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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. ANIEM Rassegna Stampa del 07/04/2014

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INDICE

ANIEM

05/04/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale

L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale12

06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

Se il comitatismo si trasforma in "rete"14

06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

Nasce Aniemfer La presiede Pietro Andreozzi15

05/04/2014 Modena Qui

Castelfranco, scontro politica-costruttori16

05/04/2014 Prima Pagina - Modena

«Cave, in questo periodo di crisi lo slogan della Santunione dovrebbe far riflettere»17

05/04/2014 Prima Pagina - Modena

«Cave, in questo periodo di crisi lo slogan della Santunione dovrebbe far riflettere»18

05/04/2014 Edilizia e Territorio

Progettazione, niente coordinatore nei cantieri sotto centomila euro19

ANIEM WEB

05/04/2014 lacittadisalerno.gelocal.it 10:53

Nasce associazione di imprese edili che operano nel settore ferroviario21

04/04/2014 www.agenparl.it 10:50

COSTRUZIONI: ANIEM, COSTITUITO IL GRUPPO FERROVIE22

04/04/2014 www.ferpress.it 13:05

Aniem: nasce Aniemfer, in rappresentanza del settore ferroviario. PresiedeAndreozzi

23

04/04/2014 www.bologna2000.com 19:05

Ance Modena e Aniem in merito alla ghiaia di Castelfranco Emilia24

04/04/2014 www.modena2000.it 17:29

Ance Modena e Aniem in merito alla ghiaia di Castelfranco Emilia25

04/04/2014 www.sassuolo2000.it 17:27

Ance Modena e Aniem in merito alla ghiaia di Castelfranco Emilia26

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04/04/2014 impresamia.com 10:17

PMI - Aniem: costituito il gruppo ferrovie, Aniemfer,presieduta da Pietro Andreozzi27

05/04/2014 gazzettadisalerno.it 10:21

Nasce Aniemfer, l'associazione delle imprese del settore ferroviario ...28

05/04/2014 professionearchitetto.it 17:37

Cantieri privati, il CSP va sempre nominato se l'opera è soggetta a PdC29

05/04/2014 salernonotizie.net 08:57

Aniem: costituito il gruppo Ferrovie30

05/04/2014 www.salernonotizie.it 08:09

Aniem: costituito il gruppo Ferrovie31

SCENARIO EDILIZIA

05/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Di Pietro si candida per gli appalti in Lombardia33

05/04/2014 Corriere della Sera - Bergamo

Costruttori Ance, sfida fra big35

06/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

«Abbiamo commesso errori e ritardi ma L'Aquila non è una città morta»37

05/04/2014 Il Sole 24 Ore

Per l'efficienza energetica 800 milioni a imprese e Pa38

06/04/2014 Il Sole 24 Ore

Se il Mezzogiorno trasforma le città ritrova lo sviluppo40

06/04/2014 Il Sole 24 Ore

Opportunità dagli asset storici42

07/04/2014 Il Sole 24 Ore

I nodi della cedolare affitti43

07/04/2014 Il Sole 24 Ore

«Il mercato riparte solo tagliando l'Imu»45

07/04/2014 Il Sole 24 Ore

Il volontariato cresce e preme per le riforme46

07/04/2014 Il Sole 24 Ore

Gli assist della Ue per lo sviluppo48

07/04/2014 Il Sole 24 Ore

Canali alternativi per i flussi di cassa50

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07/04/2014 Il Sole 24 Ore

Sostegni a chi si aggrega in team51

07/04/2014 Il Sole 24 Ore

Un piano proiettato nel futuro52

07/04/2014 Il Sole 24 Ore

Sostegno anche ai costruttori con i covered bond56

05/04/2014 La Repubblica - Nazionale

"Piano-lavoro per 900 mila giovani57

06/04/2014 La Repubblica - Nazionale

Lusso e piscina Benvenuti all'Hotel Gramsci che divide Torino59

07/04/2014 La Repubblica - Milano

XXIV Maggio, paratie trasparenti per la sicurezza61

05/04/2014 La Stampa - Alessandria

Lì c'era un edificio romano Stop a lavori Terzo valico?62

04/04/2014 Il Messaggero - Abruzzo

Sisma, un tesoro da recuperareparte il progetto L'Aquila63

05/04/2014 Il Messaggero - Civitavecchia

Privilege, la protesta delle mogli64

05/04/2014 QN - Il Resto del Carlino - Rovigo

Azzerare lo stato di morosità negli alloggi di edilizia popolare65

06/04/2014 QN - Il Resto del Carlino - Modena

«No ai chioschi in cemento Serve un nuovo progetto»66

05/04/2014 Avvenire - Nazionale

L'Aquila, 5 anni dopo la chiesa resta in tenda68

06/04/2014 Avvenire - Nazionale

«Periferia informe, niente verde Così l'Aquila rinasce già vecchia»70

06/04/2014 Libero - Nazionale

Dalla crisi delle calzature all'edilizia tridimensionale72

05/04/2014 Il Secolo XIX - Savona

Baruffa sui cantieri navali lite tra sindaco ed ex operaio73

06/04/2014 Il Secolo XIX - La Spezia

«Noi, assediati dal cantiere»74

06/04/2014 Il Tempo - Roma

Protesta al femminile per salvare la «Privilege»75

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06/04/2014 L Unita - Nazionale

«L'Aquila rivivrà se demoliremo le new town»76

05/04/2014 QN - La Nazione - Pisa

Edilizia sociale: in arrivo altri 49 appartamenti Apes78

06/04/2014 QN - La Nazione - Viareggio

«E' tempo di vera rivoluzione»79

07/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Così Panama cambia Canale per riscrivere le rotte del business80

07/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Architetti contro federalismo "Una giungla le norme edilizie"82

07/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Industria del mobile, un'emorragia per risalire serve una spinta fiscale83

07/04/2014 ItaliaOggi Sette

I minibond tradiscono le attese85

07/04/2014 ItaliaOggi Sette

Crediti p.a., prima le imprese87

07/04/2014 ItaliaOggi Sette

Canne fumarie, pochi vincoli88

07/04/2014 ItaliaOggi Sette

I percorsi puntano sull'aggiornamento e sulla sicurezza90

07/04/2014 ItaliaOggi Sette

Le agevolazioni per l'acquisto dopo la riforma / 191

07/04/2014 ItaliaOggi Sette

Le agevolazioni per l'acquisto dopo la riforma / 2101

05/04/2014 Milano Finanza

La seconda vita di Maire107

05/04/2014 Milano Finanza

Sempre più a rischio le agevolazioni fiscali prima casa109

05/04/2014 Milano Finanza

L'oro del Messico110

05/04/2014 Milano Finanza

Tutta colpa della bolla112

05/04/2014 Milano Finanza

Start-up, parte l'operazione Lab Inn 2.0113

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05/04/2014 Milano Finanza

Così si vola sulla città114

06/04/2014 Il Fatto Quotidiano

L'Aquila cinque anni dopo 23.900 ancora fuori casa116

05/04/2014 Edilizia e Territorio

Bcc Napoli: «Più selettivi con l'edilizia»119

05/04/2014 Edilizia e Territorio

Piano casa appeso a 9 decreti120

SCENARIO ECONOMIA

05/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

La Tasi e la beffa delle detrazioni sulla prima casa123

05/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

La Bce prepara un maxipiano Lo spread scende fino a quota 159124

05/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

I Mutui persi dai Comuni e il Paradosso del Ragioniere126

05/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Alitalia-Etihad, lo scoglio di Bruxelles127

05/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Bpm, Mutuel se ne va «L'alleanza non decolla 450 milioni sprecati»129

05/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Pirelli e Telecom in Rialzo frena il Banco Popolare130

06/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

TRE SCELTE DURE AVETE CORAGGIO?131

06/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Lavoro, scatta il piano «Garanzia Giovani»132

06/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Da Montepaschi a Telecom, torna il modello public company134

07/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

le Luci di Milano, le Speranze del Paese136

07/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

SANITà E sprechi l'equità negata137

07/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Tagli, il piano in due tempi138

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07/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Quei risparmi per 3 miliardi sui tassi140

05/04/2014 Il Sole 24 Ore

Frenata nell'alleanza tra Etihad e Alitalia142

05/04/2014 Il Sole 24 Ore

Fondazione e soci esteri firmano il patto sul 9%143

05/04/2014 Il Sole 24 Ore

Dividendo di 2,5 miliardi per il Tesoro144

05/04/2014 Il Sole 24 Ore

Bonus ricerca, pronte le nuove regole145

05/04/2014 Il Sole 24 Ore

BTp ai minimi storici, il mercato crede a Draghi147

05/04/2014 Il Sole 24 Ore

Spending, per la sanità maxitaglio da 2-2,5 miliardi149

05/04/2014 Il Sole 24 Ore

* Mps, patto aperto a nuovi soci Profumo: più facile l'aumento151

06/04/2014 Il Sole 24 Ore

Tagli, piano da 5 miliardi153

06/04/2014 Il Sole 24 Ore

Perché bisogna prevenire la deflazione155

06/04/2014 Il Sole 24 Ore

Bce, il programma di acquisti rilancia le cartolarizzazioni157

06/04/2014 Il Sole 24 Ore

«Sbagliato tornare a quelli lineari»159

07/04/2014 Il Sole 24 Ore

Sotto gli occhi di Bruxelles161

07/04/2014 Il Sole 24 Ore

Dalle trappole dei conti si esce solo con la crescita162

07/04/2014 Il Sole 24 Ore

Spesa pubblica senza freni164

05/04/2014 La Repubblica - Nazionale

Arrivano i mini-jobs coperti con i voucher Via al salario minimo166

05/04/2014 La Repubblica - Nazionale

"Piano-lavoro per 900 mila giovani168

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05/04/2014 La Repubblica - Nazionale

Al patto del 9% sei consiglieri Mps e il nuovo ad andrà ai soci sudamericani170

05/04/2014 La Repubblica - Nazionale

L'Ue su Alitalia: Etihad non superi il 49%172

06/04/2014 La Repubblica - Nazionale

Il risiko delle nomine Ue Lagarde sfida Schulz e spunta la carta Bonino173

06/04/2014 La Repubblica - Nazionale

Credit crunch senza fine solo 26 imprese su mille riescono ad avere un fido175

07/04/2014 La Repubblica - Nazionale

La guerra della Swatch agli spioni di Obama176

07/04/2014 La Repubblica - Nazionale

Il piano Alitalia-Etihad: è sfida a Lufthansa178

07/04/2014 La Repubblica - Nazionale

Un miliardo di sprechi Ecco tutti i conti sugli immobili di Stato179

07/04/2014 La Repubblica - Nazionale

Quanto costa uscire dall'euro182

05/04/2014 La Stampa - Nazionale

"In busta paga tutto quello che abbiamo promesso"184

05/04/2014 La Stampa - Nazionale

Profumo: "Stabilità dai soci esteri"186

06/04/2014 La Stampa - Nazionale

Dall'operaio alla colf, ecco il salario minimo188

07/04/2014 La Stampa - Nazionale

La crisi del tabacco scatena le lobby189

07/04/2014 La Stampa - Nazionale

Borsa, sulla ripresa l'incognita americana190

07/04/2014 La Stampa - Nazionale

Gli stipendi degli italiani sono fermi E perdono il loro potere d'acquisto191

06/04/2014 Il Messaggero - Nazionale

Fisco, oltre 11 milioni vivono in zone a rischio evasione192

06/04/2014 Il Messaggero - Nazionale

«La disonestà c'è ovunque il Lazio paga di più la crisi»193

07/04/2014 Il Messaggero - Nazionale

Discesa del debito più lenta parte la trattativa con la Ue194

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07/04/2014 Il Giornale - Nazionale

Cdb & Marino capitalismo all'amatriciana196

07/04/2014 Il Giornale - Nazionale

Con mille miliardi Draghi salverà l'Europa dalla Ue198

06/04/2014 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale

Renzi: non mi fermo. E ora liquido tutti gli enti inutili201

06/04/2014 L Unita - Nazionale

Un «nuovo Cnel» a costo zero203

07/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

SCUSATE, AVETE VISTO L'EVASIONE FISCALE?205

07/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Credit crunch, la stretta è finita206

07/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Quel fantasma della deflazione208

07/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Schwarzman la "Pietra Nera" che si compra l'Italia Spa210

07/04/2014 Corriere Economia

E nella moda vince lo stilista-finanziere213

07/04/2014 Corriere Economia

Sfide «Gli italiani per crescere devono venire in Piazza Affari»215

07/04/2014 Corriere Economia

L'Ue, il «Ciclo politico» e i grandi evasori217

05/04/2014 Milano Finanza

ORSI&TORI218

SCENARIO PMI

07/04/2014 La Repubblica - Firenze

Una Cernobbio in riva d'Arno222

05/04/2014 La Stampa - Biella

La rabbia degli artigiani "Basta, tempo scaduto"223

04/04/2014 Il Messaggero - Marche

Accesso al creditoRete Confidisostiene le imprese224

06/04/2014 Il Messaggero - Nazionale

Il premier a Colle, Camere e Consulta «Tavolo per contenere i vostri costi»225

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06/04/2014 Avvenire - Bologna

Regione, la crisi «morde» ancora227

06/04/2014 Libero - Nazionale

I LAVORI CHE DANNO LAVORO228

05/04/2014 ItaliaOggi

ORSI & TORI230

07/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

LA CINA ORA FRENA LE RIFORME E' MEGLIO FARLE UNA ALLA VOLTA233

07/04/2014 Corriere Economia

L'arredo italiano, il target perfetto per chi vuole investire234

07/04/2014 Corriere Economia

Bagagli sicuri e da esportazione235

07/04/2014 ItaliaOggi Sette

Obiettivo: ridurre i costi delle gare dell'80%236

07/04/2014 ItaliaOggi Sette

Una moratoria dei debiti con appeal economico ridotto237

07/04/2014 ItaliaOggi Sette

La competenza è inderogabile239

07/04/2014 ItaliaOggi Sette

Occorre facilitare il dialogo241

05/04/2014 Milano Finanza

Agronomia porta l'insalata sull'Aim. Debutto il 17242

05/04/2014 Milano Finanza

S'Illumia d'immenso243

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ANIEM

7 articoli

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L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale Castelfranco. Il sindaco: «Dal contributo disostenibilità contiamo di incassare oltre nove milioni per nuove opere» L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale L'area è rivalutata?

Ora il Comune vuole

la percentuale

Castelfranco. Il sindaco: «Dal contributo di sostenibilità

contiamo di incassare oltre nove milioni per nuove opere»

Telefonate a raffica con continue minacce. Alla fine la donna ha chiesto aiuto ai carabinieri e ben presto

l'uomo è stato identificato. I militari della caserma di Savignano hanno denunciato un 54/enne, residente in

Bologna responsabile di minacce. I carabinieri dopo aver raccolto la denuncia di una donna del luogo che

segnalava di ricevere da tempo minacce telefoniche, hanno identificato l'uomo, già ex socio in affari della

donna che, a causa d i d issapor i d i carat tere economico, era l 'autore de i messaggi

minacciosi.CASTELFRANCO La sezione dell'Ance (associazione nazionale costruttori edili) e Aniem Modena

(associazione nazionale imprese edili) chiedono che il Comune "riduca i gravosi oneri compensativi" sulle

escavazioni "e soprattutto le opere correlate richieste, rendendole sostenibili per le imprese". Lo spunto per

tale richiesta arriva a seguito della campagna elettorale in corso, in cui ci sono forze politiche che hanno

proposto di ridurre, se non azzerare, le estrazioni di ghiaia. "L'azzeramento delle attività estrattive dicono

Ance e Aniem - non è condivisibile, perché una dichiarazione d'intento di questo tipo significa di fatto

azzerare le imprese del settore e portarle alla chiusura. E non ha senso cavalcare l'argomento che sono

passati cinque anni dall'approvazione del Piae (il piano che detta i modi e le quantità degli scavi) senza

l'avvio di attività estrattive... È necessario che l'amministrazione comunale si allinei nella richiesta

complessiva agli altri Comuni della nostra provincia che hanno dato l'avvio alle attività estrattive. Oltre a

incassare gli oneri previsti dalla legge regionale (incrementati del 20%), occorre che Castelfranco riduca i

gravosi oneri compensativi e soprattutto le opere correlate richieste, rendendole sostenibili per le imprese".di

Andrea Minghelli wCASTELFRANCO La cittadina della Via Emilia ha dato il via libera alla seconda variante

del Poc, il Piano operativo comunale che detta le linee di sviluppo per i prossimi 15 anni. Inseriti nel piano

una nuova scuola materna, nuovi spazi per lo sport, interventi per la sicurezza stradale e la riqualificazione di

Manzolino. Per finanziare queste opere più di 9 milioni di euro verranno dai 'contributi di sostenibilità'.

«Questo Poc - ha commentato il sindaco, Stefano Reggianini - contiene secondo me alcuni elementi positivi.

Prima di tutto segue dei principi chiari, come il contenimento e il controllo del consumo di suolo, il recupero

dei centri storici, la valorizzazione del mondo produttivo e commerciale e aumentare l'offerta di edilizia

residenziale sociale. Secondo, vengono sbloccati interventi possibili interventi nelle aree produttive per

27mila metri quadrati, aprendo la porta a nuovi insediamenti, posti di lavoro e opportunità per tutti i cittadini».

È proprio in quest'ambito che si inserisce la principale novità del Poc castelfranchese, il "contributo di

sostenibilità". «Chi beneficerà di una rivalutazione delle aree di sua proprietà grazie a diritti edificatori

concessi da una variante approvata - hanno spiegato dal Comune - dovrà versare parte di questa

rivalutazione direttamente al Comune». Insomma: il Comune concede una variante su un terreno, dando la

possibilità di edificare e aumentandone di conseguenza il valore; di quest'aumento una percentuale dovrà

essere versata dal proprietario direttamente nelle casse comunali. Parliamo del 60% dell'aumento di valore

nel caso di insediamenti commerciali o residenziali non di vicinato, del 40% nel caso di interventi su centri

storici e insediamenti storici e del 30% per nuovi insediamenti produttivi e per i centri commerciali medio

piccoli all'interno di centri urbani. La stima del Comune è che da questi contributi entreranno, nei prossimi 15

anni, 9,3 milioni di euro. Fondi extra che serviranno a finanziare opere e interventi specificati nel Poc appena

05/04/2014 25Pag. Gazzetta di Modena - Ed. nazionale(diffusione:10626, tiratura:14183)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

ANIEM - Rassegna Stampa 07/04/2014 12

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approvato: «A Gaggio - hanno continuato dal Comune - arriverà la messa in sicurezza degli incroci tra la via

Emilia e via Mavora. A Manzolino invece verrà messa in sicurezza via dei Cantastorie, così come si

riqualificherà il centro storico della frazione. Verranno anche acquistati spazi nel capoluogo da destinare allo

sport, aumentate le dotazioni anche collettive e verrà realizzata una nuova scuola materna». «Privati e

aziende - ha concluso l'assessore all'urbanistica Giampaolo Zarri - vengono così chiamati a partecipare in

maniera più attiva, concreta e solidale alla pianificazione comunale».

05/04/2014 25Pag. Gazzetta di Modena - Ed. nazionale(diffusione:10626, tiratura:14183)

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ANIEM - Rassegna Stampa 07/04/2014 13

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Se il comitatismo si trasforma in "rete" l'opinione Se il comitatismo si trasforma in "rete" Se il comitatismo

si trasforma in "rete"

l'opinione

La conferenza-stampa di ieri mattina all'Eco Bistrot di Lungomare Colombo segna una fase nuova nella vita

politica cittadina. Non tanto per l'oggetto della conferenza - la richiesta al sindaco di aprire un dibattito

pubblico sulla ventilata trasformazione urbana al centro della città - quanto per i soggetti promotori: ben 11

Comitati cittadini che sullo specifico tema si sono per la prima volta associati in rete. Questi i loro nomi:

Agorà, Civico 70, Comitato Acqua Pubblica Salerno, Comitato Salernitano per la Pace ed il Disarmo,

Coordinamento Libero Grassi, Laboratorio 20, Legambiente Salerno, Movimento Decrescita Felice, No

Traforo, Per Salerno Partecipazione Responsabile e Sos Utenti Consumatori Salerno. Una galassia molto

differenziata per interessi specifici di ciascuna sigla, che tuttavia sembra proporsi di ragionare insieme su

temi precisi della vita cittadina, cominciando da quello più ostico e urgente che è la forma e l'anima della città.

La "rete" per ora non associa anche altre avviate esperienze di cittadinanza attiva come il Comitato No

Crescent, i Figli della Chiancarelle, il Comitato "Giù le mani dal porticciolo di Pastena" e il Forum della

Cultura, che ieri però era presente alla Conferenza-stampa. Si direbbe che le invettive del sindaco contro i

danni da "comitatismo" anziché arginare e confinare il "movimentismo dissenziente" lo abbiano alimentato e

fortificato. Al punto da permettergli oggi di fare il primo passo insieme per dare forza a un'idea di città

condivisa. La "Rete" degli 11 Comitati, prendendo spunto dal ventilato progetto Invest in Salerno (per il quale

la Fondazione Carisal e l'Aniem hanno sottoscritto un Protocollo d'intesa per la trasformazione urbana

dell'area di 126.000 mq.tra Piazza Vittorio Veneto e la Cittadella Giudiziaria, progetto non ricompreso nel

PUC e dunque da assoggettare a una nuova Variante dopo quella globale approvata l'anno scorso) propone

con istanza diretta al Sindaco di definire un percorso normato (con modalità, tempi e strumenti) attraverso il

quale favorire il dibattito tra i cittadini su questa specifica iniziativa. Sull'esempio di quanto previsto dalla

Legge n. 69 del 27/12/2007 della Regione Toscana, della Legge n. 3 del 9/2/2010 della Regione Emilia

Romagna, della Legge Barnier del 2/2/1995 in Francia e della Convenzione Europea di Aarhus di febbraio

2005. Quale sarà la risposta di Palazzo di Città? Continuerà a irridere il "Comitatismo" cittadino con la sua

sferzante ironia, o prenderanno atto - lui e la sua gente - che negli ultimi tempi l'Amministrazione comunale

ha subito una serie di pesanti sconfitte sulle quali dovrebbe riflettere? Dallo stop della Soprintendenza al

Ristorante alle spalle del Teatro Verdi, al no ai parcheggi interrati a Piazza Cavour e Piazza Alario, allo stop

del Tar alla cessione dei diritti edificatori a Via Vinciprova e, ora, anche alla Variante al PUC per Piazza

Mazzini ("per l'acclarata carenza di spazi da destinare a standard"), all'Asta deserta per la vendita della

Centrale del Latte e infine al sequestro dei cantieri di Piazza della Libertà e del Crescent (sul quale ultimo

pesa l'incognita dell'incombente pronunzia della Soprintendenza) sembra il campo di battaglia di Wagram

dopo la vittoria dei "Comitati" (Italia Nostra, No Crescent e FdC in testa). Possibile che nessuno riesca a far

ragionare il nostro arciduca? A fargli considerare che se tante battaglie si perdono nelle aule di giustizia o

nelle sedi istituzionali abilitate a decidere non è per l'esistenza di "nemici" ma per l'esistenza di "ragioni

giuridiche"? Non vorremmo si applicasse a Salerno questo acuto pensiero di Italo Calvino nel Barone

rampante. "Insomma, c'erano anche da noi tutte le cause della Rivoluzione francese. Solo che non eravamo

in Francia, e la Rivoluzione non ci fu. Viviamo in un paese dove si verificano sempre le cause e non gli

effetti". Si tratta di un pensiero illuminante, perché una condizione di questo tipo denuncia l'assenza di

democrazia reale.

06/04/2014 10Pag. La Citta di Salerno - Ed. nazionale(diffusione:25000)

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ANIEM - Rassegna Stampa 07/04/2014 14

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Nasce Aniemfer La presiede Pietro Andreozzi settore ferrovie Nasce Aniemfer La presiede Pietro Andreozzi Nasce Aniemfer

La presiede

Pietro Andreozzi

settore ferrovie

Nasce la Aniemfer, associazione nazionale che raggruppa le imprese aderenti all'Aniem e che operano nel

settore ferroviario. A presiederla è il salernitano Pietro Andreozzi. «La costituzione di un sistema in grado di

rappresentare le aziende che realizzano opere ed interventi per Rfi mira a sviluppare un rapporto di

interlocuzione costante e strutturato in una attività ad alto contenuto specialistico che diversi nostri operatori

economici hanno negli anni maturato» ha spiegato il presidente Andreozzi».

06/04/2014 16Pag. La Citta di Salerno - Ed. nazionale(diffusione:25000)

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ANIEM - Rassegna Stampa 07/04/2014 15

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Castelfranco, scontro politica-costruttori E' polemica, a Castelfranco, dopo le dichiarazioni della candidata sindaco Silvia Santunione a favore

dell'azzeramento dell'estrazione di ghiaia. Ad andare su tuttelefurieleimpreseedilidell'Anceedi Aniem.

«Dovrebbe fare riflettere che, in questo periodo di crisi senza precedenti e con i tassi di disoccupazione

attuali, una forza politica candidata a governare un Comune utilizzi questi slogan per la campagna

elettorale», attaccano le associazioni degli industriali. «L'azzeramento delle attività estrattive non è affatto

condivisibile, perché una dichiarazione d'intento di questo tipo significa di fatto azzerare le imprese del

settore e portarle alla chiusura». «E non ha senso - aggiungono Ance ed Aniem - cavalcare l'argomento che

sono passati cinque anni dall'approvazione del Piae (il piano che detta i modi e le quantità degli scavi) senza

l'avvio di attività estrattive nel comune, facendo credere che si possa pensare all'azzeramento degli scavi

poiché non ce n'è bisogno. La verità è un'altra». «L'avvio delle escavazioni - secondo le associazioni - è

conseguente alla stipula degli accordi previsti tra l'amministrazione comunale e le imprese. Il Comune di

Castelfranco Emilia ha redatto e imposto unilateralmente un accordo (o meglio un 'non accordo') che prevede

a carico delle impreseonericompensativitroppoelevatie non compatibili con l'attuale situazione economica del

settore e delle relative imprese». «E'quindinecessario-chiedonoAnceed Aniem - che l'amministrazione

comunale di Castel f ranco si a l l inei nel la r ichiesta complessiva agl i a l t r i Comuni del la

nostraprovinciachehannodatol'avvioalle attività estrattive. Oltre a incassare gli oneri previsti dalla legge

regionale (recentemente incrementati del 20%), occorre che Castelfranco riduca i gravosi oneri compensativi

e soprattutto le opere correlate richiesti, rendendoli sostenibili per leimprese».

La polemica Ance e Aniem preoccupati per la proposta di azzerare l'estrazione di ghiaia

05/04/2014 28Pag. Modena Qui

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CASTELFRANCO Ance e Aniem sulle estrazioni di ghiaia «Cave, in questo periodo di crisi lo slogan della Santunione dovrebbe farriflettere» CASTELFRANCO - «Non è nostra abitudine alimentare polemiche ma ora crediamo sia necessario

intervenire». Così Ance Modena e Aniem intervengono in merito alle polemiche mosse da alcuni consiglieri di

minoranza a Castelfranco in merito alla questione cave. In particolare le due associazioni si riferiscono alle

dichiarazioni rilasciate dal consigliere e candidato sindaco, Silvia Santunione, in cui azzarda la necessità di

«azzerare l'estrazione di ghiaia». «Dovrebbe fare riflettere che, in questo periodo di crisi senza precedenti e

con i tassi di disoccupazione attuali, una forza politica candidata a governare un Comune utilizzi questi

slogan per la campagna elettorale spiegano le due associazioni - L'azzeramento delle attività estrattive,

invece, non è affatto condivisibile, perché una dichiarazione d'intento di questo tipo significa di fatto azzerare

le imprese del settore e portarle alla chiusura. E non ha senso cavalcare l'argomento che sono passati cinque

anni dall'approvazione del Piae, il piano che detta i modi e le quantità degli scavi, senza l'avvio di attività

estrattive nel comune, facendo credere che si possa pensare all'azzeramento degli scavi poiché non ce n'è

bisogno. La verità è un'altra. L'avvio delle escavazioni è conseguente alla stipula degli accordi previsti tra

l'amministrazione comunale e le imprese. Il Comune di Castelfranco ha redatto e imposto unilateralmente un

accordo, o meglio un "non accordo", che prevede a carico delle imprese oneri compensativi troppo elevati e

non compatibili con l'attuale situazione economica del settore e delle relative imprese. E' probabile che due

imprese di piccole dimensioni e con esigue disponibilità di materiale da estrarre possano avere rinunciato a

continuare la loro attività. Ma le altre industrie che hanno effettuato cospicui investimenti nelle aree inserite

all'interno del Piae dall'amministrazione provinciale, in accordo con il Comune, non hanno certamente

rinunciato e non rinunceranno ad esercitare il proprio diritto. E' quindi necessario che l'amministrazione

comunale di Castelfranco si allinei nella richiesta complessiva agli altri Comuni della nostra provincia che

hanno dato l'avvio alle attività estrattive. Oltre a incassare gli oneri previsti dalla legge regionale, occorre che

Castelfranco riduca i gravosi oneri compensativi e soprattutto le opere correlate richiesti, rendendoli

sostenibili per le imprese».

05/04/2014 17Pag. Prima Pagina - Modena

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ANIEM - Rassegna Stampa 07/04/2014 17

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«Cave, in questo periodo di crisi lo slogan della Santunione dovrebbe farriflettere» CASTELFRANCO - «Non è nostra abitudine alimentare polemiche ma ora crediamo sia necessario

intervenire». Così Ance Modena e Aniem intervengono in merito alle polemiche mosse da alcuni consiglieri di

minoranza a Castelfranco in merito alla questione cave. In particolare le due associazioni si riferiscono alle

dichiarazioni rilasciate dal consigliere e candidato sindaco, Silvia Santunione, in cui azzarda la necessità di

«azzerare l'estrazione di ghiaia». «Dovrebbe fare riflettere che, in questo periodo di crisi senza precedenti e

con i tassi di disoccupazione attuali, una forza politica candidata a governare un Comune utilizzi questi

slogan per la campagna elettorale spiegano le due associazioni - L'azzeramento delle attività estrattive,

invece, non è affatto condivisibile, perché una dichiarazione d'intento di questo tipo significa di fatto azzerare

le imprese del settore e portarle alla chiusura. E non ha senso cavalcare l'argomento che sono passati cinque

anni dall'approvazione del Piae, il piano che detta i modi e le quantità degli scavi, senza l'avvio di attività

estrattive nel comune, facendo credere che si possa pensare all'azzeramento degli scavi poiché non ce n'è

bisogno. La verità è un'altra. L'avvio delle escavazioni è conseguente alla stipula degli accordi previsti tra

l'amministrazione comunale e le imprese. Il Comune di Castelfranco ha redatto e imposto unilateralmente un

accordo, o meglio un "non accordo", che prevede a carico delle imprese oneri compensativi troppo elevati e

non compatibili con l'attuale situazione economica del settore e delle relative imprese. E' probabile che due

imprese di piccole dimensioni e con esigue disponibilità di materiale da estrarre possano avere rinunciato a

continuare la loro attività. Ma le altre industrie che hanno effettuato cospicui investimenti nelle aree inserite

all'interno del Piae dall'amministrazione provinciale, in accordo con il Comune, non hanno certamente

rinunciato e non rinunceranno ad esercitare il proprio diritto. E' quindi necessario che l'amministrazione

comunale di Castelfranco si allinei nella richiesta complessiva agli altri Comuni della nostra provincia che

hanno dato l'avvio alle attività estrattive. Oltre a incassare gli oneri previsti dalla legge regionale, occorre che

Castelfranco riduca i gravosi oneri compensativi e soprattutto le opere correlate richiesti, rendendoli

sostenibili per le imprese».

05/04/2014 17Pag. Prima Pagina - Modena

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Progettazione, niente coordinatore nei cantieri sotto centomila euro La nomina del coordinatore per la progettazione non è necessaria nelle opere private di importo inferiore ai

100mila euro e per le quali non è necessario richiedere il permesso di costruire. Lo ha spiegato il ministero

del Lavoro, rispondendo a una richiesta di chiarimento dell'Aniem, con l'interpello n. 2 del 2014. Nel caso di

lavori soggetti a permesso di costruire, invece, il committente è sempre tenuto, quando sia prevista la

presenza in cantiere di più imprese esecutrici, anche non contemporanea, a nominare il coordinatore in fase

di progettazione, qualunque sia l'entità dell'opera.

05/04/2014 6Pag. Edilizia e Territorio - Edilizia e territorio(tiratura:25000)

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ANIEM - Rassegna Stampa 07/04/2014 19

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ANIEM WEB

11 articoli

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Nasce associazione di imprese edili che operano nel settore ferroviario pagerank: 7 Costituita la Aniemfer. Alla guida l'imprenditore Pietro Andreozzi: «Organizziamo la rappresentanza di un

comparto ad alta specializzazione»

L'Aniem, l'associazione delle imprese edili manifatturiere che rappresenta circa 8.000 imprese operanti nel

comparto delle costruzioni, ha costituito Aniemfer, presieduta dal salernitano Pietro Andreozzi (foto), in

rappresentanza delle imprese associate che operano nel settore ferroviario.

«La costituzione di un sistema in grado di rappresentare le aziende che realizzano opere ed interventi per Rfi

mira a sviluppare un rapporto di interlocuzione costante e strutturato in una attività ad alto contenuto

specialistico che diversi nostri operatori economici hanno negli anni maturato - è il commento del Presidente

di Aniemfer - In tal senso l'Aniem ha inteso sviluppare e strutturare una propria capacità di rappresentanza,

anche in considerazione delle complessità a livello di qualificazione presenti negli appalti gestiti dal gruppo

RFI».

05/04/201410:53

Sito Weblacittadisalerno.gelocal.it

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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 07/04/2014 21

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COSTRUZIONI: ANIEM, COSTITUITO IL GRUPPO FERROVIE pagerank: 5 (AGENPARL) - Roma, 04 apr - Aniem, l'Associazione delle imprese edili manifatturiere che rappresenta circa

8.000 imprese operanti nel comparto delle costruzioni, ha costituito "Aniemfer", presieduta dal dott. Pietro

Andreozzi, in rappresentanza delle imprese associate che operano nel settore ferroviario. "La costituzione di

un sistema in grado di rappresentare le aziende che realizzano opere ed interventi per Rfi mira a sviluppare

un rapporto di interlocuzione costante e strutturato in una attività ad alto contenuto specialistico che diversi

nostri operatori economici hanno negli anni maturato" - è il commento del Presidente di Aniemfer. "In tal

senso l'Aniem ha inteso sviluppare e strutturare una propria capacità di rappresentanza, anche in

considerazione delle complessità a livello di qualificazione presenti negli appalti gestiti dal gruppo RFI" -

conclude Pietro Andreozzi.

04/04/201410:50

Sito Webwww.agenparl.it

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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 07/04/2014 22

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Aniem: nasce Aniemfer, in rappresentanza del settore ferroviario. PresiedeAndreozzi pagerank: 5 (FERPRESS) - Roma, 4 APR - Aniem, l'Associazione delle imprese edili manifatturiere che rappresenta circa

8.000 imprese operanti nel comparto delle costruzioni, ha costituito "Aniemfer", presieduta da Pietro

Andreozzi, in rappresentanza delle imprese associate che operano nel settore ferroviario.

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04/04/201413:05

Sito Webwww.ferpress.it

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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 07/04/2014 23

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Ance Modena e Aniem in merito alla ghiaia di Castelfranco Emilia pagerank: 4 Non è nostra abitudine alimentare polemiche. Però, di fronte al titolo di un quotidiano locale che, riguardo al

comune di Castelfranco, afferma «Azzerare l'estrazione di ghiaia», crediamo sia necessario intervenire.

Dovrebbe fare riflettere che, in questo periodo di crisi senza precedenti e con i tassi di disoccupazione attuali,

una forza politica candidata a governare un comune utilizzi questi slogan per la campagna elettorale.

Nello medesimo articolo, è la stessa Silvia Santunione, candidata sindaco nelle prossime amministrative, a

ribadire che «le cave sono più controllate» rispetto al passato. È un'affermazione che condividiamo e infatti

questo, per le imprese estrattive rispettose delle regole sulle escavazioni, è il modo migliore per dimostrare la

correttezza con la quale operano.

L'azzeramento delle attività estrattive, invece, non è affatto condivisibile, perché una dichiarazione d'intento di

questo tipo significa di fatto azzerare le imprese del settore e portarle alla chiusura.

E non ha senso cavalcare l'argomento che sono passati cinque anni dall'approvazione del PIAE (il piano che

detta i modi e le quantità degli scavi) senza l'avvio di attività estrattive nel comune, facendo credere che si

possa pensare all'azzeramento degli scavi poiché non ce n'è bisogno.

La verità è un'altra. L'avvio delle escavazioni è conseguente alla stipula degli accordi previsti tra

l'amministrazione comunale e le imprese. Il Comune di Castelfranco Emilia ha redatto e imposto

unilateralmente un accordo (o meglio un "non accordo") che prevede a carico delle imprese "oneri

compensativi" troppo elevati e non compatibili con l'attuale situazione economica del settore e delle relative

imprese.

È probabile, come riporta l'articolo, che due imprese di piccole dimensioni e con esigue disponibilità di

materiale da estrarre possano avere rinunciato a continuare la loro attività. Ma le altre industrie che hanno

effettuato cospicui investimenti nelle aree inserite all'interno del PIAE dall'amministrazione provinciale, in

accordo con il Comune di Castelfranco Emilia, non hanno certamente rinunciato e non rinunceranno ad

esercitare il proprio diritto.

È quindi necessario che l'amministrazione comunale di Castelfranco si allinei nella richiesta complessiva agli

altri Comuni della nostra provincia che hanno dato l'avvio alle attività estrattive.

Oltre a incassare gli oneri previsti dalla legge regionale (recentemente incrementati del 20%), occorre che

Castelfranco riduca i gravosi oneri compensativi e soprattutto le opere correlate richiesti, rendendoli

sostenibili per le imprese.

(comunicato congiunto Ance Modena e Aniem)

04/04/201419:05

Sito Webwww.bologna2000.com

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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 07/04/2014 24

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Ance Modena e Aniem in merito alla ghiaia di Castelfranco Emilia pagerank: 4 Non è nostra abitudine alimentare polemiche. Però, di fronte al titolo di un quotidiano locale che, riguardo al

comune di Castelfranco, afferma «Azzerare l'estrazione di ghiaia», crediamo sia necessario intervenire.

Dovrebbe fare riflettere che, in questo periodo di crisi senza precedenti e con i tassi di disoccupazione attuali,

una forza politica candidata a governare un comune utilizzi questi slogan per la campagna elettorale.

Nello medesimo articolo, è la stessa Silvia Santunione, candidata sindaco nelle prossime amministrative, a

ribadire che «le cave sono più controllate» rispetto al passato. È un'affermazione che condividiamo e infatti

questo, per le imprese estrattive rispettose delle regole sulle escavazioni, è il modo migliore per dimostrare la

correttezza con la quale operano.

L'azzeramento delle attività estrattive, invece, non è affatto condivisibile, perché una dichiarazione d'intento di

questo tipo significa di fatto azzerare le imprese del settore e portarle alla chiusura.

E non ha senso cavalcare l'argomento che sono passati cinque anni dall'approvazione del PIAE (il piano che

detta i modi e le quantità degli scavi) senza l'avvio di attività estrattive nel comune, facendo credere che si

possa pensare all'azzeramento degli scavi poiché non ce n'è bisogno.

La verità è un'altra. L'avvio delle escavazioni è conseguente alla stipula degli accordi previsti tra

l'amministrazione comunale e le imprese. Il Comune di Castelfranco Emilia ha redatto e imposto

unilateralmente un accordo (o meglio un "non accordo") che prevede a carico delle imprese "oneri

compensativi" troppo elevati e non compatibili con l'attuale situazione economica del settore e delle relative

imprese.

È probabile, come riporta l'articolo, che due imprese di piccole dimensioni e con esigue disponibilità di

materiale da estrarre possano avere rinunciato a continuare la loro attività. Ma le altre industrie che hanno

effettuato cospicui investimenti nelle aree inserite all'interno del PIAE dall'amministrazione provinciale, in

accordo con il Comune di Castelfranco Emilia, non hanno certamente rinunciato e non rinunceranno ad

esercitare il proprio diritto.

È quindi necessario che l'amministrazione comunale di Castelfranco si allinei nella richiesta complessiva agli

altri Comuni della nostra provincia che hanno dato l'avvio alle attività estrattive.

Oltre a incassare gli oneri previsti dalla legge regionale (recentemente incrementati del 20%), occorre che

Castelfranco riduca i gravosi oneri compensativi e soprattutto le opere correlate richiesti, rendendoli

sostenibili per le imprese.

(comunicato congiunto Ance Modena e Aniem)

04/04/201417:29

Sito Webwww.modena2000.it

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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 07/04/2014 25

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Ance Modena e Aniem in merito alla ghiaia di Castelfranco Emilia pagerank: 4 Non è nostra abitudine alimentare polemiche. Però, di fronte al titolo di un quotidiano locale che, riguardo al

comune di Castelfranco, afferma «Azzerare l'estrazione di ghiaia», crediamo sia necessario intervenire.

Dovrebbe fare riflettere che, in questo periodo di crisi senza precedenti e con i tassi di disoccupazione attuali,

una forza politica candidata a governare un comune utilizzi questi slogan per la campagna elettorale.

Nello medesimo articolo, è la stessa Silvia Santunione, candidata sindaco nelle prossime amministrative, a

ribadire che «le cave sono più controllate» rispetto al passato. È un'affermazione che condividiamo e infatti

questo, per le imprese estrattive rispettose delle regole sulle escavazioni, è il modo migliore per dimostrare la

correttezza con la quale operano.

L'azzeramento delle attività estrattive, invece, non è affatto condivisibile, perché una dichiarazione d'intento di

questo tipo significa di fatto azzerare le imprese del settore e portarle alla chiusura.

E non ha senso cavalcare l'argomento che sono passati cinque anni dall'approvazione del PIAE (il piano che

detta i modi e le quantità degli scavi) senza l'avvio di attività estrattive nel comune, facendo credere che si

possa pensare all'azzeramento degli scavi poiché non ce n'è bisogno.

La verità è un'altra. L'avvio delle escavazioni è conseguente alla stipula degli accordi previsti tra

l'amministrazione comunale e le imprese. Il Comune di Castelfranco Emilia ha redatto e imposto

unilateralmente un accordo (o meglio un "non accordo") che prevede a carico delle imprese "oneri

compensativi" troppo elevati e non compatibili con l'attuale situazione economica del settore e delle relative

imprese.

È probabile, come riporta l'articolo, che due imprese di piccole dimensioni e con esigue disponibilità di

materiale da estrarre possano avere rinunciato a continuare la loro attività. Ma le altre industrie che hanno

effettuato cospicui investimenti nelle aree inserite all'interno del PIAE dall'amministrazione provinciale, in

accordo con il Comune di Castelfranco Emilia, non hanno certamente rinunciato e non rinunceranno ad

esercitare il proprio diritto.

È quindi necessario che l'amministrazione comunale di Castelfranco si allinei nella richiesta complessiva agli

altri Comuni della nostra provincia che hanno dato l'avvio alle attività estrattive.

Oltre a incassare gli oneri previsti dalla legge regionale (recentemente incrementati del 20%), occorre che

Castelfranco riduca i gravosi oneri compensativi e soprattutto le opere correlate richiesti, rendendoli

sostenibili per le imprese.

(comunicato congiunto Ance Modena e Aniem)

04/04/201417:27

Sito Webwww.sassuolo2000.it

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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 07/04/2014 26

Page 27: ANIEM · 2015. 7. 21. · INDICE ANIEM 05/04/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale 12 06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

PMI - Aniem: costituito il gruppo ferrovie, Aniemfer,presieduta da PietroAndreozzi pagerank: 3 Aniem, l'Associazione delle imprese edili manifatturiere che rappresenta circa 8.000 imprese operanti nel

comparto delle costruzioni, ha costituito "Aniemfer", presieduta da Pietro Andreozzi ( presidente di Aniem

Salerno, al centro della foto) in rappresentanza delle imprese associate che operano nel settore ferroviario.

"La costituzione di un sistema in grado di rappresentare le aziende che realizzano opere ed interventi per Rfi

- ha commentato il presidente di Aniemfer - mira a sviluppare un rapporto di interlocuzione costante e

strutturato in una attività ad alto contenuto specialistico che diversi nostri operatori economici hanno negli

anni maturato".

"In tal senso l'Aniem ha inteso sviluppare e strutturare una propria capacità di rappresentanza, anche in

considerazione delle complessità a livello di qualificazione presenti negli appalti gestiti dal gruppo RFI" -

conclude Andreozzi.

04/04/201410:17

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Page 28: ANIEM · 2015. 7. 21. · INDICE ANIEM 05/04/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale 12 06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

Nasce Aniemfer, l'associazione delle imprese del settore ferroviario ... Nasce Aniemfer, l'associazione delle imprese del settore ferroviario. Andreozzi Presidente.

Aniem, l'Associazione delle imprese edili manifatturiere che rappresenta circa 8.000 imprese operanti nel

comparto delle costruzioni, ha costituito "Aniemfer", presieduta dal dott. Pietro Andreozzi, in rappresentanza

delle imprese associate che operano nel settore ferroviario.

"La costituzione di un sistema in grado di rappresentare le aziende che realizzano opere ed interventi per Rfi

mira a sviluppare un rapporto di interlocuzione costante e strutturato in una attività ad alto contenuto

specialistico che diversi nostri operatori economici hanno negli anni maturato" - è il commento del Presidente

di Aniemfer.

"In tal senso l'Aniem ha inteso sviluppare e strutturare una propria capacità di rappresentanza, anche in

considerazione delle complessità a livello di qualificazione presenti negli appalti gestiti dal gruppo RFI" -

conclude Pietro Andreozzi.

05/04/201410:21

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Cantieri privati, il CSP va sempre nominato se l'opera è soggetta a PdC Nei cantieri privati, se i lavori sono soggetti al permesso di costruire e se è prevista le presenza di più

imprese esecutrici, anche non contemporanea, il committente è sempre tenuto alla nomina del coordinatore

per la sicurezza in fase di progettazione. Ad affermarlo è la Commissione di Interpello del Ministero del

Lavoro che ha fornito un chiarimento alla richiesta avanzata dall'Associazione Nazionale Imprese Edili

Manifatturiere (Interpello 2/2014).

L'ANIEM aveva chiesto alla Commissione per gli Interpelli di conoscere la giusta interpretazione del comma

11 dell'articolo 90 del TU in materia di sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008). Il comma in questione stabilisce

che la designazione del coordinatore per la progettazione «non si applica ai lavori privati non soggetti a

permesso di costruire in base alla normativa vigente e comunque di importo inferiore ad euro 100.000».

Secondo la risposta della Commissione, in caso di cantieri privati, il committente o il responsabile dei lavori

non è obbligato a nominare il CSP se sono soddisfatti contemporaneamente due requisiti:

l'opera che si sta realizzando non necessita di permesso di costruire;

l'importo dei lavori è inferiore a 100mila euro.

Di conseguenza,indipendentemente dall'importo dei lavori, se c'è obbligo di permesso di costruire e se si

prevede la presenza di più imprese, anche non contemporanea, è necessario nominare il coordinatore in fase

di progettazione.

La Commissione ha anche ricordato una circolare del 2009 (circolare del Ministero del Lavoro 30/2009),

secondo la quale nel caso in cui il committente non sia tenuto a nominare il coordinatore in fase di

progettazione, il coordinatore in fase di esecuzione «deve essere nominato contestualmente all'affidamento

dell'incarico di progettazione, in modo da consentire la piena realizzazione di tutti i compiti connessi al ruolo

di coordinatore per la progettazione». La nomina, già dall'affidamento della progettazione, deriva dall'obbligo

da parte del coordinatore per l'esecuzione di dover seguire, senza eccezioni o limitazioni, tutte le funzioni

previste dall'articolo 91 del TU.

» Interpello 2/2014

pubblicato in data: 05/04/2014

05/04/201417:37

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Aniem: costituito il gruppo Ferrovie Aniem, l'Associazione delle imprese edili manifatturiere che rappresenta circa 8.000 imprese operanti nel

comparto delle costruzioni, ha costituito "Aniemfer", presieduta dal dott. Pietro Andreozzi, in rappresentanza

delle imprese associate che operano nel settore ferroviario.

"La costituzione di un sistema in grado di rappresentare le aziende che realizzano opere ed interventi per Rfi

mira a sviluppare un rapporto di interlocuzione costante e strutturato in una attività ad alto contenuto

specialistico che diversi nostri operatori economici hanno negli anni maturato" - è il commento del Presidente

di Aniemfer.

"In tal senso l'Aniem ha inteso sviluppare e strutturare una propria capacità di rappresentanza, anche in

considerazione delle complessità a livello di qualificazione presenti negli appalti gestiti dal gruppo RFI" -

conclude Pietro Andreozzi.

05/04/201408:57

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Aniem: costituito il gruppo Ferrovie Aniem_SalernoAniem, l'Associazione delle imprese edili manifatturiere che rappresenta circa 8.000 imprese

operanti nel comparto delle costruzioni, ha costituito "Aniemfer", presieduta dal dott. Pietro Andreozzi, in

rappresentanza delle imprese associate che operano nel settore ferroviario.

"La costituzione di un sistema in grado di rappresentare le aziende che realizzano opere ed interventi per Rfi

mira a sviluppare un rapporto di interlocuzione costante e strutturato in una attività ad alto contenuto

specialistico che diversi nostri operatori economici hanno negli anni maturato" - è il commento del Presidente

di Aniemfer.

"In tal senso l'Aniem ha inteso sviluppare e strutturare una propria capacità di rappresentanza, anche in

considerazione delle complessità a livello di qualificazione presenti negli appalti gestiti dal gruppo RFI" -

conclude Pietro Andreozzi.

05/04/201408:09

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SCENARIO EDILIZIA

49 articoli

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Dopo gli arresti Di Pietro si candida per gli appalti in Lombardia Andrea Senesi di ANDREA SENESI A PAGINA 23

MILANO - I trascorsi da ministro delle Infrastrutture ne fanno per definizione un esperto del ramo. Di cantieri e

strade se ne intende, insomma. Per un intero ventennio, prima delle ultimissime vicissitudini, è stato il

campione nazionale della difesa della legalità e della lotta alla corruzione. Chi meglio di lui allora? Antonio Di

Pietro si candida a succedere ad Antonio Rognoni, l'ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde arrestato

dieci giorni fa con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d'asta. Da Palazzo

Lombardia assicurano: il curriculum vitae di Di Pietro è arrivato.

Il bando di selezione per individuare il futuro direttore generale della società che gestisce la costruzione di

strade, ospedali, uffici pubblici e che è direttamente coinvolta nella sfida contro il tempo di Expo 2015 è stato

aperto la settimana scorsa e scadrà il 10 aprile. La decisione finale spetterà poi a una commissione di esperti

che valuterà le candidature e sceglierà il nome giusto. Fino a quel momento non si conoscerà l'identità del

nuovo manager. Dalla Regione quindi il no comment, in merito all'ipotesi che possa essere l'ex leader dell'Idv

a prendere la guida della holding di casa, è di rigore.

Il pubblico ministero di Mani pulite lo aveva però, a suo modo, annunciato. Di passaggio a Milano, per un

incontro pubblico sulla stagione di Tangentopoli, la scorsa settimana aveva commentato: «Se ci sarà un

bando mi candiderò anch'io. Forse ci azzecco a dire cosa portare dal magistrato e cosa dall'ingegnere».

Nel caso della società finita al centro dello scandalo, con otto arresti e ventinove indagati, Di Pietro aveva

dettato la sua ricetta. Infrastrutture Lombarde? «Bisogna mettere la società in mano a chi non ha conflitti

d'interesse con quanto deve accertare la magistratura». Chi meglio di lui? «Conosco i fatti e le opere.

Nonostante Mani pulite qui tutto è come prima e peggio di prima». Expo però deve andare avanti, va salvata.

«È un biglietto da vista troppo importante per l'Italia. Si è già perso troppo tempo».

Eppure, contattato da Libero, ieri Di Pietro ha fatto retromarcia. Il curriculum vitae spedito? «Non è vero e non

so di cosa stiate parlando». Dalla Regione però confermano tutto, la sua candidatura è sul tavolo.

Difficile immaginare che Di Pietro possa alla fine spuntarla. La scelta spetterà al comitato di tecnici. E il

«nome» di peso, in questo caso, non conta nulla. Tantomeno, in questo caso, serve tentare di ricostruire i

rapporti politici e personali con Roberto Maroni che peraltro i beninformati indicano come freddini. Più

probabile allora che l'ex pm continui a fare il padre nobile, anche se un po' in disgrazia, dell'Italia dei Valori. E

anche ieri, richiesto di un commento su questa vicenda di Infrastrutture Lombarde, non ha risposto al

telefono. Impegnatissimo in una lunga riunione politica.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

La vicendaLe funzioni

Infrastrutture Lombarde, controllata della Regione Lombardia, è una società per azioni costituitasi nel 2003

per la realizzazione di opere quali ospedali, scuole ma anche la sede della giunta regionale e lavori legati a

Expo

L'inchiesta

La società è finita nella bufera con l'arresto del direttore generale, Antonio Rognoni

(foto) , insieme con altre sette persone per accuse su fatti avvenuti dal 2008 al 2012 che vanno dalla truffa

alla turbativa d'asta e al falso

e, per tutti, l'associazione per delinquere

Gli appalti

05/04/2014 1Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 33

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Uno degli appalti contestati riguarda Expo: quello da 1,2 milioni di euro sugli incarichi di consulenza legali

29 Gli indagati nell'inchiesta su Infrastrutture lombarde, cui si aggiungono 8 arrestati Il valore degli incarichi

esterni contestati è di 8,7 milioni di euro

89 I dipendenti della società Infrastrutture lombarde, costituita nel 2003 e partecipata interamente da Regione

Lombardia. Il capitale sociale è di quasi otto milioni di euro

Foto: Politico Antonio Di Pietro, 63 anni, ex pubblico ministero ed ex ministro delle Infrastrutture (foto

Lapresse)

05/04/2014 1Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 34

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Il rinnovo Il 16 maggio le votazioni per il consiglio. Calibri da 90 nell'elenco dei candidati Costruttori Ance, sfida fra big Oltre a Bettineschi in lizza Percassi, Guatterini e Cividini Donatella Tiraboschi Il presidente Ottorino Bettineschi, 55 anni, scalvino doc, imprenditore da quando ne aveva 19 e pilota di aerei

per passione, è molto più che politically correct. «I nomi non li faccio, ma sono importanti». Lui tace, ma le

indiscrezioni sulle candidature per il rinnovo del consiglio dell'Ance, il prossimo 16 maggio, trapelano

comunque. E si tratta di calibri da 90 del mondo edile bergamasco: Percassi, Guatterini e Cividini, tanto per

calare il tris di nomination e che, insieme ad altre, sono racchiuse in un elenco di candidati chiuso lo scorso

giovedì.

Presidente lei che fa?

«Mi rimetterò alla decisione del consiglio».

Ma è disponibile ad un bis?

«Il nostro statuto prevede un massimo di due mandati».

Ne mancherebbe ancora uno...

«Vedremo l'esito delle elezioni. Se ci saranno le condizioni e il consiglio me lo chiederà, mi rendo disponibile,

senza però esercitare nessuna pressione in questo senso. Deve essere una cosa naturale, altrimenti nessun

problema a cedere il passo a qualcun altro. Ma quello che tengo a precisare, fin da ora, è che non c'è nessun

tipo di rottura all'interno dell'associazione».

Sembra una excusatio non petita...

«Assolutamente no. Voglio ribadire che Ance è un'associazione compatta, non abbiamo nessun problema di

questo tipo. Per l'elezione del nuovo consiglio sono state avanzate candidature di notevole spessore».

Nuove...

«Nuove nei nomi, ma in continuità con il passato. Premesso che tutti sono ugualmente importanti e non

faccio nomi, ribadisco che si tratta di imprese di spessore; dall'ambito delle strade alla difesa del suolo, dagli

edifici civili a quelli industriali. L'edilizia abbraccia un mondo molto composito. Non possiamo ancora

ufficializzare i nomi, lo faremo tra qualche giorno, quando il consiglio li avrà approvati».

Ma lei sente fiducia attorno alla sua persona e al suo operato?

«Assolutamente sì. Sono tranquillo, ho lottato su tutti i fronti portando lo sguardo avanti, verso un mondo, un

settore che già prima della crisi stavano cambiando. Un grosso lavoro che darà i suoi frutti quando si

comincerà ad intravedere la ripresa».

Non c'è mai stato un momento in cui si è detto «ma chi me lo ha fatto fare?»

«Qualche momento di sconforto ce l'ho avuto, ma poi l'ho superato».

Un bilancio di questo suo triennio?

«Ho dovuto affrontare problemi che non si erano mai posti prima, dal dopoguerra a oggi. Sono stati tre anni

duri, intensi, nei quali ho cercato di mettere tutto quello che potevo, perché in una situazione di questo tipo o

si fa il presidente al 100% altrimenti si combina un po' poco».

È quello che ha fatto lei...

«Ho dovuto delegare qualcun altro nella mia azienda per dedicarmi a questo incarico: tempo pieno, quasi tutti

i giorni e stipendio zero. Ovviamente. Ero consapevole delle difficoltà che avrei dovuto affrontare con

un'azione mirata, orientata verso quattro punti cardinali: riqualificazione e recupero dell'esistente, opere di

difese del suolo, infrastrutture e turismo, una grossa fetta dell'economia del futuro».

Un anno fa ha varato il «piano strategico dell'edilizia»; con quali risultati?

«Abbiamo lavorato a 360° su ogni singolo punto, cercando di fare tutto il possibile, ma con qualche

rammarico, come nel caso del patto di stabilità. Nonostante i nostri sforzi, non siamo riusciti a sbloccarlo».

05/04/2014 9Pag. Corriere della Sera - Bergamo(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 35

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Il settore si sta ripensando. In quale chiave?

«La strada che il settore intraprenderà non è più quella dell'edilizia di un tempo: lo stiamo dicendo da tre anni.

La parola d'ordine è riqualificazione, intesa come ristrutturazione degli edifici ma anche come riqualificazione

del territorio, sotto un duplice aspetto: quello delle città come luoghi del vivere e quello della messa in

sicurezza e della difesa del suolo. Parlerei di una riqualificazione dell'ambiente».

A proposito di ristrutturazione: a che punto è quella dei vostri enti?

«La scuola edile e il comitato paritetico territoriale per la sicurezza si fonderanno in un'unica realtà:

formazione e sicurezza diventeranno un tutt'uno, un'integrazione necessaria con indubbi vantaggi; meno

spese, meno burocrazia, più servizi».

La prima cosa che farà nel caso di una riconferma?

«Il punto della situazione e proseguire sulla strada che abbiamo intrapreso. Sia che venga eletto presidente o

che ci sia qualcun altro, il lavoro fatto non va perso.Non possiamo fermarci proprio adesso».

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L'uscenteParlare di edilizia è riduttivo: la parola d'ordine è riqualificazione

Foto: Ottorino Bettineschi presidente Ance

Licenziamenti Dopo il metalmeccanico l'edilizia è il settorepiù colpito dai licenziamenti legati allagrande crisi economica 20%

Lavoratori Gli opera edili il cui futuro è legato a procedure di concordato preventivo: coinvolte ancheaziende storiche 1.500

05/04/2014 9Pag. Corriere della Sera - Bergamo(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 36

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Il commissario Aielli «Abbiamo commesso errori e ritardi ma L'Aquila non è una città morta» Virginia Piccolillo ROMA - «Basta parlare dell'Aquila come una città morta. O la uccidete davvero». Paolo Aielli, dal 2012, è

direttore dell'Ufficio Ricostruzione. E vive malissimo le critiche alla città che non riparte. «Errori e ritardi ci

sono stati - dice - ma il racconto è diverso da quello che si fa in questi giorni. Da quando c'è la mia struttura

abbiamo attivato cantieri per un miliardo di euro. In 15 mesi autorizzato cantieri come nei 4 anni precedenti

(con la filiera della protezione civile e poi della struttura commissariale). Costiamo poco meno di 3 milioni

l'anno. E abbiamo fatto scendere il costo previsto per il recupero del centro storico da 5, 7 a 4 miliardi. Ma il

punto è un altro. Non stiamo solo ricostruendo i palazzi, ma le infrastrutture, compresa quella tecnologica.

L'Aquila sarà una vera "smart city". Rispetto a ciò leggere tutto in chiave di cattivo utilizzo, malversazione e

ritardi significa condannare a morte questa città».

Il punto è che di annunci la città è sfinita. Vorrebbe vedere risultati. Ieri notte c'è stata una fiaccolata, 309

rintocchi di campane per ricordare le 309 vittime rimaste sotto le macerie. A 5 anni dal sisma solo un migliaio

di abitanti del centro storico sono riusciti a tornare nelle loro case e molti non hanno utenze e servizi. «Nella

ex zona rossa - aggiunge Aielli - in effetti abitano in qualche decina. Ma era una scelta. Era vietato

autorizzare la ricostruzione lì, finché non fosse conclusa nelle zone periferiche. Ma 45 su 67 mila terremotati

nel cratere sono rientrati in casa. E poi non c'erano i soldi. I primi sono arrivati nel 2013. Ma servirà un

miliardo l'anno per almeno 3-4 anni. Ne sono stati spesi, per ricostruire, quasi 3 e mezzo». Veramente gli

abitanti lamentano ritardi enormi nel deposito e autorizzazioni dei progetti. «Che imprese e progettisti abbiano

a volte fatto man bassa e ora non siano n grado di portare avanti i progetti - ammette - è vero. Stiamo

intervenendo. Ma date una chance alla nuova l'Aquila».

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Foto: La fiaccolata Un momento della fiaccolata che si è tenuta ieri sera all'Aquila per ricordare i cinque anni

dal terremoto

06/04/2014 20Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 37

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Decreto legislativo sul taglio ai consumi. Stanziati 355 milioni per gli edifici pubblici: per grandi aziende edenergivore scatta l'«audit» Per l'efficienza energetica 800 milioni a imprese e Pa Marzio Bartoloni Alessia Tripodi

Il governo mette sul piatto 800 milioni da qui al 2020 per tentare di iniettare dosi massicce di efficienza

energetica nelle Pa e nelle imprese. Ieri Palazzo Chigi ha licenziato in via preliminare un Dlgs che attua la

direttiva Ue 27/2012 mettendo in pista una serie di misure che puntano a dare corpo all'obiettivo europeo

previsto anche dalla Sen (la Strategia energetica nazionale) di riduzione dei consumi del 20% entro il 2020.

Per le Pa centrali (escluse quindi università, scuole e ospedali) sono previsti contributi a fondo perduto per

355 milioni destinati all'efficienza degli immobili con l'obiettivo di riqualificare il 3% annuo della superficie: da

questo obbligo sono esclusi gli edifici di superficie inferiori a 500 mq (limite che dal 9 luglio 2015 scenderà a

250 mq), quelli vincolati e i luoghi di culto. Il mancato raggiungimento degli obiettivi farà scattare procedure di

infrazione da parte di Bruxelles. Sarà compito dell'Enea monitorare, ogni anno, i dati sui consumi della Pa

con un portale web dedicato.

Per le imprese il percorso verso i risparmi si concretizzerà nell'obbligo per le grandi aziende e per gli

energivori di adottare un audit energetico entro il 5 dicembre 2015 e poi ogni 4 anni (sarà esentato chi segue

già sistemi di gestione Iso 50001 o En Iso 14000). A monitorare il rispetto dell'adempimento sarà un registro

telematico presso l'Enea. Per le Pmi non ci sarà invece nessun obbligo, ma saranno incoraggiate a seguire la

strada dell'efficientamento grazie a cofinanziamenti per 70 milioni. L'obiettivo è raggiungere almeno 10mila

Pmi all'anno con un contributo del 50% (25% a carico dello Stato e un altro 25% delle Regioni) sul costo

dell'audit (in media 3-4mila euro) e dei relativi interventi che porteranno ai risparmi energetici

Altri 350 milioni di euro, poi, sono previsti nel Fondo rotativo del Mise riservato, invece, al sostengo di

progetti per l'efficientamento di edifici residenziali (compresa l'edilizia popolare), realizzati da Esco e imprese.

Particolari condizioni nei finanziamenti e specifiche premialità potranno essere previste per la costruzione di

nuovi edifici a energia quasi zero o nel caso in cui le riqualificazioni prevedano anche la messa in sicurezza

antisismica: questi standard saranno definiti da Sviluppo economico e Ambiente con provvedimenti

successivi. Infine 7 milioni saranno spesi per iniziative di formazione e informazione.

«Un'economia più efficiente sotto il profilo energetico è la chiave di volta per rilanciare la crescita economica

e favorire la creazione di nuovi posti di lavoro», ha spiegato ieri il ministro dello Sviluppo economico Federica

Guidi. Per il ministro dell'Ambiente Galletti gli 800 milioni di dote possono costituire un volano per lo sviluppo

perché innescheranno «lavoro e quindi sviluppo sia nel pubblico che nel privato nell'ambito della Green

economy».

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I punti chiave

01 | RISORSE FINO AL 2020

Previsti355 milioni a fondo perduto per gli immobili Pa e altri 350 milioni per il Fondo rotativo destinato a

Esco e imprese. Altri 70 milioni di cofinanziamento sono destinati all'audit delle Pmi e 7 milioni per formazione

e informazione

02 | OBBLIGHI DELLA PA

Gli immobili delle Pubbliche amministrazioni centrali devono provvedere alla riqualificazione annua del 3%

della superficie; sono esclusi quelli vincolati o inferiori a 500 mq e i luoghi di culto

03 | AUDIT PER LE IMPRESE

Grandi imprese ed energivore devono eseguire una diagnosi energetica sui siti produttivi entro il 5 dicembre

2015 e poi ogni quattro anni. Sono esentate le imprese che hanno adotattato sistemi di gestione conformi alle

norme Iso 50001 o En Iso 14000

05/04/2014 14Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 38

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04 | INCENTIVI PER LE PMI

Per incoraggiare le Pmi a eseguire l'audit energetico sono previsti

cofinanziamenti di 70 milioni (dieci all'anno) per coprire metà del costo

degli interventi previsti

05/04/2014 14Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 39

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BENVENUTI AL SUD Se il Mezzogiorno trasforma le città ritrova lo sviluppo LA RICETTA ANCE E SVIMEZ Stanziamenti orientati sul restyling urbano, driver della ripresa economica esociale e della lotta al degrado Alfonso Ruffo Lo spirito del regno del possibile torna ad aleggiare. Non solo a Napoli, dove il neopresidente

dell'Associazione dei costruttori Francesco Tuccillo ne fa il soffio vitale del suo mandato, ma nell'intero

Meridione con l'ambizione di diventare l'anima della ripresa economica dell'intero Paese. L'impianto teorico

che negli anni Ottanta ispirò l'allora vicepresidente di Confindustria Enzo Giustino - che ebbe la lungimiranza

di indicare nel rifacimento delle città il motore primo dello sviluppo - mostra oggi tutta la sua modernità.

E questo per l'evidente ragione che nessuna attività come quella legata alle costruzioni sia in grado di

mettere in movimento imprese piccole e grandi, studi di progettazione, professionisti e operai con effetto

immediato sul reddito e quindi sul benessere della popolazione che riacquisterebbe una perduta capacità di

spesa. Luoghi più razionali e meglio tenuti possono poi attrarre investimenti e flussi turistici in un circolo

virtuoso di cui da tempo si avverte la mancanza in Italia e in particolare al Sud.

Senza tener conto dell'ondata di novità legata a soluzioni ingegneristiche e architettoniche d'avanguardia,

all'uso di materiali innovativi, all'introduzione di soluzioni cosiddette smart utili a rendere le ampie

aggregazioni di cose e persone facili da usare, rispettose dell'ambiente e anche più economiche con

interessanti ricadute sui risparmi di gestione. Il recupero delle metropoli una volta industriali e oggi devastate

dalla crisi, degradate e spopolate, è diventato in America un ricco e prosperoso business.

A riproporre la tesi con rinnovata intenzione è la Svimez, che all'argomento dedica il suo ultimo numero della

Rivista economica del Mezzogiorno dove si parla di rigenerazione urbana come di "driver", pilota, di una non

più rinviabile inversione di tendenza «assieme e in stretta connessione con logistica, infrastrutture, energie

rinnovabili». Il tutto in una «logica industriale che si applichi a gestire i progetti con approccio di sistema» e

che «punti innanzitutto sul settore manifatturiero».

La questione urbana occupa dunque con prepotenza il centro dell'interesse scientifico in attesa che

istituzioni e organizzazioni rappresentative siano in grado di trasformare gli impulsi in fatti. Le fabbriche del

presente e del futuro, luoghi dove si affinano le conoscenze e si crea nuova occupazione, sono intorno a noi

e incidono pesantemente sulla nostra qualità della vita. Mettere a posto l'immenso patrimonio che abbiamo

ereditato, e nella maggior parte dei casi lasciato deperire, diventa l'obiettivo per i prossimi anni.

Se la questione meridionale si può identificare con la questione urbana, e Svimez tiene a ricordare come

questa intuizione venga da lontano, una nuova urgenza è ora dettata dalla riforma che cancella le province e

crea le aree metropolitane dalle quali ci si aspetta un ordine rinnovato e una ritrova capacità d'impulso verso

tutte le attività - politiche, amministrative, imprenditoriali - da impegnare in una straordinaria lotta al degrado

che verosimilmente non è solo fisico ma anche e soprattutto sociale.

Ne sa qualcosa il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, che in audizione alla Camera racconta

come il Porto di Gioia Tauro sia diventato lo snodo principale del traffico di cocaina e il livello del malaffare si

stia pericolosamente sollevando nel Paese mentre il procuratore antimafia di Reggio Calabria, Federico

Cafiero de Raho, ammonisce sulla possibilità di una ripresa della lotta armata contro lo Stato che non può

che alimentarsi della disperazione diffusa dovuta alla mancanza di lavoro.

Ripensare le città, ristrutturarle, rigenerarle, riempirle di nuove funzioni e intelligenze, trasformarle in luoghi

belli, sicuri, invitanti è la sfida che attende l'utilizzo della prossima ondata di fondi europei che sulla

riqualificazione urbana e sulla bonifica dei territori circostanti, altra piaga da curare, scommettono molti

quattrini. A impedire che anche questa occasione si trasformi nell'arricchimento di pochi indesiderati dovrà

vigilare l'Autorità anticorruzione affidata al magistrato anticamorra Raffaele Cantone.

06/04/2014 7Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 40

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Oltre l'acciaio. Progetto di Confindustria per rilanciare città vecchia e arsenale Opportunità dagli asset storici Domenico Palmiotti TARANTO

Taranto prova a rilanciare i suoi "asset" storici per costruire un'altra economia oltre l'acciaio. Città vecchia,

l'isola antica sul mare, e arsenale della Marina militare, costruito oltre cent'anni fa, sono i punti di partenza.

Sulla città vecchia, Ance e Confindustria Taranto hanno messo in campo ieri il loro progetto dopo averne già

parlato in un convegno l'8 febbraio scorso. La linea che lo ispira, sottolinea Alessandro Laterza,

vicepresidente di Confindustria, «riconosce sia l'enorme valore della cultura sia la possibilità concreta che

questa generi sviluppo. Taranto, in questo senso, ha tutte le potenzialità, se pensiamo anche al Museo

archeologico nazionale. Il che non significa tralasciare l'Ilva e i suoi problemi industriali o ambientali, ma

pensare anche ad altro».

La proposta di Ance e Confindustria, partendo dal fatto che nella città vecchia oggi prevale il patrimonio

pubblico e che si possono mobilitare, per gli interventi, più risorse private che pubbliche, prevede «l'istituzione

di un fondo immobiliare che raccolga, recuperi e metta a reddito il patrimonio detenuto da Comune, Demanio,

Iacp, Curia e privati». In alternativa si indica una fondazione partecipata dai soggetti pubblici e privati

detentori del patrimonio immobiliare individuato per il rilancio e dagli investitori istituzionali interessati. Va poi

messo a punto, notano Ance e Confindustria, «un piano di fattibilità complessivo che, partendo da

un'accurata valutazione immobiliare, sviluppi un quadro delle destinazioni e funzioni da assegnare ai diversi

asset al fine di prefigurare le prospettive di redditività dell'iniziativa».

Per l'arsenale, invece, la Marina si apre ai privati per sfruttare le potenzialità degli impianti sinora usati solo

per la manutenzione delle navi militari. E così, per due settimane, in uno dei bacini esistenti, gli addetti diretti

e dell'indotto stanno effettuando lavori di carenamento, carpenteria, congegnatoria e motori alla petroliera

"Solaria", ottenendo in cambio controprestazioni per il sito militare (fornitura di materiale elettrico). La permuta

e l'affidamento della gestione dei bacini a società private e a consorzi saranno strumenti da utilizzare sempre

più in futuro - spiega la Marina - di riflesso alla spending rewiew e alla riorganizzazione della flotta.

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Lotta all'evasione I nodi della cedolare affitti Dell'Oste, Lungarella e Uva u pagina 2 A CURA DI

Cristiano Dell'Oste

Valeria Uva

La Corte costituzionale non ha messo l'ultima parola sulle sanzioni contro gli affitti in nero. I giudici della

Consulta - con la sentenza 50/2014 di tre settimane fa - hanno cancellato la possibilità per l'inquilino di

denunciare il proprietario ottenendo in cambio un affitto a canone iper-scontato per quattro anni rinnovabili di

altri quattro. Ma ora si apre una doppia incognita. Per il passato, cosa fare con i contratti registrati a partire da

giugno 2011 in base alla norma bocciata dalla Corte? E poi, per il futuro, come fare a non disperdere i primi

risultati sul fronte della lotta agli affitti in nero?

Il dossier è già stato aperto dal ministero delle Infrastrutture, che nei giorni scorsi ha incontrato i sindacati

degli inquilini e le associazioni della proprietà edilizia. La soluzione, però, è ancora allo studio, anche perché -

al momento - non si sa neppure quanti siano gli inquilini che stanno beneficiando del canone ridotto,

parametrato sul triplo della rendita catastale su base annua: importo che in genere è inferiore del 70-80% ai

valori di mercato. Il Sunia ha seguito un migliaio di contratti, mentre il Sicet ne ha registrati circa 700. Ma non

è detto che tutti gli inquilini si siano rivolti a un sindacato.

Il rischio del contenzioso

Per i conduttori che hanno denunciato le ricadute potrebbero essere pesanti e anche veloci: «Stanno già

arrivando lettere in cui si chiede di reintegrare i canoni», avverte Aldo Rossi, segretario generale Sunia.

Questo sindacato inquilini sta avviando dei tentativi di mediazione, per esempio a La Spezia.

Le conseguenze più gravi potrebbero arrivare per gli inquilini che non avevano un contratto scritto.

«Potrebbero essere citati in giudizio per occupazione abusiva - ipotizza il segretario nazionale Sicet, Giorgio

Piran - e vedersi arrivare una sentenza di sfratto, nel giro di due o tre mesi se non si fa opposizione». Non

solo: il Sicet teme anche la nuova norma del decreto casa che consente di staccare le utenze proprio a chi

occupa abusivamente.

L'incrocio con la cedolare

Quando si parla delle sanzioni contro gli affitti in nero, non bisogna sottovalutare l'effetto deterrenza,

abbinato allo sconto fiscale costituito dalla cedolare secca. Insomma, il grosso dell'emersione di locazioni

irregolari potrebbe essere avvenuto senza neppure bisogno di applicare le sanzioni.

Nel 2012 la cedolare secca ha fatto incassare allo Stato 1,2 miliardi di euro. Certamente le entrate sarebbero

state più alte se gli stessi canoni fossero stati tassati con l'Irpef, le addizionali e l'imposta di registro. Ma

basterebbe una quota di emersione del 20% per ridurre la perdita dell'Erario a poco più di 400 milioni. E con

un'emersione del 40% il conto sarebbe praticamente in pari.

Non ci sono elementi certi, ma le ultime statistiche fiscali dimostrano che nel 2012 sono cresciuti sia i redditi

di fabbricati sottoposti alla tassazione ordinaria sia i canoni soggetti alla cedolare. Inoltre, secondo i dati delle

Finanze elaborati da Confedilizia, nel 2012 il numero dei contratti di locazione abitativa registrati è cresciuto

del 15 per cento.

Il gioco, dunque, per le casse pubbliche potrebbe avere somma positiva (o almeno non troppo negativa). Ma

il successo dell'operazione - come ricordato in passato dal direttore delle Entrate, Attilio Befera - si gioca sui

tempi lunghi. Sarà decisivo, allora, definire un quadro di regole chiaro e compatibile con i princìpi dettati dalla

Consulta, che sembrano vietare di punire il proprietario imponendogli l'inquilino, il canone e la durata del

contratto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA GLI EFFETTI PER LO STATO Emersione del 80% Emersione del 60%

Emersione del 40% Emersione del 20% Emersione del 10% Gettito Mln euro LE SCELTE DEI

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PROPRIETARI FASCE DI REDDITO CONTRIBUENTI VAR. IMPOSTA 2011 2012 In euro 30.988 154.071

79.343 275.210 183.395 74.226 56.583 85.774 68.137 24.467 20.857 +147% +94% +50% +31% +26%

+17% FINO A 15MILA DA 15.001 A 29MILA DA 29.001 A 55MILA DA 55.001 A 75MILA DA 75.001 A

150MILA OLTRE 150MILA 76.401

I RIFLESSI PER L'ERARIO E PER I PROPRIETARI Il grafico a destra misura gli effetti per le casse

pubbliche indotti dall'applicazione della cedolare secca: il primo valore indica il gettito della cedolare per lo

Stato; quelli seguenti indicano l'effetto complessivo per il bilancio pubblico in base a diversi scenari

(ipotizzando, per esempio, che il 10% dell'imponibile sottoposto alla cedolare sia in realtà "emerso" dal nero).

Il grafico a sinistra indica l'aumento dei contribuenti che hanno scelto la cedolare tra il 2011 e il 2012 per i

contratti a canone libero

07/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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INTERVISTA Sforza Fogliani Confedilizia «Il mercato riparte solo tagliando l'Imu» «Una riduzione dell'Imu sugli immobili locati potrebbe dare uno shock per la ripresa del mercato degli affitti:

ora speriamo che venga inserita nella conversione del decreto casa, sfruttando la copertura finanziaria che

può arrivare dalla Tasi, il cui gettito è stato largamente sottostimato». Corrado Sforza Fogliani, presidente di

Confedilizia, non abbandona l'ipotesi di un'aliquota Imu allo 0,4% sulle case affittate, che alla fine non ha

trovato spazio nel Dl 47/2014.

Nelle prossime settimane potrebbe arrivare anche un intervento per sciogliere i nodi creati dalla Consulta

con la sentenza che ha bocciato la possibilità per l'inquilino di denunciare il proprietario che affitta in nero.

La sentenza ripristina la certezza del diritto e il principio di proporzionalità delle sanzioni. Prima bastava un

giorno di ritardo nella registrazione per far scattare otto anni di canone iper-scontato. Detto questo, non siamo

contrari alle misure contro il sommerso: proponiamo di sostituire le sanzioni bocciate dalla Corte con una

sanzione amministrativa proporzionata alla durata del rapporto irregolare.

Gli ultimi dati delle Finanze, intanto, sembrano dimostrare una certa emersione di affitti in nero. Merito delle

super-sanzioni o della cedolare secca?

Noi abbiamo sostenuto fin dall'inizio che la cedolare avrebbe permesso di recuperare affitti irregolari. I

contratti in cedolare sono gli unici che oggi vengono stipulati: la nostra sensazione è che i primi erano tutti

contratti di emersione perché erano tutti "nuovi". Poi sono arrivate le opzioni sui contratti in corso e ora si

aggiungerà chi vuole approfittare dell'aliquota al 10% sui canoni concordati.

Non è il caso, allora, di rilanciare il canale concordato con una riscrittura degli accordi locali?

I contratti agevolati sono usati dove le associazioni di proprietari e inquilini hanno fatto accordi equilibrati, e i

decreti ministeriali, nel corso degli anni, ne hanno esteso l'utilizzo sul territorio, adeguando anche i canoni. Se

mai, bisognerebbe intervenire in alcuni grandi centri dove il meccanismo non funziona.

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Foto: Corrado Sforza Fogliani

07/04/2014 2Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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NON PROFIT Festival di Lucca. Associazioni più forti a dispetto della crisi Il volontariato cresce e preme per le riforme I NUMERI DEL SETTORE La sostenibilità economica e finanziaria non risulta compromessa, mentre sale ilmonte ore annuale assicurato dagli aderenti Elio Silva È un volontariato in buona salute e con rinnovate ambizioni di protagonismo quello che si presenta

all'appuntamento del Festival nazionale di Lucca, kermesse di riferimento dell'associazionismo italiano, in

programma quest'anno da giovedì 10 a domenica 13, con un fitto calendario di eventi e con l'annunciata

presenza, tra gli altri, del premier Matteo Renzi.

«Il volontariato è rimasto troppo spesso chiuso in se stesso - spiega Edoardo Patriarca, presidente del Cnv,

Centro nazionale per il volontariato, promotore della manifestazione -, ma ora siamo convinti di essere riusciti

a sfondare il muro che circonda l'associazionismo e siamo pronti a liberare le energie che questo mondo

esprime per metterle al servizio del Paese».

Lo sguardo retrospettivo sul triennio alle nostre spalle non legittimerebbe alcun particolare ottimismo ma, in

realtà, a dispetto della crisi l'asse portante dell'associazionismo ha retto bene (a riprova anche del forte valore

aggiunto rappresentato dagli asset valoriali) e la sostenibilità economica non risulta compromessa, mentre la

capacità di far decollare nuovi progetti, pur lontana dai massimi storici, resta elevata, dato che riguarda circa

la metà delle organizzazioni.

A fare luce sullo stato di salute del volontariato è in particolare una ricerca, condotta su scala nazionale dalla

Fondazione volontariato e partecipazione (Fvp), che sarà ufficialmente presentata al Festival di Lucca, ma

che Il Sole 24 Ore del lunedì è in grado di anticipare in sintesi. Il 56% dei presidenti intervistati (il campione è

ampio, prossimo alle 2mila unità) giudica stabile ed equilibrata la struttura economico-patrimoniale della

propria associazione. Solo il 14% dichiara una condizione di difficoltà, mentre il 29% segnala addirittura un

miglioramento rispetto alla rilevazione precedente, riferita al 2011. La base soci è stabile in poco più della

metà delle organizzazioni (51,5%) ed è in crescita in una su tre (33,4%). Anche il monte ore speso dai

volontari nelle rispettive associazioni è stabile (60% dei casi) o in aumento (29,5%).

«I dati dimostrano - commenta il presidente della Fondazione volontariato e partecipazione, Alessandro

Bianchini - come il volontariato italiano sia un fenomeno maturo e consolidato. Dal punto di vista delle risorse

prosegue una tendenza che osserviamo da anni: lo stato di salute economica delle associazioni presenta una

sostanziale tenuta, anche per la persistente capacità di fare affidamento su risorse proprie, differenziando le

fonti di entrata. Ma osserviamo anche che le associazioni operanti in alcuni settori, soprattutto la protezione

civile, hanno maggiori difficoltà. Influisce sicuramente anche la crescente pressione del pubblico a cui sono

sottoposte». Quanto all'impatto della crisi sul volontariato, Bianchini sottolinea alcuni tratti di rilievo. «Da una

parte, ci sorprende positivamente che la partecipazione di soci e volontari tenga e, anzi, faccia passi in

avanti. D'altro lato, se si conferma cruciale la collaborazione con gli enti locali, emerge ancora una certa

difficoltà a fare rete da parte del volontariato, che ha però bisogno di raggiungere una massa critica per

rispondere in modo coordinato ai nuovi bisogni in crescita».

Questi sono solo alcuni dei punti-chiave che il Festival di Lucca sarà chiamato ad affrontare. Con una sfida:

riuscire a convincere i decisori politici della necessità di accelerare le riforme per il Terzo settore.

«Stabilizzazione del 5 per mille, impresa sociale, servizio civile e fiscalità delle donazioni sono le nostre

priorità», riassume Patriarca. La prossima settimana sarà già tempo di verificare se questi obiettivi avranno

trovato spazio nell'affollata agenda parlamentare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA 62,0 33,5 2,0 2,5 Riesce ad affrontare le spese correnti Riesce ad

affrontare spese correnti ma con difficoltà Non riesce ad affrontare spese correnti Non sa/ non risponde

Fonte: Fvp e Cnv, aprile 2014 Sostenibilità delle spese correnti delle Associazioni SOSTENIBILITÀ

ASSICURATA Valori in percentuale 2013 2011 Non hanno avviato nuovi progetti nell'ultimo anno 51,7 40,2

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Hanno avviato nuovi progetti nell'ultimo anno 48,0 59,2 Non sa/Non risponde 0,3 0,6 Le risorse interne sono

state sufficienti per avviare i nuovi progetti 64,0 49,1 Fonte: Fvp e Cnv, aprile 2014 Percentuale di

Associazioni che hanno avviato nuovi progetti in risposta a bisogni territoriali e percentuale di OdV dotate di

autonomia finanziaria per lo start-up IPROGETTINONSI FERMANO

07/04/2014 14Pag. Il Sole 24 Ore - Risparmio e famiglia(diffusione:334076, tiratura:405061)

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I FINANZIAMENTI DIRETTI Gli assist della Ue per lo sviluppo Da Horizon 2020 e Cosme contributi a fondo perduto: coprono dal 50 al 100% dei progetti Enrico Brivio Al di là dei fondi strutturali accessibili a livello regionale e nazionale, vi sono finanziamenti diretti per le

aziende messi a disposizione dall'Unione europea. E questa guida illustra le opportunità accessibili, in

particolare per le Pmi, attraverso programmi come Horizon 2020 (o Orizzonte 2020) e Cosme gestiti

direttamente da Bruxelles.

Si tratta del fulcro delle iniziative comunitarie per riattivare la crescita, stimolare l'innovazione e migliorare la

competitività delle aziende europee quest'anno e nei prossimi sei anni, ovvero nel periodo di

programmazione 2014-2020. Orizzonte 2020 è il nuovo programma per la ricerca e l'innovazione (erede del

Settimo programma quadro per la ricerca 2007-2013), gode di una copertura di bilancio di 79 miliardi e

prevede di destinare il 15% alle Pmi, introducendo anche la possibilità di accedere da sole - e non più solo in

partnership come in passato - al finanziamento di progetti innovativi in linea con gli obiettivi comunitari. Sta

andando ai blocchi di partenza anche il nuovo programma Cosme, che prevede di rendere accessibili nuovi

strumenti finanziari per 2,3 miliardi alle Pmi per promuoverne la competitività.

Tutti i finanziamenti diretti sono accessibili attraverso inviti a presentare progetti e gare d'appalto. Per la

presentazione di un progetto è fondamentale: effettuare un'analisi delle misure ammissibili al finanziamento e

delle relative priorità indicate nel bando; sottolineare la dimensione europea, il carattere innovativo e

transnazionale del progetto; rispettare i criteri formali per la presentazione della proposta, preparare una

scheda riassuntiva in lingua inglese; rispettare orari e scadenze indicate nel bando.

Anche se si è aperta la porta a programmi aziendali individuali, in molti casi resta premiata la componente

transnazionale dei progetti, ovvero la capacità di aggregare consorzi di imprese ed enti di ricerca di diversi

Paesi.

Altri fattori importanti nella valutazione dei progetti da parte di Bruxelles sono il potenziale di innovazione e il

valore aggiunto europeo della proposta.

Un ruolo chiave va al coordinatore del progetto o capofila, che è l'unico soggetto legalmente e

finanziariamente responsabile del progetto nei confronti della Commissione europea. Il coordinatore si

occupa di gestire le operazioni finanziarie, ricevendo il contributo finanziario da Bruxelles e assicurandone la

distribuzione a ciascun partecipante; inoltre deve produrre relazioni e rapporti sullo stato d'avanzamento del

progetto, includendo i dati forniti dai partner e tenendo i registri contabili aggiornati per garantire la

rendicontazione di tutte le spese, le entrate e gli introiti del progetto.

I contributi europei vengono accordati sempre a fondo perduto e coprono percentuali che vanno dal 50 al

100% del progetto e i massimali di finanziamento sono generalmente riportati negli inviti a presentare

proposte. La parte del budget non coperta dal sostegno comunitario deve poi essere necessariamente co-

finanziata dai partner dello stesso progetto.

La proposta va pianificata in modo che un'eventuale diminuzione del contributo europeo non metta a

repentaglio la realizzazione dell'intero progetto ed è importante effettuare stime dei costi il più possibile

corrette. Bisogna infatti tenere presente che se le spese preventive risultano più alte, Bruxelles non prevede

una maggiorazione degli stanziamenti, mentre se le spese preventivate risultano più basse il contributo viene

diminuito proporzionalmente.

Le modalità di erogazione del finanziamento sono suddivise abitualmente in tre tranche: un anticipo per inizio

lavori (dal 30 al 70%) che solitamente si ottiene entro 30 giorni dalla firma del contratto; un versamento a

metà progetto (attorno al 20%) dopo la presentazione di un rapporto intermedio composto da un report

tecnico e una rendicontazione delle spese; un saldo a fine progetto, dietro presentazione del report tecnico e

della rendicontazione finale.

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14,2 miliardi Cosme e Horizon 2020

Risorse complessive destinate alle Pmi dai due programmi

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IL NODO DELLE RISORSE Canali alternativi per i flussi di cassa M. A. C. Le scarse risorse pubbliche rendono necessario mobilitare altre fonti di finanziamento, affinché il bilancio

della Ue abbia quella marcia in più rispetto ai finanziamenti diretti. È l'obiettivo di strumenti finanziari quali

prestiti, garanzie, partecipazioni e altri strumenti di condivisione dei rischi, ai quali il bilancio 2014-2020 farà

più ampiamente appello, in collaborazione con la Bei, con il Fondo europeo per gli investimenti (Fei) e con le

banche promotrici nazionali. Scopo di questi strumenti è sopperire all'incapacità del mercato di mettere a

disposizione fondi per le Pmi, i progetti di ricerca e sviluppo, l'efficienza energetica e le infrastrutture di base.

La nuova iniziativa Pmi della Commissione sosterrà i prestiti bancari alle Pmi negli Stati membri colpiti dalla

crisi finanziaria avvalendosi di garanzie parziali sui prestiti e strumenti di cartolarizzazione. Un altro esempio

di soluzione innovativa è l'iniziativa "Prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti": questo canale di

finanziamento, alternativo alle banche, permetterà di finanziare grandi progetti infrastrutturali facendo appello

a investitori istituzionali, quali fondi pensione e assicurazioni, alla ricerca di flussi di cassa stabili e di lungo

termine evitando forme tradizionali di finanziamento come i prestiti bancari.

Una serie di programmi si avvarranno di questi strumenti finanziari: Cosme (finanziamento delle Pmi),

Orizzonte 2020 (ricerca e innovazione), Erasmus+ (per il meccanismo di garanzia sui prestiti) e il

Meccanismo per collegare l'Europa (infrastrutture).

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IL FOCUS Sostegni a chi si aggrega in team Maria Adele Cerizza I "finanziamenti diretti" emanati, gestiti e controllati direttamente dalla Commissione europea di Bruxelles,

sono conosciuti anche come "programmi comunitari" attraverso i loro acronimi (come Horizon 2020, Cosme)

e sono destinati a finanziare progetti riguardanti diversi settori (ricerca e sviluppo tecnologico, innovazione e

altri ancora).

I finanziamenti diretti non sono da considerarsi "residuali", ossia avanzi dei Fondi strutturali, ma vere

potenzialità create a sostegno delle varie politiche comunitarie che se sfruttate a pieno possono, da un lato,

far raggiungere vantaggi economici e, dall'altro, notevoli incrementi delle conoscenze.

La loro natura non prevede la possibilità di realizzare investimenti in opere a carattere strutturale (se non in

casi specifici e importi limitati) o in attività a livello nazionale o locale le quali ricadono in gran parte nelle

competenze dei fondi strutturali.

Permette invece - attraverso la costituzione di partenariati tra enti, imprese e associazioni, sia pubblici che

privati in Stati membri diversi - di attuare progetti di elevato interesse innovativo, incentivando la

collaborazione e coordinando gli sforzi sulla base del principio della sussidiarietà.

Tutti i "programmi comunitari in via diretta" erogano le proprie risorse mediante due modalità: la prima

modalità (call for proposal) prevede che il progetto debba essere presentato mediante un partenariato

(almeno tre partner provenienti da diversi Stati membri) e seguendo una serie di linee guida molto precise a

complesse. La seconda modalità (call for tender) prevede l'assegnazione dei budget a conclusione di una

gara d'appalto.

Le piccole e medie imprese sono tra i soggetti che a pieno titolo possono presentare progetti per ottenere

"finanziamenti diretti" alla Commissione di Bruxelles . I contributi vengono accordati sempre a fondo perduto

e coprono percentuali che in media sono pari al 50% del costo del progetto. I massimali di finanziamento

sono generalmente riportati negli inviti a presentare proposte. La parte del budget non coperta dal sostegno

Ue deve necessariamente essere cofinanziata dai partner del progetto stesso.

Per partecipare alle opportunità offerte dalla Ue è necessario: in primo luogo, conoscere e informarsi sui

programmi e sulle misure adottate e su tutti gli aspetti legati alla concessione dei contributi comunitari; in

secondo luogo, individuare gli inviti o i bandi (call for proposal o call for tender) che la Commissione europea

rende pubblici per qualsiasi suo intervento finanziario.

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LE DUE TIPOLOGIE

Due le modalità tramite cui i "programmi comunitari in via diretta" erogano le risorse

Call for proposal

Il progetto deve essere presentato mediante un partenariato (almeno tre partner provenienti da diversi Stati

membri) e seguendo una serie di linee guida molto precise a complesse

Call for tender

Prevede l'assegnazione dei budget a conclusione di una gara d'appalto

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 51

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I PROGRAMMI/1|HORIZON 2020 Un piano proiettato nel futuro Rafforzata la dote per l'innovazione tecnologica e la riduzione del gap con il mercato EVOLUZIONE Lostrumento oggi prevede un unico sistema di regole, minore burocrazia e sostegno costante dall'idea allacommercializzazione PAGINA A CURA DI

Maria Adele Cerizza

Orizzonte 2020 è il nuovo programma per la ricerca e l'innovazione, gode di una copertura di bilancio di 79

miliardi (circa il 30% in più in termini reali rispetto al quadro attuale) e occupa indiscutibilmente un posto

centrale nella strategia dell'Unione europea per il rilancio della crescita e dell'occupazione.

I ricercatori e le imprese di tutta l'Europa potranno contare su un sostegno notevolmente rafforzato e

semplificato. Orizzonte 2020 darà impulso a centri di eccellenza della ricerca in Europa, come il Consiglio

europeo della ricerca; rafforzerà la leadership industriale nel campo dell'innovazione, anche con investimenti

in tecnologie fondamentali; estenderà l'accesso al capitale e il sostegno delle Pmi; contribuirà ad affrontare

grandi sfide sociali quali i cambiamenti climatici, a sviluppare i trasporti e la mobilità sostenibili, a rendere

meno care le energie rinnovabili, a garantire alimenti più sicuri e ad affrontare i problemi legati

all'invecchiamento demografico.

Ma, ancor più importante, Orizzonte 2020 contribuirà a colmare il divario tra ricerca e mercato, aiutando le

imprese innovative a trasformare le loro scoperte tecnologiche in prodotti che abbiano un reale potenziale

commerciale.

Nel periodo 2014-2020 l'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (Eit) riceverà 2,7 miliardi per rafforzare il

legame tra insegnamento superiore, ricerca e imprese, per sostenere la creazione di nuove imprese e per

creare opportunità di formazione specializzata post-laurea.

Orizzonte 2020 riunisce e rafforza le attività attualmente finanziate nell'ambito del Settimo programma

quadro di Ricerca e sviluppo tecnologico (7PQ) e le sezioni che riguardano l'innovazione contenute nel

Programma Competitività e innovazione (Cip), entrambi in via di esaurimento. Ma quali sono i nuovi elementi

che lo rendono adatto a promuovere la crescita e ad affrontare le sfide della società con più efficacia?

1) Una maggiore semplificazione attraverso un unico insieme di regole, minore burocrazia grazie a un

modello di rimborso delle spese facile da utilizzare, uno sportello unico per i partecipanti, minori

documentazioni richieste per la preparazione delle proposte, minori controlli e verifiche, con l'obiettivo

generale di ridurre di 100 giorni il tempo medio necessario per ottenere una sovvenzione.

2) Un approccio inclusivo aperto ai nuovi partecipanti, anche a coloro con idee poco convenzionali, per

garantire che ricercatori e innovatori eccellenti di tutta Europa e di altri Paesi possano partecipare

effettivamente.

3) L'integrazione della ricerca e dell'innovazione grazie a un'offerta di finanziamenti coerenti, senza soluzione

di continuità, dall'idea alla commercializzazione.

4) Maggiore sostegno all'innovazione e alle attività pre-commerciali, per offrire uno stimolo economico

diretto.

5) Un forte accento posto sulla creazione di opportunità commerciali a partire dalle risposte alle grandi

preoccupazioni condivise dai cittadini europei e di altri Paesi, ossia le "sfide della società".

6) Maggiori possibilità per i nuovi partecipanti e per gli scienziati giovani e promettenti di proporre le loro idee

e ottenere finanziamenti.

7) Un unico tasso di rimborso per tutti i partecipanti e tutte le attività nell'ambito di uno stesso progetto;

somme forfettarie, premi e finanziamenti basati sui prodotti, per settori specifici in cui tali approcci si sono

rivelati adeguati.

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 52

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Orizzonte 2020 prevede di dedicare alle piccole e medie imprese il 15% circa della dotazione finanziaria

complessiva per le sfide della società e le tecnologie abilitanti e industriali. Diverse novità nell'ambito di

Orizzonte 2020 incentiveranno la partecipazione delle Pmi.

La semplificazione sarà particolarmente vantaggiosa per le Pmi (poiché tali imprese spesso non dispongono

delle risorse necessarie per far fronte a elevati oneri amministrativi) attraverso, ad esempio, l'allestimento di

uno sportello unico loro dedicato. Allo stesso tempo, porre l'accento sulle attività di innovazione aumenterà la

partecipazione delle Pmi.

Innanzitutto il nuovo "strumento per le Pmi", ispirato al modello Sbir (Small business innovation research,

http://www.sbir.gov), i cui princìpi sono descritti in "Innovazione nelle Pmi", sarà impiegato in modo coerente

per tutte le sfide della società e per le tecnologie abilitanti e industriali.

Questo strumento, che consentirà alle Pmi di presentare le proprie idee più innovative per far fronte alle sfide

a livello Ue, andrà incontro ai bisogni di tutte le Pmi, fornendo soluzioni innovative a sfide specifiche, siano

esse innovazioni di alta tecnologia e derivate dalla ricerca o innovazioni di ordine sociale e derivate da

esigenze di servizi. Solo le Pmi potranno candidarsi ai finanziamenti.

Le Pmi potranno portare con sé altri partner, ma la grande novità è che da oggi è possibile presentare

progetti che abbiano un unico partecipante; il sostegno sarà fornito in step diversi. Una fase di fattibilità

consentirà di valutare il potenziale del progetto.

Una sovvenzione principale consentirà alla Pmi di intraprendere il progetto, affidando - ove necessario -

compiti a soggetti esterni. Un sostegno successivo sarà fornito indirettamente mediante servizi quali aiuti per

avere accesso ai capitali di rischio, sostegno all'innovazione o in materia di appalti pubblici.

In secondo luogo, "Innovazione nelle Pmi" - che comprende un'attività specifica per le Pmi ad alta intensità di

ricerca - sosterrà la prossima fase del programma Eurostars, attuato in associazione con gli Stati membri.

Tale attività sarà accompagnata da misure volte a incrementare la capacità di innovazione delle Pmi, quali il

collegamento in rete e l'intermediazione, e consentirà alle Pmi di introdurre novità tecnologiche nelle loro

attività attraverso contatti con ricercatori e innovatori in tutta Europa.

In terzo luogo, "Accesso ai finanziamenti con capitale di rischio" avrà un forte indirizzo a favore delle piccole

e medie imprese, come auspicato dal Consiglio europeo.

Per quanto riguarda la Debt facility (dispositivo per la concessione di crediti), l'indirizzo a favore delle Pmi

sarà rafforzato con l'aiuto di intermediari finanziari a livello nazionale e regionale.

La Equity facility (dispositivo per l'acquisizione di equity) s'incentrerà sugli investimenti nelle fasi iniziali, pur

con la possibilità di effettuare investimenti anche nelle fasi di espansione e di crescita in abbinata con l'Equity

facility del programma per la competitività di imprese e Pmi.

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Gli inviti del 2014

Date di scadenza per la presentazione delle proposte

818 giugno

824 settembre

817 dicembre 2014

Budget disponibile

825.102.000 euro

Identificativo dell'invito

8H2020-SMEINST-1-2014

FASE 1 - 2014

Date di scadenza per la presentazione delle proposte

89 ottobre

817 dicembre 2014

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 53

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Budget disponibile

8220.897.600 euro

Identificativo dell'invito:

8H2020-SMEINST-2-2014

FASE 2 - 2014

Gli inviti riguardano le seguenti tematiche (tra parentesi l'identificativo dell'invito)

8Spazio: strumento Pmi (Space-SME-2014 -)

8Itc - Open Disruptive Innovation Scheme migliorato attraverso lo strumento per le Pmi

(ICT-37-2014)

8Accelerazione dell'adozione delle nanotecnologie, dei materiali avanzati

(NMP-25-2014)

8Validazione clinica delle biomarcatori e/o dispositivi medici diagnostici (PHC-12-2014)

8Produzione e trasformazione alimentare eco-innovativa ed efficiente

(SFS-08-2014)

8Supporto agli sforzi delle Pmi per lo sviluppo, la distribuzione e la risposta del mercato di soluzioni

innovative per la crescita blu

(BG-12-2014)

8Stimolare la potenziale innovazione delle Pmi per un sistema energetico a basse emissioni

(SIE-01-2014)

8Small business innovation research per il trasporto (IT-1-2014)

8Aumentare il potenziale delle piccole imprese per l'eco-innovazione e un approvvigionamento sostenibile di

materie prime

(SC5-20-2014)

8Tema 7 di protezione delle infrastrutture critiche "Protection of Urban soft targets and urban critical

infrastructures"

(DRS-17-2014)

8 Amplificazione dei processi industriali delle Pmi basate sulle biotecnologie verso la competitività e la

sostenibilità

(BIOTEC-5a-2014)

LE TEMATICHE

PER SAPERNE DI PIÙ Gestione e assegnazione in sintesi 1. Le risorse sono erogate e gestite direttamente

dalla Commissione europea tramite gli apparati amministrativi, le Direzioni generali , apposite Agenzie

esecutive o Autorità responsabili.

I massimali dei finanziamenti sono riportati negli inviti.

Le procedure di selezione, assegnazione, controllo e audit sono gestite dalla Ue e il trasferimento dei fondi

avviene, senza ulteriori passaggi, dalla Ue ai beneficiari

I siti internet per trovare le informazioni 2. I testi degli inviti a presentare progetti si possono consultare sui siti: http://ec.europa.eu/research (Orizzonte

2020); http://ec.europa.eu/enterprise(Cosme). I link agli intermediari finanziari di Bei e Fei sono:

http://www.eib.org

Altre fonti di informazioni utili: Commissione Ue su Pmi http://ec.europa.eu/enterprise; Fare Business in

Europa http://europa.eu/youreurope/business;

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 54

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finanziamenti Ue per Pmi http://www.access2finance.eu/

Un network per trovare i partner in Europa 3. Per le Pmi che intendano accedere ai finanziamenti diretti della Ue è spesso indispensabile stringere

partnership con imprese straniere e presentare progetti comuni. Per favorire le alleanze internazionali è

possibile consultare la rete Enterprise Europe Network (Een). Sul sito del Sole 24 Ore un articolo di Enrico

Brivio spiega come funziona Een e si può consultare l'elenco (con i relativi indirizzi internet) dei consorzi che

in Italia offrono i servizi Een. http://24o.it/network-europeo

07/04/2014 17Pag. Il Sole 24 Ore - Le guide del sole(diffusione:334076, tiratura:405061)

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Mercato. Finanziamenti al residenziale Sostegno anche ai costruttori con i covered bond LA PROVVISTA A disposizione ci sono tre miliardi di euro per rilevare obbligazioni garantite su portafogli diprestiti per nuovi edifici La Cassa depositi e prestiti ha effettuato i primi quattro acquisti di covered bond emessi dagli istituti bancari

per finanziare nuovi mutui fondiari. Queste operazioni sono diventate possibili con l'emanazione del decreto

legge agosto 2013, n. 102 (legge conversione 204/2013), che oltre ad occuparsi di Imu e fiscalità immobiliare

contiene anche misure relative alle politiche abitative.

L'articolo 6 di quel decreto ha disciplinato anche l'intervento della Cassa depositi e prestiti per allentare il

credit crunch, sperando così di allentare il freno che tiene fermo il mercato della casa. La Cassa oltre a

costituire un plafond casa (si veda l'articolo a fianco), con cui fare provvista alle banche per la concessione di

mutui alle famiglie, è stata anche autorizzata ad «acquistare obbligazioni bancarie garantite emesse a fronte

di portafogli di mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali e/o titoli emessi ...nell'ambito di operazioni di

cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti derivanti da mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali».

Per realizzare queste operazioni la Cassa ha messo a disposizione tre miliardi di euro. Con questa nuova

liquidità il sostegno alla domanda nel settore immobiliare potrebbe attestarsi sui cinque miliardi di euro. A

questa cifra si arriva sulla base di una valutazione dell'Ance, l'associazione dei costruttori, secondo cui i mutui

erogati dalle banche con la provvista della Cassa possono coprire il 60% del valore degli immobili. Sempre

applicando i parametri Ance, il numero delle compravendite finanziabili sarebbe di circa 26mila. Ipotizzando

che l'80% riguardi la vendita di nuove abitazioni, per le imprese di costruzioni il giro d'affari sarebbe di 4

miliardi, una cifra che metterebbe in moto nuovi investimenti per 800 milioni di euro.

Le quattro operazioni già concluse, per un investimento complessivo di 750 milioni di euro, sono relative

all'acquisto di covered bond emessi tra la fine dello scorso anno e l'inizio del 2014. Per sottoscrivere parte di

un'obbligazione garantita emessa da UbiBanca (valore nominale 1 miliardo di euro, durata 10 anni), Cassa

depositi e prestiti ha speso 200 milioni; altri 350 sono stati impiegati per comprare circa un quarto

dell'ammontare complessivo del bond emesso da Banca Intesa San Paolo. Con i restanti 185 milioni sono

state sottoscritti titoli della Banca popolare dell'Emilia Romagna (Biper) e dal Credito emiliano (Credem).

Finora non si ha ancora notizia della conclusione di nessuna operazione di questo tipo, ma Cassa può

sottoscrivere anche titoli provenienti da cartolarizzazioni, purché esse siano effettuate applicando la legge 30

aprile 1999, n. 130, che disciplina la materia.

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07/04/2014 29Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 56

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"Piano-lavoro per 900 mila giovani Poletti: a maggio si parte il decreto potrà cambiare e spunta l'idea volontariato L'INTERVISTA ROBERTO MANIA IL primo maggio, giorno delle festa del lavoro, partirà il piano "Garanzia giovani" che offrirà a tutti i ragazzi tra

i 15 e i 25 anni che hanno terminato la scuola o perso il lavoro, un'opportunità di formazione o di inserimento

in un'azienda entro quattro mesi.

L'annuncia in questa intervista il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. «È una novità straordinaria - dice -.

Nella storia d'Italia non era mai successo che qualcuno si occupasse di un giovane appena uscito dalla

scuola. E il primo maggio ha ovviamente un valore simbolico».

Poletti si dice disposto a rivedere alcuni punti del decreto legge, all'esame del Parlamento, sui contratti a

termine e l'apprendistato, poi spiega che il governo punta a ridurre le tipologie contrattuali attualmente

esistenti ma non a sostituirle con l'unico contratto a tutele crescenti. Non c'è nell'agenda del governo la

riapertura del cantiere delle pensioni se non per la parte che riguarda ancora i lavoratori cosiddetti esodati. E

non c'è nemmeno la legge sulla rappresentanza sindacale su cui aveva scommesso in particolare il leader

della Fiom, Maurizio Landini. C'è invece l'ambizioso progetto di estendere a tutti coloro che ricevono un

sussidio e sono in buone condizioni di salute una sorta di servizio civile, un «servizio comunitario» lo

definisce Poletti che aggiunge: «Sono cose che possono cambiare la società italiana. Invece mi fa patire il

fatto di dover discutere se ridurre o meno la durata dei contratti a termine da 36 mesi a 24».

Lei patirà, ma da questo dobbiamo cominciare. Il governo è disposto a ridurre la durata dei contratti a

termine senza causale da 36 mesia 24 come le chiede una parte del Partito democratico? «No. Ipotizzare

questo cambiamento non è assolutamente possibile, dal mio punto di vista.

Una modifica di questo tipo non sarebbe coerente con l'impianto del decreto.E poiché abbiamo detto che

l'impianto del provvedimento non si tocca, devono restare i 36 mesi».

Le otto proroghe per i contrattia termine sembrano effettivamente troppe. Si potranno ridurre? «Ci sono temi

su cui si può ragionare. Il numero delle proroghe ha una sua logica, ma non è un dogma. Dunque se ne può

discutere. Come si può discutere sulla formazione connessa all'apprendistato. Dobbiamo scrivere una norma

compatibile con le regole comunitarie senza contraddire il nostro intento di rendere più semplice l'accesso

all'apprendistato». Ma gli imprenditori saranno ancora obbligati a stabilizzare una percentuale di apprendisti

per poterne assumere altri? «Questo l'Europa non ce lo chiede e io continuo a pensare che non sono le

norme che possono imporre i comportamenti positivi alle imprese. Le norme possono vietare qualcosa e

possono, come fanno già, incentivare le assunzioni a tempo indeterminato di apprendisti e di lavoratori con i

contratti a tempo». Non è contraddittorio avere liberalizzato i contratti a termine con il decreto leggee poi

puntare sul contratto a tutele crescenti nel Jobs act? Alla fine il mercato del lavoro continua ad essere diviso

in due.

«Il nostro obiettivo è semplificare le regole e questo si fa con entrambi i provvedimenti».

Ridurrete il numero di tipologie contrattuali? «Certamente, questo è uno dei nostri obiettivi».

Quali abolirete? «Valuteremo quelli ridondanti, e ce ne sono. Se ne discuterà».

I contratti flessibili interessano soprattutto i giovani. Ha detto che dal primo maggio sarà operativa la

Garanzia giovani.

Come funzionerà? «Un giovane interessato potrà iscriversi sul portale. Verrà poi contattato dagli uffici degli

enti locali o dalle agenzie per l'impiego. Sarà fatto un suo profilo e poi gli verrà offerta un'opportunità. È chiaro

che dietro dovrà esserci tutto il sistema imprenditoriale. Consideriamo la Garanzia giovani il prototipo delle

nostro politiche attive per il lavoro». Quanti sarannoi giovani coinvolti? «Il bacino potenziale è di 900 mila

giovani che nell'arco di 24 mesi riceveranno un'opportunità di inserimento».

05/04/2014 2Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 57

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Probabilmente servirà anche il contributo dei sindacati. Il governo presenterà una proposta di legge sulla

rappresentanza sindacale come chiede Landini? «È un tema molto delicato.

Non è una priorità per il governo. C'è un accordo tra le parti sociali e pensiamo che vada rispettato».

Riaprirete il cantiere delle pensioni per rendere più flessibile l'età per uscire dal lavoro? «Non c'è alcun

cantiere da aprire. Abbiamo ripreso il dossier del ministro Giovannini per garantire una tutela alle persone che

possano trovarsi senza lavoro e senza pensione».

Valuterete l'estensione della staffetta generazionale proposta dal ministro Madia, per il pubblico impiego,

anche nel settore privato? «Non ne abbiamo mai parlato. C'è altro, invece, di cui parliamo: fare in modo che

nessun italiano in buone condizioni di salute che riceve un sussidio per ragioni diverse restia casaa non fare

nulla».

In concreto cosa vuol dire? «Che chi riceve legittimamente un aiuto dalla comunità perché ha perso

temporaneamente il lavoro, sarebbe giusto che offrisse la sua disponibilità per quello che io chiamerei un

"servizio comunitario". Per fare un esempio potrebbe rendersi disponibile a distribuire i pranzi alla Caritas o

assistere gli anziani». Dovrebbe essere obbligatorio? «No. Credo che si debba sperimentare utilizzando la

rete capillare del volontariato in Italia dove ci sono 300 mila associazionie sei milioni di volontari. Rimanere

dentro la comunità, non isolarsi, vuol dire avere più opportunità per ritrovare una occupazione. Il governo può

mettere in campo una banca dati e studiare una forma di assicurazione». La sua proposta assomiglia un po'

ai vecchi lavori socialmente utili.

«Veramente è proprio l'opposto. Con i lavori socialmente utili chi veniva coinvolto, in un lavoro vero o finto,

pensava di aver maturato un diritto ad essere assunto dalla Regione o da altri. Di aver in sostanza maturato

un credito. Qui è il contrario: si "restituisce" qualcosa che per un periodo si è ricevuto dalla comunità a cui si

appartiene».

Foto: UN'OPPORTUNITÀ PER I GIOVANI A sinistra il ministro Giuliano Poletti: pronta la garanzia giovani del

governo Letta

05/04/2014 2Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 58

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LA STORIA Lusso e piscina Benvenuti all'Hotel Gramsci che divide Torino GUIDO ANDRUETTO SI CHIAMERÀ Gramsci il nuovo albergo di lusso e design che tra maggio e giugno sarà inaugurato nel

palazzo dove Antonio Gramsci abitò a Torino tra il 1914 e il 1922. Entrando, ci si affaccia su un cantiere. A

PAGINA 17 TORINO. Si chiamerà Hotel Gramsci il nuovo albergo di lusso e design che tra maggio e giugno

sarà inaugurato nel palazzo dove Antonio Gramsci abitò a Torino tra il maggio del 1914 e il 1922. Entrando

oggi dall'ingresso di piazza Carlina 5, pieno centro città, ci si affaccia su un cantiere che procedea ritmi

serratissimi. Dal piano terra si devono salire soltanto quattro scalini per tornare indietro di un secolo. Portano

direttamente al piano ammezzato dove Gramsci, da studente, si riuniva con gli altri compagni della redazione

del giornale "L'Ordine Nuovo", che fu l'organo ufficiale del movimento dei Consigli di fabbrica nella città

operaia di allora. Tre stanze con soffitti bassi e pochissima luce che sono in questo momento l'unica zona

vincolata e intoccabile del maxicantiere che ha trasformato l'intero edificio in un albergo quattro stelle

superiore.

Diecimila metri quadrati di superficie, cinque piani, centosessanta stanze, due negozi, un ristorante e un'area

fitness con piscina sul tetto. Un cambio di pelle radicale rispetto all'antica "Casa Gramsci". Per volere della

società Immobilare Carlina l'hotel sarà intitolato non senza polemiche al fondatore del Partito comunista, ed è

questa la novità che alla "vigilia" dell'apertura sta creando maggiori discussioni fra i promotori di

un'operazione immobiliare e commerciale stimata intorno ai trenta milioni di euro.

I primi a esprimere perplessità sulla scelta sono stati in questi giorni innanzitutto i vertici della catena

spagnola Nh Hoteles, partner dell'iniziativa cofinanziata da Intesa Sanpaolo e Credito Valtellinese, che

gradirebbero un nome storico più "neutro", ad esempio quello del Conte Cavour in relazione alla statua dello

statista collocata proprio al centro di piazza Carlina. La rilevanza della figura di Gramsci anche fuori dai

confini europei, però, ha convinto in via definitiva la società partner torinese a dedicargli la nuova struttura.

«Parliamo di un hotel con uno standard internazionale- spiega Federico De Giuli, architetto e socio

dell'Immobiliare Carlina, mentre mostra le nuove stanze e gli altri spazi comuni- che abbiamo progettato non

solo per ospitare una clientela di fascia alta ma anche per valorizzare nei modi migliori possibili le memorie

gramsciane legate al luogo».

Ex albergo di virtù per il ricovero e l'istruzione dei poveri, "Casa Gramsci" negli anni Trenta passò di proprietà

alla comunità israelitica continuando ad ospitare alloggi e botteghe, ma è alla fine degli anni Settanta che il

Comune la acquista per convertirla in case popolari. Una parentesi che si chiuderà una ventina d'anni dopo

con lo sgombero degli occupanti a causa dello stato fatiscente dell'immobile. Seguiranno anni di abbandono

e l'avvio di un discusso cantiere ormai al traguardo. Entro giugno l'Hotel Gramsci aprirà i battenti ma avrà una

specie di zona franca al suo interno, proprio nelle stanze dell'Ordine Nuovo, che ospiterà iniziative divulgative

di carattere esclusivamente storico-politico e culturale.

Tutto sta nascendo con la collaborazione dell'Istituto Piemontese Antonio Gramsci, che all'interno dello

spazio organizzerà delle piccole riunione ed allestirà una biblioteca con tutte le opere del filosofo. «È una

possibilità importante quella che ci viene data dall'hotel - commenta il professore Sergio Scamuzzi, direttore

dell'Istituto - non potevamo certamente rifiutarci di supportare un'iniziativa che miraa salvaguardare la

memoria di Gramsci e anche la storia del suo rapporto con la città. Con la prossima apertura, oltre alla

biblioteca, nel centro convegni che sarà presente all'interno daremo il via ad una serie di conferenze, la prima

delle quali sarà una maratona di letture di favole di Gramsci, che è stato anche scrittore e pedagogista». E se

gli eredi di Gramsci, in testa il nipote Antonio Gramsci Jr, che oggi vive a Mosca, hanno espresso più volte

apprezzamento per la riconversione della Casa in queste forme, a storcere il naso, sia sull'intitolazione che

sul progetto stesso, è il professore Nicola Tranfaglia, che per anni ha insegnato storia contemporanea

all'Università di Torino. «Credo sia quanto meno opinabile intitolarlo a Gramsci - dice piccato - Il carcere duro

06/04/2014 1Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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e la terribile morte che gli sono toccati in sorte hanno poco a che fare con l'immagine di un hotel di lusso».

PER SAPERNE DI PIÙ www.fondazionegramsci.org http://torino.repubblica.it

Foto: LAVORI IN CORSO Da sinistra, la corte del palazzo con la Mole sullo sfondo; una delle stanze: la

facciata.

Qui sopra, Antonio Gramsci.

Sotto, la targa che lo ricorda

06/04/2014 1Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 60

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LAVORI IN CORSO XXIV Maggio, paratie trasparenti per la sicurezza Una volta al mese open day per i cittadini che vorranno visitare il cantiere e vedere l'avanzamento dei lavori ZITA DAZZI UN CANTIERE trasparente in piazza XXIV Maggio, con paratie di plastica traslucide meno pericolose di

quelle attuali arancioni, e un open day mensile per permettere agli abitanti del quartiere di vedere da vicino

come cambia l'aspetto della piazza. Dopo le proteste dei commercianti dei Navigli, preoccupati per

l'andamento degli affari con la gimcana e le strettoie imposte dai lavori di restyling attorno a Porta Ticinese, il

Comune ha deciso una serie di misure per migliorare la circolazione e sostenere le attività commerciali nei

prossimi tre mesi, durata prevista del cantiere.

L'annuncio dell'assessore ai Lavori Pubblici, Carmela Rozza, arriva dopo l'assemblea di negozianti e

residenti svoltasi in viale Tibaldi.

«Un cantiere così importante deve essere seguito da tutta la città: gli open day cominceranno a maggio, con

gruppi di 20-25 persone che su prenotazione potranno una volta al mese entrare a controllare l'avanzamento

delle opere». Una prima riunione tecnica con la vigilanza urbana per avviare entro Pasqua il miglioramento

della segnaletica, è convocata per oggi. Verrà definita una nuova segnaletica con indicazioni per muoversi

verso via Vigevanoei Navigli da tutte le direzioni, con cartelli all'altezza della barriera pedonale che taglia in

due la piazza. Il Comune ha anche promesso manifesti per la segnalazione di localie negozi nella vie chiuse

dai cantieri, e nuovi stalli di carico e scarico. Verrà poi distribuito un depliant pieghevole con le immagini

dell'area a lavori finiti e i nuovi percorsi dei mezzi pubblici. «Il Comune non è sordo di fronte ai disagi che i

cittadini stanno affrontando: piazza XXIV Maggio e la Darsena rappresentano una questione molto rilevante

per la città» spiega la Rozza.

Le paratie arancioni verranno sostituite con altre trasparenti per far diventare visibile il cantiere e anche per

rendere più sicuri e percorribili i passaggi pedonali, che verranno anche illuminati meglio di quanto sia oggi.

«Finalmente qualche segnale positivo - dice il vicepresidente di Confcommercio Giorgio Rapari - si va nella

giusta direzione. Certo, la preoccupazione degli operatori è molto forte.

Sarà importante in questi mesi anche avere sostegno per creare momenti d'attrazione nell'area Ticinese-

Navigli».

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Foto: I CAMBIAMENTI Ci saranno manifesti per segnalare i locali nelle vie chiuse, paratie trasparenti al posto

di quelle arancioni, la segnaletica verrà migliorata e verranno definiti gli spazi carico-scarico

07/04/2014 4Pag. La Repubblica - Milano(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 61

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arquata. in località radimero dove sarà posizionata la talpa per lo scavo del tunnel Lì c'era un edificio romano Stop a lavori Terzo valico? giampiero carbone La realizzazione del cantiere del Terzo valico in località Radimero rischia di doversi fermare a causa del

ritrovamente di reperti archeologici e di un terreno di cui non si conoscono i proprietari?

Nell'area dovrà essere scavato il pozzo per cano quanto rimande di un lare la talpa destinata allo scavo del

tunnel sotto l'Appennino. Da settimane, durante i sondaggi per verificare l'esistenza di cimeli archelogici

previsti per legge, la ditta incaricata dal Cociv, la Lande, ha trovato alcuni reperti dei quali inizialmente, a

parte alcune supposizioni, non si conosceva l'origine.

Ora dal Comune di Arquata spiegano: «La Soprintendenza ai beni archeologici del Piemonte ha lasciato

intendere che, quasi con certezza, si tratta di reperti archeologici di epoca romana. Precisamente, sarebbe il

pavimento di un edificio. I questi giorni la Soprintendenza ha richiesto approfondimenti con una lettera inviata

anche al Comune. Serviranno indagini ulteriori per stabilire in maniera definitiva di cosa si tratta e soprattutto

quale sarà il destino di questi materiali».

Sempre ad Arquata lo scorso anno era accaduto un episodio simile: durante i lavori di ampliamento

dell'impresa Suissa erano stati ritrovati reperti che sono poi stati riferiti all'antica porta di Libarna. Il tutto è

stato poi nuovamente coperto in maniera da essere tutelato. Un'operazione che difficilmente potrà avvenire a

Radimero senza per forza di cose ostacolare la realizzazione del cantiere. Alla Soprintendenza abbiamo

chiesto a che punto sia la valutazione dei reperti e se l'area potrà essere utilizzata lo stesso per la

realizzazione del cantiere se si riterranno i materiali degni di essere tutelati. Da Torino, per ora nessuna

risposta. Cociv invece si limita ad affermare che la Soprintendenza «ha ordinato di coprire provvisoriamente i

reperti per evitare danni in occasione della manifestazione di domani (oggi per chi legge, ndr)», ma per ora

non spiega se da Torino abbiano già lasciato intendere se l'area in questione possa essere utilizzata per il

cantiere o meno.

L'altro nodo per Radimero è un terreno limitrofo al futuro cantiere, non ancora espropriato nonostante sia

destinato a ospitare mezzi e personale del Cociv. Il problema non riguarderebe solo il fatto che nelle

vicinanze il Comitato No Terzo valico arquatese ha organizzato un presidio ma più che altro il fatto che l'area

sarebbe proprietà di persone emigrate in America nel secolo scorso e poi defunte, stessa sorte toccata ai

parenti rimasti ad Arquata che per decenni l'hanno coltivata per procura.

Gli eredi di questi ultimi non hanno esercitato alcuna usucapione e dall'America i discendenti degli emigranti

non si sarebbero mai fatti vivi per reclamare l'eredità del campo. Cociv in passato si sarebbe rivolto ai

discendenti di coloro che hanno coltivato il campo per procura ma non possono certo espropriare costoro. Nel

2013 Cociv ha preso possesso solo delle altre zone della località ma non di quest'ultima: «servirà solo nelle

fasi successive».

05/04/2014 42Pag. La Stampa - Alessandria(diffusione:309253, tiratura:418328)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 62

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Sisma, un tesoro da recuperareparte il progetto L'Aquila Magani resta in Abruzzo la decisione è stata presa dal Ministro IL PATRIMONIO CULTURALE

L'AQUILA Non c'è solo una città da ricostruire nel post sisma, c'è un patrimonio culturale da salvare. E che

sia importante per l'Italia, lo dimostra l'ufficializzazione, proprio ieri, da parte del ministro dei Beni culturali e

turismo, Dario Franceschini, della decisione di far rimanere Fabrizio Magani, vice direttore generale del

Grande progetto Pompei, all'Aquila, dove per il Mibact è direttore regionale per i beni culturali dell'Abruzzo:

«Ho chiesto a Fabrizio Magani di continuare a occuparsi dell'Aquila perché L'Aquila è un'altra emergenza

italiana, anche se in questo momento non fa notizia, e non è pensabile seguire due emergenze insieme».

Magani, l'altro giorno, ha annunciato che entro settembre sarà riaperto il Museo nazionale d'Abruzzo

nell'edificio industriale dell'ex Mattatoio. Il nuovo museo potrebbe rilanciare un vero e proprio «progetto

L'Aquila che miri alla riappropriazione degli spazi in termini anche di attività culturali». Il piano di lavori post

terremoto, comunque, ha trasformato la città in un grande cantiere.

IL PROGRAMMA

Il programma pluriennale d'interventi per il periodo 2013-2021 interessa 485 beni monumentali per una spesa

complessiva stimata al 2012 di 585 milioni di euro. Dalla fine della gestione commissariale, sono 103 gli

interventi messi in atto e trattati dalla Direzione regionale. Numeri che inducono Magani a ritenere che

«effettivamente c'è stato un notevole cambiamento di passo negli ultimi due anni». L'ufficio della

Soprintendenza ai beni architettonici ha autorizzato progetti privati per oltre 101 aggregati (78% dei progetti

presentati, 82% degli autorizzati), ovvero quartieri che tengono insieme dimore contigue dal punto di vista

strutturale, di cui 64 nel centro storico per contributi pari a 478 milioni. Nel corso del 2013 la Direzione

regionale ha gestito nell'area colpita dal terremoto circa 155 milioni di euro, tutti impegnati.

I LAVORI

Molti i restauri finanziati o cofinanziati da donatori: Santa Maria del Suffragio (cantiere avviato), Santa Maria

della Croce di Roio (cantiere in avvio), Palazzo Ardinghelli (cantiere attivo), Santa Maria di Farfa (interventi in

conclusione), Fontana Luminosa, scheletro del Mammuthus (cantiere attivo). Tra gli interventi avviati

spiccano quelli affidati alla Direzione regionale, con convenzione, dal Comune: restauro della cinta muraria, di

cui un tratto già concluso e altri cinque cantieri attivati; teatro comunale (appalto in fase di aggiudicazione);

chiesa teatro San Filippo, cantiere avviato; chiesa di Santa Maria del Soccorso (gara d'appalto in

conclusione). Un altro importante intervento seguito è quello per il recupero della basilica di Santa Maria di

Collemaggio. Agli interventi avviati vanno aggiunti il secondo lotto del Forte spagnolo e il primo lotto della

chiesa di Santa Giusta (avviati con finanziamenti ministeriali). Sono attivi altri cantieri derivati dalla gestione

dell'ex vice commissario dei Beni culturali riguardanti anche i lotti di intervento su beni monumentali per il

completamento del restauro: chiesa di San Vito alla Rivera, chiesa dei Santissimi Marciano e Nicandro,

chiesa della Misericordia. Tra i restauri completati, la fontana delle 99 Cannelle (donazione del Fai), chiesa di

San Giuseppe Artigiano (donazione Fondazione Roma), Porta Napoli e chiesa Madonna Fore (donazione

Fondazione Carispaq), Palazzetto dei Nobili (donazione Camera dei deputati), oratorio San Giuseppe dei

Minimi (donazione del governo del Kazakistan), conventino di San Giuliano (donazione Soroptimist

international club d'Italia), chiesa del Crocifisso e chiesa del Cristo Re (fondi struttura ex vice commissario).

Claudio Fazzi

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04/04/2014 37Pag. Il Messaggero - Abruzzo(diffusione:210842, tiratura:295190)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 63

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Privilege, la protesta delle mogli Mentre gli operai, senza stipendi, occupano il cantiere le donne scendono in piazza Appuntamento alle 10,30.Cgil e Fiom esortano la città alla mobilitazione generale LA MANIFESTAZIONE

«Privilege Yard, hai affondato il futuro dei nostri figli! Noi mogli e mamme scenderemo in strada perché la

lotta dei nostri mariti e padri è anche la nostra». Questo lo spirito della marcia organizzata per oggi, da quelle

che sono state soprannominate le "donne della Privilege". Donne che quotidianamente, stanno assistendo e

sostenendo i loro mariti, che da sedici giorni hanno occupato il megayacht P430, in attesa di ricevere notizie

circa il loro futuro e i loro soldi.

Infatti, quando il 20 marzo scorso, un gruppetto di venti operai ha deciso di entrare nel cantiere e occupare il

natante in costruzione, erano in attesa di ben tre mensilità, in cassa integrazione da due mesi e soprattutto

non avevano certezze sulla ripresa delle attività, bloccatesi il 20 dicembre scorso. Da quel giorno si sono

susseguiti tavoli, riunioni e i rappresentanti sindacali sono stati perfino ricevuti dal Viceministro allo Sviluppo

Economico, Claudio De Vincenti, ma nulla è cambiato. Il finanziamento di 89 milioni di euro che cinque istituti

bancari dovrebbero erogare alla Spa, e che a tutt'oggi è vitale per riprendere le attività nel cantiere, è ancora

oggetto di discussione dei vari uffici legali e, nonostante le rassicurazioni dell'amministratore delegato

Antonino Battista, l'accordo sembra proprio non voler vedere la luce. E se non si arriverà ad un

compromesso, gli istituti di credito potrebbero anche rescindere la bozza di contratto e riportare la proposta di

delibera nei rispettivi consigli di amministrazione.

Le lungaggini, ma soprattutto il silenzio assordante dei vertici Privilege, ha spinto queste donne a unirsi alla

lotta dei loro compagni e a dare appuntamento a tutti i cittadini per questa mattina alle 10,30 a piazza

Calamatta.

Immediato il sostegno della Camera del Lavoro della Cgil che ha detto «il lavoro è un diritto di tutti». «Tante

sono le vertenze in corso nel nostro territorio - si legge nel comunicato siglato Cgil e Fiom - e la situazione di

questi operai non è diversa da quella che altri stanno vivendo. Per questo chiamiamo a raccolta tutta la

popolazione e i lavoratori».

Giulia Amato

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05/04/2014 39Pag. Il Messaggero - Civitavecchia(diffusione:210842, tiratura:295190)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 64

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OCCHIOBELLO IL PIANO DI EMANUELE ULISSE, PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE LAVORIPUBBLICI IN COMUNE Azzerare lo stato di morosità negli alloggi di edilizia popolare Un piano concreto per azzerare lo stato di morosità negli alloggi ad edilizia popolare. Si è tenuta martedì

scorsa la seduta della commissione consiliare dei lavori pubblici, presieduta da Emanuele UIisse, al centro

della discussione lo stato dell'arte del patrimonio degli alloggi popolari è stato affrontato dalla commissione

lavori pubblici. Nel comune di Occhiobello, sono otto gli alloggi vuoti, di cui 5 Ater e 3 Erp, due assegnazioni

emergenza abitativa già dal prossimo consiglio comunale, gli altri sei, due Erp sono in fase diristrutturazione, i

3 Ater e 1 Erp in attesa di finanziamento per rendere gli alloggiagibili. Un altro aspetto importante, legato alle

case ad edilizia popolare, sono gli insoluti, già in passato al centro di molte discussioni e polemiche tra gli

schieramenti politici. Nel dettaglio il Comune di Occhiobello è in credito di 380 euro nel 2013, inoltre,

recuperati più16mila euro attraverso Equitalia con procedure avviate da parte dell'amministrazione comunale.

In questo caso su 188 inquilini, appena 10 morosi, per quei 380 euro, che rispetto al 2009 erano circa 40. m.

t.

05/04/2014 13Pag. QN - Il Resto del Carlino - Rovigo(diffusione:165207, tiratura:206221)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 65

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«No ai chioschi in cemento Serve un nuovo progetto» In cento alla camminata: gestori contro ambientalisti VALENTINA REGGIANI di VALENTINA REGGIANI UN nuovo progetto di valorizzazione del parco delle Rimembranze. E' quanto

chiedono associazioni ambientaliste e residenti per l'area verde in cui era in corso, fino a pochi giorni fa, la

realizzazione dei chioschi posti sotto sequestro dal Gip, Eleonora De Marco, su richiesta della Procura. Ieri

pomeriggio un centinaio di persone ha partecipato alla camminata organizzata da residenti, consulta per la

tutela dell'ambiente, Fai, Italia Nostra e Legambiente, al fine di chiedere la sospensione definitiva dei lavori e

il rispetto del significato simbolico del parco. Infatti nulla è ancora certo, nonostante i sigilli posti alle strutture

dalla Forestale. Marco Pellegrini, legale dei gestori dei bar Bobotti, Elio e Tosco, ha presentato la richiesta al

tribunale del Riesame per il dissequestro e il 10 aprile si svolgerà l'udienza. Gli ambientalisti, però, non

depongono le armi e annunciano una serie di iniziative volte a sensibilizzare l'opinione pubblica. Il corteo è

partito da piazza Grande, per poi raggiungere, sulle note de «Il ragazzo della via Gluck», i vari cantieri nel

parco. «Al momento i lavori sono fermi, ma occorre prestare attenzione ed essere presenti - afferma

Giuseppina Tonet, segretaria Italia Nostra Modena - la sensibilità delle persone è importante quanto gli atti

giuridici». L'associazione fa presente di essere insorta in passato sul chiosco costruito al Principe, ma di non

essere intervenuta tempestivamente per salvaguardare il Parco delle Rimembraze, non avendo capito che la

prima struttura situata accanto al Tempio era il prototipo di quelle spuntate successivamente. «Ci troviamo

qui oggi perchè anche il Wwf vuole dare il proprio appoggio alla manifestazione - afferma Nino D'Eugenio -

vorremmo che il parco non fosse trasformato in un giardinetto a servizio di discobar e pizzerie. Appoggiamo

gli investitori e siamo consci dei problemi economici che saranno loro cagionati, ma l'amministrazione ha dato

il permesso alla costruzione di baracchine in cemento laddove non è consentito innalzare strutture». Presente

alla manifestazione anche Gaetano Galli, tra i primi ad insorgere contro il progetto, considerato un abuso

edilizio. «E' un momento importante quello di oggi - afferma Galli - perchè tutte le associazioni si sono unite

per dire no allo scempio. Stiamo facendo questa passeggiata anche per dare insieme un'occhiata ai cantieri,

al momento sotto sequestro, al fine di informare le persone che ancora non conoscono la situazione».

«Voglio dire no, in qualità di residente, a questa cementificazione - afferma Adriana Barbolini - pensate che

una mattina sono uscita di casa e mi sono trovata d'innanzi ad enormi betoniere sulla ciclabile. Al pomeriggio,

improvvisamente, accanto a me vi erano otto terrificanti colonne in cemento armato. Nel parco, fino ad ora,

nessuno ha mai fatto manutenzione e neppure piantato un filo d'erba. Non si può certo iniziare dal cemento.

Le strutture vanno riqualificate, ma in un altro modo; io sono favorevole ai chioschi, ma fatti in modo che ci si

senta in equilibrio col verde. Nessuno ha pensato poi ai problemi di parcheggio?». Il corteo, scortato dalle

pattuglie della polizia municipale, si è sciolto intorno alle 18. La manifestazione è stata pacifica ma il gestore

del bar Elio, Roberto Mantovani, ha ricordato in modo concitato ai partecipanti come il sequestro abbia

causato la perdita di decine di posti di lavoro, mettendo in ginocchio una cinquantina di famiglie, compresi i

dipendenti delle aziende coinvolte nei lavori. Mantovani ha aggiunto poi che il degrado che si prospetta è

peggiore, dal momento che «gli scheletri» delle strutture sono destinati a restare tali per anni, rendendo l'area

ancora più insicura. Quello che propongono i gestori è di sedersi ad un tavolo e trovare una soluzione che

non danneggi nessuno. Il legale dei proprietari ha già presentato intanto la richiesta di risarcimento danni al

Comune e la raccolta firme, a cui hanno dato il via gli esercenti tramite facebook, ha già ricevuto l'adesione di

circa 600 persone in due giorni. Sulla questione chioschi è insorto nuovamente il critico d'arte Vittorio Sgarbi,

nel corso della trasmisione «Virus» di Rai due. Sgarbi ha definito assurdo il comportamento del Comune, che,

dopo aver per primo «agito illegalmente», avrebbe sanzionato un modenese per aver esposto due bandiere.

«Con quale faccia l'Amministrazione - afferma Sgarbi - si permette di multare un cittadino onesto per una

cosa simile, se si autorizza da solo a compiere una schifezza come quella del Parco delle Rimembranze?».

06/04/2014 5Pag. QN - Il Resto del Carlino - Modena(diffusione:165207, tiratura:206221)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 66

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Image: 20140406/foto/5479.jpg

06/04/2014 5Pag. QN - Il Resto del Carlino - Modena(diffusione:165207, tiratura:206221)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 67

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L'Aquila, 5 anni dopo la chiesa resta in tenda La parrocchia di Sant'Antonio simbolo di una città dove le ferite del sisma non riescono a rimarginarsi PAOLO VIANA INVIATO ALL'AQUILA A Sant'Antonio è ancora il 6 aprile 2009. Tutt'intorno, la città brulica di cantieri - la cosiddetta ricostruzione

leggera - e la maggior parte delle parrocchie ha ormai una chiesa provvisoria, ma nel quartiere che unisce il

centro alla zona industriale il tempo della fede si è fermato alle 3 e 32 di quella notte. Domattina infatti, come

ogni domenica, don Ramon Mangili celebrerà la Messa nel tendone donato dal Comune di Roma. Con il

solito groppo in gola, lenito da troppe sigarette. «Un prete non può perdere la speranza, ma qui siamo rimasti

davvero soli» ammette mostrandoci il piazzale di terra battuta che ospita la chiesa, la casa del parroco e

l'oratorio. Cioè il tendone e una decina di bungalow da cantiere. Prima c'era una discarica, poi la scossa

assassina ed è diventato uno dei centri di coordinamento della Caritas. «Finita l'emergenza, siamo rimasti noi

- spiega il sacerdote - a fare catechismo e amministrare i sacramenti ad una comunità di diecimila persone».

Il "noi" rappresenta un piccolo esercito, 160 volontari guidati da don Ramon coadiuvato da don Guido Fattore

(84 anni). L'entusiasmo del pastore non è crollato con il terremoto. Questo oratorio è ancora uno dei più

frequentati della zona, anche se la latta dei bungalow è fredda o rovente, secondo la stagione, e al parco

giochi arrivano anche bambini delle frazioni, anche se sono cento metri di altalene a due passi dalla statale. Il

cruccio del parroco è questa sensazione di abbandono, che dimostra quanto fosse attuale l'esortazione del

Papa, qualche giorno fa, a non dimenticare la ricostruzione delle chiese aquilane. «È dura, tutti i giorni, da

cinque anni, vivere la fede in una situazione di duplice precarietà: quella di chi ha dovuto abbandonare la

propria casa e vive all'interno di abitazioni provvisorie e quella del Signore che in questa parrocchia è anche

lui uno sfollato, senza la prospettiva di tornare a casa» commenta con amarezza il giovane parroco di San

Giovanni Battista. E ci mostra con malcelato orgoglio la vecchia casa del Signore, una chiesetta del 1200.

Spezzata in due dalle scosse. Attraverso travi e ponteggi s'intravedono ancora i marmi scolpiti del portale:

«Non bastava più neanche prima del terremoto - ammette don Ramon - ed infatti celebravo cinque messe

festive perché l'edificio conteneva al massimo un centinaio di fedeli». Per restituirlo alla vita religiosa servono

800mila euro ma la parrocchia vorrebbe acquistare dal Comune il terreno su cui oggi ci sono i bungalow per

edificare una nuova chiesa. Un progetto nato prima della tragedia e mai archiviato, «anzi è fondamentale ora

che la gente si sente abbandonata, fa la fila al nostro centro Caritas perché non arriva a fine mese e

nell'assenza totale di strutture di aggregazione guarda alla chiesa, persino a una chiesa sotto una tenda,

come ad un punto di riferimento esistenziale». Don Mangili (la video-intervista sul sito www.avvenire.it) sta

lanciando una lotteria per finanziare l'opera, visto che nessuno in questi cinque anni si è fatto avanti per

ridare una casa a Sant'Antonio. Centomila biglietti a dieci euro l'uno, per acquistare il terreno e presentare

alla Cei un progetto per la nuova edilizia di culto. «Non possiamo chiedere alla Chiesa aquilana, che ha

centinaia di chiese lesionate o crollate, e lo Stato continua a ripetere che non ci sono soldi, se non per una

selezionatissima selezione di progetti. Un parroco deve cercare una strada per condurre i suoi parrocchiani

fuori dalla disperazione. Anche quando, come uomo, gli verrebbe solo voglia di piangere». ©

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i numeri 309 LE VITTIME DEL 6 APRILE 2009 1.500 I FERITI 80mila GLI SFOLLATI 10 miliardi LA STIMA

DEI DANNI (ANCORA PROVVISORIA) 3,32 L'ORA DELLA SCOSSA PIÙ FORTE

IL RICORDO

«Casa dello studente» I genitori: monito per tutti Nel quinto anniversario della tragedia i genitori di alcuni

ragazzi morti nel sisma del 6 aprile 2009 hanno fatto ieri un giro del centro storico dell'Aquila, passando sotto

la Casa dello studente e alcune delle abitazioni crollate dove hanno perso la vita i giovani studenti dell'Ateneo

cittadino. «Una camminata all'insegna del ricordo ma anche del futuro, perché la manifestazione è rivolta alla

prevenzione», hanno spiegato gli organizzatori. Sotto l'acqua, commosso, anche, Sergio Bianchi, padre di

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Nicola, che ha perso la vita nel crollo della Casa dello studente, «I ragazzi costano anche da morti, si calcola

che per queste famiglie nel 2013 siano stati spesi 24 mila euro di spese legali».

Foto: Un vicolo del centro storico dell' Aquila

05/04/2014 9Pag. Avvenire - Ed. nazionale(diffusione:105812, tiratura:151233)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 69

Page 70: ANIEM · 2015. 7. 21. · INDICE ANIEM 05/04/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale 12 06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

La situazione «Periferia informe, niente verde Così l'Aquila rinasce già vecchia» A cinque anni dal terremoto in Abruzzo sono 2.300 i cantieri aperti nel capoluogo, 11.500 le personeimpiegate, 1.400 le imprese impegnate ma i lavori procedono con lentezza da manuale Il Cnr: «Ricostruitacom'era. Una scelta anacronistica» E gli sprechi non si contano: uno snodo giunto-tubo costa 6,50 euro, quise ne spendono 28. Sette aquilani su dieci sono tornati nelle loro case Ne restano fuori ancora 18mila PAOLO VIANA Travi ammucchiate come fascine, porte spalancate sulle case indifese, le grida degli uomini e il latrare dei

cani. Ovunque, quel puzzo di malta povera, esplosa dai muri tirati su come sacchi, come si faceva qualche

secolo fa, quando gli abruzzesi marciavano con le greggi fino al Tavoliere... Ce lo ricordiamo così, il day after

dell'Aquila ferita dal terremoto e dall'italica inconcludenza. Perché la ricostruzione è partita, ma mantiene una

lentezza da manuale. Roba da temere che si avveri la profezia del Piscicelli, quello delle risate notturne e

delle «possibilità miliardarie» che apre un terremoto. Anche i costruttori seri, però, sono talmente convinti che

la ricostruzione sia l'unico business in questo Paese a pil zero che si sono inventati un Salone, giunto alla

quarta edizione, per celebrare i 200 cantieri aperti nel centro storico, i 1.500 in periferia, i 600 nel cratere,

11.500 occupati e 1.400 imprese al lavoro. L'Ance tira la giacchetta a Renzi, invocando «risorse adeguate».

Finora lo Stato ha speso 8,5 miliardi per la ricostruzione abruzzese, 12 se si considera l'emergenza, l'unica

fase gestita egregiamente dal governo Berlusconi. In periferia, le case meno lesionate sono state riparate: a

cinque anni dalla scossa delle 3.32 del 6 aprile, 7 aquilani su 10 sono tornati nelle loro case, ma, tra Case e

Map, contributi d'affitto e fondo immobiliare, restano ancora fuori in 18mila. Si lavora di gran lena, rispetto a

due anni fa, quando tutto era fermo per via di un sistema di controlli che sembrava fatto apposta per non far

spendere un euro, ma il centro storico del capoluogo, cuore della vita turistica e culturale del cratere, non ha

ripreso a battere. Qualcuno ha notato che sono sparite tutte le grondaie di rame: l'ultimo sfregio. Ieri, al

Salone di Bazzano, l'Istituto aquilano per le tecnologie della costruzione del Cnr ha sollevato il velo su alcuni

misteri di questi cinque anni, con un convegno che ha spiegato come questa distruzione poteva essere

evitata e perché i costi sono stati fuori controllo per anni. Non solo quelli del progetto Case, madre di tutti gli

sprechi secondo una lettura esclusivamente politica della tragedia aquilana. Che il terremoto mediatico sia

stata la seconda maledizione della città lo prova il fatto che persino il concetto di prevenzione è stato

violentato: hanno condannato la Commissione grandi rischi per non aver informato la popolazione ma hanno

"graziato" i responsabili politici, chi aveva autorizzato e chi aveva costruito gli edifici crollati. «L'Aquila non era

costruita male - ha ammesso Antonio Martinelli, esperto di cementi armati dell'Itc-Cnr - tuttavia, pur in

assenza di banche dati unificate, carenza che rallenta anche la ricostruzione, si sapeva da anni quali immobili

non avrebbero retto alle scosse». Come ha documentato l'Itc, fin dal 1995 esisteva un rapporto sul rischio

degli edifici pubblici che segnalava immobili poi crollati o lesionati. Risulta «approvato dalla Giunta regionale

e inviato dal Servizio protezione civile della Regione a tutti gli enti proprietari (Comuni, Province, Comunità

montane e la stessa Regione) ben prima dell'uscita del "Rapporto Barberi". Inoltre «la legge regionale di

Protezione civile del 1993 - ha precisato il responsabile dell'Itc-Cnr l'Aquila Giandomenico Cifani - imponeva

di seguirlo nella programmazione ordinaria ma nessuno lo fece». Veniamo alla ricostruzione. Ci sono voluti

quattro anni per capire come organizzarla. Alla fine si è deciso di ricostruire la città «com'era e dov'era», cioè

seguendo il Piano regolatore del 1975. Ma «ricostruire com'era e dov'era è una scelta ideologica, soprattutto

se applicata nelle periferie - contesta Giovanni Cialone, architetto dell'Itc -. Nel caso aquilano riavremo una

periferia informe, sfrangiata, con quartieri dormitorio senza servizi, piazze, verde». La ricostruzione leggera è

stata velocizzata ma secondo queste analisi l'Aquila sta rinascendo vecchia. Vecchia e sprecona. Partiamo

dai puntellamenti, su cui è aperta un'inchiesta. Come mai un "nodo" giunto-tubo che nel resto d'Italia si paga

6,50 euro qui ne costa 28? E perché le fibre utilizzate per il sisma del Molise a 300 euro al metro quadrato qui

costano 1.200 euro a metro quadrato? Oppure perché agli edifici vincolati la legge ha riconosciuto un

incremento del contributo fino al 100% mentre in altri terremoti era tra il 20 e il 40? E perché lo si accorda

06/04/2014 10Pag. Avvenire - Ed. nazionale(diffusione:105812, tiratura:151233)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 70

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anche agli edifici vincolati dopo il sisma? Quisquilie e pinzillacchere rispetto alle ordinanze che hanno

collegato il finanziamento all'esito di agibilità, che è una stima, e non al danno reale. Emanate mentre era in

corso il censimento di agibilità, hanno provocato la moltiplicazione delle abitazioni inagibili, cui è stato

riconosciuto il rimborso più alto, salvo scoprire alla fine, quando i contributi erano stati erogati, che 3.600 su

18mila (il 20%) presentavano danni lievi o nulli. In alcuni casi si trattava di edifici vincolati: incassato il

finanziamento, sono stati demoliti e ricostruiti.

06/04/2014 10Pag. Avvenire - Ed. nazionale(diffusione:105812, tiratura:151233)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 71

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Da Pontedera al «Far East» Dalla crisi delle calzature all'edilizia tridimensionale Enrico Dini ha abbandona nel 2003 le scarpe per la concorrenza cinese Dal 2008 la scommessa con sabbiae inchiostro. Senza l'aiuto delle banche U. BERT. L'ultimo contratto l'ha firmato in Far East «dove sono ben più conosciuto che in Italia», spiega Enrico Dini da

Pontedera. Ma la settimana scorsa il leader di Dinitech ha risposto ad una richiesta dal comune di Barcellona.

Il progetto? La Sagrada Familia 2, la vendetta. «Ovvero un parco di laboratori per le produzioni in 3D più una

Mansera, 100 metri per 100, per sviluppare edilizia in puro stile Gaudì». Intanto, tra Dubai ed il Bahrein presto

potrebbe prender vita la barriera corallina edificata dalle stampanti dell'ingegner Dini, ovvero le case per i

pesci stampate con la sabbia, in attesa di applicare il know how italiano all'edilizia per gli umani. PORTE IN

FACCIA Basta così. Si rischia di far torto all'ingegner Dini di Pontedera, figlio di uno dei collaboratori di

Vittorino D'Ascanio (il padre della Vespa), relegandolo nella categoria dei geni incompresi, alla Archimede

Pitagorico. Ma non è così: Dini è un tecnologo sopravvissuto alla crisi di un settore, quello delle calzature,

messo sotto dall'invasione cinese nel 2003. Soprattutto è un imprenditore che, nel 2008, si è visto sbatter la

porta in faccia da banche, venture capital e geni del made in Italy troppo preoccupati da Lehman Brothers per

investire nell'idea già sviluppata da san Dinitech, la ditta di Enrico e del fratello Riccardo. Eppure, con una

una manciata di milioni, non più di 5, ovvero più o meno il 4 per cento di quanto bruciato in Tassara,

Risanamento od Alitalia, si poteva garantire una leadership italiana con un grande futuro: l'edilizia in 3D. A

partire dalla macchina costruita in un garage, come sempre capita nella storia della new technology dai Dini

brothers: una stampante sei metri per sei che lavora come un comune inkject stendendo fogli di sabbia su cui

scrive con l'inchiostro-col lante; passaggio dopo passaggio si crea un cubo di granelli che alla fine del

procedimento vengono spazzolati via fino a rivelare la creazione. «Un principio - spiega -inventato presso i

laboratori Mit di Boston alla fine degli anni Ottanta. La tecnica consiste nel realizzare un prodotto depositando

il materiale a strati». «Bastava investire 5 milioni in D-Shape nel 2008 per assicurare all'Italia una leadership

inattaccabile in un modo nuovo di fare edilizia, con un ritorno moltiplicato per cento se non di più». Il tutto con

una tecnologia rivoluzionaria che permette di eliminare quasi del tutto il trasporto dei materiali in quanto D-

Shape edifica stratificando millimetro su millimetro sabbia cavata in loco e trasformata in roccia con leganti

estratti dall'acqua di mare, mentre lo spessore, la densità, la forma, il colore della roccia sono dettati da un

semplice file Cad. BARRIERA CORALLINA Al contrario, come sempre capita, l'ingegner Dini si è reso conto

che è davvero difficile esser profeta in patria nel Bel Paese. Ma non si è certo perso d'animo. Da allora

l'ingegner Dini ha applicato il suo know how in tante direzioni. La tecnologia D-Shape, del resto, può esser

utilizzata in qualunque settore che faccia uso di tecnologie di progettazione Cad: dall'edilizia all'architettura

per interni, dal design alla scultura. E così in casa Dini si progettano (e si vendono) stampanti per realizzare

gazebi, piscine, chaise longue o, se volete, torri campanarie, altari piuttosto che pilastri, ponti o depuratori. O

imprese più ambiziose perchè non passa giorno senza che arrivi una richiesta dalla Cina (dove sono già nate

le case in 3D) alla Russia, dal Sud Africa all'Australia, o dagli Stati del Golfo. Magari per creare tramite

stampante, un'oasi nel deserto usando la sabbia o per creare, sulle rive di Dubai, una barriera corallina

stampata con la roccia del posti. Ma , sospira Dini, «sarebbe bello fosse targata made in Italy». Come la

Vespa, figlia di una stagione, gli anni Sessanta, in cui Pontedera «che negli anni Sessanta era un po' come

Pechino, con un esercito di operai che entrava in fabbrica al mattino e ne usciva alla sera». E l'Italia

cresceva: perchè non provarci di nuovo?

Foto: Enrico Dini [u.s.]

Foto: LA MACCHINA La piattaforma Dinitech: una stampante sei metri per sei che lavora come un comune

inkject stendendo fogli di sabbia su cui scrive con l'in chiostro-collante, fino a creare cubi di granelli

spazzolati, fino al prodotto finale [web]

06/04/2014 13Pag. Libero - Ed. nazionale(diffusione:125215, tiratura:224026)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 72

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DE VINCENZI: «MA L'AZIENDA NON SARÀ CHIUSA». PAVARINO: «I LAVORATORI SONO GIÀ A CASA» Baruffa sui cantieri navali lite tra sindaco ed ex operaio Clima teso sui Rodriquez alla conferenza del Polo di centrodestra LA POLITICA Carrara ha ribadito lanecessità di rivedere il progetto di riqualificazione del cantiere navale SILVIA ANDREETTO PIETRA. E' stato l'arrivo del sindaco Luigi De Vincenzi, nel bel mezzo della conferenza stampa sulla

questione della riconversione delle aree dei cantieri navali, indetta dai cinque consiglieri del Polo di Centro

Destra della Lista Civica Pietrese, a dare il via a una vera e propria baruffa con Pier Giorgio Pavarino, unico

degli ex lavoratori dei Rodriquez, e membro della Rsu, presente tra il pubblico all'incontro con la stampa. In

conclusione dell'intervento dell'assessore Mario Carrara, in cui ha rimarcato la posizione del Polo di Centro

Destra Pietrese (di cui è presidente), di rivedere il progetto di riqualificazione del cantiere navale emersa

quando Intermarine ha dato il via alla chiusura del cantiere navale e al licenziamento di tutti i lavoratori - il

sindaco De Vincenzi ha smentito categoricamente che il cantiere verrà chiuso e che i lavoratori saranno

licenziati. A quel punto Pavarino, che nelle settimane scorse si era già scagliato contro l'azienda, ma anche

contro le istituzioni, sostenendo la "forzata" sottoscrizione dell'accordo sindacale con Intermarine, ha ribadito

come i lavoratori siano senza lavoro e il cantiere già chiuso. Versione a cui il sindaco De Vincenzi si è

opposto duramente, sostenendo che il cantiere non verrà chiuso e che nessuno degli operai è stato

licenziato. Una posizione, quella di Pavarino, che era già stata contestata dagli altri rappresentanti sindacali

che avevano smentito in toto il collega, rimarcando come l'accordo sottoscritto fosse il migliore per ottenere

altri due anni di cassa integrazione, in attesa che fosse costruito il nuovo cantiere navale e gli ex dipendenti

venissero riassunti. Carrara ha smentito quanto sostenuto dal sindaco De Vincenzi, la scorsa settimana,

riguardo la richiesta dei consiglieri di maggioranza del Polo di Centro Destra di non portare il progetto dei

cantieri in consiglio comunale prima della fine della legislatura per scopi elettoralistici. «Quando si è in

difficoltà e non si hanno risposte valide e concrete, un modo efficace per svilire le tesi altrui è dire che sono

tesi elettoralistiche o da campagna elettorale, come se, durante la campagna elettorale, si dicessero solo

cose fantasiose o campate per aria per prendere voti e non, invece, assumersi la responsabilità di dire le

cose come stanno veramente, mettendoci la faccia di fronte ai cittadini - dice Carrara - . Se anche le elezioni

non ci fossero state ora, l'attuale progetto, dopo il fatto clamoroso della definitiva chiusura della fabbrica e del

licenziamento di tutti e 13 i lavoratori, avrebbe dovuto essere riconsiderato totalmente. E' infatti venuta a

mancare la condizione imprescindibile della costruzione del nuovo cantiere che per tutti questi anni è stata

sostenuta affinchè la Regione approvasse la riconversione dell'area». Per questo il Polo di Centro Destra

propone una scelta di sviluppo turistico produttivo che garantisca una sicura prospettiva di occupazione e di

crescita economica per la città con la realizzazione di una Spa, di un impianto termale con l'acqua marina e la

realizzazione di nuove spiagge al posto del porto, che potrebbero gestire gli stesi dipendenti del cantiere

licenziati. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Il rendering del progetto di trasformazione dei cantieri Rodriquez

05/04/2014 23Pag. Il Secolo XIX - Savona(diffusione:103223, tiratura:127026)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 73

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L'ALLARME DEGLI ABITANTI DEL FELETTINO «Noi, assediati dal cantiere» La denuncia: il servizio di Radioterapia sorgerà a pochi metri dalle nostre finestre SILVA COLLECCHIA "VENGA a vedere: il cantiere per la costruzione della radioterapia non è stato aperto dove in pompa magna è

stata posata la prima pietra, ma dall'altra parte della collina, a pochi metri da casa mia». Annalisa Cozzani ha

un diavolo per capello. Attaccato al muro di recinzione della sua villetta, sulla collina del Felettino, l'impresa

incaricata dall'Azienda sanitaria locale di effettuare i lavori, ha iniziato la palificazione per poi costruire i

bunker del nuovo reparto di radioterapia. «Ci hanno detto che sopra i bunker saranno ricavati alcuni posti

auto e che con la realizzazione della radioterapia le nostre casa avranno più valore - dice sconsolata

Annalisa Cozzani -. Sarà, ma se prima vedevamo il Golfo tra qualche mese vedremo le coperture della

radioterapia. E speriamo che le radiazioni inon arrivino anche a noi. Oltre al danno ci prendono anche in giro

e questo indispettisce e amareggia». Anche l'orto della villetta, insieme a oliveti e moltissimi altri terreni

coltivati dovrà essere sacrificato. Ma la signora Cozzani non è l'unica a puntare l'indice sul cantiere. «Il nostro

paese, uno dei più antichi della Spezia rischia di essere stravolto con la costruzione del nuovo ospedale -

spiega il presidente del comitato "pro Felettino" - A ridosso dell'unica strada d'accesso sorgerà un

megaparcheggio a disposizione del nosocomio ed ettari di verde e di terreni pieni di olivi secolari saranno

spazzati via». Il comune della Spezia sta lavorando per espropriare i piccoli proprietari dei terreni.

Un'operazione che suscita più di un mugugno. Il caso emblematico è rappresentato da un terreno vista mare

di 1550 metri quadrati per il quale il comune ha offerto ai proprietari 36 mila euro. Lo stesso terreno anni fa fu

valutato, nell'ambito di un passaggio di proprietà, 10 volte tanto. «A me porteranno via l'orto davanti casa e mi

resterà solo uno stretto passaggio per raggiungere la mia casa - dice Lucia Murro - Io sono pensionata, e nel

mio orto coltivavo le verdure e la frutta per tutta la mia famiglia. Per noi si tratta di un grosso danno, anche la

casa perderà valore, ma nessuno lo vuole capire». In questo momento la preoccupazione maggiore dei

residenti è via Cerreti, la strada che attraversa il borgo arroccato. «La strada prima dell'apertura del cantiere,

nel bel mezzo del nostro paese e non dal lato ospedale hanno cercato di far credere con la posa della prima

pietra, è sempre stata a senso unico in quanto molto stretta e piena di curve - spiega Daniela Paganini -

Dall'altra parte si utilizzava un'altra strada a scendere, che è stata soppressa per consentire l'avvio del

cantiere creando un vero e proprio pericolo per tutti. Infatti basta un mezzo fermo, per qualsiasi motivo, che

una buona parte del paese rischia di restare isolato in quanto non vi sono altre vie di fuga". La gente del

posto non nasconde il proprio disappunto. «Noi non siamo mai stati contrari alla realizzazione del nuovo

ospedale - puntualizza il presidente del Comitato - Ma purtroppo nessuno ha ascoltato i nostri problemi e ora

il paese rischia davvero molto. Ma, con un po' di buona volontà e di rispetto nei confronti di tutti noi, si

potrebbe ancora fare: spostare l'ospedale di una cinquantina di metri, in direzione del cantiere della Variante

(dall'ingresso dell'ospedale a sinistra) nei terreni incolti della Curia». Lo spostamento del nosocomio

consentirebbe alle abitazioni del Felettino di mantenere la splendida del vista sul Golfo che sarà poi

appannaggio delle stanze dell'ospedale o, addirittura, la luce solare per buona parte del pomeriggio. Secondo

i residenti il progetto, dello studio inglese Hopkins, non tiene conto delle case, perché di baserebbe su mappe

catastali vecchie.

Foto: Allarme dal Felettino: i residenti denunciano i disagi per il cantiere della nuova radioterapia

06/04/2014 15Pag. Il Secolo XIX - La spezia(diffusione:103223, tiratura:127026)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 74

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Protesta al femminile per salvare la «Privilege» D.G. CIVITAVECCHIA Neanche la pioggia ha fermato le «donne Privilege» che ieri mattina hanno guidato la

marcia a difesa del lavoro per le vie del centro. Un corteo pacifico e rumoroso, con fischietti, pentole e

megafoni per far sentire a tutti la propria rabbia ed indignazione davanti ad una situazione occupazionale al

limite in città. Perché la vicenda del cantiere Privilege Yard, i cui lavori sono fermi da dicembre e dove in sette

anni non è stato realizzato neanche un megayacht, è uno dei problemi che affliggono il territorio. E ieri, infatti,

a manifestare con gli operai del cantiere, c'erano rappresentanze di diverse categorie di lavoratori, come Hcs;

e poi pensionati, sindacati e politici. «Privilege hai affossato il futuro dei nostri figli» si leggeva su uno

striscione. E ancora: «Siamo alla fame», oppure «Voi indifferenti, noi disperati». Arrivati sotto Palazzo del

Pincio gli operai sono riusciti ad ottenere, tramite il comandante della Polizia Locale, un incontro con il

commissario straordinario Ferdinando Santoriello martedì mattina. «Anche perché - hanno spiegato - in 15

giorni di presidio al cantiere non si è mai fatto vedere». E si pensa anche allo sciopero generale cittadino, se

questo può servire a porre la giusta attenzione sui problemi del lavoro.

Foto: Manifestazione Sotto la pioggia in piazza

06/04/2014 8Pag. Il Tempo - Roma(diffusione:50651, tiratura:76264)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 75

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IL REPORTAGE «L'Aquila rivivrà se demoliremo le new town» JOLANDA BUFALINI INVIATA A L'AQUILA Le new town? «Noi le vogliamo demolire». L'affermazione è forte soprattutto perché viene dal giovane

segretario della Fillea, Emanuele Verrocchi, ovvero dal sindacato delle costruzioni della Cgil aquilana, che nel

senso comune dovrebbe pensare piuttosto a costruire che a propugnare il «consumo zero di territorio».

Eppure lui va giù deciso: «Demolire le new town non è uno slogan, stiamo lavorando a un progetto serio su

questo, sapendo che ancora servono e che ci sono le assegnazioni in corso per le persone, come i single,

che erano state escluse nella fase dell'emergenza». Però il punto è che «secondo noi il futuro de L'Aquila va

in un'altra direzione rispetto al Progetto Case. L'Aquila è città d'arte, quella è la sua vocazione, come sua

vocazione è la difesa della natura, del territorio che ha intorno, su queste basi può rinascere». E non basta:

«Le new town sono state il simbolo della dispersione, dell'isolamento delle persone e delle famiglie che con il

terremoto hanno perso non solo i propri cari e la casa ma anche il senso della loro socialità. Demolirle ha un

senso anche rispetto al trauma psicologico, ai disagi psichici generati dal sisma». Percorriamo via Roma,

zona rossa, una delle strade del centro storico trasformata dal sisma in una «Cambogia». Difficile dire cosa

risorgerà al posto dei cumuli di pietre in cui si sono trasformati i palazzi antichi, pero' si apre il cuore a San

Pietro a Coppito: la piazza, la chiesa con i suoi leoni romanici e' stata uno dei simboli della distruzione delle

cose piu' amate. Ora, attraverso i bandoni si vede il restauro, il cumulo dei marmi non è più tristemente a

terra. Cantiere del Mibac, come tanti altri cantieri partiti grazie ai Beni culturali, che si sono dimostrati, contro

ogni previsione delle ideologia mercatiste e emergenziali, l'istituzione più efficiente, pur con le forze limitate,

perché non c'è personale in più . Una buona notizia per gli aquilani, in questo quinto anno di passione, e'

stata la riconferma di Fabrizio Magani, il direttore generale per l'Abruzzo, decisa dal ministro Franceschini. In

piazza Duomo c'è Giovanni Lolli, esponente Pd che, dal 2009, dentro e fuori il Parlamento, ha svolto il ruolo

di «Wolf» , il risolutore di problemi di Pulp Fiction, dai finanziamenti, alle tasse, alla psicologia, quando la

confrontation istituzionale portava sull'orlo di una crisi di nervi. Così quando gli chiedo cosa pensa della

proposta di demolire le new town sbotta in dialetto: «E mo' quantu ce costa?». Per Lolli il principale difetto del

Progetto Case è stato «che era già pronto, calato su L'Aquila e non modulato sulla città». Verrocchi non si

scompone. Demolire i prefabbricati che non servono, mentre «i pilastri antisismici possono venire utili per i

servizi o i parcheggi del parco naturale». Idee ancora provvisorie, sostenute, però, da una visione che il

segretario nazionale della Fillea, Walter Schiavella, fa propria: «Sostenemmo fin da allora che si deve

privileggiare il recupero, che era sbagliata l'idea di Berlusconi di città satellite non temporanee, che si sono

dimostrate uno spreco di denaro, sono di qualità non alta, hanno consumato territorio, hanno costi elevati di

gestione e, parallelamente, hanno inciso su un troppo lento ripristino del centro». Gianni Di Cesare,

segretario regionale della Cgil, ritorna al 2009: «Quando Berlusconi disse agli aquilani "dalle tende alle case",

non ci fu partita. Non ci potevamo opporre, abbiamo impedito che venissero costruite a piazza d'Armi, che e'

parco urbano». Però, aggiunge, Di Cesare, «le new town hanno anche frenato altri fenomeni negativi, come il

proliferare di soluzioni abusive, che pure ci sono state. Oggi e' difficile imporre a un pensionato da 600 euro

al mese di demolire la casa costruita in emergenza, magari dove c'è l'acqua o su terreno agricolo». È un'idea

che «va benissimo» per l'urbanista Vezio De Lucia perché «le new town sono un obrobrio da tutti i punti di

vista» e «il comune non riuscirà mai a gestirle». Spiega l'architetto Antonio Perotti che «L'Aquila, prima del

terremoto, aveva 60 frazioni, ora ne ha 100». Questo significa - siega De Lucia «che non si riesce a installare

una edicola, figuriamoci un asilo nido o una fermata dell'autobus». Demolire sarebbe una operazione di

«saggezza urbanistica enorme e l'Italia un grande Stato se lo facesse, perché è una impresa che richiede

molte risorse finanziarie». Ed è chiaro che «non si devono togliere risorse al centro storico». Però sapere

dove si vuole andare è importante, «una volta - sospira De Lucia - questo si chiamava pianificare». Cinque

anni dopo tornano, per la fiaccolata, i genitori dei ragazzi rimasti sotto le macerie, nel pomeriggio incontrano i

06/04/2014 10Pag. L Unita - Ed. nazionale(diffusione:54625, tiratura:359000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 76

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parenti degli aquilani e gli altri familiari delle catastrofi che si sono compiute per colpa e negligenza di

istituzioni e società. Alcuni, però, quest'anno hanno scelto di restare a casa, di non rinnovare il dolore terribile

di quella notte. C'è, arrivata dalla Grecia, la famiglia di Vassilis Koufolias, che morì a Via Campo di Fossa e

dove si ferì anche sua sorella, che dal 2009, passa da una operazione all'altra. Sergio Bianchi, che ha tatuato

sul braccio il nome di suo figlio Nicola, è venuto a L'Aquila perché con i proventi del libro «Macerie dentro» ha

istituito due borse di studio per giovani geologi. Antonio Di Franco è un piccolo imprenditore del restauro edile

che lavora a L'Aquila. Ha letto il nostro articolo sui cantieri, sul lavoro nero della manodopera portata dalla

Romania, sulla necessita' dei controlli, per evitare altre tragedie: «Cruciale - ci dice - sarebbe

responsabilizzare i tecnici, ingegneri e architetti, che hanno la direzione del cantiere e i proprietari. Loro

devono sapere cosa succede in casa loro». Cinque anni fa la scossa Sindacati, politici e architetti vorrebbero

rivedere il Progetto Case «Ha isolato e disperso famiglie e persone»

Foto: FOTO LAPRESSE

Foto: Le new town di L'Aquila hanno creato isolamento e dispersione

06/04/2014 10Pag. L Unita - Ed. nazionale(diffusione:54625, tiratura:359000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 77

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EMERGENZA CASA IL PROGRAMMA DI INTERVENTI Edilizia sociale: in arrivo altri 49 appartamenti Apes I NUOVI 49 alloggi popolari o a canone concordato quasi pronti in via Martin Luther King, edificio con corpo

centrale di 5 piani e dure 'torri' di 7 piani, promettono riscaldamento e acqua calda per tutto l'anno a un costo

medio, tutto compreso, di 400 euro. «Un terzo in meno - dice il presidente di Apes, Lorenzo Bani - rispetto

alla bolletta corrente per chi abita in un appartamento tradizionale, dove il costo complessivo delle bollette

supera ormai di gran lunga quello dell'affitto». Il sogno di una casa moderna ma a costo sopportabile si

avvererà (ma non certo per tutti i 350 in lista di attesa) nella prossima estate, ma 'operazione di assegnazione

scatta a maggio. Non è però uguale per tutti perché 22 alloggi sono veri e proprie case popolari mentre 27

sono a disposizione della cosiddetta fascia familiare grigia, cioè chi ha un reddito superiore ai 16 mila euro

(quota massima per un alloggio popolare) ma non supera i 35 mila euro di dichiarazione Isee. Due situazioni

che al centro si sfiorano e che produranno anche passaggi dall'una all'altra categoria. E mentre l'affitto medio

per un alloggio popolare è di 90 euro, per quelli a canone convenzionato si partirà da un minimo di 250 euro

per 45 metri di alloggio fino ai circa 400 per alloggi di 80 metri con tre camere. Siamo dunque in vista del

traguardo dopo una lunga attesa (anche in questo caso la prima ditta appaltatrice era fallita) mentre erano

cinque anni che Pontedera non riusciva ad arricchire il suo ingente patrimonio di edilizia sociale. Che supera

di gran lunga quota mille e nel quale gli alloggi tuttora di proprietà pubblica (gli altri sono stati acquistati dagli

inquilini) sfiorano quota 800. «In questi anni in cui non ci sono stati nuovi alloggi - spiega l'assessore Marco

Cecchi - ne abbiamo però recuperato e riassegnati oltre 50 attraverso una attenta politica tesa a escludere

chi non aveva più i requisiti e a rimettere a nuovo gli appartamenti via via liberati. E questa nuova possibilità

si intersecherà con quelle già atto perché potremo spostare in un nuovo e più piccolo appartamento famiglie

di assegnatari rimaste in due o tre persone in alloggi molto grandi». «Altre situazioni ancora - conclude il

sindaco Millozzi - potremo aggiustare accordandoci con costruttori privati in modo che mettano a disposizione

dell'edilizia a canone concordato uno o due alloggi o la terra per costruirli. Infine, inaugureremo a maggio

anche gli alloggi al Villaggio, nella ex Rsa, per situazioni di emergenza.

05/04/2014 18Pag. QN - La Nazione - Pisa(diffusione:136993, tiratura:176177)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 78

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VARIANTE URBANISTICA LA PRESENTAZIONE UFFICIALE DELL'ATTO «E' tempo di vera rivoluzione» Prima casa e alberghi, cambiano anche gli oneri per il Comune ECCO COSA CAMBIERÀ per ampliamenti, svincoli alberghi, case per i figli ed edilizia convenzionata. Il

sindaco Alessandro Del Dotto e l'assessore all'urbanistica Simone Leo hanno presentato la 'variantina' che

verrà adottata dal consiglio comunale prima dell'estate. Dunque scendiamo nei dettagli: per gli alberghi, se ne

favorisce il rilancio, ma se i posti letto sono tra 50 e 60 si può solo trasformarne la destinazione in

commerciale, sanitaria o direzionale. Se i posti sono più di 60 non si può mutare destinazione. Se sono sotto i

50 si può trasformare l'hotel anche in appartamenti solo se, per ragioni edilizie ed altro, la struttura non può

essere adeguata agli standard attualmente previsti. Il Tar aveva infatti dichiarato illegittima la norma

precedente che ne prevedeva lo svincolo automatico in base al numero di camere. GLI ONERI e i calcoli

restano gli stessi senza versare 'superoneri', dichiarati anch'essi illegittimi dal Tar, e si passa a richiedere un

10% da versare al Comune che può essere un appartamento, da destinare ad edilizia residenziale pubblica o

il valore corrispondente al prezzo di mercato dell'immobile da cedere: ad esempio se il 10% è da calcolare su

5 alloggi. Gli hotel si potranno ampliare di un 40% invece che di un 30% e per i piani di recupero si passa dal

60% al 70%. Per le case ai figli, il proprietario, ovvero il genitore, potrà frazionare la propria abitazione in due,

tre, eccetera considerandola quindi mediamente di 500 metri cubi potrà avere due immobili di 70 metri

quadrati ognuno: solo per figli, se il genitore non ha altre case in Italia e con una convenzione che obbliga il

figlio a non cederla per un decennio, né affittarla o darla in usufrutto. Cambia la monetizzazione degli

standard dei parcheggi che per Lido era di 20.000 euro, per Camaiore di 10.000 (già ridotti entrambi del 50%)

e per le recenti costruzioni in collina di 20.000 euro. Per gli edifici non schedati e non abusivi, su cui finora

non si poteva intervenire se non a parità di volume per ristrutturarli, se hanno i requisiti minimi ovvero 40

metri quadrati e 2,40 metri di altezza, si potranno ampliare di un 20% del volume ovvero non oltre i 20 metri

quadrati previsti per gli immobili di interesse tipologico e ambientale. Per la sostituzione edilizia, se demolisco

e ricostruisco, oggi dovrei in ogni caso rispettare la distanza di 10 metri da altre costruzioni: con la variante

potrò r icostruire mantenendo la distanza attuale anche inferiore. Isabella Piaceri Image:

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06/04/2014 12Pag. QN - La Nazione - Viareggio(diffusione:136993, tiratura:176177)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 79

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villaggio globale Così Panama cambia Canale per riscrivere le rotte del business Arturo Zampaglione Così Panama cambia Canale per riscrivere le rotte del business alle pagine 12 e 13 New York Il braccio di

ferro tra il presidente di Panama Ricardo Martinelli e il consorzio internazionale Gupc (Grupo unido por el

Canal), guidato dalla spagnola Sacyr e con il colosso italiano delle costruzioni Salini Impregilo in primo piano,

è durato per settimane e settimane, con incomprensioni, critiche e dichiarazioni bellicose da entrambi le parti.

E spesso si è temuto che il megaprogetto di allargamento e modernizzazione del Canale di Panama potesse

arenarsi, o quanto meno subire forti ritardi. Il consorzio Gupc aveva infatti minacciato di tirarsi indietro, l i c e

n z i a n d o 10mila operai. E il governo panamense ipotizzava di affidare a qualche altro gruppo il

completamento dei lavori. Al centro della disputa, un aumento sensibile dei costi per 1,6 miliardi di dollari,

quasi la metà del valore originario del contratto. Il mese scorso, in extremis, è stato trovato un accordo su

come dividere i costi aggiuntivi. E tranne nuove sorprese, l'inaugurazione del sistema di nuove chiuse avverrà

nel dicembre 2015: con un costo complessivo di 5,25 miliardi di dollari e con più di un anno di ritardo rispetto

alla scadenza simbolica del prossimo 15 agosto, quando il Canale celebrerà il centesimo compleanno.

Panama tira un respiro di sollievo: quei 77 chilometri di Canale, la cui costruzione fu avviata dai francesi nel

1881 e completata dagli americani quando l'Europa era sconvolta dalla prima guerra mondiale, sono

essenziali per il paese centroamericano e per i suoi quattro milioni di abitanti. Da lì arriva il grosso delle

risorse del paese. Da lì viene alimentata una economia in rapida crescita, che non è stata toccata dalla

recessione del 2007 e che l'anno scorso ha continuato a espandersi a ritmi pazzeschi. Ma il Canale è anche

vitale per i commerci internazionali, quindi per l'economia mondiale, perché abbrevia le distanze tra l'Asia e la

costa orientale delle Americhe. E proprio la sua importanza geo-politica e il suo valore strategico spiegano la

ricorrente tentazione di trovare alternative. Prim'ancora che fossero avviati i lavori a Panama, l'imperatore

francese Napoleone III e i finanzieri americani Cornelius Vanderbilt e J.P. Morgan inseguirono l'idea di

costruire un canale nel Nicaragua, sfruttando il grande lago Cocibolca. La ricerca di altre rotte è poi diventata

di grande attualità da un lato per l'invecchiamento del canale di Panama, che non fu progettato per le

petroliere e i grandi portacontainer di oggi, dall'altro per l'esplosione dei commerci. Secondo gli esperti, per

effetto del riscaldamento del pianeta e dello scioglimento dei ghiacci, tra poco potrà essere usato il

"Passaggio a Nord-Ovest", cioè la rotta artica tra l'Alaska, il Canada e il circolo polare, accorciando di 9300

chilometri le distanze marittime tra la Cina all'Europa. E i generali americani, che fino al 2000, cioè fino a

quando il Canale di Panama era "affittato" agli Stati Uniti, ne avevano il controllo militare, adesso si

preparano a garantire la sicurezza della rotta artica attrezzando unità rompighiaccio e addestrando

sottomarini nucleari. Ingegneri e geologi sono poi al lavoro, sia in Honduras che in Colombia, per verificare la

fattibilità di una linea ferroviaria di più di 200 chilometri che trasporti efficientemente le merci dalla costa

Pacifica a quella Atlantica e viceversa. E poi c'è Wang Jing, il quarantunenne miliardario cinese delle

telecomunicazioni, che non ha ancora una fama mondiale, ma è molto conosciuto nell'America centrale. E'

lui, infatti, ad avere convinto il presidente del Nicaragua Manuel Ortega, nemico giurato di Washington, ad

affidare alla sua società Hknd una concessione cinquantennale per la costruzione e gestione di un canale di

27 metri di profondità, 520 di larghezza, 90 chilometri di lunghezza e 40 miliardi di dollari di costo.

"Cambieremo il mondo", esulta Wan Jin, pensando anche agli interessi industriali della Cina, a cominciare dal

petrolio del Venezuela e dalle materie prime brasiliane. In teoria il Canale-bis potrebbe essere operativo in

meno di un decennio, aiutando lo sviluppo del Nicaragua, che è il secondo paese più povero delle Americhe

dopo Haiti. Ma il progetto è tutt'altro che facile sotto il profilo ingegneristico e ambientale, e naturalmente

dovrà sempre fare i conti con il fratello maggiore, cioè con il Canale di Panama, dove i lavori di ampliamento,

approvati con un referendum nazionale nel 2006, creeranno un nuovo sistema di chiuse più larghe (da 33,5

metri a 55), più profonde (da 12,8 metri a 18,3) e più lunghe, superando il limite attuale di 294 metri e

07/04/2014 1Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.13 - 7 aprile 2014(diffusione:581000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 80

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consentendo a navi fino a 366 metri di passare da un oceano all'altro senza essere costrette ad andare fino

allo stretto di Magellano. Cento anni fa solo mille navi l'anno transitavano per il Canale, nel 2008 invece il

numero delle Panamex (cioè delle imbarcazioni che hanno le dimensioni adatte) è salito a 14.702, creando

congestioni alle due estremità, cioè al Porto di Cristobal nella baia di Limon, sul versante Atlantico, e nel

Porto di Balboa sull'altro lato. A volte le navi devono aspettare una settimana prima che il semaforo diventi

verde e possano completare il tragitto in una dozzina di ore. A volte, per guadagnare dei posti in fila, gli

armatori devono sborsare decine di migliaia di dollari. Senza contare che a ogni apertura delle chiuse viene

persa in mare un po' d'acqua del grande lago Gatun (470 chilometri quadrati), che è al centro del sistema del

Canale. Per risolvere questi problemi e rispondere alla concorrenza, nel luglio 2009 Panama affidò

l'ammodernamento della struttura e la costruzione dei sei chiuse - tre da una parte, tre dall'altra - alla società

belga di scavi Jan De Nul e al consorzio di cui, oltre a Sacyr e Impregilo, fa parte il gruppo panamense Cusa

e che fa leva per la parte finanziaria sulla compagnia di assicurazioni Zurich. Un investimento impegnativo,

questo, per Panama: che finirà per impiegare il 20 per cento del pil nazionale. Ma il progetto è importante

anche per le società interessate: il 20 per cento del fatturato di Manuel Manrique, chief executive della Sacyr,

viene proprio da Panama e non è un caso che le incertezze sul futuro del progetto abbiano avuto nei mesi

scorsi pesanti ripercussioni sulle quotazioni del titolo alla borsa di Madrid. Ma adesso si lavora alacremente: il

70 per cento del progetto è già finito, entro il dicembre dell'anno prossimo sarà completato il resto. PANAMA,

IL BOOM DEL PIL SALINI IMPREGILO IN BORSA EURO A MILANO FONTE: FMI CARLO V DI SPAGNA

EUROPA PERU WILLIAM KENISH USA ATLANTIC PACIFIC MARINA FRANCESE PARIGI CANALE DI

SUEZ LA COMAPAGNIE NOUVELLE DU CANAL DE PANAMA COLOMBIA S. DI MEO

[ LA SCHEDA ] Il know-how italiano di Salini Impregilo al servizio di un'opera faraonica

Il progetto di cui è capofila Salini Impregilo prevede la realizzazione di un nuovo canale che consentirà il

transito dal Canale di Panama di navi di maggiori dimensioni, incrementando il traffico commerciale in

risposta agli sviluppi ed alla continua espansione del mercato dei trasporti marittimi. La realizzazione del

Terzo Set di Chiuse del canale permetterà infatti il passaggio di navi denominate Post Panamax, con una

capacità sino a 12.000 TEUs , una lunghezza di 366 metri, una larghezza di 49 metri, un pescaggio di 15

metri. Oggi l'attuale sistema di chiuse consente il passaggio di natanti tipo Panamax, con una capacità di

4.400 TEUs, una lunghezza massima di 294 metri, una larghezza massima di 32 metri e un pescaggio di 12

metri. In particolare, il progetto prevede la costruzione di due chiuse a salto triplo: una chiusa a salto triplo sul

lato Atlantico ed una sul lato Pacifico. Queste chiuse permetteranno il sollevamento delle navi dal livello degli

Oceani al Lago Gatun (intermedio rispetto ai due Oceani) e viceversa, in un tempo inferiore a due ore.

Ognuna delle tre camere che costituiscono ciascuna chiusa è larga 55 metri, lunga 427, profonda 18,3, ed è

dotata di sistemi di paratie scorrevoli che consentono di superare il dislivello esistente di circa 27 metri tra gli

oceani ed il lago Gatun.

Foto: A fianco, Pietro Salini ; in basso a sinistra la costruzione del Canale in una foto del 1909

Foto: Un'immagine dei lavori per l'ampliamento del Canale di Panama , che dovrebbe essere completato

entro l'anno prossimo

07/04/2014 1Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.13 - 7 aprile 2014(diffusione:581000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 81

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Architetti contro federalismo "Una giungla le norme edilizie" IL PRESIDENTE LEOPOLDO FREYRIE: "LA RIFORMA DEL 2001 DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONEHA FATTO A FETTINE LA GEOGRAFIA E IL TERRITORIO. LA MARCIA INDIETRO È SACROSANTA,L'INTERESSE NAZIONALE DEVE ESSERE PRIORITARIO" Filippo Santelli Correggere la «sbandata federalista» che ha frammentato il governo del territorio tra le «piccole patrie» di

Regioni e Comuni. E subito dopo approvare una nuova legge urbanistica nazionale, in grado di fare ordine

nella giungla di norma su edilizia e proprietà. Sono queste le misure più urgenti per far ripartire il mercato

delle costruzioni secondo il Consiglio nazionale degli architetti. Ma con una nuova logica, come spiega il

presidente Leopoldo Freyrie: «Non più basata su nuove edificazioni e consumo del territorio, ma sul recupero

e l'efficientamento di ciò che già esiste». Interventi che potrebbero interessare circa 8 milioni di edifici e

portare a un risparmio energetico pari a 22 miliardi di euro l'anno. Dagli architetti arriva dunque un plauso alla

proposta di riforma del Titolo V della Costituzione targata Matteo Renzi. Il disegno di legge presentato dal

governo prevede di allargare le materie di competenza esclusiva dello Stato e inserisce una clausola di

«supremazia dell'interesse nazionale» in quelle di competenza regionale. In sostanza, un tentativo di

riportare sotto il controllo dell'amministrazione centrale temi come le infrastrutture, le reti energetiche e

l'urbanistica. «La riforma federalista del 2001 ha fatto a fettine la geografia e il territorio - commenta Freyrie -

la marcia indietro è sacrosanta». Un primo passo, a cui gli architetti chiedono di far seguire l'approvazione di

una nuova legge urbanistica. Quella vigente risale addirittura al 1942, del tutto inadeguata a sostenere gli

interventi che vanno in direzione della ristrutturazione del costruito: «Per convertire a uso abitativo un edificio

industriale vincoli e oneri di urbanizzazione sono superiori rispetto all'edificazione su un terreno libero»,

spiega il presidente. «Questa complessità normativa ostacola il recupero degli 8 milioni di edifici sorti in Italia

tra la fine della guerra e gli anni '80, che hanno standard energetici molto bassi». Interventi che non

richiederebbero neppure particolari investimenti pubblici, ma si ripagherebbero con i risparmi ottenuti, «in

media in 7 anni». L'ultima legge di stabilità ha prorogato gli sgravi fiscali del 65% per chi investe in efficienza

energetica, anche nel tentativo di dare un po' di ossigeno al settore delle costruzioni e ai 150mila architetti

italiani, il cui reddito medio è sceso a 20mila euro l'anno. Secondo Freyrie però per essere più efficaci i

benefici andrebbero resi progressivi: «Non legati alla somma investita ma al risparmio di energia

effettivamente ottenuto. Così fanno in Germania». CRESME CNAPPC

Foto: Qui sopra, Leopoldo Freyrie , presidente del Consiglio nazionale architetti

07/04/2014 29Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.13 - 7 aprile 2014(diffusione:581000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 82

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Industria del mobile, un'emorragia per risalire serve una spinta fiscale NEMMENO L'EXPORT, L'UNICA VOCE CON IL SEGNO PIÙ, RIESCE AD ARGINARE LA CRISI CHE NEL2013 HA VISTO LA PERDITA DI 6.821 ADDETTI E DI 2.411 AZIENDE. E LA CRESCITA DELLEESPORTAZIONI NON COMPENSA LA CADUTA DEL CONSUMO INTERNO LA RICETTA DI SNAIDERO Vito de Ceglia Milano Non c'è pace per l'industria del legno-arredo. Nemmeno l'export, l'unica voce con il segno più, è

riuscito ad arginare un'emorragia che nel 2013 ha visto la perdita di 6.821 addetti (-1,8%) e di 2.411 aziende

(-3,5%) rispetto all'anno precedente. Numeri impressionanti che purtroppo si devono aggiungere a quelli

registrati dall'inizio della crisi che ha spazzato via in poco meno di 10 anni 50mila posti di lavoro e 12mila

imprese. Un conto salato, anzi salatissimo che si misura giocoforza in un calo verticale del fatturato

aggregato dal 2007 al 2013 di 15 miliardi di euro, di cui 900 milioni di euro polverizzati lo scorso anno. Riparte

da qui, il comparto. E lo fa confidando, per il momento, su una sola certezza: la continua crescita dell'export,

trainata in questi ultimi anni dalla domanda dei mercati emergenti, che ha raggiunto lo scorso anno quota

12,8 miliardi di euro (+2,4%): cioè, quasi la metà fatturato totale alla produzione pari a 27,5 miliardi di euro (-

3,2%). Buona parte dei quali sono stati realizzati dal macrosistema dell'arredamento con 10,8 miliardi di euro

di esportazioni (+2,5%) su un giro di affari complessivo di 17,7 miliardi di euro (-2,5% sul 2012). Un risultato

negativo che evidentemente sconta la contrazione dei consumi interni (7,5%), passati in questo segmento di

mercato da 10,5 a 9,7 miliardi di euro. Per contro, risulta positivo il saldo export-import del +4,3% pari a 8

miliardi di euro. Situazione similare, sebbene con numeri diversi, quella del macrosistema del legno-edilizia

arredo che ha registrato un calo del fatturato alla produzione del -4,4%, passando da 10,2 a 9,8 miliardi di

euro. Con una crescita delle esportazioni del +1,7%, salite a quota 2 miliardi di euro. Cifra che, però, non

compensa la caduta del consumo interno (-5,6%) che oggi pesa 9,5 miliardi di euro, cioè 500 milioni in meno

rispetto al 2012. Anche in questo caso il saldo export-import è positivo ma con uno spread addirittura

dell'87,9%. Un bottino, quello portato in dote dalle esportazioni dell'intera filiera, che in realtà potrebbe essere

molto più consistente se l'euro forte non avesse frenato l'export italiano in giro per il mondo. Ma la vera

zavorra per il comparto resta comunque la cronica asfissia del mercato domestico, certificata dai calcoli nudi

e crudi del Centro Studi Cosmit FederlegnoArredo che rileva l'ennesimo depauperamento dei consumi interni

aggregati del comparto (-6,5%), passati in un anno da 20,5 a 19,2 miliardi di euro, e delle importazioni (-

3,2%), passate da 4,7 a 4,5 miliardi di euro. «La situazione, però, potrebbe essere anche peggiore se il

governo non avesse prorogato per il 2014 il bonus mobili - spiega Roberto Snaidero, presidente di

Federlegno-Arredo - Con questo provvedimento sono stati salvati per il momento 3.800 posti di lavoro e

1.000 aziende. Non solo, grazie all'introduzione della detrazione Irpef al 50% per una spesa massima di

10mila euro per l'acquisto di mobili ed elettrodomestici, si prevede un recupero di spesa al consumo di circa

1,2 miliardi di euro nel biennio 20132014». In questa direzione, secondo Snaidero, dovrebbe muoversi il

governo Renzi intervenendo sul riordino del sistema fiscale per rimodulare le aliquote Iva e le relative

agevolazioni. «È importante che il nostro Paese - osserva il presidente - si allinei agli standard europei:

ricordiamo come in Spagna, Francia e Belgio l'aliquota Iva sugli arredi è compresa tra il 6 e il 10% mentre è in

Italia al 22% per la maggioranza degli arredi». Nel caso fosse possibile, aggiunge ancora Snaidero, il governo

dovrebbe intervenire in modo mirato su una platea maggiormente circoscritta di consumatori che sono in

evidente difficoltà: quella delle giovani coppie. «Abbiamo proposto, insieme ai sindacati - spiega - di diminuire

l'aliquota Iva dal 22% all'8% per l'acquisto di arredi per questa categoria di persone. Agevolazione che

peraltro potrebbe essere allargata anche ai nuclei familiari monogenitoriali con figli minori». In Italia le giovani

coppie rappresentano circa il 10% delle famiglie italiane e assorbono oltre il 15% dei consumi d'arredamento.

Il sostegno a questa fascia debole della popolazione comporterebbe un vantaggio anche per le Pmi

dell'industria italiana del comparto, che costituiscono oltre il 90% della filiera. «Il provvedimento - puntualizza

07/04/2014 35Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.13 - 7 aprile 2014(diffusione:581000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 83

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Snaidero - rappresenterebbe, infatti, il logico completamento del "pacchetto-casa" varato dal governo Letta.

Misura che darebbe un ulteriore contributo al sostegno dei consumi nazionali di arredamento che, nonostante

il bonus mobili sono attesi ancora in calo del 4,4% nel 2014». Nel frattempo, FederlegnoArredo e sindacati

hanno unito le forze sottoscrivendo all'inizio dell'anno un protocollo d'intesa che promuove un "vademecum

operativo" per l'utilizzo delle detrazioni fiscali a favore dell'acquisto di arredi destinati ad abitazioni soggette a

ristrutturazione. In questa operazione, è previsto anche il coinvolgimento attivo dei Centri di assistenza fiscale

(Caf) di Uil, Cisl e Cgil per supportare gli utenti interessati al bonus mobili. «L'accordo - osserva Snaidero - è

un altro passo dell'attività che, insieme ai sindacati, stiamo portando avanti con sempre maggiore convinzione

e efficacia a favore di una politica industriale tesa a rilanciare il settore legno-arredo, uno dei motori della

nostra economia che contribuisce alla bilancia italiana dei pagamento con un saldo attivo di 8 miliardi di

euro». CENTRO STUDI COSMIT/ FEDERLEGANOARREDO

Foto: Il sistema mobile registra la crescita delle esportazioni del +1,7% salite a quota 2 miliardi di euro

Foto: Secondo il presidente di Federlegno Arredo Roberto Snaidero con il bonus fiscale sono stati salvati per

il momento 3.800 posti di lavoro e 1.000 aziende

07/04/2014 35Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.13 - 7 aprile 2014(diffusione:581000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 84

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L'analisi della società di consulenza Cse Crescendo sulle lacune delle mini-obbligazioni I minibond tradiscono le attese Nei prospetti informativi grande assente è il business plan GIUSEPPE DI VITTORIO Dopo tante parole di elogio sulle obbligazioni emesse dalle piccole e medie imprese ecco emergere le prime

criticità. I rilievi sono stati mossi da Cse Crescendo, società attiva nella consulenza strategica aziendale, che

analizzando le 15 emissioni fin qui lanciate, ha rilevato le principali carenze. In primo luogo l'assenza di un

chiaro business plan, documento essenziale per capire, secondo la società di consulenza strategica, la

capacità dell'impresa di generare ussi futuri di cassa. La prima preoccupazione di chi presta denaro è quella

di vedersi riconosciuti gli interessi via via maturati durante la vita del bond e alla scadenza il rimborso del

capitale. «Non vi è nessun obbligo di presentare un documento di questo tipo nel dispositivo legislativo e

nelle richieste di Borsa Italiana per l'ammissione alla quotazione» hanno sottolineato i consulenti. Più in

generale, secondo la società di consulenza, i minibond hanno fin qui tradito le aspettative, da strumento nato

e pensato per finanziare lo sviluppo di un'azienda magari attraverso l'internazionalizzazione sono diventati

uno strumento di fi nanziamento alternativo al canale bancario ma più che altro per la sopravvivenza

dell'impresa e non per gli investimenti. Tornando al business plan, con elevata probabilità, hanno aggiunto sul

punto in Cse Crescendo, il documento esiste ma è consegnato dalla società incaricata di assegnare il rating.

Il problema rimane perché, comunque, anche il giudizio sul merito di credito non è un obbligo e delle 15

emissioni analizzate solo 3 hanno un rating. Tutti i punti critici. La società ha cercato di ricostruire una forma

di business plan attraverso la parte delle comunicazioni al mercato dedicata ai rischi aziendali. Cse

Crescendo ha però individuato altri limiti. Le carenze più importanti sono state riscontrate sull'attrattività del

settore di appartenenza e dei suoi trend di crescita. Sarebbe stato importante, secondo i consulenti, indicare

con adeguata descrizione l'ambito di attività dell'azienda e come si sta evolvendo, con quali debolezze e

opportunità. Sul punto ha preferito esprimersi solo una azienda su 15 (Microcinema), con informazioni tuttavia

parziali. Altro punto dolente è il posizionamento dell'impresa all'interno del settore di riferimento e la sua

dinamica futura, anche in questo caso una sola azienda ha preferito indicare qualcosa sull'argomento, si

tratta di Mille Uno Bingo. Le comunicazioni sono però nascoste e troppo sintetiche. Assenti eccellenti sono

anche le previsioni economiche, fi nanziarie, e patrimoniali, Secondo Cse Crescendo si doveva puntare su

questo aspetto più sul quantitativo, ossia con indicazione dei numeri e della loro evoluzione. Notizie di questo

tipo sono riscontrabili in soli tre prospetti (Alessandro Rosso, Gpi e Grafi che Mazzucchelli). Le cose vanno

meglio invece quando si parla della specifica attività dell'impresa e dell'impiego delle risorse raccolte

attraverso l'emissione del minibond. Tutte tranne una, Meridie, descrivono l'attività che svolgono con

riferimento alla tipologia di clienti e alle esigenze che manifestano. Cosi come indicazioni ci sono sul prodotto

e sulla catena del valore generata. Il riconoscimento del miglior prospetto va in questo caso a Finanziaria

Internazionale (4 il voto sui 5 disponibili). Gli altri prospetti sono quasi tutti sul voto tre: descrizione esplicita

ma parziale. Quanto al piano di azione ovvero all'utilizzo delle risorse raccolte l'esito è più che soddisfacente

perché è stato indicato nel prospetto in tredici dei quindici casi considerati. La comunicazione più esaustiva è

quella di Filca Cooperative una società attiva nel settore dell'edilizia che ha preso il massimo dei voti, 5 su 5.

Le informazioni sono giudicate complete. Sul punto buoni anche i prospetti di Alessandro Rosso, Caar, Gpi e

Jsh Group si tratta di società attive rispettivamente nel settore: eventi, ingegneria, information technology e

ricezione alberghiera. Le aziende che hanno mancato l'indicazione sono invece Microcinema e Sudcommerci.

Cse Crescendo non ha mancato però nemmeno sull'impiego delle risorse di dare indicazioni nel senso che

spesso sono indicati gli obiettivi, ma non sono invece forniti dettagli sulle modalità per raggiungerli.

Le 15 mini obbligazioni quotate sull'Extra Mot. Società Emissione Business Durata Alessandro Rosso 4

milioni Eventi 5 Caar 2,8 milioni Ingegneria 5 Fide 2,7 milioni Finanza 3 Filca Cooperative 9 milioni

Costruzioni 6 Finanziaria Internazionale 12 milioni Finanza 1 Gpi 3,750 milioni It Servizi 5 Grafi che

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Mazzucchelli 2 milioni Servizi Tipografi ci 6 Jacobucci hf 4,950 milioni Produzione Industriale 4 Iar spa 3,684

milioni Finanza 2 Jsh group 1,8 milioni Hotel 5 Meridie 4 milioni Finanza 2 Microcinema 1001 1,5 milioni

Forniture Cinema 3 Bingo Prime sui 9 milioni Scommesse 5 Primi sui Motori 2,56 miliioni It 3 Sudcommerci

22 milioni Costruzioni 5 85 milioni Altri articoli sul sito www.italiaoggi.it/minibond

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I dati elaborati da Assifact sull'utilizzo dei fondi derivanti dallo sblocco dei pagamenti Crediti p.a., prima le imprese Ottenuti i rimborsi, la priorità va ai debiti commerciali BEATRICE MIGLIORINI Saldo dei debiti commerciali. Riduzione dell'esposizione verso le banche. Finanziamento del capitale

circolante. Pagamenti degli stipendi arretrati. Queste le priorità delle imprese che sono riuscite a ottenere, nel

2013, un rimborso, anche parziale, dei crediti vantati verso la pubblica amministrazione a fine 2012. Nel

dettaglio, i dati elaborati da Assifact (Associazione italiana per il factoring) e resi noti nel corso dell'incontro

«Ritardi nei pagamenti: l'opportunità del factoring», che si è svolto a Milano nei giorni scorsi, mostrano come

la riduzione dei debiti commerciali sia la priorità per tutti i settori produttivi: per il 37,6% dell'industria in senso

stretto, per il 36,1% del settore delle costruzioni, per il 28,7% per il settore dei servizi. A seguire, l'esigenza

più immediata è quella della riduzione dell'esposizione verso il sistema finanziario. È, infatti,. prioritaria per il

28,6% delle imprese operanti nel settore delle costruzioni, per il 19,6% dell'industria in senso stretto, il 16,6%

del settore dei servizi. Quasi di pari passo l'esigenza di finanziare altre forme di capitale circolante. «Per il

settore dei sevizi, questo tipo di operazione (26,1%) viene subito dopo quella di ridurre i debiti commerciali»,

ha spiegato nel corso dell'incontro il presidente di Assifact, Paolo Licciardello, «mentre l'esigenza è sentita

solo in minima parte dal settore delle costruzioni (7,7%)». Per quanto, invece, si assesti sul 9% per tutti i

settori l'esigenza di pagare gli stipendi arretrati, resta comunque una delle ultime voci di spesa in ordine di

priorità. Qualche miglioramento, invece, sul fronte della durata media effettiva dei crediti della pubblica

amministrazione. Il valore, infatti, è passato a essere, in media, di 180 giorni nel 2011, per poi assestarsi sui

170 giorni nel 2012 e 2013. Fermo, invece, a 90 giorni il ritardo medio dei pagamenti dei crediti della pubblica

amministrazione. Valore che continua a essere tra i più alti in Europa. Subito dopo l'Italia, infatti, ci sono

Spagna e Portogallo che, però, hanno una media di 15 e 17 giorni in meno essendosi assestate, già dal

2011, su una media di 75 e 73 giorni.

Utilizzi dello sblocco dei pagamenti della p.a.Tempi medi di pagamento 2013 Paese Durata effettiva media B2B Ritardo medio dei pagamenti B2B

Durata effettiva media CREDITI PA Francia 55 15 60 20 Germania 34 9 36 11 Italia 96 31 170 90 Portogallo

85 35 133 73 Regno Unito 41 16 41 16 Spagna 85 25 155 75 EUROPA 49 61 Ritardo medio dei pagamenti

CREDITI PA

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La Cassazione: il manufatto non è equiparabile a una costruzione, ma a un accessorio Canne fumarie, pochi vincoli È consentita l'installazione sul muro perimetrale GIUSEPPE BORDOLLI E GIANFRANCO DI RAGO Il singolo condomino può utilizzare il muro condominiale per installare una canna fumaria anche ove la stessa

venga collocata a ridosso del terrazzo di proprietà di un altro condomino, poiché detto manufatto non è

equiparabile a una costruzione, ma costituisce un semplice accessorio di un impianto, non essendo quindi

sottoposto alla disciplina legale sulla distanza delle costruzioni previste. È il principio espresso dalla

Cassazione nella sentenza n. 4936 del 3 marzo 2014. Il fatto. Un condomino del piano terra chiedeva

all'assemblea di poter installare sul muro perimetrale dell'edifi cio una canna fumaria necessaria per

l'evacuazione dei fumi del camino collocato all'interno del suo appartamento. L'assemblea, dopo aver valutato

la situazione, autorizzava con due diverse delibere l'installazione e, in entrambe le riunioni, il verbale veniva

sottoscritto da tutti i condomini presenti. Il condomino del piano terra procedeva quindi all'esecuzione

dell'opera, che veniva realizzata in conformità alle prescrizioni del regolamento edilizio comunale.

Successivamente, però, il proprietario dell'attico, che aveva prestato il consenso sottoscrivendo i verbali

assembleari, cambiava opinione e si rivolgeva all'autorità giudiziaria, sostenendo che la canna fumaria

impediva il suo diritto di veduta dal parapetto del terrazzo di sua esclusiva pertinenza. Il tribunale però

riteneva l'installazione della canna fumaria legittima. Rigettato in primo grado, il ricorso veniva accolto dalla

Corte d'appello, che ordinava al condomino del piano terra di demolire la canna fumaria di sfogo del camino

realizzato nell'appartamento di sua proprietà, condannandolo al pagamento delle spese del doppio grado di

giudizio. Per i giudici di secondo grado anche la canna fumaria poteva, infatti, essere fatta rientrare nella

categoria delle costruzioni e quindi doveva rispettare le distanze legali. Del resto dal contratto di

compravendita, osservava la Corte d'appello, risultava che il terrazzo davanti al quale era stata collocata la

canna fumaria fosse di proprietà esclusiva del proprietario dell'attico. Ragion per cui quest'ultimo aveva diritto

di fruirne e di esercitare la veduta, diretta e obliqua, come previsto dalla normativa in materia di distanze

legali fra costruzioni. Contro tale decisione il condomino del piano terra ricorreva in Cassazione, ritenendo

errata la sentenza d'appello nella parte in cui aveva applicato la disciplina generale delle distanze anziché le

norme speciali in tema di condominio che consentono al singolo condomino di realizzare opere sulle parti

comuni. In ogni caso il ricorrente obiettava pure che il terrazzo era connaturale alla struttura di copertura

dell'edifi cio ed era quindi di natura condominiale. La decisione della Suprema corte. La Cassazione ha quindi

confermato la legittimità dell'installazione della canna fumaria in questione sulla base di un articolato

ragionamento. In primo luogo i giudici hanno confermato come la terrazza a livello, quale accessorio rispetto

all'alloggio posto allo stesso piano, prevalga su quella di copertura dell'appartamento sottostante e, se dal

titolo non risulti il contrario, la terrazza medesima debba ritenersi appartenente al proprietario dell'attico, di cui

strutturalmente e funzionalmente è parte. Confermata la proprietà esclusiva del terrazzo, la Corte ha

concentrato la propria attenzione sul rapporto intercorrente tra le norme generali in tema di distanze e la

disciplina del condominio. In particolare la Cassazione ha precisato come ciascun condomino abbia il diritto di

utilizzare la parete perimetrale dell'edifi cio, avente natura condominiale, per l'apposizione della canna

fumaria, anche senza alcuna autorizzazione da parte degli altri condomini, purché, come nel caso in esame,

si rispettino i limiti previsti dalla legge, cioè non si alteri la destinazione del muro e non si impedisca agli altri

partecipanti di farne ugualmente uso, a nulla rilevando la disciplina sulla distanza delle costruzioni dalle

vedute. In altre parole, se sono stati rispettati i limiti sopra detti previsti dalla normativa condominiale, deve

ritenersi legittima l'opera che sia stata realizzata in violazione delle norme dettate per regolare i rapporti tra

proprietà esclusive, distinte e contigue. Del resto, come conclude la Cassazione, la canna fumaria (che è un

tubo in metallo) non è una costruzione, ma un semplice accessorio di un impianto, e quindi la sua

installazione sul muro perimetrale deve sempre ritenersi consentita, a meno che la stessa abbia dimensioni

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 88

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del tutto abnormi e superiori alla media.

I casi più ricorrenti in condominio Veranda: il condomino che abbia trasformato il proprio balcone in

veranda, elevandola sino alla soglia del balcone sovrastante, è soggetto alla normativa sulle distanze quando

l'opera non sia realizzata esattamente nell'area del balcone ma debordi dal suo perimetro (superamento dei

tre metri calcolati non dal parapetto, ma dal piano di calpestio del terrazzo sovrastante), in modo da limitare la

veduta in avanti e a piombo del proprietario sovrastante Manufatti in appoggio o aderenza al muro

condominiale: il condomino il quale realizzi un manufatto in appoggio o in aderenza al muro comune e lo elevi

sino alla soglia del balcone stesso è soggetto, rispetto a questo, al rispetto delle distanze di legge nel caso in

cui il manufatto non sia contenuto nello spazio volumetrico delimitato dalla proiezione verticale verso il basso

della soletta del balcone soprastante Canna fumaria di dimensioni superiori alla media: è illegittima

l'installazione sul muro perimetrale di una canna fumaria o di altro manufatto che, per le sue dimensioni,

riduca in modo apprezzabile la visuale di cui taluni condomini godono dalle fi nestre poste nello stesso muro

o collocata a breve distanza dalle fi nestre di altro condominio

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I percorsi puntano sull'aggiornamento e sulla sicurezza La crisi incide sulle peculiarità di quel che viene impartito ai lavoratori: l'esiguità attuale di risorse, infatti,

suggerisce alle imprese di concentrare il massimo della quota disponibile quasi esclusivamente sulle

iniziative «standard». Da gennaio 2012 a giugno 2013, infatti, nel 97,9% dei casi s'è scelto di effettuare

soltanto la formazione «di base», mentre la restante porzione comprende pochi progetti integrati con «attività

di bilancio delle competenze», di orientamento e fi nalizzati all'accompagnamento alla mobilità (o alla

ricollocazione). La «parte del leone» la fanno i programmi orientati a dare informazioni in merito alla tutela

della salute e della sicurezza in luoghi di lavoro: è, infatti, anno dopo anno questa la tematica più ricorrente

nei piani, in incremento di circa 12 punti percentuali rispetto all'anno prima, essendo presente in quasi la

metà dei progetti (il 42,3%), e coinvolgendo il 45,9% dei lavoratori. Si tratta, si evidenzia nel rapporto Isfol-

ministero del welfare, del «risultato di un'azione di promozione dei fondi interprofessionali» ed il dato appare

«in uenzato molto da quegli organismi dotati, al loro interno, di una robusta componente di imprese del

settore manifatturiero, o delle costruzioni», laddove garantire condizioni ottimali rappresenta non soltanto una

forma di difesa nei confronti degli occupati, bensì pure un rilevante «fattore di competitività e qualità» che va

a benefi cio della stessa realtà produttiva. Nozioni di carattere «trasversale» sono, invece, quelle concernenti

lo sviluppo delle abilità personali e la gestione aziendale, che costituiscono una fetta consistente

(complessivamente hanno riguardato oltre il 23,5% delle partecipazioni), sono invece in discesa le materie di

base come l'informatica e le lingue straniere, che collettivamente passano dal 17,7% dei 12 mesi precedenti

al 14,2% del 2013; il 7,4% è stato incentrato sulle tecniche e tecnologie di produzione della manifattura e

delle costruzioni, il 3,8% sulla vendita e sul marketing, mentre si rivelano assai ridotte le percentuali di

iniziative centrate sulla salvaguardia ambientale, sulla contabilità e fi nanza, su tecniche, tecnologie e

metodologie per l'erogazione di servizi economici, tecniche e tecnologie di produzione dell'agricoltura, della

zootecnica e della pesca, tecniche, tecnologie e metodologie per l'erogazione di servizi sanitari e sociali,

infine sulla contabilità e finanza, sulla conoscenza del contesto lavorativo e sulle attività d'uffi cio e di

segreteria.

Le fi nalità dei piani formativi (periodo gennaio 2012 -giugno 2013; val. %) Fonte: elaborazione Isfol su dati

del Sistema permanente di monitoraggio delle attività fi nanziate dai Fpi

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Prima casa Le agevolazioni per l'acquisto dopo la riforma / 1 FRANCO RICCA Da quest'anno, le agevolazioni fi scali sulla «prima casa» sono ancora più generose quando l'acquistoè

soggetto all'imposta di registro: l'imposta proporzionale è infatti passata dal 3 al 2%, le imposte ipocatastali

sono scese a 100 euro e non sono più dovuti i balzelli minori (imposta di bollo, tributi speciali catastali e tasse

ipotecarie). Se si compra in regime Iva, invece, l'aliquota è sempre del 4%, mentre le imposte ipocatastali

sono leggermente aumentate (400 euro). Questo soprattutto per effetto della riforma della tassazione degli

atti immobiliari, operata dal dlgs n. 23/2011. L'aspetto più singolare riguarda però il disallineamento,

nell'ambito dei presupposti dell'agevolazione «prima casa», sino a ieri identici nei due settori fi scali, del

requisito «non di lusso» per l'ammissibilità del benefi cio: da quest'anno, infatti, nelle compravendite soggette

a registro si guarda alla categoria catastale (essendo escluse dall'agevolazione le abitazioni A1, A8 e A9),

mentre nelle compravendite soggette all'Iva continuano a regnare le caratteristiche costruttive previste dal

decreto del 1969. 1. IL REGIME FISCALE DI FAVORE L'acquisto della «prima casa» è favorito da un regime

fi scale agevolato che prevede: - nel caso di atti soggetti all'Iva, l'applicazione dell'aliquota del 4% (anziché

del 10% o del 22%), in base alla disposizione del n. 21 della tabella A, parte II, allegata al dpr 26/10/72, n.

633, nonché le imposte ipotecaria e catastale fi sse di 200 euro ciascuna; sono inoltre dovuti l'imposta di

bollo, i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie - nel caso di atti soggetti all'imposta proporzionale di

registro, l'applicazione dell'aliquota del 2% (anziché del 9%), in base all'art. 1 della tariffa, parte prima,

allegata al dpr n. 131/86, come modifi cato a decorrere dal 1° gennaio 2014, nonché le imposte ipotecaria e

catastale fi sse di 50 euro ciascuna; non sono dovuti l'imposta di bollo, i tributi speciali catastali e le tasse

ipotecarie. L'Iva e l'imposta proporzionale di registro sono tra loro alternative: si applica l'Iva quando il

venditore è l'impresa che ha costruito o ristrutturato l'immobile, mentre se a vendere è un altro soggetto si

applica l'imposta proporzionale di registro. I requisiti soggettivi richiesti per l'agevolazione sono in entrambi i

casi quelli previsti dalla nota II-bis all'art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al dpr n. 131/86, descritti nel

successivo paragrafo 3. L'agevolazione spetta anche per l'acquisto o la costituzione dei diritti di nuda

proprietà, usufrutto, uso o abitazione, come pure per l'acquisto di una casa non ancora ultimata (purché

l'ultimazione non alteri le caratteristiche dell'immobile); in questo caso, anzi, anche ai lavori di completamento

si applicherà l'Iva del 4% in base al principio generale dell'art. 1 della legge n. 659/1961. Successione e

donazione L'agevolazione «prima casa» può essere fruita anche dagli eredi o donatari di abitazioni oggetto di

successione o donazione, relativamente alle imposte ipotecaria e catastale dovute in tale sede. L'art. 69,

comma 3, della legge n. 342/2000, infatti, stabilisce che le imposte ipotecaria e catastale sono applicate nella

misura fi ssa per i trasferimenti della proprietà di case di abitazione non di lusso, derivanti da successionio

donazioni, quando, in capo al beneficiario ovvero, in caso di pluralità di beneficiari, in capo ad almeno uno di

essi, sussistano i requisiti e le condizioni previste in materia di acquisto della prima abitazione. A tal fine,

l'interessato, nella dichiarazione di successione o nell'atto di donazione, deve dichiarare il possesso dei

requisiti e delle condizioni per beneficiare dell'agevolazione. Al riguardo, nella circolare dell'agenzia delle

entrate n. 2/E del 21/2/2014è stato confermato che l'agevolazioneè applicabile anche nel nuovo quadro

normativo in vigore dal 1° gennaio 2014, precisando che le imposte ipotecariae catastale, da tale data, sono

dovute nella misura di 200 euro ciascuna e che restano dovuti l'imposta di bollo, le tasse ipotecarieei tributi

speciali catastali. La circolare puntualizza inoltre che, agli effetti in esame, per l'individuazione delle case di

abitazioni «non di lusso» vale il nuovo criterio introdotto ai fi ni dell'imposta di registro, per cui sono escluse

dall'agevolazione le abitazioni appartenenti alle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (su cui appresso).

Usucapione Con risoluzione n. 25 del 20/3/2012, l'agenzia ha ritenuto che l'agevolazione prima casa possa

applicarsi anche alle sentenze dichiarative dell'acquisto per usucapione dell'immobile destinatoa prima casa

di abitazione, subordinatamente alla presenza delle condizioni stabilite dalla norma, la cui sussistenza dovrà

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essere attestata dagli interessati nell'atto introduttivo o nel corso del giudizio per la dichiarazione

d'intervenuta usucapione. La risoluzione precisa che nonostante si tratti di un acquisto a titolo originario, con

effetto sin dall'inizio del possesso ventennale, la verifi ca della sussistenza dei requisiti richiesti per l'accesso

all'agevolazione andrà effettuata con riferimento alla data della sentenza con cui viene pronunciato l'acquisto

per usucapione e non dalla data da cui si esplicano gli effetti giuridici della medesima. Acquisto di terreni La

normativa vigente non prevede la possibilità di fruire delle suddette agevolazioni per l'acquisto di aree,

ancorché destinate alla edifi cazione della prima abitazione. 2. CASE NON DI LUSSO Il primo presupposto

per l'agevolazione ha natura oggettiva e riguarda le caratteristiche dell'abitazione. Fino al 31 dicembre 2013,

sia aifi ni dell'imposta di registro che dell'Iva, era richiesto che l'abitazione non avesse le caratteristiche per

essere classifi cata «di lusso» in base alle disposizioni del dm 2/8/69. Dal 1° gennaio 2014 questo parametro

vale solo per gli atti soggetti a Iva; per quelli soggetti all'imposta di registro, invece, è stato adottato il

riferimento alla categoria catastale, essendo state escluse dall'agevolazione le abitazioni classifi cate o

classifi cabili nelle categorie A1 (abitazioni signorili), A8 (abitazioni in ville) e A9 (castelli e palazzi di pregio).

In merito ai requisiti di superfi cie richiesti dal dm del 1969, la corte di cassazione ritiene che nel limite di

legge si debbano comprendere anche i muri perimetrali e quelli divisori (da ultimo, sentenza n. 21287 del 18

settembre 2013). Casa in costruzione L'agevolazione, secondo quanto chiarito dall'agenzia nella circolare n.

38/2005, spetta anche nell'ipotesi in cui il trasferimento riguardi un immobile in corso di costruzione che

presenti, seppure «in fi eri», le caratteristiche dell'abitazione non di lusso. Tale possibilità, peraltro, ai fi ni

dell'Iva è espressamente prevista dalla legge, che agevola, infatti, la cessione di «prima casa» anche non

ultimata. Lavori extracapitolato Con la risoluzione n. 22 del 22/2/2011, rispondendo al quesito del socio di una

cooperativa edilizia a proprietà divisa che realizza alloggi abitativi non di lusso appaltando a terzi i lavori,

l'agenzia delle entrate ha ritenuto che l'aliquota agevolata possa essere applicata anche ai lavori extra-

capitolato fatturati dall'impresa costruttrice direttamente al socio richiedente anziché alla cooperativa.

L'agenzia ha osservato anzitutto che il n. 39 della tab. A/II allegata al dpr 633/72 prevede l'applicazione

dell'aliquota del 4% alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione dei

fabbricati non di lusso, rese nei confronti di soggetti che svolgono l'attività di costruzione di immobili per la

successiva rivendita, comprese le cooperative edilizie e loro consorzi,o di soggetti peri quali ricorrono le

condizioni «prima casa». Nella fattispecie, i lavori di costruzione sono stati commissionati all'impresa dalla

cooperativa edilizia, mentre le opere extracapitolato sono state commissionate da un soggetto in possesso

dei requisiti prima casa. Posto che non vi è dubbio circa l'applicabilità dell'aliquota del 4% alle prestazioni

rese dall'appaltatore alla cooperativa, aventi per oggetto la realizzazione del fabbricato, per quanto riguarda

le prestazioni extracapitolato rese nei confronti del singolo socio, ha osservato l'agenzia, non si tratta di un

intervento di ristrutturazione edilizia, dato che l'alloggio non è ancora completato, ma piuttosto di prestazioni

che, sebbene rese nei confronti di un soggetto diverso dal committente principale, «si inseriscono comunque

nel processo di costruzione dell'immobile, ed hanno a oggetto l'inserimento di materiali particolari o

accorgimenti costruttivi destinati ad assicurare una migliore funzionalità dell'alloggio». Pertanto, poiché il

socio richiedente le migliorie è in possesso dei requisiti «prima casa», l'agenzia ha espresso l'avviso che sia

comunque applicabile l'aliquota del 4%, atteso che la ratio delle disposizioni è di agevolare interventi idonei a

migliorare le condizioni di utilizzo della prima casa. L'applicazione dell'agevolazione è tuttavia subordinata

alla condizione che l'abitazione, anche dopo l'esecuzione delle migliorie in questione, conservi le

caratteristiche non di lusso sulla base dei parametri previsti dal dm del 1969, nonché alla condizione che il

richiedente abbia reso le prescritte dichiarazioni in ordine alla sussistenza dei requisiti prima casa.

L'interpretazione dell'agenzia, pur riguardando il caso dell'acquisizione della prima casa attraverso una

cooperativa edilizia, parrebbe estensibile, in base ai medesimi principi, anche all'ipotesi in cui il promissario

acquirente dell'abitazione costituente prima casa commissioni l'esecuzione di migliorie sul costruendo

alloggio, anziché al promittente venditore, a imprese terze. 3. I REQUISITI SOGGETTIVI Per l'applicazione

dell'agevolazione occorrono i requisiti soggettivi previsti dalla citata nota II-bis, descritti nelle successive

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lettere a), b) e c), la cui sussistenza deve essere dichiarata nell'atto notarile. La circolare n. 38/2005 ha però

ammesso la possibilità che, con atto successivo, il richiedente renda le dichiarazioni erroneamente omesse

nell'atto di acquisto; ciò che conta è che la dichiarazione di sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi

al momento della stipula dell'atto di trasferimento sia resa in atto integrativo redatto secondo le medesime

formalità giuridiche. Anche l'atto con il quale si acquista una nuova abitazione dopo l'alienazione della «prima

casa» precedentemente acquistata con i benefi ci può essere integrato degli elementi richiesti per ottenere

l'agevolazione e della relativa documentazione. Pertanto, in tal caso non è preclusa la spettanza del credito

d'imposta di cui all'articolo 7 della legge n. 448 del 1998 (trattato nel paragrafo 12). Verifi ca temporale dei

requisiti I requisiti di legge devono sussistere nel momento in cui si realizza l'effetto traslativo, ovverosia al

momento della stipulazione dell'atto (salvo che per il requisito della residenza, che, come si dirà, può essere

acquisito entro diciotto mesi dal rogito). Non è rilevante, dunque, la situazione esistente precedentemente,

per esempio al momento della fi rma del contratto preliminare, o successivamente. Luogo di ubicazione

dell'immobile L'immobile da acquistare deve essere situato nel comune in cui l'acquirente ha la propria

residenza, oppure, se diverso, in quello in cui egli svolge la propria attività. Se l'acquirente è trasferito

all'estero per ragioni di lavoro, l'immobile deve essere ubicato nel comune in cui ha sede o esercita l'attività il

datore di lavoro. Infi ne, se l'acquirente è un cittadino italiano emigrato all'estero, deve trattarsi della prima

casa nel territorio nazionale, per cui si prescinde, in questo caso, dalla residenza. Nel caso in cui, al momento

dell'acquisto, il compratore non risieda ancora nel comune in cui si trova l'immobile, egli può ugualmente

benefi ciare dell'agevolazione purché vi si trasferisca entro diciotto mesi dalla data dell'atto notarile.

L'impegno a trasferire la residenza deve essere dichiarato, a pena di decadenza, nell'atto stesso. Con la

circolare n. 19/2001 è stato precisato che la dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune in cui è

situato l'immobile acquistato, espressa nell'atto di trasferimento, costituisce vero e proprio obbligo

dell'acquirente, la cui inosservanza comporta la decadenza dalle agevolazioni. Da tale dichiarazione

consegue l'onere per l'acquirente di trasferire effettivamente la residenza, entro il termine di diciotto mesi a

pena di decadenza, nel comune in cui è situato l'immobile acquistato e di darne prova all'uffi cio

spontaneamente o a richiesta. Fa fede la data della dichiarazione di trasferimento resa dall'interessato al

comune, ai sensi dell'articolo 18, commi 1 e 2, del dpr 30/5/1989, n. 223 (regolamento anagrafi co della

popolazione residente), sempre che risulti accolta la richiesta di iscrizione nell'anagrafe. Con sentenza n.

13085 del 8/9/2003, la cassazione ha affermato che il requisito della residenza deve essere valutato in

relazione alla famiglia, per cui l'assenza del requisito in capo al coniuge acquirente per effetto del regime di

comunione legale, formalmente residente altrove per motivi di lavoro, non pregiudica la fruizione

dell'agevolazione. Mancato trasferimento della residenza per «forza maggiore» Con risoluzione n. 140 del

10/4/2008, l'agenzia ha dichiarato che il mancato stabilimento nel termine di legge della residenza nel

comune in cui è situato l'immobile acquistato con l'agevolazione «prima casa» non comporta decadenza

dall'agevolazione qualora sia dovuto a una causa di forza maggiore, sopraggiunta in un momento successivo

rispetto a quello di stipula dell'atto di acquisto dell'immobile. Ricorre il caso della forza maggiore, come già

precisato nella risoluzione n. 35/2002, quando sopravviene un impedimento oggettivo non prevedibile e tale

da non poter essere evitato, vale a dire un ostacolo all'adempimento dell'obbligazione, caratterizzato da non

imputabilità alla parte obbligata, inevitabilità e imprevedibilità dell'evento. Tanto premesso, l'agenzia ha

ritenuto che la causa di forza maggiore possa essere riconosciuta nel caso di un contribuente che, dopo

avere acquistato l'abitazione impegnandosi a trasferire la residenza nel relativo comune nel termine di legge,

non abbia potuto adempiere l'impegno in quanto l'immobile, successivamente all'acquisto, è stato dichiarato

inagibile e inabitabile per effetto di abbondanti infi ltrazioni d'acqua. Personale delle forze dell'ordine Ai sensi

dell'art. 66, comma 1, della legge n. 342/2000, il requisito della residenza non è richiesto nei confronti del

personale in servizio permanente appartenente alle forze armate e alle forze di polizia a ordinamento militare,

nonché di quello dipendente delle forze di polizia a ordinamento civile. Lavoratore autonomo trasferito

all'estero La legge accorda l'agevolazione «prima casa» alla persona trasferita all'estero per ragioni di lavoro

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che acquisti l'immobile nell'ambito territoriale del comune in cui ha sedeo esercita l'attività il soggetto da cui

dipende. Con circolare n. 19/2001, l'agenzia delle entrate ha precisato che l'ipotesi è riferibile al solo rapporto

di lavoro subordinato (con esclusione di qualsiasi altra tipologia di rapporto), che può essere instaurato anche

con un soggetto che non rivesta la qualifi ca di imprenditore. Cittadino emigrato all'estero. Il cittadino italiano

emigrato all'estero può acquistare in regime agevolato l'immobile, ovunque ubicato sul territorio nazionale,

purché sussistano gli altri requisiti e, in particolare, che l'immobile sia acquistato come «prima casa». In

sostanza, devono ricorrere le condizioni di cui alle lettere b) e c), mentre non è richiesto il requisito della

residenza. Con la circolare n. 38/2005, l'agenzia ha precisato che la condizione di emigrato all'estero può

essere documentata con certifi cato di iscrizione all'AIRE (anagrafe italiana residenti all'estero). In alternativa,

può essere autocertificata dall'interessato mediante dichiarazione resa nell'atto di acquisto ai sensi

del'articolo 46, dpr n. 445/2000. Non titolarità di altra abitazione L'acquirente non deve essere titolare

esclusivo, oppure in comunione con il coniuge, di diritti reali di proprietà, usufrutto, uso o abitazione relativi ad

altra casa di abitazione situata nello stesso comune in cui si trova l'immobile che intende acquistare. Secondo

il consolidato indirizzo della corte di cassazione (cfr., da ultimo, l'ordinanza n. 100 dell'8 gennaio 2010), il

requisito della non titolarità di altra abitazione si riferisce alla disponibilità non meramente oggettiva, bensì

soggettiva, di modo che non preclude l'accesso all'agevolazione il possesso di un alloggio che non sia

concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche, ai bisogni abitativi del cittadino e della sua famiglia.

Questo orientamento non è stato fatto proprio dall'amministrazione fi nanziaria. Tuttavia, nel rispondere

all'interpello di un contribuente che, richiamando espressamente la citata ordinanza, rappresentava l'avviso

che non dovesse considerarsi ostativa all'accesso al benefi cio la disponibilità di un alloggio di due vani e

accessori, in quanto inidoneo a soddisfare le esigenze abitative della propria famiglia, composta di tre

persone, l'agenzia delle entrate, nella risoluzione n. 86 del 20/8/2010, ha mostrato una cauta apertura,

rilevando che l'oggetto dell'ordinanza riguarda «una fattispecie particolare, nella quale il contribuente risultava

già titolare di un locale assolutamente inadatto a fungere da abitazione (peraltro, l'immobile era di soli 22

mq)». I principi interpretativi espressi nell'ordinanza, prosegue la risoluzione, non sono estensibili alla

situazione prospettata dall'interpellante, la quale non concretizza «un'ipotesi di assoluta inidoneità (quale può

essere, per esempio, l'inagibilità) dell'immobile a uso abitativo». Sotto altro profi lo, nella valutazione del

requisito in esame si tiene conto esclusivamente della classifi cazione catastale dell'immobile, per cui non è di

ostacolo all'applicazione del benefi cio, per esempio, la proprietà di un fabbricato di categoria A/10 (uffi cio)

anche se utilizzato come abitazione; viceversa, la proprietà di un immobile classifi cato come abitativo, anche

se utilizzato come ufficio, impedisce l'accesso all'agevolazione. Poiché la legge parla di titolarità esclusiva

oppure in comunione con il coniuge, il possesso di un alloggio in comproprietà con soggetti diversi dal

coniuge non è rilevante, fermo restando, ovviamente, il possesso dei requisiti di cui alle lettere a) e c).

Acquisto di ulteriori quote di proprietà Con circolare n. 38/2005 è stato chiarito che, nel caso di acquisto

reiterato di quote dello stesso immobile, l'agevolazione tributaria si applica purché ricorrano gli altri requisiti

soggettivi e oggettivi previsti dalla legge. In particolare, ricorrendo le altre condizioni, con riferimento alla

medesima casa di abitazione l'agevolazione spetta anche nelle seguenti ipotesi: - acquisto di ulteriori quote di

proprietà - acquisto della nuda proprietà da parte del titolare del diritto di usufrutto, uso o abitazione -

acquisto, da parte del nudo proprietario, del diritto di usufrutto, uso o abitazione. Acquisto (anche successivo)

di alloggi adiacenti Conformandosi alla giurisprudenza della cassazione, con risoluzione n. 25 del 25/2/2005

l'agenzia ha riconosciuto agevolabile l'acquisto di due appartamenti contigui destinati a costituire un'unica

unità abitativa, purché l'abitazione conservi, anche dopo la riunione degli immobili, le caratteristiche non di

lusso. Per gli stessi motivi e alle stesse condizioni, il regime di favore si estende all'acquisto di immobile

contiguo ad altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto fruendo dei benefi ci «prima casa», per

esempio in caso di acquisto di una stanza attigua. Resta fermo che, in entrambe le ipotesi, l'agevolazione

spetta se ricorrono tutte le altre condizioni previste dalla norma, ossia l'ubicazione dell'immobile, l'assenza di

altri diritti reali vantati su immobili ubicati nello stesso comune. Per quanto concerne il requisito della «novità»

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dell'agevolazione (descritto appresso, sub c), in via eccezionale, nelle ipotesi in commento l'acquirente non

dovrà rendere la dichiarazione circa la novità nel godimento dell'agevolazione «prima casa». Con risoluzione

n. 142 del 4/6/2009, l'agenzia ha precisato che il trattamento di favore all'atto dell'acquisto dell'alloggio

contiguo, finalizzato all'ampliamento di quello già posseduto, può essere riconosciuto anche se quest'ultimo

non era stato acquistato con l'agevolazione «prima casa» in quanto all'epoca non contemplata. Inoltre, con la

circolare n. 31 del 7/6/2010, modifi cando il precedente orientamento, l'agenzia ha ritenuto che l'agevolazione

possa essere riconosciuta anche in sede di acquisto di un alloggio da accorpare a un'abitazione acquistata

senza fruire dell'agevolazione perché all'epoca l'acquirente non possedeva i requisiti prescritti;è comunque

necessario, puntualizza la circolare, che sussistano i requisiti di leggee che l'immobile unico risultante

dall'accorpamento dei due alloggi rientri nella tipologia delle abitazioni non di lusso. Acquisto della nuda

proprietà Come chiarito dalla circolare n. 19/2001, qualora oggetto del contratto sia l'acquisto della nuda

proprietà è previsto espressamente dalla norma che l'agevolazione tributaria possa applicarsi, purché

sussistano gli altri requisiti. Acquisto di quota di proprietà Con la stessa circolare n. 19/2001 è stato chiarito

che si può benefi ciare dell'agevolazione, purché sussistano tutti i requisiti previsti, anche per l'acquisto di una

quota di proprietà. Immobile in comproprietà acquistato prima del matrimonio. Sempre nella circolare n.

19/2001, l'amministrazione ha esaminato il caso di due coniugi, in regime di separazione legale dei beni,

comproprietari di un appartamento acquistato senza fruire di agevolazioni fi scali prima del matrimonio, in

relazione alla richiesta di poter benefi ciare dell'agevolazione in caso di acquisto, da parte di uno dei due

coniugi, di un alloggio nello stesso comune. Al riguardo,è stato osservato che ai sensi della lettera b) della

nota II-bis,è circostanza ostativa la titolarità esclusiva o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà,

usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da

acquistare. Di conseguenza, la titolarità esclusiva dei diritti sull'immobile a uso abitativo nell'ambito del

territorio comunale è equiparata alla titolarità in comunione con il coniuge nello stesso ambito territoriale,

escludendo l'applicazione dell'agevolazione in entrambi i casi. Possidenza di quote di proprietà con soggetti

diversi dal coniuge Il cittadino che possiede un alloggio in comproprietà con una persona diversa dal coniuge

(fratelli, genitori, ecc.), può accedere all'agevolazione «prima casa» in fase di acquisto del nuovo alloggio, a

condizione che la precedente quota di proprietà non sia stata acquisita fruendo dell'agevolazione. Intervento

dei coniugi nell'atto notarile Con circolare n. 38/2005 è stato osservato che, ai fi ni civilistici, non sussiste la

necessità che entrambi i coniugi intervengano nell'atto di trasferimento della casa di abitazione per acquisirne

la comproprietà, in quanto il co-acquisto si realizza automaticamente in forza di legge. Ai fi ni fi scali, invece,

per ottenere l'agevolazione «prima casa» sull'intero immobile trasferito,è espressamente previsto che

entrambi i coniugi rendano le dichiarazioni di cui alle lettere b) e c) della nota II-bis (ovverosia: assenza di altri

diritti reali vantati su immobili ubicati nello stesso comune e novità nel godimento dell'agevolazione); si veda,

però, l'orientamento della cassazione in merito all'acquisto in regime di comunione legale, appresso riportato.

Quanto alla dichiarazione prevista dalla lettera a) della predetta nota (relativa all'ubicazione dell'immobile nel

territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o,

se diverso, in quello in cui svolge la propria attività), è da ritenere che l'agevolazione competa, nei limiti del

50%, anche se uno solo dei coniugi abbia reso la predetta dichiarazione. Scioglimento della comunione

legale Con circolare n. 19/2001 è stato chiarito che nel caso in cui, a seguito dello scioglimento della

comunione legale, uno dei coniugi acquisti la titolarità esclusiva della casa di abitazione già facente parte

della comunione, può usufruire per detto acquisto delle agevolazioni, sempre che ricorrano tutte le altre

condizioni. La circolare puntualizza però che tale precisazione non riguarda le attribuzioni di beni patrimoniali

conseguenti lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, rinviando in merito alla circolare

n. 49/E del 16/3/2000. Requisiti posseduti da uno solo dei coniugi Secondo la circolare n. 38/2005, nell'ipotesi

in cui uno solo dei coniugi (in regime di comunione di beni) possegga i requisiti soggettivi per fruire

dell'agevolazione «prima casa» (in quanto, per esempio, l'altro, prima del matrimonio, aveva acquistato

un'abitazione avvalendosi dell'agevolazione), il benefi cio fi scale è applicabile nella misura del 50%, ossia

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limitatamente alla quota acquistata dal coniuge in possesso dei requisiti richiesti per avvalersi

dell'agevolazione «prima casa». In defi nitiva, l'acquisto di un appartamento da adibire ad abitazione

principale da parte di un coniuge che si trovi in regime di comunione legale comporta l'applicazione nella

misura del 50% dell'agevolazione qualora l'altro coniuge non sia in possesso dei requisiti. Nello stesso senso,

la risoluzione n. 86 del 20/8/2010. Si deve però ricordare che, per consolidato orientamento della corte di

cassazione (es. ordinanza n. 15426 dell'1/7/2009), il mancato possesso dei requisiti da parte del coniuge che

diventa proprietario per effetto del regime di comunione legale non pregiudica il diritto del coniuge acquirente,

in possesso dei requisiti, di fruire dell'agevolazione; l'acquisto della comproprietà dei bene in forza dell'art.

177 c.c., osserva la cassazione, si differenzia ontologicamente dall'acquisto in comune, giacché colui che

diviene proprietario di metà del bene per effetto della comunione legale non si rende acquirente del bene

stesso, ma lo riceve per volontà della legge. Non cumulabilità delle agevolazioni Il terzo requisito richiesto è

che l'acquirente non abbia la titolarità, neppure pro-quota, anche per effetto della comunione legale, di diritti

di proprietà (anche nuda), usufrutto, uso, abitazione su altra casa, ovunque situata nel territorio nazionale,

acquistata da egli stesso o dal coniuge benefi ciando di una delle disposizioni agevolative in materia di

«prima casa» emanante dal 1982 in poi. Da notare che questa condizione, stabilita allo scopo di evitare che il

cittadino cumuli il possesso di più abitazioni acquistate con il trattamento agevolato,è differente da quella

descritta alla precedente lettera b) in quanto: prende in considerazione anche la titolarità di una semplice

quota; prende in considerazione anche la nuda proprietà; si riferisce all'intero territorio nazionale. In sostanza,

il cittadino che possiede una quota di proprietà di un'abitazione acquistata con l'agevolazione «prima casa»,

ovunque situata nel territorio italiano, non può avvalersi nuovamente dell'agevolazione stessa; ciò neppure

nel caso in cui, nel frattempo, sia intervenuto un cambio di destinazione dell'immobile. E' invece possibile

fruire del trattamento agevolato (ricorrendo gli altri requisiti) nel caso in cui si acquisti una ulteriore quota dello

stesso immobile precedentemente acquistato con l'agevolazione. 4. L'UTILIZZAZIONE DELL'IMMOBILE

L'attuale disciplina dell'agevolazione non contempla alcun vincolo in merito all'utilizzazione dell'immobile

acquistato con le agevolazioni tributarie (in tal senso, espressamente, la risoluzione dell'agenzia delle entrate

n. 86 del 20/8/2010). Le normative anteriori, invece, richiedevano che l'immobile venisse destinato

dall'acquirentea propria abitazione (attenzione: il vincolo di destinazioneè tuttora richiesto ai fi ni delle

agevolazioni previste in materia di imposte sul reddito, che si basano su presupposti differenti). Aifi ni della

riduzione delle imposte sui trasferimenti,è dunque inin uente l'uso che si fa del fabbricato, essendo suffi

ciente a prevenire abusi il requisito illustrato alla lettera c), che impedisce al cittadino di cumulare più

proprietà acquisite con l'agevolazione fi scale. Ne discende che l'acquirente può utilizzare come meglio crede

(anche concedendolo in locazione, per esempio) l'immobile legittimamente acquistato con l'agevolazione.

L'unico vincolo di destinazione è dettato nell'ambito della disciplina della decadenza dall'agevolazione per

l'ipotesi di rivendita infraquinquennale, della quale si dirà più avanti. 5. COSTRUZIONE E AMPLIAMENTO

Nell'ambito delle operazioni soggette a Iva, l'aliquota del 4% spetta anche per la costruzione della «prima

casa» sul proprio terreno. La norma di riferimento è il n. 39 della tabella A, parte II, allegata al dpr n. 633/72,

che accorda l'aliquota ridotta alle prestazioni di servizi, dipendenti da contratti d'appalto, relative alla

costruzione della «prima casa». In questo caso si pone il problema di individuare il momento in cui devono

sussisterei requisiti esaminati sopra, non essendo possibile fare riferimento al «momento in cui si realizza

l'effetto traslativo» del quale parla la legge. In proposito, la circolare ministeriale n. 1/E del 2/3/94 individua la

«consegna del bene realizzato» da parte dell'appaltatore quale momento per la verifi ca in questione. In base

alla stessa disposizione sopra richiamata, l'aliquota ridotta può essere applicata anche ai lavori di

ampliamento della prima casa, facendo leva sul principio generale stabilito dalla citata legge n. 659/61,

secondo cui le agevolazioni fi scali previste per la costruzione di abitazioni non di lusso si applicano anche

per il completamento e l'ampliamento, nonché sulla previsione normativa che consente di fruire

dell'agevolazione per l'acquisto, anche con atto successivo, delle pertinenze. In questo senso si è espresso

anche il ministero delle fi nanze nella circolare n. 219 del 30/11/2000, avvertendo però che l'agevolazione

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non compete qualora l'ampliamento conduca alla realizzazione, anche in prospettiva, di una nuova e

autonoma unità immobiliare, oppure la casa «ampliata» acquisisca caratteristiche tali da risultare classifi

cabile nella categoria «lusso» ai sensi del riportato dm 2/8/69. Ristrutturazione della «prima casa» Si

sottolinea che non esistono speciali disposizioni agevolative in materia di ristrutturazione della «prima casa».

A tali lavori non può quindi applicarsi l'aliquota Iva del 4%, cheè prevista solo per l'acquisto, la costruzionee

l'ampliamento. Una conferma in tal senso si evince dal punto 3.1 della circolare n. 11 del 16/2/2007. 6. IL

PAGAMENTO DI ACCONTI Riguardo al trattamento applicabile al pagamento di acconti, che viene in rilievo,

essenzialmente, nel caso in cui l'operazione è soggetta a Iva, occorre distinguere l'acquisto dalla costruzione.

Acquisto Se all'impresa venditrice vengono corrisposti acconti prima della stipula dell'atto, è possibile

ottenere già in tale sede l'applicazione dell'Iva agevolata. La legge consente, infatti, di inserire la

dichiarazione sul possesso dei requisiti anche nel contratto preliminare, proprio allo scopo di pagare l'Iva del

4% sugli anticipi. Poiché la legge stabilisce che i requisiti devono esistere nel (successivo) momento in cui si

verifi ca l'effetto traslativo della proprietà, il promittente acquirente potrà chiedere la fatturazione degli acconti

al 4% anche nel caso in cui non sia ancora in possesso dei requisiti stessi (perché, per esempio, possiede

un'abitazione nello stesso comune), attestando nel preliminare l'impegno a possedere i requisiti alla data del

rogito. Costruzione La situazione è più complessa nel caso in cui si proceda alla costruzione su un proprio

terreno. In questo caso, la fatturazione dei pagamenti corrisposti all'impresa appaltatrice anteriormente alla

consegna dell'opera potrà avvenire ad aliquota ridotta soltanto se il committente possieda, al momento di

effettuazione di ciascuna operazione (ossia all'atto di ciascun pagamento o fatturazione),i requisiti di legge.

Diversamente dovrà applicarsi l'aliquota del 10%, fermo restando, come si dirà subito, il diritto alla

restituzione della differenza qualora entro la data di consegna dell'abitazione i requisiti verranno a esistenza.

Restituzione della maggiore imposta Sia nel caso di acquisto che di costruzione, nell'eventualità in cui,

difettando momentaneamente i presupposti, gli acconti siano stati fatturati ad aliquota non agevolata, è

consentita la rettifi ca delle fatture se al momento del rogito (compravendita) o della consegna dell'opera

(costruzione in appalto) l'acquirente o committente sia venuto in possesso dei requisiti richiesti. In tal caso,

pertanto, il fornitore potrà restituire, mediante emissione di nota di accredito ai sensi dell'art. 26, secondo

comma, del dpr n. 633/72, la differenza d'imposta, indipendentemente dal tempo trascorso dal momento di

emissione delle fatture originarie (cfr. la risoluzione n. 187 del 7/12/2000). 7. ACQUISTO DI BENI FINITI Chi

costruisce in proprio la «prima casa», anche in economia, può acquistare con l'aliquota ridotta del 4% tutti i

beni fi niti occorrenti alla realizzazione dell'abitazione. Lo prevede la disposizione del n. 24) della tabella A,

parte II, allegata al dpr n. 633/72. La norma, anzi, è formulata in modo da ammettere il benefi cio anche se

non sussistono i requisiti «prima casa», subordinatamente alla condizione che i beni siano destinati alla

costruzione di fabbricati di cui all'articolo 13 della legge n. 408/49, ossia edifi ci non di lusso a prevalente

destinazione abitativa; una conferma in tal senso si rinviene nella circolare dell'agenzia delle entrate n. 54 del

16/5/2002. Per ottenere l'applicazione dell'aliquota ridotta bisogna farne richiesta scritta al fornitore della

merce, specifi cando lo scopo dell'acquisto e richiamando gli estremi della concessione edilizia.

L'agevolazione, come detto, riguarda i beni fi niti e non può, pertanto, essere applicata all'acquisto delle

materie primee semilavorate (quali cemento, calce, mattoni, ecc.), anche se tali materie, per chi le vende,

costituiscono prodotti fi niti. Il ministero delle fi nanze ha in più occasioni chiarito che costituiscono beni fi niti

quelli che, anche dopo il loro impiego nella costruzione, mantengono la loro individualità: ascensori, sanitari,

porte, infi ssie serramenti, caldaie, termosifoni, tubazioni, contatori, ecc. 8. LE PERTINENZE AGEVOLATE

Sussistendo i presupposti per l'acquisto agevolato della casa, il benefi cio spetta anche per l'acquisto, anche

con atto separato (e pertanto, pure in un momento successivo), delle unità immobiliari costituenti pertinenze.

Sono ricomprese tra le pertinenze, limitatamente a una per ciascuna categoria, le unità immobiliari classifi

cate o classifi cabili nelle categorie catastali C2, C6 e C7 (cantine, autorimesse, ecc.), che siano destinate a

servizio della casa di abitazione oggetto di acquisto agevolato. È necessario non soltanto che il vincolo

pertinenziale si concretizzi nell'effettiva destinazione della cosa accessoria al servizio di quella principale, ma

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che nell'atto di acquisto risulti una manifestazione di volontà in tal senso (cfr. risoluzione n. 149

dell'11/4/2008). L'agevolazione spetta anche se l'unità immobiliare pertinenziale è situata in edifi cio diverso,

purché in prossimità dell'abitazione principale, in modo da risultare concretamente al servizio della stessa. In

via di principio, non è possibile acquistare con l'agevolazione l'immobile pertinenziale se l'abitazione è stata

acquistata con l'imposizione ordinaria, salvo il caso in cui per l'acquisto dell'abitazione, avvenuto prima del

22/5/93, sia stata pagata oggettivamente l'Iva ridotta in base alla normativa dell'epoca e sussistessero,

comunque, i requisiti per l'agevolazione «prima casa» successivamente introdotti (circolare n. 19 del 1°

marzo 2001). Tuttavia, con la circolare n. 31 del 7/6/2010, l'agenzia ha ritenuto che l'agevolazione possa

trovare applicazione anche in relazione all'acquisto del bene pertinenziale destinato a servizio di

un'abitazione acquisita senza fruire dell'agevolazione in quanto all'epoca non ancora prevista; analoga

soluzione è stata affermata in relazione all'acquisto della pertinenza da asservire all'abitazione acquistata

«allo stato rustico» senza fruire dell'agevolazione in quanto all'epoca ritenuta non applicabile agli immobili

non ultimati. Aree scoperte Riguardo alla possibilità di applicare l'aliquota agevolata all'atto d'acquisto di aree

scoperte pertinenziali alla «prima casa», che non siano però tecnicamente «graffate» all'immobile, né

autonomamente accatastate nel catasto terreni ma censite alla «partita 1» (aree di enti urbani e promiscui),

l'agenzia, nella risoluzione n. 32 del 16/2/2006, ha ribadito che l'agevolazioneè applicabile anche alle aree

scoperte pertinenziali, così classifi cabili ai sensi dell'art. 817 c.c., a condizione che siano «graffate" al bene

principale, vale a dire censite al catasto urbano unitamente a esso. In mancanza di tale condizione, pertanto,

dette aree non possono considerarsi pertinenza ai fi ni dell'agevolazione fi scale, indipendentemente dalla

circostanza che siano iscritte autonomamente al catasto terreni ovvero censite alla «partita 1». Ai fi ni

dell'agevolazione fi scale, infatti, secondo l'agenzia, un'area che sia autonomamente censita al catasto terreni

non può considerarsi «pertinenza» di un fabbricato urbano, anche se durevolmente destinata al servizio dello

stesso. La circolare ricorda infi ne che l'area pertinenziale è soggetta ai limiti di cui all'articolo 5 del dm

2/8/1969, secondo cui si considerano abitazioni di lusso «le case ... aventi come pertinenza un'area scoperta

della superfi cie di oltre sei volte l'area coperta». Ne discende, quindi, che l'area scoperta è una pertinenza

della casa non di lusso solo se non superi i predetti limiti. Lastrico solare Con sentenza n. 6259 del 13 marzo

2013, la corte di cassazione ha dichiarato che l'agevolazione è applicabile alle pertinenze in generale,

indipendentemente dalla categoria catastale,e dunque anche al lastrico solare destinato al servizio della

«prima casa», a nulla rilevando che si tratti di un bene condominiale e che esso sia censito distintamente

dall'immobile principale. Costruzione dell'autorimessa Con risoluzione n. 39 del 17/3/2006, l'agenzia ha

risposto al quesito di un contribuente che, avendo iniziato, dietro presentazione della Dia al comune, la

costruzione di una autorimessa pertinenziale alla propria abitazione principale non di lusso, vincolata a

pertinenza all'abitazione stessa tramite atto notarile, chiedeva di sapere quale aliquota si rendesse

applicabile per le opere fi nite e per l'acquisto dei materiali per la costruzione di detta autorimessa. L'agenzia

ha ritenuto che il trattamento applicabile alla costruzione non possa essere differente da quello previsto per

l'acquisto, per cui l'acquisizione della pertinenza è agevolabile a prescindere dal fatto che venga acquisita

mediante acquisto o costruzione. Pertanto anche all'acquisizione del box di pertinenza della prima casa

mediante un contratto d'opera o di appalto, ancorché in un momento successivo alla realizzazioneo acquisto

dell'abitazione principale,è applicabile l'aliquota del 4%, subordinatamente alla condizione che il vincolo

pertinenziale tra l'unità abitativa e il box risulti «dalla concessione edilizia richiesta per la realizzazione del

box». 9. L'IMPOSTA SUI FINANZIAMENTI Ai sensi dell'art. 18 del dpr 601/73, i prestiti contratti per l'acquisto

o costruzione della «prima casa» pagano lo imposta sostitutiva dello 0,25%, mentre per quelli relativi

all'acquisto, costruzione o ristrutturazione di ulteriori abitazioni,a decorrere dal 1° agosto 2004, l'aliquota

dell'imposta sostitutiva è stata elevata al 2% con l'art. 1-bis del dl n. 168/2004, aggiunto dalla legge di

conversione n. 191/2004. Per chiarimenti in merito, si rimanda alla circolare dell'agenzia delle entrate n. 19

del 9/5/2005. 10. IL «VALORE CATASTALE» Sempre con il dl n. 168/2004 è stato disposto un ulteriore

incremento, dopo quello della legge n. 350/2003, dei moltiplicatori di cui all'art. 52 del dpr n. 131/86,

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applicabili ai fi ni della cosiddetta valutazione automatica degli immobili. Da questo ulteriore incremento è

esclusa la «prima casa», per cui i moltiplicatori in esame risultano essere: 110 per la prima casa • 120 per le

abitazioni non prima casa. •l «valore automatico» (o «catastale») si ottiene moltiplicando la rendita catastale,

previamente rivalutata del 5%, per i predetti moltiplicatori. Attenzione: per effetto delle novità introdotte dal dl

223/2006, il meccanismo della «valutazione automatica» è applicabile soltanto alle cessioni per le quali è

richiesta nell'atto d'acquisto l'applicazione del sistema cd. «valore-prezzo» di cui all'art. 1, comma 497, della

legge n. 266/2005. 11. DECADENZA DALL'AGEVOLAZIONE 1. Atto soggetto all'imposta di registro

L'acquirente che attesta falsamente di essere in possesso dei requisiti, oppure che non realizza nel termine

stabilito il trasferimento della residenza nel comune in cui è situato l'immobile acquistato con le agevolazioni,

oltre a dover pagare le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura ordinaria (maggiorate dei relativi

interessi moratori), è soggetto alla sanzione del 30% della differenza tra le imposte dovute e quelle pagate.

La decadenza dall'agevolazione si ri ette inoltre sul regime fi scale dell'eventuale fi nanziamento di cui al

punto 9; in tal caso, l'uffi cio che recupera le maggiori imposte sulla compravendita procede anche al

recupero della differenza dell'imposta sostitutiva sul fi nanziamento. Decade inoltre dall'agevolazione il

contribuente che aliena, anche a titolo gratuito, l'abitazione acquistata con l'agevolazione fi scale prima che

siano passati cinque anni dall'acquisto, a meno che non provveda, entro un anno, ad acquistare un altro

immobile da adibire a propria abitazione principale; va evidenziato che, nell'ambito della disciplina agevolativa

sulla «prima casa» ai fi ni delle imposte indirette, questo è il solo caso in cui è previsto l'obbligo di destinare a

propria abitazione principale l'immobile. Tale destinazione d'uso può anche non essere immediatamente

successiva all'atto di acquisto, ma richiedere, di contro, un certo lasso di tempo ragionevole, variabile in

relazione alle circostanze concrete, per esempio il tempo minimo occorrente per l'organizzazione del trasloco,

oppure il tempo necessario per l'esecuzione di lavori di ristrutturazione o per ottenere il rilascio dell'immobile

da parte degli occupanti. L'amministrazione ha pertanto ritenuto, sulla base della giurisprudenza di legittimità,

che la condizione della destinazione dell'immobile ad abitazione principale dell'acquirente debba essere

realizzata entro il termine di decadenza del potere di accertamento dell'uffi cio (ris. 192 del 6/10/2003). In

merito al computo del termine quinquennale, con risoluzione n. 67 del 17/3/2009 l'agenzia ha ritenuto che,

anche nel caso in cui l'acquisto sia stato effettuato presso una cooperativa edilizia, il termine decorre dalla

data del rogito notarile di assegnazione defi nitiva dell'alloggio, e non da quella del verbale di consegna che

attesta l'assegnazione provvisoria dell'immobile. Con risoluzione n. 66 del 3/5/2004, l'agenzia ha precisato

che, in caso di rivendita prima del decorso del quinquennio dall'acquisto, non è suffi ciente a evitare la

decadenza dal benefi cio la stipulazione, entro un anno, di un contratto preliminare per l'acquisto di un

immobile da adibire ad abitazione principale, non producendo tale contratto effetti traslativi, ma meramente

obbligatori. Requisiti dell'immobile «riacquistato» La norma secondo cui, in caso di rivendita

infraquinquennale dell'immobile acquistato con il benefi cio fi scale, l'agevolazione non viene meno qualora si

provveda, entro un anno, all'acquisto di un immobile da adibire ad abitazione principale, non richiede che, in

relazione a tale acquisto, sussistano i requisiti «prima casa». Di conseguenza, come riconosciuto dall'agenzia

delle entrate con la circolare n. 31 del 7/6/2010, non decade dall'agevolazione il contribuente che, al

momento del riacquisto, non possiede i requisiti previsti per la tassazione agevolata. Ovviamente, in relazione

al riacquisto il contribuente non avrà diritto né alla tassazione agevolata né al bonus di cui al successivo

punto 12. Con la circolare 31/2010 è stato inoltre chiarito che la decadenza è esclusa anche se l'abitazione

principale acquistata entro un anno dalla rivendita infraquinquennale si trova all'estero, purché in un paese

con il quale sussistano strumenti di cooperazione amministrativa che permettano di verifi care che

effettivamente l'immobile sia stato adibito a dimora abituale. Decadenza parziale Con riferimento al caso di un

contribuente che, dopo aver acquistato con il benefi cio «prima casa» un immobile e un box,

successivamente (ma prima del decorso di cinque anni) aveva rivenduto una quota parte dell'immobile,

unitamente al box, l'agenzia delle entrate, con risoluzione n. 31 del 16/2/2006, ha affermato che si verifi ca

decadenza parziale dall'agevolazione limitatamente alla quota-parte dell'immobile ceduto e del box.

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Conseguentemente, sul valore del bene trasferito sono dovute le imposte ordinarie e la sanzione del 30%.

Secondo l'agenzia, infatti, così come il regime di favore trova applicazione anche con riferimento all'acquisto

di una quota di abitazione, allo stesso modo deve ritenersi che la vendita di una quota o di una parte di essa

determini la decadenza per la quota o porzione di immobile ceduta. 2. Atto soggetto a Iva La medesima

disciplina della decadenza si rende applicabile nell'ipotesi di acquisto soggetto a Iva. Dopo le correzioni

apportate alla nota II-bis con l'art. 41bis del dl n. 269/2003, aggiunto dalla legge di conversione n. 326/2003,

l'indebita fruizione dell'agevolazione comporta il pagamento della differenza tra l'imposta applicata e quella

dovuta, maggiorata degli interessi moratori,e l'applicazione della sanzione pari al 30% di detta differenza.

Naturalmente, tanto nell'acquisto soggetto a imposta di registro quanto in quello soggetto a Iva, la sanzione

del 30% è riducibile a un terzo se si provvede alla defi nizione agevolata della contestazione ai sensi dell'art.

16 del dlgs n. 472/97. Cessione e riacquisto dell'autorimessa pertinenziale Con risoluzione n. 30

dell'1/2/2008, l'agenzia ha ritenuto che il trasferimento della pertinenza acquistata con le agevolazioni «prima

casa» anteriormente al decorso del quinquennio dall'acquisto comporta la decadenza dell'agevolazione fruita,

non rendendosi applicabile, nella fattispecie, la norma del comma 4 della nota II-bis all'articolo 1 della tariffa,

parte 1, allegata al dpr 131/86, che riguarda solo il riacquisto dell'abitazione principale. Inoltre l'atto di

acquisto dell'altra pertinenza non potrà benefi ciare del credito d'imposta di cui al successivo paragrafo 12,

mentre potrà benefi ciare dell'agevolazione «prima casa» qualora ricorrano i presupposti previsti dal comma 3

della predetta nota II-bis. Vendita infraquinquennale e acquisto di un terreno Se entro un quinquennio la casa

di abitazione acquistata con le agevolazioni sia rivenduta, l'acquirente decade dal regime di favore, a meno

che entro un anno dall'alienazione non acquisti un altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

Secondo quanto chiarito nella circolare n. 38/2005, la salvaguardia dell'agevolazione vale anche nell'ipotesi in

cui il soggetto alienante, entro un anno, comperi un terreno sul quale costruisca la propria abitazione

principale. Per conservare l'agevolazione, tuttavia, è necessario che entro il termine di un anno il benefi ciario

realizzi sul terreno un fabbricato «non di lusso» da adibire ad abitazione principale; l'agevolazione è salva

anche se l'immobile non sia ultimato nel predetto termine, purché il fabbricato sia venuto a esistenza, e cioè

esista un rustico comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità e che sia ultimata la copertura, ai

sensi dell'art. 2645 bis, comma 6, c.c. Cessione e riacquisto a titolo gratuito Con risoluzione n. 125 del

3/4/2008, l'agenzia ha dichiarato che nel caso in cui il contribuente venda l'immobile acquistato con i benefi ci

«prima casa» anteriormente al decorso di cinque anni dalla data di acquisto e non riacquisti a titolo oneroso

altra casa di abitazione entro un anno dalla vendita anzidetta, troverà applicazione il comma 4 della nota II-

bis, che prevede la decadenza dai

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Prima casa Le agevolazioni per l'acquisto dopo la riforma / 2 FRANCO RICCA benefi ci goduti per il primo acquisto. Si verifi ca la decadenza, dunque, se il riacquisto avviene a titolo

gratuito (nella fattispecie, donazione da familiari). Cessione infraquinquennale della nuda proprietà Con

risoluzione n. 213 dell'8/8/2007, l'agenzia ha ritenuto che la cessione infraquinquennale della nuda proprietà

comporti la decadenza dai benefi ci, per la parte di prezzo corrispondente al diritto parziario ceduto; tale parte

dovrà essere quantifi cata applicando al prezzo dichiarato nell'atto di acquisto i coeffi cienti per la

determinazione dei diritti di usufrutto, di cui al prospetto dei coeffi cienti allegato al dpr n. 131 del 1986, con

riferimento alla data in cui il diritto è stato acquisito. Decadenza per falsa dichiarazione: i termini per

l'accertamento La questione è stata trattata nella circolare n. 38/2005. L'accertamento della sussistenza di

tutte le condizioni dichiarate dal contribuente in sede di registrazione dell'atto attiene a una fase successiva

alla registrazione. La mendacità delle dichiarazioni rese, accertata in sede di controllo, comporta la

decadenza dal benefi cio, con conseguente applicazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali nella

misura ordinaria ed irrogazione di una sanzione pari al 30% della differenza. In ordine all'individuazione del

termine entro cui la predetta attività di accertamento deve essere svolta da parte degli uffi ci, al fi ne di

recuperare l'imposta dal contribuente che abbia indebitamente usufruito dell'agevolazione in sede di

registrazione dell'atto, la cassazione (sentenza a ss.uu. 21/11/2003, n. 1196) ha stabilito che si applica il

termine di decadenza triennale di cui all'art. 76 del dpr 131/86 e non quello di prescrizione decennale di cui

all'art. 78. Di conseguenza, l'avviso di liquidazione della maggior imposta, in questi casi, deve essere notifi

cato, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni. La data dalla quale decorre il termine per l'esercizio

dell'azione accertatrice varia a seconda che la mendacità della dichiarazione resa nell'atto si riferisca a

situazioni in corso al momento della registrazione (mendacio originario) oppure sia conseguente a fatti o

comportamenti successivi (mendacio sopravvenuto). Nel caso di false dichiarazioni rese in sede di

registrazione dell'atto in ordine allo status del contribuente (la non possidenza di altro immobile, la novità nel

godimento della agevolazione o il possesso della residenza nel comune in cui l'immobile è ubicato), il termine

triennale di decadenza inizia a decorrere dalla data della registrazione dell'atto. In tal caso, infatti, la

dichiarazione è mendace fin dall'origine, con conseguente possibilità per l'amministrazione di negare, fin dalla

data della registrazione dell'atto, l'agevolazione. Qualora, invece, il contribuente abbia dichiarato che intende

trasferire la residenza nel comune in cui è ubicato l'immobile acquistato entro il termine di diciotto mesi, il

termine iniziale della decadenza coincide con la scadenza del diciottesimo mese. Prima di questa data, infatti,

l'amministrazione non è nelle condizioni di contestare al contribuente la non spettanza della agevolazione. A

questo riguardo, si segnala che la cassazione, nell'ordinanza n. 3507 dell'11 febbraio 2011, ha dichiarato che

il termine di 18 mesi previsto per il trasferimento della residenza ha carattere meramente sollecitatorio e non

perentorio, sicché l'effetto della decadenza dall'agevolazione deve ricollegarsi solo all'inutile decorso del

termine triennale, decorrente, nel caso di specie, dalla registrazione dell'atto. Decadenza in fase di

ultimazione dell'immobile. Sempre nella circolare n. 38/2005,è stato osservato che, nell'ipotesi di applicazione

dell'agevolazione con riferimento all'immobile in costruzione, il benefi cio è applicato sulla base delle

dichiarazioni del contribuente, tra cui l'intento di non rendere l'abitazione «di lusso» nel prosieguo dei lavori.

Resta salvo il potere dell'amministrazione di accertare la decadenza dal benefi cio laddove, tra l'altro,

l'immobile ultimato presenti caratteristiche diverse da quelle agevolabili. Qualora venga realizzata

un'abitazione difforme rispetto al progetto o alla concessione edilizia, ricorre un'ipotesi di mendacio

«successivo», per cui il termine decadenziale per l'esercizio del potere di accertamento decorre dalla data in

cui il fatto successivo siè verifi cato. Il termine di decadenza dell'azione accertatrice non può decorrere dalla

data della registrazione dell'atto di acquisto; la dichiarazione, infatti, non attienea situazioni in corso, ma a

propositi futuri, per cui non è mendace fin dal principio; può, tuttavia, diventarlo in seguito, laddove, al termine

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dei lavori, il contribuente, contrariamente a quanto dichiarato nell'atto di acquisto, abbia realizzato

un'abitazione con caratteristiche «di lusso». La circolare ha inoltre osservato che l'effettiva ultimazione dei

lavori è attestata dal direttore degli stessi e che, di norma, essa coincide con la dichiarazione da rendere in

catasto in base all'articolo 24, comma 4, del dpr 6/6/2001, n. 380. La conclusione in base alla quale la

decadenza triennale si computa dalla data di ultimazione dei lavori, puntualizza poi la circolare, va tuttavia

coordinata con quanto ulteriormente disposto dalla cassazione in merito alla necessità che i lavori siano

ultimati entro il termine a disposizione dell'uffi cio per esercitare il potere di accertamento. La corte ha

precisato che i benefi ci prima casa possono essere conservati soltanto qualora la fi nalità dichiarata dal

contribuente nell'atto di acquisto, di destinare l'immobile a propria abitazione, venga realizzata entro il termine

di decadenza del potere di accertamento dell'uffi cio in ordine alla sussistenza dei requisiti per fruire di tali

benefi ci (tre anni dalla registrazione dell'atto) e se il legislatore non ha fi ssato un termine entro il quale si

deve verifi care una condizione dalla quale dipende la concessione di un benefi cio, tale termine non potrà

mai essere più ampio di quello previsto per i controlli. Con esclusivo riferimento alla fattispecie in esame,

pertanto, è necessario che l'aspettativa dell'acquirente a vedersi riconosciuta l'agevolazione anche in ipotesi

di acquisto di immobile in costruzione, si contemperi con il potere dell'amministrazione di accertare nei termini

di decadenza il diritto di fruire della agevolazione in esame. E' da ritenere, conseguentemente, che la verifi ca

della sussistenza dei requisiti dell'agevolazione non possa essere differita «sine die» e che il contribuente, al

fi ne di conservare l'agevolazione, debba dimostrare l'ultimazione dei lavori entro tre anni dalla registrazione

dell'atto. Solo successivamente, infatti, l'amministrazione potrà controllare l'effettiva spettanza del benefi cio,

provvedendo al recupero dell'imposta nei casi in cui i lavori non siano ultimati,o qualora il contribuente abbia

costruito un'abitazione «di lusso». Infi ne, la cassazione, con decisione del 15/1/2003, n. 12988, in relazione

all'acquisto di immobile in corso di costruzione, ha escluso la possibilità di ricorrere alla denuncia di fatti

sopravvenuti di cui all'art. 19 del dpr 131/86. Revoca dell'agevolazione Iva Con circolare n. 38/2005, l'agenzia

delle entrate ha precisato che in caso di decadenza dal regime di favore fruito per le cessioni di case di

abitazione non di lusso assoggettate all'Iva, l'uffi cio presso cui sono stati registrati i relativi atti deve

recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l'imposta calcolata in assenza di agevolazioni e

quella risultante dall'applicazione dell'aliquota agevolata, nonché irrogare la sanzione amministrativa pari al

30% della differenza medesima. L'uffi cio dell'agenzia, accertata la decadenza dal regime di favore,

provvederà ai sensi degli articoli 16e 17 del dlgs 472/97 al recupero delle somme dovute. 3. Successioni e

donazioni Con la risoluzione n. 33 del 15/3/2011, l'agenzia si è occupata della questione della decadenza

dall'agevolazione fruita in sede di successionie donazioni. In tale sede, l'agevolazione si caratterizza per il

fatto che il benefi cio spetta anche se i relativi requisiti siano posseduti dal solo erede/donatario dichiarante,

potendosi dunque estendere ai coeredi non in possesso dei requisiti. In tale situazione, osserva la

risoluzione, è evidente che la mendacità della dichiarazione può essere imputata solo al soggetto che l'ha

resa; tuttavia, poiché è sulla base di tale dichiarazione che è stato concesso il beneficio anche agli altri

soggetti interessati, la mendacità della dichiarazione comporta la decadenza non solo in capo al dichiarante,

ma anche in capo agli altri coeredi o donatari, mentre la relativa sanzione risulterà applicabile unicamente al

dichiarante mendace. Analogamente, si verifi cherà la decadenza per intero dal benefi cio qualora il

dichiarante non trasferisca, entro diciotto mesi dall'acquisizione dell'immobile, la residenza nel comune in cuiè

sito l'immobile stesso; il recupero dell'imposta, come pure la relativa sanzione, interesserà interamente ed

esclusivamente il benefi ciario dichiarante, in quanto può ritenersi che l'agevolazione sia sorta inizialmente,

ma sia venuta meno successivamente per il mancato rispetto dell'impegno assunto da parte dello stesso

dichiarante a trasferire la residenza nel comune in cui è sito l'immobile. Lo stesso vale per l'ipotesi in cui il

benefi ciario-dichiarante rivenda l'immobile entro cinque anni dall'acquisizione, senza procedere entro un

anno dall'alienazione al riacquisto di altro immobile da adibire a «prima casa»: anche in questo caso si avrà la

decadenza per intero del beneficio, con recupero dell'impostae applicazione delle relative sanzioni in capo al

solo dichiarante. Per quanto riguarda, invece, l'ipotesi di rivendita infraquinquennale dell'immobile oggetto

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 102

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dell'agevolazione da parte di un coerede/donatario non dichiarante, l'agenzia ritiene, per le stesse ragioni,

che non si verifi chi alcuna decadenza dal benefi cio neanche in capo al soggetto che ha ceduto l'immobile. I

coeredi/donatari non dichiaranti, trovandosi a usufruire dell'agevolazione, senza averlo espressamente

richiesto, non rilevano sul piano soggettivo né oggettivo in ordine al mantenimento e alla decadenza di

requisiti che non sono mai stati loro richiesti. 4. Rinuncia all'agevolazione e ravvedimento operoso Ipotesi

particolareè quella in cui il contribuente rinunci spontaneamente all'agevolazione richiesta inizialmente,

anteriormente al verifi carsi delle cause di decadenza. La questione è stata trattata con risoluzione n. 105 del

31/10/2011, in relazione al caso di un contribuente che, consapevole di non poter adempiere all'obbligo di

trasferimento della propria residenza, assunto all'atto dell'acquisto dell'immobile, aveva chiesto di rinunciare

all'agevolazione versando la differenza di imposta. Al riguardo, l'agenzia ha osservato preliminarmente che la

dichiarazione dell'acquirente di volere stabilire la residenza nei diciotto mesi è prevista dalla legge a pena di

decadenza dall'agevolazione, per cui il mancato trasferimento nel termine comporta la perdita del benefi cio.

La decadenza si verifi ca alla scadenza del diciottesimo mese dalla data dell'atto; prima di tale scadenza,

infatti, il contribuente risulta ancora nei termini per adempiere all'impegno preso. In linea generale, la corte di

cassazione ha escluso che il soggetto acquirente, che abbia reso la dichiarazione in atto di possedere i

requisiti prescritti dalla legge, possa in data successiva rinunciare alle agevolazioni «prima casa» fruite. Il

discorso è però diverso qualora la dichiarazione resa in atto dal contribuente non attenga alla sussistenza

delle condizioni necessarie per fruire dei benefi ci, ma sia invece riferita all'impegno che il contribuente

assume di trasferire la propria residenza nel termine di diciotto mesi dalla data dell'atto. In tal caso, l'effettivo

realizzarsi del requisito della residenza dipende, infatti, da un comportamento che il contribuente dovrà porre

in essere in un momento successivo all'atto. In sostanza, la dichiarazione resa risulterà mendace e, pertanto,

si realizzerà la decadenza dall'agevolazione, solo qualora, decorsi i diciotto mesi, il contribuente non abbia

proceduto al cambio di residenza. In considerazione della peculiarità di tale condizione, l'agenzia ritiene che

qualora sia ancora pendente il termine di diciotto mesi per il trasferimento della residenza, l'acquirente che si

trovi nelle condizioni di non poter rispettare l'impegno assunto, anche per motivi personali, possa revocare la

dichiarazione di intenti formulata nell'atto di acquisto dell'immobile. A tal fi ne, il contribuente è tenuto a

presentare apposita istanza all'uffi cio presso il quale l'atto è stato registrato (anche nel caso di atti

assoggettati all'Iva), con la quale revoca la dichiarazione di volere trasferire la propria residenza e richiede la

riliquidazione dell'imposta assolta in sede di registrazione. A seguito dell'istanza, l'uffi cio procederà alla

riliquidazione dell'atto di compravendita ed alla notifi ca di apposito avviso di liquidazione dell'imposta dovuta

e degli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell'atto di compravendita. Ricevuta la notifi ca

dell'avviso di liquidazione, il contribuente sarà tenuto a corrispondere un importo pari alla differenza tra l'Iva

determinata con l'aliquota applicabile in assenza di agevolazione e quella agevolata, nonché i relativi

interessi calcolatia decorrere dalla data di stipula dell'atto. Non si applica invece la sanzione del 30% in

quanto, entro il termine di diciotto mesi dalla data dell'atto, non può essere imputato al contribuente il

mancato adempimento dell'impegno assunto, cui consegue la decadenza dall'agevolazione. Decorso il

termine di diciotto mesi, si verifi ca la decadenza dall'agevolazione; in tal caso, ricorrendone i presupposti, il

contribuente potrà avvalersi del ravvedimento operoso. A tal fi ne, egli deve presentare apposita istanza

all'uffi cio presso il quale è stato registrato l'atto, con la quale dichiara l'intervenuta decadenza

dall'agevolazione e richiede la riliquidazione dell'imposta e l'applicazione delle sanzioni in misura ridotta.A

seguito della presentazione dell'istanza, l'uffi cio procederà alla riliquidazione dell'atto portato alla

registrazione ed alla notifi ca di apposito avviso di liquidazione dell'imposta dovuta oltre che gli interessi

calcolati a decorrere dalla data di stipula dell'atto di compravendita. E' inoltre dovuta la sanzione del 30%

dell'imposta, ridotta in applicazione del ravvedimento operoso. Nella particolare fattispecie, i diversi termini ai

quali l'art. 13 del dlgs n. 472/97 ricollega le riduzioni delle sanzioni decorrono dal giorno in cui si è verifi cata

la decadenza dall'agevolazione, ossia dal giorno in cui maturano i 18 mesi dalla stipula dell'atto. A seguito

della liquidazione, il contribuente potrà perfezionare il ravvedimento con il pagamento della maggiore

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imposta, sanzioni ed interessi, nel termine di sessanta giorni dalla notifi cazione dell'avviso di liquidazione.

Analoghi principi sono stati applicati, con la successiva risoluzione n. 112/E del 27/12/2012, in relazione

all'ipotesi in cui il contribuente, dopo avere rivenduto la prima casa anteriormente al decorso del termine

quinquennale dall'acquisto, abbia manifestato l'intenzione di non voler acquistare un'altra abitazione prima

della scadenza di un anno dalla vendita, incorrendo così nella decadenza dall'agevolazione. Anche in questo

caso, come in quello oggetto della precedente risoluzione n. 105/2011, la decadenza dall'agevolazione non si

ricollega alla mendacità delle dichiarazioni originarie rese dal contribuente in merito alle condizioni di legge,

bensì a un adempimento successivo: nell'ipotesi di vendita infraquinquennale dell'abitazione, infatti, la

decadenza non si verifi ca se il contribuente procede entro un anno al riacquisto. Di conseguenza, l'agenzia

ha ritenuto che qualora sia ancora pendente il termine di un anno dalla vendita infraquinquennale per

procedere all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale, il contribuente che non

possa o non voglia procedere, anche per motivi personali, all'acquisto che consentirebbe di mantenere

l'agevolazione fruita, può presentare all'uffi cio presso il quale è stato registrato l'atto di vendita dell'immobile

acquistato con l'agevolazione un'istanza con la quale manifesta la propria intenzione e chiede la

riliquidazione delle imposte nella misura ordinaria, pagando quindi la differenza e gli interessi. Quanto alla

sanzione, se l'istanza viene presentata entro il termine di un anno dall'alienazione dell'immobile acquistato

con benefi ci, la sanzione del 30% non si applica perché, entro detto termine, non può essere imputato al

contribuente il mancato acquisto. Se l'istanza viene invece presentata dopo il decorso di un anno dalla

vendita infraquinquennale, il contribuente potrà benefi ciare della riduzione della sanzione, analogamente a

quanto precisato nella precedente risoluzione n. 105/2011, perfezionando il ravvedimento operoso con

l'esecuzione dei pagamenti entro sessanta giorni dalla notifi ca dell'avviso di liquidazione dell'uffi cio. 12. IL

BONUS FISCALE PER IL RIACQUISTO Oltre ad accordare la tassazione agevolata, il fisco premia il

riacquisto della «prima casa» con un bonus: al contribuente che vende la «prima casa» per acquistarne,

entro un anno, un'altra, spetta infatti un credito d'imposta pari alla minore imposta sopportata in veste di

acquirente. L'ammontare del credito d'imposta, istituito e regolato dall'art. 7 della legge 23/12/1998, n. 448, è

pari al minore importo tra: il tributo pagato al momento del precedente acquisto agevolato e quello dovuto per

il nuovo (si vedano gli esempi seguenti). Il tributo da considerare è, secondo il caso, l'imposta di registroo

l'Iva, mentre non si tiene conto degli altri tributi (es. imposte ipotecarie e catastali). (si veda tabella) Le

permute Ai fi ni dell'imposta di registro, gli atti di permuta sono tassati sulla base del valore del bene che

comporta l'applicazione della maggiore imposta, ai sensi dell'art. 43, comma 1, del dpr n. 131/86. In

considerazione di ciò, con la citata circolare n. 19/2001 l'agenzia delle entrate ha fornito particolari istruzioni

per il calcolo del bonus, alle quali si rinvia. 12.1 Presupposti del bonus Il credito spetta alle seguenti

condizioni: a) tra la vendita (o più esattamente, l'alienazione, e dunque anche la donazione) della vecchia

casa e l'acquisto della nuova non deve passare più di un anno; b) l'alloggio alienato deve essere stato

acquistato con applicazione dei tributi ridotti previsti dalle agevolazioni «prima casa» c) anche per l'acquisto

del nuovo alloggio devono sussistere i presupposti per l'applicazione dei tributi ridotti in base alle disposizioni

«prima casa». In merito alla condizione sub b), va precisato che per quanto riguarda l'Iva, anteriormente al 22

maggio 1993, data di entrata in vigore del dl n. 155, l'aliquota ridotta (prima 2%, poi 4%) era applicabile

oggettivamente, su tutte le cessioni di case di abitazione non di lusso effettuate dalle imprese costruttrici,

indipendentemente dai requisiti soggettivi dell'acquirente; con la circolare n. 19 del 1° marzo 2001, pertanto,

l'agenzia ha riconosciuto che il bonus per il riacquisto spetta ugualmente ai soggetti che si trovano nella

suddetta situazione (ossia a coloro che hanno acquistato l'alloggio pagando oggettivamente l'Iva ridotta), a

condizione che si dimostri che, alla data dell'acquisto, sussistevano comunque i requisiti richiesti dalla

normativa allora vigente in materia di agevolazioni «prima casa». Trasferimenti a titolo gratuito Stante la

formulazione della norma, con la circolare n. 38/2005 era stato ritenuto che fosse possibile fruirne sia per gli

acquisti a titolo oneroso che per i trasferimenti a titolo gratuito disposti per atto di donazione. Tale posizione

risulta superata in seguito del ripristino dell'imposta sulle successioni e donazioni disposto dall'articolo 2,

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comma 47, del dl n. 262 del 2006, convertito, con modifi cazioni, dalla legge n. 286 del 2006. Poiché infatti,

nella nuova disciplina, ai trasferimenti a titolo gratuito non si applica, diversamente dal passato, l'imposta di

registro, bensì l'imposta sulle successioni e donazioni, con la circolare n. 2 del 22/1/2008 l'agenzia delle

entrate ha precisato che non è più attuale la precisazione della circolare n. 38/2005. Riacquisto con contratto

d'appalto Nel caso in cui il «riacquisto» avvenga mediante contratto di appalto, per fruire del credito d'imposta

è necessario che il contratto, nel quale deve essere dichiarato il possesso dei requisiti che consentono

l'applicazione del benefi cio, sia redatto in forma scritta e registrato (circolare n. 38/2005). Quando il bonus

non spetta Per fruire del credito d'imposta è necessario che l'acquisto della prima casa di abitazione, quella

che forma oggetto della successiva vendita, sia avvenuto a titolo oneroso. Pertanto il bonus non spetta per

l'alienazione di un'abitazione pervenuta al venditore per atto di donazione o di successione per la quale sia

stata corrisposta l'imposta sulle successioni e donazioni, ancorché a suo tempo il donante o il de cuius

l'avesse acquistata avvalendosi dell'agevolazione «prima casa». Con la circolare 38/2005 è stato inoltre

chiarito che il credito d'imposta non spetta: - se il contribuente ha acquistato il precedente immobile senza

usufruire del benefi cio «prima casa»; - se l'immobile alienato è pervenuto al contribuente per successione o

donazione, salvo quanto detto prima in ordine all'eventuale assoggettamento della donazione all'imposta di

registro, secondo la normativa previgente; - se il nuovo immobile acquistato non ha i requisiti «prima casa» -

se il contribuente è decaduto dall'agevolazione «prima casa» in relazione al precedente acquisto, in quanto

ciò comporta automaticamente, oltre al recupero delle imposte ordinarie e delle sanzioni, anche il recupero

del credito eventualmente fruito. Manifestazione di volontà Per fruire del credito d'imposta è necessario che il

contribuente manifesti la propria volontà nell'atto di acquisto del nuovo immobile, specifi cando se intende o

meno utilizzarlo in detrazione dall'imposta di registro dovuta per lo stipulando atto. L'atto di acquisto deve

quindi contenere, oltre alle dichiarazioni previste dalla nota II-bis), l'espressa richiesta del benefi cio in

argomento con l'indicazione degli elementi necessari per la determinazione del suddetto credito (circolare n.

38/2005). In caso di omissione, tuttavia, come si è già detto, è ammessa la regolarizzazione mediante atto

integrativo. 12.2 Come si può utilizzare il credito Vediamo ora come può essere utilizzato il bonus, precisando

subito che non può mai convertirsi in rimborso. a) Anzitutto può essere fatto valere immediatamente a

scomputo dell'imposta di registro dovuta per l'acquisto del nuovo alloggio; a tal fi ne è necessario farne

richiesta, per ovvie ragioni pratiche, nell'atto di acquisto. Per motivi legati alla tecnica dell'Iva, non è invece

possibile, se si compra da imprese, dedurre il bonus dall'imposta che è addebitata in fattura dal venditore. b)

E' poi possibile utilizzare il credito in diminuzione delle imposte sui redditi delle persone fi siche dovute in

base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data di acquisto (o, in caso di costruzione, alla

data di consegna dell'alloggio). A questo riguardo, con circolare n. 15 del 20 aprile 2005 l'agenzia ha chiarito

che il contribuente che decide di utilizzare il credito d'imposta nella dichiarazione dei redditi, può indicarlo già

nella prima dichiarazione presentata dopo l'atto di riacquisto, oppure in quella relativa al periodo d'imposta in

cui l'atto è stato stipulato. Per esempio, se l'atto è stato stipulato fra il 1° gennaio 2014 e la data di

presentazione della dichiarazione 2014 per il 2013, il bonus può essere indicato indifferentemente sia in tale

dichiarazione sia in quella relativa al 2014, che sarà presentata nel 2015. Il chiarimento era necessario in

considerazione del diverso tenore delle istruzioni rispetto alla circolare n. 19 del 1° marzo 2001. Secondo

quanto si desume anche dalla struttura della dichiarazione, il credito indicato nella dichiarazione e non

utilizzato non si perde, ma può essere computato in diminuzione delle imposte dovute all'atto della

dichiarazione successiva. c) Altra possibilità è quella di scomputare il bonus, per l'intero importo, dalle

imposte di registro, ipotecaria, catastale, dovute per atti, denunce e dichiarazioni presentate dopo la data di

acquisizione del credito, ma entro il termine prescrizionale di dieci anni; attenzione al fatto che, in tal caso,

non è possibile utilizzare il bonus in maniera frazionata. d) Infi ne, il bonus può essere utilizzato in

compensazione dei versamenti delle imposte e dei contributi, in base alle disposizioni del decreto legislativo

n. 241/97 (al di fuori del tetto annuo di 700.000 euro); il codice tributo da indicare nel modello F24 è 6602.

Personalità del credito In caso di decesso del titolare, il bonus si trasferisce agli eredi, che potranno utilizzarlo

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 105

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nei modi di cui sopra. Trattandosi di credito personale, inoltre, in caso di comproprietà dell'immobile rivenduto

e/o di quello riacquistato, il credito spetta agli aventi diritto in base alla percentuale di comproprietà.

Prezzo del vecchio alloggio Iva pagata Prezzo del nuovo alloggio Iva dovuta 100.000 2.000 200.000 8.000

2.000 200.000 8.000 150.000 6.000 6.000 Importo del credito

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 106

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RINASCITE La seconda vita di Maire Luisa Leone Esattamente un anno fa Maire Tecnimont avviava una manovra finanziaria da 500 milioni di euro, compreso

un aumento di capitale da 150 milioni. Solo due giorni fa ha annunciato due nuove commesse, per 190 milioni

complessivi, da Total nell'ambito di uno dei maggiori progetti d'investimento della compagnia petrolifera in

Europa. Contratto che era stato preceduto poche settimane prima da quello da circa 1,4 miliardi (50% in

quota Maire) per il complesso petrolchimico di Tahrir in Egitto, in partnership con Archirodon Group. E circa

un mese prima era stata la volta dell'accordo con il gruppo americano Foster Wheeler, per cavalcare l'onda

lunga dello shale gas negli Stati Uniti. Insomma, dai guai del Sudamerica, terminati in due casi su tre con

transazioni tombali (il terzo caso è appeso a un arbitrato internazionale ma gli effetti negativi sono già scontati

in bilancio) a un ritorno di fiducia testimoniato dalle nuove commesse raccolte negli ultimi mesi. «Per noi

questi contratti hanno un valore commerciale ma anche strategico. Conferma del fatto che la politica che

abbiamo scelto, quando abbiamo avviato il turnaround l'estate scorsa, funziona, è apprezzata e porta

risultati», dice a MFMilano Finanza Pierroberto Folgiero, amministratore delegato di Mare Tecnimont da

maggio 2013. La strategia scelta dal gruppo dopo aver chiuso la delicata fase di aumento di capitale, che ha

visto anche l'ingresso tra i soci del gruppo emiratino Ardeco con il 10%, è stata quella di concentrarsi sul

business petrolchimico e dell'oil & gas e sui contratti ad alta tecnologia e di ingegneria e procurement, in base

a una politica di riduzione del profilo di rischio del gruppo. Così la nuova Maire Tecnimont «è una società più

concentrata sulla tecnologia, con meno rischi operativi e più stabilità. Certo con volumi diversi rispetto al

passato, ma in relazione al ribilanciamento con rischi e marginalità. Complessivamente oggi il nostro

posizionamento è più solido, in un mercato aggressivo, dopo l'ingresso in forze dei player coreani». Un

esempio della nuova filosofia in fatto di rischiosità è il contratto appena annunciato in Egitto, non certo un

Paese tranquillo in questa fase. Come si concilia la nuova commessa con la strategia di Folgiero? «Noi

partecipiamo ai lavori assieme ad Archirodon, un grande gruppo che ha 25 anni di esperienza in Egitto e che

si assume il rischio di costruzione e quindi quello Paese, mentre noi ci occupiamo di ingegneria e

procurement», spiega l'amministratore delegato.E almeno per ora il nuovo stile del gruppo sembra

raccogliere consensi: «Con una serie di tecnologie differenziate, un'offerta di servizi potenziata e un epc con

un invidiabile track record al di fuori dalla regione prima per lei problematica, la società sembra star

costruendo un più sostenibile flusso di profitti per il futuro», commentava Barclays in un recente report. Non

solo; la banca inglese sottolinea anche un altro elemento del nuovo corso: «Un altro segno che l'industria sta

iniziando a riconoscere l'azienda per le sue capacità tecnologiche sono le recenti partnership per il mondo»,

come quella con Foster Wheeler negli Usa, annunciata lo scorso febbraio. Un accordo che rappresenta uno

dei due filoni di sviluppo di Maire negli Stati Uniti. Qui il gruppo punta a cogliere le opportunità offerte dal

recente sviluppo del downstream collegato all'estrazione di shale gas. La partnership con il colosso Usa

aiuterà il gruppo a lavorare con i player locali, ma non sarà l'unico veicolo di sviluppo nel Paese. «Puntiamo a

replicare l'accordo con Oci (gruppo Sawiris, ndr ), in Iowa, e stiamo discutendo con nuovi clienti proprio sulla

base delle referenze che questa esperienza ci permette di avere», aggiunge Folgiero. Ma altre opportunità si

nascondono per Maire anche in Africa Occidentale, dove di recente la società si è aggiudicata un contratto in

Camerun, e in prospettiva anche in Kazakistan, «dove abbiamo già una joint venture con un partner locale,e

dove abbiamo intenzione di espanderci e aprire una filiale» per inseguire le opportunità che potranno venire

nel settore petrolchimico dall'entrata in funzione dei giacimenti di Kashagan. Il tutto nell'ottica di cercare

nuove geografie, fuori dal troppo affollato e competitivo Medio Oriente, dove giocare le proprie carte. Ma

l'altro lato della ristrutturazione di Maire Tecnicmont è quello finanziario. Dopo la manovra della primavera

scorsa, che ha visto accanto all'aumento di capitale il riscadenzamento del debito per circa 350 milioni e

nuova finanza per 50 milioni, alla fine del 2013 la posizione finanziaria netta era negativa per 305 milioni. Il

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 107

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piano di Folgiero ora è di arrivare a una cassa positiva entro la fine del 2015. Per raggiungere questo risultato

sarà importante anche il contributo che potrà venire dalle dismissioni dei business no core. Nei mesi passati

Maire ha già ceduto importanti progetti nel settore delle costruzioni, come le quote in Cociv (che costruirà

l'alta velocità ferroviaria Milano-Genova) e per la metro di Copenhagen, segno tangibile che in futuro il

destino di questo business è fuori dal gruppo. «Vogliamo valorizzare i decenni di storia nel settore delle

infrastrutture, che purtroppo non crea sinergie con quello degli idrocarburi in cui abbiamo scelto di

focalizzarci. Una valorizzazione che potrà aversi solo con qualcuno che abbia le dimensioni per permettere

alle nostre competenze di poter davvero fruttare». Non solo; dovrebbero essere piuttosto vicine anche la

cessione dell'impianto a biomassa di Biolevano e altre dismissioni di dimensioni più piccole. Infine, sempre

sul versante finanziario, dopo il debutto nei bond Maire potrebbe presto tornare sul mercato obbligazionario.

«Siamo aperti, anche se con prudenza, alle occasioni del mercato dei bond, viste le buone condizioni di

liquidità che si registrano in questa fase e il modo in cuiè stata accolta la nostra prima emissione», conclude

Folgiero. (riproduzione riservata)

I GRANDI NUMERI DI MAIRE TECNIMONT Ricavi Business margin Ebitda Risultato netto Indeb. finan. netto

2.186 -3,10% -159,2 -207,6 226,2 1.656 12% 116,1 17,3 305 GRAFICA MF-MILANO FINANZA quotazioni in

euro Var. % sul 4 gen 2014 Dati in milioni di euro 2013 2012 4 gen '14 4 apr '14 2,8 € +56,6%

Foto: Pierroberto Folgiero

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 108

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FISCO & MATTONE Sempre più a rischio le agevolazioni fiscali prima casa Norberto Villa Bonus prima casa senza pace. Il trasferimento di residenza nel comune in cui si è acquistato l'immobile

sfruttando le agevolazioni deve intervenire entro il termine perentorio di 18 mesi. In caso contrario occorre

dire addio agli sconti, e questo anche se il mancato trasferimento non è dipeso dalla volontà del contribuente.

Una severa punizione considerando che, solo riguardo al registro, la perdita degli sconti vuol dire passare da

un'imposta del 2% a una del 9%. Questa comunque la conclusione a cui è giunta l'ordinanza 2527/14 della

Corte di Cassazione del 5 febbraio 2014. Il caso riguardava un contribuente che aveva acquistato una casa

sfruttando appunto l'agevolazione prima casa. Delle condizioni per poter fruire del bonus fa parte quella che

impone che l'acquirente debba trasferire la propria residenza nel comune in cui è ubicato l'immobile entro 18

mesi dall'acquisto. Ma nel caso considerato ciò non era avvenuto in quanto l'immobile era stato acquistato

mentre era ancora in costruzione e alla scadenza dei 18 mesi i lavori non erano ancora stati terminati. La

questione è da tempo dibattuta. Vi sono sentenze di merito che ad esempio giustificano il mancato

trasferimento quando ciò è dipeso da causa di forza maggiore come quella del caso riportato. Ma purtroppo

la Suprema Corte si è espressa in modo differente con un atteggiamento forse fin troppo rigido che rischia di

creare non pochi danni. Si pensi infatti a quanto tale ordinanza potrà pesare in sede di acquisto. Spesso

l'acquisto dell'immobile ancora in costruzione è dettato dal fatto di riuscire a ottenere in questo modo un

prezzo favorevole oltreché di poter gestire le finiture a proprio piacimento. E tale fatto, considerata la crisi del

settore immobiliare, è anche di solito ben visto dai costruttori che così riescono a monetizzare in anticipo i

loro immobili. Ma ciò ora deve fare i conti con l'ordinanza della Corte di Cassazione. Infatti se i vantaggi

accennati sono veri, è anche vero che il rischio di non vedere terminato l'immobile entro i 18 mesi, con la

conseguente perdita dell'agevolazione fiscale, può fare cambiare idea in non pochi casi. Con la conseguenza

che né gli acquirente né i venditori potranno trarre alcun vantaggio da tale posizione. Anzi. Insomma la presa

di posizione è un'altra tegola che cade sul settore immobiliare che di certo non ne sentiva il bisogno visto che

già il mercato non lo sta di certo favorendo. Ma anche sperare che l'amministrazione non se ne accorga in

tempo diventa sempre più azzardato. L'ordinanza citata sostiene infatti anche che in tali casi il potere del

fisco di accertare tale situazione (e di conseguenza di far decadere l'agevolazione già goduta con la richiesta

delle maggior imposte e sanzioni) decorre dal termine dei 18 mesi. A partire da quel momento vi sono poi tre

anni di tempo per notificare la rettifica al contribuente. Un tempo più che abbondante che offre la possibilità

all'amministrazione di accorgersi in tempo di quanto accaduto. (riproduzione riservata)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 109

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SICIM L'oro del Messico Roberto Carminati Recenti azioni governative mirate alla liberalizzazione del mercato contribuiscono a presentare nuove

opportunità di business nei segmenti dell'energia e dello oil & gas in nazioni quali Canada, Colombia e

soprattutto Messico. In quest'ultimo Stato in particolare si stima che le riserve di oro nero ammontino oggi a

circa 10 miliardi di barili nell'ipotesi più pessimistica, con una capacità produttiva pari a 2,5 milioni giornalieri

nel 2013. È d'altronde dall'energia in senso ampio che la meccanica italiana ha tratto negli ultimi anni alcuni

fra i suoi migliori risultati per l'export, dato il +2% circa ottenuto secondo i calcoli che l'associazione di settore

Anima ha presentato a fine 2013. Proprio il Messico è insieme a Colombia e Perù uno fra gli eldorado centro

e latino-americani della specialista Sicim, sede a Busseto presso Parma e un fatturato che viaggia

quest'anno verso quota 500 milioni con una crescita da 11 punti rispetto al 2013 e una forza lavoro globale da

4 mila unità. Vincendo la concorrenza di importanti rivali internazionali il colosso delle terre verdiane ha

appena ottenuto due commesse del complessivo valore di 500 milioni di dollari per 1.000 chilometri di

gasdotto totali a Tamazunchale e Sonora. «Nel 2009 siamo stati i primi italiani ed europei a entrare sul

mercato messicano», ha detto a Milano Finanza l'amministratore delegato di Sicim Attilio Cagnani, «dove

abbiamo già eseguito tre grandi progetti e dove ora possiamo contare su una profonda conoscenza di

fornitori e operatori oltre che su professionalità da noi addestrate. Vi abbiamo destinato un budget da circa 35

milioni di euro e presidiamo il territorio con la società di proprietà Constructora Sacim impiegando al 90%

addetti locali attivi poi pure in Perù e Colombia». Le ultime due gare vinte vedranno l'azienda emiliana

impegnata per la committente canadese Transcanada e l'altro gruppo petrolifero Sempra originario della

California che hanno ottenuto concessioni per la gestione dei due poli. In linea tuttavia con la tendenza che

vede inevitabilmente il made in Italy conquistare fatturati e visibilità al di fuori dei confini della Penisola e

dell'Europa, Sicim sta seguendo i sentieri del business degli idrocarburi posizionandosi nelle macroregioni

suscettibili dei più significativi progressi nel settore, fra Sud e Nord America, vicina Asia, Africa. «Il punto di

svolta per la nostra crescita», ha proseguito Attilio Cagnani, alle redini del marchio insieme al figlio Guido, «è

stato a cavallo fra il 2009 e il 2010 quando di fatto si è esaurito il nostro impegno in iniziative di rilievo sia in

Italia sia in Europa a causa del rarefarsi degli investimenti. Internazionalizzando le attività crediamo ora di

poter raddoppiare un volume d'affari che nel 2012 era di 250 milioni. In Africa siamo presenti in Congo,

Angola e Camerun in maggiore misura e in mesi recenti abbiamo acquisito commesse per circa 200 milioni di

dollari delle quali due in Congo». Sono i frutti dell'impegno che le compagnie petrolifere ed energetiche in

genere stanno dedicando all'implementazione di grandi progetti nelle varie località e che dovrebbero

condurre a un ridisegno della composizione degli incassi del costruttore emiliano: «Per il prossimo futuro», ha

detto Cagnani, «il giro d'affari dovrebbe essere per il 40% riconducibile all'America centrale e meridionale; per

un altro 35% all'Africa e per un restante 25% a Iraq e Kazakistan. In questi ultimi due Stati è però difficile

prevedere un ulteriore impulso all'industria delle infrastrutture mentre qualche opportunità interessante

potrebbe provenirci dal Nord America e soprattutto dal Canada». Per cogliere gli spiragli di business in arrivo

dai panorami globali, Sicim scommette fortemente su una stretta collaborazione e sull'interazione costante fra

i suoi cervelli di Busseto e quelli delle sue 16 sedi nel mondo. In Italia ha aumentato di 40 persone il totale dei

suoi dipendenti portandolo a 130 ma per l'avvenire ha già in mente di procedere ad altre assunzioni. Lo

sforzo va di pari passo con la diversificazione delle sue attività in base a una politica che le permette di

inserirsi di volta in volta in nuovi spazi e segmenti. «Dalla pura costruzione di impianti», ha concluso Cagnani,

«ci siamo spostati verso iniziative di progettazione e procurement, ossia sulle forniture chiavi in mano, oltre

che sulla manutenzione di strutture realizzate da altri. La differenziazione dell'offerta ci consente di affacciarci

a commesse in precedenza inaccessibili e nonostante che per il momento questo tipo di proposta riguardi per

lo più il territorio congolese, crediamo possa crescere ovunque». (riproduzione riservata)

05/04/2014 62Pag. Milano Finanza - N.68 - 5 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

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Foto: Attilio Cagnani

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MATTONE Tutta colpa della bolla Gianluca Zapponini Icartelli colorati «vendesi» non si contano più a Roma. La Città Eterna, non è un mistero, è ormai alle prese

con una delle peggiori crisi immobiliari dal dopoguerra: palazzi nuovi di zecca rimasti invenduti per scarsa

domanda e prezzi crollati. Il tutto a fronte di un credito bancario ridotto al lumicino. A spiegare l'origine del

disastro ci ha provato Marco Matteoni, alla guida dei costruttori di Confartigianato Roma e Lazio. «La colpa»,

dice Matteoni a MF-Milano Finanza, «è di una vera e propria bolla, che ha visto proprietari di terreni e

costruttori vendere in periferia allo stesso prezzo del centro, eludendo il fatto che a Roma ci sono fasce e

zone diverse: tutto questo ha finito per drogare il mercato per un lungo periodo», con un progressivo scarto

tra prezzo del mattone e reddito delle famiglie. Risultato, domanda indebolita e crollo dei prezzi. Certo, anche

la Pa ha una bella fetta di responsabilità, visti «i lunghissimi, o addirittura inesistenti pagamenti, che hanno

strozzato le imprese», precisa Matteoni. E allora che fare? Molto semplice, tornare alla realtà e «fare un bel

bagno di umiltà, tornando a fare il mestiere come una volta», dice Matteoni. «I costruttori devono capire che

la casa deve diventare un bene di consumo e non per sempre. D'altro canto, però, i proprietari dei terreni

devono finirla di aspettare proposte per l'edificazione fuori da ogni logica di mercato». (riproduzione riservata)

Foto: Marco Matteoni

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Start-up, parte l'operazione Lab Inn 2.0 Guido Lorenzon Novanta partecipanti alla formazione, 31 iscritti al bando e 16 i selezionati alla costruzione del business plan:

questa la progressione del progetto «Lab Inn 2.0» di sostegno alla nascita di start-up avviato a fine 2013 da

dodici Comuni della Sinistra Piave, con Conegliano capofila, insieme con altri sei protagonisti del mondo

bancario e associativo d'impresa locali. Al termine del percorso, previsto per la fine di maggio 2014, una

giuria selezionerà i vincitori. Riceveranno un finanziamento di primo livello di 10 mila euro a zero interessi,

estendibile a un successivo finanziamento di 40 mila euro a tassi minimi. Inoltre, le tre migliori idee saranno

premiate con buoni acquisto. Tutto è iniziato con la fase di formazione, sviluppata in tre incontri su bilancio

delle competenze personali, situazione del mercato del lavoro e sul fare impresa. Ne sono venute fuori le 31

idee d'impresa di cui 16 in questi giorni sono state scelte per la tappa successiva, ossia la costruzione del

business plan, che sarà redatto con l'assistenza di uno degli otto tutor. Le idee selezionate e proclamate nella

Sala Consiglio nel Municipio di Conegliano sono state giudicate le più originali, realizzabili e attrattive per il

mercato. Benessere e salute, risparmio energetico con soluzioni domotiche e applicazione delle nuove

tecnologie per tecniche di stampa 3D sono stati gli ambiti di maggior impatto, ma non sono mancati alcuni

progetti di app per iPhone. Il progetto «Lab Inn 2.0» ha come finalità più evidente e immediata l'avviamento

dei giovani al fare impresa, anche allo scopo di sottrarli alla disoccupazione. Ma ad una lettura più accurata vi

si legge la volontà di spingere con determinazione al rinnovo del parco-aziende in campo manifatturiero in

un'area colpita in questo stesso periodo dalle difficoltà delle grandi aziende del «bianco». «Lab Inn 2.0 è

finalizzato a far emergere i nostri giovani talenti», ha detto Luigino Manfrin, direttore generale di Banca della

Marca (sede di Orsago, in provincia di Treviso) e principale sostenitore del progetto, «ossia coloro che

costituiscono e costruiscono il tessuto imprenditoriale del futuro». (riproduzione riservata)

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LEITNER Così si vola sulla città Roberto Carminati Dopo avere chiuso il suo 2013 con un fatturato di 700 milioni di euro il gruppo Leitner punta a scalare nuove

vette grazie alla vasta esperienza maturata nel settore del trasporto a fune e punta per il 2014 al picco degli

800 milioni. Dalle cime alpine e dalle piste da sci il costruttore con sede a Vipiteno (Bolzano) è tuttavia in

grado di spostarsi agilmente verso settori completamente diversi e verso differenti utilizzi delle sue soluzioni

tecnologiche. Nel mirino dell'azienda c'è da tempo la mobilità urbana; e nel segmento Leitner agisce da

primattrice ai quattro angoli del globo. A dimostrarlo ci sono anche le due commesse conquistate nei primi

mesi di quest'anno. La prima riguarda Berlino, capitale tedesca destinata a ospitare nel 2017 la prossima

edizione della tradizionale fiera quadriennale del giardinaggio e della floricultura Iga. Per l'occasione il brand

bolzanese sta terminando la realizzazione di una funivia lunga 1,5 chilometri che nel suo punto più alto

toccherà quota 102 metri. «Il suo valore complessivo è di 14 milioni di euro», ha detto a Milano Finanza il

presidente Michael Seeber, «e dall'amministrazione berlinese Leitner ha ottenuto un contratto di concessione

che secondo le nostre stime dovrebbe garantirci circa 600 milioni l'anno». L'opera promette di restare in

funzione ogni giorno con una capacità da 3 mila passeggeri l'ora e un traffico record da 2,3 milioni di

passeggeri durante l'esposizione, grazie al previsto allestimento in altri periodi di piste per lo slittino e svariate

iniziative pubbliche. Collega il cuore della kermesse nei monumentali Gärten der Welt con le più prossime

stazioni della metropolitana e ferroviaria e Leitner può vantarne i diritti di gestione per un periodo di 20 anni.

Qualcosa di simile e con la collaborazione dello scalatore Reinhold Messner è stato già messo a punto per le

aree espositive di Saragozza e Hannover, dove in particolare i visitatori trasportati sono stati addirittura 8

milioni. Quanto alla seconda operazione, ha riguardato invece la metropoli di Miami in Florida dove Leitner è

giunta alla meta a seguito di un contenzioso legale con Mitsubishi. «Ma il ricorso presentato dalla

concorrente», ha puntualizzato Seeber, «è stato esaminato e respinto in soli 60 giorni, in contrasto con

quanto accade in Italia dove ben quattro progetti sono fermi da tempo in attesa dei pronunciamenti della

giustizia amministrativa. Così potremo operare tramite la controllata Leitner Poma presso il locale

International Airport cui è indirizzato un minitreno da 375 metri che porterà da un terminal all'altro 12 mila

persone l'ora in due direzioni con convogli da tre vagoni». Le grandi manovre per il polo aeroportuale dello

Stato nordamericano dovrebbero concludersi nel 2017 ma è notizia recente quella del completamento della

commessa da 25 milioni per la cabinovia di Ankara in Turchia, con 10 posti a sedere e portata da 4.800

persone l'ora in due sensi di marcia. Situata nei pressi di una fra le più trafficate arterie della capitale turca

collega il quartiere di Entepe con la fermata della metropolitana di Yenimahalle su un percorso da oltre 3,2

chilometri e prelude all'installazione di due cabinovie da 18 milioni di euro e lunghezza totale di circa sette

chilometri. «La prossima consegna è fissata al 2015», ha ricordato il presidente Michael Seeber, «ed entro un

anno e mezzo prevediamo di ultimare un altro sistema di trasporto urbano a Medellin in Colombia». Alle

prese in Italia non soltanto con il generalizzato calo degli investimenti bensì pure con quella che Seeber

definisce «una eccessiva burocratizzazione» e con oneri fiscali ardui da sopportare, la società di Vipiteno

guarda infatti sempre più spesso e con attenzione crescente ai mercati stranieri. «Molto ci attendiamo sia

dalla Cina dove siamo presenti con una filiale e una fabbrica», ha detto Seeber, «ma anche dalla Sud Corea

dove sono in programma le prossime Olimpiadi invernali dopo che nella corsa alle forniture ai Giochi russi di

Sochi siamo stati battuti dai nostri rivali austriaci». Intanto il gruppo Leitner può scommettere su Las Vegas

dove la sua visibilità è garantita - sempre grazie alla collaborazione della sua emanazione statunitense dalla

realizzazione presso il celebre Caesar's Palace della più grande ruota panoramica con cabine del pianeta,

già perfettamente funzionante ma in attesa della ormai imminente inaugurazione ufficiale. Un ulteriore

mattone per la costruzione di quel volume d'affari che è per il 93% realizzato al di fuori del nostro Paese,

dove il colosso è nato 125 anni fa per poi estendersi reclutando globalmente ben 2.500 dipendenti.

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(riproduzione riservata)

Foto: Il progetto Leitner a Berlino

Foto: Michael Seeber

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 115

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L'Aquila cinque anni dopo 23.900 ancora fuori casa IL TERREMOTO UCCISE E FECE CROLLARE LE ABITAZIONI, POI È STATA DISTRUTTA LA SOCIALITÀNEI QUARTIERI TEMPORANEI REALIZZATI CON IL PROGETTO C.A.S.E., FIORE ALL'OCCHIELLO DIBERLUSCONI, GLI ANZIANI VAGANO COME ANIME SMARRITE PER LE STRADE SENZA MARCIAPIEDI Sandra Amurri C'è una frase che più di ogni altra fotografa lo stato d'animo degli aquilani cinque anni dopo le 3,32 di quel 6

aprile del 2009 quando il sisma, magnitudo 5.9 della scala Richter cancellò la vita di 309. "In un convegno mi

chiesero: cosa vi ha spaventato più del terremoto? Ho risposto: il dopo terremoto". È il commento che

Raffaela Coccia affida al gruppo su "Sei aquilano se...", fondato da Angela Schiavone e Francesca Romano a

fine gennaio 2014 e che oggi conta oltre 16 mila iscritti. Un luogo virtuale per restare aggrappati, come esuli

alla propria terra. Cittadine e cittadini, espropriati dei loro luoghi, del sentire comune, dei loro diritti, del

bisogno di dialogare per condividere i piccoli e i grandi gesti quotidiani, il ricordo di quel dolore mai sopito. Un

dolore che ogni anno si ripresenta in tutta la sua ferocia accompagnato dalla delusione di promesse

disattese, dalla viodopo terremoto ha distrutto la socialità. Basta andare nei quartieri temporanei, il progetto

C.a.s.e., fiore all'occhiello di Berlusconi, vedere gli anziani, quelli che non si sono lasciati morire, che vagano

come anime smarrite per le strade senza marciapiedi. Ripetono gesti conosciuti nella speranza, mai sopita, di

tornare nella propria casa per ritrovare il sapore della loro vita. Gli nomini un politico, uno qualsiasi, e la

risposta sono valanghe di improperie. Trasportati qui, temporaneamente, gli avevano detto, una provvisorietà

che dura da cinque anni. Alcuni vivono con i figli, i nipoti, in case che la mancanza di manutenzione sta

divorando: pavimenti che si alzano, la pioggia che entra dai tetti. Tutto intorno il degrado. Il buco delle bollette

pazze "Cani randagi, erbacce, carte dappertutto che vengono spazzate via solo in prossimità delle campagne

elettorali", dice Luciana Tomei, volontaria, gestisce la tenda Amica. Pesa come un macigno sul bilancio del

Comune la morosità per le spese di riscaldamento, luce ecc... le società di ri"Quella notte Piazza Duomo era

affollatissima: donne, bambini, uomini, con indosso coperte, in pigiama, scalzi sfuggiti alla furia del terremoto.

Poi ci siamo persi, chi in albergo fuori città, chi nelle case delle illusioni chi dai parenti e non ci riconosciamo

più". Marta aveva 16 anni quando con la mamma e il fratellino di 4 è riuscita miracolosamente a scappare

prima che crollasse tutto. Oggi dice di non aver perduto solo la casa ma anche le lacrime: "Non piango più.

Non ho pianto neppure un mese fa quando mi ha lasciato il mio ragazzo, niente è più doloroso di ciò che ho

vissuto e vivo dentro di me". Gli sprechi non si contano Sono state stanziate risorse per 12 miliardi di euro.

Spesi 6,3 miliardi. Molti per l'emergenza e solo 2,8 milioni per ricostruzione privata e pubblica, secondo il

monitoraggio del Comune. Gli sprechi non si contano. Basti pensare al G8 che si doveva tenere alla

Maddalena e poi, per volere del governo Berlusconi, Bertolaso spostò sul palcoscenico de L'Aquila. Quasi

cinque milioni di euro per ospitare alla lenza che l'inganno porta con sé, dal ricordo delle risate

dell'imprenditore Francesco De Vito Piscicelli (arrestato per gli appalti facili) che al telefono disse: "Io

stamattina ridevo alle tre e mezzo dentro al letto...", al pensiero di quanto avrebbero fruttato quelle macerie

che nascondevano cadaveri ancora caldi. Alle passerelle dei politici di turno, alle inchieste per dare un nome

a chi non ha fatto ciò avrebbe dovuto per scongiurare una tragedia annunciata. Le regole antisismiche

ignorate Eh sì perché come dimostrano le inchieste, il terremoto non è stata la sola causa ma una concausa,

appunto, dei crolli che hanno seppellito vite umane, il resto lo ha fatto il non rispetto delle regole antisismiche.

L'Aquila non era soltanto la città delle chiese e dei monumenti, era anche il luogo dei sapori e degli odori,

come quello del caciocavallo che usciva fuori dalle tante botteghe del centro storico. Erano 900 le botteghe,

ne sono rimaste circa 30. Al posto dei negozi ci sono i centri commerciali in periferia che il sabato pomeriggio

diventano luoghi d'incontro. La vita, quella vera, fatta di ricordi e speranze, gli aquilani la cercano su : "Se ti

metti a letto e ripercorri quei tragici momenti, non so se capita anche a voi ma ricordo perfettamente ogni

movimento, ogni singolo respiro e poi quel silenzio... trattenevo il respiro per cercare di capire se il mio

06/04/2014 8Pag. Il Fatto Quotidiano(tiratura:100000)

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compagno stava venendo a liberarmi e poi l'angoscia, la paura...", scrive Donatella Di Marco. Se il terremoto

ha fatto crollare le case e ucciso 309 persone, il scossione per conto di alcune aziende che riforniscono

l'energia, si fanno avanti per incassare crediti per ben oltre 4 milioni di euro mentre il buco delle "bollette

pazze" delle 185 palazzine antisismiche sfiora gli 11 milioni di euro. Il sindaco Cialente, che passerà alla

storia per le dimissioni annunciate e mai date, chiede di saldare i conti, gli abitanti denunciano errori, carenza

di trasparenza, mala gestione. Tra un po' partiranno anche gli sfratti per gli oltre mille assegnatari che non

hanno mai pagato il canone di affitto. Altro tema dolente sono le scuole ancora inagibili ospitate nei Musp

(Moduli a uso scolastico provvisorio) costruiti all'indomani del sisma. Diciannove per le scuole statali e cinque

per quelle paritarie. Solo la Casa dello studente, dove morirono otto ragazzi, è stata ricostruita. E grazie alla

solidarietà di artisti come Renato Zero, Fiorella Mannoia, Laura Pausini, Gianna Nannini, Giorgia è stato

realizzato un intero padiglione dell'Università Scientifica. Ma non basta. Non è un paese per giovani I giovani,

senza più luoghi dove ritrovarsi, sempre più spesso si rifugiano nell'alcool e nella droga, e le risse, le

aggressioni notturne nei bar del centro sono sempre di più. Il cuore della città è ancora zona rossa ma,

sfuggendo al controllo degli alpini che la presidiano, scansando qualche transenna, è possibile entrare. Si

vedono macerie, porte sbrancate, case impacchettate, e anche gru ma non il futuro. Con 250 cantieri nel

centro storico, L'Aquila è la città-cantiere più grande d'Europa. Caserma Coppito i "grandi" della Terra:

Obama, Putin, Sarkozy, Gheddafi, Merkel. Mentre le persone non avevano il pane venivano spesi 26 mila

euro per i cadeau : penne in edizione limitata, 22,500 euro per i portacenere di Bulgari. Fino all'incredi bile

costo di 35 milioni di euro per i gabinetti chimici, spreco denunciato da Libera. Per non parlare della

corruzione. Solo l'ultima inchiesta, in ordine di tempo, denominata Do ut des , ha smantellato un giro di

tangenti per circa 500 mila euro. Sono 23.900 le persone che vivono ancora fuori casa. La cassa integrazione

nella provincia aquilana, secondo i dati della Cgil, è passata dalle 850 mila ore del 2008 agli 8 milioni: ogni

300 mila abitanti, 40 mila sono senza lavoro. Lievita anche il consumo degli psicofarmaci e il numero delle

persone morte suicide. Processi e condanne A ottobre si aprirà il processo d'appello ai sette componenti

della Commissione grandi rischi condannati in primo grado a sei anni per omicidio colposo e lesioni per aver

fornito, al termine della riunione del 31 marzo, cinque giorni prima della tragedia, informazioni rassicuranti agli

abitanti nonostante lo sciame sismico facesse tremare la terra da tempo. Per il crollo della Casa dello

studente sono state condannate in primo grado a quattro anni i tre tecnici autori dei lavori di restauro avvenuti

nel 2000, in quanto avrebbero reso ancora più debole il palazzo, che già presentava vizi strutturali all'epoca

della sua edificazione negli anni '60, e a due anni e mezzo il tecnico dell'Azienda per il diritto allo studio che

gestisce l'immobile. La maxi inchiesta sui crolli ha visto la condanna in primo grado a tre anni di carcere per

omicidio colposo e lesioni dell'ingegnere Diego De Angelis, per il crollo di un palazzo che ha ucciso

diciassette persone, compresa sua figlia. Verità e ricostruzione sono ancora lontane ma come dicono qui: "

Jemo 'nnanzi me ha ripetuto papa Francesco nel giorno della preghiera per i terremotati. OGGI LUTTO

CITTADINO La commemorazione organizzata dai Comitati dei familiari delle vittime: ieri sera sono stati letti i

nomi di tutti i morti durante il corteo partito da via XX settembre e arrivato in piazza Duomo È seguita la

messa presieduta da monsignor Petrocchi, arcivescovo metropolita Poi la veglia con i rintocchi della

campana del Suffragio alle 3,32 in punto 309 MORTI OLTRE 1500 FERITI Decine di migliaia di case distrutte

e mai ricostruite

900 BOTTEGHE PERDUTE NEL CENTRO STORICO Adesso ne sono rimaste aperte appena trenta 1000 A

RISCHIO S F RAT T O A S S E G NATA R I MOROSI Non hanno mai potuto pagare il canone d'affitto 12

MILIARDI S TA N Z I AT I R I S U LTAT I INSUFFICIENTI Per l'emergenza 6,8 milioni per la ricostruzione

solo 2,3

Foto: LA PREFETTURA

Foto: A sinistra, l'edificio parzialmente recuperato, accanto, com'e ra ridotto dopo il terremoto che ha raso al

suolo il centro storico

06/04/2014 8Pag. Il Fatto Quotidiano(tiratura:100000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 117

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Foto: O N NA Una abitazione distrutta nel paese che è stato cancellato dal sisma cinque anni addietro Repor

tage di Fabio Bucciarelli LA CASA DE L L O S T U DE N T E Come è oggi, in basso, i vigili del fuoco alla

ricerca di superstiti rimasti fra le macerie

06/04/2014 8Pag. Il Fatto Quotidiano(tiratura:100000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 118

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Il presidente: «Solo progetti di qualità, ma nel 2013 già +15% ai costruttori» Bcc Napoli: «Più selettivi con l'edilizia» Le sofferenze economiche generate dalla crisi hanno imposto alle banche un elevato livello di attenzione nel

concedere i finanziamenti e una maggiore capacità di selezionare imprese e iniziative, valutando in dettaglio i

singoli progetti». A confermare il cambiamento di ottica sul fronte del credito, dal periodo pre-crisi a oggi, è

Amedeo Manzo, presidente della Banca di credito cooperativo (Bcc) di Napoli, che sottolinea, tuttavia, il

«risveglio selettivo» che sta caratterizzando le attività dell'istituto sul territorio, sia per i prestiti alle imprese di

costruzione che sui mutui casa. Come è cambiato l'atteggiamento di fronte alla richiesta di un prestito da

parte di un'impresa edile? Prima della crisi le banche agivano in chiave quasi "meccanica", facevano credito

scendendo poco nelle idee imprenditoriali. Oggi, invece, hanno un ruolo diverso: devono analizzare con molta

più attenzione i progetti sotto il profilo tecnico, sia per l'edilizia privata che per i lavori pubblici. Quali sono,

nello specifico, i parametri che una Banca prende in considerazione? Bisogna valutare durata, qualità e

capacità di rimborso delle iniziative, indipendentemente dalle garanzie offerte dall'impresa. Essere capaci di

comprendere, ad esempio, gli stati di avanzamento lavori ma anche cosa significa fare una ristrutturazione.

Prima il mercato dava sufficienti garanzie per i finanziamenti, oggi occorre sapere che l'immobile si venderà,

assicurandosi che si tratti di edilizia ecologica, innovativa, con adeguata dotazione di servizi. La scrematura,

però, rischia di ridurre il ventaglio di progetti finanziabili... La selezione avviene dal punto di vista qualitativo.

Di operazioni valide, tuttavia, ce ne sono, e i numeri lo dimostrano. Dopo il picco della flessione, a cavallo del

2011, lo scorso anno la Banca ha incrementato di oltre il 50% il totale degli impieghi, tra imprese e privati,

confermando la sua azione anticiclica. Considerando il solo aggregato dell'edilizia, i finanziamenti a lavori

privati e opere pubbliche, incluso il factoring, sono aumentati di almeno il 15%, con un raddoppio dell'anticipo

crediti a imprese di costruzione, scontando fatture su commesse acquisite. Quali tipi di interventi sono stati

finanziati? Abbiamo finanziato, tra l'altro, lavori di ristrutturazione nel settore ospedaliero, ma anche interventi

nel settore alberghiero e industriale, un centro commerciale, così come l'acquisto e la sistemazione di

capannoni per aziende del settore. La Bcc di Napoli, intanto, ha sottoscritto la convenzione con Cassa

depositi e prestiti sul Plafond casa. A gennaio il Cda aveva già deliberato misure a favore dei mutui prima

casa, a partire da un prodotto dedicato alle giovani coppie, con spread ridotto, finanziamenti fino all'80% del

valore, spese di istruttoria dimezzate ed erogazione entro un mese. A queste iniziative si è aggiunta

l'adesione al Plafond casa della Cdp, che facilita di molto le operazioni, permettendo alla Banca di avere

raccolta e impieghi fino a 30 anni. Concedere un mutuo oltre i vent'anni, ora, è meno complicato. Quali sono i

riscontri sui mutui? I primi risultati sono positivi: in tre mesi abbiamo avuto 25 richieste, tra 100 a 300mila euro

ciascuna, prevalentemente per l'acquisto di immobili, in alcuni casi anche per riqualificazione energetica. Da

gennaio abbiamo registrato un incremento di circa il 15% dei mutui, la cui ripresa è importante per tutto il

settore dell'edilizia. © RIPRODUZIONE RISERVATA di Francesco Nariello

05/04/2014 3Pag. Edilizia e Territorio - Edilizia e territorio(tiratura:25000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 119

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È partito da Palazzo Madama l'iter di conversione del pacchetto sull'emergenza abitativa che scade ilprossimo 27 maggio Piano casa appeso a 9 decreti Servono otto Dm, un Dpr, quattro intese in conferenza unificata e adempimenti di Regioni e Comuni L'impatto del decreto legge sull'emergenza casa non sarà immediata. Non tanto perché il decreto ha appena

iniziato il suo iter per la conversione in legge. Quanto perché è previsto un fitto apparato di misure attuative,

soprattutto a carico dei ministeri delle Infrastrutture e dell'Economia. Sono almeno 11 le fasi attuative indicate

nel Dl 47/2014 (si veda tabella a fianco). C'è poi un ulteriore livello di attuazione che prevede l'intesa con le

Regioni e i Comuni, cioè un passaggio in conferenza unificata di molte misure in 4 casi (relativi ad altrettanti

decreti ministeriali). D'altra parte, il Dl interviene sull'edilizia pubblica, materia di esclusiva competenza

regionale (per quanto riguarda la effettiva gestione del patrimonio e dell'assegnazione degli alloggi). Ma ecco,

nel dettaglio tutte le tappe previste dal decreto. Alienazione alloggi Iacp (art. 3, c. 1, lett. "a"). Le procedure

per vendere gli alloggi pubblici vanno approvate con un Dm Mit-Mef-Affari Regionali, previa intesa in

conferenza unificata. Approvazione entro il 30 giugno 2014. Fondo di sostegno all'acquisto di alloggi Iacp (art.

3, c. 1, lett. "b"). Per disciplinare criteri, condizioni e modalità del nuovo fondo di 113,4 milioni serve un Dm

Mit-Mef entro 30 giorni dalla legge di conversione. Piano di recupero degli alloggi inagibili Iacp e criteri per

riparto risorse (art. 4, c. 1). Il piano di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di Iacp e

aziende casa deve essere approvato con Dm Mit-Mef-Affari Regionali, previa intesa in conferenza unificata. Il

medesimo Dm deve indicare i criteri di ripartizione delle risorse dell'apposito fondo. Approvazione entro sei

mesi dall'entrata in vigore del decreto legge (cioè 29 agosto). Definanziamento di infrastrutture bloccate (art.

4, c. 2). La maggior parte delle risorse per ripristinare gli alloggi inagibili (fino a 400 milioni) e per incentivare

le trasformazioni urbane senza consumo di suolo (fino a 100 milioni) arrivano dalla revoca dei fondi per

realizzare infrastrutture incagliate. Individuazione delle risorse con decreti Mit-Mef. Non sono indicate

scadenze temporali. Le variazioni di bilancio dovranno avvenire con decreti Mef. Affitto a riscatto (art. 8, c. 4).

La misura prevede un regolamento, da definire. In particolare, vanno «disciplinate le clausole standard dei

contratti locativi e di futuro riscatto, le tempistiche e gli altri aspetti ritenuti rilevanti nel rapporto, nonché le

modalità di determinazione e di fruizione del credito d'imposta». Attuazione con decreto Mit-Mef, previa intesa

in conferenza unificata. Senza termine. Accesso agli alloggi pubblici, canoni e prezzi di cessione (articolo 10,

comma 6). Le Regioni dovranno inoltre individuare «i requisiti di accesso e di permanenza nell'alloggio

sociale, i criteri e i parametri atti a regolamentare i canoni minimi e massimi di locazione (...) e i prezzi di

cessione per gli alloggi concessi in locazione con patto di futura vendita». Le Regioni dovranno inoltre definire

«la durata del vincolo di destinazione d'uso» dell'unità abitativa. Attuazione entro 60 giorni dalla legge di

conversione del Dl. Adempimenti urbanistici per le trasformazioni edilizie (art. 10 c. 7). Lavoro anche per i

Comuni, che dovranno approvare «criteri di valutazione della sostenibilità urbanistica, economica e

funzionale dei progetti di recupero, riuso o sostituzione edilizia». Attuazione entro 90 giorni dall'entrata in

vigore delle legge di conversione. Fondi fino a 100 milioni per servizi sociali, spazi pubblici e alloggi sociali

(art. 10, c. 5 lett. "a" ed "e" e c. 10). Nell'ambito delle trasformazioni urbane senza consumo di suolo sono

espressamente finanziate iniziative legate alla creazione di servizi sociali, alla creazione di alloggi temporanei

per situazioni di emergenza e, infine, alla realizzazione di spazi pubblici (es. parcheggi, spazi verdi o per

attività collettive). Le risorse, che arrivano dal definanziamento di opere pubbliche bloccate vengono ripartite

fra le Regioni con Dm Mit previa intesa in conferenza unificata. Attuazione senza indicazione di tempo.

Appalti pubblici/lavorazioni specialistiche (art. 12). Il decreto casa concede un mese al ministero delle

Infrastrutture per ridefinire l'assetto delle categorie specializzate a qualificazione obbligatoria e delle

cosiddette opere super specialistiche. Attuazione con decreto Mit entro 30 giorni dall'entrata in vigore del Dl,

cioè entro il 30 aprile. Appalti pubblici/riordino sistema di qualificazione (art. 12). Il Dl prevede una moratoria

di nove mesi per ripensare l'intero sistema della qualificazione delle imprese per gli appalti pubblici. ©

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 120

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RIPRODUZIONE RISERVATA Massimo Frontera TUTTI I DECRETI ATTUATIVI DEL DL CASA Come

indicati nei 15 articoli del provvedimento Provvedimento Emanato da Contenuto Termini Vendita degli alloggi

pubblici Decreto Interministeriale Infrastrutture, Economia, Affari regionali previa intesa in Conferenza

unificata Definizione delle procedure di vendita degli immobili Iacp (comunque denominati) per finanziare un

programma di manutenzione e realizzazione di nuovi alloggi Entro il 30 giugno 2014 Decreto Infrastrutture

(concerto Economia) Disciplina del Fondo di 113,4 milioni (18,9 milioni all'anno dal 2015 al 2020) istituito per

concedere contributi in conto interessi sui mutui accesi dai locatari per l'acquisto delle case Iacp Trenta giorni

da entrata in vigore dalla legge di conversione Piano di recupero degli alloggi pubblici Decreto Infrastrutture

concerto Economia e Affari regionali, previa intesa in Conferenza unificata Avvio del piano di recupero degli

alloggi Iacp (comunque denominati) con manutenzione straordinaria per adeguamento energetico, statico e

sismico (468 milioni) 29 settembre 2014 Uno o più decreti Infrastrutture (concerto Economia) Individuazione

dei fondi da revocare alle opere legge obiettivo in ritardo sulla base dei criteri definiti dal Dl 98/2011 (articolo

32, commi 2 e 3) Senza termine Rent to buy Decreto Infrastrutture concerto Economia, previa intesa in

Conferenza unificata Definizione delle clausole standard dei contratti di locazione con riscatto nonché delle

modalità di determinazione e fruizione del credito di imposta Senza termine Emergenza abitativa Non definito

Regioni Definizione requisiti di accesso e permanenza negli alloggi sociali. Definizione della durata del

vincolo di destinazione d'uso, norme di semplificazione del rilascio dei titoli edilizi e riduzione degli oneri di

urbanizzazione per la realizzazione di alloggi sociali senza nuovo consumo di suolo Sessanta giorni

dall'entrata in vigore della legge di conversione Non definito Comuni Approvazione dei criteri di valutazione

della compatibilità urbanistica econcomica e funzionale degli interventi di recupero e sostituzione edilizia per

realizzazione degli alloggi sociali senza nuovo consumo di suolo Novanta giorni dall'entrata in vigore della

legge di conversione Decreto Infrastrutture concerto Economia, previa intesa in Conferenza unificata

Ripartizione del fondo di 100 milioni (sempre da recuperare attraverso le revoche di fondi alle opere legge

obiettivo) tra le Regioni Senza termine Decreto Infrastrutture, concerto Economia Riprogrammazione delle

risorse revocate al piano contro il disagio abitativo previsto dal decreto Senza termine Obbligo di subappalto

lavori specialistici Decreto Infrastrutture Individuazione categorie di lavori elencate nell'Allegato A al

regolamento appalti (Dpr 207/2010) che in funzione della complesità tecnica o del contenuto tecnologico

devono essere eseguiti da soggetti con specifica qualificazione 28 aprile 2014 Dpr Presidente della

Repubblica Sostituzione articoli del regolamento appalti (Dpr 207/2010, articoli 107, c.2 e 109, c.2) annullati

dal parere del Consiglio di Stato recepito con il Dpr 30 ottobre 2013 29 novembre 2014

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 121

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SCENARIO ECONOMIA

58 articoli

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La Tasi e la beffa delle detrazioni sulla prima casa ANTONELLA BACCARO I Comuni non saranno vincolati a destinare alle detrazioni Tasi (tassa sui servizi indivisibili) tutto l'extragettito

generato dalla maggiorazione dello 0,8 per mille stabilita dal decreto Enti locali. E addio sconti. Se a giugno la

Tasi sarà più salata del previsto, forse bisognerà ringraziare il legislatore che ha scritto quell'articolo del

decreto Enti locali che consente ai Comuni di maggiorare l'aliquota Tasi dello 0,8 per mille.

C'era da aspettarselo. Com'è noto la norma (formulata dal governo Letta e riproposta dall'attuale) non

prevede per la Tasi detrazioni fisse come quelle dell'Imu che toglieva 200 euro a tutte le prime case e 50 euro

per ogni figlio a carico con meno di 26 anni, ma lascia mano libera ai Comuni. I quali però con la semplice

maggiorazione non riescono a finanziare detrazioni tali da rispettare il dettato della legge. Che al primo

comma prevede che tali detrazioni debbano essere in grado di produrre «effetti sul carico di imposta Tasi

equivalenti a quelli determinatisi con riferimento all'Imu relativamente alla stessa tipologia di immobili».

Ne è prova la discussione scaturita in commissione Finanze dove il presidente Daniele Capezzone (Fi) ha

cercato di inserire l'obbligo per i Comuni di pubblicare «uno specifico prospetto volto ad assicurare elementi

di trasparenza e di certezza circa l'effettiva destinazione di tali maggiori entrate al finanziamento delle

detrazioni». Ma il relatore del provvedimento Marco Causi (Pd) è stato molto chiaro quando, «pur

condividendo le finalità di trasparenza» perseguite da Capezzone, ha manifestato «perplessità»

sull'emendamento laddove «prevede che le maggiori entrate derivanti dall'incremento delle aliquote Tasi

siano integralmente destinate a finanziare detrazioni di imposta, in quanto tale disposizione non sarebbe, a

suo avviso, conforme alle intese intercorse tra il governo e l'Anci». Con buona pace del contribuente.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 123

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La Bce prepara un maxipiano Lo spread scende fino a quota 159 Francoforte: pronti fondi per mille miliardi? Scenari allo studio Stefania Tamburello ROMA - La Banca centrale europea potrebbe decidere di acquistare titoli pubblici e privati per circa 1000

miliardi, 80 miliardi al mese per un anno, puntando a ottenere un incremento dell'inflazione tra 0,2 e 0,8 punti.

A dirlo è il quotidiano tedesco «Frankfurter Allgemeine Zeitung» (Faz) all'indomani dell'annuncio fatto dal

presidente Mario Draghi sull'unanime convinzione del consiglio direttivo in merito all'attuazione di un

programma di stimolo all'economia, così da contrastare i rischi di una prolungata fase di bassa crescita dei

prezzi e di ristagno. L'indiscrezione, che si è subito diffusa alimentando l'euforia dei mercati per un piano così

consistente di interventi, è stata però in serata ridimensionata dalla stessa Eurotower. La Bce e l'Eurosistema

«continueranno le riflessioni sui vari scenari che verranno fatti» si fa sapere da Francoforte. Il fatto è che le

indiscrezioni diffuse dalla Faz sono relative a uno dei vari, possibili scenari studiati dagli economisti della

Banca e da altri esperti specializzati, anche se forse a quello più improbabile.

La nota ufficiale, rilevando come la questione si ancora tutta da studiare, sembra dunque far emergere anche

una certa irritazione per la corsa in avanti del quotidiano, da sempre portatore delle tesi più conservative,

care alla Bundesbank, sul mandato della Bce. Tanto più che l'articolo della Faz, citando come fonte un

esponente della Banca centrale, esprime dubbi e si domanda se «il mercato del debito privato in Europa sia

grande abbastanza per il quantitative easing». Il consiglio «è stato unanime nel suo impegno a usare anche

misure non convenzionali», precisa di rimando la nota ufficiale dell'Eurotower.

Anche Draghi, del resto, giovedì aveva più volte, nel corso della conferenza stampa al termine del consiglio

direttivo, posto l'accento sulla compattezza nell'impegno ad attuare se necessario misure anticonvenzionali,

quali appunto il quantitative easing, cioè l'acquisto di titoli pubblici e privati per allargare la massa monetaria.

Una compattezza che accoglieva l'ammorbidimento della posizione del presidente della Bundesbank Jens

Weidmann. C'è da vedere se i dubbi espressi dalla Faz entreranno anche nel dibattito tra i governatori

dell'Eurozona. «Non abbiamo discusso i dettagli perché non ce n'erano le condizioni, vediamo come va e se

dovremo utilizzare quegli strumenti», ha affermato ieri il vicepresidente della Bce Vitor Costancio.

Fatto sta che ieri i mercati hanno continuato a salutare con favore l'ipotesi di un intervento di sostegno

all'economia della Bce: lo spread fra i rendimenti dei Btp decennali e i Bund tedeschi di uguale durata ha

chiuso a 162 punti dopo essere sceso a quota 159 punti, il più basso da tre anni, mentre il tasso dei Buoni è

calato al 3,17% dopo essere diminuito al 3,15%, il minimo storico dall'introduzione dell'euro. Piazza Affari, in

una giornata che ha visto tutte le Borse europee chiudere in rialzo, ha realizzato un guadagno dello 0,83% a

22.175 punti (indice Ftse Mib).

Tornando al possibile piano di quantitative easing, giovedì Draghi aveva affermato che «vi sono ovviamente

varie preferenze su quale tipo di operazione sia più efficace. Continueremo a lavorarci nelle prossime

settimane». Il presidente della Bce si era soffermato sulla possibilità di acquistare debiti privati ipotizzando il

rilancio degli Abs, cioè i titoli garantiti da prodotti come mutui e prestiti, un mercato congelato dopo la crisi del

2007 e che richiede una revisione della normativa, che al momento non distingue fra gli «Abs» semplici, quelli

più affidabili, e i prodotti estremamente strutturati. Su questo punto però «la Bce presenterà assieme alla

Bank of England un paper ai prossimi incontri del Fondo monetario internazionale» a Washington.

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Mercati e debito 300 250 200 150 mag lug set 2013 LA CADUTA DELLO SPREAD TASSO DI INFLAZIONE

(dati Ocse) Area euro Unione Europea Totale Ocse Francia Germania Spagna Italia Usa G. Bretagna 1,4%

0,9% 1,2% 0,0% 0,5% 1,1% 1,7% 0,7% 0,8% 2014 la chiusura di ieri I TASSI DI INTERESSE DELLA BCE

(valori in %) 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0 2,50 2,00 1,50 1,50 1,00 1,00 1,25 1,25 1,00 0,75 0,75 0,50 3,75

15 ottobre 0,25 13 novembre 162 punti base LE OPERAZIONI SU MERCATO APERTO DELLA BCE (in

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 124

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scadenza dal 9 aprile 2014 al 29 gennaio 2015) LE OPERAZIONI DI QUANTITATIVE EASING DELLA

FEDERAL RESERVE (dati in miliardi di dollari) MRO LTRO LTRO LTRO LTRO LTRO LTRO (a lungo

termine) (a lungo termine) (a lungo termine) (a lungo termine) (a lungo termine) (a lungo termine) 02-04-14

27-03-14 12-03-14 27-02-14 30-01-14 01-03-12 22-12-11 l'ammontare in miliardi di euro data di lancio

Operazione di rifinanziamento 110,6 7,5 11,6 6,3 4,9 529,5 489,2 1.159,6 Il totale QE1 totale 1.500 QE3

stima 1.600 QE2 circa 600 CORRIERE DELLA SERA

Foto: Il vertice Bce Mario Draghi

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 125

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La lente I Mutui persi dai Comuni e il Paradosso del Ragioniere Fabio Savelli Dimenticati, chissà, sulle scrivanie dei ragionieri. O più semplicemente lasciti di gestioni precedenti che

avevano contratto i mutui ma, magari, la costruzione della scuola per cui serviva il finanziamento è ancora in

stand-by per un ricorso all'autorità giudiziaria. Peccato che però le rate (e gli interessi) corrano (con relativo

esborso) e i soldi - due miliardi di euro (a conti fatti la metà del gettito Imu sulla prima casa) - restino di fatto

inutilizzati in tempi di spending review imperante e vincoli (strettissimi) di bilancio secondo i comandamenti

del Patto di stabilità interno. Ieri Cassa depositi e prestiti ha deciso di lanciare «una campagna massiva di

comunicazione» (per dirla con le parole del direttore generale Matteo Del Fante) per sensibilizzare 6.317 enti

locali (comuni, province) a usare i cosiddetti «residui», cioé 49mila posizioni di finanziamento con Cdp aperte

fino al 31 dicembre 2012. Si tratta di mutui di scopo, cioé provviste di denaro legate a investimenti per la

realizzazione di infrastrutture. Per i quali gli enti locali stanno procedendo al rimborso senza utilizzare tutto

l'importo. Un paradosso, perché potrebbero utilizzare questi soldi in altro modo.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 126

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L'acquisizione Dal debito al management, sul tavolo le condizioni della compagnia degli Emirati perl'operazione Alitalia-Etihad, lo scoglio di Bruxelles La Ue all'Italia: vigilate sul rispetto delle regole. Le richieste degli emiri Ad Abu Dhabi Le indiscrezioni sudivergenze di opinione tra manager e azionisti Etihad Antonella Baccaro ROMA - La lettera con cui la compagnia emiratina Etihad avrebbe dovuto annunciare le condizioni per

l'acquisto di Alitalia ieri non è arrivata. In compenso è emersa un'altra missiva, quella che la Commissione

europea ha inviato alle autorità italiane a febbraio scorso. Si tratta di una raccomandazione, quasi un

avvertimento: la Commissione europea segue da vicino e costantemente l'evoluzione dei contatti tra Alitalia e

Etihad nella prospettiva dell'ingresso della compagnia degli Emirati Arabi Uniti nel capitale della società

italiana.

Cosa vuol dire? L'Ue chiede alle autorità italiane di vigilare sul rispetto delle norme europee Antitrust del

settore del trasporto aereo in relazione all'acquisizione di quote di controllo e al controllo effettivo di Alitalia da

parte di Etihad. In ogni caso la Commissione continuerà a seguire l'evoluzione del caso Alitalia per verificare

che le norme europee dell'antitrust siano rispettate.

Dunque, se da una parte si chiede alle autorità italiane di farsi parti terze rispetto a quanto sta avvenendo nel

nostro Paese, dall'altra l'Ue fa capire di non fidarsi abbastanza e di tenere un occhio aperto sull'evolversi

della situazione.

Del resto, come anticipato ieri dal Corriere , questa non è l'unica vicenda su cui l'Ue ha deciso di vigilare. Al

momento Bruxelles sta esaminando le partecipazioni di vari gruppi extra-Ue in compagnie aeree europee. In

particolare sarebbero sotto indagine la partecipazione di Etihad in Air Berlin (e a noi risulta in Air Serbia,

anche se ancora extra-Ue), la quota di Delta Air Lines in Virgin Atlantic, la quota dei cinesi di Hnca in

Cargolux del Lussemburgo, e la partecipazione di Korean Air nella compagnia di bandiera ceca Czech

Airlines. «La Commissione ha chiesto agli Stati membri, dove le compagnie sono registrate, dettagli su come

questi investimenti rispettino le regole europee in materia di proprietà e controllo delle compagnie aeree»

sottolinea la fonte.

Le regole Ue prevedono che una quota superiore al 50% di ciascuna compagnia aerea europea debba

essere in capo a stati o aziende Ue, che devono inoltre dimostrare di avere un reale controllo sulla

compagnia. In caso contrario la compagnia acquisita perde i diritti di volo sul territorio europeo. Naturalmente

non basta dimostrare che la quota acquisita dal vettore extraeuropeo sia di minoranza, la Commissione

esamina il controllo fattuale. Così nella valutazione di chi detenga il controllo rientrano anche gli apporti di

capitale e di mezzi che l'acquirente garantisce.

L'avvertimento lanciato a Alitalia emerge solo ora, alla vigilia del possibile accordo, quasi a frenarne la

portata. Ma probabilmente non è questo che ha impedito a Etihad di mettere per iscritto le proprie condizioni.

Indiscrezioni non confermate parlerebbero di una divergenza di opinioni tra il manager della compagnia

James Hogan, cauto su quella che si prospetta come la più grande operazione finora tentata dalla compagnia

del Golfo, e perciò durissimo nelle condizioni prospettate a Alitalia, e l'emiro Sheikh Hamed bin Zayed Al

Nahyan, impegnatosi politicamente a realizzare l'operazione con gli interlocutori non solo istituzionali italiani.

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L'alleanza I soci Dati in % Alitalia dati bilancio 2012 D'ARCO Unicredit Immsi 12,99 Atlantia 7,44 10,19

Af/Klm 7,08 Fire spa 4,28 Odissea srl 3,90 Macca srl 3,69 Pirelli & Co spa 2,67 G & C. Holding 1,24

Finanziaria di part. e inv. 1,18 12 Capital spa 0,95 Aura Holding 0,92 Marcegaglia spa 0,75 Loris Fontana

0,59 Toto spa 0,41 Thsa 0,41 Fondiaria Sai 0,35 Equinocse Sarl 0,30 Solido Holding 0,21 Acqua Marcia Fin.

0,14 Gfmc srl 0,14 Vitrociset spa 0,10 Intesa Sanpaolo 20,59 Poste spa 19,48 Passeggeri 24,2 milioni Flotta

130 aeromobili Ricavi 3,5 miliardi Risultato operativo -119 milioni Le partecipazioni in % Air Berlin Jet Airways

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Virgin Australia Aer Lingus Darwin Air Seychelles Air Serbia 29,2 24 19,9 2,9

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L'ex socio francese Bpm, Mutuel se ne va «L'alleanza non decolla 450 milioni sprecati» Appuntamenti L'assemblea Bpm di sabato prossimo dovrà votare l'aumento di capitale Federico De Rosa Il Credit Mutuel lascia l'azionariato di Bpm e, formalmente per motivi tecnici - sostenuti però da ragioni

strategiche -, dopo undici anni saluta Piazza Meda. Tra lunedì e mercoledì il gruppo francese ha scaricato sul

mercato l'intera quota, pari al 6,87% del capitale della popolare. I motivi tecnici sono stati spiegati in un

comunicato in cui il Credit Mutuel ricorda che la legge varata a dicembre del 2012 aveva imposto a chi

deteneva partecipazioni frazionate di una stessa società di raggrupparle dentro un unico veicolo a cui

sarebbero stati pagati i dividendi, oppure venderle. I francesi hanno scelto la seconda opzione. Mentre, per

esempio, la Investindustrial di Andrea Bonomi e la Time & Life di Raffaele Mincione le hanno raggruppate.

Bonomi poi è uscito. E ora, con l'addio del Credit Mutuel, Piazza Meda perde anche l'altro socio industriale.

Con il quale aveva però disdettato gli accordi nel 2012. La mossa dunque era intuibile e in Borsa non ci sono

state infatti reazioni particolari: Bpm ha chiuso in rialzo dello 0,8%.

A spiegare le ragioni «politiche» del divorzio è stato invece Jean Jaques Tamburini, il rappresentante dei

francesi nel consiglio di sorveglianza di Piazza Meda, il quale senza giri di parole ha detto che la vendita è

dovuta al fatto che «non abbiamo ricevuto in alcun momento un segnale positivo da Bpm» e ha ricordato che

il Credit Mutuel «ha investito dall'inizio 450 milioni» nella popolare. Critiche rivolte alla vecchia gestione ma

che certo non fanno bene a quella nuova guidata da Giuseppe Castagna, che dopo Investindustrial perde un

altro socio importante proprio alla vigilia dell'assemblea che sabato prossimo dovrà votare un aumento di

capitale da 500 milioni. Il presidente del consiglio di sorveglianza della popolare, Piero Giarda, ha tuttavia

detto di non essere preoccupato. «Quando Bonomi ha venduto - ha ricordato - il titolo aveva perso un 5%

circa, oggi invece non ne ha risentito». «L'uscita - ha confermato - è legata a due ragioni: l'insoddisfazione

per le relazioni industriali» e «la legge di fine 2012 che ha fatto perdere ai francesi il diritto di percepire

dividendi per le quote superiori all'1%».

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Piazza Affari Pirelli e Telecom in Rialzo frena il Banco Popolare GIACOMO FERRARI È proseguito anche ieri l'effetto Bce sulle Borse europee, mentre i dati sul mercato del lavoro Usa non hanno

avuto particolari ricadute sui listini. Positivi tutti gli indici principali del Vecchio Continente, con il Ftse-Mib di

Piazza Affari tra i più brillanti (+0,83%). Al clima di ottimismo ha contribuito anche lo spread tra i rendimenti

dei Bund e dei Btp decennali, sceso fino a 161 punti base, ai minimi dal 2011, per chiudere poi a quota 163.

Grazie a uno scatto sul finale di giornata Ubi Banca ha conquistato fra le blue-chips il primato delle

performance (+4,66%). Ma hanno superato i quattro punti percentuali di rialzo anche Buzzi Unicem (+4,39%)

sull'onda delle trattative di fusione tra due colossi europei del settore e Pirelli (+4,15%) che ha beneficiato del

giudizio positivo degli analisti di Deutsche Bank, sfociato in un piccolo ritocco al rialzo del target-price.

Significativi, inoltre, i progressi di Telecom Italia (+3,05%) e Azimut (+2,73%). Maglia nera invece per Banco

Popolare (-2,56%) dopo i rialzi delle passate sedute. In calo inoltre Salvatore Ferragamo (-1,47%) e

StMicroelectronics (-0,81%).

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 130

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SFORARE IL 3% SI PUò. MA A PATTI CHIARI TRE SCELTE DURE AVETE CORAGGIO? ALBERTO ALESINA e FRANCESCO GIAVAZZI È evidente che la regola europea che impedisce di superare il 3% nel rapporto fra disavanzo dei conti

pubblici e prodotto interno lordo (Pil) ha scarsa giustificazione economica. Come disse una volta Romano

Prodi, è indubbiamente «una regola stupida». Ma questo non è un motivo sufficiente per chiedere di esserne

esentati, come ha fatto nei giorni scorsi il nuovo governo francese.

Nel 1998, quando l'Italia chiese di partecipare all'Unione monetaria, il nostro debito pubblico era il 113% del

Pil. Fummo ammessi solo a fronte dell'impegno a dimezzarlo in tempi sufficientemente rapidi. Nel 2007, dieci

anni dopo, il nostro debito era ancora superiore al 100%. Le privatizzazioni degli anni Novanta e soprattutto

tassi di interesse più bassi, il maggior beneficio dell'euro, aiutarono, e non poco. Tuttavia, la spesa pubblica

al netto degli interessi - il cui calo è condizione imprescindibile per ridurre stabilmente il debito - si mosse

nella direzione opposta. Fra il 1999 e il 2007 aumentò di una quantità pari a due punti di Pil: dal 40,6% al

42,7%. (Ci fermiamo al 2007, l'anno precedente l'inizio della crisi, per sottolineare che quell'aumento delle

spese non può essere attribuito alla crisi). Il 3% sarà anche una regola stupida, ma è l'unica forza che si

oppone all'aumento delle spese, vista la nostra incapacità a contenerle.

Fra il 2001 e il 2005 la Germania superò per alcuni anni la soglia del 3%. Furono gli anni delle riforme Hartz

che trasformando il mercato del lavoro tedesco interruppero il lungo declino dell'economia e posero le basi

per la crescita della Germania nel decennio successivo. E furono anche gli anni in cui Berlino pose le basi per

una riduzione strutturale della spesa pubblica, che poi infatti scese, al netto degli interessi, di quattro punti,

dal 44,5 al 40,7% del Pil.

Come abbiamo più volte scritto, solo l'adozione di provvedimenti molto aggressivi per far ripartire l'economia

giustificherebbe la richiesta di un'esenzione da quella regola. Quali? Tre, secondo noi. Un taglio immediato

delle imposte che avvicinasse la pressione fiscale italiana al livello della Germania. Subito 50 miliardi di tasse

in meno e non i 10 miliardi che il governo a fatica sta cercando di recuperare. Secondo, la contemporanea

adozione di norme che, nell'arco di un triennio, riducano strutturalmente la spesa di un simile ammontare.

Sappiamo bene che non è facile, ma l'Italia non si riprende senza uno choc. Infine, una riforma coraggiosa

del mercato del lavoro. Supereremmo temporaneamente la soglia del 3%, ma ne varrebbe la pena e i nostri

partner europei lo capirebbero.

Chiedere un'esenzione dalla regola del 3% senza contropartite (come sta facendo Parigi) non solo è inutile: è

controproducente, perché aumenterebbe la percezione, a Berlino e nei mercati, che ancora una volta non

sappiamo mantenere gli impegni assunti. Anche una politica di piccoli passi per non sforare il 3% sarebbe

miope perché così la crescita non riparte. I provvedimenti che abbiamo citato sono tutte cose che Matteo

Renzi condivide. Si tratta di adottarli e dopo, solo dopo, chiedere una temporanea eccezione alle regole.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 131

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La guida Dal primo maggio il programma dedicato agli under 29. Tutte le regole per approfittare delleopportunità Lavoro, scatta il piano «Garanzia Giovani» Il primo passo è la registrazione online Poi i colloqui suddivisi su base regionale tra agenzie private epubbliche Incentivi Le aziende vengono incentivate ad assumere e promuovere la formazione Grandi gruppiCoinvolte nell'operazione grandi aziende come Eni, Enel e Poste Rita Querzé Garanzia Giovani: il conto alla rovescia è partito. Manca meno di un mese al primo maggio, giorno del

debutto per il programma che tra fondi europei e cofinanziamento italiano mobiliterà un miliardo e mezzo per

fornire a tutti i ragazzi tra i 15 e i 29 anni (e non 25 come diceva all'inizio la Ue) un'opportunità di formazione

e orientamento. O, ancora meglio, un lavoro. Previsti aiuti anche per chi vuole mettersi in proprio. O la

possibilità di scegliere il servizio civile.

Il rischio che i soldi vengano spesi male c'è. Gli scandali ricorrenti legati alla formazione professionale e un

sistema di collocamento pubblico che «piazza» solo il 3,1% dei disoccupati deve mettere in guardia. Ma

come funzionerà la Garanzia Giovani? E quali sono le criticità?

Per prima cosa gli under 29 senza lavoro dovranno registrarsi su un portale che sarà presentato il primo

maggio prossimo. Qualche polemica c'è già stata nei mesi scorsi rispetto ai costi. Si era parlato di cento

milioni. In realtà questi soldi (gli unici che non saranno affidati alle Regioni perché restano a disposizione del

ministero del Lavoro) saranno spesi in parte per potenziare i servizi per l'impiego (60 milioni). I restanti 40 per

varie attività tra cui campagne di comunicazione e lo stesso portale.

A parte l'entità della spesa, l'idea del portale non convince tutti. «Abbiamo fatto delle simulazioni: per

completare le operazioni di registrazione occorrono circa 45 minuti. Una scelta che non si adatta ai destinatari

della Garanzia», fa notare Giulia Rosolen, ricercatrice di Adapt (Associazione per gli Studi su Diritto del

Lavoro e Relazioni industriali). Come dire: qualcuno rischia di bloccarsi prima ancora di partire.

Il ragazzo che si è registrato sul sito poi dovrà essere «preso in carico». In sostanza, verrà chiamato per un

colloquio. Da chi? Dipende. Ogni Regione deciderà quale spazio avrà il collocamento pubblico e quale le

agenzie private. Da notare che il sistema di accreditamento dei privati non è attivo in tutte le Regioni. Di certo

chi «prende in cura» i giovani a caccia di lavoro riceve un compenso (vedi tabella). Il «tariffario» è stato

appena definito dal ministero del Lavoro e sarà uguale in tutte le Regioni.

Scontato? Niente affatto. Sulla materia si è giocato un lungo braccio di ferro. Il «listino prezzi» è molto

articolato perché varia a seconda della «piazzabilità». Per esempio, l'agenzia che riesce a trovare un

contratto a tempo determinato di sei mesi metterà in tasca dai 600 ai 1.200 euro. Il massimo per i giovani

disoccupati del Sud con lauree o diplomi deboli. Il minimo per i coetanei del nord che escono da ingegneria.

E le aziende? Saranno incentivate a offrire stage e contratti ai giovani? La risposta è «sì». Prendiamo gli

stage. Il giovane potrà contare su 500 euro al mese per sei mesi. Ma questi soldi non arriveranno dalle

aziende bensì dai fondi della Garanzia Giovani. Prendiamo il contratto di apprendistato. Il pagamento dei

giovani durante le ore di formazione sarà a carico della Garanzia Giovani. Il ministero intende coinvolgere

nell'operazione alcune grandi aziende da Eni a Enel passando per Poste.

Fin qui il quadro generale. Fondamentale sarà la capacità delle Regioni di gestire l'operazione. Entro metà

aprile il ministero conta di firmare le cosiddette convenzioni. Ogni Regione potrà stabilire quanta parte della

sua quota di fondi destinare alla formazione, quanta all'orientamento, quanta agli incentivi. E qui si apre una

nuova partita. Dal canto loro molte agenzie private sono pronte ad aprire sportelli al Sud: «E' il nostro caso -

dice l'amministratore delegato di Gi Group, Stefano Colli Lanzi -. Certo molto dipenderà da quanto le Regioni

crederanno nei nostri servizi. Evitando di concentrare tutte le risorse su formazione e incentivi alle aziende ».

@rquerze

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 132

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Come sarà speso il tesoretto della Garanzia Giovani Compenso per le agenzie per il lavoro Dove vanno le

risorse * a seconda del livello di difficoltà di collocamento Incentivi per le aziende Presa in carico max 68 euro

0 Orientamento mirato 35,50 euro l'ora, massimo otto ore 0 Formazione da 73 a 117 euro l'ora (corsi coll. da

50 a 200 ore) 0 Contratto a tempo indeterminato da 1.500 a 3.000 euro da 1.500 a 6.000 euro* Contratto di

apprendistato di primo livello da 1.500 a 3.000 euro* stipendio pagato dalla Regione Tempo determinato da 6

a 12 mesi da 600 a 1.200 euro* sgravio tra 1.500 e 2.000 euro sui contributi* Stage fino a 6 mesi da 200 a

500 euro* compensi da 500 euro al mese a carico Regione Servizio civile di 12 mesi compensi da 5.900 euro

l'anno a carico dello Stato Sostegno all'autoimpiego 40 euro l'ora per la formazione (massimo 80 ore) fino a

25 mila euro di credito agevolato Tempo determinato oltre 12 mesi da mille a 2.000 euro * sgravi sui contributi

da 3.000 a 4.000 euro* CORRIERE DELLA SERA

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 133

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Il caso Le quote di Axa a Siena, Telefonica in Telco, BlackRock in Unicredit e Intesa Da Montepaschi a Telecom, torna il modello public company Le nuove governance e il peso degli investitori dall'estero Il passato Il capitalismo italiano era un network conMediobanca al centro Piazza Affari La Borsa registra la «carica» degli investitori globali in Italia Sergio Bocconi Difficile immaginarlo anche solo poco tempo fa. Maggior azionista di Montepaschi potrà essere presto un

patto, sempre che venga autorizzato, con il 9% e la Fondazione al 2,5%; il primo socio industriale sarà

comunque il colosso assicurativo francese Axa con il 3,2%; in Telecom, quando (è questione di mesi) si

scioglierà Telco, il socio più grande sarà la spagnola Telefonica con il 15%; azionista numero uno di Unicredit

è BlackRock con il 5,2%, che è anche il secondo in Intesa Sanpaolo con il 5%. Il 7,5% circa di Generali

destinato a essere ceduto dal Fondo strategico italiano (4,5%) e Mediobanca (3%) con ogni probabilità andrà

sul mercato e verrà rilevato principalmente da investitori istituzionali internazionali.

Negli assetti proprietari del capitalismo italiano è in atto una rivoluzione: se da un lato si assiste al tramonto di

storici patti di sindacato, dall'altro acquistano peso sempre maggiore forme di controllo «debole», dove sono

presenti soci maggiori ma con pacchetti relativamente limitati, e si riaffaccia la public company, modello che

nel nostro Paese è finora sempre stato più che altro teorico, un'ambizione a «far l'americano» che fino a

qualche tempo fa sembrava realizzata solo in Prysmian e che ha fatto capolino a più riprese senza grandi

risultati. A questo punto, invece, grandi banche come Unicredit e Montepaschi, in prospettiva anche Intesa

Sanpaolo e big industriali come Telecom (per fare alcuni nomi) possono o potranno avvicinarsi o aderire a

questa forma di governo societario così lontana dalle nostre tradizioni.

Scenario che può essere accelerato dalla «carica» a investire nel nostro Paese da parte di grandi gestori

mondiali come il compratutto BlackRock o Invesco. Una corsa dettata da automatismi (replica di indici) e

aspettative di ulteriori recuperi in Piazza Affari. In effetti lo spazio sembra esserci, almeno a giudicare dal

confronto con banche di altri Paesi. Il Santander prima della crisi del 2007 capitalizzava 85 miliardi e dopo

aver toccato un minimo nella primavera del 2009 a 39, oggi ne vale circa 84; Hsbc presubprime era a 159

miliardi ora è a 115; Bnp Paribas capitalizzava 82 miliardi, nel 2009 è scesa a 24, oggi è a 73 miliardi;

Unicredit precrisi valeva in Borsa 70 miliardi, ha toccato i 14,5 e ora è a quota 40; Intesa Sanpaolo è «partita»

da 65 miliardi, è scesa a 24 e ora è intorno a 42 miliardi; il Mps è un caso a parte perché a metà 2007 era a

quota 12,4 miliardi, nella primavera 2009 ha toccato i 6,5 e oggi è sui 3,3. Però l'interesse dall'estero è

probabilmente motivato anche da altri elementi: le crescenti quote di capitale rese disponibili dalla fine degli

accordi parasociali o dal disimpegno di fondazioni che non riescono a mantenere il passo in una fase

«europea» che vede le banche impegnate in rafforzamenti patrimoniali; le spinte verso governance più

attente ai soci minori e all'indipendenza degli amministratori; legislazioni e regolazioni che hanno reso più

facile la partecipazione alle assemblee da parte degli investitori istituzionali, abbattuto il fenomeno

dell'interlocking e alzato l'attenzione su conflitti d'interesse e parti correlate.

Certo non mancano le resistenze ma la direzione appare tracciata. Un contesto nuovo che rende poco

praticabili confronti con il passato. Ai tempi della Montedison di Mario Schimberni, delle privatizzazioni di

Comit e Credit, o della Telecom di Gianmario Rossignolo, tutte occasioni nelle quali si è parlato appunto di

public company, il capitalismo italiano era un network che aveva al centro la Mediobanca di Enrico Cuccia e

Piazza Affari era un «mercatino». Oggi la situazione è radicalmente cambiata. E forse un segnale chiaro

proviene proprio dal fatto che la spinta a sciogliere la foresta dei patti e delle partecipazioni incrociate o non

«core», sia venuta dalla stessa Mediobanca, oggi guidata da Alberto Nagel, e dalle Generali con alla testa

Mario Greco. Cambi di strategia, favoriti anche dalla necessità di liberare capitale da investire nel proprio

business, condivise poi dagli altri grandi protagonisti come Unicredit o Intesa.

Ecco perché oggi il modello public company potrebbe effettivamente acquistare peso. Magari anche grazie

alle future privatizzazioni. Con tutto ciò che ne può conseguire in termini di maggior potere del management e

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 134

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di attenzione a una governance che privil egi l'indipendenza dei board.

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Capitalizzazione miliardi di euro) Socio estero Axa 3,2% Telefonica 15% BlackRock 5,2% BlackRock 5% ?

7,5% (primo azionista singolo) (primo azionista) (primo azionista) (secondo azionista) la quota da Mps

Generali Intesa Sanpaolo Unicredit Telecom 3,3 11,6 39,4 39,8 26,3

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 135

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Design ed Expo le Luci di Milano, le Speranze del Paese BEPPE SEVERGNINI Diciotto milioni di euro solo per aperitivi e cene. Non è, per fortuna, il supremo, vergognoso eccesso di

qualche Consiglio regionale. È la somma che verrà spesa a Milano durante il Salone del Mobile (9-14 aprile),

e va ad aggiungersi ad altri dati strabilianti, in questo momento economico: 730 eventi in programma, 300

mila visitatori attesi, oltre 160 milioni di euro in arrivo per alberghi e alloggi in affitto. Salone del Mobile è un

nome riduttivo. Poiché non si può cambiare, eliminiamo la preposizione: Salone Mobile. In fondo, da anni,

scuote e mobilita la città. E come la festa di Hemingway, impreziosita dallo stesso aggettivo, segna uno

scarto d'umore. Se Milano, negli anni Dieci del XXI secolo, trovasse l'energia di Parigi negli anni Venti del XX

secolo, l'Italia cambierebbe passo. Le due cose - umore e passo - vannoinsieme, infatti. Nonsi può correre

tristi.

La città di Milano ha una forma a ruota: il suo destino è muoversi. Il Salone (del) Mobile, come il recente

BookCity, non è solo un'occasione di esperimenti, incontri, condivisione e aperitivi. È, a sua volta, l'aperitivo

del grande banchetto che verrà, ed è sempre più vicino: Expo 2015, dedicato all'alimentazione. I ritardi -

quanti giorni buttati, da quel 31 marzo 2008, quando Milano ottenne di poter organizzare l'evento! - devono

convincerci a raddoppiare gli sforzi. Possiamo rinunciare alle Vie d'Acqua, all'Orto Planetario e a qualche

stazione della metropolitana: alla faccia, no. Nuovi scandali come quelli che hanno colpito Infrastrutture

Lombarde - era così difficile prevedere che certe pessime abitudini amministrative non fossero scomparse? -

sarebbero devastanti. Milano non li merita e non li vuole. Milano è «una città di slanci, temperati da un

garbato scetticismo» (Alberto Savinio). Oggi, come altre volte nella storia recente, le è venuta la voglia di

scuotersi. Il Salone (del) Mobile è l'occasione perfetta. Perché non è il ritrovo annuale di un'industria e alcuni

mestieri (design, architettura, arredamento, illuminazione): è la festa della città aperta. E Milano, quando si

apre, respira e fiorisce. Quando si chiude, sospira e appassisce. Il successo - perfino eccessivo, secondo gli

albergatori - degli «affitti brevi», e lo scambio frenetico di divani e letti attraverso siti dedicati, è più di un

fenomeno di moda. È una novità che sembra fatta apposta per Milano, città pratica, frettolosa e generosa.

Altre città d'Italia sono, indiscutibilmente, più spettacolari: Roma, Venezia, Firenze. Ma, affaticate dal turismo,

vivono l'afflusso di massa come un'invasione. Milano, invece, somiglia a Genova e Torino: avere il mondo in

casa è una novità, e regala energia. Raramente questi scatti sono segnati dalla politica; più spesso,

dall'economia. «Io capovolgo Milano e voi affrettatevi a raccoglierne il contenuto in una busta di pelle nuova

nuova: ecco, sono gli affari», scriveva Giuseppe Marotta in uno dei più affettuosi ritratti della città (A Milano

non fa freddo , 1949). In sessantacinque anni è cambiato molto: questo no, e lo vedremo nei prossimi giorni.

La temperatura di Milano dipende dal cuore, ma si misura intorno al portafoglio. Non sottovalutatela: è una

febbre allegra, e riscalderà l'Italia.

Beppe Severgnini

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 136

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non è solo una questione di numeri SANITà E sprechi l'equità negata ENRICO MARRO In queste ore alla presidenza del Consiglio e al ministero dell'Economia si stanno facendo le ultime verifiche

sul testo del Def, il Documento di economia e finanza che domani verrà approvato dal governo, il piano

triennale che, nelle intenzioni di Matteo Renzi, dovrà conciliare il rilancio della crescita con il rispetto del

percorso di risanamento dei conti pubblici («non perché ce lo chiede l'Europa, ma per i nostri figli»).

Al centro della manovra per il 2014 ci sarà il taglio, da maggio, delle tasse di 80 euro al mese per i lavoratori

dipendenti che guadagnano fino a 1.500 euro netti, ha promesso lo stesso presidente del Consiglio, per un

costo su base annua di 10 miliardi. Per il periodo maggio-dicembre il governo deve quindi trovare 6,6 miliardi

per finanziare lo sgravio Irpef. Le coperture ci sono tutte e verranno dai tagli di spesa, assicura Renzi. La

credibilità dell'operazione bonus in busta paga si misurerà, in Italia e in Europa, proprio su questo, cioè su

quanta parte delle risorse necessarie a far salire gli stipendi medio-bassi verrà da riduzioni permanenti della

spesa pubblica.

Il presidente e il titolare dell'Economia Pier Carlo Padoan dovranno saper respingere i veti dei ministri. Non ci

possono essere capitoli di spesa esclusi a priori, nemmeno la Sanità, dove gli sprechi sono doppiamente

gravi, perché tolgono risorse preziose che potrebbero essere impiegate per migliorare un servizio

fondamentale che, in tante parti d'Italia, è a livelli ancora inaccettabili.

È vero, il ministro della Sanità è impegnato in una trattativa con le Regioni per un nuovo Patto per la Salute

che faccia risparmiare «dieci miliardi di euro in tre, quattro anni» da investire, spiega Beatrice Lorenzin, nello

stesso settore «in infrastrutture, ricerca, personale e accesso alle cure più innovative». Non è un risultato

scontato, visto che anche in questa materia lo Stato, a causa del Titolo V della Costituzione, deve scendere a

patti col sistema delle autonomie, ma è il minimo che si possa fare. Secondo il rapporto del commissario per

la revisione della spesa, Carlo Cottarelli, l'incidenza della spesa sanitaria pubblica sul Prodotto interno lordo è

salita dal 5,7% del 2000 al 7,1% del 2013. Dal 2009 le uscite non crescono più, essendosi fermate intorno a

111 miliardi di euro l'anno, ma il peso sul Pil, dice il commissario, deve scendere se l'Italia vuole riuscire a

ridurre le tasse. Si può fare, a partire dall'applicazione di criteri uniformi negli acquisti (costi standard), dalla

famigerata siringa agli appalti più importanti. E invece, proprio a causa della gestione inefficiente della Sanità,

metà delle Regioni sono commissariate, col risultato che i cittadini pagano pesanti addizionali Irpef per

coprire i buchi di bilancio. Il tutto mentre il 50% degli assistiti e il 70% delle ricette sono esenti dal pagamento

del ticket, con punte dell'86% nel Sud. Uno spreco inaccettabile ai danni degli onesti: prestazioni regalate agli

evasori mentre c'è chi non ha i soldi per andare dal dentista.

Il Def che Renzi varerà domani sarà diverso dai precedenti solo se conterrà un credibile percorso pluriennale

di tagli strutturali della spesa pubblica, come premessa di altrettanti tagli permanenti delle tasse. Non ci

possono più essere zone franche. È stato lo stesso Renzi a dirlo, ponendo giustamente anche il tema delle

spese militari. Sanità e pensioni sono i principali capitoli di spesa del bilancio. Tutti sappiamo che contengono

ampie sacche di spreco. Adesso vanno rimosse.

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Parla Morando (Economia): operazioni straordinarie nel 2014, strutturali entro il 2016 Tagli, il piano in due tempi Il premier: sforbiciate su Motorizzazione e consorzi ANTONELLA BACCARO Tagli alla spesa pubblica: il viceministro Enrico Morando spiega che le operazioni quest'anno saranno

straordinarie, ma diventeranno strutturali entro il 2016. Il premier Matteo Renzi: sforbiciate su Motorizzazione

e consorzi. ALLE PAGINE 2 E 3 Piccolillo

A PAGINA 5 Galluzzo, S. Rizzo

ROMA - «Lo so che volete sapere le coperture del taglio del cuneo fiscale ma il grosso del nostro lavoro in

queste ultime ore riguarda il taglio della spesa da 32 miliardi nel 2016. Non saranno molto sexy per i giornali,

ma sono in assoluto i più importanti perché se nel 2014 possiamo agire con operazioni straordinarie nel 2016

devono esserci tagli per 32 miliardi. Altrimenti viene giù tutto il castello». Il viceministro dell'Economia, Enrico

Morando, vorrebbe parlare solo a cose fatte perché «il lavoro è ancora in corso». Ma intanto, tra le righe,

lascia emergere la strategia in due tempi del governo Renzi.

C'è un prima e c'è un dopo le elezioni europee. Il «prima» contempla il mantenimento delle promesse fatte

nel «mercoledì magico»: tagliare il cuneo fiscale a 10 milioni di italiani e l'Irap del 10% a regime. Ma anche

rispettare il dogmatismo europeo fino all'ultima virgola: niente sforamento del tetto del 3% del rapporto

deficit/pil, niente utilizzo del margine che ci separa da quel 3%. «Almeno nel contesto attuale, senza intesa

preventiva e senza aver presentato il Def (documento di economia e finanza) col piano di rientro, utilizzare

questo margine non è possibile» spiega Morando .

Così come non si potrà far valere nell'immediato il calo degli interessi sul debito: «Intanto parliamo di cifre

non roboanti: qualcosa sarà possibile ricavare perché le previsioni del governo Letta sull'ammontare degli

interessi erano prudenziali ma la riduzione di queste settimane dello spread è importante soprattutto nel

medio-lungo periodo per la credibilità del Paese». E non per finanziare il taglio del cuneo fiscale? «Per ora la

ricaduta è più vicina allo zero. Il tempo di realizzazione non può che avere il respiro di un anno e mezzo, due

anni...».

Quanto alla maggiore Iva che deriverà dal pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione, Morando è

più ottimista: «Questa sì che è una partita seria: se ci riesce, quest'anno pagheremo almeno 40 miliardi». Si

può dire che in termini di maggiore Iva produrrà circa 4 miliardi? «Meno». Spendibili nell'immediato? «Già

calcolabili oggi, ma poi dipenderà da quando si farà il decreto dei pagamenti».

Il messaggio è chiaro: la linea Padoan per cui le coperture devono essere strutturali tiene. La spending

review sarà la principale fonte di risorse per le prime misure del governo Renzi, quelle del «prima delle

elezioni europee». Se poi parte di quei tagli a fine anno non si realizzassero, si ricorrerà a operazioni

straordinarie e si sfrutterà l'eventuale crescita del pil. Per ora il programma dei tagli 2014 apparirà tanto più

solido se sarà sostenuto da un'operazione titanica nel 2015 e nel 2016, quando cominceranno a essere

applicate le regole del fiscal compact . Solo se l'intero pacchetto apparirà ben strutturato e credibile, il Def

(con il taglio del cuneo fiscale incorporato) avrà il via libera dell'attuale apparato che decide per l'Unione

europea. Che però è prossimo a essere rinnovato.

E qui inizia il «dopo» elezioni. «A giugno ci saranno molte questioni da porre - annuncia Morando -: a partire

dall'avanzo commerciale della Germania che crea problemi quanto il disavanzo di altri Paesi». Se davvero

l'Ue cambierà registro, la linea del rigore potrà essere allentata. Ma se questo non avvenisse, allora a Renzi

toccherà davvero attuare alla lettera il durissimo piano dei tagli che sta predisponendo in queste ore per i

prossimi due anni. Irriferibile in campagna elettorale .

Antonella Baccaro

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 138

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La manovra e i mercati previsione di crescita 2014 per l'Italia +0,8% stima rapporto deficit-Pil commissione

Ue per il 2014 Revisione della spesa Le nuove stime I tassi *Le voci in chiaro per ciascun comparto sono

quelle che hanno subito una variazione Tabella Cottarelli su 2014 Rendimento titoli di Stato a 10 anni Spread

con i bund tedeschi (punti base) Nuova versione su 2014 EFFICIENTAMENTO DIRETTO Acquisti e appalti

on line* Stipendi dirigenti* RIORGANIZZAZIONI Spese enti pubblici* COSTI POLITICA RIDUZIONE

TRASFERIMENTI SPESE PER SETTORI Difesa* Sanità* Pensioni * TOTALE 7,0 2,2 2,15% 1,83% 2,02%

1,55% 6,08% 3,17% 1,71% 3,15% 2,13% 2,68% 1,0 0,5 0,2 0,1 0,4 2,0 2,0 0,1 0,3 1,8 1,8 0,8 0,3 0,3 0,2 0,4

1,0 1,0 0,5 0,5 4,5 Belgio Finlandia Francia Germania Grecia Irlanda ITALIA Olanda Portogallo Spagna

Svezia Gran Bretagna 59 28 47 - 453 138 162 15 231 160 58 113 3,86% 2,93%

La parola

Def''Acronimo che sta per Documento di economia e finanza, il Def viene presentato dal governo al Parlamento

entro il 30 giugno di ogni anno. È il principale strumento di programmazione economico-finanziaria

dell'esecutivo. Gli obiettivi di bilancio fissati nel Def costituiscono anche il punto di riferimento per le

successive decisioni del governo. Dal 2011 il Def è stato allineato, per tempistica e contenuti, agli standard

della governance europea.

Foto: Vice ministro

Enrico Morando, 63 anni, vice ministro dell'Economia

07/04/2014 1Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 139

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Titoli di Stato Quei risparmi per 3 miliardi sui tassi Stefania Tamburello di STEFANIA

TAMBURELLO A PAGINA 3

ROMA - La riduzione dello spread a 161 punti e dei rendimenti dei titoli pubblici all'emissione e sui mercati

secondari, è andata oltre le previsioni. Il calo dei tassi dei Btp decennali al 3,17%, venerdì scorso, ha

polverizzato il minimo storico dall'introduzione dell'euro registrato nel 2005, superando le stime non solo del

governo ma anche della Banca d'Italia e degli altri istituti di ricerca. Il primo effetto - fatto salvo quello del

rilancio dell'immagine del debito italiano presso gli investitori - è senza dubbio un risparmio nei conti del

Tesoro. Difficile azzardare la cifra, quando gli esperti del ministero di via XX Settembre stanno ancora

facendo i conti, ma si può ipotizzare con sufficiente approssimazione che la minor spesa per interessi rispetto

alle previsioni superi abbondantemente i tre miliardi di euro. Resta da vedere se il governo vorrà utilizzare

tale somma - che si attesterebbe attorno ai tre miliardi, una volta calcolati i possibili maggiori impegni per i

pagamenti della Pubblica Amministrazione e per il servizio del debito - per finanziare le misure annunciate,

prima fra tutte il taglio del cuneo fiscale.

Il risparmio infatti, come spiega il viceministro Enrico Morando, è a spread costante, presuppone cioè che il

differenziale tra i rendimenti del Btp decennali e i Bund tedeschi di uguale durata non torni ad aumentare

troppo. I calcoli andrebbero fatti a fine anno e comunque si tratterebbe di impiegare ex ante un risparmio

futuro. Gli interrogativi, insomma, non mancano: è certo comunque che gli investitori sono tornati a guardare

con molto interesse all'Italia che nei prossimi mesi dovrà collocare sui mercati, solo per far fronte alle

scadenze, 285 miliardi di titoli con aste particolarmente impegnative nei mesi di agosto e settembre. Alla fine

di marzo i titoli di Stato in circolazione erano pari a 1.768.986,78 euro con una vita media di 6,32 anni.

La discesa dei tassi è stata rapida. Un dato vale per tutti: il tasso medio di interesse dei titoli di Stato, che nel

2013 aveva toccato il minimo storico del 2,08% a fine febbraio, senza calcolare quindi il tutto esaurito delle

aste di marzo, è sceso all'1,57%. Un trend che è proseguito in marzo e che sembra destinato a continuare

anche nei prossimi mesi, pure se ci sono i rischi connessi al ristagno dell'economia europea. Un'occasione

per misurare questo ritorno di fiducia sull'Italia e sui suoi titoli, segnalato recentemente anche dal governatore

della Banca d'Italia, Ignazio Visco, sarà l'appuntamento di Washington, dove nei prossimi giorni si riuniranno

il G7 e il G20 finanziario e si svolgeranno gli incontri primaverili del Fondo monetario (Fmi) e della Banca

mondiale.

Si tornerà a discutere di come mettere in sicurezza la crescita economica e per l'Europa di come far arrivare il

credito all'economia superando i rischi di deflazione e del ristagno. Al centro dell'interesse saranno anche le

mosse della Bce (Banca centrale europea), dopo l'annuncio del presidente Mario Draghi di una possibile

operazione di stimolo all'economia con acquisto di titoli privati e pubblici per allargare la massa monetaria

(quantitative easing) sul modello Usa . Ed è proprio a Draghi che ieri il direttore genera le del Fmi (Fondo

monetario internazionale), Christine Lagarde si è rivolta per rintuzzare le critiche, seppur ironiche, da lui

ricevute. Draghi in pratica aveva invitato Lagarde a non dare suggerimenti alla Bce alla vigilia della riunioni

del consiglio direttivo, a meno di non fare lo stesso con la Banca centrale Usa.

«Diciamo quello che abbiamo da dire quando riteniamo che sia appropriato dirlo. Non siamo guidati

dall'agenda di altre istituzioni. Riteniamo da tempo che la Bce debba affrontare il tema dell'inflazione» ha

sostenuto Lagarde. A Washington, forse, il chiarimento.

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La parola

Spread

07/04/2014 1Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 140

Page 141: ANIEM · 2015. 7. 21. · INDICE ANIEM 05/04/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale 12 06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

''Riferito ai titoli di Stato, lo «spread» indica la differenza tra i rendimenti delle obbligazioni governative

italiane, in particolare i Btp, e il Bund tedesco, sulla scadenza decennale. Maggiore è lo spread, più alto è il

rischio percepito dagli investitori verso i Btp italiani. Pertanto, se lo spread aumenta significa che sale anche il

rischio «insolvenza» per l'Italia. E quando lo spread tra Btp e Bund sale, significa che i Btp rendono di più

rispetto ai Bund, poiché sono percepiti come sempre più rischiosi e pertanto il governo italiano, per poter

collocare i titoli di Stato, dovrà offrire cedole più elevate agli acquirenti, con conseguente impatto negativo sul

deficit statale.

Foto: Leader Christine Lagarde, 58 anni, dirige il Fondo monetario internazionale

07/04/2014 1Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 141

Page 142: ANIEM · 2015. 7. 21. · INDICE ANIEM 05/04/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale 12 06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

TRASPORTO AEREO Frenata nell'alleanza tra Etihad e Alitalia Gianni Dragoni Gianni Dragoni e Beda Romano u pagina 19

ROMA

Frenata improvvisa nell'alleanza tra Etihad Airways e Alitalia. È rimandato l'annuncio della fine della due

diligence sui conti della compagnia italiana e della firma di una lettera d'intenti che dovrebbe aprire la strada

al negoziato finale tra i due vettori per arrivare all'ingresso di Etihad con il 40% in Alitalia, con versamento di

circa 300 milioni di euro.

Contrariamente alle previsioni, ieri non è stato firmato alcun accordo preliminare. Anche ieri «ci sono stati

contatti ma niente di definitivo», ha riferito una fonte autorevole che segue la partita. Secondo quanto risulta

al Sole 24 Ore, da Abu Dhabi una proposta è arrivata, ma da parte italiana non è giudicata immediatamente

accettabile. C'è da aspettarsi che su alcune clausole il confronto richieda tempi aggiuntivi.

Era già emerso nei giorni scorsi che gli arabi porrebbero condizioni dure nella proposta di lettera d'intenti, sia

sul lato della riduzione dei costi industriali (e questo potrebbe comportare ulteriori tagli dell'organico) sia sulla

ristrutturazione del debito di Alitalia, una sforbiciata di 400 milioni. Richiesta che ha sempre visto una decisa

opposizione di Intesa Sanpaolo, azionista numero uno di Alitalia con il 20,59% e principale creditore, sia delle

altre banche, Unicredit, Mps, Popolare di Sondrio.

In silenzio ieri gli esternatori che avevano preannunciato una svolta nel negoziato, sia il ministro dei Trasporti

Maurizio Lupi, che mercoledì ha annunciato «la conclusione del lavoro fatto in questi mesi» entro «questa

settimana», sia il direttore generale di Intesa, Gaetano Miccichè, che avant'ieri ha detto: «Credo che domani

arrivi l'offerta di Etihad». Al lavoro nella sede di Fiumicino l'amministratore delegato di Alitalia, Gabriele Del

Torchio, non ha fatto trapelare commenti.

Per capire la complessità del percorso va ricordato che, secondo l'annuncio congiunto fatto il 2 febbraio dai

due a.d., Del Torchio e James Hogan, la due diligence avrebbe dovuto concludersi entro 30 giorni, cioè il 4

marzo. Quindi il 3 marzo l'a.d. di Etihad ha detto che l'esame del dossier Alitalia si sarebbe concluso entro

marzo e ha puntualizzato che le probabilità di un ingresso nel capitale di Alitalia erano «il 50%». Anche in

passato - ha aggiunto Hogan - «sono state avviate due diligence con altre compagnie che poi abbiamo

abbandonato».

Dichiarazioni che si inquadrano nella tattica di abili negoziatori, per tenere sulla corda la controparte. Nella

partita è entrato il presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, accreditato di ottimi rapporti ad Abu

Dhabi, come «facilitatore» dei rapporti con il governo degli Emirati Arabi Uniti, secondo Del Torchio.

Adesso, a 60 giorni dall'annuncio dell'avvio di una due diligence che doveva durare 30 giorni, si è ancora in

attesa dell'annuncio della conclusione. Intanto la disponibilità di cassa dell'Alitalia si sta esaurendo.

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Foto: - Nota: fatturato Etihad convertito 1 euro = 1.37$; (*) dato ufficioso; (**) primi nove mesi

05/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 142

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MONTE DEI PASCHI Fondazione e soci esteri firmano il patto sul 9% Cesare Peruzzi Cesare Peruzzi u pagina 21, con un'intervista ad Alessandro Profumo di Marco Ferrando

FIRENZE.

L'obiettivo è esprimere la governance di Banca Monte dei Paschi. Il patto parasociale che lega Fondazione

Mps, Fintech e Btg Pactual, complessivamente con il 9% del capitale, avrà una durata di tre anni e potrà

«aggregare altri azionisti», come spiega Antonella Mansi, numero uno dell'Ente senese. Un patto aperto,

dunque, «anche se le valutazioni su possibili nuovi ingressi - ha puntualizzato Mansi, intervenuta ieri a un

convegno a Cortona - andranno fatte quando conosceremo i nuovi azionisti, dopo l'aumento di capitale del

Monte».

L'accordo, il cui contenuto diffuso ieri aspetta il via libera da Banca d'Italia e ministero dell'Economia,

prevede l'impegno a sottoscrivere pro quota l'aumento di capitale da 3 miliardi di Banca Mps e una lock-up

(clausola che impedisce la vendita dei titoli oggetto del patto) di 24 mesi per Fondazione e Fintech,

rispettivamente con il 2,5% e 4,5% del gruppo di Rocca Salimbeni, e di 16 mesi per quanto riguarda il 2% di

Btg Pactual, la cui operatività impediva impegni a più lungo termine. Ma tutto lascia pensare che, alla

scadenza dei 16 mesi, l'adesione di Btg Pactual sarà prorogata.

Il segnale che arriva da questa operazione, come fanno notare Mansi e lo stesso presidente della banca

Alessandro Profumo (vedere intervista), è un messaggio di stabilità. E di normalizzazione. Scomparsa

l'anomalia della Fondazione-padrona, si è creato un nucleo stabile di azionisti che vuol diventare punto di

riferimento del futuro governo dell'azienda, magari aggregando altri soci-investitori. Non a caso, il patto indica

nel dettaglio obblighi e prerogative di ciascuno.

La Fondazione Mps indicherà tra gli eletti in consiglio il nome da proporre alla carica di presidente del Monte

e i due partner azionisti, Fintech e Btg Pactual, sempre all'interno del cda quello destinato al ruolo di

amministratore delegato. Entrambi i candidati dovranno ottenere la preventiva approvazione incrociata dei

pattisti, con la puntualizzazione che nessuno «potrà essere ingiustificatamente rifiutato».

Lo statuto della banca prevede, per il rinnovo degli organi societari, che metà della governance (sei

consiglieri su 12) sia espressione della lista di maggioranza. Su questo punto, il patto stabilisce che Fintech e

Btg Pactual hanno il diritto di designare congiuntamente il primo candidato della lista, la Fondazione Mps il

secondo e così via fino al numero massimo di amministratori deciso insieme dalle parti, che non potrà essere

meno di sei. Ma l'alleanza proverà a incidere già nell'esercizio in corso.

Per quanto riguarda la governance, infatti, è previsto l'impegno della Fondazione, nei limiti consentiti da leggi

e regolamenti, a «causare, se possibile, le dimissioni volontarie di due amministratori della banca attualmente

in carica e la cooptazione in consiglio di due amministratori designati» da Fintech e Btg Pactual. Il testo

dell'accordo parasociale aggiunge che, se questa modalità non sarà possibile, l'Ente assume l'impegno di

sostituire con un rappresentante di Fintech e Btg Pactual chi dovesse dimettersi dalla banca o lasciare la

carica prima della nomina del nuovo consiglio d'amministrazione, che sarà nel 2015.

«Abbiamo dato il nostro contributo alla stabilità del Monte e alla salvaguardia del legame con il territorio,

nonostante le difficoltà degli ultimi mesi - dice il presidente della Fondazione, Antonella Mansi -. Adesso la

banca vada avanti con il piano industriale». E con l'aumento di capitale da chiudere entro giugno.

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05/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 143

Page 144: ANIEM · 2015. 7. 21. · INDICE ANIEM 05/04/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale 12 06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

IL CALO DEI TASSI E I CONTI PUBBLICI Dividendo di 2,5 miliardi per il Tesoro Dino Pesole Il risparmio è indubbio, ma il "dividendo" va maneggiato con cura. Rispetto allo scenario ipotizzato a

settembre scorso dalla Nota di aggiornamento al "Def", che stimava uno spread attorno ai 200 punti base con

una spesa in conto interessi al 5,4% del Pil (86 miliardi), si può immaginare ora un risparmio attorno ai 2,5

miliardi. Tuttavia i vincoli imposti dal nostro enorme debito pubblico consigliano di non ipotecare ex ante

l'intero dividendo da spread per coprire la manovra sull'Irpef.

Si potrebbe in teoria utilizzarne una parte, ma a fronte dell'impegno (che il governo dovrebbe formalizzare in

sede europea) a "sostituire" dal 2015 quella posta di bilancio con i proventi della spending review. Tagli

strutturali delle tasse coperti con tagli strutturali della spesa corrente primaria: è l'equazione cara a Bruxelles,

ma è anche nella "mission" principale della spending review. Sarebbe finalmente un bel segnale presentare

al paese e in Europa una manovra di riduzione della pressione fiscale interamente finanziata da tagli

permanenti di spesa (812 miliardi è il totale delle spese finali previste quest'anno). L'altro segnale altrettanto

importante sarebbe potenziare dal 2015 la dote dei tagli alle tasse con i proventi accertati e acquisiti della

lotta all'evasione.

Certo, se il differenziale Btp/Bund si riducesse ulteriormente rispetto ai 159,5 punti base di ieri, si potrebbe

chiudere l'anno con un risultato anche migliore rispetto allo scenario attuale scenario. Tuttavia finanziare

parte del taglio delle tasse con minori (ma al momento solo stimate) spese in conto interessi è operazione

che può essere messa in campo solo quando quella minore spesa è stata effettivamente contabilizzata.

Poichè sembra precluso l'utilizzo di un margine di deficit in più nell'anno in corso (pur mantenendo l'asticella

al di sotto del 3%), il "dividendo" da spread potrà servire magari in sede di legge di stabilità per far fronte a

spese indifferibili che comunque richiederanno copertura. I veri margini per noi potranno aprirsi quando -

riforme alla mano - si potrà negoziare con Bruxelles un diverso timing di rientro dal debito, ponendo al tempo

stesso sul tavolo l'eventuale scorporo dal calcolo del deficit di alcune spese per investimenti produttivi.

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05/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 144

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INDUSTRIA Bonus ricerca, pronte le nuove regole Carmine Fotina È pronto il decreto attuativo sul credito d'imposta per gli investimenti in ricerca; tra le novità le domande solo

per via telematica e l'accesso consentito anche alle reti d'impresa. Da sciogliere il nodo coperture da 600

milioni.

Carmine Fotina u pagina 9

ROMA

Norme urgenti per dare una pronta risposta alle imprese. Norme per le quali serve immediata certezza di

copertura finanziaria. Sono entrambi concetti con i quali il ministero dello Sviluppo economico chiede a

Palazzo Chigi di ridefinire rapidamente la fonte delle risorse per il credito d'imposta per gli investimenti in

ricerca. La misura è contenuta nel decreto Destinazione Italia, con la previsione di 600 milioni per il 2014-

2016, insieme ai "bonus" per le Pmi digitali, 150 milioni, per i quali però la copertura sembra essere più solida

(si veda l'articolo in basso).

Dal ministero dell'Economia e da Palazzo Chigi fanno capire che sul dossier c'è massima attenzione. Il punto

di partenza è il decreto attuativo di 14 articoli appena definito dallo Sviluppo e sul quale il dicastero di Padoan

dovrà fornire il concerto.

La platea interessata

Il credito d'imposta sarà riconosciuto, fino a un importo massimo annuale di 2,5 milioni per beneficiario, nella

misura del 50% degli incrementi annuali di spesa in R&S e a condizione che siano sostenuti investimenti per

almeno 50mila euro nell'anno di riferimento. Il beneficio può essere concesso a tutte le imprese con fatturato

inferiore a 500 milioni, fatta eccezione per le "imprese in difficoltà" e per quelle destinatarie di aiuti dichiarati

illegali o illegittimi dalla Commissione Ue. L'articolo 3 elenca le attività e i costi ammissibili divedendoli in tre

categorie: costi per il personale (dipendente o collaboratore se svolge l'attività intra muros); quote di

ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature (con costo unitario di

almeno 2mila euro); costi della ricerca svolta in collaborazione con università e organismi di ricerca, inclusi

brevetti acquisiti o ottenuti in licenza. Le attività ammesse includono lavori sperimentali o teorici; ricerca

pianificata o acquisizione di conoscenze per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere

un miglioramento.

Le agevolazioni possono essere concesse anche a consorzi e reti di imprese, con ripartizione proporzionale

alla partecipazione ai costi.

Istanze e fruizione

Le domande dovranno essere presentate esclusivamente per via telematica attraverso un'apposita

piattaforma informatica che sarà disponibile sul sito www.mise.gov.it. Sarà una circolare del direttore

generale incentivi del Mise a definire il modello di istanza e le modalità di presentazione. Sarà invece un

decreto direttoriale a individuare i termini per la presentazione delle domande, sempre a condizione che siano

individuate le risorse. Il meccanismo appare piuttosto complesso. Il ministero effettua una verifica ex ante dei

requisiti e determina l'importo prenotato in favore di ciascuna impresa, con riparto proporzionale nel caso in

cui si sfori il plafond. La fase 2 consiste nella verifica ex post: entro 30 giorni dalla chiusura del periodo

d'imposta o dall'approvazione del bilancio le imprese inviano la rendicontazione dei costi, sulla base della

quale il ministero potrà confermare l'importo del credito d'imposta prenotato, con la possibilità di abbassare

dal 50 al 40% la misura dell'aiuto se l'importo incrementale è inferiore di oltre il 20% a quanto indicato nella

domanda.

Il credito d'imposta, cumulabile anche con aiuti de minimis nei limiti delle intensità di aiuto per progetti di

ricerca, dovrà essere indicato nella dichiarazione dei redditi del periodo d'imposta di riferimento e sarà

utilizzabile esclusivamente in compensazione presentando attraverso il canale telematico il modello F24. Il

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 145

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decreto regola anche i casi di revoca e i controlli, che il ministero può effettuare a campione anche con il

supporto della Guardia di finanza.

@CFotina

© RIPRODUZIONE RISERVATA NOI E GLI ALTRI Gli investimenti inR&Sin Europa 0,97 2,19 2,28 0,49 0,79

1,88 2,26 3,26 1,25 nd 2,32 nd 0,82 2,09 1,85 nd 1,04 2,47 2,15 nd 0,91 1,79 3,35 nd 1,09 2,51 2,11 0,6 1,12

1,70 3,48 3,56 1,26 2,80 2,24 nd 1,4 1,77 3,9 3,39 1995 1990 2000 2005 2010 2012 1,27 2,92 2,26 0,69 1,3

1,72 3,55 3,41 nd nd 1,85 1,82 2,00 2,06 Anni ITALIA Germania Francia Grecia Spagna Regno Unito

Finlandia Svezia Media Ue Spesa in ricerca e sviluppo in rapporto al Pil. Dati in %

600 RISORSE (IN MILIONI) PER IL CREDITO D'IMPOSTA

Foto: Fonte: Eurostat

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 146

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La svolta di Francoforte LA GIORNATA DEI LISTINI BTp ai minimi storici, il mercato crede a Draghi Il rendimento del decennale tocca quota 3,15%, lo spread scende durante le contrattazioni sotto 160 puntiSCENARIO L'ipotesi di un quantitatve easing da mille miliardi dà nuovo slancio alle Borse Ue: Piazza Affarisale (0,83%), banche ancora in evidenza Vittorio Carlini In primis, il saggio del BTp decennale che, per qualche momento, ha toccato il valore minimo (dalla

costituzione dell'euro) a quota 3,15%. Poi, lo spread tra il buono italiano e il Bund che, nell'intraday, è sceso

al di sotto dei 160 punti base.

Sono questi i dati tra i più rilevanti della giornata di ieri sui mercati. Una seduta che, sul fronte borsistico, è

stata contraddistinta dalla chiusura positiva dei principali listini Ue: da Milano (+0,83%) a Francoforte (+0,7%)

fino a Parigi (+0,79%) e Londra (+0,7%).

Al di là dei singoli numeri, viene però da chiedersi: quale la causa di un simile «filotto» di dati positivi? Gli

esperti, in coro, rispondono: «è l'effetto della Bce». In generale, ha influito l'apertura ufficiale di Mario Draghi

(due giorni fa) a possibili manovre non convenzionali. Un riferimento, a ben vedere, che ha indotto la liquidità

elettronica a cercare ancora di più il rendimento su asset un tempo considerati troppo rischiosi.

In un simile contesto (già positivo per i mercati Ue) si è, poi, aggiunto un altro elemento. Un fattore che ieri

ha dato l'ulteriore spinta ai listini. Quale? È presto detto. Il rumor secondo cui la Bce avrebbe simulato gli

effetti economici dell'acquisto di asset per 1.000 miliardi. Come dire, insomma: l'Eurotower va preparandosi

concretamente all'allentamento quantitativo. La notizia, ovviamente, ha fatto gonfiare il petto degli investitori

in Europa. E sono arrivati i flussi in acquisto sugli asset dei Paesi periferici di Eurolandia (ma non solo). Dal

BTp (il cui spread con il Bund ha chiuso a 161 basis point) fino allo stesso Bonos. Il differenziale tra il bond

spagnolo e quello tedesco, infatti, ha archiviato la seduta a quota 159, con il saggio del titolo iberico al 3,14%.

La dinamica nel mondo del reddito fisso, per l'appunto, è stata replicata in quello azionario. Non è un caso

che, il comparto bancario (già comprato a mani basse nel 2014) ieri sia ancora salito. A Piazza Affari (oltre

22.000 punti), ad esempio, il Ftse italia bank (in rialzo del 37,7% da inizio anno) è cresciuto dell'1,07%. Lo

stesso Dax bank ha guadagnato lo 0,94% mentre gli istituti di credito spagnoli sono saliti dell'1,11%. «È di

nuovo l'effetto indiretto della Bce - indica Antonio Cesarano, economista di Mps capital services -. La

possibilità che l'intervento di Eurotower sia sugli Mbs» ipotizza una riduzione dello stress sui bilanci degli

istituti di credito. Così, sono arrivati gli acquisti.

Già, gli acquisti. A ben vedere, un altro market mover atteso ieri dagli operatori era il dato sul mercato del

lavoro statunitense. Ebbene, in marzo, la disoccupazione Usa è rimasta ferma al 6,7%. Il numero dei nuovi

occupati, però, è stato di 192.000 unità (in linea con le attese). Come mai, allora, la percentuale dei

disoccupati è rimasta ferma? Semplice: il numero delle persone in cerca di lavoro (il denominatore della

frazione) è cresciuto. Il che, ovviamente, è un segnale positivo. A fronte del quale, però, l'incremento dei posti

in assoluto non è stato così forte. Insomma, si è trattato del tipico dato già «scontato» dal mercato. Tanto che

Wall Street ha aperto in rialzo, poi ha virato verso il basso per, in serata, proseguire al ribasso.

«In realtà - dice Luca Barillaro - adesso è la Bce che può dettare il "la" alle Borse». Fin qui Draghi ha fatto

solo annunci, «ma l'ipotesi all'orizzonte è che l'Eutower inizi a recitare la parte della Fed». In tal caso, l'euro

(ieri in calo a 1,369) perderà forza mentre i listini Ue «potrebbero ancora salire». Il tempo dirà se la Bce vorrà

fare realmente «l'americano».

© RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Allentamento quantitativo Con questo termine si

definisce la creazione di moneta da parte di una Banca centrale e la sua iniezione, con operazioni di mercato

aperto, nel sistema finanziario ed economico. È una strategia «espansiva» messa in atto per rilanciare

l'economia di un Paese. La Federal Reserve Usa ha utilizzato dal 2009 in modo massiccio questo strumento.

// La giornata sui mercati La performance dei listini LE BORSE Madrid Ibex +0,79% Ieri +4,39% Da inizio

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 147

Page 148: ANIEM · 2015. 7. 21. · INDICE ANIEM 05/04/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale 12 06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

anno Milano Ftse Mib +0,70% Ieri +1,50% Da inizio anno Francoforte Dax +0,88% Ieri +7,67% Da inizio anno

+0,83% Ieri +16,91% Da inizio anno Dati in % I RENDIMENTI SUL MERCATO SECONDARIO 9,47 0,53 7,24

0,70 7,65 1,76 7,49 3,16 Italia 9/11/2011 Massimo intraday Ieri 4,73 0,54 4,63 0,67 5,15 1,71 5,81 3,14

Spagna 9/11/2011 Ieri 1 anno 2 anni 5 anni 10 anni LO SPREAD Differenziale dei rendimenti dei titoli di Stato

decennali rispetto al Bund. In punti base Ieri 167 Spagna 408 Italia 161 Spagna 159 2 Parigi Cac 650 550

450 350 250 150 9/11/2011 2012 2013 2014 Italia 575

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 148

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Le vie della ripresa IL CONTENIMENTO DELLA SPESA Spending, per la sanità maxitaglio da 2-2,5 miliardi Sforbiciata di un miliardo al Fondo nazionale già nel 2014 Roberto Turno ROMA

Non bastavano i risparmi previsti da mister spending, Carlo Cottarelli: 300 milioni quest'anno, 800 milioni nel

2015 e 2,4 miliardi nel 2016. Ma senza contare la potatura delle spese per beni e servizi sanitari e non

sanitari, che fin da quest'anno solo per la sanità potrebbero valere fino a 1 miliardo. E non bastavano

neppure le indicazioni delle regioni, pronte ad aggiungere altri colpi d'accetta tra centrali d'acquisto e farmaci.

I tecnici di via XX Settembre hanno in preparazione in queste ore un'altra sfoltitura alle spese di asl e

ospedali: un taglio secco al Fondo sanitario nazionale di quest'anno che varrebbe almeno 1 miliardo, e poi

forse ancora di più nel 2015. Tagli che si aggiungerebbero ai 25 miliardi già assestati di minori spese questi

anni in maniera lineare al Ssn. Un totale di minori spese che solo per quest'anno potrebbe valere almeno

intorno a 2-2,5 miliardi.

Aveva già messo non a caso le mani avanti nei giorni scorsi, Beatrice Lorenzin: «Non sono d'accordo con

Cottarelli, non sono in linea per lo meno sul metodo. La sanità non può sopportare altri tagli, men che meno

lineari». Qualcosa evidentemente il ministro sapeva che si stava muovendo tra Economia e Ragioneria. E,

forte del pressing che nella stessa direzione stanno imprimendo i governatori, ha subito fatto muro: le misure

le decidiamo con le regioni nel «Patto» per la salute. Di più, aspetto cruciale: qualsiasi risparmio deve restare

in casa del Ssn. Per investire, programmare, far ripartire la macchina delle cure pubbliche schiacciata dal

peso della sostenibilità del sistema a bocce ferme.

Invece il ministro - che ancora ieri da Bruxelles ha rilanciato la sua ricetta dicendosi sicura che il Def «non

prevede tagli ma risparmi», quantificati ancora in 10 miliardi in tre anni - dovrà ricredersi e alzare nuove

barricate prima del varo del Def. Quarantott'ore per cercare di ribaltare in extremis le soluzioni che - sebbene

ancora non decise - si stanno profilando davanti alla necessità per il Governo di trovare le coperture per le

maxi riforme messe in cantiere da Matteo Renzi. Il quale, naturalmente, dovrà dire la sua su eventuali nuovi

tagli alla salute.

Il taglio da 1 miliardo allo studio dei tecnici del Mef, farebbe scendere il Fondo sanitario (non ancora ripartito

tra le regioni, che dovranno applicare i costi standard) a 112,452 miliardi tutto compreso, quello per il 2015 a

116,563, se non meno. Con un effetto scivolamento che potrebbe valere anche per il 2017 (sulla carta 122

miliardi). Insomma, un'altra batosta. Che avrebbe l'ulteriore effetto di far crescere le tensioni e di rincrudire i

rapporti politici, sindacali e sociali.

Insomma, un passo complicato. Anche perché tra le misure allo studio, ad esempio, c'è quella del taglio agli

stipendi dei dirigenti (si veda pezzo accanto), che potrebbe toccare medici e dirigenti non medici. E perché

per i governatori, oltre che per il ministro, c'è un vangelo da rispettare: qualsiasi risparmio va lasciato nel

Servizio sanitario. Questa la parola d'ordine al tavolo del «Patto» per la salute che proprio ieri ha ripreso i

lavori dopo una lunga fase di stallo nel trapasso da Enrico Letta a Renzi. O prendere o lasciare, è la

minaccia: i risparmi restino nel Ssn, altrimenti il «Patto» salta, con tutte le conseguenze del caso. Soprattutto

in un momento in cui la crisi sta mettendo in ginocchio le famiglie e l'abbandono o la rinuncia alle cure a

pagamento, tra ticket o ricorso al privato per aggirare l'imbuto delle strutture pubbliche sempre più in affanno,

riguarderebbero secondo tutte le ricerche fino a 9 milioni di italiani.

Anche di questo si ragionerà al tavolo del Def e della spending review. E certo non sarà un aspetto

secondario quando martedì 8 - proprio nel giorno del varo del Def - si svolgeranno gli «Stati generali della

sanità» convocati da Lorenzin, dove dovrebbe intervenire anche Renzi. Non è un caso che ieri il presidente di

Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, abbia accennato al fatto che un taglio da 1 miliardo varrebbe per le

industrie del farmaco 150 milioni, mettendo a rischio a 2-3mila posti di lavoro. E che alla stessa cifra abbia

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 149

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fatto riferimento, contestandola, il presidente della commissione sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi

(Pd). Per non dire della bocciatura di giovedì dell'Ocse a Cottarelli: la spesa sanitaria in Italia è inferiore di un

terzo a quella dei Paesi dell'area euro e il divario dal 2000 s'è triplicato. Conclusione: qualsiasi taglio non

finalizzato all'abbattimento di inefficienze colpirebbe l'accesso ai servizi e la qualità dell'assistenza soprattutto

per chi meno ha.

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Le misure allo studio

ORGANI COSTITUZIONALI Sotto la lente Camere e presidenza della Repubblica

Nella spending review dovrebbe entrare anche un giro di vite sugli organi costituzionali, ovvero Camere,

Presidenza della Repubblica e Corte costituzionale, con una riduzione dell'8-10% dei trasferimenti o la

predeterminazione di budget più leggeri di quelli attuali.

DIPENDENTI PUBBLICI Tetto allo stipendio

dei manager di Stato

Si pensa a un taglio progressivo agli stipendi pubblici oltre i 70mila euro lordi e a un tetto alle retribuzioni dei

dirigenti pubblici (per recuperare 300-350 milioni netti) da allineare a quello del capo dello Stato e da

modulare con singoli livelli di riferimento per ogni fascia dirigenziale.

SANITÀ Stretta sugli acquisti di beni e servizi degli ospedali

Per il 2014 la spending review dovrebbe prevedere anche un taglio alla sanità per circa un miliardo e una

stretta sugli acquisti di beni e servizi, convenzioni ospedaliere comprese, per 800 milioni. Una possibile, ma

non ancora certa, stretta potrebbe coinvolgere le Regioni a statuto speciale

PENSIONI Ipotesi contributo di solidarietà sopra 4-5mila €

Potrebbe entrare nella spending review un'ulteriore riflessione su un contributo di solidarietà sulle pensioni

sopra 4-5mila euro lordi, su cui però il premier Renzi resta contrario. Intanto ieri è stato deciso il taglio di due

ambasciate e due vice consolati onorari

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 150

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INTERVISTAAlessandro ProfumoPresidente Banca Mps * Mps, patto aperto a nuovi soci Profumo: più facile l'aumento L'EUROPA E LA BCE «Serve più attenzione alle opportunità, sarebbe utile che la Bce comprasse titoli diStato» Marco Ferrando CERNOBBIO. Dal nostro inviato

La Fondazione Mps quasi azzerata, l'ingresso di Fintech e Pactual, il patto di sindacato. Da Cernobbio, dove

ieri al Workshop Ambrosetti ha parlato di sostegno alla ripresa che si affaccia in Europa (e in Italia), parlando

con Il Sole 24 Ore Alessandro Profumo promuove la scelta «di stabilità» del suo ex primo azionista: «Oggi

abbiamo un gruppo di soci disponibili ad accompagnare la banca nel suo percorso di rilancio, e non è poco»,

fa notare il presidente di Banca Mps. Pur conoscendoli, non ha ancora incontrato i nuovi compagni di viaggio

della Fondazione ma vede in loro «un nucleo importante con cui discutere, naturalmente nell'ambito del cda,

del futuro della banca».

Il patto di sindacato avrà una quota del 9%. Secondo lei resterà il primo azionista anche dopo la

ricapitalizzazione?

Non sta a me dirlo: vedremo come va l'aumento.

Nell'ambito del patto già si ragiona di chi nominerà l'amministratore delegato e chi il presidente. Che ne

pensa?

È una questione che mi lascia del tutto indifferente. Quello che posso osservare, ripeto, è che con questo

assetto azionario per noi sarà più facile presentarsi al mercato.

Proprio per questo motivo, non pensa che sarebbe stato meglio un aumento da 4 miliardi, in modo da

rimborsare integralmente i Monti bond?

Preferisco ragionare nell'ambito della delibera attuale.

Varrebbe la pena di cambiarla?

Non intendo rispondere: torno a dire, c'è una delibera che fissa l'aumento a tre miliardi.

Un'ultima considerazione sulla linea tenuta dalla Fondazione: alla fine hanno fatto bene a guadagnare

qualche mese di tempo?

Ero convinto, e lo resto tutt'ora, che sia stata una scommessa. Se i mercati avessero girato in un altro modo,

e non era affatto escluso, i rischi sarebbero stati elevatissimi. Non solo per la Fondazione, ma anche e

soprattutto per la banca.

In generale, comunque, il prodotto Italia di questi tempi piace al mercato, come dimostrano anche le recenti

prese di posizione di BlackRock. Perché?

L'economia è a un punto di svolta, e si registra anche una certa dinamicità istituzionale. E poi siamo cheap,

siamo economici: per questo interessiamo agli investitori istituzionali, soprattutto quelli in uscita dai mercati

emergenti.

Può durare questa fase?

Penso di sì, ma sta a noi dimostrare di essere in grado di fare quel che diciamo.

Come stanno procedendo gli esami della Bce?

Ci sono alcuni aspetti ancora non definiti, per questo stiamo chiedendo chiarimenti. Si tratta comunque di un

processo importante per approdare finalmente a un mercato unico del credito, che a medio-lungo periodo

darà senz'altro dei benefici. Anzi, mi auguro che possa accadere per altri settori, dalle tlc all'energia.

Ma in questo momento non è facile parlare di coesione europea.

È un problema politico e culturale: siamo tutti chiamati a reinventare il racconto europeo, che oggi è più un

racconto di limiti che di opportunità.

Al riguardo, un aiuto potrebbe arrivare dalla Bce, con il quantitative easing prospettato l'altroieri da Mario

Draghi. Che tipo di intervento serve per ridare slancio all'economia?

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 151

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Sarebbero utili acquisti massicci di titoli di Stato, una sorta di premessa agli eurobond. Unificare il mercato

del debito sovrano e azzerare gli spread è il modo migliore per aiutare le banche a sostenere l'economia. Ma

è molto difficile che si realizzi.

E gli Abs? Draghi ha auspicato che il mercato si consolidi in tempi rapidi.

Liquidità ce n'è già molta, ma certamente più ce n'è e meglio è.

E se a comprare fosse direttamente la Bce? Per le banche, in particolare quelle italiane cariche di Non

performing loans, sarebbe un'opportunità in più.

Lasciamo che ad acquistare siano anzitutto i privati, poi si vedrà. Anche perché a noi servono mercati veri,

strutturali, non creati artificialmente e per questo destinati a chiudere non appena cessano gli acquisti.

@marcoferrando77

© RIPRODUZIONE RISERVATA

GLI INVESTIMENTI DI BLACKROCK Il fondo Usa al 5,75% di Mps

Sul Sole 24 Ore di ieri l'intervista ad Andrea Viganò, responsabile per l'Italia del colosso americano

BlackRock: l'asset manager Usa, che gestisce 4.300 miliardi di dollari in tutto il mondo, ha rilevato una quota

del 5,75% in Mps. La strategia nel Paese è chiara, «compreremo ancora - dice Viganò - ma mai per

destabilizzare».

Foto: Al vertice del Monte Paschi. Il presidente Alessandro Profumo

05/04/2014 19.21Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 152

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VERSO IL DEFStretta anche su personale delle authority e spa locali - Nel mirino i costi di Inps e Inail Tagli, piano da 5 miliardi Ma Renzi frena sulla sanità e cerca coperture alternative Marco Rogari Il governo prepara tagli alla spesa per almeno 4,7-5 miliardi nel 2014, per trovare la copertura al decreto sul

cuneo fiscale, che arriverà dopo il varo del Def atteso la settimana prossima. Nel mirino pubblico impiego,

organi costituzionali, incentivi alle imprese, ma anche società partecipate, authority, Inps e Inail. Il premier

Matteo Renzi è già rientrato a Palazzo Chigi: frena sui tagli alla sanità, cerca coperture alternative.

Rogari e Turno u pagina 3

ROMA

Un pacchetto di tagli alla spesa da almeno 4,7-5 miliardi nel 2014. Con interventi anche di tipo semi-lineare

soprattutto per quest'anno ma comunque all'interno di un programma di spending review triennale da 28-30

miliardi. È questo il mandato che avrebbero ricevuto negli ultimi giorni i tecnici del Governo per allestire il

sistema di coperture del decreto taglia cuneo fiscale. Con un'incognita: l'intervento sulla sanità. Al ministero

dell'Economia è stato valutato un taglio, in gran parte lineare, fino a 2,5 miliardi nel 2014 redistribuendo

comunque almeno un miliardo all'interno del sistema sanitario. Ma Palazzo Chigi frena e assicura che non ci

saranno tagli lineari sulla sanità e che si procederà con interventi mirati in altre direzioni. Per centrare

l'obiettivo dei 5 miliardi di risparmi potrebbe essere rafforzata l'operazione sul pubblico impiego, che poggia

sul taglio degli stipendi dei dirigenti pubblici e, in generale, delle retribuzioni sopra i 70mila euro.

Un'operazione da cui potrebbero essere ottenuti 2,5 miliardi in via strutturale.

Il decreto sul taglio del cuneo arriverà attorno al 15 aprile dopo il varo del Def atteso per la prossima

settimana. Tra i settori nel mirino, oltre a pubblico impiego, organi costituzionali e incentivi alle imprese,

anche le società partecipate e le Authority che già quest'anno potrebbero essere interessate da misure

"restrittive" sul personale. Nel menù dei tagli ai trasferimenti e alle spese di funzionamento compaiono anche

Inps e Inail. Probabile un giro di vite, oltre che sugli enti inutili, su Caf e patronati. Tra le opzioni sul tappeto

anche una stretta, seppure in versione soft, agli enti locali.

I tecnici lavoreranno anche oggi per apportare le ultime limature al Def. Anche Matteo Renzi ieri pomeriggio

ha interrotto il fine settimana in famiglia a Pontassieve per rientrare a Palazzo Chigi. Oltre che a sciogliere gli

ultimi nodi del Documento di economia e finanza il premier deve fare i conti con le tensioni, anche con alcuni

ministeri, per i tagli in arrivo. Def e dintorni, dunque, col contorno delle nomine nelle partecipate, sono partite

cruciali per Palazzo Chigi, dove anche oggi Renzi continuerà a lavorare affiancato da Graziano Delrio e Luca

Lotti.

Lo stesso Def anticiperà gli obiettivi di riduzione della spesa pubblica a livello pluriennale e delineerà le linee

guida della spending review. Per le singole "poste" e per la calibratura dei tagli di spesa occorrerà però

attendere il decreto sul bonus Irpef da 80 euro mensili in busta paga. Il Governo ha insomma altri 10 giorni di

tempo per affinare il sistema delle coperture che sta prendendo forma sulla base del dossier Cottarelli, ma

con alcuni correttivi, che dovrebbero consentire di far alzare l'asticella della spending dai 4 miliardi individuati

nei giorni scorsi a via XX settembre a quota 4,7-5 miliardi come auspicato da Palazzo Chigi.

L'obiettivo minimo di risorse da recuperare dal pubblico impiego è di 700 milioni l'anno. Anche se questa

dote potrebbe salire. Tra gli interventi in cantiere il taglio progressivo sugli stipendi sopra i 70mila euro. Un

taglio che, con l'adozione di un meccanismo ad hoc, dovrebbe essere esteso già quest'anno anche al

personale delle Authority e delle società partecipate. In entrambi i casi nel 2015 dovrebbe prendere il via un

intervento di riordino. Dovrebbe poi scattare il tetto agli stipendi dei dirigenti pubblici. Due le ipotesi che si

stanno valutando. L'ultima in ordine cronologico prevede un tetto per le figure apicali (capi dipartimento o

segretari generali) in linea con quello del primo presidente di Cassazione (311mila euro annui). Allo stesso

tempo lo stipendio dei dirigenti di prima fascia e seconda fascia dovrebbe risultare inferiore rispettivamente

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 153

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del 25% e del 60% rispetto a quello del capo dipartimento o del segretario generale (a prescindere dal suo

importo). La seconda ipotesi è quella del tetto allineato alla retribuzione del Capo dello Stato.

Quanto agli altri tagli, la Difesa dovrebbe contribuire nel 2014 con 3-500 milioni. Un giro di vite per 7-800

milioni scatterà sugli acquisti di beni e servizi, convenzioni ospedaliere comprese. Il taglio dei trasferimenti o

la predeterminazione di budget ridotti per le Camere, il Quirinale, la Corte costituzionali e altri organi di

rilevanza costituzionale potrebbe fruttare 2-400 milioni. Da 700 milioni a 1 miliardo dovrebbero poi arrivare da

altri interventi, come la razionalizzazione degli incentivi alle imprese (cominciando dalle aziende di

autotrasporto) e la stretta su Inps e Inail.

© RIPRODUZIONE RISERVATALe misure allo studio SANITÀ Secondo le valutazioni dei tecnici, la sanità

potrebbe essere interessata da un intervento che va dai 2 ai 2,5 miliardi di euro. Ma Palazzo Chigi frena

PUBBLICO IMPIEGO Altri 700 milioni l'anno - ma potrebbero essere di più - arriverebbero dal pubblico

impiego: taglio progressivo su stipendi sopra 70mila € DIFESA Nelle ipotesi del governo, il settore della

Difesa dovrebbe contribuire alla spending review per il 2014 con 3-500 milioni di risparmi IL TAGLIO 2-2,5

mld LA RIDUZIONE

700 mln IL CALO 300-500mln BENI E SERVIZI Un giro di vite per 7-800 milioni scatterà sugli acquisti di beni

e servizi della pubblica amministrazione, convenzioni ospedaliere comprese LA STRETTA 800 mln ORGANI

COSTITUZIONALI Il taglio dei trasferimenti o i budget ridotti per le Camere, il Quirinale, la Corte costituzionali

e altri organi costituzionali potrebbe fruttare 2-400milioni IL DECREMENTO 200-400mln ALTRI INTERVENTI

Da 700 milioni a 1 miliardo dovrebbero poi arrivare da altri interventi. A partire dalla razionalizzazione degli

incentivi alle imprese I RISPARMI 1 mld

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 154

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L'ANALISI Perché bisogna prevenire la deflazione Carlo De Benedetti Chiunque abbia sofferto di coliche sa bene che conviene prendere una massiccia dose di analgesico ai primi

segnali di dolore se si vuole evitare una sofferenza acuta e duratura. La stessa cosa accade con la

deflazione. Occorre prevenirla alle prime avvisaglie perché una volta che ha preso piede diventa molto

complicato scongiurarla e fa molto, davvero molto male.

Carlo De Benedetti

Chi ha un po' di dimestichezza con le dinamiche dell'economia queste cose le sa. E certamente le conosce

bene un banchiere centrale esperto e preparato com'è il nostro Mario Draghi. Tuttavia ancora una volta

l'Eurotower ha deciso di prendere tempo prima di mettere in campo il suo arsenale contro la deflazione.

Certo, Draghi ha fatto capire che Francoforte ha finalmente preso atto del pericolo e che è pronta a

intervenire. Ma cosa si aspetta ancora?

Sono mesi che i più accorti tra gli analisti denunciano il progressivo sprofondare dell'Europa nella deflazione.

Finalmente il 29 marzo scorso quel rischio ha fatto la sua comparsa sulla prima pagina del Financial Times:

«Lo spettro della deflazione nella eurozona è alle porte». In effetti l'inflazione nell'eurozona in marzo è

risultata essere dello 0,5% anno su anno rispetto allo 0,7% di febbraio. Anche negli Stati Uniti l'inflazione sta

scendendo. Il tasso di inflazione sui consumi personali in febbraio è sceso a 0,9% rispetto all'1,2% di

gennaio. E l'ultima previsione di inflazione in Cina è scesa al 2%, quasi la metà del target fissato del 3,5%.

Dunque, Stati Uniti, Europa e Cina si trovano con un'inflazione inferiore alle previsioni e i primi due anche

con una inflazione già sotto l'1%. Per questo la deflazione non è un'ipotesi, ma una realtà alle porte.

Ripeto: cosa si aspetta allora a intervenire? Non c'è alcuna ragione economica per rinviare ancora l'adozione

di misure straordinarie come un massiccio quantitative easing. Nessuna ragione "razionale", perché se poi

vogliamo analizzare le spinte psicologiche profonde in chi è portatore di traumi inflazionistici storici si

potrebbe andare molto lontano. E tuttavia dietro la prudenza del vertice della Bce ci sono anche ragioni molto

meno profonde e raffinate: ci sono le contingenti esigenze politiche di chi, in Germania e nel Nord Europa,

non vuole rischiare contraccolpi nelle urne delle prossime elezioni europee.

Dietro il vessillo del rigorismo monetario della Bundesbank, si celano in realtà proprio quelle spinte di natura

politica - anche se di segno opposto evidentemente - che vengono attribuite a chi oggi chiede una strategia

da parte della Bce di allargamento della base monetaria. Tant'è che tutti sanno che il dossier del Qe si

riaprirà inevitabilmente proprio dopo le elezioni europee. Con il rischio concreto, però, di arrivare tardi,

quando lo sforzo necessario da parte della Bce dovrà essere ancora maggiore e di esito più incerto.

È una verità, questa, che va denunciata subito. Le ragioni politico-elettorali di chi sente di dover tenere a

bada un'opinione pubblica che nella crisi ha smarrito i valori della solidarietà europea rischiano di produrre un

ritardo esiziale nella risposta europea alla deflazione. Rinviare le scelte, trascurando i segnali ormai evidenti,

rende la deflazione più probabile e più aggressiva. Come insegna del resto l'esperienza giapponese degli

anni '90: anche l'Ocse fino al 1994 prevedeva per il Giappone una inflazione allo 0,6%, si tardò così a reagire

ed esplose la grande deflazione nipponica.

La deflazione, infatti, è un mostro che si auto-alimenta sulla base delle aspettative. Quando i prezzi

cominciano a scendere gli acquisti vengono rinviati, non solo perché si attendono prezzi migliori, ma perché

conviene tenere il capitale investito in titoli a lungo termine, che rendono ai tassi attuali il 2,5-3%. Gli interessi

reali crescenti, poi, scoraggiano gli investimenti innescando la spirale minor investimento/minor crescita che

porta inesorabilmente la deflazione ad accelerare.

Per contrastare questi meccanismi non può bastare una conferenza stampa e neppure è sufficiente lasciar

circolare sulla stampa di mezza Europa l'ipotesi di un acquisto di titoli nell'ordine di mille miliardi. Serve che

questa iniezione di liquidità venga operata subito.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 155

Page 156: ANIEM · 2015. 7. 21. · INDICE ANIEM 05/04/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale 12 06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

Non è un caso se l'unica banca centrale che si è data l'obiettivo di raggiungere il 2% di inflazione è quella

giapponese. È il classico caso di chi, essendo caduto a suo tempo nella trappola della caduta dei prezzi,

considera quel rischio di carattere prioritario.

Ma oggi tutti i policy makers, europei e non solo, dovrebbero condividere questa priorità e coordinarsi per

uno sforzo globale per combattere la possibilità di deflazione. Senza più indugi, senza quelle prudenze,

dettate da calcolo politico, che stanno davvero mettendo a rischio il futuro dell'Europa.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 156

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La prima opzione di Francoforte per aumentare la liquidità e far risalire i prezzi Bce, il programma di acquisti rilancia le cartolarizzazioni Alessandro Merli Il piano Bce di acquisti di titoli e iniezione di liquidità per combattere un'inflazione troppo bassa potrebbe

partire dal mercato delle cartolarizzazioni, soprattutto quelle legate a prestiti alle piccole e medie imprese.

L'acquisto di titoli del debito pubblico pone infatti alcuni problemi giuridici che la Bce per il momento preferisce

evitare. Il vicepresidente Vitor Constancio: «Pronti ad agire quando è necessario».

Merli, Da Rold, Monti u pagina 5

FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente

Le dichiarazioni del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, prima, e di quello della Banca centrale

europea. Mario Draghi, poi, sulla possibilità che la Bce usi acquisti di titoli, pubblici e privati, per combattere il

pericolo di una prolungata inflazione bassa hanno attizzato la speculazione di mercato su come questi

interventi potrebbero avvenire. Anche se la prospettiva di un "quantitative easing", come ha ribadito ieri a

Cernobbio il vicepresidente della Bce, Vitor Constancio, non è imminente. E i banchieri centrali preferirebbero

evitarla, se non costretti da un ulteriore calo dell'inflazione.

La scelta più ovvia sarebbe acquistare titoli del debito pubblico, un enorme mercato, molto liquido, in grado

di supportare senza eccessive distorsioni anche operazioni per mille miliardi di euro, la cifra di cui si è parlato

in questi giorni a titolo di simulazione. Un programma di questo genere riporterebbe il bilancio della Bce sopra

i 3mila miliardi di euro, vicino al picco toccato nella fase acuta della crisi. La principale incognita sarebbe

come ripartire gli acquisti: evitando di concentrarsi solo sui Paesi in difficoltà, la Bce potrebbe comprare titoli

sulla base del prodotto interno lordo dei diversi Paesi, o della suddivisione del capitale della Bce stessa.

Nell'uno e nell'altro caso, gli acquisti maggiori si concentrerebbero sul debito dei Paesi meno rischiosi,

ovviando in parte alla critica secondo cui i Paesi "virtuosi" sussidierebbero quelli in difficoltà. Tuttavia, i dubbi

legali, derivanti dal divieto di monetizzare i deficit, non sarebbero del tutto risolti, anche se sono minori che

nel caso del piano Omt impugnato alla Corte costituzionale tedesca. Un'altra causa in quella sede appare

inevitabile. Weidmann ha osservato che tali questioni non scompaiono solo perché viene acquistato anche

debito di Germania o Francia.

Il presidente della Bundesbank e lo stesso Draghi hanno espresso più o meno esplicitamente la loro

preferenza per l'acquisto di titoli privati. In questo caso, il problema è quello delle dimensioni del mercato.

Secondo la Bri, solo il 6,5% di tutto il debito esistente nell'eurozona è emesso da imprese non finanziarie. La

Bce è peraltro riluttante a prendersi in carico il rischio di obbligazioni societarie.

Draghi ha insistito molto sulla possibilità di rilanciare il mercato delle cartolarizzazioni (Abs), soprattutto

quelle legate a prestiti alle piccole e medie imprese. Ciò richiederebbe tuttavia un cambiamento dei requisiti

patrimoniali, che al momento rendono queste operazioni non convenienti per le banche. Il presidente della

Bce ha annunciato un'iniziativa imminente con la Banca d'Inghilterra, dato che i tassi d'insolvenza sulle

cartolarizzazioni europee (1,1% a partire da metà 2007, contro il 15% negli Stati Uniti) giustificherebbero una

riduzione dei requisiti. Le insolvenze (al 5,5%) sono però più alte per gli Abs supportati dai prestiti alle Pmi.

La rinascita delle cartolarizzazioni, accusate di essere uno degli strumenti che hanno aggravato la crisi

finanziaria globale, potrebbe mitigare la stretta creditizia tuttora in corso (anche a febbraio il credito alle

imprese si è contratto del 3%) in quattro modi, secondo un'analisi di Goldman Sachs: fornire alle banche le

risorse per raccogliere fondi direttamente dagli investitori; liberare capitale delle banche per maggiori

impieghi; offrire agli investitori un'esposizione diversificata al credito e sviluppare un sistema maggiormente

basato sui mercati dei capitali, una differenza rispetto agli Stati Uniti sottolineata anche da Draghi. Resta il

problema degli importi, assolutamente inadeguati ad avere un impatto significativo. Le emissioni di Abs legati

ai prestiti alle Pmi sono state di 19 miliardi di euro nel 2013 e anche al picco del 2011 arrivavano appena a 60

miliardi. Gli Abs complessivamente in circolazione sono 716 miliardi di euro, di cui 300 già dati in garanzia

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 157

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alla Bce. Fare il Qe escludendo gli acquisti di debito pubblico appare un'impresa ardua.

© RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Abs La sigla sta per asset-backed securities, o

«obbligazioni garantite da attività». Si tratta di strumenti obbligazionari cartolarizzati garantiti dagli asset

dell'ente che li emette. Il processo di emissione è questo: banche, imprese o pubbliche amministrazioni

creano società «special purpose vehicle» (Spv) cui conferiscono i propri crediti, come prestiti, finanziamenti, o

mutui ipotecari contratti con i clienti (asset che altrimenti sarebbero illiquidi e difficilmente negoziabili). Le Spv

emettono obbligazioni usando a garanzia proprio i crediti così conferiti. Lo spettro della deflazione e le

possibili soluzioni In cerca di un antidoto al calo dei prezzi L'INFLAZIONE NELL'EUROZONA Variazione

percentuale annua dei prezzi al consumo Dati in milardi di euro LE CARTOLARIZZAZIONI IN EUROPA

Emissioni 711 nel 2008 180* Stock 1.500 30% 19% 12% 12% 27% 30% 19% 12% 12% 27% ITALIA Olanda

Regno Unito Germania Altri Olanda Regno Unito ITALIA Spagna Altri stime Fonte: Eurostat di cui 19 miliardi

di prestiti alle Pmi Fonte: Goldman Sachs +0,2 / 0,8% L'impatto di un intervento di quantitative easing da

1000 miliardi di euro sull'inflazione annua

Foto: Lo spettro della deflazione e le possibili soluzioni

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 158

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INTERVISTAFrancesco BocciaPresidente commissione Bilancio Camera «Sbagliato tornare a quelli lineari» «Servono interventi dal chiaro segno redistributivo. O si rischia Davide Colombo ROMA

La componente di tagli lineari che si prefigura tra le coperture del decreto Irpef potrebbero avere un pesante

effetto deflattivo. Per evitarlo serve una manovra «di chiara portata redistributiva, altrimenti noi qui

ammazziamo il cavallo, atterriamo la già fragile ripresa in corso». Parla Francesco Boccia, 46 anni,

presidente della Commissione Bilancio della Camera, l'organismo parlamentare che per primo dovrà

esaminare sia il Def sia il decreto in preparazione.

Presidente, lei conferma la portata degli interventi in preparazione?

Si parla di tagli fino a 5 miliardi sulla spesa corrente per la parte restante dell'anno. Il rischio di innescare una

spirale deflattiva è altissimo. Per questo dico che dobbiamo evitare tagli fatti come nel recentissimo passato.

Siamo a un passo dalla deflazione, lo è l'eurozona. Ma il nostro Paese sconta una vulnerabilità maggiore.

L'intervento, annunciato da Mario Draghi, di allargamento della base monetaria con misure non convenzionali

per mille miliardi lo conferma. Bisogna agire con il massimo di selettività e, ripeto, con l'obiettivo di ottenere

effetti chiaramente redistributivi.

Una manovra redistributiva. Ma come?

Faccio qualche esempio: sugli stipendi del pubblico impiego serve un patto politico. I tagli progressivi per tre

anni devono interessare solo il 15% che si trova sopra i 70-75mila euro lordi. Metà dei risparmi, 1-1,2 miliardi,

per le coperture Irpef e il resto per finanziare l'operazione della staffetta generazionale, come l'ha chiamata il

ministro Madia, con un ricambio di personale vero. Nel patto bisogna prevedere un posticipo di 4-5 anni per il

pagamento del trattamento di fine rapporto, quando gli interessati maturano i requisiti pensionistici pieni. E

aggiungo: il prelievo triennale progressivo deve valere per tutte le società controllate e tutte le authority,

Bankitalia compresa, altrimenti non ci siamo con i numeri.

Sulla sanità si può arrivare a 2 miliardi?

Si deve garantire una riqualificazione della spesa che, come dimostrano i risultati della nostra indagine

conoscitiva, è costantemente danneggiata dai tagli lineari. Se arrivano 80 euro in busta paga e nuovi ticket

indiscriminati non va bene.

Si annunciano minori trasferimenti anche agli organi costituzionali.

Bene. Ma fuori dalla demagogia. Io riproporrò il passaggio dei trattamenti pensionistici pagati da questi

organi a un fondo di gestione Inps. Così scopriremo che il costo di funzionamento della Camera scende

immediatamente di oltre un terzo.

Dopo l'Irpef arriverà il taglio del 10% dell'Irap.

Esatto. E in quel caso bisogna coprirlo con la totale cancellazione degli incentivi alle imprese come li

abbiamo visti funzionare fino a oggi: vanno aboliti tutti i bandi ministeriali e regionali. Anche qui serve una

logica redistributiva: non dare qualcosa a chiunque e in tutti i settori, che poi significa premiare solo certe

grandi industrie, ma solo crediti d'imposta automatici a chi investe in ricerca e sviluppo o a chi fa nuove

assunzioni. Si deve avere il coraggio di realizzare un'operazione di grande rottura.

E il prelievo sulle rendite?

Sarebbe più corretto usarlo per coprire l'Irpef, non l'Irap: quella è giusta redistribuzione. L'intervento va

accompagnato dall'abolizione dell'imposta di bollo sui conti titoli dello 0,2% che pagano soprattutto i piccoli

risparmiatori, i nettisti. In quel caso l'aumento di aliquota dovrebbe fermarsi al 23%, non al 26%. Comunque il

gettito di 2,6 miliardi è sovrastimato.

@columbus63

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 159

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Foto: AGF

Foto: Francesco Boccia

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 160

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L'ESAME DELLA COMMISSIONE UE Sotto gli occhi di Bruxelles Chiara Bussi Superata la fatica del Def, che verrà presentato domani, gli esami per il governo non finiscono qui. Con l'invio

del documento a Bruxelles parte il semestre europeo, con l'occhio vigile della Commissione Ue sui conti

pubblici e sui progetti di riforma. La prima pagella arriverà il 2 giugno.

Servizio u pagina 5

con un'analisi di Dino Pesole Da un lato le compatibilità imposte dal quadro di finanza pubblica, in un anno

che comunque si chiuderà con

un modesto incremento del Pil, stimato attorno allo 0,8 per cento. Dall'altro, i vincoli europei che andranno

comunque rispettati, così da aprire la strada alla trattativa che partirà in autunno per spuntare margini di

flessibilità sul timing di rientro dal debito. Il «Documento di economia e finanza», che il governo si accinge a

presentare in Parlamento e a Bruxelles, si muove entro margini che andranno conquistati metro dopo metro.

Gli intendimenti programmatici e le nuove stime macroeconomiche rappresentano la cornice indispensabile,

entro cui collocare l'intera strategia di politica economica del Governo. Poi saranno i singoli provvedimenti,

con in testa l'imminente decreto che fisserà tempi e modalità per il taglio di 6,6 miliardi dell'Irpef per i redditi

fino a 1.500 euro, a rendere operativi tali intendimenti. Un percorso che comincia adesso e che di fatto

impegnerà il governo per l'intero anno, fino alla presentazione della prossima legge di stabilità a metà ottobre.

A giugno saranno prima la Commissione europea, con le rituali raccomandazioni, poi il Consiglio Ecofin ad

esprimersi nel merito degli indirizzi programmatici annunciati dal governo. È la procedura prevista dal

cosiddetto semestre europeo, che ha introdotto una sorta di coordinamento ex ante delle politiche

economiche degli stati membri, con indirizzi e raccomandazioni che (almeno sulla carta) diventano cogenti

per la predisposizione delle singole leggi di bilancio. La consultazione con Bruxelles di fatto è costante, anche

se quest'anno la trattativa vera e propria sugli auspicati margini di flessibilità non potrà che produrre risultati

prima del prossimo autunno, quando si insedierà la nuova Commissione europea. Ma già a fine maggio, alla

luce dei risultati delle prossime elezioni per il Parlamento europeo, sarà possibile immaginare in quale

direzione potrà evolvere il dibattito politico(in corso per ora solo a livello di erratiche e a volte contraddittorie

dichiarazioni d'intenti) per dar corpo a una nuova disciplina di bilancio nell'eurozona.

In attesa di questi due passaggi fondamentali per l'intera Unione europea, il Governo dovrà giocare le sue

carte con estrema prudenza. È vero che la discesa dello spread fino ai 160 punti di base di venerdì scorso,

con il rendimento dei Btp decennali al 3,15%, minimo storico dall'introduzione dell'euro, colloca l'intera

gestione dei conti pubblici su un sentiero di maggiore tranquillità. Al tavolo della trattativa europea, il governo

potrà altresì far valere il fondamentale atout di un avanzo primario (il saldo al netto degli interessi) che alla

fine del triennio 2014-2017 dovrebbe attestarsi nei dintorni del 4% del Pil. Al tempo stesso però, occorre

garantire il rispetto dei vincoli introdotti dal nuovo articolo 81 della Costituzione: equilibrio di bilancio fino al

raggiungimento del pareggio, con annesso il profilo discendente del debito secondo quanto previsto dal

«Fiscal compact». Non si potrà dunque abbassare la guardia. Il deficit strutturale, al netto delle variazioni del

ciclo economico e delle una tantum, dovrà ridursi fino a raggiungere appunto il pareggio. Obiettivo che

dovrebbe essere conseguito tra il 2015 e il 2016. In un quadro di compatibilità così articolato, c'è tuttavia

ampio spazio per politiche mirate in direzione della crescita, a patto naturalmente che ogni maggiore spesa o

minore entrata siano adeguatamente coperte.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 161

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I GIORNI DEL «DEF» Dalle trappole dei conti si esce solo con la crescita Fabrizio Galimberti Il nodo riforme-austerità-meno imposte-meno spese-Def-Pnr è aggrovigliato e nel triangolo Roma-Bruxelles-

Voghera (dove Voghera sta per famiglie e imprese d'Italia) rimbalzano proposte, esami, giudizi, speranze,

calcoli, attese. Ma una cosa è certa, ed è sempre più certa: il vero problema dell'Italia non è nello spread o

nelle complicate regole del Fiscal Compact o nei deficit o nei debiti. Il vero problema è la crescita: con la

crescita tutto si risolve, senza crescita tutto si aggrava.

Il dramma dell'economia italiana si svolge su due piani. Il primo è quello che sta in superficie e cattura le

prime pagine dei giornali o le aperture dei telegiornali: la spending review, le pensioni d'oro o d'argento, gli 80

euro in busta paga, la deflazione, i margini del 3% e gli incontri dell'Ecofin. Il secondo, sotterraneo ma

cruciale, è quello che vede il gran corpaccio dell'economia leccarsi le ferite e tentare di risollevarsi con le

proprie forze. Che cosa succede nelle correnti profonde della congiuntura e della struttura? È possibile,

librandosi sopra il frastuono degli annunci e dei provvedimenti, scorgere segnali positivi nell'economia e nella

società?

Questi segnali ci sono, e vengono da lontano. Il Governo Renzi non ne ha merito, ma - la fortuna aiuta gli

audaci - si trova al momento giusto per goderne i frutti. Non solo: ha saputo trovare la nota giusta - il piglio,

l'infusione di fiducia, la sensazione di una ripartenza - per raccogliere questi segnali e mantenerli accesi; a

patto, naturalmente, di saper accompagnare questa faticosa risalita con le politiche adeguate.

Ma dove sono questi segnali? Una rondine non fa primavera, è vero. Ma le rondini cominciano a essere più

di una per annunciare i germogli della ripresa. Una ripresa di cui l'economia italiana, stremata da lustri di

crescita zero se non da regressi, ha bisogno come del pane. E di questi germogli elenchiamo a parte un

consolante catalogo.

Fabrizio Galimberti

Prima di guardare ad avvisaglie e prospettive, una considerazione preliminare. La crescita economica - non

se ne abbiano gli economisti puri che affastellano equazioni e modelli - rimane un mistero. Perché un Paese

è povero e un altro ricco, perché un Paese cresce e un altro ristagna? Sono domande, queste, che

rimangono elusive, nel senso che non trovano spiegazioni esaurienti. Mentre è possibile determinare con

precisione la temperatura alla quale l'acqua comincia a bollire, non è possibile determinare con precisione il

momento in cui un Paese inizia il decollo. Sulla perfomance dell'economia giocano tanti fattori non

strettamente economici: dalla qualità delle istituzioni alle infrastrutture fisiche e giuridiche, dalla mentalità alla

cultura, dalle spinte vitali ai venti d'Oltralpe.

Per questo, in un Paese come il nostro afflitto da tanti deficit - di struttura e di congiuntura, di istituzioni e di

capitale umano, finanziari e reali... - le rondini della ripresa non sono da avvistare solo negli indicatori

tradizionali. L'Italia non cresce anche perché è un Paese vecchio (l'età media è fra le più alte del mondo) e

stanco: c'è una dose di rassegnazione, di sfiducia nel futuro che tiene a freno le propensioni a consumare e a

investire. Ma allo stesso tempo, un Paese e un'economia non sono scolpiti nella pietra: sono organismi vitali,

che conservano la capacità di reagire agli stimoli. E quando la prostrazione, sedimentata lungo anni di

stagnazione, raggiunge livelli che minacciano la vita stessa delle imprese, scatta l'istinto di sopravvivenza e

gli "spiriti animali" cercano nuove vie.

La parte migliore del nostro apparato produttivo - il settore esportativo - ha reagito ed è grazie a esso che la

nostra economia ha potuto limitare i danni. Ma intanto sono andati migliorando anche altri aspetti importanti.

In campo politico c'è stato un rimescolamento delle carte: a destra come a sinistra l'offerta politica sta

cambiando. Solo il tempo dirà se questo cambiamento è positivo o negativo, ma, dopo tanto immobilismo, il

cambiamento è comunque da apprezzare. Le grandi imprese pubbliche hanno migliorato efficienza e

redditività; anche ex carrozzoni come Poste e Ferrovie sono usciti dal tunnel e fanno utili. La lotta all'evasione

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 162

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si fa sul serio e c'è una crescente consapevolezza del merito (e non delle relazioni) come fattore

discriminante nelle scelte.

Su questi miglioramenti strutturali (e il cielo sa quanto siano ancora parziali e quanto ci sia ancora da

lavorare) e su questa "aria nuova" della politica si sono innestati quei fattori positivi della congiuntura che

vengono da lontano. Un "lontano" che ha due dimensioni. Una dimensione geografica: l'economia

internazionale sta migliorando, con un'America che consolida la ripresa, una Germania che tira in Europa e

un resto del mondo che, malgrado il rallentamento in Cina (dal 9 al 7% annuo - sì, per loro è un

rallentamento!) continua a crescere. E una dimensione interna: la tenuta delle esportazioni si accompagna a

sprazzi di luce nella domanda interna. Il mercato delle auto migliora, le banche vedono accrescersi la

domanda di mutui (e le rinegoziazioni dei mutui lasciano più potere d'acquisto nelle tasche dei mutuatari), e il

tessuto produttivo vede più ordini e più domanda.

Tutto bene, allora? L'economia italiana è davvero giunta al punto di svolta? C'è una lettura più cinica e meno

consolante della temperie attuale. Un disincantato Machiavelli direbbe che quando un Paese è malato

cronico - e il reddito pro-capite in Italia non cresce da tre lustri - vuol dire che c'è qualcosa che non funziona

nel profondo. Ci può essere allora, storicamente, uno stadio in cui il Paese striscia e soffre e non vede vie

d'uscita. Poi, un giorno, si profila all'orizzonte qualcosa di nuovo, un leader giovane e dinamico che promette

di tirar fuori il Paese dalla morta gora. Segue l'approvazione e il risveglio e la speranza. Ma i mali del Paese

stanno, come detto, nel profondo: il declino è secolare, come nel Seicento. Non può essere ovviato da una

sola persona, per quanto effervescente. Allora, la "fiammata nella padella" (come dicono gli anglosassoni)

presto o tardi si rivela tale. E il Paese finisce per tornare nella prostrazione.

Dobbiamo dar fede alla lettura ottimistica o a quella cinica? Oggi è d'obbligo la speranza e la fiducia. L'Italia

ce l'ha fatta in passato e ce la può fare ancora. E la "congiunzione astrale" di segnali positivi - interni e

internazionali, congiunturali e strutturali, della politica e della società - fa pensare che l'economia italiana sia

ormai vicina a cambiare il passo.

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LA PAROLA CHIAVE Beni durevoli I beni di consumo durevoli includono, tra gli altri, la fabbricazione di

apparecchi per uso domestico, la fabbricazione di mobili, motocicli, la fabbricazione di apparecchi per la

riproduzione del suono e dell'immagine. Si tratta di beni che hanno una funzione produttiva e durano un

ragionevole lasso di tempo.

Gli ordinativi di beni durevoli sono un dato che fotografa il futuro produttivo delle aziende.

Le «rondini» del risveglio STAZIONI DI SERVIZIO +0,9% Autogrill segnala un incremento delle vendite nelle

prime nove settimane del 2014 CARBURANTI +0,3% Aumento del consumo di benzina e gasolio a febbraio

2014 MOTO +10,2% Vendita di moto e scooter a febbraio 2014 DIVANI +5,0% Aumento delle vendite nel

primo trimestre del 2014 BENI DI CONSUMO +3,5% E' l'aumento del fatturato dell'industria dei beni di

consumo a gennaio 2014 FIDUCIA DEI CONSUMATORI L'indice ha segnato un incremento deciso a marzo

rispetto a 97,7 di feb. 100 98 102 101,7 97,7 CONSUMI FUORI CASA +3,1% E' il vantaggio di fatturato

dell'area cash&carry (vendite a bar, ristoranti, eccetera) su iper e supermercati a marzo 2014 AUTOSTRADE

+0,7% Aumento del traffico sulle autostrade nelle prime nove settimane del 2014 CALZATURE +5,0%

Aumento delle vendite registrate a marzo 2014 MUTUI +9,6% Aumento delle domande di mutui da parte

delle famiglie a marzo 2014 CONSUMI FAMIGLIE +0,6% E' la stima relativa al 2014, dopo un 2013 che ha

fatto registrare una flessione del 2,1% REDDITI FAMIGLIE +1,2% E' l'incremento di reddito reale previsto per

il 2014 AUTO +5,0% Balzo marzo delle immatricolazioni BENI DUREVOLI +4,7% Tra i beni di consumo si

segnala in particolare la performance dei beni durevoli MUTUI +18,5% Aumento delle erogazioni nel bimestre

gen-feb 2014 Fonte: elaborazione del Sole 24 Ore su dati Abi, Autogrill, Crif, Confimprese, Istat, Nielsen,

Promotor e ref.ricerche

Foto: - Fonte: elaborazione del Sole 24 Ore su dati Abi, Autogrill, Crif, Confimprese, Istat, Nielsen, Promotor e

ref.ricerche

07/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 163

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Il governo domani presenta il Def: tra le priorità la riduzione dei costi statali e locali Spesa pubblica senza freni Nel 2013 crescita superiore alla quota dei pagamenti alle imprese Gianni Trovati La spesa di funzionamento della macchina pubblica non si arresta, nonostante le molte tappe della spending

review che hanno caratterizzato gli ultimi anni. Nel 2013, le uscite effettive si sono rivelate superiori del 7,6%

rispetto a quattro anni fa. L'aumento dell'ultimo anno si spiega solo in parte con lo sblocca-debiti, che ha

fornito liquidità alle Pubbliche amministrazioni per i pagamenti: tanto più che in alcuni comparti i «consumi

intermedi», cioè appunto le spese correnti di funzionamento, sono cresciute di più del totale dei pagamenti

(correnti e di conto capitale) sbloccati.

Per trovare davvero le risorse necessarie ai tagli dell'Irpef, quindi, nell'attuazione del Def il Governo deve

cambiare passo rispetto ai tentativi del passato.

Trovati u pagina 4

Non si ferma. Mentre il Governo stringe i bulloni della nuova spending review chiamata, non senza difficoltà,

a trovare le risorse per finanziare i tagli dell'Irpef, cominciano a emergere i numeri sui risultati dei tagli di

spesa nell'epoca pre-Cottarelli. E non sono incoraggianti.

A non fermarsi, appunto, è la spesa pubblica o, per dirla meglio, la spesa considerata "cattiva" da tutti,

ministri, tecnici o commissari, che si sono cimentati nell'impresa di ridurla. Si tratta della spesa per «consumi

intermedi», vale a dire per gli acquisti dei beni e dei servizi che servono a far funzionare la macchina

pubblica.

Le cifre sono quelle ufficiali, offerti dal sistema del ministero dell'Economia che monitora i flussi di cassa di

tutte le Pubbliche amministrazioni (Siope), e segnano un aumento complessivo del 7,6% tra 2010 e 2013. Lo

sblocca-debiti del 2013, naturalmente, ha contribuito a incrementare le uscite liberando vecchi pagamenti

incagliati da anni, e il pagamento degli arretrati è una buona notizia. Da solo, però, non basta a spiegare il

fenomeno, per due ragioni: lo sblocca-debiti si è concentrato in gran parte, soprattutto negli enti territoriali,

sulla spesa in conto capitale, mentre quella utilizzata per i «consumi intermedi» è la più classica delle spese

correnti. Non solo: nel caso dei Comuni, per esempio, hanno liberato pagamenti per 2,7 miliardi, e potevano

essere utilizzate sia per la spesa corrente sia per gli investimenti. Le sole uscite correnti, di cui i «consumi

intermedi» indicati nelle tabelle a fianco sono una parte, sono cresciute invece di 4,2 miliardi. Le dinamiche di

pagamento, misurate dal Siope, sono insomma soggette a diverse variabili, ma un dato emerge con

chiarezza: gli importi dei tagli prodotti dalle manovre di finanza pubblica non si sono tradotti direttamente in

alleggerimenti della spesa di funzionamento delle Pa; a differenza di quanto accaduto in voci più controllabili

come il pubblico impiego, che ha portato alla riduzione degli impegni..

A guardare i meccanismi utilizzati fin qui, il dato non è poi troppo strano. Nel caso degli enti territoriali, in

particolare, i consumi intermedi sono stati usati come parametro per misurare la distribuzione dei tagli, che

però potevano essere compensati con incrementi della pressione fiscale.

Quando si scende nel dettaglio, si scopre poi che queste medie sono alimentate da comportamenti di spesa

molto diversi fra loro. Per gli affitti, ad esempio, i Comuni di Lazio e Abruzzo spendono in media fino a 9-10

volte tanto quelli di Basilicata, Piemonte e Lombardia. Guardando a un'altra voce di spesa, la graduatoria

cambia drasticamente: per la benzina delle auto (non si tratta di quelle «blu», ma delle vetture in uso ai vari

servizi) in Valle d'Aosta si spendono 3.410 euro all'anno ogni 100 abitanti, cioè 14 volte tanto le spese

registrate nel Lazio. Certo, le dimensioni demografiche delle Regioni contano, ma la Basilicata ha meno

abitanti del Trentino Alto Adige eppure i suoi Comuni spendono per la benzina un quarto in termini pro capite.

Sulle spese di funzionamento, insomma, le manovre che si sono succedute negli ultimi anni non hanno avuto

lo stesso effetto incontrato su altre voci di spesa, per esempio quelle di personale, che hanno spinto la stessa

Corte dei conti a parlare di «riduzioni senza precedenti» (riferite al 2011-2012). La sfida, ribadita da Cottarelli,

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 164

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punta a ridurre anche queste uscite con il taglio drastico dei centri di spesa, che oggi sono 32mila e

dovrebbero ridursi a poche decine: una sfida, a ben vedere, scritta in «Gazzetta Ufficiale» fin dal 2011, ma

finora sempre rimandata.

© RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Consumi intermedi I «consumi intermedi»

rappresentano il valore dei beni e dei servizi consumati quali input in un processo di produzione, escluso il

capitale fisso, il cui consumo è registrato come ammortamento: tra essi rientrano tutti i beni e servizi

consumati o ulteriormente trasformati nel processo produttivo posto in essere dall'amministrazione. Sono

«intermedi» perché precedono l'output, cioè lo svolgimento del servizio. Si tratta, in particolare, di spese per

l'acquisto di carta, software e attrezzature d'ufficio in genere, di quelle per le utenze e per le manutenzioni

ordinarie

L'andamento della spesa

GLI OBIETTIVII RISULTATI LE PREVISIONI UFFICIALI La dinamica delle spese di funzionamento (*) nel Def 2013. Valori in

miliardi di euro - (*) Consumi intermediFonte: Def 2013 L'ANDAMENTO DELLA SPESA I pagamenti per gli

acquisti di beni e servizi nei principali comparti pubblici. Valori in miliardi di euro - (*) Escluse le spese per

contratti di servizio (trasporti, rifiuti, riscossione e altri contratti) Fonte: elaborazione del Sole 24 Ore su dati

ministero dell'Economia FUORI CONTROLLO Il ruolo della Consip nelle spese per acquisti di beni e servizi

della pubblica amministrazione. % sul totale - (*) Farmaceutica convenzionata, assistenza convenzionata,

medicina generale Fonte: elaborazione Sole 24 Ore su dati commissario straordinario spending review

SPESE FUORI LINEA: GLI AFFITTI Esempi di differenze territoriali nella spesa per acquisti SPESE FUORI

LINEA: I CARBURANTI Esempi di differenze territorali nelle spese per gli acquisti - (*) Comuni raggruppati

per Regione

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 165

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Arrivano i mini-jobs coperti con i voucher Via al salario minimo Delega in Parlamento: "buoni" più ricchi per i lavori occasionali Niente contratto unico LUISA GRION ROMA. C'è l'obiettivo di assicurare un sostegno al reddito anche a chi oggi non ne ha diritto - come i co. co.

co. - e c'è l'impegno a tutelare la maternità di tutte le donne lavoratrici, anche nel caso in cui il datore di lavoro

non abbia versato i contributi. E' previsto un potenziamento dei voucher, che si vorrebbero sempre più simili

ai minijobs tedeschi. Non c'è invece il contratto unico a tutele crescenti, citato in realtà solo in forma

«eventualmente sperimentale».

Il disegno di legge delega sul lavoro che - assieme al decreto su contratto a termine e apprendistato -

delineerà la riforma targata governo Renzi è appena approdato al Senato, ma i principi che lo guidano già

fanno discutere. Leggendo i sei articoli che lo compongono si scopre infatti che il famoso contratto unico a

tutele crescenti destinato a ridurre drasticamente le numerose forme contrattali (oltre 40) nasce depotenziato.

Se ne prevede un'introduzione eventualmente sperimentale come «ulteriore tipologia» che andrà ad

aggiungersi a quelle già esistenti (pur se semplificate). Un utilizzo che non piace alla minoranza del Pd e che

non va bene nemmeno al sindacato. «E' una proposta puramente teorica, le imprese utilizzeranno il contratto

a termine liberalizzato» ha commentato Guglielmo Loy della Uil.

Depotenziato pure l'obiettivo del salario orario minimo, previsto in forma sperimentale. Le polemiche

investono anche la materia degli ammortizzatori sociali: il disegno di legge stabilisce sì una sorta di Aspi

universale, ma prevede la fine di quella cassa integrazione in deroga per la quale il governo deve ancora

trovare i finanziamenti per coprire l'anno in corso. Non sarà possibile assicurare la cassa integrazione in caso

di «cessazione dell'attività aziendale» (sarà applicata l'Aspi). Previsto anche un potenziamento dei voucher: i

«buoni» legati a prestazioni di lavoro accessorio per attività lavorative discontinue e occasionali (dalle badanti

agli stagionali) oggi hanno un utilizzo limitato, anche perché sottostanno ad un tetto massimo di 5 mila euro. Il

governo vuole rafforzarli, rendendoli possibili per tutte le tipologie di lavoro e alzando quel tetto in modo da

renderli più simili ai mini-jobs tedeschi.

Un capitolo ad hoc è dedicato alla semplificazione dei servizi per il lavoro - sarà istituita, a costo zero,

un'Agenzia nazionale per le politiche occupazionali che collaborerà con l'Inps e sarà incaricata di gestire

l'Aspi - e al riordino delle liste di disoccupazione. Oggi vi s'iscrivono anche molte persone che non cercano un

posto, ma vogliono solo ottenere servizi assistenziali sociali (lo stato di disoccupazione non sarà più

considerato requisito essenziale per averne diritto).

LA DELEGA ASPI UNIVERSALE Il disegno di legge prevede l'estensione degli ammortizzatori sociali anche

per i lavoratori che oggi non ne hanno diritto, come i co.co.co, con l'esclusione degli amministratori e dei

sindaci CONTRATTI L'introduzione di un contratto unico a tutele crescenti è previsto solo «eventualmente» e

«in forma sperimentale» Non andrà a sostituire gli altri, che però saranno riordinati3SALARIO MINIMO Anche

l'introduzione di un compenso orario minimo nelle prestazioni subordinate è prevista in forma sperimentale.

La formula è stata adottata in Germania VOUCHER I buoni lavoro oggi previsti per attività occasionali e

discontinue fino ad un tetto massimo di 5 mila euro saranno potenziati e resi più simili ai mini-jobs utilizzati in

Germania DONNE Il disegno di legge ha per obiettivo l'estensione graduale delle tutele per la maternità a

tutte le lavoratrici. Prevista anche l'introduzione di incentivi al lavoro femminile I fondi per il progetto Garanzia

Giovani La possibile suddivisione delle risorse tra le regioni

FONTE MINISTERO DEL LAVORO * si considerano le provincie di Belluno, Venezia e Rovigo 215,0 milioni

di euro Campania 200,7 Sicilia 200,1 Lombardia 154,0 Lazio 135,2 Puglia 109,3 Piemonte 83,2 Emilia R.

75,9 Calabria 72,8 Toscana 60,8 35,0 32,9 30,5 30 21,7 25,6 Sardegna Abruzzo Marche Liguria Veneto*

Friuli V.G.

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19,3 Basilicata 8,6 Molise 2,6 Valle d'Aosta Umbria

PER SAPERNE DI PIÙ www.palazzochigi.it www.lavoro.gov.it

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 167

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"Piano-lavoro per 900 mila giovani Poletti: a maggio si parte il decreto potrà cambiare e spunta l'idea volontariato L'INTERVISTA ROBERTO MANIA esistenti ma non a sostituirle con l'unico contratto a tutele crescenti. Non c'è nell'agenda del governo la

riapertura del cantiere delle pensioni se non per la parte che riguarda ancora i lavoratori cosiddetti esodati. E

non c'è nemmeno la legge sulla rappresentanza sindacale su cui aveva scommesso in particolare il leader

della Fiom, Maurizio Landini. C'è invece l'ambizioso progetto di estendere a tutti coloro che ricevono un

sussidio e sono in buone condizioni di salute una sorta di servizio civile, un «servizio comunitario» lo

definisce Poletti che aggiunge: «Sono cose che possono cambiare la società italiana. Invece mi fa patire il

fatto di dover discutere se ridurre o meno la durata dei contratti a termine da 36 mesi a 24».

Lei patirà, ma da questo dobbiamo cominciare. Il governo è disposto a ridurre la durata dei contratti a

termine senza causale da 36 mesia 24 come le chiede una parte del Partito democratico? IL primo maggio,

giorno delle festa del lavoro, partirà il piano "Garanzia giovani" che offrirà a tutti i ragazzi tra i 15 e i 25 anni

che hanno terminato la scuola o perso il lavoro, un'opportunità di formazione o di inserimento in un'azienda

entro quattro mesi.

L'annuncia in questa intervista il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. «È una novità straordinaria - dice -.

Nella storia d'Italia non era mai successo che qualcuno si occupasse di un giovane appena uscito dalla

scuola. E il primo maggio ha ovviamente un valore simbolico».

Poletti si dice disposto a rivedere alcuni punti del decreto legge, all'esame del Parlamento, sui contratti a

termine e l'apprendistato, poi spiega che il governo punta a ridurre le tipologie contrattuali attualmente «No.

Ipotizzare questo cambiamento non è assolutamente possibile, dal mio punto di vista.

Una modifica di questo tipo non sarebbe coerente con l'impianto del decreto.E poiché abbiamo detto che

l'impianto del provvedimento non si tocca, devono restare i 36 mesi».

Le otto proroghe per i contrattia termine sembrano effettivamente troppe. Si potranno ridurre? «Ci sono temi

su cui si può ragionare. Il numero delle proroghe ha una sua logica, ma non è un dogma. Dunque se ne può

discutere. Come si può discutere sulla formazione connessa all'apprendistato. Dobbiamo scrivere una norma

compatibile con le regole comunitarie senza contraddire il nostro intento di rendere più semplice l'accesso

all'apprendistato». Ma gli imprenditori saranno ancora obbligati a stabilizzare una percentuale di apprendisti

per poterne assumere altri? «Questo l'Europa non ce lo chiede e io continuo a pensare che non sono le

norme che possono imporre i comportamenti positivi alle imprese. Le norme possono vietare qualcosa e

possono, come fanno già, incentivare le assunzioni a tempo indeterminato di apprendisti e di lavoratori con i

contratti a tempo». Non è contraddittorio avere liberalizzato i contratti a termine con il decreto leggee poi

puntare sul contratto a tutele crescenti nel Jobs act? Alla fine il mercato del lavoro continua ad essere diviso

in due.

«Il nostro obiettivo è semplificare le regole e questo si fa con entrambi i provvedimenti».

Ridurrete il numero di tipologie contrattuali? «Certamente, questo è uno dei nostri obiettivi».

Quali abolirete? «Valuteremo quelli ridondanti, e ce ne sono. Se ne discuterà».

I contratti flessibili interessano soprattutto i giovani. Ha detto che dal primo maggio sarà operativa la

Garanzia giovani.

Come funzionerà? «Un giovane interessato potrà iscriversi sul portale. Verrà poi contattato dagli uffici degli

enti locali o dalle agenzie per l'impiego. Sarà fatto un suo profilo e poi gli verrà offerta un'opportunità. È chiaro

che dietro dovrà esserci tutto il sistema imprenditoriale. Consideriamo la Garanzia giovani il prototipo delle

nostro politiche attive per il lavoro». Quanti sarannoi giovani coinvolti? «Il bacino potenziale è di 900 mila

giovani che nell'arco di 24 mesi riceveranno un'opportunità di inserimento».

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 168

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Probabilmente servirà anche il contributo dei sindacati. Il governo presenterà una proposta di legge sulla

rappresentanza sindacale come chiede Landini? «È un tema molto delicato.

Non è una priorità per il governo. C'è un accordo tra le parti sociali e pensiamo che vada rispettato».

Riaprirete il cantiere delle pensioni per rendere più flessibile l'età per uscire dal lavoro? «Non c'è alcun

cantiere da aprire. Abbiamo ripreso il dossier del ministro Giovannini per garantire una tutela alle persone che

possano trovarsi senza lavoro e senza pensione».

Valuterete l'estensione della staffetta generazionale proposta dal ministro Madia, per il pubblico impiego,

anche nel settore privato? «Non ne abbiamo mai parlato. C'è altro, invece, di cui parliamo: fare in modo che

nessun italiano in buone condizioni di salute che riceve un sussidio per ragioni diverse restia casaa non fare

nulla».

In concreto cosa vuol dire? «Che chi riceve legittimamente un aiuto dalla comunità perché ha perso

temporaneamente il lavoro, sarebbe giusto che offrisse la sua disponibilità per quello che io chiamerei un

"servizio comunitario". Per fare un esempio potrebbe rendersi disponibile a distribuire i pranzi alla Caritas o

assistere gli anziani». Dovrebbe essere obbligatorio? «No. Credo che si debba sperimentare utilizzando la

rete capillare del volontariato in Italia dove ci sono 300 mila associazionie sei milioni di volontari. Rimanere

dentro la comunità, non isolarsi, vuol dire avere più opportunità per ritrovare una occupazione. Il governo può

mettere in campo una banca dati e studiare una forma di assicurazione». La sua proposta assomiglia un po'

ai vecchi lavori socialmente utili.

«Veramente è proprio l'opposto. Con i lavori socialmente utili chi veniva coinvolto, in un lavoro vero o finto,

pensava di aver maturato un diritto ad essere assunto dalla Regione o da altri. Di aver in sostanza maturato

un credito. Qui è il contrario: si "restituisce" qualcosa che per un periodo si è ricevuto dalla comunità a cui si

appartiene».

Foto: UN'OPPORTUNITÀ PER I GIOVANI A sinistra il ministro Giuliano Poletti: pronta la garanzia giovani del

governo Letta

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 169

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Al patto del 9% sei consiglieri Mps e il nuovo ad andrà ai socisudamericani I francesi di Crédit Mutuel escono da Bpm "Solo segnali negativi, è una storia triste" Alessandro Profumo: "LaFondazione ha scelto la stabilità, ma la nostra governance è già al top" Antonella Mansi: "L'accordo a trepotrebbe essere la base per un polo aggregativo" IL RETROSCENA ANDREA GRECO MASSIMO risultato con il minimo sforzo. La Fondazione guidata da Antonella Mansi potrebbe aver blindato

per tre anni, con la tecnica dei veti incrociati, assetti e poltrone dell'amato Monte. Che paradosso: tra 2008 e

2012, regnante sulla città-banca Giuseppe Mussari, la Fondazione s'è dannata a difendere prima il 51% poi il

33% nella banca, e contava quasi nulla. Ora che quelle scellerataggini forzano a vendere un terzo del

capitale Mps, l'ente di Palazzo Sansedoni fa leva sul 2,5% e incide sei pagine dense di futuro. Con il patto di

lunedì e pubblicato ieri con i compratori messicani e brasiliani con cui trattava da mesi, l'ente pone le basi per

avere la maggioranza dei voti assembleari, e così esprimere un suo presidente, più due consiglieri e un certo

presidio sull'istituto secolare. «Ci auguriamo che il patto possa diventare un polo di aggregazione per il futuro

- ha detto la presidente della Fondazione Mps, Antonella Mansi - ma le valutazioni su possibili futuri aderenti

andranno fatte quando conosceremo i nuovi azionisti, dopo l'aumento». Mentre il presidente di Mps

Alessandro Profumo ha detto: «La Fondazione ha fatto una scelta di stabilità perché c'è anche un lock-up,

credo sia un segnale di volontà di accompagnamento della banca». Circa possibili cambiamenti nella

governance Profumo ha aggiunto: «Da due anni la banca ha cambiato moltissimo i modi di funzionamento.

Abbiamo cambiato due volte lo statuto e oggi assicuro che Mps è una best practice nella governance».

Un antipasto dei nuovi assetti si avrà nell'assemblea del 29 aprile per l'esame del bilancio Mps (-1,4 miliardi).

Ma i giochi veri inizieranno a luglio - quando si saprà chi ha messo i 3 miliardi volti a restituire il prestito

pubblico Monti bond - e finiranno ad aprile 2015, quando scadranno i vertici guidati da Profumo e dall'ad

Fabrizio Viola.

I tre pattisti si sono impegnati a non vendere le quote sindacate per un biennio (Btg per 16 mesi), e se la

vedranno con il fondo Blackrock, primo socio al 5,75% che ha ribadito l'ottica di lungo termine e il disinteresse

per poltronee ruoli attivi. Ci saranno poi Axa, partner al 4%, e qualcuno tra gli attuali investitori di corto raggio.

Per loro, molto dipenderà dalla quotazione: dopo il +50% di marzo (ma - 0,39% a 0,283 euro ieri) l'ex

depressa Mps tratta a quasi 1,5 volte il libro tangibile, e i venditori allo scoperto come Algebris, Wellington,

Odey sono tornati a scommettere su una correzione, anche in vista del doppio esame dell'Aqr e dello stress

test Bce, che a novembre dirà se serve nuovo capitale a Siena e in altre 129 banche d'Europa. Davide Serra,

fondatore di Algebris, stima che per allineare le coperture creditizie a quelle di Intesa Sanpaolo il Monte

avrebbe bisogno di un aumento da 6 miliardi; ma la delega assembleare di dicembre parla chiaro: 3 miliardi

«non prima del 12 maggio 2014». Pare più probabile, se deficit patrimoniali emergessero, che siano materia

del 2015, quando spetterà a Fintech e Btg Pactual scegliere se confermare l'ad. MILANO. Il patto sul 9% di

Mps esce allo scoperto, con logiche quasi spartitorie sul governo della banca. Fintech (4%), Fondazione Mps

(2,5%) e Btg Pactual (2%), i tre pattisti, non venderanno per almeno due anni (16 mesi per Btg), onoreranno

l'aumento di maggio - ma non un'eventuale bis futuro - e se prevarranno nella conta assembleare

nomineranno la metà "migliore" del cda Mps, come da statuto. All'ente guidato da Antonella Mansi andrà il

presidente, ai soci messicano-brasiliani l'ad, e la lista unica sarà di sei membri, tre senesi e tre sudamericani.

L'appuntamento è tra un anno, quando scadrà il cda Mps a 12 membri. Ma per far posto subito ai nuovi

investitori il patto s'impegna, «se possibile, a causare le dimissioni» di due consiglieri Mps dei sei che la

Fondazione scelse due anni fa. Mentre a Siena si scalpita, a Milano i soci se ne vanno: in Bpm, dopo l'uscita

di Investindustrial, si azzera dopo un decennio il 6,8% del Crédit Mutuel, alla vigilia dell'assemblea e

dell'aumento da 500 milioni. «Non abbiamo ricevuto un segnale positivo da Bpm, traiamo le conseguenze, è

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 170

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una storia triste», ha detto Jean Jacques Tamburini, capo dei francesi. Sull'addio ha un peso la legge di un

anno fa che vieta di percepire cedole oltre l'1%.

Il nuovo azionariato del Monte dei Paschi *potrebbe scendere al 2,5% dopo l'aumento di capitale di maggio,

poiché per quella quota l'ente ha stretto un patto con Fintech e Btg Pactual sul 9% del capitale ** quota

presunta BLACKROCK FINTECH AXA FONDAZIONE MPS OCH-ZIFF JP MORGAN BTG PACTUAL 5,75%

3,1%* 4,5% 3,0%** 2,5% 4% 2,0% LE TAPPE LUGLIO 2011 Nell'aumento di capitale Mps da 2,1 miliardi, la

Fondazione si indebita per non diluirsi sotto il 33% DICEMBRE 2013 All'assemblea Mps la Fondazione fa

rinviare l'aumento e s'impegna a vendere titoli Mps entro il 12 maggio MARZO 2014 In un mese di rally in

Borsa, la Fondazione riesce a vendere il 30,4% di Mps in cambio di circa 750 milioni

Foto: FOTO:IMAGOECONOMICA

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 171

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L'Ue su Alitalia: Etihad non superi il 49% Monito di Bruxelles alla vigilia dell'ultima fase della trattativa, i soci non europei non possono avere il controllodifficoltà con la compagnia araba: dubbi sulle sinergie con Air Berlin e si temono tagli maggiori a Fiumicino Ilavoratori di terra nel mirino per i risparmi Palazzo Chigi viene costantemente informato Attesa per domani olunedì l'offerta degli emiri: condizioni più dure sul debito LUCIO CILLIS ROMA- L'Unione europea vuole vederci chiaro: le acquisizioni e le partecipazioni di compagnie aeree extra-

Ue in vettori continentali devono essere trasparentie in linea con le norme in vigore. Che obbligano i

potenziali acquirenti a non superare la soglia massima del 49% sia direttamente che indirettamente, ovvero

anche col ricorso ad artifici contabili sui quali Bruxelles è pronta ad accendere un faro.

Nel mirino stavolta c'è il nostro Paese a poche ore dall'annuncio (atteso per domani o al massimo lunedì)

che dovrebbe concludere la due diligence di Etihad sui conti di Alitalia e dare il via alla trattativa vera e

propria. Anche se, a dir la verità, nelle ultime ore sono cresciuti i timori per un irrigidimento degli arabi.

Secondo un dietro le quinte che ha messo in ambasce la compagnia di Fiumicino, Etihad starebbe prendendo

tempo e anzi, insistono fonti vicine al dossier interpellate da Repubblica , potrebbe giungere al governo

(Renzi è informato costantemente sulla questione) oltre che all'ad di Alitalia Gabriele Del Torchio, una

proposta di trattativa in esclusiva con dei paletti ben più altie piantati profondamente nel terreno, rispetto a

quanto fino ad oggi discusso. Si paventano infatti ulteriori tagli alla forza lavoro di terra dell'hub romano (uffici

e handling, meno 2.300 persone in cigs a zero ore), ritenuta in eccesso rispetto alle reali necessità di un

vettore che potrebbe lavorare al fianco di Air Berlin, dando vita ad una "nuova alleanza" parallela a SkyTeam

e OneWorld di cui Alitalia e l'azienda aerea tedesca fanno parte. Da verificare poi come restituire il debito

accumulato dalla compagnia romana (quello verso le banche è di poco inferiore ai 900 milioni) oltre all'alta

velocità verso Fiumicino e la possibilità di aggirare i limiti alle tratte con l'Ue da Linate.

Anche per questo lo shopping arabo comincia a far crescere i sospetti da parte della Commissione che ora

invita anche l'Italia a vigilare sulle modalità di ingresso nel capitale di Alitalia da parte degli emiri.

A oggi sono già quattro i casi analoghi e due le condizioni poste dal governo dell'Europa agli acquirenti

esterni: la prima è che le partecipazioni nel capitale azionario da parte di società extra-Ue siano non superiori

al 49%. Inoltre, anche quando restano al di sotto di questa quota, le società extra europee non possono

detenere il controllo effettivo delle compagnie. I casi nel mirino sono: Etihad in Air Berlin, Delta in Virgin

Atlantic, cinesi di Hnca in Cargolux e la Korean Air nella Czech Airlines.

Un monito che se da una parte è considerato doveroso, e forse per questo anche scontato, per altri versi

sembra andare in soccorso di compagnie europee, come Lufthansa e Iag (British-Iberia) messe sotto

pressione da quello che rischia di trasformarsi nel vero padrone (occulto) dei cieli Ue.

Le grandi linee aeree del Golfo, cioè Emirates, Qatar e Etihad, appunto, sono da tempo a caccia dello scalpo

di una delle vecchie "glorie" del Vecchio Continente e il caso Alitalia potrebbe far saltare il banco.

Foto: AMMINISTRATORE James Hogan, ad di Etihad, guida la trattativa con Alitalia Ora farà i conti con i

paletti dell'Europa

05/04/2014 27Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 172

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LO SCENARIO Il risiko delle nomine Ue Lagarde sfida Schulz e spunta la carta Bonino ANDREA BONANNI A PAGINA 11 Il risiko delle nomine Ue Lagarde sfida Schulz e spunta la carta Bonino BRUXELLES

PROPRIO mentre i sondaggi rivelano, alla vigilia delle elezioni, un diffuso sentimento anti-europeo, l'Europa

si preparaa vivere un'autentica rivoluzione nel settore forse più delicato: la nomina dei vertici delle istituzioni.

Per la prima volta infatti, grazie all'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, le massime cariche europee non

saranno più decise all'unanimità dai capi di governo. Inoltre il Parlamento europeo avrà un ruolo decisivo

nella designazione del Presidente della Commissione, che dovrà essere scelto «tenendo in considerazione»i

risultati delle elezioni di maggio.

La fine della regola dell'unanimità cancella il diritto di veto di un singolo governo: uno strumento che i

britannici hanno utilizzato due volte in passato per bocciare candidati troppo europeisti e imporre come

presidenti della Commissione personalità deboli: nel '95 il lussemburghese Jacques Santer e nel 2004 il

portoghese Josè Manuel Barroso. Ma le nuove norme rendono la partita che si giocherà a partire da giugno

ancora più complessa, anche se certamente più trasparente e democratica. Dopo le elezioni europee, i capi

di governo dovranno decidere quattro poltrone importanti: il presidente della Commissione, in sostituzione di

Barroso, il presidente del Consiglio europeo, in sostituzione di Van Rompuy, l'Alto rappresentante per la

politica estera, in sostituzione di Catherine Ashton, e verosimilmente anche il presidente dell'Eurogruppo con

una nomina permanente in sostituzione dell'attuale ministro olandese Jeroen Dijsselbloem.

Grazie al trattato di Lisbona, il Parlamento potrà proporre un proprio nome per la carica di presidente della

Commissione, e dovrebbe indicare il candidato del partito che avrà preso più voti alle elezioni. I due favoriti,

in un testa a testa serrato, sono il socialista tedesco Martin Schulz, attuale presidente del Parlamento

europeo, e il democristiano lussemburghese JeanClaude Juncker, già primo ministro del Granducato e

presidente dell'Eurogruppo. Naturalmente circolano molti altri nomi, dalla direttrice del Fmi Christine Lagarde,

al premier irlandese Enda Kenny, alla presidente lituana Dalia Grybauskaite. Ma poiché il Parlamento dovrà

poi votare la fiducia al presidente della Commissione scelto dai capi di governo, questi difficilmente potranno

ignorare l'indicazione che arriverà dall'assemblea legislativa. Se si arrivasse, come è probabile, a un accordo

tra Pse e Ppe, e se non ci fosse una vittoria netta di uno dei due partiti politici, è dunque probabile che alla

Commissione venga designato Schulz, mentre Juncker potrebbe essere nominato dai capi di governoa

presiedere il Consiglio europeo.

Per la poltrona di presidente dell'Eurogruppo si sta facendo strada l'ipotesi di Luis de Guindos, popolare,

attuale ministro dell'economia spagnolo. Sul suo nome ci sarebbe un'intesa franco-spagnola che prevede

anche la successiva nomina dell'ex ministro dell'economia francese, Pierre Moscovici, socialista, come

responsabile degli affari economici della Commissione, posto importantissimo oggi occupato dal finlandese

Olli Rehn.

L'Italia, pur disponendo di personalità apprezzate in Europa, come Mario Monti ed Enrico Letta, in questa

partita non può nutrire ambizioni troppo elevate perché già ha espresso Mario Draghi alla presidenza della

Bce, la poltrona più importante di tutta l'Unione europea. Negli ultimi tempi si va rafforzando l'ipotesi di una

designazione per Massimo D'Alema come commissario, magari con un incarico agli Interni o alla Giustizia. Il

caso italiano è particolare perché il commissario uscente, Antonio Tajani, cheè anche uno dei vicepresidenti

della Commissione, si è candidato alle elezioni del Parlamento europeo, e dunque andrà sostituito già a

giugno, mentre la designazione dei commissari normalmente avviene a settembre.

Tuttavia Renzi potrebbe avere una chance per guadagnare al nostro Paese l'importante poltrona di Alto

rappresentante per la politica estera dell'Ue. I candidati per quell'incarico sono molti, dallo svedese Carl Bildt

al polacco Radoslav Sikorski.

06/04/2014 1Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 173

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Ma, se nessuna donna andasse alla Commissione o al Consiglio, su quella nomina si aprirà sicuramente una

questione di gender balance poiché è inconcepibile che tuttii vertici europei siano occupati da maschi senza

neppure una presenza femminile. E in Europa, dopo la modestissima prova offerta da Catherine Ashton,

sono poche le donne che possano vantare titoli credibili per aspirare al ruolo di ministro degli Esteri della Ue.

Tra queste, la più conosciutae rispettata è sicuramente Emma Bonino, già commissario europeo e ministro

degli Esteri italiano nel governo Letta. Una sua candidatura, sostenuta con convinzione da Roma, potrebbe

forse guadagnare all'Italia un secondo posto di vertice in Europa, dopo quello di Mario Draghi.

JOSE MANUEL BAROSO MARTIN SCHULTZ JEAN CLAUDE JUNCKER CHRISTINE LAGARDE ENDA

KENNY DALIA GRYBAUSKALTE HERMAN VAN ROMPUY JEAN CLAUDE JUNKER JIYRKI KATAINEN

VLADIS DOMBROVSKIS JEROEN DIJSSELBLOEM LUIS DE GUINDOS JURADO OLLI REHN PIERRE

MOSCOVICI SIIM KALLAS CARL BILDT RADOSLAW SIKORSKI VIVIANE REDING MASSIMO D'ALEMA

JOHENNES HAHN

PER SAPERNE DI PIÙ ec.europa.eu www.presseurop.eu

Foto: GLI AFFARI ESTERI Emma Bonino in corsa per il ruolo di Alto rappresentante Affari Esteri della Ue. In

alto, Christine Lagarde

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 174

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Credit crunch senza fine solo 26 imprese su mille riescono ad avere unfido Studio della Confcommercio: il dato peggiore dal 2009 E per la Cgia più posti di lavoro nei servizi enell'alimentare ROMA. I rubinetti del credito restano chiusi e le imprese soffrono sempre di più. Le loro richieste di fidi alle

banche continuano a ridursi: nell'ultimo trimestre 2013 la percentuale effettiva di imprese finanziate è di

appena il 2,6%, livello più basso dal 2009. In pratica, denuncia la Confcommercio, su mille imprese ne

vengono finanziate appena 26.

A fine del 2013 c'è stato comunque un piccolo segnale positivo visto che sono aumentate dell'8% rispetto al

mese precedente le imprese dei servizi in grado di fronteggiare senza difficoltà il proprio fabbisogno

finanziario. E bene vanno anche piccole attività artigianali come rosticcerie, friggitorie, gelaterie e

serramenterie, che, secondo dati delle Camere di Commercio elaborati dalla Cgia di Mestre, hanno creato nel

complesso 24 mila posti di lavoro.

Alimentazione e servizi vanno bene, ma la manifattura continua a segnare il passo.

Di contro per la stragrande maggioranza delle aziende far fronte ai propri impegni finanziari continua ad

essere un problema: infatti quelle che non ci sono riuscite sono aumentate di quasi il 22% rispetto al trimestre

precedente e rappresentano oggi più della metà del campione (51,5%). Inoltre, continua ad essere molto

esigua la quota di chi si rivolge al sistema bancario per un finanziamento (solo il 10,8%) e, tra questa quota,

sono sempre meno quelle che si sono viste accogliere le richieste di fido (passate dal 26% al 23,8%)

portando la percentuale effettiva di imprese finanziate ad appena il 2,6%. Il Sud soffre di più: la quota di

imprese che si sono viste negare, in tutto o in parte, il credito richiesto è pari all'81,0%. Solo una esigua

percentuale - appena il 12,5% - di aziende ha ricevuto il credito pari o superiore a quello richiesto.

Insomma - indica l'Osservatorio del Credito della Confcommercio in collaborazione con Format Ricerche - il

peggioramento delle condizioni generali del credito e il protrarsi della stretta creditizia (confermata peraltro

dalla riduzione dei finanziamenti ai settori produttivi e alle famiglie per 62 miliardi tra settembre 2012 e

settembre 2013 rilevata da Banca d'Italia), continuano a costituire un pesante freno all'attività e alle possibilità

di investimento delle imprese, soprattutto per quelle di minori dimensioni e quelle del Sud.

A fine 2013 aumenta inoltre rispetto al trimestre precedente, la cosiddetta «area di irrigidimento», vale a dire

la somma della quota di imprese che si sono viste accordare un credito inferiore rispetto a quello richiesto,

insieme alla percentuale di aziende che non se lo sono viste accordare affatto. L'area di irrigidimento risulta

aver colpito nei mesi di ottobre, novembre e dicembre del 2013, il 52,3% delle imprese contro il 49,1% nel

trimestre precedente.

I NUMERI 2,6% I FINANZIAMENTI Il 2,6% è il livello più basso di fidi soddisfatti dal 2009 81% NEL

MEZZOGIORNO Al Sud l'81% delle domande di credito è stato respinto

06/04/2014 21Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 175

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LITE SULL'ANTITERRORISMO La guerra della Swatch agli spioni di Obama FRANCO ZANTONELLI LUGANO IL BOSS di Swatch a muso duro contro gli Stati Uniti. Nick Hayek, direttore generale del gruppo

orologiero svizzero, ha vietato a un team di esperti dell'antiterrorismo americano di ficcare il naso nei propri

stabilimenti. Gli agenti volevano verificare se, all'interno delle casse degli orologi, possano essere occultati

piccoli ordigni o pozioni di veleno. Secondo Hayek i servizi di sicurezza di Washington avrebbero minacciato

ritorsioni sulle esportazioni. A PAGINA 20 LUGANO IL BOSS di Swatch a muso duro contro gli Stati Uniti.

Nick Hayek, direttore generale del gruppo orologiero svizzero ha dichiarato di aver rifiutato, ad esperti

dell'antiterrorismo americano, di ficcare il naso nei suoi stabilimenti. «Volevano verificare se, all'interno delle

casse dei nostri orologi, potessero venire occultati dei piccoli ordigni o delle pozioni di veleno», ha confidato,

ieri, Hayek, al settimanale elvetico Schweiz am Sonntag . Sessant'anni, il sigaro cubano perennemente in

bocca, Nick Hayek, di origine libanese, si è tuttavia rifiutato di cedere alle pressioni dei servizi di sicurezza di

Washington. «Gli ho fatto presente che non intendevo, in alcun modo, prendere in considerazione la loro

richiesta», ha spiegato, dimostrandosi, in tal modo, all'altezza del padre Nicolas l'uomo che, negli anni '80,

inventando quegli orologi in plastica, diventati in fretta un vero e proprio status symbol, salvò l'industria

svizzera del settore, messa in ginocchio dalla concorrenza giapponese. Oggi Swatch ha una cifra d'affari che

sfiora gli 8 miliardi di euro ed il figlio del fondatore una fortuna personale di circa 5 miliardi. «Visto che non

intendevo cedere - ha proseguito il magnate svizzero - mi hanno fatto capire, senza tanti complimenti, che

allora avremmo potuto incontrare dei problemi, nell'esportazione dei nostri prodotti negli Stati Uniti». Ma,

secondo Hayek, è solo un bluff: «Perché gli americani sanno quanti posti di lavoro abbiamo creato dalle loro

parti». Tanto per fare un esempio, giusto un anno fa, il colosso elvetico ha acquistato, per oltre 800 milioni di

dollari, il gruppo newyorkese Harry Winston, fabbricante di gioielli e di orologi di lusso. E che Hayek non

abbia timore degli americani lo dimostra la secca risposta, data all'inizio dell'anno al potente gestore dei 160

miliardi di dollari di fondi pensione dello Stato di New York, l'attivista gay Tom Di Napoli, che gli chiedeva di

astenersi dallo sponsorizzare i giochi olimpici invernali di Sochi, con il marchio Omega, fintanto che, in

Russia, non fossero garantiti i diritti degli omosessuali. «Guardate in casa vostra e preoccupatevi della

gigantesca e illegale raccolta di dati, da parte della National Security Agency», la replica, vergata di proprio

pugno, dal direttore generale di Swatch.

Nick Hayek, insomma, finora l'ha avuta vinta con lo Zio Sam. Di recente, ad esempio, ha trascinato in

tribunale un simbolo universale del lusso a stelle e strisce, come il gioielliere newyorkese Tiffany,

costringendolo a sborsare 450 milioni di dollari di danni, per aver ostacolato l'attuazione di un accordo con il

fabbricante svizzero, che doveva sfociare nella produzione di orologi di alta gamma. Insomma, per mister

Swatch, la piccola Svizzera non deve dimostrare alcun timore, nei confronti del gigante americano ma, anzi,

affrontarlo a viso aperto.

I CASILA SCALATA La Swatch ha comprato per 800 milioni di dollari il gruppo americano Harry Winston TIFFANY

IN TRIBUNALE Ha accusato Tiffany di ostacolare un accordo vincendo una causa da 450 milioni di dollari

SPONSOR A SOCHI Ha sponsorizzato i giochi in barba ai diritti gay dicendo ai contestatori Usa di occuparsi

di Nsa

L'impero Swatch Nasce come reazione agli orologi al quarzo giapponesi La prima collezione di 12 modelli il 1

marzo 1983 La sede è a Biel in Svizzera 23.600 dipendenti Il nome è la contrazione di Second e Watch Nel

2013 ha realizzato vendite per 8,82 miliardi di franchi svizzeri (6,7 miliardi di euro) ovvero l' 8,3 per cento in

più dell'anno precedente L'utile è stato di 1,93 miliardi di franchi svizzeri (1,5 miliardi di euro) 1.500 i punti

vendita

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 176

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Foto: NICK HAYEK L'ad di Swatch ha rifiutato di far ispezionare i suoi prodotti. Nella foto una orologiaia

lavora sul meccanismo di un orologio

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 177

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LE LINEE DELL'INTESA, IL RUOLO DI AIR BERLIN Il piano Alitalia-Etihad: è sfida a Lufthansa LUCIO CILLIS ETIHAD punta su Alitalia per diventare uno dei big globali dei cieli e sfidare Lufthansa sul suo stesso terreno.

L'alleanza con gli italiani è strategica e può permettere alla ricchissima compagnia di Abu Dhabi di espandersi

rapidamente. Il progetto di sviluppo è stato già presentato (fuori da ogni ufficialità e comunicazione) al

governo e alla compagnia italiana.

UN PIANO ambizioso nello sviluppo ma secco nelle condizioni poste: sia sul debito, sia sulla forza lavoro

con un taglio richiesto di 2.500 unità come minimo. Un progetto di rilancio che Repubblica è in grado di

anticipare e che nei prossimi giorni sarà discusso dalle parti per metterne a punto gli ultimi ritocchi.

Etihad chiede molto al sistema Italia per salvare la compagnia mantenendo meno di diecimila posti di lavoro

(questo è oggi l'obiettivo, sindacati permettendo) per un'iniezione di denaro che non supererà i 350 milioni di

dollari, una goccia rispetto alle decine di miliardi spesi in autunno per acquistare un centinaio di nuovi

aeroplani. Ma gli affari sono affari e accanto a tagli e strategie, il vettore del Golfo dà la sveglia al Paese

anche su temi mai affrontati o risolti.

Come la mancanza di una connessione ad alta velocità dallo scalo romano verso Firenze, Bologna e Napoli

e che le Fs dicono informalmente di poter soddisfare già entro la fine dell'estate con due o tre collegamenti

giornalieri.

Alitalia dovrà cambiare pelle, se tutto andrà liscio e se il via libera all'acquisizione dovesse arrivare entro fine

maggio, come spera l'amministratore delegato Gabriele Del Torchio artefice di una corsa mozzafiato contro il

tempo. Il nuovo business sarà quello di occuparsi del lungo raggio verso le Americhe tenendo in caldo alcune

opzioni dirette in Giappone e Cina. Il nostro vettore sarà però penalizzato sulle rotte di medio raggio europee,

perdendo oltre il 20 per cento di quelle oggi esistenti: andranno via almeno 15 A320 per fare spazio ad una

decina di macchine per il lungo raggio che rafforzeranno i voli verso Nord e Sud America, con due nuovi

collegamenti diretti con la Cina, FiumicinoPechino e Malpensa-Shangai, oltre ai Venezia-Tokio e Venezia-

New York. Nel Nord Italia in particolare si giocherà una guerra serrata per riportare sugli aerei "Alihad" i

passeggeri che oggi salgono la scaletta degli aeromobili Lufthansa, chiedendo una mano all'alleata Air Berlin

che avrà il compito di drenare viaggiatori da e per Germania e Nord-Est Europa, lasciando ad Alitalia il

compito di servire in maniera proficua i Paesi del Mediterraneo. Il progetto punta - governo permettendo -

anche molto su Linate e sulla possibilità di trasformare i voli ormai ridotti al lumicino sulla Roma-Milano, in

altrettanti collegamenti verso l'Europa e il Golfo.

I dirigenti delle due compagnie dovranno però dedicarsi anche al dossier esuberi portando a casa un difficile

accordo col sindacato, che nelle ultime ore ha iniziato a lanciare moniti su ulteriori tagli che potrebbero ridurre

da 12.500 a meno di 10milai dipendenti di Alitalia. Sul tema è molto netto il commento di uno dei leader

sindacali, Marco Veneziani segretario nazionale del trasporto aereo della Uil: «Nuovi esuberi? Che ce lo

vengano a dire in faccia perché secondo noi è giunto il momento di scoprire le carte e di smetterla con la

pretattica e le indiscrezioni. Gabriele Del Torchio e James Hogan - aggiunge - tirino fuori il piano su cui si dice

lavorino ormai da tempo. Ma tengano bene a mente che il costo del lavoro in Alitalia è il più basso di tutte le

compagnie europee di riferimento».

PER SAPERNE DI PIÙ www.alitalia.it www.etihad.com

Foto: NUMERO UNO James Hogan è l'amministratore delegato di Etihad, nelle sue mani il piano di alleanza

con Alitalia

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 178

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Un miliardo di sprechi Ecco tutti i conti sugli immobili di Stato Riforme, l'ipotesi B del governo: aprire a ex grillini e Sel La Lega: fuori i secessionisti o occupiamo leprefetture > FEDERICO FUBINI ROBERTO MANIA LO STATO italiano è fra i più grandi (e incapaci) gestori al mondo di case, palazzi, caserme, "fabbricati

rurali", "opere destinate al culto". La Ragioneria Generale stima che questo patrimonio in mattoni abbia un

valore che, unica eccezione in Italia, cresce in modo esplosivo nonostante la nostra lunga recessione: valeva

128 miliardi di euro nel 2008, più che raddoppiati a 281 miliardi nel 2012. Tolti, ovviamente, i beni artistici o

archeologici. Una fortuna, solo questa, superiore a quella (cumulata) dei cinque uomini più ricchi del pianeta:

gente come Bill Gates, Carlos Slim o Warren Buffett. Positivo, no? No.

Perché soltanto lo Stato centrale "butta" ogni anno oltre un miliardo di euro per pagare gli affitti di sedi e di

uffici. Ma anche perché nemmeno Palazzo Chigi, cioè il governo, o lo stesso Demanio "confessano" al

Tesoro le proprietà che controllano, così che a nessuno salti in mente di provare a risparmiarci sopra

qualcosa. Opacità.

Così il mattone di Stato rischia di trasformarsi in un incomprensibile segreto di Stato. O più precisamente

ancora, in un segreto fra le varie branche dell'amministrazione dello Stato. Possibile? < PAGINA ADIRE il

vero, tutto era partito con le migliori intenzioni. Negli ultimi anni il Tesoro ha avviato un'indagine sul patrimonio

della pubblica amministrazione. Si legge nell'ultima edizione, pubblicata (molto in sordina) un paio di mesi fa:

«La conoscenza sistematica e puntuale degli attivi del patrimonio pubblico rappresenta un elemento

indispensabile per orientare le decisioni di politica economica», cioè per la «valorizzazione»e la «redditività».

E ancora: «La gestione efficiente del patrimonio pubblico può svolgere un ruolo importante per il

contenimento del deficit e la riduzione del debito pubblico». Di lì il censimento: a tutte le amministrazioniè

stato chiesto di registrare i propri beni al sole, immobili e terreni, su un portale del Tesoro.

Di fronte a obiettivi del genere, ci sarebbe da aspettarsi un'adesione di tutti o quasi.

Peccato che non sia successo.

Informa lo stesso ministero dell'Economia che il 40% delle pubbliche amministrazioni non ha ancora

comunicato l'ammontare del proprio patrimonio immobiliare. Non l'ha fatto Palazzo Chigi, se non per il 10%

degli uffici coinvolti; l'hanno fatto solo in parte gli altri organi di rilievo costituzionali. Lo stesso Demanio ha

omesso di notificare al Tesoro buona parte di quello che sa dei propri palazzi e dei propri terreni, malgrado

che sia proprio il ministero dell'Economia a controllarlo.

Gli ultimi dati disponibili dicono che l'ha fatto solo il 43% delle amministrazioni centrali (il 100% dei ministeri e

delle quattro Agenzie fiscalie il 40% delle altre amministrazioni), il 59% degli enti locali (l'85% delle Regioni, il

95% delle Province, il 64% dei Comuni, il 96% delle Università) e il 100% degli enti previdenziali (ormai sono

rimasti solo l'Inps e l'Inail). L'80% degli immobili è stato comunicato dalle amministrazioni locali, in particolare

dai Comuni che possiedono circa il 73% del totale. Alcune delle omissioni più vistose vengono invece dalla

Presidenza del Consiglio (ferma al 10% di aggiornamento dei dati), dall'Automobil Club e dagli Istituti

Autonomi Case Popolari. Insomma molti sembrano più gelosi dei propri averi che smaniosi di ridurre deficite

debito. Altro che trasparenza. La pubblica amministrazione italiana continua a adorare l'opacità, i chiaroscuri

dietro i quali possono proseguire inefficienze, clientele, abusi, sprechi. E dire che comunicare le proprie

proprietà al dipartimento del Tesoro sarebbe stato un obbligo di legge: articolo 2, comma 222, periodi

undicesimo e seguenti della 191 del 2009. Norma scritta dal governo e dal governo violata, come altre volte.

Uno Stato reticente. Che non paga nemmeno l'affitto in molti casi. Uno Stato, infatti, scandalosamente

moroso: solo nel bilancio dell'Inail (l'Istituto nazionale delle assicurazioni), con un ingente patrimonio di

immobili da 4 miliardi di euro, mancano ogni anno all'appello circa 30-40 milioni di euro (erano oltre il doppio

qualche anno fa) per canoni di locazioni da parte dei ministerio altri uffici pubblici. Così che ogni anno l'Istituto

07/04/2014 1Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 179

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deve presentare una diffida per evitare che il tutto cada in prescrizione. Nonè una partita di giro, visto che

l'Inail è pubblico: è, piuttosto, uno spreco di risorse pubbliche, mentre da anni per far quadrare i conti si

ricorre ad un incremento progressivo della pressione fiscale sui cittadini e le imprese, o a tagli lineari che

colpiscono anche i servizi sociali. Le cartolarizzazioni inventate da Giulio Tremonti non sono servite a molto.

Le articolate operazioni di finanza creativa (da Scip 1 a Scip 2) hanno messo sul mercato quote del

patrimonio immobiliare pubblico, adottato il meccanismo del "vendi e riaffitta", salvo poi clamorosi

ripensamenti che di fatto costringono ora enti come l'Inail, forte di una imponente disponibilità di cassa, ma

anche l'Inps, a ricomprare immobili ceduti dallo Stato: dalle caserme (per esempio quelle dei carabinieri a

Roma a piazza del Popolo, in Via Panisperna o ancora quella di Piazza San Lorenzo in Lucina) a palazzo di

pregio o funzionali all'attività istituzionale (la prefettura dell'Aquila finita nel portafogli di Beni Stabili). Anche

perché - lo prevede la legge - gli affitti degli enti ad altri soggetti della pubblica amministrazione devono

essere scontati del 30%.

Pubblico sembrerebbe meglio, in questo caso, del privato o comunque meno costoso. Per quanto - ha scritto

Edoardo Reviglio, chief economist della Cassa depositi e prestiti - «la gestione degli immobili pubblici è

caratterizzata in genere da alti costi di gestione ordinaria e straordinaria, stimati in media dalle 2 alle 3 volte

superiori a quelli di mercato».

Stime private, parallele a quella della Ragioneria, indicano che il valore totale del patrimonio immobiliare

pubblico sia intorno ai 400 miliardi di euro. L'Istituto Bruno Leoni ha calcolato che il valore degli immobili

pubblici «potenzialmente liberi», quindi non necessari ai fini istituzionali né affittati ad altri, ammonti a 42

miliardi di euro, più di 2,5 di Pil. Sono cifre enormemente più grandi di quei dieci miliardi che servono per

tagliare l'Irpef che pesa sulle buste paga dei lavoratori dipendenti.

Nel dettaglio, la pubblica amministrazione italiana, o meglio quel 60% che ha rispettato l'obbligo della

comunicazione, possiede 1,5 milioni di immobili, probabilmente più di chiunque altro (salvo forse lo Stato

francese). Emergono dall'indagine del Tesoro 634 mila unità immobiliari, per una superficie complessiva di

oltre 300 milioni di metri quadri. Uno spazio immenso al quale vanno aggiunti 875 mila terreni per una

estensione di circa un milione e 700 mila ettari. Eppure, nonostante questi numeri, lo Stato, i suoi organi

costituzionali così come gli enti locali dei diversi livelli affittano gli uffici. Se ne va poco più di un miliardo ogni

anno sotto la voce canoni di locazione solo per lo Stato centrale. Uno dei più grandi immobiliaristi al mondo

va in affitto. Peraltro, alle stime più recenti della Ragioneria, di questo miliardo speso in affitti solo dai

ministeri ben 176 milioni vengono spesi contraendo "debiti fuori bilancio": non ci sono i soldi stanziati, ma una

certa amministrazione continua a stare in affitto spostando gli t agli anni successivi. Del resto l'esempio viene

all'alto, con la Camera dei deputati ha firmato con l'imprenditore Sergio Scarpellini un contratto-capestro (a

nulla alla fine sono valsi i tentativi del M5S di abrogarlo) per affittare per nove anni, rinnovabile per altri nove,

senza possibilità di recesso, alcuni palazzi nel centro di Roma da destinare ai parlamentari. Il tutto per oltre

20 milioni l'anno. Con la spending review in corso, il commissario Carlo Cottarelli, ha indicato un obiettivo

rigoroso: scendere nell'arco di quattro anni da un miliardo di spesa per affitti a 80 milioni. Una riduzione del

92,7%. Ci sarà la volontà di farli, fra burocrati e politici? Solo per dare un'idea della portata dei progressi in

corso, nell'ultimo anno il calo del monte locazioni è stato di circa lo 0,1%.

Forse lo 0,2%. Di qui al 92,7% la strada non si presenta breve né in discesa. Soprattutto se lo Stato

immobiliarista continua a privilegiare l'opacità.

LE TAPPEGIARDA Il professor Giarda viene chiamato dal premier Monti nei primi mesi del 2012 per rivedere la spesa

pubblica e individuare tagli selettivi e ragionati MONTI Con il governo dei tecnici, la revisione della spesa

viene tradotta in spending review e interpretata seconda una logica di severi tagli lineari PADOA SCHIOPPA

È il primo ministro dell'Economia ad avviare in via sperimentale nel 2007 un percorso di revisione della spesa

pubblica, risparmiando 700 milioni in un anno COTTARELLI Il premier Letta nel 2013 chiede a Cottarelli di

recuperare 32 mld entro il 2016.

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Renzi lo conferma commissario alla spending review

PER SAPERNE DI PIÙ www.tesoro.it www.palazzochigi.it

Foto: DIPARTIMENTO DEL TESORO Rapporto sui beni immobili detenuti dalle Amministrazioni pubbliche

Gennaio 2014

Foto: I CONTI PUBBLICI Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan e, a sinistra, il commissario alla

Spending review, Carlo Cottarelli

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 181

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L'ANALISI Quanto costa uscire dall'euro TITO BOERI SARANNO pure semi-vuoti i teatri della tournée siciliana di Beppe Grillo. Ma le urne degli euroscettici erano

piene in Francia e in Ungheria.

Vediamo le ultime proiezioni sul primo vero voto europeo.

< PAGINA Accreditano gli euroscettici di circa 150 seggi sui 751 nel nuovo Parlamento europeo, decisivi

nello spostare la maggioranzaa favore dei socialdemocratici o dei popolari. Nei paesi del Sud gli euroscettici

sostengono la causa dell'opposizione all'austerità imposta dalla Germania, mentre al Nord prendono di mira

gli immigrati che provengono dai paesi del Sud-Europa, compresi bulgari e romeni che fuggono dalla crisi in

Spagna e in Italia.

Il collante del populismo continentale è il rigetto della moneta comune. È un euroscetticismo con il simbolo

dell'Euro al posto della "e". Gli argomenti utilizzati da chi propugna l'uscita unilaterale dell'Italia dall'Euro si

giovano del fatto che non ci sono precedenti storici. Si può dire tutto e il contrario di tutto senza timore che

qualcuno dal pubblico alzi la mano contraddicendo chi parla coi propri ricordi. Ma alcuni argomenti ricorrenti

degli anti-euro nostrani sono talmente sconclusionati che non hanno bisogno di essere smentiti dalla storia.

Fra questi l'idea che l'uscita dall'euro ci porterà a pagare meno tasse. Uno dei volantini del Movimento per

l'Uscita dell'Italia dall'Euro, stranamente con sede a Londra e animato da persone che presumibilmente

hanno redditi, se non patrimoni, all'estero, attribuisce all'euro qualsiasi aumento delle tasse della storia

repubblicana. Si risale addirittura alle manovre di Rino Formica del 1990. E naturalmente, appena usciti

dall'incubo euro, queste tasse evaporerebbero come d'incanto. Con una pressione fiscale al 60 per cento (per

chi le tasse le paga davvero), l'ideaè alquanto suggestiva. Ed è un vero peccato doverla smontare. Se l'Italia

dovesse uscire dall'Euro, il nostro debito pubblico potrebbe solo aumentare. C'è una quota di titoli di Stato e

di prestiti contratti dallo Stato italiano sui mercati internazionali, che aumenterebbe in proporzione alla

svalutazione della lira nei confronti dell'euro e delle monete in cui i nostri titoli sono denominati. La parte

restante potrebbe essere ridenominata in lire causando perdite ingenti agli investitori stranieri che hanno

nostri titoli in portafoglio. Sarebbe come un ripudio unilaterale del debito, cui seguirebbe inevitabilmente un

lungo periodo di chiusura del nostro paese ai mercati internazionali. Questo significa di fatto uno spread che

tende all'infinito, un destino paradossale dopo che siamo riusciti a riportare i tassi di interesse sui nostri titoli

decennali al minimo storico. E come pagare questi interessi più alti se non con nuove tasse? Certo, a quel

punto ci sarebbe sempre la possibilità di ripudiare anche il debito in lire, non rimborsando i titoli di Stato alla

scadenza, una mossa serenamente evocata in televisione da Beppe Grillo. Peccato che anche questa

sarebbe una tassa, una patrimoniale sui risparmiatori italiani che hanno investito i loro risparmi in titoli di

Stato. E che patrimoniale! Quando si parla di tassarei patrimoni si ragiona su aliquote al massimo del 5 per

mille . Qui si avrebbe una tassa che può arrivare fino all'80 per cento dei risparmi di una famiglia italiana, in

genere appartenente al ceto medio (i ricchi hanno patrimoni maggiormente diversificati). Un altro argomento

utilizzato dagli anti-euroè che il debito potrebbe essere monetizzato, facendo comprare alla banca centrale,

che può stampare moneta, le nuove emissioni di titoli di Stato, sempre che il Governatore di Bankitalia si

presti a questa politica. Per fortuna abbondiamo di precedenti storici di monetizzazione del debito. Basti

pensare ai miniassegni sul finire degli anni '80 scambiati in fretta e furia prima che perdessero valore, un

surrogato di una moneta che ogni giorno vedeva erodersi il proprio potere d'acquisto, con un'inflazione a due

cifre. Certo, quando l'inflazione aumenta, i debitori, tra cui lo Stato italiano, vedono ridursi il valore di quanto

devono ripagare. Ma a fronte di questi debitori contenti, ci sono creditori che piangono, famiglie italiane che

hanno messo i risparmi in titoli di Stato o in attività che non sono indicizzate all'inflazione e che perderebbero

molti soldi. Anche questa, dopotutto, è una tassa, la tassa da inflazione. Ed è utile notare che l'inflazione

colpisce sempre le persone più vulnerabili, quelle che non sono in grado di avere redditi indicizzati ai prezzi e

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che perciò vedono ridursi il loro potere d'acquisto del 10-15% ogni anno, un calo dei redditi reali che non si è

visto neanche durante questa interminabile recessione.

Ma la carta vincente di chi si batte contro l'euro è che un governo non più sotto il giogo dell'austerità tedesca

potrebbe fare quelle politiche espansive che servono a far ripartire l'economia. Strano che a sostenere queste

tesi siano gli stessi movimenti che, non senza qualche merito, si battono a parole contro la casta. Davvero

credono che politici lasciati liberi di spendere e spandere si occuperebbero del bene comune e non

tornerebbero ad accordarsi lauti compensi? Perché deresponsabilizzare la nostra classe dirigente, perché

perdonare i monocolori e i pentapartito sotto i quali il debito pubblico è esploso o i 10 anni di politica

economica di Berlusconi che hanno utilizzato la minor spesa per interessi per aumentare altra spesa

corrente? È la stessa accondiscendenza che mostra la lista Tsipras, candidato da intellettuali italiani in

quanto "greco" perché «rappresenta il Paese che soffre di più per le politiche di austerity». Peccato che la

crisi del debito nell'area Euro che ha portato miseria a milioni di europei sia scoppiata perché nel 2009 il

deficit pubblico greco si è rivelato essere del 15,6% contro il 3% previsto dai trattati firmati dal governo greco,

con politici e banchieri centrali ellenici che avevano truccato i conti.

Ci saranno dunque maggiori tasse in caso di uscita dall'Euro. E non abbiamo considerato le tasse nella

transizione, nel passaggio dall'euro alla lira. Ci torneremo.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 183

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INTERVISTA "In busta paga tutto quello che abbiamo promesso" Delrio: sulle crisi industriali presto sviluppi positivi per Ilva ed Electrolux Fabio Martini "In busta paga tutto quello che abbiamo promesso" A PAGINA 3 ROMA Al piano nobile di palazzo Chigi ,

chiunque entri nello studio di Graziano Delrio, si imbatte in un colpo d'occhio eloquente: il televisore è spento,

accanto alla scrivania campeggia una grande lavagna bianca fitta di numeri e parole, in ogni angolo

dell'ufficio sono disseminate cartelline per altrettanti dossier. Dal tavolo e dalla testa del sottosegretario alla

Presidenza passa tutto lo scibile governativo e quella lavagnona lui la racconta così: «Sì, la uso durante le

riunioni operative, per dire: ma vi rendere conto quanti soldi potenziali ci sono?». E concettualizza il suo

lavoro sotto traccia: «In questa fase abbiamo bisogno di meccanici, di gente che metta le mani dentro al

motore più che di legislatori: il lavoro che stiamo facendo assieme a Matteo è semplificare, ridurre ad unità,

perché così si rende tutto più efficiente». Ma il «sottosegretario a tutto» non rischia di trasformarsi in

un'impresa titanica? «Si fa un lavoro collegiale col presidente del Consiglio, con i ministri c'è un buon clima di

squadra, perché davvero tutti siamo orientati al risultato. Non è retorica: siamo motivati dalla bellezza di fare

le cose e di vederle andare avanti. A noi sembra che sia così e che la gente lo abbia percepito, no?». Anche

nel lessico, che non disdegna sfumature e interrogativi, Graziano Delrio si dimostra complementare

all'immaginifico Matteo Renzi. Cinquantatré anni, padre di nove figli, numero due del governo, già presidente

dell'Anci, Delrio è un cattolico sociale con i piedi per terra, erede della tradizione degli Andreatta, dei Gorrieri,

dei Castagnetti. Vi siete presi ancora dieci giorni prima di varare il provvedimento sulle buste­paga: segno che

fate fatica a trovare le coperture? «No. È la più forte manovra di riduzione fiscale mai realizzata in Italia. Non

siamo uno dei tredici paesi sottoposti a procedura di infrazione, abbiamo l'avanzo migliore dopo quello della

Germania, ma dobbiamo tenere i piedi per terra. Non aspettiamo pagelle ma non dobbiamo neanche fare i

monelli...». Ergo: sarete costretti a qualche limatura? «No. Non un euro in meno rispetto agli impegni assunti.

Rispetteremo quel che il presidente del Consiglio ha promesso: ci saranno gli sconti per milioni di italiani.

Punto. La platea sarà di dieci milioni, ci saranno gli ottanta euro per le fasce individuate, quelle che hanno

1500 euro in busta paga. Ovviamente con una distribuzione diversa per chi guadagna di più». Gran parte

delle coperture verranno dalla spending review: vi preparate al più incisivo e doloroso taglio di spesa pubblica

da molti anni a questa parte? Farete molto male, è inevitabile... «Molte delle azioni previste non sono tagli,

sono efficienze. Non tagli lineari alla sanità o alla scuola, ma risparmieremo informatizzando. O rendendo

tutto più efficiente. Per fare solo un esempio: laddove la Pa paga a duecento giorni, il fornitore ti carica il 10

per cento in più. Ma se io ti pago entro i due mesi, mi riprendo un bel 10 per cento. Ho incontrato e incontrerò

le figure apicali di Senato, Camera, Quirinale, Consulta, che hanno già impostato risparmi significativi». Nel

laboratorio del governo vi preparate ad aprire nuovi dossier? «Nel clima di rinnovata fiducia che si sta

determinando nel Paese, si stanno creando le condizioni per risolvere antichi dossier. I nostri Fondi pensione

fanno investimenti per 130 miliardi, per il 75% indirizzati all'estero. Sono fiducioso; presto si determineranno

ad investire nelle imprese italiane. E ancora: alcune grande vertenze, Electrolux, Alitalia, Ilva, grazie al lavoro

dei ministri e all'olio agli ingranaggi che mettiamo da Palazzo Chigi, potranno avere evoluzioni positive nelle

prossime settimane». Il presidente del Senato è arrivato ad ipotizzare «una Camera di riflessione», alcuni

giuristi parlano di «deriva autoritaria», Berlusconi paventa un Senato rosso: obbligati a modifiche? «La

riforma va fatta, tutto è perfettibile, ma non se ne possono mettere in discussione i motivi fondanti. Se

dobbiamo superare il bicameralismo perfetto, non posso trasformare la seconda Camera in una Camerina,

dandogli funzioni analoghe alla prima. Direi che la non eleggibilità dei senatori è dirimente». Sulle nomine vi

preparate a uno spoil system, i "vostri" al posto di quelli di prima? «L'ambizione vera del presidente del

Consiglio, che ripete anche in privato, è quella di scegliere per queste aziende personalità competenti e

capaci di interpretare le politiche industriali del Paese». Per ristrutturare le scuole meno richieste del

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 184

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previsto? «La vera novità è che non abbiamo avuto richieste solo per le ristrutturazioni, ma anche per 450

nuove scuole. Si lavorerà durante le vacanze estive e a settembre avremo scuole un po' più belle. Non è

cosa da poco: gli ospedali e le scuole sono luoghi pubblici nei quali siamo tutti uguali e nei quali si devono

colmare le diseguaglianze sociali, affinché le persone più disagiate possano trovare quella dignità che nella

loro vita famigliare non sempre riescono ad avere».

Foto: Graziano Delrio, sottosegretario a Palazzo Chigi

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 185

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DIARIO Profumo: "Stabilità dai soci esteri" Il presidente di Mps «Adesso la banca è appetibile» Francesco Manacorda Profumo: "Stabilità dai soci esteri" A PAG. 23 «La difesa dell'italianità ha fatto morire molte imprese. Credo

che dobbiamo avere aziende così ben gestite che siano molto care da comprare, ma non penso certo che gli

assetti proprietari vadano difesi in quanto tali». Con un parterre di azionisti che nel giro di poche settimane si

è aperto tra l'altro agli statuni t e n s i d i BlackRock, ai messicani di Fintech e ai brasiliani di Pactual il

presidente del Monte dei Paschi di Siena Alessandro Profumo giudica in modo positivo la nuova ondata di

investimenti stranieri in Italia. A Cernobbio, a margine del Workshop Ambrosetti, spiega che «è un bene che

l'Italia sia sempre più attrattiva per gli investimenti esteri». Senza timori per gli assetti del credito, presidente?

«Le banche sono oggetti non trasferibili fisicamente. Una volta accertato che i loro azionisti sono soggetti

affidabili non vedo alcuno scandalo nel fatto che siano stranieri. Quel che é fondamentale non è il passaporto

di chi acquista, ma avere azionisti di lungo termine che aiutino lo sviluppo dell'azienda. Del resto nella mia

precedente esperienza in Unicredit sono stato un grande investitore all'estero: ho comprato banche di 23

Paesi diversi». Ma si compra per fiducia nell'Italia o perché siamo in vendita a prezzi da saldo? «Perché

siamo a buon prezzo e perché siamo in un punto di svolta del ciclo economico, con valori ai minimi.

Purtroppo le banche fanno un lavoro fortemente legato al Pil. E visto che il Pil è calato dell'8% dall'inizio della

crisi questo si riflette anche sulla valutazione dei titoli del settore». In poche settimane l'azionariato di Mps si è

rivoluzionato. La Fondazione, socio di minoranza, e molti nomi nuovi a libro soci che ovviamente

sottoscriveranno il prossimo aumento di capitale. Che giudizio dà di quanto è avvenuto? «Che la banca è

appetibile perché evidentemente se qualcuno compra ritiene che Mps valga la spesa e crede nel progetto che

abbiamo presentato. Il fatto poi che la Fondazione abbia stretto un patto, con la clausola di mantenere le

azioni per un periodo di tempo, con i soci latinoamericani, ci dà un segnale di stabilità. E avere azionisti stabili

è un'altra condizione importante per poter realizzare il piano industriale che abbiamo presentato alla

commissione europea. Credo che sia qualcosa di positivo». Questo cambio di azionariato porterà anche a un

cambio di vertici? Il nuovo patto parasociale prevede che sia Fondazione Mps a esprimersi sul presidente...

«Non mi sono per nulla interessato a questo aspetto. Non è un tema all'ordine del giorno visto che

l'assemblea che dovrà eleggere il consiglio d'amministrazione si terrà nel 2015. Credo invece che sia

essenziale per il bene della banca che ci siano dei meccanismi di stabilizzazione della squadra manageriale,

ossia l'amministratore delegato Fabrizio Viola e i suoi collaboratori, perché sono una squadra molto forte e

capace che ha presentato il piano e ha dimostrato di saper realizzarlo, visto che i dati a fine anno sono

migliori di quelli del piano». La decisione di rimandare l'aumento di capitale da 3 miliardi a maggio, come

chiedeva la Fondazione Mps per liberarsi di parte della sua quota, pare adesso essere stata quella giusta. Lei

chiedeva invece un aumento in tempi più rapidi. È stato un errore, il suo? «Non metterei la cosa in questi

termini. Se ritornassimo indietro rifarei le stesse cose. La decisione del consiglio d'amministrazione della

banca, perché di quello si trattava e non di una decisione di Alessandro Profumo, è stata quella di

minimizzare i rischi. Nessuno poteva prevedere a dicembre che i mercati sarebbero stati così positivi come

poi sono stati. È troppo facile dare giudizi con il senno di poi». Con la nuova compagine azionaria cambierà il

modo di fare banca? «Credo proprio di no. Chi ha investito lo ha fatto appunto sulla base del piano industriale

che abbiamo presentato. Quando i nuovi investitori avranno ottenuto l'autorizzazione della Banca d'Italia

potremo aprire un dialogo per capire quale è il loro punto di vista». Nell'ultimo trimestre del 2013 avete fatto

rettifiche sui crediti sostanziose. Questa stagione è finita? «Le rettifiche le hanno fatte un po' tutte le banche.

Di certo dal momento in cui il Pil inverte segno, come è avvenuto, a quello in cui questo dato si riflette sulle

partite problematiche, passano di norma tra sei e dodici mesi. Oggi vediamo il rallentamento nella formazione

di partite problematiche ma anche qui dobbiamo arrivare a un'inversione di tendenza. Comunque, su questo

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 186

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aspetto, il mercato considera molto prudente il nostro piano». Alla luce dell'arrivo di nuovi soci che

sottoscriveranno l'aumento e della congiuntura favorevole non ci sono riflessioni sull'opportunità di

accrescere la capienza del vostro aumento di capitale? «Oggi abbiamo una delibera del consiglio per

un'operazione al massimo da tre miliardi che può partire dal 12 maggio. Punto.».

Ha dettoAfflusso di capitali

È un bene che l'Italia sia sempre più attrattiva per gli investimenti esteri. Non vedo scandali negli stranieri soci

delle banche

I tempi dell'aumento

Se ritornassi indietro rifarei le stesse cose. La decisione del cda è stata di minimizzare i rischi. È troppo facile

dare giudizi col senno di poi

L'importo dell'operazione

Oggi abbiamo una delibera del consiglio per una operazione al massimo da tre miliardi. Punto

Foto: RICCARDO ANTIMIANI/EIDON Alessandro Profumo, presidente di Mps

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 187

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Dall'operaio alla colf, ecco il salario minimo Morando: la legge potrebbe prevedere il carcere per chi non lo rispetta In Germania c'è una norma simile cheprevede la paga di 8,50 euro all'ora ROMA Magari non finiranno proprio in galera, come vuole il viceministro all'Economia Enrico Morando, i

datori di lavoro che pagheranno la loro gente meno del futuro «salario minimo orario». Ma certamente

quando verrà attuata anche questa norma della legge delega sul lavoro presentata dal governo,

rappresenterà una discreta rivoluzione per il mondo del lavoro italiano. Soprattutto per i lavoratori più

marginali e sottopagati. Il varo del «salario minimo orario» è solo una delle tante novità (dalla riforma della

Cig alla riduzione dei contratti atipici) inserite nella delega sul lavoro che il governo ha presentato

parallelamente al decreto legge che rende più flessibili contratti a termine e apprendistato. Una norma simile

la si è fatta anche in Germania, dove il salario minimo di legge è stato fissato a 8,50 euro l'ora. Ieri proprio

Morando ha ricordato l'esistenza di questa norma. Spiegando al convegno di Cernobbio che ora che

imprenditori e sindacati hanno stabilito le nuove regole sulla rappresentanza, «si potrebbe fare alla svelta una

legge sul salario minimo che preveda il carcere per gli imprenditori che non la rispettino». In realtà il

ragionamento del vice di Padoan è più articolato e ambizioso. Per l'esponente del Pd la definizione di un

salario minimo da un lato impedirebbe situazioni di lavoro semischiavistico, con paghe da fame; dall'altro

preluderebbe a un drastico depotenziamento dei contratti nazionali di lavoro, che ancora oggi fissano le

retribuzioni minime settore per settore, e continuano a governare il modo di lavorare. Morando propone

«accordi di secondo livello che possano derogare su tutto, tranne che sulle disposizioni di legge, rispetto al

contratto nazionale». Da questo punto di vista un salario minimo legale (inferiore a quello stabilito dai contratti

nazionali) aiuterebbe a mettere in naftalina i contratti di primo livello. Una prospettiva questa che

probabilmente non piacerà né a Confindustria né ai sindacati, che di fatto dovrebbero incassare una riduzione

delle retribuzioni in molti settori. Una soluzione che forse non è nemmeno nelle intenzioni del governo nel suo

complesso. Quel che è certo, ci spiega il viceministro, è che «così come è stato fatto in Germania, e avviene

in quasi tutto il mondo, non si può permettere di lavorare con remunerazioni che violano il dettame

costituzionale, così basse da non tutelare la dignità della persona». E quanto alla sanzione per chi violasse il

salario minimo, per Morando «non c'è dubbio che non può essere debole, e che dev'essere di tipo penale».

Presto sapremo di più se l'operazione «salario minimo» avrà invece un respiro più limitato, e servirà solo ad

evitare fenomeni di sfruttamento che oggi non sono evitati dai minimi salariali stabiliti nei contratti nazionali.

Che come noto lasciano scoperti il 30-40% del mondo del lavoro italiano, dalle piccolissime imprese agli

atipici. Bisognerà vedere il testo del decreto legislativo che il governo metterà a punto. E soprattutto si dovrà

capire a che valore (presumibilmente meno degli 8,50 euro della ricca Germania) sarà stabilito il salario

minimo. Una volta in vigore, qualunque lavoratore (dall'operaio all'impiegato, dalla colf al raccoglitore di

pomodori. dal lavoratore dipendente al parasubordinato) avrà il diritto di ricevere almeno quella somma come

paga oraria. E il suo datore di lavoro dovrà subire una sanzione. SIl salario minimo è la più bassa paga

oraria, giornaliera o mensile che in alcuni Stati i datori di lavoro devono per legge corrispondere a impiegati e

operai È stata introdotta per la prima volta in Australia e Nuova Zelanda alla fine del XIX secolo Viceministro

all'Economia Enrico Morando Per avvicinare il sistema contributivo italiano alla media europea non bastano

10 miliardi, ma ne servono 32­33, soprattutto da tagli alla spesa: sono necessari tre anni se le decisioni

vengono prese adesso

Foto: Il viceministro all'Economia, Enrico Morando

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 188

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Lo scontro in Parlamento La crisi del tabacco scatena le lobby PAOLO RUSSO ROMA Le multinazionali divise sul low cost Una battaglia per conquistare un mercato che vale 18,4 miliardi Russo A

PAGINA 13 Da qualche mese negli uffici di onorevoli e senatori è tutto un via vai di lobbisti del tabacco. Visite

private alle mostre d'arte più «in» del momento, cocktail ultra chic, slide di studi apparentemente indipendenti

ma in realtà commissionati da qualche multinazionale delle bionde. È la nuova guerra del fumo, che vale 18,4

miliardi di euro, sempre più erosi dalla crisi e dai fumatori in crisi di coscienza, stritolati tra il vizio e le

campagne anti fumo martellanti. Ma in questa battaglia i signori delle «bionde» marciano divisi. Quello che si

sta giocando in questi giorni, in attesa che il governo rimetta mano alle accise sul tabacco con i decreti

attuativi della delega fiscale, è infatti un vero e proprio derby. Da un lato la Philips Morris, che schiera un

brand fortissimo come Marlboro, che da solo vale un quarto del mercato. Loro ai parlamentari si presentano

con una richiesta apparentemente incomprensibile: aumentate pure le accise sul tabacco, ma per tutti,

riallineando la tassazione che, dopo una battaglia condotta a colpi di ricorsi e sentenze, ha visto alla fine i

Monopoli applicare un'accisa più bassa per le sigarette low cost, quelle dai 4 euro a pacchetto in giù. Una

mossa, a dir la verità, da Stato-Tafazzi, perché alla fine i consumi si sono in parte trasferiti dai pacchetti di

lusso a quelli «low», con una perdita netta di 600 milioni per l'erario. E neanche a dire che ne abbia

guadagnato la salute degli italiani, visto che il consumo di bionde non è affatto diminuito ma si è solo spostato

su quelle meno costose. «Tutti gli studi internazionali che ci sono stati presentati in audizione alla Camera

dimostrano che con il diminuire dei prezzi aumentano i consumi e viceversa», conferma Ernesto Carbone,

Pd, in commissione finanze. Il quale ammette: «da mesi i nostri uffici sono presi d'assalto dai lobbisti del fumo

in guerra tra loro». Si, perché alla squadra della Philips Morris si contrappone quella composta dalla British

American Tobacco (Lucky Strike e Dunhill), la JTI, ovvero Japan Tobacco International (Camel) e la Imperial

(Gauloises e Rizla), che fa pressing perché nessuno tocchi le accise, avendo un mercato che si è

avvantaggiato con il fisco più leggero sulle low cost. A dicembre l'università confindustriale, la Luiss, si è

presentata in audizione alla Camera con uno studio che dimostrava il vantaggio economico per lo Stato

derivante da una tassazione più leggera sui pacchetti economici. Peccato che lo stesso studio qualche

parlamentare lo abbia ritrovato su Google, ma come commissionato dalla JTI. In tutto questo i produttori di

sigarette elettroniche rappresentati dall'Anafe, combattono la loro battaglia per non veder aumentare del 58%

la tassazione sulle e-cig, tifando segretamente per chi propone allo Stato di far cassa aumentando e

livellando le accise sulla bionde. Una guerra senza esclusione di colpi, dove fino ad oggi a rimetterci è stato

l'erario e a guadagnarci il contrabbando. Nel 2012 la sua quota di mercato era esplosa, lambendo il 10%, per

poi riscendere nel 2013. Ma probabilmente solo perché il mercato illegale delle bionde sta cambiando volto.

L'Agenzia delle Entrate è a conoscenza di pacchetti di contrabbando, con bollino dei Monopoli contraffatto, in

vendita negli scaffali delle tabaccherie. A spaventare i grandi player del tabacco è però soprattutto l'esercito

dei fumatori pentiti o in via di pentimento. Per questo Jti è andata a giocare in trasferta, nel campo delle e-cig,

però con un prodotto più simile alla sigaretta tradizionale. E la Philips Morris è andata oltre. Dal 2015 investirà

mezzo miliardo per realizzare vicino Bologna una sigaretta un po' più piccola di quella convenzionale, con

cialde di vero tabacco che viene scaldato da un apparecchio elettrico, senza però combustione. Quella che fa

sprigionare oltre 4mila sostanze cancerogene in una normale bionda. Forse per una volta business e salute

possono non fare a pugni.

I numeri del vizio milioni Nel 2003 Nel 2013

75 milioni nel 2013 20,6 Consumo sigarette fai da te (2005-2010) Fumatori in Italia 10,6

93,8 milioni di tonnellate nel 2006 della popolazione

16,1 12,7 Fonte: istituto superiore di sanità Consumo tabacco in Italia Consumo di sigarette al giorno

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 189

Page 190: ANIEM · 2015. 7. 21. · INDICE ANIEM 05/04/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale 12 06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

TuttoSoldi Borsa, sulla ripresa l'incognita americana SANDRA RICCIO Gli analisti scommettono sul maxi piano della Bce Riparte il settore dei mutui ALL'INTERNO DEL GIORNALE

Primi tre mesi dell'anno da record per la Piazza di Milano. L'indice FtseMib ha chiuso il periodo con un

guadagno del 14% che l'ha proiettato ai primi posti nel mondo insieme a Spagna (+12%) e Grecia (+15%). E

di gran lunga davanti ai tre listini principali: Francoforte si è fermata a un +0,3%, l'S&P500 americano ha fatto

+1% mentre Tokyo ha addirittura perso il 7%. La prima settimana di aprile ha aggiunto altri due punti al forte

cammino in avanti di Milano ma dopo questo enorme balzo c'è ancora spazio per crescere? La gran parte

degli analisti rimane dell'idea che la spinta rialzista non sia per niente esaurita. Anzi, l'ottimismo ha ricevuto

nuova linfa dalle parole di Mario Draghi che ha ribadito la possibilità che la Bce promuova in Europa un

Quantitative easing. L'ipotesi circolata di un piano di acquisto bond da 1.000 miliardi l'anno da parte della

Banca centrale europea ha fatto il resto. Gli ingredienti per un proseguimento del "turbo" mercato, almeno in

Italia e Spagna, sembrano esserci tutti ma tra gli esperti c'è anche chi consiglia grande cautela. Le voci fuori

dal coro ripetono che il mercato è drogato dalle politiche monetarie. Un campanello d'allarme è suonato

venerdì a Wall Street con il Dow Jones scivolato di quasi un punto e il Nasdaq di tre. Per i (pochi) "gufi"

potrebbe essere l'inizio dello storno. Ancora turbo? Chi è convinto che la stagione dei rialzi proseguirà guarda

al ritorno di fiducia sull'Europa e nel "sistema Italia" ma il vero merito va alla Bce. «La sensazione è che il

meglio debba ancora arrivare - afferma Enrico Vaccari, vice responsabile degli investimenti di Consultinvest

Sgr -. La manovra annunciata dalla Bce rimane un motore forte e dal passato arrivano conferme: laddove le

Banche centrali hanno già messo in campo politiche monetarie espansive, i mercati sono andati sempre

molto bene». E' successo negli Usa ma anche in Giappone e in Gran Bretagna. Anche le economie sono

migliorate e da una situazione di recessione si è passati a una crescita importante. «Da noi in Europa si parte

da un misero +0,5% di crescita del Pil e dunque c'è ancora molta strada da fare» dice Vaccari. «Il momento

resta positivo soprattutto per l'Italia» è convinto Sandro Occhilupo di Banque Syz che però sposta in là nel

tempo il giudizio definitivo: "Bisognerà vedere se le promesse fatte diventeranno concrete. Si tratterà di

aspettare fino all'estate». La nuova fase dei consumi Gli esperti ripetono da tempo ormai che il valore sta nel

settore finanziario e in quello delle assicurazioni, in particolare in Italia e in Spagna. Subito dopo vengono i

comparti industriali e le telecomunicazioni. «I titoli dell'industria sono molto sensibili all'andamento del ciclo

economico che vediamo in ripresa mentre le telecom potrebbero beneficiare del processo di ristrutturazioni in

corso in Europa» spiega Vaccari. Di sicuro, sul fronte italiano, aiuta ancora una volta il forte calo dello spread

che la settimana scorsa è sceso sotto i 160 punti (dai 225 punti di gennaio). «Quota 100 è ipotizzabile ma

solo se Renzi realizzerà almeno la metà delle promesse fatte e se l'Europa inizierà davvero a puntare di più

sulla crescita - dice Nicola Trivelli Ceo e direttore investimenti di Sella Gestioni Sgr-. Da area 150 in giù noi

inizieremo a portare a casa un po' di sovrappeso fatto in quest'ultimo anno e mezzo». Per l'esperto una

scommessa interessante su cui puntare quest'anno è quella della ripresa dei consumi europei. «Tutti i Paesi

ci stanno ragionando con la Germania che ha introdotto il salario minimo e Renzi con gli 80 euro» dice

Trivelli. Rischio correzione «Nel 2013 le banche centrali hanno inondato il mercato di liquidità manipolando

così i prezzi dei titoli del debito pubblico - dice Pier-Alberto Furno, Ceo di Nemesis Am -. In questo modo

hanno ottenuto un rialzo delle quotazioni e dei profitti aziendali che hanno fatto registrare dei nuovi massimi

in tutto il mondo. Ma nonostante le prospettive economiche siano migliorate, le valutazioni attuali sono a livelli

troppo elevati e non giustificati da una forte crescita economica». Per questo per l'esperto non siamo immuni

da una forte correzione. Già in questo nuovo trimestre.

Il confronto L'andamento da inizio anno dell'indice Ftse Mib di Piazza Affari e l'indice del settore finanziario

italiano Settore finanziario italiano Ftse Mib

07/04/2014 1Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 190

Page 191: ANIEM · 2015. 7. 21. · INDICE ANIEM 05/04/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale 12 06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

TUTTO SOLDI L'INDAGINE DI OD&M Gli stipendi degli italiani sono fermi E perdono il loro potere d'acquisto Bisogna intervenire subito sul cuneo fiscale, sempre alti i differenziali di genere Più retribuzioni per i dirigentidi credito e assicurazioni [W. P.] Per alcuni il sogno è avere gli stipendi di Paolo Scaroni (Eni, 6,7 milioni nel 2012, tutto compreso) o di Flavio

Cattaneo (Terna, 2,4 milioni) o di Massimo Sarmi (Poste italiane, 1,5 milioni). Per altri avere un lavoro

dignitoso, anche con buste paga molto più modeste. Di questi tempi si parla molto degli stipendi dei dirigenti

e top manager italiani, pubblici e privati, mettendo in ombra le vere retribuzioni degli altri italiani. A gettare

una luce statisticamente rilevante, ci prova l'Indagine numero 17 realizzata dalla società specializzata Od&M

(Gi Group), il cui ultimo Rapporto elabora quasi 400mila buste paga (388.594 profili retributivi, per l'esattezza)

di dipendenti privati (dirigenti, quadri, impiegati ed operai) raccolte nell'arco del quinquennio 2009-2013. Si

tratta di dati che parlano da soli. Dal punto di vista nominale, gli stipendi sono cresciuti, anche se di poco, ma

ci ha pensato l'inflazione, anche se ora è bassa, a metterne in riga il potere d'acquisto, oltre naturalmente al

carico fiscale e contributivo. Nei cinque anni considerati (2009-13) i dirigenti hanno visto lievitare le loro

retribuzioni del 6,3%, i quadri del 4,6% , gli impiegati 9,2% , gli operai dell'8,2%. Ma l'inflazione misurata

secondo l'indice Nic è arrivata a108,8 (+8,8%) , mentre l'inflazione reale, misurata secondo l'indice dei bene

ad alta frequenza d'acquisto, è arrivata a 111,8 (+11,8%). Con il primo indice si sono salvati solo gli impiegati,

con il secondo hanno perso tutti. Il Rapporto permette anche di valutare quanta strada stia facendo la

cosiddetta nuova retribuzione, vale a dire quella che, mantenendo un dignitoso zoccolo di stipendio fisso, dia

maggiore ossigeno e spazio di crescita a quello variabile, legato ai risultati. La fotografia che esce dal

Rapporto è sconsolante: nonostante il periodo di crisi, gli stipendi di risultato non decollano affatto, eppure

potrebbero avere uno funzione di stimolo oltre che di meritocrazia. Nei cinque anni considerati, per i dirigenti

il variabile ha raggiunto il 12,6% (12.406 euro l'anno), per i quadri il 6,8% (3.445 euro), per gli impiegati il

2,7% (761 euro), per gli operai l'1,8% (405 euro). In questo modo, i dirigenti nel 2013 in media hanno portato

a casa 110.875 euro di retribuzione annua lorda, i quadri 54.179 euro, gli impiegati 28.562 euro e gli operai,

sempre in media, 23.493 euro lordi annui. Territori e genere. Il Rapporto permette anche di verificare quali

sono le aziende che pagano meglio per territorio, settore, dimensioni aziendali e differenze di genere. A

pagare di più sono le grandi imprese rispetto alle piccole, con differenze che arrivano tra i 14-15 punti in

media per manager, operai e impiegati. L'area del nordovest paga di più per tutte le categorie, dall'1,2% per i

manager, al 4,3% per gli operai. Tra i settori, pagano decisamente meglio quadri e dirigenti il credito e le

assicurazioni; impiegati e operai sono più pagati nell'industria. Le società di servizi presentano valori al di

sotto della media nazionale in tutte le categorie tranne che per gli operai; il commercio e il turismo presentano

i valori più bassi per impiegati e operai. I differenziali medi di stipendio tra uomini e donne confermano la

discriminazione: si va dal 9,3% in più per i dirigenti maschi rispetto alle femmine, al 14,8% tra gli impiegati, al

9,6% tra gli operai, al 6% tra i quadri.

Cinque anni di buste pagaOperai Impiegati Quadri Dirigenti

4,0% 8,2% 2,5% 9,2% 0,3% 4,6% 1,0% 6,3% Trend 2013-2012 Trend 2013-2009 CHI VINCE E CHI PERDE

CONTRO L'INFLAZIONE Retribuzioni per categoria dal 2009 al 2013 e Indici dei prezzi (Nic e ad alta

frequenza d'acquisto) Le retribuzioni annue lorde medie per categoria, compreso il variabile, valori assoluti

07/04/2014 28Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 191

Page 192: ANIEM · 2015. 7. 21. · INDICE ANIEM 05/04/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale 12 06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

LO STUDIO Fisco, oltre 11 milioni vivono in zone a rischio evasione L'Agenzia delle Entrate divide l'Italia in 8 aree. Tra i sorvegliati speciali il Sud povero e alcune categorie altedi Roma e Milano TENORE DI VITA E SICUREZZA SOCIALE INFLUENZANO LA PROPENSIONE A NONPAGARE LE TASSE Giusy Franzese ROMA C'è chi evade il fisco per sopravvivere e c'è chi lo fa per abito mentale. La distanza tra i due spesso si

misura tra il lavoretto in nero per rimpolpare l'assegno di disoccupazione o di cassa integrazione, e la barca o

l'auto di grossa cilindrata intestate a società con sede in un paradiso fiscale. Ma si misura anche dal luogo in

cui si trovano: il primo (l'evasore "povero") è al Sud, l'altro vive in lussuosi appartamenti romani o milanesi. È

la stessa Agenzia delle Entrate a mettere in collegamento grado di pericolosità fiscale e tenore di vita. Due

parametri incrociati anche con il grado di pericolosità sociale. Il risultato è una mappa dell'Italia divisa in otto

zone, una mappa disegnata a uso interno (per concentrare il contrasto all'evasione dove più serve), ma che

tuttavia fornisce indicazioni interessanti. Nella mappa, infatti, spicca un Sud quasi uniforme con tenore di vita

molto basso, forte propensione a non pagare le tasse e dove la criminalità organizzata la fa da padrone. E un

Nord dove invece il tenore di vita è buono e le tasse per lo più si pagano. A parte ci sono le due capitali:

quella politica e quella finanziaria. È qui, a Roma e a Milano, che la tentazione della bella vita si sposa con

quella dell'evasione fiscale, il lusso sfrenato lo si mette in conto ai contribuenti onesti. EVASORE PER

NECESSITÀ Sono oltre undici milioni e duecentomila le persone (naturalmente non tutti evasori fiscali) che

vivono in zone che l'Agenzia delle Entrate cataloga a "rischio totale". Si tratta di 17 province (Agrigento,

Brindisi, Caltanissetta, Caserta, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Foggia, Frosinone, Lecce, Napoli, Ragusa,

Reggio, Calabria, Salerno, Trapani, Vibo Valentia, Barletta-Andria-Trani) tutte meridionali. A queste se ne

aggiungono altre sette, sempre nel sud Italia, dove risiedono altri due milioni e trecentomila persone e dove il

tenore di vita è sempre al gradino più basso, la pericolosità fiscale resta molto alta (livello 4 su una scala

massima di 5) ma c'è un po' meno criminalità. il gruppo catalogato come "niente da dichiarare?". In totale,

quindi, 13 milioni e mezzo di persone attorno alle quali è tracciato il segno rosso di pericolo evasione. Fari

puntati poi sulle grandi città metropolitane. Gli ispettori del fisco hanno potuto verificare che spesso è proprio

qui che i ricchi disonesti scelgono di vivere. Roma e Milano (in totale 7,1 milioni di residenti) si piazzano al

livello 4 per pericolosità fiscale e sociale, contro un tenore di vita massimo (livello 5). È questo GLI ONESTI

Sono comunque una bella pattuglia, ricchi ma anche no. Più il luogo dove vivono è tranquillo, più si è

invogliati a pagare le tasse. Sono 23 milioni e trecentomila gli italiani che risiedono in zone - catalogate come

"stanno tutti bene" (Nord ricco), "industriale" (centro e parte del Nord) - che l'Agenzia delle entrate mette nella

bassa pericolosità fiscale e alto tenore di vita. Infine ci sono le aree dove l'evasione c'è ma in modo moderato

(livello 3): i nomi scelti per catalogare queste aree (si differenziano per il tenore di vita e la pericolosità

sociale) la dicono tutta: "rischiose abitudini", "non siamo angeli", "gli equilibristi".

La mappa del rischio fiscale Le province raggruppate per indicatori di fisco, criminalità ed economia

dall'Agenzia delle Entrate per contrastare l'evasione e migliorare i ser vizi Rischio Totale ALTO TASSO DI

PERICOLOSITÀ FISCALE Metropolis Niente da dichiarare Rischiose abitudini Gli equilibristi Non siamo

angeli Industriale Stanno tutti bene I gruppi individuati dall'Agenzia delle Entrate

Foto: Controlli della Guardia di Finanza

06/04/2014 4Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 192

Page 193: ANIEM · 2015. 7. 21. · INDICE ANIEM 05/04/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale 12 06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

Intervista Maurizio Stirpe «La disonestà c'è ovunque il Lazio paga di più la crisi» IL PRESIDENTE DEGLI INDUSTRIALI LAZIALI: «LE CIFRE RISENTONO DEL LAVORO NERO DI MOLTICASSINTEGRATI» Aldo Simoni FROSINONE Basso Lazio terra di furbi e di evasori? «Macchè, non scherziamo: le sacche di evasione ci

sono al Nord così come al Sud. La verità è che Roma e tutte le province laziali soffrono in maniera più

marcata i segni di una crisi che ci ha portato indietro di 10 anni». Maurizio Stirpe, presidente degli Industriali

del Lazio, ha appena letto la classifica dell'Agenzia delle Entrate e aggiunge: «Soffriamo perchè soffrono le

grandi aree industriali del Lazio». Ossia? «Mi riferisco, ad esempio, alla Fiat di Cassino e alle grandi aziende

del triangolo Anagni-Paliano-Colleferro. Qui sono stati rispediti a casa migliaia di operai che, in teoria,

dovrebbero mantenere famiglia e arrivare a fine mese con 800 euro. Secondo voi è possibile?» E il lavoro

nero dilaga.... «Dati ufficiali non esistono, ma non si è lontano dalla verità nel dire che, nel Basso Lazio, molti

cassintegrati si dedicano ad altre attività, favorendo, in questo modo, una presenza dilagante di lavoro nero.

Certo, quanto sia diffuso il lavoro nero non lo so. Ma è facile pensare che chi resta a casa non stia con le

mani in mano». Solo la Fiat di Cassino ha avuto, nell'ultimo triennio, i suoi 5 mila dipendenti al lavoro per soli

50 giorni all'anno, per non parlare della Videocon che nell'area di Anagni ha scaricato oltre 1.200 operai in

mobilità... «Con queste cifre i dati dell'Agenzia delle Entrate non stupiscono affatto. Ma per il futuro vedo

rosa: sono certo che a maggio, con il nuovo piano industriale della Fiat, lo stabilimento di Cassino tornerà a

trainare tutta l'economia del Basso Lazio, indotto compreso. E allora torneremo a quei modelli e stili di vita cui

eravamo abituati nei primi anni 2000». Nel frattempo migliaia di lavoratori invisibili al Fisco arrotondano le

proprie entrate anche se, ufficialmente, per l'Agenzia delle Entrate tirano avanti con un reddito annuo di poco

superiore ai 9.600 euro. Reddito, appunto, da profondo Sud. «Certo. Ma va anche considerato che il Lazio è

stata la Cenerentola nella favola dell'utilizzo dei finanziamenti europei erogati alle imprese. Ed è uno studio

condotto da Unindustria e Cer (Centro Europa ricerche) a dimostrarlo, tenendo conto delle agevolazioni

concesse alla regione dal 2006 al 2011. In cinque anni sono stati erogati 353 milioni di euro, poco più del

2,5% dei fondi stanziati dall'insieme delle regioni. Per fortuna da qualche mese è stata invertita la rotta e le

prospettive, oggi, sembrano essere ben diverse rispetto al passato». Intanto l'Agenzia delle Entrate individua

nel Basso Lazio e nel Frusinate, in particolare, un'alta concentrazione di furbi, ossia di soggetti "fiscalmente

pericolosi"... «Quanto sia alta questa concentrazione non lo so. Di certo so che il mio Gruppo è

costantemente controllato dalle Fiamme Gialle. Diciamo che, mediamente, non passa anno in cui una delle

mie aziende non venga ispezionata». Le Fiamme Gialle, lo scorso anno, hanno scovato un'altissima

percentuale di falsi poveri e hanno bloccato centinaia di assegni di accompagnamento.... «Sono casi che

accadono nel Lazio così come in tutta Italia. Escludo nel modo più categorico che in provincia si concentrino

fasce di persone abili a truffare lo Stato».

06/04/2014 4Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 193

Page 194: ANIEM · 2015. 7. 21. · INDICE ANIEM 05/04/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale 12 06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

Discesa del debito più lenta parte la trattativa con la Ue Le previsioni del Def. Confermato l'obiettivo del deficit al 2,6% Luca Cifoni ROMA Sarà possibile un rallentamento del percorso di discesa del debito pubblico a causa dell'accelerazione

dei pagamenti verso i fornitori della Pubblica amministrazione. Ma viene confermato l'obiettivo del deficit per

quest'anno (2,5-2,6 per cento in rapporto al Pil). È questo l'approccio che il governo si appresta a

formalizzare nel Def, il documento di economia e finanza all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri di

domani. Per il momento dunque l'Italia non ha intenzione di chiedere particolari deviazioni dal percorso

concordato a livello europeo. Una trattativa dovrebbe aprirsi nel secondo semestre. a pag. 6 ROM A

Conferma dell'obiettivo di deficit per quest'anno (2,5-2,6 per cento in rapporto al Pil) ma possibile

rallentamento del percorso di discesa del debito pubblico a causa dell'accelerazione dei pagamenti verso i

fornitori della pubblica amministrazione. Sui conti pubblici è questo l'approccio che il governo si appresta a

formalizzare nel Def, il documento di economia e finanza all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri di

domani. La settimana successiva sarà la volta del decreto legge con il quale potrà partire da maggio la

riduzione del carico fiscale in busta paga per i lavoratori dipendenti. Anche se le ultime simulazioni sono

ancora in corso è molto probabile che l'intervento si concentri sui lavoratori con retribuzione lorda fino a 25

mila euro (per i quali il beneficio di 80 euro al mese sarà pieno) mentre al di sopra di questa soglia il beneficio

si ridurrà rapidamente fino ad azzerarsi. POSSIBILE TRATTATIVA Quanto all'Irap pagata dalle imprese e dai

lavoratori autonomi, il suo alleggerimento sarà definito in un provvedimento successivo: se questo arriverà

prima dell'autunno, i contribuenti interessati potranno beneficiare dello sgravio con il secondo acconto di

novembre; se invece la misura sarà inclusa nella legge di stabilità, allora avrà effetti in termini di cassa solo

con il saldo versato nel 2015, anche se il beneficio si riferirà contabilmente all'anno fiscale 2014. In ogni caso

l'entità dello sconto sarà limitata al 5 per cento per quest'anno, mentre dovrebbe raddoppiare a regime a

partire dal successivo. Da definire la modalità di intervento. Per il momento dunque l'Italia non ha intenzione

di chiedere particolari deviazioni dal percorso concordato a livello europeo, che prevede tra l'altro un rapporto

disavanzo/Pil non superiore al 2,6 per cento nel 2014. Per l'anno 2015 è indicato nel Def un valore pari

all'1,8. Il tempo per un'eventuale trattativa sarà la seconda metà dell'anno, quando al nostro Paese toccherà

la presidenza di turno dell'Unione europea. Si pone il tema del debito pubblico: l'obiettivo di ridurne l'incidenza

contrasta in parte con la necessità di accelerare al massimo i pagamenti dovuti dalle amministrazioni centrali

e locali ai loro fornitori, che al contrario vanno ad aumentare il debito (perché nella grande maggioranza dei

casi gli enti interessati non sono in grado di farvi fronte con le proprie disponibilità). Di questa situazione si

dovrebbe prendere atto nel Def, anche se un effettivo rallentamento del percorso di discesa avrà bisogno di

altri passaggi, sia presso l'Unione europea sia in Parlamento, in base a vincoli più restrittivi imposti

dall'articolo 81 della Costituzione. Nel Def sarà indicata in forma esplicita anche la volontà del governo di

procedere con la revisione della spesa pubblica che dovrà assicurare già dal 2014 risparmi compresi tra i 4 i

5 miliardi di euro: sarà quindi inclusa nel documento una versione aggiornata del piano del commissario Carlo

Cottarelli.

Ultimo calcolo Bankitalia

Il debito italiano

2.089,5 miliardi di euroDebiti della Pubblica amministrazione

91miliardi di euro*

Fonte: Mef 43,6 da onorare (fondi ancora non stanziati) *scaduti a fine 2012 (calcolo Bankitalia) 22,4

previsione di pagamento nel 2014 25,0 effettivamente pagati a fine 2013

07/04/2014 1Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 194

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Foto: Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia

07/04/2014 1Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 195

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Zuppa di Porro Cdb & Marino capitalismo all'amatriciana Nicola Porro Èda un paio di anni che l'ingegner Carlo De Benedetti ha avuto modo di «gioire» nel «donare» le sue aziende

ai figli. Più o meno negli stessi anni anche i lettori del Sole 24 Ore possono gioire della lettura delle ricette anti

crisi del medesimo ingegnere sulla prima pagina del prezioso foglio salmonato. In questo donarsi collettivo

ieri abbiamo raggiunto il massimo. Merito anche della prosa: «Chiunque abbia sofferto di coliche sa bene che

conviene prendere una massiccia dose di analgesico ai primi segnali di dolore se si vuole evitare una

sofferenza acuta e duratura. La stessa cosa accade con la deflazione...». E avanti con consigli, anche allo

spirito santo, ma soprattutto ai «policy makers europei e non solo» su come stroncare (...) segue a pagina 19

dalla prima pagina(...) la bestia deflazionistica. Cari amici della Confindustria, ma davvero dobbiamo

ascoltare le ricette dell'ingegnere? Ma solo ieri ci avete spiegatocheleaziendedonate dal medesimo ai figlioli

nonsannocomerestituire allebanchequalcosacomedue miliardi di euro.Macari amici del Sole 24 Ore, sul

vostro giornalecispiegatechelepiccole e medie imprese non prendono una lira dalle banche, che c'è il credit

crunch, e poi fate spiegare al campione del cattivo utilizzo del credito bancario (quei fidi furono

datiancheall'Ing)comeuscire dalla crisi? Eddai. Magari qualche vostro associato potrebbe iniziare a fare due

più due. *** Ilcuocohale suedebolezze e si è appassionato ai lampioni di Roma. I giornale dalla

schienadritta(unpo'piùcurvasoloquandointervistaFuksas e cioè il Fatto, scopre che a Roma ci sono 210mila

lampioni e che costano 280 euro l'uno,controi188europroposti dalla Consip, la centrale di acquisti pubblici.

Scopriamo chenel2013 l'Acea chiudeun ottimo bilancio anche grazie ai costi spropositati dell'illuminazione.

Echegrazieaquestiprezzifuorimercato, Francesco Gaetano Caltagirone e socifrancesi diSuezsistaccano

dividendi alle spalle dei cittadini romani. Ecco perché il sindaco di Roma, IgnazioMarino, fa bene a chiedere

le dimissioni del vertice della società, nominati dal suopredecessoreGianniAlemanno. Il cuoco, a questo

punto, fa il percorso inverso e speculare a quello della gazzetta dalla schiena dritta. E invece di andare

dall'ufficio stampa delComunee(ciscommettiamo un cappello) dal potente democratico Goffredo Bettini, uomo

ombra del sindaco, chiama l'ufficio stampa dell'Acea. Ragazzi, coi lampioni di Roma non si scherza. In effetti

sono tanti: la bellezza di 214mila. E l'Acea nel 2013ci fatturasopra62milioni. Dunque addirittura più

dei280euretti delFatto.Inrealtà si devonoaggiungereanche 600 monumenti. Insomma sui 280 euro l'anno per

lampionecisiamo.Maadifferenza della gara Consip, che prevede energia e manutenzione, l'Acea sulle luci di

Roma e su suoi monumenti fornisce un servizio completo: dallasostituzione,allariparazione alle manutenzioni,

che nonsonoprevistenelcontratto Consip. Questo dicono all'Acea. Ma quel che conta di più è che tutta questa

roba produce un margine per l'azienda di 5,8 milioni di euro, su utile lordo complessivo di 766 milioni.

Insomma mettetela comevolete, pensate pure che i giornalisti dalla schiena dritta abbiano ragione sui costi

perlampione(enoncel'hanno), mal'ideachegrazieall'illuminazione pubblica si faccianoibilancid'oroèunapalla

grossa come una casa. In più, tanto per mettere una ciliegina sulla torta, il Comune è in arretrato sui suoi

pagamenti per 83 milioni di euro, solo per i servizi di illuminazione pubblica. Ci siamo fissati sul caso dei

lampioni di Roma, per raccontare un piccolo spaccato del rapporto tra politica, media, società pubbliche.

Acea è una delle settemila partecipazioni controllate dagli enti locali. La sua maggioranza èin mano al

Comune. E Marinohaintenzionediusareilbastonedelcomandononostante gli ottimi risultati ottenuti dal

m a n a g e m e n t . A n z i q u e i m a n a g e r l i v u o l e l i c e n z i a r e . E c o n i t e m p i d e l l a p o l i t i c a :

stanolitigandosulladatadell'assemblea che il sindaco vuole prima delle Europee. Chissà come mai? Acea, nel

panorama asfittico, di un Comune come Roma, è una gallina dalle uova d'oro. Non solo stacca un

assegnoda40milionicomedividendi da porgere al sindaco, ma può rappresentare sponsorizzazioni,

assunzioni, interventi, piccoleclientele.Cari commensali: prima di pensareallegrandiprivatizzazioni,

partiamodalle storie locali. Forza, togliamo alla politica la possibilità di mettere le mani sui lampioni di Roma.

Con buona pace dei giornalistidallaschienadrittacheabbagliatidallampioneguardano il dito e non la luna.

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Foto: TANDEM Carlo De Benedetti, fondatore del gruppo Cir-Cofide ed editore di «Espresso» e

«Repubblica». E (a destra) Ignazio Marino, sindaco di Roma, eletto per il Pd nel giugno scorso [Ansa e

LaPresse]

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IL DOSSIER Con mille miliardi Draghi salverà l'Europa dalla Ue Renato Brunetta Ancora una volta Draghi salva l'Europa dall'Europa. Il nemico non è più lo spread : è la deflazione figlia della

politica economica sbagliata voluta dalla Germania. Insomma, errori su errori, con il mondo che se la ride. Se

noi guardiamo al recente passato, ci facciamo assalire dalla rabbia (...) segue a pagina 6 dalla prima pagina

(...) e dal disgusto. Rabbia e disgusto contro chi ci dava lezioni tutti i giorni e accusava Berlusconi di aver

portato l'Italia sull'orlo del baratro, utilizzando poi queste balle sesquipedali per far fuori il suo governo

democraticamente eletto. Adesso lo spread è passato di moda. La missione è stata compiuta e non se ne

parla più. Proprio ora che vediamo gli effetti delle politiche economiche sbagliate di Monti e Letta. Proprio

adesso, cioè, che i dati macroeconomici del nostro Paese sono tutti negativi, e al peggior livello mai visto dal

secondo dopoguerra. E che lo spread, quindi, dovrebbe essere alle stelle. Oggi, come allora, c'è qualcosa

che non torna. O, meglio, stiamo finalmente avendo le prove del grande imbroglio: l'andamento dello spread

non dipende, se non per un terzo, dalle politiche economiche dei governi; è, invece, per due terzi frutto delle

tensioni sulla moneta unica (l'euro), e dalle risposte delle istituzioni europee alla speculazione internazionale.

Istituzioni europee che, a partire dalla Commissione di José Manuel Barroso, negli anni della crisi hanno fatto

sempre troppo poco e troppo tardi per contrastare le ondate speculative. Ora l'imbroglio dello spread è stato

svelato. La zona euro si trova davanti a un nuovo mostro, conseguenza delle politiche economiche sbagliate

e recessive volute dall'Europa tedesca in risposta alla crisi dei debiti sovrani: la deflazione, una riduzione

generalizzata del livello dei prezzi, dovuta alle aspettative di famiglie e imprese, che a causa della crisi e della

stretta fiscale e creditizia rimandano al futuro gli acquisti o non hanno reddito per effettuarli. Degli effetti di

un'economia in deflazione risentono soprattutto i Paesi, come l'Italia, caratterizzati da elevato debito pubblico.

Al contrario, in periodi come quello attuale, in cui l'attenzione è tutta concentrata sul piano di rientro dal debito

degli Stati con un rapporto debitoPil superiore al 60%, qualche decimale di inflazione in più aiuterebbe a

rispettare gli impegni presi dagli Stati dell'Eurozona con il Consiglio e la Commissione europea. Per questo

motivo, Mario Draghi ha annunciato che «il Consiglio dei governatori della Bce è unanime nel suo impegno a

usare anche strumenti non convenzionali per gestire in modo efficace i rischi di un periodo troppo prolungato

di bassa inflazione». Draghi non ha detto quando lo farà né come. Ma i mercati si fidano. E immediatamente

lo spread è andato giù e le Borse su. Come il 24 luglio 2012, è bastata la parola. Nel fine settimana sono

trapelate poi diverse indiscrezioni su quello che la Bce intende fare. In particolare, stando a quanto scritto dal

quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung , il piano dovrebbe consistere in acquisti, sul mercato

secondario, di Asset Backed Securities (Abs), vale a dire di quei titoli con cui le banche cartolarizzano i

prestiti concessi a famiglie e imprese. La Bce, pertanto, ritirerebbe «carta», vale a dire i titoli cartolarizzati, in

cambio di moneta. Con la speranza che la liquidità così immessa nel sistema si trasferisca, per il tramite del

settore finanziario, a famiglie e imprese sotto forma di finanziamenti. Un metodo per risolvere i problemi del

credit crunch che blocca le economie dell'Eurozona. Portata dell'operazione: 80 miliardi di euro al mese per

un anno. Totale: 960 miliardi. Arrotondati dai giornali, per rendere meglio l'idea, a 1.000 miliardi di euro. Un

passo indietro: 31 agosto 2012. Ben Bernanke annuncia la sua terza tranche di Quantitative Easing : 85

miliardi di dollari all'anno di bond garantiti da mutui ipotecari. Trovate le differenze rispetto al piano Draghi... A

supporto della sua decisione aveva dimostrato che «con i due Quantitative Easing , del 2008-2010 e del

2010-2011, sono stati creati 2 milioni di posti di lavoro e il prodotto interno lordo degli Usa è aumentato di

almeno il 3% in più rispetto a quanto avrebbe potuto crescere in assenza di interventi da parte della Fed». Il

senso dell'operazione cui sta pensando la Bce appare, dunque, chiaro. Come sempre, non sono mancate le

osservazioni della Banca centrale tedesca, la Bundesbank, che si è chiesta se «il mercato del debito privato

in Europa sia grande abbastanza per il Quantitative Easing ». Ma ciò che rileva, al di là delle indiscrezioni, è

che l'impegno della Bce a intervenire in caso di «un periodo troppo prolungato di bassa inflazione» è stato

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preso dal consiglio direttivo all'unanimità. Quindi anche con l'assenso del membro tedesco del board.

Unanimità che, per l'adozione di misure non convenzionali di politica monetaria, in seno alla Bce negli ultimi

mesi era spesso venuta a mancare, proprio per il veto tedesco. Dall'analisi dell'andamento dello spread sui

mercati, messo in relazione con le decisioni della Bce, emerge chiaramente che le uniche ad avere le redini

della situazione economica e finanziaria nell'Eurozona sono Germania e Banca centrale europea. Tanto più

che gli altri strumenti, quelli di competenza delle istituzioni europee (Commissione e Consiglio), per far fronte

alla crisi della moneta unica, derivante dall'architettura imperfetta dell'euro, sono bloccati. Il riferimento è alle

4 unioni: bancaria, economica, politica e di bilancio; e al Meccanismo europeo di stabilità (Mes), che nasce

con l'obiettivo di comprare titoli dei Paesi in difficoltà per «salvarli» dalla morsa della speculazione, ma finisce,

a causa del veto tedesco, per acquistare titoli dei Paesi dalla tripla A. In sintesi, la nostra politica economica e

i nostri governi non sono giudicati per quello che fanno, ma per come sono accettati o meno dai poteri forti

dell'Europa del nord. E lo spread è stata l'arma creata ad arte negli anni della crisi economica e finanziaria

per far cadere governi non graditi e sostituirli con esecutivi amici, più inclini ad accettare i diktat dell'Europa

tedesca. In questo contesto, solo l'azione della Banca centrale europea è riuscita ad arginare i danni causati

all'economia reale e al tessuto sociale dei Paesi dell'Eurozona dalla speculazione finanziaria e dalla non

reattività delle istituzioni comunitarie. Bravo Draghi, dunque. L'unico super Mario che ci è rimasto. Ma il suo

protagonismo altro non è che conseguenza del vuoto lasciato dai governi e dall'Unione. Fino a quando

vogliamo andare avanti così? Basta con questa Europa tedesca. Basta con questa Europa indecisa a tutto. E

basta anche con questo Renzi che, pur di vincere le Europee e conquistarsi così una legittimazione politica

che non ha, ci sta infilando in guai ancor peggiori di quelli di Monti e Letta: promette e annuncia riforme che

non è in grado di portare a termine, facendoci perdere definitivamente la faccia. Senza strategia, senza

cultura di governo, solo con la sua dannata fretta e il suo dannato volontarismo d'accatto. Il potere per il

potere. Non meritavamo questa fine. Renato Brunetta

INDICATORI A CONFRONTO

Italia

Eurozona Germania

Dati in %La disoccupazione12,612,412,211,412,11211,710,75,55,35,25,1133,7132,7132,412795,595,9

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95,492,68179,674,577,310,2

8,4

5,9

2011 2012 2013 2014 2015

Debito/Pil

120,7

87,9

80

2011 2012 2013 2014 2015 Fonte: Commissione europea

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 200

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L'intervista Renzi: non mi fermo. E ora liquido tutti gli enti inutili Il premier avverte i suoi: avanti sul Senato, il Pd rispetterà la linea. Chi ostacola le riforme? Elenco infinito, maresteranno delusi ANDREA CANGINI · ROMA SIGNOR presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ha detto che, così com'è, la riforma del Senato è

«inaccettabile». Poi con una nota ha ammorbidito la critica. Cosa sta succedendo? «Questo dovrebbe

chiederlo a Berlusconi. A me basta che il Senato non costi piu un centesimo, non sia eletto, non dia la fiducia,

non voti il bilancio. Sul resto si discute». È ipotizzabile che si discuta anche dell'elezione diretta del

presidente della Repubblica? «Il tema è serio, ma abbiamo già messo fin troppa carne al fuoco. Quindi,

secondo me, no». I senatori del Pd che non dovessero votare la riforma di palazzo Madama si metteranno

fuori dal partito? «Non amo i diktat, ma se una comunità democratica si dà delle regole poi deve rispettarle.

Che il Senato non debba essere più elettivo, che chi ne fa parte non percepisca uno stipendio e non possa

votare la fiducia al governo né le leggi di bilancio lo vogliono i cittadini che hanno votato alle primarie e lo ha

deciso la direzione del partito: sono sicuro che tutti gli eletti del Pd si attesteranno sulle posizioni scelte dai

nostri elettori e dai nostri organismi». Ci dice chi è che si sta mettendo di traverso tra lei e le riforme? «Se

vuole l'elenco, finiamo domattina... Ma non cerco alibi. Nei decenni, troppi politici si sono arresi scaricando su

altri la responsabilità dei propri fallimenti. Io non lo farò, anche se non mi sfugge che tra burocrati e politici ci

sia un sacco di gente che sta facendo il tifo perché il governo fallisca. Ma resteranno delusi». Tra chi tifa

contro di lei ci sono anche molti dirigenti del suo stesso partito... «Il mio partito ha fatto scelte coraggiose. Se

qualcuno prova ora ad alzare la voce affinché le cose annunciate non si facciano: beh, non mi spavento.

Piuttosto, sa cos'è che mi colpisce?». No, cosa? «Il fatto che di fronte a questo incredibile taglio ai costi e alle

inefficienze della politica, ci sia chi, come il Movimento 5stelle, si arrocchi nella difesa dello status quo. Come

possono dire no alla riforma delle province e a quella del Senato?». La accusano di bluffare. sia la faccia

perché a breve sarà chiaro che i suoi parlamentari stanno tradendo il mandato ricevuto dagli elettori». Al

'Fatto', Grillo ha detto che lei è «un bambino messo lì dalle banche». «Che vuole che le dica, ormai svolgo

una funzione sociale: solo insultandomi Grillo riesce a sentirsi vivo. Lo dico da fan, perché io agli spettacoli di

Grillo ci andavo volentieri ed ora mi si stringe il cuore nel vedere che fatica a riempire i teatri». La Ragioneria

generale dello Stato ha bocciato la staffetta generazionale nel pubblico impiego ipotizzata dal ministro

Madia... «Della proposta del ministro Madia dobbiamo ancora discutere. Ma le scelte politiche deve farle la

politica, non la Ragioneria generale dello Stato. Anche a causa delle timidezze dei politici, le strutture

tecniche hanno avuto un ruolo eccessivo: vorrei fosse chiaro che io non sono timido. Hanno deciso fin troppo

in questi anni». L'avevamo intuito, ma cosa intende dire? «Che se fino ad oggi i politici e i burocrati hanno

vissuto da cicale e le famiglie da formiche, da oggi in poi si cambia verso». Ad esempio? «Non vorrei si

pensasse che abolito il Cnel, le province e il Senato mi tranquillizzerò: per me quello è l'antipasto». E il primo

piatto quale sarà? «Dopo il cresci-Italia e il salva-Italia, è giunto il momento dello sforbicia- Italia: il primo

passo sarà la creazione di un elenco di organismi inutili da cancellare subito». La spending review riguarderà

anchegli organismi costituzionali? «Certo, e non solo. Le sembra logico che lo stipendio del segretario

generale di palazzo Madama sia pari a quattro volte quello del presidente del Consiglio? Non c'e solo il

Senato, sia chiaro, ma non faremo sconti». È vero che volete tagliare due miliardi e mezzo di spesa

sanitaria? «E' falso, una cifra del genere non è scritta neanche nelle pagine più cupe del rapporto Cottarelli».

Il ddl delega sul lavoro prevederà anche i contratti a tutele crescenti? «Si discuterà anche di questo, così

come si discuterà dell'assegno universale di disoccupazione. Ma ovviamente bisognerà armonizzare i singoli

provvedimenti in una riforma organica. Mi lasci però dire una cosa...». Prego. «Bisogna che anche la sinistra

cambi posizione. Di fronte ai picchi raggiunti dalla disoccupazione, non possiamo continuare a dire che siamo

il partito dei lavoratori per poi frenare ogni riforma del mercato del lavoro. E' ora di finirla con troppa

06/04/2014 2Pag. QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale(diffusione:165207, tiratura:206221)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 201

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ideologia». Dicono che di certe cose bisogna discutere... «La sorprenderò: la prossima settimana

organizzeremo come Pd un seminario a porte chiuse per discutere di lavoro e uno per discutere di riforme

costituzionali. E non si dica che non io discuto».

06/04/2014 2Pag. QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale(diffusione:165207, tiratura:206221)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 202

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L'intervento Un «nuovo Cnel» a costo zero Beniamino Lapadula L'ABOLIZIONE DEL CNEL NON STA SUSCITANDO ALCUN DIBATTITO, ANCHE SE LA COMMISSIONE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI, conclusasi con una unanime valutazione negativa della attuale

configurazione del Consiglio, si era divisa su due alternative: soppressione o ampia riforma. La decisione di

sopprimere il Cnel viene così assunta in un'ottica di spending review e con esclusivo riferimento alla

situazione di sostanziale paralisi in cui versa da anni il Consiglio. Paralisi causata da un disastroso intervento

legislativo del governo Berlusconi e dalla contestuale conferma al vertice dell'ex ministro Antonio Marzano,

che non è mai entrato in sintonia con le parti sociali. Per discutere seriamente è invece essenziale essere

consapevoli che, in una moderna democrazia, la rappresentanza politica non esaurisce il complesso tema

della rappresentanza della società. Partendo da tale convinzione l'Assemblea costituente decise la

costituzione del Cnel, affinché nel suo ambito potessero svolgersi sistematici rapporti tra istituzioni politiche e

parti sociali. A partire dai primi anni 60, con l'avvio della Programmazione economica e la ripresa dell'unità

sindacale, si è andata sviluppando una pratica di relazioni tra governo e parti sociali, quasi sempre al di fuori

del contenitore istituzionale Cnel. Il Consiglio ha finito così, anche nelle sue fasi migliori (si pensi alla lunga

presidenza De Rita), con l'adattare il proprio ruolo concentrandosi in attività di animazione sociale e

territoriale, di consulenza e approfondimento, spesso di grande rilevanza, ma solo marginalmente collocabili

tra le finalità previste dall' art. 99 della Costituzione. Il Presidente del Consiglio quando definisce il Cnel «il più

grande fallimento della storia repubblicana» ha però ragione solo formalmente, la sostanza è che la

Costituzione materiale del nostro Paese ha preso una strada diversa, ma non contraddittoria rispetto agli

obiettivi dei Padri costituenti. Questa strada è stata, con alti e bassi, quella della concertazione. La lunga

strada della concertazione ha segnato la storia del nostro Paese: dalla svolta dell'Eur degli anni 70, agli

accordi degli anni 80, ai grandi patti degli anni 90, che hanno permesso all'Italia di entrare nell'euro. È fuor di

dubbio che la concertazione ha subito negli anni Duemila una involuzione, in parte dovuta alle divisioni

sindacali, in parte alle radicali trasformazioni sociali indotte dalla globalizzazione, dalla terziarizzazione

dell'economia, da percorsi di vita sempre più individualizzati. Questi fattori mettono in discussione le forme

tradizionali della rappresentanza politica e sociale e i meccanismi di riconoscimento collettivo senza i quali la

società si frammenta e diventa preda di pulsioni populiste. Una discussione seria sul Cnel e sulla

concertazione dovrebbe, quindi, partire da una più ampia riflessione sulla crisi della rappresentanza, che

deriva anche da quella che è stata definita «la crisi del rappresentato». L'indebolimento delle organizzazioni

intermedie di rappresentanza non può quindi trovare posto nella strategia di radicale rinnovamento del Paese

propugnata da Matteo Renzi, questo indebolimento, infatti, porterebbe, come ha affermato De Rita, ad

«aumentare la solitudine di tutti i soggetti sociali, alla moltiplicazione degli interessi egoistici, lasciando il

disagio e le diseguaglianze sociali senza filtri e mediazioni intermedie». L'Italia, come ha insegnato

l'esperienza degli anni che sono alle nostre spalle, non si cambia solo con il riformismo dall'alto: occorre una

spinta che muova anche dal basso, che scuota nel profondo la nostra società. Vanno perciò ripensate le

forme di espressione della domanda e della mediazione sociale avendo come punto di riferimento gli articoli 2

e 3 della Costituzione che riconoscono alle formazioni sociali un ruolo essenziale. Analogo riconoscimento

avviene a livello europeo: dal Trattato di Roma al Trattato di Lisbona, il Comitato economico e sociale

europeo ha rafforzato il suo ruolo istituzionale e organismi simili al Cnel esistono in tutti i Paesi dell'Europa

occidentale a pluralismo sindacale (non esistono soltanto in Gran Bretagna, Germania e Paesi Nordici, dove

c'è un sindacato unico). È partendo da queste considerazioni e non da una caparbia volontà di conservare

l'indifendibile che Cgil, Cisl e Uil hanno proposto di dar vita a un «nuovo Cnel», ritenendo che, con il

superamento del bicameralismo perfetto, sia ancora più necessaria una istituzione capace di garantire la

rappresentanza degli interessi sociali ed economici, indipendentemente dalla variabilità delle congiunture

06/04/2014 15Pag. L Unita - Ed. nazionale(diffusione:54625, tiratura:359000)

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politiche. Un nuovo Cnel a «costo zero», con i consiglieri a carico delle parti sociali.

Foto: Capo delegazione Cgil al Cnel

Foto: . . . In questa fase è ancora più necessaria un'istituzione che rappresenti gli interessi sociali

06/04/2014 15Pag. L Unita - Ed. nazionale(diffusione:54625, tiratura:359000)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 204

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SCUSATE, AVETE VISTO L'EVASIONE FISCALE? Massimo Giannini C'era una volta l'evasione fiscale. Uno scandalo da 200 miliardi l'anno, tra imposte dirette e imposte indirette.

Un buco del 30% di imponibile Iva, sottratto ogni anno all'Amministrazione finanziaria. L'evasione schiacciava

l'economia del Paese e il bilancio dello Stato, rendendo sempre più difficile il contenimento della pressione

tributaria. Oltraggiava la giustizia redistributiva e l'etica pubblica, costringendo i soliti noti a pagare troppe

tasse perché i soliti ignoti non ne pagavano affatto. Alterava la concorrenza e il libero mercato, obbligando gli

imprenditori onesti a competere ad armi impari con qielli disonesti. I rissosi governi di Prodi la perseguivano

ferocemente, gli spassosi governi di Berlusconi la incoraggiavano allegramente. Nessuno riusciva a

sconfiggerla. Ma insomma: se ne discuteva, se ne parlava. Oggi di evasione fiscale non si parla più. Nel

nuovo «esprit florentin» che si respira in Italia la parola sembra uscita dai vocabolari. Non ne parla il premier

Renzi, non ne parla il ministro dell'Economia Padoan. L'unico che continua ad abbaiare alla luna è il povero

Attilio Befera, reduce da tre anni di «gogna» per le troppe vessazioni che Equitalia ha praticato sui

contribuenti. Il direttore generale delle Entrate, nell'indifferenza dei più, ci informa che il «Tax Gap» italiano,

cioè la differenza tra il gettito potenziale e quello effettivo di Irpef, addizionali, Ires, Iva e Irap, continua a

superare i 90 miliardi. Se si aggiunge l'evasione dei contributi e delle tasse locali, ecco che si torna alla cifra-

monstre di 200 miliardi, più volte riportata anche dalla Banca d'Italia. Anche se non se ne parla più, l'evasione

non solo c'è ancora, ma continua a crescere. I segnali che arrivano dalla Guardia di Finanza sul territorio, e

che vanno oltre le statistiche ufficiali del Comando Generale, segnalano una ripresa della piccola e grande

«infedeltà fiscale». Ma la cosa non interessa a nessuno. Il governo tace. Il Parlamento fa di peggio. Il Senato

(anche qui, nel silenzio generale) ha appena dato via libera al decreto legge sul rientro dei capitali dalla

Svizzera e sulla cosiddetta «voluntary disclosure». Dopo aver almeno escluso l'idea di limitarsi a introdurre

una modesta tassa forfettaria sul «nero» che rientra, l'aula di Palazzo Madama ha comunque modificato il

testo originario, dimezzando le imposte dovute sui capitali rimpatriati e depenalizzando anche i reati di frode

«con altri artifici», oltre alla omessa o infedele dichiarazione. Complimenti ai senatori, che in casi del genere

verrebbe voglia di rottamare davvero senza rimpianti. L'evasione aumenta, e invece di alzare la guardia la si

abbassa ancora una volta, premiando i ladri e disarmando le guardie. Davvero un bel segnale, mentre

impazza la nuova «questione morale». Avanti così, e ci toccherà rimpiangere gli scudi fiscali di Tremonti.

[email protected]

07/04/2014 1Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.13 - 7 aprile 2014(diffusione:581000)

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Credit crunch, la stretta è finita Marco Panara L'annuncio della svolta è arrivato dalla televisione. Non dai telegiornali: dalla pubblicità. Dopo un paio d'anni

di silenzio Unicredit e Intesa SanPaolo a livello nazionale e le popolari a livello locale, hanno cominciato a

inondare il teleschermo di spot. Per vendere cosa? Mutui. E' il segnale che i soldi ci sono e si può

ricominciare a prestarli. Ovviamente a cominciare da quella parte della clientela che tradizionalmente li

ripaga, le famiglie, e attraverso un prodotto che contiene in se la garanzia, attraverso l'ipoteca sull'immobile il

cui acquisto si va a finanziare. Il mercato dei mutui già si era mosso a partire da settembre dello scorso anno,

poi nel primo trimestre del 2014 la crescita si è fatta più sostenuta e siamo tornati ai livelli del 2012. In effetti

qualcosa è cambiato. Nei piani industriali che hanno accompagnato la presentazione dei bilanci 2013, quasi

tutte le principali banche hanno annunciato l'intenzione di aumentare il credito, per un ammontare che di qui

al 2017 dovrebbe essere di oltre 70 miliardi. segue a pagina 2 segue dalla prima Aumenteranno le erogazioni

Unicredit, Intesa San Paolo, il Banco Popolare, la Popolare di Milano e tante altre, l'unica che prevede invece

di ridurlo è il Monte dei Paschi, di una ventina di miliardi nel triennio. Quello che è successo, e che le

campagne pubblicitarie confermano, è che alcuni degli ostacoli strutturali che avevano bloccato il sistema

negli ultimi due anni cominciano ad essere rimossi. Il primo problema era il capitale, insufficiente a soddisfare

i requisiti previsti da Basilea III e troppo basso anche per i mercati, che infatti da una parte hanno depresso i

corsi dei titoli del settore e, dall'altra, hanno smesso di prestare soldi alle aziende di credito italiane (in questo

caso soprattutto per la crisi dei debiti sovrani e l'elevata percezione del rischio Italia). Ora questo problema è

per i grandi istituti superato e per buona parte di quelli medi in via di superamento. Nelle pipeline del sistema

ci sono aumenti di capitale per circa dieci miliardi, varati per mettersi a posto in vista della revisione della

qualità degli attivi e degli stress test della Bce, ma che nella sostanza rimettono il sistema in condizione di

ricominciare a fare credito. Se gli aumenti deliberati saranno sufficienti lo sapremo solo quando Francoforte

darà i suoi giudizi finali, ma se gli assestamenti ulteriori dovessero avere un impatto limitato, l'ostacolo

rappresentato dall'adeguatezza del capitale di vigilanza dovrebbe essere superato. Il secondo problema

strutturale era la liquidità. All'inizio della crisi le banche italiane a fronte di cento euro di raccolta diretta

avevano 135 euro di impieghi, e la differenza era coperta da capitali internazionali raccolti sul "mercato

all'ingrosso". Con la crisi dei debiti sovrani quel mercato ha chiuso i rubinetti e solo grazie ai due Ltro della

Banca Centrale Europea le banche dei paesi periferici sono riuscite ad andare avanti. Le italiane sono tra

quelle che hanno preso di più e al momento restituito di meno, ma la lentezza nella restituzione sembra

dovuta più al fatto che prendere quei soldi da Francoforte e comprarci titoli di stato consente un guadagno

sicuro e facile, piuttosto che a problemi di liquidità. Come testimonia la riduzione degli spread, la percezione

dei rischi sovrani dei paesi periferici si è allentata e i mercati hanno riaperto i rubinetti. Quel gap tra raccolta

diretta e impieghi si è nel frattempo ridotto dal 35 al 15 per cento circa e si ridurrà ancora, ma non è più un

problema in grado di bloccare il credito. La liquidità c'è, e continuerà prevedibilmente ad esserci. Il terzo

fattore della stretta creditizia è il costo del rischio, ovvero il fatto che una parte consistente dei crediti erogati

non viene restituita. In un periodo di recessione molte imprese e anche molte famiglie non sono in grado di

mantenere i loro impegni e le banche hanno pagato un prezzo salatissimo. Le sofferenze ammontano ormai a

160 miliardi di euro e i crediti deteriorati a 260. Ma anche qui c'è una novità: mentre le sofferenze continuano

a salire, e continueranno ancora nei prossimi mesi, l'andamento dei crediti deteriorati si sta stabilizzando. Le

banche sono riuscite in qualche modo a isolare la parte più rischiosa del loro attivo e cominciano a gestirlo

con strumenti dedicati al fine di ridurre quella massa. Al contempo con gli ultimi bilanci hanno aumentato

considerevolmente le coperture rendendo più facile la cessione di pezzi di portafoglio, aumentando così la

possibilità di rendere il proprio attivo più dinamico. La conclusione è che i problemi non sono risolti

completamente ma siamo sulla buona strada e ci sono gli elementi per fare delle ipotesi su quanto avverrà

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 206

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nei prossimi mesi. Dal lato dell'offerta si può prevedere una certa prudenza finché non si conosceranno gli

esiti della revisione della qualità degli attivi e degli stress test della Bce, ma questa prudenza inciderà

soprattutto sui prestiti alle imprese, mentre una maggiore apertura continuerà ad esserci nel settore dei mutui

alle famiglie. La domanda sarà simmetrica: quando il ciclo economico svolta, in genere parte prima la

richiesta di mutui, poi la domanda di circolante da parte delle imprese e infine la domanda di credito per

investimenti. Al momento sono ripartiti i mutui e la domanda di circolante dalle imprese che esportano, per le

imprese che lavorano solo sul mercato domestico dipenderà dall'evoluzione della domanda interna che al

momento ancora langue. Le banche, dal canto loro, hanno una ragione importante per aumentare il credito:

remunerare il capitali che hanno chiesto agli azionisti. Le banche devono tornare a guadagnare e per farlo

devono spingere l'acceleratore sul loro core business che è quello di prestare denaro. Il problema è che

devono imparare a farlo in modo nuovo, che implica capacità di valutazione delle imprese, dei settori e del

rischio in gran parte perdute, e che richiede un diverso rapporto con le imprese. Vanno in questa direzione gli

ingenti investimenti in formazione e riconversione del personale previsti nei piani industriali dei principali

istituti. Intanto però il rapporto tra banche e imprese sta già cambiando. Il primo cambiamento è che le

banche preferiscono lasciar fallire le aziende decotte piuttosto che tenerle a galla artificialmente al fine di non

far emergere le sofferenze. Un cambiamento di mentalità determinato dai nuovi requisiti di capitale di Basilea

III e dalla revisione della qualità degli asset della Bce, ma anche dal fatto che il sistema ormai accetta che ci

siano sofferenze elevate e preferisce che siano esplicite. Il secondo cambiamento è che la banca di fronte ad

aziende già molto indebitate prima di aprire di nuovo il portafoglio comincia a pretendere che sia

l'imprenditore stesso a farlo, oppure - se non ha i soldi necessari - che sia disposto a condividere il controllo

con altri che li abbiano. Terzo cambiamento, le banche sempre di più vogliono condividere il rischio di credito

con il mercato, e spingono per questo le imprese ad utilizzare di più strumenti come le obbligazioni.

Operazione peraltro necessaria anche per ridurre quel gap ancora consistente tra raccolta diretta e impieghi

senza strozzare l'economia. Questi cambiamenti che sono stati determinati dalla crisi e dalle nuove regole,

alla fine di un processo che sarà ancora lungo e faticoso potrebbero tuttavia consegnarci un sistema

finanziariamente e anche economicamente più equilibrato. Molte aziende sono già uscite dal mercato e altre

usciranno, ma quelle che resteranno in piedi dovrebbero avere più mezzi propri e, per la parte debito, essere

meno dipendenti dalle banche e un po' di più al mercato. Con un ulteriore effetto: le obbligazioni sono

raccolta a medio e lungo termine, più stabile quindi. Ma una raccolta a lungo termine sul mercato richiede

trasparenza sulla realtà economica dell'impresa e piani industriali per il futuro. E i piani industriali li fanno i

manager, che fino ad oggi nelle imprese italiane hanno avuto assai poco spazio. Potremmo scoprire che

Basilea III e l'Unione Bancaria cambiando le banche ancora di più stanno cambiando le imprese.

Foto: Nei piani industriali presentati nelle ultime settimane quasi tutti gli istituti prevedono per i prossimi anni

un aumento del credito erogato BANCHIERI L'amministratore delegato di Banca Intesa San Paolo, Carlo

Messina , con il presidente dell'Associazione Bancaria Italiana Antonio Patuelli Nei grafici le previsioni di

crescita del credito bancario nei prossimi anni e l'andamento dei mutui immobiliari che segnala una crescita

rilevante nei primi mesi dell'anno in corso

Foto: Gli amministratori delegati di Unicredit Francesco Ghizzoni (1), del Banco Popolare Pierfrancesco

Saviotti (2) e del Monte dei Paschi Fabrizio Viola (3)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 207

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[ I COMMENTI ] Quel fantasma della deflazione Marcello De Cecco Si può portare un cavallo al fontanile ma non lo si può costringere a bere. È più efficiente tirare una corda che

spingerla. Proverbi a tutti noti. Sono le immagini più spesso evocate per mostrare la differenza essenziale tra

inflazione e deflazione, tra aumento dei prezzi e loro diminuzione. Gli economisti monetaristi, che hanno

tenuto banco negli anni 70-80 quando imperversava l'inflazione a due cifre, hanno contribuito non poco a

confondere le idee alla gente e in particolare a politici e banchieri, affermando che i due processi, inflazione e

deflazione, sono entrambi conseguenza diretta dell'aumento della massa monetaria il primo e della sua

diminuzione il secondo. segue a pagina 3 segue dalla prima Innanzitutto non è certo che i movimenti dei

prezzi siano conseguenza di movimenti nella massa monetaria nello stesso senso. La supposta simmetria tra

i due processi è fallace. Nell'ultimo decennio, a fronte di aumenti massicci della massa monetaria, i prezzi

non si sono mossi nella stessa direzione: hanno invece iniziato un rallentamento inesorabile. Quelli di alcuni

beni importanti come alimentari e molti servizi sono aumentati. Altri come elettrodomestici e prodotti e servizi

elettronici, sono diminuiti in maniera drammatica. La media si è quindi mossa poco. Così l'aumento di massa

monetaria è andato a gonfiare a dismisura i prezzi delle attività finanziarie e le dimensioni dell'intero sistema

finanziario mondiale. In concomitanza con aumenti continui e massicci della massa monetaria, il livello

generale dei prezzi è aumentato prima di poco. In anni più recenti, l'incremento ha cominciato a decelerare e

nei tempi recentissimi quasi a fermarsi e a trasformarsi in una diminuzione, come è accaduto già in Grecia e

Spagna. Negli Stati Uniti se non si sono ancora raggiunti valori negativi, gli aumenti dei prezzi sono di poco

superiori allo zero. Eppure è proprio lì che la massa monetaria è stata fatta crescere più massicciamente. Gli

Usa sono stati i primi a gettare moneta nel sistema finanziario come acqua sul fuoco e sono in effetti riusciti a

spegnere almeno la parte evidente dell'incendio finanziario che stava portando al crollo dell'intero sistema

economico americano e mondiale. L'economia reale americana, sotto la spinta di dosi massicce di nuovi

lavori pubblici attivati per contrastare la depressione che si paventava dopo la crisi, è tornata per breve tempo

a crescere ai ritmi pre-crisi ma subito dopo si è infiacchita. E la disoccupazione, che era aumentata a livelli

enormi, ha iniziato a diminuire ma a tassi inferiori a quelli che caratterizzarono tutte le fasi di ripresa

precedenti. Il mercato del lavoro Usa si è ristretto con l'uscita di milioni di disoccupati che hanno smesso di

cercare lavoro, mentre altri milioni lo cercano ancora senza trovarlo. La disoccupazione di lungo periodo e i

lavori precari e malpagati sono aumentati anche durante la ripresa. C'è un rituale che si rispetta in tutti i casi

di cambio al timone della Fed, specie se il nuovo arrivato ha fama di essere liberal: deve mostrare i muscoli e

può farlo solo con una politica restrittiva. Ma non c'è bisogno di farla, basta annunciarla. I mercati sulle

dichiarazioni del capo della Fed impostano le proprie operazioni. Quindi, sulla scia del suo predecessore che

voleva lasciare di sé un'immagine di virile rigore tirando le redini non appena il cavallo dava segno di passare

a un pur modesto trotterello, le prime affermazioni di Janet Yellen sono state un po' in contrasto con la sua

fama di liberal. Ma lo stereotipo che i media hanno trasmesso della Yellen ha avuto sui mercati l'effetto di

rafforzare il rigore imminente evocato da Bernanke prima di uscire di scena. Così gli speculatori si sono

affrettati a dare ai trader ordini di ritiro dai mercati emergenti e di investimento su quelli sviluppati. Di fronte al

perdere di slancio della ripresa, la povera Yellen è stata costretta a trasmettere un nuovo messaggio, che si

decrittava come "sono sempre la stessa, mi sta a cuore la sorte dell'uomo o della donna comune che soffre a

causa della deflazione e voglio che trovino di nuovo una occupazione stabile e ben pagata", riferendosi

persino a persone presenti in sala con nome e cognome. Vedremo se questa nuova immagine della Yellen

basterà a battere quella precedente e a spronare l'economia americana alla ripresa dando fiducia a

investitori, finanziatori, specie di mutui edilizi, e consumatori. In Europa, dove la deflazione è più pronunciata

che in America, il nuovo messaggio mediatico della Fed deve riuscire a battere un'immagine opposta, quella

che credibilmente hanno dato insieme Merkel e Bundesbank. Quel che è certo è che i discorsi "col cuore in

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 208

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mano" di Janet Yellen dovranno essere molto convincenti quando si fermava il circolo vizioso della

deflazione. Con un sistema finanziario speculativo ancor più rigoglioso di quello dei loro tempi, oggi non vale

nemmeno la "formula della disperazione" escogitata da Keynes contro la preferenza per la liquidità: vogliono

carta e dunque diamogliene quanta ne vogliono. Stampiamo moneta e prima o poi i prezzi ricominceranno a

salire, le prospettive di investimento volgeranno al bello, salirà l'occupazione e i cittadini riceveranno di nuovo

credito dalle banche da spendere in beni di consumo e mutui per comprare case. Ma in Europa le istituzioni

di cui ci siamo dotati sono disegnate proprio per contrastare queste cure da cavallo. Ora le nuove istituzioni

comuni di controllo si apprestano a esaminare con rigore i conti delle maggiori banche. Questo ha già avuto

un effetto-annuncio importante: le banche hanno preceduto i controlli chiedendo di rientrare a clienti ai quali

hanno avevano concesso credito su previsioni aziendali ottimistiche, svanite con la crisi. L'effetto restrittivo di

tale diminuzione del credito è stato pesante e non è esaurito. Da qui la decisione del consiglio di gestione

della Bce, giovedì, di tenere fermi i propri tassi di riferimento per la quinta volta, e di Mario Draghi di far

chiaramente capire, nella sua introduzione scritta e nella conferenza stampa successiva alla riunione del

consiglio, che la Bce è tanto preoccupata dalla situazione europea da prepararsi a ridurre ulteriormente i

tassi. A tenere il dito nella diga dell'austerità è ormai rimasto il solo capo della Bundesbank, abbandonato

dagli altri falchi che ormai sembrano ogni giorno più convinti dal comportamento delle loro economie nazionali

a trasformarsi in colombe. Ma anche in Germania si è appena introdotto da parte del governo un aumento -

anche se a scoppio ritardato - del salario minimo di quasi il 10% e fa una certa impressione apprendere che

esso si applicherà a ben cinque milioni di lavoratori tedeschi. Il povero Weidman si troverà presto, se non sta

attento, a essere considerato come l'ultimo giapponese della seconda guerra mondiale. I mercati sembrano

ancora credere a Draghi e lo hanno mostrato facendo scendere subito il tasso di cambio dell'euro dal livello

letale al quale si era attestato. Ricordiamo però che per ribaltare veramente e durevolmente le aspettative di

imprenditori e consumatori e dare un colpo decisivo alla disoccupazione europea potrebbe essere necessario

ricorrere al"deterrente ultimo" suggerito da Keynes e applicato prima da Hitler e poi dalle democrazie: il

ricorso a lavori pubblici massicci e prolungati, che aumentino direttamente occupazione, massa salariale e

investimenti senza ricorrere alle intermediazioni finanziarie. Per gli economisti tradizionali è l'arma della fine

del mondo del dottor Strangelove, e infatti in Europa ad essa si fece ricorso solo dopo che l'economia

capitalistica degli anni venti si era autodistrutta. S. DI MEO

Foto: per battere quelli della Merkel con l'elmo a chiodo. Verso la deflazione in Europa spinge la realtà

istituzionalmente stabilita delle modifiche costituzionali, dei "patti fiscali" e dei trattati internazionali come lo

statuto della Bce, ma anche la previsione degli effetti che avrà la regolazione unica delle banche europee ora

in costruzione. Tutti in Occidente e in particolar modo in Europa, persino in Germania e negli altri Paesi

creditori, sono in grado di vedere coi propri occhi la deflazione che avanza e stabilisce sulle economie un

progressivo rigor mortis . Il flebile movimento che il corpo fiaccato delle economie europee sembra mostrare

in questi giorni non deve illudere. E' l'equivalente di quel che è accaduto negli Stati Uniti: la prospettiva di

fondo, prezzi fermi o addirittura in ribasso, gela nel lungo andare le intenzioni positive mostrate dalle imprese

riguardo agli investimenti e alla forza lavoro. Negli Stati Uniti, ma anche altrove in Occidente, continua intanto

a crescere la disuguaglianza, che imperversa da un trentennio. E ci si chiede come farà l'1% della

popolazione a consumare tutto ciò che produrrà un'industria col potenziale di quelle americana ed europea. I

grandi economisti che si f o r m a r o n o negli anni 20 e 30 sapevano bene che uno dei maggiori misteri

dell'economia era come, perché e La presidente della Fed Janet Yellen con Barack Obama ALLA GUIDA

DELLA BCE Il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 209

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[ IL PERSONAGGIO ] Schwarzman la "Pietra Nera" che si compra l'Italia Spa Eugenio Occorsio Schwarzman la "Pietra Nera" che si compra l'Italia Spa a pagina 6 Cernobbio «Perché abbiamo cominciato

solo ora a comprare in Italia? Beh, intanto perché la situazione generale è migliorata e poi perché solo ora in

Italia si sono determinate le condizioni di libertà di mercato e di contendibilità delle aziende. Perlomeno,

questa è la nostra impressione. Se queste condizioni già c'erano, vuol dire che abbiamo perso delle occasioni

e che gli altri sono stati più scaltri di noi». Stephen Schwarzman, il re del private equity, fondatore e attuale

Ceo di Blackstone, ha un'aria un po' sorniona mentre scandisce queste parole di fronte a una platea di

banchieri, amministratori delegati e analisti attentissima e sicuramente ammirata, riunita a Cernobbio per il

Forum Ambrosetti Finance. «Parliamoci chiaro: perché qualcuno compri occorre che qualcuno venda

davvero». E i manager privati e pubblici prendono nota: le acquisizioni del 20% di Versace per 210 milioni di

euro e del palazzo del Corriere della Sera in via Solferino per 35 milioni, perfezionate nei giorni scorsi, sono

destinate a non restare isolate. Sono due operazioni che rappresentano il doppio binario su cui si muove

Blackstone: il private equity e l'immobiliare. «Il private equity è sempre più importante in America, e lo sta

diventando nel resto del mondo occidentale, perché permette alle medie aziende di intraprendere cammini di

finanziamento diversi da quelli tipici bancario, azionario e obbligazionario, con operazioni che finora erano

riservate solo ai grandi». Ora dove investirete? «In America, in Europa e in limitatissima quota in qualche

mercato asiatico». Come dire, alla larga dagli emergenti. Blackstone ha chiuso un 2013 da record. Fra private

equity, fondi d'investimento e real estate, questa macchina da soldi ha un attivo di 266 miliardi di dollari in

gestione, il 63% in più dell'anno scorso. Per l'anno ha contabilizzato 6,6 miliardi di fatturato, e 3,5 miliardi di

utile netto. Il gruppo è un'impressionante fucina d'affari. Schwarzman l'ha definito qui a Cernobbio una società

per la gestione del risparmio privato in modo attivo. Ma è molto di più. Di sicuro è una potenza lobbystica. Lui

in persona non perde occasione per esporsi, incorrendo anche in gaffe clamorose. Nel pieno delle discussioni

sulle riforme finanziarie post-crisi, definì una legge sulla tassazione degli utili composti «una mossa di Obama

pari all'invasione di Hitler della Polonia». Si è scusato umilmente, ma per riguadagnarsi il saluto del

presidente ha dovuto annunciare un dono personale di 100 milioni per creare un programma di borse di

studio, lo Schwarzman Scholars. Quando ha aggiunto altri 200 milioni di dollari per un'analoga iniziativa alla

Tsinghua University di Pechino ha incassato anche le lodi del presidente cinese Xi Jinping. Ma intanto la

legge, soprannominata "Blackstone Law" è stata ampiamente emendata per renderla più lieve. «Il segreto del

private equity si chiama innovazione», spiega Schwarzman alla platea dell'Ambrosetti. Innovazione non nel

senso di tecnologia ma di attivismo. Essere pronti a saltare in un filone di affari appena se ne intuisce la

potenzialità. E a entrare in un mercato nuovo, come appunto ora in Italia. Eppure anche Schwarzman ha

avuto un momento di sbandamento. Era successo che Blackstone era entrata in Borsa - per una volta con

scarso tempismo - a fine 2007. Quando piombò su Wall Street la batosta della Lehman, proprio la banca

dove Schwarzman aveva cominciato a lavorare, l'azione crollò da 31 dollari sotto quota 10, dove rimase un

bel po'. Finché, nel 2010, la svolta. Schwarzman decide di investire nel mattone. Lo fa da par suo: un esercito

di compratori scatenato in tutto il mondo alla ricerca di case d'occasione, di prezzi stracciati visto che il

mercato immobiliare era in crisi un po' dovunque, di palazzi per uffici pignorati, di alberghi che avevano

dovuto chiudere per la recessione. E ovunque la stessa tecnica sperimentata con il private equity: un

ingresso nella proprietà, un'iniezione di liquidità e managerialità, un rapido risanamento e poi la vendita. Con

alcune peculiarità: in America possiede 40mila abitazioni che dà in affitto. Risultato, il titolo ha preso il volo

(vedere grafico) e la divisione real estate è oggi la più potente dell'intero gruppo con 79 miliardi di attività in

gestione. Nel 2013, anno ancora difficile per il real estate, il portafoglio si è rivalutato del 31%. Il capo della

divisione Jon Gray è diventato miliardario a sua volta (1,4 per la precisione) oltre che il più accreditato

successore alla poltrona di Schwarzman, che comunque a 67 anni non ha nessuna voglia di andare in

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pensione. Blackstone intanto non ha smesso la sua attività di comprare, risanare e rivendere aziende

manifatturiere. Nei settori più diversi. Ha appena investito 200 milioni nella Crocs, il produttore di scarpe

casual. Ha rilevato la Vivint, che fa apparecchi per la sicurezza domestica. Ha investito nella Llog

(attrezzature per i pozzi petroliferi), ha messo ben 1,5 miliardi nella Cheniere (rigassificatori), ha comprato il

45% della gloriosa tedesca Leica, è entrata nelle tecnologie per la sanità con Emdeon, nell'abbigliamento da

montagna con Jack Wolfskin, nell'alimentare con Pinnacle, perfino nell'artigianato da bric&brac da provincia

americana (cesti, tovagliette, cuscini) con Michael Stores, nei parchi a tema con SeaWorld (che ha appena

quotato in Borsa) e Merlin Entertainments. Mancava la moda, ed è arrivato ora Versace. Schwarzman viene

da una modesta famiglia ebraica di commercianti di Filadelfia. Diplomatosi alla scuola pubblica Abington,

riuscì a vincere una borsa di studio per Yale dove incontrò George Bush. Oltre a condividerne le idee

politiche, entrò con lui nella Skull and Bones Society, la potente "consorteria" universitaria che l'aiutò tanto

per cominciare a finanziarsi la business school ad Harvard. Era il 1972: il primo lavoro alla banca

d'investimenti Donaldson, Lufkin & Jenrette dove diventa managing director a 31 anni, poi il passaggio nel

team merger & acquisition di Lehman, infine nel 1985 il salto con la fondazione di Blackstone insieme con

Peter Peterson, che essendo stato ministro del Commercio con Reagan forniva i necessari appoggi politici.

Quelli finanziari li metteva lui. Però perfino Schwarzman ha la sua bestia nera. Si chiama Apollo. Quando alla

fine dell'anno scorso accompagnò la Hilton in Borsa dopo averla rilevata e risanata, la Blackstone guadagnò

9,5 miliardi di dollari in plusvalenze: un'enormità ma non il record perché negli stessi mesi la rivale Apollo

Global Management con la Ipo per l'azienda chimica LyondellBasell Industries si portò a casa 10 miliardi.

Quando Schwarzman ha reso noti i suoi guadagni nel 2013 sembrava aver sbaragliato tutti con la bella

somma di 452,7 milioni di dollari (il doppio dell'anno prima), e invece di lì a poco Leon Black, Ceo di Apollo,

ha annunciato di aver ricevuto uno stipendiuccio di 546,3 milioni. E quando Forbes ha pubblicato la lista dei

miliardari, Schwarzman con 10 miliardi di fortuna personale è stato preceduto di una decina di posizioni

dall'odiato Black. Eppure, rimane il personaggio più in vista, più significativo e rappresentativo di questo

mondo a parte, quello del private equity newyorkese. Un mondo dove quelli che hanno guadagnato meno

sono i due cugini Henry Kravis e George Roberts con 160 milioni cadauno, mentre i tre soci di Carlyle - Bill

Conway, Daniel D'Aniello e David Rubenstein - si sono spartiti 749 milioni di profitti personali nel 2013.

Insomma quando ci scandalizziamo per i superstipendi dei banchieri, cosa dovremmo commentare pensando

che il più scandaloso di questi, i 28,5 milioni andati a Jemie Dimon di JP Morgan Chase, è diciannove volte

inferiore a quanto incassato da Mr. Black? BLACKSTONE IN BORSA NYSE S. DI MEO PRIVATE EQUITY

HEDGE FUNDS REAL ESTATE[ LA SCHEDA ] Dal credito agli hedge fund una diversificazione in nome del

denaro

L'attività di Blackstone oggi si muove lungo cinque direttrici fondamentali: private equity, real estate, hedge

fund, fondi d'investimento chiusi, credito. Quest'ultima è l'attività più recente, ed è diventata rapidamente una

delle più redditizie. Un team di 250 professionisti aiuta le aziende a trovare risorse attraverso canali alternativi

a quelli abituali bancario, azionario e obbligazionario. In pratica, le guida attraverso una molteplicità di

opportunità di finanziamento, la maggior parte delle quali nascoste, che si annidano fra i junk bonds (che

sono migliaia e tutti ovviamente non classificati dalle agenzie di rating), i finanziamenti "mezzanino", i

pacchetti di salvataggio delle aziende in crisi, le cartolarizzazioni, e simili. Un'attenzione tutta speciale la

Blackstone la dedica in questi casi alle maglie regolamentari, che in questi delicati settori più che nel resto

dell'industria finanziaria, sono particolarmente complesse ed esposte a continui cambi. L'attività "principe" del

gruppo resta comunque quella di private equity. Oggi il patrimonio gestito ammonta a 66 miliardi di dollari, e

nel complesso delle società partecipate lavorano 600mila persone in tutto il mondo. In forte espansione è

anche il dipartimento "hedge fund", denominato Alternative Asset Management, arrivato a 56 miliardi di

patrimonio gestito: affidano le loro fortune agli hedge di Blackstone fondi pensione americani privati e

pubblici, i fondi sovrani dei Paesi emergenti, banche centrali, oltre naturalmente a ricchi investitori di ogni

angolo del pianeta. Il gruppo tiene a sottolineare, a garanzia della genuinità degli impegni, che spesso investe

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fondi propri a fianco di quelli dei clienti, un'iniziativa dove sono immobilizzati attualmente 1,4 miliardi di dollari.

Cifre ancora maggiori per la divisione real estate: ammontano a 79 miliardi di dollari gli immobili oggi di

proprietà di Blackstone. Sono 200 i professionisti sguinzagliati in tutto il mondo alla costante ricerca di

opportunità.

Foto: Il fondatore e attuale Ceo di Blackstone, Stephen Schwarzman , visto da Dariush Radpour

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 212

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Le griffe E nella moda vince lo stilista-finanziere MARIA SILVIA SACCHI Cucinelli, Ferragamo, Prada. Tre aziende familiari che hanno scelto la quotazione. E che nel giro di pochi

anni (tre per Ferragamo e Prada, due per Cucinelli) hanno visto crescere ricavi, profitti, investimenti e

dipendenti. A pagina 3

Nel lusso c'è chi ha scelto la Borsa per non costringere i membri della famiglia a restare azionisti, chi per

liberarsi dai debiti, chi perché voleva affrancare l'azienda dalla famiglia. Qualunque sia stata la motivazione

che li ha portati a quotarsi, il risultato è stato però per tutti univoco: si sono rafforzati notevolmente,

soprattutto nei confronti dei loro competitor diretti.

I numeri mostrano, infatti, un forte aumento del fatturato e del risultato operativo, un altrettanto forte aumento

dei dipendenti e investimenti indirizzati alla distribuzione diretta e all'acquisto di produzione industriale. Non,

invece, alle acquisizioni di altri marchi, che al momento restano escluse. Le aziende del lusso quotate

scelgono, insomma, la crescita interna.

Il confronto dei numeri pre e post-quotazione di Brunello Cucinelli, Salvatore Ferragamo e Prada, tre gruppi

omologhi (marchi noti, proprietà familiare) che hanno aperto il capitale tra il 2011 e il 2012 (nello stesso

momento in cui altri, come Benetton, decidevano di lasciare il listino) indica una strada molto netta. Prada e

Ferragamo si sono quotati nel giugno 2011: il primo a Hong Kong, il secondo a Milano. Cucinelli è entrato in

Borsa nell'aprile 2012 a Milano (unica matricola dell'anno). A fine 2013 si è quotata anche Moncler, dopo

essere transitata dall'appoggio dei fondi di private equity.

Numeri

Dunque, Prada in tre anni, cioè tra il 2010 (ultimo bilancio pre-quotazione) e il 2013 ha visto crescere di più

del 75% sia i ricavi che l'Ebitda (il margine operativo lordo), che oggi hanno raggiunto, rispettivamente, i 3,6

miliardi (ha superato Gucci) e i 939 milioni di euro. Nello stesso periodo Ferragamo ha realizzato un aumento

del giro d'affari del 61% e dell'Ebitda del 130%. Il periodo di confronto per Cucinelli è più breve - due anni, dal

2011 al 2013 - ma vede comunque una crescita del fatturato di oltre il 50% e del margine operativo lordo del

75%.

Tutti e tre i gruppi ritengono sbagliato guardare al breve periodo. Lo ha detto chiaramente la scorsa settimana

Patrizio Bertelli, amministratore delegato di Prada insieme alla moglie Miuccia (a capo dello stile del gruppo):

«Nessuno si pone il problema di che cosa succederà fra 20 anni. Io, invece, ci penso tutti i giorni. Dobbiamo

avere un'azienda ben strutturata nella parte industriale e di processo». Lo stesso Cucinelli, spiegando il

perché della decisione di quotarsi, aveva detto: «Siamo andati in Borsa per essere più aperti, per trovare soci

e custodi, per far vivere l'azienda più a lungo».

Negozi

È interessante notare dove sono stati indirizzati gli investimenti. Tutti e tre i gruppi hanno, infatti, potenziato la

parte industriale (Prada, per esempio, ha appena annunciato la prossima apertura di quattro nuove fabbriche

in Italia) e investito notevolmente sulla cosidetta distribuzione diretta, cioè i negozi monomarca di proprietà

che rappresentano un impegno molto costoso per le aziende, tra affitti e personale. Il gruppo Prada in tre anni

ha più che raddoppiato il fatturato derivante dal retail (da 1,1 a 2,5 miliardi di euro), Cucinelli l'ha incrementato

del 50% (da 77 a 115 milioni) e Ferragamo del 48% nonostante avesse già un forte peso dei negozi diretti

prima della quotazione (era quasi due terzi del giro d'affari). Degli oltre 600 milioni di investimenti realizzati

nel 2013 dalla società guidata da Bertelli e Miuccia Prada, ben 522 sono stati impegnati nei negozi diretti; e

anche il 2014 - hanno preannunciato -sarà un anno di forti investimenti («non pensiamo di spendere meno»).

In un settore che ha visto chiudere fabbriche (e continuano a chiudere) e un grande perdita di posti di lavoro

a causa della crisi e delle troppe delocalizzazioni, in questi tre gruppi l'occupazione diretta è cresciuta

(andrebbe, inoltre, aggiunto l'indotto). Va specificato che Ferragamo e Cucinelli hanno una produzione

07/04/2014 1Pag. Corriere Economia - N.13 - 7 aprile 2014

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 213

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integralmente made in Italy, mentre Prada ha produzioni italiane per l'80% del totale (in aumento con i nuovi

investimenti). Oltre alla parte più produttiva, l'occupazione tiene conto anche della rete commerciale, delle

filiali estere, etc. Complessivamente Prada è passato dagli 8.811 dipendenti del 2011 ai 13.500 del 2013

(+30,7%). La componente italiana della maison è cresciuta del 12% (3.971 dipendenti a fine 2013) ma con i

nuovi stabilimenti l'aumento sarà più forte: in tre anni 1.500 unità (di cui 700 in due anni nella parte

industriale) sui 4.200 nuovi posti previsti a livello mondo. Tra il 2010 e il 2013 i dipendenti diretti complessivi

tra Italia e mondo di Ferragamo sono cresciuti del 50% (da 2.800 a 3.300), mentre quelli di Cucinelli tra il

2011 e il 2013 sono saliti di oltre il 75% (da 574 a 1.006).

I numeri sembrano, dunque, dimostrare che l'apertura del capitale al mercato aiuti le aziende a crescere, in

un momento in cui la dimensione è divenuta estremamente importante (anche se Cucinelli non è, per

esempio, un fautore delle mega-aziende). Oltre a dar loro disciplina e a spingere verso la

managerializzazione. Diceva Ferruccio Ferragamo, presidente del gruppo di Firenze, spiegando cos'è stata la

quotazione per la sua famiglia e l'azienda: «Per noi la Borsa è stata il modo di far vedere i veri valori del

mondo Ferragamo, una società che ha solide fondamenta, un marchio riconosciuto, un gruppo di manager e

collaboratori di prim'ordine a partire dall'amministratore delegato Michele Norsa e scendendo fino all'ultimo

nostro dipendente, un'azienda che si sa continuamente rimettere in discussione».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Firenze Ferruccio Ferragamo. Figlio del fondatore del gruppo, Salvatore Ferragamo, è presidente

dell'azienda che si è quotata a Milano nel 2011 Milano Miuccia Prada. Insieme al marito Patrizio Bertelli guida

il gruppo che si è quotato a Hong Kong nel 2011. È a capo dello stile Perugia Brunello Cucinelli. Ha fondato e

guida il gruppo di maglieria in cachemire che porta il suo nome. Ha quotato l'azienda a Milano nel 2012

07/04/2014 1Pag. Corriere Economia - N.13 - 7 aprile 2014

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 214

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Idee Parla l'amministratore delegato di Borsa italiana: meno diffidenza verso il listino per ragioni storiche egenerazionali Sfide «Gli italiani per crescere devono venire in Piazza Affari» Jerusalmi: Luxottica, Campari e Tod's si sono sviluppate grazie al mercato Ora tocca agli imprenditori piùgiovani: entro l'anno sono possibili 40 debutti La quotazione consegna alle aziende uno standard globale GIUDITTA MARVELLI Non dovrebbe funzionare solo negli Stati Uniti. In tutti i Paesi del mondo la Borsa può diventare un motore

per la crescita delle singole aziende e del Paese in generale. Una storia che in Italia, fino ad oggi, non si può

raccontare più di tanto. Abbiamo uno dei listini più piccoli d'Europa in termini di rapporto tra capitalizzazione e

Pil e molti nomi del made in Italy di quotazione non vogliono sentir parlare.

Questione di mancanza di feeling che però, a sentire Raffaele Jerusalmi, amministratore delegato di Borsa

italiana, potrebbe cambiare. Per ragioni generazionali e, magari, anche storiche. Se, per esempio, il ritorno di

interesse che sta portando sul listino italiano frotte di investitori istituzionali provenienti da tutto il mondo non

fosse un fuoco di paglia ma l'inizio di una tendenza, a qualche azienda in più potrebbe venir voglia di fare il

grande salto.

A Wall Street, Facebook e le altre hanno utilizzato i soldi della quotazione in Borsa per fare acquisizioni

importanti. Numeri così grandi da suscitare le critiche di chi teme una nuova bolla speculativa, anche se i

parametri di valutazione per il momento sono ben diversi da quelli del Duemila. E da noi? Sempre tutto

fermo?

«A prescindere da quale possa essere la soluzione scelta da un'azienda, l'importante è che le società italiane

imparino a stare sui mercati finanziari per supportare i propri progetti di crescita e finanziare lo sviluppo. Mi

vengono in mente, tra le tante, tre nomi di aziende quotate in Piazza Affari, non tecnologiche, che di recente

sono cresciute moltissimo facendo acquisizioni: Luxottica, Tod's e Campari. E l'ultimo accordo di Luxottica

con Google per produrre occhiali ad alto contenuto tecnologico non è un acquisizione, ma non sarebbe stato

possibile se il gruppo di Leonardo Del Vecchio non avesse avuto lo standard internazionale che la quotazione

conferisce alle aziende».

Ma ci sono ancora tanti imprenditori che non ne vogliono sentir parlare e che, alla fine , preferiscono vendere.

Spesso a un'azienda non italiana, come è successo negli ultimi tempi a molti marchi nazionali...

«Un retaggio culturale non si cambia in poco tempo. La diffidenza per il mercato nasce da preconcetti che

tengono conto del ruolo che la Borsa può avere nel lungo periodo. Però qualcuno tra gli imprenditori di ultima

generazione comincia ad accettare la sfida. Prendiamo Yoox: Federico Marchetti ha deciso che possedere

una piccola fetta di una torta sempre più grande era meglio che tenersi stretta la maggioranza senza farla

crescere. Oggi l'80% del flottante è collocato sul mercato e in pochissimo tempo la sua azienda è entrata nel

Ftse Mib, l'indice delle società più capitalizzate di Piazza Affari».

Perché in Italia è più difficile che in altri paesi europei, lasciando stare quelli di cultura anglosassone?

«Una delle ragioni, non la sola, risiede forse nel fatto che la flessibilità, a partire dai contratti di lavoro, finora è

stata concessa dall'organizzazione sociale e dal legislatore solo alle aziende piccole. Crescere oltre un certo

livello significa dover garantire livelli occupazionali e assumersi diversi impegni che in molti casi non hanno

certo funzionato da volano per la crescita».

E i costi? La burocrazia?

«Quotarsi a Milano costa più o meno come farlo a Francoforte o a Parigi. A Londra ci vuole il doppio. I tempi

si sono sveltiti parecchio. Non sono questi i problemi che tengono gli imprenditori lontani dalla Borsa».

In questo momento Piazza Affari è tornata al centro dell'interesse. Tre mesi al 15%, però, non fanno

primavera. Voi che cosa vedete?

«Come ho detto prima, gli imprenditori più giovani considerano la Borsa come un'opportunità. Non abbiamo

ancora numeri precisi ma il 2014 potrebbe chiudersi anche con una quarantina di quotazioni tra listino

07/04/2014 3Pag. Corriere Economia - N.13 - 7 aprile 2014

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 215

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principale, segmento Star e Aim Italia (ndr: il mercato delle piccole e medie ad accesso semplificato), il

doppio di quelle che abbiamo avuto nel 2013. L'interesse dimostrata dalle oltre cento aziende che hanno

intrapreso con noi il progetto Elite (training in vista di una possibile apertura del capitale ) dice che qualcosa

sta cambiando.

E i big che vanno altrove? Prada in Cina, Fiat vola in America...

«Prada ha fatto una scelta: i conti finali diranno se vantaggiosa oppure no. Fiat ha fatto un'operazione

straordinaria ed è giusto che si quoti anche là dove sarà la maggior parte del suo fatturato. In ogni caso resta

anche qui. E poi vedremo. Pochi sanno che oltre l'80% dei volumi realizzati da Cnh, il titolo dove si è fusa Fiat

industrial, vengono realizzati in Piazza Affari. Non a Wall Street».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Borsa italiana Raffaele Jerusalmi: oltre cento imprese aderiscono al training per aprire il capitale

07/04/2014 3Pag. Corriere Economia - N.13 - 7 aprile 2014

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 216

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Offshore L'Ue, il «Ciclo politico» e i grandi evasori Paradisi fiscali nel mirino di Padoan Nell'Eurogruppo/Ecofin dei ministri finanziari, ad Atene, l'Italia è stata richiamata al rispetto dei vincoli Ue sul

contenimento del deficit e sulla riduzione dell'enorme debito pubblico. La Germania e altri Paesi membri del

Nord vorrebbero misure di austerità simili a quelle imposte alla Grecia perché avrebbero dubbi sulla capacità

del premier Matteo Renzi, e del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, di trovare le coperture finanziarie

agli interventi espansivi annunciati per rilanciare la crescita e l'occupazione. Il governo dovrebbe anche

spendere per aumentare le pensioni troppo basse, introdurre il reddito minimo garantito per tutti e migliorare

l'assistenza sanitaria per i meno abbienti, come da tempo sollecita il Consiglio d'Europa ricordando la Carta

sociale europea sottoscritta dall'Italia.

In più la ricerca di consensi alle elezioni europee del maggio prossimo ha messo in moto il solito «ciclo

politico», che in genere dilata la spesa pubblica.

Da partecipanti all'Ecofin di Atene è trapelato informalmente scetticismo specificamente sull'aspettativa di

Renzi e Padoan di trovare nella revisione della spesa e nelle vendite di beni pubblici gli introiti strutturali

sufficienti sia per stimolare la modesta crescita prevista nel 2014, sia per affrontare la drammatica estensione

della disoccupazione e della povertà. Preoccupa, soprattutto, che non siano ancora avviate riforme strutturali

che garantiscano di recuperare rapidamente gli ingenti capitali sottratti allo Stato dalla grande evasione ed

elusione fiscale.

Ad Atene Padoan, che è stato ai vertici dell'Ocse di Parigi (impegnata a elaborare studi anche su come

attaccare l'evasione delle tasse attuata tramite i paradisi fiscali), ha però negato al Corriere l'inerzia nella

caccia alle centinaia di miliardi nascosti e «triangolati» all'estero da imprese ed evasori per sfuggire al fisco.

Ha sostenuto che la «Delega fiscale» costituisce una base sufficiente per consentirgli di varare azioni efficaci.

In pratica ha promesso risultati concreti nel settore dove le risorse recuperabili potrebbe risultare clamorose.

Atene

Tra le riforme strutturali imposte alla Grecia, in cambio del piano di salvataggio dell'Ue, spiccano gli interventi

contro la dilagante evasione delle tasse. E, girando per Atene, negli esercizi commerciali si nota già una

maggiore disponibilità a fornire ricevute fiscali. Il cambio di attitudine, però, non sembra estendersi a molte

imprese, che continuano a cercare di non pagare le tasse. Va molto, per esempio, spostare la sede in

Bulgaria, dove bassa tassazione e disponibilità alla corruzione nell'amministrazione fiscale replicano una

realtà simile a quella della Grecia del passato.

Merkel

Questa settimana la cancelliera tedesca Angela Merkel ha in programma una visita ad Atene. L'attende una

popolazione irritata dalle misure di austerità Ue promosse da Berlino. I greci stanno anche apprezzando

sempre più l'azione legale avviata per ottenere dalla Germania un mega-risarcimento (in grado di risanare il

bilancio dello Stato), giustificato con i danni di guerra provocati dai nazisti tedeschi e con i furti di opere d'arte

greche avvenuti in quel periodo.

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Foto: a cura di Ivo Caizzi [email protected]

Foto: Germania Angela Merkel

07/04/2014 21Pag. Corriere Economia - N.13 - 7 aprile 2014

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 217

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ORSI&TORI Paolo Panerai Isegnali più forti sono l'investimento della People's Bank of China in Eni ed Enel, e la crescita a oltre il 5% in

Unicredito, Intesa, Mps e Banco Popolare di BlackRock, il più grande fondo al mondo. La scelta da parte

della banca centrale cinese delle due più strategiche società controllate dallo Stato, e quella del fondo

americano delle prime tre banche del Paese e della più grande popolare italiana indicano in maniera

inequivocabile il ritorno di fiducia nell'Italia, ma si tratta di investimenti finanziari, quindi a determinarli è stato

sicuramente anche il livello basso di capitalizzazione delle società e delle banche prescelte in relazione a

omologhi internazionali. In altre parole sia People's Bank of China che BlackRock sono entrati nel capitale

delle due società di energia e nelle banche perché stimano che il loro investimento si rivaluterà

significativamente. Con una motivazione in più da parte della banca centrale cinese, poiché l'investimento

include anche un segnale di amicizia verso lo Stato italiano. Allo stesso modo dei due grandi investitori si

sono comportati e si stanno comportando altre decine e centinaia di fondi e operatori stranieri che, spinti

anche dal forte vento di rinnovamento soffiato dal presidente Matteo Renzi, stanno acquistando titoli quotati a

Piazza Affari. «Erano anni che non si vedeva una richiesta di investimento dall'estero come quella degli ultimi

mesi», spiega Francesco Perilli, amministratore delegato di Equita Sim, il principale broker italiano. «Certo,

conta un buon ritorno di fiducia verso l'Italia, ma il movimento è strettamente connesso anche al ritiro di una

parte delle ingenti liquidità dai Paesi in forte sviluppo del continente asiatico». Così come la grave crisi dei

mercati italiani era stata provocata dalla volontà di cogliere il momento magico dei Paesi in via di sviluppo

oltre che alla sfiducia per la crisi politica in atto, ora il cammino è esattamente opposto. C'è quindi da

rallegrarsi ma da non cullarsi sugli allori, perché è noto che i grandi capitali sono in continuo movimento alla

ricerca dell'investimento più remunerativo del momento. Come dire che gli investimenti finanziari hanno una

notevole importanza per la bilancia valutaria del Paese ma hanno un peso duraturo solo quando l'ingresso in

una società italiana avviene attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale come sta avvenendo

soprattutto sulle banche. E da questo punto di vista è davvero importante il risultato ottenuto da Pier

Francesco Saviotti, c h e h a convinto BlackRock a comprare il 5% dell'aumento di capitale di 1,5 miliardi di

Banco Popolare. È giusto quindi parlare, come dice il titolo di copertina, di Penisola del tesoro, ma gli

investimenti esteri in un Paese sono anche di altre tre tipologie che conviene analizzare per comprendere

quanto solida sia la visione dell'Italia come Penisola del tesoro. La prima delle tre tipologie è quella che viene

classificata sotto la sigla M&A, cioè merger e acquisition. Anche in questa tipologia c'è grandissima vivacità.

Non passa giorno che non ci sia l'annuncio di un'acquisizione di un'azienda italiana da parte di gruppi

stranieri. Un trend che in realtà non si è mai interrotto ma che negli ultimi mesi si è accentuato principalmente

nel settore del fashion e del lusso (più indietro nel tempo Bulgari, più recente Loro Piana sempre da parte del

gruppo Lvmh) ma non solo: lo stesso Lvmh, numero uno al mondo nel lusso, ha rilevato il locale Bar

Pasticceria Cova di via Montenapoleone, mentre un gruppo cinese ha acquistato una delle principali industrie

olearie, Olio Berio di Lucca, che fattura intorno a 350 milioni. Rispetto a queste acquisizioni c'è chi grida al

depauperamento del sistema economico italiano. Niente di più sbagliato. Chi compra dall'estero aziende

italiane lo fa perché l'eccellenza di certi prodotti, anche nel campo della meccanica, viene raggiunta proprio in

Italia, che rappresenta ancora oggi, nonostante la crisi, il secondo Paese manifatturiero d'Europa dopo la

Germania. A dimostrare quanto sia improprio il timore di un depauperamento del Paese, basta guardare a

come si comportano gli acquirenti: non solo lasciano in Italia fabbriche e comando di queste aziende, ma

grazie alla disponibilità di maggiori capitali inducono forti investimenti. È il caso di Gucci, che prima acquistato

dagli arabi di Investcorp, poi diventato public company sotto la guida di Domenico De Sole e ora posseduto

dal gruppo francese Kering della famiglia Pinault, ha moltiplicato i posti di lavoro in Italia e il fatturato nel

mondo. Ora alla guida c'è Patrizio Di Marco, dopo la sua esperienza da Prada, e lo sviluppo in Italia continua

05/04/2014 1Pag. Milano Finanza - N.68 - 5 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 218

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anche con interventi di salvataggio di marchi storici che rischiavano la chiusura come Richard Ginori, ricco di

storia e di qualità nel campo delle ceramiche e della tavola. Richard Ginori era un problema per il tessuto

industriale fiorentino: in amministrazione straordinaria rischiavano il licenziamento alcune centinaia di

dipendenti; con la gestione di Di Marco è destinato a nuovo sviluppo e a un recupero della ricchezza di un

museo straordinario. Idem per le acquisizioni del passato di Lvmh: per esempio Fendi, che ha sempre il suo

cuore a Roma. Ma lo stesso accadrà anche per Loro Piana, vertice assoluto del made in Italy, che aveva e ha

come concorrente diretto Hermès, il quale tuttavia fattura quasi 10 volte di più. La scelta di vendere da parte

di Sergio e Pier Luigi Loro Piana è stata fatta per poter garantire la competizione con Hermès non certo per la

malattia di Sergio, che al momento della scelta non si era manifestata. È sicuro che Bernard Arnault e suo

figlio Antoine, che segue Loro Piana, svilupperanno ulteriormente l'azienda senza spostare una produzione o

un posto di lavoro, perché sanno bene che la qualità dei prodotti è frutto della sapienza sintetizzata nel made

in Italia. Del resto anche le borse, le scarpe, gli abiti che vengono venduti con vari marchi internazionali sono

quasi sempre prodotti in Italia. Perché questo mondo continui a svilupparsi sono necessari capitali freschi e

quindi ben vengano le acquisizioni straniere con l'ingresso di capitali in Italia. Può dispiacere che il controllo

non sia più italiano, ma ai fini della ripresa dello sviluppo queste acquisizioni sono più che salutari. La

seconda tipologia di investimenti con capacità di generare crescita positiva sono quelli immobiliari. Mentre

molti italiani si sono spaventati dall'inasprimento fiscale, operatori e fondi stranieri stanno tornando ad

acquistare immobili in Italia. Il meccanismo è analogo a quello degli investimenti in borsa. I prezzi sono scesi

a livelli che, confrontandoli con quelli internazionali, appaiono molto convenienti con il valore intrinseco

destinato a risalire significativamente. Valga per tutti l'investimento importante del fondo del Qatar nella

realizzazione da parte di Hines dei grattacieli nell'area delle ex Varesine a Milano. Ma a comprare,

appartamenti o interi palazzi, sono anche ricchi russi o cinesi. Non solo nel centro delle città ma anche in

località amene come le ville sui laghi della Lombardia. A Lecco c'è un professore cinese che, oltre ad aiutare

aziende cinesi interessate a investire in Italia, fa comprare immobili sul Lago di Como. Anche città come

Roma, Firenze e Venezia, ma anche campagne e località di villeggiatura della Toscana e della Sicilia sono

tornate nel mirino di chi ha accumulato capitali e investe o per poter godere direttamente dell'investimento o

per poter realizzare un plusvalore, visti i prezzi di acquisto confrontati a quelli di altri Paesi, esattamente come

avviene per le azioni delle società quotate. La terza tipologia di investimenti, molto importante per lo sviluppo

dell'economia, è quella che in inglese viene chiamata greenfield, cioè investimenti partendo da zero, come un

prato verde. Purtroppo questo tipo di investimenti è quasi inesistente e per più motivi: per la complessità della

legislazione e della burocrazia italiana, per la non stabilità fiscale, per i rischi di una giustizia lenta e non di

rado animata da interessi diversi da quelli di una giustizia oggettiva. Sono quindi fondamentali in questa

direzione le riforme istituzionali annunciate dal presidente Renzi. Se l'ex sindaco di Firenze saprà realizzarle

rispettando i tempi, è sicuro che in Italia pioveranno investimenti per creare attività da zero, un po' in tutti i

campi, dal turismo al digitale. Tuttavia, mentre il governo Renzi deve cambiare le condizioni ambientali, è

anche necessario che l'Italia faccia quanto altri Paesi hanno già realizzato per la promozione degli

investimenti dall'estero. Oggi le strutture di promozione sono sostanzialmente tre: Invitalia, sicuramente

efficiente nella gestione delle attività di incentivazione con contributi e assistenza una volta che un

imprenditore straniero abbia deciso di investire nel Bel paese. Ma Invitalia non ha una rete internazionale di

promozione. C'è poi Simest, che per lungo tempo si è occupata di appoggiare e accompagnare le aziende

italiane nel loro sviluppo all'estero. Oggi può operare anche in Italia ma non ha una rete estera. Chi ha la rete

estera, finalmente connessa con le ambasciate e i consolati italiani nei vari Paesi, è la ex Ice, ora Agenzia per

l'internazionalizzazione, presieduta da Riccardo Monti con lunga esperienza in Cina e in molti altri Paesi. Ma

la segue da pagina 3 struttura estera è stata finora dedicata a favorire l'export italiano, non la raccolta di

capitali da far investire in Italia. Negli altri Paesi, in Germania, in Gran Bretagna, in Francia, nella logica della

globalizzazione oggi sono state unificate le funzioni di export e di import, per così dire di capitali. L'ex ministro

Corrado Passera aveva avviato un processo in questa direzione, ma la caduta del governo Monti e la

05/04/2014 1Pag. Milano Finanza - N.68 - 5 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 219

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successiva iniziativa del presidente Enrico Letta di lanciare il progetto Destinazione Italia ha rallentato la

realizzazione delle idee di Passera, mentre il progetto di Letta è di fatto monco dopo la caduta del suo

governo. Urge, quindi, che il presidente del Consiglio Renzi con i ministri interessati compia una ricognizione

anche in questo campo per attrezzare meglio il Paese. Probabilmente andranno meglio integrate e fortificate

le reti diplomatiche e quelle dell'ex Ice, assegnandogli compiti specifici di promozione degli investimenti in

Italia. Una forma di investimento in Italia può essere considerato anche lo sviluppo dell'afflusso turistico, con

la conseguente auspicabile decisione di integrare nella rete diplomatica e dell'ex Ice anche l' Enit e la

creazione di un ministero autonomo del Turismo. Averlo legato al ministero dei Beni culturali fa sì che sia

considerato, quando viene considerato, solo il turismo culturale, mentre l'offerta italiana ha una ricchezza

infinita, dal turismo balneare e di montagna al turismo termale, a quello enogastronomico. Per sua funzione il

ministero dei Beni culturali è conservativo, mentre per lo sviluppo del turismo occorre innovazione.

Naturalmente senza dimenticare la forte attrattiva dei giacimenti culturali italiani, che sono inesauribili e quindi

di ben maggiore valore. Infine, c'è la tipologia di investimenti non in Italia ma all'estero che tuttavia

riverberano effetti straordinariamente positivi sull'economia italiana. È il settore dei grandi lavori all'estero.

Non a caso Guido Carli, quando lasciò il governatorato della Banca d'Italia, con tutte le opzioni offerte da

Giovanni Agnelli che poteva avere, scese di fare il presidente di Impresit, la società di grandi lavori all'estero.

Carli spiegava che le straordinarie grandi opere realizzate dalle aziende italiane in tutti i continenti erano il

segno dell'efficienza italiana. In Italia ci sono ancora oggi aziende in grado di competere, prima di tutto Salini

Impregilo (dove da tempo è confluita Impresit), Astaldi, Maire Tecnimont che proprio nei prossimi giorni

firmerà un importante contratto in Egitto. Per aggiudicarsi questi grandi lavori occorrono un'offerta tecnica

(dove l'Italia è competitiva) e una finanziaria che richiede assicurazioni e finanziamenti internazionali. Sace, la

società che sta per essere privatizzata, è molto efficiente nel campo dell'assicurazione e anche dei

finanziamenti, ma in Germania e in Francia è lo Stato che dà garanzie e quindi l'offerta diventa più rapida e a

più buon mercato. Chi potrà dare un'ulteriore spinta al recupero di efficienza delle aziende italiane è Cassa

depositi e Prestiti (Cdp). Se anche questo intervento avverrà, il circuito investimenti in Italia dall'estero e

italiani all'estero per un ritorno di ricchezza in Italia sarà completo. (riproduzione riservata)

FTSE MIB DELLA SETTIMANA

+3,15%Atlantia +2,02 Autogrill +2,55 Azimut +3,86 A2a -0,74 B Pop Milano +6,11 Bco Popolare +11,52 Bper +8,80

Buzzi Unicem +3,70 Campari +3,80 Cnh Industrial +1,40 Enel +0,19 Enel G. Power -0,49 Eni +0,66 Exor -

0,09 Ferragamo +0,42 Fiat +5,76 Finmeccanica +2,18 Generali +4,62 Gtech +1,32 IntesaSanpaolo +7,74

Luxottica -1,41 Mediaset +6,81 Mediobanca +5,01 Mediolanum +4,54 Moncler +0,16 Mps +12,15 Pirelli e C.

+1,81 Prysmian +6,19 Saipem +3,20 Snam -1,41 Stm -0,30 Telecom Italia +3,11 Tenaris +2,51 Terna +0,10

Tod's +4,07 Ubi Banca +13,00 Unicredit +4,44 UnipolSai +1,64 World D. Free +2,58 Yoox -5,53 FTSE ALL

SHARE +3,16 FTSE MID CAP +3,02

05/04/2014 1Pag. Milano Finanza - N.68 - 5 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/04/2014 220

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SCENARIO PMI

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L'ECONOMIA Una Cernobbio in riva d'Arno LA CERNOBBIO in riva d'Arno si terrà il 12 maggio e in realtà si chiamerà Investor day. Un evento da

capitale della finanza. Quaranta fondi di investimento internazionali incontreranno trenta aziende selezionate.

Incontri one to one, tra la Limonaia di Piazza del Carmine e altre sedi in città.

< DI CRONACA FONDI e aziende si incontreranno per verificare se il matrimonio si può fare, con l'ingresso

dei primi nel capitale delle seconde, in modo da sostenere piani di sviluppo, internazionalizzazione, lancio di

nuovi prodotti. Possibilità chei matrimoni siano celebrati? Alte, sostengono gli organizzatori. Perché l'incontro

non sarà casuale, ma conseguenza dello studio di affinità che nella coppia sono importanti. «Per sei mesi ci

siamo confrontati con fondi di investimento di tutto il mondo, attraverso una serie di videoconferenze, in modo

da comprenderne inclinazioni e desiderata. Le aziende invitate all'Investor day sono state scelte sulla base

delle indicazioni dei fondi», spiega Francesco Ferragina, presidente del gruppo Kon, advisor finanziario con

sede principale in via Masaccio e succursale a Milano, che all'evento fiorentino porterà anche 40 di colleghi

provenienti da tutto il mondo (i fondi d'investimento vengono invece per l'85% dalla city). Il gruppo Kon è stato

fondato 10 anni a Firenze da Francesco e Vincenzo Ferraginae Fabrizio Bencini, tutti provenienti dall'advisor

finanziario Arthur Andersen, con l'obiettivo di creare una realtà specializzata nella consulenzaa supporto delle

piccole e medie imprese. (ma.bo.)

Foto: LA LOGGIA La Loggia dei Lanzi: gli studenti faranno da guide Sotto, Francesco Ferragina

07/04/2014 1Pag. La Repubblica - Firenze(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 222

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La rabbia degli artigiani "Basta, tempo scaduto" samuel moretti Fan loro veglia dall'ombra dei fossi 21 sagome rosse. E bianche. E verdi. Con su le storie degli artigiani, dei

falegnami, dei muratori, degli operai portati a spasso dalla crisi e dimenticati dalla politica. Ma ricordati ogni

giorno da chi sul campo suda ancora e ancora spera: «Il tempo è scaduto» gridavano oggi quelli di Cna scesi

in piazza per l'ennesimo ultimatum al governo e alle istituzioni. Quelli che la recessione gli fa male e

denunciano «lo stato di indifferenza che la politica continua a manifestare nei confronti dei gravi problemi

delle piccole e medie imprese biellesi».

La coreografia non è per divertire, vuole solo amplificare numeri già pesanti: il distretto laniero nel 2013 ha

perso il 3,6% delle sue imprese artigiane, quasi doppiando la già pessima media italiana dell'1,9%. E negli

ultimi 4 anni la crisi ha sepolto sotto il Mucrone oltre 600 aziendine.

Dire basta, come fa il presidente locale della confederazione artigiani Claudio Capellaro, è il minimo: «La

mortalità delle nostre aziende è la più alta in Piemonte - spiega - perché nel Biellese manca qualunque

programmazione». Vecchio problema, aggravato da scelte politiche come quella che nel 2012 spinse il

presidente della Provincia Roberto Simonetti a abbandonare via Sella per correre alle elezioni parlamentari:

«Senza un ente di coordinamento abbiamo perso anche l'ultimo filo di speranza che poteva dare a questo

territorio una strategia comune per rialzarsi».

Capellaro e i suoi chiedono al futuro sindaco del capoluogo di assumersi quel ruolo. E alla manifestazione

hanno invitato tutti gli aspiranti primi cittadini della tornata di maggio: «Toccherà a Biella farsi capofila,

sostituire la Provincia, ma non sarà facile se continueranno a prevalere i vecchi campanilismi. Anche i

Comuni dovranno fare la propria parte, cominciando con le unioni e le fusioni».

Quella di Cna è una manifestazione che sta facendo il giro del quadrante: 4 province, Biella, Vercelli,

Novara, Verbano, problemi identici: «L'intenzione è quella di portare sui territori lo stesso urlo che il 18

febbraio scorso ha risuonato a Roma - dice Capellaro -dove eravamo in 60 mila a tentare di farci sentire».

E hanno scelto un momento delicato come la campagna elettorale per presentare un documento in nove

punti che vale come un programma. Si parte dallo snellimento della burocrazia per arrivare alla riduzione

della pressione fiscale, dall'accesso facilitato al credito per favorire gli investimenti alla riduzione del costo del

lavoro fino a proposte tutte in salsa biellese, come quella sulle infrastrutture da potenziare («Non importa se

saranno l'autostrada o le ferrovie, quel che serve è una strategia chiara») e la collaborazione fra tutte le

istituzioni locali. Per dire basta, perché «il tempo è scaduto».

05/04/2014 41Pag. La Stampa - Biella(diffusione:309253, tiratura:418328)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 223

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Accesso al creditoRete Confidisostiene le imprese IL PRESIDENTE PIERALISI «GARANZIE ALLE AZIENDE CHE SI RIVOLGONO ALLE BANCHE» ECONOMIA

ANCONA Insieme per combattere la crisi e favorire lo sviluppo delle piccole e medie imprese, migliorandone

l'accesso al credito, aumentandone la capacità di concessione delle garanzie e riducendone al contempo i

rischi di insolvenza. È questo l'obiettivo principale di Rete Confidi Marche, uno dei primi contratti di rete a

livello nazionale stipulato tra i confidi (consorzi di garanzia collettiva dei fidi) del sistema confindustriale

marchigiano (Confidi Ancona, Confidi Fermo e Confidi Macerata) e Confidicoop Marche, che racchiude il

mondo delle cooperative e dell'agricoltura. Un sodalizio di cui presto potrebbero entrare a far parte anche le

territoriali di Pesaro e Ascoli che, da gennaio, ha già concesso garanzie per 1 milione e può contare, grazie

alla partecipazione a un bando regionale per la gestione e la costituzione di fondi rischi a sostegno delle

operazioni di garanzia sui finanziamenti richiesti dalle imprese, su 1,2 milioni di euro di fondi comunitari. Ad

illustrare il funzionamento di Rete Confidi Marche e a fare il punto su questi primi mesi di operatività del

sistema il presidente del contratto di rete e di Confidi Ancona Gennaro Pieralisi e il presidente di Confidicoop

Marche e vicepresidente della rete Graziano Mariani. Con loro, ieri, nella sede di Confindustria Marche, il

presidente di Confidi Macerata Oliviero Rotini e quello di Confidi e Confindustria Fermo Andrea Sartori. «La

rete - spiega Pieralisi - ha permesso di far incontrare il mondo dell'industria con quello delle cooperative e

dell'agricoltura. Lo scopo è di farsi garanti per le imprese che intendono chiedere fidi alle banche,

facilitandone l'accesso al credito». A fare da tramite con gli istituti di credito presentando l'istanza di garanzia

Confidicoop Marche che è un confidi 107, ovvero vigilato da Bankitalia, e quindi, aggiunge Pieralisi,

«maggiormente patrimonializzato e più appetibile per gli istituti di credito che oggi come oggi hanno bisogno

di garanzie». Confidicoop avrà comunque alle spalle le co-garanzie dei partner della rete, con rischi quindi

molto bassi e costi di struttura contenuti. «Con l'ottenimento in gestione dei fondi comunitari - afferma il

presidente di Confidicoop Mariani - possiamo garantire finanziamenti con durata da 24 mesi in su da

spendere per le piccole e medie imprese. Il nostro intento non è solo quello di gestire la fase di crisi, ma

anche lo sviluppo delle aziende marchigiane». La nuova rete rappresenta 2.700 imprese socie. I singoli

confidi che ne fanno parte hanno già all'attivo 280 milioni di fidi garantiti e 100 milioni di garanzie concesse.

«Da tempo stiamo collaborando tra i confidi - commenta il maceratese Oliviero Rotini - per massimizzare gli

sforzi comuni ed ampliare la nostra attività al servizio delle imprese socie. La rete sancisce e amplia l'ambito

della nostra azione congiunta». Conclude il presidente di Confidi Fermo Sartori: «Da decenni

accompagniamo le imprese nei rapporti con il sistema del credito. Il nostro compito è diventato negli anni

sempre più strategico ma anche più difficile».

Letizia Larici

© RIPRODUZIONE RISERVATA

04/04/2014 36Pag. Il Messaggero - Marche(diffusione:210842, tiratura:295190)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 224

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Il retroscena Il premier a Colle, Camere e Consulta «Tavolo per contenere i vostri costi» Alberto Gentili Solo una mezza giornata in famiglia e già nel pomeriggio Renzi si è rimesso a lavoro sui dossier economici.

In primis il Def, il documento economico e finanziario. Continua a pag. 3 R O M A Solo una mezza giornata in

famiglia e già nel pomeriggio Matteo Renzi si è rimesso a lavoro sui dossier economici. In primis il Def, il

documento economico e finanziario, poi la tornata di nomine delle aziende partecipate dal Tesoro.

«Dobbiamo fare in fretta, entro martedì voglio varare il Def e al massimo il giorno dopo voglio rendere

pubbliche le nomine», ha detto il premier al suo braccio destro Luca Lotti e al sottosegretario Graziano Delrio.

Motivo di tanta fretta: «I mercati ci stanno dando fiducia, ma se non ci sbrighiamo e non dimostriamo che

facciamo sul serio, prima o poi ci volteranno le spalle. E sarebbero dolori...». Lo spread potrebbe tornare a

salire, facendo mancare i previsti risparmi sul finanziamento del debito. Renzi, in contatto costante con il

ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, il nuovo consigliere economico Yoram Gutgeld e Filippo Taddei

del Pd, lavora a un «Def di svolta». Il primo documento economico finanziario «di crescita vera». Obiettivo

prioritario: l'occupazione giovanile e (naturalmente) lo sviluppo. Nel quale il premier si impegna a «rispettare

tutti gli impegni presi». Sia in sede europea, sia (e soprattutto) con i cittadini. Così nel documento ci sarà la

cornice nella quale poi verrà collocato il decreto di metà mese per il taglio del cuneo fiscale (i famosi 80 euro

a testa per chi guadagna meno di 1.300 euro) e ci sarà il rispetto dei parametri europei, con il mantenimento

al 2,6% del rapporto deficit-Pil e la riduzione del debito attraverso la dismissione del patrimonio pubblico e le

entrate una tantum, come la tassazione dei capitali esportati illegalmente in Svizzera. Renzi nel Def inserirà

anche le linee guida della spending review, ma già fa sapere «che mai e poi mai ci saranno altri tagli lineari

alla Sanità». Capitolo importante è quello dell'ulteriore riduzione dei costi della politica. Tant'è, che a palazzo

Chigi sta prendendo forza l'idea di convocare un "tavolo" per sforbiciare di altri 200-300 milioni le spese degli

organi costituzionali: Quirinale, Camera, Senato, Consulta, governo e Cnel (se non arriverà prima il sì alla

riforma che ne prevede la cancellazione). «Io darò il buon esempio, ma anche gli altri dovranno stringere la

cinta», è la parola d'ordine di Renzi, che ha già avviato una road map di risparmi con l'accorpamento di alcuni

dipartimenti della Presidenza del Consiglio, più il taglio delle retribuzioni, dei distacchi e delle consulenze.

Siccome però gli organi costituzionali godono di autonomia di bilancio e dunque il governo non può

intervenire, è necessario un coordinamento. Da qui, appunto, il "tavolo". Il percorso è avviato: Delrio venerdì

ha incontrato i segretari generali di Camera e Senato e nei prossimi giorni scatterà la convocazione plenaria.

IL DELICATO DOSSIER Dossier delicato e importante anche quello delle nomine. Renzi vuole un «forte

rinnovamento». Così è molto probabile che cambieranno tutti gli attuale amministratori delegati di Eni, Enel,

Terna, Poste e Finmeccanica. Così è altrettanto probabile, per garantire continuità aziendale, che restino gli

attuali presidenti della società partecipate dal Tesoro. Con qualche novità al femminile, visto che il premier

pretende che sia applicata la legge che impone nei consigli di amministrazione una consistente presenza di

donne. E con un problema non da poco: il tetto alle retribuzioni ha già fatto scattare i rifiuti di Vittorio Colao

(Ceo di Vodafone World), di Andrea Guerra (capo di Luxottica) e di Lorenzo Simonelli (General Electric Oli &

Gas). «Ma troveremo comunque gente all'altezza», assicurano a palazzo Chigi. Renzi da ieri pomeriggio,

insieme a Lotti, ha cominciato ad analizzare la griglia di nomi che venerdì gli ha fatto avere il ministro

Padoan. Non si tratta di una lista grezza, visto che l'Economia per stilarla ha fatto tesoro delle indicazioni di

due società specializzate nella ricerca di top manager. Ma il premier, a quanto fanno sapere i suoi

collaboratori, ha intenzione di «passare ai raggi x nome per nome». E nel farlo sonderà prima della stretta

finale Silvio Berlusconi, attraverso gli ambasciatori forzisti Denis Verdini e Gianni Letta. Spiegazione che filtra

da palazzo Chigi: «Non abbiamo vinto le elezioni, ed è dunque fisiologico che si debba ascoltare anche il

maggior partito d'opposizione prima di procedere a nomine pubbliche». In base alla legge anche il ministero

dello Sviluppo è chiamato a dare la sua benedizione, ciò significa che Federica Guidi dovrà vistare la lista.

06/04/2014 1Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 225

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Alberto Gentili `

Deficit/Pil

2,6 Il premier ha assicurato il pieno rispetto dei parametri europei nel rapporto deficit-pil

Le misure del Governo ANSA Irap a -10% Asta auto blu: sono 1.500 PIANO CASA 1,7 mld di euro di

stanziamento Riforma della Pubblica Amministrazione Riforma del Fisco 1 mag tassazione rendite dal 20 al

26% 1 mag: in vigore i tagli al cuneo fiscale Riforma della Giustizia Imprese sociali: fondo di 500 mln euro

100 giorni Governo Renzi Debiti Pubblica Amministrazione: sblocco di 68 mld di euro FONDI EUROPEI 3 mld

euro sbloccabili e investibili da subito PMI Fondo garanzia: 500 mln euro BUSTE PAGA +1.000 euro

netti/anno (80 netti/mese) per redditi fino ai 25.000 euro lordi/anno (1.500 netti/mese) CONTRATTI A

TERMINE Durata massima=3 anni Senza causale per max 20% lavoratori Riforma del Senato in Parlamento

(ddl costituzionale) EDILIZIA SCOLASTICA 3,5 mld euro da spendere subito RICERCA +600 mln euro

credito imposta. 100.000 nuovi posti entro 2018 FINE MAR 26/3-16/4 APR MAG GIU LUG

Euro in busta

80 Resta confernata la promessa di restituire una quota dell'Irpef dal prossimo maggio

1.300 Il livello di reddito mensile dei lavoratori dipendenti per aver accesso agli sgravi

RedditoFoto: L'aula del Senato

06/04/2014 1Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 226

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L'indagine 2013 sull'industria manifatturiera, realizzata da Unioncamere, Confindustria, Intesa Sanpaolo: inun anno gli occupati sono diminuiti di 31.227 unità Regione, la crisi «morde» ancora Nello scorso anno il prodotto interno lordo si è contratto dell'1,5%. Fra le cause la flessione della domandainterna e il fortissimo calo dei consumi delle famiglie e del mercato DI CATERINA DALL 'O LIO Non ancora ripresa, ma un'inversione di tendenza che potrebbe irrobustirsi. È questa la prospettiva per

l'economia dell'Emilia-Romagna che si è appena lasciata alle spalle un anno pesante. Il quarto trimestre del

2013 si è chiuso ancora negativamente, ma la fase recessiva è in attenuazione. Il bilancio annuale è apparso

migliore rispetto al 2012. Tuttavia, il volume di produzione resta molto inferiore ai livelli precedenti la crisi, e

questa situazione si protrarrà ancora. Rimane lo stato di difficoltà per le imprese, anche se non manca

qualche segnale positivo, esclusivamente legato al commercio con l'estero. Nel 2013 il prodotto interno lordo

si è contratto dell'1,5%, collegato alla flessione della domanda interna determinata dal calo dei consumi. È

questo il quadro che emerge dall'indagine congiunturale che riguarda la chiusura dell'anno 2013 e le

previsioni per il 2014 sull'industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere

EmiliaRomagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo. Il fronte caldo è quello del lavoro. In un

anno, gli occupati sono diminuiti di 31.227 unità, di cui circa 13mila nel solo manifatturiero. Il tasso di

disoccupazione è passato dal 7,1 per cento del 2012 all'8,5 per cento del 2013 e sarebbe salito di più senza

l'ampio ricorso agli ammortizzatori sociali. Con riferimento alla sola industria manifatturiera nel 2013, le

imprese attive sono diminuite di 1.166 unità, una flessione pari al 2,6 per cento. Il calo ha riguardato tutti i

settori, in particolare legno-mobili, ceramica e anche la meccanica, con l'unica eccezione dell'alimentare.

Complessivamente, l'anno si è chiuso con un calo della produzione e del fatturato del 2,8 per cento. Migliore

la tenuta per le industrie alimentari (-0,6 per cento), mentre negli altri settori i cali sono apparsi pari o superiori

al 2 per cento. Tra le classi dimensionali il risultato più negativo per le imprese piccole (-4,1 per cento) meno

orientate all'export, ancora una volta l'unico fattore di spinta alla crescita, in una fase in cui la domanda

interna non accenna a riprendersi. Dovrebbero ripartire gli investimenti, ma i consumi delle famiglie

continueranno ad essere stagnanti e l'occupazione stenterà a riprendersi. «Perché possano consolidarsi i

segnali di ritorno alla crescita evidenziati dalla previsione di incremento dell'1 per cento del Pil regionale nel

2014 - sottolinea il Segretario Generale di Unioncamere Emilia-Romagna, Ugo Girardi - è necessario cogliere

le opportunità offerte dalla congiuntura internazionale: export, ma anche turismo e attrazione di investimenti.

A tal fine il sistema camerale ha impostato il "progetto "matricole", che punta in 3 anni a portare 3mila

imprese a iniziare a muoversi verso i mercati esteri». Il credito bancario in Emilia-Romagna, secondo l'analisi

del Servizio Studi di Intesa Sanpaolo, è rimasto in calo anche a fine 2013. Il complesso dei prestiti a famiglie

e imprese della Regione ha segnato una riduzione del 3,5% a dicembre 2013 (ultimo dato disponibile), in

linea con la media annua (-3,3% sul 2012). Dicembre ha visto un calo leggermente inferiore al dato italiano (-

4%) ma in media annua le variazioni regionale e nazionale sono risultate perfettamente allineate. I prestiti alle

famiglie hanno continuato a registrare un calo moderato. Tuttavia, nell'ultimo trimestre si è osservata una

leggera accentuazione a -1,3% a/a da 0,5% nei nove mesi precedenti. Ciononostante, in media annua il calo

registrato in Regione (-0,7% sul 2012) è rimasto più contenuto del dato nazionale (0,9%).

06/04/2014 4Pag. Avvenire - Bologna - bologna sette(diffusione:105812, tiratura:151233)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 227

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I LAVORI CHE DANNO LAVORO Dai pizzaioli ai gelatai, dagli estetisti ai giardinieri, fino ai serramentisti: nel pieno della crisi ci sono quasi 500mila artigiani che non solo tengono botta ma creano nuovi posti. Oltre 24 mila nel 2013 ANTONIO SPAMPINATO a pagina 11 Eppure qualcosa si muove. Anche nel variegato mondo delle micro e piccole imprese. Ci sono

artigiani che hanno tenuto duro, hanno combattuto e hanno vinto. Crisi battuta, ko, kaputt. C'è da esserne

orgogliosi. Non solo perché il loro fatturato è cresciuto, ma anche perché sono riusciti a creare nuovi posti di

lavoro. Stiamo parlando di specializzazioni dure, in cui, spesso, bisogna sporcarsi le mani. Di quelle snobbate

da molti che preferiscono il posto fisso o più consono alle proprie aspettative o preparazione scolastica. E per

questo, visti i tempi, che rischiano di restare delle chimere. Insomma, per chi è disposto a sgobbare sodo e

rischiare in proprio, il posto c'è. A volte è richiesto un sacrificio personale non indifferente: alzarsi in piena

notte per preparare un impasto, tanto per dirne uno. Ma i risultati e le soddisfazioni, numeri alla mano,

arrivano. Nel 2013, dice un rapporto targato Cgia di Mestre, le prime 20 attività artigianali in maggiore crescita

hanno creato almeno 24 mila nuovi posti di lavoro: «Un numero che, a grandi linee, corrisponde a quello dei

dipendenti della Fiat presenti in Italia». In totale le prime 20 categorie selezionate contano 462.875 posizioni,

di cui 23.935 create nel 2013. Ma chi sono questi eroi che sono riusciti a fare meglio, per l'Ita lia, di Sergio

Marchionne? O meglio, visto che la classifica stilata dall'associazione degli artigiani li raggruppa per categoria

merceologica, quali sono le attività che hanno registrato numeri controcorrente? Sono queste: «Pizza al

taglio, gastronomie, rosticcerie, friggitorie, addetti alle pulizie, estetiste, serramentisti, panettieri, giardinieri,

gelatai e dipintori», dice sicuro l'ufficio studi Cgia. La stessa associazione mette in guardia da possibili

storture nell'interpretazione dei dati. In molti casi, sottolinea, si tratta di micro attività con fatturati modesti. Per

questo, quando si leggono incrementi percentuali a tripla cifra è necessario tenere conto della postilla.

Triplicare un giro d'affari di 5.000 euro è ovviamente meno complesso che farlo con uno di qualche milione.

Lo stesso vale per gli incrementi sul numero degli imprenditori: se raddoppia una categoria che conta poche

imprese, è un segnale importante ma irrilevante se confrontato con un piccolo aumento di una categoria

molto numerosa. Lo si può ben vedere nella tabella a corredo. In ogni caso, i posti di lavoro sono posti di

lavoro, non si scappa. Fatte le dovute premesse, ecco i dati dei trend di crescita registrati dalle principali

attività artigiane nel periodo 2009-2013 da prendere, come da consiglio, con le pinze: i tatuatori hanno

segnato la variazione positiva più marcata: + 442,8%. Seguono i pasticceri, con +348%, i pellettai, con

+216,3%, gli addetti alle pulizie, con + 199,1% e i grafici, con + 189,8%. «Nel 2013, sebbene a livello

nazionale l'artigianato abbia perso quasi 28 mila imprese, abbiamo potuto registrare una forte espansione

delle professioni legate ai settori dell'alimentazione e dei servizi» sottolinea il segretario della Cgia, Giuseppe

Bortolussi. «La manifattura e le costruzioni, invece, continuano a segnare il passo. L'esplosione di molte

attività è sicuramente legata al nuovo stile di vita che la crisi ha imposto alle famiglie italiane». Secondo

Bortolussi, questi numeri sottolineano il desiderio delle famiglie italiane di mantenere, quanto più possibile, le

proprie abitudini. Così «si va meno al ristorante o in pizzeria, ma alla cucina etnica o alla pizza non si

rinuncia. Il boom di aperture registrato dai take-away è riconducibile proprio a questa nuova tendenza».

Oppure si taglia qualcosa di costoso per gratificarsi con qualcos'altro di più cheap : ci si priva di un capo di

abbigliamento o di qualche giorno di vacanza - dice ancora il segretario - «ma non si può fare assolutamente

a meno al trattamento del corpo o alla manicure». Poi c'è la casa, la grande passione degli italiani. Si

costruisce sempre meno, questo è un dato di fatto. Invece di cambiare appartamento in tanti «aggiustano» le

dimore, complice anche, per il 2013, del bonus-casa attivato dal governo: «Le abitazioni esistenti hanno

bisogno di interventi manutentivi che molto spesso si traducono nella sostituzione delle porte e delle finestre

o attraverso la tinteggiatura delle pareti interne/esterne», conclude Bortolussi. Così gli artigiani-serramentisti

e montatori di mobili sono numericamente cresciuti, nel 2013 del 132%. Le agevolazioni governative riguardo

06/04/2014 1Pag. Libero - Ed. nazionale(diffusione:125215, tiratura:224026)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 228

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le ristrutturazioni e l'acquisto di mobili continuano, seppure con maggiori vincoli, anche quest'anno. Molto

probabilmente il trend di crescita degli addetti in questo comparto potrà segnare un altro balzo in avanti. Se il

lavoro non manca, c'è posto per tutti. Peccato che tanti altri artigiani, non possano dire la stessa cosa.

06/04/2014 1Pag. Libero - Ed. nazionale(diffusione:125215, tiratura:224026)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 229

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ORSI & TORI PAOLO PANERAI I segnali più forti sono l'investimento della People's Bank of China in Eni ed Enel, e la crescita a oltre il 5% in

Unicredito, Intesa, Mps e Banco Popolare di BlackRock, il più grande fondo al mondo. La scelta da parte

della banca centrale cinese delle due più strategiche società controllate dallo Stato, e quella del fondo

americano delle prime tre banche del Paese e della più grande popolare italiana indicano in maniera

inequivocabile il ritorno di fiducia nell'Italia, ma si tratta di investimenti finanziari, quindi a determinarli è stato

sicuramente anche il livello basso di capitalizzazione delle società e delle banche prescelte in relazione a

omologhi internazionali. In altre parole sia People's Bank of China che BlackRock sono entrati nel capitale

delle due società di energia e nelle banche perché stimano che il loro investimento si rivaluterà

significativamente. Con una motivazione in più da parte della banca centrale continua a pag. 38 Segue dalla

prima pagina cinese, poiché l'investimento include anche un segnale di amicizia verso lo Stato italiano. Allo

stesso modo dei due grandi investitori si sono comportati e si stanno comportando altre decine e centinaia di

fondi e operatori stranieri che, spinti anche dal forte vento di rinnovamento soffiato dal presidente Matteo

Renzi, stanno acquistando titoli quotati a Piazza Affari. «Erano anni che non si vedeva una richiesta di

investimento dall'estero come quella degli ultimi mesi», spiega Francesco Perilli, amministratore delegato di

Equita Sim, il principale broker italiano. «Certo, conta un buon ritorno di fiducia verso l'Italia, ma il movimento

è strettamente connesso anche al ritiro di una parte delle ingenti liquidità dai Paesi in forte sviluppo del

continente asiatico». Così come la grave crisi dei mercati italiani era stata provocata dalla volontà di cogliere

il momento magico dei Paesi in via di sviluppo oltre che alla sfiducia per la crisi politica in atto, ora il cammino

è esattamente opposto. C'è quindi da rallegrarsi ma da non cullarsi sugli allori, perché è noto che i grandi

capitali sono in continuo movimento alla ricerca dell'investimento più remunerativo del momento. Come dire

che gli investimenti finanziari hanno una notevole importanza per la bilancia valutaria del Paese ma hanno un

peso duraturo solo quando l'ingresso in una società italiana avviene attraverso la sottoscrizione di un

aumento di capitale come sta avvenendo soprattutto sulle banche. E da questo punto di vista è davvero

importante il risultato ottenuto da Pier Francesco Saviotti, che ha convinto BlackRock a comprare il 5%

dell'aumento di capitale di 1,5 miliardi di Banco Popolare. È giusto quindi parlare di penisola del tesoro, ma gli

investimenti esteri in un Paese sono anche di altre tre tipologie che conviene analizzare per comprendere

quanto solida sia la visione dell'Italia come penisola del tesoro. La prima delle tre tipologie è quella che viene

classificata sotto la sigla M&A, cioè merger e acquisition. Anche in questa tipologia c'è grandissima vivacità.

Non passa giorno che non ci sia l'annuncio di un'acquisizione di un'azienda italiana da parte di gruppi

stranieri. Un trend che in realtà non si è mai interrotto ma che negli ultimi mesi si è accentuato principalmente

nel settore del fashion e del lusso (più indietro nel tempo Bulgari, più recente Loro Piana sempre da parte del

gruppo Lvmh) ma non solo: lo stesso Lvmh, numero uno al mondo nel lusso, ha rilevato il locale Bar Pa s t i c

c e r i a C o v a d i v i a Montenapoleone, mentre un gruppo cinese ha acquistato una delle principali industrie

olearie, Olio Berio di Lucca, che fattura intorno a 350 milioni. Rispetto a queste acquisizioni c'è chi grida al

depauperamento del sistema economico italiano. Niente di più sbagliato. Chi compra dall'estero aziende

italiane lo fa perché l'eccellenza di certi prodotti, anche nel campo della meccanica, viene raggiunta proprio in

Italia, che rappresenta ancora oggi, nonostante la crisi, il secondo Paese manifatturiero d'Europa dopo la

Germania. A dimostrare quanto sia improprio il timore di un depauperamento del Paese, basta guardare a

come si comportano gli acquirenti: non solo lasciano in Italia fabbriche e comando di queste aziende, ma

grazie alla disponibilità di maggiori capitali inducono forti investimenti. È il caso di Gucci, che prima acquistato

dagli arabi di Investcorp, poi diventato public company sotto la guida di Domenico De Sole e ora posseduto

dal gruppo francese Kering della famiglia Pinault, ha moltiplicato i posti di lavoro in Italia e il fatturato nel

mondo. Ora alla guida c'è Patrizio Di Marco, dopo la sua esperienza da Prada, e lo sviluppo in Italia continua

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 230

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anche con interventi di salvataggio di marchi storici che rischiavano la chiusura come Richard Ginori, ricco di

storia e di qualità nel campo delle ceramiche e della tavola. Richard Ginori era un problema per il tessuto

industriale fiorentino: in amministrazione straordinaria rischiavano il licenziamento alcune centinaia di

dipendenti; con la gestione di Di Marco è destinato a nuovo sviluppo e a un recupero della ricchezza di un

museo straordinario. Idem per le acquisizioni del passato di Lvmh: per esempio Fendi, che ha sempre il suo

cuore a Roma. Ma lo stesso accadrà anche per Loro Piana, vertice assoluto del made in Italy, che aveva e ha

come concorrente diretto Hermès, il quale tuttavia fattura quasi 10 volte di più. La scelta di vendere da parte

di Sergio e Pier Luigi Loro Piana è stata fatta per poter garantire la competizione con Hermès non certo per la

malattia di Sergio, che al momento della scelta non si era manifestata. È sicuro che Bernard Arnault e suo

figlio Antoine, che segue Loro Piana, svilupperanno ulteriormente l'azienda senza spostare una produzione o

un posto di lavoro, perché sanno bene che la qualità dei prodotti è frutto della sapienza sintetizzata nel made

in Italia. Del resto anche le borse, le scarpe, gli abiti che vengono venduti con vari marchi internazionali sono

quasi sempre prodotti in Italia. Perché questo mondo continui a svilupparsi sono necessari capitali freschi e

quindi ben vengano le acquisizioni straniere con l'ingresso di capitali in Italia. Può dispiacere che il controllo

non sia più italiano, ma ai fini della ripresa dello sviluppo queste acquisizioni sono più che salutari. La

seconda tipologia di investimenti con capacità di generare crescita positiva sono quelli immobiliari. Mentre

molti italiani si sono spaventati dall'inasprimento fiscale, operatori e fondi stranieri stanno tornando ad

acquistare immobili in Italia. Il meccanismo è analogo a quello degli investimenti in borsa. I prezzi sono scesi

a livelli che, confrontandoli con quelli internazionali, appaiono molto convenienti con il valore intrinseco

destinato a risalire significativamente. Valga per tutti l'investimento importante del fondo del Qatar nella

realizzazione da parte di Hines dei grattacieli nell'area delle ex Varesine a Milano. Ma a comprare,

appartamenti o interi palazzi, sono anche ricchi russi o cinesi. Non solo nel centro delle città ma anche in

località amene come le ville sui laghi della Lombardia. A Lecco c'è un professore cinese che, oltre ad aiutare

aziende cinesi interessate a investire in Italia, fa comprare immobili sul Lago di Como. Anche città come

Roma, Firenze e Venezia, ma anche campagne e località di villeggiatura della Toscana e della Sicilia sono

tornate nel mirino di chi ha accumulato capitali e investe o per poter godere direttamente dell'investimento o

per poter realizzare un plusvalore, visti i prezzi di acquisto confrontati a quelli di altri Paesi, esattamente come

avviene per le azioni delle società quotate. La terza tipologia di investimenti, molto importante per lo sviluppo

dell'economia, è quella che in inglese viene chiamata greenfield, cioè investimenti partendo da zero, come un

prato verde. Purtroppo questo tipo di investimenti è quasi inesistente e per più motivi: per la complessità della

legislazione e della burocrazia italiana, per la non stabilità fiscale, per i rischi di una giustizia lenta e non di

rado animata da interessi diversi da quelli di una giustizia oggettiva. Sono quindi fondamentali in questa

direzione le riforme istituzionali annunciate dal presidente Renzi. Se l'ex sindaco di Firenze saprà realizzarle

rispettando i tempi, è sicuro che in Italia pioveranno investimenti per creare attività da zero, un po' in tutti i

campi, dal turismo al digitale. Tuttavia, mentre il governo Renzi deve cambiare le condizioni ambientali, è

anche necessario che l'Italia faccia quanto altri Paesi hanno già realizzato per la promozione degli

investimenti dall'estero. Oggi le strutture di promozione sono sostanzialmente tre: Invitalia, sicuramente

efficiente nella gestione delle attività di incentivazione con contributi e assistenza una volta che un

imprenditore straniero abbia deciso di investire nel Bel Paese. Ma Invitalia non ha una rete internazionale di

promozione. C'è poi Simest, che per lungo tempo si è occupata di appoggiare e accompagnare le aziende

italiane nel loro sviluppo all'estero. Oggi può operare anche in Italia ma non ha una rete estera. Chi ha la rete

estera, finalmente connessa con le ambasciate e i consolati italiani nei vari Paesi, è la ex Ice, ora Agenzia per

l'internazionalizzazione, presieduta da Riccardo Monti con lunga esperienza in Cina e in molti altri Paesi. Ma

la struttura estera è stata finora dedicata a favorire l'export italiano, non la raccolta di capitali da far investire

in Italia. Negli altri Paesi, in Germania, in Gran Bretagna, in Francia, nella logica della globalizzazione oggi

sono state unificate le funzioni di export e di import, per così dire di capitali. L'ex ministro Corrado Passera

aveva avviato un processo in questa direzione, ma la caduta del governo Monti e la successiva iniziativa del

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 231

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presidente Enrico Letta di lanciare il progetto Destinazione Italia ha rallentato la realizzazione delle idee di

Passera, mentre il progetto di Letta è di fatto monco dopo la caduta del suo governo. Urge, quindi, che il

presidente del Consiglio Renzi con i ministri interessati compia una ricognizione anche in questo campo per

attrezzare meglio il Paese. Probabilmente andranno meglio integrate e fortificate le reti diplomatiche e quelle

dell'ex Ice, assegnandogli compiti specifici di promozione degli investimenti in Italia. Una forma di

investimento in Italia può essere considerato anche lo sviluppo dell'afflusso turistico, con la conseguente

auspicabile decisione di integrare nella rete diplomatica e dell'ex Ice anche l' Enit e la creazione di un

ministero autonomo del Turismo. Averlo legato al ministero dei Beni culturali fa sì che sia considerato,

quando viene considerato, solo il turismo culturale, mentre l'offerta italiana ha una ricchezza infinita, dal

turismo balneare e di montagna al turismo termale, a quello enogastronomico. Per sua funzione il ministero

dei Beni culturali è conservativo, mentre per lo sviluppo del turismo occorre innovazione. Naturalmente senza

dimenticare la forte attrattiva dei giacimenti culturali italiani, che sono inesauribili e quindi di ben maggiore

valore. Infine, c'è la tipologia di investimenti non in Italia ma all'estero che tuttavia riverberano effetti

straordinariamente positivi sull'economia italiana. È il settore dei grandi lavori all'estero. Non a caso Guido

Carli, quando lasciò il governatorato della Banca d'Italia, con tutte le opzioni offerte da Giovanni Agnelli che

poteva avere, scese di fare il presidente di Impresit, la società di grandi lavori all'estero. Carli spiegava che le

straordinarie grandi opere realizzate dalle aziende italiane in tutti i continenti erano il segno dell'efficienza

italiana. In Italia ci sono ancora oggi aziende in grado di competere, prima di tutto Salini Impregilo (dove da

tempo è confluita Impresit), Astaldi, Maire Tecnimont che proprio nei prossimi giorni firmerà un importante

contratto in Egitto. Per aggiudicarsi questi grandi lavori occorrono un'offerta tecnica (dove l'Italia è

competitiva) e una finanziaria che richiede assicurazioni e finanziamenti internazionali. Sace, la società che

sta per essere privatizzata, è molto efficiente nel campo dell'assicurazione e anche dei finanziamenti, ma in

Germania e in Francia è lo Stato che dà garanzie e quindi l'offerta diventa più rapida e a più buon mercato.

Chi potrà dare un'ulteriore spinta al recupero di efficienza delle aziende italiane è Cassa depositi e Prestiti

(Cdp). Se anche questo intervento avverrà, il circuito investimenti in Italia dall'estero e italiani all'estero per un

ritorno di ricchezza in Italia sarà completo. (riproduzione riservata) Paolo Panerai

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 232

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FAR EAST LA CINA ORA FRENA LE RIFORME E' MEGLIO FARLE UNA ALLA VOLTA Giampaolo Visetti Da mesi la Cina assicura di essere pronta a profonde riforme economiche per scongiurare il rischio di essere

risucchiata nella crisi. Il Terzo Plenum del partito ha presentato un piano di riforme in sessanta punti: se

attuate, cambierebbero il volto della seconda economia mondiale. La domanda che ora agita i mercati è

quando ciò avverrà. Fino ad oggi Pechino ha promesso molto, ma ha fornito pochi elementi concreti per

capire come la Cina intende trasformarsi realmente in un'economia in cui «il mercato riveste un ruolo

decisivo». Il premier Li Keqiang negli ultimi giorni ha ripetuto gli impegni al cambiamento, ma ha fatto capire

che sono insorti problemi rilevanti ad attuarlo in modo complessivo. Voci sempre più insistenti avvertono che

la strategia del «grande urto», ipotizzata in autunno, è in via di accantonamento e che la Cina sta ripiegando

sul sistema tradizionale della gradualità: una riforma alla volta, con il tempo di verificarne gli effetti e di

scegliere il passo successivo tra quelli più indolori. Ai giganti di Stato, alle banche e ai grandi imprenditori

privati con buone relazioni nel partito, la frenata sulle riforme piace. Il vecchio sistema, che ha fatto esplodere

il debito pubblico, ha garantito loro trent'anni di crescita a doppia cifra. Alle piccole e medie imprese, agli

investitori privati e alle multinazionali straniere, l'allungamento dei tempi e l'incertezza fa sorgere invece il

dubbio che la «nuova era» annunciata da Pechino si risolva in una promessa sfruttata per mantenere la

stabilità in un momento critico per il potere, scosso dalla guerra contro la corruzione. La task force economica

del governo per convertire il modello di crescita ha appena ultimato la definizione delle nuove priorità. La Cina

comincerà la «lenta rivoluzione» dalla piena convertibilità dello yuan, assestando l'ampliata fascia di

oscillazione sul dollaro. Aprirà poi banche di piccole e medie dimensioni al capitale privato, anche straniero,

saggiando così gli effetti sul credito della ritirata da un settore di mercato fino oggi riservato allo Stato. La

trasformazione dello yuan in una valuta internazionale consentirà alle imprese cinesi di diventare protagoniste

dell'economia globale, favorendo crescita e liquidità anche nella prospettiva di un'ulteriore contrazione

dell'export. Riformare il settore finanziario prima che Hong Kong cessi di essere una regione speciale, è la

sfida epocale di Pechino, spaventata dall'idea di una fuga di capitali e imprese dell'ex colonia britannica verso

Singapore. Gli analisti, preso atto del rallentamento delle riforme, si chiedono ora perché la leadership cinese

non sia nelle condizioni di chiarire tempi e modi della loro attuazione. Il dubbio è se la vaghezza dipenda

dall'opportunità di riservatezza sui piani, o dall'impossibilità di superare resistenze interne impreviste. Ad

alimentare l'allarme, l'incoraggiante risultato economico di marzo. La produzione industriale è rimasta

invariata, segno che la crescita ha esaurito la caduta e che si sta stabilizzando. L'indice manifatturiero è

risalito oltre la soglia critica dei 50 punti, per la prima volta da novembre. I timori di un crollo, innescato da

stretta del credito e fuga dagli immobili, si sono attenuati. L'occupazione aumenta, primo segno più dal

giugno 2013. Timidi segnali, mentre i consumi interni non tirano come sperato, ma il centro della turbolenza

sembra alle spalle, il debito risulta sotto controllo e ci sarebbero i presupposti ideali per varare le «storiche

riforme». Ciò però non avviene: se gli annunci non si trasformeranno in fatti entro l'estate, la «strategia

graduale» potrebbe arrivare troppo tardi.

Foto: Il premier cinese Li Keqiang: ha ammesso che sono insorti problemi sulla rapidità e complessità delle

riforme

07/04/2014 13Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.13 - 7 aprile 2014(diffusione:581000)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 233

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Analisi I dati dell'Osservatorio Aub sul settore alla vigilia del Salone del mobile che si apre domani a Milano.Taglie troppo piccole per competere L'arredo italiano, il target perfetto per chi vuole investire Aziende che devono crescere, a controllo familiare e dall'azionariato frammentato. Poltrona Frau è solo ilprimo caso Il 70% ha tra i 20 e i 50 milioni di fatturato MARIA SILVIA SACCHI Se è vero che controllo familiare, azionariato frammentato e necessità di crescere di dimensioni sono

elementi che fanno di un'azienda il possibile obiettivo di un'acquisizione da parte dei fondi di private equity

e/o da parte di gruppi di maggiori dimensioni, si può dire che il settore del mobile sia un target perfetto. E

l'operazione Poltrona Frau (passata all'americana Haworth) solo un primo passo di ciò che potrebbe

succedere.

A questa conclusione si giunge leggendo il focus che l'Osservatorio Aub (Aidaf, Unicredit, Bocconi) dedica

alle aziende familiari del mobile. Il ritratto che emerge evidenzia aziende che appartengono al 100% a una

famiglia più spesso del resto delle imprese italiane (78% rispetto al 70% della media nazionale). Ma si tratta

di una famiglia «larga», visto che più del 50% di queste realtà sono state fondate tra 25 e 50 anni fa e il 5%

ha più di 50 anni di storia, il che fa sì che le azioni spesso siano già state passate per via ereditaria.

Eppure, nonostante la lunga storia, sono rimaste piccole, tanto che l'Osservatorio per poter realizzare

l'indagine ha dovuto abbassare la «taglia»: solitamente prende in considerazione le imprese sopra i 50 milioni

di euro di fatturato, in questo caso è sceso fino ai 20 milioni. E ben il 70% delle aziende familiari del mobile-

arredo si colloca tra i 20 e i 50 milioni di euro. Solo il 10,3% delle aziende supera i 150 milioni di fatturato: il

5,7% si colloca nella fascia tra i 150 e i 250 milioni, e il 4,6% oltrepassa i 250 milioni.

Troppo piccole, se si considera che la via alla crescita è data dall'export (il divario di redditività tra chi esporta

oltre i due terzi del fatturato e chi meno di un terzo si è ulteriormente ampliato nell'ultimo biennio), ma per

poter essere presenti sui mercati almeno europei occorrono investimenti importanti. Per di più in un settore

che, come il mobile-arredo, ha nella distribuzione uno dei suoi ostacoli più difficili da superare per via delle

dimensioni.

La strada fin qui scelta è quella di fare rete. Dice, infatti, il rapporto Aub: «Il mobile-arredo è caratterizzato da

una elevata frammentazione del tessuto produttivo, fortemente specializzato, con piccole imprese che hanno

creato nicchie produttive di qualità, sfruttando gli effetti sinergici di una maggiore integrazione, anche

attraverso la partecipazione a network e filiere produttive».

Quanto ai risultati, si riscontra una maggior redditività da parte dei leader giovani nelle aziende di minori

dimensioni, mentre le maggiori vanno meglio se hanno alla guida un ultracinquantenne.

C'è, infine, un altro elemento che caratterizza il settore ed è il forte legame con il territorio di origine. Più della

metà (55,6%) della produzione italiana di mobili è realizzata in tre Regioni: Lombardia (distretto legno-arredo

della Brianza e del Milanese), Veneto (distretto del mobile di Livenza) e Marche (distretto cuciniero

pesarese). Il Salone del mobile che parte domani a Milano, e che rappresenta un'esperienza unica a livello

mondiale, potrà essere l'occasione per fare una riflessione in più.

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Foto: Salone del mobile Claudio Luti

07/04/2014 13Pag. Corriere Economia - N.13 - 7 aprile 2014

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 234

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La storia/Servizi aeroportuali Bagagli sicuri e da esportazione Shopping estero per Safe Bag. E dopo la Borsa pensa ai mini bond ALICE CAPIAGHI U n business ben impacchettato viaggia sicuro. Come quello dell'italiana Safe Bag che, in 27 aeroporti sparsi

per il mondo, offre ai passeggeri il servizio di imballaggio valigie prima del check-in. Cellophane per

proteggere il bagaglio da imbarcare, ma non solo. A disposizione dei clienti ci sono anche un sistema di

tracking per sapere sempre dove si trova la propria valigia e, in caso di smarrimento, la possibilità di essere

risarciti.

«L'idea mi è venuta quando, di ritorno da un viaggio, la compagnia aerea ha perso la mia valigia - ricorda

l'amministratore delegato Rudolph Gentile -. Dentro avevo tutti i miei libri preferiti e per me, che avevo più o

meno 25 anni e amavo leggere, fu una piccola tragedia».

Nel mercato dei servizi aeroportuali fin dal 1997, Safe Bag ha via via arricchito l'offerta e allargato il proprio

raggio d'azione. «Dall'estate scorsa siamo presenti anche nell'aeroporto di Miami, tra i più grandi scali al

mondo per flusso di passeggeri-- dice Gentile -. L'incarico? Ottenuto attraverso una gara pubblica. Essere in

Florida per noi significa poter accedere a un mercato dalle enormi possibilità di crescita. Senza contare che

Miami è la base perfetta per portare il nostro modello anche in Sud America».

Per realizzare l'ambizioso progetto di espansione internazionale, Safe Bag non si basa però solo sulla

partecipazione alle gare d'appalto, bensì prevede l'acquisizione di altre società già operanti sul mercato. «Si

tratta di un processo già avviato - conferma l'amministratore delegato - e che spero presto ci porterà ad

acquisire anche la quota di maggioranza di Secure Wrap, società che opera in 52 aeroporti tra Stati Uniti,

America Centrale e del Sud. In questo modo occuperemmo anche Oltreoceano molte posizioni chiave, che si

aggiungerebbero a quelle già acquisite in Italia, Francia, Portogallo e Svizzera. Il sogno nel cassetto?

Conquistare anche gli aeroporti di Milano e Roma. E poi andare verso Oriente».

Per raccogliere il capitale necessario a realizzare le acquisizioni programmate, la Safe Bag prevede nei

prossimi mesi di emettere i cosiddetti mini bond, ovvero lo strumento finanziario con cui anche le piccole e

medie imprese possono cercare fondi sul mercato. Una prospettiva questa che dovrebbe concretizzarsi entro

l'anno e che segue di pochi mesi la quotazione della società sul mercato Aim Italia avvenuta lo scorso

settembre. «Abbiamo chiuso il 2013 con un fatturato di 15,4 milioni di euro, in aumento sul 2012 di quasi il

40% - dice Gentile -. E per quest'anno prevediamo di crescere ancora. Anche grazie agli investitori che

punteranno su di noi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

15,4Il fatturato 2013 in milioni di euro di Safe Bag con un aumento del 40% rispetto al 2012. La società offre i

servizi di imballaggio valigie prima del check-in negli scali aeroportuali

Foto: Viaggi Rudolph Gentile alla guida di Safe Bag, società quotata all'Aim di Piazza Affari

07/04/2014 20Pag. Corriere Economia - N.13 - 7 aprile 2014

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 235

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Obiettivo: ridurre i costi delle gare dell'80% Digitalizzazione delle gare di appalto entro 30 mesi, autocertifi cazione dei requisiti di partecipazione alle gare

di appalto pubblico, documento di gara unico europeo con collegamenti alle banche dati dei singoli paesi,

suddivisione in lotti, limitazione ai requisiti di fatturato, pagamento diretto del subappaltatore. Sono alcune

delle novità previste nella direttiva 2014/24/Ue. • Documento di gara unico europeo e la Banca dati per le

verifi che dei requisiti. La direttiva punta molto sul tema, centrale anche in Italia, dello snellimento delle

procedure di gara e della riduzione dei costi amministrativi per partecipare alle gare (l'obiettivo è ridurli

dell'80%). In particolare si prevede la completa digitalizzazione delle procedure di appalto entro trenta mesi

dall'entrata in vigore delle direttive, che serviranno alla messa a punto di uno standard comune a livello

europeo. Dopo avere ribadito il principio generale, ormai consolidato nel nostro paese, della autocertifi

cazione dei requisiti di gara, il legislatore sposta l'attenzione su di uno strumento attuativo ben preciso: il

Documento di gara unico europeo (Dgue), che dovrà consentire di acquisire tutti i dati relativi al concorrente,

rilevanti per la partecipazione alla gara. Si tratta, in altre parole, di arrivare allo stesso obiettivo perseguito dal

codice dei contratti pubblici attraverso la Banca dati nazionale prevista dall'articolo 6-bis del codice dei

contratti pubblici come sistema di accesso diretto, attraverso appositi collegamenti informatici, ai documenti

che certifi cano il possesso dei requisiti di gara, sistema del tutto in linea con quanto previsto dalla direttiva al

«considerando» n. 85. Nel documento unico si dovrà anche indicare l'Autorità che dispone dei documenti a

comprova dei requisiti e, se esiste nel paese di origine una banca dati, anche l'indirizzo web della banca dati,

gli eventuali dati di individuazione e la dichiarazione con la quale si acconsente alla verifi ca dei dati.

L'obiettivo della direttiva è però anche quello di rendere accessibili le banche dati anche dalle stazioni

appaltanti di altri stati membri attraverso il portale «e-Certis» della Commissione europea. • Suddivisione in

lotti. Un'altra innovazione, soprattutto rispetto alla precedente direttiva, è quella concernente la suddivisione

in lotti, vista come best practice per favorire le Pmi, anche se nell'iter del provvedimento si era partiti da un

obbligo di suddivisione in lotti oltre i 500 mila euro, per poi arrivare a una facoltà di «lottizzazione» (una sorta

di moral suasion), ma con obbligo di motivazione nella documentazione di gara se l'amministrazione non

suddivide un mega appalto. Esattamente quanto previsto in Italia, dove si prevede l'obbligo di motivazione

nella determina a contrarre della mancata suddivisione in lotti e si chiede alle amministrazioni di comunicare

all'Osservatorio dei contratti pubblici istituito presso l'Autorità di vigilanza la specifi cazione dell'eventuale

suddivisione in lotti. • Limiti a fatturato e pagamento diretto. Importante è poi la limitazione sui fatturati per

favorire l'accesso alle gare delle piccole e medie imprese. In primo luogo è stata prevista una regola generale

che impone alle stazioni appaltanti di non introdurre nei bandi soglie minime di fatturato sproporzionate

rispetto al valore del contratto. In secondo luogo e nello specifi co, la direttiva prevede che le stazioni

appaltanti possano richiedere come requisito minimo per partecipare un fatturato non superiore al doppio

dell'importo a base di gara. Prevista anche la possibilità di pagamento diretto del subappaltatore, ma il

contraente principale potrà opporsi a pagamenti indebiti.

07/04/2014 17Pag. ItaliaOggi Sette - N.82 - 7 aprile 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 236

Page 237: ANIEM · 2015. 7. 21. · INDICE ANIEM 05/04/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale L'area è rivalutata? Ora il Comune vuole la percentuale 12 06/04/2014 La Citta di Salerno - Nazionale

Il costo delle operazioni sospese deve lo stesso essere imputato a conto economico Una moratoria dei debiti con appeal economico ridotto NORBERTO VILLA E FRANCO CORNAGGIA Forte impatto fi nanziario, ma poco appeal economico con la moratoria dei debiti. Il costo delle operazioni

(sospese) deve lo stesso essere imputato a conto economico nonostante la sospensione (totale o parziale

dei pagamenti). Anche nell'anno 2013 non sono state poche le operazioni di moratoria dei debiti, ovvero

accordi che consentono di sospendere in tutto o in parte la restituzione dei debiti in essere. Le operazioni

sono solitamente concluse nei confronti degli istituti di credito e delle società di leasing in forza dell'accordo

nazionale sottoscritto, ma possono avere come controparte anche soggetti differenti. Infatti, quando si cita la

moratoria comunemente ci si riferisce a quegli accordi concernenti le piccole e medie imprese, introdotti con

l'art 5, comma 3-quater, Legge, 3 agosto 2009, n. 102 di conversione del Decreto Legge 1° luglio 2009 e

disciplinati orginariamente dall'avviso comune tra il ministero dell'economia e dello sviluppo e l'Associazione

bancaria italiana (Abi). Vediamo allora quale debba essere la rappresentazione contabile di tali situazione. Da

un punto di vista contabile non rileva il fatto che una eventuale moratoria derivi in via diretta o indiretta da tali

statuizioni in quanto il trattamento applicabile discende sempre dal contenuto degli accordi. Il punto di

riferimento è il principio contabile Oic 6 titolato «Ristrutturazione del debito e informativa di bilancio che

esplicitamente prevede che le indicazioni dettate sono valide anche per tutte le operazioni di ristrutturazione

del debito tra cui «gli accordi stragiudiziali raggiunti dal debitore con i suoi creditori che non rappresentano

strumenti per la risoluzione della crisi d'impresa e che pertanto non integrano i requisiti di cui all'art. 67 l.f.» I

temi sono trattati con riguardo a differenti esercizi: • quello in cui sono in corso le trattative tra il debitore e il

creditore per la ristrutturazione del debito; • quello in cui la ristrutturazione del debito diviene effi cace e anche

• quelli successivi a quello in cui la ristrutturazione diviene effi cace. A tal fi ne è necessario individuare la

data della ristrutturazione che è il momento a partire dal quale si rilevano in contabilità e nel bilancio del

debitore gli effetti economici e/o fi nanziari della ristrutturazione e che in base al principio contabile è «il

momento a partire dal quale l'accordo di ristrutturazione diviene effi cace tra le parti». In linea generale le

modalità con cui un'operazione di questo genere può essere attuata sono le seguenti: • modifica dei termini

originari del debito quali per esempio la modifi ca del tasso di interesse per la vita residua del debito, la data

di scadenza, l'ammontare del capitale da rimborsare oppure una combinazione di tali elementi; •

trasferimento dal debitore al creditore di un'attività (o un gruppo di attività) a estinzione parziale del debito; •

emissione di capitale e sua assegnazione al creditore, con estinzione parziale del debito, La prima tra le tre

diverse ipotesi è senza dubbio la più comune soprattutto con riguardo alle pmi. Il caso più semplice è quello

in cui l'accordo prevede la rinuncia del creditore a un ammontare del capitale da rimborsare e/o degli interessi

maturati, ma non ancora pagati. In questo caso il debitore (alla data di riferimento) iscrive un utile da

ristrutturazione tra i proventi straordinari del conto economico pari alla riduzione del capitale da rimborsare

e/o degli interessi maturati e non ancora pagati con riduzione del valore contabile del debito. L'utile da

ristrutturazione se rilevante deve essere indicato in un apposito di cui della voce E. 20 Proventi straordinari.

Nel caso in cui siano presenti clausole contrattuali che possono ridurre o annullare il benefi cio occorre

valutare la necessità di iscrivere un fondo rischi a fronte di tale situazione. Tale effetto (iscrizione di un utile e

riduzione del debito) non si verifi ca invece nel caso di: • riduzione dell'ammontare degli interessi che

matureranno lungo la vita residua del debito; e/o • modifi ca nella tempistica originaria dei pagamenti, a titolo

di capitale e/o interessi. Infatti anche in questo caso il valore economico del debito a seguito della

ristrutturazione risulti inferiore rispetto al valore contabile del debito anteristrutturazione ma «il benefi cio per il

debitore non viene immediatamente rilevato al conto economico, in quanto si considera un provento non

realizzato alla data della ristrutturazione. Il beneficio per il debitore è rilevato per competenza lungo la durata

residua del debito».

07/04/2014 21Pag. ItaliaOggi Sette - N.82 - 7 aprile 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 237

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La simulazione Si ipotizzi che un impresa si trovi nel quinto anno del mutuo e abbia ottenuto la sospensione

del pagamento della quota in conto capitale. La sospensione della quota capitale delle rate determina la

traslazione del piano di ammortamento per periodo analogo. Ciò parrebbe signifi care che la rata in linea

capitale del quinto anno pari nell'esempio a € 9.664 non sarà corrisposta alle ordinarie scadenza ma sarà

posticipata una volta giunti alla conclusione del piano originario. La sospensione e conseguente traslazione

del pagamento della quinta quota in linea capitale potrà avere un effetto sui bilanci che dovranno recepire

l'allungamento del periodo di restituzione del prestito. Ecco una possibile esposizione: Senza accordo Con

accordo Debiti per mutui entro un anno 9.664 0 Debiti per mutui oltre l'anno anno entro i cinque 43.734

43.734 Debiti per mutui oltre cinque anni 12.334 21.998 ------------ -----------Totale debiti per mutui 65.732

65.732

07/04/2014 21Pag. ItaliaOggi Sette - N.82 - 7 aprile 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 238

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La competenza è inderogabile Competenza inderogabile nel caso di moratoria dei leasing. La presa di posizione dell'Oic non lascia dubbi. Il

documento si interessa, infatti, anche del caso della moratoria nel caso in cui preveda la sospensione nel

pagamento della quota capitale implicita nei canoni di leasing fi nanziari. In tal caso occorre provvedere a una

nuova rimodulazione dell'imputazione a conto economico dei canoni di leasing residui posticipati al termine

del periodo di sospensione e dell'eventuale risconto iscritto a fronte del maxicanone pattuito. La

rimodulazione dei canoni residui e del maxicanone è effettuata in base al principio di competenza prorata

temporis considerando la maggior durata del contratto. Spesso gli accordi conclusi dalle imprese prevedono

la sospensione per un certo periodo di tempo del pagamento della quota capitale implicita nei canoni di

operazioni di leasing. Interessate a tali operazioni sono spesso le piccole e medie imprese per cui occorre

concentrare l'attenzione sul metodo di contabilizzazione cosiddetto patrimoniale, ovvero quello che prevede

l'iscrizione del bene in leasing solo al momento del riscatto, con l'acquisizione della proprietà da parte

dell'utilizzatore. Per converso, i canoni di leasing vengono imputati a conto economico e concorrono a

formare la voce B.8-Costi per il godimento di beni di terzi.Nel bilancio del conduttore sono rilevati, durante

tutta la vita del contratto, solo i canoni dovuti al locatore (principio di competenza) mentre il bene è iscritto al

valore del prezzo di riscatto solo al momento del passaggio di proprietà del bene. L'imputazione del «costo»

del contratto avviene secondo il principio di competenza. Da ciò deriva che la sospensione del pagamento

può avere come effetto quello di rimodulare la quota annuale imputabile a conto economico. Con il termine

sospensione è da intendere una sorta di allungamento del periodo contrattuale. Considerato che una

revisione o sospensione del pagamento della quota in linea capitale dei canoni leasing comporta che verrà

coerentemente postergato anche l'esercizio dell'opzione di riscatto pare però di giungere a ritenere che da un

punto di vista giuridico si assiste a un prolungamento del contratto di locazione fi nanziaria e ciò deve avere

un effetto (sia contabile che fi scale) considerando che la quota del canone del corrispettivo pattuito, da

imputare a ciascun periodo d'imposta in conformità al principio della competenza, deve essere determinata in

base alla durata del contratto stesso e facendo ricorso ai ratei - risconti contabili. Pertanto nel caso in cui le

rate di pagamento del canone siano d'importo disuguale, allo scopo di evitare spostamenti in avanti o

all'indietro di componenti di reddito, occorrerà procedere alla rideterminazione delle stesse secondo gli

anzidetti criteri. Si pensi alla quota di maxicanone riscontata a inizio contratto e fatta concorrere al conto

economico per la durata del contratto: un allungamento dello stesso comporterà un ritmo di imputazione della

quota di maxicanone ancora esistente inferiore a quella originariamente prospettata. Quindi la stipula

dell'accordo comporterà un effetto positivo, che potrà anche essere economicamente signifi cativo, sui conti

dell'impresa con un minor appesantimento dei conti economici degli anni di (nuova) durata del contratto di

leasing. Tutto ciò anche con effetto sulla fi scalità: le norme generali sui componenti del reddito d'impresa

(art. 109 Tuir) stabiliscono che, ai fi ni della determinazione dell'esercizio di competenza,i corrispettivi delle

prestazioni di servizi si considerano conseguiti e le spese di acquisizione dei servizi dipendenti, fra l'altro, da

contratti di locazione si considerano sostenute «alla data di maturazione dei corrispettivi». Il costo

complessivo del leasing (canoni complessivamente dovuti con esclusione del prezzo di riscatto) deve essere

distribuito quindi sui vari periodi d'imposta in relazione alla durata complessiva del contratto. A sostegno della

tesi si segnala anche la sentenza Corte di cassazione (n. 10147 del 15/12/99-2/8/2000), con la quale è stato

ribadito che «in via di principio, va osservato che se si ammettesse, in mancanza di una norma espressa, la

deducibilità di canoni anticipati, si legittimerebbe un comportamento elusivo perché si violerebbe il principio

della correlazione tra costi e ricavi e della conseguente imputazione della spesa al periodo in cui vengono

contabilizzati i ricavi conseguiti mediante l'utilizzazione dei beni».

07/04/2014 22Pag. ItaliaOggi Sette - N.82 - 7 aprile 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 239

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Dover indicare le informazioni LE INFORMAZIONI DELLA RISTRUTTURAZIONE DEVONO ESSERE

INDICATE nell'esercizio in cui sono in corso le trattative tra il debitore e il creditore • per la ristrutturazione del

debito, sebbene non si sia ancora pervenuti a un accordo al termine di tale esercizio nell'esercizio in cui

l'operazione di ristrutturazione del debito si è perfezionata • ovvero all'esercizio in cui ricade la data della

ristrutturazione negli esercizi successivi a quello in cui l'operazione di ristrutturazione si • è perfezionata fi

ntanto che gli effetti economici-fi nanziari dell'operazione rimangono rilevanti I dati da indicare: la tipologia di

ristrutturazione del debito • la data della ristrutturazione • una descrizione sintetica delle fasi mediante le quali

si è svolta (o è in corso • di avvio o svolgimento) l'operazione di ristrutturazione del debito la/e modalità

mediante la/e quale/i è stata operata la ristrutturazione del • debito la tipologia dei debiti oggetto della di

ristrutturazione • la presenza di eventuali condizioni risolutive o sospensive dell'accordo • la tempistica

prevista per la defi nizione della ristrutturazione, qualora • l'accordo di ristrutturazione del debito non si sia

concluso (o non si sia ancora perfezionato da un punto di vista giuridico) alla data di riferimento del bilancio la

presenza di eventuali pagamenti potenziali (ad esempio in presenza di • success fee) che il debitore si

impegna ad effettuare nei confronti del creditore al raggiungimento di certi obiettivi economici o fi nanziari o al

verifi carsi di determinate circostanze la presenza di eventuali covenant al cui rispetto è legato il successo

dell'ope• razione

07/04/2014 22Pag. ItaliaOggi Sette - N.82 - 7 aprile 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 240

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MAURIZIO DELFINO, DELFINO WILLKIE FARR & GALLAGHER Occorre facilitare il dialogo Nel biennio 2012-13 abbiamo seguito 6 o 7 operazioni di m&a in questo settore», dice Maurizio Delfi no,

partner dello Studio Delfi no e Associati Willkie Farr & Gallagher di Milano. «Innanzi tutto, noi assistiamo

Richemont, dunque tutte le operazioni dei marchi da loro controllati: Cartier, Van Cleef & Arpels, Mont Blanc,

etc.. Assistiamo anche il gruppo Borbonese, Alessandro dell'Acqua. Siamo stati coinvolti nelle

riorganizzazioni/procedure di Mariella Burani e del Gruppo Itierre, incluse alcune delle successive dismissioni.

Nel caso di tutte le operazioni relative al Gruppo Richemont siamo sempre stati dalla parte dell'acquirente.

Mentre nei casi di crisi aziendali e fallimenti, abbiamo assistito solitamente i commissari o, a volte, la

ristrutturazione del debito. Raramente ci è successo di assistere le banche". Domanda. Che problematiche

avete dovuto fronteggiare più spesso? Risposta. Gli aspetti complessi nelle trattative sono tanti e piuttosto

vari. È diffi cile generalizzare. Poiché di solito assistiamo fondi o gruppi internazionali che acquisiscono

imprese italiane, spesso medie imprese, una delle diffi coltà che si incontra di sovente è quella di facilitare il

dialogo tra il medio imprenditore italiano del settore della moda e gli investitori internazionali, soprattutto in

termini di governance e compliance. D. Vi aspettate un 2014 ancora positivo e dinamico? R. Per il 2014

prevediamo che continui il processo di consolidamento in corso. Il settore moda, in un mercato globale, ha

bisogno degli investimenti e sinergie che solo i grandi gruppi possono creare e gestire. Continueranno poi le

operazioni di riorganizzazione di alcuni gruppi italiani, che coinvolgeranno forse anche gruppi medio-grandi.

Per quanto ci riguarda come studio legale, abbiamo una posizione e una reputazione forte nel settore, per cui

mi aspetto che continueremo a giocare un ruolo importante nel favorire l'internazionalizzazione delle nostre

aziende.

Foto: Maurizio Delfi no

07/04/2014 27Pag. ItaliaOggi Sette - N.82 - 7 aprile 2014(diffusione:91794, tiratura:136577)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 241

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Agronomia porta l'insalata sull'Aim. Debutto il 17 Claudia Cervini «Èarrivato il momento di quotarsi sull'Aim Italia (il segmento di borsa dedicato alle pmi, ndr ), dove Agronomia

debutterà il 17 aprile». Parola dell'amministratore delegato del gruppo alimentare bergamasco Guglielmo

Alessio, che venerdì 5 a Milano ha presentato la società agli investitori. Come anticipato da MF-Milano

Finanza, l'azienda specializzata nella produzione di insalate confezionate, che nel 2013 ha fatturato 25,4

milioni di euro, sarà seguita nel collocamento in borsa da Sintesi in qualità di advisor, da Integrae come

nomad, dallo studio legale Carnelutti e da Invest Banca in qualità di specialist. L'ipo avverrà in parte tramite

aumento di capitale (10%) destinato agli investitori retail per un valore di 3,3-3,6 milioni di euro e per il 15%

tramite la vendita di azioni già esistenti (opv) agli investitori istituzionali da parte del fondo lussemburghese

Nyq (titolare del 30%). L'obiettivo è raggiungere un flottante massimo del 25%, mentre il prezzo verrà fissato

all'interno di una forchetta compresa tra 1 e 1,1 euro per azione, per una capitalizzazione di 3033 milioni. La

quotazione di Agronomia ha uno scopo preciso: «La raccolta servirà ad acquisire quote di mercato in Europa

e a finanziare la realizzazione di uno stabilimento di trasformazione agricola a Monaco di Baviera che

dovrebbe entrare a regime a ottobre», ha spiegato Alessio. Il piano strategico prevede per il prossimo triennio

13 milioni di euro di investimenti. Ad oggi il 70% della società è in mano al presidente e fondatore Alessio.

(riproduzione riservata)

05/04/2014 25Pag. Milano Finanza - N.68 - 5 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 242

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S'Illumia d'immenso Francesco Bisozzi Uno slogan ambizioso («L'energia che cambia il Paese») sorretto da un testimonial d'eccezione (il coach

della Nazionale di calcio Cesare Prandelli). Questi gli ingredienti principali della campagna pubblicitaria con

cui in questi giorni Illumia, società energetica di Bologna specializzata in energie rinnovabili, annuncia il suo

sbarco sul mercato domestico, con l'offerta «Energia Semplice». Di tutto rispetto il traguardo che l'azienda

intende raggiungere. L'obiettivo di Illumia è quello di posizionarsi, tempo due anni, tra i primi cinque player del

mercato energetico nazionale. Mission impossible? Non per forza. Così Francesco Bernardi, presidente di

Illumia: «Questo è senz'altro il momento buono per aggredire il retail, essenzialmente perché ancora oggi 4

case su 5 sono servite dal mercato tutelato, quindi su questo fronte c'è una forte domanda di offerte legate al

mercato libero tutt'ora inespressa, alimentata anche dal maggior bisogno di sostegno delle famiglie». E

ancora: «Illumia vuole contribuire alla rinascita del Paese valorizzando il lavoro dei giovani, l'età media dei

nostri dipendenti è di 32 anni, oltre che rendendo disponibile l'energia che serve alla ripresa, a condizioni

economiche ed ecologiche ottimali. La nostra offerta è stata pensata apposta per le piccole medie e imprese

e le famiglie italiane, che assieme rappresentano una risorsa strategica importante per il Paese». L'offerta di

Illumia fa rima oggi con una delle espressioni più utilizzate del momento, ovvero con quelle due paroline

magiche, «spending review», a cui è appeso il destino dell'attuale Governo. Non per niente l'azienda

bolognese già lavora a stretto contatto con la Pa locale. Tra i propri clienti vanta circa 200 Comuni che hanno

scelto di affidarsi alla società di Bernardi per abbattere il costo delle bolletta elettrica. L'arrivo sul mercato

retail del brand emiliano prosegue nella stessa direzione. Con «Energia Semplice», Illumia propone ai privati

una linea di prodotti integrati luce-gas che, grazie all'efficienza energetica, è in grado di garantire un risparmio

per il cliente compreso tra il 50 e l'85% (equivalente, assicura la compagnia, a circa 100 euro annui). Merito

dei prodotti Led che Illumia si accinge a offrire a famiglie e imprese. La società fornirà solamente energia

proveniente da fonti rinnovabili, contribuendo così alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Una

proposta radicale, che si pone lo scopo di contribuire a cambiare il Paese. Con 120 mila clienti all'attivo,

l'azienda ha avuto nell'ultimo triennio un trend di crescita impressionante, pari a circa il 50% su base annua. Il

fatturato 2013 supera i 500 milioni di euro. Entro il 2015 si prevede che toccherà quota 800 milioni. «Sono

molte le ragioni per cui ho deciso di accettare di far parte del progetto di Illumia», spiega Cesare Prandelli, «la

prima volta che sono venuti da me, con gli occhi che brillavano di entusiasmo, per parlarmi di questa azienda

italiana che aveva voglia di investire sul futuro di tutti noi, cosa non da poco, sono rimasto colpito, lo

ammetto. È sull'energia che si gioca, ritengo, la partita più importante del nostro presente. E se vogliamo

assicurare,a noi e al pianeta, un domani sicuro, dobbiamo riflettere anche sui piccoli gesti, come scegliere la

lampadina giusta. O spegnere la luce quando non è strettamente indispensabile». Illumia ha visto la luce nel

2006, ma allora si chiamava diversamente. È nata come Dse Srl. Nel 2007 ha acquistato OE, un network di

servizio alle imprese. Tra il 2009 e il 2012 si è specializzata nella commercializzazione del gas metano. Poi la

svolta. Due anni fa ha sposato l'illuminazione a Led. Una rivoluzione che ha portato la società bolognese a

cambiare nome: nel 2013 è diventata Illumia. Oggi l'azienda di Bernardi impiega mille persone, duecento in

sede. Ed entro la fine dell'anno inaugurerà un nuovo headquarter, affianco alla stazione dell'alta velocità di

Bologna. (riproduzione riservata) rimbalzo della lira turca e un calo dei tassi, fornendo altro carburante al

rimbalzo degli emergenti. Il partito di Erdogan avrebbe preso il 46% contro il 39% della tornata del 2009».

Mentre la crisi Ucraina sembra aver penalizzato soprattutto la borsa russa. Dice Francesco Palladino, team

asset allocation di MoneyFarm. com: «L'unico mercato che ha davvero sofferto queste tensioni geopolitiche è

stato il Micex, il principale indice azionario russo, che ha perso l'11,5% da inizio anno. Le conseguenze

peggiori della crisi saranno per l'economia russa: la World Bank ha dichiarato che la Russia potrebbe andare

in recessione, anche se le nazioni dell'Est non dovessero imporre ulteriori sanzioni, con una contrazione del

05/04/2014 33Pag. Milano Finanza - N.68 - 5 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/04/2014 243

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prodotto interno lordo pari all'1,8%. La fuga degli investitori dalla Russia ha già raggiunto dimensioni

colossali: nel primo trimestre la Russia ha registrato outflows per 70 mld di dollari, un ammontare superiore

agli outflows registrati durante tutto il 2013». Conclude Palladino: «Dunque, per ora, gli effetti della crisi

UcrainaRussia rimangono circoscritti al mercato russo, senza particolari ripercussioni su quello italiano». Per

quanto riguarda la Cina il nodo è quello di una crisi del credito che potrebbe diventare rischiosa. Come spiega

Maarten-Jan Bakkum, senior emerging markets strategist di Ing Investment Management: «Le

preoccupazioni dei mercati relativamente alla situazione in Cina sono chiaramente aumentate. Inizialmente, il

focus era principalmente sull'andamento dell'economia. Di recente, tuttavia, l'attenzione si è spostata verso il

sistema finanziario. Nell'ultimo decennio la Cina ha registrato un eccesso di credito, con una crescita annuale

del 25% e picchi addirittura del 40%. Con il susseguirsi di dati riguardanti la cattiva qualità dei prestiti e relativi

fallimenti, ci si interroga sul modo in cui le banche cinesi potranno gestire l'attuale situazione». Continua

Bakkum: «Tutto ciò si traduce in una debolezza del mercato azionario locale, prezzi delle materie prime in

caduta e in una moneta, il renminbi, in calo nelle ultime settimane. In sintesi, una risposta logica del mercato

alla combinazione tra crescita in rallentamento ed evidenti segnali di stress del sistema finanziario. Le

preoccupazioni sono in aumento, ma la tendenza è quella attendista». (riproduzione riservata)

SALE LA FIDUCIA VERSO LE BORSE EMERGENTI F Il Morningstar Italy Investment Sentiment Index nel

2014 Per ciascun segmento il valore massimo è 100 (certezza della crescita del mercato) e il valore minimo è

0 (certezza del ribasso). La base è 50, che indica una posizione neutrale o di mercato stabile GRAFICA MF-

MILANO FINANZA 69,91 70,97 59,83 63,13 55,09 41,57 39,64 57,68 44,44 39,26 69,40 70,45 61,36 62,23

55,45 37,04 34,07 54,81 47,00 35,25 69,89 71,74 60,00 64,40 60,91 38,33 36,79 54,88 46,34 37,13 Gennaio

Febbraio Marzo Mercato azionario europeo Azioni italiane Azioni Usa Azioni giapponesi Azioni mercati

emergenti Bund 10 anni T-Bond Usa 10 anni Btp 10 anni Debito mercati emergenti Cambio euro/dollaro

Foto: Francesco Bernardi

Foto: Un'immagine della pubblicità che vede impegnato il ct della Nazionale di calcio Cesare Prandelli

05/04/2014 33Pag. Milano Finanza - N.68 - 5 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

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