ANIEM · presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, nel presentare l'accordo di partenariato...
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ANIEM
Rassegna Stampa del 05/11/2014
INDICE
ANIEM
04/11/2014 La Provincia di Varese
Il varesino della Maebi all'Aniem7
ANIEM WEB
Il capitolo non contiene articoli
SCENARIO EDILIZIA
05/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Padoan: manovra, niente assalti Sanità a rischio per le Regioni9
05/11/2014 Il Sole 24 Ore
Cantieri, nel 2105 fondi ridotti dell'11%11
05/11/2014 Il Sole 24 Ore
Oltre 100 milioni di ore di Cassa in un solo mese13
05/11/2014 Il Sole 24 Ore
Costruzioni, più ricavi per i big (grazie all'estero)14
05/11/2014 Il Sole 24 Ore
Per il residenziale resteranno solo tre categorie catastali16
05/11/2014 La Repubblica - Genova
Terzo valico, nei cantieri arrivano 46 disoccupati dell'edilizia17
05/11/2014 La Repubblica - Palermo
Piano anti-corruzione valzer di trasferimenti negli uffici del Comune18
05/11/2014 Il Messaggero - Ancona
Denunciato per la discarica abusiva19
05/11/2014 Avvenire - Nazionale
EDILIZIA Per il Made Expo +15% di metri quadrati venduti20
05/11/2014 Il Mattino - Caserta
Interporto, muore la speranza di ripresa21
05/11/2014 Il Mattino - Napoli Sud
Cinque milioni da investire per la scuola e le opere pubbliche22
05/11/2014 Il Secolo XIX - Savona
Scantinati e magazzini pronti a diventare salotti23
05/11/2014 Il Secolo XIX - Savona
Barbera: «Licenze rilasciate prima della mia elezione»24
05/11/2014 ItaliaOggi
Catasto, giù maxi rendite25
05/11/2014 QN - La Nazione - Grosseto
Confedilizia e Fiaip a confronto con Tei26
05/11/2014 MF - Nazionale
L'Elite di Borsa supera quota 20027
05/11/2014 Eurosat
Tutto pronto per All Digital Smart Building29
05/11/2014 Millionaire
Inseguendo un SOGNO31
SCENARIO ECONOMIA
05/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Allarme dall'Europa: il debito è troppo alto33
05/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Il circolo (vizioso) degli interessi Un macigno da 80 miliardi l'anno35
05/11/2014 Il Sole 24 Ore
Se il trader chiede: il 40,8% è l'Italia?37
05/11/2014 Il Sole 24 Ore
La procedura da non aprire38
05/11/2014 Il Sole 24 Ore
Cimbri: Unipol esce da Ania40
05/11/2014 Il Sole 24 Ore
Sempre più debole l'economia Ue42
05/11/2014 Il Sole 24 Ore
Debito e deficit, la Ue avverte l'Italia44
05/11/2014 Il Sole 24 Ore
«Nuove province subito a rischio default»46
05/11/2014 Il Sole 24 Ore
Local tax, fondi alla Sla e minimi Iva: prime correzioni allo studio47
05/11/2014 Il Sole 24 Ore
«L'anticipazione in busta paga è un errore»49
05/11/2014 La Repubblica - Nazionale
Quando l'economia va all'opposizione51
05/11/2014 La Repubblica - Nazionale
Ue: Italia peggio della Grecia recessione e debito record Scontro Renzi-Juncker53
05/11/2014 La Repubblica - Nazionale
"Archiviata l'austerità eviteremo la bocciatura grazie alle riforme fatte"54
05/11/2014 La Repubblica - Nazionale
Con il Tfr in busta paga la pensione integrativa subirà per sempre una sforbiciata del15%
55
05/11/2014 La Repubblica - Nazionale
Dalle banche ai sindaci, manovra sotto tiro57
05/11/2014 La Stampa - Nazionale
CON I SINDACATI UN GIOCO A PERDERE58
05/11/2014 La Stampa - Nazionale
Juncker: "Non siamo burocrati"60
05/11/2014 La Stampa - Nazionale
Bruxelles: i conti sul debito non tornano E la ripresina non basta per creare lavoro62
05/11/2014 La Stampa - Nazionale
"Eni nel gasdotto South Stream con soli 600 milioni, o usciamo"63
05/11/2014 La Stampa - Nazionale
"La siderurgia italiana? Basta con il massacro giudiziario"64
05/11/2014 Il Foglio
VENTACCIO EUROPEO SU RENZI Padoan: perché fare di più non si può65
05/11/2014 MF - Nazionale
Il viceministro Morando: pronti ad ascoltare Mps e Carige66
05/11/2014 MF - Nazionale
Il debito italiano inquieta la Ue68
SCENARIO PMI
05/11/2014 Corriere della Sera - Bergamo
Produzione e previsioni tornano a scendere70
05/11/2014 Corriere della Sera - Brescia
Ex Lucchini, fra indiani e algerini spunta la proposta dei bresciani72
05/11/2014 Il Sole 24 Ore
«Elite» di Piazza Affari apre alle grandi aziende74
04/11/2014 Top Legal
Quando serve la testa75
ANIEM
1 articolo
Economia Il varesino della Maebi all' Aniem Il varesino Massimo Almasio, titolare dell'azienda Maebi specializzata nella realizzazione di finiture per interni
di Lozza, è stato eletto consigliere della Giunta di presidenza Confapi Aniem. Aniem è l'unione di categoria
delle imprese edili, manifatturiere e affini aderenti al sistema Confapi. Con questa elezione le competenze e
le capacità imprenditoriali varesine si estendono al territorio nazionale a dimostrazione del valore non solo
tecnico dei nostri imprenditori.
Almasio è già infatti presidente dell'Aniem varesina (...)
• continua su www.laprovinciadivarese.it
04/11/2014 La Provincia di Varese(diffusione:12000)
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ANIEM - Rassegna Stampa 05/11/2014 7
SCENARIO EDILIZIA
18 articoli
Padoan: manovra, niente assalti Sanità a rischio per le Regioni Il ministro: la pressione fiscale salirà al 43,6%, 6 miliardi per la Cig Sangalli: nel triennio 2016-2018 i consumidelle famiglie caleranno di 65 miliardi Fassino: la verifica del ministero dà ragione ai Comuni: i tagli sono paria 3,7 miliardi «Più crescita» Il ministro del Tesoro ha spiegato che la riduzione del debito si ottiene con lacrescita Francesco Di Frischia ROMA Ci sarà una «fase di stagnazione anche nel secondo semestre 2014, ma a settembre c'è stato un
significativo incremento dell'occupazione». Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia, fa il punto sulla legge
di Stabilità intervenendo in audizione di fronte alla Commissione bilancio di Montecitorio, dopo che sindacati e
enti locali hanno duramente criticato il provvedimento: le Regioni, in particolare, temono «tagli nella sanità».
La manovra, ammonisce il ministro, deve mantenere «la sua compattezza e unitarietà». I consumi privati
hanno in parte risposto alle misure del governo - spiega Padoan - ma c'è ancora incertezza per gli
investimenti». Comunque la riduzione del rapporto tra debito e Pil «rimane una sfida ineludibile per l'Italia,
che possiamo vincere solo tornando a crescere in modo sostenuto e stabile». Tra le note positive, «il sistema
bancario italiano è solido e pronto a sostenere la ripresa». Con la legge di Stabilità, la pressione fiscale
«mostra una riduzione contenuta nel 2015 - precisa Padoan - passando dal 43,3% del 2014 al 43,2%, e si
stabilizza al 43,6% in ciascuno degli anni 2016 e 2017». Un aumento «solo dello 0,3%». «Solo?!», ha subito
twittato il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta.
Il ministro ha difeso anche le misure su Tfr e fondi pensione: l'aliquota sui rendimenti «resta decisamente
inferiore» a quella sulle rendite finanziarie ( 26%). E ha sottolineato che per gli ammortizzatori sociali ci sono
6 miliardi in tre anni.
Le critiche più forti alla manovra arrivano da Regioni e Comuni. Piero Fassino, presidente Anci, parla di «un
taglio per 3,7 miliardi». Ma ci sarebbe uno spiraglio: «Il governo è disponibile a aumentare di 500 milioni il
fondo crediti di difficile esigibilità (oggi pari a 1 miliardo e mezzo)», annuncia lo stesso Fassino. E ci sarebbe
pure la disponibilità ad accettare che gli oneri di urbanizzazione siano utilizzati anche per il 2015 sulla spesa
corrente. Il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, avverte che «è impossibile non
toccare anche la sanità, l'80% della spesa delle Regioni». Un giudizio complessivamente positivo sulla
manovra viene invece dall'Associazione bancaria italiana (Abi), ma il direttore generale, Giovanni Sabatini,
mette in guardia sulle misure di Tfr in busta paga. Stesso allarme da parte dell'Associazione costruttori (Ance)
mentre Confcommercio stima che l'eventuale incremento di Iva e accise porterà una crescita dei prezzi del
2,5%.
Dopo le proteste di ieri davanti al Mef e a Palazzo Chigi dei rappresentanti delle associazioni vicine ai malati
di Sla e ai disabili, su input del premier Matteo Renzi, il governo ha deciso di aumentare da 250 a 400 milioni
il fondo per i cittadini non autosufficienti (che era stato tagliato di 100 milioni). Intanto il sottosegretario alla
presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, nel presentare l'accordo di partenariato 2014-2020 tra la Ue e
l'Italia (del valore di 44 miliardi), annuncia che «è operativa l'Agenzia per la Coesione territoriale», istituita per
il monitoraggio sistematico degli interventi finanziati con fondi europei. Poi Delrio avverte: «Chi non spende
bene i fondi pubblici viene sostituito: a rischio sono 7-8 miliardi».
Sempre ieri si è svolto a Palazzo Chigi un vertice per mettere a punto le proposte italiane per il piano di
investimenti da 300 miliardi annunciato dal presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La legge di Stabilità, dopo l'approvazione in Senato e le modifiche chieste dall'Unione Europea, è approdata
nei giorni scorsi alla Camera dei Deputati. L'analisi del testo è all'esame della Commissione bilancio: lunedì e
martedì sono state fatte audizioni con le parti sociali
05/11/2014 5Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 9
Le misure Non autosufficienza niente tagli Il taglio di cento milioni al Fondo per la non autosufficienza sarà
eliminato e per l'anno 2015 le risorse del Fondo non solo saranno riportate a quota 350 milioni ma
arriveranno a 400 milioni, 50 in più rispetto allo scorso anno. Questo l'impegno del sottosegretario Graziano
Delrio Fondo crediti difficili Da 1,5 a 2 miliardi Secondo il presidente dell'Anci Piero Fassino ci sarebbe la
disponibilità da parte del governo che il fondo crediti di difficile esigibilità non sia più di 1 miliardo e mezzo,
ma di 500 milioni in più, con «conseguente abbattimento - ha spiegato Fassino - del saldo di patto di Stabilità
interno» Tfr in busta paga rischio previdenza Il governo prevede a partire dal marzo 2015 la possibilità per i
lavoratori di chiedere l'anticipo del trattamento di fine rapporto in busta paga. La Banca d'Italia ha chiesto che
sia una misura temporanea altrimenti ci sarebbero rischi sulla tenuta dei conti della previdenza. Con
l'aumento Iva crollo dei consumi La legge di Stabilità non esclude incrementi di Iva e accise. Secondo
Confcommercio, con i previsti aumenti Iva, nel triennio 2016-2018 si avranno 65 miliardi in meno di consumi
da parte delle famiglie. La crescita dei prezzi nel 2018 rispetto al 2015 potrebbe essere del 2,5% Dalla Ue
risorse
per 8 miliardi Le risorse previste dai Fondi strutturali della Ue sono pari a 8 miliardi, inseriti nel piano
2007-2013.
Oggi siamo solo al 62% della spesa e la scadenza per poter utilizzare queste risorse messe a disposizione
dall'Unione Europea è fissata al 2015. Bonus di 80 euro esteso ai bebè Il presidente del Consiglio ha
annunciato che il bonus da 80 euro verrà esteso nel corso del 2015 anche alle neomamme. La misura
dovrebbe essere trasformata in una detrazione fiscale e resa permanente. Bisognerà vedere con quali limiti di
reddito
05/11/2014 5Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 10
ALLARME DELL'ANCE Cantieri, nel 2105 fondi ridotti dell'11% Giorgio Santilli Giorgio Santilli u pagina 8
ROMA
Apprezzamento per la proroga dei bonus fiscali del 50% e del 65% e per i tagli alla spesa corrente di comuni
e province in cambio dell'allentamento del patto di stabilità per gli investimenti. Ma le note positive finiscono
qui e l'analisi dei costruttori dell'Ance sulla Legge di stabilità - esposta ieri in audizione parlamentare dal
presidente Paolo Buzzetti - è fortemente critica sui due punti chiave della manovra governativa: è prevista per
il 2015 un'ulteriore riduzione dell'11% dei nuovi fondi per le infrastrutture rispetto al 2014, da 13.124 a 11.746
milioni, che porta il taglio degli stanziamenti in otto anni al 45%; non c'è neanche un euro aggiuntivo per il
pagamento di debiti Pa per spese in conto capitale, che Ance quantifica in 14 miliardi.
Anche Confedilizia, associazione della proprietà edilizia, esprime «sconcerto» per «l'assenza di un sia pur
minimo segnale di attenzione al settore immobiliare nel provvedimento principale del Governo in materia
economica». La posizione è stata illustrata dal segretario generale, Giorgio Spaziani Testa, nell'audizione
parlamentare dove Confedilizia, per marcare la propria posizione, non ha formulato alcuna specifica
proposta. «Da tre anni a questa parte - ha rilevato Spaziani Testa - sugli immobili si è abbattuta un'offensiva
fiscale senza precedenti che ha portato i proprietari a versare nel solo 2014 quasi 28 miliardi di imposte
rispetto ai 9 del 2011 e l'Italia ad avere una imposizione sul settore quasi doppia rispetto a quella media dei
Paesi Ocse (2,2% contro 1,2%)».
I numeri dell'Ance evidenziano la distanza fra le promesse di governo e la realtà, e tornano a puntare il dito
sulla politica del ministero dell'Economia. «La riduzione delle risorse nel bilancio dello Stato per il 2015 -
afferma la relazione dei costruttori - appare molto lontana rispetto alla proposta contenuta nell'allegato
infrastrutture al Def di destinare strutturalmente, nell'ambito della Legge di stabilità, almeno lo 0,3% del Pil,
pari a circa 4,7 miliardi, a un fondo unico infrastrutture per realizzare opere grandi, medie e piccole». Semmai
- aggiunge Buzzetti - «è assolutamente necessario spendere con urgenza le risorse per le opere pubbliche
messe in campo dagli ultimi provvedimenti, in modo che possano produrre effetti sull'economia». Il riferimento
va, in particolare, ai 5 miliardi per scuole e dissesto idrogeologico.
Lo studio dell'Ance - che esamina l'articolato e soprattutto la consistenza della tabella E - spiega come si
arrivi alla riduzione delle risorse per il 2015: solo 1 miliardo di nuove risorse compensate da 800 milioni di
definanziamenti. I nuovi finanziamenti vanno alla manutenzione Fs (500 milioni), all'edilizia sanitaria (200
milioni), al sistema Abruzzo (200 milioni), alla linea ferroviaria del Brennero (70 milioni) e al Mose (30 milioni).
Più interessante il quadro finanziario per il triennio 2015-2017: ci sono 7.360 milioni aggiuntivi «ma questo
aumento di risorse risulterà vanificato dalla riduzione, già prevista a legislazione vigente, degli stanziamenti
iscritti nello stesso triennio». Nel 2016, in particolare, la riduzione complessiva degli stanziamenti prevista per
le opere pubbliche ammonta all'8,8%. Se invece si considerano anche il 2018 e gli anni successivi, le risorse
ammontano a complessivamente a 20,5 miliardi ma l'Ance avverte che è elevato «il rischio che tali previsioni
di stanziamento possano essere disattese come avvenuto negli ultimi anni». Importanti comunque le
indicazioni di priorità nella programmazione di lungo periodo: premiate l'Alta velocità Brescia-Padova e
Napoli-Bari con 3 miliardi e più in generale le Fs con 4,25 miliardi di manutenzione e 4,45 miliardi per
contributo in conto impianti. Ance segnala anche che «risultano ridotte di 5 miliardi le risorse del Fondo
sviluppo coesione» per esigenze varie e per 3,5 miliardi il Piano azione coesione. «Il taglio operato dal Ddl di
stabilità rischia quindi di provocare il definanziamento di opere infrastrutturali».
© RIPRODUZIONE RISERVATA Manovra di finanza pubblica per il triennio 2015-2017 Risorse per nuove
infrastrutture. Valori in milioni di euro Risorse a legislazione vigente* Consistenza dei capitoli secondo la
tabella E 2014 11.785 13.124 1.339 2015 10.408 11.746 1.339 2016 9.550 10.889 1.339 2017 9.805 11.144
05/11/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 11
1.339 -10,5% Var. in termini nominali -11,0% Var. in termini reali** -7,3% Var. in termini nominali -8,8% Var.
in termini reali** +2,3% Var. in termini nominali +0,6% Var. in termini reali**
Foto: - (*) Nel 2015, 2016 e 2017 le risorse a legislazione vigente si suppongono costanti rispetto al 2014; (**)
Deflatore del Pil: 0,6% per il 2015, 1,6% per il 2016 e 1,7% per il 2017 Fonte: elaborazione Ance su Bilancio
dello Stato 2014 e su Ddl di Stabilità 2015
05/11/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 12
Ammortizzatori. Rapporto Uil: da agosto a settembre Cigs, Cig e deroga schizzate del 43,9% Oltre 100 milioni di ore di Cassa in un solo mese Vanno peggio le regioni del Centro (+101,3%) e del Nord (+77,5) Natascia Ronchetti BOLOGNA
L'autunno nelle fabbriche e nei cantieri italiani è cominciato con il boom del ricorso agli ammortizzatori
sociali. Tra cassa integrazione straordinaria, ordinaria e in deroga le ore autorizzate hanno avuto una
impennata del 43,9% in un solo mese, tra la fine di agosto e la fine di settembre, arrivando a superare i 104
milioni. I numeri arrivano da un rapporto del centro studi della Uil, il servizio Politiche del lavoro e formazione.
E mostrano un paese quasi diviso a metà, tra le regioni del Nord e del Centro con un incremento
rispettivamente del 77,5 e del 101,3% e il Mezzogiorno che, a sorpresa, va in controtendenza, con un crollo
del ricorso alla Cig pari a circa il 23%. La situazione più difficile è quella della Sardegna, dove le ore
autorizzate hanno quasi raggiunto la quota di 2 milioni - coinvolgendo più di 11mila lavoratori - e, soprattutto,
con un aumento superiore al 500%. Ma non si salvano regioni ad alta densità industriale come il Veneto, la
Lombardia e l'Emilia Romagna: tutte superano abbondantemente il 200% di incremento. In particolare in
Lombardia i lavoratori coinvolti sono già quasi 164mila, in Veneto più di 55mila. Anche in Emilia Romagna,
che fino ad ora era riuscita a contenere gli effetti della crisi, rispetto alla media del Paese, è stata superata la
soglia critica dei 50mila.
«Parlare di ripresa del Paese - dice Giuliano Zignani, segretario della Uil emiliana - è sbagliato. Siamo di
fronte a una profonda crisi del sistema industriale e dei consumi, senza una visione di prospettiva per la
ricrescita. Anche nella nostra regione il patto per lo sviluppo va rivisto». Nel Nord solo il Piemonte appare in
decisa controtendenza, con la riduzione del 31,5% delle ore. In contrazione il ricorso agli ammortizzatori
anche nella provincia di Bolzano, in Puglia, nel Molise e in Sicilia. Per quanto riguarda i settori, continua a
franare l'edilizia. Con un balzo del 230% il sistema delle costruzioni passa dai 3,4 milioni di ore del mese di
agosto agli 11,2 di fine settembre. In grande affanno anche l'industria, che è arrivata sfiorare i 78 milioni,
contro i 57,5 del mese precedente, mentre le imprese artigiane quasi raddoppiano i numeri, avvicinandosi a 4
milioni di ore. A loro volta le imprese che operano nel settore del commercio hanno superato gli 11 milioni, a
conferma del crollo dei consumi.
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IL QUADRO104
Record mensile
Tra fine agosto e fine settembre tra cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga le ore autorizzate
sono state 104 milioni, in crescita del 43,9%, secondo il rapporto del centro studi della Uil
500%
La Sardegna
La Sardegna affronta il momento più difficile con le ore autorizzate che hanno raggiunto i 2 milioni,
convolgendo oltre 11mila lavoratori e soprattutto con un aumento superiore al 500%. Veneto, Lombardia ed
Emilia Romagna superano il 200% di incremento.
05/11/2014 15Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 13
Classifiche. I bilanci delle prime 50 imprese edili: fatturato su del 4,9%, export al 45% Costruzioni, più ricavi per i big (grazie all'estero) Dalla top 5 metà della produzione totale - Uscite 19 società Aldo Norsa L'offerta di costruzioni, al vertice, è in condizioni economico-finanziarie migliori di quanto farebbe temere una
crisi che dura dal 2008.
Grazie - certo - a una valvola di sfogo all'estero che di anno in anno è più significativa (e fortunatamente
redditizia) ma anche a una "selezione della specie" che interviene a sfoltire una concorrenza più affollata e
ingessata che in qualunque altro settore. Quindi a ristabilire regole di mercato in cui sopravvivono i soggetti
sani e soccombono quelli che hanno puntato su relazioni e protezioni. E infatti ben 19 imprese già al top sono
uscite di classifica nei soli ultimi tre anni perché coinvolte in procedure concorsuali, tra cui: Baldassini
Tognozzi Pontello, Cesi, Consorzio Etruria, Impresa, Seli.
Qualche evidenza, tratta dallo Speciale Classifiche allegato al n° 42 di Edilizia e Territorio (in distribuzione
dal 3 novembre) può mostrare uno stato dell'offerta migliore delle attese. Nel 2013 le prime 50 imprese (45
generali e cinque specialistiche) hanno incrementato il fatturato del 4,9%, superando 21,2 miliardi, e hanno
potenziato la quota all'estero dal 43,9% al 45,3%. Restando però sempre piccole in patria (il loro fatturato
domestico continua a incidere per solo il 9% nel mercato nazionale).
Sempre in termini dimensionali quello che balza all'occhio è una concentrazione sempre più marcata verso il
vertice: le prime cinque società - Salini-Impregilo, Astaldi, Condotte, Pizzarotti e Cmc - oggi tutte con fatturati
consolidati superiori al miliardo, sono passate dal rappresentare il 37,7% della cifra d'affari totale nel 2011 al
41,3% nel 2012 al 46,4% nel 2013. È avvenuto soprattutto per "crescita esterna": si pensi a Salini o anche a
Condotte. Ma al top dell'imprenditoria europea il sistema Italia resta debole: tra i primi 50 gruppi appaiono
solo Salini-Impregilo e Astaldi, rispettivamente 16° e 25° e rappresentano solo il 2,2% del fatturato totale.
Venendo alla redditività è la proiezione all'estero che la sostiene: l'ebitda cresce del 28%, l'ebit del 45,3% e
l'utile netto addirittura si incrementa sette volte pur incidendo per il solo 1,1% nel fatturato (il dato non è
influenzato dall'utile netto di Salini Impregilo, sceso dai 598 milioni nel 2012 ai 48 milioni nel 2013).
L'indebitamento - non preoccupante, visto un rapporto con l'ebitda fermo a 2,26, ma anche un debt equity
dello 0,86 - migliora del 3,3% e si confermano sette le società con posizione finanziaria netta attiva: in primis
in valori assoluti Rizzani de Eccher e Vianini Lavori.
Il patrimonio netto cresce, ma solo dell'1,7%, il portafoglio ordini fa ben sperare: +5,2% assicurando oltre
cinque anni di produzione, su cui l'estero incide per il 41% (ma con ordini di esecuzione più veloci che in
Italia). Aumenta persino l'occupazione (dello 0,9%) a dimostrazione che lavorare all'estero crea e non
distrugge posti di lavoro.
Che il quadro del 2013 sia migliorato lo mostra anche un confronto storico. Restando all'ultimo triennio, nel
2011 malgrado la produzione delle top 50 crescesse di più, la minore incidenza dell'estero (37,7%) poteva
spiegare una redditività in calo: se infatti l'ebitda cresceva del 2%, l'ebit diminuiva del 4,6% e, soprattutto,
l'utile netto evidenziava una contrazione del 16,5%.
In prospettiva tutte le imprese rimaste in questo gotha dovrebbero poter superare la lunga recessione (con
particolare, residua sofferenza nel movimento cooperativo per le realtà che hanno troppo avuto fiducia nel
mercato immobiliare) grazie anche a incassi di crediti pregressi che sostengono i conti aziendali. E sembrano
resistere per ora anche le tre grandi più colpite dalla recente bufera giudiziaria, Grandi Lavori Fincosit,
Maltauro e Mantovani, anche se quest'ultima sconta il ritardo nell'affacciarsi ai mercati esteri.
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I NUMERI21,2 miliardi
05/11/2014 16Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 14
Il fatturato della top 50
Il valore della produzione 2013 delle prime 50 imprese edili
46,4%
La quota delle prime cinque
La quota di fatturato raccolta da Salini Impregilo, Astaldi, Condotte, Pizzarotti e Cmc
45,3%
Export sempre più decisivo
Cifra d'affari raccolta all'estero: era al 36,8% nel 2010
3,9 miliardi
I ricavi di Salini Impregilo
L'impresa in testa alla classifica: in fondo la milanese Vitali con 58,4 milioni
10,1%
Record di redditività
Vianini Lavori al primo posto per incidenza dell'utile netto sul fatturato.
Colombo costruzioni prima per rapporto debito/equity (-0.87)
84,7 milioni
La perdita più elevata
È Coopsette l'impresa che presenta il più pesante rosso di bilancio, seguita da un altra coop Unieco con 63,7
milioni
05/11/2014 16Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 15
Immobili. Incontro tra Entrate e associazioni Per il residenziale resteranno solo tre categorie catastali IL CONFRONTO Il direttore dell'Agenzia ha illustrato a Roma lo stato della riforma al Coordinamentointerassociativo catasto Saverio Fossati Le Entrate aprono alle associazioni. Ieri si è svolto il primo incontro informale tra l'Agenzia (presente il
direttore Rossella Orlandi, il vicedirettore Gabriella Alemanno e alcuni dirigenti dell'ex agenzia del Territorio) e
le 15 associazioni raggruppate nel Coordinamento interassociativo catasto (formato da Abi, Ance, Ania,
Casartigiani, Cia, Cna, Coldiretti, Confagricoltura, Confartigianato, Confcommercio-Fimaa, Confedilizia,
Confesercenti, Confindustria, Consiglio nazionale del notariato e Fiaip) sul tema della riforma del catasto.
Dopo il varo delle commissioni censuarie (il testo dovrebbe essere approvato dal prossimo Consiglio dei
ministri) il meccanismo inizia a mettersi in moto. E si parla delle funzioni catastali e della nuova sistemazione
delle categorie.
L'incontro è stato organizzato per informare le associazioni del Coordinamento su ciò che è già stato fatto (il
Dlgs delle commissioni censuarie) e sugli altri decreti, in particolare quello sulle funzioni statistiche, cioè
l'algoritmo che è alla base del calcolo dei nuovi valori e rendite, il cui varo è previsto per dicembre per poi
seguire il percorso parlamentare. Lo spirito dell'incontro, dicono a Confedilizia, è stato quello di avere
un'azione non unilaterale ma un confronto con le associazioni.
È stato illustrato anche, a grandi linee, il rinovamento totale della struttura: le categorie catastali (attualmente
45) verranno riordinate, prevedendone solo tre per il residenziale (fabbricati con più unità, unifamiliari e
abitazioni tipiche dei luoghi), otto o nove per le categorie "ordinarie" (cantine, negozi, laboratori, magazzini e
uffici) e infine circa 17-18 per le categorie speciali (le ex B, D ed E più alcune residuali come la ex A9 che
oggi comprende gli immobili storici). Mentre gli attuali immobili della F saranno ancora considerati in una
categoria a parte, che resterà per ragguppare tutti gli immobili improduttivi di reddito. Le attuali classi, invece
(oggi sono migliaia, diversificate a seconda dei Comuni), scompariranno del tutto.
Verranno elaborate più funzioni per la stima degli immobili: una nazionale, e quelle locali in collaborazione
con i Comuni. È stato confermato che l'operazione durerà cinque anni. «Del resto - dicono a Confedilizia -
l'obiettivo è quello di una fotografia trasparente e su dati obiettivi e per questo ci vuole tempo e un
approfondimento più dettagliato possibile. Non a caso stiamo creando stimoli a livello territoriale, per poter
verificare l'attività che verrà svolta dall'Agenzia, sia nelle commissioni censuarie che fuori». Nel corso
dell'incontro il presidente di Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, auspicando una collaborazione anche a
livello territoriale, ha affermato di confidare che i prossimi schemi di decreti delegati siano immediatamente in
linea con i principi della delega, sia in tema di tutela precontenziosa che di trasparenza delle funzioni
statistiche, visto che, ha sottolineato Sforza Fogliani, per il primo non è andata così.
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05/11/2014 38Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 16
L'ACCORDO Terzo valico, nei cantieri arrivano 46 disoccupati dell'edilizia ENTRO dicembre un primo gruppo di 46 lavoratori edili disoccupati verrà impiegato nei cantieri del Terzo
Valico. E' quanto stabilito nell'accordo siglato tra Regione Liguria, Cociv e organizzazioni sindacali al termine
di un lungo confronto tra le parti. I quarantasei lavoratori si aggiungono ai quattro già inseriti nell'organico di
Cociv e saranno selezionati a partire dai prossimi giorni sulla base dei profili professionali posseduti anche a
seguito di recenti corsi di formazione professionale.
La Regione Liguria, rappresentata dal presidente Claudio Burlando, dagli assessori al lavoro e alle
infrastrutture Enrico Vesco e Raffaella Paita, si è impegnata «a sostenere presso il Governo ogni azione utile
a garantire il flusso di finanziamenti necessari a completare l'opera e nei confronti di Rfi affinché si arrivi,
entro l'anno, alla sottoscrizione dell'atto modificativo del terzo lotto». Inoltre si è sottoscritto l'impegno a
costituire da subito un osservatorio sulle assunzioni di personale operaio in possesso delle professionalitàe
delle qualifiche idonee alle esigenze nei cantieri del Terzo valico, per garantire priorità d'impiego di
maestranze locali.
05/11/2014 6Pag. La Repubblica - Genova(diffusione:556325, tiratura:710716)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 17
La città Piano anti-corruzione valzer di trasferimenti negli uffici del Comune Maxi rotazione all'Edilizia privata e allo Sportello unico cambiano gli incarichi anche per i burocratidell'Istruzione L'ira di Forza Italia "Forse qualcuno vuole togliersi un sassolino dalla scarpa" SARA SCARAFIA VENTI dipendenti su settanta: il Comune rivoluziona l'ufficio Edilizia privata. E altri assessorati hanno avviato
il valzer delle scrivanie. Con un provvedimento del dirigente Nicola Di Bartolomeo - su espresso indirizzo del
sindaco Leoluca Orlando - venti dipendenti di lunghissimo corso dell'Edilia privata hanno cambiato ufficio. Si
tratta soprattutto dei vertici delle unità organizzative come Salvatore Grassedonio, che era a capo della
sezione Dichiarazione inizio attività e opere interne, Domenico Costa responsabile del Rilascio concessioni
edilizie per nuove edificazioni e Roberto Biondo tra i responsabili del condono. I trasferimenti sono legati alla
normativa anticorruzione secondo la quale nessuno può occupare la stessa sedia per più di cinque anni.
Soprattutto in certi uffici.
Tant'è che un altro tsunami c'è stato alle Attività produttive dove la dirigente Maria Mandalà, insieme con
l'assessore Giovanna Marano, ha ruotato una trentina di persone, tra le quali diversi responsabili: ha
cambiato ufficio, ad esempio, Andrea Schirò per anni a capo del Suap oggi sostituito da un tecnico finora al
Condono. «Cambiareè faticoso, ma bisogna rispettare le norme: ruotare è anche un obbligo morale oltre che
una misura a tutela di dirigente e dipendente», dice la Mandalà. Tra gli uffici meno esposti, hanno dato corso
alla rotazione pure la Pubblica istruzioni e il Personale. I dirigenti, nella scelta delle persone, hanno tenuto
conto soprattutto dell'anzianità di servizio, ma anche degli esposti, anonimi e no, che hanno accesoi riflettori
su alcuni dipendenti. Se all'Edilizia privata di via Ausonia le visite della polizia sono frequenti, il Suap è stato
colpito recentemente da un'indagine per abuso d'ufficio e violazioni edilizie sulla multisala della ex Coca Cola
di Tommaso Natale con due comunali finiti sotto indagine.
Per Palazzo delle Aquile la maxi rotazione è stata un terremoto e non sono mancate le proteste: alcuni
dipendenti coinvolti, in tanti sarebbero su tutte le furie, si sono rivolti ai consiglieri comunali per chiedere
aiuto.
«Uno dei trasferiti dall'Edilizia privata - dice il capogruppo di Forza Italia Giulio Tantillo - mi ha scritto una
accorata lettera con la quale denuncia di essere stato trasferito più e più volte senza alcuna motivazione
ragionevole. L'ultima mentre era in malattia. Sto presentando una interrogazione per avere chiarimenti su
tutte le rotazioni: una cosa è l'anti-corruzione un'altra il ragionevole dubbio che qualcuno si sia tolto un
sassolino dalla scarpa». La rotazione era stata sollecitata nei giorni scorsi dal segretario generale Fabrizio
dall'Acqua che aveva messo in mora i capi area che avevano temporeggiato temendo la paralisi degli uffici.
Ma Dall'Acqua aveva insistito: nel 2014 almeno il 30 per cento del personale, circa 400 persone, deve
cambiare scrivania.
Edilizia privata e Sportello unico, ma anche l'ufficio Condono edilizio, hanno aperto le danze: i provvedimenti
sono stati appena firmati e da lunedì i dipendenti coinvolti hanno raggiunto le nuove sedi di lavoro. Per
l'Edilizia privata la fuoriuscita di 20 persone non è stata indolore: «Dovremo sostituirli», dice Di Bartolomeo
che sta riorganizzando per intero tutti i settori tecnici insieme con il vicesindaco Emilio Arcuri. «A breve online
- dice Di Bartolomeo - ci sarà l'organigramma preciso di ogni ufficio. Una misura nel nome della trasparenza».
PER SAPERNE DI PIÙ www.comune.palermo.it www.palermo.repubblica.it
Foto: L'ASSESSORATO Sopra il palazzo di via Ausonia che ospita l'assessorato all'Edilizia privata
05/11/2014 6Pag. La Repubblica - Palermo(diffusione:556325, tiratura:710716)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 18
Denunciato per la discarica abusiva MONTEMARCIANO
Una discarica abusiva di materiali edili che era da anni lungo una delle strade del paese. A mettere fine
all'abuso di cui è accusata una impresa edile è stata la Forestale di Ancona che ha denunciato un
cinquantenne urbinate, amministratore unico di una società di Falconara, per la realizzazione di un deposito
incontrollato di rifiuti speciali lungo una scarpata in Via Bosco della Castagnola a Montemarciano. Durante le
operazioni di controllo, il personale della Forestale ha scoperto che, al confine con la strada pubblica, su una
superficie di circa 500 mq delimitata da una recinzione metallica, c'era una vera e propria discarica costituita
da calcinacci mescolati a zolle di terra, parzialmente ricoperti da erbacce. La Forestale ha verificato che
proprietaria dell'area risulta essere una società di costruzioni che negli ultimi anni ha realizzato una grossa
lottizzazione residenziale nella zona, edificando parecchie palazzine plurifamiliari, alcune delle quali ancora in
via di ultimazione. L'impresa aveva sì indicato quell'area come deposito temporaneo di stoccaggio dei rifiuti
prodotti all'interno del cantiere, salvo però impegnarsi a prelevare gli stessi entro un anno di tempo, come
previsto dalla legge. Visionando le fotografie aeree della zona, la Forestale ha accertato che il deposito era
già attivo nel 2010. A conferma dell'ipotesi formulata dagli Agenti forestali è stata acquisita anche la
dichiarazione dell'ingegnere che fino a due anni fa era incaricato da una ditta subappaltatrice di seguire il
cantiere. Secondo il professionista, il deposito del materiale risalirebbe a diversi anni fa.
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05/11/2014 39Pag. Il Messaggero - Ancona(diffusione:210842, tiratura:295190)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 19
EDILIZIA Per il Made Expo +15% di metri quadrati venduti A quattro mesi mezzo dall'inizio del prossima edizione (dal 18 al 21 marzo 2015) il Made Expo di Milano si
conferma la principale fiera dedicata all'architettura e all'edilizia, registrando a oggi un trend del +15% di metri
quadrati venduti. Tutti i Saloni dell'edizione 2015 - Made Costruzioni e Materiali, Made Involucro e
Serramenti, Made Interni e Finiture, Made Software, Tecnologie e Servizi - hanno già a oggi superato due
terzi del risultato del 2013, grazie alla presenza sia dei grandi protagonisti sia delle aziende medie e piccole.
05/11/2014 18Pag. Avvenire - Ed. nazionale(diffusione:105812, tiratura:151233)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 20
L'allarme Interporto, muore la speranza di ripresa Mancano nuove commesse e rimane attuale il nodo delle nuove infrastrutture MADDALONI . Un novembre di «altamortalità occupazionale». Fuori 82 edili in meno di 12 mesi; poi
espulsi20amministrativi e 30vigilantes restano in bilico. E ora arrivaanche il certificato finaledi «sopraggiunta
morte occupazionale» dell'Interporto Maddaloni-Marcianise». Scaduta anche l'ultimatranchediammortizzatori
sociali posti a tutela degli edili impegnati nel fallito completamento edilizio della struttura intermodale, dopo le
42 unità (38 edili e quattro ammnistrativi) della ex Essetì, tocca ai 40 dipendenti della Cogedi (azienda priva
di commesse) sottoscrivere un verbale di intesa. In cambio della cessazione del rapporto di dipendenza, e
quindi dell'avvio alle procedure dimobilità, l'azienda si impegna, qualora dovessero concretizzarsi nuovi
appalti,nell'Interporto e sull'intera provincia, ad riassorbire la medesima forza lavoro. Fillea-Cgil, Cisl-Uil e
Feneal-Uil, in assenza di nuove commesse non potranno garantire la «rotazionedeicassintegrati espulsi dal
ciclo produttivo sui cantieri di completamento delle opere dell'Interporto Sud-Europa di Maddaloni-
Marcianise». E agli ex Cogedi, oltre le dichiarazioni di buona volontà unità, non si potrannoapplicare ibenefici
dell'articolo 11: mobilità e cassa speciale per 27 mesi. Non stanno meglio i «colletti bianchi»: per circa 20
tecnici e amministrativi (geometri, ingegneri e contabili) la proroga della cig scadrà a fine novembre. Poi si va
verso la mobilità. «Non ci sono più - dice apertamente Antonio Gelo della Filca-Cisl provinciale - le condizioni
per programmare il futuro. E le ricadute occupazionali, anche sull'indottosono devastanti».Tuttal'occupazione,
diretta oindiretta, creata con l'avvio dell'Interporto Sud Europa, è stata quasi cancellata: gliappalti esternie
pure i dipendenti dell'intermodalità.
05/11/2014 32Pag. Il Mattino - Caserta(diffusione:79573, tiratura:108314)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 21
La svolta Sbloccati i fondi Più Europa Cinque milioni da investire per la scuola e le opere pubbliche Francesco Fusco
CASTELLAMMARE. Cinque milioni da investire in opere pubbliche e nell'edilizia scolastica. È la cifra
sbloccata dall'amministrazione comunale, insieme alla Regione Campania, nell'ambito dei fondi europei
previsti dal programma Più Europa. L'accordo è stato sottoscritto ieri mattina a palazzo Santa Lucia dal
sindaco Nicola Cuomo e dall'assessore regionale Ermanno Russo. In definitiva, si tratta di un nuovo patto
che permetterà al Comune di espletare bandi di gara per la riqualificazione e la manutenzione di quattro
scuole cittadine. «È un atto di fondamentale importanza - afferma il sindaco Cuomo - che ci consentirà di
realizzare altre opere utilissime a servizio della collettività. Il Più Europa era largamente incompleto quando
mi sono insediato - continua - tanto è vero che l'anno scorso sono stati certificati soltanto 20mila euro di lavori
mentre con la nostra accelerazione sono stati realizzati e certificati 4 milioni e mezzo di euro. Di qui a breve -
conclude - la città sarà un cantiere a cielo aperto».
I progetti proposti dall'amministrazione comunale (e approvati dal responsabile dell'obiettivo operativo della
Regione) riguardano il completamento e adeguamento della scuola ex Panzini; la riqualificazione del Borgo di
Pozzano; i lavori di manutenzione straordinaria delle scuole Stabiae, Seminario, Fratte; i lavori di risanamento
conservativo di Palazzo Sant'Anna e la manutenzione della scuola Postiglione. Ma non è tutto. Nel nuovo
accordo di programma sono state infatti inserite anche le opere a «sostegno retrospettivo», tra cui i lavori di
restauro delle Antiche Terme e il centro di fangoterapia del complesso termale del Solaro. Nei prossimi giorni,
invece, riprenderanno anche i lavori di via de Gasperi, per i quali è stato necessario elaborare una perizia di
variante. Soddisfatto di questo provvedimento è anche Alessio D'Auria, assessore della giunta Cuomo con
delega al Più Europa. «Abbiamo deciso di puntare su opere non faraoniche ma utili per i cittadini - commenta
- ed effettivamente realizzabili entro i limiti temporali imposti dal programma europeo. In particolare abbiamo
puntato sull'edilizia scolastica, che versa in uno stato assai carente, oltre che sulla riqualificazione del borgo
di Pozzano e il recupero di palazzo Sant'Anna, sede di uffici comunali».
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05/11/2014 38Pag. Il Mattino - Napoli sud(diffusione:79573, tiratura:108314)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 22
IN CINQUE SOTTO INCHIESTA. NUOVA BUFERA POLITICA DOPO IL CASO PITTOLI Scantinati e magazzini pronti a diventare salotti Garlenda, sequestrate 7 ville e indagato "assessore" ai lavori pubblici LUCA REBAGLIATI GARLENDA. Sequestrate le ville dei russi e degli australiani in borgata Fuenza, e a Garlenda torna ad
infuriare la polemica politica, già vivace dopo la vicenda della casa dei genitori del sindaco Silvia Pittoli, e il
fatto che questa volta tra i tecnici ci sia un consigliere comunale non contribuisce certo a stemperare il clima.
Dopo il blocco dei lavori arrivato una decina di giorni fa dall'ufficio tecnico comunale in seguito ad un
sopralluogo effettuato dalla guardia forestale, adesso sono arrivati anche i sigilli per i cantieri di via delle
Rocche appartenenti alla società Casale Antico di Massimo Delvecchio, un'azienda con sede ad Albenga che
opera da tempo proprio nel settore della realizzazione, ristrutturazione e vendita di ville e casali, spesso di un
certo pregio. Talvolta di pregio persino eccessivo, verrebbe da dire dopo il sequestro di ieri, visto che tra le
contestazioni mosse dalla Procura della Repubblica e dalla guardia forestale ci sarebbe proprio una cura così
minuziosa di certi particolari dei seminterrati e di locali comunque destinati a magazzino da far pensare ad
una probabile trasformazione in camere e salotti: pavimenti costosi (circostanza peraltro negata dai
progettisti), intonaci curati e troppi punti luci e prese di corrente. Ci sarebbe anche una vasca idromassaggio,
sebbene in un bagno regolarmente previsto dalle concessioni edilizie, tra le stranezze riscontrate dai forestali
durante i loro sopralluoghi. Tutti particolari che unitamente allo strumento urbanistico scelto che secondo i
forestali non sarebbe quello richiesto dalle normative vigenti, avrebbero convinto gli inquirenti coordinati dal
pm Chiara Venturi a decidere il sequestro e a denunciare per lottizzazione abusiva 5 persone, tra proprietari,
direttori dei lavori e tecnici comunali. La responsabilità di questi ultimi sarebbe quella di avere rilasciato titoli
edilizi illegittimi per irregolarità procedurali e violazione di vari parametri urbanistici. A finire sotto sequestro
non sono state solo le quattro ville ancora in fase di realizzazione, ma anche le tre già ultimate e vendute a
turisti russi ed australiani (una di queste avrebbe addirittura già ottenuto l'agibilità), e proprio la tipologia dei
clienti, di norma piuttosto esigenti, spiegherebbe secondo i tecnici il livello piuttosto elevato delle finiture
anche nei garage e nei locali di sgombero. Ma a far discutere in questa vicenda è soprattutto il fatto che tra i
tecnici indagati compaia il nome di Roberto Barbera, che è direttore dei lavori di alcune delle ville sequestrate
ma che è anche consigliere di maggioranza, con tanto di delega ai lavori pubblici. «Abbiamo già chiesto al
sindaco di chiarire la posizione sua e degli altri componenti dell'amministrazione in queste vicende - afferma
la capogruppo di opposizione Alessandra Segre Zunino -. Rinnoviamo adesso la nostra richiesta chiedendole
come intende comportarsi con il consigliere delegato che risulta tra i tecnici del cantiere sequestrato».
Secondo l'opposizione la posizione di Barbera sarebbe decisamente border line, nel senso che il suo ruolo di
amministratore pubblico (oltretutto con una delega di carattere tecnico) gli imporrebbe di non esercitare la
propria professione di architetto sul territorio comunale garlendino. Contestazioni peraltro abbastanza
ricorrenti in casi simili, come sa bene l'ex sindaco alassino Marco Melgrati. «Non c'è nessuna incompatibilità,
ed è tutto regolare» replica il sindaco Silvia Pittoli, che naturalmente è di opinione diametralmente opposta
rispetto all'opposizione. Intanto a Garlenda continua a far discutere anche la vicenda della casa in
ristrutturazione sequestrata ai genitori del sindaco, dove dovrebbe essere realizzata una struttura ricettiva,
visto che l'opposizione mostra di non credere a Pittoli quando dice di non essere al corrente dei dettagli
dell'operazione edilizia condotta dalla sua stessa famiglia. Intanto, però, il ripetersi di contestazioni di questo
genere (che riguardano anche la regolarità delle licenze edilizie, quindi dell'interpretazione delle norme da
parte degli uffici) fanno temere che anche a Garlenda scoppi una vera e propria "epidemia" di sequestri,
denunce e sospensioni dei lavori come quella che ha colpito Villanova per la nota vicenda dei sottotetti.
Foto: Una delle villette in costruzione, sequestrate a Garlenda
05/11/2014 19Pag. Il Secolo XIX - Savona(diffusione:103223, tiratura:127026)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 23
SI DIFENDONO I PROFESSIONISTI COINVOLTI Barbera: «Licenze rilasciate prima della mia elezione» Il consigliere comunale e architetto: «Non c'è incompatibilità» MARCO RAVERA «Siamo indagati per averrispettato le istituzioni ed esserci attenuti alle leggi» L.R. GARLENDA. «Nessuna incompatibilità, e comunque le licenze edilizie risalgono a ben prima della mia
elezione». Roberto Barbera, consigliere comunale delegato ai lavori pubblici, respinge seccamente l'ipotesi
paventata dalla minoranza di una possibile incompatibilità tra il ruolo di amministratore pubblico e la sua
attività professionale di architetto. «Sono stato eletto consigliere comunale nel maggio scorso, e mi è stata
conferita la delega ai lavori pubblici che non ha niente a che vedere con quella all'urbanistica - ricorda
Barbera -. Il progetto di assetto urbanistico delle case è stato redatto e presentato nell'anno 2009 e i relativi
permessi sono stati rilasciati diversi anni prima della mia elezione. La semplice delega ai lavori pubblici e il
fatto di non appartenere alla giunta comunale in quanto consigliere e non assessore, non rende incompatibile
l'esercizio della mia attività professionale di architetto nel territorio comunale, come riporta il testo unico enti
locali». Ma Barbera ed il suo collega Marco Ravera difendono anche il proprio operato professionale nei
cantieri della zona C3, che secondo loro sarebbe stato del tutto rispettoso delle regole. «Siamo indagati per
aver rispettato le istituzioni ed esserci attenuti scupolosamente alle leggi - affermano i direttori dei lavori delle
ville sequestrate -. Gli edifici realizzati in completa conformità ai permessi di costruire rilasciati, hanno seguito
un iter legislativo iniziato nel 2009 e sono stati verificati e successivamente approvati da ufficio tecnico,
commissione edilizia e consiglio comunale e negli anni tra il 2010 e 2013 hanno ottenuto più pareri favorevoli
dell'ufficio del vincolo idrogeologico, e la documentazione è stata trasmessa alla guardia forestale e alla
Provincia, che non hanno sollevato problematiche di alcun tipo prima dell'inizio dei lavori. Solo oggi, con
alcuni edifici venduti e dichiarati agibili a seguito di sopralluogo positivo dell'ufficio tecnico comunale, uno
abitato e altri in fase terminale di realizzazione, ci vediamo sequestrare i cantieri per presunte illegittimità
delle licenze rilasciate. Ci chiediamo - concludono per quale motivo solo oggi e a lavori praticamente ultimati
ci venga contestata la legittimità dei titoli, che eventualmente sarebbe dovuta avvenire prima del rilascio dei
permessi». Roberto Barbera
05/11/2014 19Pag. Il Secolo XIX - Savona(diffusione:103223, tiratura:127026)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 24
Catasto, giù maxi rendite Il presidente della Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, ha dichiarato che: «La presa di posizione dei
presidenti Brunetta e Gasparri sull'eccessività intollerabile del carico fiscale sulle case richiede una
incondizionata adesione. La sensibilità al tema non ci sorprende perché non è nuova, ma nello stesso tempo
evidenzia che si è colta la sottolineatura che gli economisti onesti, molti dei quali facendo anche pubblico atto
di pentimento, hanno già nei loro studi (disponibili anche sul sito Confedilizia) sottolineato: che perché torni la
fi ducia negli italiani, dopo che gli stessi hanno subìto con la caduta dei valori immobiliari un furto legalizzato
di 2 mila miliardi, occorre che la politica dia, come abbiamo già chiesto al governo, un preciso segnale in
controtendenza, come potrebbe essere quello di diminuire le rendite catastali abnormi oggi vigenti. E ciò con
una misura che non costerebbe all'Erario più di 700-800 milioni, di poco superiore alla somma che
annualmente si trova per favorire un settore privilegiato dell'immobiliare, anche cooperativo».
05/11/2014 47Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 25
IL CASO SI È DISCUSSO SUI RITARDI DEL REGOLAMENTO URBANISTICO Confedilizia e Fiaip a confronto con Tei UN INCONTRO per discutere sull'attuale crisi economica che ha colpito il settore dell'edilizia. Le associazioni
provinciali Confedilizia e Fiaip si sono confrontate con il Comune di Grosseto per parlare degli aspetti legati al
ritardo dell'approvazione del regolamento urbanistico comunale. «II quadro sulla crisi dell'edilizia - ha
spiegato Lamberto Londini, presidente di Confedilizia Grosseto -, non aveva l'intenzione di porsi su posizioni
polemiche nei confronti dell'amministrazione comunale e, tanto meno dell'attuale assessore Tei che ha
assunto la delega all'Urbanistica soltanto dallo scorso mese di marzo. Scopo delle due associazioni,
rappresentative dei proprietari di casa e degli agenti immobiliari, era quello di richiamare l'attenzione dei
responsabili del nostro Comune sui riflessi negativi che la crisi dell'attività edilizia e del relativo indotto
producono nel più ampio quadro dell'attuale crisi economica e sociali». Durante l'incontro Confedilizia
Grosseto, facendosi interprete e portavoce di molti contribuenti, ha colto l'occasione per rappresentare a Tei
le difficoltà a comprendere ed accettare l'evidente iniquità di una normativa, ancorché per il momento
legittima, che prevede la tassazione di terreni, edificabili solo sulla carta, e quindi senza alcun effettivo valore
attuale. Image: 20141105/foto/803.jpg
05/11/2014 8Pag. QN - La Nazione - Grosseto(diffusione:136993, tiratura:176177)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 26
SONO 31 I GRUPPI CHE ENTRANO NEL PROGRAMMA DI PIAZZA AFFARI PER LA RACCOLTA DICAPITALI L'Elite di Borsa supera quota 200 La piattaforma si apre a sei campioni nazionali: Sia, Valvitalia, Maccaferri, Egea, Kedrion e Ansaldo Gli ultimidue accedono con serie intenzioni di quotarsi. Jerusalmi: nel 2015 attese circa 30 matricole Claudia Cervini Grazie ai 47 nuovi ingressi di ieri (31 in Italia e 16 nel Regno Unito) salgono a 200 le società che guardano
con interesse al mercato dei capitali attraverso il programma Elite, la piattaforma promossa da Borsa Italiana
per agevolare le pmi nella raccolta di risorse finanziarie, magari in prospettiva di una quotazione, ma non
necessariamente. Un laboratorio, tenuto a battesimo dall'amministratore delegato di Borsa italiana Raffaele
Jerusalmi e dal responsabile dei mercati primari Luca Peyrano, che per il primo anno ospita anche campioni
nazionali come Ansaldo Energia, approdata nel programma in prospettiva quotazione, o Kedrion
(farmaceutica), anch'essa entrata con serie intenzioni di quotarsi, oltre a Sia (soluzioni di pagamento) e
Valvitalia (componentistica per l'industria petrolifera). Sono tutte società partecipate dal Fondo strategico
italiano, alle quali si aggiungono Egea (energia) e il gruppo industriale Maccaferri (holding industriale).
Queste ultime sei realtà hanno fatto il loro ingresso nella piattaforma grazie all'inaugurazione della «Elite
Large Corporate», programma studiato ad hoc per accompagnare i grandi gruppi nel percorso di crescita. A
queste future matricole è andata anche la benedizione dell'ad del Fondo strategico italiano, Maurizio
Tamagnini: «I nostri investimenti si sposano bene con le aziende che accedono a Piazza Affari» in quanto,
«non siamo gestori, ma investitori di minoranza» e la via di uscita è proprio «la borsa», ha chiosato
Tamagnini Un tale fermento sulla piattaforma Elite rappresenta un buon segnale in un momento in cui
numerose società nelle scorse settimane, a pochi giorni dalla quotazione sul listino principale, hanno fatto
dietrofront. È il caso di Intercos, Rottapharm, Sisal, Fedrigoni, ItaliaOnline e Favini. Senza contare che
Massimo Zanetti Beverage Group e la casa editrice del Fatto Quotidiano hanno deciso di rinviare alla prima
metà del 2015, mentre i fondi azionisti di Ovs sono indecisi sul da farsi. «La causa», di questi rinvii, «è la
volatilità dei mercati», ha commentato Raffaele Jerusalmi, a margine dell'evento a MF-Milano Finanza.
«Prova ne è il fatto che abbiamo assistito a numerosi dietrofront anche a Londra, non solo a Piazza Affari»,
prosegue. «Sono convinto che queste realtà torneranno ad affacciarsi alla Borsa a partire dall'inizio del
2015», ha commentato l'ad. Borsa italiana, infatti, si attende circa 30 ipo nel 2015, di cui la metà arriveranno
sul listino principale e le successive sul mercato alternativo Aim (dedicato alle pmi), che continua a registrare
un notevole fermento. «Il motivo di questo successo è dovuto principalmente al fatto che il percorso che porta
alla quotazione all'Aim è più breve, quindi è più semplice agganciare la giusta finestra». Detto questo, l'unica
ipo che arriverà in questi ultimi mesi del 2014 sul listino principale è quella di Rayway, per le altre bisognerà
attendere l'anno successivo. Rientrano in Elite anche numerose pmi che intendono crescere sui mercati
internazionali: è il caso di Sim, attiva nel settore petrolchimico (50 milioni di ricavi attesi nel 2014) che intende
fare business nei mercati extra-europei, e del gruppo Gpi, specializzato nell'informatica sanitaria (64 milioni il
fatturato nel 2013) che vuole essere accompagnato nel percorso di internazionalizzazione. Il programma Elite
in questi due anni e mezzo ha visto nascere 13 operazioni di private equity, 10 minibond emessi per un
controvalore di 291 mln, 35 tra operazioni di m&a e costituzioni di joint-venture, 15 ipo allo studio e una sola
realizzata (TechValue), mentre 40 società sono state finanziate da Sace e Simest. (riproduzione riservata)
Fonte: Borsa italiana
I 31 NUOVI INGRESSI DELL'ELITE DI BORSA ITALIANA GRAFICA MF-MILANO FINANZA Ansaldo
Energia Antony Morato Bluclad Coswell Dorelan Egea Ente Gestione Energia e Ambiente ExitOne Fratelli
Damiano & C. Giglio Group Golden Goose Gruppo Gpi Gruppo Industriale Maccaferri Gruppo Servizi
Associati Integra Dm Kasanova Kedrion Marchi Industriale Omnisyst Pelletterie Bianchi E Nardi Piazza Italia
Ppm Industries Pusterla 1880 Raicam Industrie Rainbow Rch Group Rtl 102.5 Sia SIM Valvitalia Vicenzi Wiva
05/11/2014 1.17Pag. MF - Ed. nazionale(diffusione:104189, tiratura:173386)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 27
Group Ingegneria industriale Prodotti per la persona e moda Chimica Prodotti per la persona e moda Prodotti
uso domestico ed edilizia Gas, acqua e servizi di pubblica utilità Servizi e investimenti immobiliari Produzione
di generi alimentari Media Prodotti per la persona e moda Software e servizi informatici Altri prodotti
industriali Servizi di supporto Software e servizi informatici Prodotti uso domestico ed edilizia Farmaceutica e
biotecnologia Chimica Servizi di supporto Prodotti per la persona e moda Prodotti per la persona e moda Altri
prodotti industriali Altri prodotti industriali Automobili e componentistica Media Hardware e strumenti
informatici Media Software e servizi informatici Distrib., servizi petrolio e gas naturale Distrib., servizi petrolio
e gas naturale Produzione di generi alimentari Prodotti uso domestico ed edilizia Liguria Campania Toscana
Emilia Romagna Emilia Romagna Piemonte Piemonte Siciila Lazio Veneto Trentino Alto Adige Emilia
Romagna Friuli Venezia Giulia Lombardia Lombardia Toscana Toscana Lombardia Toscana Campania
Lombardia Lombardia Abruzzo Marche Veneto Lombardia Lombardia Sicilia Lombardia Veneto Toscana
Settore Società Regione
Foto: Raffaele Jerusalmi
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 28
Manifestazioni /news Tutto pronto per All Digital Smart Building Mancano solo pochi giorni all'appuntamento con All Digital - Smart Building, lo spazio organizzato all'interno
del SAIE di Bologna e dedicato alle tecnologie dell'abitazione e dell'uffi cio basate sull'utilizzo della rete Si
tratta di un evento di grande importanza per i protagonisti dell'edilizia del XXI secolo, un luogo dove le
aziende partecipanti potranno incontrarsi con gli oltre 80.000 visitatori professionali previsti come installatori,
progettisti di impianti, ingegneri, architetti, imprese di costruzioni e amministratori di condominio. Seminari,
convegni e tavole rotonde, costituiranno momenti di formazione fondamentali, in grado di tradurre in azioni
concrete il concetto che oggi, e ancor più domani, costituirà il valore aggiunto di un edifi cio, sia esso nuovo o
ristrutturato, ovvero la sua capacità di essere connesso al mondo attraverso le reti. Sono essenzialmente tre i
temi portanti del programma di seminari e convegni: broadband e broadcast ready, progettare lo Smart
Building, la fi gura professionale dello Smart Installer. La giornata di venerdì 24 ottobre è invece dedicata ai
meeting annuali con la rete di installatori di Open Sky e TivùSat. Attraverso i temi scelti, All Digital - Smart
Building coglie e propone al suo pubblico di riferimento le tendenze future del mondo dell'installazione e
dell'edilizia con il progetto nazionale di connettere gli edifi ci alla rete LAN. Le aree di Smart Building saranno
tre: RICEZIONE (ADSL, fi bra ottica, satellite), DISTRIBUZIONE (cablaggio, controllo e monitoraggio dell'edifi
cio), AREA APPLICAZIONE (audiovideo, climatizzazione, illuminazione, sicurezza, controllo da remoto dei
dispositivi). L'appuntamento è a Bologna dal 22 al 25 ottobre all'interno del SAIE, il Salone Internazionale
dell'Industrializzazione Edilizia. www.alldigitalexpo.it Ecco i seminari di approfondimento tecnico fi ssati in
agenda: 1. Reti e Impianti Integrati in ambito residenziale e aziendale La convergenza tecnologica in atto
pone sempre più il problema di un'impostazione unitaria dell'impiantistica dell'edifi cio nuovo o ristrutturato al
fi ne di dotare ogni singola unità (sia essa abitazione o uffi cio) dei livelli di connettività richiesti dall'utenza.
Argomenti trattati: - La coesistenza e interoperabilità tra rete fi ssa e mobile, reti aperte e proprietarie - Nuove
tipologie di rete - La ristrutturazione delle reti esistenti. 2. Il mercato dell'installazione nel mondo delle Reti e
Impianti Integrati per la "comunicazione digitale" La tradizionale professione artigiana ha subito una profonda
evoluzione che è andata di pari passo con l'evoluzione tecnologica. Una buona conoscenza del mercato
costituisce quindi un elemento indispensabile a pianifi care, dimensionare e sviluppare con successo la
propria attività. Argomenti trattati: - Analisi del mercato: Analisi dell'utenza, Quale dimensione applicativa,
Quale dimensione economica. - Analisi delle opportunità professionali: Valorizzazione dell'esperienza
acquisita, Modalità di adattamento professionale alle tecnologie "smart", Acquisizione di esperienza su
integrazione, Interoperabilità, Componibilità. 3. Il Quadro normativo di riferimento del mondo delle Reti e
Impianti Integrati per i servizi ICT La normativa, al pari della tecnologia, è in continua evoluzione e comporta
livelli diversi di responsabilità per chi opera nel campo dell'impiantistica TLC. Una conoscenza di base delle
principali leggi e dei regolamenti di riferimento è condizione indispensabile per svolgere la propria attività e
per informare correttamente i propri clienti. Argomenti trattati: - Le leggi italiane e comunitarie di riferimento -
La normativa tecnica - Attualità della legge 37/08 (riordino delle disposizioni in materia di attività di
installazione degli impianti all'interno degli edifi ci), D.M. 314/92 - L'Agenda Digitale: le direttive per il mercato
della comunicazione digitale. 4. La fi bra ottica come canale distributivo nell'ambito della convergenza
tecnologica L'immediato futuro proporrà sul mercato dei servizi digitali prodotti che richiedono una capacità di
trasmissione sempre più elevata. La fi bra ottica rappresenta oggi la risposta più adeguata a tali necessità,
anche nel campo della distribuzione del segnale all'interno di grandi complessi edilizi. Argomenti trattati: - La
fi bra ottica: il mezzo ideale di comunicazione nel mondo digitale - La fi bra ottica nelle reti IP e nelle
distribuzioni Broadcast - Trasmettitori ottici, link, budget di rete e ricezione ottica. 5. La funzionalità degli
impianti TV con l'avvento di LTE L'avvento della nuova generazione di telefoni mobili (evoluzione dei 3G) ha
comportato signifi cativi problemi per la ricezione del segnale televisivo digitale terrestre, imponendo nuove
05/11/2014 7Pag. Eurosat - N.261 - ottobre 2014
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 29
regole per la realizzazione degli impianti. Argomenti trattati: - Stato dell'arte a due anni dal lancio LTE -
Raccomandazioni tecniche per l'impiantistica TV - Interferenze e le soluzioni possibili rispondenti alla "regola
d'arte". 6. L'importanza del marketing per il tecnico installatore nel nuovo mercato della ristrutturazione
edilizia In Italia il mercato della ristrutturazione edilizia costituirà nel futuro la parte più rilevante del mercato
immobiliare. Approcciare tale mercato con tecniche di marketing adeguate costituisce per l'azienda artigiana
un sicuro fattore di successo. Argomenti trattati: - Il mercato dell'installazione in tempi di crisi - Tecniche di
marketing nel campo dell'installazione - Come affrontare l'innovazione tecnologica per superare le aspettative
del cliente - Come risolvere i problemi e dare risposta ai desideri insoddisfatti del cliente - Come relazionarsi
con il cliente e creare valore.
05/11/2014 7Pag. Eurosat - N.261 - ottobre 2014
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 30
COMUNICAZIONE COMMERCIALE Inseguendo un SOGNO Passione, grinta, entusiasmo e positività. Nonostante tutto, ancora oggi sono questi gli ingredienti delsuccesso, come dimostra questa storia Marco Paiano dice di essere un ragazzo come tanti nati a Matino (Le). Ma che abbia una marcia in più lo
dimostra il fatto che oggi, a 30 anni, partendo dal nulla abbia saputo creare un'azienda edile di successo, la
Sol. Edil. Group. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia e ha accettato con entusiasmo, perché è
convinto che sia necessario far passare, in questo momento di crisi e sfiducia, un messaggio positivo. «Come
tutti i bambini, racconta, ero attratto dalle gru, dagli escavatori, dai cantieri in genere. A 5 anni mi alzavo
presto la mattina per uscire sul balcone a guardare i cantieri all'opera. In campagna dai miei genitori giocavo
a fare piccoli muri. Una passione che è cresciuta fino alla fine delle scuole medie, poi, iniziata la scuola
superiore non ho più parlato di cantieri ma di divertimenti, discoteche, moto e locali, anche se d'estate facevo
qualche lavoretto per mettere da parte qualche soldo». E fin qui, tutto abbastanza normale. Poi cosa è
cambiato? «Arrivati i fatidici 18 anni, capii che la mia passione si stava risvegliando. Così dissi a mio padre
che appena finita la scuola avrei voluto aprire una piccola impresa... E lui, da buon consulente bancario mi
disse che era troppo rischioso. Ma io, testardo, di nascosto con quei pochi risparmi che avevo, decisi di
comprare un camioncino vecchissimo, del 1962. Finiti gli esami, iniziai a fare trasporti di materiale, lavorando
15 ore al giorno... E così, il 13 gennaio 2006 è nata la Soledil Servizi e Costruzioni di Marco Paiano. Assunti i
miei primi quattro dipendenti iniziai piccoli cantieri, tutti i ricavi li investivo in attrezzature, essendo molto
aggressivo con i prezzi riuscii a farmi spazio. Insomma, avevo fame di lavoro, dovevo crescere». E oggi?
«Oggi, quasi senza accorgermi, mi ritrovo con 40 dipendenti e con tante commesse abbastanza importanti.
La società si è trasformata in Sol. Edil. Group, possiede un vasto parco macchine, l'attestazione Soa che ci
permette di partecipare a grossi appalti, la certificazione di qualità ISO 9001, un ufficio tecnico con ingegneri
e geometri qualificati. Nel frattempo mi sono sposato e ho due figli bellissimi che hanno già il cantiere nel
sangue. Ma dopo tanto lavoro, sento di aver realizzato il mio sogno solo a metà. Voglio far crescere la mia
azienda, spostarmi fuori dalla Puglia e confrontarmi con realtà più grosse, è la mia passione e ci credo
tanto». Insomma, un'azienda in controtendenza. Qual è il vostro segreto? «La crisi che ha colpito l'edilizia sta
facendo strage di imprese storiche, ma 10 non ho paura perché vengo dal nulla. Quest'anno abbiamo
fatturato 11 doppio dell'anno scorso e le previsioni del 2015 sono quelle di triplicarlo. Oggi non bisogna
pensare ai profitti, ma investire, sapersi adattare a ogni situazione. Secondo me un'azienda, piccola o
grande, se ha la grinta non rimarrà mai senza lavoro. Bisogna essere positivi, non conosciamo la malattia, il
freddo, non conosciamo la parola crisi né la parola "mollare"...». Che consigli darebbe a chi oggi progetta di
avviare una nuova attività imprenditoriale? «Chi decide di fare impresa oggi deve innanzi tutto amare la sua
attività quasi più di ogni altra cosa, perché una nuova azienda è come un neonato, va assistita, coccolata e
seguita passo dopo passo per sempre, soprattutto deve sapere che i profitti veloci non esistono». Cosa si
sente di dire ai suoi colleghi imprenditori sfiduciati a causa della crisi, dell'immobilità delle banche e di una
burocrazia che invece di aiutare, pone solo ostacoli? «Secondo me ogni azienda in questo periodo ha
bisogno di una riorganizzazione per capire gli obiettivi da raggiungere. Bisogna sapersi adattare a ogni
situazione, snellire e puntare magari a un settore specifico, specializzandosi e investendo in attrezzature. Alle
banche bisogna affidarsi solo in caso di estrema necessità. Noi stiamo crescendo e ci finanziamo con gli utili
senza chiedere sostegno alle banche. È l'unico modo per essere indipendenti».
Foto: ' Marco Paiano
Foto: I due figli di Marco Paiano: Mattìa (2 anni) e Daniele (5 anni) già mostrano la stessa passione del padre
per i cantieri edili. © Sol. Edil. Group Sri www.soledilgroup.it
05/11/2014 150Pag. Millionaire - N.11 - novembre 2014(diffusione:91000, tiratura:140000)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 31
SCENARIO ECONOMIA
23 articoli
Allarme dall'Europa: il debito è troppo alto «Nel 2015 il picco del 133,8%, la ripresa più lenta del previsto». Si apre il caso Germania Luigi Offeddu BRUXELLES «La ripresa economica non sta avvenendo con la rapidità e con la forza che ci attendevamo a
primavera». Dunque ancora «crescita debole» ovunque, nel 2014 (+1,3 nell'Ue, +0,8% nella zona euro) con
lenta ripresa solo a partire dal 2015, quando gran parte dell'Unione Europea tornerà a crescere più dell'1%.
«Crescita deludente» anche per la Germania: la Commissione stima un calo dall'1,3% di quest'anno all'1,1%
nel prossimo.
Nelle previsioni economiche d'autunno due commissari Ue, Jyrki Katainen e Pierre Moscovici, fra i più
importanti perché si occupano di crescita e di affari economici, certificano l'annaspare dell'eurozona: «I suoi
risultati sono i peggiori dell'Ue, come di altre regioni extra-Ue». E al centro dell'eurozona, sta l'Italia: crescita
del Pil ancora negativa, a quota -0,4% nel 2014, con leggera risalita al +0,6% nel 2015 e al +l,1% nel 2016;
debito pubblico che continua a salire in rapporto al Prodotto interno lordo (132,2% nel 2014, «picco» mai
prima raggiunto del 133,8% nel 2015, tuttora il debito più grande in Europa dopo quello della Grecia); tasso di
disoccupazione a livelli «storicamente alti» (inchiodati sul 12,6% sia nel 2014 che nel 2015, annunciati in
discesa al 12,4% solo nel 2016); una disoccupazione che viene dipinta drammaticamente da Bruxelles «con
possibili effetti di isteresi»: cioè di accumulo «ereditario», dalle crisi precedenti, quasi fuori controllo. E infine
deficit pubblico che giunge a toccare il fatidico 3% del Pil nel 2014, per poi planare verso il 2,7% nel 2015, e
verso il 2,2 nel 2016. L'inflazione resta bassa, troppo bassa. C'è anche una constatazione di nicchia, che
però la dice lunga sull'andamento della barca italiana: nel 2013 vi è stata una «crescita marginale» di alcune
entrate, dovuta solo «all'Iva e alle tasse sulla proprietà che compensano un calo nelle tasse sull'impresa».
In definitiva la Commissione ritiene che l'Italia potrà correre nuovi rischi se ritarderà ancora la ripresa della
domanda esterna; ma dice anche che «le sue prospettive di crescita potrebbero trarre beneficio da un
effettivo compimento del processo delle riforme».
La campionessa della crescita nel 2015, forte di un Pil che sale del 3,6%, dovrebbe essere l'Irlanda che 4
anni fa era in bancarotta. Un altro cavallo ben piazzato, con Pil a quota +2,9% dovrebbe essere la Grecia, un
tempo fanalino di coda. La Francia riottosa deve rassegnarsi a «una crescita molto lenta» (+0,7% nel 2015).
C'è infine una sorpresa: nel 2014 la Finlandia, già alfiere della crescita europea, vede il suo Pil calare dello
0,4%, né più né meno come l'Italia.
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Fonte: Commissione europea Corriere della Sera Le previsioni della Commissione europea Il gap di
investimenti (Pil reale e investimenti) Pil (in %) Debito (% del Pil) Inflazione (in %) Disoccupazione (in %) 105
100 95 90 85 80 75 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2013 2014 2015 2016 2013 2014 2015 2016
2013 2014 2015 2016 2013 2014 2015 2016 Italia Francia Germania -1,9 -0,4 0,6 1,1 0,3 0,3 0,7 1,5 0,1 1,3
1,1 1,8 127,9 132,2 133,8 132,7 92,2 95,5 98,1 99,8 76,9 74,5 72,4 69,6 1,3 0,2 0,5 2 1 0,6 0,7 1,1 1,6 0,9
1,2 1,6 12,2 12,6 12,6 12,4 10,3 10,4 10,4 10,2 5,3 5,1 5,1 4,8 60 0 0 0 Investimenti pubblici Investimenti
privati Pil Pil (esclusi investimenti)
InflazioneL'inflazione italiana tornerà al 2% nel 2016 prevede la Commissione europea. L'indice armonizzato dei prezzi
al consumo, negativo nel terzo trimestre del 2014, nei prossimi mesi resterà basso. Poi l'anno prossimo salirà
allo 0,5%, spinto dall'aumento dei prezzi dell'import e da una piccola ripresa dei consumi. Nel 2016 il nuovo
balzo fino al 2% incorpora l'aumento dell'Iva, contenuto nella legge di Stabilità per salvaguardare gli obiettivi
fiscali. Fino ad allora le aspettative di bassa inflazione, insieme con la persistente alta disoccupazione Il
05/11/2014 4Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 33
nuovo taglio del cuneo fiscale programmato dal governo contribuirà ad abbassare la pressione sul costo del
lavoro. Il risultato: una decelerazione del costo unitario reale, che passerà dallo 0,4% del 2014 fino a -1% nel
2016, grazie anche a qualche miglioramento della produttività.
05/11/2014 4Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 34
La storia Il circolo (vizioso) degli interessi Un macigno da 80 miliardi l'anno Con le privatizzazioni lo stock aveva sfiorato il 100% del Pil Il «minimo» nel 2007 al 103,3%, poi è tornato asalire Pietro Bastogi, 1861 «Perché l'Italia meriti il credito di tutta l'Europa deve rispettare i debiti contratti» Sergio Bocconi Peccato originale, Moloch, Dna. In qualsiasi modo lo si voglia definire il debito pubblico italiano nasce e
cresce con il Paese: quando il ministro delle Finanze Pietro Bastogi parla alla Camera il 29 aprile 1861 dice
parole che oggi potrebbero essere definite di «stringente attualità»: «Perché l'Italia meriti il credito di tutta
l'Europa deve cominciare a rispettare i debiti contratti...». Inizia così la lunga marcia del debito pubblico
italiano che Quintino Sella riporta in sostanziale pareggio nel 1876.
Cent'anni dopo siamo ancora «virtuosi»: nel 1975 il debito ha già fatto un primo balzo ma è ancora pari al
56% del Pil. A pagare in parte le «spese» è chi incassa interessi reali negativi di sette punti. Ed è il caso di
sottolineare il costo del debito perché in futuro, cioè in questi ultimi dieci anni, sarà invece questo un
autentico macigno per l'Italia, soprattutto in presenza di una crescita del Pil nominale pari a zero e negativa in
termini reali. Circa 80 miliardi di media l'anno che contribuiscono a depotenziare qualsiasi politica economica.
Sono interessanti a questo proposito le analisi condotte da esperti come Roberto Artoni (che ha scritto «Il
debito pubblico in Italia dall'unità ad oggi») professore ordinario di Scienza delle finanze alla Bocconi. Perché
è nell'equilibrio fragile fra le varie componenti macroeconomiche che si viene formando il disequilibrio che
farà esplodere il debito pubblico italiano. Nel 1970 la situazione della finanza pubblica è «normale»: la spesa
è pari al 33% del Pil e il debito al 37,1%. Seguono dieci anni di governi Rumor, Colombo, Andreotti, Moro,
Cossiga, Forlani, nei quali «turbolenze» sociali, rallentamento dell'economia, costituzione di un welfare in
parte «elettorale» e alta inflazione conducono un primo ribaltamento della situazione. Nel 1980 la spesa è
così aumentata di otto punti al 40,8% del Pil mentre le entrate, cioè il gettito fiscale, cresce della metà. Il
debito è 56,1%, il peso degli interessi passa dall'1,3 al 4,4% ma con i prezzi che aumentano al 21,1% l'anno i
tassi reali sono negativi del 5,8%.
Iniziano gli anni del craxismo e la spesa si impenna ulteriormente portandosi nel 1985 al 50% del Pil. Sono
però anche anni caratterizzati da un'inversione di tendenza nelle politiche monetarie internazionali che si
inaspriscono a partire dall'America reaganiana. Nell'85 in Italia, (nonostante il buon andamento
dell'economia) il debito sul Pil «vola» all'80,5% ed è importante osservare che se il totale della spesa pubblica
cresce di cinque punti, gli interessi raddoppiano all'8,4% del Pil con tassi reali che adesso favoriscono i
sottoscrittori dei titoli di Stato perché sono positivi e pari al 4,5%. Il macigno pesa.
Il trend prosegue negli anni successivi e il debito che nel '90 è al 94% nel 1992 supera la soglia del 100%:
siamo al 105%. Cambiano i governi, da Andreotti ad Amato e Ciampi, scatta l'adesione al trattato di
Maastricht (che entra in vigore nel novembre del '93) e cadono anche i tassi e il loro peso relativo su spesa e
Pil. Nel '92-93 cominciano anche le privatizzazioni che vedono Romano Prodi prima alla guida dell'Iri e poi nel
'96 all'esecutivo. Le cessioni di banche e aziende di Stato con lo smatellamento delle partecipazioni statali
«fruttano» complessivamente 127-130 miliardi. Grazie dunque al combinato disposto di aumento delle
entrate, riduzione delle spese, ritorno all'avanzo primario e un forte calo del peso degli interessi (che passano
dal 10,1% nel '95 al 3,2% nel Duemila) il rapporto fra debito e Prodotto interno lordo scende dal 121% del '94
al 108 del 2001. Per toccare il «minimo» nel 2007 al 103,3% quando al governo c'è di nuovo Prodi.
Ebbene: come e perché in meno di dieci anni si torna al 134%? L'avanzo primario è pari in media al 2%, la
spesa, al netto delle cessioni pubbliche, resta intorno al 50% del Pil e anche le entrate non registrano rilevanti
variazioni. Ma mentre il Pil cresce zero in termini nominali e ha segno meno in termini reali, gli interessi
rappresentano in media sempre il 5% circa del Pil. Il debito, nonostante i tassi bassi e lo spread relativamente
contenuto, costa. Tanto.
05/11/2014 4Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 35
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Le tappe Il boom del debito
negli anni 80 Nel 1980 l'Italia aveva un debito pubblico inferiore al 60% del Pil. Nel '92 il debito supera quota
100% del Pil (105,2%). Per questo ai governi Craxi degli anni 80 è spesso associato l'aumento
del debito pubblico Dal '95 al 2005 il difficile rientro Dal '95 al 2005, periodo che comprende il settennato di
Carlo Azeglio Ciampi presidente della Repubblica, il debito scende dal 121,20% nel '95 (governo Dini); al
103,9% nel 2004 ( Berlusconi) Il calo rinviato Crescita nel 2015 Dal 2005 il debito riprende a salire. Si arriva
al 106,6% nel 2005 e 106,8% nel 2006. Nel 2015 potrebbe toccare il 133,8%. La diminuzione del debito è
rinviata al 2016, quando si prevede un rapporto con il Pil al 132,7%,
05/11/2014 4Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 36
POLITICA 2.0 Mercati & Europa Se il trader chiede: il 40,8% è l'Italia? Isabella Bufacchi Non sono convinti, i mercati. Non sono convinti che quel 40,8%, il risultato storico di Pd e Renzi alle ultime
elezioni europee, sia ancora attuale, vero. «Renzi, sì, certo, vuole cambiare l'Italia. Ma l'Italia, vuole
cambiare?», mi ha chiesto cupo un fund manager straniero.
Ho incontrato nei giorni scorsi una delegazione di investitori istituzionali, strategist e banchieri in visita a
Roma tutti dai Paesi "core", quelli più al Nord dell'Europa e quelli più lontani dall'Italia, non soltanto in linea
d'aria. I nostri numeri, li conoscono a memoria: dalla recessione, che rischia di trasformarsi in stagnazione, al
debito/Pil inchiodato sopra il 130% (le previsioni d'autunno della Commissione e il sovereign snapshot di Fitch
ieri oscillavano da un minimo del 131,6% a un massimo del 133,8% per il triennio 2014-2016). Ma sono i
numeri della politica che mettono a disagio i mercati. Quel 40,8% conquistato da Renzi alle europee di
maggio, se vi fosse la certezza che possa riflettere realmente la presa del premier sul Paese, sarebbe il più
grande numero per gli investitori nordici - e non solo - perché sarebbe una garanzia per quelle riforme
strutturali necessarie per rafforzare la crescita potenziale del paese.
«Che Renzi ce la stia mettendo tutta per riformare l'Italia, lo posso anche credere. Ma l'Italia è pronta ad
accettare cambiamenti così radicali? Da che parte sta l'elettorato italiano, dalla parte delle riforme o della
conservazione delle cose così come stanno?», si domandava l'investitore scettico, ricordando che da oltre
due decenni l'Italia promette di cambiare e non lo fa.
Quel 40,8% i mercati lo cercano affannosamente ogni qual volta Renzi affronta a voce grossa i sindacati
sull'articolo 18 e il Jobs Act: non hanno tutti gli elementi per interpretare gli scontri di piazza, i manganelli, la
Fiom, gli scioperi, per capire fino a che punto l'Italia sia quella rilanciata dai siti, dalla televisione, dalle
fotografie. La riforma del mercato del lavoro, considerata chiave per il rafforzamento dello sviluppo
economico, va avanti se percentuali importanti di disoccupati e lavoratori la vogliono tanto quanto Renzi.
«Ma Renzi ha una squadra, ha un partito che lo segue oppure sarà da solo a combattere tutte le grandi
battaglie?», è l'interrogativo che un grande fund manager "core" ha rivolto su quel 40,8% in termini di
sostegno all'interno del Partito Democratico. Una giornata come quella di ieri ha tante, troppe sfumature, per i
mercati che si basano sui fatti: sul fatto, per esempio, che in Parlamento la "vecchia" guardia del Pd pesa
ancora. Ma per un fixed-income strategist è un gran mal di pancia la newsletter diramata ieri sera dal vice
presidente della Camera Marina Sereni, se mai venisse intercettata dal monitor di un trader: «Questa sera
(ieri per chi legge) i gruppi Pd di Camera e Senato incontreranno il segretario del partito, nonché presidente
del consiglio...Nei prossimi due mesi il Pd in parlamento deve dimostrare se ha preso sul serio oppure no
quel 40,8%». Alla fine della riunione, interlocutoria, Renzi ha affermato che «dall'1 gennaio il jobs act deve
entrare in vigore. L'1 gennaio è la deadline», usando il termine in inglese "deadline" forse proprio per
rivolgersi ai mercati.
Renzi è riuscito finora a convincere i mercati che lui l'Italia la vuole cambiare seriamente, per tornare a
crescere. Ora deve convincerli che ha convinto gli italiani, a cambiarla, l'Italia. Questo è il vero salto di qualità,
quello che può trasformare gli acquisti in titoli di Stato italiani dalla modalità "trading" a quella "investment".
@isa_bufacchi
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40,8 percento
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 37
L'ANALISI La procedura da non aprire Dino Pesole In un contesto europeo di «ripresa lenta», con il Pil dell'Italia che secondo la Commissione Ue calerà dello
0,4% quest'anno per poi risalire nel 2015, ma non oltre lo 0,6%, sarebbe una scelta miope aprire una
procedura d'infrazione nei confronti del nostro Paese per violazione della «regola del debito».
Anche perché risulta singolare che, dopo la trattativa dei giorni scorsi che ha condotto al potenziamento della
riduzione del deficit strutturale per il 2015 dallo 0,1% allo 0,3%, nelle nuove stime diffuse ieri si ritorni di fatto
allo 0,1 per cento (dallo 0,9% di quest'anno si passerà allo 0,8% e di nuovo in incremento fino all'1 per cento).
Il motivo? Le divergenze che continuano a persistere nella stima del prodotto potenziale. Una sorta di
«fantasma di difficile quantificazione con elevati margini di incertezza» - lo definiscono sulla «Voce.info»
Carlo Cottarelli, Federico Giammusso e Carmine Porello - e tuttavia fondamentale perché è proprio su di
esso che vengono costruite le politiche di consolidamento fiscale.
Quanto all'anno in corso, si cammina sul filo dei decimali. Stando alla Commissione Ue, il deficit salirà
quest'anno al 3%, per scendere al 2,7% nel 2015 «dopo aver incorporato la legge di stabilità, le misure
addizionali annunciate il 27 ottobre, e il calo della spesa per interessi». Poiché la previsione di crescita della
Commissione differisce (se pur di un solo decimale) da quella governativa, potrebbe esservi un effetto se pur
minimo di incremento del deficit, rendendo con ciò necessaria una mini-correzione in corso d'opera (come
accadde lo scorso anno al governo Letta che varò una manovra autunnale da 1,6 miliardi). Eventualità da
scongiurare, poiché in questa fase dell'anno l'unica strada per reperire risorse aggiuntive sarebbe il ricorso
ad aumenti d'imposta.
Debito in aumento (132,2% quest'anno e 133,8% il prossimo) e deficit strutturale che per la Commissione si
attesterà quest'anno allo 0,9%, per ridursi allo 0,8% nel 2015 e risalire all'1% nel 2016. Il combinato di questi
due fondamentali indicatori potrebbe aprire la strada - qualora prevalesse la logica della rigida applicazione
delle attuali regole di bilancio - a una nuova richiesta di misure correttive aggiuntive. Servirebbero
probabilmente a evitare una procedura d'infrazione per squilibri macroeconomici eccessivi, ma porrebbero a
serio rischio la già timida ripresa prevista a partire dal prossimo anno.
Il passaggio decisivo per appurare quale strada deciderà di seguire la nuova Commissione guidata da Jean-
Claude Juncker si colloca a ridosso delle riunioni già fissate in novembre: il 12 (ma la data non è ancora
ufficiale) è in programma il giudizio dell'esecutivo comunitario sulle leggi di stabilità (preceduto dalla
ricognizione preliminare in sede di eurogruppo giovedì). Poi dovrebbe essere una nuova riunione
dell'eurogruppo il 21 novembre a esprimersi nel merito. Nel mirino sono le manovre di bilancio di Italia,
Francia e Austria. Se ne deduce che la scelta adottata la scorsa settimana dalla Commissione Barroso di non
respingere tout court alcuna legge di stabilità è stato solo il primo tempo della partita. Ora si sta per giocare il
secondo tempo, quello in cui vanno calate le carte di cui il governo può disporre: la scommessa delle riforme,
tempi certi di approvazione della delega sul lavoro e iter rapido per il varo dei relativi decreti legislativi, il
ricorso alle «circostanze eccezionali» che motivano lo scostamento dall'obiettivo di medio termine (il pareggio
di bilancio), e che Bruxelles sembra negare. Non è detto che si riesca a convincere la Commissione, ma di
certo il punto di caduta sarà politicamente rilevante, non fosse altro perché sub iudice sono i conti di Francia
e Italia, vale a dire della seconda e terza economia europea. Il governo - lo ha ribadito ieri il ministro Padoan
alla Camera - intende avvalersi della «flessibilità concessa dalla legislazione nazionale e dai regolamenti
europei». La richiesta è che venga applicata la clausola sulle riforme, in base alla quale è possibile la
«deviazione temporanea» dall'obiettivo di medio termine e venga riconosciuto come fondato il ricorso alle
circostanze eccezionali (è il terzo di recessione).
La questione - lo rilevano ancora Cottarelli, Giammusso e Porello - è che la bassa crescita/recessione del Pil
effettivo «impatta sulla stima del Pil potenziale mediante procedure statistiche che finiscono per accentuare
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 38
l'intensità di tale relazione al prolungarsi della crisi». In poche parole si tende a sottostimare l'ampiezza del
ciclo economico, e a interpretare come «strutturali gli sviluppi economici recenti». Non si tratta evidentemente
di semplici esercizi statistici. L'impatto di termini di policy è evidente. Un argomento in più per Matteo Renzi e
Pier Carlo Padoan, per provare a spuntare margini effettivi di flessibilità.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 39
INTERVISTA FOCUS FINANZA Cimbri: Unipol esce da Ania Laura Galvagni Il ceo del gruppo Unipol annuncia al Sole 24 Ore la decisione della società di lasciare l'Ania. La scelta verrà
formalizzata nel prossimo cda in calendario il 13 novembre: «UnipolSai non si riconosce e non si sente
rappresentata dall'Ania attuale». Per Carlo Cimbri la governance andrebbe completamente riformata. Il
gruppo ha avanzato delle proposte ma sono rimaste inascoltate: «Non c'è la volonta dell'associazione di
autoriformarsi»
Laura Galvagni u pagine 27-28
«Unipol non si riconosce e non si sente rappresentata nell'Ania attuale». Il giudizio è netto e non ammette
appelli. A formularlo è Carlo Cimbri, ceo del Gruppo Unipol, che ha deciso di condividere con Il Sole 24 Ore
l'amarezza di una scelta irrevocabile: «Dopo il consiglio di amministrazione della trimestrale, convocato per il
prossimo 13 novembre, formalizzeremo la decisione di uscire dall'Associazione».
La scelta ha certamente dell'epocale poiché porta al di fuori del perimetro dell'Ania una compagnia che vale
un terzo del mercato danni del paese. Una compagnia che è a un passo, in termini di portafoglio premi, dalle
Generali e da Intesa Sanpaolo Vita. «Ma - assicura Cimbri - non poteva essere altrimenti. In questi mesi
abbiamo cercato di imprimere una spinta riformista a un organo ormai trasformatosi in una sorta di club
autoreferenziale. Le nostre perplessità e le nostre proposte, quando avanzate ai rappresentanti
dell'Associazione, sono cadute nel vuoto». A Unipol, dunque, non restava che un'opzione: abbandonare
un'associazione che non ritiene più «adeguata ai tempi che cambiano».
Laura Galvagni
u Continua da pagina 27
Quali sono le ragioni che vi hanno spinto a una scelta così radicale?
Il mercato assicurativo non è percepito per quello che rappresenta o potrebbe rappresentare nell'economia
italiana e questo è colpa, in gran parte, di noi assicuratori. Perché il settore diventi effettivamente
protagonista è necessario poter contare su un organo di rappresentanza, l'Ania, che sia attivo, propositivo e
partecipe. Non un ente che si limiti a giocare di rimessa, con una politica sostanzialmente conservatrice.
L'Ania in questi anni ha combattuto molte battaglie...
Sì, ma io guardo al futuro. E per poter essere davvero attiva, l'associazione dovrebbe avere una capacità di
rappresentanza che nella conformazione attuale non riteniamo realizzabile.
È una questione di governance?
Certamente sì, è un tema di governance. Unipol non sta esprimendo alcuna valutazione negativa sulla
struttura tecnica dell'Ania.
Che cosa non funziona quindi, a suo parere, dell'organizzazione attuale?
Ania oggi funziona con un comitato esecutivo composto di 30 membri. Dieci, da statuto, spettano alle cinque
compagnie più grandi, 14, ossia uno ciascuno ai gruppi che occupano dalla sesta alle 19esima posizione, e i
restanti 6 li nominano le società più piccole. Ma al di là della composizione ciò che preme è il numero dei
membri del comitato. Come può un organismo esecutivo essere composto da 30 soggetti? È un assemblea,
non un comitato. E infatti in quelle riunioni si dibatte del più e del meno ma non si forma una volontà
ragionata sulle necessità del settore.
Vorrebbe un'Ania riservata ai grandi gruppi?
No, il contrario. Rappresentando un gruppo importante sentiamo maggiormente l'esigenza di partecipare ad
un'Associazione forte nei contenuti e realmente rappresentativa del settore. A tale fine riteniamo necessario
un comitato esecutivo con meno persone e più proposte.
Ne fa una questione anche di guida operativa? È un atto di sfiducia all'attuale presidenza?
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 40
Riteniamo che il governo dell'Ania debba essere affidato a personalità autorevoli, capaci di interloquire con le
autorità italiane e con quelle internazionali, con le istituzioni e i decisori politici e di fare adeguata sintesi fra le
diverse anime del settore. Si potrebbe anche pensare di scegliere una figura esterna al mondo assicurativo
anche per dare un segnale che l'Ania non è solo sinonimo di difesa di interessi corporativi. Ci piacerebbe
un'Ania che sappia proporre, comunicare e farsi ascoltare.
Unipol non poteva provare a promuovere dall'interno questo cambiamento invece che optare per una scelta
così netta?
In questi mesi di confronto abbiamo rilevato che non c'è la volontà dell'Associazione di autoriformarsi al
proprio interno.
Quando lascerete dunque l'Ania?
Dopo il consiglio di amministrazione del prossimo 13 novembre formalizzeremo la nostra uscita.
È possibile un ripensamento?
No, è una decisione già maturata. Anche dopo l'uscita dall'Ania continueremo comunque ad applicare ai
nostri dipendenti il contratto nazionale collettivo di lavoro ma non parteciperemo più alla vita
dell'Associazione.
Ma quali sono i temi di cui Ania avrebbe dovuto occuparsi e che non ha portato avanti?
Non si tratta di non aver saputo individuare temi chiave per il settore, che sono noti. Penso alla sanità, ai
rischi catastrofali, alla previdenza, agli investimenti infrastrutturali, oltre ovviamente all'Rc Auto. Si tratta
piuttosto di domandarsi se l'Ania nella sua conformazione attuale sia un interlocutore incisivo ed efficace. Noi
pensiamo di no.
Siete soli in questa battaglia contro l'Ania o il malcontento serpeggia anche al vertice di altre compagnie?
Questa non è una battaglia contro qualcuno ma piuttosto una valutazione autonoma di Unipol che non
coinvolge altre compagnie. È Unipol che non ritiene sensato avallare uno status quo che non condivide.
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Foto: La sede di Unipol
Foto: Al vertice di UnipolSai. L'amministratore delegato Carlo Cimbri
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 41
L'Europa e i mercati LA RIPRESA CHE NON C'È Sempre più debole l'economia Ue Stime nettamente al ribasso soprattutto per Germania e Francia, bene Irlanda e Grecia Beda Romano BRUXELLES. Dal nostro corrispondente
È una situazione economica pessima quella tratteggiata ieri dalla Commissione europea nel primo rapporto
autunnale del nuovo esecutivo comunitario guidato da Jean-Claude Juncker. I segnali di ripresa sono
debolissimi proprio mentre l'esecutivo comunitario sta lavorando su un nuovo piano di investimenti che la
Germania continua a guardare con sentimenti contrastanti. Mentre i grandi paesi della zona euro arrancano,
gli stati sotto programma stanno dimostrando un'inattesa vitalità.
«I rischi al ribasso per la crescita continuano a dominare», ha detto in una conferenza stampa qui a
Bruxelles il nuovo commissario agli affari monetari Pierre Moscovici. «Non vi è una sola e semplice risposta
alla crisi. Tutti i livelli di governo devono mobilitare politiche economiche rivolte sia alla domanda che
all'offerta». La Commissione prevede una crescita nella zona euro dello 0,8% nel 2014 e dell'1,1% nel 2015
(in calo rispetto a maggio quando le stime erano rispettivamente dell'1,2 e dell'1,7%).
Le nuove previsioni sono in linea con quelle di altre istituzioni. I tre più grandi paesi della zona euro stanno
frenando l'economia della zona euro nel suo complesso. La Germania, in particolare, ha visto le previsioni
della Commissione calare per il 2014 dall'1,8 all'1,3% e per il 2015 dal 2,0 all'1,1%.
A proposito della Repubblica Federale, il vice presidente dell'esecutivo comunitario Jyrki Katainen, anch'egli
presente alla conferenza stampa di ieri qui a Bruxelles, ha ammesso che la Germania «ha una crescita
superiore alla media europea» e proprio per questo motivo «può avere un ruolo significativo nello stimolare
l'economia della zona euro». Ciò detto, ha aggiunto: «Abbiamo bisogno di più motori per la crescita, se
vogliamo che la moneta unica sopravviva».
In questo contesto, sia Moscovici che Katainen hanno ribadito ieri come il piano di investimenti da 300
miliardi di euro, promesso da Juncker prima della pausa estiva, sia cruciale per sostenere la domanda e
lottare contro la minaccia di deflazione. Il pacchetto dovrebbe essere presentato prima della fine dell'anno,
ma vi sono gravi incertezze sul mix tra fondi privati e fondi pubblici. Ancora ieri da Berlino il cancelliere
Angela Merkel ha detto: «Investimenti sono necessari, ma senza nuovo debito».
Mentre la Banca centrale europea cerca disperatamente di riportare l'inflazione in linea con il suo obiettivo -
sotto ma vicino al 2,0% annuo - anche con acquisti controversi sul mercato, la Commissione non vede alcun
rischio di «evidente deflazione». L'inflazione dovrebbe essere dello 0,5% nel 2014 e dello 0,8% nel 2016. Ciò
detto, dei diciotto paesi della zona euro, cinque avranno quest'anno un'inflazione negativa o uguale a zero,
complice una disoccupazione nell'unione monetaria all'11,6% nel 2014. Infine, consapevoli di aver un ruolo
ingrato di controllo delle politiche nazionali, in un momento sociale esplosivo in molti paesi europei, Katainen
e Moscovici hanno voluto sottolineare come la situazione negli stati membri che hanno ricevuto l'aiuto
finanziario europeo stia migliorando sensibilmente. «L'Irlanda - ha detto il vice presidente della Commissione
- è il paese con la crescita maggiore. La Grecia ha una crescita molto al di sopra della media europea,
mentre il Portogallo ha una crescita vicina alla media».
© RIPRODUZIONE RISERVATA La Commissioneeuropeaha pubblicato l'outlook di autunno sui Paesi
dell'Unione, ritoccando ancorauna volta le sue previsioni sul Pil reale (variazione percentuale annua stimata
nel 2014) Il barometro di Bruxelles -0,4 +1,3 +2,7 +1,9 -2,8 +2,0 +3,0 +0,6 +1,2 +2,4 -0,7 +2,4 +3,0 +2,0 +0,8
+0,9 +3,0 +3,1 +4,6 +0,9 +1,2 +0,9 +2,6 -0,4 +3,2 +2,5 +0,3 +0,7 Austria Croazia Cipro Bulgaria Grecia
Danimarca Olanda Belgio Francia Finlandia Portogallo Spagna Slovenia Malta Ungheria Estonia Lettonia
Lituania Romania Polonia Rep. Ceca Slovacchia Svezia Germania Lussemburgo Irlanda Regno Unito Italia
<0 0,1 - 2,0 >2,1 +0,8 Area Euro +1,3 Unione Europea
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 42
Foto: - Fonte: Commissione Europea
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 43
L'Europa e i mercati LE STIME DELLA COMMISSIONE UE Debito e deficit, la Ue avverte l'Italia Disavanzo strutturale stabile nel 2015 e in aumento dal 2016 - Rischi di procedura d'infrazione «RIPRESAFRAGILE» Bruxelles rivede al ribasso le stime sul Pil: -0,4% quest'anno, +0,6% nel 2015 Il debito calerà solodal 2016 ma sarà comunque al 132,7% Beda Romano BRUXELLES. Dal nostro corrispondente
La Commissione europea ha pubblicato ieri nuove previsioni da cui emergono dubbi sulla politica economica
italiana. Il rischio che Bruxelles chieda al governo Renzi nuove misure di risanamento delle finanze pubbliche
è reale, tenuto conto che Bruxelles non considera l'attuale situazione «una circostanza eccezionale», ai sensi
del Trattato. Sull'Italia pesa la minaccia di una nuova procedura per squilibrio macroeconomico eccessivo.
L'esecutivo comunitario ha avvertito che il disavanzo italiano è destinato a raggiungere quest'anno il 3,0%
del prodotto interno lordo. L'esecutivo comunitario - che parla di «fragile ripresa» l'anno prossimo - ha inoltre
rivisto al ribasso le stime di crescita per il 2014 e per il 2015. «Dopo una ulteriore contrazione dell'economia
nel 2014, l'accelerazione della domanda esterna dovrebbe consentire una fragile ripresa nel 2015», si legge
in un rapporto reso pubblico ieri qui a Bruxelles.
La Commissione prevede una contrazione dell'economia italiana dello 0,4% quest'anno. La precedente
previsione, che risale a maggio, era di una crescita dello 0,6%. La nuova stima è in linea con quella di altre
istituzioni internazionali. Nel 2015, Bruxelles prevede invece una crescita dello 0,6% (1,2% in maggio). Sul
fronte delle finanze pubbliche, la Commissione europea è pessimista: prevede un deficit del 3,0% del Pil
quest'anno e del 2,7% del Pil nel 2015 (in maggio le stime erano 2,6 e 2,2%).
Respingendo l'ipotesi italiana di chiedere attenuanti per gli sforamenti di bilancio, in una conferenza stampa,
il nuovo commissario agli affari monetari, Pierre Moscovici, ha spiegato: «Non abbiamo considerato che
esistano a livello di zona euro circostanze eccezionali, così come definite dalle regole europee». Ha poi
precisato che il risanamento dei conti rimane «una necessità». Bisognerà aspettare l'analisi approfondita
della Finanziaria del 2015 per capire se Bruxelles chiederà nuove misure all'Italia.
Moscovici ha insistito sul fatto che è in corso con i paesi «un dialogo costruttivo ed esigente (...) per
verificare se le azioni necessarie sono state adottate, se gli sforzi strutturali sono sufficienti e se le riforme
sono solide». Dal canto suo, il vice presidente della Commissione Jyrki Katainen, anch'egli presente alla
conferenza stampa di ieri, ha detto che le regole sono «relativamente flessibili». Ma ha subito aggiunto,
rivolto all'Italia: «Le regole sul debito sono importanti quanto quelle sul deficit».
Nel suo rapporto, Bruxelles lascia intravedere un primo giudizio sul bilancio previsionale italiano, atteso entro
fine novembre. Prima di tutto, nota che il deficit strutturale è praticamente stabile tra il 2014 e il 2015.
Prevede un leggero calo tra quest'anno e l'anno prossimo (dallo 0,9 allo 0,8% del Pil), e poi tuttavia un nuovo
aumento all'1,0% del Pil nel 2016. Le regole europee prevedono una riduzione del disavanzo strutturale di
almeno lo 0,5% del Pil per i paesi a debito elevato.
Proprio a questo riguardo, la Commissione europea nota un aumento del debito italiano nel 2014 e nel 2015;
un calo solo nel 2016 (sempre comunque al 132,7% del prodotto interno lordo). Il tema è delicato: sul paese
pesa la minaccia di una procedura per squilibrio macroeconomico eccessivo, legata a un debito elevato e a
una bassa competitività in un contesto nel quale dal 2016 in poi l'Italia sarà chiamata a ridurre il proprio
debito di un ventesimo all'anno.
«Si sta discutendo animatamente all'interno della Commissione se chiedere nuove misure all'Italia per il
2015 - spiega un funzionario comunitario -. L'esito dipenderà anche dalle discussioni con Roma in queste
settimane». Per ora, l'Italia non può sperare che la grave situazione economica venga considerata una
circostanza eccezionale, e quindi una attenuante. La partita dipenderà soprattutto dall'energia con la quale il
governo Renzi affronterà i nodi strutturali del tessuto economico italiano.
05/11/2014 3Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 44
© RIPRODUZIONE RISERVATA IL TREND DI FINANZA PUBBLICA In%del Pil Le nuove stime della
Commissione Ue 7 6 5 4 3 2 1 0 140 120 100 80 60 40 20 0 2013 2014 2015 2016 previsioni 2003 2004 2005
2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Deficit pubblico Debito pubblico L'INFLAZIONE IN ITALIA E LE SUE
COMPONENTI In% previsioni 16 12 8 4 0 -4 -8 -12 1 4 3 2 0 -1 -2 -3 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11
12 13 14 15 16 Prezzi prodotti energetici Inflazione core* Inflazione PIL Variazione percentuale annua
TASSO DI DISOCCUPAZIONE In% Commissione Ue 2014 2015 2016 Istat 12,1 12,6 12,4 12,4 12,5 12,6 1,0
1,1 0,5 0,6 -0,3 -0,4 Istat Commissione Ue 2014 2015 2016
Foto: - (*) Al netto di energia, alimentari, alcol, tabacchi
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 45
Enti territoriali. I tagli di un miliardo per il prossimo triennio rischiano di bloccare i servizi - Vertice a PalazzoChigi, prima apertura del governo sui Comuni «Nuove province subito a rischio default» I RISULTATI OTTENUTI I sindaci avrebbero maggiore flessibilità su crediti difficilmente esigibili, mutuicontratti per investimenti e canoni di urbanizzazione Eugenio Bruno Roberto Turno ROMA
Sui tagli alla manovra Governo e autonomie locali seguono la politica dei «piccoli passi». A un'apertura ai
sindaci su investimenti e patto di stabilità fa infatti da contraltare lo stop alla riduzione della spesa corrente.
Con uno spettro che si aggira all'orizzonte: il default delle neonate città metropolitane e province di secondo
livello che, a causa della stretta imposta dal Ddl, subiranno un taglio in alcuni casi superiore al 90% dell'intero
bilancio e si vedranno impossibilitate a erogare i servizi e a pagare il personale.
A lanciare l'allarme sul destino degli enti di area vasta è stato ieri Alessandro Pastacci. In una lettera ai
capigruppo della Camera, dov'è in corso l'esame del Ddl di stabilità, il presidente dell'Upi ha spiegato che i
tagli di 1 miliardo all'orizzonte per il prossimo triennio rischiano di tradursi «in default e nell'impossibilità di
erogare i servizi». Toni e temi rilanciati poco dopo dal presidente della provincia di Pavia, Daniele Bosone,
nell'audizione davanti alla commissione Bilancio di Montecitorio. Stando a quanto dichiarato dal presidente
dell'Anci, Piero Fassino, al termine dell'incontro pomeridiano a Palazzo Chigi con il sottosegretario alla
presidenza Graziano Delrio, il Governo starebbe pensando di ridurre il taglio su province e città
metropolitane.
Nel corso dello stesso vertice i Comuni avrebbero incassato anche altre aperture. La prima sulla valutazione
del fondo per i crediti di difficile esigibilità, che passerebbe da 1,1 miliardi a 500 milioni e che garantirebbe un
abbattimento ulteriore del "saldo di patto"; la seconda sugli investimenti, grazie allo Stato che si farebbe
carico degli interessi sui mutui accesi dagli enti che hanno lo spazio di patto ma non hanno le risorse; la terza
sui canoni di urbanizzazione che continuerebbero a essere ricompresi nella spesa corrente. Ma proprio sulla
spesa corrente - e in particolare sulla richiesta di allentare la stretta da 1,2 miliardi della Legge di stabilità - i
primi cittadini hanno incassato lo stop dell'esecutivo. Se ne riparlerà forse all'inizio della prossima settimana.
Anche per le regioni la trattativa col Governo è solo agli inizi. «Sono state approfondite alcune questioni
tecniche, si continua a lavorare. Di certo così la manovra è irragionevole e insostenibile», è il refrain al
termine dell'incontro di ieri del capofila degli assessori al bilancio, Massimo Garavaglia (Lombardia). Una
«insostenibilità» tale, aveva dichiarato alla Camera in mattinata Sergio Chiamparino, che «sarebbe
impossibile non toccare la sanità». Di qui le richieste messe nero su bianco nell'incontro col Governo
incentrate su otto punti chiave. A partire dai «costi standard per tutti», a tutti i livelli, anche per tutte le
articolazioni della Pa. Dove l'accetta in questi anni sarebbe stata del 12,2% (su una spesa pari al 24% del
totale) contro un calo della spesa primaria delle regioni (il 4,5% del totale) che dal 2009 al 2012 sarebbe stata
del 38,5 per cento.
Senza un cambio di rotta, insomma, per i governatori tagliare i servizi è inevitabile. Al lordo degli sprechi o
della corruzione in sanità, contro la quale ieri ha tuonato il commissario Raffaele Cantone. Le regioni
calcolano in totale nel 2015 tagli da 6,2 miliardi: 4 miliardi della manovra, 1,75 di misure pregresse e 450
milioni per la riduzione dell'Irap. Per non dire di un calo della capacità di spesa di 2,8 miliardi con
l'anticipazione al 2015 del pareggio dei bilanci regionali. Sulla sanità si profila intanto sempre più
un'anticipazione dei risparmi del «Patto», ma garantendo in parte gli investimenti. Che possano esserci
margini per una rimodulazione del Fondo sanitario, è un'ipotesi sul tappeto. «Se ne parlerà se ce lo chiedono
le regioni», ha affermato la ministra Beatrice Lorenzin.
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Stabilità. Alle «non autosufficienze» 400 milioni Local tax, fondi alla Sla e minimi Iva: prime correzioni allo studio FORFAIT PROFESSIONISTI Si valuta un correttivo di Scelta civica per ripristinare l'aliquota sostitutiva del5% e la soglia di 30mila euro di ricavi Marco Mobili Marco Rogari ROMA
Una nuova correzione di rotta sui regimi fiscali semplificati, i cosiddetti "forfettizzati", per le partita Iva. Che
potrebbe tradursi nel ripristino della soglia di 30mila euro di ricavi e compensi per tutte le tipologie di attività e
dell'aliquota d'imposta sostitutiva al 5%, anziché al 15%, con il contestuale abbattimento al 50% (e non più
l'esclusione totale) dei minimali contributivi obbligatori dovuti dagli iscritti alla gestione separata Inps di
artigiani e commercianti. È quella che potrebbe trovare posto nel pacchetto di modifiche alla legge di stabilità
che comincerà ad essere votato la prossima settimana dalla commissione Bilancio della Camera. E dei
correttivi che, con il trascorrere delle ore, sembrano destinati ad ottenere l'ok di Montecitorio potrebbe far
parte la prima tappa del processo per arrivare alla tassa unica sugli immobili, ovvero la local tax, il
rafforzamento del fondo per la non autosufficienza, da portare a 400 milioni, con particolare attenzione ai
malati di Sla. E una ricalibratura dei tagli a carico di enti locali e Regioni.
Un mini-restyling con altre due new entry quasi sicure, sotto forma di un aumento della tassazione più soft su
fondi pensione e Casse di previdenza. E altrettanti nodi ancora tutti da sciogliere: il Tfr in busta paga, su cui
ha espresso perplessità anche Bankitalia e le maggiori entrate attese dalle misure sui giochi finite nel mirino
dell'Ufficio parlamentare del bilancio e del Servizio Bilancio della Camera. Che ha puntato i riflettori anche sui
meccanismi di reverse charge e split payment legati al recupero dell'Iva evasa.
La partita entrerà nel vivo da lunedì prossimo. A quel punto il Governo e il relatore (Mauro Guerra, Pd),
avranno le idee chiare sulle mosse da compiere. Ma alcuni segnali sono già chiari. Palazzo Chigi ha fatto
sapere che il Matteo Renzi ha ufficialmente assunto l'impegno di implementare le risorse «per le politiche
sociali e la disabilità» portando il Fondo non autosufficienza «a 400 milioni, cifra più alta mai impegnata
finora». Non solo: nell'incontro di ieri con sindaci e Governatori l'Esecutivo ha manifestato una disponibilità,
seppure cauta, a venire incontro ad almeno una parte delle richieste di Comuni e Regioni. Resta aperta la
questione dei tagli veri e propri alla spesa corrente (v. altro articolo in questa pagina). Una delle ipotesi resta
quella di quantificare subito per il 2015 una parte dei risparmi realizzabili con la potatura delle partecipate
rendendo così più soft la riduzione diretta della spesa per i Comuni.
Da definire anche il nodo local tax. Appare sempre più probabile l'inserimento nella legge di stabilità quanto
meno di un primo pacchetto di misure per avviare l'operazione con cui si dovrà arrivare alla nuova tassa
unica per la casa, dalla quale, almeno nella prima fase, dovrebbe rimanere fuori la Tari (tassa sui rifiuti). Non
solo. Si ritornerebbe all'introduzione di detrazioni d'imposta fissate a livello statale e non più lasciate alla
libertà decisionale dei sindaci. Nella nuova local tax, inoltre, potrebbero entrare subito altri tributi locali
collegati alle attività commerciali e all'occupazione del suolo pubblico. Altri indicazioni sul restyling della
"stabilità" arriveranno dagli emendamenti dei gruppi parlamentari. Il termine in commissione Bilancio è fissato
per venerdì alle ore 13,00. Su alcune selezionate proposte di modifiche convergeranno sicuramente, quanto
meno in parte, Governo e relatore. E una di queste sembra destinata ad essere una proposta di Scelta civica
sul regime dei minimi. Con una marcia indietro rispetto all'attuale versione della "stabilità" sull'aliquota di
imposta sostitutiva per i professionisti e sulla soglia di ricavi e compensi. Il tutto accompagnato
dall'abbattimento del 50% dei minimi contributivi obbligatori dovuti dagli iscritti alla Gestione Inps separata
artigiani e commercianti. A sollecitare, del resto, un cambiamento di rotta sui minimi per i professionisti era
già stato nei giorni scorsi il sottosegretario all'Economia (ed esponente di Scelta civica), Enrico Zanetti.
Una saldatura tra le esigenze dei gruppi parlamentari e del Governo si dovrebbe realizzare anche sulla
tassazione a carico delle Casse di previdenza e sui fondi pensione. Quasi certamente l'asticella scenderà di
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 47
almeno un paio di punti. A spingere per un intervento sulle aliquote sulla previdenza integrativa è soprattutto
Ncd, ma anche una parte del Pd.
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INTERVISTA Francesco Boccia Presidente Commissione Bilancio della Camera «L'anticipazione in busta paga è un errore» Giovanni Minoli A Francesco Boccia, Pd, tocca, in quanto presidente della Commissione Bilancio della Camera, coordinare il
primo esame della Legge di stabilità varata dal governo.
Renzi ha detto che con questa Stabilità si tagliano 18 miliardi di tasse. In realtà il taglio netto è di 13,7
miliardi. Questo perché da una parte il governo ha tagliato effettivamente. Dall'altra però ha previsto 4,6
miliardi di nuove tasse che provengono dalle rendite finanziarie e dalle slot machines. Onorevole Boccia, è
così?
Si è così, e a queste aggiungerei le clausole di salvaguardia che spero non scattino e che riguardano
l'aumento potenziale dell'Iva se il taglio della spesa prevista non sarà fatto.
A proposito del dibattito, in Commissione avete dichiarato incompatibili una ventina di misure. Quali le più
clamorose?
Certamente gli Lsu, sicuramente la Rai, certamente molti interventi microsettoriali. Ma tutto questo l'abbiamo
fatto per difendere il perimetro di politica economica della Legge di stabilità. Una legge snella che può
diventare un mostro se si ammette tutto l'ammissibile.
Ma la tensione, quando si è arrivati sulla Rai, è salita molto. Perché? Cosa prevedeva?
Si dava al presidente del Consiglio la possibilità, con un decreto, di vendere le partecipate e gli immobili Rai.
Gli immobili erano una questione marginale, ma le partecipate di fatto, se vendute tutte, modificano il sistema
radiotelevisivo italiano.
Voi le avete stralciate, no?
Se la relazione tecnica del Mef mi dice che le entrate per questa operazione Rai sono pari a zero, capisce
che non c'entra nulla con la Legge di stabilità.
L'imposta di bollo - un prelievo dello 0,2% del valore di tutte le attività finanziarie di ogni singolo contribuente
- non è una patrimoniale bella e buona?
È un'imposta insopportabile, perché tratta tutti i risparmiatori allo stesso modo, e i risparmiatori non sono tutti
uguali. È una patrimonialina, certo. Preferirei che fossero tassate le transazioni finanziarie, soprattutto quelle
del trading online, che in Italia sono gratis, e mi farebbe piacere la tassazione sulle multinazionali del web, ma
si preferisce tassare il risparmio.
Lei pensa che si voti in primavera?
Io penso di sì.
Non sono ipocrita.
Una domanda secca: perché un lavoratore dovrebbe farsi versare anticipatamente il Tfr, che poi gli viene
tassato più di quanto sarà alla fine della sua carriera lavorativa?
Perché è disperato. Spero che questo non accada, spero che la tassazione sia a gestione separata, quindi
uguale a quella attuale, ed è un errore...
Perché non lo correggono?
La Legge di stabilità è appena entrata in Parlamento, vedrà che sarà corretto.
Il 63% di esportazioni in meno verso la Russia: non potrebbe dire a Renzi di togliere queste stupide, ridicole
sanzioni? Già ha fatto dei danni con la web tax, dobbiamo aggiungere pure questo per impoverire gli
imprenditori italiani?
Con me sfonda una porta aperta. Sono fortemente contro le sanzioni. Guardi, io sono, come tanti italiani,
anche per formazione, filoamericano. Ma ormai sono molti anni che il nostro Paese non ha più interessi
economici convergenti con gli Stati Uniti. Le sanzioni con la Russia sono insopportabili e noi stiamo mettendo
a rischio intere filiere produttive, in molti territori. Poi non lo dica a me che vengo da Bari e per noi i rapporti
commerciali con la Russia sono importanti.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 50
L'ANALISI Quando l'economia va all'opposizione FEDERICO FUBINI PER una volta, l'ordine dei fattori si presenta invertito. La Commissione Ue conferma le previsioni dell'Italia
per il 2015, mentre rivede in peggio quelle formulate poche settimane fa dal governo tedesco. In primavera
per Bruxelles la Germania doveva crescere del 2%, dell'1,3% secondo le attuali stime di Berlino, ma ora la
Commissione le taglia ancora.
A PAGINA 4 ROMA. Per una volta, l'ordine dei fattori si presenta invertito. La Commissione Ue conferma le
previsioni dell'Italia per il 2015, mentre rivede in peggio quelle formulate poche settimane fa dal governo
tedesco. L'anno prossimo la Germania doveva crescere del 2% in base alle previsioni di Bruxelles di
primavera scorsa, dell'1,3% secondo le stime di Berlino di poche settimane fa, ma ora la Commissione stessa
le taglia ancora all'1,1%. Nel frattempo l'Italia va anche peggio, naturalmente, ma la Commissione almeno
mostra di condividere le valutazioni del governo: entrambi convengono che l'anno prossimo la crescita
dovrebbe arrivare allo 0,6%. Fin qui le buone notizie. Quando però si va a vedere perché questa ripresa
dovrebbe arrivare, qualche dubbio torna. Dovrebbe venire da fuori, si legge nella nota di Bruxelles: non da
nuovi consumi o investimenti degli italiani, ma da un aumento della domanda di beni e servizi dal resto del
mondo.
Benché l'euro più debole aiuti, nonè chiaro comee perché ciò accadrà. Il principale cliente del made in Italyè
la Germania, che nel 2015 frenerà per una ragione ben precisa: volge al termine il grande ciclo di ordini dai
Paesi emergenti, Cina in testa, di impianti, treni o centrali nei quali l'economia tedesca è specializzata.
Spesso le imprese italiane sono entrate in questa catena globale come fornitrici delle loro controparti in
Baviera, o in Assia.
Ma ora l'Asia ha perso molto del suo appetito per quei prodotti tedeschi ricchi di made in Italy . In Cina il
debito totale del governo, delle imprese e delle famiglie è esploso dal 140% del Pil nel 2008 al 220% oggi, e
paga interessi molto sopra alla crescita stessa dell'economia. Per qualche anno, il compratore di ultima
istanza dell'export europeo dovrà rallentare. La Germania ne soffrirà e per l'Italia non è una buona notizia.
Questa vicenda, inevitabilmente, finirà per avere riflessi interni e può dare a Matteo Renzi qualche motivo per
dubitare della sua stessa forza. Oggi il premier appare sul punto di consolidare un dominio definitivo sul
sistema politico. Resta forte nei sondaggi. L'opposizione oggi appare senza idee, pronta a collaborare con la
maggioranza in cambio della speranza di qualche favore personale, oppure troppo estrema per essere
credibile. Mai come oggi il premier sembra padrone della situazione, persino aiutato dalle critiche da sinistraa
conquistare elettori di centrodestra. Eppure questo premier ha trovato un avversario di cui non riesce a
prevedere le mosse.
Ieri la Commissione ha detto che vede l'Italia in recessione fino alla fine di quest'anno, mentre persino la
Grecia ne è uscita.
La disoccupazioneè ai massimi e, sempre secondo Bruxelles, ci resterà nel 2015 anche se la ripresa
arrivasse. A torto o a ragione, molte banche italiane sono emerse dagli esami della Bce avvolte da un alone
di sospetto. È probabile che non sia del tutto credibile la promozione in blocco delle loro concorrenti
tedesche, ma l'ultima indagine sul credito dell'Eurotower rivela miglioramenti quasi ovunque in area euro e un
peggioramento in Italia. I crediti deteriorati nei bilanci delle banche in questo Paese si aggirano attorno ai 350
miliardi, ma nell'inverno scorso si è smesso di parlare della reazione più ovvia, come fosse un tabù: un
veicolo con garanzie pubbliche - chiamiamolo bad bank - che asporti le sofferenze dai bilanci degli istituti e
aiuti a far ripartire il credito. L'Italia ormai è il solo Paese dell'Ocse simultaneamente in recessione e in
deflazione. Della riforma del lavoro per ora è più chiara l'efficacia nel fomentare i conflitti a sinistra che il
contenuto. In queste condizioni la ripresa minaccia di tardare, il debito di salire ancora e i mercati di non
avere nel 2015 la pazienza che hanno dimostrato nel 2014. In questi anni il Paese è stato tenuto a galla in
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 51
gran parte da Draghi e dall'impegno della Bce ad agire.
Ora però la Bundesbank sta agitando contro il presidente italiano dell'Eurotower un'inaudita campagna di
discredito personale, avendo perso contro di lui tutti gli argomenti. Non è chiaro che la Bce potrà di nuovo
aiutare l'Italia, non prima che l'emergenza torni di nuovo a punti estremi.
Renzi, il solo premier d'Europa (quasi) senza opposizione politica, ne ha trovata una forse anche più
temibile: l'economia. Magari potrebbe occuparsene un po' di più.IL CASO
14 mld IL DEBITO DELLA PA CON LE IMPRESE Solo per quanto riguarda le spese in conto capitale sono
ancora 14 i miliardi che la Pubblica amministrazione deve versare alle nostre imprese.
Lo dice il presidente dell'Ance, Paolo Buzzetti: "3-4 miliardi di euro di debiti arretrati di parte capitale a fine
2013 rimangono ancora senza soluzione, a cui si aggiungono i ritardi accumulati nei primi 10 mesi 2014, per
circa 10 miliardi".
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 52
La crisi Ue: Italia peggio della Grecia recessione e debito record Scontro Renzi-Juncker Il presidente della Commissione: "Non guido banda di burocrati" La replica: "E io non vengo a Bruxelles colcappello in mano" a burocrazia può distruggere l'Europa. In certe riunioni anche De Gasperi e Adenauerdiventerebbero euroscettici AL VERTICE UE DEL 24 OTTOBRE SCORSO MATTEO RENZI ROBERTO PETRINI ROMA. Italia maglia nera d'Europa, in un Continente che segna drammaticamente il passo. Le previsioni
autunnali di Bruxelles confermano che l'economia arranca. L'intera Eurozona archivierà quest'anno con una
crescita del Pil dello 0,8 con un taglio di quattro decimali rispetto alle stime della primavera scorsa. La
revisione al ribasso colpirà anche il 2015 quando la crescita dell'area che aderisce all'euro sarà limitata all'1,1
per cento con una caduta di più di mezzo punto rispetto a quanto ci si aspettava nel maggio scorso. Anche la
Germania rivista al ribasso: il prossimo anno crescerà solo dell'1,1 per cento.
Al debutto come presidente della Commissione Jean Claude Juncker non rinuncia alla polemica: «Non sono
a capo di una banda di burocrati, se così fosse l'Italia sarebbe stata trattata in modo completamente diverso»,
manda a dire a Renzi che nei giorni scorsi aveva attaccato le tecnocrazie comunitarie. Risponde il premier
dai microfoni di Ballarò : «Non vado in Europa con il cappello in mano, non prendo lezioni». E il ministro
dell'Economia, Pier Carlo Padoan, commenta le stime Ue: «La recessione non è finita, la riduzione del debito
è una sfida ineludibile ma si vince solo crescendo in modo stabile». La ripresa europea, iniziata a metà del
2013, è definita «fragile» e «lenta», la fiducia «più bassa che in primavera»e si sottolinea che sulle previsioni
rimangono «rischi di una revisione negativa». Tensioni geopolitiche, fragilità mercati finanziari e mancate
riforme strutturali pesano sulla situazione economica. Debutto con giudizi mesti da parte dei protagonisti dei
dossier economici della Commissione al loro debutto: «La situazione non sta migliorando con sufficiente
rapidità», ha sentenziato Jyrki Katainen, ora vicepresidente.
Il quadro negativo resta un alibi piuttosto debole per l'Italia che esce dall' «autumn forecast» malconcia. La
crescita con cui chiude l'anno è del -0,4% (governo -0,3), un punto in meno rispetto a quanto la stessa
Commissione attribuiva al nostro paese in primavera. Scenario assai magro anche il prossimo anno: +0,6 (la
metà esatta della stima di primavera) ma lo stesso livello sul quale conta il governo. Solo Cipro (+0,4) farà
peggio di noi il prossimo anno, mentre la Finlandia ci eguaglierà al +0,6% di crescita del Pil e la Grecia, dopo
la cura della Troika e da una base di partenza assai bassa, crescerà con il 2,9% (anche se la disoccupazione
è al 25%). L'exploit del debito pubblico italiano, il secondo dell'Eurozona dopo la Grecia (168,8%), conferma
che oltre alla situazione economica anche quella finanziaria preoccupa: nel 2015 raggiungeremo quota 133,8
nonostante le privatizzazioni. Solo la variabile cruciale del deficit-Pil resta entro i margini consentiti: il
rafforzamento della manovra 2015 da 4,5 miliardi dei giorni scorsi chiesto da Bruxelles fa scendere il rapporto
dal 2,9 previsto al 2,7%. "È essenziale per la crescita che la legge di Stabilità - ha detto Padoan - mantenga
la sua compattezza»: dai «6 miliardi in tre anni di ammortizzatori sociali» al «meno 37% di Irap per le
imprese». Riduzione contenuta per la pressione fiscale nel 2015.
FONTE COMMISSIONE UE 2014 Il Pil in Europa ITALIA -0,4% +0,6% GERMANIA +1,3% +1,1% FRANCIA
+0,3% +0,7% +1,2% +1,7% SPAGNA GRECIA +0,6% +2,9% PORTOGALLO +0,9% +1,3% +4,6% +3,6%
IRLANDA 2015
Foto: LA GIGANTOGRAFIA Il presidente della Commissione Ue e i suoi commissari a Bruxelles A destra,
Federica Mogherini
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 53
INTERVISTA SANDRO GOZI, SOTTOSEGRETARIO AGLI AFFARI EUROPEI "Archiviata l'austerità eviteremo la bocciatura grazie alle riforme fatte" Nessuno dice che Juncker è un tecnocrate ma è bene che non ascolti troppo quelli che lo circondano ALBERTO D'ARGENIO ROMA. «La mancata crescita è il frutto dell'austerità imposta fino ad oggi dalla Commissione uscente,
occorre cambiare passo, puntare su crescita e occupazione». Il sottosegretario agli Affari europei, Sandro
Gozi, è a Berlino proprio per parlare con i tedeschi delle nuove politiche Ue.
Il governo come reagisce ai dati negativi sull'Italia pubblicati da Bruxelles? «Il paradosso è che i dati negativi
sull'economia Ue per noi sono una buona notizia, confermano che la politica di austerità di questi anni non va
bene, né per l'Italia né per gli altri paesi dell'Unione. Siamo convinti che questi dati aiuteranno a convincere
l'Europa e la Germania a cambiare rotta. La prima risposta che ci aspettiamo è che il piano Juncker sugli
investimenti parta rapidamente e che i paesi rigoristi aprano anche ad una nuova politica di investimenti
nazionali».
Intanto Juncker ha reagito duramente alle critiche di Renzi contro le istituzioni europee.
«Nessuno di noi dice che Juncker è un tecnocrate, ma è bene che durante il suo mandato non dia troppo
ascolto a tecnocrati - siano italiani, tedeschi o belgi - che lo circondano. Hanno prodotto danni per tutti, non si
esce dalla crisi con l'austerità e adottando oscuri parametri tecnici che oscuri comitati a Bruxelles si
inventano».
Dopo le previsioni economiche c'è il rischio che l'Italia subisca una pesante procedura sul debito? «In parte il
dato di Bruxelles era previsto, avevamo detto che avremmo aumentato debito per pagare debiti della
Pubblica amministrazione verso le imprese.
D'altra parte la nostra risposta non è discutere di singoli scostamenti, ma di fare le riforme strutturali che
sono la risposta per porre basi della crescita senza la quale il debito aumenta. L'importante è approvare
rapidamente il Jobs Act e la riforma della giustizia: il miglior contributo che l'Italia può dare alla soluzione della
crisi dell'eurozona è presentarsi ad aprile con le riforme fatte».
Ci sarà tempo fino ad aprile? «Credo di sì e credo anche che le varie procedure di valutazione dell'economia
italiana debbano essere tenute tutte insieme guardando alla sostanza, cioè alle riforme».
Abbiamo abbastanza influenza a Bruxelles per farcela? «Oltre all'azione di Renzi, abbiamo lavorato per
avere un peso maggiore ai vertici della Commissione di Juncker: abbiamo 20 italiani nei gabinetti contro i 14
di quella precedente con un capo e quattro vice in portafogli economici, un senior advisor e un portavoce.
Insieme alla nomina del Garante europeo per la protezione dati, Giovanni Buttarelli, la dimostriamo che a
Bruxelles si parla sempre di più italiano, speriamo anche nel cambio delle politiche».
PER SAPERNE DI PIÙ www.palazzochigi.it ec.europa.eu/index_it.htm
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 54
Le misure Con il Tfr in busta paga la pensione integrativa subirà per sempre unasforbiciata del 15% Il premier ha ribadito che la norma non cambierà: "I cittadini saranno liberi di scegliere" VALENTINA CONTE ROMA. Tre mensilità in più nel prossimo triennio. E fino al 15% di pensione integrativa in meno, per sempre.
Uno scambio equo e ragionevole? Lo decideranno i milioni di italiani che grazie alla legge di Stabilità nel
2015 potranno dirottare il Tfr in busta paga, da marzo sino a giugno 2018. Se è vero che la scelta tenterà
soprattutto le famigliea basso reddito, bisognose di credito, in bolletta e dunque non avvezze a risparmiare (il
34% di questo segmento, secondo quanto calcolato ieri dall'Ufficio parlamentare di bilancio), è pur vero che
tutti gli altri lavoratori potrebbero essere più sensibili alle sirene di Bankitalia. Laddove raccomanda al
governo una valenza transitoria della misura poiché l'adesione soprattutto dei meno abbientie dei giovani
«aggrava il rischio che questi abbiano in futuro pensioni non adeguate». Il pericolo in effetti c'è. Ma il premier
Renzi, intervistato ieri sera da Ballarò , ha ribattuto così: «Le pensioni dei giovani sono a rischio perché non
lavorano, e non per il Tfr. I cittadini saranno liberi di decidere sul Tfr, non credo cambieremo la norma».
Ognuno poi si farà i suoi conti, ci mancherebbe. Ma le giovani generazioni, i "milleuristi" con carriere
discontinue, oramai immersi nel contributivo puro, se non vogliono assottigliare ancora di più il magro
assegno futuro devono pensarci bene. A guardare una prima simulazione di Progetica, ad esempio, tre
lavoratori che oggi hanno 30, 35 e 40 anni e guadagnano rispettivamente mille, 1.500 e 2 mila euro netti al
mese perderebbero tra l'8 e il 15% di integrazione alla pensione, se optassero per il Tfr subito in tasca. A
fronte di tre mensilità extra (la quota di liquidazione annuale è grossomodo pari a uno stipendio), dunque tre
quattordicesime, lascerebbero sul campo una fetta di quiescenza, maturabile grazie all'investimento di quella
stessa cifra nei fondi pensione (oggi tra il 50 e il 60% dei dipendenti mette il Tfr nei fondi). Soldi subito per tre
anni, ma vitalizi striminziti? Decideranno i lavoratori. Tenendo conto, tra l'altro, che il Tfr subito viene tassato
di più (ad aliquota marginale Irpef, quindi fino al 43%, anziché come reddito separato tra il 20 e il 23%). Con il
duplice e ridicolo rischio di perdere gli altri bonus (gli 80 euro o i vantaggi legati all'Isee), sebbene il ministro
Padoan abbia scongiurato il cumulo dei redditi. Comunque la si pensi, alla fine si avrà un bottino più magro:
meno patrimonio, oltre che pensioni più basse. A proposito di pensioni, in attesa che l'Inps ora guidata da
Tiziano Treu spedisca a casa la mitica busta arancione (l'estratto conto che simula i futuri assegni
pensionistici), la prospettiva per i giovani precari, ex precari, intermittenti è raccapricciante.
Sempre Progetica, società indipendente di consulenza in educazione e pianificazione finanziaria, calcola che
se l'economia va male (Pil piattoa zero)e la carriera è stop and go , un trentenne che oggi prende mille euro
di stipendio ne intascherà la metà di pensione. Se lavorasse con contratti degni e continuati e il Pil dei
prossimi anni fosse in media dell'1,5% (il Pil influenza l'entità della pensione), arriverebbe a quasi 900 euro.
Tenuto conto poi che l'aspettativa di vita allontana l'età dell'uscita, quel trentenne potrebbe trovarsi a 70 anni
alla mensa pubblica. Va considerato anche questo nell'opzione del Tfr anticipato. Proprio perché spiega
Andrea Carbone, partner di Progetica, mai come oggi «la decisione di integrare l'assegno pensionistico
pubblico attraverso la previdenza complementare diventa la scelta se "subire" o "gestire" anche altri rischi,
come quello che l'economia italiana continui a crescere poco o niente e che la propria carriera lavorativa
possa essere discontinua». Peccato che il governo abbia appena alzato le tasse proprio sui fondi pensione.
Età A cosa rinuncia tenendo il Tfr in busta paga Lavoratori dipendenti 30 FONTE PROGETICA 35 40 1.000
1.500 2.000 65 105 127 134 168 192 146 187 218 -8% -10% -12% 205 238 257 232 275 302 -12% -13% -
15% Reddito attuale mensile netto (x13), in euro Con il Tfr in busta paga Valore mensile percepito per tre
anni, in euro Rendita netta mensile con interruzione di tre anni, in € Rendita netta mensile (continuità), in €
Di!erenza Previdenza integrativa linea garantita 2% L'integrazione mensile diventa... Previdenza integrativa
linea bilanciata Rendita netta mensile con interruzione di tre anni, in € Rendita netta mensile (continuità), in €
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 55
Di!erenza Ipotesi Tfr. Ipotesi tassazione Tfr in busta paga ad aliquota marginale Il calcolo della pensione
pubblica per 30-40 enni Lavoratori dipendenti 1.000 1.500 2.000 65 e 67 65 e 3 64 e 11 70 e 0 69 e 2 68 e 3
570 853 1.186 896 1.293 1.726 Reddito attuale mensile netto (x13), in euro Quando: età della pensione
Quanto: stima assegno pensionistico (ipotesi retribuzione stabile) Scenario Istat basso Ipotesi previdenza
pubblica. Età inizio contribuzione: 25 anni-Reddito costante in termini reali per tutta la carriera Scenario Istat
storico Con interruzioni contributive, in € Con continuità lavorativa, in € Economia ßat (Pil medio 0%)
Economia in crescita (Pil medio 1,5%) PER SAPERNE DI PIÙ www.progetica.it www.bancaditalia.it
Foto: FINO AL 2018 La legge di Stabilità dovrebbe permettere agli italiani di dirottare in busta paga il Tfr dal
marzo 2015 fino al giugno 2018
Foto: AL GOVERNO Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia, segue in prima persona la legge di Stabilità
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IL CASO/ ALTRE CRITICHE DOPO QUELLE DI BANKITALIA E ISTAT. ABI: RISERVE PER AUMENTIALIQUOTE SU FONDI PENSIONE E TFR Dalle banche ai sindaci, manovra sotto tiro ROSARIA AMATO ROMA. Tagli insostenibili, effetto sulla ripresa minimo, benefici sui consumi annullati dall'aumento delle tasse,
rischio collasso per le pensioni e rischio default per le province: il bilancio del secondo gruppo di audizioni
sulla legge di stabilità segna diversi punti a sfavore della manovra. Alcune obiezioni rafforzano i rilievi dei
primi interventi: Giuseppe Pisauro dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio fa notare, come l'Istat, che l'impatto
della manovra, «espansiva nel 2015 e neutra nel 2016», sarà limitato rispetto alle previsioni. E quindi nel
2016 servirà una ulteriore correzione del saldo strutturale di 0,3 punti. Mentre l'Abi, pur promuovendo «le
misure a favore delle famiglie (bonus 80 euro e bonus bebè) che vanno nella giusta direzione, soprattutto per
il valore sociale che esse esprimono», solleva obiezioni, proprio come Bankitalia, sull'aumento delle aliquote
dei fondi pensione e sull'anticipo del tfr in busta paga: «Destano riserve in ragione degli effetti che potranno
avere sulla previdenza», dice il direttore generale Giovanni Sabatini. Anche la Cisl parla di «collasso della
previdenza complementare». A fronte di benefici limitati: Pisauro calcola che solo due terzi del tfr optato, circa
2,7 miliardi di euro, verranno destinati ai consumi, con un effetto sul Pil di appena 0,1 punti percentuali. Tra
l'altro, fa notare Confcommercio, gli aumenti Iva previsti nel triennio 2016-2018 agiranno da freno, riducendo i
consumi di 65 miliardi. Fortemente critici i rappresentanti degli enti locali: Piero Fassino, presidente Anci,
denuncia come rimanga «sofferente la condizione di spesa corrente trai Comuni» ma soprattutto come «il
taglio di un miliardo per città metropolitane e province» rischi di farli andare in default.
Mentre il presidente della Conferenza delle Regioni Sergio Chiamparino fa notare come se non ci sarà un
percorso «condiviso che consenta di gestire in modo sostenibile i 4 miliardi di tagli» c'è il rischio di un
aumento delle imposte locali.
I sindacati sono i più negativi: la Cisl pur rilevando «alcuni segnali di discontinuità» chiede interventi più
incisivi; la Uil chiede al governo di avere più coraggio perché «il nostro Paese è vicinoa una crisi
irreversibile». La Cgil definisce la manovra «inadeguatae insufficiente», ma dà anche un suggerimento al
governo: l'adozione di «una patrimoniale sulle grandi ricchezze finanziarie che avrebbe un gettito di circa 10
miliardi l'anno e che potrebbe creare oltre 740.000 posti di lavoro in tre anni».
Foto: Piero Fassino
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 57
CON I SINDACATI UN GIOCO A PERDERE LUCA RICOLFI La nebbia che per settimane ha circondato la Legge di stabilità si sta finalmente diradando. Dopo le slide, i
tweet, gli slogan, le promesse in tv di Renzi e dei suoi ministri, un po' di chiarezza la stanno facendo gli altri.
Dove per «altri» intendo soggetti leggermente più inclini a dire la verità, come l'Istat, la Banca d'Italia, la
Commissione europea. E la verità che emerge, non detta a chiare lettere ma neppure nascosta, è
decisamente deprimente: la manovra del governo non è né buona né cattiva, è semplicemente debole, molto
debole. Nulla, nella Legge di stabilità, autorizza a pensare che, grazie ad essa, le cose possano andare in
modo sostanzialmente diverso e migliore di come sarebbero andate senza. Dicendo questo, naturalmente,
non mi riferisco agli interessi particolari, che sono invece ben tutelati o colpiti come è sempre successo: i
lavoratori dipendenti avranno la conferma del bonus, gli statali l'ennesimo blocco degli scatti stipendiali; le
imprese pagheranno un po' meno Irap e contributi, i risparmiatori pagheranno più tasse; i cittadini avranno
peggiori servizi (per la riduzione dei fondi a Regioni, Province, Comuni), ma le mamme avranno il bonus
bebè. PAGINA Tutto questo è normale, ogni governo si procaccia il consenso come può e come vuole, e la
manovra di fine anno (che ora si chiama Legge di stabilità) serve innanzitutto a questo. Quello che non è
normale, ed è anzi molto deludente, è che così poco si riesca a intravedere sul piano dell'interesse generale.
La manovra è debole non perché favorisce alcuni e danneggia altri, ma perché il futuro che le tabelle della
Legge di stabilità ci consegnano pare proprio essere la continuazione del nostro triste presente. Per avere la
prova di quel che dico c'è un mezzo semplicissimo: controllare che cosa si prevede sul versante
fondamentale per il futuro dell'Italia, che è quello dell'occupazione. Ebbene, con 3 milioni di disoccupati e un
tasso di occupazione fra i più bassi del mondo sviluppato, il governo prevede che nel 2015 l'occupazione
aumenti dello 0,1%, e nel 2016 dello 0,5%, mentre l'Istat, che è un po' più ottimista del governo, prevede un
aumento dello 0,2% nel 2015 e dello 0,7% nel 2016. Sono in entrambi i casi cifre irrisorie, che non incidono
sul tasso di disoccupazione, e prospettano per l'Italia un futuro di stagnazione. Un futuro che, in realtà,
potrebbe risultare anche più cupo se si considera che già fra 14 mesi potrebbero scattare gli aumenti dell'Iva
e di altre tasse (messi in conto dalle «clausole di salvaguardia» della Legge di Stabilità), e che tutte le
previsioni del governo sono state formulate prima che l'Europa ci obbligasse, in barba alle battute polemiche
di Renzi, a ripiegare su una manovra meno espansiva. In questa situazione non stupisce che gli unici a
compiacersi delle scelte del governo siano gli industriali (il presidente Squinzi ha detto che «la manovra toglie
il freno al Paese»), e che i sindacati siano in difficoltà. Gli industriali apprezzano il fatto che, con la riduzione
dell'Irap e l'eliminazione dei contributi per i neoassunti, sia arrivato anche il loro turno: una boccata d'ossigeno
per i conti delle imprese, dopo quella che il bonus da 80 euro ha dato ai conti delle famiglie. Così come
apprezzano che con il decreto Poletti, e presumibilmente con il Jobs Act, la disciplina dei licenziamenti stia
evolvendo in modo più favorevole alle imprese. I sindacati, invece, soffrono come non mai perché Renzi, con
il bonus da 80 euro e la polemica anti-casta, li ha messi in trappola. Vorrebbero marciare contro il governo (e
lo faranno, presumo), ma sanno anche che una parte considerevole dei lavoratori dipendenti (la
maggioranza?) non li seguirebbe, perché sta con Renzi. E ci sta per due elementari motivi, uno materiale e
l'altro estetico: il bonus da 80 euro, che fanno sempre comodo, e il piacere di vedere un premier-ragazzo che
fa il bullo con i vecchi tromboni della politica, siano essi parlamentari, sindaci, governatori o sindacalisti. Di
qui lo stallo. Renzi, dei sacrosanti diritti dei lavoratori, e delle gloriose conquiste di quarant'anni di lotte, se ne
fa un baffo. Da parte loro i sindacati sembrano pensare solo a quello: sacrosanti diritti e gloriose conquiste.
Non paiono rendersi conto che quel che non va bene nella politica di questo governo non è che cancella il
mondo incantato dello Statuto dei lavoratori, ma che non ne offre in cambio un altro che funzioni. Il dramma
della Legge di stabilità è che essa certifica proprio questo: anche fra qualche anno, nonostante migliaia di atti
di legge e la riforma del mercato del lavoro, l'Italia avrà 3 milioni di disoccupati, e più o meno lo stesso
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 58
numero di occupati di oggi. Da questo punto di vista Renzi e i sindacati non sono nemici, ma parti in
commedia dello stesso gioco infernale. Un gioco in cui sembra che tutto, nel bene e nel male, dipenda
dall'articolo 18, mentre le tabelle della Legge di stabilità mostrano che non è così. Le vecchie regole del
mercato del lavoro possono avere depresso l'occupazione, ma le fosche previsioni delle tabelle ministeriali
svelano che le nuove regole del Jobs Act non basteranno a far «cambiare verso» all'Italia. Il guaio è che né il
governo, né il sindacato, hanno il coraggio di prendere atto che il problema dell'occupazione è un problema di
costi, prima ancora che di regole. Il governo teme di non avere i soldi per abbassare veramente e stabilmente
il costo del lavoro, e infatti prevede una decontribuzione limitata alle assunzioni del 2015, con un budget
decisamente insufficiente (1,9 miliardi nel 2015). Il sindacato teme, e in questo ha perfettamente ragione, che
la decontribuzione si limiti ad alleggerire i conti aziendali, senza creare occupazione addizionale. Entrambi
appaiono sordi e ciechi di fronte al vero problema: che non è regolare i diritti di chi un lavoro già ce l'ha, ma di
occuparsi dei milioni di italiani che un posto di lavoro non ce l'hanno.
Foto: Illustrazione di Irene Bedino
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 59
LA CRISI ITALIA NEL MIRINO Juncker: "Non siamo burocrati" Il presidente della Commissione Ue attacca. Il premier: non mi spieghino cosa devo fare CARLO BERTINI ROMA «A Renzi dico che non sono il capo di una banda di burocrati: sono il presidente della Commissione Ue,
istituzione che merita rispetto, non meno legittimata dei governi». Se il neopresidente della commissione Ue,
Jean Claude Juncker, rispetto al più ostico Barroso, dovrebbe essere l'interlocutore privilegiato del premier
nella sfida a cambiare verso all'Europa, queste sue parole pronunciate a Bruxelles non danno certo l'idea di
un cammino in discesa. Sarà che Juncker ha fatto la voce grossa rispondendo ad un quesito del capogruppo
del Ppe al Parlamento europeo Manfred Weber sulle taglianti definizioni di Renzi a margine dell'ultimo
Consiglio europeo. Ma non ci è andato leggero e questo nuovo scontro non è un buon viatico per una
campagna controcorrente che si sapeva sarebbe stata tutta in salita. Al punto che Juncker fa anche pesare la
prima benedizione alla nostra legge di stabilità, facendo notare aspro che «se la Commissione avesse dato
ascolto ai burocrati, il giudizio sul bilancio italiano sarebbe stato molto diverso». Con una postilla al vetriolo, «i
Consigli europei servono per risolvere i problemi, non per crearli. Personalmente prendo sempre appunti
durante le riunioni, poi sento le dichiarazioni che vengono fatte fuori e spesso i due testi non coincidono».
Renzi nel suo stile, gli risponde a muso duro: «In Europa ce la stiamo giocando, non l'abbiamo vinta né
persa, ma stiamo facendo dei gol. È cambiato il clima per l'Italia e in Europa non vado a dire "per favore
ascoltateci", non vado con il cappello in mano». Insomma, taglia corto intervistato a Ballarò, «non vado a
Bruxelles a farmi spiegare cosa fare e l'ho detto a Barroso e Juncker». E per essere più chiaro, sgancia una
botta via twitter: «Per l'Italia, la sua storia, il suo futuro chiedo rispetto. Anzi: pretendo il rispetto che il paese
merita». E per difendere la manovra scende in campo anche il ministro dell'Economia, che dopo un vertice
con Renzi sul piano Juncker di investimenti, si presenta in Commissione alla Camera: per dire che «la
riduzione del rapporto debito -pil rimane una sfida ineludibile per l'Italia, che possiamo vincere solo tornando
a crescere in modo sostenuto e stabile». Un segnale lanciato all'Europa dunque, seguito da un quadro fitto di
luci e ombre: «La lunga recessione non è finita, ci sarà una fase di stagnazione anche nel secondo semestre
del 2014, che si chiuderà con una contrazione del pil dello 0,3 per cento». Il premier poi convoca i 400
parlamentari del suo partito per stringere i ranghi su tutte le riforme in atto, anche su quella della giustizia che
approderà lunedì in Consiglio dei ministri per la sua fase conclusiva. Ma in primis sul Jobs Act che dal primo
gennaio deve entrare in vigore, «è una riforma di sinistra come non ho mai visto e a parte l'art.18 c'è un
consenso generale su tutto. Facciamo vedere all'Europa che le riforme non le facciamo per finta». Assicura
che si voterà nel 2018, ma «non si può aspettare il 2017 per la nuova legge elettorale» per la quale si lavora
a un compromesso sul capolista bloccato e le preferenze a seguire. E chiude con l'annuncio che dopo aver
realizzato il pacchetto delle riforme in Italia «la prossima riforma strutturale sarà quella dell'Europa, perché da
cambiare a Bruxelles c'è molto». L'esortazione a restare compatti malgrado gli scontri, le piazze e tutto quel
che scuote la sinistra è quasi accorata: «Non su tutto la pensiamo allo stesso modo, ma ci attende una sfida
immane per cambiare l'Italia. Si possono avere le idee più disparate su Jobs Act, riforma costituzionale,
scuola, ma ci deve tenere insieme la battaglia che stiamo facendo in Italia, che segna anche il futuro
dell'Europa». Nessun intervento a riprova che sul jobs act nel Pd si tratta. Tutti a casa in attesa degli eventi.
Botta e risposta JeanClaude Juncker
Deve esser chiaro che non sono il capo di una banda di burocrati sono il capo della Commissione Ueistituzione che merita rispetto Se avessimo ascoltato i burocrati il giudizio sull'Italia sarebbe diversoMatteo Renzi
In Europa non l'abbiamo né vinta né persa: ce la stiamo giocando e stiamo segnando dei gol ABarroso e Juncker ho detto che voglio il rispetto che meritiamo Non vado con il cappello in mano
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 60
PREVISIONI DI CRESCITA A CONFRONTO
20142014 0,6 0,3 0,3 0,4 1,2 0,6 0,5 0,6 Governo (sett. '14) Istat (lunedì) Governo (sett. '14) Istat (lunedì)
Commissione Europea (ieri) Commissione Europea (ieri) Commissione Europea (precedente previsione)
Commissione Europea (precedente previsione) DEBITO PUBBLICO (% Pil) Previsioni Fonte: elaborazione
LA STAMPA su dati Commissione Europea ISTAT e MEF Centimetri-LA STAMPA
Foto: FRANCOIS LENOIR/REUTERS
Foto: JeanClaude Juncker, neopresidente della Commissione europea
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 61
Bruxelles: i conti sul debito non tornano E la ripresina non basta percreare lavoro Le previsioni Ue: il disavanzo cala meno di quanto stimato dal Tesoro MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES Alla domanda «possiamo credere alle vostre previsioni», Jyrki Katainen risponde «chi lo sa?». E' almeno
onesto, il vicepresidente della Commissione Ue che coordina i portafogli economici, rapido anche a spiegare
che comunque i modelli sono giusti e il lavoro aiuta a programmare il futuro. Esercizio importante sebbene
aleatorio, dunque. Eppure, «zerovirgola» più o meno, le stime di Bruxelles disegnano un'Italia che non
sorprende, in recessione nel 2014 (Pil a -0,4%), in ripresina l'anno prossimo, con una disoccupazione
drammatica, un deficit imbrigliato al limite e un debito che lascia spazio per considerazioni inquietanti, perché
il percorso di correzione strutturale non è in linea con gli obiettivi di medio termine definiti da Roma con l'Ue.
Tutti alla Commissione mandano segnali che vogliono essere tranquillizzanti. E' cominciata l'era Juncker,
quella degli «investimenti anzitutto», così a presentare le previsioni di autunno si presentano in due, Katainen
e il titolare del portafoglio economico, Pierre Moscovici. L'effetto ottico è interessante, il falco cerca di
mostrarsi colomba e viceversa. Il primo apre alla «flessibilità possibile» nella valutazione dei conti pubblici, il
secondo ricorda che «ogni euro di debito è tolto alla Sanità». Le due cose vanno insieme, conti vigilati e
sostegno alla ripresa, senza dimenticare le riforme. Tuttavia, avverte il finlandese, «la regola del debito vale
quanto quella del deficit». L'insidia vera per Roma è però qui. «Non traete conclusioni affrettate dai numeri»,
mette le mani avanti una fonte europea. La Commissione invoca per sé questa missione, la compirà forse già
mercoledì 12, comunque entro il mese. I numeri non promettono bene. L'avanzo primario atteso è ancora
insufficiente per correggere il coefficiente del debito, a causa della crescita nominale piatta e del pagamento
degli arretrati alle imprese: il picco sarà toccato nel 2015 (133,8% del Pil), nonostante gli incassi delle
privatizzazioni (mezzo punto di Pil), quindi si ridurrà nel 2016 grazie alla ripresina e al surplus primario
(132,7). La spesa coerente aumenta, in particolare per gli 80 euro. Il disavanzo cala, ma meno di quanto
suggerisce il Tesoro. Aleatoria è la correzione del deficit strutturale, calcolato al netto di ciclo e «una tantum».
Per 2014 e 2015 la Commissione anticipa un risultato dello 0,9% e dello 0,8% che nel 2016 («a politiche
invariate») peggiorerebbe all'1%. Il governo stima che il pareggio nel 2015 avrebbe richiesto una manovra
pari a 0,9% del pil, così ha rinviato il bersaglio al 2017. Il che, salvo maggiore crescita o nuove misure,
comporterebbe uno sforzo di 15 miliardi solo nel 2016. Anno che, comunque, Bruxelles precisa di non poter
considerare completamente, perché troppo presto. Resta infine una differenza sul calcolo della correzione
strutturale del deficit per il 2015. Mettendo sul tavolo il suo tesoretto, l'Italia ha promesso lo 0,3%. La
Commissione la fa diventare 0,1. Pare sia questione di valutazioni contabili. Bruxelles ci ha fatto lo sconto per
il 2014 («recessione»), non è detto che si ripeta. Più facile sarebbe se l'economia andasse meglio. Vero che
Bruxelles taglia le stime tedesche, bacchetta il debito francese e fa infuriare Hollande, promuove Grecia e
Irlanda, ma anche che sono in quattro col Pil in rosso. Per il 2015 si intravede una ripresina da 0,6 punti di Pil,
alimentata dalla domanda esterna. Il problema è la fiducia latitante con la pressione fiscale che aumenta,
spinta dalle tasse su imprese e rendite, nonostante il taglio del cuneo. L'occupazione soffre: un dramma che
continua, a meno che le riforme non abbiamo un effetto rapido e superiore alle aspettative.
4,7 per cento Il deficit francese, in costante crescita, nel 2016 sarà il più elevato d'Europa Eppure Parigi non
ci sta: «Un calcolo puramente teorico»
+1,1% Pil nel 2015 La crescita di Berlino è definita «deludente» nelle stime economiche Il Paese resta in
surplus mentre il debito continuerà a calare
05/11/2014 2Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 62
DESCALZI: QUESTA GRANDE OPERA È VALIDA, MA IL CONTRATTO CI CONSENTE DI VENDERE ADALTRI SOCI "Eni nel gasdotto South Stream con soli 600 milioni, o usciamo" Il numero uno: «Nessun problema per Saipem, sarà pagata comunque» LUIGI GRASSIA Carta d'identità: il South Stream è il gasdotto sotto al Mar Nero che porterà il metano russo in Europa senza
passare dall'Ucraina (come invece avviene ora). L'Eni è azionista al 20%, il resto fa capo alla russa Gazprom
e a soci tedeschi e francesi. Può darsi che qualcuno a livello politico decida che non s'ha da fare, visto che la
Russia in Occidente viene sempre più vista come nemica. O più semplicemente qualche azionista potrebbe
sfilarsi perché non ci trova più convenienza, come ha prospettato ieri Claudio Descalzi, amministratore
delegato dell'Eni, in un'audizione al Senato. Ha detto che il South Stream «è un progetto valido», però le
carte in tavola rischiano di cambiare dal punto di vista finanziario. Il progetto prevede che il 70%
dell'investimento nel South Stream venga raccolto sul mercato dei capitali attraverso il «project financing»:
cioè alcuni finanziatori privati anticipano i soldi e poi vengono ripagati con i diritti di passaggio del metano.
Solo il residuo 30% deve essere finanziato direttamente dai soci di South Stream, pro-quota; e nel caso
dell'Eni questo significa stanziare 600 milioni di euro. Ma Descalzi osserva che «al momento il South Stream
sta facendo un po' fatica a trovare i finanziamenti». Questo potrebbe significare che gli azionisti dovranno
mettere mano al portafogli in misura più grande. Se dovessero provvedere da soli a tutto l'investimento,
l'impegno dell'Eni salirebbe a 2,4 miliardi. Ma Descalzi chiarisce che «l'Eni mai e poi mai lo farà. In ogni caso
non spenderemo niente di più di quello messo in budget», cioè 600 milioni. Nel caso che le cose non
andassero nel verso giusto, nessun problema: «Abbiamo l'opportunità, stabilita dal contratto, di uscire da
South Stream - dice Descalzi - e la valuteremo ». Nessun problema neanche per la Saipem, controllata
dall'Eni e che ha la parte del leone nella costruzione del gasdotto con 2,4 miliardi di commesse: se l'Eni esce,
la sua parte viene rilevata da un altro socio, e allora «South Stream sarà fatto anche senza Eni e saranno
mantenuti i contratti di Saipem». Ma anche nel peggiore dei casi, cioè se non solo l'Eni uscisse da South
Stream ma anche gli altri soci decidessero di azzerare tutto, Saipem ha contratti per 23 miliardi (per metà
acquisiti quest'anno) e solo la settimana scorsa ha firmato commesse per altri 2 miliardi in Arabia Saudita. Ieri
le azioni di Eni e Saipem hanno perso parecchio in Borsa, per l'ulteriore calo del prezzo del petrolio. Davide
Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, valuta che questo non abbia impatto sulle attività delle due
aziende: «L'Eni, come gli altri giganti dell'energia, dovrà impegnarsi di più per distribuire dividendi. Ma ha già
pratiche consolidate per fare cassa, come la cessione di quote di giacimenti subito dopo la scoperta. E l'Eni
ha riserve di petrolio immense, e ne scopre altre in continuazione. Inoltre i suoi costi di estrazione sono fra i
più bassi del mondo, e questo garantisce utili anche col barile a prezzi inferiori agli attuali. Quanto a Saipem,
ci sono molti operatori stranieri che vorrebbero comprarla, anche approfittando della sua modesta quotazione
in Borsa. Descalzi la vuol vendere ma io spero che Saipem resti italiana, è un gioiello».
Foto: Aggirare l'Ucraina Il South Stream è il gasdotto che partendo dal Caucaso russo dovrà portare il
metano di Mosca in Europa occidentale attraverso il fondale del Mar Nero aggirando l'Ucraina
Foto: AP
05/11/2014 25Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 63
Intervista "La siderurgia italiana? Basta con il massacro giudiziario" Gozzi (Federacciai): così ci deindustrializziamo IL CASO DI TARANTO «L'Ilva era in salute, crisi indotta daanni di choc in tribunale» PAOLO BARONI ROMA Al governo non chiede nulla, se non una «assunzione piena di repsonsabilità». Perché, spiega il presidente di
Federacciai Antonio G ozzi, «dobbiano finirla con questa "deindustrializzazione giudiziaria". Non è possibile
chiedere all'industria di base italiana più di quanto viene richiesto a livello europeo. Altrimenti facciamo solo
danni come con l'Ilva». Alla vigilia di un nuovo incontro a Roma sul caso dell'Ast di Terni, Gozzi spiega che
per la siderurgia italiana oggi serve un piano complessivo, senza escludere a priori un intervento della Cassa
depositi come suggerito tra l'altro lunedì su La Stampa da Mario Deaglio. «Perché se si pensa di affrontare i
singoli punti di crisi si rischia di approdare solo a mezze soluzioni, mentre invece occorre una risposta
globale». Prima Taranto poi Terni e Piombino: la nostra siderurgia è davvero al capolinea? «No, fuori da
questi tre punti di crisi restano pur sempre 1314 milioni di tonnellate di produzione annua. E nel campo della
produzione con forno elettrico siamo ancora i primi in Europa, davanti anche ai tedeschi. Detto questo il
settore è diviso in due: c'è la parte dei prodotti destinati alle costruzioni, che soffre perché rispetto al 2007 il
mercato ha perso più del 50%. E se le aziende hanno resistito è solo perché sono le più efficienti d'Europa,
perché sono molto flessibili e innovative e perché negli anni erano state patrimonializzate molto. L'altro pezzo
del settore, quello che lavora di più sulla meccanica, sull'automotive, sull'oil&gas, invece è in salute. Esporta
tantissimo e riesce a fare buoni risultati anche in un momento di crisi». Allora torniamo alle tre crisi più gravi.
Lei come le "legge"? «Quella dell'Ilva è certamente una crisi indotta. Quest'azienda era arrivata al 2011 in
salute, con un buon circolante, poi in due anni di choc giudiziari e di commissariamento è stata portata quasi
al fallimento. Ora la situazione è drammatica ma i fondamentali sono ancora buoni, tant'è che c'è interesse
per rilevarla. Piombino ha un'altra storia: questo da sempre è un malato della siderurgia italiana. Qui siamo
all'opposto di Taranto: un piccolo altoforno, una produzione non completamente integrata, un porto non
adeguato: tutti fattori che in una fase di crisi si pagano cari. Anche per Terni possiamo parlare di crisi indotta:
perché è vero che il comparto dell'inox è in difficoltà e presenta una certa sovracapacità, però Ast oggi è
diventata un problema perché Thyssen ha sostanzialmente deciso che non le interessa più questo business.
Ed è dura continuare se il padrone non ti vuole». Renzi dice che serve una «proposta nuova». Cosa chiede la
siderurgia al governo? «Non chiediamo nulla, meglio parlare di cosa possiamo fare noi privati. Ovviamente
dobbiamo continuare a investire in innovazione tecnologica, cercando di spostare le produzioni su fasce
sempre più alte. E poi dobbiamo cercare di migliorare i fattori di produzione, a cominciare dai costi
dell'energia. Noi proprio venerdì scorso abbiamo costituito il consorzio "Metal interconnector" che darà vita
alla prima interconnessione diretta con la Francia e ci consentirà di importare energia a costi europei». Si
parla di possibili interventi delle Cassa depositi e prestiti... «Se è un'operazione di sistema, inserita in un
contesto di politica industriale più ampio, per consolidare e rafforzare il settore come architrave della
manifattura italiana, perché no? Però deve essere un intervento che guarda al futuro non ai singoli casi». Su
Taranto però lei si era spinto più in là, o sbaglio? «Prescrizioni come quelle dell'Aia difficilmente verranno
attuate dai futuri nuovi azionisti per cui credo ci possa essere spazio per un intervento transitorio e intelligente
dello Stato. Il modello è il salvataggio della Chrysler fatto da Obama».
Non si può chiedere alla nostra industria più di quanto viene richiesto in Europa o ci facciamo danniAntonio Gozzi Presidente di Federacciai
05/11/2014 26Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 64
VENTACCIO EUROPEO SU RENZI Padoan: perché fare di più non si può Manovra ed Europa. Il ministro dell'Economia risponde al Foglio sull'invocazione di "radicalità" DI PIER CARLO PADOAN* Il bilancio per il 2015 riflette una valutazione strategica degli obiettivi del paese e dei vincoli interni e
internazionali a cui esso è soggetto, non diversamente da un bilancio aziendale che non ha senso al di fuori
di un business plan strategico. E il piano strategico è quello di tirare il paese fuori dalle secche di una crisi di
durata eccezionale, resa più grave che altrove da ostacoli strutturali all'adattamento e all'innovazione che si
sono cumulati e sedimentati in due decenni di inerzia politico-istituzionale, caratterizzata dalla micidiale
combinazione di un debito pubblico enorme e di una crescita declinante, da una produttività stagnante non
più compensata dalla svalutazione del cambio, da una disoccupazione crescente e da tassi di inflazione
straordinariamente bassi e calanti. Si è detto dei condizionamenti interni. Non meno severi sono oggi quelli
esterni legati alla dinamica della domanda mondiale che vede gli Stati Uniti alle prese con la fine del
Quantitative easing (Qe) e il Giappone con nuovi tentativi di rianimazione della domanda interna, in cui i paesi
emergenti crescono a tassi più contenuti del passato e l'Europa è a un passo dalla deflazione. In tale ambito,
quando le prospettive si fanno meno chiare e le aspettative più incerte, il nervosismo e l'instabilità dei mercati
diviene un'ulteriore fonte di incertezza e un ostacolo alla definizione di piani economici di più lungo periodo. In
questo contesto si colloca la definizione del piano di bilancio per il 2015. Non è difficile vedere come
l'obiettivo di riportare il paese su un sentiero di crescita sia oggi di complessa realizzazione: come esso
richieda coraggio, prudenza, realismo. La legge di stabilità è una combinazione di questi tre ingredienti. Il
coraggio è ben evidente nella scelta di ridurre in modo significativo le tasse, finalizzando questo intervento
alla creazione di occupazione stabile (la cancellazione totale della componente dell'Irap calcolata sul lavoro),
e di finanziare le riforme strutturali, a cominciare dagli ammortizzatori sociali che devono accompagnare la
riforma del mercato del lavoro, con tagli delle spese che modificano usi consolidati. La prudenza è data dalla
nostra capacità di tenere i conti sotto controllo e per questa via rassicurare i mercati sulla capacità e sulla
volontà del paese di mettere riparo ai danni del passato. Il realismo si riflette nel perseguimento contestuale
di più obiettivi - i tre pilastri alla base della strategia di ripresa economica - destinati a rafforzarsi
reciprocamente: il consolidamento fiscale favorevole alla crescita e da attuarsi con una ricomposizione delle
voci di bilancio; la ripresa degli investimenti attraverso la semplificazione amministrativa, gli incentivi fiscali e il
rafforzamento delle fonti di finanziamento; le riforme strutturali destinate a facilitare lo spostamento del
capitale e del lavoro verso i settori più produttivi e le occupazioni più redditizie attraverso il contrasto e la
cancellazione delle posizioni di rendita. Le critiche, ad esempio in tema di investimenti, sembrano ignorare
che la politica economica del governo non si esaurisce nella legge di stabilità. Con il decreto legge "sblocca
Italia" sono state mobilitate le risorse pubbliche disponibili su opere e interventi immediatamente cantierabili,
mentre con il decreto legge competitività è stato modificato il quadro normativo per aprire nuovi canali di
finanziamento alle imprese alternativi a quello bancario. Nel corso del 2015 metteremo in campo altri
provvedimenti, mentre la progressiva attuazione delle riforme strutturali migliorerà il business environment ,
rafforzando gli incentivi agli investimenti che vengono dalla riduzione delle tasse e dalle altre misure
specifiche (dal r a f f o r z a m e n t o patrimoniale delle imprese al credito d'imposta per la ricerca e lo
sviluppo). I tre ingredienti - coraggio, prudenza e realismo - si possono mescolare anche diversamente e in
dosi variabili ma la loro presenza contestuale si rende necessaria per evitare salti nel buio e assicurare la più
ampia condivisione di questa strategia nel paese e sui mercati al tempo stesso. *Ministro dell'Economia
• UN DEFICIT DI RADICALITA'Interventi di La Malfa e Nuzzo nell'inserto I
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 65
INTERVISTA A CLASS CNBC Il viceministro Morando: pronti ad ascoltare Mps e Carige Marina Valerio CLASS CNBC (Valerio a pag. 4) Il viceministro Morando: pronti ad ascoltare Mps e Carige di Marina Valerio C Enrico
Morando, viceministro dell'Economia del governo Renzi, non usa mezzi termini. «Non possiamo sostituirci al
management di Mps e Carige» afferma «per risolvere i loro problemi dopo gli stress test, ma se ci chiedono
una mano certo non la negheremo». Certo non ci si possono aspettare grossi aiuti, considerato che l'obiettivo
dell'esecutivo Renzi è soprattutto quello di alleggerire il carico fiscale sulle imprese che producono beni e
servizi, in presenza di vincoli di bilancio molto stringenti. Domanda. Serve ancora capitale a Mps e Carige. La
risposta deve darla il mercato o il governo? Risposta. Chi dirige le due banche, quelle non uscite bene dai
test di Eba e Bce, deve proporre soluzioni. Se ritengono che tra queste c'è anche un intervento della politica
nazionale, vedremo che cosa ci propongono. Ma il governo non può sostituirsi ai manager delle due banche
nel decidere come rispondere ai problemi sollevati dagli stress test. Siamo a disposizione per dare un
contributo alla soluzione più giusta perché queste due banche sono patrimonio della collettività nazionale e
vanno salvaguardate, ma non intendiamo sostituirci alla direzione delle banche. D. E un intervento
temporaneo del governo, auspicato dal presidente della Regione Toscana Rossi? R. Non escludo né includo
alcunché prima di vedere che cosa propone chi ha la responsabilità di farlo. Quando avremo esaminato
quelle proposte decideremo. Siamo aperti a esaminare le ipotesi che saranno avanzate. Se qualcuno ci
chiede una mano, certo non la rifiuteremo. D. Dopo gli stress test, il Wsj parla di «Toxic Italy» con il Paese
ritenuto il vero problema di Eurolandia. Come giudica tali analisi? R. I governi non dovrebbero polemizzare
con i giornali, i dati dimostrano che il giudizio di affidabilità sull'Italia viene non solo dai governi ma anche dai
mercati. Oggi paghiamo, dopo aver corso rischi molto forti, tassi di interesse sui titoli pubblici relativamente
bassi pur in presenza di uno spread significativo tra Btp e Bund. Abbiamo conseguito risultati importanti,
grazie anche agli annunci di interventi della Bce, non a favore dell'Italia ma dell'Europa nel suo complesso.
Adesso credo che la Bce debba passare ai fatti. Si è detto che la Bce con l'acquisto degli Abs compra crediti
erogati a famiglie e imprese. Un'iniziativa da salutare con soddisfazione, perché altrove, come negli Usa, è
riuscita a calmare un mercato divenuto molto instabile e riaprire i rubinetti del credito a famiglie e imprese. Ma
va attuata rapidamente, altrimenti non incide sull'economia come dovrebbe. D. Ma l'Italia non rischia di
tornare a essere il tallone d'Achille dell'Eurozona? R. No, a parte il fatto che il vero tallone d'Achille
dell'Eurozona sono i Paesi in cui è stato necessario nazionalizzare le banche, e quelli che presentano uno
squilibrio tra esportazioni e importazioni talmente grande da risultare alla lunga insostenibile. L'Italia
contribuisce agli squilibri europei soprattutto perché il suo debito pubblico convive con una recessione
economica, ma io credo che la seconda nazione manifatturiera d'Europa abbia ancora le caratteristiche, alle
condizioni che stiamo creando con le riforme strutturali, per tornare a crescere. D. Fino al 21 novembre è
possibile ridisegnare la legge di Stabilità. Che risultati sperate di ottenere con la manovra? R. Con il
Documento di Economia e Finanza abbiamo proposto al Parlamento italiano e alla Commissione europea di
considerare l'esigenza di una rottura. Il debito netto delle pubbliche amministrazioni senza fare nulla, nel
linguaggio tecnico, nel bilancio a legislazione vigente, sarebbe andato al 2,2% del pil, molto inferiore al 3%
delle regole Ue. Abbiamo proposto di usare il margine disponibile per fare politiche espansive, perché siamo
ancora in recessione e altre misure restrittive di finanza pubblica potrebbero persino confermarla nel 2015.
Un danno per l'Europa, e per l'Italia. Abbiamo proposto una strada diversa, stare sotto il 3% ma utilizzare lo
spazio dal 2,2 al 2,9, poco più di 11 miliardi di euro, da un lato per ridurre la pressione fiscale su lavoro e
imprese, dall'altro per finanziare le riforme strutturali, che l'Europa ci chiede da anni. D. Finora l'unica politica
espansiva è stata quella della Bce. Quella fiscale è ancora vista dalle famiglie come restrittiva. Come viene
affrontato il problema dal governo? R. Dopo tre anni di recessione, adesso si aggiunge il rischio, più di un
rischio nel caso dell'Italia, di deflazione. Su questo punto voglio dire che anche le mosse espansive della Bce
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 66
vanno prese piuttosto in fretta. Perché abbiamo imparato negli anni a fare i conti con il rischio inflazione, cioè
con un esagerato aumento dei prezzi, ma quali siano le politiche in grado di farci uscire da una lunga
stagione di deflazione non lo sappiamo bene. Quindi bisogna assolutamente evitarla. E siccome il rischio non
è solo dell'Italia ma dell'intera Eurozona, sarà necessaria coerenza tra le politiche monetarie che finalmente
hanno acquisito un'intonazione espansiva, e quelle fiscali, non solo nei singoli Paesi ma nell'Ue nel suo
complesso. Quanto alle misure, è chiaro che oggi gli italiani sono in grande difficoltà. Basta un dato: tra il
2007-2008 e oggi il reddito medio pro capite si è ridotto del 10%. Nella storia d'Italia non è mai accaduto
niente del genere se non nei periodi subito a ridosso delle guerre. D. Una politica industriale ad hoc per l'Italia
è possibile? R. Sì, se per politica industriale si intende un complesso di scelte, fatte direttamente dallo Stato e
attuate tramite agevolazioni alle imprese, che aumentino la capacità innovativa dell'apparato produttivo.
Siamo nella società della conoscenza. Il fattore competitivo fondamentale è: «Quanta conoscenza in più un
sistema-Paese può produrre?». Se è così, bisogna sapere che il valore dei prodotti, che siano beni o servizi,
sarà direttamente proporzionale alla quantità di conoscenza in essi contenuta. Nella legge di Stabilità c'è un
credito d'imposta automatico sugli investimenti in ricerca fatti dalle imprese in autonomia o utilizzando i centri
di ricerca pubblici e quelli delle università, che dovrebbe aiutare le aziende che si alleano, se medio-piccole, o
da sole se sono grandi, nell'innovazione dei prodotti o dei processi produttivi. D. Le tasse sugli immobili sono
aumentate. Ciò non impedisce alle famiglie di consumare di più? R. Premesso che la tassazione degli
immobili non è salita per volontà di questo governo, il vero problema è in due fattori. Anzitutto la totale
confusione fatta nel 2014. La gente è esasperata perché deve pagare, ma soprattutto perché non sa come e
quanto. Inoltre, prima del governo Monti l'imposizione in Italia sui patrimoni, mobiliari e immobiliari, in Europa
era decisamente più bassa che non negli altri Paesi, mentre la pressione fiscale su lavoro e impresa era al
livello più alto. Che cosa bisognava fare? Premere un po' di più sui patrimoni e utilizzare il gettito per ridurre
la pressione su lavoro e impresa, in modo da ridurre l'onere sui produttori. Prima del governo Renzi è
aumentata la pressione sui patrimoni, senza che il gettito fosse utilizzato per ridurre la pressione su lavoro e
impresa. Cosa che accade con la legge di Stabilità 2015. D. Però la tassa sulle rendite l'avete aumentata voi.
R. L'ha varata il governo Renzi quando ha approvato, per la stessa cifra, il taglio dell'Irap. Abbiamo
redistribuito la pressione fiscale a favore dell'impresa e a danno del capital gain. Quanto contenuto nella
Stabilità è ciò che le ho detto, niente aumenti di aliquote. (riproduzione riservata)
Foto: Enrico Morando Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/banche
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 67
KATAINEN: LA REGOLA SUL CALO DELLO STOCK È IMPORTANTE COME QUELLA SUL DEFICIT Il debito italiano inquieta la Ue Bruxelles taglia le stime del pil italiano. E Juncker polemizza con Renzi: se fossimo dei burocrati, il bilancio diRoma sarebbe stato trattato in modo ben diverso. Renzi ribatte: stiamo segnando dei gol Marcello Bussi Nel giorno in cui Bruxelles ha tagliato drasticamente le stime di crescita del pil dell'Italia, ribadendo l'allarme
per il debito pubblico tricolore, il neopresidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker ha duramente
polemizzato con il presidente del Consiglio italiano che aveva criticato l'eccessiva burocrazia europea. «Devo
dire al mio amico Matteo Renzi che non sono il presidente di una banda di burocrati. Io sono il presidente
della Commissione Ue, che è un'istituzione europea. Quindi invito tuttii primi ministri a rispettare la mia
istituzione perché non siamo meno legittimati rispetto ad altri». Poi è arrivata la stoccata finale: Juncker ha
detto che se il suo predecessore José Manuel Barroso «avesse dato retta solo ai burocrati, il bilancio italiano
sarebbe stato trattato in tutt'altra maniera». La prima replica italiana è stata quella di Roberto Speranza,
capogruppo Pd alla Camera, che a caldo ha commentato: «Juncker dimostri che non è il capo di una banda
di burocrati sbloccando subito i 300 miliardi» del piano di investimenti europeo «che stiamo aspettando da
troppo tempo». In serata, però, è arrivata anche la risposta di Matteo Renzi, che davanti alle telecamere di
Ballarò ha usato una metafora sportiva, senza citare direttamente le parole di Junker. «In Italia ce la stiamo
giocando, la partita non è vinta né persa ma stiamo segnando dei gol», ha detto infatti Renzi, per poi
aggiungere: «È cambiato il clima per l'Italia, in Europa non vado a dire: per favore ascoltateci. Non vado con il
cappello in mano. Non vado a Bruxelles a farmi spiegare cosa fare e l'ho spiegato anche a Barroso e
Juncker». Poi su Twitter Renzi ha insistito: «Per l'Italia, la sua storia, il suo futuro chiedo rispetto. Anzi:
pretendo il rispetto che il Paese merita. #Europa». Sempre in serata, quindi, si è riunito a Palazzo Chigi, un
vertice di ministri per definire le proposte italiane al piano Juncker da 300 miliardi per gli investimenti. Al
tavolo sedevano, tra gli altri, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, il ministro
dell'Economia, Pier Carlo Padoan, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, e i
rappresentanti dei ministeri dello Sviluppo economico e dell'Ambiente. Tornando a Bruxelles, dopo Junker era
stato il vicepresidente della Commissione Jyrki Katainen a sottolineare, riferendosi chiaramente all'Italia, che
la regola di riduzione del debito pubblico che supera il 60% del pil «è importante quanto quella del deficit»
sopra al 3%, sottolineando che «non è vero che i Paesi con i più grandi debiti pubblici crescono più in fretta,
anzi è esattamente il contrario». La Commissione, ha precisato Katainen, è comunque «pronta a usare la
flessibilità contenuta nelle regole del Six Pack e del Two Pack» con cui è stata rafforzata la governance
economica. Le parole del vicepresidente hanno comunque dato la sensazione che l'Italia sia sempre una
sorvegliata speciale. Non a caso ieri lo spread è salito fino a 164 punti, con il rendimento del Btp decennale al
2,41%. Secondo la Commissione Ue, il rapporto debito/pil dell'Italia quest'anno si attesterà al 132,2%,
raggiungerà i massimi nel 2015 al 133,8% per poi scendere nel 2016 al 132,7%. Il rapporto deficit/pil invece
nel 2014 si attesterà al 3% e scenderà al 2,7% il prossimo anno. Tutto in regola dunque su questo fronte.
Bruxelles ha invece tagliato le previsioni sul pil del 2014 e del 2015, portandole rispettivamente dal +0,6 delle
stime di primavera al -0,4% e dal +1,2 al +0,6%. Per il 2016 la Commissione Ue ha stimato un incremento
dell'1,1%. Se può essere di qualche consolazione, Katainen ha criticato anche Berlino, sottolineando che le
riforme sono «necessarie anche in Germania. Per il bene della stessa Germania ha senso investire in ricerca
e sviluppo e in infrastrutture». (riproduzione riservata)
ITALIA, LE STIME DELLA COMMISSIONE UE GRAFICA MF-MILANO FINANZA 2011 2013 2015 2016
2012 2010 2010 2014 126,97 119,29 116,42 132,2%* 132,6 120,74 133,8%* 132,7%* * Stime Pil Deficit/pil -
0,4% 3% 0,6% 2,7% 1,1% 2,2% Debito/pil
Foto: Jyrki Katainen
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 68
SCENARIO PMI
4 articoli
Produzione e previsioni tornano a scendere L'indagine congiunturale luglio-settembre mostra comunque una crescita annua per il sesto trimestreconsecutivo In calo gli ordini interni ed esteri, tiene l'export. Attese in peggioramento, tranne che per ladomanda internazionale S.R. L'economia bergamasca nel complesso vivacchia, secondo l'indagine congiunturale della Camera di
Commercio sul terzo trimestre, con attività in rallentamento, se non addirittura in calo, in tutti i comparti,
dall'industria all'artigianato, dal commercio all'edilizia. Si è spento in particolare (meno 0,5%) l'effimero rialzo
della produzione industriale del secondo trimestre (più 0,8%) e si è più che dimezzata all'1,2% la crescita
annua, che si allunga comunque al sesto trimestre consecutivo.
La crescita, trainata in particolare dalla produzione di beni d'investimento, non solo rallenta, ma anche si
restringe. Con l'avvertenza che il periodo feriale può comportare qualche incertezza in più sul piano statistico,
i dati mostrano un saldo ancora positivo, ma più basso, tra le imprese che aumentano e quelle che
diminuiscono la produzione rispetto a un anno fa, mentre aumenta la quota delle imprese con flessioni
importanti. Sul piano dei settori si attenua inoltre la crescita della meccanica, settore trainante dell'industria
provinciale. Il ristagno dell'attività è confermato anche da una tendenza alla riduzione nel tasso di utilizzo
degli impianti (al 66,9%).
Le vendite nel complesso risultano quasi ferme (più 0,1% nel trimestre), come risultato del proseguimento
della flessione del fatturato interno (meno 0,3% nel trimestre) e di una sostanziale tenuta, nonostante le
turbolenze geopolitiche del periodo, dall'area russa al Medio Oriente, di quello estero (più 1% nel trimestre),
che rappresenta poco più di un terzo del totale.
Segnali critici giungono dagli ordini, in calo dell'1,1% nel trimestre sia sul mercato nazionale, sia su quello
esterno. Su base annua invece gli ordini interni crescono del 4,1%, mentre decelerano a più 2,4% quelli
esteri. Le previsioni delle imprese industriali sono prevalentemente negative e in peggioramento per
domanda interna, occupazione e, in minima misura, produzione. Ancora positive, ma stazionarie per la
domanda internazionale.
Nell'artigianato manifatturiero l'indice della produzione, molto più lontano dai livelli pre crisi rispetto a quello
dell'industria, resta invariato nel trimestre, e il progresso su base annua si riduce allo 0,8%. Nei settori più
rappresentativi si osservano variazioni debolmente positive nella meccanica e negative nel tessile. Anche
nell'artigianato di produzione si riduce ulteriormente il saldo tra variazioni positive e negative, mentre il
fatturato ristagna: le vendite risultano invariate nel trimestre, mentre recuperano lo 0,5% su base annua.
Come per l'industria, anche tra gli artigiani le aspettative restano prevalentemente negative e in
peggioramento, tranne che per la domanda estera.
Resta negativo anche il giro d'affari delle imprese dei servizi (meno 2,4%) e delle costruzioni (meno 3,6%): le
attese non sono per un cambiamento di tendenza
Nell'indagine campionaria sul commercio al dettaglio, infine, il volume d'affari risulta in ulteriore calo (meno
6,3%) rispetto a un anno prima, con flessioni che si ampliano rispetto alle precedenti rilevazioni nel
commercio alimentare tradizionale (meno 4,8%) e nel non specializzato (meno 4,6%) e restano marcate nel
non alimentare (meno 2,3%).
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La salute dell'economia Produzione industriale Variazioni congiunturali nel trimestre Indice 2005 = 100 Dati
destagionalizzati Produzione Ordini interni* Ordini esteri* Fatturato totale Prezzi materie prime Prezzi prodotti
finiti *Valori a prezzi costanti +0,6% +1,3% +2,0% +0,9% +0,8% +0,1% +1,7% +0,3% +1,9% +1,2% +0,5%
+0,6% -0,5% -0,9% -1,3% +0,3% +1,1% +0,3% +0,8% -0,6% -1,8% +0,3% +1,1% -0,5% -0,5% -1,1% -1,1%
+0,1% +0,6% +0,7% 3°2013 4° 2013 1° 2014 2°2014 3°2014 Variazioni tendenziali su base annua
05/11/2014 2Pag. Corriere della Sera - Bergamo(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 05/11/2014 70
Produzione industriale 3° trimestre 2014 Dati corretti per i giorni lavorativi Variazione % su base annua
Produzione Ordini interni* Ordini esteri* Fatturato totale Prezzi materie prime Prezzi prodotti finiti +1,0%
+3,0% +2,0% +1,0% +2,6% +0,4% +3,5% +0,4% +8,0% +3,5% +1,8% +0,3% +3,0% +8,2% +1,4% +3,0%
+2,5% +0,9% +2,8% +0,0% +5,9% +2,8% +3,6% +0,5% +1,2% +4,1% +2,4% +1,2% +3,3% +1,1% Fonte:
Camera di commercio di Bergamo d'Arco Var. annua Indice della produzione (scala destra) -25,0 -20,0 -15,0
-10,0 -5,0 0,0 5,0 10,0 15,0 Var. trimestrale I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III 2008
2009 2010 2011 2012 2013 2014 85 93 101 109 -0,5% +1,2% 96,3 Cremona Sondrio Lecco Varese Como
Mantova Brescia Lodi LOMBARDIA Bergamo Pavia Milano Monza 6,6 3,5 3,3 3,3 2,5 2,4 1,9 1,9 1,6 1,2 0,0 -
0,1 -0,9
0,5 Per cento Il calo nel trimestre della produzione industriale (più 1,2% la crescita annua)86 Mila Le imprese attive nella Bergamasca, 400 in meno rispetto a un anno prima
0,3 Per cento L'aumento del fatturato per l'industria bergamasca nel trimestre (più 2,8% il dato annuo)
05/11/2014 2Pag. Corriere della Sera - Bergamo(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 05/11/2014 71
Ex Lucchini, fra indiani e algerini spunta la proposta dei bresciani Sul tavolo un'offerta per realizzare a Piombino un impianto di «preridotto» Massimiliano Del Barba Quasi cinquecento aziende scomparse in nove mesi. Per decriptare il breve passaggio sulla siderurgia
lanciato lunedì mattina alla Palazzoli da Matteo Renzi al minuto 24 del suo lungo intervento sul futuro
manifatturiero dell'Italia bisogna partire da lì. Dallo stato dell'arte. E cioè dalla crisi sistemica di un comparto,
quello dell'industria dei metalli, che da cinque anni ha smesso di generare margini e profitti.
«Da Taranto a Brescia passando per Piombino - ha detto il premier agli industriali riuniti in assemblea - o il
sistema paese avanza una proposta per uscire dall'impasse in cui ci troviamo, o non ci sarà modo di garantire
un futuro alla siderurgia italiana».
Serve dunque «una proposta sistemica». Eccola: un'alleanza fra i siderurgici bresciani e gli indiani di Jindal
per costruire un impianto di produzione di preridotto , la spugna di ferro che si ricava trattando il minerale con
il gas anziché con il coke. La proposta era nell'aria - c'è chi dice che i siderurgici bresciani ne avessero già
discusso col premier -, ma ieri è stato lo stesso presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, a confermarla:
secondo Siderweb si tratterebbe della costruzione di due impianti per la produzione di preridotto , ciascuno
della capacità di 2,5 milioni di tonnellate, in grado di alimentare il nuovo forno elettrico da 1,2 milioni di
tonnellate che Jindal costruirebbe a Piombino, nonché di servire gli stabilimenti bresciani, permettendo a
questi ultimi di diversificare l'approvvigionamento da rottame il cui prezzo, a differenza del minerale di ferro, è
schizzato alle stelle.
Ora, però, in attesa di comprendere meglio i particolari dell'operazione, sarà lotta contro il tempo. Ieri a
Roma, infatti, sul tavolo del viceministro allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti, si è materializzata la
conferma della solidità delle due proposte straniere per l'ex Lucchini. Da un lato quella che per il commissario
Piero Nardi sarebbe la più conveniente, vale a dire il progetto degli algerini di Cevital, che promettono la
costruzione di due forni elettrici da un milione di tonnellate l'uno e l'ampliamento della zona laminazione.
Dall'altro la proposta indiana che, allo stato attuale, è ferma nell'impegno di acquisire solamente i laminatoi
garantendo così l'occupazione per soli 750 dipendenti.
C'è tempo fino al 15 novembre per prendere una decisione ma, intanto, in Valpadana non si è stati a
guardare. L'Italia, e l'Europa tutta, sono alle prese con una dura gatta da pelare, la sovracapacità produttiva.
E, in mancanza dei finanziamenti per un nuovo piano Davignon che alimenti la razionalizzazione (niente aiuti
di Stato, ripete Bruxelles), sarà il mercato a fare il lavoro sporco. Se la parola chiave, da questo punto di
vista, è ristrutturare, ora le manovre per spartirsi ciò che rimarrà dei 24 milioni di tonnellate di acciaio prodotto
nel 2013 entrano nella sfera della geopolitica. Che, per l'elettrosiderurgia bresciana, significa mettere fuori
gioco i competitor algerini, con i quali non si condivide solo il prodotto, cioè il tondo, ma anche il mercato, cioé
il Mediterraneo. «Risolvere il problema di Piombino con Cevital significa crearne uno cinque volte più grande
a Brescia» aveva detto al Sole 24Ore qualche giorno fa Gozzi. Dunque la contromossa: «sistemica»,
appunto, come da desiderata del premier.
E, di questa inedita alleanza fra indiani e tondinari, potrebbe fare da garante, con un finanziamento per un
periodo limitato, la Cassa depositi e prestiti. Non acciaio di Stato, ma quasi.
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Chi èAntonio Gozzi, 60 anni,
di Chiavari, laurea in Economia,
ad del gruppo Duferco (che conta uno stabilimento
a San Zeno), è
05/11/2014 8Pag. Corriere della Sera - Brescia(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 05/11/2014 72
il presidente di Federacciai, la Confindustria dei siderurgici, dal giugno del 2012, avendo sostituito Giuseppe
Pasini
2 I forni elettrici che gli algerini di Cevital vorrebbero costruire750 I dipendenti che verrebbero garantiti dall'offerta
di Jindal
2,5 Milioni
Le tonnellate
di preridotto
che i bresciani produrrebbero a Piombino
Foto: Materia prima La cokeria dello stabilimento ex Lucchini di Piombino, che potrebbe essere sostituita da
un impianto per
la produzione
del preridotto
05/11/2014 8Pag. Corriere della Sera - Brescia(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 05/11/2014 73
Borsa. 31 nuove società nel programma «Elite» di Piazza Affari apre alle grandi aziende Maximilian Cellino Elite apre le porte anche alle «big». Fra le 31 nuove società entrate ieri a far parte del programma creato da
Borsa italiana per favorire l'accesso al mercato dei capitali alle piccole e medie imprese italiane figurano
infatti anche società non proprio di piccolo calibro. Tra di esse Ansaldo Energia, Kedrion, Sia e Valvitalia
(tutte partecipate dal Fondo Strategico Italiano), ma anche Egea e il Gruppo industriale Maccaferri.
Con «Elite for large corporate» nasce quindi un servizio espressamente destinato alle imprese di grandi
dimensioni: «Intendiamo creare un'offerta dedicata e un percorso adatto alle esigenze delle grandi imprese
che vogliono consolidare il proprio percorso di internazionalizzazione e rafforzare la propria leadership
globale», ha spiegato Luca Peyrano, responsabile primary market di Borsa italiana.
Maximilian Cellino
u Continua da pagina 27
Il percorso dedicato alle Pmi e inaugurato 2 anni e mezzo fa nel frattempo prosegue: con le 31 aziende
entrate a far parte ieri del programma in Italia e le 16 in Gran Bretagna il totale delle società Elite è salito a
oltre 200. Quindici di esse hanno allo studio una Ipo (finora la sola TechValue è sbarcata sull'Aim di Borsa
italiana), 13 sono invece le operazioni di private equity, 10 i minibond emessi (per un controvalore di 291
milioni), 35 le attività di M&A e joint venture, 16 infine le imprese che hanno ricevuto ieri il certificato Elite a
testimonianza dell'impegno e dei risultati raggiunti all'interno del programma.
Tra le «new entry» figurano anche marchi noti al grande pubblico come Rtl 102.5, i materassi Dorelan, i
biscotti Vicenzi, gli abiti Antony Morato, le catene di negozi Kasanova e Piazza Italia. Nel complesso, le
nuove Elite hanno realizzato nel 2013 un fatturato medio annuo di 191 milioni di euro (si va dai 12 milioni di
Wiva agli oltre 1,2 miliardi di Ansaldo Energia e Maccaferri), ma soprattutto una crescita del 10% del fatturato,
del 15% del margine e hanno già una significativa esposizione all'estero (dove realizzano il 37% dei ricavi).
Nel complesso si tratta di società di settori molto differenti fra loro (dall'alimentare alla moda, passando
appunto dal software all'ingegneria industriale) e provenienti un po' da tutte le aree produttive del Paese.
«Sono di tutte le regioni italiane - ha confermato Peyrano - c'è insomma democrazia a livello geografico».
Per tutti il traguardo finale potrebbe essere la quotazione, ma non solo: «Elite non è necessariamente un
circuito di approdo alla Borsa - ha sottolineato Raffaele Jerusalmi, a.d. di Borsa Italiana - ma prepara le
società ad accedere al mercato dei capitali, possono per esempio far entrare venture capital oppure emettere
bond».
Sul non proprio semplice rapporto fra le aziende italiane e il listino azionario, Jerusalmi ha comunque
manifestato un certo ottimismo: «Mi aspetto - ha detto - che buona parte di quelli che hanno rinunciato
quest'anno a quotarsi per la volatilità si presenteranno nuovamente il prossimo, perché probabilmente
preferiranno aspettare un mercato più stabile». Nel 2015 potrebbero quindi sbarcare a Piazza Affari «30-40
aziende, 15 delle quali sul mercato principale e circa 25 sull'Aim», ha aggiunto Jerusalmi, che considera Rai
Way «un'ottima azienda».
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R&P LEGAL casi di studio Quando serve la testa di Maria Buonsanto Lo studio è tradizionalmente incentrato su pmi, provincia e seniority della squadra. Una
combinazione di caratteristiche che oggi fanno di R&p Legal un modello innovatore VISTO DA VICINO, SI
SAREBBE PORTATI a pensare che il modello su cui si fonda R&p Legal - seniority della squadra, pmi come
principale clientela, parcellazione f lessibile e presenza nella provincia nord-italiana - sia frutto di una visione
pioneristica e innovatrice del mercato. Dove stanno andando tanti studi italiani oggi se non (anche) in questa
direzione? Eppure, parlando con i vertici dell'insegna, si ha l'impressione che il modello sia più che altro il
risultato di una miscela di fortunate coincidenze. Sono gli stessi soci dello studio a ribadire, in più di
un'occasione, che «tutte le scelte che a posteriori potrebbero essere viste come una strategia, sono in realtà
frutto di una cultura condivisa, che ha origine in tempi non sospetti». È in tempi non sospetti che lo studio - a
detta degli stessi soci «incapace» di strutturarsi su un modello piramidale (che oggi è in parte in crisi) - ha
scelto una forma organizzativa cilindrica, caratterizzata da un'equa distribuzione tra i diversi livelli di seniority.
E, sempre in tempi non sospetti, provincia e pmi sono stati individuati come bacini di business prioritari
dell'insegna, che è riuscita così a mettere un piede in sei città italiane e nel nuovo mercato finanziario dei
minibond. Cosicché R&p Legal oggi sembrerebbe in possesso di un modello in grado di rispondere con una
buona efficacia, ed un certo tasso d'innovazione, alla domanda del mercato. Dalla piramide al cilindro In
un'azienda come quella legale, che opera nel mercato dell 'intangibile, la chiave di volta organizzativa per
offrire un servizio che soddisfi al meglio il cliente è nel capitale umano. Ogni managing partner dirà che le
risorse umane sono un aspetto fondamentale per il buon funzionamento dell 'azienda-studio. Eppure, alla
ricerca di una quadratura nel delicato equilibrio tra ricavi e uscite, molte insegne hanno deciso di contenere i
costi fissi andando a tagliare proprio quelli legati al personale. Una scelta connessa alla necessità di superare
un modello organizzativo - quello piramidale - che oggi sembra mostrare alcuni limiti. «La piramide
organizzativa, importata in Italia dalle law firm estere, presuppone una base molto larga, ma la base
rappresenta un investimento e un costo perché il costo effettivo pagato dall 'azienda-studio per il junior è fatto
anche di formazione, tempo speso dai partner per rivedere tutti i documenti e costi strutturali (scrivania,
computer, segretaria)», commenta il senior partner Mario Colombatto . È così che, negli anni di crisi, a
cavallo tra il 2008 e il 2009, R&p Legal ha deciso di ristrutturare il modello, rendendolo più snello, grazie all
'informatizzazione dei processi produttivi, e sempre più incentrato sui senior. «Il modello piramidale non ci ha
mai contraddistinti - spiega il senior partner Riccardo Rossotto - perché abbiamo sempre avuto una testa
pesante con un elevato numero di soci. La forma che a nostro av viso è strutturalmente più vantaggiosa e
sostenibile è il cilindro». I costi della base sono ridotti grazie all 'ingresso di professionisti meno junior e all
'informatizzazione dei processi produttivi. E il percorso di crescita interna rimane costante, così come l
'ingresso nella partnership («oggi non si può chiedere ai giovani professionisti di fatturare un milione di euro
per diventare soci, bisogna essere realistici e puntare sul consolidamento della partnership»), a patto che non
si intacchino i diritti dei soci più senior. Secondo il principio per cui «la moneta non deve diventare il driver,
ma va comunque gestita». Per arginare possibili tensioni interne, garantendo al contempo i diritti acquisiti e
quelli in fieri, lo studio ha scelto di adottare un lockstep doppiamente modificato. Là dove, la prima modifica
sta nella ridistribuzione degli utili: l '85% viene attribuita sulla base del lockstep e il restante 15% è ridistribuito
in base a quanto prodotto durante l 'anno (a decidere a chi destinare questa parte è un comitato che viene
rinnovato periodicamente). La seconda modifica, invece, sta nell 'assegnazione dei punti equity, che vengono
incrementati solo a patto che ci sia un aumento della redditività del punto, per garantire la redditività già
acquisita dai soci senior. Questo sistema ha portato a una distribuzione delle quote per cui, tra il più giovane
socio e il più senior c'è uno scarto teorico di cinque livelli di lockstep. Un sistema sostenibile, a detta dell
'insegna, che, sempre secondo i soci, accontenta i più. Le radici nella provincia Così come è anacronistico
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pensare che l'associazione legale possa ancora reggersi su una forma piramidale, alla stessa stregua,
secondo i soci di R&p Legal, è troppo riduttivo snodare un intero business sulla triangolazione TorinoMilano-
Roma. «Il mercato legale italiano è ridondante di offerta e le piazze principali sono ormai sature», commenta
Colombatto. «I clienti vanno cercati in provincia». Ma in un contesto a spiccata identità territoriale come
quello periferico, la sfida è facile a dirsi, meno a farsi. «La targhetta dello studio nazionale in provincia non
funziona solo perché blasonata», conferma il managing partner Claudio Elestici , che aggiunge: «Allora,
piuttosto che aprire un proprio studio, meglio cercare la fusione con forti realtà locali». Ed è questa la strada
percorsa dall'insegna, che, ultima in ordine temporale, in settembre ha annunciato la fusione con lo studio
bergamasco Zonca Briolini Felli, che ha portato all'integrazione nella partnership di R&p Legal di sei nuovi
soci. Bergamo, così, si è affiancata alle sedi di Torino, Milano, Roma, Busto Arsizio (che rappresenta anche
la sede a cui fa capo il responsabile del dipartimento labour Roberto Testa ) e Aosta. Un'espansione
carat ter izzata da un minimo comune denominatore: cont inuare a puntare sul le pmi e
sull'internazionalizzazione dell'impresa, cercando studi locali «che abbiano chiara la percezione che il mondo
è cambiato e bisogna attrezzarsi per offrire servizi destinati a una clientela che non è più assertiva come un
tempo», evidenzia Rossotto. Finiti i tempi dell'assertivismo Positivi sulle possibilità offerte dal mercato,
soprattutto quello delle pmi, i soci di R&p Legal sono fiduciosi in una «ripartenza» del settore, sempre a patto
che «non si cerchi di tornare dove si era prima della crisi». Proprio perché, enfatizzano, «i tempi dell
'assertivismo del cliente sono finiti». Allora, l 'obiettivo è imparare a lavorare in maniera moderna. Un concetto
di modernità che si declina sulle nuove esigenze espresse dagli in-house: tempistiche strette, parcellazione f
lessibile, valore aggiunto e seniority. La filosofia è una: fornendo una consulenza impermeata di questi
elementi si ottiene la fidelizzazione del cliente. L'approccio moderno diventa, quindi, strumentale per radicare
lo studio su uno dei valori più antichi alla base del rapporto tra advisor e cliente: il legame fiduciario.
«Maggiore è la fidelizzazione del cliente, maggiore è la capacità di far percepire il valore aggiunto portato
dalla consulenza. Ed è sul valore aggiunto che si fanno i margini», sottolineano. In tema di marginalità, la
nota economica è tutt'altro che dolente per lo studio, che, a fronte di un fatturato in diminuzione - 14,3 milioni
di euro nel 2013 contro i 15 del 2012 (dati ufficiali) dovuto anche all'uscita di un socio di peso come Lorenzo
Attolico (oggi in Nctm) - nel 2013 ha segnato un incremento, seppur minimo, di marginalità (7,1 milioni di utili
contro i 6,9 del 2012). Lo studio reputa un «falso mito» quello dei clienti pronti a scegliere il loro consulente
solo sulla base della tariffa applicata. Secondo i soci, infatti, sarebbero av viati al tramonto i tempi in cui ciò
accadeva (anche se in realtà tanti consulenti sostengono che tutt'oggi accada). «I mandati spesso finivano
nelle mani di junior del tutto impreparati a gestirli e così i costi per il cliente finivano col raddoppiarsi»,
commentano. Venendo a galla tutte le storture del sistema, secondo i soci di R&p Legal, i clienti si sarebbero
ormai resi conto dei limiti di quell'approccio. «Ma ciò non vuol dire che si possa tornare indietro, quando il
prezzo era deciso dall'advisor», aggiungono. C'è mandato e mandato, così come c'è risultato e risultato.
«Dire che la consulenza non paga più soltanto perché ci si deve rimboccare di più le maniche non rende
giustizia alla professione», chiosa Rossotto. Secondo il name partner, l 'unico vero risultato a cui ha portato
doversi confrontare con clienti più consapevoli e meno assertivi è uno: aver riscoperto la natura problem
solving della professione, vero compito dell 'av vocato. Quindi quale dovrebbe essere la forma più corretta di
pagamento? La risposta all 'annosa domanda che ha trovato più largo consenso in studio è data dallo stesso
Rossotto: «La tariffazione oraria non è gratificante né per noi né per il cliente. La parcellazione deve certo
tener conto anche del tempo e della complessità, ma non si può trascurare l 'elemento principale, ossia il
raggiungimento del risultato». Così, la tariffazione oraria è applicata solo in pochissime operazioni (quelle in
cui il fattore complessità è massimo), mentre nelle altre si applica un modello di prezzo alternativo, che - per
essere sostenibile e garantire marginalità - richiede necessariamente un modello organizzativo diverso dal
passato. L'elemento principe di questo modello per R&p Legal si trova nella seniorit y dei professionisti, nella
convinzione che un senior riesce a risolvere il problema più facilmente e in tempi più stretti rispetto a due
junior. E in un rapporto tra domanda e offerta in cui il fattore tempo si è rovesciato - trasformandosi da
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strumento in mano all 'offerta per fatturare di più in strumento in mano alla domanda per valutare la
soddisfazione rispetto alla prestazione ottenuta - un approccio basato sulla seniorit y, a detta dei soci R&p,
non può che risultare il più redditizio. Eppure, in passato l'equazione non ha funzionato e alcuni studi sono
implosi proprio perché avevano una testa troppo pesante rispetto al resto del corpo. Infatti, la seniority dei
professionisti, unita ad una clientela prevalentemente fatta di piccole-medie imprese, sembrerebbe su carta
avere tutte le caratteristiche per generare un modello di scarsa profittabilità, nota dolente per la tenuta interna
di molti studi. Aver trovato la giusta formula per restare sul mercato senza disgregarsi? Questo sì sarebbe
un'importante innovazione nel comparto legale.
I numeri di R&p Legal 21 7,1 102 102 14,3 -4,7% +2,9% Avvocati Var. (2012) Var. (2012) Utile (€mil) Soci
equity* Professionisti* Fatturato (€mil) Utile per socio equity (€mil) 6,9 Fatt. per avvocato (€ mil) 0,14 * dato
aggiornato al 31 ottobre 2014 Fonte: R&p Legal I dati di riferimento riguardano la fine dell'anno fiscale 2013
Il rating di R&p Legal IP TAX TMT LAVORO ENERGIA CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO SOCIETARIO
(FASCIA 3)
CLASSIFICAZIONE PER AREA DI SPECIALIZZAZIONE CONTENZIOSO (FASCIA 3) CONTENZIOSO
(FASCIA 3) CONSULENZA (FASCIA 3) CONTENZIOSO (FASCIA 3) DIRITTO D'AUTORE (FASCIA 3) LIFE
SCIENCES (FASCIA 3) PUBBLICITÀ (FASCIA 1) Fonte: Guida TopLegal ©2014 www.guidatoplegal.it
CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO (FASCIA 3) ANTITRUST E CONTENZIOSO (FASCIA 3) MEDIA
(FASCIA 3) CHIAVE DI LETTURA Fascia 1: Leader di mercato Fascia 2: Protagonista con riconoscimento
diffuso Fascia 3: Protagonista con riconoscimento focalizzato
Foto: Mario Colombatto Riccardo Rossotto
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