Fittezze

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Scelta della densità di impianto in viticoltura.

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Vit i co l tura

La scelta della densità di piantagio-ne è una delle tante decisioni che de-vono essere prese al momento dell’im-pianto di un nuovo vigneto. Si tratta diuna scelta che non è autonoma o svin-colata da altri fattori, ma profonda-mente dipendente dall’ambiente pedo-climatico, dalla combinazione d’inne-sto, dalla destinazione dell’uva e dallaforma di allevamento. Questo non si-gnifica che da un punto di vista logicoe temporale la decisione sulla densitàdi impianto segua tutte le altre, ma ècontemporanea, in situazioni edafichenon limitanti, con la scelta del portin-nesto e della forma di allevamento. Gliunici fattori che precedono la sceltadella densità sono il sito prescelto peril nuovo vigneto, la destinazione del-l’uva e l’obiettivo enologico. Nelle zo-ne di produzione di vini a doc e docg ladensità di impianto non è autonomama guidata, nel senso che la resa mas-sima di uva per ettaro condiziona la

fittezza del nuovo impianto. In alcunidisciplinari (tabella), inoltre, sono fis-sate anche le densità minime: adesempio per la docg Asti è prescritta,per i nuovi impianti, una densità supe-riore a 4.000 piante per ettaro. In altridisciplinari, come quello per esempiodei Colli Orientali del Friuli, oltre alladensità minima (3.000 piante/ha), èprevista anche la produzione massimaper pianta (3,7 kg per tutti i vini pro-dotti, ad eccezione del Picolit che havalori ancora minori); particolari sot-tozone della medesima denominazio-ne hanno limiti di produzione a ceppoancora più basse. La viticoltura italia-na è caratterizzata da sesti di impiantomolto diversificati, anche se nei vigne-ti più recenti per uve da vino si osser-va la tendenza a un maggior infitti-mento, specie dove si è passati da for-me di allevamento espanse a formepiù ridotte.

Lo scopo del presente articolo non è

quello di fare una trattazione scientifi-ca sui diversi aspetti legati alla den-sità di impianto, con tutte le implica-zioni di ordine fisiologico, bensì tenta-re di dare alcune indicazioni ai viticol-tori su quale sia, nei principali am-bienti di coltivazione della vite e per idiversi obiettivi enologici, la densitàottimale di piantagione o almeno unvalore minimo di piante a ettaro al disotto del quale non conviene andare.È tuttavia necessario, per poter inqua-drare bene il problema, enunciare su-bito alcune semplici nozioni teoricheche supportano tutto il discorso. Ladensità di impianto va in sostanza ainfluenzare l’intercettazione di ener-gia radiante da parte della chioma, ilnumero di gemme per ceppo e l’inten-sità di colonizzazione del terreno daparte delle radici. Questi fattori a lorovolta hanno un effetto diretto sull’effi-cienza fotosintetica e sull’assorbi-mento di acqua ed elementi mineralida parte delle singole piante e indiret-tamente vengono influenzati la produ-zione di uva per pianta e il processo dimaturazione del frutto. A parità di for-ma di allevamento, di combinazionedi innesto e di ambiente di coltivazio-ne, densità via via crescenti, determi-nando una riduzione di spazio vitaleper la pianta, causano una riduzionedi produzione di uva per ceppo e unmaggior deposito di zuccheri e di altre

Foto 1 - Nella zona del Barolo le densità di piantagione sono superiori alle 4.000 piante/ha. Foto 2 - Oltrepò Pavese: per vitigni bianchi lafittezza minima può essere di circa 3.000 piante/ha, con forme di allevamento a spalliera

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IMPORTANTE PER LA QUALITÀ

Scelta della densità di impianto in viticolturaElevate fittezze di impianto sono sempre da preferirsiper produzioni enologiche di qualità eccellente. In que-sta nota si danno alcune indicazioni su quale sia, neiprincipali ambienti di coltivazione e per i diversi obietti-vi enologici, la densità di piantagione ottimale o almenoun valore minimo di piante a ettaro

Luigi Bavaresco

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Docg Asti (Piemonte) >4.000Docg Brachetto d’Acqui (Piemonte) >4.000Docg Brunello di Montalcino (Toscana) >3.000 <2,7Docg Chianti (Toscana) <5,0 <3 kg/pianta per particolari sottozoneDocg Franciacorta (Lombardia) >3.300 >2.500 ceppi/ha con Sylvoz e pergolaDocg Ghemme (Piemonte) >2.900 <3,0 Forme di allevamento ammesseDocg Valtellina superiore >4.000Docg Vernaccia S. Gimignano (Toscana) >3.000 <5,0Docg Vino Nobile di Montepulciano (Toscana) <2,5Doc Alghero (Sardegna) >2.500 <6,0 (r) <6,5 (b)Doc Ansonica Costa dell’Argentario (Toscana) >3.300 <3,5Doc Assisi (Umbria) >2.500Doc Bagnoli (Veneto) >1.800 Forme di allevamento ammesseDoc Barco Reale di Carmignano (Toscana) >3.300 <3,0Doc Bianco dell’Empolese (Toscana) <7,0Doc Bianco Vergine Valdichiana (Toscana) >2.500Doc Bivongi (Calabria) >4.000 <3,0 (r) <3,25 (b)Doc Bolgheri (Toscana) >4.000 <2,5Doc Bolgheri Sassicaia (Toscana) >4.000 <1,5 Forme di allevamento ammesseDoc Botticino (Lombardia) >3.000Doc Capriano del Colle (Lombardia) >3.000Doc Carignano del Sulcis (Sardegna) >3.300 <3,5 >5.000 ceppi/ha e <2,2 kg/ceppo con alberelloDoc Castelli Romani (Lazio) >1.100 Forme di allevamento ammesseDoc Cellatica (Lombardia) >2.200 <6,0 > 2.000 ceppi/ha con Sylvoz e pergolaDoc Circeo (Lazio) >2.000Doc Colli Bolognesi (Emilia-Romagna) >2.000 >2.700 In funzione di vitigni e sottozoneDoc Colli Bolognesi Classico-Pignoletto (E.R.) >2.500Doc Colli del Trasimeno (Umbria) >2.200Doc Colli di Conegliano (Veneto) >2.500 <3,5 <4,0 In funzione del vitignoDoc Colli di Faenza (Emilia-Romagna) >3.000Doc Colli d’Imola (Emilia-Romagna) Sesti di imp. per le diverse forme d’allevamentoDoc Colli di Levanto (Liguria) >5.000 >6.000 ceppi/ha per pergoletta ligureDoc Colli Etruschi Viterbesi (Lazio) >2.500Doc Colli orientali del Friuli >3.000 <3,7 Restrizioni per particolari sottozoneDoc Colli Piacentini (Emilia-Romagna) >2.200Doc Colli di Scandiano e di Canossa (Emilia-Romagna) >1.350 >1.660 <3,0 <4,0 kg/m parete produttiva In funzione della forma d’allevamentoDoc Colline Lucchesi (Toscana) >3.500 <4,0Doc Collio (Friuli) >3.500Doc Contea di Sclafani (Sicilia) >3.400 Vietato tendoneDoc Contessa Entellina (Sicilia) >3.500Doc Controguerra (Abruzzo) >2.200 <6,0 Vietato tendoneDoc Costa d’Amalfi (Campania) >1.600 <7,0 (r) <8,0 (b)Doc Delia Nivolelli (Sicilia) >3.000Doc Elba (Toscana) >3.300 <2,0 <2,7 In funzione del vitignoDoc Eloro (Sicilia) >3.000Doc Esino (Marche) >2.200 6,3-6,8 Rese medie in funzione del vitignoDoc Falerio (Marche) >2.200Doc Friuli Annia >3.000 <4,0Doc Friuli Grave >2.000 <6,0 <6,5 In funzione del vitignoDoc Galatina (Puglia) >3.500Doc Galluccio (Campania) >2.000 <6,0 Forme di allevamento ammesseDoc Garda Colli Mantovani (Lombardia) >3.000Doc Golfo del Tigullio (Liguria) >4.000Doc Lago di Corbara (Umbria) >3.000Doc Reggiano (Emilia-Romagna) >1.350 >1.660 <3,7 <4,9 kg/m parete produttiva In funzione della forma di allevamento (a parete singola o doppia)Doc Lamezia (Calabria) >2.500Doc Langhe (Piemonte) >3.500Doc Lizzano (Puglia) >3.500Doc Loazzolo (Piemonte) >4.000 <8 gemme/pianta Forme di allevamento ammesseDoc Menfi (Sicilia) >3.000 >3.300 ceppi/ha in certe sottozoneDoc Montecarlo (Toscana) >3.500Doc Monteregio di Massa Marittima (Toscana) >3.300 <3,0 (r) <3,3 (b)Doc Moscadello di Montalcino (Toscana) >3.000Doc Penisola Sorrentina (Campania) >1.800Doc Pomino (Toscana) <4,5

Densità minima e produzioni massime di uva a ceppo previsti dai disciplinari di produzione nei nuoviimpianti: dati aggiornati al giugno 1998

Denominazione di origine NotePiante/ha Uva/pianta (kg)

Continua

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sostanze nobili per la qualità(ad esempio polifenoli e aro-mi) nella bacca. Questo per-ché l’apparato radicale, inforte competizione in sensoradiale con le piante vicinema con un buon sviluppo inprofondità, consente una ri-duzione dell’attività vegeta-tiva della pianta e una nutri-zione, soprattutto idrica, co-stante nel corso della matu-razione. Se a livello di singo-la vite l’aumento della fittez-za causa una diminuzione diproduzione, ragionando aettaro tuttavia molte volte siosserva un suo incremento;di pari passo aumenta anchela quantità di radici e la so-stanza secca per ettaro dellaparte aerea.

Confrontando invece vigneti condensità di impianto molto diverse, do-vute a forme di allevamento estreme(ad esempio un Guyot con 4.000 pian-te/ha e un raggi con 1.000 piante/ha) ecoltivati su terreni poveri (Guyot) efertili (raggi), si avrà sempre una mag-giore quantità ad ettaro di radici nelladensità più elevata, ma in questo casouna quantità di sostanza secca dellachioma più bassa.

Per un approfondimento di questiaspetti si faccia riferimento all’artico-lo del prof. Fregoni «Pensiamo all’al-tra metà della vite» pubblicato su que-sta stessa rivista (n.17/1997). Cercan-do di schematizzare e catalogare icomplessi e svariati ambienti colturaliitaliani, si possono individuare diversemacroaree.

Ambiente collinaresettentrionale

Siamo di fronte in questo caso a ter-reni mediamente fertili, spesso calca-rei, raramente acidi, in ambienti carat-terizzati da piovosità non uniformi mavariabili dai circa 600-700 mm all’annonell’appennino emiliano ai circa 1.600mm nelle colline friulane, da una inso-lazione annuale media di 5-6 ore algiorno, da una durata della stagionevegetativa di circa 200 giorni e da som-me termiche (somma delle temperatu-re medie giornaliere maggiori di 10°C,da aprile a ottobre) variabili da 2.500 a3.000°C. Queste zone sono destinateessenzialmente alla produzione di uveda vino e, all’interno di queste, gliobiettivi enologici sono i più diversi.

■ Vini rossi da invecchiamen-to. Si fa riferimento in questocaso a vini ottenuti da vari vi-tigni, quali: Nebbiolo, in pu-rezza o come vitigno princi-pale di un uvaggio, che dàBarolo, Barbaresco, Nebbio-lo d’Alba, Gattinara, Ghem-me, Boca, Fara, Sizzano, Bra-materra; Barbera in purezzao con Bonarda per dare ilGutturnio; Cabernet Sauvi-gnon e Cabernet franc; Refo-sco dal peduncolo rosso;Schioppettino; Corvina, Ron-dinella e Molinara, per darel’Amarone della Valpolicella;Sangiovese. Le zone interes-sate a tali produzioni sono si-tuate in Piemonte (le Lan-ghe, il Monferrato, i Colli tor-tonesi, le Colline novaresi),

nella Lombardia (il bergamasco e l’Ol-trepò pavese), e in qualche altra picco-la area di Trentino, Veneto (Valpolicel-la, Montello e Colli asolani, Breganze,Colli Berici), Friuli (Colli Orientali,Collio), Emilia Romagna (Colli piacen-tini, Colline romagnole). Le zone appe-na elencate sono naturalmente vocateper produzioni di qualità e il successocommerciale dei vini qui ottenuti ne èprova tangibile.

Le forme di allevamento normal-mente qui utilizzate sono il Guyot (inPiemonte), le pergole nel Trentino e inValpolicella, spalliere di vario tipo inVeneto, Friuli ed Emilia-Romagna. Te-nendo conto sia di motivazioni di ordi-ne fisiologico che legate alle rese mas-sime ad ettaro previste dai disciplinaridi produzione, le fittezze di impianto

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Foto 3 - Nelle zone collinari settentrionali le fittezze consentite dalCasarsa sono troppo basse per produrre vini rossi di qualità

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Doc Rosso di Montalcino (Toscana) <3,0Doc Rosso di Montepulciano (Toscana) <5,0Doc Rosso Piceno (Marche) >2.200Doc Sambuca di Sicilia >3.200 (b) >3.400 (r) Vietato tendoneDoc San Gimignano (Toscana) >3.000Doc San Martino della Battaglia (Lomb., Veneto) >3.000 Vietato tendoneDoc Sannio (Campania) >2.500 Forme di allevamento ammesseDoc Santa Margherita di Belice (Sicilia) >2.800 >3.000 ceppi/ha con alberelloDoc Sant’Antimo (Toscana) >3.000Doc Sardegna Semidano >3.250 <4,0Doc Sciacca (Sicilia) >3.000Doc Tarquinia (Lazio) >2.500Doc Terre di Franciacorta (Lombardia) >3.300 >2.500 ceppi/ha con Sylvoz e pergolaDoc Val di Cornia (Toscana) >2.200Doc Valtellina (Lombardia) >4.000Doc Verdicchio dei Castelli di Jesi (Marche) >2.200Doc Verdicchio di Matelica (Marche) >1.660 <7,8 <6,0 kg/ceppo per la RiservaDoc Verduno Pelaverga (Piemonte) >3.000Doc Vermentino di Gallura (Sardegna) >3.250 <3,0Doc Vin Santo del Chianti (Toscana) >3.300 <4,0Doc Vin Santo del Chianti Classico (Toscana) >3.350 <3,0Doc Vin Santo di Montepulciano (Toscana) >3.300

(segue) Densità minima e produzioni massime di uva a ceppo previsti dai disciplinari di produzione neinuovi impianti: dati aggioranti al giugno 1998

Denominazione di origine NotePiante/ha Uva/pianta (kg)

r= uve rosse; b=uve bianche.

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non possono che essere elevate. Da un punto di vista fisiologico la fit-

tezza elevata consente in definitiva,per i motivi elencati all’inizio, di averepoca uva per pianta, ben matura e ric-ca di componenti nobili per la qualità.Si puo indicare come valore soglia le4.000 piante/ha, che si ottengono per ilGuyot e per il cordone speronato consesti di 2,5×1 m. Le rese massime diuva a ettaro previste dai disciplinari diproduzione per i Nebbioli, ad esempio,variano da 75 q/ha (Gattinara e Brama-terra) a 110 q/ha per il Fara; tenendoconto che, secondo Fregoni (1998), ilcarico di rottura (la produzione massi-ma per pianta compatibile con il mas-simo dell’espressione qualitativa) è,nel caso dei vini rossi da invecchia-mento, di circa 1,5 kg, ne consegueche le densità di impianto devono es-sere superiori alle 4.000 piante/ha.

Per fare impianti di tale fittezza è ne-cessario avere combinazioni d’innestodi vigoria bassa o medio-bassa e nonforzare le piante.

Forme di allevamento diverse daquelle indicate (ad esempio il GDC,cortina centrale, cortina semplice, Ca-sarsa, ecc.) sono sconsigliate per l’o-biettivo da perseguire e per le condi-zioni climatiche che, specie in alta col-lina, richiedono grappoli vicini il piùpossibile al suolo, affinché possanomaturare meglio. Le spalliere, se im-postate razionalmente e in pendii nonmolto pronunciati, possono essere an-che meccanizzate, alcune integral-mente (cordone speronato), altre par-zialmente (Guyot). ■ Vini rossi di pronta beva e vini bian-chi tranquilli. Si tratta in questo casodi vini rossi ottenuti da vitigni quali, adesempio, Dolcetto, Grignolino, Freisa,Barbera, Bonarda, Pinot nero, Marze-mino, Schiava, Lagrein, Merlot, San-giovese, Cabernet franc, CabernetSauvignon, Corvina, Rondinella, Moli-

nara, ecc., che danno i vini omonimi o,nel caso di uvaggi tra gli ultimi tre, ilValpolicella e il Bardolino. I vini bian-chi, invece, sono ottenuti da vitigniquali Cortese, Riesling, Malvasie, Or-trugo, Chardonnay, Sauvignon, MüllerThurgau, Pinot bianco e grigio,Gewürztraminer, Garganega, Vespaio-lo, Ribolla gialla, Tocai friulano, Ver-duzzo friulano, ecc., che danno gliomonimi vini, oppure aventi nome del«terroir» (per esempio, Soave).

Le fittezze di impianto in questi vi-gneti dovranno essere meno elevateche per i vini rossi da invecchiamentoe il valore minimo si può collocare in-torno alle 3.000 piante/ha, con qualcheeccezione come nel caso del Picolit edel Verduzzo friulano per il Ramando-lo, che devono avere densità maggiori. ■ Vini spumanti. Le produzioni spu-mantistiche italiane trovano nell’arcocollinare settentrionale la loro collo-cazione ideale. I migliori spumanti me-todo classico si ottengono infatti neiclimi temperato-freddi, dove l’acidità,soprattutto malica, non viene degrada-ta; a maturazione le uve dovrebberoavere un rapporto 1:1 tra acido tartari-co e malico e pH inferiori o uguali a 3.

Oltre a una buona acidità malica, neiclimi temperato-freddi si conservanoanche gli aromi e si riducono i conte-nuti di polifenoli ossidabili. Per glispumanti elaborati in autoclave, sec-chi o dolci, le esigenze climatiche e pe-dologiche sono meno rigide rispetto aiprecedenti, anche se la miglior qualitàsi ottiene sempre nei climi temperato-freddi. Iniziando dalla parte nord-occi-dentale, troviamo la zona dell’Asti, do-ve c’è quasi monocoltura di Moscato;le colline di Alessandria, dove partedel Cortese viene spumantizzato; l’Ol-trepò pavese che utilizza il Pinot nero,il Riesling e il Moscato; la Franciacor-ta dove si coltivano Chardonnay, Pi-not bianco e nero; il Trentino con pre-

ponderanza di Chardonnay; il verone-se con il Recioto della Valpolicella e diSoave; il vicentino con il Recioto diGambellara e il Durello; il padovanocon il Moscato dei Colli Euganei; leColline trevigiane, dove c’è quasi mo-nocoltura di Prosecco.

Le forme di allevamento utilizzate inqueste aree sono le più diverse, ancheall’interno di una stessa zona; nell’asti-giano si usa il Guyot (raramente il Ca-sarsa); nell’Oltrepò pavese il Guyot e ilCasarsa; in Franciacorta, Guyot, cor-done speronato, Sylvoz e pergola; inTrentino, Valpolicella e a Soave diver-si tipi di pergola; spalliere nel vicenti-no, padovano e trevigiano.

I sesti di impianto per le spalliere ti-po Guyot e cordone speronato dovran-no essere stretti, con densità maggioridi 3.500-4.000 piante/ha.

Per spalliere tipo Sylvoz, Casarsa,Cappuccina e per le pergole la sogliapuò essere collocata a 2.500-3.000piante/ha.

Ambiente settentrionaledi pianura

È caratterizzato da terreni moltofertili (pianura emiliano-romagnola eparte della pianura veneta e friulana),mediamente fertili (anfiteatro more-nico del lago di Garda; Piana Rotalia-na, Vallagarina), o poco fertili (gravedel Piave, Meduna, Tagliamento), conpH da neutri a subalcalini e parametriclimatici simili a quelli descritti perl’ambiente collinare. Si coltivano viti-gni quali i Lambruschi, Trebbiano,Ancellotta, Fortana, Montuni, Sangio-vese, ecc., nell’Emilia-Romagna;Trebbiano di Soave, Garganega, To-cai italico e friulano, Merlot, Caber-net franc e Cabernet Sauvignon, Car-menère, Rabosi, Verduzzo trevisano,Pinot bianco, grigio e nero, Chardon-nay, Sauvignon, Refosco dal pedun-

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Foto 4 - Nelle colline della doc Soave le elevate densità di piantagione sono un fattore importante dei buoni risultati qualitativi dellaGarganega. Foto 5 - Zona del Prosecco: densità di impianto elevate devono essere correlate a una bassa carica di gemme per pianta

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colo rosso, ecc., in Veneto e Friuli;Teroldego nella Piana Rotaliana. I vi-ni che si ottengono in queste zone ingenere non reggono l’invecchiamentoperché poveri di estratto e in qualchecaso di alcol, con alcune eccezioninelle aree di grava e nella Piana Rota-liana, o in terreni argillosi e ricchi dicaranto come si possono trovare nel-la pianura trevisana e veneziana.

Le forme di allevamento tradizional-mente usate sono in genere moltoespanse (raggi, pergoletta romagnola,Sylvoz, Casarsa), ad eccezione di qual-che piccola area come quella del Luga-na (doppio archetto) e la Piana Rota-liana (pergola). Nei nuovi impianti,specie nell’Emilia e nel Veneto, il raggiha lasciato quasi completamente il po-sto al GDC e alla cortina semplice.

Le densità di impianto dovranno es-sere compatibili con le diverse formedi allevamento. Nelle pianure fertili,con Sylvoz e Casarsa la soglia minimasi può collocare intorno alle 2.000piante/ha, mentre col GDC, collocan-do 2 piante per posta, si possono supe-rare tranquillamente le 3.000 piante/ha(con sesto di 4×1,5 m). Nelle zone conterreni più poveri, come nelle «grave»dei fiumi che sboccano nell’alto Adria-tico, fittezze elevate (maggiori di 3.500piante/ha con sesti di 2,8×1 m), assie-me a forme di allevamento pocoespanse (cordone speronato, cortinasemplice, ecc.) possono costituire unasolida base per migliorare le caratteri-stiche dei vini.

Ambiente settentrionalemontano

La viticoltura di montagna (intenden-do con questa espressione sia i vigneti aquote elevate che in forte pendenza) èriscontrabile in Valle d’Aosta, Piemonte(Carema), Lombardia (Valtellina), AltoAdige, Trentino (Val di Cembra), Liguria

(Cinque Terre e altre aree). In queste zo-ne si coltivano vitigni quali Müller Thur-gau, Pinot nero, Blanc de Morgex, PetiteRouge, Prié Rouge, Nebbiolo, Schiava,Bosco, Albarola, Vermentino, Pigato,ecc. L’altitudine gioca un ruolo fonda-mentale soprattutto nelle temperaturemedie e nelle escursioni termiche nellafase di maturazione.

In queste zone le forme di alleva-mento e le densità di impianto devonoavere come scopo primario quello difavorire la maturazione dell’uva, colti-vando piante poco produttive e congrappoli vicini al suolo. Forme di alle-vamento ideali sono Guyot e cordonesperonato, oppure pergolette, condensità superiori alle 5.000 piante/ha(2×1 m per le spalliere e 2,5×0,8 m perle pergolette).

Ambientedell’Italia centrale

Si tratta di un’area essenzialmentecollinare, con qualche piccola eccezio-ne, come ad esempio Latina, di elevatavocazionalità viticola.

I terreni sono mediamente fertili, daneutri a subalcalini, raramente sub-acidi; l’ambiente è caratterizzato dauna piovosità mediamente inferiore(circa 600 mm all’anno) rispetto allafascia settentrionale testé descritta,da una insolazione annuale media di 6-7 ore al giorno, da una durata della sta-gione vegetativa variabile da circa 200giorni, verso la costa adriatica, a circa240 giorni verso quella tirrenica, consomme termiche intorno ai 3.500°C. Èquesta la zona di origine, e anche dimaggior diffusione, del Sangiovese edel Trebbiano toscano, ma sono colti-vati altri vitigni di origine italiana, co-me ad esempio Montepulciano, Ca-naiolo, Ciliegiolo, Sagrantino, Vernac-cia, Vermentino, Verdicchio, ecc., equalche vitigno internazionale come il

Cabernet Sauvignon.Molti dei vini che si ottengono in

queste aree sono autentici gioielli del-l’enologia italiana, basti pensare alBrunello di Montalcino, al Chianti, alVino Nobile di Montepulciano, alMontefalco Sagrantino, al TorgianoRosso Riserva, alla Vernaccia di S. Gi-mignano, al Bolgheri Sassicaia, alRosso Conero, ecc. Le viticolture to-scana e umbra, dedite da secoli allacoltivazione di uve rosse per grandivini da breve e lungo invecchiamento,sono già impostate su densità di im-pianto elevate, sancite in molti casianche dagli stessi disciplinari di pro-duzione. Si consiglia quindi di perpe-tuare questa impostazione, sceglien-do per i nuovi impianti fittezze su-periori alle 4.000 piante/ha, che signi-fica, per esempio, sesti di 2,5×1 m. Inaltri casi la densità minima è indiret-tamente già fissata dai disciplinari diproduzione, i quali indicano la resamassima di uva per ettaro e la produ-zione massima per ceppo. Per la pro-duzione di vini bianchi si può passareda fittezze medio-basse per il Verdic-chio e il Trebbiano (maggiori di 2.500piante/ha) a fittezze più elevate perVernaccia, Ansonica, Moscato bianco(maggiori di 3.300-3.500 piante/ha).

Ambienti meridionalie insulari

Le aree vitate meridionali e insularipresentano terreni di natura diversa,sia dal punto di vista geopedologicoche orografico. La piovosità annua èmediamente più bassa rispetto all’Ita-lia centrale (500-600 mm all’anno),l’insolazione annua media è di 6-7,5ore al giorno, la durata della stagionevegetativa è di circa 240 giorni (convalori inferiori in quota) e le sommetermiche sono dell’ordine dei 4.000°C.La viticoltura è di antiche tradizioni,

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Foto 6 - Nei terreni ciottolosi delle «grave», fittezze elevate(>3.500 piante/ha), assieme a forme di allevamento poco espanse,possono consentire di migliorare ulteriormente la qualità dei vini

Foto 7 - Sistemi di allevamento come il Bellussi dovrebbero cedereil posto, nei nuovi impianti, a forme alternative che consentanomaggiori densità

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con forti influenze greche, soprattuttoper quanto riguarda le forme di alleva-mento, con molti vitigni autoctoni chedanno vini di grande stoffa e meritevo-li di maggiore valorizzazione.

Tra i vitigni rossi si ricordano Aglia-nico, Aleatico, Piedirosso, Negro Ama-ro, Primitivo, Gaglioppo, Nero d’Avo-la, Nerello Mascalese, Cannonau, ecc.,mentre tra i bianchi Fiano, Falanghi-na, Greco, Moscato, Zibibbo, Inzolia,Vermentino, Grillo, Catarratto biancocomune, Grecanico, Vernaccia di Ori-stano,ecc.; sporadicamente sono pre-senti anche Cabernet Sauvignon,Chardonnay e Sauvignon.

Le tipologie enologiche sono moltovariabili, includendo: ■ grandi vini rossi da invecchiamento:si possono includere in questa catego-ria il Taurasi e l’Aglianico del Vulture(a base di Aglianico), il Copertino (abase di Negro Amaro), il Solopaca ros-so (a base di Sangiovese e Aglianico),il Cirò (a base di Gaglioppo), il Nerod’Avola, ecc.; ■ vini rossi e bianchi di pronta beva:comprendono vini quali il Primitivo diManduria (tipo normale a base di Pri-mitivo), il San Severo rosso (a base diMontepulciano d’Abruzzo e Sangiove-se), il Solopaca bianco (a base di Treb-biano), il Solopaca Falanghina, il Fianodi Avellino, il Greco di tufo, il Locoro-tondo (a base di Verdeca e Bianco diAlessano), il San Severo bianco (a basedi Bombino bianco e Trebbiano tosca-no), i vari Moscati, il Vermentino, ecc.;■ vini liquorosi: tipico è il Marsala;■ vini passiti: tipico è il Moscato passi-to di Pantelleria.

Passando dai vini rossi da invecchia-mento, passiti e liquorosi, a quelli ros-si e bianchi di pronta beva, la densitàdi impianto può variare dalle 5.000piante/ha (alberello 2×1 m) a circa2.500 piante/ha (spalliere 2,5×1,5 m).La forma di allevamento a tendone do-

vrebbe essere riservata solo alle uveda tavola.

Conclusioni

Da quanto esposto in maniera sche-matica e succinta, si evince che eleva-te fittezze di impianto sono sempre dapreferirsi per produzioni enologichedi qualità eccellente, in qualsiasi am-biente si operi. L’uso di fittezze eleva-te implica la scelta di certe forme di al-levamento, tenendo presente che que-ste non si differenziano solo per il nu-mero di ceppi a ettaro, ma anche per ladistanza della fascia produttiva dalterreno; in climi freschi è bene che lazona dei grapppoli sia più vicina alsuolo che in climi caldi. Le elevatedensità d’impianto sono compatibilianche con una completa o parzialemeccanizzazione della potatura e ven-demmia (purché la forma di alleva-mento sia a spalliera o a doppia corti-na) e quindi competitive sul versantedei costi di produzione. C’è bisogno,perciò, in certe aree di una vera e pro-pria rivoluzione nei concetti base chesupportano la scelta della densità diimpianto e della forma di allevamento,

consci che bisogna sfruttare al massi-mo le potenzialità genetiche dei viti-gni, anche se non tutti sono da prima-to, per ottenere già in campo la grada-zione minima naturale. Il consiglio dichi fa ricerca e sperimentazione in vi-ticoltura non può che essere questo,se vogliamo migliorare ancora lo stan-dard qualitativo dei vini italiani e nonaccontentarci dello status quo. Esem-pi positivi ce ne sono, per fortuna, e ilsuccesso di molti vini italiani nel mon-do ne è testimonianza; se andiamo,però, a elencarli notiamo che il proget-to su cui sono stati «costruiti» è univo-co e caratterizzato in primo luogo daun ecosistema viticolo vocato e poi daelevate densità d’impianto e basseproduzioni di uva per ceppo.

Per quanto attiene alle doc e docg sideve rilevare che la legge 164/92 haportato a un vero cambiamento dimentalità viticola (tabella), in quantocon la legge 930/63 i disciplinari eranotutti privi di densità di piantagione mi-nima.

Luigi BavarescoIstituto di fruttiviticoltura

Università Cattolica S. Cuore - Piacenza

70

Vit i co l tura

Foto 8 - Nelle pianure fertili il Sylvoz è molto produttivo e nonsuscettibile di meccanizzazione: il cambiamento della forma diallevamento e l’utilizzo di maggiori fittezze sarebbero auspicabili

Foto 10 - Iltendone, a causa

delle sue bassedensità di impianto

e dell’elevatopotenziale

produttivo, vieneproibito in molti

disciplinari diproduzione a doc

Foto 9 - Il GDC consente elevate fittezze di piantagione erappresenta un buon passo in avanti, nei vigneti di pianura,rispetto a forme più espanse come Bellussi e Sylvoz