Più giovane, più snello, più agile | Pag. 22 01 26 Aprile 2011 14 MOTOGPNEWS SUPERBIKEPROVE MOTOCROSS SPORT Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Numero Anno 26 Aprile

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All’InternoNEWS: Nico Cereghini racconta la storia delle Kawasaki 2 tempi | Massimo Clarke il sei cilindri della BMW K 1600 MOTOGP: Kevin Schwantz spiega perché la MotoGP arriverà in Texas | SPORT: Suzuki Sert domina il 75° Bol D’Or

Numero 1426 Aprile 2011

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KTM 450 RALLY UFFICIALEIn Sella alla MOtO DI Marc cOMadi Aimone Dal Pozzo | In occasione della prima tappa del mondiale Rally disputata a Dubai, KTM concede un test veramente esclusivo delle moto protagoniste alla Dakar, spinte dal nuovo motore 450. Vi raccontiamo com’è andata

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D ubai, dove tutto ciò che è impossibile si trasforma in realtà. Anche salire a bordo della moto vincitrice della Dakar 2011 Sono ormai sempre più convinto che se esistesse un vero

e proprio oroscopo del motociclista, alla voce 2011 troverei sicu-ramente: “intense avventure da non dimenticare in posti incante-voli, con particolare inclinazione alle esperienze uniche. Tipologia moto: Rally” o qualcosa del genere. Leitmotiv di questo inizio anno infatti sono state le piste battute nel deserto, la guida navigata, le dune e il roadbook, per scoprire paesaggi che restano indelebili nel cuore. Esperienze tutte nuove per me, che da buon endurista mai e poi mai avrebbe immaginato di finire con un televisore piazzato sul manubrio, ma “a gran fatica” (sì certo…) mi sono sacrificato e lasciato attrarre da questa nuova dimensione, questo nuovo sti-le di vivere la moto da fuoristrada. Ovviamente l’occasione rende l’uomo ladro e, non appena saputo dell’opportunità di un evento cosi esclusivo e particolare, nulla si sarebbe potuto mettere tra me e l’aeroporto di Malpensa, mercoledì sera, nemmeno quel male-detto camioncino che per poco non mi fa perdere il volo!

Il fascino delle moto ufficialiDiverse sono le occasioni e le opportunità che si incontrano nel provare le moto per lavoro, ma alcune più di altre sono in grado di alimentare quel desiderio che le rende più speciali. Forse per-ché esemplari unici, oppure per la loro cura maniacale nei singoli

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dettagli, per le storie che possono raccontare, per il prestigio che si sono guadagnate, o più probabilmente per tutte queste cose as-sieme; le moto ufficiali emanano un fascino irresistibile già ferme sul cavalletto. Ci sali sopra e ti senti già proiettato in prima fila, davanti a tutti, magari in impennata, quando in realtà stai facendo ancora mente locale su come toglierla da quel dannato cavallet-to centrale. Non importa, essere tra i pochi intimi a poter provare questo genere di bolidi rende speciali e lascia certamente un se-gno. Non tanto per l’orgoglio di poterne impugnare il manubrio, ma più che altro per il gusto di poter rivivere seppur lontanamente le esperienze dei campioni che le hanno studiate e plasmate assie-me ai tecnici, che le hanno conosciute e cresciute e che alla fine le hanno portate al successo.

Un test specialeDopo aver viaggiato per centinaia di chilometri nel deserto maroc-chino, altrettanti nelle colline toscane, ora è la volta del deserto dietro Dubai, in sella alla 450 Rally Factory. KTM infatti, in occasio-ne della prima tappa del mondiale Rally, conclusosi ad Abu Dhabi la scorsa settimana, effettua un test davvero intimo dei modelli ufficiali di Coma e Faria. Tre giorni di trasferta, di cui due di viaggio, ma uno tanto ricco da farne valere sicuramente la pena. Arrivo a Dubai mercoledì notte, per ripartire all’indomani per il circuito di F1 di Abu Dhabi. Due ore di viaggio che alimentano ancora di più

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l’attesa di vedere l’autodromo degli Emirati, sede dell’arrivo della Desert Race Challenge 2011. Immenso, colossale, sor-to dalla sabbia del deserto per diventare in poco tempo un cir-cuito plurititolato, una marina con porto da 150 posti barche (navi...), un hotel da 250 came-re, Ferrari World, hotel, palazzi immensi, e chi più ne ha più ne metta… e loro ce ne hanno da mettere! Insomma, il giovedì viene dedicato all’ammirazione del paesaggio, delle strutture e delle realtà incredibili del posto. Assisto nel pomeriggio all’ar-rivo della gara, impiegando il mio tempo a immortalare tutte

le novità del mondo rally, come Peterhansel sulla Mini e i camion colossali. Per finire in un bar a chiacchierare con un certo Coma, il suo amico Faria e una banda di ragazzi vestiti di arancione che ne sanno veramente tanto sulle moto da rally. A leggerlo potrebbe quasi sembrare normale, ma vi assicuro che il clima di serenità e collaborazione che ho respirato in quei frangenti, è difficile da ri-trovare in altri contesti. Il giorno dopo mi attende un altro viagget-to di un’ora, alla volta delle dune degli Emirati, dove i due gioiellini di casa mi aspettano per affrontare il deserto. Un truck, simile a quelli americani, con qualche gazebo e gli immancabili tappeti a terra, fanno del campo base un bivacco del ventunesimo secolo. Da qui è prevista un partenza in coppia alla volta delle dune, io in sella alla Factory di Coma, come apripista lo stesso pilota con una 450 cross e Faria a fare da scopa perché non si sa mai... Dire che avevo una certa pressione addosso è dir poco.

La prima duna non si scorda maiLa Rally 450 di primo acchito appare pesante, i doppi serbatoi da 18 litri tradiscono notevolmente la percezione, in quanto sono

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ingombranti, ma per come sono posizionati si dimostrano poi strumenti efficaci alla distribuzione dei pesi sulla moto. La dimi-nuzione di ingombro del nuovo motore 450 ha permesso infatti di abbassare i serbatoi e di conseguenza molto del peso presente sulla moto. Il telaietto posteriore portante trasporta il resto ed è necessario prestare una certa attenzione in virtù del peso, per-ché quando incomincia a pendolare, non lo fermi più. Di contro il peso al posteriore è molto utile, specie nei tratti veloci, dove la Rally galleggia con estrema facilità sulla sabbia molle, invitandoti ad andare sempre più spedito, con la massima naturalezza. Tutto sembra semplice, fino ad arrivare alla prima duna dove, imman-cabilmente mi pianto con la pancia del motore che affonda nella sabbia. Bene nessun problema, se non per il fatto che in questa posizione sotto i 43 gradi del sole battente, i 160 chili sono ben presenti e senza la tecnica necessaria è un attimo far fuori un paio di litri di acqua in due sorsi. La scopa di cui sopra (Faria) in un lam-po prende in mano la mia moto, la gira, la piega la scrolla e arriva in cima alla duna, decisamente prima di me che nel frattempo mi ero avviato a piedi. Ruben mi spiega sulla vetta la tecnica corretta, che

faccio mia istantaneamente. Da lì proseguiamo per un altro tratto di dune dove, acquisendo un poco di confidenza riesco ad aumentare un po’ il passo, ga-rantendomi anche un maggiore galleggiamento e perché no, qualche sgasata in più . Il pro-pulsore del 450 pare simile al cross, la reattività e vigorosità è molto simile e tutta la moto si guida in maniera davvero agile, soprattutto poco dispendiosa. Anche in questo caso un paio di consigli di Ruben sulla cor-retta posizione di guida seduta mi consentono di comprende-re velocemente le grandi dif-ferenze nella guida rispetto al

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classico off road. Il rientro al bivacco arriva poco dopo, troppo pre-sto perché la fatica abbia avuto già il sopravvento sul desiderio di avventura, ma forse è un bene perché il tempo trascorso sotto al sole è stato sufficiente a mandare in ebollizione il pilota.

Si cena al bivacco come alla DakarIl pomeriggio è dedicato a un altro test, sempre in chiave di let-tura “deserto”, ma in questo caso a bordo della nuova versione Adventure 990 Replica Dakar, di cui leggerete la prova in uno spazio dedicato. Verso le 18, dopo una giornata colma di nuove esperienze e sensazioni, il programma non prevede il classico ri-entro in hotel, bensì una piacevole e più caratteristica cena in un bivacco in mezzo al deserto. Una cena tipica, accompagnata da balli del ventre, musica locale e una battuta dopo l’altra fanno sì che la serata trascorra con grande piacere e tranquillità. Al calar del sole scopro poi un’altra sensazione mai provata prima: nel de-serto, grazie alle poche luci e alla limpidezza dell’aria, il cielo stel-lato sembra quasi caderti addosso, tanto lo percepisci vicino. Ad un certo punto ne vedo anche una particolarmente reattiva che si muove repentinamente sulle dune, troppo per essere una stella… scopro poco dopo essere Coma, che ci raggiunge per cena, a quel punto decido che di birra ne ho già bevuta a sufficienza. Finito il momento magico, è tempo di tornare in Italia. Poco impegnativo in

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quanto della durata di circa sei ore, il volo di rientro mi lascia però lo spazio sufficiente per sognare a occhi aperti. Per nulla parago-nabile a una competizione come la Dakar, questa avventura mi ha avvicinato ancora di più al mondo della navigazione, non tanto per l’aspetto agonistico, quanto per la consapevolezza di essere uno dei pochi che hanno la fortuna di vedere posti che nessun altro potrà mai visitare in condizioni normali. Non si tratta quindi solo di una gara, di uno sport agonistico da praticare con più o meno impegno, ma di un’esperienza di vita che racchiude un insieme di dinamiche interne, invisibili all’occhio profano, che la rendono pressoché unico. La sensazione di libertà, di avventura e di sco-perta che il deserto ti può trasmettere, unitamente alla complicità con il proprio mezzo meccanico, unico strumento per poter fare ciò che si ama, procura una sensazione della quale è poi difficile fare a meno. Crea dipendenza, ricordo, passione. Emozioni da rivi-vere il prima possibile. Nota di redazione: il nostro tester Aimone Dal Pozzo ha provato la KTM 450 Rally anche per il mensile Mo-tocross. Sul prossimo numero troverete la prova completa della moto vincitrice alla Dakar, corredata dei dati tecnici.

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Urban cUStOMdi Cristina Bacchetti | La 883 si propone per il 2011 in questa nuova versione SuperLow. Pensata per i piloti alle prime armi e per le fanciulle, offre un gran piacere di guida e un’inaspettata agilità. La base costa 8.900 euro, noi abbiamo provato la versione “super lusso”

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PREZZO € 8.900H-D 883 Sportster Superlow PREGI Agilità e manovrabilità DIFETTI Scarsa luce a terra

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U na nuova esperienza, per me, questa Super-Low. Da sempre appas-

sionata di moto sportive, non mi era mai capitato di guidare una Harley-Davidson. Un po’ di soggezione è d’obbligo di fron-te ad una simile icona del mo-tociclismo. Ma anche un po’ di scetticismo: per le dimensioni, per il peso, e per l’utilizzo di-verso da quello che sono solita fare.Dopo dieci giorni e tanti chilometri in sella a questa 883 mi trovo a dover ammettere che noi amanti della velocità e delle prestazioni da superbike, ci perdiamo una bella fetta di piacere di guida.

Lustrini e paillettesLa 883 Sportster SuperLow che abbiamo provato monta una lunga serie di accessori che le conferiscono un’aria decisamente glam: le cromature si sprecano e i dettagli “Diamond Ice”, ovvero accenti di strass su particolari, loghi e strumentazione, smorzano un po’ la tipica concezione “brutale” del custom, rendendo que-sta 883 oggetto del desiderio di molte fanciulle, delle quali non ho potuto fare a meno di notare gli sguardi curiosi e ammirevoli. La mission di questa moto è proprio quella di avvicinare il pubblico femminile al mondo Harley-Davidson e di non intimorire i piloti alle prime armi, grazie alle ridotte dimensioni, alla sella bassa e ad una maneggevolezza che non ti aspetti. A tutela di tutto questo lus-so c’è l’antifurto, di serie, dotato di telecomando che inserisce e disinserisce automaticamente il dispositivo di sicurezza quando ci si avvicina o ci si allontana dalla moto. Unico dettaglio non pro-tetto, e ammetto che ha destato in me non poche preoccupazioni ogni volta che ho dovuto allontanarmi dalla moto, il preziosissimo tappo del serbatoio con strass, privo di chiave o qualsivoglia altro dispositivo antifurto.

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Una moto per tuttiPensata per i principianti, ma piacevole a 360°, la Superlow non mette mai in difficoltà. Trasmette sicurezza sia nelle manovre da fermo, quando la sella a 695mm da terra dà una gran mano ai meno alti e forzuti, così come in marcia: il suo V-Twin Sportster Evolution da 883 cc ha un ampio arco di erogazione, proprio per facilitare le partenze e le curve alle basse velocità, punti sempre critici nei primi approcci alla guida. Il tutto è facilitato da una ci-clistica dedicata, composta da una forcella Showa da 39mm con escursione di 108mm e da ammortizzatori posteriori regolabili nel pre-carico con escursione di 54mm. I cerchi a 5 razze in lega d’alluminio lavorati a macchina (anteriore da 18” e posteriore da 17”), montano pneumatici radiali Michelin Scorcher (anteriore 120/70ZR18, posteriore 150/60ZR17), il cui profilo e battistrada sono stati sviluppati specificatamente per migliorare la mano-vrabilità della SuperLow. Nella progettazione e nello sviluppo di pneumatici, cerchi e geometria dello sterzo, i tecnici Harley-Da-vidson hanno sfruttato l’esperienza appresa durante lo sviluppo

dell’XR1200X, moto con tar-get di clientela e utilizzo deci-samente diversi ma con una grande attenzione alla maneg-gevolezza, dalla quale il team ha tratto ispirazione al fine di ottenere anche per la Super-Low un equilibrio ottimale fra geometria di sterzo, pneumati-ci e assetto.

Il V-Twin 883: un’iconaLo Sportster Evolution da 883 cc ad iniezione elettronica se-quenziale (dispositivo che da sempre fa storcere il naso a più d’un appassionato nostalgico del carburatore ) è ovviamente

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raffreddato ad aria ed ha una coppia massima di 70 Nm a 3.750 giri/min. Il rapporto del-la trasmissione finale, rivisto in funzione del diametro del pneumatico posteriore, garan-tisce una curva di accelerazio-ne piacevolissima e generosa.Il bicilindrico non scalda parti-colarmente durante la marcia e questo è un altro punto im-portante a favore del comfort. Il serbatoio Walnut da 17 litri a profilo ribassato, la cui verni-ciatura è rifinita a mano come su tutti i serbatoi Harley-Da-vidson, garantisce un’autono-mia di circa 300 km e lascia in bella vista il V-Twin Evolution, discendente del leggendario Shovelhead, dal quale eredita la cilindrata storica di 883 cc.

La nostra prova. Custom sì, ma con destrezzaCome già lasciato intendere più sopra, una volta in sella stupi-sce la confidenza che da subito la SuperLow trasmette al pilota. Braccia distese ad impugnare il manubrio dalla curvatura ampia e piatta, con i comandi tutti a portata di mano e pedane centra-li per una postura ottimale. Certo la sella notevolmente bassa e l’ergonomia delle pedane non sono indicati per persone partico-larmente alte, ma con una media statura (chi scrive non supera il metro e settanta), l’angolatura delle gambe è ottimale, così come l’appoggio a terra: anche i meno alti possono tranquillamente poggiare entrambi i piedi, altro vantaggio per chi muove i primi passi nel mondo delle due ruote. Il peso a secco di 251kg (260 in ordine di marcia) passa quasi del tutto inosservato, tanto che la SuperLow è agile nel traffico cittadino quanto mai ti aspetteresti da una moto che, seppur di piccole dimensioni, rimane comun-que una custom. Una custom dalle ambizioni sportive, oltre che metropolitane: il motore ha una bella coppia che, nonostante l’e-rogazione modulata, dà tutto subito per poi riaddolcirsi in fase di allungo. Unica pecca della guida in ambito urbano è, nean-che a dirlo, il pavè: la seduta bassa e l’assetto low costringono a

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rallentare, e parecchio, per non patire le sconnessioni di asfalti rovinati o dei temuti sanpietrini. Ovviamente l’impianto frenante non è da superbike, ma la mole da fermare è importante e una frenata più energica, anche se qualche volta farebbe comodo, po-trebbe creare problemi di equilibrio in fase di arresto. Il cambio è leggermente rumoroso, caratteristica comune a tutte le moto di Milwaukee, ma pulito e preciso negli innesti; la trasmissione a cin-ghia è morbida e silenziosa: devo ammettere che la differenza dalla più classica trasmissione a catena si fa sentire. La strumentazione è minimal, ma troviamo tutto quello che serve: contachilometri e spie bene in vista, compresa quella della riserva di carburante (uti-lissimo l’indicatore di livello del carburante posto sul manubrio, disponibile come optional, cromato e con tacche luminose blu). Altro piacevole aspetto della strumentazione sono i comandi delle frecce separati: una posizione decisamente naturale ed intuitiva. Le frecce, nel nostro caso elegantemente integrate agli specchiet-ti retrovisori, si disattivano automaticamente in base alla velocità e all’angolo di inclinazione della moto.

Relax bikeLa caratteristica più particolare di questa 883 è la gran voglia di andar piano che trasmette a chi la conduce. Proprio così, andar piano: la posizione in sella e il piacere di guida portano a modulare il gas per godersi la moto e, se possibile perché no, un bel panora-ma. Nell’intenso traffico mattutino milanese mi sono lasciata vo-lentieri superare da frenetici scooter e frettolosi automobilisti, per godermi un po’ la guida spensierata che offre. Nei lunghi viaggi e sulle strade a scorrimento veloce si sente parecchio la mancanza di un buon parabrezza, ma in compenso le vibrazioni al manubrio e sulle pedane, tipiche del V-Twin, non infastidiscono nemmeno dopo molte ore in sella. Una moto davvero a misura di fanciulla anche per quanto riguarda le leve di frizione e freno, per nulla fati-cose nell’attivazione.

Anche in dueLa SuperLow nasce monoposto, con sella dal design Deep Bucket. La moto che abbiamo provato, invece, monta una sella Badlander biposto, che ha permesso di testare anche la guida con passegge-ro al seguito. La posizione dell’ospite è comoda nonostante la sella molto stretta e solo dopo un po’ di tempo in viaggio si comincia ad avvertire il fastidio della seduta un pochino rigida.La scarsa luce a terra si sente soprattutto nella marcia con pas-seggero e smorza quel po’ di indole sportiva della 883: la ciclisti-ca dà sicurezza e invoglia alla piega, ma un pronto “grattare” di

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cavalletto e pedane induce a riportare celermente la moto in posi-zione verticale, onde evitare di dover mettere mano al portafoglio per pedane e cavalletti “limati”. E’ lo scotto da pagare per il piace-re di guida low. Dunque si sta abbastanza bene anche in coppia su questa Superlow, ma…divieto di carico: le sospensioni posteriori risulterebbero troppo affaticate. Una bella sorpresa, questa 883 SuperLow, anche per chi si avvicina per la prima volta al mondo delle “lunghe forcelle”. Una moto per tutti e con un ampio raggio di utilizzo, pensata e progettata con lo scopo preciso di mettere a proprio agio il conducente. Missione compiuta. Le colorazioni disponibili sono tre: la Vivid Black da 8.900 Euro, la Blue Pearl da 9.100 Euro e le due bicolore Merlot Sunglo/Vivid Black e Birch White/Sedona Orange a 9.400 Euro.

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La strumentazione è minimal, ma troviamo tutto quello che serve: contachilometri e spie bene in vista.

I cerchi a 5 razze in lega d’alluminio montano pneumatici radiali Michelin Scorcher. Il serbatoio Walnut da 17 litri a profilo ribassato, la cui verniciatura è rifinita a mano.

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H-D883 Sportster

Superlow€ 8.900

Tempi: 4Cilindri: 2Cilindrata: 883 ccRaffreddamento: ad ariaAvviamento: EMarce: 5Freni: DD-D Misure cerchi (ant./post.): 18’’ / 17’’Normativa antinquinamento: Euro 3Peso: 251 kgLunghezza: 2215 mmAltezza: 695 mmCapacità serbatoio: 17 lSegmento: Custom

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Più giovane, più snello, più agile

di Maurizio Tanca | Smagrito e alleggerito, il “piccolo” MP3 si presenta in due versioni dall’aspetto più snello e sportivo

rispetto ai fratelli già noti, ai quali va ad affiancarsi. Quanto ai prezzi, spaziano dai 4.690 euro del 125i.e. NRL

ai 6.000 del 300i.e. ERL

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PREZZO € 4.690PIAGGIO MP3 Yourban PREGI Sicurezza attiva elevata e guida molto divertente DIFETTI Freno posteriore esuberante

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G iornataccia tendente all’umido in quel di Can-nes, durante il test del

nuovo Piaggio MP3 Yourban.Si, quello più snello e leggero, cre-ato apposta per gli scooteristi particolarmente sensibili all’ar-gomento sicurezza attiva, che però non hanno scelto il genia-le veicolo di Piaggio per via del suo aspetto forse un po’ troppo serioso: utenti giovani e ambo-sessi, che potrebbero dunque venire maggiormente attratti da un mezzo che sia anche più leggero, e quindi più scattante,

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oltre che più sportivo esteticamente. Il marketing del Gruppo Piag-gio ha coniato per lui il simpatico nomignolo Yourban, neologismo che potrebbe costituire una crasi tra le parole young e urban (gio-vane metropolitano) piuttosto che esprimere il concetto di “your urban (vehicle)”, ovvero “il tuo veicolo (per la città)”.

Cura dimagranteLo Yourban arriva un lustro dopo l’esordio della famiglia MP3, che dal 2006 ad oggi conta più di 83.000 veicoli sparsi per il pianeta. E grazie lui, in Piaggio si aspettano di superare facilmente quota 100.000 già nei prossimi mesi. Ricordiamo che la famiglia a tre ruote “Made in Pontedera” è presente in 40 paesi del mondo, ma il mercato più importante è quello Europeo, con netta predominan-za della Francia.Il nuovo arrivato si presenta con forme più snelle e filanti rispetto ai modelli già noti, col musetto appuntito sovrasta-to da un bel cupolino minimalista tipo naked sportiva (tranquilli,

tra gli accessori ci sono anche il parabrezza più alto, spesso 4 mm, e i paramani trasparenti con slider protettivi), il culetto ben rastremato e le ruote ar-ditamente dotate di parafan-ghi parzialmente avvolgenti. E c’è pure un nuovo silenziatore, decisamente carino, e pure più rialzato. Belli anche i grup-pi ottici, che sia davanti (per le luci di posizione) che die-tro impiegano elementi a led. In buona sostanza, visto da dietro lo Yourban si presenta esattamente come uno scoo-ter normale. Visto da davanti, invece, con quello sguardo im-pertinente e il quadrilatero del-le sospensioni più in vista, non sfigurerebbe affatto in qualche film della saga di Star Wars. Le versioni disponibili per ora sono due, ovvero la NRL (No Roll Lock) - priva del sistema di blocco che consente di fermar-si senza poggiare ai piedi a ter-ra, disponibile solo col motore da 125 cc - e la ERL (Electronic Roll Lock), quella che ha anche i parafanghi anteriori più estesi e in tinta con la carrozzeria. Lo Yourban 125 NRL, insomma, è fatto per chi vuol spendere meno pur conservando il me-desimo livello di sicurezza atti-va: al semaforo poggerà i piedi a terra come tutti i dueruotisti, e per parcheggiare al volo use-rà la stampella laterale, che qui è presente assieme al cavallet-to centrale. E, in generale, si go-drà pure il beneficio dei 12 chili in meno rispetto all’ERL. Il suo

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prezzo è di 4.690 euro, franco concessionario. Gli Yourban 125 e 300 ERL, invece, costano rispettivamente 5.420 e 6.000 euro. I colori disponibili sono cinque, tutti metallizzati: Nero Cosmo, Rosso Ibis e Grigio Orione, abbinati a goffrature e sella di colore nero), Bianco Perla e Grigio Ghiacco, goffra-ture e sella di colore blu.

Guardiamoci lo YourbanOvviamente la cura dimagrante ha richiesto qualche sacrificio, a partire dal serbatoio, la cui capacità è scesa da 12 a 10,8 litri, per arrivare al vano sotto-sella, che qui ha un volume di circa 34 litri. Il capientissimo posteriore dell’MP3 standard, insomma, qui ce lo scordia-mo, ma c’è comunque spazio per ospitare un paio di caschi jet con visiera. Non bastasse, è logicamente previsto anche l’apposito bauletto, con il pog-giaschiena imbottito rivestito come la sella e il coperchio in tinta con la carrozzeria. È cambiato anche il cruscotto, piacevolmente retroilluminato in azzurro: anziché due stru-menti analogici – tachimetro e contagiri - col display digitale al centro, quello dello Yourban al centro ha il tachimetro ana-logico con all’interno il display lcd (che mostra chilometraggio totale, due parziali, voltaggio della batteria, ora, temperatura esterna), affiancato a sinistra dall’indicatore di livello del-la benzina (con sopra la spia

gialla della riserva) e a destra dal termometro del motore, in entrambi i casi “a lancette”. Nella parte inferiore del cockpit figurano le spie che indicano l’inserimento del blocco del rol-lio, l’eventuale avaria del siste-ma di blocco, e il freno a mano inserito. Freno a mano la cui leva, ad azionamento verticale, è sempre elegantemente allog-giata al centro del retro scudo: niente portaoggetti, nella zona, dunque, ma è comunque pre-sente l’utile gancio estraibile per appendere borse e altro. E naturalmente c’è anche il bloc-chetto dell’accensione, tramite

il quale di sbloccano anche la serratura della sella e lo sportellino del carburante, sul tunnel centrale. La sella è su due livelli, e il pas-seggero gode di pedane estraibili molto ben integrate nella car-rozzeria. Oltre agli accessori precedentemente citati, per l’MP3 “piccolo” sono disponibili anche la copertina per le gambe, l’an-tifurto elettronico E-power e il telo copri veicolo. E per gli amanti dell’abbigliamento dedicato, c’è la serie di caschi demi-jet Copter-Y, predisposti per l’alloggiamento di sistema interfono Bluetooth.

Tecnicamente parlando……lo Yourban, 125 o 300 che sia, nella versione ERL pesa 206 chili a secco, cioè 15 in meno degli equivalenti MP3 “tradizionali”, men-tre il 125 NRL ne pesa addirittura 27 in meno. Una differenza di stazza che, secondo le dichiarazioni, farebbe guadagnare al 300 il 7,6% in accelerazione da fermo sui 30 metri, e il 5,6% sui 60. Inoltre lo Yourban ha un interasse più corto di ben 50 mm e la pe-dana più bassa di 20, e la distribuzione dei pesi è stata spostata leggermente in avanti. Il baricentro, tuttavia, è rimasto alla stessa

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altezza, sebbene leggermente arretrato. Altra variante importante riguarda le ruote anteriori da 13 anziché 12 pollici – con pneumatici Metzeler o Michelin, da 110/70 invece di 120/70 - mentre la poste-riore è rimasta da 14” con gomma da 140/60. Il veicolo comunque è stato anche rialzato posteriormente, per evitare di strisciare il cavalletto in piega e, grazie alla sua maggior compattezza, è risul-tato dell’8% più veloce nello slalom tra i birilli nel confronto con

il parente più cicciotto, avvici-nandosi quindi molto di più agli scooter tradizionali. Rispetto ai quali risulta avere anche un coefficiente di aderenza pra-ticamente doppia all’avantre-no, come è stato rilevato dalle prove effettuate su piattaforma inerziale. Nulla di cambiato nei motori, gestiti da acceleratore ride-by-wire: il 125 è dato per 15 cv (11 kW) a 9.750 giri, con una coppia massima di 1,2 kgm (12 Nm) a 7.250 giri, mentre il mono da 270 cc del “300” van-ta 22,4 cv (16,5 kW) a 7.500 giri, con 2,36 kgm (23,2 Nm) di coppia a 6.500. Quanto ai freni, finalmente abbiamo sen-tito parlare di Abs, dato come probabile su questi veicoli per il prossimo anno: è infatti in fase di collaudo un sistema a tre canali di derivazione automo-bilistica. Sia chiaro, l’impianto frenante sull’MP3 è notevole, magari fin troppo potente die-tro, ma ormai è un dato di fatto che la presenza del sistema an-tibloccaggio si avvia a diventa-re normale anche al di fuori del mondo a quattro ruote.

Come va?Tornando al test in Costa Az-zurra, devo dire che se ci fosse stato da provare uno scooter o una moto tradizionali col brutto tempo qualche santo l’avrei sicuramente scomoda-to, ma trattandosi dell’MP3 la cosa mi ha solo fatto piacere: è proprio in condizioni critiche, infatti, che si tasta con mano la

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validità di un veicolo del genere in termini di sicurezza. Non che la cosa mi fosse ignota, anzi, di chilometri con i vari MP3 e Fuoco ne ho percorsi a iosa in ogni condizione, ed è lampante che proprio quando piove - e magari ci si trova nel traffico dell’ora di punta sul terreno più infido di tutti, come lo è il pavé simpaticamente sol-cato dai binari del tram – con un qualunque mezzo a due ruote si viaggia molto, ma molto meno tranquilli che con i “tre ruote” di Piaggio e Gilera (peraltro gli unici in circolazione, in attesa del Quadro di Marabese). Tra l’altro, gli Yourban disponibili a Cannes erano dotati delle ottime Metzeler Feelfree Wintec, decisamen-te a loro agio col freddo e col il bagnato. In effetti sarebbe stato

interessante un test parallelo tra l’MP3 300 “normale” e l’e-quivalente Yourban, proprio per verificarne le differenze dinamiche. In ogni caso, lo Yourban si conferma molto divertente da usare, e dopo quelle poche decine di metri necessari per riabituarsi alla sua guida, in particolare sul ba-gnato - situazione nella quale

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Quanto alle sospensioni, il sistema anteriore è ineccepibile in termini di assorbimento e consente all’avantreno una rigorosità incomparabile

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effettivamente azzardare pie-ghe e frenatone non viene propriamente spontaneo - per-sonalmente riesco a trovarmi perfettamente a mio agio. Si, lo Yourban a memoria mi è parso più agile, anche se ho provato solo il 300 ERL, e non il 125 NRL, cioè quello ancora più leggero. L’angolo di ster-zata notevole mi ha consentito di improvvisare con una cer-ta facilità uno slalom tra una fila di paletti trovati nella zona del porto, quindi nel traffico ci si muove abbastanza agevol-mente; e sullo stesso piazzale bagnaticcio ho provato più vol-te a frenare forte nelle pozzan-ghere senza alcun problema, ma anche a tenere la piega in cerchio cercando di inclinare lo Yourban il più possibile: si arriva al limite di inclinazione consentito meccanicamente dal parallelogramma anteriore (nel senso che più di così non si può), ma dietro tra il caval-letto e l’asfalto rimane ancora un certo spazio, quindi non si striscia a terra. La posizione in sella è comoda, sia davanti che dietro, e solo chi è abituato agli scooter a ruote basse, dove spesso si riesce ad allungare in avanti le gambe, dovrà abituar-si alla rinuncia. Personalmente, però, preferirei un rialzo ante-riore sulla punta della sella, che “spinge” leggermente in avanti. Chiaramente la protezione del piccolo plexiglas non sarà certo sufficiente agli ultras dell’odio-so parabrezza totale (opinione

strettamente personale, ma lo trovo pericoloso, ancorché protettivo: in sostanza, prefe-risco senz’altro sentire un po’ d’aria e avere una buona visua-le, che guardare attraverso un pezzo di plastica inamovibile).

Il motore è sempre piacevoleIl motore del 300 è sempre piacevole, dolce, non trasmet-te vibrazioni ed è sufficiente-mente rapido e veloce. Quan-to alle sospensioni, il sistema anteriore per me è ineccepi-bile in termini di assorbimen-to, e consente all’avantreno una rigorosità incomparabile.

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Gli ammortizzatori posteriori invece sono abbastanza rigidotti. Il giudizio sulla frenata anteriore è parimenti positivo: è potente e ben modulabile, anche se il comando è un pochino spugnoso. Il freno posteriore invece è migliorabile, nel senso che viaggiando in due è perfetto come potenza, altrimenti arriva a bloccare con fa-cilità: nella guida normale, anche sportiva, il pilota riesce a gestire bene il suo lavoro, ma la frenata in extremis, magari sul bagnato, si traduce in un bloccaggio sicuro della ruota. L’auspicabile avvento dell’Abs potrebbe senz’altro porre rimedio alla cosa. Il fatto che con l’MP3 (inteso in generale) ci si possa fermare al semaforo, o in qualunque altro posto, senza poggiare i piedi a terra, specie quan-do piove, è davvero una chicca, come del resto lo è la possibilità di parcheggiarlo in uno spazio stretto, anche in pendenza, semplice-mente spingendolo (e poi tirando il freno a mano, naturalmente!). In conclusione: l’MP3 Yourban è meglio dell’altro? Sostanzialmen-te si, dal punto di vista dinamico, ed è anche carino. Personalmen-te però sceglierei ancora il “vecchio”, più che altro perché preferi-sco gli scooter con un’elevata capacità di carico.

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PIAGGIOMp3 Yourban

125 NRL€ 4.690

Carino Carino carino di fronte sembra il robottino Wally ! Io trovo che sia interessante come il famigerato mp3. Sono sempre attratto dalle cose nuove e concretamente messe su strada. Secondo me Piaggio piano piano sta creando/ha già creato una interessante nuova nicchia che piano piano prende sempre più piede. jsmak84 - 19/04/2011 Progetto e mezzo inteligente Compliemti a Piaggio per aver progettato questo mezzo sicuramente innovativo che permette una notevole sicurezza in tutte le si-tuazioni. Potrà essere meno agile nello sgusciare tra le macchine e sorpassare le file, ma, è diverten-te da guidare in tutte le situazioni.Furino - 20/04/2011

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Tempi: 4Cilindri: 1Cilindrata: 124 ccRaffreddamento: a liquidoAvviamento: EPotenza: 15 cv (11 kW) / 9250 giriCoppia: 1.22 kgm (12 Nm) / 8500 giriMarce: AVFreni: DD-D Misure freni: 240-240 mmMisure cerchi (ant./post.): 12’’ / 12’’Normativa antinquinamento: Euro 3Segmento: Scooter Ruote basse

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È cambiato il cruscotto, retroilluminato in azzurro col display digitale al centro.

Nuovo il silenziatore, decisamente carino, e pure più rialzato. Il vano sottosella ha un volume di circa 34 litri e c’è spazio per ospitare un paio di caschi jet con visiera.

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SPECIALE MXIl Gran PreMIO

D’OlanDa

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D oveva essere una tra-sferta dove bastava salvare il possibile cer-

cando di stare nei primi dieci, perché l’infortunio al ginocchio di Sevlievo lo aveva costretto a saltare gli allenamenti per una decina di giorni e perché il dolore all’articolazione era preoccupante. Ma quello che

vale per un pilota normale non lo è altrettanto per un campione, per di più per un quattro volte campione come Tony Cairoli. Che con una gara miracolosa si è lasciato alle spalle timori e dolori, e con una grinta pazzesca è stato il mattatore del GP d’Olanda che lo ha visto vincere la prima manche dopo una partenza in quarta posizione e chiudere la successiva al secondo posto in rimonta dal settimo. Cairoli ha preceduto Max Nagl, che ha così definitivamen-te scacciato il pensiero che con la 450 fosse più competitivo, e Da-vid Philippaerts ritornato finalmente sul podio dopo il Brasile dello scorso anno. Nella prima manche vista la sabbia resa proibitiva

cairoli vince a sorpresa a Valkenswaarddi Massimo Zanzani | Il ginocchio infortunato non ferma Tony che sbaraglia la concorrenza e vince a sorpresa la MX1; bravo anche Philippaerts 3° dietro a Nagl. Senza storie la MX2 grazie alla doppietta di Herlings

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dal continuo succedersi di gare il pilota della Yamaha ha corso con l’obiettivo di preservare le energie in previsione di quella succes-siva tagliando comunque il traguardo 4°, mentre nella successiva ha attaccato subito e dopo essere rimasto al posto d’onore sino a metà manche ha poi chiuso 3°. Quello di Cairoli non è stato l’unico evento inaspettato, visto che la caduta di Steve Frossard in qua-lifica gli aveva procurato una forte contusione alla spalla sinistra e la sua partecipazione è stata in forse sino alla mattinata, tanto da non disputare neppure le prove libere. Ma anche il francese è un tipo tosto, con una smisurata voglia di trovarsi al vertice della classe regina, e anche lui ha mandato in porto una gara fantastica dove ha mancato il podio solo per una scivolata sul finire della se-conda manche. Nonostante ciò ha chiuso il GP quarto assoluto - e grazie all’opaca prova di Clement Desalle che proprio sulla sabbia amica non è riuscito a fare meglio del sesto posto - è passato al comando del campionato davanti a Nagl, Desalle, Cairoli e Philip-paerts. 11° Davide Guarneri, che ha pagato lo scotto di partenze a metà gruppo. Risultato scontato per Jeffrey Herlings, che ha dato

fondo alla sua tecnica di guida affinata in anni di allenamenti sulla sabbia per spuntarla sul compagno di squadra Ken Roc-zen, il quale gli è terminato alle spalle in entrambe le manche. Il tandem della KTM è stato seguito da Tommy Searle e da un Arnaud Tonus in crescendo che ha perso il podio per un er-rore a pochi giri dalla fine della gara.

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MX1 - GP Classification1. Antonio Cairoli 47 points2. Maximilian Nagl 45 p.3. David Philippaerts 38 p.4. Steven Frossard 38 p.5. Rui Goncalves 33 p.6. Clement Desalle 31 p.7. Ken de Dycker 27 p.8. Evgeny Bobryshev 25 p.9. Tanel Leok 24 p.10. Steve Ramon 22 p.11. Davide Guarneri 19 p.12. Jonathan Barragan 18 p.13. Anthony Boissiere 14 p.14. Xavier Boog 11 p.15. Marc de Reuver 10 p.

MX2 - GP Classification1. Jeffrey Herlings 50 points2. Ken Roczen 44 p.3. Tommy Searle 40 p.4. Arnaud Tonus 36 p.5. Gautier Paulin 31 p.6. Joel Roelants 29 p.7. Harri Kullas 28 p.8. Zachary Osborne 28 p.9. Max Anstie 23 p.10. Nikolaj Larsen 19 p.11. Christophe Charlier 18 p.12. Glenn Coldenhoff 17 p.13. Antonio Jose Butron Oliva 15 p.14. Nicolas Aubin 12 p.15. Petar Petrov 10 p.

Classifica MX1 - MX2

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Siamo alla fine di un gran premio che ha del miracoloso. “Sì, non mi

aspettavo assolutamente di salire sul podio dopo il GP del-la Bulgaria, perché non potevo quasi camminare, quindi sono super soddisfatto”. Spiegaci questa prestazione. “Io sulla sabbia mi trovo sempre a mio agio anche se oggi non ero sciolto come al solito però è bastato per vincere il GP. Non sono soddisfatto di come ho corso, non mi sono divertito, ero un po’ sbilanciato, però su-per contento di aver vinto per il terzo anno di fila qui in Olanda”.

Il dolore? “Non l’ho sentito tantissimo, soltanto quando sbagliavo una curva e mettevo giù il piede o all’atterraggio di un salto e il ginocchio si muoveva. Nella seconda manche invece il dolore si è fatto sentire di più”. Oltre il dolore hai risentito anche di quasi dieci giorni senza allenamento? “Nella seconda manche dopo 20 minuti ero veramente stanco. Sono arrivato alla fine cercando di non fare errori per mantenere una velocità ottimale. Sulla sabbia comunque riesco a gestirmi un po’ come voglio, magari sul duro sarebbe stato più difficile”. Il quarto posto di domenica ti ha dato la convinzione di poter fare bene? “Sono partito male poi ho re-cuperato quindi sapevo che potevo fare una bella gara ma no se avrei tenuto tutti 40 i minuti”. Ti è mancata solo la vittoria della 2ª manche. “Mi sono complicato sempre un po’ la vita con due brutte partenze, sempre fuori dai primi cinque. Ho dovuto un po’ spingere un po’ di più per passare gli altri”. Quattro titoli non ti bastano? “Il campionato è lunghissimo, ci possono essere tanti stop, ma alla fine quello che conta è il campionato. Adesso abbia-mo fatto un bel salto in classifica dal 10° al 4° posto”.

tony cairoli: “non mi aspettavo di salire sul podio”di Massimo Zanzani | L’ufficiale KTM ci spiega come ha vinto un Gran Premio che sembrava senza possibilità dopo l’infortunio al ginocchio del GP di Bulgaria

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Undicesimo posto, un piazzamento che ti soddisfa? “Solo a metà.

La settimana scorsa son o ca-duto e mi sono fatto male ad una costola. Credevo fosse guarita ma ieri mattina mi fa-ceva male. Con il dottore sia-mo riusciti a risolvere con un bendaggio e antidolorifici, ma il tempo in qualifica no è stato dei migliori e sono partito qua-si ultimo. La seconda manche

avevo un buon ritmo e sono arrivato 11esimo. Come ritmo potevo arrivare anche 6°. Possono capitare delle gare così. Adesso mi han-no superato in campionato Cairoli e Philippaerts che hanno fatto una buona gara, ma il campionato è ancora lungo. Bisogna stare nei primi dieci il più spesso possibile”. Con queste buche è una pista che mette il fisico sotto torchio. “C’erano un sacco di piloti in tante classi. Alla fine non c’era più una traiettoria pulita, la pista era molto bucata. Ma oggi fisicamente sta-vo molto meglio che in Bulgaria e se riusciamo a guadagnare ancora un po’ negli ultimi 10 minuti otterremo buoni risultati”. Si parte e si va in America. E’ una pista che ti piace? “Spero che sia come l’anno scorso, il tempo era bello, la pista bella e bagnata bene. Davvero un bel GP”.

Davide Guarneri: “avevo un buon ritmo, potevo arrivare sesto” di Massimo Zanzani | Una gara difficile e tutta in rimonta per il pilota italiano che sulla sabbia olandese ha lottato contro le buche del tracciato e il dolore ad una costola

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A partire dal 16 aprile è possibile provare la nuova Suzuki GSR750

per un test ride presso le con-cessionarie ufficiali Suzuki. Il cliente potrà individuare su Internet i concessionari della sua provincia e potrà inviare direttamente a loro una mail per prenotare il test ride. A tal proposito è stata attivata una pagina dedicata su www.pro-vagsr750.it. Inoltre nella sezio-ne eventi del sito istituzionale

di Suzuki www.suzuki.it e sulla pagina Facebook di Suzuki Italia, verranno indicati gli eventi speciali, le aperture straordinarie e le attività locali organizzate direttamente dai Concessionari Suzuki.

La GSR750 sarà lanciata in due versioni:- standard con un listino franco concessionario di € 8.190 iva com-presa franco concessionario in tre colorazioni bianco perlato, nero brillante e rosso perlato/nero brillante;- dotata di ABS con un prezzo di € 8.790 iva compresa franco concessionario, nelle colorazioni bianco perlato e nero brillante (disponibile dalla seconda metà dell’anno); La nuova GSR750 può essere acquistata anche dai clienti neopatentati. Suzuki infatti propone la versione depotenziata con la possibilità di ripotenziarla nei termini di legge.

Suzuki GSr750 in prova presso tutti i concessionari La nuova naked della Casa giapponese durante la nostra prova ha messo in luce una guidabilità eccellente. Ora tocca a voi provarla e raccontarci cosa ne pensate della nuova GSR750

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L a fonte della notizia è BMW Usa, che annuncia l’adozione dell’ABS su tutte le moto della Casa bavarese vendute sul suolo americano a partire dal 2012. Ci sono però buone pro-

babilità che tale strada - che Moto.it auspica sia percorsa da tutte le aziende, oltre che incentivata dal legislatore - sia seguita anche da BMW in Italia. Nel nostro Paese oltre il 70% delle BMW vendute monta già oggi l’ABS. BMW USA ha annunciato che dal prossimo anno monterà su tutti i modelli in vendita l’ABS di serie. La Casa tedesca è da sempre molto attenta alla sicurezza e con questa scelta dimostra quanto ritengano ormai indispensabile il dispositi-vo antibloccaggio. Sono passati 23 anni da quando proprio la Casa dell’elica per la prima volta montò un ABS su una moto. BMW è stata la prima moto ad introdurre l’ABS nel 1988 e ora è arriva-ta alla sesta generazione. “Frenare più rapidamente e in maniera più prevedibile evita che un motociclista diventi una statistica”

tagliano corto in BMW. “E’ tempo per tutti noi motoci-clisti di sfruttare i vantaggi di ABS. I test eseguiti - continua Pieter de Waal, Vice Presiden-te di BMW Motorrad USA- di-mostrano costantemente che l’ABS riduce gli incidenti e salva la vita”. Un recente studio ri-portato dalla BMW ha stabilito che i motociclisti dotati di ABS hanno il 37% in meno di pos-sibilità di rimanere coinvolti in un incidente mortale rispetto a quelli che ne sono sprovvisti.

Dal 2012 abS di serie su tutte le bMW La Casa bavarese ha annunciato che dal 2012 tutti i modelli monteranno l’ABS di serie. Il dispositivo antibloccaggio era già disponibile su tutta la gamma

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N ell’odierno mercato In-dian stava camminando su una strada in salita, a

causa della limitata gamma di modelli in prevalenza di fascia alta. Il pubblico a cui si rivolge Polaris è invece molto diversi-ficato, cosa che gli permette di resistere alle attuali condizioni di mercato. Dalla loro unione potrebbe emergere un gruppo davvero interessante. “Siamo entusiasti di essere parte del-la rivitalizzazione di un brand tipicamente americano”, ha

dichiarato Scott Vino, ammi-nistratore delegato di Polaris Industries Inc. “Indian ha co-struito la prima motocicletta americana”. Con questa acqui-sizione, Polaris aggiunge uno dei grandi marchi del motocicli-smo alla sua scuderia già forte di marchi cruiser come Victory e moto da turismo. Indian ope-rerà come una business unit autonoma e si caratterizzerà per il design iconico e tipica-mente americano. “Siamo lieti di aver raggiunto un accordo

con la Polaris che utilizzerà i suoi punti di forza ben noti in ingegneria, produzione e di-stribuzione per completare la mission che abbiamo intrapre-so sul rilancio del marchio nel 2006: sfruttare l’enorme po-tenziale del marchio Indian”, ha dichiarato Stephen Julius, presidente di Indian e ammini-stratore delegato di Stellican. “Polaris è il proprietario più lo-gico di Indian Motorcycle”.Scopri il mondo Indian visitan-do il loro sito.

Polaris acquista Indian Motorcycles Lo storico marchio americano è stato acquistato da Polaris che porterà tecnologia e un moderno approccio di mercato per rivitalizzare Indian

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C iao a tutti. Il Giappone sta sempre lottando per la sua sopravvivenza

e la centrale nucleare conti-nua a buttare radiazioni letali, il Nord-Africa è in tumulto e il centr’Africa pure, il lavoro da noi manca e il futuro fa paura; insomma, il mondo va a rotoli e noi facciamo finta che tutto funzioni come sempre. D’altra parte, che cosa ci possiamo fare? E’ un discorso di pochi giorni fa con un amico cata-strofista, che non mangia più il pesce perché potrebbe essere contaminato: se vogliamo vi-vere, è questo il punto, non ci resta che andare avanti con la speranza che tutto passi e si risolva. Ciascuno facendo quel-lo che può fare. L’alternativa è restare chiusi in casa, immersi nei pensieri più cupi, e rinun-ciare a vivere. Sì, sono in tema di profonde riflessioni e conto sulla vostra amicizia e sulla vo-stra sopportazione. Non tutti i giorni sono uguali. E allora dico “meno male che mi occupo di moto e non di economia o di politica”. Anzi, meno male che c’è, la moto: che ci porta in giro, che ci distrae, che ci appassio-na; la moto che sa divertire, coinvolgere, avvicinare. Il fine

settimana, con il clima ideale, le strade erano piene degli scari-chi musicali delle moto, le auto-strade erano percorse da caro-vane di paciosi motociclisti sui 120 all’ora, i passi erano affolla-ti di moto-turisti miscelati con gli sportivi, e le spiagge erano occupate dai caschi integrali appoggiati di fianco alle stuoie. Ancora non c’era il caldo della bella stagione, tirava una bella arietta, e già non si vedevano che moto e motociclisti. Una promozione perfetta nella luce tersa di questa primavera. Io

amo le corse e i piloti, viva la Superbike con le belle gare di Assen combattute e spetta-colari, viva tutte le competi-zioni del mondo aspettando la MotoGP all’Estoril; ma viva soprattutto la nostra moto di tutti i giorni o dei giorni di festa. Evviva le nostre strade, i valichi, gli sterrati, le mulattiere, anche le cave per quelli che ci vanno a derapare e le piste ben asfal-tate per piegare con il ginoc-chio in terra. Meno male che la moto c’è. Non ditemelo. Lo so da me. Troppo romantico, troppo ecumenico per i tempi che corrono. D’altra parte l’ho detto subito nelle prime righe: dobbiamo andare avanti, mica indietro. E progredire, per me e per restare nel nostro picco-lo mondo a due ruote, significa superare le divisioni e le relati-ve polemiche che ci dividono. Non per andare tutti d’accordo, che sarebbe una noia mortale, ma per dialogare invece di ur-lare. La moto ci accomuna, la passione è la stessa, la cultura anche, e poi la vita è già difficile per conto suo. Non pare anche a voi che si possa essere mol-to diversi uno dall’altro eppure sentirsi raccolti e uniti dalla passione per la moto?

“la moto che ci unisce”di Nico Cereghini | Lasciamo ad altri le discussioni feroci e distruttive. Dopo un fine settimana così perfetto per la moto, la voglia non è forse quella di sentirci simili nella nostra passione?

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Ascolta l’audio di Nico »

La moto ci accomuna, la passione è la stessa, la cultura anche, e poi la vita è già difficile per conto suo

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I l mondo era a quattro tempi, alla fine degli anni Sessan-ta. Sono cicli che si rincor-

rono. Circolavano le inglesi, la Guzzi V7, la prima Laverda 650 GT, la BMW 75/5. A due tempi solo la Vespa e il Ciao. Quando apparve la Kawasaki 500 Mach III fu come se fosse-ro sbarcati i marziani in piazza San Pietro. Ai giapponesi l’ave-va chiesta l’importatore USA,

Los Angeles. Vendeva già le bicilindriche Kawa due tempi Samurai 250 e Avenger 350, ma lui voleva una 500 esagerata: sibilante, leggera, impennatrice. A metà 1969 la H1 500 Mach III arrivò an-che in Europa, bianca con banda azzurra, tre cilindri in linea raf-freddati ad aria. Con 60 cavalli a 8.000 giri, tre carburatori Mikuni 28, cinque marce. Con la prima accensione elettronica CDI, mi-scelatore con pompa Injectolube, manovelle a 120 gradi e sibilo da jet: per questo Mach III. Era annunciata per prestazioni esplosive: 200 all’ora, solo 4 secondi per raggiungere i 100 orari da fermo, 174 chili a secco. Ma il telaio a doppia culla era debole, la forcella era una forcellina, i freni solo a tamburo, con l’anteriore a doppia camma da 206. Sarebbe rimasta in produzione fino al ’77, la 500,

nico cereghini racconta la storia delle Kawasaki 2 tempiAlla fine degli anni Settanta il mondo era a quattro tempi, quando apparve la Kawasaki 500 Mach III fu come se fossero sbarcati i marziani in piazza San Pietro

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quando la crisi petrolifera suggerì lo stop. Perché beveva: meno di 10 km/litro di media, 130 km d’autonomia. Circa duecentomila pezzi costruiti, otto versioni in totale e non tutte vendute in Italia. Con il freno a disco a partire dal ’71 (e le puntine per risparmia-re!), appesantita e addomesticata dal ’73. La importavano Scaffa e Abbo di Genova, una coppia alla Gianni e Pinotto. Simpatici. Fe-cero un mucchio di soldi. E’ una moto nella storia e in tanti vecchi cuori perché impennava volentieri e suonava bene, ma fumava come una locomotiva, occupava tutta la strada e frenava poco. Non aiutava il fatto che il folle fosse tutto in basso, dopo la prima, con qualche patema alle prime staccate. Nonostante il gran mo-tore, nelle gare per le derivate di serie fece fatica, fino a quando i piloti inquadrarono il problema e irrigidirono la zona di attacco del forcellone. E dal ’71 ecco la 750 con lo steso schema, la H2, blu la prima da noi. Ricordo benissimo la prova di Motociclismo, bel-la comparativa delle 750 a Monza e Vizzola. Io ero quello addetto all’accelerazione da fermo, e la Kawasaki sbaragliò la concorrenza sotto i 12” con la ruota davanti per aria fino ai 100 all’ora. A Monza però svettò la Guzzi V7 Sport. Che belva era la 750! Più a posto della 500: 74 cavalli, freno a disco da 300 all’avantreno, 195 chili, un po’ più stabile. Però il cavalletto laterale non aveva alcun siste-ma di avvertimento se lo lasciavi fuori. Tanti si fecero male con le Kawa. Quasi 50.000 le 750 vendute. Il tre cilindri due tempi piace-va molto (ci sarebbe arrivata anche la Suzuki, dopo la bicilindrica 500 Titan del 1970) e allora la Kawasaki allargò il giro, sfornando

in rapida successione anche la 250 (mai vista in Italia), e la 350 S2 che era una bellezza: 45 cavalli, 150 chili, 170 orari. Da noi vigeva il protezionismo, le giapponesi erano contingen-tate, e sotto i 380cc proprio non entravano. Con la S3, la 350 fu maggiorata a 400 dal ’75, ed ebbe un certo successo. Poi la Kawasaki abbandonò le sue moto a due tempi, a favore delle meravigliose Z. Le moto a miscela, tranne qualche mera-vigliosa eccezione che raccon-teremo, sono passate presto di moda. Ma a molti motociclisti ancora mancano (che suoni, e che sensazioni!) e la discus-sione è sempre aperta. La do-manda è: la tecnologia di oggi non sarebbe in grado di darci delle due tempi ecologiche? Perché sarebbe bello, ed anche economico.

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E’ una moto nella storia e in tanti vecchi cuori perché impennava volentieri e suonava bene, ma fumava come una locomotiva, occupava tutta la strada e frenava poco

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P roposta in due versioni (GT e GTL), la K 1600 spicca nel panorama mo-

tociclistico mondiale per esse-re l’unico modello a sei cilindri in linea oggi in produzione. Ma questa è solo la punta dell’ice-berg, anzi, ancor meno, perché di esclusività e di raffinatezze tecniche questa straordinaria pluricilindrica bavarese ne ha davvero tante…L’adozione di un frazionamento così spinto, ab-

binato a una architettura in linea, si spiega facilmente, pensando a ciò che tale soluzione comporta. Non è stata la ricerca di presta-zioni particolarmente elevate, in relazione alla cilindrata, a guidare i progettisti, ma quella di un motore dalla straordinaria fluidità di funzionamento e dalla perfetta equilibratura “intrinseca”, che si traducono in sensazioni uniche. Le caratteristiche di erogazione, ottenute anche con l’ausilio di lunghi condotti di aspirazione riso-nanti, sono davvero uniche. Per ottenere una potenza comunque molto elevata (160 cavalli), unitamente a una coppia eccezional-mente “corposa” per un arco di regimi assai ampio, i tecnici te-deschi hanno adottato una cilindrata imponente: ben 1649 cm3. Il motore dunque non è particolarmente spinto, come dimostra la potenza specifica di circa 100 cavalli/litro, ma al tempo stesso

Massimo clarke descrive il sei cilindri della bMW K 1600Un motore assolutamente unico per l’ammiraglia della gamma BMW, l’unico sei cilindri in linea oggi in produzione, ma questa non è la sola particolarità della moto bavarese

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è estremamente evoluto. Non c’è da meravigliarsi del resto, dato che alla BMW sono grandi specialisti in materia di motori a sei ci-lindri in linea (pezzo forte della gamma auto) e che i tecnici addetti alla progettazione e allo sviluppo possono giovarsi del formidabile know-how accumulato a livello di Formula Uno.

L’architettura del motoreSiamo di fronte a un motore bialbero con quattro valvole per cilin-dro, disposte su due piani inclinati tra loro di 25°, che eroga ben 160 CV, a un regime di soli 7500 giri/min, al quale corrisponde una velocità media del pistone (16,9 m/s) di tutto riposo, per gli standard moderni, abbinata però a una pressione media effettiva decisamente cospicua (11,8 bar, che salgono a ben 13,8 al regime di coppia massima), a testimonianza di un rendimento comples-sivo eccellente. Il rapporto geometrico di compressione (12,2) è elevato per una moto da gran turismo, ed è stato adottato proprio per ottenere un ottimo rendimento termico, mentre le valvole di aspirazione di grande diametro (con i loro 29 mm sono pratica-mente le più grandi che possono essere installate, con un alesag-gio di 72mm), unitamente ai condotti di aspirazione dalla geome-tria accuratamente studiata, sono state adottate per conseguire un eccellente rendimento volumetrico. A proposito del sistema di aspirazione, è rimarchevole l’impiego di un unico corpo farfalla-to, posto a monte dei condotti, secondo uno schema tipico della scuola automobilistica. Nelle moto di norma ce ne è uno per ogni cilindro. Gli alberi a camme sono tubolari, con eccentrici riportati

(accoppiamento per interfe-renza); questa soluzione da qualche anno è abbastanza dif-fuso in campo automobilistico. Ogni camma aziona la propria valvola agendo su di una punte-ria a bicchiere con fondello dal-lo spessore calibrato. La rego-lazione del gioco delle valvole si effettua appunto sostituendo le punterie (e non delle pastiglie calibrate, come avviene usual-mente), ma la cosa si rende ne-cessaria molto di rado. E pure la frequenza di controllo è assai diradata (è prevista infatti ogni 30.000 km soltanto).

Dimensioni e materialiLa larghezza del motore è dav-vero contenuta, in relazione alla cilindrata e al fatto che si tratta di un sei cilindri in linea: 560 mm (ovvero soltanto 60 mm in più, rispetto al quadrici-lindrico K 1300). Tale risultato

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è stato possibile principalmente grazie alla ottimizzazione di di-segno che ha interessato il blocco cilindri (con pareti tra le canne adiacenti dello spessore di soli 5 mm). I tecnici bavaresi non hanno fatto ricorso a una corsa superiore all’alesaggio; infatti il motore è leggermente superquadro, con misure caratteristiche pari a 72 x 67,5 mm. Il basamento è formato da due semicarter fusi in lega di alluminio ad alto tenore di silicio; in quello superiore è incorporata la bancata dei cilindri, dotata di una struttura open deck. Soluzioni allo stato dell’arte sono impiegate per il manovellismo. I pistoni sono forgiati e vengono vincolati all’albero a gomiti da bielle il cui cappello è centrato mediante il raffinato sistema delle superfici di frattura coniugate. La differenza di peso tra le bielle montate in uno stesso motore è inferiore a quattro grammi. L’albero a gomiti, forgiato in acciaio, ha i perni di banco da 42 mm e quelli di biella da

40 mm e lavora interamente su bronzine. Per ridurre gli ingom-bri viene impiegato un sistema di lubrificazione a carter secco, con una pompa di mandata e una di recupero, entrambe a lobi. Il serbatoio dell’olio è direttamente abbinato al mo-tore, il che tra l’altro consente di eliminare lunghe tubazioni esterne.

Cambio e frizioneLa frizione è particolarmente evoluta, dal punto di vista tec-nico, in quanto dotata non solo di un sistema antisaltellamento in staccata, ma anche di un di-spositivo che assicura, in ma-niera totalmente automatica, una certa “servoassistenza”, che permette di impiegare mol-le con carico minore e di ridurre lo sforzo alla leva. Tra la corona della trasmissione primaria e la campana della frizione è mon-tato un parastrappi a molle che si impegnano in maniera dif-ferenziata, e pure questo è un autentico preziosismo. Altri due parastrappi sono col-locati alla uscita del cambio e sull’albero della trasmissione finale. Il cambio estraibile è caratterizzato dalla adozione di ingranaggi con denti elicoi-dali (e non dritti, come vuole la scuola motociclistica tradi-zionale); anche in questo caso è evidente la ricerca della mas-sima silenziosità. Un obiettivo pienamente raggiunto, come gli altri che si erano posti i pro-gettisti.

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L a sede della Norton si trova a cento metri dall’ingresso principale

del circuito di Donington Park nel North West Leicestershire in Inghilterra. Ci avviciniamo al lungo capannone sul quale compare una grande marchio Norton. Parcheggiato di fron-te all’ingresso c’è un tir tutto nero con i loghi Norton color oro. Era il camion della squadra corse. Craig Lormor, direttore commerciale della Norton ci accoglie con un sorriso ed una stretta di mano e poi ci apre le porte dell’azienda. Tutte le por-te, senza nessun timore e sen-za nessun segreto da nascon-dere. Possiamo così visitare il reparto dove vengono costruiti i motori, il reparto assemblag-gio e gli uffici. Nel grande ma-gazzino vediamo una decina di Commando 961 Sport di colore nero ed un paio di casse pron-te ad accoglierle. Parcheggiata nell’ampio piazzale, davanti al magazzino c’è una Commando 961 Cafe Racer molto parti-colare. Un prototipo che verrà collaudato in pista da Chris Walker, pilota che ha gareggia-to e vinto nel mondiale Superbi-ke e che continua a correre nel British Superbike. Chris ‘The Stalker’ Walker lavora in pianta

stabile in Norton, allo sviluppo ed al collaudo dei nuovi modelli e collabora con Pierre Terblanche che da gennaio sta disegnando le Norton del futuro. Le Commando vengono ora prodotte intera-mente in questo stabilimento ed abbiamo potuto vedere in azione i torni elettronici che stavano producendo gli alberi a cammes ed i basamenti. Attualmente la Norton produce la Commando in tre diverse versioni, con una componentistica di qualità, come la for-cella pluri regolabile, il doppio ammortizzatore posteriore Ohlins, l’impianto frenante Brembo e molti particolari in alluminio ricavati dal pieno, come abbiamo avuto modo di vedere nel corso della no-stra visita. Il motore è un bicilindrico in linea di 961 cc da 80 cavalli e 6.500 giri che equipaggia anche le altre due versioni : la Cafer Racer che ha la forcella a steli rovesciati, e la SE il top di gamma, con cerchi in carbonio, pinze freno Brembo ad attacco radiale e forcella con steli trattati TiN. In Italia le Norton vengono importate da Motocicli Speciali di Cremona. Viste dal vero queste moto sono veramente affascinanti, con i nuovi componenti che si mischia-no abilmente allo stile retrò. Una volta montati in sella dobbiamo

norton, fascino made in england di Carlo Baldi | Abbiamo visitato lo stabilimento Norton di Donignton ed incontrato Stuart Garner, l’uomo che sta facendo rinascere un mito

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allungare molto le braccia per impugnare il manubrio, con i gomiti che sfiorano il grosso serbatoio. Il rumore che esce dalle marmitte è una vera musica e fa venir voglia di entrare nella vicina pista di Donington per scatenare tutti gli 80 cavalli di questo grosso bici-lindrico. Il personale che incontriamo è attivo e sorridente, anima-to da quell’entusiasmo contagioso trasmessogli da Stuart Garner, quarantaduenne imprenditore di Derby, a pochi chilometri da Do-nington, che nel 2008 ha acquistato il marchio Norton, riportando così in Inghilterra il più famoso e storico marchio del motociclismo inglese. Garner possiede altre aziende ed anche una percentuale della Spondon, fabbrica inglese che produce telai per moto.

L’intervistaIniziamo ad intervistarlo toccandolo subito nel vivo, giusto per accendere in lui quell’entusiasmo che si respira in tutta l’azienda. Stuart per te la Norton è solo business o è soprattutto passio-ne? Business? Sto investendo tutti i miei averi e sto lavorando come un matto in questa azienda. Se fosse stato solo per l’aspet-to finanziario avrei potuto fare ben altro e soprattutto qualcosa di meno difficile rispetto a questa avventura, a questo progetto di rilanciare la Norton. Il marchio Norton è parte del nostro pas-sato e della nostra storia. Da quando ho contattato il precedente proprietario del marchio negli USA a quando abbiamo firmato il contratto sono trascorsi solo quattro giorni. In molti mi hanno pre-so per matto, soprattutto i miei consulenti finanziari. Ma a volte anche i contabili sbagliano. Io non ho comperato solo un marchio e qualche moto ancora da assemblare, ma ho comperato la storia della Norton, il suo fascino e soprattutto ho dato corpo all’entusia-smo ed alla speranza di chi voleva veder rinascere la Norton e le sue splendide motociclette. E ora a che punto sei? “Nonostante la crisi mondiale posso dire che il nostro progetto sia in una fase ancora più avanzata rispetto alle nostre previsioni. Nel 2011 con-tiamo di produrre 2000 moto, di aumentare il personale (attual-mente di 40 unità) e di ampliare il nostro stabilimento, che resterà comunque sempre qui a Donington”. Gli ordini arrivano? “Per fortuna gli ordini non ci mancano. Il nostro maggior impegno è at-tualmente quello di evadere questi ordini che ci stanno arrivando da tutto il mondo. Dagli Stati Uniti, dall’Australia, dal Sud Africa e naturalmente dall’Europa e dall’Inghilterra in particolare. Abbia-mo ottenuto l’omologazione dei nostri motori per quanto riguarda le emissioni e quindi possiamo finalmente spedire le Commando che vedi qui nel magazzino”. Negli uffici abbiamo visto al lavo-ro Pierre Terblanche “Sono orgoglioso di poter lavorare con un designer così bravo e famoso. Sono certo che riuscirà a fondere

le nuove tecnologie con lo stile e la storia della Norton. Stiamo pensando al futuro, alle nuove moto che produrremo che sa-ranno tecnologicamente avan-zate, ma che saranno sempre delle Norton. La gente dovrà riconoscerle senza dover leg-gere il marchio sul serbatoio. Stiamo lavorando anche ad un nuovo motore un 4 cilindri a V che per ora è solo un progetto”. E’ il motore con il quale pen-sate di entrare in MotoGP? “Norton è un marchio legato da sempre alle corse, però la MotoGP non è al momento una nostra priorità. E’ un progetto a se stante che dovrà contare su di un pool di aziende tutte inglesi che potrebbe portare in pista una moto con un telaio Spondon ed un motore Norton. Se riuscirò a mettere assieme il budget necessario il progetto andrà avanti e in caso contrario non se ne farà nulla. Abbiamo parlato con la Dorna che ci ha dato la garanzia di poter schie-rare due piloti già a partire dal 2012, quando in GP potranno correre moto con motori deri-vati dalla serie. Però voglio sot-tolineare che la nostra priorità al momento è quella di non ri-tardare le consegne, di spedire le moto a chi ha creduto in noi e ci dà la possibilità di proseguire la nostra attività”. Speravo di vedervi in Superbike anziché in MotoGP “Non produrremo mai di serie moto iper-sportive. Sarebbero troppo lontane… Continua su Moto.it

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E ra il 1911 quando Benelli aprì i battenti, da allora il marchio pesarese di

strada ne ha fatta parecchia e molta ne ha fatta fare in sella alle sue motociclette. Per Fe-steggiare il centenario sul sito ufficiale www.benelli.com è

stata pubblicata la storia del centenario della Benelli.Tutti i visita-tori hacosì la possibilità di ripercorrere la storia del nostro marchio pesarese attraverso un percorso emozionale fotografico unico nel suo genere, reso possibile anche grazie alla collaborazione del Re-gistro Storico Benelli. In questa maniera Benelli QJ vorrebbe ce-lebrare questo traguardo insieme a tutti coloro che operano nel settore motociclistico e a tutti gli appassionati del glorioso mar-chio Benelli.

benelli festeggia i cent’anni raccontando la sua storia Un secolo di vita del marchio pesarese raccontato attraverso un percorso emozionale fotografico unico nel suo genere

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Slovenia dall’11 sera al 15 maggio nel primo pomeriggio con la possibilità di aggiungere 1 giorno finaleUn itinerario tranquillo con tappe che portano nei rilassanti hotel termali a fine pomeriggio. Strade scelte per raggiungere le mete turistiche più interessanti sui percorsi più divertenti.Castelli, borghi medievali, boschi, grotte.

Provenza & Camargue dal 25 sera al pomeriggio del 29 maggioUn itinerario diviso in 2 parti con tipologie di strade molto diffe-renti. I primi 2/3 sono tracciati nelle valli del canyon di Loup, del Verdon e dell’Ardeche. L’ultima parte invece sulle strade che fanno confine tra paludi e mare nella Camargue. La natura e

migliaia di curve saranno il filo conduttore, ma vedremo an-che città storiche come Salon, Avignone, Arles, le mura di Ai-gues Mortes, la Madonna nera degli Zingari a Saintes Maries de la Mer e per finire una bella passeggiata a piedi nelle Calan-ques ad est di Marsiglia. Per in-formazioni chiamate Pierpaolo al n. 3348579852 oppure via email: [email protected]

Maggio tra curve, terme e canyon con Moto.it e latitudiniDall’11 al 15 maggio in Slovenia tra terme e borghi medievali. Dal 25 al 29 maggio Provenza e Camargue tra le valli del canyon di Loup e le città storiche. Parti con Moto.it e Latitudini

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P rofessionisti che molla-no il lavoro, alla ricerca di nuovi stimoli e di una

migliore qualità della vita, gen-te che in preda alla passione per qualcuno, o anche per qual-cosa, si butta e si inventa una nuova professione e perché no, una nuova vita. Il “Giamba”, al secolo Giovanni Battista Pa-nigada, è un personaggio che appartiene a questa categoria di persone. Da due secoli la sua famiglia produce dolci, in

particolare panettoni, il dolce meneghino per eccellenza marchia-to G. Cova & C. è conosciuto da tutti nel capoluogo lombardo e non solo, “è cosa di famiglia”. Il ragazzo lavora nella “bottega di fami-glia”, ma giorno dopo giorno cresce in lui il desiderio di cambiare.

Galeotto fu l’annuncio su Moto.it.Una Suzuki Gamma 250 Pepsi, arrivata direttamente da Potenza (oggi in bella vista dietro la scrivania del Boss) è l’inizio della fine. La solitudine della quarto di litro giapponese è breve, una dopo l’altra numerose moto abbandonano la bacheca degli annunci del nostro sito per entrare in possesso di “Giamba” (ultima una Aprilia RS 250). E adesso cosa ne faccio? Dove le metto?...Ed ecco che nasce la malsana idea! Un ricovero, un posto dove coccolarle e ... e siccome sappiamo che una cosa tira l’altra, nasce Motosplash.

Motosplash, un sogno che si realizzadi Francesco Paolillo | Parlare di motolavaggio è riduttivo, Motosplash è un piccolo universo motociclistico. Chi ci è già stato sa che a Milano, in via Gardone 22, c’è un piccolo paradiso per gli appassionati delle due ruote

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Parlare di motolavaggio è riduttivo, Motosplash è di più, è un pic-colo universo motociclistico. Chi non ci è mai stato, la prima volta ci va per fare lavare la moto, ma chi ci è già stato almeno una volta, sa che in via Gardone 22 a Milano c’è un piccolo paradiso per ap-passionati delle due ruote. Arrivi in questa via secondaria e ti trovi davanti a un capannone che visto da fuori non dice nulla, poi entri, e sembra di varcare la soglia del paese dei “balocchi motociclisti-ci”. Lasciamo la moto al reparto lavaggio nelle mani di “Giamba”, responsabile …capo…e mente di Motosplash, e già i nostri occhi sono occupati a fare altro. Mentre la nostra due ruote riacquista la brillantezza perduta, grazie anche all’utilizzo di prodotti speci-fici, scrutiamo l’interno del capannone. Moto appese alle pareti , oggettistica di vario genere, solitamente motociclistico, che copre ogni singolo metro quadro delle pareti e non solo. Si vede che qui

dentro c’è tanta passione per le moto e per il mondo che gli gira intorno. Nello stesso spa-zio del motolavaggio, hanno trovato una collocazione anche i ragazzi di TPR, che con le loro special soddisfano le fantasie dei motociclisti più estroversi, mentre in un angolo costellato di Ducati lavora un personaggio che gli appassionati delle rosse di Borgo Panigale non possono non conoscere, un tale Marco Rognoni, in arte “Voronoff”, uno che pare riesca a fare mi-racoli sui bicilindrici bolognesi. Ma torniamo alla moto, che sporca e lurida com’era…è di-ventata un gioiellino. La si può lavare e basta, ma volendo si può andare oltre, con lucidatu-ra e quant’altro (visitate il sito www.motosplash.it per gli ap-profondimenti “tecnici”) inoltre per chi fosse a corto di spazio, il “Giamba” oltre a pulirvela, vi può anche fornire un servizio di ricovero “assistito”, che con-siste nel tenervi al coperto e al calduccio la moto per lunghi o brevi periodi. Cavo di manteni-mento per la batteria e la picco-la può dormire sonni tranquilli. Naturalmente prima di riconse-gnarvela alla bimba viene fatto il bagnetto! Consiglio I. Anche se di solito fate vobis, e la spu-gna sulle curve della vostra bel-la la passate solo voi…portatela in questa spa per due ruote, non ve ne pentirete. Consiglio II. Anche se di solito non lavate la moto…ecco una buona occa-sione per farlo!

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A seguito delle notizie ri-guardanti l’aggiunta del Circuit of the Americas

in Austin, Texas, al calendario MotoGP a partire dalla stagio-ne 2013, Kevin Schwantz ha parlato con MotoGP.com del contratto che porterà per dieci anni il Campionato del Mondo nello stato che gli ha dato le ori-gini. L’ex Campione del Mon-do 500 (1993) ha faticato non poco nel tentativo di nasconde-re il proprio entusiasmo mentre

discuteva del nuovo impianto che ospiterà la gara, attualmente in costruzione, e la cui realizzazione finale è prevista per la metà del 2012. “Avendo seguito lo sviluppo di questo impianto sin dall’ini-zio, sono sinceramente entusiasta e penso che avremo un ottimo risultato finale”, ha dichiarato Schwantz. “Dal punto di vista di un pilota, che è fondamentalmente anche il mio punto di vista, ritengo sarà un grande circuito: lungo, impegnativo ma allo stesso tempo sicuro. Richiederà concentrazione e grandi capacità al pilota per porsi al comando della gara”. Il supporto di Schwantz è stato fon-damentale per lo sviluppo di un tracciato il più possibile adatto a corse motociclistiche. Infatti, ha poi continuato: “Uno dei miei più cari amici qui in Texas, Tavo Hellmund, è colui che ha messo in pie-di l’intero progetto. È anche uno dei tre proprietari della struttura e quando nelle fasi iniziali si discusse del tipo di circuito, si parlò

Kevin Schwantz spiega perché la MotoGP arriverà in texas L’ex Campione del Mondo 500 è uno dei sostenitori del progetto che porterà la MotoGP in Texas a partire dal 2013

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di F1 ma dal punto di vista della sicurezza ci assicurammo di non fare nulla che ci impedisse un giorno di portare delle moto qui”. “Quando è iniziata la fase di progettazione, ho avuto modo di par-tecipare in prima persona. Non lavoro al progetto quotidianamen-te, però ho preso parte a qualche riunione coi ragazzi del gruppo per accertarmi della presenza di vie di fuga per una maggiore sicu-rezza delle moto”. Secondo Schwantz, la lungimiranza adottata in favore di un possibile GP, ha offerto l’opportunità agli Stati Uniti di aumentare il proprio prestigio nel circolo MotoGP. “Dipende tutto dai piloti: se rimangono segnati positivamente dal circuito e si sen-tono sicuri nel correre qui, saranno i primi a supportarlo attiran-do sicuramente un sacco di gente,” ha aggiunto. “Vogliamo che l’America ricopra un importante ruolo nel circolo MotoGP, come succede per la Spagna e l’Italia”. “Essendo piloti sappiamo anche

come le persone possano es-sere entusiaste di assistere a corse motociclistiche. Il nostro obiettivo è quello di creare un evento al quale tutti vorrebbe-ro assistere e che nessuno vor-rebbe perdersi. Da un punto di vista logistico, il circuito disterà meno di 10 miglia dalla capitale, con l’aeroporto a metà strada tra la città e la pista. Sono state inoltre create molte altre cose pensate appositamente per i fan e per offrire loro una espe-rienza il più gratificante possi-bile”. Il lavoro di promozione di Schwantz continuerà fino all’i-nizio della stagione 2013. “Farò esattamente come ho già fatto in passato con Laguna Seca e Indianapolis. Se ci sarà bisogno di me mentre tutti gli altri sa-ranno occupati nell’organizza-zione del MotoGP, sarò lieto di contribuire,” ha commentato.“Quello che voglio fare è cer-care di dare al nostro sport il riconoscimento che si merita. A Laguna Seca ci sono Wayne Rainey, Eddie Lawson e tutti gli altri ragazzi, e io dò loro una mano quando serve, cosa che sicuramente faranno anche loro qui in Texas”. “Avere a soli 20 minuti dalla mia scuola un impianto dedi-cato a corse motociclistiche di livello mondiale, sarà perfetto,” ha aggiunto. “Sin dall’inizio avevo le idee chiare su quello che sarebbe stato il risultato finale, e per noi avere due cose del genere molto vicine qui in Texas sarà fondamentale”.

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I l Senato del Texas ha deciso di tagliare i 25 milioni di dol-lari che aveva in program-

ma di stanziare per portare la Formula 1 ad Austin. Ora ci si chiede come questo colpirà il mondo delle corse e i pro-getti che contavano su questi

finanziamenti. E’ di pochi giorni fa infatti la firma dell’accordo che oltre la F1 porterebbe in Te-xas da 2013 anche la MotoGP. A voler dare una prima e super-ficiale risposta si potrebbe dire che le cose per la MotoGP non cambiano visto che i 25 milioni

erano destinati alla F1. Ma dato che le moto correrebbero sul circuito costruito per le auto, se per la mancanza di fondi non si riuscisse a realizzare l’impianto è facile dedurre che anche la MotoGP incontrerebbe qual-che difficoltà.

Già in forse la tappa in texas dal 2013 Il Texas non stanzia i 25 milioni di dollari previsti e il progetto di portare Formula 1 e MotoGp nel sud degli Stati Uniti già vacilla

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A stare al calendario 2011 il GP del Giappone si sarebbe dovuto correre

il prossimo weekend. Poi tutti noi sappiamo quale tragedia ha colpito l’isola: la terra che trema, il mare che si alza e poi il disastro della centrale di Fu-kushima. Il Gran premio non si corre, tutto rimandato al due ottobre. Pochi giorni fa la noti-zia, anzi la voce, che il GP del Giappone con tutta probabilità verrà annullato e che in sostitu-zione si correrà in un altro stato e già si fa il nome della Turchia. Questa la situazione fino ad oggi quando le parole di Car-melo Ezpeleta sembra abbiano posto fine al rincorrersi di voci e smentite. Il Gp del Giappo-ne si correrà e se per qualche motivo non fosse possibile

non sarà sostituito. Le dichiarazioni del presidente delle Dorna rilasciate alla Gazzetta dello Sport sembrano chiudere definitiva-mente la questione. “Stiamo aspettando la decisione dei promo-ter locali –ha detto-. In ogni caso, se per quest’anno decidessero di rinunciare alla gara, non ci sarebbero sostituzioni. Hanno fis-sato una gara nazionale per il mese di luglio, questo significa che in quel momento la pista tornerà ad essere utilizzabile. Per allora dovremmo essere certi di quello che faremo”. La decisione rimane quindi nelle mani degli organizzatori giapponesi nelle cui capacità Ezpeleta confida e ripone piena fiducia: “Se ci diranno che si può andare avanti con la gara, sono sicuro che sarà perchè c’è un livel-lo di sicurezza del 1.000%. Se la situazione non dovesse essere chiara, sono sicuro che sarebbero i primi in grado di valutarla nella maniera appropriata” ha concluso.

Campioni e ingaggiCambiando continente, negli Stati Uniti il network Espn in ‘The Magazine’ in uscita a maggio, pubblica la classifica degli atleti più pagati al mondo. In Italia in testa c’è Valentino Rossi che con 20,8 milioni di dollari (circa 14,3 milioni di euro) batte anche i calciatori. Tutto sommato una cifra “modesta” se paragonata ai 32 milioni di dollari di Alex ‘A-Rod’ Rodriguez, star del baseball professionistico USA e del pugile filippino Manny Pacquiao.

ezpeleta: “Se non si corre in Giappone nessuna sostituzione” Il numero uno della Dorna spegne le voci di un pssibile GP delle Turchia e si dichiara fiducioso: “La pista tornerà ad essere utilizzabile in Luglio”

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Assen - Gran Premio d’OlandaCi risiamo. A un solo

gran premio di distanza dal di-scusso scambio di battute (e sberleffi) tra Marco Melandri e Max Biaggi, il campione del mondo in carica torna al centro delle polemiche. Il tutto questa volta si svolge tra le mura di

casa, all’interno del box Aprilia. Ed è prontamente ripreso dalle te-lecamere di Eurosport. Leon Camier rientra nei box, visibilmente infastidito, dopo un turno di prove cronometrate. Il gigante dell’A-prilia (uno dei pochi piloti professionisti a sfiorare il metro e novan-ta di altezza), lamenta di essere stato ostacolato da un pilota che - tradotto letteralmente - “stava in mezzo alla pista”. Alla naturale domanda dei suoi meccanici su chi fosse l’ostacolatore, Camier ha risposto “lui”, indicando il suo compagno di squadra Max Biaggi. Il divertente video arriverà presto anche sotto il naso di Max. Chissà quale sarà la sua reazione nei confronti del gigante inglese.

anche leon camier si lamenta di Max biaggiDopo l’alterco con Marco Melandri a Donington, Max Biaggi torna nell’occhio del ciclone ad Assen. Questa volta a lamentarsi del suo comportamento in pista è il compagno di squadra Leon Camier

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G ià a podio nel primo evento di Phillip Island, Haslam ha successi-

vamente raggiunto una serie di risultati di rilievo, tra cui un terzo, un quinto, due quarti, un dodicesimo e un altro quinto posto, per un ruolino di marcia che mostra una costanza da far invidia ad alcuni dei migliori pi-loti del campionato. Arrivando dall’esperienza di una stagio-ne in sella alla Suzuki del team Alstare, Leon è stato in grado di portare in BMW una grande quantità di informazioni riguar-do alle odierne moto a quattro cilindri, ed ora è concentrato a lavorare assieme al costrut-tore tedesco per ottenere la tanto cercata prima vittoria nel mondiale Superbike per la S1000RR. Come è andata la stagione fino ad ora, rispetto alle aspettative? “E’ stata più dura, specialmente dopo lo scorso anno nel quale sono an-dato quasi sempre a podio e ho lottato con i primi con relativa facilità. Quest’anno invece ab-biamo un po’ di lavoro da fare sulla moto e con la squadra. Da un certo punto di vista la cosa è abbastanza interessante, ma sicuramente significa duro lavoro nel tentare di conqui-stare con le unghie i risultati e tirare fuori il massimo da ogni

situazione”. BMW è un’azienda dalle possibilità quasi illimita-te e tu hai avuto la possibilità di compiere numerosi test, ma sembra che tu stia lottando sempre con dei problemi. Qual è la ragione? “E’ sempre una combinazione di diversi fattori nel mon-do delle corse. Siamo in grado di ottenere un buon set-up dalla moto che ci permette di essere veloci sul giro secco, e questo è stato dimostrato dal fatto che siamo riusciti a qualificarci in prima fila in diverse occasioni. Siamo veloci sul giro singolo, mentre sulla distanza di gara le cose cambiano. La moto è sensibile ai cambia-menti di temperatura e di aderenza del tracciato, e quando questo avviene sembra risentirne parecchio. Questo è il punto sul quale ci stiamo concentrando maggiormente”. L’elettronica sulla moto è stata fatta da BMW. Pensi che lo sviluppo della stessa stia andando nella direzione giusta? “Il sistema elettronico che utiliz-ziamo in BMW è in grado di fare tutto ed il contrario di tutto di ciò che si vuole. E’ forse più avanzato di tutti i sistemi utilizzati da me fino ad ora e la differenza la fa ciò che riesci a mettere nel sistema. Questo è un altro punto sul quale ci stiamo concentrando molto, visto che sia il telaio che le caratteristiche del motore influenza-no notevolmente l’elettronica. L’obiettivo è quello di far lavorare queste tre cose assieme e non una contro l’altra. La squadra ha solamente due anni di esperienza alle spalle, ciò che sta facendo è davvero incredibile ma sta impiegando del tempo, come è norma-le per ogni processo di sviluppo che parte da zero”.

leon Haslam: “e’ più dura di come me l’aspettassi” Dopo tre round Leon Haslam si ritrova quinto nella classifica piloti. Ecco le sue impressioni dopo le prime gare della stagione

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Numero

14Anno

0126 Aprile

2011Periodico elettronico di informazione motociclistica

MOTOGPNEWS SUPERBIKEPROVE MOTOCROSS SPORT

O ltre trent’anni di espe-rienza, e sempre ad al-tissimo livello, nell’affa-

scinante mondo dell’endurance conterà pur qualcosa… Tant’è che il super organizzato team Suzuki Sert, diretto da Domi-nique Meliand , ben 10 volte iri-dato della categoria (sarebbero 11, ma nel 2001 il torneo era in-titolato Endurance World Cup) ha letteralmente dominato l’e-dizione 2011 del Bol D’Or, dopo aver siglato anche la pole posi-tion e il record della pista grazie a Vincent Phillippe, che ha spic-cato un eccellente 1’39”740, unico pilota a scendere sotto il muro del minuto e 40 secondi. “Dominato” è la definizione più appropriata, visto che Phillip-pe, Freddy Foray e Anthony Delhalle (preferito al meno veloce Daisaku Sakai) han-no tenuto la loro GSX-R1000 autorevolmente in testa alla corsa dalla partenza alla fine, tagliando il traguardo con ben 6 giri d’anticipo sulla Kawasaki del team SRC, guidata da Ju-lien Da Costa, Gregory Leblanc e Olivier Four. Sul podio, per la prima volta, anche una BMW, ovvero la S1000RR del team ufficiale BMW Motorrad Fran-ce 99, forte di una coppia di

piloti di punta quali Sébastien Gimbert ed Erwan Nigon, che hanno lottato come leoni ver-so la fine della gara per tener dietro la Ninja di un altro team molto preparato quale è il Bol-liger Team Switzerland. Un po-dio significativo, quindi, per la velocissima superbike tedesca, che non è affatto escluso pos-sa ripetersi nel corso dell’an-no. Sul podio di Magny Cours, quindi, sono salite 3 diverse case motociclistiche delle 6 partecipanti ( Honda, Yama-ha, e Aprilia, quest’ultima con il team italiano RT Motovirus Racing): ma anche tre diffe-renti costruttori di pneumatici, ovvero Dunlop, Pirelli e Miche-lin, nell’ordine. Segno evidente che la competizione è fortis-sima nel Qtel FIM Endurance

World Championship, aperto quest’anno per la prima volta dal Bol D’Or, che alla fine ha visto al traguardo solo 36 dei 54 equipaggi iscritti. Notevole anche il risultato del neo co-stituito Team TT Legends: gli assi del Tourist Trophy, John McGuinness, Steve Plater e Keith Amor, hanno infatti por-tato la loro Honda Fireblade al quinto posto assoluto, a 18 giri dalla Suzuki Sert. La quale per un soffio non ha superato sé stessa, avendo infatti percorso 814 giri di Magny Cours contro gli 815 effettuati nel 2009. Da notare che il Bol D’Or, che si è sempre disputato a settembre, quest’anno ha aperto il Mon-diale Endurance in luogo della 24 Ore di Le Mans, che si corre-rà appunto a settembre.

Suzuki Sert domina il 75° bol D’Ordi Maurizio Tanca | Il mitico equipaggio nazionale della Suzuki, in testa dal primo all’ultimo giro, ha vinto per la quarta volta consecutiva la celeberrima 24 ore francese, che per la prima volta apre la stagione

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N el Round 15 di Seattle, su una pista difficilissima ed alta-mente selettiva, subito dietro al fuoriclasse di casa Yamaha si è piazzato Kewin Windham, che, in sella alla sua Geico

Honda Athena ha finalmente dimostrato di essere competitivo con i Top rider. Terzo un ottimo Chad Reed,Two Two Honda GET, protagonista di una spettacolare caduta a due giri dalla fine e di un’altrattanto spettacolare battaglia con Ryan Villopoto, che ha concluso quarto dopo un gara passata a rincorrere; nella parten-za il rosso del Team Monster Kawasaki è infatti rimasto bloccato nelle retrovie e ha dovuto faticare non poco per raggiungere la soglia del podio. Quinto Ryan Dungey, Rockstar Suzuki, anch’egli attardato nelle fasi iniziali, e quindi costretto ad una gara in dife-sa, per portare a casa più punti possibili per il campionato. Con ancora due gare da disputare, il campionato rimane apertissimo, con Villopoto che ha soli 6 punti di vantaggio su Reed, 7 su Dungey

e 9 su Stewart. A Seattle è tor-nata in pista anche la Lites, Co-sta Ovest, che ha visto vincere Cole Seely, Lucas Oil Honda, davanti ad un ottimo Eli Tomac su Geico Honda Athena e Broc Tickle su Pro Circuit Monster Pro Circuit Kawasaki Athena, che grazie al podio conquista-to supera in classifica generale Hansen; il campionato sarà un affare in famiglia Kawasaki, tra Tickle e Hansen, o Tomac riu-scirà ad avere la meglio dei due “Bad Boys” di Mitch Payton?

Supercross. a Seattle seconda vittoria consecutiva di StewartSeconda vittoria consecutiva per James Stewart. Il campionato vede ora quattro piloti (Villopoto, Reed, Dungey e lo stesso Stewart) darsi battaglia per la vittoria finale

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