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Pubblico dell’economia Esplicazione Frank Sunto dei materiali didattici necessari per l’esame di costituzionale 2 nel corso A. I dettagli gli trovi nel nostro sito: www.appuntiluiss.it

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Pubblico dell’economia Esplicazione

Frank

Sunto dei materiali didattici necessari per l’esame di costituzionale 2 nel corso A. I dettagli gli trovi nel nostro sito: www.appuntiluiss.it

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L’autore dice: Facoltà: Impresa e Management Materia: Diritto Pubblico dell’economia Corso:D Anno accademico : 2013/2014

Nome del Professore: M. Pellegrini Tipo di Lavoro: Riassunti Libro/Compendio Descrizione introduttiva del tuo lavoro: Riassunti ad hoc del libro

della docente Mirella Pellegrini inerente la parte economica del diritto pubblico

Qualche informazione sull’esame e su come utilizzare al meglio il tuo lavoro: Esame non troppo complicato. Tuttavia la parte economica è quella più importante ai fini dell’esame. Imparare a memoria gli articoli della costituzione che vanno dall’1 al 12, dal 41 al 47 e il 118. Fare molto bene la riforma del titolo V parte II della costituzione. Studiando i seguenti argomenti, i riassunti qui presenti e la parte circa il diritto pubblico ci si assicura una votazione pari anche al 30.

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Sommario L’autore dice: .................................................................................................................. 1

LA COSTITUZIONE ECONOMICA....................................................................................... 4

INTEGRAZIONE EUROPEA ................................................................................................ 9

LA STORIA DELL’EURO ................................................................................................... 12

LA FINANZA PUBBLICA La finanza pubblica riguarda la spesa dello Stato, il bilancio, le entrate, le uscite. .......................................................................................................... 23

PRIVATIZZAZIONI E MERCATO IN UN SISTEMA CONCORRENZIALE ................................. 32

LE AUTORITA’ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI ........................................................... 41

I MERCATI FINANZIARI .................................................................................................. 46

L’ARCHITETTURA DI VERTICE DELL’ORDINAMENTO FINANZIARIO EUROPEO.................. 49

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LA COSTITUZIONE ECONOMICA

L’espressione “costituzione economica” è comparsa nella cultura giuridica tedesca nei primi decenni del XX secolo, per poi diffondersi nel resto d’Europa.

La nozione giuridica di costituzione, com’è noto, consolidata fin dal XVIII Secolo, designa un documento politico e, nello Stato di diritto, la fonte di produzione del diritto più elevata in grado nella gerarchia. L’aggettivo “economica”riconduce alla disciplina di studio dell’economia che si occupa di un diverso insieme di relazione umane, di rapporti sociali e comportamenti individuali, fatti di scambi.

Né i politologi, né i giuristi hanno accolto di buon grado la locuzione costituzione economica, bensì l’hanno criticata. Ricordiamo la critica di Carl Schmitt circa il rischio che si generi un “mostro bicefalo”, separando costituzione economica e costituzione politica. Senza dimenticare il rischio di ulteriori settorializzazioni (costituzione fiscale, costituzione del lavoro e della produzione).

Una critica più sostanziale è stata fatta partendo dalla rielaborazione di una delle idee più intransigenti dei rivoluzionari francesi del 1789: se la cittadinanza è piena integrazione in una società democratica di individui liberi ed uguali, si comprende che la divisione di costituzione economica e costituzione politica potrebbe comportareil timore di intenti antidemocratici.

Nella formula costituzione economica si sono mescolate considerazioni di cultura giuridica e di cultura economica e sociale. In ambito giuridico ci si è sovente soffermati sulla nozione formale di costituzione economica, che si limita alle disposizioni della costituzione politica in materia economica e su una nozione molto più ampia dell’altra che può definirsi materiale, che comprende disposizioni di altri corpi di leggi (nel caso italiano della nozione di

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costituzione economica materiale, verrebbero comprese leggi che attengono alla stabilità finanziaria, al bilancio, alla concorrenza).

Talvolta il governo accusa le disposizioni dell’art. 41 della Costituzione (in particolare gli aspetti di diritto pubblico nei commi 2 e 3) per le conseguenze nefaste che avrebbero avuto sull’economia nazionale e per la crisi attuale. Per cui secondo il governo basterebbe modificare tali disposizioni per aumentare la capacità attrattiva di capitali e investimenti nel Paese, senza la quale modifica non sarebbero possibili liberalizzazioni, regolazione di mercati in attesa di aprirsi alla concorrenza, privatizzazioni ecc.

Eppure è innegabile che, per molti decenni, proprio la Costituzione vigente fu un importante fattore di sviluppo dell’Italia. La disciplina costituzionale dei rapporti economici fu, dopo il 1948, un fattore non indifferente di crescita. Con gli anni ’60 del XX secolo si avviò in Italia un’esperienza di economia sociale di mercato, con la caratteristica principale dell’interventismo pubblico italiano, necessario per risolvere un periodo di crisi. I Trattati comunitari hanno posto in primo piano la creazione di un mercato comune, un mercato interno all’UE caratterizzato dall’eliminazione delle barriere fra gli Stati membri o degli ostacoli alla circolazione di merci, persone, servizi e capitale. Perciò la nostra economia non doveva essere più “mista” bensì di “mercato” ed incentrata sulla libera concorrenza.

Il mercato è una costruzione giuridica perché nei trattati comunitari è un mercato regolato, cioè che ha bisogno di norme giuridiche che diano ordine al mercato; vuol dire che il mercato non è un ordine spontaneo ma, al contrario, economia di mercato e libera concorrenza sono istituti giuridici che prevedono responsabilità e reprimono comportamenti contrari alla concorrenza e che violino la tutela dei consumatori.

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L’Italia aveva creato un dirigismo statale nonostante la Costituzione non lo privilegiasse e quando le normative comunitarie sono entrate in vigore, obbligatoria è stata la spinta verso il libero mercatopassaggio di transizione ed adattamento del nostro ordinamento economico da un’economia influenzata dallo Stato ad un mercato libero, il quale, seppur libero, è regolato da norme per garantire il suo buono e corretto funzionamento.

I 3 strumenti con i quali la UE garantisce il libero mercato agli Stati comunitari:

1) le quattro libertà di circolazione: merci, servizi, capitali e persone.

2) divieto di aiuti finanziari alle imprese dallo Stato

3)disciplina della concorrenza

Divieto di aiuto degli Stati alle imprese: l’art. 107 del Trattato di Lisbona parla del divieto di aiuto degli Stati alle imprese affermando che tale principio non è assoluto ma sono previste come possibili, eccezioni a tale divieto nonostante sia considerato un pilastro per la tutela della concorrenza.

Sono compatibili con il mercato interno (in poche parole le deroghe): a)gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti; b)gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali; c)gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli

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svantaggi economici provocati da tale divisione. Cinque anni dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che abroga la presente lettera.

Alla fine degli anni ’90 uno studio rileva una riduzione degli aiuti concessi alle imprese per il processo delle privatizzazioni e concentrazioni delle banche tramite fusioni e acquisizioni (consolidamento del sistema bancario). Questo avviene spesso per poter superare le crisi perché in presenza del divieto, la Banca d’Italia cercò di salvare le banche aiutandole nella concentrazione con banche più grandi, non potendo intervenire direttamente (suggerimenti dello Stato alle imprese su quali politiche adottare! moral persuasion). Le deroghe sono state spesso utilizzate nel settore bancario che ha usufruito più degli altri degli aiuti dello Stato. Le crisi del 2007-2008 sono riconducibili agli eventi eccezionali nominati nel punto b) dell’art. 107.

La Costituzione italiana contiene una norma chiave relativamente ai rapporti economici: l’art. 41. I 3 commi che compongono tale articolo sono stati divisi in due poli: l’uno proprio di diritto privato (il primo comma), che proclama la libertà di iniziativa economica privata. L’altro può dirsi di diritto pubblico: comprende i limiti che il secondo comma pone alla libertà proclamata nel primo, per il rispetto di altri valori, quali la sicurezza, la sfera di libertà della persona, dignità umana e, in particolare, l’utilità sociale (il secondo comma). Alla legge resterebbe il compito di ricercare un giusto equilibrio tra l’esercizio della libertà di iniziativa economica privata e la tutela di altri valori protetti costituzionalmente.

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Con gli anni Novanta del XX secolo, però, la Corte Costituzionale ha prodotto una profonda conversione di giurisprudenza circa l’individuazione dell’utilità sociale, fino a farla coincidere con i valori aziendali (massimizzazione della produzione, competitività delle imprese, efficienza complessiva del sistema economico produttivo), trasformando così l’utilità sociale nella conformazione di mercati aperti alla concorrenza. Il terzo comma dell’art. 41 dispone che “la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’iniziativa economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali”. I programmi ed i controlli diventano strumenti, per mezzo dei quali, la legge può indirizzare e coordinare a fini sociali l’attività economica pubblica e privata.

Le garanzie che l’art. 41 offre all’agire economico dei singoli vanno dall’investimento di capitali destinati alla produzione, fino all’autonomia contrattuale. Tant’è che si tende a far coincidere la libertà di iniziativa economica privata, garantita dalla disposizione costituzionale, con la libertà di impresa.

Artt. 42 e 44Per svolgere un’attività economica servono due fattori fondamentali, cioè il lavoro e il capitale; l’art. 42 che parla dell’attività pubblica o privata, quindi è importante collocare la proprietà all’interno della costituzione economica.

La proprietà privata può essere e salvo indennizzo, espropriata per fini generali: colui che subisce l’espropriazione può presentare le proprie ragioni al T.A.R.

Art. 43sulle collettivizzazioni

Art. 45sulla cooperazione a carattere di mutualità e sull’artigianato

Art. 46sul diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende

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Art. 47E’ compito della Repubblica incoraggiare il risparmio in tutte le sue forme e disciplina l’attività bancaria (raccolta del risparmio ed esercizio del credito).

Il CICR (comitato interministeriale del credito e il risparmio) è l’organo della Repubblica che disciplina l’esercizio del credito ed incoraggia il risparmio.

Con il trattato di Maastricht l’Italia ha svuotato di potere il CICR perché ha indirizzato la sovranità bancaria alla BCE.

La seconda parte ci dice di indirizzare il risparmio sui beni materiali essenziali e di investire nelle attività pubbliche di sicuro profitto e non fallimento, come i grandi complessi produttivi del Paese.

INTEGRAZIONE EUROPEA L’integrazione europea è un processo lento e ancora in atto perché “la fantasia del legislatore è più veloce dell’applicabilità delle norme da parte dell’operatore economico”.

Dal 1985, il 9 maggio di ogni anno, si celebra la festa dell’Europa, data simbolo dell’integrazione politica europea. In quel giorno, nel 1950, il Ministro degli esteri francese Robert Schumanpronunciava la Dichiarazione di Schuman: affermava che “la fusione delle produzioni di carbone ed acciaio” avrebbe assicurato “la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della federazione europea”.

Con queste parole si evocava il Manifesto di Ventotene che Spinelli, Rossi e Calorni avevano lanciato nell’agosto del 1943, documento fondamentale che preludeva ai trattati europei.

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Un anno dopo la Dichiarazione di Schuman (1951) fu istituita a Parigi la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), che scadrà nel 2002 e fu il primo esempio di comunità sovrastatale alla quale i sottoscrittori del Trattato (Francia, Germania Occidentale, Italia, Belgio, Paesi Passi e Lussemburgo) trasferirono la sovranità in materia di estrazione, produzione e commercio carbo-siderurgico.

I passi successivi furono molteplici e furono caratterizzati anche da alcune sconfitte come il Trattato sulla Comunità europea della difesa (CED), respinto dall’Assemblea Nazionale francese nel 1954. Ma i fallimenti non furono mai considerati segnali di definitivo ed irreversibile arresto nel cammino di un’integrazione in divenire, la quale, infatti, continuò e progredì.

Il cammino riprese nel 1955 con il c.d. “Spirito di Messina” poiché proprio in quella città, i 6 paesi sottoscrittori della CECA, rilanciarono l’obiettivo politico dell’integrazione e furono poste le basi per i successivi Trattati di Roma (1957), istitutivi della Comunità economica europea (CEE) e della Comunità dell’Energia Atomica (EURATOM).

[5 anni dopo quel cinquantenario, lo sconvolgimento prodotto dalla crisi globale risveglia l’euro-scetticismo latente e gli egoismi nazionali].

LE 3 FASI DELL’INTEGRAZIONE

La prima fase (1957-1986)

Due sono le tappe importanti di questa prima fase:

1) Il Trattato di Bruxelles dell’8 aprile 1965 che istituisce un Consiglio unico e una Commissione unicadella Comunità europee (c.d. Trattato sulla fusione degli esecutivi).

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2) L’atto allegato alla Decisione del Consiglio del settembre 1976, che segna una svolta fondamentale sul piano della rappresentanza politica, stabilendo l’elezione, a suffragio universale diretto, dei rappresentanti dei popoli degli Stati membri della Comunità. La legittimazione democratica derivante dal voto popolare cresce progressivamente l’autorevolezza e il ruolo del Parlamento europeo.

1973: ai sei paesi fondatori si sono aggiunti Danimarca, Irlanda, Gran Bretagna

1981: si aggiunge la Grecia

1986: si aggiungono Spagna e Portogallo

La seconda fase (1986-2002) L’atto Unico Europeo del 1986 segna un primo significativo passo verso l’unione politica e verso il rafforzamento dell’unione economica. I principali segni di questo cambiamento sono:

- sostituzione del “paradigma dell’unanimità” per tutte le votazioni del Consiglio con la maggioranza qualificata, riguardo materie rilevanti nello sviluppo dell’integrazione economica.

- in alcuni processi decisionali del Consiglio viene introdotta la procedura di cooperazione con il PE, che vede così potenziato il suo ruolo.

- prima forma di cooperazione nella politica estera

Ma il vero salto di qualità è compiuto dal Trattato di Maastricht, firmato nel 1992 ed entrato in vigore nel 1993. Il Trattato ambisce ad una nuova articolazione istituzionale, l’Unione europea, che comprende tre pilastri:

1. I trattati originari del ’57 vengono riformati nel Trattato della Comunità europea (TCE)

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2. pilastro intergovernativo della politica estera e di sicurezza (PESC)

3. pilastro di cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (GAI)

La CEE viene ridefinita nel TCE come“Comunità Europea”(CE),per sottolineare l’evoluzione di comunità politica e l’integrazione, nella originaria dimensione economica, della dimensione politico-monetaria.

Due novità riguardano l’introduzione della cittadinanza dell’Unione, che attribuisce a tutti i cittadini europei degli Stati membri specifici diritti, e l’introduzione dell’Unione economica e monetaria, con la previsione nel TCE delle procedure per il passaggio alla moneta unica. Per quanto riguarda la procedura di decisione, si passa dalla procedura di cooperazione, alla procedura di codecisione fra Consiglio e PE per l’approvazione di alcuni atti comunitari, stabilendo così un ruolo paritario fra i due organi.

LA STORIA DELL’EURO L’obiettivo della creazione di una Banca Centrale Europea fu ripreso con il rapporto Delors.

Nel giugno 1988, il Consiglio Europeo, che riunisce i capi di Stato e di Governo della Comunità europea per esaminare le principali problematiche del processo di integrazione europea, assegna a un Comitato composto dai governatori delle banche centrali nazionali della Comunità Europea e guidato da Jacques Delors, Presidente della Commissione, il compito di elaborare un progetto per la progressiva attuazione dell’Unione Economica e Monetaria.

IL RAPPORTO DELORS, redatto a conclusione dei lavori nell’Aprile 1989, proponeva di articolare la realizzazione dell’Unione

Entrambi regolati dal Trattato sull’Unione europea (TUE)

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Economia e Monetaria (UEM) in 3 fasi distinte, che hanno portato da ultimo alla creazione della moneta unica (l’euro)

Le fasi fondamentali per il raggiungimento di una UEM in seguito furono codificate con la conferenza intergovernativa di Maastricht del 1992 (trattato di Maastricht).

1 fase UEM:

fissata dal Consiglio europeo di Madrid a partire dal 1/7/1990

Obiettivo: terminata alla fine del 1993, prevedeva il rafforzamento dello SME attraverso un maggiore coordinamento delle politiche monetarie (e quindi rinuncia della sovranità monetaria da parte dei paesi), partecipazione delle monete agli AEC e l’ulteriore liberalizzazione dei movimenti di capitale con l’abolizione di ogni restrizione alla libera circolazione dei capitali tra gli Stati membri.

2 fase UEM:

successiva al Trattato di Maastricht, in vigore dal 1 novembre 1993

- creazione dell’Istituto Monetario Europeo (IME) a Francoforte, finalizzata a rafforzare la cooperazione tra le banche centrali e coordinare le politiche monetarie ancora di competenza nazionale.

- Realizzazione dei preparativi necessari per l’istituzione del Sistema europeo di banche centrali (SEBC), per la conduzione di una politica monetaria unica e per la creazione di una nuova moneta unica nella terza fase.

- Successiva istituzione della BCE con insediamento l’1 giugno 1998

3 fase UEM:

dal 1 gennaio 1999

Progressivo passaggio alla moneta unica tramite la conduzione di una politica monetaria unica sotto la responsabilità della BCE e fissazione

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irrevocabile dei tassi di cambio delle valute dei primi 11 Stati membri partecipanti all’Unione monetaria. Oggi gli Stati sono 17.

La terza fase è a sua volta caratterizzata da una serie di tappe:

- 1 gennaio 1999: periodo transitoriol’euro non è ancora in circolazione ma può essere usato come moneta strutturale (pagamenti con bancomat, carte di credito e debito, assegni, ecc.) per tutte le operazioni che non richiedono l’uso di contante.

- 1 gennaio 2002: l’uro in circolazionedal 1 gennaio al 28 febbraio 2002 euro e lira circolano insieme; dal 1 marzo 2002, la lira perde definitivamente corso legale, sostituita dall’euro.

I cittadini ancora in possesso della vecchia moneta, potranno cambiarla gratuitamente in euro fino al 2012, presso le filiali provinciali della Banca d’Italia.

La terza fase segnò l’inizio della vera e propria unione monetaria, con l’istituzione di un Sistema europeo di banche centrali (SEBC) composta dalla BCE e dalle preesistenti banche centrali nazionali.

La struttura dell’UME:

Base giuridicail Trattato che istituisce la comunità europea TUE (Trattato unione europea) del 1992 e lo Statuto del Sistema europeo di Banche centrali e dalla BCEdel 1 giugno 1998.

- La BCE costituisce il nucleo dell’eurosistema e del SEBC. La BCE e le banche centrali nazionali svolgono in collaborazione i compiti ad esse conferiti. La BCE è dotata di personalità giuridica ai sensi del diritto pubblico internazionale.

- Il SEBC comprende la BCE e le banche centrali nazionali di tutti gli Stati membri dell’UE indipendentemente dal fatto che abbiano adottato l’euro.

- L’eurosistema è composto dalla BCE e dalle BCN dei paesi che hanno introdotto la moneta unica. L’eurosistema e il SEBC coesisteranno fintanto che vi saranno Stati membri dell’UE non appartenenti dell’area dell’euro.Infatti non hanno aderito all’UME il Regno Unito e la Danimarca le quali hanno inserito la clausola di opting-out, con cui questi due Paesi, fino a loro diversa decisione, sono esonerati dall’Euro; poi abbiamo la Svezia che non ha rispettato i canoni per entrare nell’Eurozona e continua a non rispettarli perché contraria ad entrare nell’Euro.

- Area dell’euro: i paesi che hanno adottato la moneta unica

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Dal 1 Gennaio 1999 la BCE ha assunto la responsabilità della conduzione della politica monetaria per l’area dell’euro che rappresenta la seconda maggiore economia al mondo dopo gli Stati Uniti.

L’area dell’euro è nata nel gennaio 1999 quando le BCN di 11 stati membri della UE hanno trasferito alla BCE le proprie competenze in materia monetaria e rinunciato alla propria sovranità monetaria, possibilità di fissare i tassi di cambio, operare svalutazioni ecc…

UME E CONVERGENZA

L’accesso alla terza fase fu subordinato da Trattato di Maastricht a criteri di convergenza sulle variabili economiche chiave per la stabilità monetaria e finanziaria, quali tasso di inflazione, tassi di interesse monetari, deficit delle PA e stock del debito.

Per aderire all’area dell’euro i 17 paesi hanno dovuto soddisfare i criteri e tale condizione si applicherà anche agli altri Stati membri dell’UE che in futuro adotteranno la moneta unica. I criteri di convergenza definiscono, sul piano economico e giuridico, i presupposti per partecipare con successo all’Unione economica monetaria (UME)

I 5 criteri di convergenza, fissati nel protocollo allegato al trattato di Maastricht:

1. debito pubblico non deve superare il 60% del PIL

2. disavanzo nei conti dello Stato non oltre il 3% del PIL

3. inflazione contenuta entro il limite dell’ 1,5% della media dei migliori 3 stati membri

4. la moneta nazionale deve stare dentro le fluttuazioni previste dall’accordo di cambio con le altre monete europee

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5. occorre rispettare, rispetto al tasso di cambio, i margini normali di fluttuazione previsti dal meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo per almeno 2 anni, senza svalutazione nei confronti della moneta di qualsiasi Stato membro (aka Stabilità dei tassi di cambio).

1995: si aggiungono Austria, Finlandia, Svezia

1993: si è aperto un percorso,formalizzato nel Consiglio di Copenaghen, all’allargamento di ulteriori 10 Stati, provenienti dall’ex blocco comunista. Il percorso approva anche il principio di condizionalitàper l’ingresso nella Comunità, principio che richiama al rispetto di standard economici e giuridici. Questi ultimi riguardano l’attuazione dei principi democratici, dello Stato di diritto e la garanzia dei diritti umani e delle minoranze, così che tutti gli Stati hanno modificato sia la loro legislazione primaria, sia le loro Costituzioni. Tali condizioni sono entrate ufficialmente nel Trattato di Amsterdam (1997), che prevede (oltre le già citate condizioni del Consiglio di Copenaghen) la garanzia di un’economia di mercato operativa e la capacità di competere con le economie sociali di mercato dell’Unione; la capacità di assumere e rispettare gli impegni derivanti dallo status di Stato membro. Il Trattato fa un passo ulteriore nell’identità politica europea, definendo il nucleo duro dei valori fondanti dell’Unione nei principi di “libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo, delle libertà fondamentali e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli stati membri”.

Trattato di Nizza (2001): riforma il sistema giurisdizionale e il sistema di voto del Consiglio, ampliando i casi di procedura di codecisione, affinché le istituzioni comunitarie corrispondano ad una Comunità così allargata. Con il Trattato di Nizza il voto era stato ponderato per i paesi più popolosi: ad ogni Paese corrisponde un voto ma ogni voto ha un valore diverso a seconda del peso demografico nel Paese dell’Unione (Paesi popolosi: un voto vale 27-29; paese medio popoloso: 15 ecc.).Per evitare, però, che le decisioni siano prese da pochi paesi e popolosi

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come Francia e Germania,affinché una minoranza possa bloccare una decisione presa, questa deve essere composta da almeno 4 paesi.

La terza fase (2002-2012)

Il 1 gennaio 2002 entrano in circolazione i biglietti e le monete in euro e prende avvio la Convenzione (composta dai rappresentanti dei governi, dei PN e del PE) sull’avvenire dell’Europa. Si preparò il Trattato che adottava una Costituzione per l’Europa firmato a Roma nel 2004 dai 25 componenti dell’Unione ma ebbe esiti negativi con i referendum francese e olandese (2005). I Trattati istitutivi successivi riprendono quasi integralmente i contenuti del Trattato firmato nel 2004, salvo le parti simbolicamente più costituzionali (l’inno, la bandiera, la giornata europea del 9 maggio, il motto).

Il Trattato di Lisbona entrò così definitivamente in vigore il 1 dicembre 2009 per 27 Stati membri (nel 2007 avevano aderito anche Romania e Bulgaria).

IL TRATTATO DI LISBONA (2009)

Il Trattato è composto da due parti:

1. Il Trattato sull’Unione Europea(TUE)che raccoglie tutte le disposizioni relative ai principi fondamentali dell’ordinamento europeo e la ripartizione delle competenze all’interno delle istituzioni.

2. Il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE)che tratta delle politiche comunitarie.

Ai Trattati è stata allegata la Carta dei diritti.

Gli obiettivi dell’Unione sono diventati molto più ambiziosi:

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- creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne“in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione alla criminalità e la lotta contro quest’ultima”

- sviluppo sostenibile dell’Europa basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia competitiva che mira alla piena occupazione e al progresso sociale e su un elevato livello di tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente, con la promozione del progresso scientifico e tecnologico. (E’ il modello dello Stato sociale di diritto).

- I commi 4,5,6 concludono la definizione costituzionale dell’identità europea con il riferimento all’Unione economica e monetaria, la cui moneta è l’euro, e con l’affermazione e la promozione dei valori nelle relazioni con il resto del mondo.

Sul piano del processo decisionale, il Trattato di Lisbona rafforza il ruolo del Parlamento Europeo grazie all’estensione della procedura di codecisione per la maggior parte degli atti legislativi.

Sul piano istituzionale, il Trattato di Lisbona innova il quadro attuale, istituendo il presidente del Consiglio europeo e collegando l’elezione del presidente della Commissione all’esito delle elezioni europee. Dal punto di vista dei diritti, il Trattato rende i diritti della Carta, dei diritti fondamentali, giuridicamente vincolanti e potenzia anche la partecipazione democratica dei cittadini: adesso almeno 1 milione di cittadini di un certo numero di Stati membri può sollecitare la Commissione a presentare delle proposte di atti legislativi. Sul piano delle relazioni con l’esterno, il Trattato conferisce personalità giuridica all’UE e introduce la figura dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri.

Art. 50 del TUE: Diritto di recesso

Il trattato di Lisbona concede agli stati membri di recedere dall’Unione europea spontaneamente e unilateralmente. Uno Stato membro non può recedere spontaneamente e unilateralmente dall’Unione monetaria se prima non recede dall’Eurozona. Per uscire dall’Euro devono, quindi, prima uscire dall’Europa! La UEM ha un vincolo più forte per gli Stati membri rispetto all’Unione europea.

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Art. 5 del TUE: Principio di attribuzione: attribuzioni dell’Unione Europea sono solo quelle espressamente previste dai Trattati; significa che l’Unione Europea non ha competenze generali ma solo specifiche e funzionali. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei Trattati, appartiene agli Stati membri. Questa delimitazione peraltro non significa separazione perché “in virtù del principio di leale cooperazione, l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati”.

Principio di proporzionalità: l’Unione Europea deve utilizzare solo i mezzi prettamente necessari agli obiettivi da realizzare. Il contenuto e la forma dell’interventodeve essere proporzionato agli obiettivi da raggiungere.

Principio di sussidiarietà: mira a stabilire il livello di intervento più pertinente nei settori di competenza condivisa tra l’UE e gli Stati membri; vuol dire che l’intervento dell’UE è ammesso solo se l’obiettivo può essere raggiunto dall’Unione Europea in modo più efficacedegli Stati membri. Tale principio fa sì che le decisioni siano prese al livello più vicino possibile ai cittadini.

Si sperimenta così un moderno schema di government-governance multilivello (europeo, statale, regionale, locale) basato su un mix equilibrato. Il divenire dell’integrazione europea trasforma le Costituzioni degli Stati membri: ad esempio nella prima fase (1957-92), per quanto riguarda l’Italia, è mutato il sistema delle fonti, il rapporto fra ordinamento comunitario e ordinamento italiano, il ruolo centrale della Corte costituzionale. La crisi globale in corso esaspera le tensioni e richiede ulteriori interventi di riforma sia all’interno dell’Unione (Trattato di Lisbona, MES, fiscal compact) sia all’interno degli Stati (per l’Italia art. 81 Cost. e art. 41 Cost.).

L’Unione Europea dispone di un assetto istituzionaleattraverso cui persegue i suoi obiettivi.

Le istituzioni europee che devono attuare una cooperazione fra loro sono:

Parlamento Europeo

Consiglio Europeo

Consiglio dell’Unione europea o più semplicemente “Consiglio”

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Commissione europea

Corte di giustizia dell’Unione Europea

Banca Centrale Europea

Corte dei conti

3 “Consigli” da non confondere:

- Consiglio europeo (EuropeanCouncil): l’organo politico dell’UE avente sede a Bruxelles, cioè colui che determina le priorità, le attività di indirizzo e gli impulsi necessari allo sviluppo della UE. Composto sia dai Capi di Stato degli Stati membri sia dai Capi di governo. Il presidente del Consiglio e vicepresidente della Commissione europea introdotti col Trattato di Lisbona!

Si riunisce ogni 4 mesi. Il presidente si elegge ogni 2 anni.

- Consiglio dell’Unione Europea: sede a Bruxelles. E’ l’organo non politico e i cui membri, ovvero i Ministri degli Stati membri, rispondono democraticamente ai loro parlamenti nazionali. Esercita, insieme al Parlamento europeo, poteri legislativi e di bilancio.

Si riunisce periodicamente per discutere di problematiche varie. Il presidente del consiglio dell’UE si alterna a rotazione ogni 6 mesi.

- Consiglio d’Europa (non fa parte dell’UE), è un organizzazione internazionale di cui fanno parte sia stati europei che non europei. 47 Stati membri di cui 27 europei e 20 non europei.Ha sede a Strasburgo e l’obiettivo principale è il rafforzamento dei diritti umani e della democrazia in tutto il mondo. Cerca di combattere la xenofobia e l’intolleranza.

Commissione europea: funzione di controllo; può avere su delega del Consiglio, poteri legislativi. La particolarità è che i membri vengono scelti per la loro competenza tecnica;