Info Rionero, settembre 2012

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24 SETTEMBRE 2012 69° ANNIVERSARIO ECCIDIO NAZIFASCISTA Settembre 2012 - informazione sugli eventi culturali e sociali della nostra città

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informazioni sulle attività culturali e sociali della nostra città

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24 SETTEMBRE 2012 69° ANNIVERSARIO ECCIDIO

NAZIFASCISTA

Settembre 2012 - informazione sugli eventi culturali e sociali della nostra città

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24 SETTEMBRE - GIORNATA DELLO STATUTO COMUNALE E DELLA COMMEMORAZIONE DELLE VITTIME DELL’ECCIDIO

NAZIFASCISTA DEL 1943.

INAUGURAZIONE “PPEERRCCOORRSSOO DDEELLLLAA

MMEEMMOORRIIAA”.

Mantenere e valorizzare la memoria storica della nostra comunità per rafforzare la coscienza dei valori alla base della democrazia e dei diritti è uno degli obiettivi che questa Amministrazione Comunale si pone nel suo rapporto diretto con la società civile. L’attenzione è rivolta ad una delle più grandi tragedie del mondo moderno, quella della seconda guerra mondiale e, in continuità con quanto già realizzato attraverso la pubblicazione delle testimonianze dei prigionieri militari rioneresi nei campi di concentramento tedeschi con i “Quaderni della Memoria”, vuole ora focalizzare la sua attenzione

sui luoghi e fatti inerenti l’eccidio nazifascista del 24 settembre 1943.

Avvenimento che ha segnato profondamente la coscienza della nostra comunità e che, con la scomparsa di testimoni diretti, corre il rischio di uscire dalla memoria collettiva. Riteniamo, invece, che questo avvenimento debba entrare nel ricordo e nella consapevolezza anche di chi non lo ha vissuto perché ciascuno possa divenirne testimone. Per queste motivazioni abbiamo ritenuto necessario ricordare le vittime dell’eccidio realizzando, su progetto del Liceo Artistico “C. Levi” di Rionero, quattro istallazioni scultoree che indicano i luoghi de “IL PERCORSO DELLA MEMORIA”. Percorso che si snoda attraverso le strade teatro dei tragici fatti di quei giorni rappresentando la storia nelle strade e la topografia della memoria attraverso una mappa evocativa ed emotiva in cui ogni tappa è un punto di ricordo.

Il progetto ha l’intento di valorizzare e promuovere una riflessione sulla storia della nostra comunità toccandone i luoghi più significativi, non solo per la storia ufficiale ma, anche per quella più privata dei cittadini. L’approccio non vuole essere solo quello della celebrazione rievocativa, ma quello della ricerca di percorsi e linguaggi innovativi in grado di toccare anche i tasti delle emozioni per coinvolgere, per comunicare e tramandare la memoria.

La scelta consiste nel farlo costruendo collaborazioni con altre istituzioni, associazioni e organismi espressione della società civile, con i quali vengono individuati intenti comuni. Per tali ragioni ringraziamo gli studenti ed i docenti del Liceo Artistico “C. Levi”, il prof. Tonino Pallottino, le sezioni di Rionero dell’A.N.P.I. e dei Combattenti e Reduci.

IILL VVIICCEESSIINNDDAACCOO

Vito G. D’ANGELO

riproporre alcune virtuose esperienze del passato, utili e attuali, ma anche far vivere in una fase totalmente diversa dal passato valori come solidarietà, giustizia sociale e autonomia contrattuale.

Si pensi al problema della rappresentanza dei precari, dei disoccupati, ai contratti che oggi riguardano solo una parte dei lavoratori, a come il sindacato si deve riorganizzare. Ciò implica la necessità di tornare ad un rapporto reale con i lavoratori che non si costruisce attraverso gli uffici, ma tornando sui luoghi di lavoro, all'idea di un sindacato e ad una militanza che oggi in molti casi non c'è. Il sindacato sta vivendo con anni di ritardo quello che è accaduto alla politica. Il rischio è quello di uno sganciamento dai soggetti sociali di riferimento. Mancano, da questo punto di vista, segnali chiari ed adeguati di una presa di consapevolezza. Le novità sono tali che il sindacato non può non affrontare radicalmente una discussione forte. Il quadro legislativo da una parte e i processi sociali dall'altra ci propongono una realtà persino sconosciuta anche nel passato. Per esempio il contratto stipulato nelle ferrovie prevede un aumento dell'orario di lavoro, dalle 36 alle 38 ore, cosa mai successa nel passato, ma anche questo sta dentro le tendenze in

atto oggi, non solo nel nostro paese ma anche a livello mondiale. Si tratta di tendenze in ordine sparso, ha aggiunto Rinaldini, legate però da un filo logico, che appunto prefigura un nuovo assetto sociale del paese fatto di frammentazione, divisione e corporativizzazione, con un aumento di tutti i livelli di diseguaglianza sociale. Vi è in sostanza un processo di americanizzazione delle relazioni sociali: si pensi alla tendenza a sviluppare un sistema creditizio privato, alle pensioni, alla sanità, al moltiplicarsi di accordi aziendali e territoriali per i fondi sanitari privati mentre contemporaneamente il governo li taglia. Il problema di fondo è, ha concluso Rinaldini, se vogliamo evitare un ritorno all'800, un problema di cultura politica, di cultura politica alternativa al quadro che abbiamo di fronte, che non c'era neanche negli anni '50 poiché tutte le conquiste fatte successivamente sono state praticamente azzerate. Di notevole spessore sono stati anche gli interventi, nella mattinata del 14 luglio scorso, di Jana Mintoff, Presidente AWMR, per uno sviluppo che unisca e non sfrutti i popoli, di Domenico Moro, rappresentante dell'associazione Marx XXI secolo (crisi della finanza o crisi del sistema di produzione?), di Massimiliano Piccolo, Dirigente Rete dei comunisti (crisi, educazione, formazione), di Vito Francesco Polcaro, scienziato (il ruolo della ricerca scientifica nella società moderna). Nel pomeriggio sono intervenuti il Sen. Luigi Marino, Giuseppe Tiberio, del direttivo FIOM-CGIL Abruzzo (crisi politica e classe operaia europea), in videoconferenza da San Paolo Jose Reinaldo Carvalho, responsabile del Portale

Vermelho, della segreteria del PC do B, Vittorio Pesce Delfino (limiti dello sviluppo e crisi del capitalismo: aspetti teorici, metodologici e politici dagli anni 70 a oggi), Bruno Steri, responsabile del programma del PRC (la crisi e la nuova Europa). Di particolare interesse sono stati gli interventi di Nicola Magrone, magistrato (la Costituzione, base dello sviluppo economico e sociale della Repubblica) e del prof. Rocco Viglioglia, esponente di SEL ed esperto di questioni economiche. La seduta conclusiva dei lavori prevista per il giorno successivo, domenica 15 luglio 2012, è stata rinviata a data da definirsi per concomitanti impegni dei relatori. Gli atti del convegno saranno pubblicati a cura della presidenza del CGE. Giuseppe Chieppa Direttore della rivista “Valori”

Stampato in Proprio Supplemento a Piccola Città,

Autorizzazione Tribunale di Melfi n.2/91, Direttore Responsabile

Armando Lostaglio

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Bochicchio e Giovanni Barozzino, rappresentanti del mondo del lavoro e di esperienze illuminanti provenienti dal settore delle acque minerali (ex azienda Cutolo) e dalla Fiat di Melfi, il convegno ha affrontato una serie di problematiche riconducibili al tema di fondo (l'umanizzazione dell'economia per uscire dalla crisi).

Dopo i saluti non rituali del Sindaco di Rionero Antonio Placido, che è entrato nel merito del tema proposto con argomentazioni pregnanti, sono intervenuti, nell'ottica di tenere insieme in una visione unitaria realtà nazionale e contesto internazionale, vari esponenti del mondo accademico, del movimento comunista internazionale, scienziati e magistrati, intellettuali di orientamento marxista ed esponenti dello stesso Centro Gramsci di educazione. Tra le relazioni illustrate nel corso della mattinata di sabato 14 luglio scorso è stata particolarmente significativa e direi centrale quella svolta da Gianni Rinaldini, ex Segretario generale della FIOM-CGIL, coordinatore

dell'area “La CGIL che vogliamo”, senza dubbio una delle più lucide intelligenze del sindacato che fu di Giuseppe Di Vittorio. Il suo intervento ha gettato una luce vivida e drammatica su una realtà edulcorata ed occultata dalla grande stampa e dalla maggior parte delle televisioni nazionali. Rinaldini ha evidenziato con crudezza e realismo i nessi problematici connessi alla crisi, alla globalizzazione e al futuro della rappresentanza. Partendo da una riflessione sul lavoro, che diventa, nella società attuale, liquido, precario, mobile, egli si è soffermato sulla situazione italiana, peggiorata a suo avviso dalle misure decise dal governo Monti su pensioni e mercato del lavoro. Misure che aggravano disoccupazione e recessione e prefigurano un nuovo assetto del paese, modificando il ruolo delle stesse rappresentanze sociali, quindi anche del sindacato.

Si tratta di misure, ha affermato, che ipotizzano, per un'eventuale ripresa, un assetto del paese fondato sulla precarizzazione, l'abolizione dei contratti, la libertà di licenziamento e la crescita, paradossalmente, di tutte le forme assicurative e previdenziali. Cioè del sistema creditizio, che si accompagna alla riduzione, per esempio, della sanità, la quale, tra austerità e tagli, rappresenta uno dei punti più alti della crisi dello stato sociale, al punto che si inizia a prendere in considerazione l'ipotesi di un ritorno alle società

di mutuo soccorso. Organismi che nel XIX secolo permisero a operai, artigiani e contadini di garantirsi l'istruzione, le tutele sociali, l'assistenza sanitaria e i fondi contro la disoccupazione. Il sindacato, ha sottolineato Rinaldini, è in una evidente condizione di difficoltà e di crisi: rispetto a quello che è successo negli ultimi mesi, dalle pensioni ai disegni di legge su precarietà, articolo 18 e ammortizzatori sociali, il sindacato non è stato in grado di proporsi come elemento di unificazione dei diversi soggetti sociali. A partire dalla difesa ed estensione delle tutele, anche con proposte nuove, che sono le condizioni per ricostruire un livello di rappresentanza sociale vero.

Si è di fatto assecondato il percorso che ha presentato la falsa contrapposizione tra giovani e anziani sulle pensioni, con cui il governo Monti ha penalizzato in primo luogo i giovani, smantellando un bene comune come l'articolo 18, determinando l'aumento della precarietà ed un evidente tentativo di contrapporre dipendenti pubblici a dipendenti privati. Questa crisi dunque mette in discussione gli aspetti fondativi del sindacato e le sue prospettive future. Esso non ha ancora aperto una discussione vera su questi aspetti. Occorre a questo punto non soltanto

L’ECCIDIO NAZI-FASCISTA

La partecipazione italiana alla seconda guerra mondiale si rivelò una disfatta totale. Il territorio nazionale, che era stato invaso, si ritrovò diviso in due. Il Sud occupato dagli anglo americani, che risalivano lentamente la penisola; il Centro-Nord, nelle mani dei tedeschi, i quali dopol’armistizio di Cassibile dell’8 settembre 1943, firmato da Badoglio con gli anglo-americani, dettero avvio ad una violenta reazione contro i “traditori” italiano, manifestatasi con bombardamenti aerei a città, prelevamenti di manodopera, rastrellamenti degli indiziati politici, deportazioni dei soldati italiani nei campi di concentramento in Germania, saccheggiamenti di apparecchiature, mezzi, alimenti, con eccidi di inermi ed indifesi civili in varie località del territorio nazionale. Anche a Rionero, la cui popolazione impaurita sperava nell’arrivo in paese degli anglo-americani, conobbe la brutalità, l’efferatezza, la ferocia dei militari nazisti. Tre giorni dopo la firma dell’armistizio di Cassibile, nella città vulturina,

verso le nove del mattino dell’11 settembre 1943, un reparto di militari tedeschi, che stava risalendo la penisola dal sud verso il nord, insieme ad un drappello di paracadutisti italiani, guidati dal capitano Eduardo Sala, si recarono al magazzino viveri dell’Intendenza della 7^ Armata, ubicato in Largo Fiera, nella zona “Forche” e, minacciando con le armi i militari di guardia, si impossessarono di derrate alimentari, fra cui riso, pasta, carne, surrogato di caffè, che caricarono su alcuni automezzi. I tedeschi rimasero in paese per alcuni giorni in attesa di essere raggiunti da altri commilitoni, anch’essi in ritirata dal sud e diretti al nord. Il 16 settembre si diffuse la voce che i tedeschi, in procinto di andare via dal paese, avrebbero distrutto i magazzini viveri che si trovavano alle casette asismiche nelle vicinanze della chiesa di Sant’Antonio Abate.

“Erano circa le nove del mattino – racconta Nitti – ed in poco tempo fu un accorrere precipitoso di una folla di persone che, nella eventuale temuta opera di distruzione, speravano di procurarasi qualche genere necessario ai bisogni alimentari, nella penuria causata dalle lunghe privazioni”. Qualche rionerese, in verità, era già riuscito a prelevare e portare a casa un sacchetto di riso o di farina, qualche scatola di carne e del surrogato di caffè. Altri, invece, tra la calca generale, cercavano in ogni modo di

introdursi in uno dei tre padiglioni ove erano depositati i viveri. Sul luogo si portarono un drappello di militari tedeschi e alcune guardie municipali con il loro comandante, “i quali, per impedire il saccheggio, incominciarono a sparare in aria per intimidire e disperdere la folla, che in parte aveva invaso il locale e si era precipitata sui sacchi colmi di farina per portarli via… Gli spari e l’atteggiamento minaccioso dei tedeschi cominciarono a disperdere e ad allontanare i più paurosi”. Fra i tanti rioneresi accorsi quella mattina ai magazzini viveri c’erano giovani, ragazzi, donne, adulti di ogni condizione e ceto sociale.

C’era Michele Cammarota che, mentre cercava tra la folla il figlio, vide una donna ferita la collo; c’era Anna Recine che tendava in ogni modo di accaparrarsi un sacco di farina, ma fu presa a calci da un soldato italiano; c’era Antonio Traficante, che più tardi dichiarò di aver sentito gridare “a nome del Duce qui si brucia tutto!”; c’era Raffaele Nardozza, che vide morire Antonio Cardillicchio, un diciassettenne al quale qualcuno aveva sparato al

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capo mentre stava uscendo dal magazzino con mezzo sacco di riso sulle spalle; c’era anche Maria Petroso che vide la sessantenne Elisa Giordano, madre di 7 figli, di cui uno prigioniero di guerra, accasciarsi a terra perché colpita alle spalle da un proiettile d’arma da fuoco. Arrivarono poi sul luogo del saccheggio altri militari tedeschi, che misero in postazione un cannone di fronte al magazzino, ad una distanza di un paio di centinaio di metri e fecero partire da quel pezzo di artiglieria un colpo che demolì una parte del fabbricato. A quel punto la gente, in preda al panico, si allontanò in gran fretta da quel luogo, avvolto da fiamme altissime. “Nei giorni che seguirono poca gente si vide in giro per il paese.

Il comandante delle guardie municipali raccomandava a tutti di non uscire di casa, diceva che

i tedeschi non scherzavano poiù e poi c’era il coprifuoco dalle ore 20 sino al mattino; e fu anche anticipato alle 19. Non c’era più da pensare ai carabinieri da quando questi, al mattino del 16 erano stati disarmati dai tedeschi…

E si tirò avanti così fino al 24 settembre”, allorquando, verso le ore 14., nel rione calvario, in Vico 3° Caracciolo, il sergente maggiore paracadutista Donato Garofano e un soldato tedesco cercarono di impadronirsi di una gallina.

Una figlia di Pasquale Sibilia, che si trovava nello spiazzo antistante la casa paterna, osservando la scena, chiamò ripetutamente ad alta voce “il padre che, in quel momento, riposava a letto con la sua famiglia. Il povero contadino…

levatosi in tutta fretta dal letto e armatosi di pistola, uscì sulla porta di casa” ed esplose un colpo di pistola ferendo alla mano destra il paracadutista Garofano.

Questi, a sua volta, fece fuoco sul Sibilia, ferendolo gravemente alal gamba destra. Qualcuno, più tardi, sostenen che a richiamare l’attenzione dello sventurato Sibilia sia stata la moglie, Irene Francaville, avvertita dal figlioletto Giovanni, intendo a giocare davanti alla propria abitazione. La notizia della sparatoria si diffuse rapidamente nel paese. Sul luogo dell’evento si portarono, a bordo di un sidecar, il comandante dei soldati tedeschi ed il capitano dei paracadutisti italiani Eduardo Sala; poi sopraggiunse il comandante delle guardie municipale, Ubarldo Ributti, con alcune guardie e si avviò una consultazione sulle misure punitive da adottare. Qualcuno avanzò la proposta di far saltare l’abitazione del Sibilia con l’innesco di candelotti esplosivi; qualche altro suggerì di buttare

giù la casa del Sibilia a colpi di cannone; infine si optò per una rappresaglia attraverso la fucilazione indifferenziata di un numero imprecisato di cittadini. Partì così l’operazione di rastrellamento, che portò in poco tempo alla cattura di una ventina di ostaggi, alcuni dei quali venenro subito rilasciati perché reduci dalle operazioni militari in Spagna o perché in possesso della tessera del Partito Fascista.

Insieme a Sibilia, che fu avvolto in un telo tenda, furono presi e condotti in uno spiazzo della strada nazionale, non distante da Vico Terzo Caracciolo, 16 innocenti rioneresi ed ivi spietatamente passati per le armi. Oltre a Pasquale Sibilia, furono Barbaramente Trucidati i fratelli Pasquale e Pietro Di Lucchio, cognati di Sibilia; i fratelli Gerardo e Antonio Santoro, i fratelli Pasquale e Giovanni Manfreda, Giuseppe Antonio Ributti, Angelo Mancasi, Donato Manfreda, cugino di Pasquale e Giovanni, Marco Greco, appena sedicenne, Antonio Di Piero, Emilio Buccino, rientrato a Rionero dal fronte solo due giorni prima, Donato

Lapadula, Michele Greco e Giuseppe Santoro. Dei diciasette rastrellati, solo Stefano De Mattia si salvò miracolosamente, fingendosi morto. Nel tardo pomeriggio il comandante delle guardie municipali affiggeva sulla facciata del palazzo Fortunato, nella piazza del paese un’ordinanza del comandante tedesco in cui era detto che per ogni tedesco che fosse stato ucciso, venti del paese sarebbero stati uccisi. Prima del tramonto le mamme, le mogli, i figli, i padri, accorsero sul luogo della strage.

Quasi tutti i morti furono portati alle loro case, composti sui letti e coperti di Bianche lenzuola. La notte nessuno dormì; quelli che non piangevano avevano ancora il coraggio di pregare nell’attesa. Altri sbiancati dal terrore stringevano la seno i figliuoli e cercavano per essi nascondigli sicuri”. Due giorni dopo l’eccidio, il 26 settembre 1943, i tedeschi lasciarono Rionero per dirigersi verso la terra di Capitanata. Tratto dal libro “Viaggio nella Storia di Rionero in Vulture” di Michele Pinto

UMANIZZARE L'ECONOMIA PER

USCIRE DALLA CRISI UN CONVEGNO DI ALTO

LIVELLO POLITICO E CULTURALE

PROMOSSO DAL CENTRO GRAMSCI DI

EDUCAZIONE A RIONERO IN VULTURE IL 14 LUGLIO SCORSO

(PALAZZO FORTUNATO)

Finalmente un'occasione (e che occasione!) utile a riflettere sulla natura reale della crisi odierna fuori dagli schemi del pensiero unico imposti dal sistema mediatico dominante, cassa di risonanza dei poteri forti funzionale a dare della crisi medesima una lettura della realtà falsa e immaginaria, in cui le responsabilità del liberismo e delle classi dominanti scompaiono fino a prefigurare uno scenario di colpevolezza e di forzata espiazione dei popoli, vissuti, a dire di questo sistema, al di sopra dei propri mezzi tra spreco e privilegi. Il Centro Gramsci di educazione ha voluto dunque demistificare una tale interpretazione della crisi con il concorso qualificato di intellettuali, scienziati ed economisti. Sotto la presidenza della professoressa Ada Donno e con una efficace introduzione del dott. Carlo Cardillicchio, membro della presidenza, di Salvatore