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Abstract Il saggio evidenzia come le differenze di genere si manifestino fin dall’inizio dei percorsi di carriera anche tra individui con lo stesso livello di istruzione superio- re, e come questo problema faccia emergere l’interesse per l’efficienza dei mec- canismi allocativi del talento nella società. In particolare, si analizza il funziona- mento del meccanismo descritto dalle regole di un torneo, cioè di una competi- zione il cui esito produce la classifica ordinale dei partecipanti. Teoricamente, il torneo avrebbe proprietà di efficienza nell’abbinamento degli individui alle posi- zioni sociali, ma queste proprietà valgono solo nel caso di competizioni simme- triche, nelle quali tutti gli agenti sostengono lo stesso costo-opportunità per l’impegno erogato (altrimenti il torneo è impari) e tutti gli agenti sono trattati equa- mente dalle regole della competizione (altrimenti il torneo è ingiusto). In realtà, però, né i tornei che governano le carriere scolastiche né quelli che governano le carriere professionali sono simmetrici. In entrambi i casi, la competizione tra i sessi è una lotta impari: le femmine sono avvantaggiate negli studi, perché per loro il costo-opportunità è più basso a causa del differenziale salariale di genere; nel mondo del lavoro sono invece svantaggiate, perché in questo caso le respon- sabilità del lavoro domestico e di cura rendono il loro costo-opportunità maggio- re di quello dei maschi. Ne consegue che, a parità di intelligenza, le femmine spendono un maggior impegno nella competizione scolastica e ottengono risul- tati migliori dei maschi; nei tornei per la carriera invece, a parità di intelligenza, sono i maschi che si impegnano di più e ottengono le posizioni apicali della gerar- chia e le retribuzioni più elevate. | 3 SE SEI COSÌ BRAVA, PERCHÉ NON SEI RICCA? 91 capitolo 3 SE SEI COSÌ BRAVA, PERCHÉ NON SEI RICCA? DIFFERENZE DI GENERE NEI RENDIMENTI SCOLASTICI E NELLE RETRIBUZIONI DEI LAUREATI* * Di Luisa Rosti, Docente di economia del lavoro e di economia di genere presso l’Università di Pavia.

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AbstractIl saggio evidenzia come le differenze di genere si manifestino fin dall’inizio deipercorsi di carriera anche tra individui con lo stesso livello di istruzione superio-re, e come questo problema faccia emergere l’interesse per l’efficienza dei mec-canismi allocativi del talento nella società. In particolare, si analizza il funziona-mento del meccanismo descritto dalle regole di un torneo, cioè di una competi-zione il cui esito produce la classifica ordinale dei partecipanti. Teoricamente, iltorneo avrebbe proprietà di efficienza nell’abbinamento degli individui alle posi-zioni sociali, ma queste proprietà valgono solo nel caso di competizioni simme-triche, nelle quali tutti gli agenti sostengono lo stesso costo-opportunità perl’impegno erogato (altrimenti il torneo è impari) e tutti gli agenti sono trattati equa-mente dalle regole della competizione (altrimenti il torneo è ingiusto). In realtà,però, né i tornei che governano le carriere scolastiche né quelli che governano lecarriere professionali sono simmetrici. In entrambi i casi, la competizione tra isessi è una lotta impari: le femmine sono avvantaggiate negli studi, perché perloro il costo-opportunità è più basso a causa del differenziale salariale di genere;nel mondo del lavoro sono invece svantaggiate, perché in questo caso le respon-sabilità del lavoro domestico e di cura rendono il loro costo-opportunità maggio-re di quello dei maschi. Ne consegue che, a parità di intelligenza, le femminespendono un maggior impegno nella competizione scolastica e ottengono risul-tati migliori dei maschi; nei tornei per la carriera invece, a parità di intelligenza,sono i maschi che si impegnano di più e ottengono le posizioni apicali della gerar-chia e le retribuzioni più elevate.

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capitolo 3

SE SEI COSÌ BRAVA, PERCHÉ NON SEIRICCA? DIFFERENZE DI GENERE NEI RENDIMENTI SCOLASTICI E NELLE RETRIBUZIONI DEI LAUREATI*

* Di Luisa Rosti, Docente di economia del lavoro e di economia di genere presso l’Università di Pavia.

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3.1 INTRODUZIONE

Obiettivo di questo lavoro è porre in evidenza come le differenze di genere emer-gano fin dall’inizio dei percorsi di carriera anche tra individui con lo stesso livel-lo di istruzione superiore, e come questo fenomeno renda evidente l’inefficienzadei meccanismi allocativi del talento nella società. A tal fine, sarà descritto, inprimo luogo, il funzionamento di un mercato del lavoro moderno, dove tutti gliagenti sono diversi tra loro e dove tutte le informazioni rilevanti sono private: intale contesto, il problema da risolvere affinché sia massimo il benessere colletti-vo è quello di mettere la persona giusta al posto giusto; il perseguimento dell’in-teresse generale richiede che gli individui più intelligenti siano abbinati alle posi-zioni apicali della gerarchia sociale. Al vertice delle organizzazioni gerarchiche,infatti, le decisioni errate possono produrre danni enormi rovesciandosi a casca-ta sui livelli sottostanti, ed è quindi razionale affidare queste decisioni alle mentipiù capaci di cui si dispone al fine di minimizzare il rischio di errori.L’intelligenza di cui dispone la società è quella incorporata nella mente di uomi-ni e donne, che per mezzo dell’istruzione e della formazione la trasformano inquell’insieme di abilità innata e di competenze acquisite che gli economisti chia-mano capitale umano, e che è la più importante forma di capitale (sia comequantità che come qualità) delle economie moderne. Ora, gli economisti assu-mono di consueto che uomini e donne siano dotati di intelligenza in ugual misu-ra, e che l’investimento in capitale umano sia realizzato secondo criteri indivi-dualmente razionali e socialmente efficienti, cioè sia tale da incentivare gli indivi-dui più intelligenti ad investire in istruzione e formazione più di quelli meno intel-ligenti, rivelando per questa via le capacità individuali e facilitando gli abbina-menti alle posizioni lavorative.Le giovani donne sembrano riporre grande fiducia nell’istruzione come meccani-smo di segnalazione delle capacità individuali: il loro rendimento scolasticomostra infatti prestazioni nettamente superiori a quelle dei maschi, ma sul mer-cato del lavoro l’abbinamento alle posizioni lavorative non è conseguente. I datimostrano infatti una presenza femminile veramente esigua ai vertici di ogni isti-tuzione sia pubblica sia privata. Se ne trae la conclusione che la società soppor-ta un costo, in conseguenza della scarsa presenza della componente femminilenelle posizioni apicali della gerarchia: il costo dovuto al mancato utilizzo di metàdel potenziale di intelligenza di cui il sistema produttivo dispone, che pertantonon può produrre i suoi benefici effetti decisionali. Da questa constatazionenasce l’interesse per il funzionamento dei meccanismi allocativi del talento nellasocietà e per l’impatto di genere delle regole che governano la competizionenella carriera scolastica e in quella lavorativa.

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3.2 IL CONTESTO INFORMATIVO

Il problema dell’allocazione ottimale del talento si pone tipicamente nelle econo-mie moderne. Un sistema economico moderno è un sistema che opera in uncontesto di “rivoluzione dell’informazione” (Stiglitz 1987); in esso si abbandonal’ipotesi di informazione perfetta - per la quale si assume che tutti sappiano tuttodi tutti - e si assume invece che l’informazione sia imperfetta, cioè incompleta easimmetricamente distribuita tra i soggetti.In tale contesto, un sistema di libero mercato non è necessariamente il mecca-nismo allocativo più efficiente, e proprio nel suo fallimento trovano spazio quelleistituzioni alternative ad esso che possono produrre una allocazione delle risor-se considerata da tutti migliore.La descrizione di questo contesto si fonda sull’ipotesi di eterogeneità degli agen-ti; si assume cioè che il sistema economico sia costituito da individui tra lorodiversi, con preferenze e valori morali diversi, caratteristiche personali diverse, ediverse abilità innate (talento, capacità) o acquisite (competenze); ma l’elementopeculiare della loro diversità, quello che li identifica e li differenzia l’uno dall’altro,è costituito proprio dalla dispersione dell’informazione tra gli agenti e dalla one-rosità della sua ricerca; tale irriducibile elemento di individualità è generato dalfatto che ciascuno possiede informazioni che sono al tempo stesso limitate especifiche.Dall’ipotesi di eterogeneità degli agenti derivano due conseguenze. La primaconseguenza è la seguente: poiché ciascun soggetto dispone di informazioni pri-vate ed è guidato da preferenze diverse da quelle degli altri soggetti, può com-portarsi in modo contrario all’interesse altrui; dunque, il disegno dei meccanismiche governano l’interazione sociale deve ricomporre il contrasto tra incentivoindividuale e interesse collettivo (cioè deve produrre l’allineamento degli obietti-vi). La seconda conseguenza è la seguente: poiché ciascun soggetto possiedeinformazioni private, nessuno possiede per intero l’informazione necessaria perdeterminare la struttura ottimale di delega implicita in ogni contesto di lavorodiviso; essa non può dunque essere preordinata, ma è condizionata agli incenti-vi che inducono ciascun soggetto a rivelare la propria informazione privata.Pertanto, in un contesto di informazione incompleta ed asimmetrica, il principiodi compatibilità con gli incentivi (Hurwicz 1972) si pone come condizione neces-saria alla realizzazione di qualsiasi disegno organizzativo, perché se un mecca-nismo di interazione sociale non è compatibile con gli incentivi, i soggetti che vipartecipano trovano vantaggioso violare le regole che esso prescrive (Ledyard1987).In tale contesto poniamo ora il problema dell’allocazione ottimale del talento. Iltalento è una risorsa scarsa nella società: se la sua distribuzione tra le posizioniprofessionali non è ottimale, condiziona negativamente la crescita delle organiz-zazioni e lo sviluppo di un paese. Ogni organizzazione gerarchica, per essere effi-ciente, deve allocare gli individui di maggior talento nelle posizioni apicali (Rosen

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1992). Ogni nazione, per far fronte alla competizione internazionale e prospera-re, deve allocare i cittadini di maggior talento nei posti di lavoro più importanti(Frank e Cook 1995). Ma che cos’è il talento? Come si misura?

3.2 Il contestoinformativo

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3.3 LA DEFINIZIONE DI TALENTO

Alcune persone possiedono una abilità innata o “talento naturale” per particolariattività come cantare o giocare al calcio; questo talento naturale è specifico, nelsenso che offre a chi lo possiede un vantaggio comparato, cioè la possibilità diraggiungere livelli di eccellenza dedicandosi a queste attività invece che ad altre.Ma vi sono anche individui che possiedono doti apprezzabili di intelligenza, ener-gia, spirito di iniziativa, cioè un insieme di caratteristiche, definibili come “talen-to generale”, che danno a coloro che ne sono dotati un vantaggio assoluto, cioèconsentono loro di raggiungere posizioni apicali in qualsiasi attività decidano diintraprendere, date le loro abilità particolari (Murphy, Shleifer e Vishny 1991).Oltre a ciò, non vi è molto che gli economisti possano dire a proposito del talen-to, perché l’abilità innata è tipicamente “una variabile non misurata e non misu-rabile... può non esservi alcun modo di ottenerne una misura diretta, mai... Sonostati fatti dei tentativi... ma sfortunatamente queste misure di abilità sono sba-gliate in linea di principio. Esse sono tipicamente misure di intelligenza; ma abi-lità nel senso rilevante del termine significa abilità a produrre beni, e non vi èalcuna ragione empirica di attendersi più di una debole correlazione tra abilitàproduttiva e intelligenza misurata da un test”17.Obiettivo di questo lavoro è indagare le modalità di allocazione di questa risorsaproduttiva peculiare, che non può essere rilevata come input ma che si manife-sta, in modo talvolta eclatante, nell’output.Il problema dell’allocazione ottimale del talento sarà rappresentato in tre differen-ti specificazioni del contesto informativo: 1) l’ipotesi di informazione perfetta, perla quale il talento individuale è osservabile e verificabile; 2) l’ipotesi di informazio-ne asimmetrica, per la quale il decisore conosce il proprio talento, ma la societànon possiede questa informazione; 3) l’ipotesi di ignoranza simmetrica, per laquale né il decisore né la società conoscono il talento individuale prima che essosi riveli nel risultato della prestazione lavorativa. In questo ambito, i meccanismiallocativi saranno indagati in tre diversi contesti istituzionali: 1) Il meccanismoimpersonale dei prezzi di un mercato perfettamente concorrenziale; 2) il sistemadi istruzione superiore (la scolarità non obbligatoria); 3) l’organizzazione gerarchi-ca dell’impresa.

17 Osserva Arrow (1973, p. 134): “I test di intelligenza sono disegnati per prevedere il successo scola-stico, e questa è una funzione che essi svolgono bene. Ma vi è una notevole evidenza in studi diret-ti della produttività (per esempio da parte della marina americana) che la capacità di superare i testè solo in debole relazione con la capacità di svolgere specifici compiti produttivi. È solo quest’ulti-mo tipo di abilità che rileva al nostro scopo”. Anche Rosen (1981, p. 848) osserva che una misuracardinale del talento deve essere fondata sulla misura del risultato. Al limite, secondo questa visio-ne, la distribuzione del talento sarebbe definita dalla distribuzione dell’output o del reddito.

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3.4 I MECCANISMI DI ALLOCAZIONE DEL TALENTO

Cominciamo assumendo, in fase di prima approssimazione, che la distribuzionedel talento sia data ed osservabile senza costo da tutti gli agenti economici(Rosen 1981). In questo caso, in assenza di problemi informativi, lo strumentoanalitico tradizionalmente usato per studiare l’allocazione ottimale del talento è ilmeccanismo impersonale dei prezzi di un mercato competitivo. In tale contesto,cosa determina la capacità di un’occupazione - professione, arte o mestiere - diattrarre il talento?La teoria ci dice che quando il meccanismo allocativo è il sistema dei prezzi dimercato gli individui che sono liberi di scegliere preferiranno le occupazioni cheoffrono il più alto rendimento atteso della propria abilità innata. Ciò che si osser-va nella realtà è che differenze anche molto piccole nel talento, cioè distanzemolto piccole nell’ordinamento degli individui secondo l’abilità innata, si traduco-no in differenze molto ampie nel valore del prodotto marginale. Rosen (1981)chiama “superstar” le persone capaci di ottenere compensi straordinari per il lorotalento, e osserva che questo fenomeno sembra avere importanza crescente nelmondo moderno; in molte attività, infatti, un numero relativamente piccolo diindividui guadagna enormi quantità di denaro svolgendo la professione che hascelto e che esprime il suo talento naturale: ne sono esempio attori, cantanti,artisti, campioni dello sport e uomini d’affari.La determinante cruciale della retribuzione nelle occupazioni in cui i rendimentidel talento sono crescenti è il vantaggio comparato di cui gode l’individuo che neè dotato; tale vantaggio gli consente infatti di battere i suoi avversari nella com-petizione che si instaura su mercati dove il vincitore prende tutto (The WinnerTake All market: Twta, Frank e Cook, 1995). La peculiarità di questi mercati stanel fatto che la retribuzione non si determina in base al valore del prodotto mar-ginale, ma in base alla posizione conquistata nella classifica ordinale dei conten-denti. Il compenso non è dunque contingente al livello di output ma è stabilitoprima della competizione, ed è qualcosa di molto simile al premio di una lotteriadove il vincitore prende tutto e poco o nulla resta al perdente che pure si è impe-gnato nella gara.Ciò induce a domandarsi quali caratteristiche identificano un mercato di tipoTwta e perché su tali mercati una differenza infinitesima nella dotazione di talen-to renda un individuo capace di ottenere compensi molto superiori a quelli dicoloro che immediatamente lo seguono in graduatoria, cioè che sono solo mar-ginalmente meno bravi di lui. Che cosa determina questi straordinari rendimenticrescenti del talento?Si possono elencare almeno due variabili rilevanti: la prima opera dal lato delladomanda e attiene alle preferenze; la seconda opera invece dal lato dell’offertaed è riferita alla tecnica di produzione.La prima caratteristica dei mercati di tipo Twta è costituita dall’imperfetta sosti-tuibilità tra individui diversi, che determina la convessità della funzione di massi-

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mo rendimento netto del talento (Rosen 1981). L’eterogeneità degli agenti è rile-vante proprio perché gli individui di minor talento sono spesso sostituti poveri diquelli di talento maggiore; se tutti gli agenti fossero sostituti perfetti nella produ-zione, con saggi marginali di sostituzione dati dalle loro produttività, non visarebbe alcun valore sociale nell’informazione sul talento, e l’eterogeneità nonavrebbe alcun rilievo perché sarebbe solo un surrogato della divisibilità, comesuggerisce l’esempio di Stigler a proposito della dimensione delle patate18.Ma nei mercati di tipo Twta è vero il contrario: “Due piloti distratti non potrannomai essere impiegati in sostituzione di un pilota attento” (Ramaswamy eRowthorn, 1991). Se un medico ha una percentuale di successi del 10% mag-giore di quella dei suoi colleghi nel salvare vite umane, la maggior parte delle per-sone sarà disposta a pagargli un premio molto più alto della maggiorazione del10% del suo onorario per avere i suoi servizi. L’imperfetta sostituibilità implica laconvessità dei rendimenti del talento, e spiega perché i differenziali retributividiventano tanto più ampi quanto più ci si avvicina all’apice della graduatoria(Rosen 1981).Una seconda ragione che spiega la capacità di un mercato di tipo Twta di attrar-re il talento opera invece dal lato dell’offerta e attiene alla tecnologia di produzio-ne; si tratta delle economie di scala, che permettono ad un numero relativamen-te piccolo di venditori di servire l’intero mercato. Un individuo dotato di talentovorrebbe raccogliere i frutti del suo vantaggio comparato offrendo i propri servi-zi ad una quota di mercato la più ampia possibile, ma è vincolato dalla scarsitàdelle risorse personali di cui tutti sono dotati in egual misura: il tempo el’impegno (effort). Un chirurgo, ad esempio, non può operare per più di sedici oreal giorno; un tenore non può cantare l’opera più di due volte al giorno, e così via.Nei mercati di tipo Twta, però, la prestazione del servizio può essere descrittacome una forma di consumo congiunto non dissimile da un bene pubblico; in talcaso, il costo di produzione non cresce in proporzione alla dimensione del mer-cato. Così ad esempio un autore deve fare più o meno la stessa fatica sia che aleggere il suo libro siano 10 persone sia che siano mille. Su questi mercati, menosono le persone necessarie per servire l’intera domanda, più tale attività risultaattraente per gli individui dotati di maggior abilità. Ad esempio, poiché ognunovuole ascoltare il cantante migliore, questi può guadagnare molto di più di uncantante che gli sia solo marginalmente inferiore, specialmente incidendo dischie cassette (Murphy, Shleifer e Vishny, 1991).La combinazione di queste due caratteristiche che identificano un mercato di tipoTwta - la imperfetta sostituibilità e le economie di scala - spiega le elevatissime retri-buzioni di coloro che si classificano all’apice della graduatoria, e la conseguente

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18 Osserva Stigler (1957, p. 199): “Alcune forme di eterogeneità non sono rilevanti perché sono super-ficiali; non è necessario che le patate siano della stessa dimensione se esse sono vendute a peso; ilavoratori non devono necessariamente essere ugualmente efficienti se le differenze nel loro gradodi produttività sono misurabili. L’eterogeneità, come suggeriscono questi esempi, può essere un sur-rogato della divisibilità”.

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capacità di attrazione che esse esercitano nei confronti del talento. Il funzionamen-to ottimale di questi mercati si fonda però sull’ipotesi di informazione perfetta, perla quale la dotazione individuale di abilità innata dovrebbe essere osservabile senzacosto da tutti gli agenti economici. Se invece abbandoniamo l’ipotesi di informazio-ne perfetta, l’informazione stessa diventa un input del processo decisionale: comesi stimano in tal caso le caratteristiche ignote di individui eterogenei? Come si rive-la il talento di agenti con informazione incompleta ed asimmetrica?In tale contesto, l’eterogeneità degli agenti consente di cogliere i vantaggi dellaspecializzazione, ma pone un problema allocativo: l’identificazione del talentospecifico degli agenti e il conseguente abbinamento selettivo tra lavoratori eposti di lavoro. Assumere l’ipotesi di eterogeneità degli agenti implica il fatto chel’abbinamento giusto tra lavoratori e mansioni sia rilevante per l’efficienza, poi-ché un sistema economico in cui gli agenti non sono abbinati ai posti di lavoro incui risultano essere più produttivi potrebbe godere di maggior benessere conuna riallocazione delle risorse umane. Stiglitz rappresenta in modo sintetico emolto efficace sia l’ipotesi di eterogeneità degli agenti che i vantaggi di un cor-retto abbinamento: “è un fatto ampiamente riconosciuto che gli individui differi-scono nelle capacità con cui possono svolgere mansioni differenti, e nella faci-lità con cui possono apprendere differenti competenze. Se una dattilografa ha unvantaggio comparato nel fare l’idraulico e l’idraulico ha un vantaggio comparatonel fare il dattilografo, noi possiamo avere più pagine dattilografate e più impian-ti idraulici funzionanti se essi si scambiano il lavoro” (1975, p. 288).Ma il processo di abbinamento selettivo è ostacolato dall’ipotesi di asimmetriainformativa, per la quale ciascun agente è dotato di informazioni che sono altempo stesso limitate e specifiche; quando l’informazione è privata, infatti,l’allocazione ottimale delle risorse è condizionata all’incentivo che gli individuihanno a rivelarla, cioè dal bilancio tra i costi e i benefici connessi alla ricerca ealla rivelazione dell’informazione.Il prezzo che un’impresa è disposta a pagare per i servizi del lavoro di un datoindividuo dipende dalla probabilità che quell’individuo e quell’impresa siano unabbinamento giusto. Quanto più i requisiti di un particolare tipo di lavoro o man-sione coincidono con l’insieme delle caratteristiche personali di un lavoratore,tanto più costui sarà produttivo e tanto più il datore di lavoro potrà pagarlo. Main assenza di ogni informazione sugli agenti, il mercato compensa tutti gli indivi-dui in modo identico; se accertare la qualità dei singoli è difficile e oneroso,anche se gli individui più abili sono più produttivi di quelli meno abili, ogni lavo-ratore riceverà un compenso uguale al valor medio di coloro con i quali è rag-gruppato. In tal modo gli individui più produttivi sono sottopagati, mentre quellimeno produttivi sono sovrastimati dalla retribuzione media.Se però gli agenti possono essere identificati, i più dotati di talento riceveranno uncompenso maggiore, pari al valore atteso del loro prodotto marginale condiziona-to all’informazione disponibile a coloro che offrono il contratto, e tale maggior com-penso costituisce il rendimento privato della selezione. Pertanto, tutti gli agenti,

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tranne il peggiore, troveranno un incentivo economico nell’essere identificati, per-ché possono in tal modo catturare la ricompensa che si ottiene migliorandol’abbinamento tra lavoratore e posto di lavoro (MacDonald 1980). Il beneficio indi-viduale che un agente ricava dalla rivelazione dell’informazione privata sta dunquenella possibilità di catturare le rendite della propria abilità; in assenza di selezione,invece, egli sarebbe costretto a dividerle con gli altri membri del suo stesso grup-po.Il costo della rivelazione dell’informazione sta invece nella difficoltà di comunica-re le informazioni private, cioè nel fatto che può non esistere un modo semplicedi rivelare tali informazioni: le dichiarazioni non provate, infatti, possono nonessere credute; osserva Spence a tale proposito che anche se le sanzioni legalipossono rendere costose le dichiarazioni non veritiere, e se i vantaggi di unabuona reputazione forniscono spesso efficaci incentivi a dire la verità, in genera-le: “le dichiarazioni verbali sono una fonte potenziale di informazione che è statagiudicata risibile perché, si è argomentato, le parole costano molto poco, e per-ciò non costituiscono uno strumento idoneo a differenziare il prodotto di coloroche offrono merce di alta qualità” (1976, p. 593).Ma un modo credibile di rivelare l’informazione è costituito dalla possibilità chehanno gli agenti non informati di inferire le informazioni dalle azioni osservabilidella controparte. In tal caso, gli individui possono attivare dei meccanismi diselezione e di segnalazione della propria abilità che agevolano il processo diabbinamento selettivo.In letteratura sono rappresentate due possibili strategie di rivelazione dell’informa-zione (sorting models) che si differenziano a seconda di chi prende l’iniziativa: seè l’agente, cioè la parte che possiede l’informazione privata, che utilizza degli indi-catori (segnali) per trasmettere le proprie caratteristiche al datore di lavoro primadella definizione del contratto si parla di segnalazione (signalling); se invece è ildatore di lavoro che cerca di discriminare tra agenti eterogenei offrendo unagamma di condizioni contrattuali alternative si parla di selezione (screening)19.Come esempio della prima strategia possiamo citare i contributi di Spence (1973e 1974) che dimostrano come la scolarità possa essere un buon segnale dellaproduttività del lavoratore. Questo segnale è però credibile solo se ottenere undato livello di istruzione risulta meno faticoso per i lavoratori con elevata produt-tività che per quelli con produttività più bassa, altrimenti entrambi potrebberoconseguire lo stesso titolo di studio vanificando l’informatività del segnale. Comeesempio della seconda strategia possiamo citare invece il saggio di Salop eSalop (1976), che spiega la convenienza delle imprese ad impiegare un metododi selezione per minimizzare i costi di turnover. L’impresa scoraggia gli individuicon alto turnover e incoraggia quelli a basso turnover offrendo schemi retributiviin cui il salario aumenta con la durata del rapporto di lavoro. Ciò agisce come

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19 Weiss (1995) usa il termine “sorting” per indicare sia la segnalazione che la selezione dei lavoratori.

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una garanzia che rende l’impresa da un lato fiduciosa nei confronti dell’afferma-zione degli aspiranti che dicono di essere stabili, poiché essi stessi pagherebbe-ro le conseguenze delle loro premature dimissioni perdendo i futuri incrementisalariali, e dall’altro indifferente nei confronti della verità, poiché non deve sop-portare alcuna conseguenza negativa per essersi sbagliata.Ciò che più rileva al nostro scopo è il fatto che, se i meccanismi di selezione e disegnalazione rispettano il vincolo di autoselezione20, i risultati possono essereottimali21, ma anche in questo caso il risultato si fonda sull’ipotesi che la dota-zione individuale di talento sia nota quanto meno agli agenti che la possiedono.Vi è però un ultimo caso possibile che merita di essere considerato: quello in cuiné i singoli agenti né la società possiedono l’informazione sul talento individua-le22. Lazear (1998) denomina questo contesto informativo “ignoranza simmetri-ca”, contrapponendolo al precedente di “informazione asimmetrica”. Come puòallora la società riconoscere gli agenti più dotati di talento, ed allocarli nelle posi-zioni in cui sono più produttivi, se loro stessi non sanno di possederlo, cioè nonsanno riconoscerlo prima che si riveli nell’output? Quali sono in tali circostanze imeccanismi sociali di rivelazione dell’abilità innata?Il problema è quello di identificare (etichettare) gli agenti, cioè di raggrupparlisecondo le loro caratteristiche. Il processo di identificazione si dice selezione, ovaglio, o discriminazione. Gli strumenti di selezione sono i meccanismi che rag-gruppano, scelgono, discriminano gli individui a seconda delle loro caratteristi-che. Questi meccanismi sono istituzioni, come la scuola e l’impresa.Prendiamo dunque brevemente in esame due tra i meccanismi sociali di selezio-ne più usati nelle economie moderne: la scolarità non obbligatoria e le carrierenelle organizzazioni gerarchiche, al fine di valutarne l’efficacia come strumenti di

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talento

20 I contratti offerti sono ottimali se è rispettato il vincolo di autoselezione, cioè se, date le loro infor-mazioni private, gli agenti troveranno conveniente scegliere, tra tutte le alternative possibili, pro-prio il contratto che rivela la loro vera qualità. “Vincoli... che assicurano che i differenti tipi di con-sumatori siano indotti ad accettare le allocazioni loro assegnate vengono denominati vincoli di auto-selezione” (Arrow 1987, p. 178).

21 Si tratta però di un ottimo di second best rispetto all’ipotesi di informazione perfetta. Se non vi fosseincertezza esogena (ma solo asimmetria informativa), il principale potrebbe incentivare gli agenti arivelare le informazioni private offrendo loro una varietà di contratti ciascuno dei quali risulti attrat-tivo per un particolare tipo di lavoratore, così che l’accettazione del contratto possa rivelarel’informazione nascosta. Infatti, se i risultati della transazione dipendessero solo dalle caratteristi-che degli agenti e non anche dal caso, il principale potrebbe fissare il prezzo e le altre condizionicontrattuali in funzione dei risultati che gli rivelano ex post tali caratteristiche. Ciò basterebbe perindurre gli agenti a raggrupparsi nel modo preferito dal principale, e dunque potrebbe esistere unsistema di incentivazione efficiente di equilibrio. Se invece la presenza di asimmetria informativa siaccompagna alla presenza di incertezza esogena e alla realistica assunzione che gli agenti sianoavversi al rischio in misura maggiore del principale, la soluzione contrattuale ottimale non potràessere comunque di first best, cioè tale da determinare un’allocazione uguale a quella che si sareb-be realizzata nel caso di informazione completa, perché si verifica sempre un conflitto (trade-off) traallocazione ottimale del rischio e incentivazione: il compenso sarà una funzione dell’evento, al finedi fornire incentivi, ma i rischi saranno ripartiti.

22 Questa non sembra essere una situazione insolita, a giudizio di chi scrive; c’è anche una nota can-zone che ben la rappresenta: … che sarà della mia vita chi lo sa: so far tutto, o forse niente,... dadomani si vedrà... e poi … sarà quel che sarà.

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rivelazione del talento.

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3.5 L’ISTRUZIONE SUPERIORE COME STRUMENTO DI RIVELAZIONE DEL TALENTO

Nelle economie moderne il sistema di istruzione non obbligatoria può essereanalizzato da due punti di vista. Da un lato può essere indagata la sua funzioneformativa, che consiste nell’aumentare le competenze degli agenti e i cui effettisono evidenziati dalla teoria del capitale umano. D’altro canto può essere inda-gata invece la sua funzione allocativa, che consiste nell’identificare le capacitàdegli agenti e i cui effetti sono rappresentati invece dalla teoria dell’informazio-ne. In questo paragrafo si pone l’attenzione proprio sulla funzione allocativa dellascolarità, per la quale l’istruzione è usata come uno strumento di selezione delledifferenze di talento esogene.Il ruolo informativo dell’istruzione, opposto al ruolo di meccanismo di incremen-to della produttività, è stato studiato in particolare da Arrow (1973). Nel modellodi Arrow l’istruzione non solo aumenta la produttività, ma fornisce anche unostrumento grazie al quale individui di differente talento possono essere identifi-cati. Più specificamente, la scolarità non obbligatoria serve come misura - imper-fetta - di abilità innata. La teoria si basa sull’ipotesi che gli agenti abbiano infor-mazione incompleta; il datore di lavoro sa se il lavoratore possiede o meno unalaurea; conosce la distribuzione di produttività dei lavoratori (condizionata al pos-sesso di una laurea), ma non sa distinguere la diversa produttività dei diversi indi-vidui con lo stesso titolo di studio. Ciascun individuo conosce il suo curriculumprima di iscriversi all’università, ma non conosce la sua probabilità di laurearsi néla sua produttività prima e dopo il conseguimento del titolo di studio. La laureaha un contenuto informativo, ed ha quindi valore predittivo, se la produttivitàattesa dei laureati è maggiore della produttività attesa degli individui senza lau-rea. La condizione di equilibrio di questo modello è che la distribuzione di pro-duttività, quando è creduta vera, genera comportamenti tali da mantenere ladistribuzione stessa.Per sottolineare meglio la differenza tra ruolo produttivo e ruolo informativo dellascolarità poniamo a confronto due individui: uno di alta abilità e uno di bassa abi-lità; anche se acquisiscono lo stesso capitale umano, cioè se completano lostesso numero e tipo di corsi nello stesso tempo e nella stessa università, svol-geranno però la stessa mansione con differenti livelli di efficienza: il più abile avràuna produttività maggiore e otterrà un compenso più elevato del meno abile.Proviamo a valutare, allora, se si può sostenere che il sistema formativo e il mer-cato del lavoro convergono nel fornire incentivi agli agenti, inconsapevoli del pro-prio talento, perché compiano scelte tali per cui i più dotati investono in capita-le umano più dei meno dotati e ottengono le posizioni lavorative in cui il valoredel prodotto marginale è più elevato. Nella teoria del capitale umano, la presen-za di un legame diretto tra abilità e produttività crea un incentivo all’investimen-to per due motivi: in primo luogo perché, grazie al meccanismo dei maggiori gua-dagni, gli individui più abili avranno un tasso di rendimento più elevato dei meno

3.5 L’istruzionesuperiore come

strumento di rivelazione del

talento

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abili per ogni dato livello di capitale umano acquisito, e in secondo luogo perché,per gli individui più abili, acquisire un dato livello di capitale umano è menocostoso che per i meno abili, dato che la maggior abilità consente loro di ottene-re la laurea più velocemente, o con minor impegno.È pur vero che la maggiore abilità potrebbe aumentare anche il costo-opportu-nità dell’investimento, se i più abili dovessero ottenere salari più elevati dei menoabili nel caso in cui lasciassero la scuola, ma per l’ipotesi di asimmetria informa-tiva i datori di lavoro ignorano la loro produttività e offrono un salario uguale pertutti i non laureati, il che rende il costo-opportunità identico per individui di abi-lità diversa (a parità di ogni altra condizione).Si può dunque trarre la conclusione che vi sia una relazione tra produttività e abi-lità il cui probabile effetto sarà quello di incentivare gli individui più dotati ad inve-stire in capitale umano più degli individui meno dotati, consentendo loro di rag-giungere le posizioni apicali più velocemente o con minor fatica. Ma questa pro-prietà di efficienza dipende sostanzialmente da due fattori: da un lato dipendedalla capacità del sistema di istruzione superiore di correlare il successo scola-stico a certe abilità che aumentano la produttività; d’altro canto dipende dall’ef-ficienza del sistema di abbinamento tra individui e posti di lavoro, cioè dallacapacità della struttura gerarchica di allocare le persone di maggior talento nelleposizioni apicali.Vediamo dunque come può essere rappresentato il problema della rivelazionedel talento nelle organizzazioni gerarchiche.

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3.6 I PERCORSI DI CARRIERA COME STRUMENTO DI RIVELAZIONE DEL TALENTO

La teoria dei tornei (Lazear e Rosen 1981) si applica alla definizione ottimale deicriteri di assunzione e di promozione che disegnano i percorsi di carriera nelleorganizzazioni gerarchiche, e attribuisce alla competizione tra gli agenti la pro-prietà di efficienza nell’abbinamento degli individui ai posti di lavoro. In questoambito, un posto di lavoro non ha particolari attributi tecnologici, ma serve soload identificare un dato livello retributivo; chi ottiene l’abbinamento a quel postoottiene anche la titolarità della retribuzione ad esso corrispondente (Lazear1992). Un torneo è un meccanismo che ordina i partecipanti sulla base di regolefissate allo scopo di attribuire in modo ottimale un premio non divisibile; le rego-le stabiliscono il premio per il vincitore e le modalità per valutare e classificare iconcorrenti. Nell’impresa, le posizioni lavorative sono classificate per livelli; a cia-scun livello è associata una retribuzione prefissata, che non è legata né alla pre-stazione individuale né al costo-opportunità del dipendente che la ricopre. Il pre-mio indivisibile del torneo è costituito infatti proprio dall’assegnazione del vinci-tore ad un determinato livello della gerarchia ed alla retribuzione corrispondente,che è uguale per tutti coloro che operano a quel livello, indipendentemente dal-l’impegno erogato nella prestazione, dalla dotazione individuale di talento e daltipo di competenza acquisito.I premi e le regole della competizione, cioè i livelli dell’ordinamento gerarchico e icriteri di promozione, sono determinati endogenamente al fine di svolgere inmodo ottimale sia la selezione del talento che l’incentivazione all’impegno e all’in-vestimento in capitale umano specifico degli agenti. La teoria mette in relazione ledifferenze di capacità innata e di abilità acquisita dei dipendenti, il fatto che le loroprestazioni siano valutabili solo all’interno dell’impresa e non possano essereregolate da contratti espliciti opponibili in sede giudiziaria, e la necessità di forni-re agli agenti incentivi adeguati al loro impegno e alla loro competenza.Ogni posizione lavorativa nell’organizzazione richiede una data prestazione - ilcui risultato non è verificabile - che dipende dall’abilità innata e dalle competen-ze acquisite dall’agente, dall’impegno erogato, e dal caso. L’impresa paga unsalario indipendente dalla prestazione individuale ma legato alla posizione gerar-chica, e richiede un livello minimo di impegno che si assume essere facilmenteverificabile (come ad esempio la presenza fisica sul posto di lavoro). I dipenden-ti che non si impegnano neppure a questo livello minimo saranno licenziati perinadempienza contrattuale, e quelli che si impegnano solo al livello minimo per-cepiranno la retribuzione stabilita e manterranno l’impiego, ma non faranno car-riera. Solo i lavoratori la cui prestazione risulta superiore a quella necessaria permantenere il lavoro possono sperare di essere promossi al livello - e alla retribu-

3.6 I percorsi dicarriera come

strumento di rivelazione del

talento

23 Assumendo la ragionevole ipotesi che le attività domestiche come la cura dei bambini siano ad inten-sità di impegno maggiore delle attività destinate al tempo libero, come in Becker (1985).

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zione - superiore.L’ordinamento gerarchico delle posizioni lavorative fornisce dunque l’incentivoad un livello di impegno che trova il suo compenso non nella retribuzione attua-le ma in quella futura: il salario percepito dai lavoratori dipende infatti soltanto daiposti di lavoro ai quali sono assegnati, e anche coloro che si impegnano più deglialtri nella speranza di conseguire una promozione non sono pagati in misuramaggiore; il rendimento atteso del loro impegno sta nel fatto che, segnalandocon la buona prestazione attuale la propria capacità, ed essendo nell’interessedell’impresa abbinare le persone più capaci alle posizioni più produttive e meglioretribuite, essi aumentano la loro probabilità di vincere il premio del torneo, cioèdi ottenere la promozione.È razionale che un’impresa consideri gli alti livelli di prestazione passata e pre-sente come indicatore di alti livelli di prestazione futura se questa dipende inparte da certe caratteristiche personali permanenti ma non osservabili come ladotazione individuale di talento. La prestazione in ogni periodo dipende anchedall’impegno e da fattori casuali, ma le imprese non sono in grado di dire se unabuona prestazione rifletta abilità, impegno o fortuna (Arrow 1986).Questa difficoltà di separare il contributo del talento da quello dell’impegno,osservando il risultato di una prestazione lavorativa, ha conseguenze rilevanti perle probabilità di abbinamento delle donne alle posizioni gerarchicamente più ele-vate. A causa della divisione familiare dei ruoli, infatti, le donne che lavoranodevono sostenere un costo maggiore degli uomini per partecipare al torneo, inragione del maggior costo-opportunità del loro impegno (per unità di tempo). Laloro energia va infatti suddivisa tra due attività entrambe gravose, il lavoro di curae il lavoro per l’impresa, mentre l’energia degli uomini va divisa tra tempo liberoe lavoro per l’impresa23. A questo maggior costo non corrisponde però un bene-ficio maggiore di quello degli uomini, perché il compenso è indipendente dallaprestazione, essendo stabilito ex ante a prescindere dalle caratteristiche del vin-citore; dunque gli incentivi a partecipare al torneo sono minori per le donne cheper gli uomini.Questo risultato è rafforzato anche da un’altra considerazione, che si riferisce allapossibilità di compiere errori di valutazione che non siano proprio casuali, ma riflet-tano il pregiudizio dei decisori e lascino spazio a comportamenti discriminanti.Come si è detto, i lavoratori che partecipano al torneo, cioè che sperano di esse-re promossi, lavoreranno a tale scopo con un impegno maggiore di quello erogatoda coloro che si limitano al minimo sforzo, ma non riceveranno per questo un mag-gior compenso monetario immediato. In condizioni di “ignoranza simmetrica”, ciòche induce gli agenti a partecipare al torneo e che li incentiva a fare del propriomeglio è solo la speranza di avere qualche probabilità di vincere. La peculiarità diquesto modello, però, sta proprio nel fatto che il sistema di valutazione del risulta-to è imperfetto per ipotesi, così che l’ordine di classificazione degli agenti dipendeda un lato dal loro talento e dall’impegno erogato nella prestazione, e dall’altro daun elemento casuale rappresentato dagli errori di valutazione.

3.6 I percorsi dicarriera comestrumento di rivelazione deltalento

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A parità di talento, dunque, l’incentivo delle donne a competere per una promo-zione sarà minore di quello degli uomini per due ragioni. La prima ragione sta nelfatto che l’impegno non retribuito (o meglio, retribuito con un compenso differitoe condizionato alla promozione) che è necessario erogare nella competizione haper loro un costo-opportunità più alto, perché devono sacrificare nella garal’energia altrimenti destinata al lavoro di cura. Inoltre, se l’elemento di casualitàcostituito dagli errori di valutazione dei decisori lascia spazio alla discriminazio-ne di genere, le donne reagiranno ad un abbinamento che sottovaluta il lorotalento con un comportamento di tipo autoconfermantesi, minimizzando il pro-prio impegno ed autoescludendosi dal torneo.Se ne trae la conclusione che donne e uomini avranno incentivi differenti adimpegnarsi in un percorso di carriera, e probabilità differenti di essere promossi:maggiori per gli uomini, minori per le donne.

24 L’Istat fornisce periodicamente notizie sul processo di transizione dalla laurea all’occupazione attra-verso indagini campionarie che rilevano la condizione dei laureati a circa tre anni dalla conclusionedegli studi. I dati qui commentati sono quelli rilevati nel 2001 sui laureati del 1998 (Rosti e Chelli2004).

25 Cfr. Rosti (2006).

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3.7 RENDIMENTI SCOLASTICI E INSERIMENTO PROFESSIONALEDEI LAUREATI

Proviamo ora ad esaminare gli esiti della competizione accademica e professio-

3.7 Rendimentiscolastici einserimentoprofessionale deilaureati

Tabella 3.1Rapporto dicomposizione persesso dei laureatiper gruppo dilaurea

Tabella 3.2Voto medio dilaurea - Italia,2001

26 È interessante notare come cambia invece la graduatoria di coloro che sono occupati stabilmente treanni dopo la laurea: al primo posto ci sono sempre i maschi con laurea da maschi, e all’ultimo postosempre le femmine con laurea da femmine, ma le posizioni intermedie si invertono, e le femmine conlaurea da maschi trovano lavoro più facilmente dei maschi con laurea da femmina (tabella 3.2).

Lauree “da maschio” F/MF% Lauree “da femmina” F/MF%

Gruppo ingegneria 21,2 Gruppo chimico-farmaceutico 52,6

Gruppo medico 38,6 Gruppo giuridico 54,4

Gruppo agrario 41,1 Gruppo politico-sociale 55,5

Gruppo architettura 48,0 Gruppo geo-biologico 56,8

Gruppo economico-statistico 48,1 Gruppo psicologico 64,2

Gruppo scientifico 48,8 Gruppo letterario 70,2

Gruppo linguistico 85,1

Totale laureati 52,1 Gruppo insegnamento 89,3

Fonte: Ns. el. su dati Istat - Inserimento professionale dei laureati - Indagine 1998-2001

Voto medio di laurea - Tutti i laureati Maschi Femmine Maschi+Femmine

Lauree da M 101,2 103,3 102,1

Lauree da F 102,6 105,2 104,3

Totale laureati 101,7 104,5 103,2

Voto medio di laurea dei laureati in corso

Lauree da M 105,5 106,9 106,2

Lauree da F 105,8 107,6 107,0

Totale laureati 105,6 107,4 106,6

Voto medio di laurea dei laureati fuori corso

Lauree da M 100,9 103,1 101,8

Lauree da F 102,3 104,9 104,0

Totale laureati 101,4 104,2 102,8

Voto medio di laurea di coloro che lavorano occasionalmente durante gli studi

Lauree da M 101,2 103,1 101,9

Lauree da F 102,7 105,2 104,3

Totale laureati 101,7 104,5 103,1

segue

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segueTabella 3.2

Voto medio dilaurea - Italia,

2001

nale dei laureati interpretandoli come se fossero l’esito di tornei disputati primain ambito accademico e poi in ambito lavorativo. Il punto di partenza di questarappresentazione è costituito dalla constatazione che gli agenti economici nonsono tutti uguali: i più intelligenti sono potenzialmente più produttivi dei menointelligenti, e la maggior intelligenza offre a coloro che la posseggono un vantag-gio comparato che li rende capaci di battere gli avversari nella competizione perla carriera (sia scolastica sia lavorativa), cioè li rende capaci di vincere un torneo.Come si è evidenziato nei paragrafi precedenti, è interesse della società che gliindividui più dotati di intelligenza siano abbinati alle posizioni apicali, e i torneisono generalmente considerati come il meccanismo allocativo più efficiente perselezionare gli individui da promuovere ai differenti livelli della scala gerarchica.La disaggregazione per sesso dei dati Istat sull’inserimento professionale dei lau-reati24 evidenzia però risultati tali da mettere in dubbio il perfetto funzionamentodi questo meccanismo. Per sintesi, i dati sui percorsi formativi e sull’inserimentoprofessionale dei laureati, rilevati dall’Istat a livelli molto dettagliati, sono quiaggregati in due soli insiemi: il primo comprende tutti i gruppi di laurea “da

Voto medio di laurea - Tutti i laureati Maschi Femmine Maschi+Femmine

Voto medio di laurea di coloro che lavorano continuativamente durante gli studi

Lauree da M 99,1 102,4 100,2

Lauree da F 101,8 104,8 103,5

Totale laureati 100,5 104,2 102,3

Voto medio di laurea di coloro che non lavorano durante gli studi

Lauree da M 102,0 104,1 102,9

Lauree da F 103,3 105,2 104,6

Totale laureati 102,4 104,7 103,6

Laureati con lavoro stabile 3 anni dopo la laurea/Tot. laureati %

Lauree da M 81,3 74,8 78,8

Lauree da F 73,5 63,3 66,9

Totale laureati 78,4 67,7 72,8

Laureati che lavorano come dirigenti, imprenditori o liberi prof./Tot. occupati %

Lauree da M 20,07 14,18 17,75

Lauree da F 18,64 7,58 11,51

Totale laureati 19,54 10,09 14,63

Laureati che percepiscono un reddito maggiore di 1500 euro/Tot. occupati %

Lauree da M 25,8 12,5 20,5

Lauree da F 16,9 5,4 9,5

Totale laureati 22,5 8,1 15,0

Fonte: Ns. el. su dati Istat - Inserimento professionale dei laureati - Indagine 1998-2001

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maschi” (cioè gruppi in cui le femmine sono sottorappresentate relativamentealla loro quota sul totale dei laureati) e il secondo tutti i gruppi di laurea “da fem-mine” (cioè gruppi in cui il rapporto di composizione per sesso - F/MF% - è mag-giore della media)25.I dati delle tabelle 3.1 e 3.2 evidenziano che il rendimento scolastico delle fem-mine è nettamente migliore di quello dei maschi, sia nelle lauree a prevalenzamaschile sia nelle lauree a prevalenza femminile; le prospettive occupazionali edi reddito sono però peggiori per le femmine, sia che posseggano una laurea dafemmine sia che posseggano una laurea da maschi. Osservando gli esiti del per-corso formativo si nota che nella graduatoria per voto di laurea al primo posto siposizionano le femmine con laurea da femmina, al secondo posto le femminecon laurea da maschio, al terzo posto i maschi con laurea da femmina e al quar-to posto i maschi con laurea da maschio. Questa graduatoria resta invariata siatra i laureati in corso sia tra i fuori-corso, sia che gli individui lavorino (occasio-nalmente o continuativamente) durante gli studi, sia che non lavorino affatto. Leposizioni in graduatoria però si invertono osservando le percentuali di coloro chesono occupati in posizioni dirigenziali o imprenditoriali tre anni dopo la laurea: quisi posizionano al primo posto i maschi con laurea da maschio, seguiti dai maschicon laurea da femmina, poi dalle femmine con laurea da maschio e infine dallefemmine con laurea da femmina. Quest’ultimo ordinamento rimane invariatoosservando le percentuali di coloro che percepiscono i redditi più elevati26.

3.7 Rendimentiscolastici einserimentoprofessionale deilaureati

27 Il differenziale salariale di genere tra individui con diploma di scuola media superiore (tre anni dopoil conseguimento del diploma) è pari al 14% (Sabbadini 2004).

28 Il contributo dei mariti al lavoro domestico e di cura è solo del 29% anche nel caso in cui le moglisiano laureate ed occupate a tempo pieno (Istat 2004).

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Questi risultati pongono un duplice problema: a meno di non ritenere che imaschi siano inferiori alle femmine per intelligenza, la peggior performance sco-lastica dei maschi deve essere spiegata; a meno di non ritenere che le femminesiano inferiori ai maschi per intelligenza, il sottoutilizzo della componente femmi-nile nelle posizioni apicali della gerarchia impone un costo alla società.Per spiegare con lo stesso meccanismo interpretativo sia la supremazia femmi-nile nella competizione per i voti, sia la supremazia maschile nella competizioneper la carriera, possiamo usare la teoria dei tornei. La teoria si applica infatti siaalla competizione per i voti (Becker e Rosen 1992), sia ai percorsi di carriera nelleorganizzazioni gerarchiche (Lazear e Rosen 1981). Come si è detto nel preceden-te paragrafo, nella teoria dei tornei le prestazioni dei contendenti (e l’esito dellacontesa) dipendono da due variabili: l’abilità e l’impegno. Tra rivali di pari abilità,chi più si impegna vince la gara; tra rivali che si impegnano in egual misura, il piùabile vince la gara. Per queste ragioni la teoria attribuisce alla competizione tragli agenti la proprietà di efficienza nella rivelazione delle capacità individuali. Èperò importante sottolineare che queste proprietà di efficienza valgono solo se lecompetizioni sono simmetriche, cioè se tutti gli agenti sostengono lo stessocosto-opportunità per l’impegno erogato nella competizione (altrimenti il torneoè impari-uneven) e se tutti gli agenti sono trattati equamente dalle regole dellacompetizione (altrimenti il torneo è ingiusto-unfair). I tornei asimmetrici, invece,falliscono nel loro compito di meccanismi allocativi ottimali (cioè non riescono adabbinare la persona giusta al posto giusto).Ora, un approccio di genere alla teoria dei tornei evidenzia che solo nel caso dicompetizioni simmetriche donne e uomini avranno la stessa probabilità di vince-re (avendo per ipotesi la stessa distribuzione di abilità innata). Nei tornei impari-uneven, invece, la probabilità di vincere sarà diversa tra i sessi: minore è il costodell’impegno, maggiore è la probabilità di ottenere il premio. E a maggior ragio-ne sarà diversa la probabilità di vincere nel caso di tornei ingiusti-unfair.I dati sulla transizione dal sistema formativo a quello produttivo mostrano che néi tornei scolastici né quelli lavorativi sono simmetrici: i tornei scolastici sonoimpari-uneven: il costo-opportunità dell’impegno è minore per le studentesse acausa del differenziale salariale di genere tra diplomati27, dunque le studentessesi impegnano di più e vincono la competizione per i voti. Anche i tornei lavorati-vi sono una lotta impari, ma qui il costo dell’impegno è maggiore per le femminea causa della responsabilità del lavoro domestico e di cura28, e dunque sono imaschi che spendono maggior impegno nella prestazione lavorativa e vincono lacompetizione salariale. (Qui la letteratura suggerisce che anche la discriminazio-ne svolge un ruolo, e dunque i tornei per la carriera sono spesso anche ingiusti-unfair).In entrambi i casi si trae la conclusione che i tornei asimmetrici ostacolanol’efficienza dell’abbinamento tra individui e posizioni lavorative e riducono ilbenessere sociale. La società infatti sopporta un costo in conseguenza dellascarsa presenza femminile nelle posizioni apicali: il costo dovuto al mancato uti-

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lizzo di metà della potenziale intelligenza di cui la società dispone, che non pro-duce i suoi benefici effetti decisionali. La società sopporterà questo costo fino aquando le regole che governano i tornei non saranno tali da produrre una rappre-sentanza femminile nelle posizioni apicali che rifletta la pari distribuzione di intel-ligenza tra i generi; fino ad allora, ogni posizione apicale lasciata libera da unadonna sarà occupata da un uomo meno capace di lei...

3.8 Conclusioni

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