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speciale 1 /13 GIUGNO MENSILE DI DIVULGAZIONE CULTURALE - WWW.DECARTA.IT VITERBO | DAL 27 GIUGNO AL 7 LUGLIO

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Speciale Caffeina Festival 2013

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1/13GIUGNO

M E N S I L E D I D I V U L G A Z I O N E C U LT U R A L E - W W W. D E C A R TA . I T

VITERBO | DAL 27 GIUGNO AL 7 LUGLIO

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UNINDUSTRIA VITERBO

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www.un-industria.it

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DECARTAScripta volant

Mensile di divulgazione culturaleNumero 1/2013 – Giugno

Distribuzione gratuita

Direttore responsabileMaria Ida Augeri

Direttore editorialeManuel Gabrielli

RedazioneMartina Giannini, Gabriele Ludovici,

Martina Perelli

Redazione web e photo editorSabrina Manfredi

DesignMassimo Giacci

EditoreLavalliere Società Cooperativa

Via Luigi Rossi Danielli, 4501100 VITERBO

Partita Iva [email protected]

Iscrizione al ROCNumero 23546 del 24/05/2013

StampaUnion Printing SpA

Stampa su carta uso mano riciclata Igloo offsetChiuso in tipografia il

21/06/2013

Foto di copertinaDaniele Vita

www.decarta.it

DECARTA GIUGNO 2013 3

editoriale

Improvvisamente, ci rendiamo conto di tante cose, si fa più attenzione a come ci simuove e a ciò che si ha intorno; d’altronde qualsiasi notizia dell’Italia o dal mondoci fa sentire sull’orlo di un baratro, inciampare potrebbe essere fatale. È solo grazie

a questa ritrovata coscienza che oggi notiamo quei cavi scoperti e quella sporcizia che,da non meno di venti anni, fa da contorno all’immobilismo della nostra città.

Centinaia di insospettabili persone in visita a Viterbo apprezzano ogni fine setti-mana arcate di peperino, vicoli inaccessibili e la tranquillità di un luogo preservatodalla noia. Ma noi, gli autoctoni, tediati dal grigiore della pietra e dai riflessi neri deisampietrini non possiamo fare a meno di considerare la nostra città come quellamadre che ci ha cresciuti e alla quale vogliamo tanto bene, ma della quale sottoline-iamo quasi esclusivamente i difetti. Poi, come in tutte le buone famiglie, c’è chi se neva via di casa per non tornare mai più, o chi dopo una lunga permanenza all’estero allaricerca di nuovi stimoli torna a casa e si ricorda di quanto sono buone le lasagne dimamma!

Forse aveva ragione Aldous Huxley, il nostro cervello non è nient’altro che un fil-tro per i sensi e così, come dopo due ore seduti nello stesso scompartimento diquel signore che sembra non lavarsi da due settimane non ne sentiamo più

l’odore, dopo venti, trenta, quaranta anni di passeggiate in mezzo agli stessi vicoli nonci rendiamo più conto di ciò che scorre ai lati del nostro sguardo.

In questo momento è in corso un processo quasi sconosciuto per questa città, ilocali notturni sono sempre più frequentati mentre sono sempre di più le vetrine vuoteda Porta Romana fino a piazza Verdi. È la fine dell’immobilismo e fa paura, perché sitratta di un processo inarrestabile e dalle conseguenze imprevedibili.

La nostra rivista e prima di lei la nostra cooperativa nascono non per caso in que-sto momento, con l’intento di aiutare un cambiamento che, atteso da tanti anni, me-rita di essere accompagnato.

Queste pagine sono qui per dare voce a chi ha qualcosa da dire, in un momentodove tutti possono parlare ma nessuno viene ascoltato, e quindi invitiamo chi sentequesta necessità a mettersi in contatto con noi.

Manuel GabrielliPresidente Lavalliere Società Cooperativa

Atto di nascita

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erasmus & co.Redazioni internazionaliMartina Giannini

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aula magnaApprendisti in officinaMartina Perelli

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acido latticoShe got gameGabriele Ludovici

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xenofiliaNé carne, né pesceManuel Gabrielli

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ippocampoLa fontana… speraManuel Gabrielli

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nota beneFerro Vecchio, c’è del nuovoGabriele Ludovici

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speciale LudikaViaggio nel tempo a ViterboGabriele Ludovici

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xenofiliaBarriere astratteManuel Gabrielli

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16 Dentro CaffeinaCarlotta Caroli

20 Effetto Caffeina: la culturamuove l’economiaMartina Perelli

22 Proiezioni e incontriFrancesco Mecucci

24 Il giallo e il neroPietro Corinti

25 JazzUp Festival 2013

26 Senza CaffeinaPaolo Manganiello

27 Ciclo Sport

27 Keep your groove!

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Come si fa un’intervista? Sono mat-tine che mi sveglio con questa do-manda in testa, persino oggi, il

problema è che non mi so dare una ri-sposta. Penso a come pormi, a cosa chie-dere, se usare il registratore, ma alla finerimango sempre con questa strana sen-sazione che mi chiude lo stomaco.

Io un’intervista non l’ho mai fatta,comincio solo ora a muovere i primipassi in quello che è il vasto mondo dellacomunicazione. Figuriamoci scrivere peruna rubrica riguardante le relazioni in-ternazionali dell’università, che poi hoscelto io. Oggi mi trovo nell’ex facoltà diAgraria per intervistare il delegato delrettore e coordinatore per le relazioni in-ternazionali, il professor Stefano Grego.

Per prima cosa mi vengono illustratii motivi che spinsero, nel 1988, il Rettoread aderire all’iniziativa Erasmus, ovverola convinzione che le giovani generazionidi tutto il mondo siano uguali e abbianoil diritto e il dovere di costruire una cul-tura comune, un ponte che le avvicini eabbatta pregiudizi e stereotipi; in se-condo luogo si è voluto dare un’opportu-nità agli studenti che volessero arricchireil proprio curriculum universitario e leproprie esperienze.

Proprio in quell’anno l’Universitàdegli Studi della Tuscia diede questa op-portunità a nove ragazzi, sette partironoper l’Olanda e due per l’Inghilterra.

Quest’anno lo stesso ateneo ha rice-vuto più di duecento richieste, di cui

spostano in tanti atenei del mondo.L’ultima domanda è diretta proprio al

ruolo rivestito dal professor Grego, checonsiste nel sensibilizzare i docenti allevarie relazioni internazionali, contattareuniversità straniere per mettersi in coo-perazione, allacciare più rapporti possibilie renderli disponibili agli studenti. Neglianni è stato punto di riferimento permolte iniziative ed ha ottenuto riconosci-menti, come Laurea ad Honoris Causa, dafacoltà in Romania e in Mozambico.

L’intervista giunge al termine, rin-grazio per la disponibilità e me ne vado.Inevitabilmente sono spinta a rifletteresulle lacune che noi studenti, me com-presa, abbiamo in molti aspetti della vitauniversitaria. Solo dopo aver parlato conchi di questo se ne intende, chi lavora pernoi, mi rendo conto di quanto si necessitidi totale e continua informazione, perciòspero di poter essere d’aiuto con questarubrica e di chiarire come funziona ilcomplesso meccanismo delle relazioniinternazionali.

centocinquanta con esito positivo, que-sti sono numeri che dovrebbero renderciconsapevoli degli sforzi fatti e delle meteraggiunte dalla nostra università.

Numerosi sono i progetti all’attivooltre Erasmus, come Tempus, pro-gramma che nasce per l’integrazione diPaesi non europei, Erasmus Mundus checollega l’Europa a Paesi dell’America La-tina, Est Europa e non solo. Parlando, ilprofessor Grego, mi spiega che l’univer-sità fa parte di un network che com-prende strutture di tutto il mondo, lequali cooperano per progetti di ricercasul campo, raccolta dati che in alcunicasi posso riguardare le nostre tesi di lau-rea; mi ha molto colpita l’esperienza uni-versitaria e di vita fatta da alcuni ragazziche spinti dal loro interesse per le pro-blematiche del terzo mondo partecipa-rono ad un progetto di ricerca sul campoin Kenya. Un’altra iniziativa, che ormaida tempo è ben radicata, è il gemellaggiocon studenti americani che hanno la pos-sibilità di studiare un semestre da noi.

“L’Università della Tuscia, pur es-sendo una piccola realtà, ha cercatodi avere radici in Europa e non

solo”, dice il professore. Radici mi dà unsenso di appartenenza, mi fa sentire acasa non mi fa pensare ad un Paese ino-spitale, mi fa capire che con gli anni sisono consolidati rapporti molto forti, midà l’idea di un flusso di tecnici, profes-sori e studenti che collaborano e che si

erasmus & co.

Redazioni internazionaliMartina Giannini | [email protected]

Avvicinare le giovani generazioni di tutto il mondoper una cultura comune che abbatta pregiudizi e stereotipi.

Stefano Grego

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Io l’avevo capito che quello non era ungiorno qualunque. Avevo dormitopoco, forse per il caldo soffocante,

forse perché certi pensieri fanno moltorumore. Fatto sta che quella torrida mat-tina di luglio duemilaundici io non eropaga. E quando non sono calma ripetosempre gli stessi gesti rituali, così mi erovestita ed ero uscita per comprare qual-cosa che mi desse la giusta tranquillità,qualcosa di futile. Per l’esattezza me netornai a casa con una salsa-yogurt damettere sull’insalata e un bagnoschiumamiracoloso, almeno a sentire la casa pro-duttrice: di quelli profumati, dolci, cheavvolgono.

Rientro a casa e decido che è il mo-mento di una doccia, ché la doccia schia-risce sempre le idee. E quella, d’idea, mifrullava in testa da un po’. L’acqua calda miscorre addosso e realizzo che il motivo ditanta inquietudine in quella mattina cometante è solo uno: ora so cosa fare.

Esco dalla doccia, chiamo i miei e doil grande annuncio: mi iscrivo a Lettere.

gliato e di chi studia, delle aule, della bi-blioteca che sa di carta, quello di chi faricerca e di chi, in questo luogo comunedel “con le lettere e la comunicazionenon si mangia”, ha deciso che sì, ci simangia eccome.

Ecco, per quanto riduttivo e forseinadatto, è questo che ho pensatoalla fine dell’ultimo incontro de

Nell’officina di… “La comunicazione”:sono uscita dalla stanza e ho pensato acosa questo ciclo di conferenze mi avesselasciato. Penso di poter rispondere: laconsapevolezza che con la comunica-zione, le lettere e la creatività si mangia,si vive e si cresce. Questa iniziativa mi èpiaciuta fin dalla locandina, mi è pia-ciuta nel nome: “officina” sa di bottega,di lavoro, di fatica ricompensata. Alloraho voluto cercare l’ideatore di tutto que-sto, Giovanni Fiorentino, per chiederglicosa lo avesse portato a partorire questaidea, a contattare insigni ospiti, a mettersu una macchina funzionante e se, comenelle migliori botteghe, il lavoro che c’èdietro avesse portato a qualcosa.

Professore, come nasce Nell’officinadi… “La comunicazione”?«L’officina nasce lo scorso anno accade-mico, come opportunità per gli studentiche vogliono entrare in contatto con gliambiti professionali legati alla comuni-cazione. Gli obiettivi che l’Officina sipone sono due: portare all’interno del-l’università professionisti diversi tra loroma tutti operanti ad altissimo livello, efar capire agli studenti qualcosa d’im-portante: è possibile lavorare con la co-municazione, anche in questo territorio.Formarsi nell’ambito della comunica-zione significa fare un investimento per-sonale molto alto, ma si può. A renderlopossibile nel Viterbese sono anche realtà

Tralasciamo il fatto che ero già iscritta aun altro corso di laurea, in un altro ate-neo, in un’altra città.

Ma io, Martina, voglio studiare Let-tere, laurearmi in Lettere e vivere di que-sto. Uno ci può provare ad andare controla propria natura ma è sempre lì prontaad emergere, prepotente. Quindi molloPerugia, mollo tutto e torno all’ovile. Dinuovo matricola, pronta a mettermi ingioco. Non sto a dirvi di questo o quellosguardo di disapprovazione di chi, piùfurbo di me, mica sta a scegliere Letterecon questi chiari di luna, ché “almeno conGiurisprudenza qualcosa facevi, con que-ste materie umanistiche proprio non so”.

Ma io, borsa in spalla (niente zaino,non è da signorina) e agenda alla mano,una mattina di fine settembre entro alDisucom, il Dipartimento di ScienzeUmanistiche della Comunicazione e delTurismo dell’Università della Tuscia.Forse da allora, dalla prima lezione, misi apre un mondo e di questo mondo vo-glio parlarvi: quello dello studente svo-

aula magna

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Apprendisti in officinaCon la comunicazione, le lettere, la creatività,si mangia, si vive e si cresce.Martina Perelli | [email protected]

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ed esperienze con cui ho avuto la fortunadi collaborare: ad esempio i festival Caf-feina, TusciaFilmFest e Medioera con leorganizzazioni e le risorse umane e pro-fessionali che ci sono alle spalle. Si trattadi iniziative che operano sul territorio eintervengono sui processi comunicativia vari livelli.»

A tal proposito, come hanno rispostogli studenti a questa iniziativa? Che ri-scontri ha avuto?«La risposta è interessante e controversa:molti hanno vissuto l’iniziativa con en-tusiasmo e il riscontro è stato impor-tante. Dobbiamo però pensare a un altrofattore: la partecipazione agli incontriprevedeva il rilascio dei famosi CFU(crediti formativi universitari), intornoal quale tutto il sistema universitariosembra girare. In assenza del rilascio cre-diti, gli studenti avrebbero ugualmentepreso parte all’iniziativa? Gli incontri di“Nell’officina di…” rappresentano possi-bilità di incontrare esperienze professio-nali e occasioni di formazione che vannoben al di là dei “crediti”.»

Il “dopo Officina”: a conti fatti ha rag-giunto gli obiettivi prefissati?«Non nego che ci sia stato impegno e la-voro consistente. A dare la spinta e lavoglia di proseguire sono ancora e so-prattutto gli studenti: quando riesco adavere il riscontro, l’attenzione e magaril’interazione produttiva di un gruppo diragazzi, posso dire di aver lavorato benee di aver raggiunto l’obiettivo. C’è lo stu-dente che ti cerca, ti scrive e quello che ma-gari non parla ma a modo suo partecipa.»

Una domanda al Fiorentino spettatore:c’è un ospite che le ha lasciato qualcosain più?«Non me ne vogliano gli altri, ma credo

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chi, al contrario di lei, crede ancora poconelle possibilità della creatività e dellacomunicazione.»

Un ringraziamento, un saluto, e unmezzo sorriso stampato in faccia: nonero andata poi tanto lontano, “Officina”come laboratorio in cui la comunica-zione parla di sé agli altri e sembra dirci“A lavoro, ché si può fare”.

Giovanni Fiorentino,giornalista pubblici-sta, insegna Sociolo-gia della comunica-

zione e Sociologia dei consumi e dellapubblicità presso il Dipartimento diScienze Umanistiche della Comunica-zione e del Turismo dell’Università degliStudi della Tuscia.È inoltre il coordinatore del corso di lau-rea in Scienze della Comunicazione.

che Benedetta Bruzziches abbia datol’apporto più interessante e motivante:un’esperienza creativa e professionalelegata direttamente al territorio dellaTuscia. La Bruzziches, giovane talentomade in Tuscia, si è detta “una ragazzacome tante” che, non solo si è fatta im-prenditrice di se stessa avviando un’at-tività professionale e aziendale – laproduzione di borse con il marchioBruzziches – in tempi brevi e con risul-tati straordinari, ma ha anche fondato ilsuo investimento sul mondo della co-municazione. Ha dimostrato la capacitàdi mettersi in gioco in quella particolaresfera della comunicazione che utilizzatra l’altro i media sociali e dà la possibi-lità di fare esperienza di una comunica-zione immediata e globale. BenedettaBruzziches traduce operativamente lepossibilità e le capacità del territorio lo-cale in un mondo che si è fatto globale. Erappresenta, con i suoi ventotto anni, unesempio di fiducia nelle proprie capacitàe un incitamento per ogni studente, e per

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Benedetta Bruzziches, designer di accessori moda

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La storia italiana è in mano ad eredi-tieri. Nel mondo del privato c’è chiha ereditato così tanti immobili da

non conoscere precisamente nemmenoil loro numero e spesso è questo il mo-tivo di tanti ruderi. Ma anche noi comecittadini italiani siamo ereditieri di qual-cosa, più precisamente siamo compro-prietari di tutto ciò che è pubblico, che siaun parco o un palazzo. Allo stesso mododei grandi ereditieri privati neanche noiconosciamo tutte le nostre proprietà, e lamaggior parte non le vedremo mai.

Sempre considerando un ereditiereprivato, potrebbe essere possibile per luinon conoscere quella lontanissima casaereditata da un prozio in Argentina, maè del tutto impossibile che non conoscala casa dove lui stesso va a dormire tuttele sere. Eppure esagerando questo para-gone sembra questa la sorte di Viterbo,una casa sotto molti aspetti sconosciutaper i suoi stessi abitanti. Passando da-vanti a molti luoghi ne ignoriamo la sto-ria e a volte anche l’esistenza, ed è qui chela responsabilità di ognuno di noi consi-derando come proprio il bene pubblicodovrebbe trascendere dall’operato dellapubblica amministrazione.

Questo articolo ho deciso di incen-trarlo su di un luogo mancato, per farlomi ci sono recato a piedi, mi sono sedutosu una lastra di peperino e come me hafatto una signora, vorrei sottolinearequesto aspetto perché nonostante siacome ho detto un luogo mancato, ri-mane comunque frequentatissimo, l’at-mosfera intorno è animata, alla miasinistra le costolone di legno della pi-scina comunale, alla mia destra l’orato-rio del Murialdo e davanti a menonostante ci siano dei bellissimi abeti acoprirmi la vista, posso facilmente im-maginare le vetrate del palazzetto dello

si è trattato non di un’intervista, ma diuna piacevole conversazione che haavuto come tema l’opera e della quale ri-porterò i concetti salienti.

FONTANASFERA fu un lavoro commis-sionato dalla Regione Lazio, un dono allacittà di Viterbo. Alla commissione è se-guito un sopralluogo, la scelta della zonada parte dell’autore non fu assolutamentecasuale. Per risalire ai motivi è necessariotornare indietro di 22 anni quando alposto della piscina comunale e del par-cheggio adiacente c’erano solo terra esterpaglie, uno spazio vergine in mezzoad una zona residenziale. Furono presiin considerazione altri quartieri, peresempio Pianoscarano, ma non si vollesovrapporre l’opera a qualcosa di già esi-stente, l’idea fu piuttosto di creare unpunto di partenza per la nascita di unluogo, un ipotetico parco.

La tematica alla base di tutte le operedi Capotondi è la nascita. Questo signi-

sport. Tutto intorno macchine e personedi passaggio, la stessa signora vicino ame è di passaggio e probabilmente nonsa bene su cosa si è appena seduta. Mabasterebbe allungare lo sguardo per leg-gere tutto in maiuscolo su una targa dibronzo ossidata: “REGIONE LAZIO –COMUNE DI VITERBO – 1992 – FON-TANASFERA – CLAUDIO CAPO-TONDI.

Vivo a pochi passi da quest’opera, mapoche volte mi ci sono recato volonta-riamente, spesso ci sono passato vicino,questa volta mi trovo seduto qui perchétra pochi minuti parlerò con il suo crea-tore e nonostante conosca il luogo voglioavere un ricordo vivido per l’incombentetelefonata.

Il maestro Claudio Capotondi nonè residente a Viterbo, si è reso quindi ne-cessario un contatto telefonico previa in-troduzione di un amico comune cheringrazio; ne consegue che la mia telefo-nata era attesa e forse per questo motivo

ippocampo

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La fontana… speraCitata tra le promesse elettorali,anche l’opera del maestro Capotondi attende il cambiamento.Manuel Gabrielli | [email protected]

Una rara immagine della fontana in funzione

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ficato in un linguaggio definito organicogeometrico si traduce in un rapporto tral’interno è l’esterno, le sue sculture fannoesplodere un contenitore per tirarnefuori il contenuto. La sfera di granito,rosso come il sangue, già di suo simbolodi vita, svuotata del suo interno non tra-disce la tematica del contenuto, il tutto èanzi enfatizzato dalla presenza di unaltro simbolo di vita, l’acqua. La strutturadi supporto della sfera, la vasca e la pavi-mentazione di contorno seguono invecela tematica dell’esplosione, attraverso unadisposizione radiale rispetto alla sferacentrale.

La pavimentazione in granito serizzodella Val d’Ossola merita poi un appro-fondimento, non prevista nel preventivofu voluta e curata in un secondo mo-mento dallo stesso autore, il quale si oc-cupò personalmente della scelta, delreperimento del materiale e della parti-colare disposizione a terra.

La fontana, presentata a dicembre del1992 funzionò per un lasso ditempo molto breve, infatti fu notato

che durante le giornate di forte tramon-tana l’acqua nebulizzata si andava aghiacciare sul manto d’asfalto della stradaadiacente, un pericolo non trascurabileper gli automobilisti di passaggio.

Forse non tutti sanno che una fon-tana per funzionare regolarmente ed es-sere presentabile ha bisogno di unamanutenzione frequente, si parla di unintervento di controllo dell’impiantoidraulico e di pulizia della vasca ogni duesettimane, un impegno ritenuto forse ec-cessivo e che sancì uno spegnimento pe-renne dei cannoni ad acqua.

Fu così che non si ritenne più di darespazio al verde, pochi anni dopo la zona

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per qualche mese evitò che l’opera siriempisse di nuovo di graffiti ed immon-dizia. Oggi la recinzione è stata rimossa,e se di giorno ogni tanto qualche signoraaccidentalmente è possibile che si siedasull’orlo della sua vasca, nelle ore not-turne è un luogo che viene inghiottitodall’oscurità.

Il motivo del suo degrado è però unaltro, ed è la più volte citata mancanza dimemoria o in alcuni casi di conoscenzadi un luogo, il quale è maltenuto proprionel suo essere diventato un non-luogo,del quale non si ritiene necessario fareattenzione.

circostante la fontana venne asfaltata, ra-dici degli abeti comprese, la centralinadell’acqua vittima di atti vandalici vennetotalmente smantellata e quindi oggiFONTANASFERA è un’opera dimenti-cata ed un luogo non riuscito.

Come molti spazi degradati della no-stra città FONTANASFERA riceve pe-riodicamente le attenzioni di qualcheschieramento politico di opposizione, iltutto però, specifichiamolo, per miraresolo ad una cattiva gestione dell’ammi-nistrazione di quel momento. L’unico in-tervento di pulizia avvenne nel 2008 e loseguì una “bellissima” recinzione che

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Disegni originali del maestro Capotondi

La fontana come si presenta oggi Claudio Capotondi (1932) è uno scul-tore originario di Tarquinia oggi resi-dente a Pietrasanta, vicino le cave diCarrara dove crea e scolpisce perso-nalmente le sue opere. Nel 2000 ha ri-cevuto dalla città di Carrara l’ambitopremio Michelangelo e le sue sculturesono presenti in numerose collezionid’arte nel mondo.

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Entrando nel PalaMalè, il tempio delbasket viterbese, si nota subito lagrande scritta Virtus che compare

nella tribuna, disegnata dal contrasto trai seggiolini gialli ed azzurri che accol-gono i tifosi. La Virtus Viterbo nacquedalle macerie della vecchia Sisv ed è statal’anello di congiunzione che ha portatoalla nascita dell’attuale principale societàcestistica viterbese, la Basket Ants, mili-tante in Serie A2 e nota anche con la de-nominazione dello sponsor Defensor.

Il basket femminile viterbese ha unastoria importante, che ha avuto il proprioculmine con la conquista della CoppaItalia nel 1984 sotto la denominazioneSisv. Numerose vicessitudini societarienon hanno spento l’entusiasmo di unmovimento che ora si affida a nuove egiovani protagoniste, con un occhio peròalla storia: non a caso una tragica occa-sione, ovvero la scomparsa dell’ex-gioca-

permanenza nella categoria superando aiplay-out la Consum.it Siena, dopo averconcluso la regular season al decimoposto. Prima della gara abbiamo volutointervistare tre giocatrici che hanno di-sputato questa stagione con la casaccagialloblu, per mostrarvi da vicino la re-altà di questa squadra che ha saputo rea-gire dopo un inizio di campionatodifficile e reduce da un ripescaggio cheha permesso loro di avere una “secondachance” nel torneo di A2.

Vi presentiamo quindi AnnamariaRomagnoli, ala tarquinese che nono-stante abbia venti anni si può conside-rare una veterana in quanto milita daben cinque stagioni nella Defensor; Giu-lia Manzotti, ala romana classe ’93, cheha disputato il suo primo anno a Viterbodopo una annata con la Lussana Ber-gamo; Lorenza Spirito, guardia civita-vecchiese classe ’90, punto fermo dellasquadra da due stagioni.

Come è nata la vostra passione per lapallacanestro?Annamaria Romagnoli «Sia mio padreche mio zio hanno giocato a basket a li-vello amatoriale; ho iniziato a giocare aTarquinia ed in seguito ho passato gli ul-timi anni delle giovanili qui a Viterbo.»Giulia Manzotti «Il basket è sempre statauna passione di famiglia e l’ho ereditatafin da quando ero piccola. Mio fratello(Francesco Manzotti, ndr) attualmentegioca nell’Eurobasket Roma.»Lorenza Spirito «Ho iniziato a giocare apallacanestro quasi per caso, nella palestravicina a quella dove frequentavo ginnasticaartistica. Anche mia madre era una gioca-trice, ma non ha mai voluto influenzarmie la mia è stata una scelta personale.»

Nell’ultima stagione siete riuscite adottenere una difficile salvezza attra-

trice Anna Maria Tartarella avvenuta afebbraio a causa di un tumore, si è tra-sformata nella possibilità di creare unevento che ha coniugato beneficenza esport. Il ricavato della vendita di gadgete magliette prima dell’incontro verrà in-fatti devoluto a sostegno di alcune asso-ciazioni in prima linea nella ricerca enell’informazione medica.

Il primo memorial Tartarella, pro-mosso con lo slogan Un assist per Nanny,ha coinvolto giocatrici non solo del pre-sente ma anche del passato recente viter-bese, come Valentina Siccardi (campio-nessa d’Italia a Taranto) e Monica Bona-fede. Una partita di esibizione che ha ri-chiamato al palasport un buon numerodi appassionati, al termine di una sta-gione in cui le ragazze allenate da CarloScaramuccia – storico coach e tra i fon-datori della Virtus – hanno centrato la

acido lattico

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She got gameIl basket femminile a Viterbo attraverso una tripla intervistaalle protagoniste in occasione del memorial Tartarella.Gabriele Ludovici | [email protected]

Anna Maria Romagnoli, Lorenza Spirito e Giulia Manzotti

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verso il viatico dei play-out. Siete co-munque contente di com’è andata que-sta annata?A.R. «Sono abbastanza soddisfatta ri-spetto all’anno passato... è stata una sta-gione molto bella dal punto di vistapersonale, visto che ho conosciuto moltepersone che mi ha fatto piacere incon-trare. Lo spirito di gruppo è stato deter-minante.»G.M. «Sono contenta perché abbiamo ot-tenuto la salvezza, ma ovviamente biso-gna pretendere sempre qualcosa in più.Anche io sono molto felice del rapportoche si è creato tra noi compagne di squa-dra fuori dal campo.»L.S. «Questa stagione è stata vissutamolto meglio e con più tranquillità ri-spetto a quella passata, a prescinderedalle prestazioni in campo. Noi ragazzepiù giovani siamo riuscite a creare un belgruppo anche grazie all’esperienza digiocatrici più grandi come Martina Rej-chova e Maria Francesca De Fraia.»

C’è stata qualche giocatrice o qualchegiocatore che avete ammirato in par-ticolare e da cui avete preso ispira-zione?A.R. «Sinceramente non seguo niente! Sedevo dirti un nome, Svetlana Knoutset-zova (ala di nazionalità russa che ha mi-litato a Viterbo dal 2005 al 2011, ndr).»G.M. «Sarà banale, ma ovviamente Mi-chael Jordan! Devo dire che anche miopadre è stato molto importante per me:mi sfidava e mi spingeva a dare sempre ilmassimo. Per “colpa sua” ho un grandespirito di competizione!»L.S. «Io ne cito due: Gianmarco Pozzecoe Gianluca Basile (ex giocatori della Na-zionale Italiana, ndr), anche se sono moltodiversi. Il primo era matto ed imprevedi-bile mentre il secondo era preciso e amodo, ma entrambi erano fortissimi.»

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l’essere riusciti a creare un evento che po-trebbe diventare un punto di riferimentoannuale di rilievo. Sul parquet, a finegara, è stata donata una targa ricordo allafamiglia Tartarella, in un misto di com-mozione ma anche di consapevolezza dicome la città di Viterbo sappia circondaredi affetto e stima coloro che sul campohanno lottato per contribuire a renderegrande un movimento sportivo.

La prossima stagione offrirà nuovesfide alla squadra presieduta da France-sca Pia Meloni e per le ragazze gialloblu.Ma dalle parole di Annamaria, Giulia eLorenza possiamo essere ottimisti: se ilgruppo è alla base di ogni vittoria, saràcomunque un successo. La Basket Antscontinuerà a dare battaglia e a formarenel proprio settore giovanile le protago-niste del futuro.

In conclusione, vogliamo spenderequalche parola su questo importantememorial dedicato ad Annamaria Tar-tarella?A.R. «Si tratta davvero di una bella ini-ziativa, e di questi tempi fare beneficenzaè qualcosa che fa sicuramente bene. Perquanto mi riguarda è bello ritrovare dellevecchie compagne ed avere la possibilitàdi giocare assieme a delle atlete che finoad ora avevo visto solo in televisione.»

In seguito in campo abbiamo assistitoad una partita molto divertente, conle giocatrici divise in due squadre

composte da giocatrici in forza alla De-fensor e non.

Ad imporsi è stata la formazione incasacca bianca su quella blu, ma il verosuccesso è ovviamente rappresentato dal-

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ShoKker, partiamo dai tuoi esordi nelmondo del rap.«Prima di conoscere il rap non mi eromai interessato alla musica. Poi a 12 anniho ascoltato il disco Encore di Eminem,in prestito da un amico, e dopo aver visto8 Mile mi sono deciso a scrivere le primerime ed i primi testi. Ovviamente eranoquasi senza senso, ma fin da allora riu-scivo ad andare a tempo!»

C’è qualcuno inizialmente che ti haspinto o incoraggiato a fare rap?«No, ho sempre fatto tutto da me, ri-sparmiando i soldi per comprare un mi-crofono e registrare. Nello stesso periodomolti miei amici si erano avvicinati alrap, ma col tempo molti si sono staccati:solo Silence è sempre rimasto attivo,anche se ora ognuno è preso dai propriprogetti.»

Com’è nata l’idea di iniziare a regi-strare?«Fino a 13 anni producevo materialeamatoriale, stampato nella copisteria dimio padre. Intorno al 2009 ho iniziato afrequentare le serate hip hop a Roma, en-trando nell’ambiente e finalmente nelcontesto giusto per vedere come funzio-nava. Successivamente ho realizzato leprime basi con Fruity Loops e compratoun microfono a condensatore. La mia

Nel 2011 hai vinto il premio PuntoZero all’evento Viterbo Record grazieal pezzo Chiudo gli occhi: quanto ha in-fluito sulla tua carriera?«È stata una vittoria che mi è piaciutatanto, per aver affermato il rap in unacittà che non lo apprezza ed aver otte-nuto dei passaggi in radio. Mi hannoascoltato in molti ed ho avuto un buonriscontro a livello cittadino. Unica cosanegativa… il fatto che tendo a fidarmimolto delle persone, e quando una emit-tente locale mi ha chiesto di realizzare unjingle l’ho fatto, tutto autoprodotto. Lomandano in onda da un anno… masono spariti senza pagarmi quanto con-cordato!»

Cose che succedono purtroppo… tut-tavia, come vedi il panorama rap inquesto momento?«Vedo un notevole aumento di personeattive, cosa che mi ferisce e mi fa gioireallo stesso tempo. Io non mi ritrovomolto in questa scena, che da un latovuole apparire “fresh” ma in realtà sicomporta come una setta, una religionementale con dei dogmi ben precisi. Laverità sta nel mezzo ed io faccio musicasoprattutto per comunicare: il rap vapreso con le pinze, ha il potere di espri-mere qualcosa con le parole… pur-troppo di questi tempi si parla molto e

demo (Io-Riflessioni, ndr) è stato un la-voro molto introspettivo, tutto autopro-dotto. Già all’epoca avevo un bel flow…tuttavia quella demo è rimasta nel miopc senza essere pubblicata! Non mi inte-ressava stamparla, in quel momento eropreso dalle serate ed avevo una conce-zione dell’industria musicale ancora in-genua.»

Sei noto anche come ottimo freestyler:cosa ti ha spinto a metterti in gioco inquesta difficile disciplina?«Anche in questo caso il punto di par-tenza è stato 8 Mile, che mi aveva cattu-rato in pieno. Prima ero timido ed un po’emarginato, ma col freestyle avevo tro-vato un modo di esprimermi di impatto.Inizialmente non ero bravo, ma è unapassione che ho portato sempre avanti edopo tante sconfitte ho iniziato a sbloc-carmi. Ho vinto il mio primo contest inVeneto, a Montebelluna, poi ho conti-nuato a fare sempre di meglio fino a rag-giungere a Roma una semifinale delTecniche Perfette (noto contest nazio-nale di freestyle, ndr) perdendo controCane Secco. Sono una persona moltoemotiva e sentivo la pressione, senzacontare tutto il viaggio in treno che miero fatto per arrivare lì da Viterbo! Perme il freestyle è stato importante per af-fermarmi fuori dalla mia città.»

nota bene

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Ferro Vecchio, c’è del nuovoViaggio nel mondo del rapper The ShoKker.Come costruirsi un palcoscenico dal nulla (o quasi).Gabriele Ludovici | [email protected]

L’hip hop italiano storicamente ha sempre vissuto di contraddizioni, momenti di esaltazionee di buio. Una scena a lungo sottovalutata e poi esplosa improvvisamente fino a portare

più di un suo esponente sulla ribalta nazionale, assumendo musicalmente quellecaratteristiche ibride che permettono persino la fusione con altri generi.

Lontano dai riflettori e dai video di MTV esiste però una realtà che lotta quotidianamenteper affermare la cultura hip hop dove apparentemente non sembra esserci terreno fertile.Dici Viterbo e di certo non pensi al rap, ma per Giorgio Ferrini – noto sul palco come

The ShoKker – questo di certo non è un problema. Classe ’92, nella sua giovane carrierasi è già tolto delle soddisfazioni affermandosi anche come freestyler – la disciplina in cui il rap vieneimprovvisato – in numerosi contest contro avversari di tutta Italia. Attualmente è entrato a far parte

della Ferro Vecchio Crew, a fianco di Ergal, Misha Ms e Tigna.

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non si ascolta, si dà la priorità alle apparenze. Stiamoattraversando musicalmente una fase di innovazione,ma io sono innovativo al contrario: mi piace il rapdelle origini, per puntare al messaggio e trasmetterecon le parole.»

Non deve essere facile comunque affermarsi dove ilrap non ha molto seguito.«Ho la dote di essere autocritico e di trovare da solo lemotivazioni per migliorarmi anche se non c’è nessunocon cui confrontarmi, questo è un aspetto che tutticoloro che si affacciano al rap dovrebbero assorbire.Le motivazioni comunque per me sono arrivate dopoaver iniziato, in principio rappavo solo perché mi pia-ceva. Adesso cerco di aiutare le nuove leve, cosa chenessuno aveva fatto con me. È un periodo in cui sonoun po’ fermo con i live, sono abbastanza stufo di ve-dere che la gente ascolta solo quello che fanno i loroamici: io salgo sul palco col cuore in mano e voglioessere ascoltato per davvero, per la musica ho sacrifi-cato amicizie e tagliato molti ponti, ora frequento pra-ticamente solo la mia ragazza e la crew.»

In tema di crew, come sei entrato in contatto conla Ferro Vecchio?«Sono persone che ho conosciuto prima musical-mente che personalmente; anche il loro progetto èautoprodotto ed autofinanziato. Sono stati loro achiedermi di entrare a far parte della crew, dopoavermi ascoltato in un live che ho fatto al Glitter Café,anche se all’inizio erano diffidenti nei miei confrontiperché sono giovane. Ora stiamo lavorando alla rea-lizzazione di un mixtape – che si intitolerà proprioFerro Vecchio – e cerchiamo di scovare serate e livedove esibirci. Speriamo di rendere il dj set al Milk,che abbiamo realizzato qualche settimana fa, unevento fisso.»

Oltre alla crew hai in cantiere un progetto perso-nale?«Sì, un lavoro tutto mio che verrà inciso su dei beatamericani. Sarà un prodotto che rispecchierà ognimia sfaccettatura, un progetto a lunga scadenza chemi porterò dietro anche se dovessi trasferirmi…»

In conclusione, c’è qualcuno che vuoi salutare oringraziare?«Oltre alla mia crew saluto e ringrazio la mia ragazzaVeronica Alfieri (a.k.a. Grafic Mind, ha realizzatola copertina del suo ultimo lavoro 3nta minuti dirisKaldamento, ndr), Simone Trinca di Radio Punch-linerz ed i ragazzi di More Fire.»

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Èmolto più di un festival culturale:c’è musica, teatro, cinema, arte, in-contri con autori e tanti libri, natu-

ralmente. È un eccitante culturale e civuole energia e la miscela giusta per rea-lizzarlo. È Caffeina Cultura, quel festi-val bellissimo – lasciatecelo dire, dopotutta questa fatica – che anima il centrostorico di Viterbo e lo fa vivere. Accadesolo durante Caffeina: durante il restodell’anno San Pellegrino è grigio. Vuoto.Solo. Resta bello anche con tutta quellasolitudine intorno, per carità, però conCaffeina è un’altra storia. C’è movimento.Persone che passeggiano, volontari chescorrazzano, tecnici del suono che cer-cano una soluzione, ci sono gli ospiti diCaffeina che rimangono estasiati, i re-sponsabili di location a cui manca sem-pre qualcosa; tutto lo staff, che halavorato al progetto per tutto l’anno, se lagode. Per quanto sia possibile, ovvio. C’èsempre il colpo di scena, un cambio im-provviso di location, un ospite che ri-nuncia, uno che arriva in ritardo, chiarriva nel giorno sbagliato. Oppure:

drea Baffo, direttore esecutivo del Festi-val, a quelli dello staff, tutte le volte chesembra la fine, li motiva con pensieri im-portanti: «Quando vi sembra tutto diffi-cile, quando vi sembra la fine, quandoavete nostalgia, o malinconia, quandosiete stanchi, affranti, chiedetevi anchevoi ciò che si chiede Carlos Castaneda.Nelle sue parole la risposta c’è, e non è dapoco conto: questa strada ha un cuore?Se lo ha la strada è buona. Se non lo hanon serve a niente». Il cuore questastrada, ce lo ha senz’altro.

ACaffeina siamo tanti, ma propriotanti. C’è chi pensa, chi scrive, chiinsiste, chi telefona, chi propone,

chi boccia, chi legge, chi rilegge, chi cor-regge, chi disturba, chi rompe il ghiac-cio, quello che ti fa fare una risataquando non c’è proprio una cavolo da ri-dere. Tutti, per contratto, bevono unsacco di caffè. Perché non basta esseretanti: bisogna essere svegli, anzi più sve-gli, più veloci, più reattivi, più proposi-tivi. Perché è così che vengono fuori leimprese più grandi. Un gran lavoro, che

manca qualcosa, nonfunziona il microfono,l’auto che doveva giàessere arrivata daRoma che è dispersa, ilmoderatore che ha lacamicia di Caffeinamacchiata, dove portoa cena l’ospite, chi è re-sponsabile di piazzadel Comune, lo spon-sor vuole più visibilità,qualcuno è smarrito onon ha capito cosafare.

È sempre un po’così: umano. ComeCaffeina. Che è fatta da menti e cervelli,da dita che battono, da braccia che spo-stano, da cuori. Tanti. Che si sommano eda loro scaturisce un Festival come neesistono pochi. A detta di Filippo Rossi,direttore artistico del Festival «Siamouna gabbia di matti che fa imprese ecce-zionali». Vero. Tornando ai cuori, An-

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Dentro CaffeinaUno staff instancabile e una costruzione meticolosa, che dura tutto un anno,per giungere preparati al taglio del nastro.Carlotta Caroli Ufficio stampa Caffeina Cultura

Andrea Baffo, direttore esecutivo, e Filippo Rossi, direttore artistico del festival

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diventa immenso dal mese di maggio enon parliamo di cosa significa a giugno.

Io mi sono messa l’anima in pace:niente mare fino alla fine. E accetto la re-altà: c’è a malapena tempo per pranzare,ma quasi mi sono affezionata ai pranzettivegetariani e freddi sulla scrivania delgrande capo. Fanno squadra e fannounione. E quelli del bar che ci prepara leinsalate ci hanno preso a cuore: ci por-tano sempre un cioccolatino per addol-cire il lavoro. Immenso. E gratificante inproporzione alla mole. Qui ho scopertoche il mantra che sempre mi ripeto, cre-dere per vedere, è un dato di fatto. Noi,tutti, per fortuna, ci crediamo. L’unicoproblema? Sono diventata monotema-tica: parlo (quasi) solo di Caffeina.

Sul concetto di tempo siamo tuttid’accordo: è poco. «Ci sono mo-menti in cui anche andare al bagno

è uno spreco di tempo – incalza ValeriaEvangelistella, responsabile del pro-gramma e l’ufficiale distributrice dicroissant la mattina (nel bar di Soriano

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me Caffeina? Unico neo: troppa Caffeinasignifica troppe sigarette».

Èvero, il numero di sigarette fumatedurante il pre-festival è diretta-mente proporzionale all’avvicinarsi

del fatidico giorno, quello del taglio delnastro. Non per incentivare l’abitudine alfumo – non sia mai – ma bisogna dire lecose come stanno: il caffè e le sigarettestanno proprio bene insieme. Un po’meno bello è svuotare il posacenere, manon scendiamo in dettagli così bassi, infondo bisogna pure sporcarsi le mani,per fare le cose come le facciamo qui.Non è che siamo montati, ma lavoriamoin un certo modo. E ci siamo pure fattila corazza contro le critiche che nonmancano mai.Si sa, non si può fare contenti tutti nellostesso momento. Anche se noi, in fondo,ci proviamo. Mischiamo cultura “alta” ecultura “bassa”, mischiamo musica e pa-role, incontri con grandi scrittori e in-contri con personaggi televisivi. Siamoaperti agli scambi e amiamo le diffe-renze, anche le differenze di pensiero. Ènormale, quindi, che i contenuti sianovariegati. Ci sono attori, a Caffeina, cisono i cinque finalisti poi il vincitore delPremio Strega. Ci sono stati ospiti illu-stri quali il Premio Nobel per la pace,l’attuale Presidente del Senato PietroGrasso. E con la sua carriera che è in cre-scendo, anno dopo anno, Caffeina ha

ne fanno di buonissimi) – e, lo dichiarofin da ora, quando finisce Caffeina vo-glio dormire per tre giorni di fila. Staccoil telefono, se dimentico di spegnerlo, co-munque non risponderò a nessuno, tan-tomeno a voi. Non vi risponderò né vivorrò vedere. Vi voglio bene, tanto, madevo pensare alla mia sopravvivenza e,per la mia sopravvivenza, devo dormire.Ah! Adesso lasciami lavorare perchétemo di aver dimenticato qualcosa. Conquesta sensazione convivo ormai da piùdi un mese. Gira gira qualcosa me la di-mentico per davvero».

No, Valeria non dimenticherà nientee il programma sarà perfetto. E non di-menticherà nemmeno, questo è sicuro,di staccare il telefono a fine Caffeina. Chiinvece sembra non aver bisogno di dor-mire è l’instancabile Giuseppe Berar-dino, Responsabile marketing, lui chealle 6 di mattina è in piedi e alle 7.15 inufficio è felice di una cosa: «Tempo fa erofidanzato con una ragazza, ci sono statoinsieme 9 anni, poi, lei mi ha messo difronte alla scelta: me o Caffeina? Nonavrebbe dovuto farlo. Adesso ho unadonna speciale e, al nostro matrimonio,il 70% degli invitati era gente di Caffeina.Ora pure mia moglie lavora a Caffeina.E i miei colleghi, ormai, sono anche imiei amici. Spero ovviamente che valgalo stesso anche per loro (sì, vale ancheper noi). Può bastare per farti capire cheporzione di tempo e mente occupi per

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visto aumentare gli spazi di risonanzamediatici a livello nazionale e si con-ferma ogni anno una manifestazione dispicco nel panorama culturale italiano. Eha anche l’adesione del Presidente dellaRepubblica, mica poco.

Eancora a Caffeina: ci sono giornali-sti, cuochi, poeti. Insomma, c’è unpo’ di tutto, per tutti. Anche per i

piccoli. È proprio questa misticanza cul-turale il bello. E ciò che ci contraddistin-gue. A Caffeina vogliamo che chiunqueesca a fare due passi a San Pellegrino,trovi qualcosa che catturi la sua atten-zione. Che si fermi, ascolti, riprenda ilcammino, si faccia una birra, un bic-chiere di vino, un gelato o tutte e tre lecose e poi continui a perdersi e a ritro-varsi nella Cittadella della cultura e dellacreatività più bella del mondo. PerchéCaffeina, non solo eccita un centro sto-rico, una popolazione, una città, Caffeinacrea curiosità a lungo termine. Caffeinarealizza sogni, risveglia animi. Caffeinafa un regalo ai viterbesi: offre cultura.Dona ai cittadini conoscenza, opportu-nità di sapere, possibilità. Caffeina fatutto questo per amore della cultura,cultura che non ha colori, cultura senzavincoli, senza appartenenza, senza pro-venienza. E no, non ci vantiamo, né ci te-niamo oltremodo a far sapere cosa

significhi organizzare tutto questo, néquanto tempo ci voglia. Quello che vo-gliamo far sapere – è lecito – è che perl’edizione 2013 non abbiamo ottenutonemmeno un finanziamento pubblico. Ese l’edizione 2013 si farà, sarà solo grazieal sostegno dei soci fondatori, beneme-riti e sostenitori della Fondazione Caf-feina Cultura e grazie agli sponsor privatiche, è chiaro, credono nel potere di Caf-feina.

Aproposito di soci, ecco cosa diceDaniele Camilli, responsabiledella campagna soci della Fonda-

zione, riguardo il backstage di Caffeina:«Il Festival dura tutto l’anno. Le due set-timane estive sono un punto di arrivo.Un passaggio, uno snodo per capire sequanto fatto è stato fatto bene oppure no.Se c’è qualcosa da cambiare, e c’è semprequalcosa da cambiare, ripensare. Anchedaccapo. Un Festival capace anche di du-bitare di se stesso, prova d’intelligenza. Eallora si riparte, dal giorno dopo. Pocheore dopo la chiusura del Festival, conquel portato emotivo e tutte quelle emo-zioni che lo caratterizzano. Quel fare efarsi comunità dentro la città in cui sivive ed abita quotidianamente. La citta-della nella città, dove non c’è solo cultura,libri da presentare, ospiti e volontari. Maè anche governo di un territorio, espres-

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sione di possibilità e di un modo diversodi vivere il centro storico. È anche mobi-lità sociale.

Ognuno trova il suo ruolo, la sua oc-casione. Per ognuno di noi, ilgiorno dopo la conclusione del Fe-

stival si apre un nuovo percorso. E ci sisente diversi, migliori e pronti a fare me-glio. Perché questo t’ha dato il Festival.L’opera umana più bella: mettersi al ser-vizio prossimo». E scatta la lacrimuccia.Perché in fondo, siamo tutti un po’ pre-occupati del giorno dopo l’ultimo giornodi Caffeina, quando verranno smontati ipalchi, i gazebi; quando i volontari nonscorrazzeranno più da una parte all’altradella cittadella, quando il centro storicotornerà a essere grigio, vuoto, solo. Per-ché ci abbiamo messo un anno a co-struire ciò che, nel momento in cuicomincia è già finito.

Definitivo il pensiero di MatteoMaio, responsabile della logistica du-rante il Festival e nel team del marketing

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durante l’anno: «Quando Caffeina co-mincia è già finita. Il grosso del lavoro ètutto prima. Che c’entra, anche durantenon è che sia vacanza, ma prima, ra-gazzi.. Qualche notte fa mi sono sve-gliato con un pensiero: che non si facessein tempo per richiedere la corrente al-l’Enel. Pensavo: e poi? Se non si fa Caf-feina? Impossibile. Senza Caffeina non èestate, senza Caffeina non si ama Viterboalla stesso modo. Dietro le quinte suc-cede un po’ di tutto, ma la squadra sa ciòche fa e, se non lo sa, non si fa problemia imparare. Vogliamo tutti bene a Caf-feina, la verità è questa. Caffeina è nelnostro cuore e vogliamo che viva sempredi più. E sempre meglio».

Ora, però, Caffeina è vicina. Nonpossiamo dimenticare nulla, né pos-siamo divagare. Scriveremo la nostrastoria di nuovo dal 27 giugno al 7 luglio.Ci auguriamo che tutte le storie che scri-viamo di anno in anno, un giorno di-ventino un romanzo.

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Giorgio Nisini, classe 1974, viter-bese di nascita. Nella vita scrive e,tra un saggio e un romanzo, capita

che nel 2011 arrivi finalista al prestigiosoPremio Strega. Oggi porta quel premioin veste ufficiale a Caffeina, due chiac-chiere con lui...

Da finalista a curatore, come spiegaquesta scelta?«Il passaggio ha in realtà una duplice na-tura: da un lato il mio atteggiamento neiconfronti dell’universo letterario è sem-pre stato molto versatile; accanto all’atti-vità di scrittura mi sono spesso occupatodell’organizzazione di eventi di divulga-zione culturale e sono oggi attivo conl’associazione Officina Mente. Dall’altroattribuisco alla casualità un suo merito:negli anni precedenti avevo già presoparte a Caffeina presentando i miei librio curando presentazioni di altri e cono-scevo gli organizzatori dell’evento. Poi lapartecipazione allo Strega nel 2011 mi hapermesso di entrare in contatto con la

prestigio di una manifestazione che hagià dalla sua più fattori: primeggia inestensione temporale e in qualità e sipone come una realtà eterogenea volta acarpire l’interesse di un pubblico moltoampio senza tralasciare sezioni più spe-cialistiche, “di nicchia” per così dire.»

Caffeina è quindi anche un festival na-zional-popolare. A tal proposito chereazioni suscita il Premio Strega nei vi-terbesi?«L’esperienza dello Strega a Caffeinaparte lo scorso anno e, devo dire, puressendo una novità ha riscosso un ot-timo successo. In molti hanno volutocomplimentarsi personalmente e lastessa Fondazione Bellonci ne è rimastasoddisfatta. Come sempre, si poteva faredi più: dobbiamo lavorare duramenteper sedurre il pubblico viterbese, e que-st’anno apporteremo dei miglioramenti.Nello specifico ripeteremo la formuladella presentazione dei cinque finalisti il2 luglio, ma stavolta, grazie all’aiuto diRaffaello Fusaro e alla partecipazione ditre nomi importanti del mondo dellarecitazione, Ennio Fantastichini, Ales-sandro Haber e Laura Morante, la tra-sformeremo in un vero e propriospettacolo. Anche per quanto riguardal’appuntamento col vincitore nella gior-nata del 5 luglio apporteremo alcunemodifiche: da una parte, la locationscelta sarà più centrale, il cortile del pa-lazzo comunale; dall’altra coinvolgeremocinque giornalisti della stampa nazionalein un dibattito con il vincitore delloStrega, una formula che spero possa ac-cattivare il pubblico viterbese.

Andando oltre lo “spazio Strega”, vol-gerei l’attenzione ad un fenomeno piùgenerale, quello della risposta del pub-blico viterbese ad un festival culturale:noto che la cittadinanza sembra essere

Fondazione Bellonci ed ecco presentarsiuna coincidenza fortunata: la proclama-zione dei vincitori del Premio avvieneproprio nei giorni in cui si svolge il festi-val, allora perché non cogliere l’occasionee dargli uno spazio all’interno di unamanifestazione che si fa promotrice dicultura? Ed è così che lo Strega arriva aViterbo in veste ufficiale, una soddisfa-zione e una conquista.»

Di conquista in conquista Caffeina cre-sce e si consolida, guardiamo al festivalora e allora.«Ricordo il mio primo contatto con Caf-feina: era una delle prime edizioni, pas-seggiavo per il centro storico e miimbattei casualmente nella presenta-zione di un libro di Andrea De Carlo.Caffeina era allora un ciclo di circa do-dici incontri che non superava i confinidi piazza San Carluccio, oggi è uno deifestival culturali più conosciuti d’Italia.La nascita di una sezione ufficiale dedi-cata allo Strega non fa che aumentare il

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Effetto Caffeina: la culturamuove l’economiaIntervista a Giorgio Nisini, scrittore e coordinatore delle serate Premio Strega.Martina Perelli | [email protected] - Foto di Sabrina Manfredi

Giorgio Nisini, scrittore e saggista.È autore dei romanzi La demolizionedel Mammut (Perrone, 2008), premioCorrado Alvaro Opera Prima e finali-sta premio Tondelli, e La città diAdamo (Fazi, 2011), finalista alla LXVedizione del premio Strega.Nel 2011 ha fondato l’Associazioneculturale Officina Mente.

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più coinvolta dall’evento Caffeina nel suocomplesso che dagli incontri in sé. Fattosta che Caffeina, al di là della singola pre-sentazione e di questo o quell’appunta-mento, attiva nel centro di Viterbo ungrande motore per tutte le attività, riescea incanalare l’attenzione di un quantita-tivo ingente di persone che popolano ivicoli, le piazzette, consumano nei bar,acquistano nei locali tipici, si fanno frui-tori di servizi. È un aspetto importanteche non va tralasciato: Caffeina stimola iviterbesi a ripopolare il centro, e questoè un bene per la città intera e per la suaeconomia.»

Caffeina, e più in generale la realtà deifestival culturali, di che messaggio si faportatore?«Caffeina e gli altri festival portano allaluce un concetto importante: la culturamuove l’economia. Mi faccio portavocedi questa idea e ci credo fermamente,non solo come scrittore, ma anche comeitaliano. Ogni Paese dovrebbe impostareil proprio asse economico-finanziariosulle risorse che ha e noi, in termini cul-turali, abbiamo un valore aggiunto. Au-spico un’Italia attenta, che sappiavalorizzare il suo patrimonio artistico-culturale. Soffermandoci sulla realtà deifestival, in genere ogni volta che uno diquesti viene istituito porta in media alterritorio il quintuplo di quanto inve-stito: è il famoso “effetto moltiplicatore”cui dovremmo prestare attenzione, e dicui si è occupato di recente Guerzoni(Effetto Festival). E stiamo parlando difestival di media grandezza, se guar-diamo a realtà maggiori avremo sempremaggiori ritorni. Le istituzioni e gli entiprivati devono guardare a questo tipo dieventi come a un vero e proprio bene ingrado di valorizzare il territorio e far gi-rare l’economia.

Nel caso di Caffeina, possiamo direche ci troviamo di fronte ad una manife-stazione integrata con la città di Viterbo,non un’entità autonoma e distaccata,piuttosto una realtà ben presente chemira ad una progressiva e sempre mag-giore collaborazione con le istituzioni lo-cali. Caffeina è ormai conosciuta a livellonazionale e più di una volta, nell’am-biente editoriale-letterario, mi è capitatodi sentir dire “Viterbo, la città dovefanno Caffeina”. Io dico puntiamo sulle

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novità io penso di collocarmi nel mezzo:amo la carta, ciò che sa di antico, masono molto affascinato dal nuovo cheavanza. In fondo, che si tratti di carta ostrumenti digitali, sempre di mezzistiamo parlando. Il contenuto resta nellaparole, di volta in volta supportate dalmezzo più funzionale in quel momento:se devo studiare, lavorare su un testo, sot-tolinearlo, mi rivolgo al cartaceo. Se miritrovo a partire e voglio portare con medei libri, mi avvarrò della praticità del-l’eBook. Al di là del supporto, c’è il libro.»

Libri, parole, multimedialità e carta.Un grazie a Giorgio Nisini, un doppioappuntamento a tutti voi per lo Strega aViterbo.

eccellenze che abbiamo, sfruttiamole, co-gliamo le opportunità.»

Festival del libro, sul libro, per il libro.Ma il libro oggi che fine fa?«Il mercato del libro si trova in una fasedelicatissima, conscio di dover fare iconti con due fattori fondamentali: da unlato una crisi generale del mondo del-l’editoria, dall’altro l’incontro/scontro coldigitale. Di fronte ad una depressionecosì forte l’editoria sta reagendo anchecon modifiche strutturali di sé, pun-tando a reinventarsi. Parlando di destinodel libro, pur salvaguardando la bellezzadel cartaceo, dobbiamo fare i conti conla realtà di un mondo multimediale. Trai detrattori del digitale e i fautori della

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Giunto alla sua decima edizione, ilTuscia Film Fest 2013, dopo il suc-cesso dell’anno passato, rinnova la

collaborazione con Caffeina Cultura econ l’Università della Tuscia e si preparaa ospitare, nello storico Complesso diSan Carlo nel centro storico di Viterbo,undici serate consecutive interamentededicate al cinema italiano dell’ultimastagione. Nell’arena all’aperto da 400posti, registi, attori, sceneggiatori ecc.presenteranno le loro opere e incontre-ranno il pubblico del Festival.

Non solo: protagonista del TusciaFilm Fest 2013 sarà anche il meglio del-l’enogastronomia del territorio, con unquotidiano programma di degustazionie incontri con i produttori. Inoltre, ilchiostro del Complesso di San Carlo –che nella vita di tutti i giorni è sede uni-versitaria – sarà il proscenio di tutti glieventi collaterali del prefestival e deldopo festival che accompagneranno ilpubblico ogni sera dalle ore 19 fino aoltre mezzanotte.

Dal 2008, all’interno del Tuscia FilmFest, c’è spazio per un importante rico-noscimento, il Premio Pipolo Tuscia Ci-nema, istituito in ricordo della figura diGiuseppe Moccia, in arte Pipolo, uno deipiù prolifici sceneggiatori e registi del ci-nema italiano (in coppia con Franco Ca-stellano), che nacque a Viterbo nel 1933.Il premio viene assegnato ogni anno auna personalità emergente del nostro ci-nema e quest’anno i vincitori sono Rosa-bell Laurenti Sellers e Lillo & Greg, chericeveranno il premio dalle mani di Fe-derico Moccia (scrittore, sceneggiatore eregista, figlio di Pipolo) rispettivamenteil 2 luglio e il 27 giugno. Rosabell Lau-renti Sellers succede, nell’albo d’oro delPremio Pipolo, a Vinicio Marchioni,Paolo Ruffini, Valerio Mieli, Valentina

Lodovini e Isabella Ragonese.Lillo e Greg riceveranno inveceil Premio Pipolo Tuscia Ci-nema Speciale, assegnato senzauna periodicità predefinità apersonalità del cinema italianoche condividono il loro lavorodi autori, interpreti, sceneggia-tori, registi, ecc… sulle orme diquanto già fatto dalla coppiaCastellano e Pipolo. I due co-mici romani si aggiudicano ilriconoscimento già assegnatonel 2009 al trio MassimilianoBruno, Fausto Brizzi e MarcoMartani.

Nel Tuscia Film Fest 2013– il cui programmacompleto è disponibile

sul sito www.tusciafilmfest.com– sarà incluso un omaggio a ungrande presidente della Repub-blica italiana: Sandro Pertini.Un partigiano come presidente.Le parole di Pertini, è questo il

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Proiezioni e incontriA Viterbo, dal 27 giugno al 7 luglio, i protagonisti del cinema italianoper la decima edizione del Tuscia Film Fest.Francesco Mecucci Ufficio stampa Tuscia Film Fest

Il manifesto ufficiale dell’edizione 2013

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titolo del recital teatrale – prodotto dalTuscia Film Fest in collaborazione conl’associazione nazionale “Sandro Pertini”di Firenze – che debutterà a Viterbo ve-nerdì 28 giugno. Interpretato da AndreaBosca per la regia di Aureliano Amadei,lo spettacolo ripercorre la vita dell’exPresidente della Repubblica, dalla gio-ventù fino ai mondiali di Spagna 1982.E proprio nel racconto di questo episo-dio s’inserisce il contributo allo spetta-colo – amichevole ma straordinario – diDino Zoff che con Sandro Pertini avevainstaurato un rapporto speciale di ami-cizia.

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Nei dieci anni di attività, il TusciaFilm Fest si è affermato come una dellemaggiori manifestazioni del territorio eha ospitato personaggi del calibro diMario Monicelli, Giuseppe Tornatore,Dante Ferretti, Pupi Avati, Remo Girone,Diego Abatantuono, Niccolò Ammaniti,Daniele Luchetti, Marco Muller, FrancoNero, Roberto Faenza e tanti altri.

Il festival si è inoltre strutturato comeun evento di 365 giorni l’anno, conun’edizione autunnale, una rassegna in-vernale e primaverile, un progetto per lescuole e molte altre iniziative di promo-zione cinematografica.

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Dal 29 agosto al 1° settembre 2013 la Tuscia e le sue eccellenze saranno protagoniste nella capitale tedesca. Il tutto grazie a Tuscia (FilmFest) goes to Berlin, l’evento organizzato dal TFF che proporrà quattro giorni dedicati al cinema italiano e alla promozione del territorio vi-terbese. Il programma culturale di proiezioni e incontri con i protagonisti del cinema italiano, infatti, sarà affiancato da altre iniziative checonsentiranno ai produttori enogastronomici della provincia di Viterbo di farsi conoscere e apprezzare dal pubblico e da buyer, grossisti eimportatori tedeschi. Sede della manifestazione il centralissimo e storico Kino Babylon. Situato in Rosa Luxemburg Platz (a poche centi-naia di metri da Alexander Platz), con le sue 130.000 presenze annue il Babylon è uno dei centri culturali più attivi e importanti di Berlino.

E per il decennale,sbarco a Berlino!

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L’Associazione letteraria MarianoRomiti si costituisce a Viterbo nelluglio del 2011 tra 17 appartenenti

alla Polizia di Stato in servizio alla Que-stura del capoluogo i quali, traendospunto dalla presenza tra loro di unoscrittore di gialli e con il patrocinio delSindacato Italiano Lavoratori Polizia(SIULP), danno vita all’iniziativa con fi-nalità di promozione della cultura delTerritorio e dell’arte, in particolare dellaletteratura poliziesca, gialla, noir e spy-story in memoria del vejanese MarianoRomiti, maresciallo di Pubblica Sicu-rezza vittima di un attentato terroristiconel 1979. L’Associazione si propone comeprincipale, ma non unica attività, l’orga-nizzazione annuale del Premio di Lette-ratura Gialla - Noir - Spy Story “MarianoRomiti, concorso letterario che intendepremiare il miglior romanzo del genereattraverso un doppio meccanismo di va-lutazione in cui i protagonisti sono poli-ziotti, magistrati, avvocati ed esperti delmondo della giustizia i quali, come in unvero e proprio processo conducono un’in-dagine diretta ad individuare quale tra gliscrittori partecipanti può assumere alveste di imputato, alla vittoria finale.

Un’occasione di incontro tra gli ope-ratori della giustizia, del mondo lettera-rio e della cittadinanza con il capoluogoviterbese a fare da cornice ad un eventoche si propone di assumere una riso-nanza sempre maggiore nello specifico

vatore, in piazza San Carluccio, gentil-mente concessa dalla Camera di Com-mercio di Viterbo che collaborerà allarealizzazione dell’iniziativa, sarà allestitala mostra delle tavole originali del calen-dario della Polizia di Stato del 2013 rea-lizzate dai ragazzi detenuti preso l’IstitutoPenale per i Minorenni di Nisida e curatedagli studenti della Scuola InternazionaleComics. All’inaugurazione della mostraparteciperanno Autorità della Polizia diStato che illustreranno la finalità socialedel calendario istituzionale.

Due serate nell’ambito della stessamanifestazione, il 27 giugno ed il 5 lu-glio, saranno curate dalla Polizia Stradalecon la sicurezza nella circolazione stra-dale come protagonista principale men-tre il 6 ed il 7 luglio il SIULP, in collabo-razione con l’Associazione, condurrà dueincontri sui seguenti temi: Donne, mo-tore del futuro e vittime del presente e ilsecondo L’infiltrazione della criminalitàorganizzata nel Lazio.

Le iniziative dell’Associazione non sifermano qui. È in cantiere la produzionedi una rivista periodica con tutte le newsriguardanti l’Associazione e i protagoni-sti delle sue attività destinata ad una dif-fusione capillare sul territorio.

Un’attività, quella dell’AssociazioneMariano Romiti che non si pone limitinella convinzione che la condivisione cul-turale costituisca la chiave di accesso ad unrapporto civile tra cittadini ed Istituzioni.

settore. Seppur alla sua prima edizione ilconcorso del 2012 ha visto la partecipa-zione di importanti scrittori del generegiallo/noir e la vittoria finale è stata tri-butata a Maurizio de Giovanni con il ro-manzo Per Mano Mia - Il Natale delCommissario Ricciardi che si è impostosul gli altri due finalisti Loriano Macchia-velli, Francesco Guccini con Malastagionee Paolo Roversi con Milano Criminale.

La seconda edizione del premio havisto la partecipazione di diciassette tra ipiù autorevoli autori del panorama delgiallo nazionale e la prima giuria è al la-voro per decretare i tre romanzi finalistiche possano ambire alla vittoria finale.

Tutti gli autori e tanti altri esponentidel genere giallo/noir, per un totale di 33scrittori, saranno ospiti di eventi curati econdotti all’interno del festival Caffeina2013 proprio da rappresentanti dell’As-sociazione Mariano Romiti che, compa-rendo tra i soci fondatori della neocostituita Fondazione Caffeina Cultura,si è ritagliata all’interno della manifesta-zione una sezione interamente dedicataal mondo del giallo e del noir.

Le location destinate agli eventi, chesono pubblicati nel programma uf-ficiale della manifestazione, sa-

ranno situate in piazza San Carluccio epiazza degli Almadiani, due tra le piùbelle piazze del capoluogo viterbese.Inoltre, presso la ex chiesetta del S.S. Sal-

speciale

Il giallo e il neroL’Associazione letteraria “Mariano Romiti”:una presenza sul territorio votata alla legalità e alla cultura.Pietro Corinti

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DECARTA GIUGNO 2013

denaro, riconoscimenti alla composi-zione destinata alle colonne sonore at-traverso la collaborazione attivata conEst Film Festival di Montefiascone, ma-nifestazione cinematografica giunta allasua 7a edizione.

A sigillare l’importanza di questa se-zione del festival, la collaborazione conl’Associazione Tormellinarte nel con-certo d’apertura del festival, con un’or-chestra, composta da giovani musicisti eda Professori dell’Accademia di SantaCecilia; orchestra che sarà diretta dalMaestro Sesto Quatrini, astro nascentedella musica classica italiana, che pro-porrà opere di giovani autori contempo-ranei.

Greg Burk curerà per il terzo annoconsecutivo la direzione artistica dellamanifestazione in special modo la se-zione delle New Generation. Burk, pia-nista e compositore di Detroit, tra i piùraffinati della scena jazz contemporanea,insegna pianoforte jazz e ‘Ear Training’alla New York University di Firenze edaltre importanti strutture didattiche. L’at-tività concertistica include Festival inEuropa, Giappone, Stati Uniti e Africa.

Musica e ArteIl connubio tra musica e arte prose-

guirà anche in questa ottava edizione delfestival: si continuerà ad operare, infatti,nell’ambito della Personalità Artistica ag-giungendo delle nuove ed originali si-nergie alla creatività musicale, conmostre, installazioni e “incursioni arti-stiche” del gruppo Cultural Bridge.

area jazz, proposte legate alla musicaclassica, al folk, contaminazioni elettro-niche, progetti in chiave internazionalee messaggi da diverse culture, fotografia,cinema, esibizioni di danza ed “incur-sioni artistiche”.

Un festival vero, diverso, lontanodalle consuetudini, pieno di sorprese epensato come una grande vetrina dei va-lori in campo, occasione di visibilità peri musicisti, sostegno al territorio, e ditutti i soggetti che con le loro attività, le-gate all'arte alla musica ed al gusto, ope-rano costantemente nella Tuscia.

Il Concorso New GenerationLa sezione New Generation del Jaz-

zUp, espressamente pensata per focaliz-zare la creatività del mondo giovanile,sarà l’elemento pulsante del programma,con formule studiate appositamente perfinalizzare l’impegno dei ragazzi. Se siconsiderano le attività live, con concerti,proiezioni corti d’autore, danze popolarie contemporanee, quelle discografiche,previste post-evento, e installazionid’arte, essa fornirà un impulso concretoalle nuove leve di artisti. Un impegnoserio e costruttivo rivolto al mondo gio-vanile, a conferma di quelle esperienzeche, già nelle precedenti edizioni, hannospesso simboleggiato un forte messaggioavverso la non-cultura, la distanza dallagenericità dei ruoli, la voglia di rigene-rare il tessuto pulsante della nostra so-cietà contemporanea. In questa sezionetroverà il suo naturale sviluppo il con-corso musicale giunto alla sua 5a edi-zione. Sono previsti, oltre a premi in

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JazzUpFestival2013L’Associazione culturale Musica &

Territorio, presenta la nuova edi-zione del JazzUp Festival, un ap-

puntamento ricorrente nella nostraregione, punto di riferimento nel pano-rama delle proposte culturali della TusciaViterbese e Romana.

Novità assoluta di questa edizione lanuova collocazione temporale e la loca-tion: dalla fine di giugno e per tutta laprima settimana del mese di luglio, il Jaz-zUp sarà all’interno della città di Viterbo,e precisamente nel centralissimo spaziodi piazza del Gesù. Una nuova formulache garantirà maggior continuità ed in-teresse, ed una significativa crescita del-l’indotto turistico-culturale conseguentela manifestazione. L’organizzazione inmerito ha in serbo un fantastico allesti-mento di questa nuova location, ispiratoai temi della difesa dell’ambiente, conpiante, acqua, luci ed installazioni d’arte,elementi che si fonderanno e che com-porranno un nuovo equilibrio urbanodello spazio utilizzato.

Sarà un vero e proprio grande Festi-val, con un palinsesto nutrito e originale:undici giorni di programmazione conpiù di 30 eventi, tutti completamentegratuiti. Inoltre è prevista una serata diGala a Ronciglione sul Lago di Vico doveverranno ringraziati tutti coloro che par-teciperanno alla realizzazione di questoevento come le Istituzioni, gli artisti etutti i collaboratori.

JazzUp alla sua ottava edizione aprela porta ai giovani talenti, con unaprogrammazione a 360° e un palin-

sesto che vedrà la partecipazione di for-mazioni e progetti musicali agganciatialle nuove produzioni discografiche.Oltre al Concorso New Generation di

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DECARTA GIUGNO 2013

L’Associazione culturale Astarte diViterbo dal 2009 organizza e rea-lizza la manifestazione Senza Caf-

feina, evento unico nel suo genere inItalia, sezione pomeridiana e serale diCaffeina Cultura, dedicata a giovani egiovanissimi in età scolare. Tale partico-lare missione di formazione del giovanepubblico è il punto di partenza e con-temporaneamente l’obiettivo principaledella manifestazione.

Il Teatro per i bambini rientra nelleattività rivolte al sociale. Nell’organizzareSenza Caffeina l’operazione di forma-zione e di sensibilizzazione è delicata ecomplessa e deve avvenire secondoun’attenta valutazione delle esigenze edei desideri del giovane pubblico, cer-cando di non distaccarsi troppo dai lin-guaggi da esso conosciuti e finalizzandoogni intervento alla crescita culturale esociale dell’individuo.

Da quattro anni a questa parte i risul-tati in termini di qualità delle proposte edi partecipazione sono stati eccellenti.

Il vanto di Senza Caffeina è di averportato in seno alla rassegna compagniee spettacoli di altissimo livello, non di-menticando le eccellenze che il nostroterritorio comprende. Sono stati offertiai bambini laboratori creativi pomeri-diani e spettacoli di grande qualità, con ilcoinvolgimento di operatori e di artistirinomati in ambito nazionale. Tutto ciò èstato reso possibile dal patrocinio e dallavicinanza, in termini logistici e di pro-mozione, di Caffeina Cultura, grazie allaquale si sono avute una grande risonanzamediatica e una forte struttura organiz-zativa.

Sono previsti laboratori creativi po-meridiani, nuovi rispetto agli anni passati,e spettacoli teatrali serali, che saranno laspina dorsale di Senza Caffeina.

Con queste sinergie si potrà doppia-

Centro Sperimentale di Musica per l‘In-fanzia (Ce.S.M.I.) che presenterà per-corsi musicali per bambini. Poi ancora lacostumista Viviana Ginebri, che sugge-rirà un percorso creativo sulla DivinaCommedia. Il tutto sarà accompagnatoda uno dei partner storici della manife-stazione: la Unicoop Tirreno, con il suo“Gioco dell’oca sulla legalità”. Quest’annosarà presente, con un pomeriggio di atti-vità molto divertenti, la Fondazione Al-fredo Rampi.

Le novità di quest’anno non fini-scono qui, e con circa 50 appuntamenti,saranno tutte da scoprire giorno dopogiorno.

Grazie alla molteplicità di eventi cheSenza Caffeina comprende, la crescita in-tellettuale e critica del giovane pubblicosi sviluppa per mezzo della miglioreforma di didattica: l’Arte.

mente sensibilizzare i piccoli parteci-panti, e i loro genitori, verso temi e ar-gomenti di grande importanza: l’inte-grazione, le diverse abilità, il volonta-riato, il rispetto per l’ambiente.

Tra le proposte dell’edizione 2013,tutte nuove e attente all’aspetto pe-dagogico, spiccano: lo spettacolo di

Teatro integrato del 28 giugno alle ore21.30 portato in scena dal gruppo EtaBeta di Viterbo, dal titolo Commedia, acura della regista Maria Sandrelli e ispi-rato alla Divina Commedia di Dante Ali-ghieri. L’associazione è collegata all’Unitàoperativa complessa di Neuropsichiatriainfantile della Asl di Viterbo, tra le piùattive nell’ambito socio-assistenziale-educativo e terapeutico-riabilitativo. Ilprimo di luglio, sempre alle 21.30, Nic-colò Fabi dedicherà una serata di musicae parole ai piccoli e alle loro famiglie,anche per sensibilizzare verso la Fonda-zione da lui voluta, “Parole di Lulù”.

Il teatro serale vedrà alternarsi eventiper ragazzi di vario genere:da spettacoliteatrali a presentazioni di testi di lettera-tura per l’infanzia; tra i primi vannomenzionati gli spettacoli La serva pa-drona dell’associazione I Funamboli diViterbo, Il figlio del re nel pollaio del Te-traedro, Nascita di Roma di O iasosTeatro. Tra le presentazioni di testi perl’infanzia: La grammatica ti salverà lavita di Massimo Birattari e Tutti in cer-chio. La geometria diventa facile di AnnaCerasoli, entrambi editi da Feltrinelli.

Importanti saranno gli appuntamentilaboratoriali pomeridiani. Verranno pro-posti percorsi di “Orto didattico” contemi e storie tutte da scoprire; ci sarà lospazio yoga per bambini “Childplayyoga”, con maestri che regaleranno espe-rienze ludiche e interessanti su questaparticolare disciplina orientale; ci sarà il

speciale

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Senza CaffeinaIncontri di formazione e sensibilizzazione finalizzatialla crescita culturale e sociale dei più giovani.Paolo Manganiello Direttore artistico Senza Caffeina

L’Associazione cul-turale Astarte nascea Viterbo nel 2008.Tra i soci fondatori ci

sono Paolo Manganiello e Chiara Pa-lumbo, operatori teatrali dell’E.T.I. (Enteteatrale italiano), attori, registi, forma-tori e Emanuela Appolloni, psicologa,responsabile di un Centro diurno del Di-partimento di salute mentale (Dsm)della Asl di Viterbo, anche lei attrice eda molti anni impegnata in attività diTeatro integrato.

Astarte promuove la cultura tea-trale attraverso l’organizzazione di la-boratori e corsi, ed è impegnata aprogettare percorsi di formazione piùspecificamente afferenti al Teatro so-ciale.

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Oltre agli eventi legati alle arti edalla cultura, Caffeina proponeanche una serie di incontri che

porteranno a Viterbo alcuni grandiesponenti dello sport italiano, per riflet-tere su alcuni aspetti che, pur collocan-dosi lontani dalle luci della ribalta,possono aiutare a comprendere i mecca-nismi alla base dello show business spor-tivo. Il ciclo Sport e città della legalità ènato sotto l’egida degli avvocati Giu-seppe Bartoletti e Guglielmo Ascenzi epuò contare sulla collaborazione de LaSpinosa ed Officina Soccer.

Il 27 giugno ci sarà il primo degli in-contri – che si svolgeranno tutti di serapresso il Cortile del Palazzo dei Priori –cui sarà ospite Giampaolo Montali, di-rigente sportivo ed ex allenatore dellenazionali italiana e greca di pallavolo. Iltema dell’incontro sarà la sua esperienzapersonale nell’ambito della pallavolo edel calcio, l’importanza delle motiva-zioni personali nello svolgimento delleattività sia professionistiche che dilet-

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generale sugli impianti sportivi, spie-gando i riflessi di essi con la città e le re-altà sociali ed avrà il titolo La città,l’uomo, lo stadio.

Nel successivo ed ultimo incontro,che si terrà il 2 luglio, è previsto l’incon-tro con Leonardo Bonucci, giocatore vi-terbese della Nazionale di calcio e dellaJuventus. Il tema sarà – oltre all’espe-rienza personale – anche l’evoluzione delrapporto dei calciatori con i tifosi, lastampa ed i social network. Bonucci, for-matosi calcisticamente nel Pianoscarano,è tra i tanti sportivi famosi che fanno usoabituale del popolare “cinguettatore” me-glio noto come Twitter. Questi modernisistemi di comunicazione hanno fornitoai fan di tutto il mondo la possibilità diseguire ancor più da vicino le vicende deipropri beniamini, che sogliono soventepubblicare pensieri o materiale audiovi-sivo privato o legato alla propria vitaprofessionale, rendendo l’esperienza deltifoso tendente all’assistere ad un realityshow.

tantesche nonché la promozione dellacultura e dell’etica nello sport. Montali,oltre ad aver collezionato numerosi tro-fei in Italia ed all’estero guidando Palla-volo Parma, Sisley Treviso, Olympiakos eRoma Volley, è anche stato un importantedirigente sia dello Juventus F.C. che dellaA.S. Roma, ricoprendo molteplici cariche.Una figura di grande impatto ed espe-rienza, in quanto è inusuale trovare ad-detti ai lavori che sono riusciti a ritagliarsispazi importanti in discipline diverse.

Il giorno 1 luglio invece ci saràun’importante tavola rotonda con GinoZavanella, architetto e progettista di im-pianti sportivi, tra cui lo Juventus Sta-dium, Mauro Checcoli, ingegnere eprogettista di impianti sportivi, medagliad’oro olimpica nell’equitazione, presi-dente dell’AONI e membro del Coni,con la moderazione dell’on. Alberto Mi-chelini, giornalista RAI. È prevista anchela partecipazione del presidente dellaFIGC Giancarlo Abete. Il tema della ta-vola rotonda verterà sugli stadi e più in

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Ciclo SportUna serie di incontri con grandi esponenti dello sport italiano.

La Backstage Academy nasce daun’idea di tre giovani artisti: Finch(Francesco Russo, batterista), Faith

(Federica Sciamanna, cantante) e Rufo(Riccardo Russo, grafico e web designer).I primi due sono noti alle platee interna-zionali in quanto membri della band eShiver ed hanno deciso di mettere a di-sposizione la propria esperienza e pas-sione in questo ambizioso progetto.

La Backstage Academy offre saleprova, clinic, seminari, workshop, agen-zia di booking e promozione, grafica ewebdesign, comunicazione: la professio-nalità è la migliore garanzia che viene ri-volta a tutti coloro, non solo del mondodella musica, che decidono di entrare incontatto il centro musicale.

Le idee alla base di tutto ciò sono

Lavorare insieme a partner di fiduciae di estrema professionalità è semprestata una prerogativa di grande impor-tanza per la Backstage. Oltre alla musical’accademia ospita e collabora alla realiz-zazione del Corso Base di Fotografia di-retto ed ideato da Francesco Meloni. Ilcorso, promosso attraverso un eventografico/musicale di nome Visual Trip, siè appena concluso con una mostra deglialunni che verrà riproposta a più sca-denze questa estate e che introdurrà lefasi successive del corso previste a par-tire da ottobre 2013.

La Backstage inoltre curerà la dire-zione artistica musicale del Caffeina Fe-stival 2013 a Viterbo, occupandosi diselezione artistica e logistica.

semplici: realizzare qualcosa di impor-tante attraverso la passione e la voglia distare insieme. Un vero e proprio conte-nitore in cui sono canalizzate tutte leesperienze che Finch e Faith hanno vis-suto in giro per l’Europa durante i lorotour, per permettere a tutti i tasselli checompongono il mosaico artistico di es-sere valorizzati al meglio.

La scelta della “base” è inevitabil-mente ricaduta su Viterbo e la Tuscia ingenerale, terra di talenti e persone chededicano quotidianamente il loro tempoagli strumenti. Il fermento non manca edun punto di riferimento come la Back-stage permette non solo di apprenderema anche di esprimere il proprio poten-ziale e tessere nuove e fruttuose reti dicontatto con altri artisti.

Keep your groove!Un progetto ambizioso divenuto realtà.

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Una delle peculiarità della città diViterbo è nota ai quattro angoli delglobo: il centro storico racchiuso

dentro le mura, ed in particolare il quar-tiere di San Pellegrino, che ha mantenutoil proprio fascino medievale nonostantel’incedere degli anni. L’idea di rendere ilcentro della città l’epicentro di un viag-gio nel tempo è alla base di Ludika 1243,un evento che quest’anno si svolgerà trail 10 ed il 14 luglio.

Dietro a Ludika c’è un grande lavorodi preparazione, svolto da appassionatiche durante l’anno lavorano per riportareViterbo, almeno per qualche giorno, nelXIII secolo, periodo storico misteriosoed affascinante il cui lascito pervade granparte della cultura della città. Il quartiergenerale di Ludika, che dà anche nomeall’associazione organizzatrice, si trova

fossero eventi attinenti. Da lì, tredicianni fa nacque l’idea di legare il giocoalla storia ed il nome Ludika 1243 indicasia il gioco che il primo evento che ci èvenuto in mente di rievocare, ovvero labattaglia campale tra le truppe di Fede-rico II di Svevia e le milizie viterbesi.Tanti eventi di rievocazione in Italiasono realizzati con armi vere, noi invecediamo la possibilità a chiunque di parte-cipare: si tratta di un gioco ed ogni annopossono vincere i guelfi o i ghibelliniconquistando lo stendardo avversario.

Nel tempo l’evento si è allargato edabbiamo dato spazio ad artigiani egruppi che simulano scontri veri ed or-ganizzano percorsi itineranti. L’aspettopiù colorato poi è quello del teatro distrada, dagli attori agli artisti che cam-minano sui trampoli ed i mangiafuoco...

proprio nel cuore di San Pellegrino: è laTana degli Orchi, suggestiva ludoteca incui sono presenti tantissimi giochi da ta-volo ed un numero indefinito di piccoleminiature di soldati e cavalieri. Un luogoa metà tra laboratorio e punto di ritrovoper gli amanti del gioco; è qui che in-contro Serenella Bovi, che assieme almarito Claudio ha dato vita all’associa-zione ed a Ludika.

Serenella, come è nata l’idea di creareLudika 1243?«Siamo nati come associazione di giochida tavolo, alcuni di noi partecipano atornei internazionali e simulazioni dibattaglie antiche. Molti di questi giochisono legati al Medioevo e a noi, una voltavista la bellezza di questo centro storico,sembrò strano che durante l’estate non vi

speciale

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Viaggionel tempoa ViterboTorna anche quest’anno l’evento medievale:cinque giorni di gioco, storia e cultura.Gabriele Ludovici | [email protected]

©M

anue

lGab

rielli

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tutto questo per ricreare quel clima sto-rico, senza essere filologici ma per far av-vicinare tutti.»

Quali sono le novità per l’edizione2013?«Riproporremo l’Invito a corte con delittoin una connotazione più storica, al Para-dosso. Sempre in quel luogo presente-remo uno spettacolo teatrale ispiratoall’Uburé, che abbiamo chiamato simpa-ticamente Ubutré in quanto diviso in treparti; la compagnia più giovane invecepresenterà novelle sul Boccaccio. Ci saràanche il concorso fotografico, visto ilsuccesso dell’anno scorso. Quello che cipiacerebbe è che la gente venisse pertempo per chiedere di partecipare allabattaglia campale, in modo da poter pre-parare le armi.

Inoltre ci saranno le visite guidate equest’anno sarà possibile visitare sotter-ranei e persino una tomba Etrusca che sitrova proprio tra i cunicoli del Para-dosso. Abbiamo anche voluto arricchiree sviluppare nuovi giochi di legno; ilgioco è un bel momento che unisce le ge-nerazioni.»

Quanto tempo vi occorre per la realiz-zazione di un evento così grande?«Non smettiamo mai, finisce Ludika e sicomincia a pensare alla prossima! Siamonati per gioco e dopo aver visto che

l'evento piaceva abbiamo iniziato ad in-vestirci molto. Vorremmo ingrandirci,ad esempio facendo un gemellaggio conAvignone, l'altra città dei papi che orga-nizza un grande festival degli artisti distrada. A frenarci purtroppo sono le eco-nomie e molti sogni che abbiamo nelcassetto non possiamo realizzarli. Al-l’estero abbiamo visto cose mirabolantiche per ora non possiamo riproporrequi, dove manca persino un luogo eco-nomico dove far dormire i ragazzi cheorganizzano gli eventi.»

DECARTA GIUGNO 2013 29

Ludika è alle porte, e le difficoltà nelreperire fondi saranno soppiantatedalla grande passione che lega tutti

coloro che sono coinvolti nella fase direalizzazione.

Resta da chiedersi se un domani, conun po’ di buona volontà da parte dellegiunte comunali che promettono di ri-lanciare la cultura, sarà davvero possibilerendere Viterbo la sede di un festival me-dievale di caratura internazionale, senzaperdere l’equilibrio tra gioco, storia epartecipazione libera.

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“È il 20 aprile 2013, sono affamato eho cercato per ore un letto dovedormire, ma è sabato sera, questo

pomeriggio Napolitano è stato rielettopresidente della repubblica, domani sigioca Roma-Pescara allo stadio Olim-pico e tanti fedeli sono arrivati nella ca-pitale per rendere omaggio al nuovoPapa. In conseguenza di tutto ciò gli al-bergatori sono stremati, sono i primigiorni caldi dell’anno e Roma è sotto as-sedio turistico. Non avendo avuto la pos-sibilità di prenotare una stanza, per tuttala sera non ho potuto fare altro che cam-minare e farmi chiudere porte in faccia,tante porte in faccia, così tante che la si-tuazione si è rivelata surreale, ma nono-stante ciò non credo sia stata unasuggestione il fatto che quasi tutti fin daprincipio mi abbiano trattato col sorrisoin bocca questa sera, come se avesserosaputo in anticipo ciò che mi aspettava.

Non credo sia stata una suggestionela folla di immigrati dell’Africa sub-sa-hariana accampati sotto i portici di sta-zione Termini, come non credo fosserouna mia suggestione né il ragazzo medioorientale che mi ha dato il biglietto da vi-sita di un bed & breakfast né la signoraasiatica che giunto sul posto indicato miha detto che non c’era posto nemmenoda lei; quindi suppongo non siano statifrutto di suggestione nemmeno il si-gnore peruviano che mi ha accolto allareception dell’ultimo albergo nel qualesono entrato, e insieme a lui il suo col-lega africano. Suggestioni o meno, lamia ricerca è finalmente volta al termineperché il signore della reception mi stainformando della disponibilità di unastanza doppia, per me e per la mia amicavenuta a visitare l’Italia dal lontano Ve-nezuela.

È la notte del mio compleanno esono convinto che nessuna delle situa-

nel suo sangue discendenze, tradizioni ericordi di altre terre, e quindi spinto dauna certa curiosità tento quasi sempre diestrapolare la maggior parte di informa-zioni che il rispetto e la confidenza neiconfronti dell’altra persona mi conce-dono.

Ma nonostante questa vicinanza ionon sono mai stato un immigrato e quain Italia ho una casa e una famiglia. Peròquest’anno proprio la notte del mio com-pleanno, nessun festeggiamento, il de-stino mi ha chiuso in faccia tutte le portealle quali ho bussato, tranne l’ultima, emi ha costretto a camminare per ore, ca-rico di bagagli, con la paura di farmi de-rubare, senza possibilità di tornare a casae quasi rassegnato a dormire per terradentro una stazione. Non è stata una si-tuazione particolare, ma la coincidenzadi tante casualità, che mi hanno fattosentire un immigrato a casa mia.

È per questo che ho deciso di iniziarequesto articolo con un piccolo aneddoto,ed è con questi presupposti che nasce inme l’idea di questa rubrica, che parli efaccia parlare di immigrazione, ma forsepiù precisamente di multiculturalità.

zioni di questa sera siano state un caso,come se si stesse nascondendo un mes-saggio dietro le varie facce che mi si sonopresentate davanti una dopo l’altra, unaspecie di insegnamento in regalo.”

Il mio nome è Manuel e sono nato aViterbo nell’Ospedale Grande degliInfermi una fredda e nevosa mattina

di aprile. Sono stato concepito da madreVenezuelana e da padre Italiano, perciòfin da principio a cavallo tra due conti-nenti, in particolare tra due paesi, incre-dibilmente simili nonostante gli 8.000km di terra e mare a separarli.

Essere cosmopolita è parte di me,frequento regolarmente gli aeroporti findall’età di un anno, e nonostante ciò con-tinuo a stupirmi ogni volta che varco leporte di Fiumicino, sopraffatto nel-l’animo da quella mescolanza formata dialtissimi biondi del nord Europa, di sa-cerdoti africani in abito monastico, digiapponesi in fila per due e da tutte lealtre persone di passaggio in quel luogodove oltre i viaggiatori si mescolano fusiorari e culture di tutto il mondo.

Fin da piccolo mi sento di una vici-nanza fraterna nei confronti di chi porta

xenofilia

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Né carne, né pesceIl mio nome è Manuel e sono nato a Viterbo nell’Ospedale Grandedegli Infermi una fredda e nevosa mattina di aprile.Manuel Gabrielli | [email protected]

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Secondo la normativa italiana vi-gente, il soggiorno in Italia, cometurista, per i residenti fuori dal-

l’Unione europea è di 3 mesi.Vari motivi possono subentrare per

tramutare questa visita temporanea inpermanenza.

Per alcune persone può trattarsi di ri-congiungimento familiare, di lavoro, diavventura; in ogni caso dietro questa re-altà si celano piacere, possibilità econo-mica, supporto di amici e familiari giàresidenti in Italia.

Per molte altre persone, invece, que-sta scelta non esiste, o perché obbligata,oppure perché sono accompagnate danient’altro che il destino. Per questestesse persone non c’è un familiare o unamico ad attendere alla frontiera d’in-gresso e una volta nella nuova realtà larosa delle situazioni è variegata quantole persone che ogni giorno entrano nelnostro Paese. C’è chi è entrato per motividi lavoro e potrà costruirsi da subito unanuova vita, c’è chi finirà nell’irregolarità eanche chi lo è sempre stato perché en-trato clandestinamente.

Per tutte queste persone l’importanteè, in ogni caso, poter rimanere; di con-seguenza, che siano regolari o irregolari,il dialogo con le istituzioni prima o poidovrà avvenire. È qui la vera barriera:leggi sconosciute, lingua sconosciuta,cultura sconosciuta, un ostacolo princi-palmente umano, perché un funzionarioo un datore di lavoro non sono mac-chine, non hanno un soware integratomulti linguaggio. È in questi casi che lafigura del “mediatore culturale” si rendeindispensabile.

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Uno dei momenti più interessantidell’attività giornalistica è sicura-mente quello delle pubbliche rela-

zioni; avere in mano penna e taccuino èspesso già un pretesto sufficiente per in-terloquire con il prossimo. Gabriella Lu-kusa è una delle prime persone con lequali ho avuto il piacere di parlare e cheringrazio per la gentile disponibilità.Oggi svolge proprio il ruolo di media-trice culturale e di fatto è un’attivista peri diritti degli immigrati. Per questo, vor-rei dedicare alcune righe alla sua asso-ciazione ed alla sua esperienza, vissuta inmaniera simile da tante altre persone.

Gabriella è di nazionalità Congolesee dopo aver studiato come tecnico com-merciale nel suo paese di origine decisecome molti suoi connazionali di prose-guire gli studi universitari in Belgio. Fre-quentati due anni di economia ecommercio, nel 1989 si spostò in Italiaper ricongiungersi con l'attuale ex-ma-rito, studente di medicina dal 1983. Que-sto ricongiungimento impose peròl'interruzione del percorso di studi intra-preso, non per una mancanza di volontà,ma perché nel 1989 l'unico corso accessi-bile agli extracomunitari era quello perdiventare assistenti familiari. Nonostanteper molti corsi sia ancora richiesta la na-zionalità Italiana oggi la situazione é po-sitivamente cambiata, ma all'epocaquesto ostacolo costrinse Gabriella a pro-fessioni di ripiego, rendendo cristallino ilmotivo per il quale ancora oggi per moltedonne immigrate la massima aspirazioneconsentita sia fare la colf.

Anni dopo nel 2002 seguì un corsotenuto della Provincia di Viterbo per di-

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Barriere astratteL’importanza tutta umana della mediazione culturale.Manuel Gabrielli

ventare mediatrice culturale, in seguitole fu possibile inserirsi nel circuito delvolontariato con la Misericordia di Ve-tralla ed infine aprire nel 2004 con il sup-porto di altri colleghi l'associazioneinterculturale di volontariato “Sans Fron-tiere” della quale è tutt'oggi presidente.

È invece dell'anno scorso l'esperienzacome presidente del comitato provin-ciale della campagna per i diritti di citta-dinanza L'Italia sono anch’io con la qualefurono raccolte più del doppio delle firmenecessarie ad inoltrare la proposta dilegge. Oggi Gabriella è madre di due figlie ritiene il suo processo di realizzazioneprofessionale ancora in corso.

L’Associazione di mediazione cultu-rale “Sans Frontiere” è stata fondatanel dicembre 2004, il gruppo è etero-geneo e ha visto l’alternanza di più per-sone di varie nazionalità, tra cui Perù,Congo, Algeria, Albania, Marocco e Bul-garia. La relazione tra queste personeè nata in seguito a due corsi di forma-zione per mediatori culturali, il primopromosso dalla provincia di Viterbo e ilsecondo dal Consorzio Stedi.

Il tema immigrazione è molto caldoe le politiche Italiane si stanno mo-strando inadeguate sotto molti aspetti,soprattutto a causa della poca chia-rezza delle stesse. È in questo ambienteche l’associazione lavora e dimostra lasua efficacia essendo composta da per-sone che hanno vissuto l’esperienzadell’immigrazione in prima persona.

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