Modelli di giornalismo e cultura convergente 13
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Modelli di giornalismo e cultura convergente (Paolo Costa)
13a lezione, 22 marzo 2010:Vincoli, condizionamenti e tecnologie
Insegnamento: Comunicazione Digitale e Multimediale - a.a. 2009-2010
Agenda
• La terzietà sotto scacco
– Commistione crescente fra economia, media e politica
– Disintermediazione in Rete e negoziazione 2.0
• L’indebolimento ontologico del giornalismo
– Più informazione, meno conoscenza
– La crisi delle rappresentazioni sociali condivise
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Messa in discussione della terzietà
• La terzietà del giornalista è la capacità di mantenersi
indipendente dalle fonti e dai destinatari delle notizie
• In passato la terzietà è stata criticata da chi (es.: i teorici
del public journalism) la considerava l’alibi per un
atteggiamento neutrale o cinico nei confronti dei mali e
dei pericoli della società
• Oggi la terzietà è sotto scacco per effetto di due
fenomeni congiunti:
– La commistione crescente fra grandi interessi economici, potere
politico e mezzi di informazione
– I processi di disintermediazione abilitati da Internet
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Informazione del potere e post giornalismo
• Secondo Furio Colombo la notizia è diventata l’oggetto
di una concertazione sempre più frequente tra fonte,
giornalista, poteri e pubblico
– “Interessi vasti e importanti si sono spostati verso i punti caldi
dell’editoria e i punti caldi dell’editoria si sono addossati al potere
economico”
– “In alcune parti del mondo (prima di tutto in Italia) vi è stata
un’aperta invasione di campo da parte di un’immensa ricchezza
direttamente nell’area delle notizie, con l’effetto di impastare
insieme un impero finanziario, un impero mediatico e uno
schieramento politico”
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F. Colombo, Post giornalismo. Notizie sulla fine delle notizie (Roma, 2007, pp. 12 e 20)
Interessi economici e informazione
• Un caso da manuale, nella patria del watchdogging:
l’inchiesta della CBS sullo scandalo Brown & Williamson
– Nel 1995 un ex manager della multinazionale del tabacco,
Jeffrey S. Wigand, rivelò al produttore della trasmissione 60
Minutes, Lowell Bergman, le manipolazioni attuate dalla società
per aumentare la percentuale di nicotina nelle sigarette
– La CBS rinunciò a trasmettere l’intervista integrale, per non
subire una causa legale che avrebbe compromesso la vendita
del network televisivo alla Westinghouse Electric Co.
– Il Wall Street Journal approfittò delle esitazioni della CBS e
“soffiò” lo scoop a Bergman
– Pochi mesi dopo, su Vanity Fair, Marie Brenner rese la vicenda
di dominio pubblico (The Man Who Knew Too Much).
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60 Minutes, Don Hewitt e Lowell Bergman
• 60 Minutes è un impressionante
generatore di profitti per la CBS
• Donald Shepard Hewitt –
responsabile dei tagli all’intervista a
Wigand – è stato il produttore di 60
Minutes dal 1968 al 2004
– Si è spento nel 2009, dopo essere stato
insignito del premio Edward R. Murrow
• Lowell Bergman è uno dei migliori
interpreti del giornalismo
investigativo americano
– http://www.paolocosta.net/?p=405
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Michael Mann, The Insider (1999)
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• “Are you a
businessman or are
your a newsman?”
Il nuovo CDA di RCS Quotidiani
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Antonello Perricone
(AD RCS MediaGroup)
Cesare Geronzi
(presidente Mediobanca)
Diego Della Valle
(presidente Tod’s)
Giovanni Bazoli
(presidente Intesa Sanpaolo)
Marco Tronchetti Provera
(presidente Pirelli)
Giampiero Pesenti
(presidente Italcementi)
Luca Cordero di Montezemolo
(presidente Fiat)
Piergaetano Marchetti
(presidente RCS MediaGroup)
Patto di sindacato (63,5% del capitale del gruppo)
Corriere, chi è fuori dal “patto”
• Il primo azionista privato è l’imprenditore Giuseppe Rotelli, che controlla una quota potenziale di RCS superiore all’11%– Non partecipa al patto di sindacato, ha un seggio nel CDA di
RCS Media Group ma non in RCS Quotidiani
– È proprietario del Gruppo Ospedaliero San Donato che, con 18 ospedali, è la prima realtà italiana nel settore
– Nei mesi scorsi si è ipotizzato che Rotelli potesse assumere la carica di presidente di RCS Media Group: ipotesi osteggiata da Intesa Sanpaolo a causa di un’eccessiva vicinanza (presunta) di Rotelli a Silvio Berlusconi
• Altri azionisti: Premafin (5,5%), Benetton (5,1%), Generali (3,9%), Banco Popolare (3,6%), UBS (3,5%) e Merloni (2%)
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Italia, un paese di editori “impuri”
• Tutti i principali editori italiani di quotidiani hanno
interessi imprenditoriali nei settori delle costruzioni e dei
servizi ospedalieri
– Gruppo Caltagirone (Caltagirone Editore: Il Messaggero, Il
Mattino, Corriere Adriatico, Il Gazzettino, Nuovo Quotidiano di
Puglia e Leggo)
– CIR (Gruppo Editoriale L’Espresso: la Repubblica, l’Espresso, 15
quotidiani locali, Radio Deejay, Radio Capital e Radio M2O,
Deejay TV, MyDeejay e Onda Latina, Kataweb, Manzoni)
– Fininvest e famiglia Berlusconi (Mediaset, Mondadori, Società
Europea di Edizioni)
– Tosinvest e famiglia Angelucci (Libero, Il Riformista)
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Disintermediazione e negoziazione 2.0
• Internet permette al pubblico di connettersi direttamente
alle fonti e di esercitare il ruolo di testimone, fonte di
informazione e gatekeeper
– Fonti, giornalisti e pubblico partecipano al processo di
ricostruzione di senso tradizionalmente formalizzato nelle routine
giornalistiche
– Da un’interazione di tipo lineare tra fonte, giornalista e pubblico,
nella quale la funzione di gatekeeping è svolta dal giornalista, si
passa a un’interazione di tipo circolare o – per meglio dire – “a
maglia”: ognuno dei tre attori svolge, almeno parzialmente, i
compiti di solito svolti dagli altri
– Il modello è quello delle reti di tipo mesh
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Più informazione, meno conoscenza
• Oggi l’informazione è dappertutto, ma è giudicata
sempre meno affidabile
– Fatichiamo a seguire il ritmo frenetico con il quale le notizie si
accumulano e quindi a smaltire il sovraccarico informativo
– Il prodotto giornalistico perde agli occhi del pubblico i connotati
di completezza, accuratezza, affidabilità e autorevolezza
– Il giudizio sulla qualità dei mezzi di informazione da parte del
pubblico è costantemente peggiorato: nel 2009 solo il 29% degli
americani riteneva che i media informassero in modo accurato,
mentre il 63% pensava il contrario (Pew Research Center)
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Sicurezza ontologica e memoria collettiva
• Diventa sempre più difficile, per il giornalista, contribuire
alla produzione di sicurezza ontologica
– Oggi il prodotto giornalistico fatica a generare significati condivisi
– Nel consegue una perdita di memoria comune
– I nuovi media “ampliano a dismisura le memorie comuni, ma non
è assolutamente detto che ciò provochi un contemporaneo
ampliarsi della memoria collettiva, intesa come il risultato delle
rappresentazioni sociali scaturite da un’intensa negoziazione fra
individui per elaborare, definire e condividere informazioni
riguardanti il passato” (Carlo Sorrentino)
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La confusione tra fatti e opinioni
• Viviamo in una post-fact society (Farhad Manjoo)?
• Siamo circondati da idee che non si basano
sull’accertamento dei fatti e la verifica delle fonti, ma si
formano come assembramenti di opinioni
– “Interpretazioni, visioni parziali, leggende metropolitane, che si
alimentano nelle passioni, nei dubbi, nelle paure, nelle credenze
e che si allontanano dall’informazione oggettiva” (F. De Bortoli)
– “La notizia è superata dalla rapida successione di fatti che si
moltiplicano, ma soprattutto s’addensano in subitanee quanto
vorticose discussioni in cui progressivamente s’appanna – se
non si perde del tutto – la distinzione tra fatti e commento [… ] I
fatti perdono lo statuto di oggettività per acquisire quello di
emblematicità” (Carlo Sorrentino)
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