CNT Magazine #2 - Novembre 2012

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| number 2 | novembre 2012 | Superbike: sei volte campione, sei volte Max Biaggi EXCLUSIVE: www.calcionewsme.com JUVENTUS NAPOLI TUTTE LE EMOZIONI TRA Editoriale: le controversie dell’introduzione tecnologica Intervista a Davide Vagna, DG Ac Giacomense Srl VINCITORI E VINTI CNT MAGAZINE Roma Il caso De Rossi, Osvaldo Zeman Montella Il miglior emergente italiano I fatti di Genoa Quando si oltraggiarono i colori dei Grifoni

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Superbike: sei volte campione, sei volte Max Biaggi

EXCLUSIVE:

www.calcionewstime.com

Juventus napoli

tutte le

emozioni tra

Editoriale: le controversie dell’introduzione tecnologica

Intervista a Davide Vagnati, DG Ac Giacomense Srl

vincitori e

vinti

CNT MAGAZINE

Roma Il caso De Rossi, Osvaldo

Zeman

Montella Il miglior emergente

italiano

I fatti di Genoa

Quando si oltraggiarono i colori dei Grifoni

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EDITORE

Calcio News Time – Magazine.

PROGETTO GRAFICO

Ciro Lentano

hAnnO COllAbORATO

AllA sTEsuRA DEI COnTEnuTI

Clemente Agresta

Andrea Avitabile

Antonio Cassisa

Niccolò Ceola

Mattia Giannini

Marco Giuliani

Massimo Morabito

Angelo Palladino

Nicola Rigliaco

Niccolò Varesano

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EditorialeIl magazine visto con gli occhi di chi lo ha ideato e ne ha seguito lo sviluppo.

Il Benvenuto del Direttore di Calcio News Time ai lettori: uno sguardo alla nuova offerta d’approfondimento calcistico ed un ringraziamento

Sembra ieri quando finalmente abbiamo pubblicato il primo numero di CNT Magazine. Oggi, però, sia-mo già alla seconda produzione, al secondo numero di questa straordinaria avventura. Inutile ripetere quanto detto nelle prime pagine del Magazine di Ottobre: i miei ringraziamenti a chi ha partecipa-to e continuerà a partecipare a questo importante progetto non saranno mai sufficienti per ripagare l’impegno e la fatica occorsi alla realizzazione di tutto ciò.

Una novità importante, da oggi in avanti, è stata messa in atto per permettere a tutti i nostri lettori di usufruire di questo magazine: non soltanto sarà possibile scaricarlo comodamente e gratuitamente sul computer o sul proprio smartphone, ma sarà possibile leggere il Magazine direttamente online, grazie alla collaborazione stretta con la piattaforma Calameo. Un gran vantaggio per chi non vuole per-

dere tempo nel download, o per chi da cellulare non ha il supporto per la lettura dei PDF.

Sempre meglio, sempre di più. E’ questo il motto di Calcionewstime.com, per dare il massimo anche quando il massimo sembra essere già stato fatto. A noi, però, questo non basta mai. Anche questo mese, interviste esclusive, approfondimenti ed edi-toriali che vi terranno incollati allo schermo e che potrete commentare inviando alla redazione una semplice mail all’indirizzo: [email protected]

Le migliori risposte saranno pubblicate nel Magazi-ne di Dicembre con l’eventuale risposta dell’autore a cui sarà indirizzata o della redazione qualora fosse una lettera generale. Come sempre, a disposizione dei nostri lettori in tutto e per tutto!

Direttore: Angelo Palladino

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Indice

4 Indice

6 Juventus-Napoli: il racconto dei vincenti

8 Juventus-Napoli: il racconto dei vinti

14 Roma: vivere da separati in casa

19 Montella: il miglior emergente italiano

20 Uno sguardo ai fatti di Genoa

30 Intervista a... Davide Vagnati

32 Superbike: sei volte campione, sei volte Max

36 Editoriale: le controversie dell’introduzione tecnologica

Milan: Quando la continuità manca più dell’aria 10

Inter: La rincorsa alla vetta 12

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Lazio: Il buon lavoro di Petkovic trasformato in risultati 16

La parola alla classifica 24

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Doveva essere il giorno del Napoli, il giorno della prima sconfitta della Juventus, il giorno che avrebbe vis-to lo Juventus Stadium finalmente espugnato. Tutto questo non è ac-caduto. E’ stato ancora una volta il giorno della Juventus. Ancora una volta è stato il giorno dei più forti, dei più continui, dei più maturi. Con un micidiale 1-2 targato Caceres e Pogba, la vecchia signora rimanda momentaneamente al mittente le velleità di tricolore. La Juve ha battuto il Napoli proprio con l’arma che i partenopei non dispongono da anni, la panchina. I Goal dei bian-coneri infatti, sono stati siglati en-trambi da giocatori subentrati nel corso della gara, simbolo di quanto questa società abbia lavorato bene e sia cresciuta negli anni a livello tecnico. In big match come questi, dove la partita può essere decisa da un episodio, chi ha più frecce nel proprio arco aumenta di molto le

possibilità di vincere, e cosi è stato. Gli azzurri infatti, non riescono a mantenere lo stesso livello di qua-lità quando subentrano le riserve e, come spesso accade con il turn over di Mazzarri, non riescono a portare via il bottino pieno(spesso neanche quello minimo).

Grande gioia ovviamente in casa dei vincitori, esternata attraverso le parole di uno dei simboli bian-coneri Giorgio Chiellini: “Siamo contentissimi, non abbiamo preso goal oggi e siamo la miglior difesa. Ciò è importante perché è statis-ticamente dimostrato che mol-to spesso la squadra che vince il campionato è quella che subisce meno goal”.

Felicissimo anche Pogba, autore del goal che ha chiuso la partita: ”Non ricordo molto del goal, ricor-do solo che ero contentissimo e

esultavo cercando con lo sguardo la mia famiglia. Nasco nel ruolo di Pir-lo, ma il mister mi sta provando an-che da interno di centrocampo. Su di me c’erano anche il Milan e un’altra squadra inglese, ma ho scelto la Juve perché qui hanno giocato campioni francesi come Henry, Zidane, Treze-guet, Platini. Mi piacerebbe lasciare il segno come hanno fatto loro”.

In conclusione, la Juventus priva di Buffon e Vucinic è riuscita a battere la prima rivale al titolo senza colpo ferire. Tra poco in panchina tornerà Antonio Conte, e la squadra tornerà a pieno regime lasciandosi in modo definitivo alle spalle questo brutto periodo e tutte le preoccupazioni an-nesse. Se nessuno è riuscito ad ap-profittare di questa “difficoltà” fino ad ora, sarà molto più difficile farlo in futuro quando questa non ci sarà più.

Juventus-Napoli: Il racconto dei vincitori

EmanueleSabatino

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Sebastian Giovinco

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Mancano pochi minuti alle 20:00 di sabato 20 ottobre 2012, l’arbitro Damato ha appena dato il triplice fischio di chiusura del match d’alta classifica tra Juventus e Napoli. I bianconeri hanno vinto per 2 a 0, i partenopei escono, per la seconda volta consecutiva, con zero pun-ti dallo Juventus Stadium. Il risultato è simile a quello dell’anno scorso (3-0) ma la sostanza e l’andamento della partita raccontano tutta un’altra storia. Pochi mesi fa la squadra di Mazzarri era tornata a casa dopo essere stata dominata nel gioco e colpita nell’orgoglio: aveva subito 3 gol ed avrebbero potuto essere di più; era stata costretta a giocare nella sua metà-campo da un avver-sario combattivo, brillante e aggressivo; aveva chiuso la gara in dieci uomini (espulsione di Zuniga) perché si era mostrata nervosa e impotente, con lo stadio che goliar-dicamente la sbeffeggiava cantando “o surdato nnam-murato”. Questa volta è stato un altro Napoli, un’altra partita, un’altra Juventus, è stato però il medesimo ri-sultato. Cavani e compagni hanno lottato alla pari con i campioni d’Italia per 80’ minuti, dimostrando anche in alcuni frangenti un gioco più apprezzabile e dinamico dei loro avversari; poi gli episodi hanno deciso il match. I bianconeri di questa stagione hanno dimostrato fino ad ora di essere una squadra formidabile (almeno in Italia), si comportano come quelle squadre che hanno alle loro spalle cicli di partite, di vittorie e di trofei. Giocano con sicurezza e convinzione e soprattutto sanno vincere in tutti i modi: dominando, in rimonta, soffrendo, tenendo

la partita in equilibrio e affidandosi agli episodi. Il Napoli ha avuto il merito di essere l’unica squadra fino a questo punto in serie A (ad eccezione forse della Fiorentina) che è riuscita a giocarsela alla pari con gli uomini di Conte, dando anche l’impressione di poter passare in vantaggio in alcuni mo-menti. Lo stesso Mazzarri nelle dichiarazioni post gara lo ha affermato “dal punto di vista tattico siamo stati perfet-ti…Nella ripresa abbiamo giocato meglio, poco prima del gol di Caceres abbiamo sfiorato il gol di Pandev. La sensazione era quella che la Juve non potesse più colpire…la squadra ha fatto un passo in avanti. Ci brucia solo aver perso.”

Ecco la frase più importante “la squadra ha fatto un pas-so in avanti” detta dall’uomo più importante, colui che in questi anni ha meglio rappresentato lo spirito di tutto il Napoli, dell’ ambiente e dei tifosi; più del suo presidente, più di Lavezzi, più di Cavani o di capitan Cannavaro. E’ stato infatti mister Mazzarri che in queste stagioni ha preso la squadra partenopea e l’ha costruita a sua immagine, dan-dole quella compattezza e quello spirito combattivo che le hanno permesso di raggiungere il 3° posto in serie A, gli ottavi di Champions e la conquista della Coppa Italia (ovvia-mente i meriti vanno divisi equamente con società e squa-dra). Se quest’uomo, al termine di Juventus-Napoli che l’ha visto comunque sconfitto, dichiara che la sua squadra ha fatto un passo in avanti significa che veramente il Napoli sta proseguendo nel suo percorso di maturità che dovrà portarlo a divenire definitivamente una “grande” del calcio

Il racconto dei vintiJuventus-Napoli:

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NicolòCeola

sensazione di essere vulnerabile e in balia dell’avversario, ha sem-pre retto fisicamente e mental-mente l’urto, solo un episodio l’ha condannata. E’ questo quello che ci ha raccontato Mazzarri con le sue dichiarazioni, permettendoci di leggerlo tra le righe: la squadra sta migliorando proprio lì dove è più carente, sul piano mentale,

tornato ad essere brillante come due stagioni fa, Cava-ni è l’attaccante più forte del campionato e il resto della squadra ha un amalgama che in pochi hanno dimostrato di avere. Ciò di cui la squadra partenopea è carente, e di questo l’allenatore pare esserne divenuto consapevole, è la capacità di sopportare la tensione e gestire i momen-ti cruciali che vi sono durante la stagione: due anni fa, nei mesi in cui il Napoli contendeva il primato al Milan, nella trasferta a san Siro che lo poteva notevolmente avvicina-re ai rossoneri, gli azzurri persero 3-0 senza mai dare la sensazione di poter avere la meglio degli avversari; l’anno scorso sul 2-1 in casa del Chelsea (3-1 and.) non riuscirono a gestire il vantaggio per centrare la qualificazione ai quar-ti. Quest’anno, nel match più importante di inizio stagione, quello che decideva la prima posizione in classifica per il Napoli è finita ugualmente male ma la prestazione in cam-po e fuori è stata diversa. E’ parso come se la squadra fos-se cresciuta, più matura ed quilibrata, non ha mai dato la

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VaresanoNiccolò

Quando la continuità manca più dell’aria

Manca la continuità al Milan di questa stagione, man-cano i risultati e manca soprattutto la tranquillità. Una situazione, a vederla da fuori, di difficile risoluzione, soprattutto perché a guidare una squadra giovane e profondamente rivoluzionata c’è un allenatore in piena crisi di identità, che giornata dopo giornata non ha fatto altro che trasferire i suoi dubbi e le sue incertezze sul gioco e sulle prestazioni della squadra.

Un Milan così giù in classifica non si vedeva da decine e decine di anni, e per ritrovare un ritiro punitivo di una settimana bisogna andare indietro fino al 1942. Segnali terrificanti sembrano arrivare ad ogni partita, ed anche gli aspetti migliori vengono clamorosamente offusca-ti da problemi e complicazioni, che puntualmente ogni giornata finiscono per determinare un risultato nega-tivo. Cambi di modulo, cambi di interpreti: nulla sembra poter arginare questa clamorosa emorragia che sta fa-

cendo precipitare il diavolo all’inferno. Forse i cambi sono alla fine troppi, perché quello che sembra mancare di più a questo Milan sono le certezze, qualcosa su cui fondare la rinascita e ripartire. Allegri ha cambiato in poche settimane ben tre moduli, partendo dal 4-3-1-2 ed arrivando al 3-4-3; zero certezze, troppi dubbi e nessuna continuità: non solo nei risultati, anche nelle formazioni e nelle scelte dei gio-catori da mandare in campo, con un squadra nuova ogni Domenica a cercare di inventarsi qualcosa, in modo quasi casuale. Non basta infatti la determinazione del giovane El Shaarawy: lui ce la mette tutta, con goal, corsa e sacrificio, ma il fatto che sia un ragazzo di vent’anni a portarsi tutta la squadra sulle spalle testimonia chiaramente le difficoltà radicate in questo Milan.

La continuità che non ritroviamo in campo, i dirigenti sem-brano convinti di volerla mantenere invece in panchina. Ogni partita il solito tormentone, con Allegri prima messo

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Milan:

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Non è tutto da buttare...non temo l’esonero

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in discussione da stampa e tifosi e poi sempre e comun-que confermato da Galliani e C. C’è chi infatti colpevoliz-za il mister in maniera abbastanza netta, per errori nelle formazioni, nei ruoli ricoperti dai giocatori e anche nella gestione della rosa. Dall’altro lato c’è chi fa risalire la cau-sa della crisi del Milan al mercato estivo, alla cessione dei campioni che non sono stati degnamente sostituiti. La ve-rità come al solito la troviamo nel mezzo: che il Milan non sia una squadra da scudetto questo è provato, perché la rosa non è all’altezza delle altre favorite del campionato. D’altro canto però il Milan che scende in campo dà la chia-ra impressione di non esprimere a pieno il suo potenziale, dando quasi l’idea di non sapere cosa fare; e la responsabi-lità di questo non può che essere dell’allenatore, il primo a non aver ancora metabolizzato le partenze di Ibra e Thiago, quei campioni che per due anni gli hanno reso il compito sicuramente più facile.

Si va avanti così, con lo stesso allenatore e con gli stessi dubbi, perché questo è quello che al momento ha deciso la società. La speranza maggiore per i tifo-si rossoneri è che non ci si accorga troppo tardi della situazione, perché un cambio di allenatore potrebbe servire anche solo per dare quella scarica di adrenalina ad un gruppo adagiato sugli allori del passato, ancora-to a certezze che non ci sono più e incapace di ripartire da zero, come se nulla prima dell’inizio di questa sta-gione fosse successo.

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Inter: La rincorsa alla vetta

Angelo

Juve e napoli

metterci allo

sono belle

squadre

cerchiamo di

stesso livello

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molto più cinica e prepotente, sia in difesa che in attacco. La vittoria nel Derby, sudata, faticata, fortunata, ha dato una svolta alla squadra mila-nese che da quel momento in poi – eccezion fatta per la debacle contro il Siena – ha collezionato importanti vittorie. Quella contro il Bologna, per 3-1, ha dimostrato che l’Inter pro-vinciale di Torino è scomparsa, ed ha lasciato il posto ad una corazzata matura, integra e pronta a sfidare la Juventus in quel che sarà una sfida di vertice ed una possibile condanna per chi farà il passo falso. Stramaccioni ci crede, e sebbene qualcuno lo accusi di essersi montato la testa, lui con-tinua per la sua strada. Fino ad ora, i risultati gli danno abbondantemente ragione: è l’uomo giusto per questa Inter, è l’uomo giusto per non far più rimpiangere Mourinho e l’anno del Triplete. E’ l’uomo giusto per sfidare Juventus e Napoli per la vittoria dello scudetto.

Era incominciata in sordina la stagione nerazzurra che, quasi quanto il Milan, si trovava in difficoltà nelle partite ca-salinghe ed esprimeva tutto se stes-so fuoricasa. Poi, la differenza la si è vista quasi subito, quando i vari Cout-inho, Cassano, Milito e Palacio, in quel misero spazio di campo che è dedicato all’attacco, hanno fatto la differenza in partite dove la squadra di Stramaccioni non ha brillato per il gioco espresso, ma sicuramente per il risultato ottenuto. Provinciale fu definita da chi, vedendola vincere contro il Torino per 2-0 grazie a due reti in altrettanti tiri in porta, imma-ginava una squadra nerazzurra in forte crisi d’identità, incapace di creare gioco e di portare a termine azioni semplici e precise, lasciandosi schiacciare dalla prepotenza delle squadre più deboli – quantomeno sulla carta – e trovando il gol con la fortuna e la bravura di quegli attaccanti che si sono fatti largo tra la massa a suon di reti.

La musica è cambiata, adesso: l’Inter è

PalladinoAngelo

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vivere da separati in casa. Roma:

Giannini

360 presenza in serie A, 55 gol realizzati. Queste sono le cifre che mettono insieme Daniele De Rossi e Pablo Daniel Osvaldo. Con un curriculum del genere sem-bra scontato il posto da titolare in tutte le squadre del campionato italiano. Ecco, scontato nemmeno per sog-no. Perchè Zeman in occasione della partita casalinga contro l’Atalanta ha tenuto i suoi due campioni in pan-china, in punizione, per scarso impegno in settimana a quanto pare.

De Rossi, capitan futuro, colui che gennaio scorso ha rinnovato il contratto, il più importante della sua ca-rriera, facendo una scelta di cuore, confermando, come ha detto lui, “la scelta fatta 29 anni fa, quella di tifare Roma”, un simbolo della tifoseria, della romanità, uno degli intoccabili. E Osvaldo, il bomber di questa squa-

di questa squadra, l’attaccante più prolifico, giunto tra lo scetticismo di molti e capace di far ricredere tutti a suon di mitraglie, come un altro centravanti del passato, quel Batistuta protagonista del 3° scudetto giallorosso.

Impensabile fino a un mese fa. Poi le dichiarazioni di De Rossi dopo la sonora sconfitta in casa Juve, l’ammissione di non essere ancora pronti a lottare per lo scudetto, di essere ancora un progetto e, velatamente, criticare qual-che scelta del tecnico boemo. Zeman che lo vede più da intermedio, De Rossi che preferisce giocare in regia, così come Osvaldo preferisce giocare al centro e non largo su-lla destra.

Qualche ruggine, magari anche di poco conto, se non fos-se che il teatro di tutto ciò è Roma. Città che vive il calcio 24 ore su 24, alle radio, sui giornali, e, complice la sosta per la nazionale, per due settimane non si è parlato d’altro.

Mattia

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Nigel De JongGianpaolo Pazzini

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La nazionale, appunto. Perchè quando piove, grandina. E la sorte, in questo caso avversa ai giallorossi, vuole che in Armenia sul punteggio di 1-1 siano stati De Rossi pri-ma e Osvaldo poi, su assist del numero 16 giallorosso, a regalare vittoria e 3 punti agli azzurri. Bene per Prandelli, male per Ze-man. A gettare ulteriore benzina sul fuoco ci ha pensato l’attaccante che al termine del match ha dichiarato: “Mi è dispiaciuto quello che ha detto Zeman, le sue parole mi han-no fatto male, perché di me si può dire tutto tranne che non mi impegno”.

Insomma un polverone che destinato ad in-fiammare ancora a lungo l’etere locale, ma parzialmente stemperato dalla bella vittoria di Genova. Dopo una partenza shock con 2 gol presi in 15 minuti, i giallorossi si sono rial-zati e guidati dal solito Totti, ma anche dalla regia di De Rossi e dalla doppietta di Osval-do, hanno portato a casa i 3 punti. Le vittorie sono i migliori medicinali si dice, e questa po-trebbe essere quella giusta per far ripartire una Roma che in questo momento non può prescindere da De Rossi e Osvaldo, al di là del valore tecnico anche dalla loro leadership in mezzo al campo. Starà a Zeman scegliere se tenerli al centro del progetto o buttarli al centro di voci di mercato che già parlano di Chelsea, City, PSG e Juventus con l’acquolina alla bocca fuori dai cancelli di Trigoria.

caso

il curioso

di de rossi

ed osvaldo

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Dopo 8 giornate di campionato, la Serie A, fatica ancora a trovare la vera rivale della Juventus nella cor-sa al titolo. Il Napoli indicato da tutti come antagonista più accreditato della Vecchia Signora, è caduto allo Juventus Stadium e sconfitte come queste spesso lasciano strascichi importanti; pronta a riprendere la scia delle prime due della classe, c’è la Lazio di Vladimir Petkovic, distan-te solo un punto dai partenopei dopo la sofferta vittoria casalinga contro il Milan. La vittoria ottenuta con qual-che brivido di troppo nel finale con-tro i rossoneri ha galvanizzato la ti-foseria laziale che adesso non vuole smettere di sognare.

Numeri alla mano, i biancocelesti, non partivano così bene in campio-nato dalla stagione dello Scudetto

di Sven-Goran Eriksson, ma oltre all’aspetto meramente statistico c’è di più: la Lazio di Petkovic è an-che bella da vedere, mette in mos-tra quel buon calcio che all’Olimpico mancava da troppo tempo. Sebbene dal punto di vista degli innesti abbia cambiato poco, pochissimo rispetto alle altre compagini, la squadra sem-bra totalmente diversa da quella vista nelle ultime stagioni; la Lazio di Petkovic ha un atteggiamento do-minante, interpreta bene entrambe le fasi e difficilmente concede spazio alle iniziative avversarie. La squadra può contare su una buona rosa, con individualità sorprendenti come Lu-lic e Candreva, sicurezze come Le-desma e Gonzales, e sulla fantastica coppia formata da Klose e Hernanes, autori di ben 11 delle 15 reti messe a segno finora dai biancocelesti. Se il

bomber tedesco è sempre stato una garanzia e si è fermato solo quando il fisico glielo ha imposto, il brasiliano l’anno scorso aveva subito un calo nel rendimento dovuto all’impiego in un ruolo che non sentiva suo. Il merito di averlo recuperato è tutto del tecnico che ha saputo ascoltare le esigenze tattiche del Profeta ed è stato in grado d’integrarlo alla per-fezione nei suoi schemi, con i risul-tati che sono sotto gli occhi di tutti. Petkovic è stato dunque l’autore di una rivoluzione silenziosa, è entra-to in scena in punta di piedi, senza proclami altisonanti e con un’umiltà rara nel patinato mondo del calcio. Non è mai stato polemico, neanche con i suoi detrattori, e alle critiche ha sempre risposto con il lavoro e i ri-sultati. Il tecnico ha imposto la sua dottrina, incentrata essenzialmente

Lazio: Il buon lavoro di Petkovic trasformato in risultati

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sul gruppo e sul dialogo. I giocatori sembrano entusiasti e rivitalizzati, e cosa più importante remano tutti nella stessa direzione, perché hanno capito che a qualche carenza tecnica si può ovviare con lo spirito di squa-dra. Un ulteriore merito di Petkovic è quello di riuscire a far ragionare i suoi ragazzi di gara in gara, mantenendoli con i piedi per terra per evitare cali di tensione. Indubbiamente a Petkovic resta da aggiustare qualcosa sotto il profilo della concentrazione e del ci-nismo, come testimoniano i due gol subiti dal Milan, quando i biancoce-lesti erano in vantaggio per 3-0 e la partita era da considerarsi chiusa.

Dovesse acquisire queste doti, la Lazio potrebbe davvero giocarsela con chiun-que.

La Lazio ora dovrà affrontare l’impegno di Europa League con il Panathinaikos, poi si ritufferà nel campionato, dove in-contrerà Fiorentina, Torino e Catania, prima di arrivare alla partita cerchiata in rosso sul calendario da ogni tifoso lazia-le, la stracittadina contro la Roma. Inuti-le dire che vincere il derby per Petkovic potrebbe significare entrare di diritto nel cuore di quei tifosi che già lo stimano e lo osannano domenica dopo domenica.

MarcoGiuliani

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...bisogna restare coi piedi per terra e lavorare tanto. Ora abbiamo in più la convinzione che anche contro le grandi possiamo vincere

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Josè Mourinho

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Montella: Il miglior emergente italiano

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Josè Mourinho

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Il calcio italiano nel passato ha mostrato numero-si e indimenticabili calciatori di talento, ma anche e soprattutto allenatori, tecnici in grado di stravolgere completamente l’andamento di un match grazie ad intuizioni, qualità, mosse tecnico-tattiche superiori alla media. Possiamo annoverare in questa speciale classifica nomi come il Mago Herrera, Arrigo Sacchi, Capello, Trapattoni, Lippi, Mourinho e tanti altri, fino ad arrivare ai giorni nostri con Conte, Ferrara e lo stesso Montella. È proprio lui ad essere considerato da molti il nuovo emergente italiano, colui che, come Antonio Conte, ha saputo imporre una propria e chiara tipolo-gia di gioco riuscendo soprattutto a trasmettere grin-ta, determinazione e voglia di vincere che solo pochi eletti posseggono. In poco tempo si è ritrovato cata-pultato in un “nuovo mondo”, quello da tecnico che per quanto affine al mondo del calcio, differisce in tante sfaccettature cambiando le proprie dinamiche.

Dire grande giocatore non vuol dire grande allenatore e questa regola è stata confermata fin troppe volte, ma esistono anche i calciatori che avendo dimostra-to di saper “toccare” la palla, hanno mostrato un’alta capacità nel trasmettere anche agli altri le proprie co-noscenze, le proprie idee calcistiche, le proprie convin-zioni. Montella è stato sia grande calciatore e almeno fino ad ora un ottimo allenatore capace di azzittire tutta la critica che, spesso, sa essere davvero incisiva e debellante. L’esperienza da tecnico della Roma, ha rappresentato lo scoglio maggiore in questi primissi-mi anni, in quanto ha rischiato seriamente di essere cannibalizzato e di dover uscire in silenzio e in punta di piedi dalla porta di servizio. Invece no, “l’aeroplanino” ha saputo spiccare fin da subito il volo, portando i pro-pri reattori al massimo e dimostrando competenza e voglia di emergere. Nel panorama italiano, lui rap-presenta un’enorme risorsa da non disperdere e so-prattutto non allontanare come è successo troppe volte per colleghi di settore e calciatori.

Pensare a Vincenzo Montella come il miglior emergen-te italiano, forse può essere alquanto ottimista, ma proiettarlo tra i migliori allenatori emergenti europei, forse non è così sbagliato. Quello che ha dimostrato in poco tempo e con squadre non di assoluto valore,

Agresta

seriamente di essere cannibalizzato e di dover usci-re in silenzio e in punta di piedi dalla porta di servi-zio. Invece no, “l’aeroplanino” ha saputo spiccare fin da subito il volo, portando i propri reattori al massimo e dimostrando competenza e voglia di emergere. Nel panorama italiano, lui rappresenta un’enorme risorsa da non disperdere e soprattutto non allontanare come è successo troppe volte per colleghi di settore e cal-ciatori.

Pensare a Vincenzo Montella come il miglior emergen-te italiano, forse può essere alquanto ottimista, ma proiettarlo tra i migliori allenatori emergenti europei, forse non è così sbagliato. Quello che ha dimostrato in poco tempo e con squadre non di assoluto valore, ha portato a ragionare in questi termini, pensando che in un futuro non troppo lontano lo si potrà vedere su qualche realtà di maggior rilievo calcistico e capire se con risorse di primissimo piano, come ad esempio dis-pone il collega Conte, riuscirà a raggiungere e ambire a risultati di altissimo livello. Ma per adesso non spin-giamoci troppo oltre perché è veramente difficile fare pronostici e, soprattutto, quando si parla di uno sport come il calcio, fatto di una miriade di sfaccettature e fattori che alterano continuamente le sue dinamiche. In questo primo scorcio di stagione ha sicuramente dato una forte impronta alla Fiorentina, portandola ad esprimere un gioco corale, armonico fatto di velocità e rapidità ma anche possesso palla ragionato al fine di sfruttare al massimo le caratteristiche degli uomini che ha a disposizione. Le premesse sono davvero po-sitive, ma per ora possiamo soltanto fare un grosso in bocca al lupo ad una persona prima e giocatore-alle-natore poi che ha saputo conquistare il posto grazie alle grandi qualità, al proprio lavoro e alla propria ab-negazione.

Clemente

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UNO SGUArDO AI fATTI DI GENOAQuando si oltraggiarono i colori dei GrifoniCronaca ed analisi di una storia mal interpretata

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ra il 22 aprile 2012; a Marassi si disputava la 34esima gior-nata di campionato tra Ge-noa e Siena. I padroni di casa

guidati da diversi allenatori nel corso dell’anno stavano subendo l’ennesima sconfitta. Al quarto gol dei bianconeri alcuni tifosi insorsero entrando in tribu-na al solo scopo di fermare quello scem-pio. Agli occhi di tutta Italia quell’insano gesto è stata una vergogna per il calcio italiano; si è parlato di violenza e pau-ra, ma sugli spalti l’unica emozione che aleggiava era lo sdegno, sdegno per quelle persone che indossando i colori del Genoa non erano capaci di onorarli. Non si chiedeva loro di vincere, ma solo di giocare, correre, sudare, combatte-re. Dopo 34 partite inguardabili e con l’imminente paura della retrocessione il popolo genoano sbottò; c’è chi lo ha fatto esagerando e passando dalla par-te del torto indignando tutta Italia e c’è chi lo ha fatto come sempre soffrendo in silenzio. Quel che è certo è che nes-sun genoano era fiero di quegli undici “senza palle” che manco dinanzi al pe-ricolo retrocessione sapevano dare una svolta alle loro patetiche prestazioni.

Fabrizio Fileni e Pier Mario Pielizzari a capo di un centinaio di persone ordina-rono ai giocatori di togliere la maglia per-ché non degni di indossarla. La richiesta lasciò sbigottiti tutti; da una parte il po-polo rossoblu furioso (che abbia preso parte o meno) e dall’altra una squadra alle corde, soprattutto emotivamente. Non esisteva più partita, arbitro, regola-mento, Siena, nulla… solo Genoa e ge-noani.

Giuseppe Sculli cercò di trattare con i due capi ultras , ma non era disposto ad accontentarli: “vieni tu a togliermi la maglia perché io non me la tolgo!“ ripe-tè più volte.

Lo scenario inverosimile raccoglieva un gruppo di calciatori spaesati in canotta bianca in mezzo al campo. Appeso sulla vetrata che divide gli spalti dal campo c’era Sculli che parlava coi tifosi. Poli-zia, presidente, tutti gli altri al centro del

UNO SGUArDO AI fATTI DI GENOAQuando si oltraggiarono i colori dei GrifoniCronaca ed analisi di una storia mal interpretata

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campo ad aspettare l’evolversi della situazione. Alcuni giocatori visibilmente traumatizzati; qualcuno spezzò il nervosismo piangendo. Umiliazione e tanto sgomen-to; poi la partita venne ripresa. Il clima era surreale; entrambi le squadre aspettavano solo il triplice fischio per mettere la parola fine a quella tremenda giornata.

Ai fatti di Genoa-Siena seguirono alcuni provvedimen-ti tra cui la squalifica del campo per due turni. Diver-si tifosi genoani furono diffidati; dopo circa un mese salirono a 110 i tifosi colpiti da Daspo (divieto di avvicinarsi a Marassi du-rante lo svolgi-mento di ma-n i f e s t a z i o n i sportive).

A giugno il questore di Genova, Mas-simo Mazza, annunciò i provvedimenti presi contro la follia degli ultras: “Sette ultras agli arresti domiciliari e 120 sotto inchiesta”. Inoltre in quell’occasione Mazza rispose an-che alla domanda dei giornalisti riguardo il motivo per cui la polizia presente allo stadio non intervenne: “Iso-lare un numero considerevole di ultras con un’azione di forza è un grosso rischio con tanta gente all’interno

dello stadio”.

Si pensò che la squalifica del campo ed i vari Daspo fossero i provvedimenti presi in merito alle vicende del 22 aprile, ma quello fu solo l’inizio.

A Settembre sedici giocatori furono deferiti (quelli pre-senti alla partita Genoa-Siena) assieme al dirigente Francesco Salucci ed al presidente Preziosi, oltre alla società ligure. Nella nota del Figc si leggeva: “i tesse-

rati sono sta-ti deferiti per r i s p o n d e r e alla violazio-ne dell’art. 1 del Codice di Giustizia Spor-tiva, mentre la società dovrà rispondere per r e s p o n s a b i -lità diretta in relazione alla condotta del

proprio presidente e per responsabilità oggettiva in relazione alla condotta del proprio dirigente e dei gio-catori”.

I primi giorni di Ottobre il procuratore Stefano Palazzi rende note le richieste della Procura: trecentomila euro di multa per il Genoa, centomila euro per il presidente

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A SinistraLo sfogo della tifoseria, con fumogeni e attacchi alla transenne

Al CentroCoerografie in avvio di gara

A DestraGiuseppe Sculli tenta il dialogo coi tifosi, un momento dal quale scaturirà la consegna delle maglie

e trentamila per i 17 tesserati; inoltre per Sculli furono chiesti tre mesi di squalifica. Pochi giorni dopo arriva il verdetto finale: un mese di squalifica per Giuseppe Sculli perché “dalle intercettazioni emerse la prova de-lle costanti e prolungate frequentazioni tra l‘incolpato ed elementi di spicco della frangia di contestatori” e trentamila euro di ammenda per il club rossoblu.

A metà Ottobre, infine, dei dodici tifosi imputati nel processo, otto accettarono il patteggiamento, mentre gli altri quattro vennero rinviati a giudizio con rito or-dinario. Per molti questa vicenda nasce da una men-talità sbagliata, per un genoano (e forse non solo) no!

Non voglio certo affermare che chi ha agito abbia fatto bene, ma solo che posso capire come si possa essere arrivati a tanto. Non li giustifico, ma li difendo quando i media fanno di tutta un erba un fascio giudicando i genoani come tifosi violenti. Troppo facile; con lo stes-so principio potrei affermare che i milanisti sono degli assassini ripensando all’omicidio di Vincenzo Spagnolo per mano di un tifoso rossonero fuori dallo stadio di

Inoltre la Lega Nazionale Professionisti Serie A, tramite un comunicato pubblicato a Luglio 2012 (quindi dopo gli avvenimenti di Genoa-Siena), ha stilato la classifica delle tifoserie più corrette del campionato 2011-2012. I genoani arrivano quarti dimostrando che forse non sono poi così violenti. Ultimi in classifica gli juventini , i laziali ed i romanisti.

Il 22 aprile 2012 il popolo italiano ha giudicato scanda-loso il gesto dei tifosi genoani, ma per il popolo rosso-blu l’unico scandalo è stato commesso durante il cam-pionato dalla squadra rossoblu oltraggiando i colori dei Grifoni.

LauraCanepa

Genova.

Per concludere, vorrei ricor-dare che la società genoana ha ritirato la maglia numero 12, assegnandola simbolica-mente alla Gradinata Nord, considerata come il “dodice-simo uomo in campo”.

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LA PArOLA ALLA CLASSIfICANumeri, statistiche e pronosticiAnalisi dettagliata dei trend tra scorsa e nuova stagione dopo i primi 9 turni

Dal 2011/12 al 2012/13 un solo grido: dominio bianconero

empo di prime valutazioni per la serie A dopo nove giornate. CNT ha messo a confronto la classifica della passata stagione con quella attuale e ancora

una volta la dominatrice incontrastata è sicura-mente la Juventus. La squadra di Conte è riuscita addirittura a fare meglio della passata stagione, dove pure comandava con 19 punti, frutto di 5 vittorie e quattro pareggi. Invece quella di oggi è una vera e propria corazzata, avendo sei lung-hezze in più (25 punti con 8 vittorie e un pareg-gio) e anche tre punti sulle inseguitrici. Di scon-fitte neanche a parlarne. Ma nonostante questo rullino di marcia impressionante, quella bianco-nera non è la squadra che ha ottenuto il miglio-ramento più consistente. Infatti rapportando le due classifiche, troviamo la Vecchia Signora ap-pena al terzo posto, con Inter e Napoli davanti. I neroazzurri, infatti, sono in testa con un impres-sionante +13. L’anno scorso la squadra allena-ta all’epoca da Gasperini partì malissimo con 2 vittorie, 2 pareggi e ben 5 sconfitte e in classifica era quart’ultima. Quest’anno invece, Moratti ha attuato una clamorosa rivoluzione e, guidata da un giovane quanto preparato tecnico come Stra-maccioni, l’Inter è riuscita a partire forte e si è assestata al terzo posto. Perché, se è vero che i neroazzurri sono coloro i quali hanno avuto un escala-tion clamoroso, anche il Napoli ha avuto un rendimento migliore rispetto alla stessa situazione di un anno fa, con un importante +8 che gli vale l’attuale seconda piazza in classifica e l’appellativo di vera anti-Juventus. I partenopei, infatti, 365 giorni fa, erano quinti in classifica a 14 punti, con 4 vittorie,2 pareggi e ben 3 sconfitte (mentre attualmente ha perso solo con la Juventus). Un miglioramento dovuto soprattutto al turnover attuato da Mazzarri in Europa, cosa che non è stato possibile fare l’anno scorso per ben figurare in Champions League che mancava da oltre vent’anni. Sorprende vedere come, nonostante delle partite scriteriate come quella contro l’Udinese (da 2-0 a 2-3)la Roma, nonostante tutto, abbia un +3 rispetto alla passata sta-gione. Gli uomini di Luis Enrique erano, però, clamorosamente al 12° posto, mentre adesso con Zeman si è al 6° posto in piena zona Europa League. Sicuramente magra consolazione per i tifosi giallorossi

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LA PArOLA ALLA CLASSIfICANumeri, statistiche e pronosticiAnalisi dettagliata dei trend tra scorsa e nuova stagione dopo i primi 9 turni

Dal 2011/12 al 2012/13 un solo grido: dominio bianconero

empo di prime valutazioni per la serie A dopo nove giornate. CNT ha messo a confronto la classifica della passata stagione con quella attuale e ancora

una volta la dominatrice incontrastata è sicura-mente la Juventus. La squadra di Conte è riuscita addirittura a fare meglio della passata stagione, dove pure comandava con 19 punti, frutto di 5 vittorie e quattro pareggi. Invece quella di oggi è una vera e propria corazzata, avendo sei lung-hezze in più (25 punti con 8 vittorie e un pareg-gio) e anche tre punti sulle inseguitrici. Di scon-fitte neanche a parlarne. Ma nonostante questo rullino di marcia impressionante, quella bianco-nera non è la squadra che ha ottenuto il miglio-ramento più consistente. Infatti rapportando le due classifiche, troviamo la Vecchia Signora ap-pena al terzo posto, con Inter e Napoli davanti. I neroazzurri, infatti, sono in testa con un impres-sionante +13. L’anno scorso la squadra allena-ta all’epoca da Gasperini partì malissimo con 2 vittorie, 2 pareggi e ben 5 sconfitte e in classifica era quart’ultima. Quest’anno invece, Moratti ha attuato una clamorosa rivoluzione e, guidata da un giovane quanto preparato tecnico come Stra-maccioni, l’Inter è riuscita a partire forte e si è assestata al terzo posto. Perché, se è vero che i neroazzurri sono coloro i quali hanno avuto un escala-tion clamoroso, anche il Napoli ha avuto un rendimento migliore rispetto alla stessa situazione di un anno fa, con un importante +8 che gli vale l’attuale seconda piazza in classifica e l’appellativo di vera anti-Juventus. I partenopei, infatti, 365 giorni fa, erano quinti in classifica a 14 punti, con 4 vittorie,2 pareggi e ben 3 sconfitte (mentre attualmente ha perso solo con la Juventus). Un miglioramento dovuto soprattutto al turnover attuato da Mazzarri in Europa, cosa che non è stato possibile fare l’anno scorso per ben figurare in Champions League che mancava da oltre vent’anni. Sorprende vedere come, nonostante delle partite scriteriate come quella contro l’Udinese (da 2-0 a 2-3)la Roma, nonostante tutto, abbia un +3 rispetto alla passata sta-gione. Gli uomini di Luis Enrique erano, però, clamorosamente al 12° posto, mentre adesso con Zeman si è al 6° posto in piena zona Europa League. Sicuramente magra consolazione per i tifosi giallorossi

Sprofondo rossonero

Terrificante il crollo in un anno del Milan. Anche i rossoneri, come i cugini interisti, hanno attuato una rivoluzione per esigenze di bilancio, ma il cambiamento è stato nettamente in negativo. Ben 7 i punti in meno rispetto alla passata stagione dove i ragazzi di Allegri pure partirono maluccio (17 punti con 5 vittorie 2 pareggi e 2 sconfit-te)ma erano quarti a meno due dalla vetta. Adesso lo scudetto per i rossoneri sembra un miraggio con appena 10 punti (3 vittorie,1 pareggio e 5 sconfitte) e vetta distante un abisso: 15 punti! Discorso a parte merita il Siena, che a conti fatti, è la compagine che ha avuto il tracollo maggiore. Ma quest’anno i senesi sono partiti con un pesan-tissimo -6 per la vicenda legata al calcioscommesse, quindi facendo un confronto ris-petto all’anno scorso, la differenza è considerevole: -10 punti (13 punti nella stagione 2011-12 contro gli appena 3 di quest’anno). Non male neanche il peggioramento di Udinese e Palermo, con entrambe le squadre che si ritrovano con un pesante -6. I friulani un anno fa erano in piena lotta scudetto, con 18 lunghezze (5 vittorie,3 pare-ggi e una sola sconfitta) mentre adesso navigano nel centro classifica con 12 punti (3 vittorie,3 pareggi e 3 sconfitte). Per il Palermo, invece, quello di quest’anno è stato il peggior inizio di sempre da quando Zamparini è il patron. Basti pensare che nella passata stagione, i rosanero erano in lotta per un posto in Europa League con 13 punti, mentre adesso serpeggia l’incubo della retrocessione con appena 7 lunghezze.

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risultati utili consecutivi dall’insediamento di Antonio Conte.

Distante appena 10 gare dal record assoluto detenuto dal Milan di Capello dei primi anni novanta

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Nel segno dell’intramontabile Klose

34 anni e non sentirli. Miroslav Klose è sempre uguale a se stesso e non si smentisce mai: che giochi in Germania, con la Germania o in Italia con la Lazio, il suo fiuto del gol resta invariato. Sei gol la passata stagione, sei gol quest’anno dopo nove giornate. Una macchina perfetta. Così come mostruosamente costante è Edinson Cavani: quest’anno è partito fortissimo e anche lui è già a quota sei. Una piacevolissima new entry per il Milan e la Nazionale, è sicuramente El Sharaawy. Il faraone un anno fa era un oggetto misterioso dopo un ottima annata col Padova in serie B. Quest’anno è l’unico della squadra rossonera a farsi valere e si trova a braccetto con i due mostri sacri sopra citati. Un po’ più indietro c’è Totò Di Natale che paga anche un inizio non positivo della sua squadra. Comunque il bottino attuale è di tutto rispetto con 4 centri contro i 6 di un anno fa.

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I record di questa stagione dopo 9 giornate

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8 Gare vinte.Il record di maggior numero di vittorie (Juventus)

0 Gare perse.

Il record di minor numero di sconfitte (Juventus)

20 Miglior Attacco

Le reti siglate dai migliori attacchi (Juventus e Roma)

4 Gol subiti.Le reti incassate dalla miglior difesa (Juventus)

+16 Differenza reti

Maggiore differenza gol fatti e subiti (Juventus)

4 Maggior numero pareggi

Il record di gare pareggiate (Torino e Palermo)

0 Minor numero pareggi.Il record di meno gare pareggiate (Inter e Lazio)

1 Minor numero vittorie

Il record del minor numero di vittorie (Palermo)

6 Maggior numero sconfitte

Il record di gare perse (Bologna e Chievo)

6 Peggior Attacco.Le reti siglate da Cagliari, Palermo e Pescara 16

Peggior DifesaLe reti subite da Chievo

e Roma

-9 Peggior differenza reti

Peggiore differenza gol fatti e subiti (Chievo e Pescara)

6 Record gol in garaAtalanta-Torino 1-5, Genoa-Roma 2-4 34

Record reti in un turnoIl numero ottenuto alla 2a

giornata

4 Record scarto gol in gara

Bologna-Catania 4-0, Atalanta-Torino 1-5

16 Record reti in un turno.Il numero più basso ottenuto alla 5a giornata 5

Vittorie consecutiveInter (5a-9a giornata)

-9 Peggior differenza reti

Peggiore differenza gol fatti e subiti (Chievo e Pescara)

9 Miglior serie positivaJuventus (1a-9a giornata)

5 Peggior serie negativa

Chievo (2a-6a giornata)

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Scudetto e Champion’s League

Per tutto quello che abbiamo detto ad inizio ar-ticolo, la Juventus resta la padrona assoluta de-lla serie A e quindi si candida alla vittoria finale del campionato, anche se la Champions a lungo andare potrebbe togliere qualcosa agli uomini di Conte. Subito dietro troviamo il Napoli, che fino ad oggi si è mostrato inferiore solo all’armata bianconera. I partenopei, però, dovranno dimos-trare di essere finalmente cresciuti e di aver im-parato a gestire certe pressioni. Leggermente più indietro troviamo l’Inter che crediamo più pronta rispetto alla Lazio e dopo vi spieghere-mo il perché. Il biscione non conosce pareggi ma se impara a gestire determinate situazioni, uni-te all’incredibile cinismo di questo primo scorcio di stagione, potrebbe davvero rivelarsi una seria pretendente al tricolore.

Per concludere, ecco una nostra personalissima previsione su come finirà il campionato in base a quanto visto sino ad oggi.

Cosa succederà?

Morabito

Massimo

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Europa League

Anche quest’anno crediamo che la Lazio non riesca a raggiungere la tanto agognata Cham-pions, sfiorata per due anni consecutivi ma mai raggiunta. Gli uomini di Petkovic sembrano più solidi rispetto alla gestione Reja ma a conti fatti gli aquilotti hanno già tre sconfitte sul groppone per altro contro delle dirette concorrenti come Napoli e Fiorentina. Proprio i viola possono es-sere una piacevole sorpresa. Dopo due anni bui, i Della Valle hanno ritrovato l’entusiasmo e con loro tutta la città. Montella si è dimostrato un tecnico valido e se a gennaio i proprietari non si tireranno indietro, tornare in Europa non è un utopia. Infine, nonostante una brutta partenza, come possibile terza squadra che può ambire ad un piazzamento in Europa Leaguec’ è sicu-ramente l’Udinese. Non crediamo ad un campio-nato anonimo dei friulani

Sorprese

Tra le possibili mine vaganti, puntiamo forte sul Parma. Il mercato estivo è stato importante e se si riuscisse a dare una certa continuità ai risul-tati unita a una maggior convinzione nei propri mezzi, la squadra ducale può essere davvero di impiccio. Dopo un avvio spumeggiante, la Sam-pdoria ha conosciuto un vistoso calo con quat-tro sconfitte consecutive. Ma azzardiamo come sorpresa i blucerchiati perché crediamo in Ferra-ra e nei suoi giovani.

retrocessione

Troppo pesante il -6 iniziale per il Siena. I Mez-zaroma hanno allestito una squadra capace di centrare, in condizioni normali, una salvezza tranquilla. Ma a lungo andare la penalizzazione potrebbe risultare decisiva. A rischio poi ci sono Bologna, Torino e Pescara, le squadre che al mo-mento hanno mostrato le maggiori difficoltà a fare punti. Ma occhio alle possibile sorprese, in negativo, rappresentate da Atalanta e Palermo. Il Chievo, crediamo, si tirerà presto fuori.

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IntervIsta a DAVIDE VAGNATIConosciuto con la fascia da capitano del Pisa nell’anno della sua risalita dal fallimento, Davide Vagnati, disponi-bile come sempre, acconsente a fare due chiacchiere con noi sulla situazione del calcio di Lega Pro. Genovese doc, dopo una lunga carriera iniziata tra le file della Sampdoria, passando per la Biellese, il Casale, la Massese, la Giacomense e il Pisa, termina la sua carriera nella società che gli ha offerto la possibilità di mettere al servizio delle nuove leve la sua esperienza ricoprendo un incarico dirigenziale. Con la Giacomense, militante nella Seconda Divisione Lega Pro, Davide Vagnati inizia la seconda parte della sua carriera calcistica. Leggiamo gli spunti inter-essanti che escono dalla nostra chiacchierata.

gli scarpini al chiodo”.

Grande conoscitore di Lega Pro, come vedi l’aria di riforma che si respira ? Sono attuabili queste riforme a breve termi-ne come vuole il presidente Macalli oppure no ?

Sono convinto che la riforma dei campionati sia inevitabile visto l’ecatombe di società che tutti gli anni non riesce ad iscriversi per problemi finanziari. Ci vuole la riforma di una Lega Pro unica e con severità maggiore all’atto dell’iscrizione.

Un grosso peso nell’impostazione delle società di prima e seconda divisione ce l’ha la regola dei contributi federali alle società che schierano regolarmente gli under in campo. Che idea hai di questa regola ? secondo te fa bene o male ai giovani ? e ai meno giovani ?

Credo che le società,soprattutto quelle senza un grosso ba-

Dopo una lunga carriera in C2, adesso sei passato dietro la scrivania e svolgi un ruolo dirigenziale nella Giacomense in seconda divisione. Sei anche Allenatore in 2^ della squadra

Sì, sono stato nominato Direttore Generale della Giacomen-se Calcio il Giugno scorso, in attesa di conseguire il patenti-no di Direttore Sportivo. Sono allenatore in seconda perché vado in panchina la domenica.

Come ti senti a vivere il calcio non giocato ?

Il passo dal campo alla scrivania non l’ho accusato più di tan-to perche questo nuovo lavoro m’impegna molto. Il cambio di ruolo è avvenuto abbastanza improvvisamente visto che quest’estate il mio Presidente mi chiamò al telefono per an-dare a Ferrara a parlare con lui, per propormi questo nuovo e bellissimo lavoro. Non ho esitato a dare la mia disponibilità visto che è sempre stato il mio desiderio una volta “appeso

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cino d’utenza e quindi con poche entrate, non possano fare a meno dei soldi che la Lega Pro mette a disposizione a coloro che fanno giocare i giovani. Sicuramente in questo momento il giovane si sente” protetto” da questa regola e il problema è fare capire loro che devono sfruttare l’occasione dando tutto senza avere presunzione di essere arrivati se giocano spesso magari a discapito di qualche “esperto” che sul campo avrebbe meriti maggiori.

Per quanto concerne i NON UNDER ritengo che ormai si è in-trapreso questa strada dei giovani e quindi c’è molta screma-tura, molta selezione di coloro che non rientrano nei giovani da “minutaggio”.

In un momento in cui le società di calcio di lega pro fanno grossa fatica a restare a galla, come reputi la situazione della tua società ?

La Giacomense Calcio è una realtà piccola, circa 600 abitanti a Masi San Giacomo, ma è una società che alla fine del mese paga gli stipendi, i contributi e mantiene con “Vitto e Alloggio” i suoi giocatori immancabilmente.

Essendo una realtà molto piccola non può permettersi di non attingere hai contributi dei giovani messi a diposizione de-lla Lega Pro. La nostra differenza con tutte le altre realtà e questa:

Noi abbiamo l’obbligo (imposto dalla proprietà) di far gioca-re 7-8 giovani da minutaggio (nati dopo il 1990) per percepi-re una cifra adeguata alla quale poter continuare ad essere una società precisa e puntuale dal punto di vista economico. Questo ovviamente è un fatto molto diverso da chi fà giocare solo i 3 giovani su 11 ma per questo siamo apprezzati e se-guiti da squadre di blasone, visto che da noi vi sono numerosi giovani che giocano.

Che soluzione avresti te a questa crisi del calcio minore ?

L’unico consiglio che mi sento di dare è il maggior Merchan-dising che dovrebbe esserci in Lega Pro, ossia vendere meglio il prodotto con iniziative promozionali continue. Un esempio potrebbe essere mettere il nome nelle maglie anche nella nostra Categoria per creare un giro di soldi e di lavoro impor-tante

Antonio

che il lavoro fatto d’estate da Indiani e poi concluso da Cuoghi sia stato di assoluto livello.

Hai un aneddoto particolare, curioso o divertente, riguardante il tuo nuo-vo incarico da dirigente /allenatore ?

L’aneddoto, o meglio la grossa differenza, è che prima da gio-catore ricevevo 4-5 telefonate al giorno, ora da Direttore sono arrivato a ricevere 100 telefonate !

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Cassisa

Grazie Vagna ! In bocca al lupo a te e alla tua giovane e promettente squadra !AC.

Antonio

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Hai vissuto in prima persona a Pisa, in serie D, cosa signi-fica per certe piazze ricominciare da zero. Che ricordo hai di quell’annata in cui sei stato molto apprezzato dalla piazza pisana ?

Ho un ricordo stupendo della Città di Pisa e della Curva Nord in quanto giocare per quella maglia e oltretutto con la fascia di capitano è stato un onore e ricordo ogni volta che mettevo la Mia fascia gialla,regalata dall’ amico Bonuccelli, avevo sempre i brividi. Ripartire da zero non è stato semplice ma ritengo

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Sei volte campione. Sei volte Max

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E allora la curiosità si fa largo e sorge spontaneo do-mandarsi quale sia il segreto di un pilota che, incurante dell’incedere degli anni, riesce ancora a divertirsi come un ragazzino, sovvertendo ogni logica.

Non tutti lo sanno, ma Biaggi è sempre stato un caso a parte. Scavando nel suo passato, troviamo infatti una storia che, nella sua semplicità, appare profondamen-te diversa da quella di ogni altro pilota. Massimiliano Biaggi, infatti, si avvicinò alle corse quasi per caso alla “veneranda” età di 19 anni. Nel suo passato mancano le classiche tappe del “cursus honorum” di un pilota. La sua non è una storia fatta di gare in minimoto, di coppe o di trofei; la storia di Max, al contrario, inizia quando un pomeriggio, per noia, scelse di accompagnare un amico

Al riparo dai riflettori psichedelici della MotoGP, in Super-bike l’aria è ancora genuina. Si pensa solo a correre, ci sono piloti validi e l’adrenalina è di casa. Lo sa bene Max Bia-ggi, che tre domeniche fa, sulla pista di Magny-Cours, si è consacrato Campione del Mondo, uscendo vincitore da una stagione a dir poco massacrante. Basti pensare che il vantaggio che lo ha visto prevalere sul giovane Sykes, è stato di solo mezzo punto. Max, dunque, mette in bacheca il sesto mondiale e regala alla sua squadra, Aprilia, il cin-quantesimo titolo nella storia. Eppure, al di là dei numeri, a colpire maggiormente è una scena su tutte. Abbiamo assistito, infatti, all’impresa un uomo che a 41 anni non ha ancora esaurito passione e coraggio, essendo in grado di regalare emozioni. Quelle vere.

Superbike:

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Max Biaggi in sella alla sua Aprilia RSV4 conquista il secondo titolo nella Superbike, il sesto in totale nella sua carriera.

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é il quarto

piaccono le sfide

mondiale vinto all’ultima

gara

si vede che mi

difficili

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alla pista Vallelunga, alle porte di Roma. Appare super-fluo, oggi, dire che quel giorno cambiò per sempre la sua esistenza, e forse un po’ anche la nostra.

Eppure Max, sebbene non sia più un ragazzo prodigio ma uno sportivo affermato, stupisce ancora. Abbiamo dinan-zi un pilota smaliziato, dotato di grandi qualità. Le spa-lle, larghissime, sono quelle di chi corre in moto da più di vent’anni e la sua maturità agonistica, unita al coraggio, diviene un’arma preziosa, in grado di zittire gli scettici che, a 40 anni suonati, lo vorrebbero a casa.

Questo campionato, tuttavia, non è stato affatto sempli-ce per il campione romano, soprattutto dopo la vittoria di Carlos Checa l’anno scorso. Sembrava avesse perso smalto ed invece il Corsaro, raccogliendo le forze, è rius-cito ad imporsi nuovamente, dimostrando per l’ennesima volta il suo valore. Il 2012 però, prima di consacrarlo, gli ha imposto un arduo multi-confronto con avversari di tutto rispetto. Ad osteggiare Max, non ci ha provato infatti il solito Checa, ma si sono aggiunti un veloce Melandri e, più di tutti, un esplosivo Tom Sykes. Proprio quest’ultimo, nonostante fosse partito in sordina, nel finale di stagione si è rivelato essere la minaccia più concreta ai sogni iridati di Biaggi, facendo vacillare le certezze del pluri-campione.

L’ultima gara, in Francia, è stata l’emblema di un’intera stagione vissuta al cardiopalma. Max si presentava all’ultimo appuntamento con 30,5 punti di vantaggio: un bottino più che rassicurante. Ed invece, una disastrosa caduta in Gara1, ha rimesso in discussione tutto, mes-colando le carte e proiettando il giovane Sykes vicinissi-mo. Sembrava la fine e molti avevano già abbandonato ogni speranza, eppure il romano, arginando lo sconforto, è riuscito a fare appello alle sue doti, montando in sella

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llito. Vedere un pilota nostrano compiere il giro d’onore con la bandiera nazionale legata al collo, come fosse un mantello, ha risvegliato nei fan la nostalgia degli anni 90. Anni in cui Max nella classe 250 vinse tutto. Impossibi-le, dunque, rimanere impassibili quando a fine gara si è assistito alla sorda gioia di un campione provato ed es-austo, che si accovaccia a terra con la testa stretta tra le mani ed il cuore che sembrava voler schizzar via dalla tuta.

La vittoria di Biaggi, dunque, non è un successo come gli altri. Essa diviene il simbolo del sacrificio di chi, contro ogni circostanza, si applica senza riserve. Un atteggia-mento passionale e forse lontano dalle movenze da vip

Nicolarigliaco

e conducendo una seconda gara spettacolare, nella quale ha do-vuto assolvere al difficile compito di salvare un titolo che appariva ormai compromesso.

Biaggi ed Aprilia, insieme, hanno rilanciato la sfida, sconfiggendo i colossi nipponici e riuscendo laddove Rossi e Ducati hanno fa-

cui sono avvezzi i piloti della MotoGP i quali, coccolati ed accuditi, spesso dimenticano l’essenza stessa del loro mestiere. E allora un plauso, più che meritato, va ad un pilota che da due decenni scrive pagine bellissi-me del motociclismo italiano ed internazionale, affron-tando con passione e serietà le sfide che il destino gli riserva. Per l’anno prossimo Biaggi, ha già confermato (nonostante manchi l’ufficialità) la sua presenza nel team Aprilia, per continuare questa bellissima avven-tura con la casa di Noale che innumerevoli gioie gli ha regalato. Non resta, dunque, che un augurio: provaci ancora, Max!

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Voglio ringraziare il Team, Aprilia ed

il Gruppo Piaggio... il mio successo è la punta del lavoro di

una grande azienda italiana.

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Le controversie dell’introduzione tecnologica

Editoriale:

Tecnologia o non tecnologia, questo è il problema. Quesito tanto affliggente quanto irrisolvibile, seppur l’opinione pubblica, o meglio la parte più significativa di essa, peccando fin troppo spesso di superficialità, sem-bra penderne incondizionatamente a favore. Contraria-mente al dilemma amletico, però, le alternative non si riducono ad un semplice, seppur enigmatico, dualismo. Tante, in questo caso, le variabili e le conseguenti impli-cazioni. Così come le possibili modalità di espletamento dell’opzione tecnologica.

Quando avvalersene? In che modo? Con quali modalità di giudizio? E ancora: è davvero sufficiente la tecnolo-gia ad eliminare qualsiasi margine di discrezionalità di giudizio? Riuscirebbe realmente a garantire il regolare svolgimento delle partite?

E’ evidente che esiste soltanto una risposta a tali que-siti: “ni”. Oppure “so”. Come preferite. E’ indubbio che nei casi dei gol fantasma basterebbe un piccolo chip in grado di segnalare al direttore di gara ogni qualvolta il pallone superi completamente la linea di porta. Ma è al-

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Le controversie dell’introduzione tecnologica

trettanto indubbio che eventuali guasti tecnici non per-venuti prima dell’inizio gara, oppure manifestatisi nel suo intermezzo, potrebbero comprometterne il regola-re svolgimento, trascinando con sé le inevitabili nubi di dietrologie inerenti ad ipotesi su intenzionali boicotta-ggi. Tecnologia o meno, il clima del sospetto comunque non tramonterebbe.

Ancor più evidente è il caso dei fuorigioco. Supponiamo l’introduzione della moviola in campo. Siamo certi che sarebbe effettivamente in grado di sollevare qualsiasi

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Avitabile

Andrea

dubbio? Eppure, se ci pensate, la storia del calcio è piena di episodi in cui nean-che “il moviolone” post-partita è stato in grado di far chiarezza. In questo caso, la tecnologia perderebbe la sua aura di strumento scientifico restituendo ad eventuali giudici esterni la discreziona-lità di scelta, perdendo di fatto ragion d’esistere.

E questo discorso, ovviamente, non va-rrebbe soltanto per gli offside, ma per diverse situazioni di gioco quali possibili tocchi di mano, impercettibili deviazio-ni, scontri e tirate di maglia in area di rigore ed altre più svariate circostanze. La tecnologia non sarebbe in grado di assumere i toni scientifici (che poi è quello che gli si chiede, ossia la repli-cabilità di giudizio attraverso standard oggettivi) e, senz’altro, sarebbe irrealiz-zabile un suo parziale utilizzo (secondo quali criteri si potrebbero selezionare gli episodi degni di una verifica?).

Insomma, le controversie non manca-no. Se poi ci aggiungiamo l’inevitabile rallentamento del ritmo di gioco (un

po’ come nella scherma, in misura meno drastica) e le diverse perples-sità sulla natura delle industrie che fornirebbero tali marchingegni (chi si arricchirebbe da tutto questo?), non si può non rimanere un attimo scet-tici su una digitalizzazione di questa portata.

In fondo la bellezza del calcio risiede anche nelle tantissime sfaccettatu-re che una partita può contenere. In queste è contemplato anche l’errore umano. Un calcio di rigore fallito. Una gaffe del portiere. E perché no, anche uno svarione dell’arbitro. Per-ché statene certi, non bastereb-be l’introduzione tecnologica - così come qualcuno sostiene - ad evitare eventuali manipolazioni delle partite. E non basterebbe neanche ad evitare le classiche discussioni da bar.

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