LA TECNICA DELLA FIABAZIONE - DEMO

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Stefano Centonze

La tecnica della iabazione

Laboratori di narrazione e per la costruzione di iabe e storie per la formazione e la crescita

professionale

Edizioni Circolo Virtuoso

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Tutti i diritti riservati

ISBN: 978-88-97521-28-0

Prezzo: € 11,90

Pagine: 170

Ed. Circolo Virtuoso

Data pubblicazione: 15 Ottobre 2012

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SOMMARIO

Prefazione 7

Capitolo I – Radici storiche di miti, leggende, favole

e iabe 9

Le origini delle iabe 10Il mito 11

La leggenda 12

Dal racconto popolare alla favola: origini della fabula 13

La iaba 15

Capitolo II – Il processo creativo come comprensione

di se stessi e degli altri 21

Il pensiero creativo 22

Creatività e inconscio nel metodo autobiograico 24Creatività, corpo, comunicazione 28

Il lavoro dell’operatore su se stesso: l’attenzione 35

I meccanismi che regolano l’attenzione 39

Creatività, arte e arti terapie 42Creatività e benessere: la PNEI - Psico Neuro

Endocrino Immunologia 43L’intelligenza emotiva 45Test EQ 48

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Capitolo III – Emozioni ed empatia 59

Creatività ed emozioni 60

Le emozioni 60

Riconoscere e capire le emozioni 63

Capire ed esprimere le proprie emozioni 66

Emozioni patologiche 69

Le emozioni per la sintonia empatica con l’altro 74

Capitolo IV – Il metodo autobiograico e la tecnica della iabazione 81

Il metodo autobiograico per la formazione degli operatori della relazione d’aiuto 82

La iabazione alla narrazione autobiograica per comprendere se stessi, gli altri e il mondo 84Fiabazione e metodo autobiograico tra scrittura e narrazione 88

Scrivere una iaba per conoscersi 89La narrazione: c’era una volta… un simbolo 93

Struttura morfologica della iaba 97

Capitolo V – Laboratori per la costruzione di iabe e storie per la formazione degli operatori della

relazione d’aiuto 101

Laboratorio sulla costruzione delle Storie per la

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formazione degli insegnanti e degli operatori della

relazione d’aiuto 102

Descrizione dell’esperienza 103

Dalla costruzione della storia alla Fiaba del Gruppo 105

La storia personale 110

Lo schema dei laboratori 112

Apertura e costituzione del gruppo 113

Il disegno della prima casa 114Il crocevia della propria vita 116

L’autoritratto 120

La rappresentazione plastica dell’immagine corporea 125

Il collage di un’autobiograia immaginaria 128Dal lavoro individuale al lavoro di gruppo 130

La drammatizzazione 132

Per concludere… 134

Appendice – Raccolta favole, fiabe e storie 135

Favole 137

Storie 144Lettera a se stessi 151

Fiabe 156

Bibliograia 169

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INTRODUZIONE

Ancora una volta Stefano Centonze si cimenta in un argo-mento molto interessante. Questa volta si parla di iabe, non solo per favorire la crescita armonica dei bambini cosiddetti normodotati, ma anche e soprattutto per fornire uno stru-mento di autoconsapevolezza e di relazione con il contesto ambientale agli operatori che, a vario titolo, lavorano quo-tidianamente a contatto con minori o adulti e anziani che soffrono di differenti disagi. La iaba come strumento di cura. La iaba come strumento di formazione.Leggendo il libro di Stefano Centonze mi è ritornato alla mente un libro di James Hillman, intitolato Le storie che

curano, a sottolineare la valenza curativa che le nostre sto-rie, autobiograiche, inventate, personali o già scritte, hanno sulla parte razionale del nostro cervello. È, infatti, notorio che le storie nascono prevalentemente dal nostro cervello narrativo e che, quindi, sono intrise di emozioni, le quali, sotto questa veste, possono essere più agevolmente messe in ordine e metabolizzate (e, conseguentemente, armoniz-zate) con le conoscenze e le competenze acquisite. Narrare, sia nel senso letterale che in quello romantico di scrivere una storia di pura fantasia, ha un effetto di scarica delle ten-sioni, di catarsi, proprio perché è un modo di metterci in contatto con le parti più profonde della nostra personalità per dare loro vita e voce. Il modo in cui ciò accade è, al tem-po stesso, immediato e rassicurante, dunque senza un’au-tentica consapevolezza e, di conseguenza, non traumatico, soprattutto per quelle persone che non hanno la capacità di sopportare l’impatto con emozioni troppo dolorose.Ma Stefano Centonze non si limita a parlare delle iabe e del loro valore curativo. Egli parla anche di una tecnica at-tentamente utilizzata con insegnanti ed operatori della rela-zione d’aiuto, per offrire loro nuovi punti di vista ed eletti

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vertici di osservazione nel lavoro con minori, adulti e an-ziani, sia affetti da disagio che bisognosi di un supporto per affrontare con maggiore serenità i cambiamenti insiti nelle diverse età della vita.Ancora una volta Stefano, professionista instancabile e cre-ativo, si propone a noi nella sua poliedricità, per fornirci una lettura gradevole ma anche precisa e puntigliosa, che apre le menti e procura molteplici spunti di rilessione per l’applicazione delle Arti Terapie in campo formativo, pre-ventivo e riabilitativo.

Giuseppa Pistorio

Neurologa, Psichiatra, Psicodrammatista

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CAPITOLO I

RADICI STORICHE DI MITI,

LEGGENDE, FAVOLE E FIABE

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Le origini delle iabe

Non c’è popolo che non si sia raccontato attraverso le sue storie o che non abbia avuto i propri racconti (leggende, miti e iabe), tramandati, di generazione in generazione, at-traverso la magia della narrazione intorno al fuoco. La tradizione del racconto delle storie, a ben vedere, af-fonda le sue radici nella notte dei tempi. Mentre, però, nel mondo classico (da Omero in poi) le gesta eroiche dei gran-di condottieri ispiravano l’opera dei cantori del tempo, lo stesso non accadde per la Fiaba, per lungo tempo considera-ta la sorella povera del Mito e della Leggenda. Così, prima della sistematica ricerca di Perrault che diede vita alla pri-ma raccolta scritta, essa restò relegata alla diffusione orale. Ciò, in qualche maniera, preservò nei secoli l’originario ed intrinseco valore di strumento di cura del Racconto di Fia-

be – cosa, peraltro, sconosciuta ai più –, dal potenziale tera-peutico incontestabile ed oggi largamente rivalutato. Non solo, dunque, Racconti per bambini. Basti pensare, infatti, a che vasto pubblico possa rivolgersi un racconto: attraverso le iabe, per esempio, è possibile agire sulla sti-molazione delle funzioni cognitive (memoria, pensiero, at-tenzione) in persone con importanti deicit come i pazienti con demenza, sul miglioramento del livello d’attenzione e delle capacità di apprendimento in bambini in età scolare, sul contenimento dell’iperattività o sulla slatentizzazione di sofferenze represse. Attraverso le iabe, parimenti, è possi-bile operare una rivisitazione della propria storia personale per assumere nuove informazioni sui processi interiori che inducono all’agire.Il giusto compromesso potrebbe essere, allora, di conside-rare le Fiabe come… Racconti per bambini di ogni età… Ancora oggi, dopo secoli di tradizione orale con il passag-gio alla raccolta scritta, la Fiaba conserva la propria fun-zione, ma ha dovuto cedere parte della propria identità al racconto ludico con cui spesso viene confusa.

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La domanda è quanto sarebbe importante, in un contesto sociale quale quello attuale, improntato all’immagine ed alla comunicazione usa e getta, recuperare il ruolo del nar-ratore. Qualunque sia la risposta, prima di procedere, è, tuttavia, necessario tracciare le linee guida della letteratura dell’im-maginario, stabilendo conini e caratteristiche di Miti, Leg-gende, Favole e Fiabe per approdare alla cultura del rac-conto, narrato o realizzato nelle sue possibili forme, con valenza di crescita personale.

Il mito

Il mito, che dal greco たへしてな, mythos, signiica “parola, di-scorso” e che, in età classica, venne inteso come “racconto intorno a Dei, esseri divini, eroi e discese nell’aldilà” è un racconto sacro, in quanto considerato una verità di fede, che ha come oggetto l’origine del mondo e le modalità con cui il mondo stesso e le creature viventi hanno raggiunto la loro forma. Di solito i suoi protagonisti sono dei ed eroi e le vi-cende narrate nel mito hanno luogo in un’epoca che precede la storia scritta. Al tempo stesso, il mito è la riduzione nar-rativa di momenti legati alla dimensione del rito, insieme al quale costituisce un momento fondamentale dell’esperienza religiosa volta a soddisfare il bisogno di fornire una spiega-zione a fenomeni naturali o a interrogativi sull’esistenza e sul cosmo. Tuttavia, credere di poter limitare questo genere letterario ad un’unica accezione è inopinabile.

Già in età classica si discute circa la deinizione del mito, se considerarlo una scienza e se, quindi, parlare di una scienza del mito. In base a una prima interpretazione razionalistica dei soisti, il mito era il rivestimento fantastico di un fatto reale. In seguito, iniziò a farsi strada l’idea che il mito ce-

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lasse, sottoforma allegorica, profonde verità e insegnamenti morali, tesi alla quale si ribellò Giovan Battista Vico, il qua-le applicò al mito un’interpretazione esoterica che si estese ino a tutto il periodo dell’Illuminismo, periodo durante il quale esso rivestì un notevole interesse da parte di ilosoi e viaggiatori che cercarono di darne un’interpretazione sia razionalistica che ermeneutica.

In pieno Romanticismo furono due le correnti di pensiero attorno al concetto di mito: il pensiero logico, da una parte, sostenuto da Cassirer, che assegnò al mito il ruolo di pro-dotto della creatività dello spirito umano, e il pensiero miti-co, sostenuto da Wundt, dall’altra, che considerò il mito un prodotto dell’immaginazione, legato al mondo sentimenta-le e rappresentativo e, in quanto tale, senza nessuna verità, poiché ancorato alla sfera psicologica dell’emozione.Con l’avvento della psicoanalisi il mito viene accostato al sogno. Se, infatti, il sogno è la traduzione dei movimenti profondi dell’inconscio, dal momento che il linguaggio dei sogni risulta essere simile a quello dei miti, il mito viene assunto, così, come una manifestazione collettiva altamente elaborata dello spirito umano di cui rivela e, al tempo stes-so, dissimula certe tendenze inconsce.Freud è il crocevia della lettura interpretativa a più vie che accomuna il mito con le iabe, le cui matasse di simboli e metafore, al pari dei sogni, insegnano, formano e spiegano i processi del profondo.

La leggenda

Dal latino legenda – che signiica “cose che devono essere lette” –, la leggenda risulta essere un tipo di racconto molto antico, come il mito, la favola e la iaba, che fa parte del pa-

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trimonio culturale di tutti i popoli. È un genere tramandato oralmente, nel quale vengono a fondersi elementi della vita reale ed elementi del fantastico (con esagerazioni di ogni sorta) ed è nato per celebrare fatti o personaggi fondamen-tali per la storia di un popolo o per dare risposte a domande che, in molti casi, non ne avrebbero.

Dal racconto popolare alla favola: origini della fabula

Benché nate dalla medesima radice (il termine fabula in la-tino indica entrambe le traduzioni in italiano), gli studiosi moderni e contemporanei concordano nel considerare la iaba e la favola generi letterari differenti. Entrambe, tutta-via, iglie del bisogno innato dell’uomo di esprimere il suo patrimonio di fantasia ed il bagaglio di esperienze circo-scritto alla realtà dell’ambiente circostante.Il genere più antico di questi due modelli di letteratura è il racconto popolare che, tramandato dapprima oralmente, è stato poi raccolto da amatori e da studiosi che l’hanno riela-borato, seguendo ciascuno la propria vena individuale, cul-turale e ambientale, inserendo spesso elementi di invenzio-ne personale nella naturale ed ancestrale contrapposizione tra buono e cattivo, furbo e sciocco, tiranno e vittima ecc.Sua immediata discendente è la iaba, un tipo di narrativa che trae origine dalla tradizione contadina, strutturalmen-te organizzata in componimenti in prosa, brevi e centrati su avvenimenti e personaggi fantastici, come fate, orchi, giganti e così via. Caratterizzata da formule ricorrenti sul modello dei classici “C’era una volta...”, “Così vissero fe-lici e contenti...”, la iaba era tradizionalmente pensata per l’intrattenimento ludico dei più piccoli davanti al focolare prima delle ore del riposo notturno, benché ogni momento fosse quello giusto, come quando a narrare erano le donne

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mentre svolgevano i lavori domestici.Spesso, come detto, confusa con la iaba, essendo entrambi componimenti di tradizione popolare, è la favola, composi-zione letteraria breve, indifferentemente in prosa o in versi, che ha per protagonisti, di solito, animali domestici e che ha nel suo ine “morale” (un insegnamento relativo ad un com-portamento o ad un principio etico condiviso, frutto della saggezza del narratore) la propria funzione pedagogica. Le prime favole conosciute, le più antiche di cui abbiamo te-stimonianza, affondano le loro origini nelle culture egizia, indiana e araba. Ne sono illustri esempi la “Storia dei due fratelli” (XIII secolo a.C.), “Il principe predestinato” (XIX dinastia), “Menzogna e verità” (periodo del Nuovo Regno), “Le mille e una notte” (XVIII secolo).In occidente è Esopo il favolista più conosciuto e antico (citato anche da Socrate e Platone). Probabilmente frigio di nascita, Esopo fu favolista greco, vissuto nel VII o VI sec a. C.. Dapprima schiavo, descritto come deforme e balbu-ziente, poi liberato da Xanto, viaggiò moltissimo. Una leg-genda narra che, incaricato da Creso, re di Lidia, di portare offerte ad Apollo Delfìco, fu profondamente sdegnato dalla corruzione dei sacerdoti del tempio. Essi, per ritorsione, na-scosero tra i suoi abiti una coppa d’oro, per poi accusarlo di averla rubata: gli abitanti di Delfo lo condannarono per questo ad essere gettato dalla rocca Jampea. Esopo, dallo spirito arguto e geniale, conosciuto per altro come il favoli-sta del mondo contadino, compose numerose favole, spesso riferite agli animali ma con trasparenti allusioni al mondo degli uomini. I protagonisti delle sue oltre 400 favole brevi e di stile sobrio, le uniche ad esserci giunte dell’età elle-nistica, sono per lo più animali, domestici o selvatici, ma anche uomini, dèi o piante. La favola esopica intende, attra-verso di essi, rappresentare tipi umani ben individualizzati: il prepotente, l’insaziabile, il furbo, lo sciocco, il vanitoso, il superbo, ecc. La grande fama di Esopo e dei suoi prota-

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gonisti è dovuta, insomma, alla semplicità e freschezza di eficacia educativa, ai temi perennemente vivi delle favole che rilettono la sapienza morale del popolo, ma anche alla forma allegorica. Le sue favole sono state riprese da Fe-

dro (15 a.C.-50 d.C.), un favolista latino vissuto ai tempi di Tiberio, Caligola e Claudio che, con arguzia e destrezza, dipinge l’umanità con i suoi vizi e difetti, istinti e tendenze che trovano espressione allegorica nel mondo animalesco. La prepotenza, l’astuzia e l’ipocrisia, l’ingordigia e la ra-pacità, la vanagloria, la servilità, la ferocia, la crudeltà, la vendetta dell’uomo si identiicano con il leone, il lupo, la

volpe, il cane, l’aquila, il pavone, il corvo, la pantera, il

coccodrillo, il serpente: non c’è animale domestico e selva-tico dei più comuni che non iguri nella ricca galleria fedria-na, a rappresentare un certo tipo di umanità, a richiamare la rilessione moralistica (spesso amara) di Fedro scrittore.

La iaba

L’età barocca, in Italia, Spagna e Germania, segna un po’ il declino della favola a vantaggio del racconto di iabe. In Italia, in particolare, il genere iabesco fa capolino con Giambattista Basile, al quale si deve la prima raccolta di novelle interamente dedicate all’infanzia, che, nel XVII se-colo, scrisse Lo cunto de li cunti, ovvero lo trattenemiento

de peccerille (La iaba delle iabe, ovvero come intrattenere i bambini). L’opera (Pentamerone) venne redatta in lingua napoletana e pubblicato postumo per interessamento della sorella dell’autore, la celebre cantante Adriana Basile.

Lo Cunto è un’opera preparata per il divertimento delle cor-ti. Per la sua complessa struttura e il suo linguaggio teatrale, si ispira alle tradizioni del racconto ed a vari generi letterari

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e allestisce un prototipo della letteratura seriale, muoven-dosi tra le regole della commedia dell’arte, del racconto ri-tuale e del formulario alchemico. L’opera abbraccia diver-se tematiche inerenti la Modernità – la necessaria fuga dei giovani dai vincoli della famiglia patriarcale, il viaggio e i pericoli che esso comporta – il Caso e la Fortuna, la Corte e il Principe, le Fate e gli Orchi, come metafore ilosoiche. I percorsi di questo testo sono una delle chiavi per osservare la cultura barocca e la sua letteratura, il momento della sto-ria europea in cui si scoprono i mondi delle tecniche della comunicazione letteraria e i retaggi delle tradizioni minori. Al pari di altri autori, anche Giambattista Basile subisce il fascino e l’inluenza di Esopo. Ed anch’egli affascina ed inluenza, a sua volta, come nel caso di “Zerolla” (succes-sivamente chiamata Gatta Cenerentola), ripresa in Francia dal Perrault.

Proprio a Charles Perrault (1628-1703), infatti, si deve la diffusione della iaba al di là delle Alpi. Estroso e dotato di spiccata sensibilità, inluenzato dall’opera del Basile e del La Fontaine nella composizione dei suoi racconti po-polari, fu il primo a realizzare la raccolta delle iabe che sono, tutt’oggi, universalmente note e diventate parte inde-lebile della nostra cultura: Barbablu, Cappuccetto Rosso, la versione classica di Cenerentola, Griselda, Il Gatto con gli stivali, La bella addormentata nel bosco, Pollicino, ecc. Sebbene molte storie di Perrault siano trascrizioni di storie tradizionali della cultura popolare (per esempio, tratte ed adattate dalle versioni della cultura del regno di Napoli di Giambattista Basile), lo scrittore francese non si limitò a trascrivere passivamente queste storie, bensì le arricchì con proprie intuizioni creative. Così, oggi, ritroviamo nelle sue iabe luoghi della Francia della sua epoca, come lo Chateau Ussé – che appare ne La bella addormentata e ne Il gatto

con gli stivali –, o riferimenti alla moda francese del XVII secolo. Alcune sue idee originali sono percepite, nella cul-

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tura popolare moderna, come parte essenziale delle iabe in cui compaiono, come, per esempio, le scarpette di cristallo, che fanno la loro apparizione, per la prima volta, nella Ce-

nerentola di Perrault.

Contemporaneo e connazionale del Perrault è un noto auto-re di favole: Jean de La Fontaine. Scrittore e poeta,vissuto tra il 1621 ed il 1695, La Fontaine si presenta come il con-tinuatore di Esopo e Fedro ed il discepolo di Epicuro. Nel suo messaggio ha spesso intenzioni morali, che diventano spesso il pretesto, più che lo scopo, della sua narrazione. Tra le favole più celebri, La cicala e la formica, Il gallo e la

volpe, Il corvo e la volpe. Insofferente anarchico, rafinato, semplice e ricercato nei suoi arcaismi, egli attinge nelle sue Favole al mondo degli animali (con tutti i suoi signiicati simbolici) per parodiare e deridere usi e costumi della clas-se politica.

Un particolare rilievo in questa panoramica sulla storia del-la iaba spetta ai fratelli Grimm. Jacob e Wilhelm Grimm raccolsero, dal 1807, brevi racconti di prosa, in prevalenza dell’Assia, stato federale della Germania, che deinirono iabe popolari. Al loro interno, esperienze e desideri umani divengono motivi ricorrenti, con sempre nuove e articola-te combinazioni che acquisiscono una funzione didattico-morale. Tra le circa 200 iabe videro la luce alcuni tra i più grandi classici della iaba: Hansel e Gretel, Cenerentola, Il principe ranocchio, Cappuccetto Rosso, Biancaneve, solo per citarne alcuni.Le iabe di Hans Christian Andersen sono note in tutto il mondo e, partendo dalla Danimarca, sono state tradotte in oltre 170 lingue: Pollicino, La principessa sul pisello, Gli abiti nuovi dell’imperatore, La sirenetta, Il brutto ana-

troccolo hanno accompagnato i sogni di bambini di tutto il mondo. Molte di esse hanno una base autobiograica o trag-gono spunto da esperienze di vita vissute, mentre altre han-no origine da racconti tradizionali danesi. Ad esempio, La

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principessa sul pisello viene scritta dopo una lite con una sua amica di vecchia data; La sirenetta e I idanzati nasco-no, invece, dalle passioni amorose negate e mai corrisposte. Ma il racconto autobiograico per eccellenza, quello che meglio di tutti rispecchia la personalità del compositore, è senz’altro Il brutto anatroccolo, iaba in cui egli manifesta il disagio di non essere apprezzato e riconosciuto per quello splendido cigno che diventerà e che, in fondo, già sente di essere, in barba alla derisione ed alle vessazioni di tutti gli altri animali. Per inciso, il lavoro di Andersen introduce il lavoro sulla ri-elaborazione dei nodi esistenziali che è tipico nella tecnica della iabazione, specie nei percorsi di indagine su se stessi e di formazione: raccontare di sé in simboli, in metafore, agevola, rassicura e non scopre eccessivamente, al riparo di un caldo C’era una volta…Benché proprio l’illustre scritto-re danese non amasse particolarmente questa formula che adottò solo in sei iabe in tutto. Ma ne parleremo in seguito.Per leggere le iabe di Perrault, i bambini italiani dovettero aspettare la traduzione di un certo Carlo Lorenzini (1826 – 1890), scrittore e giornalista iorentino, che divenne famoso con lo pseudonimo di Collodi quando, nel 1883, pubblicò Le avventure di Pinocchio. Geniale, versatile e creativo, Lorenzini trovò la sua vera strada al termine della sua vita, dopo aver fondato e collaborato con Riviste impegnate, proprio con la letteratura per l’infanzia. Il suo inizio fu tra-durre I racconti delle fate di Perrault, per poi collaborare a vari libri pedagogici per la scuola con lo pseudonimo che lo ha reso famoso e che si diede per distinguere il nuovo impegno dalla sua vita precedente.Tra le altre iabe celebri non possiamo non parlare di Alice

nel Paese delle Meraviglie – ed il meno illustre Attraverso

lo specchio e quel che Alice vi trovò – e di Peter Pan, prima di chiudere questa rassegna con i celebri nomi della iaba moderna e contemporanea.

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Il primo lavoro (i primi due, in verità) appartengono al genio creativo britannico di Lewis Carrol, pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson (1832-1898), la cui opera an-cora oggi è apprezzata da una straordinaria varietà di let-tori di ogni età, dai bambini ai grandi cervelli dell’umanità di ogni generazione, e che, per l’uso di ininite allusioni sapientemente coniugate con regole logiche, linguistiche, isiche e matematiche, ha consegnato ad imperitura memo-ria il personaggio di Alice che ispira lavori e rivisitazioni metaforiche, teatrali e cinematograici, di grande successo. Alice ha procurato non pochi problemi ai moltissimi autori italiani che si sono cimentati nella sua traduzione, per via dei giochi di parole, delle igure retoriche, dei proverbi e dei costanti riferimenti alla cultura inglese presenti nell’opera, tanto che ogni traduzione, oggi, rappresenta un libro a sé.Peter Pan nasce in Scozia, ad opera di James Matthew Bar-rie (1860 – 1937) che, con il suo celebre ragazzo che non

voleva crescere, deinito il principe dei folletti, completa il bagaglio iabesco internazionale di personaggi illustri. La storia di Peter Pan, peraltro apparso per la prima volta nel suo precedente romanzo (The Little White Bird), si ispira alla vicenda della morte del fratellino più piccolo di Barrie, David, che lasciò la madre devastata e indusse lo scrittore a catturare in maniera morbosa le attenzioni della donna, in-dossando anche i vestiti del fratellino. Questo spiega come la storia di Peter Pan risulti abbastanza complessa. Tra i contemporanei, il senese Italo Calvino (1923 – 1985) ha elargito il suo visibile contributo al patrimonio iabesco italiano con le “Fiabe italiane” (1956), rimaneggiamento e raccolta di antiche iabe popolari, e con “Marcovaldo” (1958). Calvino rimane noto per la dimensione mitico-ia-besca, sempre presente nei suoi racconti, che permette di far intravedere al lettore la realtà iltrata dall’illusione del sogno.Risulta opportuno concludere il nostro excursus sulle iabe

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con “The Hoobit” di J. R.R. Tolkien, un’opera di fantasia che rappresenta una tappa fondamentale nella carriera dello scrittore perché, attorno al nucleo originario di quest’opera, l’autore sviluppa, nel decennio successivo, il suo mondo immaginario che lo ha reso celebre, quello della “Terra di Mezzo”, che prende forma soprattutto in quell’epica fanta-stica che è la trilogia de “Il Signore degli Anelli”, unanime-mente riconosciuta come la sua opera più importante.Non compaiono in questa carrellata il linguista e antropo-logo russo Vladimir Propp (1895-1970), il cui contributo sull’analisi delle iabe e dei simboli ricorrenti in esse (Mor-

fologia della iaba) risulta essenziale e prezioso fonda-mento di questo lavoro, e lo psicoanalista austriaco Bru-

no Bettelheim (1903-1990), autore de Il mondo incantato, dedicato in prevalenza all’analisi delle iabe dei fratelli Grimm, considerate rappresentazioni dei miti freudiani. Dei due illustri studiosi che, pur non avendo arricchito la letteratura della iaba, hanno lasciato con i citati lavori un segno indelebile nella loro comprensione, avremo modo di parlare in seguito.

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BIBLIOGRAFIA

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Breve corso di psicoanalisi, Brenner C., Martinelli Firenze 1992.

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Grammatica della fantasia, Rodari G., Piccola Bibllioteca Einaudi 2001.

Guarire con le iabe. Come trasformare la propria vita in

un racconto, Varano M., Melteni 1999.

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Le iabe che curano - Racconti popolari e psicoterapia, Kast V., Edizioni RED 2006.

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Manuale di Arti Terapie, AA VV, a cura di Stefano Centon-ze, Edizioni Circolo Virtuoso 2012.

Morfologia della iaba, Propp V., Einaudi 2000.

PNL - La programmazione neurolinguistica, Granata G., De vecchi 2006.

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Raccontami. Storie per imparare a conoscersi, Bucay J., Rizzoli 2005.

Raccontare i destini. La iaba come materia prima dell’im-

maginario, Salviati C. I., Einaudi Ragazzi, 2002.

Raccontarsi. L’autobiograia come cura di sé, Demetrio D., Cortina Raffaello 1996.

Radici storiche dei racconti di fate, Propp V., Boringhieri 2001.

Rivista di Psicologia e Neuroscienze “Mente e Cervello”.

Scritture erranti. Dall’autobiograia all’autoanalisi, De-metrio D., EdUP 2003.

Storie che guariscono - Per bambini e adolescenti, Burns G. W., Erickson 2006.

Sulla iaba, Calvino I., Einaudi 1998.

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Della stessa Collana:

Manuale di Arti TerapiePremesse, deinizioni, applicazio-ni e casi clinici

A.A. V. V.

a cura di Stefano Centonze

70 Giochi di creatività per la conduzione dei gruppiBasati su tecniche di espressione corporea e arti terapie per la con-duzione dei gruppi in ambito pe-dagogico, clinico e formativo

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La tecnica della iabazione

Laboratori di narrazione e per la costruzione di iabe e storie per la formazione e la crescita professio-nale

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