ANIEM · presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, nel presentare l'accordo di partenariato...

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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. ANIEM Rassegna Stampa del 05/11/2014

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Rassegna Stampa del 05/11/2014

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INDICE

ANIEM

04/11/2014 La Provincia di Varese

Il varesino della Maebi all'Aniem7

ANIEM WEB

Il capitolo non contiene articoli

SCENARIO EDILIZIA

05/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Padoan: manovra, niente assalti Sanità a rischio per le Regioni9

05/11/2014 Il Sole 24 Ore

Cantieri, nel 2105 fondi ridotti dell'11%11

05/11/2014 Il Sole 24 Ore

Oltre 100 milioni di ore di Cassa in un solo mese13

05/11/2014 Il Sole 24 Ore

Costruzioni, più ricavi per i big (grazie all'estero)14

05/11/2014 Il Sole 24 Ore

Per il residenziale resteranno solo tre categorie catastali16

05/11/2014 La Repubblica - Genova

Terzo valico, nei cantieri arrivano 46 disoccupati dell'edilizia17

05/11/2014 La Repubblica - Palermo

Piano anti-corruzione valzer di trasferimenti negli uffici del Comune18

05/11/2014 Il Messaggero - Ancona

Denunciato per la discarica abusiva19

05/11/2014 Avvenire - Nazionale

EDILIZIA Per il Made Expo +15% di metri quadrati venduti20

05/11/2014 Il Mattino - Caserta

Interporto, muore la speranza di ripresa21

05/11/2014 Il Mattino - Napoli Sud

Cinque milioni da investire per la scuola e le opere pubbliche22

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05/11/2014 Il Secolo XIX - Savona

Scantinati e magazzini pronti a diventare salotti23

05/11/2014 Il Secolo XIX - Savona

Barbera: «Licenze rilasciate prima della mia elezione»24

05/11/2014 ItaliaOggi

Catasto, giù maxi rendite25

05/11/2014 QN - La Nazione - Grosseto

Confedilizia e Fiaip a confronto con Tei26

05/11/2014 MF - Nazionale

L'Elite di Borsa supera quota 20027

05/11/2014 Eurosat

Tutto pronto per All Digital Smart Building29

05/11/2014 Millionaire

Inseguendo un SOGNO31

SCENARIO ECONOMIA

05/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Allarme dall'Europa: il debito è troppo alto33

05/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Il circolo (vizioso) degli interessi Un macigno da 80 miliardi l'anno35

05/11/2014 Il Sole 24 Ore

Se il trader chiede: il 40,8% è l'Italia?37

05/11/2014 Il Sole 24 Ore

La procedura da non aprire38

05/11/2014 Il Sole 24 Ore

Cimbri: Unipol esce da Ania40

05/11/2014 Il Sole 24 Ore

Sempre più debole l'economia Ue42

05/11/2014 Il Sole 24 Ore

Debito e deficit, la Ue avverte l'Italia44

05/11/2014 Il Sole 24 Ore

«Nuove province subito a rischio default»46

05/11/2014 Il Sole 24 Ore

Local tax, fondi alla Sla e minimi Iva: prime correzioni allo studio47

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05/11/2014 Il Sole 24 Ore

«L'anticipazione in busta paga è un errore»49

05/11/2014 La Repubblica - Nazionale

Quando l'economia va all'opposizione51

05/11/2014 La Repubblica - Nazionale

Ue: Italia peggio della Grecia recessione e debito record Scontro Renzi-Juncker53

05/11/2014 La Repubblica - Nazionale

"Archiviata l'austerità eviteremo la bocciatura grazie alle riforme fatte"54

05/11/2014 La Repubblica - Nazionale

Con il Tfr in busta paga la pensione integrativa subirà per sempre una sforbiciata del15%

55

05/11/2014 La Repubblica - Nazionale

Dalle banche ai sindaci, manovra sotto tiro57

05/11/2014 La Stampa - Nazionale

CON I SINDACATI UN GIOCO A PERDERE58

05/11/2014 La Stampa - Nazionale

Juncker: "Non siamo burocrati"60

05/11/2014 La Stampa - Nazionale

Bruxelles: i conti sul debito non tornano E la ripresina non basta per creare lavoro62

05/11/2014 La Stampa - Nazionale

"Eni nel gasdotto South Stream con soli 600 milioni, o usciamo"63

05/11/2014 La Stampa - Nazionale

"La siderurgia italiana? Basta con il massacro giudiziario"64

05/11/2014 Il Foglio

VENTACCIO EUROPEO SU RENZI Padoan: perché fare di più non si può65

05/11/2014 MF - Nazionale

Il viceministro Morando: pronti ad ascoltare Mps e Carige66

05/11/2014 MF - Nazionale

Il debito italiano inquieta la Ue68

SCENARIO PMI

05/11/2014 Corriere della Sera - Bergamo

Produzione e previsioni tornano a scendere70

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05/11/2014 Corriere della Sera - Brescia

Ex Lucchini, fra indiani e algerini spunta la proposta dei bresciani72

05/11/2014 Il Sole 24 Ore

«Elite» di Piazza Affari apre alle grandi aziende74

04/11/2014 Top Legal

Quando serve la testa75

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ANIEM

1 articolo

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Economia Il varesino della Maebi all' Aniem Il varesino Massimo Almasio, titolare dell'azienda Maebi specializzata nella realizzazione di finiture per interni

di Lozza, è stato eletto consigliere della Giunta di presidenza Confapi Aniem. Aniem è l'unione di categoria

delle imprese edili, manifatturiere e affini aderenti al sistema Confapi. Con questa elezione le competenze e

le capacità imprenditoriali varesine si estendono al territorio nazionale a dimostrazione del valore non solo

tecnico dei nostri imprenditori.

Almasio è già infatti presidente dell'Aniem varesina (...)

• continua su www.laprovinciadivarese.it

04/11/2014 La Provincia di Varese(diffusione:12000)

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ANIEM - Rassegna Stampa 05/11/2014 7

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SCENARIO EDILIZIA

18 articoli

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Padoan: manovra, niente assalti Sanità a rischio per le Regioni Il ministro: la pressione fiscale salirà al 43,6%, 6 miliardi per la Cig Sangalli: nel triennio 2016-2018 i consumidelle famiglie caleranno di 65 miliardi Fassino: la verifica del ministero dà ragione ai Comuni: i tagli sono paria 3,7 miliardi «Più crescita» Il ministro del Tesoro ha spiegato che la riduzione del debito si ottiene con lacrescita Francesco Di Frischia ROMA Ci sarà una «fase di stagnazione anche nel secondo semestre 2014, ma a settembre c'è stato un

significativo incremento dell'occupazione». Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia, fa il punto sulla legge

di Stabilità intervenendo in audizione di fronte alla Commissione bilancio di Montecitorio, dopo che sindacati e

enti locali hanno duramente criticato il provvedimento: le Regioni, in particolare, temono «tagli nella sanità».

La manovra, ammonisce il ministro, deve mantenere «la sua compattezza e unitarietà». I consumi privati

hanno in parte risposto alle misure del governo - spiega Padoan - ma c'è ancora incertezza per gli

investimenti». Comunque la riduzione del rapporto tra debito e Pil «rimane una sfida ineludibile per l'Italia,

che possiamo vincere solo tornando a crescere in modo sostenuto e stabile». Tra le note positive, «il sistema

bancario italiano è solido e pronto a sostenere la ripresa». Con la legge di Stabilità, la pressione fiscale

«mostra una riduzione contenuta nel 2015 - precisa Padoan - passando dal 43,3% del 2014 al 43,2%, e si

stabilizza al 43,6% in ciascuno degli anni 2016 e 2017». Un aumento «solo dello 0,3%». «Solo?!», ha subito

twittato il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta.

Il ministro ha difeso anche le misure su Tfr e fondi pensione: l'aliquota sui rendimenti «resta decisamente

inferiore» a quella sulle rendite finanziarie ( 26%). E ha sottolineato che per gli ammortizzatori sociali ci sono

6 miliardi in tre anni.

Le critiche più forti alla manovra arrivano da Regioni e Comuni. Piero Fassino, presidente Anci, parla di «un

taglio per 3,7 miliardi». Ma ci sarebbe uno spiraglio: «Il governo è disponibile a aumentare di 500 milioni il

fondo crediti di difficile esigibilità (oggi pari a 1 miliardo e mezzo)», annuncia lo stesso Fassino. E ci sarebbe

pure la disponibilità ad accettare che gli oneri di urbanizzazione siano utilizzati anche per il 2015 sulla spesa

corrente. Il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, avverte che «è impossibile non

toccare anche la sanità, l'80% della spesa delle Regioni». Un giudizio complessivamente positivo sulla

manovra viene invece dall'Associazione bancaria italiana (Abi), ma il direttore generale, Giovanni Sabatini,

mette in guardia sulle misure di Tfr in busta paga. Stesso allarme da parte dell'Associazione costruttori (Ance)

mentre Confcommercio stima che l'eventuale incremento di Iva e accise porterà una crescita dei prezzi del

2,5%.

Dopo le proteste di ieri davanti al Mef e a Palazzo Chigi dei rappresentanti delle associazioni vicine ai malati

di Sla e ai disabili, su input del premier Matteo Renzi, il governo ha deciso di aumentare da 250 a 400 milioni

il fondo per i cittadini non autosufficienti (che era stato tagliato di 100 milioni). Intanto il sottosegretario alla

presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, nel presentare l'accordo di partenariato 2014-2020 tra la Ue e

l'Italia (del valore di 44 miliardi), annuncia che «è operativa l'Agenzia per la Coesione territoriale», istituita per

il monitoraggio sistematico degli interventi finanziati con fondi europei. Poi Delrio avverte: «Chi non spende

bene i fondi pubblici viene sostituito: a rischio sono 7-8 miliardi».

Sempre ieri si è svolto a Palazzo Chigi un vertice per mettere a punto le proposte italiane per il piano di

investimenti da 300 miliardi annunciato dal presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

La legge di Stabilità, dopo l'approvazione in Senato e le modifiche chieste dall'Unione Europea, è approdata

nei giorni scorsi alla Camera dei Deputati. L'analisi del testo è all'esame della Commissione bilancio: lunedì e

martedì sono state fatte audizioni con le parti sociali

05/11/2014 5Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 9

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Le misure Non autosufficienza niente tagli Il taglio di cento milioni al Fondo per la non autosufficienza sarà

eliminato e per l'anno 2015 le risorse del Fondo non solo saranno riportate a quota 350 milioni ma

arriveranno a 400 milioni, 50 in più rispetto allo scorso anno. Questo l'impegno del sottosegretario Graziano

Delrio Fondo crediti difficili Da 1,5 a 2 miliardi Secondo il presidente dell'Anci Piero Fassino ci sarebbe la

disponibilità da parte del governo che il fondo crediti di difficile esigibilità non sia più di 1 miliardo e mezzo,

ma di 500 milioni in più, con «conseguente abbattimento - ha spiegato Fassino - del saldo di patto di Stabilità

interno» Tfr in busta paga rischio previdenza Il governo prevede a partire dal marzo 2015 la possibilità per i

lavoratori di chiedere l'anticipo del trattamento di fine rapporto in busta paga. La Banca d'Italia ha chiesto che

sia una misura temporanea altrimenti ci sarebbero rischi sulla tenuta dei conti della previdenza. Con

l'aumento Iva crollo dei consumi La legge di Stabilità non esclude incrementi di Iva e accise. Secondo

Confcommercio, con i previsti aumenti Iva, nel triennio 2016-2018 si avranno 65 miliardi in meno di consumi

da parte delle famiglie. La crescita dei prezzi nel 2018 rispetto al 2015 potrebbe essere del 2,5% Dalla Ue

risorse

per 8 miliardi Le risorse previste dai Fondi strutturali della Ue sono pari a 8 miliardi, inseriti nel piano

2007-2013.

Oggi siamo solo al 62% della spesa e la scadenza per poter utilizzare queste risorse messe a disposizione

dall'Unione Europea è fissata al 2015. Bonus di 80 euro esteso ai bebè Il presidente del Consiglio ha

annunciato che il bonus da 80 euro verrà esteso nel corso del 2015 anche alle neomamme. La misura

dovrebbe essere trasformata in una detrazione fiscale e resa permanente. Bisognerà vedere con quali limiti di

reddito

05/11/2014 5Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 10

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ALLARME DELL'ANCE Cantieri, nel 2105 fondi ridotti dell'11% Giorgio Santilli Giorgio Santilli u pagina 8

ROMA

Apprezzamento per la proroga dei bonus fiscali del 50% e del 65% e per i tagli alla spesa corrente di comuni

e province in cambio dell'allentamento del patto di stabilità per gli investimenti. Ma le note positive finiscono

qui e l'analisi dei costruttori dell'Ance sulla Legge di stabilità - esposta ieri in audizione parlamentare dal

presidente Paolo Buzzetti - è fortemente critica sui due punti chiave della manovra governativa: è prevista per

il 2015 un'ulteriore riduzione dell'11% dei nuovi fondi per le infrastrutture rispetto al 2014, da 13.124 a 11.746

milioni, che porta il taglio degli stanziamenti in otto anni al 45%; non c'è neanche un euro aggiuntivo per il

pagamento di debiti Pa per spese in conto capitale, che Ance quantifica in 14 miliardi.

Anche Confedilizia, associazione della proprietà edilizia, esprime «sconcerto» per «l'assenza di un sia pur

minimo segnale di attenzione al settore immobiliare nel provvedimento principale del Governo in materia

economica». La posizione è stata illustrata dal segretario generale, Giorgio Spaziani Testa, nell'audizione

parlamentare dove Confedilizia, per marcare la propria posizione, non ha formulato alcuna specifica

proposta. «Da tre anni a questa parte - ha rilevato Spaziani Testa - sugli immobili si è abbattuta un'offensiva

fiscale senza precedenti che ha portato i proprietari a versare nel solo 2014 quasi 28 miliardi di imposte

rispetto ai 9 del 2011 e l'Italia ad avere una imposizione sul settore quasi doppia rispetto a quella media dei

Paesi Ocse (2,2% contro 1,2%)».

I numeri dell'Ance evidenziano la distanza fra le promesse di governo e la realtà, e tornano a puntare il dito

sulla politica del ministero dell'Economia. «La riduzione delle risorse nel bilancio dello Stato per il 2015 -

afferma la relazione dei costruttori - appare molto lontana rispetto alla proposta contenuta nell'allegato

infrastrutture al Def di destinare strutturalmente, nell'ambito della Legge di stabilità, almeno lo 0,3% del Pil,

pari a circa 4,7 miliardi, a un fondo unico infrastrutture per realizzare opere grandi, medie e piccole». Semmai

- aggiunge Buzzetti - «è assolutamente necessario spendere con urgenza le risorse per le opere pubbliche

messe in campo dagli ultimi provvedimenti, in modo che possano produrre effetti sull'economia». Il riferimento

va, in particolare, ai 5 miliardi per scuole e dissesto idrogeologico.

Lo studio dell'Ance - che esamina l'articolato e soprattutto la consistenza della tabella E - spiega come si

arrivi alla riduzione delle risorse per il 2015: solo 1 miliardo di nuove risorse compensate da 800 milioni di

definanziamenti. I nuovi finanziamenti vanno alla manutenzione Fs (500 milioni), all'edilizia sanitaria (200

milioni), al sistema Abruzzo (200 milioni), alla linea ferroviaria del Brennero (70 milioni) e al Mose (30 milioni).

Più interessante il quadro finanziario per il triennio 2015-2017: ci sono 7.360 milioni aggiuntivi «ma questo

aumento di risorse risulterà vanificato dalla riduzione, già prevista a legislazione vigente, degli stanziamenti

iscritti nello stesso triennio». Nel 2016, in particolare, la riduzione complessiva degli stanziamenti prevista per

le opere pubbliche ammonta all'8,8%. Se invece si considerano anche il 2018 e gli anni successivi, le risorse

ammontano a complessivamente a 20,5 miliardi ma l'Ance avverte che è elevato «il rischio che tali previsioni

di stanziamento possano essere disattese come avvenuto negli ultimi anni». Importanti comunque le

indicazioni di priorità nella programmazione di lungo periodo: premiate l'Alta velocità Brescia-Padova e

Napoli-Bari con 3 miliardi e più in generale le Fs con 4,25 miliardi di manutenzione e 4,45 miliardi per

contributo in conto impianti. Ance segnala anche che «risultano ridotte di 5 miliardi le risorse del Fondo

sviluppo coesione» per esigenze varie e per 3,5 miliardi il Piano azione coesione. «Il taglio operato dal Ddl di

stabilità rischia quindi di provocare il definanziamento di opere infrastrutturali».

© RIPRODUZIONE RISERVATA Manovra di finanza pubblica per il triennio 2015-2017 Risorse per nuove

infrastrutture. Valori in milioni di euro Risorse a legislazione vigente* Consistenza dei capitoli secondo la

tabella E 2014 11.785 13.124 1.339 2015 10.408 11.746 1.339 2016 9.550 10.889 1.339 2017 9.805 11.144

05/11/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 11

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1.339 -10,5% Var. in termini nominali -11,0% Var. in termini reali** -7,3% Var. in termini nominali -8,8% Var.

in termini reali** +2,3% Var. in termini nominali +0,6% Var. in termini reali**

Foto: - (*) Nel 2015, 2016 e 2017 le risorse a legislazione vigente si suppongono costanti rispetto al 2014; (**)

Deflatore del Pil: 0,6% per il 2015, 1,6% per il 2016 e 1,7% per il 2017 Fonte: elaborazione Ance su Bilancio

dello Stato 2014 e su Ddl di Stabilità 2015

05/11/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 12

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Ammortizzatori. Rapporto Uil: da agosto a settembre Cigs, Cig e deroga schizzate del 43,9% Oltre 100 milioni di ore di Cassa in un solo mese Vanno peggio le regioni del Centro (+101,3%) e del Nord (+77,5) Natascia Ronchetti BOLOGNA

L'autunno nelle fabbriche e nei cantieri italiani è cominciato con il boom del ricorso agli ammortizzatori

sociali. Tra cassa integrazione straordinaria, ordinaria e in deroga le ore autorizzate hanno avuto una

impennata del 43,9% in un solo mese, tra la fine di agosto e la fine di settembre, arrivando a superare i 104

milioni. I numeri arrivano da un rapporto del centro studi della Uil, il servizio Politiche del lavoro e formazione.

E mostrano un paese quasi diviso a metà, tra le regioni del Nord e del Centro con un incremento

rispettivamente del 77,5 e del 101,3% e il Mezzogiorno che, a sorpresa, va in controtendenza, con un crollo

del ricorso alla Cig pari a circa il 23%. La situazione più difficile è quella della Sardegna, dove le ore

autorizzate hanno quasi raggiunto la quota di 2 milioni - coinvolgendo più di 11mila lavoratori - e, soprattutto,

con un aumento superiore al 500%. Ma non si salvano regioni ad alta densità industriale come il Veneto, la

Lombardia e l'Emilia Romagna: tutte superano abbondantemente il 200% di incremento. In particolare in

Lombardia i lavoratori coinvolti sono già quasi 164mila, in Veneto più di 55mila. Anche in Emilia Romagna,

che fino ad ora era riuscita a contenere gli effetti della crisi, rispetto alla media del Paese, è stata superata la

soglia critica dei 50mila.

«Parlare di ripresa del Paese - dice Giuliano Zignani, segretario della Uil emiliana - è sbagliato. Siamo di

fronte a una profonda crisi del sistema industriale e dei consumi, senza una visione di prospettiva per la

ricrescita. Anche nella nostra regione il patto per lo sviluppo va rivisto». Nel Nord solo il Piemonte appare in

decisa controtendenza, con la riduzione del 31,5% delle ore. In contrazione il ricorso agli ammortizzatori

anche nella provincia di Bolzano, in Puglia, nel Molise e in Sicilia. Per quanto riguarda i settori, continua a

franare l'edilizia. Con un balzo del 230% il sistema delle costruzioni passa dai 3,4 milioni di ore del mese di

agosto agli 11,2 di fine settembre. In grande affanno anche l'industria, che è arrivata sfiorare i 78 milioni,

contro i 57,5 del mese precedente, mentre le imprese artigiane quasi raddoppiano i numeri, avvicinandosi a 4

milioni di ore. A loro volta le imprese che operano nel settore del commercio hanno superato gli 11 milioni, a

conferma del crollo dei consumi.

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IL QUADRO104

Record mensile

Tra fine agosto e fine settembre tra cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga le ore autorizzate

sono state 104 milioni, in crescita del 43,9%, secondo il rapporto del centro studi della Uil

500%

La Sardegna

La Sardegna affronta il momento più difficile con le ore autorizzate che hanno raggiunto i 2 milioni,

convolgendo oltre 11mila lavoratori e soprattutto con un aumento superiore al 500%. Veneto, Lombardia ed

Emilia Romagna superano il 200% di incremento.

05/11/2014 15Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 13

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Classifiche. I bilanci delle prime 50 imprese edili: fatturato su del 4,9%, export al 45% Costruzioni, più ricavi per i big (grazie all'estero) Dalla top 5 metà della produzione totale - Uscite 19 società Aldo Norsa L'offerta di costruzioni, al vertice, è in condizioni economico-finanziarie migliori di quanto farebbe temere una

crisi che dura dal 2008.

Grazie - certo - a una valvola di sfogo all'estero che di anno in anno è più significativa (e fortunatamente

redditizia) ma anche a una "selezione della specie" che interviene a sfoltire una concorrenza più affollata e

ingessata che in qualunque altro settore. Quindi a ristabilire regole di mercato in cui sopravvivono i soggetti

sani e soccombono quelli che hanno puntato su relazioni e protezioni. E infatti ben 19 imprese già al top sono

uscite di classifica nei soli ultimi tre anni perché coinvolte in procedure concorsuali, tra cui: Baldassini

Tognozzi Pontello, Cesi, Consorzio Etruria, Impresa, Seli.

Qualche evidenza, tratta dallo Speciale Classifiche allegato al n° 42 di Edilizia e Territorio (in distribuzione

dal 3 novembre) può mostrare uno stato dell'offerta migliore delle attese. Nel 2013 le prime 50 imprese (45

generali e cinque specialistiche) hanno incrementato il fatturato del 4,9%, superando 21,2 miliardi, e hanno

potenziato la quota all'estero dal 43,9% al 45,3%. Restando però sempre piccole in patria (il loro fatturato

domestico continua a incidere per solo il 9% nel mercato nazionale).

Sempre in termini dimensionali quello che balza all'occhio è una concentrazione sempre più marcata verso il

vertice: le prime cinque società - Salini-Impregilo, Astaldi, Condotte, Pizzarotti e Cmc - oggi tutte con fatturati

consolidati superiori al miliardo, sono passate dal rappresentare il 37,7% della cifra d'affari totale nel 2011 al

41,3% nel 2012 al 46,4% nel 2013. È avvenuto soprattutto per "crescita esterna": si pensi a Salini o anche a

Condotte. Ma al top dell'imprenditoria europea il sistema Italia resta debole: tra i primi 50 gruppi appaiono

solo Salini-Impregilo e Astaldi, rispettivamente 16° e 25° e rappresentano solo il 2,2% del fatturato totale.

Venendo alla redditività è la proiezione all'estero che la sostiene: l'ebitda cresce del 28%, l'ebit del 45,3% e

l'utile netto addirittura si incrementa sette volte pur incidendo per il solo 1,1% nel fatturato (il dato non è

influenzato dall'utile netto di Salini Impregilo, sceso dai 598 milioni nel 2012 ai 48 milioni nel 2013).

L'indebitamento - non preoccupante, visto un rapporto con l'ebitda fermo a 2,26, ma anche un debt equity

dello 0,86 - migliora del 3,3% e si confermano sette le società con posizione finanziaria netta attiva: in primis

in valori assoluti Rizzani de Eccher e Vianini Lavori.

Il patrimonio netto cresce, ma solo dell'1,7%, il portafoglio ordini fa ben sperare: +5,2% assicurando oltre

cinque anni di produzione, su cui l'estero incide per il 41% (ma con ordini di esecuzione più veloci che in

Italia). Aumenta persino l'occupazione (dello 0,9%) a dimostrazione che lavorare all'estero crea e non

distrugge posti di lavoro.

Che il quadro del 2013 sia migliorato lo mostra anche un confronto storico. Restando all'ultimo triennio, nel

2011 malgrado la produzione delle top 50 crescesse di più, la minore incidenza dell'estero (37,7%) poteva

spiegare una redditività in calo: se infatti l'ebitda cresceva del 2%, l'ebit diminuiva del 4,6% e, soprattutto,

l'utile netto evidenziava una contrazione del 16,5%.

In prospettiva tutte le imprese rimaste in questo gotha dovrebbero poter superare la lunga recessione (con

particolare, residua sofferenza nel movimento cooperativo per le realtà che hanno troppo avuto fiducia nel

mercato immobiliare) grazie anche a incassi di crediti pregressi che sostengono i conti aziendali. E sembrano

resistere per ora anche le tre grandi più colpite dalla recente bufera giudiziaria, Grandi Lavori Fincosit,

Maltauro e Mantovani, anche se quest'ultima sconta il ritardo nell'affacciarsi ai mercati esteri.

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I NUMERI21,2 miliardi

05/11/2014 16Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 14

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Il fatturato della top 50

Il valore della produzione 2013 delle prime 50 imprese edili

46,4%

La quota delle prime cinque

La quota di fatturato raccolta da Salini Impregilo, Astaldi, Condotte, Pizzarotti e Cmc

45,3%

Export sempre più decisivo

Cifra d'affari raccolta all'estero: era al 36,8% nel 2010

3,9 miliardi

I ricavi di Salini Impregilo

L'impresa in testa alla classifica: in fondo la milanese Vitali con 58,4 milioni

10,1%

Record di redditività

Vianini Lavori al primo posto per incidenza dell'utile netto sul fatturato.

Colombo costruzioni prima per rapporto debito/equity (-0.87)

84,7 milioni

La perdita più elevata

È Coopsette l'impresa che presenta il più pesante rosso di bilancio, seguita da un altra coop Unieco con 63,7

milioni

05/11/2014 16Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 15

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Immobili. Incontro tra Entrate e associazioni Per il residenziale resteranno solo tre categorie catastali IL CONFRONTO Il direttore dell'Agenzia ha illustrato a Roma lo stato della riforma al Coordinamentointerassociativo catasto Saverio Fossati Le Entrate aprono alle associazioni. Ieri si è svolto il primo incontro informale tra l'Agenzia (presente il

direttore Rossella Orlandi, il vicedirettore Gabriella Alemanno e alcuni dirigenti dell'ex agenzia del Territorio) e

le 15 associazioni raggruppate nel Coordinamento interassociativo catasto (formato da Abi, Ance, Ania,

Casartigiani, Cia, Cna, Coldiretti, Confagricoltura, Confartigianato, Confcommercio-Fimaa, Confedilizia,

Confesercenti, Confindustria, Consiglio nazionale del notariato e Fiaip) sul tema della riforma del catasto.

Dopo il varo delle commissioni censuarie (il testo dovrebbe essere approvato dal prossimo Consiglio dei

ministri) il meccanismo inizia a mettersi in moto. E si parla delle funzioni catastali e della nuova sistemazione

delle categorie.

L'incontro è stato organizzato per informare le associazioni del Coordinamento su ciò che è già stato fatto (il

Dlgs delle commissioni censuarie) e sugli altri decreti, in particolare quello sulle funzioni statistiche, cioè

l'algoritmo che è alla base del calcolo dei nuovi valori e rendite, il cui varo è previsto per dicembre per poi

seguire il percorso parlamentare. Lo spirito dell'incontro, dicono a Confedilizia, è stato quello di avere

un'azione non unilaterale ma un confronto con le associazioni.

È stato illustrato anche, a grandi linee, il rinovamento totale della struttura: le categorie catastali (attualmente

45) verranno riordinate, prevedendone solo tre per il residenziale (fabbricati con più unità, unifamiliari e

abitazioni tipiche dei luoghi), otto o nove per le categorie "ordinarie" (cantine, negozi, laboratori, magazzini e

uffici) e infine circa 17-18 per le categorie speciali (le ex B, D ed E più alcune residuali come la ex A9 che

oggi comprende gli immobili storici). Mentre gli attuali immobili della F saranno ancora considerati in una

categoria a parte, che resterà per ragguppare tutti gli immobili improduttivi di reddito. Le attuali classi, invece

(oggi sono migliaia, diversificate a seconda dei Comuni), scompariranno del tutto.

Verranno elaborate più funzioni per la stima degli immobili: una nazionale, e quelle locali in collaborazione

con i Comuni. È stato confermato che l'operazione durerà cinque anni. «Del resto - dicono a Confedilizia -

l'obiettivo è quello di una fotografia trasparente e su dati obiettivi e per questo ci vuole tempo e un

approfondimento più dettagliato possibile. Non a caso stiamo creando stimoli a livello territoriale, per poter

verificare l'attività che verrà svolta dall'Agenzia, sia nelle commissioni censuarie che fuori». Nel corso

dell'incontro il presidente di Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, auspicando una collaborazione anche a

livello territoriale, ha affermato di confidare che i prossimi schemi di decreti delegati siano immediatamente in

linea con i principi della delega, sia in tema di tutela precontenziosa che di trasparenza delle funzioni

statistiche, visto che, ha sottolineato Sforza Fogliani, per il primo non è andata così.

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05/11/2014 38Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 16

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L'ACCORDO Terzo valico, nei cantieri arrivano 46 disoccupati dell'edilizia ENTRO dicembre un primo gruppo di 46 lavoratori edili disoccupati verrà impiegato nei cantieri del Terzo

Valico. E' quanto stabilito nell'accordo siglato tra Regione Liguria, Cociv e organizzazioni sindacali al termine

di un lungo confronto tra le parti. I quarantasei lavoratori si aggiungono ai quattro già inseriti nell'organico di

Cociv e saranno selezionati a partire dai prossimi giorni sulla base dei profili professionali posseduti anche a

seguito di recenti corsi di formazione professionale.

La Regione Liguria, rappresentata dal presidente Claudio Burlando, dagli assessori al lavoro e alle

infrastrutture Enrico Vesco e Raffaella Paita, si è impegnata «a sostenere presso il Governo ogni azione utile

a garantire il flusso di finanziamenti necessari a completare l'opera e nei confronti di Rfi affinché si arrivi,

entro l'anno, alla sottoscrizione dell'atto modificativo del terzo lotto». Inoltre si è sottoscritto l'impegno a

costituire da subito un osservatorio sulle assunzioni di personale operaio in possesso delle professionalitàe

delle qualifiche idonee alle esigenze nei cantieri del Terzo valico, per garantire priorità d'impiego di

maestranze locali.

05/11/2014 6Pag. La Repubblica - Genova(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 17

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La città Piano anti-corruzione valzer di trasferimenti negli uffici del Comune Maxi rotazione all'Edilizia privata e allo Sportello unico cambiano gli incarichi anche per i burocratidell'Istruzione L'ira di Forza Italia "Forse qualcuno vuole togliersi un sassolino dalla scarpa" SARA SCARAFIA VENTI dipendenti su settanta: il Comune rivoluziona l'ufficio Edilizia privata. E altri assessorati hanno avviato

il valzer delle scrivanie. Con un provvedimento del dirigente Nicola Di Bartolomeo - su espresso indirizzo del

sindaco Leoluca Orlando - venti dipendenti di lunghissimo corso dell'Edilia privata hanno cambiato ufficio. Si

tratta soprattutto dei vertici delle unità organizzative come Salvatore Grassedonio, che era a capo della

sezione Dichiarazione inizio attività e opere interne, Domenico Costa responsabile del Rilascio concessioni

edilizie per nuove edificazioni e Roberto Biondo tra i responsabili del condono. I trasferimenti sono legati alla

normativa anticorruzione secondo la quale nessuno può occupare la stessa sedia per più di cinque anni.

Soprattutto in certi uffici.

Tant'è che un altro tsunami c'è stato alle Attività produttive dove la dirigente Maria Mandalà, insieme con

l'assessore Giovanna Marano, ha ruotato una trentina di persone, tra le quali diversi responsabili: ha

cambiato ufficio, ad esempio, Andrea Schirò per anni a capo del Suap oggi sostituito da un tecnico finora al

Condono. «Cambiareè faticoso, ma bisogna rispettare le norme: ruotare è anche un obbligo morale oltre che

una misura a tutela di dirigente e dipendente», dice la Mandalà. Tra gli uffici meno esposti, hanno dato corso

alla rotazione pure la Pubblica istruzioni e il Personale. I dirigenti, nella scelta delle persone, hanno tenuto

conto soprattutto dell'anzianità di servizio, ma anche degli esposti, anonimi e no, che hanno accesoi riflettori

su alcuni dipendenti. Se all'Edilizia privata di via Ausonia le visite della polizia sono frequenti, il Suap è stato

colpito recentemente da un'indagine per abuso d'ufficio e violazioni edilizie sulla multisala della ex Coca Cola

di Tommaso Natale con due comunali finiti sotto indagine.

Per Palazzo delle Aquile la maxi rotazione è stata un terremoto e non sono mancate le proteste: alcuni

dipendenti coinvolti, in tanti sarebbero su tutte le furie, si sono rivolti ai consiglieri comunali per chiedere

aiuto.

«Uno dei trasferiti dall'Edilizia privata - dice il capogruppo di Forza Italia Giulio Tantillo - mi ha scritto una

accorata lettera con la quale denuncia di essere stato trasferito più e più volte senza alcuna motivazione

ragionevole. L'ultima mentre era in malattia. Sto presentando una interrogazione per avere chiarimenti su

tutte le rotazioni: una cosa è l'anti-corruzione un'altra il ragionevole dubbio che qualcuno si sia tolto un

sassolino dalla scarpa». La rotazione era stata sollecitata nei giorni scorsi dal segretario generale Fabrizio

dall'Acqua che aveva messo in mora i capi area che avevano temporeggiato temendo la paralisi degli uffici.

Ma Dall'Acqua aveva insistito: nel 2014 almeno il 30 per cento del personale, circa 400 persone, deve

cambiare scrivania.

Edilizia privata e Sportello unico, ma anche l'ufficio Condono edilizio, hanno aperto le danze: i provvedimenti

sono stati appena firmati e da lunedì i dipendenti coinvolti hanno raggiunto le nuove sedi di lavoro. Per

l'Edilizia privata la fuoriuscita di 20 persone non è stata indolore: «Dovremo sostituirli», dice Di Bartolomeo

che sta riorganizzando per intero tutti i settori tecnici insieme con il vicesindaco Emilio Arcuri. «A breve online

- dice Di Bartolomeo - ci sarà l'organigramma preciso di ogni ufficio. Una misura nel nome della trasparenza».

PER SAPERNE DI PIÙ www.comune.palermo.it www.palermo.repubblica.it

Foto: L'ASSESSORATO Sopra il palazzo di via Ausonia che ospita l'assessorato all'Edilizia privata

05/11/2014 6Pag. La Repubblica - Palermo(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 18

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Denunciato per la discarica abusiva MONTEMARCIANO

Una discarica abusiva di materiali edili che era da anni lungo una delle strade del paese. A mettere fine

all'abuso di cui è accusata una impresa edile è stata la Forestale di Ancona che ha denunciato un

cinquantenne urbinate, amministratore unico di una società di Falconara, per la realizzazione di un deposito

incontrollato di rifiuti speciali lungo una scarpata in Via Bosco della Castagnola a Montemarciano. Durante le

operazioni di controllo, il personale della Forestale ha scoperto che, al confine con la strada pubblica, su una

superficie di circa 500 mq delimitata da una recinzione metallica, c'era una vera e propria discarica costituita

da calcinacci mescolati a zolle di terra, parzialmente ricoperti da erbacce. La Forestale ha verificato che

proprietaria dell'area risulta essere una società di costruzioni che negli ultimi anni ha realizzato una grossa

lottizzazione residenziale nella zona, edificando parecchie palazzine plurifamiliari, alcune delle quali ancora in

via di ultimazione. L'impresa aveva sì indicato quell'area come deposito temporaneo di stoccaggio dei rifiuti

prodotti all'interno del cantiere, salvo però impegnarsi a prelevare gli stessi entro un anno di tempo, come

previsto dalla legge. Visionando le fotografie aeree della zona, la Forestale ha accertato che il deposito era

già attivo nel 2010. A conferma dell'ipotesi formulata dagli Agenti forestali è stata acquisita anche la

dichiarazione dell'ingegnere che fino a due anni fa era incaricato da una ditta subappaltatrice di seguire il

cantiere. Secondo il professionista, il deposito del materiale risalirebbe a diversi anni fa.

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05/11/2014 39Pag. Il Messaggero - Ancona(diffusione:210842, tiratura:295190)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 19

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EDILIZIA Per il Made Expo +15% di metri quadrati venduti A quattro mesi mezzo dall'inizio del prossima edizione (dal 18 al 21 marzo 2015) il Made Expo di Milano si

conferma la principale fiera dedicata all'architettura e all'edilizia, registrando a oggi un trend del +15% di metri

quadrati venduti. Tutti i Saloni dell'edizione 2015 - Made Costruzioni e Materiali, Made Involucro e

Serramenti, Made Interni e Finiture, Made Software, Tecnologie e Servizi - hanno già a oggi superato due

terzi del risultato del 2013, grazie alla presenza sia dei grandi protagonisti sia delle aziende medie e piccole.

05/11/2014 18Pag. Avvenire - Ed. nazionale(diffusione:105812, tiratura:151233)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 20

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L'allarme Interporto, muore la speranza di ripresa Mancano nuove commesse e rimane attuale il nodo delle nuove infrastrutture MADDALONI . Un novembre di «altamortalità occupazionale». Fuori 82 edili in meno di 12 mesi; poi

espulsi20amministrativi e 30vigilantes restano in bilico. E ora arrivaanche il certificato finaledi «sopraggiunta

morte occupazionale» dell'Interporto Maddaloni-Marcianise». Scaduta anche l'ultimatranchediammortizzatori

sociali posti a tutela degli edili impegnati nel fallito completamento edilizio della struttura intermodale, dopo le

42 unità (38 edili e quattro ammnistrativi) della ex Essetì, tocca ai 40 dipendenti della Cogedi (azienda priva

di commesse) sottoscrivere un verbale di intesa. In cambio della cessazione del rapporto di dipendenza, e

quindi dell'avvio alle procedure dimobilità, l'azienda si impegna, qualora dovessero concretizzarsi nuovi

appalti,nell'Interporto e sull'intera provincia, ad riassorbire la medesima forza lavoro. Fillea-Cgil, Cisl-Uil e

Feneal-Uil, in assenza di nuove commesse non potranno garantire la «rotazionedeicassintegrati espulsi dal

ciclo produttivo sui cantieri di completamento delle opere dell'Interporto Sud-Europa di Maddaloni-

Marcianise». E agli ex Cogedi, oltre le dichiarazioni di buona volontà unità, non si potrannoapplicare ibenefici

dell'articolo 11: mobilità e cassa speciale per 27 mesi. Non stanno meglio i «colletti bianchi»: per circa 20

tecnici e amministrativi (geometri, ingegneri e contabili) la proroga della cig scadrà a fine novembre. Poi si va

verso la mobilità. «Non ci sono più - dice apertamente Antonio Gelo della Filca-Cisl provinciale - le condizioni

per programmare il futuro. E le ricadute occupazionali, anche sull'indottosono devastanti».Tuttal'occupazione,

diretta oindiretta, creata con l'avvio dell'Interporto Sud Europa, è stata quasi cancellata: gliappalti esternie

pure i dipendenti dell'intermodalità.

05/11/2014 32Pag. Il Mattino - Caserta(diffusione:79573, tiratura:108314)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 21

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La svolta Sbloccati i fondi Più Europa Cinque milioni da investire per la scuola e le opere pubbliche Francesco Fusco

CASTELLAMMARE. Cinque milioni da investire in opere pubbliche e nell'edilizia scolastica. È la cifra

sbloccata dall'amministrazione comunale, insieme alla Regione Campania, nell'ambito dei fondi europei

previsti dal programma Più Europa. L'accordo è stato sottoscritto ieri mattina a palazzo Santa Lucia dal

sindaco Nicola Cuomo e dall'assessore regionale Ermanno Russo. In definitiva, si tratta di un nuovo patto

che permetterà al Comune di espletare bandi di gara per la riqualificazione e la manutenzione di quattro

scuole cittadine. «È un atto di fondamentale importanza - afferma il sindaco Cuomo - che ci consentirà di

realizzare altre opere utilissime a servizio della collettività. Il Più Europa era largamente incompleto quando

mi sono insediato - continua - tanto è vero che l'anno scorso sono stati certificati soltanto 20mila euro di lavori

mentre con la nostra accelerazione sono stati realizzati e certificati 4 milioni e mezzo di euro. Di qui a breve -

conclude - la città sarà un cantiere a cielo aperto».

I progetti proposti dall'amministrazione comunale (e approvati dal responsabile dell'obiettivo operativo della

Regione) riguardano il completamento e adeguamento della scuola ex Panzini; la riqualificazione del Borgo di

Pozzano; i lavori di manutenzione straordinaria delle scuole Stabiae, Seminario, Fratte; i lavori di risanamento

conservativo di Palazzo Sant'Anna e la manutenzione della scuola Postiglione. Ma non è tutto. Nel nuovo

accordo di programma sono state infatti inserite anche le opere a «sostegno retrospettivo», tra cui i lavori di

restauro delle Antiche Terme e il centro di fangoterapia del complesso termale del Solaro. Nei prossimi giorni,

invece, riprenderanno anche i lavori di via de Gasperi, per i quali è stato necessario elaborare una perizia di

variante. Soddisfatto di questo provvedimento è anche Alessio D'Auria, assessore della giunta Cuomo con

delega al Più Europa. «Abbiamo deciso di puntare su opere non faraoniche ma utili per i cittadini - commenta

- ed effettivamente realizzabili entro i limiti temporali imposti dal programma europeo. In particolare abbiamo

puntato sull'edilizia scolastica, che versa in uno stato assai carente, oltre che sulla riqualificazione del borgo

di Pozzano e il recupero di palazzo Sant'Anna, sede di uffici comunali».

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05/11/2014 38Pag. Il Mattino - Napoli sud(diffusione:79573, tiratura:108314)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 22

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IN CINQUE SOTTO INCHIESTA. NUOVA BUFERA POLITICA DOPO IL CASO PITTOLI Scantinati e magazzini pronti a diventare salotti Garlenda, sequestrate 7 ville e indagato "assessore" ai lavori pubblici LUCA REBAGLIATI GARLENDA. Sequestrate le ville dei russi e degli australiani in borgata Fuenza, e a Garlenda torna ad

infuriare la polemica politica, già vivace dopo la vicenda della casa dei genitori del sindaco Silvia Pittoli, e il

fatto che questa volta tra i tecnici ci sia un consigliere comunale non contribuisce certo a stemperare il clima.

Dopo il blocco dei lavori arrivato una decina di giorni fa dall'ufficio tecnico comunale in seguito ad un

sopralluogo effettuato dalla guardia forestale, adesso sono arrivati anche i sigilli per i cantieri di via delle

Rocche appartenenti alla società Casale Antico di Massimo Delvecchio, un'azienda con sede ad Albenga che

opera da tempo proprio nel settore della realizzazione, ristrutturazione e vendita di ville e casali, spesso di un

certo pregio. Talvolta di pregio persino eccessivo, verrebbe da dire dopo il sequestro di ieri, visto che tra le

contestazioni mosse dalla Procura della Repubblica e dalla guardia forestale ci sarebbe proprio una cura così

minuziosa di certi particolari dei seminterrati e di locali comunque destinati a magazzino da far pensare ad

una probabile trasformazione in camere e salotti: pavimenti costosi (circostanza peraltro negata dai

progettisti), intonaci curati e troppi punti luci e prese di corrente. Ci sarebbe anche una vasca idromassaggio,

sebbene in un bagno regolarmente previsto dalle concessioni edilizie, tra le stranezze riscontrate dai forestali

durante i loro sopralluoghi. Tutti particolari che unitamente allo strumento urbanistico scelto che secondo i

forestali non sarebbe quello richiesto dalle normative vigenti, avrebbero convinto gli inquirenti coordinati dal

pm Chiara Venturi a decidere il sequestro e a denunciare per lottizzazione abusiva 5 persone, tra proprietari,

direttori dei lavori e tecnici comunali. La responsabilità di questi ultimi sarebbe quella di avere rilasciato titoli

edilizi illegittimi per irregolarità procedurali e violazione di vari parametri urbanistici. A finire sotto sequestro

non sono state solo le quattro ville ancora in fase di realizzazione, ma anche le tre già ultimate e vendute a

turisti russi ed australiani (una di queste avrebbe addirittura già ottenuto l'agibilità), e proprio la tipologia dei

clienti, di norma piuttosto esigenti, spiegherebbe secondo i tecnici il livello piuttosto elevato delle finiture

anche nei garage e nei locali di sgombero. Ma a far discutere in questa vicenda è soprattutto il fatto che tra i

tecnici indagati compaia il nome di Roberto Barbera, che è direttore dei lavori di alcune delle ville sequestrate

ma che è anche consigliere di maggioranza, con tanto di delega ai lavori pubblici. «Abbiamo già chiesto al

sindaco di chiarire la posizione sua e degli altri componenti dell'amministrazione in queste vicende - afferma

la capogruppo di opposizione Alessandra Segre Zunino -. Rinnoviamo adesso la nostra richiesta chiedendole

come intende comportarsi con il consigliere delegato che risulta tra i tecnici del cantiere sequestrato».

Secondo l'opposizione la posizione di Barbera sarebbe decisamente border line, nel senso che il suo ruolo di

amministratore pubblico (oltretutto con una delega di carattere tecnico) gli imporrebbe di non esercitare la

propria professione di architetto sul territorio comunale garlendino. Contestazioni peraltro abbastanza

ricorrenti in casi simili, come sa bene l'ex sindaco alassino Marco Melgrati. «Non c'è nessuna incompatibilità,

ed è tutto regolare» replica il sindaco Silvia Pittoli, che naturalmente è di opinione diametralmente opposta

rispetto all'opposizione. Intanto a Garlenda continua a far discutere anche la vicenda della casa in

ristrutturazione sequestrata ai genitori del sindaco, dove dovrebbe essere realizzata una struttura ricettiva,

visto che l'opposizione mostra di non credere a Pittoli quando dice di non essere al corrente dei dettagli

dell'operazione edilizia condotta dalla sua stessa famiglia. Intanto, però, il ripetersi di contestazioni di questo

genere (che riguardano anche la regolarità delle licenze edilizie, quindi dell'interpretazione delle norme da

parte degli uffici) fanno temere che anche a Garlenda scoppi una vera e propria "epidemia" di sequestri,

denunce e sospensioni dei lavori come quella che ha colpito Villanova per la nota vicenda dei sottotetti.

Foto: Una delle villette in costruzione, sequestrate a Garlenda

05/11/2014 19Pag. Il Secolo XIX - Savona(diffusione:103223, tiratura:127026)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 23

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SI DIFENDONO I PROFESSIONISTI COINVOLTI Barbera: «Licenze rilasciate prima della mia elezione» Il consigliere comunale e architetto: «Non c'è incompatibilità» MARCO RAVERA «Siamo indagati per averrispettato le istituzioni ed esserci attenuti alle leggi» L.R. GARLENDA. «Nessuna incompatibilità, e comunque le licenze edilizie risalgono a ben prima della mia

elezione». Roberto Barbera, consigliere comunale delegato ai lavori pubblici, respinge seccamente l'ipotesi

paventata dalla minoranza di una possibile incompatibilità tra il ruolo di amministratore pubblico e la sua

attività professionale di architetto. «Sono stato eletto consigliere comunale nel maggio scorso, e mi è stata

conferita la delega ai lavori pubblici che non ha niente a che vedere con quella all'urbanistica - ricorda

Barbera -. Il progetto di assetto urbanistico delle case è stato redatto e presentato nell'anno 2009 e i relativi

permessi sono stati rilasciati diversi anni prima della mia elezione. La semplice delega ai lavori pubblici e il

fatto di non appartenere alla giunta comunale in quanto consigliere e non assessore, non rende incompatibile

l'esercizio della mia attività professionale di architetto nel territorio comunale, come riporta il testo unico enti

locali». Ma Barbera ed il suo collega Marco Ravera difendono anche il proprio operato professionale nei

cantieri della zona C3, che secondo loro sarebbe stato del tutto rispettoso delle regole. «Siamo indagati per

aver rispettato le istituzioni ed esserci attenuti scupolosamente alle leggi - affermano i direttori dei lavori delle

ville sequestrate -. Gli edifici realizzati in completa conformità ai permessi di costruire rilasciati, hanno seguito

un iter legislativo iniziato nel 2009 e sono stati verificati e successivamente approvati da ufficio tecnico,

commissione edilizia e consiglio comunale e negli anni tra il 2010 e 2013 hanno ottenuto più pareri favorevoli

dell'ufficio del vincolo idrogeologico, e la documentazione è stata trasmessa alla guardia forestale e alla

Provincia, che non hanno sollevato problematiche di alcun tipo prima dell'inizio dei lavori. Solo oggi, con

alcuni edifici venduti e dichiarati agibili a seguito di sopralluogo positivo dell'ufficio tecnico comunale, uno

abitato e altri in fase terminale di realizzazione, ci vediamo sequestrare i cantieri per presunte illegittimità

delle licenze rilasciate. Ci chiediamo - concludono per quale motivo solo oggi e a lavori praticamente ultimati

ci venga contestata la legittimità dei titoli, che eventualmente sarebbe dovuta avvenire prima del rilascio dei

permessi». Roberto Barbera

05/11/2014 19Pag. Il Secolo XIX - Savona(diffusione:103223, tiratura:127026)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 24

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Catasto, giù maxi rendite Il presidente della Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, ha dichiarato che: «La presa di posizione dei

presidenti Brunetta e Gasparri sull'eccessività intollerabile del carico fiscale sulle case richiede una

incondizionata adesione. La sensibilità al tema non ci sorprende perché non è nuova, ma nello stesso tempo

evidenzia che si è colta la sottolineatura che gli economisti onesti, molti dei quali facendo anche pubblico atto

di pentimento, hanno già nei loro studi (disponibili anche sul sito Confedilizia) sottolineato: che perché torni la

fi ducia negli italiani, dopo che gli stessi hanno subìto con la caduta dei valori immobiliari un furto legalizzato

di 2 mila miliardi, occorre che la politica dia, come abbiamo già chiesto al governo, un preciso segnale in

controtendenza, come potrebbe essere quello di diminuire le rendite catastali abnormi oggi vigenti. E ciò con

una misura che non costerebbe all'Erario più di 700-800 milioni, di poco superiore alla somma che

annualmente si trova per favorire un settore privilegiato dell'immobiliare, anche cooperativo».

05/11/2014 47Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 25

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IL CASO SI È DISCUSSO SUI RITARDI DEL REGOLAMENTO URBANISTICO Confedilizia e Fiaip a confronto con Tei UN INCONTRO per discutere sull'attuale crisi economica che ha colpito il settore dell'edilizia. Le associazioni

provinciali Confedilizia e Fiaip si sono confrontate con il Comune di Grosseto per parlare degli aspetti legati al

ritardo dell'approvazione del regolamento urbanistico comunale. «II quadro sulla crisi dell'edilizia - ha

spiegato Lamberto Londini, presidente di Confedilizia Grosseto -, non aveva l'intenzione di porsi su posizioni

polemiche nei confronti dell'amministrazione comunale e, tanto meno dell'attuale assessore Tei che ha

assunto la delega all'Urbanistica soltanto dallo scorso mese di marzo. Scopo delle due associazioni,

rappresentative dei proprietari di casa e degli agenti immobiliari, era quello di richiamare l'attenzione dei

responsabili del nostro Comune sui riflessi negativi che la crisi dell'attività edilizia e del relativo indotto

producono nel più ampio quadro dell'attuale crisi economica e sociali». Durante l'incontro Confedilizia

Grosseto, facendosi interprete e portavoce di molti contribuenti, ha colto l'occasione per rappresentare a Tei

le difficoltà a comprendere ed accettare l'evidente iniquità di una normativa, ancorché per il momento

legittima, che prevede la tassazione di terreni, edificabili solo sulla carta, e quindi senza alcun effettivo valore

attuale. Image: 20141105/foto/803.jpg

05/11/2014 8Pag. QN - La Nazione - Grosseto(diffusione:136993, tiratura:176177)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 26

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SONO 31 I GRUPPI CHE ENTRANO NEL PROGRAMMA DI PIAZZA AFFARI PER LA RACCOLTA DICAPITALI L'Elite di Borsa supera quota 200 La piattaforma si apre a sei campioni nazionali: Sia, Valvitalia, Maccaferri, Egea, Kedrion e Ansaldo Gli ultimidue accedono con serie intenzioni di quotarsi. Jerusalmi: nel 2015 attese circa 30 matricole Claudia Cervini Grazie ai 47 nuovi ingressi di ieri (31 in Italia e 16 nel Regno Unito) salgono a 200 le società che guardano

con interesse al mercato dei capitali attraverso il programma Elite, la piattaforma promossa da Borsa Italiana

per agevolare le pmi nella raccolta di risorse finanziarie, magari in prospettiva di una quotazione, ma non

necessariamente. Un laboratorio, tenuto a battesimo dall'amministratore delegato di Borsa italiana Raffaele

Jerusalmi e dal responsabile dei mercati primari Luca Peyrano, che per il primo anno ospita anche campioni

nazionali come Ansaldo Energia, approdata nel programma in prospettiva quotazione, o Kedrion

(farmaceutica), anch'essa entrata con serie intenzioni di quotarsi, oltre a Sia (soluzioni di pagamento) e

Valvitalia (componentistica per l'industria petrolifera). Sono tutte società partecipate dal Fondo strategico

italiano, alle quali si aggiungono Egea (energia) e il gruppo industriale Maccaferri (holding industriale).

Queste ultime sei realtà hanno fatto il loro ingresso nella piattaforma grazie all'inaugurazione della «Elite

Large Corporate», programma studiato ad hoc per accompagnare i grandi gruppi nel percorso di crescita. A

queste future matricole è andata anche la benedizione dell'ad del Fondo strategico italiano, Maurizio

Tamagnini: «I nostri investimenti si sposano bene con le aziende che accedono a Piazza Affari» in quanto,

«non siamo gestori, ma investitori di minoranza» e la via di uscita è proprio «la borsa», ha chiosato

Tamagnini Un tale fermento sulla piattaforma Elite rappresenta un buon segnale in un momento in cui

numerose società nelle scorse settimane, a pochi giorni dalla quotazione sul listino principale, hanno fatto

dietrofront. È il caso di Intercos, Rottapharm, Sisal, Fedrigoni, ItaliaOnline e Favini. Senza contare che

Massimo Zanetti Beverage Group e la casa editrice del Fatto Quotidiano hanno deciso di rinviare alla prima

metà del 2015, mentre i fondi azionisti di Ovs sono indecisi sul da farsi. «La causa», di questi rinvii, «è la

volatilità dei mercati», ha commentato Raffaele Jerusalmi, a margine dell'evento a MF-Milano Finanza.

«Prova ne è il fatto che abbiamo assistito a numerosi dietrofront anche a Londra, non solo a Piazza Affari»,

prosegue. «Sono convinto che queste realtà torneranno ad affacciarsi alla Borsa a partire dall'inizio del

2015», ha commentato l'ad. Borsa italiana, infatti, si attende circa 30 ipo nel 2015, di cui la metà arriveranno

sul listino principale e le successive sul mercato alternativo Aim (dedicato alle pmi), che continua a registrare

un notevole fermento. «Il motivo di questo successo è dovuto principalmente al fatto che il percorso che porta

alla quotazione all'Aim è più breve, quindi è più semplice agganciare la giusta finestra». Detto questo, l'unica

ipo che arriverà in questi ultimi mesi del 2014 sul listino principale è quella di Rayway, per le altre bisognerà

attendere l'anno successivo. Rientrano in Elite anche numerose pmi che intendono crescere sui mercati

internazionali: è il caso di Sim, attiva nel settore petrolchimico (50 milioni di ricavi attesi nel 2014) che intende

fare business nei mercati extra-europei, e del gruppo Gpi, specializzato nell'informatica sanitaria (64 milioni il

fatturato nel 2013) che vuole essere accompagnato nel percorso di internazionalizzazione. Il programma Elite

in questi due anni e mezzo ha visto nascere 13 operazioni di private equity, 10 minibond emessi per un

controvalore di 291 mln, 35 tra operazioni di m&a e costituzioni di joint-venture, 15 ipo allo studio e una sola

realizzata (TechValue), mentre 40 società sono state finanziate da Sace e Simest. (riproduzione riservata)

Fonte: Borsa italiana

I 31 NUOVI INGRESSI DELL'ELITE DI BORSA ITALIANA GRAFICA MF-MILANO FINANZA Ansaldo

Energia Antony Morato Bluclad Coswell Dorelan Egea Ente Gestione Energia e Ambiente ExitOne Fratelli

Damiano & C. Giglio Group Golden Goose Gruppo Gpi Gruppo Industriale Maccaferri Gruppo Servizi

Associati Integra Dm Kasanova Kedrion Marchi Industriale Omnisyst Pelletterie Bianchi E Nardi Piazza Italia

Ppm Industries Pusterla 1880 Raicam Industrie Rainbow Rch Group Rtl 102.5 Sia SIM Valvitalia Vicenzi Wiva

05/11/2014 1.17Pag. MF - Ed. nazionale(diffusione:104189, tiratura:173386)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 27

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Group Ingegneria industriale Prodotti per la persona e moda Chimica Prodotti per la persona e moda Prodotti

uso domestico ed edilizia Gas, acqua e servizi di pubblica utilità Servizi e investimenti immobiliari Produzione

di generi alimentari Media Prodotti per la persona e moda Software e servizi informatici Altri prodotti

industriali Servizi di supporto Software e servizi informatici Prodotti uso domestico ed edilizia Farmaceutica e

biotecnologia Chimica Servizi di supporto Prodotti per la persona e moda Prodotti per la persona e moda Altri

prodotti industriali Altri prodotti industriali Automobili e componentistica Media Hardware e strumenti

informatici Media Software e servizi informatici Distrib., servizi petrolio e gas naturale Distrib., servizi petrolio

e gas naturale Produzione di generi alimentari Prodotti uso domestico ed edilizia Liguria Campania Toscana

Emilia Romagna Emilia Romagna Piemonte Piemonte Siciila Lazio Veneto Trentino Alto Adige Emilia

Romagna Friuli Venezia Giulia Lombardia Lombardia Toscana Toscana Lombardia Toscana Campania

Lombardia Lombardia Abruzzo Marche Veneto Lombardia Lombardia Sicilia Lombardia Veneto Toscana

Settore Società Regione

Foto: Raffaele Jerusalmi

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 28

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Manifestazioni /news Tutto pronto per All Digital Smart Building Mancano solo pochi giorni all'appuntamento con All Digital - Smart Building, lo spazio organizzato all'interno

del SAIE di Bologna e dedicato alle tecnologie dell'abitazione e dell'uffi cio basate sull'utilizzo della rete Si

tratta di un evento di grande importanza per i protagonisti dell'edilizia del XXI secolo, un luogo dove le

aziende partecipanti potranno incontrarsi con gli oltre 80.000 visitatori professionali previsti come installatori,

progettisti di impianti, ingegneri, architetti, imprese di costruzioni e amministratori di condominio. Seminari,

convegni e tavole rotonde, costituiranno momenti di formazione fondamentali, in grado di tradurre in azioni

concrete il concetto che oggi, e ancor più domani, costituirà il valore aggiunto di un edifi cio, sia esso nuovo o

ristrutturato, ovvero la sua capacità di essere connesso al mondo attraverso le reti. Sono essenzialmente tre i

temi portanti del programma di seminari e convegni: broadband e broadcast ready, progettare lo Smart

Building, la fi gura professionale dello Smart Installer. La giornata di venerdì 24 ottobre è invece dedicata ai

meeting annuali con la rete di installatori di Open Sky e TivùSat. Attraverso i temi scelti, All Digital - Smart

Building coglie e propone al suo pubblico di riferimento le tendenze future del mondo dell'installazione e

dell'edilizia con il progetto nazionale di connettere gli edifi ci alla rete LAN. Le aree di Smart Building saranno

tre: RICEZIONE (ADSL, fi bra ottica, satellite), DISTRIBUZIONE (cablaggio, controllo e monitoraggio dell'edifi

cio), AREA APPLICAZIONE (audiovideo, climatizzazione, illuminazione, sicurezza, controllo da remoto dei

dispositivi). L'appuntamento è a Bologna dal 22 al 25 ottobre all'interno del SAIE, il Salone Internazionale

dell'Industrializzazione Edilizia. www.alldigitalexpo.it Ecco i seminari di approfondimento tecnico fi ssati in

agenda: 1. Reti e Impianti Integrati in ambito residenziale e aziendale La convergenza tecnologica in atto

pone sempre più il problema di un'impostazione unitaria dell'impiantistica dell'edifi cio nuovo o ristrutturato al

fi ne di dotare ogni singola unità (sia essa abitazione o uffi cio) dei livelli di connettività richiesti dall'utenza.

Argomenti trattati: - La coesistenza e interoperabilità tra rete fi ssa e mobile, reti aperte e proprietarie - Nuove

tipologie di rete - La ristrutturazione delle reti esistenti. 2. Il mercato dell'installazione nel mondo delle Reti e

Impianti Integrati per la "comunicazione digitale" La tradizionale professione artigiana ha subito una profonda

evoluzione che è andata di pari passo con l'evoluzione tecnologica. Una buona conoscenza del mercato

costituisce quindi un elemento indispensabile a pianifi care, dimensionare e sviluppare con successo la

propria attività. Argomenti trattati: - Analisi del mercato: Analisi dell'utenza, Quale dimensione applicativa,

Quale dimensione economica. - Analisi delle opportunità professionali: Valorizzazione dell'esperienza

acquisita, Modalità di adattamento professionale alle tecnologie "smart", Acquisizione di esperienza su

integrazione, Interoperabilità, Componibilità. 3. Il Quadro normativo di riferimento del mondo delle Reti e

Impianti Integrati per i servizi ICT La normativa, al pari della tecnologia, è in continua evoluzione e comporta

livelli diversi di responsabilità per chi opera nel campo dell'impiantistica TLC. Una conoscenza di base delle

principali leggi e dei regolamenti di riferimento è condizione indispensabile per svolgere la propria attività e

per informare correttamente i propri clienti. Argomenti trattati: - Le leggi italiane e comunitarie di riferimento -

La normativa tecnica - Attualità della legge 37/08 (riordino delle disposizioni in materia di attività di

installazione degli impianti all'interno degli edifi ci), D.M. 314/92 - L'Agenda Digitale: le direttive per il mercato

della comunicazione digitale. 4. La fi bra ottica come canale distributivo nell'ambito della convergenza

tecnologica L'immediato futuro proporrà sul mercato dei servizi digitali prodotti che richiedono una capacità di

trasmissione sempre più elevata. La fi bra ottica rappresenta oggi la risposta più adeguata a tali necessità,

anche nel campo della distribuzione del segnale all'interno di grandi complessi edilizi. Argomenti trattati: - La

fi bra ottica: il mezzo ideale di comunicazione nel mondo digitale - La fi bra ottica nelle reti IP e nelle

distribuzioni Broadcast - Trasmettitori ottici, link, budget di rete e ricezione ottica. 5. La funzionalità degli

impianti TV con l'avvento di LTE L'avvento della nuova generazione di telefoni mobili (evoluzione dei 3G) ha

comportato signifi cativi problemi per la ricezione del segnale televisivo digitale terrestre, imponendo nuove

05/11/2014 7Pag. Eurosat - N.261 - ottobre 2014

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 29

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regole per la realizzazione degli impianti. Argomenti trattati: - Stato dell'arte a due anni dal lancio LTE -

Raccomandazioni tecniche per l'impiantistica TV - Interferenze e le soluzioni possibili rispondenti alla "regola

d'arte". 6. L'importanza del marketing per il tecnico installatore nel nuovo mercato della ristrutturazione

edilizia In Italia il mercato della ristrutturazione edilizia costituirà nel futuro la parte più rilevante del mercato

immobiliare. Approcciare tale mercato con tecniche di marketing adeguate costituisce per l'azienda artigiana

un sicuro fattore di successo. Argomenti trattati: - Il mercato dell'installazione in tempi di crisi - Tecniche di

marketing nel campo dell'installazione - Come affrontare l'innovazione tecnologica per superare le aspettative

del cliente - Come risolvere i problemi e dare risposta ai desideri insoddisfatti del cliente - Come relazionarsi

con il cliente e creare valore.

05/11/2014 7Pag. Eurosat - N.261 - ottobre 2014

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 30

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COMUNICAZIONE COMMERCIALE Inseguendo un SOGNO Passione, grinta, entusiasmo e positività. Nonostante tutto, ancora oggi sono questi gli ingredienti delsuccesso, come dimostra questa storia Marco Paiano dice di essere un ragazzo come tanti nati a Matino (Le). Ma che abbia una marcia in più lo

dimostra il fatto che oggi, a 30 anni, partendo dal nulla abbia saputo creare un'azienda edile di successo, la

Sol. Edil. Group. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia e ha accettato con entusiasmo, perché è

convinto che sia necessario far passare, in questo momento di crisi e sfiducia, un messaggio positivo. «Come

tutti i bambini, racconta, ero attratto dalle gru, dagli escavatori, dai cantieri in genere. A 5 anni mi alzavo

presto la mattina per uscire sul balcone a guardare i cantieri all'opera. In campagna dai miei genitori giocavo

a fare piccoli muri. Una passione che è cresciuta fino alla fine delle scuole medie, poi, iniziata la scuola

superiore non ho più parlato di cantieri ma di divertimenti, discoteche, moto e locali, anche se d'estate facevo

qualche lavoretto per mettere da parte qualche soldo». E fin qui, tutto abbastanza normale. Poi cosa è

cambiato? «Arrivati i fatidici 18 anni, capii che la mia passione si stava risvegliando. Così dissi a mio padre

che appena finita la scuola avrei voluto aprire una piccola impresa... E lui, da buon consulente bancario mi

disse che era troppo rischioso. Ma io, testardo, di nascosto con quei pochi risparmi che avevo, decisi di

comprare un camioncino vecchissimo, del 1962. Finiti gli esami, iniziai a fare trasporti di materiale, lavorando

15 ore al giorno... E così, il 13 gennaio 2006 è nata la Soledil Servizi e Costruzioni di Marco Paiano. Assunti i

miei primi quattro dipendenti iniziai piccoli cantieri, tutti i ricavi li investivo in attrezzature, essendo molto

aggressivo con i prezzi riuscii a farmi spazio. Insomma, avevo fame di lavoro, dovevo crescere». E oggi?

«Oggi, quasi senza accorgermi, mi ritrovo con 40 dipendenti e con tante commesse abbastanza importanti.

La società si è trasformata in Sol. Edil. Group, possiede un vasto parco macchine, l'attestazione Soa che ci

permette di partecipare a grossi appalti, la certificazione di qualità ISO 9001, un ufficio tecnico con ingegneri

e geometri qualificati. Nel frattempo mi sono sposato e ho due figli bellissimi che hanno già il cantiere nel

sangue. Ma dopo tanto lavoro, sento di aver realizzato il mio sogno solo a metà. Voglio far crescere la mia

azienda, spostarmi fuori dalla Puglia e confrontarmi con realtà più grosse, è la mia passione e ci credo

tanto». Insomma, un'azienda in controtendenza. Qual è il vostro segreto? «La crisi che ha colpito l'edilizia sta

facendo strage di imprese storiche, ma 10 non ho paura perché vengo dal nulla. Quest'anno abbiamo

fatturato 11 doppio dell'anno scorso e le previsioni del 2015 sono quelle di triplicarlo. Oggi non bisogna

pensare ai profitti, ma investire, sapersi adattare a ogni situazione. Secondo me un'azienda, piccola o

grande, se ha la grinta non rimarrà mai senza lavoro. Bisogna essere positivi, non conosciamo la malattia, il

freddo, non conosciamo la parola crisi né la parola "mollare"...». Che consigli darebbe a chi oggi progetta di

avviare una nuova attività imprenditoriale? «Chi decide di fare impresa oggi deve innanzi tutto amare la sua

attività quasi più di ogni altra cosa, perché una nuova azienda è come un neonato, va assistita, coccolata e

seguita passo dopo passo per sempre, soprattutto deve sapere che i profitti veloci non esistono». Cosa si

sente di dire ai suoi colleghi imprenditori sfiduciati a causa della crisi, dell'immobilità delle banche e di una

burocrazia che invece di aiutare, pone solo ostacoli? «Secondo me ogni azienda in questo periodo ha

bisogno di una riorganizzazione per capire gli obiettivi da raggiungere. Bisogna sapersi adattare a ogni

situazione, snellire e puntare magari a un settore specifico, specializzandosi e investendo in attrezzature. Alle

banche bisogna affidarsi solo in caso di estrema necessità. Noi stiamo crescendo e ci finanziamo con gli utili

senza chiedere sostegno alle banche. È l'unico modo per essere indipendenti».

Foto: ' Marco Paiano

Foto: I due figli di Marco Paiano: Mattìa (2 anni) e Daniele (5 anni) già mostrano la stessa passione del padre

per i cantieri edili. © Sol. Edil. Group Sri www.soledilgroup.it

05/11/2014 150Pag. Millionaire - N.11 - novembre 2014(diffusione:91000, tiratura:140000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 31

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SCENARIO ECONOMIA

23 articoli

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Allarme dall'Europa: il debito è troppo alto «Nel 2015 il picco del 133,8%, la ripresa più lenta del previsto». Si apre il caso Germania Luigi Offeddu BRUXELLES «La ripresa economica non sta avvenendo con la rapidità e con la forza che ci attendevamo a

primavera». Dunque ancora «crescita debole» ovunque, nel 2014 (+1,3 nell'Ue, +0,8% nella zona euro) con

lenta ripresa solo a partire dal 2015, quando gran parte dell'Unione Europea tornerà a crescere più dell'1%.

«Crescita deludente» anche per la Germania: la Commissione stima un calo dall'1,3% di quest'anno all'1,1%

nel prossimo.

Nelle previsioni economiche d'autunno due commissari Ue, Jyrki Katainen e Pierre Moscovici, fra i più

importanti perché si occupano di crescita e di affari economici, certificano l'annaspare dell'eurozona: «I suoi

risultati sono i peggiori dell'Ue, come di altre regioni extra-Ue». E al centro dell'eurozona, sta l'Italia: crescita

del Pil ancora negativa, a quota -0,4% nel 2014, con leggera risalita al +0,6% nel 2015 e al +l,1% nel 2016;

debito pubblico che continua a salire in rapporto al Prodotto interno lordo (132,2% nel 2014, «picco» mai

prima raggiunto del 133,8% nel 2015, tuttora il debito più grande in Europa dopo quello della Grecia); tasso di

disoccupazione a livelli «storicamente alti» (inchiodati sul 12,6% sia nel 2014 che nel 2015, annunciati in

discesa al 12,4% solo nel 2016); una disoccupazione che viene dipinta drammaticamente da Bruxelles «con

possibili effetti di isteresi»: cioè di accumulo «ereditario», dalle crisi precedenti, quasi fuori controllo. E infine

deficit pubblico che giunge a toccare il fatidico 3% del Pil nel 2014, per poi planare verso il 2,7% nel 2015, e

verso il 2,2 nel 2016. L'inflazione resta bassa, troppo bassa. C'è anche una constatazione di nicchia, che

però la dice lunga sull'andamento della barca italiana: nel 2013 vi è stata una «crescita marginale» di alcune

entrate, dovuta solo «all'Iva e alle tasse sulla proprietà che compensano un calo nelle tasse sull'impresa».

In definitiva la Commissione ritiene che l'Italia potrà correre nuovi rischi se ritarderà ancora la ripresa della

domanda esterna; ma dice anche che «le sue prospettive di crescita potrebbero trarre beneficio da un

effettivo compimento del processo delle riforme».

La campionessa della crescita nel 2015, forte di un Pil che sale del 3,6%, dovrebbe essere l'Irlanda che 4

anni fa era in bancarotta. Un altro cavallo ben piazzato, con Pil a quota +2,9% dovrebbe essere la Grecia, un

tempo fanalino di coda. La Francia riottosa deve rassegnarsi a «una crescita molto lenta» (+0,7% nel 2015).

C'è infine una sorpresa: nel 2014 la Finlandia, già alfiere della crescita europea, vede il suo Pil calare dello

0,4%, né più né meno come l'Italia.

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Fonte: Commissione europea Corriere della Sera Le previsioni della Commissione europea Il gap di

investimenti (Pil reale e investimenti) Pil (in %) Debito (% del Pil) Inflazione (in %) Disoccupazione (in %) 105

100 95 90 85 80 75 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2013 2014 2015 2016 2013 2014 2015 2016

2013 2014 2015 2016 2013 2014 2015 2016 Italia Francia Germania -1,9 -0,4 0,6 1,1 0,3 0,3 0,7 1,5 0,1 1,3

1,1 1,8 127,9 132,2 133,8 132,7 92,2 95,5 98,1 99,8 76,9 74,5 72,4 69,6 1,3 0,2 0,5 2 1 0,6 0,7 1,1 1,6 0,9

1,2 1,6 12,2 12,6 12,6 12,4 10,3 10,4 10,4 10,2 5,3 5,1 5,1 4,8 60 0 0 0 Investimenti pubblici Investimenti

privati Pil Pil (esclusi investimenti)

InflazioneL'inflazione italiana tornerà al 2% nel 2016 prevede la Commissione europea. L'indice armonizzato dei prezzi

al consumo, negativo nel terzo trimestre del 2014, nei prossimi mesi resterà basso. Poi l'anno prossimo salirà

allo 0,5%, spinto dall'aumento dei prezzi dell'import e da una piccola ripresa dei consumi. Nel 2016 il nuovo

balzo fino al 2% incorpora l'aumento dell'Iva, contenuto nella legge di Stabilità per salvaguardare gli obiettivi

fiscali. Fino ad allora le aspettative di bassa inflazione, insieme con la persistente alta disoccupazione Il

05/11/2014 4Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 33

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nuovo taglio del cuneo fiscale programmato dal governo contribuirà ad abbassare la pressione sul costo del

lavoro. Il risultato: una decelerazione del costo unitario reale, che passerà dallo 0,4% del 2014 fino a -1% nel

2016, grazie anche a qualche miglioramento della produttività.

05/11/2014 4Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 34

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La storia Il circolo (vizioso) degli interessi Un macigno da 80 miliardi l'anno Con le privatizzazioni lo stock aveva sfiorato il 100% del Pil Il «minimo» nel 2007 al 103,3%, poi è tornato asalire Pietro Bastogi, 1861 «Perché l'Italia meriti il credito di tutta l'Europa deve rispettare i debiti contratti» Sergio Bocconi Peccato originale, Moloch, Dna. In qualsiasi modo lo si voglia definire il debito pubblico italiano nasce e

cresce con il Paese: quando il ministro delle Finanze Pietro Bastogi parla alla Camera il 29 aprile 1861 dice

parole che oggi potrebbero essere definite di «stringente attualità»: «Perché l'Italia meriti il credito di tutta

l'Europa deve cominciare a rispettare i debiti contratti...». Inizia così la lunga marcia del debito pubblico

italiano che Quintino Sella riporta in sostanziale pareggio nel 1876.

Cent'anni dopo siamo ancora «virtuosi»: nel 1975 il debito ha già fatto un primo balzo ma è ancora pari al

56% del Pil. A pagare in parte le «spese» è chi incassa interessi reali negativi di sette punti. Ed è il caso di

sottolineare il costo del debito perché in futuro, cioè in questi ultimi dieci anni, sarà invece questo un

autentico macigno per l'Italia, soprattutto in presenza di una crescita del Pil nominale pari a zero e negativa in

termini reali. Circa 80 miliardi di media l'anno che contribuiscono a depotenziare qualsiasi politica economica.

Sono interessanti a questo proposito le analisi condotte da esperti come Roberto Artoni (che ha scritto «Il

debito pubblico in Italia dall'unità ad oggi») professore ordinario di Scienza delle finanze alla Bocconi. Perché

è nell'equilibrio fragile fra le varie componenti macroeconomiche che si viene formando il disequilibrio che

farà esplodere il debito pubblico italiano. Nel 1970 la situazione della finanza pubblica è «normale»: la spesa

è pari al 33% del Pil e il debito al 37,1%. Seguono dieci anni di governi Rumor, Colombo, Andreotti, Moro,

Cossiga, Forlani, nei quali «turbolenze» sociali, rallentamento dell'economia, costituzione di un welfare in

parte «elettorale» e alta inflazione conducono un primo ribaltamento della situazione. Nel 1980 la spesa è

così aumentata di otto punti al 40,8% del Pil mentre le entrate, cioè il gettito fiscale, cresce della metà. Il

debito è 56,1%, il peso degli interessi passa dall'1,3 al 4,4% ma con i prezzi che aumentano al 21,1% l'anno i

tassi reali sono negativi del 5,8%.

Iniziano gli anni del craxismo e la spesa si impenna ulteriormente portandosi nel 1985 al 50% del Pil. Sono

però anche anni caratterizzati da un'inversione di tendenza nelle politiche monetarie internazionali che si

inaspriscono a partire dall'America reaganiana. Nell'85 in Italia, (nonostante il buon andamento

dell'economia) il debito sul Pil «vola» all'80,5% ed è importante osservare che se il totale della spesa pubblica

cresce di cinque punti, gli interessi raddoppiano all'8,4% del Pil con tassi reali che adesso favoriscono i

sottoscrittori dei titoli di Stato perché sono positivi e pari al 4,5%. Il macigno pesa.

Il trend prosegue negli anni successivi e il debito che nel '90 è al 94% nel 1992 supera la soglia del 100%:

siamo al 105%. Cambiano i governi, da Andreotti ad Amato e Ciampi, scatta l'adesione al trattato di

Maastricht (che entra in vigore nel novembre del '93) e cadono anche i tassi e il loro peso relativo su spesa e

Pil. Nel '92-93 cominciano anche le privatizzazioni che vedono Romano Prodi prima alla guida dell'Iri e poi nel

'96 all'esecutivo. Le cessioni di banche e aziende di Stato con lo smatellamento delle partecipazioni statali

«fruttano» complessivamente 127-130 miliardi. Grazie dunque al combinato disposto di aumento delle

entrate, riduzione delle spese, ritorno all'avanzo primario e un forte calo del peso degli interessi (che passano

dal 10,1% nel '95 al 3,2% nel Duemila) il rapporto fra debito e Prodotto interno lordo scende dal 121% del '94

al 108 del 2001. Per toccare il «minimo» nel 2007 al 103,3% quando al governo c'è di nuovo Prodi.

Ebbene: come e perché in meno di dieci anni si torna al 134%? L'avanzo primario è pari in media al 2%, la

spesa, al netto delle cessioni pubbliche, resta intorno al 50% del Pil e anche le entrate non registrano rilevanti

variazioni. Ma mentre il Pil cresce zero in termini nominali e ha segno meno in termini reali, gli interessi

rappresentano in media sempre il 5% circa del Pil. Il debito, nonostante i tassi bassi e lo spread relativamente

contenuto, costa. Tanto.

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Le tappe Il boom del debito

negli anni 80 Nel 1980 l'Italia aveva un debito pubblico inferiore al 60% del Pil. Nel '92 il debito supera quota

100% del Pil (105,2%). Per questo ai governi Craxi degli anni 80 è spesso associato l'aumento

del debito pubblico Dal '95 al 2005 il difficile rientro Dal '95 al 2005, periodo che comprende il settennato di

Carlo Azeglio Ciampi presidente della Repubblica, il debito scende dal 121,20% nel '95 (governo Dini); al

103,9% nel 2004 ( Berlusconi) Il calo rinviato Crescita nel 2015 Dal 2005 il debito riprende a salire. Si arriva

al 106,6% nel 2005 e 106,8% nel 2006. Nel 2015 potrebbe toccare il 133,8%. La diminuzione del debito è

rinviata al 2016, quando si prevede un rapporto con il Pil al 132,7%,

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POLITICA 2.0 Mercati & Europa Se il trader chiede: il 40,8% è l'Italia? Isabella Bufacchi Non sono convinti, i mercati. Non sono convinti che quel 40,8%, il risultato storico di Pd e Renzi alle ultime

elezioni europee, sia ancora attuale, vero. «Renzi, sì, certo, vuole cambiare l'Italia. Ma l'Italia, vuole

cambiare?», mi ha chiesto cupo un fund manager straniero.

Ho incontrato nei giorni scorsi una delegazione di investitori istituzionali, strategist e banchieri in visita a

Roma tutti dai Paesi "core", quelli più al Nord dell'Europa e quelli più lontani dall'Italia, non soltanto in linea

d'aria. I nostri numeri, li conoscono a memoria: dalla recessione, che rischia di trasformarsi in stagnazione, al

debito/Pil inchiodato sopra il 130% (le previsioni d'autunno della Commissione e il sovereign snapshot di Fitch

ieri oscillavano da un minimo del 131,6% a un massimo del 133,8% per il triennio 2014-2016). Ma sono i

numeri della politica che mettono a disagio i mercati. Quel 40,8% conquistato da Renzi alle europee di

maggio, se vi fosse la certezza che possa riflettere realmente la presa del premier sul Paese, sarebbe il più

grande numero per gli investitori nordici - e non solo - perché sarebbe una garanzia per quelle riforme

strutturali necessarie per rafforzare la crescita potenziale del paese.

«Che Renzi ce la stia mettendo tutta per riformare l'Italia, lo posso anche credere. Ma l'Italia è pronta ad

accettare cambiamenti così radicali? Da che parte sta l'elettorato italiano, dalla parte delle riforme o della

conservazione delle cose così come stanno?», si domandava l'investitore scettico, ricordando che da oltre

due decenni l'Italia promette di cambiare e non lo fa.

Quel 40,8% i mercati lo cercano affannosamente ogni qual volta Renzi affronta a voce grossa i sindacati

sull'articolo 18 e il Jobs Act: non hanno tutti gli elementi per interpretare gli scontri di piazza, i manganelli, la

Fiom, gli scioperi, per capire fino a che punto l'Italia sia quella rilanciata dai siti, dalla televisione, dalle

fotografie. La riforma del mercato del lavoro, considerata chiave per il rafforzamento dello sviluppo

economico, va avanti se percentuali importanti di disoccupati e lavoratori la vogliono tanto quanto Renzi.

«Ma Renzi ha una squadra, ha un partito che lo segue oppure sarà da solo a combattere tutte le grandi

battaglie?», è l'interrogativo che un grande fund manager "core" ha rivolto su quel 40,8% in termini di

sostegno all'interno del Partito Democratico. Una giornata come quella di ieri ha tante, troppe sfumature, per i

mercati che si basano sui fatti: sul fatto, per esempio, che in Parlamento la "vecchia" guardia del Pd pesa

ancora. Ma per un fixed-income strategist è un gran mal di pancia la newsletter diramata ieri sera dal vice

presidente della Camera Marina Sereni, se mai venisse intercettata dal monitor di un trader: «Questa sera

(ieri per chi legge) i gruppi Pd di Camera e Senato incontreranno il segretario del partito, nonché presidente

del consiglio...Nei prossimi due mesi il Pd in parlamento deve dimostrare se ha preso sul serio oppure no

quel 40,8%». Alla fine della riunione, interlocutoria, Renzi ha affermato che «dall'1 gennaio il jobs act deve

entrare in vigore. L'1 gennaio è la deadline», usando il termine in inglese "deadline" forse proprio per

rivolgersi ai mercati.

Renzi è riuscito finora a convincere i mercati che lui l'Italia la vuole cambiare seriamente, per tornare a

crescere. Ora deve convincerli che ha convinto gli italiani, a cambiarla, l'Italia. Questo è il vero salto di qualità,

quello che può trasformare gli acquisti in titoli di Stato italiani dalla modalità "trading" a quella "investment".

@isa_bufacchi

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40,8 percento

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L'ANALISI La procedura da non aprire Dino Pesole In un contesto europeo di «ripresa lenta», con il Pil dell'Italia che secondo la Commissione Ue calerà dello

0,4% quest'anno per poi risalire nel 2015, ma non oltre lo 0,6%, sarebbe una scelta miope aprire una

procedura d'infrazione nei confronti del nostro Paese per violazione della «regola del debito».

Anche perché risulta singolare che, dopo la trattativa dei giorni scorsi che ha condotto al potenziamento della

riduzione del deficit strutturale per il 2015 dallo 0,1% allo 0,3%, nelle nuove stime diffuse ieri si ritorni di fatto

allo 0,1 per cento (dallo 0,9% di quest'anno si passerà allo 0,8% e di nuovo in incremento fino all'1 per cento).

Il motivo? Le divergenze che continuano a persistere nella stima del prodotto potenziale. Una sorta di

«fantasma di difficile quantificazione con elevati margini di incertezza» - lo definiscono sulla «Voce.info»

Carlo Cottarelli, Federico Giammusso e Carmine Porello - e tuttavia fondamentale perché è proprio su di

esso che vengono costruite le politiche di consolidamento fiscale.

Quanto all'anno in corso, si cammina sul filo dei decimali. Stando alla Commissione Ue, il deficit salirà

quest'anno al 3%, per scendere al 2,7% nel 2015 «dopo aver incorporato la legge di stabilità, le misure

addizionali annunciate il 27 ottobre, e il calo della spesa per interessi». Poiché la previsione di crescita della

Commissione differisce (se pur di un solo decimale) da quella governativa, potrebbe esservi un effetto se pur

minimo di incremento del deficit, rendendo con ciò necessaria una mini-correzione in corso d'opera (come

accadde lo scorso anno al governo Letta che varò una manovra autunnale da 1,6 miliardi). Eventualità da

scongiurare, poiché in questa fase dell'anno l'unica strada per reperire risorse aggiuntive sarebbe il ricorso

ad aumenti d'imposta.

Debito in aumento (132,2% quest'anno e 133,8% il prossimo) e deficit strutturale che per la Commissione si

attesterà quest'anno allo 0,9%, per ridursi allo 0,8% nel 2015 e risalire all'1% nel 2016. Il combinato di questi

due fondamentali indicatori potrebbe aprire la strada - qualora prevalesse la logica della rigida applicazione

delle attuali regole di bilancio - a una nuova richiesta di misure correttive aggiuntive. Servirebbero

probabilmente a evitare una procedura d'infrazione per squilibri macroeconomici eccessivi, ma porrebbero a

serio rischio la già timida ripresa prevista a partire dal prossimo anno.

Il passaggio decisivo per appurare quale strada deciderà di seguire la nuova Commissione guidata da Jean-

Claude Juncker si colloca a ridosso delle riunioni già fissate in novembre: il 12 (ma la data non è ancora

ufficiale) è in programma il giudizio dell'esecutivo comunitario sulle leggi di stabilità (preceduto dalla

ricognizione preliminare in sede di eurogruppo giovedì). Poi dovrebbe essere una nuova riunione

dell'eurogruppo il 21 novembre a esprimersi nel merito. Nel mirino sono le manovre di bilancio di Italia,

Francia e Austria. Se ne deduce che la scelta adottata la scorsa settimana dalla Commissione Barroso di non

respingere tout court alcuna legge di stabilità è stato solo il primo tempo della partita. Ora si sta per giocare il

secondo tempo, quello in cui vanno calate le carte di cui il governo può disporre: la scommessa delle riforme,

tempi certi di approvazione della delega sul lavoro e iter rapido per il varo dei relativi decreti legislativi, il

ricorso alle «circostanze eccezionali» che motivano lo scostamento dall'obiettivo di medio termine (il pareggio

di bilancio), e che Bruxelles sembra negare. Non è detto che si riesca a convincere la Commissione, ma di

certo il punto di caduta sarà politicamente rilevante, non fosse altro perché sub iudice sono i conti di Francia

e Italia, vale a dire della seconda e terza economia europea. Il governo - lo ha ribadito ieri il ministro Padoan

alla Camera - intende avvalersi della «flessibilità concessa dalla legislazione nazionale e dai regolamenti

europei». La richiesta è che venga applicata la clausola sulle riforme, in base alla quale è possibile la

«deviazione temporanea» dall'obiettivo di medio termine e venga riconosciuto come fondato il ricorso alle

circostanze eccezionali (è il terzo di recessione).

La questione - lo rilevano ancora Cottarelli, Giammusso e Porello - è che la bassa crescita/recessione del Pil

effettivo «impatta sulla stima del Pil potenziale mediante procedure statistiche che finiscono per accentuare

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l'intensità di tale relazione al prolungarsi della crisi». In poche parole si tende a sottostimare l'ampiezza del

ciclo economico, e a interpretare come «strutturali gli sviluppi economici recenti». Non si tratta evidentemente

di semplici esercizi statistici. L'impatto di termini di policy è evidente. Un argomento in più per Matteo Renzi e

Pier Carlo Padoan, per provare a spuntare margini effettivi di flessibilità.

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INTERVISTA FOCUS FINANZA Cimbri: Unipol esce da Ania Laura Galvagni Il ceo del gruppo Unipol annuncia al Sole 24 Ore la decisione della società di lasciare l'Ania. La scelta verrà

formalizzata nel prossimo cda in calendario il 13 novembre: «UnipolSai non si riconosce e non si sente

rappresentata dall'Ania attuale». Per Carlo Cimbri la governance andrebbe completamente riformata. Il

gruppo ha avanzato delle proposte ma sono rimaste inascoltate: «Non c'è la volonta dell'associazione di

autoriformarsi»

Laura Galvagni u pagine 27-28

«Unipol non si riconosce e non si sente rappresentata nell'Ania attuale». Il giudizio è netto e non ammette

appelli. A formularlo è Carlo Cimbri, ceo del Gruppo Unipol, che ha deciso di condividere con Il Sole 24 Ore

l'amarezza di una scelta irrevocabile: «Dopo il consiglio di amministrazione della trimestrale, convocato per il

prossimo 13 novembre, formalizzeremo la decisione di uscire dall'Associazione».

La scelta ha certamente dell'epocale poiché porta al di fuori del perimetro dell'Ania una compagnia che vale

un terzo del mercato danni del paese. Una compagnia che è a un passo, in termini di portafoglio premi, dalle

Generali e da Intesa Sanpaolo Vita. «Ma - assicura Cimbri - non poteva essere altrimenti. In questi mesi

abbiamo cercato di imprimere una spinta riformista a un organo ormai trasformatosi in una sorta di club

autoreferenziale. Le nostre perplessità e le nostre proposte, quando avanzate ai rappresentanti

dell'Associazione, sono cadute nel vuoto». A Unipol, dunque, non restava che un'opzione: abbandonare

un'associazione che non ritiene più «adeguata ai tempi che cambiano».

Laura Galvagni

u Continua da pagina 27

Quali sono le ragioni che vi hanno spinto a una scelta così radicale?

Il mercato assicurativo non è percepito per quello che rappresenta o potrebbe rappresentare nell'economia

italiana e questo è colpa, in gran parte, di noi assicuratori. Perché il settore diventi effettivamente

protagonista è necessario poter contare su un organo di rappresentanza, l'Ania, che sia attivo, propositivo e

partecipe. Non un ente che si limiti a giocare di rimessa, con una politica sostanzialmente conservatrice.

L'Ania in questi anni ha combattuto molte battaglie...

Sì, ma io guardo al futuro. E per poter essere davvero attiva, l'associazione dovrebbe avere una capacità di

rappresentanza che nella conformazione attuale non riteniamo realizzabile.

È una questione di governance?

Certamente sì, è un tema di governance. Unipol non sta esprimendo alcuna valutazione negativa sulla

struttura tecnica dell'Ania.

Che cosa non funziona quindi, a suo parere, dell'organizzazione attuale?

Ania oggi funziona con un comitato esecutivo composto di 30 membri. Dieci, da statuto, spettano alle cinque

compagnie più grandi, 14, ossia uno ciascuno ai gruppi che occupano dalla sesta alle 19esima posizione, e i

restanti 6 li nominano le società più piccole. Ma al di là della composizione ciò che preme è il numero dei

membri del comitato. Come può un organismo esecutivo essere composto da 30 soggetti? È un assemblea,

non un comitato. E infatti in quelle riunioni si dibatte del più e del meno ma non si forma una volontà

ragionata sulle necessità del settore.

Vorrebbe un'Ania riservata ai grandi gruppi?

No, il contrario. Rappresentando un gruppo importante sentiamo maggiormente l'esigenza di partecipare ad

un'Associazione forte nei contenuti e realmente rappresentativa del settore. A tale fine riteniamo necessario

un comitato esecutivo con meno persone e più proposte.

Ne fa una questione anche di guida operativa? È un atto di sfiducia all'attuale presidenza?

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 40

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Riteniamo che il governo dell'Ania debba essere affidato a personalità autorevoli, capaci di interloquire con le

autorità italiane e con quelle internazionali, con le istituzioni e i decisori politici e di fare adeguata sintesi fra le

diverse anime del settore. Si potrebbe anche pensare di scegliere una figura esterna al mondo assicurativo

anche per dare un segnale che l'Ania non è solo sinonimo di difesa di interessi corporativi. Ci piacerebbe

un'Ania che sappia proporre, comunicare e farsi ascoltare.

Unipol non poteva provare a promuovere dall'interno questo cambiamento invece che optare per una scelta

così netta?

In questi mesi di confronto abbiamo rilevato che non c'è la volontà dell'Associazione di autoriformarsi al

proprio interno.

Quando lascerete dunque l'Ania?

Dopo il consiglio di amministrazione del prossimo 13 novembre formalizzeremo la nostra uscita.

È possibile un ripensamento?

No, è una decisione già maturata. Anche dopo l'uscita dall'Ania continueremo comunque ad applicare ai

nostri dipendenti il contratto nazionale collettivo di lavoro ma non parteciperemo più alla vita

dell'Associazione.

Ma quali sono i temi di cui Ania avrebbe dovuto occuparsi e che non ha portato avanti?

Non si tratta di non aver saputo individuare temi chiave per il settore, che sono noti. Penso alla sanità, ai

rischi catastrofali, alla previdenza, agli investimenti infrastrutturali, oltre ovviamente all'Rc Auto. Si tratta

piuttosto di domandarsi se l'Ania nella sua conformazione attuale sia un interlocutore incisivo ed efficace. Noi

pensiamo di no.

Siete soli in questa battaglia contro l'Ania o il malcontento serpeggia anche al vertice di altre compagnie?

Questa non è una battaglia contro qualcuno ma piuttosto una valutazione autonoma di Unipol che non

coinvolge altre compagnie. È Unipol che non ritiene sensato avallare uno status quo che non condivide.

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Foto: La sede di Unipol

Foto: Al vertice di UnipolSai. L'amministratore delegato Carlo Cimbri

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L'Europa e i mercati LA RIPRESA CHE NON C'È Sempre più debole l'economia Ue Stime nettamente al ribasso soprattutto per Germania e Francia, bene Irlanda e Grecia Beda Romano BRUXELLES. Dal nostro corrispondente

È una situazione economica pessima quella tratteggiata ieri dalla Commissione europea nel primo rapporto

autunnale del nuovo esecutivo comunitario guidato da Jean-Claude Juncker. I segnali di ripresa sono

debolissimi proprio mentre l'esecutivo comunitario sta lavorando su un nuovo piano di investimenti che la

Germania continua a guardare con sentimenti contrastanti. Mentre i grandi paesi della zona euro arrancano,

gli stati sotto programma stanno dimostrando un'inattesa vitalità.

«I rischi al ribasso per la crescita continuano a dominare», ha detto in una conferenza stampa qui a

Bruxelles il nuovo commissario agli affari monetari Pierre Moscovici. «Non vi è una sola e semplice risposta

alla crisi. Tutti i livelli di governo devono mobilitare politiche economiche rivolte sia alla domanda che

all'offerta». La Commissione prevede una crescita nella zona euro dello 0,8% nel 2014 e dell'1,1% nel 2015

(in calo rispetto a maggio quando le stime erano rispettivamente dell'1,2 e dell'1,7%).

Le nuove previsioni sono in linea con quelle di altre istituzioni. I tre più grandi paesi della zona euro stanno

frenando l'economia della zona euro nel suo complesso. La Germania, in particolare, ha visto le previsioni

della Commissione calare per il 2014 dall'1,8 all'1,3% e per il 2015 dal 2,0 all'1,1%.

A proposito della Repubblica Federale, il vice presidente dell'esecutivo comunitario Jyrki Katainen, anch'egli

presente alla conferenza stampa di ieri qui a Bruxelles, ha ammesso che la Germania «ha una crescita

superiore alla media europea» e proprio per questo motivo «può avere un ruolo significativo nello stimolare

l'economia della zona euro». Ciò detto, ha aggiunto: «Abbiamo bisogno di più motori per la crescita, se

vogliamo che la moneta unica sopravviva».

In questo contesto, sia Moscovici che Katainen hanno ribadito ieri come il piano di investimenti da 300

miliardi di euro, promesso da Juncker prima della pausa estiva, sia cruciale per sostenere la domanda e

lottare contro la minaccia di deflazione. Il pacchetto dovrebbe essere presentato prima della fine dell'anno,

ma vi sono gravi incertezze sul mix tra fondi privati e fondi pubblici. Ancora ieri da Berlino il cancelliere

Angela Merkel ha detto: «Investimenti sono necessari, ma senza nuovo debito».

Mentre la Banca centrale europea cerca disperatamente di riportare l'inflazione in linea con il suo obiettivo -

sotto ma vicino al 2,0% annuo - anche con acquisti controversi sul mercato, la Commissione non vede alcun

rischio di «evidente deflazione». L'inflazione dovrebbe essere dello 0,5% nel 2014 e dello 0,8% nel 2016. Ciò

detto, dei diciotto paesi della zona euro, cinque avranno quest'anno un'inflazione negativa o uguale a zero,

complice una disoccupazione nell'unione monetaria all'11,6% nel 2014. Infine, consapevoli di aver un ruolo

ingrato di controllo delle politiche nazionali, in un momento sociale esplosivo in molti paesi europei, Katainen

e Moscovici hanno voluto sottolineare come la situazione negli stati membri che hanno ricevuto l'aiuto

finanziario europeo stia migliorando sensibilmente. «L'Irlanda - ha detto il vice presidente della Commissione

- è il paese con la crescita maggiore. La Grecia ha una crescita molto al di sopra della media europea,

mentre il Portogallo ha una crescita vicina alla media».

© RIPRODUZIONE RISERVATA La Commissioneeuropeaha pubblicato l'outlook di autunno sui Paesi

dell'Unione, ritoccando ancorauna volta le sue previsioni sul Pil reale (variazione percentuale annua stimata

nel 2014) Il barometro di Bruxelles -0,4 +1,3 +2,7 +1,9 -2,8 +2,0 +3,0 +0,6 +1,2 +2,4 -0,7 +2,4 +3,0 +2,0 +0,8

+0,9 +3,0 +3,1 +4,6 +0,9 +1,2 +0,9 +2,6 -0,4 +3,2 +2,5 +0,3 +0,7 Austria Croazia Cipro Bulgaria Grecia

Danimarca Olanda Belgio Francia Finlandia Portogallo Spagna Slovenia Malta Ungheria Estonia Lettonia

Lituania Romania Polonia Rep. Ceca Slovacchia Svezia Germania Lussemburgo Irlanda Regno Unito Italia

<0 0,1 - 2,0 >2,1 +0,8 Area Euro +1,3 Unione Europea

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 42

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Foto: - Fonte: Commissione Europea

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 43

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L'Europa e i mercati LE STIME DELLA COMMISSIONE UE Debito e deficit, la Ue avverte l'Italia Disavanzo strutturale stabile nel 2015 e in aumento dal 2016 - Rischi di procedura d'infrazione «RIPRESAFRAGILE» Bruxelles rivede al ribasso le stime sul Pil: -0,4% quest'anno, +0,6% nel 2015 Il debito calerà solodal 2016 ma sarà comunque al 132,7% Beda Romano BRUXELLES. Dal nostro corrispondente

La Commissione europea ha pubblicato ieri nuove previsioni da cui emergono dubbi sulla politica economica

italiana. Il rischio che Bruxelles chieda al governo Renzi nuove misure di risanamento delle finanze pubbliche

è reale, tenuto conto che Bruxelles non considera l'attuale situazione «una circostanza eccezionale», ai sensi

del Trattato. Sull'Italia pesa la minaccia di una nuova procedura per squilibrio macroeconomico eccessivo.

L'esecutivo comunitario ha avvertito che il disavanzo italiano è destinato a raggiungere quest'anno il 3,0%

del prodotto interno lordo. L'esecutivo comunitario - che parla di «fragile ripresa» l'anno prossimo - ha inoltre

rivisto al ribasso le stime di crescita per il 2014 e per il 2015. «Dopo una ulteriore contrazione dell'economia

nel 2014, l'accelerazione della domanda esterna dovrebbe consentire una fragile ripresa nel 2015», si legge

in un rapporto reso pubblico ieri qui a Bruxelles.

La Commissione prevede una contrazione dell'economia italiana dello 0,4% quest'anno. La precedente

previsione, che risale a maggio, era di una crescita dello 0,6%. La nuova stima è in linea con quella di altre

istituzioni internazionali. Nel 2015, Bruxelles prevede invece una crescita dello 0,6% (1,2% in maggio). Sul

fronte delle finanze pubbliche, la Commissione europea è pessimista: prevede un deficit del 3,0% del Pil

quest'anno e del 2,7% del Pil nel 2015 (in maggio le stime erano 2,6 e 2,2%).

Respingendo l'ipotesi italiana di chiedere attenuanti per gli sforamenti di bilancio, in una conferenza stampa,

il nuovo commissario agli affari monetari, Pierre Moscovici, ha spiegato: «Non abbiamo considerato che

esistano a livello di zona euro circostanze eccezionali, così come definite dalle regole europee». Ha poi

precisato che il risanamento dei conti rimane «una necessità». Bisognerà aspettare l'analisi approfondita

della Finanziaria del 2015 per capire se Bruxelles chiederà nuove misure all'Italia.

Moscovici ha insistito sul fatto che è in corso con i paesi «un dialogo costruttivo ed esigente (...) per

verificare se le azioni necessarie sono state adottate, se gli sforzi strutturali sono sufficienti e se le riforme

sono solide». Dal canto suo, il vice presidente della Commissione Jyrki Katainen, anch'egli presente alla

conferenza stampa di ieri, ha detto che le regole sono «relativamente flessibili». Ma ha subito aggiunto,

rivolto all'Italia: «Le regole sul debito sono importanti quanto quelle sul deficit».

Nel suo rapporto, Bruxelles lascia intravedere un primo giudizio sul bilancio previsionale italiano, atteso entro

fine novembre. Prima di tutto, nota che il deficit strutturale è praticamente stabile tra il 2014 e il 2015.

Prevede un leggero calo tra quest'anno e l'anno prossimo (dallo 0,9 allo 0,8% del Pil), e poi tuttavia un nuovo

aumento all'1,0% del Pil nel 2016. Le regole europee prevedono una riduzione del disavanzo strutturale di

almeno lo 0,5% del Pil per i paesi a debito elevato.

Proprio a questo riguardo, la Commissione europea nota un aumento del debito italiano nel 2014 e nel 2015;

un calo solo nel 2016 (sempre comunque al 132,7% del prodotto interno lordo). Il tema è delicato: sul paese

pesa la minaccia di una procedura per squilibrio macroeconomico eccessivo, legata a un debito elevato e a

una bassa competitività in un contesto nel quale dal 2016 in poi l'Italia sarà chiamata a ridurre il proprio

debito di un ventesimo all'anno.

«Si sta discutendo animatamente all'interno della Commissione se chiedere nuove misure all'Italia per il

2015 - spiega un funzionario comunitario -. L'esito dipenderà anche dalle discussioni con Roma in queste

settimane». Per ora, l'Italia non può sperare che la grave situazione economica venga considerata una

circostanza eccezionale, e quindi una attenuante. La partita dipenderà soprattutto dall'energia con la quale il

governo Renzi affronterà i nodi strutturali del tessuto economico italiano.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 44

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© RIPRODUZIONE RISERVATA IL TREND DI FINANZA PUBBLICA In%del Pil Le nuove stime della

Commissione Ue 7 6 5 4 3 2 1 0 140 120 100 80 60 40 20 0 2013 2014 2015 2016 previsioni 2003 2004 2005

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Deficit pubblico Debito pubblico L'INFLAZIONE IN ITALIA E LE SUE

COMPONENTI In% previsioni 16 12 8 4 0 -4 -8 -12 1 4 3 2 0 -1 -2 -3 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11

12 13 14 15 16 Prezzi prodotti energetici Inflazione core* Inflazione PIL Variazione percentuale annua

TASSO DI DISOCCUPAZIONE In% Commissione Ue 2014 2015 2016 Istat 12,1 12,6 12,4 12,4 12,5 12,6 1,0

1,1 0,5 0,6 -0,3 -0,4 Istat Commissione Ue 2014 2015 2016

Foto: - (*) Al netto di energia, alimentari, alcol, tabacchi

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 45

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Enti territoriali. I tagli di un miliardo per il prossimo triennio rischiano di bloccare i servizi - Vertice a PalazzoChigi, prima apertura del governo sui Comuni «Nuove province subito a rischio default» I RISULTATI OTTENUTI I sindaci avrebbero maggiore flessibilità su crediti difficilmente esigibili, mutuicontratti per investimenti e canoni di urbanizzazione Eugenio Bruno Roberto Turno ROMA

Sui tagli alla manovra Governo e autonomie locali seguono la politica dei «piccoli passi». A un'apertura ai

sindaci su investimenti e patto di stabilità fa infatti da contraltare lo stop alla riduzione della spesa corrente.

Con uno spettro che si aggira all'orizzonte: il default delle neonate città metropolitane e province di secondo

livello che, a causa della stretta imposta dal Ddl, subiranno un taglio in alcuni casi superiore al 90% dell'intero

bilancio e si vedranno impossibilitate a erogare i servizi e a pagare il personale.

A lanciare l'allarme sul destino degli enti di area vasta è stato ieri Alessandro Pastacci. In una lettera ai

capigruppo della Camera, dov'è in corso l'esame del Ddl di stabilità, il presidente dell'Upi ha spiegato che i

tagli di 1 miliardo all'orizzonte per il prossimo triennio rischiano di tradursi «in default e nell'impossibilità di

erogare i servizi». Toni e temi rilanciati poco dopo dal presidente della provincia di Pavia, Daniele Bosone,

nell'audizione davanti alla commissione Bilancio di Montecitorio. Stando a quanto dichiarato dal presidente

dell'Anci, Piero Fassino, al termine dell'incontro pomeridiano a Palazzo Chigi con il sottosegretario alla

presidenza Graziano Delrio, il Governo starebbe pensando di ridurre il taglio su province e città

metropolitane.

Nel corso dello stesso vertice i Comuni avrebbero incassato anche altre aperture. La prima sulla valutazione

del fondo per i crediti di difficile esigibilità, che passerebbe da 1,1 miliardi a 500 milioni e che garantirebbe un

abbattimento ulteriore del "saldo di patto"; la seconda sugli investimenti, grazie allo Stato che si farebbe

carico degli interessi sui mutui accesi dagli enti che hanno lo spazio di patto ma non hanno le risorse; la terza

sui canoni di urbanizzazione che continuerebbero a essere ricompresi nella spesa corrente. Ma proprio sulla

spesa corrente - e in particolare sulla richiesta di allentare la stretta da 1,2 miliardi della Legge di stabilità - i

primi cittadini hanno incassato lo stop dell'esecutivo. Se ne riparlerà forse all'inizio della prossima settimana.

Anche per le regioni la trattativa col Governo è solo agli inizi. «Sono state approfondite alcune questioni

tecniche, si continua a lavorare. Di certo così la manovra è irragionevole e insostenibile», è il refrain al

termine dell'incontro di ieri del capofila degli assessori al bilancio, Massimo Garavaglia (Lombardia). Una

«insostenibilità» tale, aveva dichiarato alla Camera in mattinata Sergio Chiamparino, che «sarebbe

impossibile non toccare la sanità». Di qui le richieste messe nero su bianco nell'incontro col Governo

incentrate su otto punti chiave. A partire dai «costi standard per tutti», a tutti i livelli, anche per tutte le

articolazioni della Pa. Dove l'accetta in questi anni sarebbe stata del 12,2% (su una spesa pari al 24% del

totale) contro un calo della spesa primaria delle regioni (il 4,5% del totale) che dal 2009 al 2012 sarebbe stata

del 38,5 per cento.

Senza un cambio di rotta, insomma, per i governatori tagliare i servizi è inevitabile. Al lordo degli sprechi o

della corruzione in sanità, contro la quale ieri ha tuonato il commissario Raffaele Cantone. Le regioni

calcolano in totale nel 2015 tagli da 6,2 miliardi: 4 miliardi della manovra, 1,75 di misure pregresse e 450

milioni per la riduzione dell'Irap. Per non dire di un calo della capacità di spesa di 2,8 miliardi con

l'anticipazione al 2015 del pareggio dei bilanci regionali. Sulla sanità si profila intanto sempre più

un'anticipazione dei risparmi del «Patto», ma garantendo in parte gli investimenti. Che possano esserci

margini per una rimodulazione del Fondo sanitario, è un'ipotesi sul tappeto. «Se ne parlerà se ce lo chiedono

le regioni», ha affermato la ministra Beatrice Lorenzin.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 46

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Stabilità. Alle «non autosufficienze» 400 milioni Local tax, fondi alla Sla e minimi Iva: prime correzioni allo studio FORFAIT PROFESSIONISTI Si valuta un correttivo di Scelta civica per ripristinare l'aliquota sostitutiva del5% e la soglia di 30mila euro di ricavi Marco Mobili Marco Rogari ROMA

Una nuova correzione di rotta sui regimi fiscali semplificati, i cosiddetti "forfettizzati", per le partita Iva. Che

potrebbe tradursi nel ripristino della soglia di 30mila euro di ricavi e compensi per tutte le tipologie di attività e

dell'aliquota d'imposta sostitutiva al 5%, anziché al 15%, con il contestuale abbattimento al 50% (e non più

l'esclusione totale) dei minimali contributivi obbligatori dovuti dagli iscritti alla gestione separata Inps di

artigiani e commercianti. È quella che potrebbe trovare posto nel pacchetto di modifiche alla legge di stabilità

che comincerà ad essere votato la prossima settimana dalla commissione Bilancio della Camera. E dei

correttivi che, con il trascorrere delle ore, sembrano destinati ad ottenere l'ok di Montecitorio potrebbe far

parte la prima tappa del processo per arrivare alla tassa unica sugli immobili, ovvero la local tax, il

rafforzamento del fondo per la non autosufficienza, da portare a 400 milioni, con particolare attenzione ai

malati di Sla. E una ricalibratura dei tagli a carico di enti locali e Regioni.

Un mini-restyling con altre due new entry quasi sicure, sotto forma di un aumento della tassazione più soft su

fondi pensione e Casse di previdenza. E altrettanti nodi ancora tutti da sciogliere: il Tfr in busta paga, su cui

ha espresso perplessità anche Bankitalia e le maggiori entrate attese dalle misure sui giochi finite nel mirino

dell'Ufficio parlamentare del bilancio e del Servizio Bilancio della Camera. Che ha puntato i riflettori anche sui

meccanismi di reverse charge e split payment legati al recupero dell'Iva evasa.

La partita entrerà nel vivo da lunedì prossimo. A quel punto il Governo e il relatore (Mauro Guerra, Pd),

avranno le idee chiare sulle mosse da compiere. Ma alcuni segnali sono già chiari. Palazzo Chigi ha fatto

sapere che il Matteo Renzi ha ufficialmente assunto l'impegno di implementare le risorse «per le politiche

sociali e la disabilità» portando il Fondo non autosufficienza «a 400 milioni, cifra più alta mai impegnata

finora». Non solo: nell'incontro di ieri con sindaci e Governatori l'Esecutivo ha manifestato una disponibilità,

seppure cauta, a venire incontro ad almeno una parte delle richieste di Comuni e Regioni. Resta aperta la

questione dei tagli veri e propri alla spesa corrente (v. altro articolo in questa pagina). Una delle ipotesi resta

quella di quantificare subito per il 2015 una parte dei risparmi realizzabili con la potatura delle partecipate

rendendo così più soft la riduzione diretta della spesa per i Comuni.

Da definire anche il nodo local tax. Appare sempre più probabile l'inserimento nella legge di stabilità quanto

meno di un primo pacchetto di misure per avviare l'operazione con cui si dovrà arrivare alla nuova tassa

unica per la casa, dalla quale, almeno nella prima fase, dovrebbe rimanere fuori la Tari (tassa sui rifiuti). Non

solo. Si ritornerebbe all'introduzione di detrazioni d'imposta fissate a livello statale e non più lasciate alla

libertà decisionale dei sindaci. Nella nuova local tax, inoltre, potrebbero entrare subito altri tributi locali

collegati alle attività commerciali e all'occupazione del suolo pubblico. Altri indicazioni sul restyling della

"stabilità" arriveranno dagli emendamenti dei gruppi parlamentari. Il termine in commissione Bilancio è fissato

per venerdì alle ore 13,00. Su alcune selezionate proposte di modifiche convergeranno sicuramente, quanto

meno in parte, Governo e relatore. E una di queste sembra destinata ad essere una proposta di Scelta civica

sul regime dei minimi. Con una marcia indietro rispetto all'attuale versione della "stabilità" sull'aliquota di

imposta sostitutiva per i professionisti e sulla soglia di ricavi e compensi. Il tutto accompagnato

dall'abbattimento del 50% dei minimi contributivi obbligatori dovuti dagli iscritti alla Gestione Inps separata

artigiani e commercianti. A sollecitare, del resto, un cambiamento di rotta sui minimi per i professionisti era

già stato nei giorni scorsi il sottosegretario all'Economia (ed esponente di Scelta civica), Enrico Zanetti.

Una saldatura tra le esigenze dei gruppi parlamentari e del Governo si dovrebbe realizzare anche sulla

tassazione a carico delle Casse di previdenza e sui fondi pensione. Quasi certamente l'asticella scenderà di

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 47

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almeno un paio di punti. A spingere per un intervento sulle aliquote sulla previdenza integrativa è soprattutto

Ncd, ma anche una parte del Pd.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 48

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INTERVISTA Francesco Boccia Presidente Commissione Bilancio della Camera «L'anticipazione in busta paga è un errore» Giovanni Minoli A Francesco Boccia, Pd, tocca, in quanto presidente della Commissione Bilancio della Camera, coordinare il

primo esame della Legge di stabilità varata dal governo.

Renzi ha detto che con questa Stabilità si tagliano 18 miliardi di tasse. In realtà il taglio netto è di 13,7

miliardi. Questo perché da una parte il governo ha tagliato effettivamente. Dall'altra però ha previsto 4,6

miliardi di nuove tasse che provengono dalle rendite finanziarie e dalle slot machines. Onorevole Boccia, è

così?

Si è così, e a queste aggiungerei le clausole di salvaguardia che spero non scattino e che riguardano

l'aumento potenziale dell'Iva se il taglio della spesa prevista non sarà fatto.

A proposito del dibattito, in Commissione avete dichiarato incompatibili una ventina di misure. Quali le più

clamorose?

Certamente gli Lsu, sicuramente la Rai, certamente molti interventi microsettoriali. Ma tutto questo l'abbiamo

fatto per difendere il perimetro di politica economica della Legge di stabilità. Una legge snella che può

diventare un mostro se si ammette tutto l'ammissibile.

Ma la tensione, quando si è arrivati sulla Rai, è salita molto. Perché? Cosa prevedeva?

Si dava al presidente del Consiglio la possibilità, con un decreto, di vendere le partecipate e gli immobili Rai.

Gli immobili erano una questione marginale, ma le partecipate di fatto, se vendute tutte, modificano il sistema

radiotelevisivo italiano.

Voi le avete stralciate, no?

Se la relazione tecnica del Mef mi dice che le entrate per questa operazione Rai sono pari a zero, capisce

che non c'entra nulla con la Legge di stabilità.

L'imposta di bollo - un prelievo dello 0,2% del valore di tutte le attività finanziarie di ogni singolo contribuente

- non è una patrimoniale bella e buona?

È un'imposta insopportabile, perché tratta tutti i risparmiatori allo stesso modo, e i risparmiatori non sono tutti

uguali. È una patrimonialina, certo. Preferirei che fossero tassate le transazioni finanziarie, soprattutto quelle

del trading online, che in Italia sono gratis, e mi farebbe piacere la tassazione sulle multinazionali del web, ma

si preferisce tassare il risparmio.

Lei pensa che si voti in primavera?

Io penso di sì.

Non sono ipocrita.

Una domanda secca: perché un lavoratore dovrebbe farsi versare anticipatamente il Tfr, che poi gli viene

tassato più di quanto sarà alla fine della sua carriera lavorativa?

Perché è disperato. Spero che questo non accada, spero che la tassazione sia a gestione separata, quindi

uguale a quella attuale, ed è un errore...

Perché non lo correggono?

La Legge di stabilità è appena entrata in Parlamento, vedrà che sarà corretto.

Il 63% di esportazioni in meno verso la Russia: non potrebbe dire a Renzi di togliere queste stupide, ridicole

sanzioni? Già ha fatto dei danni con la web tax, dobbiamo aggiungere pure questo per impoverire gli

imprenditori italiani?

Con me sfonda una porta aperta. Sono fortemente contro le sanzioni. Guardi, io sono, come tanti italiani,

anche per formazione, filoamericano. Ma ormai sono molti anni che il nostro Paese non ha più interessi

economici convergenti con gli Stati Uniti. Le sanzioni con la Russia sono insopportabili e noi stiamo mettendo

a rischio intere filiere produttive, in molti territori. Poi non lo dica a me che vengo da Bari e per noi i rapporti

commerciali con la Russia sono importanti.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 49

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Foto: Francesco Boccia

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 50

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L'ANALISI Quando l'economia va all'opposizione FEDERICO FUBINI PER una volta, l'ordine dei fattori si presenta invertito. La Commissione Ue conferma le previsioni dell'Italia

per il 2015, mentre rivede in peggio quelle formulate poche settimane fa dal governo tedesco. In primavera

per Bruxelles la Germania doveva crescere del 2%, dell'1,3% secondo le attuali stime di Berlino, ma ora la

Commissione le taglia ancora.

A PAGINA 4 ROMA. Per una volta, l'ordine dei fattori si presenta invertito. La Commissione Ue conferma le

previsioni dell'Italia per il 2015, mentre rivede in peggio quelle formulate poche settimane fa dal governo

tedesco. L'anno prossimo la Germania doveva crescere del 2% in base alle previsioni di Bruxelles di

primavera scorsa, dell'1,3% secondo le stime di Berlino di poche settimane fa, ma ora la Commissione stessa

le taglia ancora all'1,1%. Nel frattempo l'Italia va anche peggio, naturalmente, ma la Commissione almeno

mostra di condividere le valutazioni del governo: entrambi convengono che l'anno prossimo la crescita

dovrebbe arrivare allo 0,6%. Fin qui le buone notizie. Quando però si va a vedere perché questa ripresa

dovrebbe arrivare, qualche dubbio torna. Dovrebbe venire da fuori, si legge nella nota di Bruxelles: non da

nuovi consumi o investimenti degli italiani, ma da un aumento della domanda di beni e servizi dal resto del

mondo.

Benché l'euro più debole aiuti, nonè chiaro comee perché ciò accadrà. Il principale cliente del made in Italyè

la Germania, che nel 2015 frenerà per una ragione ben precisa: volge al termine il grande ciclo di ordini dai

Paesi emergenti, Cina in testa, di impianti, treni o centrali nei quali l'economia tedesca è specializzata.

Spesso le imprese italiane sono entrate in questa catena globale come fornitrici delle loro controparti in

Baviera, o in Assia.

Ma ora l'Asia ha perso molto del suo appetito per quei prodotti tedeschi ricchi di made in Italy . In Cina il

debito totale del governo, delle imprese e delle famiglie è esploso dal 140% del Pil nel 2008 al 220% oggi, e

paga interessi molto sopra alla crescita stessa dell'economia. Per qualche anno, il compratore di ultima

istanza dell'export europeo dovrà rallentare. La Germania ne soffrirà e per l'Italia non è una buona notizia.

Questa vicenda, inevitabilmente, finirà per avere riflessi interni e può dare a Matteo Renzi qualche motivo per

dubitare della sua stessa forza. Oggi il premier appare sul punto di consolidare un dominio definitivo sul

sistema politico. Resta forte nei sondaggi. L'opposizione oggi appare senza idee, pronta a collaborare con la

maggioranza in cambio della speranza di qualche favore personale, oppure troppo estrema per essere

credibile. Mai come oggi il premier sembra padrone della situazione, persino aiutato dalle critiche da sinistraa

conquistare elettori di centrodestra. Eppure questo premier ha trovato un avversario di cui non riesce a

prevedere le mosse.

Ieri la Commissione ha detto che vede l'Italia in recessione fino alla fine di quest'anno, mentre persino la

Grecia ne è uscita.

La disoccupazioneè ai massimi e, sempre secondo Bruxelles, ci resterà nel 2015 anche se la ripresa

arrivasse. A torto o a ragione, molte banche italiane sono emerse dagli esami della Bce avvolte da un alone

di sospetto. È probabile che non sia del tutto credibile la promozione in blocco delle loro concorrenti

tedesche, ma l'ultima indagine sul credito dell'Eurotower rivela miglioramenti quasi ovunque in area euro e un

peggioramento in Italia. I crediti deteriorati nei bilanci delle banche in questo Paese si aggirano attorno ai 350

miliardi, ma nell'inverno scorso si è smesso di parlare della reazione più ovvia, come fosse un tabù: un

veicolo con garanzie pubbliche - chiamiamolo bad bank - che asporti le sofferenze dai bilanci degli istituti e

aiuti a far ripartire il credito. L'Italia ormai è il solo Paese dell'Ocse simultaneamente in recessione e in

deflazione. Della riforma del lavoro per ora è più chiara l'efficacia nel fomentare i conflitti a sinistra che il

contenuto. In queste condizioni la ripresa minaccia di tardare, il debito di salire ancora e i mercati di non

avere nel 2015 la pazienza che hanno dimostrato nel 2014. In questi anni il Paese è stato tenuto a galla in

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 51

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gran parte da Draghi e dall'impegno della Bce ad agire.

Ora però la Bundesbank sta agitando contro il presidente italiano dell'Eurotower un'inaudita campagna di

discredito personale, avendo perso contro di lui tutti gli argomenti. Non è chiaro che la Bce potrà di nuovo

aiutare l'Italia, non prima che l'emergenza torni di nuovo a punti estremi.

Renzi, il solo premier d'Europa (quasi) senza opposizione politica, ne ha trovata una forse anche più

temibile: l'economia. Magari potrebbe occuparsene un po' di più.IL CASO

14 mld IL DEBITO DELLA PA CON LE IMPRESE Solo per quanto riguarda le spese in conto capitale sono

ancora 14 i miliardi che la Pubblica amministrazione deve versare alle nostre imprese.

Lo dice il presidente dell'Ance, Paolo Buzzetti: "3-4 miliardi di euro di debiti arretrati di parte capitale a fine

2013 rimangono ancora senza soluzione, a cui si aggiungono i ritardi accumulati nei primi 10 mesi 2014, per

circa 10 miliardi".

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La crisi Ue: Italia peggio della Grecia recessione e debito record Scontro Renzi-Juncker Il presidente della Commissione: "Non guido banda di burocrati" La replica: "E io non vengo a Bruxelles colcappello in mano" a burocrazia può distruggere l'Europa. In certe riunioni anche De Gasperi e Adenauerdiventerebbero euroscettici AL VERTICE UE DEL 24 OTTOBRE SCORSO MATTEO RENZI ROBERTO PETRINI ROMA. Italia maglia nera d'Europa, in un Continente che segna drammaticamente il passo. Le previsioni

autunnali di Bruxelles confermano che l'economia arranca. L'intera Eurozona archivierà quest'anno con una

crescita del Pil dello 0,8 con un taglio di quattro decimali rispetto alle stime della primavera scorsa. La

revisione al ribasso colpirà anche il 2015 quando la crescita dell'area che aderisce all'euro sarà limitata all'1,1

per cento con una caduta di più di mezzo punto rispetto a quanto ci si aspettava nel maggio scorso. Anche la

Germania rivista al ribasso: il prossimo anno crescerà solo dell'1,1 per cento.

Al debutto come presidente della Commissione Jean Claude Juncker non rinuncia alla polemica: «Non sono

a capo di una banda di burocrati, se così fosse l'Italia sarebbe stata trattata in modo completamente diverso»,

manda a dire a Renzi che nei giorni scorsi aveva attaccato le tecnocrazie comunitarie. Risponde il premier

dai microfoni di Ballarò : «Non vado in Europa con il cappello in mano, non prendo lezioni». E il ministro

dell'Economia, Pier Carlo Padoan, commenta le stime Ue: «La recessione non è finita, la riduzione del debito

è una sfida ineludibile ma si vince solo crescendo in modo stabile». La ripresa europea, iniziata a metà del

2013, è definita «fragile» e «lenta», la fiducia «più bassa che in primavera»e si sottolinea che sulle previsioni

rimangono «rischi di una revisione negativa». Tensioni geopolitiche, fragilità mercati finanziari e mancate

riforme strutturali pesano sulla situazione economica. Debutto con giudizi mesti da parte dei protagonisti dei

dossier economici della Commissione al loro debutto: «La situazione non sta migliorando con sufficiente

rapidità», ha sentenziato Jyrki Katainen, ora vicepresidente.

Il quadro negativo resta un alibi piuttosto debole per l'Italia che esce dall' «autumn forecast» malconcia. La

crescita con cui chiude l'anno è del -0,4% (governo -0,3), un punto in meno rispetto a quanto la stessa

Commissione attribuiva al nostro paese in primavera. Scenario assai magro anche il prossimo anno: +0,6 (la

metà esatta della stima di primavera) ma lo stesso livello sul quale conta il governo. Solo Cipro (+0,4) farà

peggio di noi il prossimo anno, mentre la Finlandia ci eguaglierà al +0,6% di crescita del Pil e la Grecia, dopo

la cura della Troika e da una base di partenza assai bassa, crescerà con il 2,9% (anche se la disoccupazione

è al 25%). L'exploit del debito pubblico italiano, il secondo dell'Eurozona dopo la Grecia (168,8%), conferma

che oltre alla situazione economica anche quella finanziaria preoccupa: nel 2015 raggiungeremo quota 133,8

nonostante le privatizzazioni. Solo la variabile cruciale del deficit-Pil resta entro i margini consentiti: il

rafforzamento della manovra 2015 da 4,5 miliardi dei giorni scorsi chiesto da Bruxelles fa scendere il rapporto

dal 2,9 previsto al 2,7%. "È essenziale per la crescita che la legge di Stabilità - ha detto Padoan - mantenga

la sua compattezza»: dai «6 miliardi in tre anni di ammortizzatori sociali» al «meno 37% di Irap per le

imprese». Riduzione contenuta per la pressione fiscale nel 2015.

FONTE COMMISSIONE UE 2014 Il Pil in Europa ITALIA -0,4% +0,6% GERMANIA +1,3% +1,1% FRANCIA

+0,3% +0,7% +1,2% +1,7% SPAGNA GRECIA +0,6% +2,9% PORTOGALLO +0,9% +1,3% +4,6% +3,6%

IRLANDA 2015

Foto: LA GIGANTOGRAFIA Il presidente della Commissione Ue e i suoi commissari a Bruxelles A destra,

Federica Mogherini

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 53

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INTERVISTA SANDRO GOZI, SOTTOSEGRETARIO AGLI AFFARI EUROPEI "Archiviata l'austerità eviteremo la bocciatura grazie alle riforme fatte" Nessuno dice che Juncker è un tecnocrate ma è bene che non ascolti troppo quelli che lo circondano ALBERTO D'ARGENIO ROMA. «La mancata crescita è il frutto dell'austerità imposta fino ad oggi dalla Commissione uscente,

occorre cambiare passo, puntare su crescita e occupazione». Il sottosegretario agli Affari europei, Sandro

Gozi, è a Berlino proprio per parlare con i tedeschi delle nuove politiche Ue.

Il governo come reagisce ai dati negativi sull'Italia pubblicati da Bruxelles? «Il paradosso è che i dati negativi

sull'economia Ue per noi sono una buona notizia, confermano che la politica di austerità di questi anni non va

bene, né per l'Italia né per gli altri paesi dell'Unione. Siamo convinti che questi dati aiuteranno a convincere

l'Europa e la Germania a cambiare rotta. La prima risposta che ci aspettiamo è che il piano Juncker sugli

investimenti parta rapidamente e che i paesi rigoristi aprano anche ad una nuova politica di investimenti

nazionali».

Intanto Juncker ha reagito duramente alle critiche di Renzi contro le istituzioni europee.

«Nessuno di noi dice che Juncker è un tecnocrate, ma è bene che durante il suo mandato non dia troppo

ascolto a tecnocrati - siano italiani, tedeschi o belgi - che lo circondano. Hanno prodotto danni per tutti, non si

esce dalla crisi con l'austerità e adottando oscuri parametri tecnici che oscuri comitati a Bruxelles si

inventano».

Dopo le previsioni economiche c'è il rischio che l'Italia subisca una pesante procedura sul debito? «In parte il

dato di Bruxelles era previsto, avevamo detto che avremmo aumentato debito per pagare debiti della

Pubblica amministrazione verso le imprese.

D'altra parte la nostra risposta non è discutere di singoli scostamenti, ma di fare le riforme strutturali che

sono la risposta per porre basi della crescita senza la quale il debito aumenta. L'importante è approvare

rapidamente il Jobs Act e la riforma della giustizia: il miglior contributo che l'Italia può dare alla soluzione della

crisi dell'eurozona è presentarsi ad aprile con le riforme fatte».

Ci sarà tempo fino ad aprile? «Credo di sì e credo anche che le varie procedure di valutazione dell'economia

italiana debbano essere tenute tutte insieme guardando alla sostanza, cioè alle riforme».

Abbiamo abbastanza influenza a Bruxelles per farcela? «Oltre all'azione di Renzi, abbiamo lavorato per

avere un peso maggiore ai vertici della Commissione di Juncker: abbiamo 20 italiani nei gabinetti contro i 14

di quella precedente con un capo e quattro vice in portafogli economici, un senior advisor e un portavoce.

Insieme alla nomina del Garante europeo per la protezione dati, Giovanni Buttarelli, la dimostriamo che a

Bruxelles si parla sempre di più italiano, speriamo anche nel cambio delle politiche».

PER SAPERNE DI PIÙ www.palazzochigi.it ec.europa.eu/index_it.htm

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 54

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Le misure Con il Tfr in busta paga la pensione integrativa subirà per sempre unasforbiciata del 15% Il premier ha ribadito che la norma non cambierà: "I cittadini saranno liberi di scegliere" VALENTINA CONTE ROMA. Tre mensilità in più nel prossimo triennio. E fino al 15% di pensione integrativa in meno, per sempre.

Uno scambio equo e ragionevole? Lo decideranno i milioni di italiani che grazie alla legge di Stabilità nel

2015 potranno dirottare il Tfr in busta paga, da marzo sino a giugno 2018. Se è vero che la scelta tenterà

soprattutto le famigliea basso reddito, bisognose di credito, in bolletta e dunque non avvezze a risparmiare (il

34% di questo segmento, secondo quanto calcolato ieri dall'Ufficio parlamentare di bilancio), è pur vero che

tutti gli altri lavoratori potrebbero essere più sensibili alle sirene di Bankitalia. Laddove raccomanda al

governo una valenza transitoria della misura poiché l'adesione soprattutto dei meno abbientie dei giovani

«aggrava il rischio che questi abbiano in futuro pensioni non adeguate». Il pericolo in effetti c'è. Ma il premier

Renzi, intervistato ieri sera da Ballarò , ha ribattuto così: «Le pensioni dei giovani sono a rischio perché non

lavorano, e non per il Tfr. I cittadini saranno liberi di decidere sul Tfr, non credo cambieremo la norma».

Ognuno poi si farà i suoi conti, ci mancherebbe. Ma le giovani generazioni, i "milleuristi" con carriere

discontinue, oramai immersi nel contributivo puro, se non vogliono assottigliare ancora di più il magro

assegno futuro devono pensarci bene. A guardare una prima simulazione di Progetica, ad esempio, tre

lavoratori che oggi hanno 30, 35 e 40 anni e guadagnano rispettivamente mille, 1.500 e 2 mila euro netti al

mese perderebbero tra l'8 e il 15% di integrazione alla pensione, se optassero per il Tfr subito in tasca. A

fronte di tre mensilità extra (la quota di liquidazione annuale è grossomodo pari a uno stipendio), dunque tre

quattordicesime, lascerebbero sul campo una fetta di quiescenza, maturabile grazie all'investimento di quella

stessa cifra nei fondi pensione (oggi tra il 50 e il 60% dei dipendenti mette il Tfr nei fondi). Soldi subito per tre

anni, ma vitalizi striminziti? Decideranno i lavoratori. Tenendo conto, tra l'altro, che il Tfr subito viene tassato

di più (ad aliquota marginale Irpef, quindi fino al 43%, anziché come reddito separato tra il 20 e il 23%). Con il

duplice e ridicolo rischio di perdere gli altri bonus (gli 80 euro o i vantaggi legati all'Isee), sebbene il ministro

Padoan abbia scongiurato il cumulo dei redditi. Comunque la si pensi, alla fine si avrà un bottino più magro:

meno patrimonio, oltre che pensioni più basse. A proposito di pensioni, in attesa che l'Inps ora guidata da

Tiziano Treu spedisca a casa la mitica busta arancione (l'estratto conto che simula i futuri assegni

pensionistici), la prospettiva per i giovani precari, ex precari, intermittenti è raccapricciante.

Sempre Progetica, società indipendente di consulenza in educazione e pianificazione finanziaria, calcola che

se l'economia va male (Pil piattoa zero)e la carriera è stop and go , un trentenne che oggi prende mille euro

di stipendio ne intascherà la metà di pensione. Se lavorasse con contratti degni e continuati e il Pil dei

prossimi anni fosse in media dell'1,5% (il Pil influenza l'entità della pensione), arriverebbe a quasi 900 euro.

Tenuto conto poi che l'aspettativa di vita allontana l'età dell'uscita, quel trentenne potrebbe trovarsi a 70 anni

alla mensa pubblica. Va considerato anche questo nell'opzione del Tfr anticipato. Proprio perché spiega

Andrea Carbone, partner di Progetica, mai come oggi «la decisione di integrare l'assegno pensionistico

pubblico attraverso la previdenza complementare diventa la scelta se "subire" o "gestire" anche altri rischi,

come quello che l'economia italiana continui a crescere poco o niente e che la propria carriera lavorativa

possa essere discontinua». Peccato che il governo abbia appena alzato le tasse proprio sui fondi pensione.

Età A cosa rinuncia tenendo il Tfr in busta paga Lavoratori dipendenti 30 FONTE PROGETICA 35 40 1.000

1.500 2.000 65 105 127 134 168 192 146 187 218 -8% -10% -12% 205 238 257 232 275 302 -12% -13% -

15% Reddito attuale mensile netto (x13), in euro Con il Tfr in busta paga Valore mensile percepito per tre

anni, in euro Rendita netta mensile con interruzione di tre anni, in € Rendita netta mensile (continuità), in €

Di!erenza Previdenza integrativa linea garantita 2% L'integrazione mensile diventa... Previdenza integrativa

linea bilanciata Rendita netta mensile con interruzione di tre anni, in € Rendita netta mensile (continuità), in €

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Di!erenza Ipotesi Tfr. Ipotesi tassazione Tfr in busta paga ad aliquota marginale Il calcolo della pensione

pubblica per 30-40 enni Lavoratori dipendenti 1.000 1.500 2.000 65 e 67 65 e 3 64 e 11 70 e 0 69 e 2 68 e 3

570 853 1.186 896 1.293 1.726 Reddito attuale mensile netto (x13), in euro Quando: età della pensione

Quanto: stima assegno pensionistico (ipotesi retribuzione stabile) Scenario Istat basso Ipotesi previdenza

pubblica. Età inizio contribuzione: 25 anni-Reddito costante in termini reali per tutta la carriera Scenario Istat

storico Con interruzioni contributive, in € Con continuità lavorativa, in € Economia ßat (Pil medio 0%)

Economia in crescita (Pil medio 1,5%) PER SAPERNE DI PIÙ www.progetica.it www.bancaditalia.it

Foto: FINO AL 2018 La legge di Stabilità dovrebbe permettere agli italiani di dirottare in busta paga il Tfr dal

marzo 2015 fino al giugno 2018

Foto: AL GOVERNO Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia, segue in prima persona la legge di Stabilità

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 56

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IL CASO/ ALTRE CRITICHE DOPO QUELLE DI BANKITALIA E ISTAT. ABI: RISERVE PER AUMENTIALIQUOTE SU FONDI PENSIONE E TFR Dalle banche ai sindaci, manovra sotto tiro ROSARIA AMATO ROMA. Tagli insostenibili, effetto sulla ripresa minimo, benefici sui consumi annullati dall'aumento delle tasse,

rischio collasso per le pensioni e rischio default per le province: il bilancio del secondo gruppo di audizioni

sulla legge di stabilità segna diversi punti a sfavore della manovra. Alcune obiezioni rafforzano i rilievi dei

primi interventi: Giuseppe Pisauro dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio fa notare, come l'Istat, che l'impatto

della manovra, «espansiva nel 2015 e neutra nel 2016», sarà limitato rispetto alle previsioni. E quindi nel

2016 servirà una ulteriore correzione del saldo strutturale di 0,3 punti. Mentre l'Abi, pur promuovendo «le

misure a favore delle famiglie (bonus 80 euro e bonus bebè) che vanno nella giusta direzione, soprattutto per

il valore sociale che esse esprimono», solleva obiezioni, proprio come Bankitalia, sull'aumento delle aliquote

dei fondi pensione e sull'anticipo del tfr in busta paga: «Destano riserve in ragione degli effetti che potranno

avere sulla previdenza», dice il direttore generale Giovanni Sabatini. Anche la Cisl parla di «collasso della

previdenza complementare». A fronte di benefici limitati: Pisauro calcola che solo due terzi del tfr optato, circa

2,7 miliardi di euro, verranno destinati ai consumi, con un effetto sul Pil di appena 0,1 punti percentuali. Tra

l'altro, fa notare Confcommercio, gli aumenti Iva previsti nel triennio 2016-2018 agiranno da freno, riducendo i

consumi di 65 miliardi. Fortemente critici i rappresentanti degli enti locali: Piero Fassino, presidente Anci,

denuncia come rimanga «sofferente la condizione di spesa corrente trai Comuni» ma soprattutto come «il

taglio di un miliardo per città metropolitane e province» rischi di farli andare in default.

Mentre il presidente della Conferenza delle Regioni Sergio Chiamparino fa notare come se non ci sarà un

percorso «condiviso che consenta di gestire in modo sostenibile i 4 miliardi di tagli» c'è il rischio di un

aumento delle imposte locali.

I sindacati sono i più negativi: la Cisl pur rilevando «alcuni segnali di discontinuità» chiede interventi più

incisivi; la Uil chiede al governo di avere più coraggio perché «il nostro Paese è vicinoa una crisi

irreversibile». La Cgil definisce la manovra «inadeguatae insufficiente», ma dà anche un suggerimento al

governo: l'adozione di «una patrimoniale sulle grandi ricchezze finanziarie che avrebbe un gettito di circa 10

miliardi l'anno e che potrebbe creare oltre 740.000 posti di lavoro in tre anni».

Foto: Piero Fassino

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 57

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CON I SINDACATI UN GIOCO A PERDERE LUCA RICOLFI La nebbia che per settimane ha circondato la Legge di stabilità si sta finalmente diradando. Dopo le slide, i

tweet, gli slogan, le promesse in tv di Renzi e dei suoi ministri, un po' di chiarezza la stanno facendo gli altri.

Dove per «altri» intendo soggetti leggermente più inclini a dire la verità, come l'Istat, la Banca d'Italia, la

Commissione europea. E la verità che emerge, non detta a chiare lettere ma neppure nascosta, è

decisamente deprimente: la manovra del governo non è né buona né cattiva, è semplicemente debole, molto

debole. Nulla, nella Legge di stabilità, autorizza a pensare che, grazie ad essa, le cose possano andare in

modo sostanzialmente diverso e migliore di come sarebbero andate senza. Dicendo questo, naturalmente,

non mi riferisco agli interessi particolari, che sono invece ben tutelati o colpiti come è sempre successo: i

lavoratori dipendenti avranno la conferma del bonus, gli statali l'ennesimo blocco degli scatti stipendiali; le

imprese pagheranno un po' meno Irap e contributi, i risparmiatori pagheranno più tasse; i cittadini avranno

peggiori servizi (per la riduzione dei fondi a Regioni, Province, Comuni), ma le mamme avranno il bonus

bebè. PAGINA Tutto questo è normale, ogni governo si procaccia il consenso come può e come vuole, e la

manovra di fine anno (che ora si chiama Legge di stabilità) serve innanzitutto a questo. Quello che non è

normale, ed è anzi molto deludente, è che così poco si riesca a intravedere sul piano dell'interesse generale.

La manovra è debole non perché favorisce alcuni e danneggia altri, ma perché il futuro che le tabelle della

Legge di stabilità ci consegnano pare proprio essere la continuazione del nostro triste presente. Per avere la

prova di quel che dico c'è un mezzo semplicissimo: controllare che cosa si prevede sul versante

fondamentale per il futuro dell'Italia, che è quello dell'occupazione. Ebbene, con 3 milioni di disoccupati e un

tasso di occupazione fra i più bassi del mondo sviluppato, il governo prevede che nel 2015 l'occupazione

aumenti dello 0,1%, e nel 2016 dello 0,5%, mentre l'Istat, che è un po' più ottimista del governo, prevede un

aumento dello 0,2% nel 2015 e dello 0,7% nel 2016. Sono in entrambi i casi cifre irrisorie, che non incidono

sul tasso di disoccupazione, e prospettano per l'Italia un futuro di stagnazione. Un futuro che, in realtà,

potrebbe risultare anche più cupo se si considera che già fra 14 mesi potrebbero scattare gli aumenti dell'Iva

e di altre tasse (messi in conto dalle «clausole di salvaguardia» della Legge di Stabilità), e che tutte le

previsioni del governo sono state formulate prima che l'Europa ci obbligasse, in barba alle battute polemiche

di Renzi, a ripiegare su una manovra meno espansiva. In questa situazione non stupisce che gli unici a

compiacersi delle scelte del governo siano gli industriali (il presidente Squinzi ha detto che «la manovra toglie

il freno al Paese»), e che i sindacati siano in difficoltà. Gli industriali apprezzano il fatto che, con la riduzione

dell'Irap e l'eliminazione dei contributi per i neoassunti, sia arrivato anche il loro turno: una boccata d'ossigeno

per i conti delle imprese, dopo quella che il bonus da 80 euro ha dato ai conti delle famiglie. Così come

apprezzano che con il decreto Poletti, e presumibilmente con il Jobs Act, la disciplina dei licenziamenti stia

evolvendo in modo più favorevole alle imprese. I sindacati, invece, soffrono come non mai perché Renzi, con

il bonus da 80 euro e la polemica anti-casta, li ha messi in trappola. Vorrebbero marciare contro il governo (e

lo faranno, presumo), ma sanno anche che una parte considerevole dei lavoratori dipendenti (la

maggioranza?) non li seguirebbe, perché sta con Renzi. E ci sta per due elementari motivi, uno materiale e

l'altro estetico: il bonus da 80 euro, che fanno sempre comodo, e il piacere di vedere un premier-ragazzo che

fa il bullo con i vecchi tromboni della politica, siano essi parlamentari, sindaci, governatori o sindacalisti. Di

qui lo stallo. Renzi, dei sacrosanti diritti dei lavoratori, e delle gloriose conquiste di quarant'anni di lotte, se ne

fa un baffo. Da parte loro i sindacati sembrano pensare solo a quello: sacrosanti diritti e gloriose conquiste.

Non paiono rendersi conto che quel che non va bene nella politica di questo governo non è che cancella il

mondo incantato dello Statuto dei lavoratori, ma che non ne offre in cambio un altro che funzioni. Il dramma

della Legge di stabilità è che essa certifica proprio questo: anche fra qualche anno, nonostante migliaia di atti

di legge e la riforma del mercato del lavoro, l'Italia avrà 3 milioni di disoccupati, e più o meno lo stesso

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 58

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numero di occupati di oggi. Da questo punto di vista Renzi e i sindacati non sono nemici, ma parti in

commedia dello stesso gioco infernale. Un gioco in cui sembra che tutto, nel bene e nel male, dipenda

dall'articolo 18, mentre le tabelle della Legge di stabilità mostrano che non è così. Le vecchie regole del

mercato del lavoro possono avere depresso l'occupazione, ma le fosche previsioni delle tabelle ministeriali

svelano che le nuove regole del Jobs Act non basteranno a far «cambiare verso» all'Italia. Il guaio è che né il

governo, né il sindacato, hanno il coraggio di prendere atto che il problema dell'occupazione è un problema di

costi, prima ancora che di regole. Il governo teme di non avere i soldi per abbassare veramente e stabilmente

il costo del lavoro, e infatti prevede una decontribuzione limitata alle assunzioni del 2015, con un budget

decisamente insufficiente (1,9 miliardi nel 2015). Il sindacato teme, e in questo ha perfettamente ragione, che

la decontribuzione si limiti ad alleggerire i conti aziendali, senza creare occupazione addizionale. Entrambi

appaiono sordi e ciechi di fronte al vero problema: che non è regolare i diritti di chi un lavoro già ce l'ha, ma di

occuparsi dei milioni di italiani che un posto di lavoro non ce l'hanno.

Foto: Illustrazione di Irene Bedino

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LA CRISI ITALIA NEL MIRINO Juncker: "Non siamo burocrati" Il presidente della Commissione Ue attacca. Il premier: non mi spieghino cosa devo fare CARLO BERTINI ROMA «A Renzi dico che non sono il capo di una banda di burocrati: sono il presidente della Commissione Ue,

istituzione che merita rispetto, non meno legittimata dei governi». Se il neopresidente della commissione Ue,

Jean Claude Juncker, rispetto al più ostico Barroso, dovrebbe essere l'interlocutore privilegiato del premier

nella sfida a cambiare verso all'Europa, queste sue parole pronunciate a Bruxelles non danno certo l'idea di

un cammino in discesa. Sarà che Juncker ha fatto la voce grossa rispondendo ad un quesito del capogruppo

del Ppe al Parlamento europeo Manfred Weber sulle taglianti definizioni di Renzi a margine dell'ultimo

Consiglio europeo. Ma non ci è andato leggero e questo nuovo scontro non è un buon viatico per una

campagna controcorrente che si sapeva sarebbe stata tutta in salita. Al punto che Juncker fa anche pesare la

prima benedizione alla nostra legge di stabilità, facendo notare aspro che «se la Commissione avesse dato

ascolto ai burocrati, il giudizio sul bilancio italiano sarebbe stato molto diverso». Con una postilla al vetriolo, «i

Consigli europei servono per risolvere i problemi, non per crearli. Personalmente prendo sempre appunti

durante le riunioni, poi sento le dichiarazioni che vengono fatte fuori e spesso i due testi non coincidono».

Renzi nel suo stile, gli risponde a muso duro: «In Europa ce la stiamo giocando, non l'abbiamo vinta né

persa, ma stiamo facendo dei gol. È cambiato il clima per l'Italia e in Europa non vado a dire "per favore

ascoltateci", non vado con il cappello in mano». Insomma, taglia corto intervistato a Ballarò, «non vado a

Bruxelles a farmi spiegare cosa fare e l'ho detto a Barroso e Juncker». E per essere più chiaro, sgancia una

botta via twitter: «Per l'Italia, la sua storia, il suo futuro chiedo rispetto. Anzi: pretendo il rispetto che il paese

merita». E per difendere la manovra scende in campo anche il ministro dell'Economia, che dopo un vertice

con Renzi sul piano Juncker di investimenti, si presenta in Commissione alla Camera: per dire che «la

riduzione del rapporto debito -pil rimane una sfida ineludibile per l'Italia, che possiamo vincere solo tornando

a crescere in modo sostenuto e stabile». Un segnale lanciato all'Europa dunque, seguito da un quadro fitto di

luci e ombre: «La lunga recessione non è finita, ci sarà una fase di stagnazione anche nel secondo semestre

del 2014, che si chiuderà con una contrazione del pil dello 0,3 per cento». Il premier poi convoca i 400

parlamentari del suo partito per stringere i ranghi su tutte le riforme in atto, anche su quella della giustizia che

approderà lunedì in Consiglio dei ministri per la sua fase conclusiva. Ma in primis sul Jobs Act che dal primo

gennaio deve entrare in vigore, «è una riforma di sinistra come non ho mai visto e a parte l'art.18 c'è un

consenso generale su tutto. Facciamo vedere all'Europa che le riforme non le facciamo per finta». Assicura

che si voterà nel 2018, ma «non si può aspettare il 2017 per la nuova legge elettorale» per la quale si lavora

a un compromesso sul capolista bloccato e le preferenze a seguire. E chiude con l'annuncio che dopo aver

realizzato il pacchetto delle riforme in Italia «la prossima riforma strutturale sarà quella dell'Europa, perché da

cambiare a Bruxelles c'è molto». L'esortazione a restare compatti malgrado gli scontri, le piazze e tutto quel

che scuote la sinistra è quasi accorata: «Non su tutto la pensiamo allo stesso modo, ma ci attende una sfida

immane per cambiare l'Italia. Si possono avere le idee più disparate su Jobs Act, riforma costituzionale,

scuola, ma ci deve tenere insieme la battaglia che stiamo facendo in Italia, che segna anche il futuro

dell'Europa». Nessun intervento a riprova che sul jobs act nel Pd si tratta. Tutti a casa in attesa degli eventi.

Botta e risposta Jean­Claude Juncker

Deve esser chiaro che non sono il capo di una banda di burocrati sono il capo della Commissione Ueistituzione che merita rispetto Se avessimo ascoltato i burocrati il giudizio sull'Italia sarebbe diversoMatteo Renzi

In Europa non l'abbiamo né vinta né persa: ce la stiamo giocando e stiamo segnando dei gol ABarroso e Juncker ho detto che voglio il rispetto che meritiamo Non vado con il cappello in mano

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PREVISIONI DI CRESCITA A CONFRONTO

20142014 0,6 0,3 0,3 0,4 1,2 0,6 0,5 0,6 Governo (sett. '14) Istat (lunedì) Governo (sett. '14) Istat (lunedì)

Commissione Europea (ieri) Commissione Europea (ieri) Commissione Europea (precedente previsione)

Commissione Europea (precedente previsione) DEBITO PUBBLICO (% Pil) Previsioni Fonte: elaborazione

LA STAMPA su dati Commissione Europea ISTAT e MEF Centimetri-LA STAMPA

Foto: FRANCOIS LENOIR/REUTERS

Foto: Jean­Claude Juncker, neopresidente della Commissione europea

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Bruxelles: i conti sul debito non tornano E la ripresina non basta percreare lavoro Le previsioni Ue: il disavanzo cala meno di quanto stimato dal Tesoro MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES Alla domanda «possiamo credere alle vostre previsioni», Jyrki Katainen risponde «chi lo sa?». E' almeno

onesto, il vicepresidente della Commissione Ue che coordina i portafogli economici, rapido anche a spiegare

che comunque i modelli sono giusti e il lavoro aiuta a programmare il futuro. Esercizio importante sebbene

aleatorio, dunque. Eppure, «zerovirgola» più o meno, le stime di Bruxelles disegnano un'Italia che non

sorprende, in recessione nel 2014 (Pil a -0,4%), in ripresina l'anno prossimo, con una disoccupazione

drammatica, un deficit imbrigliato al limite e un debito che lascia spazio per considerazioni inquietanti, perché

il percorso di correzione strutturale non è in linea con gli obiettivi di medio termine definiti da Roma con l'Ue.

Tutti alla Commissione mandano segnali che vogliono essere tranquillizzanti. E' cominciata l'era Juncker,

quella degli «investimenti anzitutto», così a presentare le previsioni di autunno si presentano in due, Katainen

e il titolare del portafoglio economico, Pierre Moscovici. L'effetto ottico è interessante, il falco cerca di

mostrarsi colomba e viceversa. Il primo apre alla «flessibilità possibile» nella valutazione dei conti pubblici, il

secondo ricorda che «ogni euro di debito è tolto alla Sanità». Le due cose vanno insieme, conti vigilati e

sostegno alla ripresa, senza dimenticare le riforme. Tuttavia, avverte il finlandese, «la regola del debito vale

quanto quella del deficit». L'insidia vera per Roma è però qui. «Non traete conclusioni affrettate dai numeri»,

mette le mani avanti una fonte europea. La Commissione invoca per sé questa missione, la compirà forse già

mercoledì 12, comunque entro il mese. I numeri non promettono bene. L'avanzo primario atteso è ancora

insufficiente per correggere il coefficiente del debito, a causa della crescita nominale piatta e del pagamento

degli arretrati alle imprese: il picco sarà toccato nel 2015 (133,8% del Pil), nonostante gli incassi delle

privatizzazioni (mezzo punto di Pil), quindi si ridurrà nel 2016 grazie alla ripresina e al surplus primario

(132,7). La spesa coerente aumenta, in particolare per gli 80 euro. Il disavanzo cala, ma meno di quanto

suggerisce il Tesoro. Aleatoria è la correzione del deficit strutturale, calcolato al netto di ciclo e «una tantum».

Per 2014 e 2015 la Commissione anticipa un risultato dello 0,9% e dello 0,8% che nel 2016 («a politiche

invariate») peggiorerebbe all'1%. Il governo stima che il pareggio nel 2015 avrebbe richiesto una manovra

pari a 0,9% del pil, così ha rinviato il bersaglio al 2017. Il che, salvo maggiore crescita o nuove misure,

comporterebbe uno sforzo di 15 miliardi solo nel 2016. Anno che, comunque, Bruxelles precisa di non poter

considerare completamente, perché troppo presto. Resta infine una differenza sul calcolo della correzione

strutturale del deficit per il 2015. Mettendo sul tavolo il suo tesoretto, l'Italia ha promesso lo 0,3%. La

Commissione la fa diventare 0,1. Pare sia questione di valutazioni contabili. Bruxelles ci ha fatto lo sconto per

il 2014 («recessione»), non è detto che si ripeta. Più facile sarebbe se l'economia andasse meglio. Vero che

Bruxelles taglia le stime tedesche, bacchetta il debito francese e fa infuriare Hollande, promuove Grecia e

Irlanda, ma anche che sono in quattro col Pil in rosso. Per il 2015 si intravede una ripresina da 0,6 punti di Pil,

alimentata dalla domanda esterna. Il problema è la fiducia latitante con la pressione fiscale che aumenta,

spinta dalle tasse su imprese e rendite, nonostante il taglio del cuneo. L'occupazione soffre: un dramma che

continua, a meno che le riforme non abbiamo un effetto rapido e superiore alle aspettative.

4,7 per cento Il deficit francese, in costante crescita, nel 2016 sarà il più elevato d'Europa Eppure Parigi non

ci sta: «Un calcolo puramente teorico»

+1,1% Pil nel 2015 La crescita di Berlino è definita «deludente» nelle stime economiche Il Paese resta in

surplus mentre il debito continuerà a calare

05/11/2014 2Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 62

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DESCALZI: QUESTA GRANDE OPERA È VALIDA, MA IL CONTRATTO CI CONSENTE DI VENDERE ADALTRI SOCI "Eni nel gasdotto South Stream con soli 600 milioni, o usciamo" Il numero uno: «Nessun problema per Saipem, sarà pagata comunque» LUIGI GRASSIA Carta d'identità: il South Stream è il gasdotto sotto al Mar Nero che porterà il metano russo in Europa senza

passare dall'Ucraina (come invece avviene ora). L'Eni è azionista al 20%, il resto fa capo alla russa Gazprom

e a soci tedeschi e francesi. Può darsi che qualcuno a livello politico decida che non s'ha da fare, visto che la

Russia in Occidente viene sempre più vista come nemica. O più semplicemente qualche azionista potrebbe

sfilarsi perché non ci trova più convenienza, come ha prospettato ieri Claudio Descalzi, amministratore

delegato dell'Eni, in un'audizione al Senato. Ha detto che il South Stream «è un progetto valido», però le

carte in tavola rischiano di cambiare dal punto di vista finanziario. Il progetto prevede che il 70%

dell'investimento nel South Stream venga raccolto sul mercato dei capitali attraverso il «project financing»:

cioè alcuni finanziatori privati anticipano i soldi e poi vengono ripagati con i diritti di passaggio del metano.

Solo il residuo 30% deve essere finanziato direttamente dai soci di South Stream, pro-quota; e nel caso

dell'Eni questo significa stanziare 600 milioni di euro. Ma Descalzi osserva che «al momento il South Stream

sta facendo un po' fatica a trovare i finanziamenti». Questo potrebbe significare che gli azionisti dovranno

mettere mano al portafogli in misura più grande. Se dovessero provvedere da soli a tutto l'investimento,

l'impegno dell'Eni salirebbe a 2,4 miliardi. Ma Descalzi chiarisce che «l'Eni mai e poi mai lo farà. In ogni caso

non spenderemo niente di più di quello messo in budget», cioè 600 milioni. Nel caso che le cose non

andassero nel verso giusto, nessun problema: «Abbiamo l'opportunità, stabilita dal contratto, di uscire da

South Stream - dice Descalzi - e la valuteremo ». Nessun problema neanche per la Saipem, controllata

dall'Eni e che ha la parte del leone nella costruzione del gasdotto con 2,4 miliardi di commesse: se l'Eni esce,

la sua parte viene rilevata da un altro socio, e allora «South Stream sarà fatto anche senza Eni e saranno

mantenuti i contratti di Saipem». Ma anche nel peggiore dei casi, cioè se non solo l'Eni uscisse da South

Stream ma anche gli altri soci decidessero di azzerare tutto, Saipem ha contratti per 23 miliardi (per metà

acquisiti quest'anno) e solo la settimana scorsa ha firmato commesse per altri 2 miliardi in Arabia Saudita. Ieri

le azioni di Eni e Saipem hanno perso parecchio in Borsa, per l'ulteriore calo del prezzo del petrolio. Davide

Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, valuta che questo non abbia impatto sulle attività delle due

aziende: «L'Eni, come gli altri giganti dell'energia, dovrà impegnarsi di più per distribuire dividendi. Ma ha già

pratiche consolidate per fare cassa, come la cessione di quote di giacimenti subito dopo la scoperta. E l'Eni

ha riserve di petrolio immense, e ne scopre altre in continuazione. Inoltre i suoi costi di estrazione sono fra i

più bassi del mondo, e questo garantisce utili anche col barile a prezzi inferiori agli attuali. Quanto a Saipem,

ci sono molti operatori stranieri che vorrebbero comprarla, anche approfittando della sua modesta quotazione

in Borsa. Descalzi la vuol vendere ma io spero che Saipem resti italiana, è un gioiello».

Foto: Aggirare l'Ucraina Il South Stream è il gasdotto che partendo dal Caucaso russo dovrà portare il

metano di Mosca in Europa occidentale attraverso il fondale del Mar Nero aggirando l'Ucraina

Foto: AP

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 63

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Intervista "La siderurgia italiana? Basta con il massacro giudiziario" Gozzi (Federacciai): così ci deindustrializziamo IL CASO DI TARANTO «L'Ilva era in salute, crisi indotta daanni di choc in tribunale» PAOLO BARONI ROMA Al governo non chiede nulla, se non una «assunzione piena di repsonsabilità». Perché, spiega il presidente di

Federacciai Antonio G ozzi, «dobbiano finirla con questa "deindustrializzazione giudiziaria". Non è possibile

chiedere all'industria di base italiana più di quanto viene richiesto a livello europeo. Altrimenti facciamo solo

danni come con l'Ilva». Alla vigilia di un nuovo incontro a Roma sul caso dell'Ast di Terni, Gozzi spiega che

per la siderurgia italiana oggi serve un piano complessivo, senza escludere a priori un intervento della Cassa

depositi come suggerito tra l'altro lunedì su La Stampa da Mario Deaglio. «Perché se si pensa di affrontare i

singoli punti di crisi si rischia di approdare solo a mezze soluzioni, mentre invece occorre una risposta

globale». Prima Taranto poi Terni e Piombino: la nostra siderurgia è davvero al capolinea? «No, fuori da

questi tre punti di crisi restano pur sempre 1314 milioni di tonnellate di produzione annua. E nel campo della

produzione con forno elettrico siamo ancora i primi in Europa, davanti anche ai tedeschi. Detto questo il

settore è diviso in due: c'è la parte dei prodotti destinati alle costruzioni, che soffre perché rispetto al 2007 il

mercato ha perso più del 50%. E se le aziende hanno resistito è solo perché sono le più efficienti d'Europa,

perché sono molto flessibili e innovative e perché negli anni erano state patrimonializzate molto. L'altro pezzo

del settore, quello che lavora di più sulla meccanica, sull'automotive, sull'oil&gas, invece è in salute. Esporta

tantissimo e riesce a fare buoni risultati anche in un momento di crisi». Allora torniamo alle tre crisi più gravi.

Lei come le "legge"? «Quella dell'Ilva è certamente una crisi indotta. Quest'azienda era arrivata al 2011 in

salute, con un buon circolante, poi in due anni di choc giudiziari e di commissariamento è stata portata quasi

al fallimento. Ora la situazione è drammatica ma i fondamentali sono ancora buoni, tant'è che c'è interesse

per rilevarla. Piombino ha un'altra storia: questo da sempre è un malato della siderurgia italiana. Qui siamo

all'opposto di Taranto: un piccolo altoforno, una produzione non completamente integrata, un porto non

adeguato: tutti fattori che in una fase di crisi si pagano cari. Anche per Terni possiamo parlare di crisi indotta:

perché è vero che il comparto dell'inox è in difficoltà e presenta una certa sovracapacità, però Ast oggi è

diventata un problema perché Thyssen ha sostanzialmente deciso che non le interessa più questo business.

Ed è dura continuare se il padrone non ti vuole». Renzi dice che serve una «proposta nuova». Cosa chiede la

siderurgia al governo? «Non chiediamo nulla, meglio parlare di cosa possiamo fare noi privati. Ovviamente

dobbiamo continuare a investire in innovazione tecnologica, cercando di spostare le produzioni su fasce

sempre più alte. E poi dobbiamo cercare di migliorare i fattori di produzione, a cominciare dai costi

dell'energia. Noi proprio venerdì scorso abbiamo costituito il consorzio "Metal interconnector" che darà vita

alla prima interconnessione diretta con la Francia e ci consentirà di importare energia a costi europei». Si

parla di possibili interventi delle Cassa depositi e prestiti... «Se è un'operazione di sistema, inserita in un

contesto di politica industriale più ampio, per consolidare e rafforzare il settore come architrave della

manifattura italiana, perché no? Però deve essere un intervento che guarda al futuro non ai singoli casi». Su

Taranto però lei si era spinto più in là, o sbaglio? «Prescrizioni come quelle dell'Aia difficilmente verranno

attuate dai futuri nuovi azionisti per cui credo ci possa essere spazio per un intervento transitorio e intelligente

dello Stato. Il modello è il salvataggio della Chrysler fatto da Obama».

Non si può chiedere alla nostra industria più di quanto viene richiesto in Europa o ci facciamo danniAntonio Gozzi Presidente di Federacciai

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 64

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VENTACCIO EUROPEO SU RENZI Padoan: perché fare di più non si può Manovra ed Europa. Il ministro dell'Economia risponde al Foglio sull'invocazione di "radicalità" DI PIER CARLO PADOAN* Il bilancio per il 2015 riflette una valutazione strategica degli obiettivi del paese e dei vincoli interni e

internazionali a cui esso è soggetto, non diversamente da un bilancio aziendale che non ha senso al di fuori

di un business plan strategico. E il piano strategico è quello di tirare il paese fuori dalle secche di una crisi di

durata eccezionale, resa più grave che altrove da ostacoli strutturali all'adattamento e all'innovazione che si

sono cumulati e sedimentati in due decenni di inerzia politico-istituzionale, caratterizzata dalla micidiale

combinazione di un debito pubblico enorme e di una crescita declinante, da una produttività stagnante non

più compensata dalla svalutazione del cambio, da una disoccupazione crescente e da tassi di inflazione

straordinariamente bassi e calanti. Si è detto dei condizionamenti interni. Non meno severi sono oggi quelli

esterni legati alla dinamica della domanda mondiale che vede gli Stati Uniti alle prese con la fine del

Quantitative easing (Qe) e il Giappone con nuovi tentativi di rianimazione della domanda interna, in cui i paesi

emergenti crescono a tassi più contenuti del passato e l'Europa è a un passo dalla deflazione. In tale ambito,

quando le prospettive si fanno meno chiare e le aspettative più incerte, il nervosismo e l'instabilità dei mercati

diviene un'ulteriore fonte di incertezza e un ostacolo alla definizione di piani economici di più lungo periodo. In

questo contesto si colloca la definizione del piano di bilancio per il 2015. Non è difficile vedere come

l'obiettivo di riportare il paese su un sentiero di crescita sia oggi di complessa realizzazione: come esso

richieda coraggio, prudenza, realismo. La legge di stabilità è una combinazione di questi tre ingredienti. Il

coraggio è ben evidente nella scelta di ridurre in modo significativo le tasse, finalizzando questo intervento

alla creazione di occupazione stabile (la cancellazione totale della componente dell'Irap calcolata sul lavoro),

e di finanziare le riforme strutturali, a cominciare dagli ammortizzatori sociali che devono accompagnare la

riforma del mercato del lavoro, con tagli delle spese che modificano usi consolidati. La prudenza è data dalla

nostra capacità di tenere i conti sotto controllo e per questa via rassicurare i mercati sulla capacità e sulla

volontà del paese di mettere riparo ai danni del passato. Il realismo si riflette nel perseguimento contestuale

di più obiettivi - i tre pilastri alla base della strategia di ripresa economica - destinati a rafforzarsi

reciprocamente: il consolidamento fiscale favorevole alla crescita e da attuarsi con una ricomposizione delle

voci di bilancio; la ripresa degli investimenti attraverso la semplificazione amministrativa, gli incentivi fiscali e il

rafforzamento delle fonti di finanziamento; le riforme strutturali destinate a facilitare lo spostamento del

capitale e del lavoro verso i settori più produttivi e le occupazioni più redditizie attraverso il contrasto e la

cancellazione delle posizioni di rendita. Le critiche, ad esempio in tema di investimenti, sembrano ignorare

che la politica economica del governo non si esaurisce nella legge di stabilità. Con il decreto legge "sblocca

Italia" sono state mobilitate le risorse pubbliche disponibili su opere e interventi immediatamente cantierabili,

mentre con il decreto legge competitività è stato modificato il quadro normativo per aprire nuovi canali di

finanziamento alle imprese alternativi a quello bancario. Nel corso del 2015 metteremo in campo altri

provvedimenti, mentre la progressiva attuazione delle riforme strutturali migliorerà il business environment ,

rafforzando gli incentivi agli investimenti che vengono dalla riduzione delle tasse e dalle altre misure

specifiche (dal r a f f o r z a m e n t o patrimoniale delle imprese al credito d'imposta per la ricerca e lo

sviluppo). I tre ingredienti - coraggio, prudenza e realismo - si possono mescolare anche diversamente e in

dosi variabili ma la loro presenza contestuale si rende necessaria per evitare salti nel buio e assicurare la più

ampia condivisione di questa strategia nel paese e sui mercati al tempo stesso. *Ministro dell'Economia

• UN DEFICIT DI RADICALITA'Interventi di La Malfa e Nuzzo nell'inserto I

05/11/2014 1Pag. Il Foglio(diffusione:25000)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 65

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INTERVISTA A CLASS CNBC Il viceministro Morando: pronti ad ascoltare Mps e Carige Marina Valerio CLASS CNBC (Valerio a pag. 4) Il viceministro Morando: pronti ad ascoltare Mps e Carige di Marina Valerio C Enrico

Morando, viceministro dell'Economia del governo Renzi, non usa mezzi termini. «Non possiamo sostituirci al

management di Mps e Carige» afferma «per risolvere i loro problemi dopo gli stress test, ma se ci chiedono

una mano certo non la negheremo». Certo non ci si possono aspettare grossi aiuti, considerato che l'obiettivo

dell'esecutivo Renzi è soprattutto quello di alleggerire il carico fiscale sulle imprese che producono beni e

servizi, in presenza di vincoli di bilancio molto stringenti. Domanda. Serve ancora capitale a Mps e Carige. La

risposta deve darla il mercato o il governo? Risposta. Chi dirige le due banche, quelle non uscite bene dai

test di Eba e Bce, deve proporre soluzioni. Se ritengono che tra queste c'è anche un intervento della politica

nazionale, vedremo che cosa ci propongono. Ma il governo non può sostituirsi ai manager delle due banche

nel decidere come rispondere ai problemi sollevati dagli stress test. Siamo a disposizione per dare un

contributo alla soluzione più giusta perché queste due banche sono patrimonio della collettività nazionale e

vanno salvaguardate, ma non intendiamo sostituirci alla direzione delle banche. D. E un intervento

temporaneo del governo, auspicato dal presidente della Regione Toscana Rossi? R. Non escludo né includo

alcunché prima di vedere che cosa propone chi ha la responsabilità di farlo. Quando avremo esaminato

quelle proposte decideremo. Siamo aperti a esaminare le ipotesi che saranno avanzate. Se qualcuno ci

chiede una mano, certo non la rifiuteremo. D. Dopo gli stress test, il Wsj parla di «Toxic Italy» con il Paese

ritenuto il vero problema di Eurolandia. Come giudica tali analisi? R. I governi non dovrebbero polemizzare

con i giornali, i dati dimostrano che il giudizio di affidabilità sull'Italia viene non solo dai governi ma anche dai

mercati. Oggi paghiamo, dopo aver corso rischi molto forti, tassi di interesse sui titoli pubblici relativamente

bassi pur in presenza di uno spread significativo tra Btp e Bund. Abbiamo conseguito risultati importanti,

grazie anche agli annunci di interventi della Bce, non a favore dell'Italia ma dell'Europa nel suo complesso.

Adesso credo che la Bce debba passare ai fatti. Si è detto che la Bce con l'acquisto degli Abs compra crediti

erogati a famiglie e imprese. Un'iniziativa da salutare con soddisfazione, perché altrove, come negli Usa, è

riuscita a calmare un mercato divenuto molto instabile e riaprire i rubinetti del credito a famiglie e imprese. Ma

va attuata rapidamente, altrimenti non incide sull'economia come dovrebbe. D. Ma l'Italia non rischia di

tornare a essere il tallone d'Achille dell'Eurozona? R. No, a parte il fatto che il vero tallone d'Achille

dell'Eurozona sono i Paesi in cui è stato necessario nazionalizzare le banche, e quelli che presentano uno

squilibrio tra esportazioni e importazioni talmente grande da risultare alla lunga insostenibile. L'Italia

contribuisce agli squilibri europei soprattutto perché il suo debito pubblico convive con una recessione

economica, ma io credo che la seconda nazione manifatturiera d'Europa abbia ancora le caratteristiche, alle

condizioni che stiamo creando con le riforme strutturali, per tornare a crescere. D. Fino al 21 novembre è

possibile ridisegnare la legge di Stabilità. Che risultati sperate di ottenere con la manovra? R. Con il

Documento di Economia e Finanza abbiamo proposto al Parlamento italiano e alla Commissione europea di

considerare l'esigenza di una rottura. Il debito netto delle pubbliche amministrazioni senza fare nulla, nel

linguaggio tecnico, nel bilancio a legislazione vigente, sarebbe andato al 2,2% del pil, molto inferiore al 3%

delle regole Ue. Abbiamo proposto di usare il margine disponibile per fare politiche espansive, perché siamo

ancora in recessione e altre misure restrittive di finanza pubblica potrebbero persino confermarla nel 2015.

Un danno per l'Europa, e per l'Italia. Abbiamo proposto una strada diversa, stare sotto il 3% ma utilizzare lo

spazio dal 2,2 al 2,9, poco più di 11 miliardi di euro, da un lato per ridurre la pressione fiscale su lavoro e

imprese, dall'altro per finanziare le riforme strutturali, che l'Europa ci chiede da anni. D. Finora l'unica politica

espansiva è stata quella della Bce. Quella fiscale è ancora vista dalle famiglie come restrittiva. Come viene

affrontato il problema dal governo? R. Dopo tre anni di recessione, adesso si aggiunge il rischio, più di un

rischio nel caso dell'Italia, di deflazione. Su questo punto voglio dire che anche le mosse espansive della Bce

05/11/2014 1Pag. MF - Ed. nazionale(diffusione:104189, tiratura:173386)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 66

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vanno prese piuttosto in fretta. Perché abbiamo imparato negli anni a fare i conti con il rischio inflazione, cioè

con un esagerato aumento dei prezzi, ma quali siano le politiche in grado di farci uscire da una lunga

stagione di deflazione non lo sappiamo bene. Quindi bisogna assolutamente evitarla. E siccome il rischio non

è solo dell'Italia ma dell'intera Eurozona, sarà necessaria coerenza tra le politiche monetarie che finalmente

hanno acquisito un'intonazione espansiva, e quelle fiscali, non solo nei singoli Paesi ma nell'Ue nel suo

complesso. Quanto alle misure, è chiaro che oggi gli italiani sono in grande difficoltà. Basta un dato: tra il

2007-2008 e oggi il reddito medio pro capite si è ridotto del 10%. Nella storia d'Italia non è mai accaduto

niente del genere se non nei periodi subito a ridosso delle guerre. D. Una politica industriale ad hoc per l'Italia

è possibile? R. Sì, se per politica industriale si intende un complesso di scelte, fatte direttamente dallo Stato e

attuate tramite agevolazioni alle imprese, che aumentino la capacità innovativa dell'apparato produttivo.

Siamo nella società della conoscenza. Il fattore competitivo fondamentale è: «Quanta conoscenza in più un

sistema-Paese può produrre?». Se è così, bisogna sapere che il valore dei prodotti, che siano beni o servizi,

sarà direttamente proporzionale alla quantità di conoscenza in essi contenuta. Nella legge di Stabilità c'è un

credito d'imposta automatico sugli investimenti in ricerca fatti dalle imprese in autonomia o utilizzando i centri

di ricerca pubblici e quelli delle università, che dovrebbe aiutare le aziende che si alleano, se medio-piccole, o

da sole se sono grandi, nell'innovazione dei prodotti o dei processi produttivi. D. Le tasse sugli immobili sono

aumentate. Ciò non impedisce alle famiglie di consumare di più? R. Premesso che la tassazione degli

immobili non è salita per volontà di questo governo, il vero problema è in due fattori. Anzitutto la totale

confusione fatta nel 2014. La gente è esasperata perché deve pagare, ma soprattutto perché non sa come e

quanto. Inoltre, prima del governo Monti l'imposizione in Italia sui patrimoni, mobiliari e immobiliari, in Europa

era decisamente più bassa che non negli altri Paesi, mentre la pressione fiscale su lavoro e impresa era al

livello più alto. Che cosa bisognava fare? Premere un po' di più sui patrimoni e utilizzare il gettito per ridurre

la pressione su lavoro e impresa, in modo da ridurre l'onere sui produttori. Prima del governo Renzi è

aumentata la pressione sui patrimoni, senza che il gettito fosse utilizzato per ridurre la pressione su lavoro e

impresa. Cosa che accade con la legge di Stabilità 2015. D. Però la tassa sulle rendite l'avete aumentata voi.

R. L'ha varata il governo Renzi quando ha approvato, per la stessa cifra, il taglio dell'Irap. Abbiamo

redistribuito la pressione fiscale a favore dell'impresa e a danno del capital gain. Quanto contenuto nella

Stabilità è ciò che le ho detto, niente aumenti di aliquote. (riproduzione riservata)

Foto: Enrico Morando Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/banche

05/11/2014 1Pag. MF - Ed. nazionale(diffusione:104189, tiratura:173386)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 67

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KATAINEN: LA REGOLA SUL CALO DELLO STOCK È IMPORTANTE COME QUELLA SUL DEFICIT Il debito italiano inquieta la Ue Bruxelles taglia le stime del pil italiano. E Juncker polemizza con Renzi: se fossimo dei burocrati, il bilancio diRoma sarebbe stato trattato in modo ben diverso. Renzi ribatte: stiamo segnando dei gol Marcello Bussi Nel giorno in cui Bruxelles ha tagliato drasticamente le stime di crescita del pil dell'Italia, ribadendo l'allarme

per il debito pubblico tricolore, il neopresidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker ha duramente

polemizzato con il presidente del Consiglio italiano che aveva criticato l'eccessiva burocrazia europea. «Devo

dire al mio amico Matteo Renzi che non sono il presidente di una banda di burocrati. Io sono il presidente

della Commissione Ue, che è un'istituzione europea. Quindi invito tuttii primi ministri a rispettare la mia

istituzione perché non siamo meno legittimati rispetto ad altri». Poi è arrivata la stoccata finale: Juncker ha

detto che se il suo predecessore José Manuel Barroso «avesse dato retta solo ai burocrati, il bilancio italiano

sarebbe stato trattato in tutt'altra maniera». La prima replica italiana è stata quella di Roberto Speranza,

capogruppo Pd alla Camera, che a caldo ha commentato: «Juncker dimostri che non è il capo di una banda

di burocrati sbloccando subito i 300 miliardi» del piano di investimenti europeo «che stiamo aspettando da

troppo tempo». In serata, però, è arrivata anche la risposta di Matteo Renzi, che davanti alle telecamere di

Ballarò ha usato una metafora sportiva, senza citare direttamente le parole di Junker. «In Italia ce la stiamo

giocando, la partita non è vinta né persa ma stiamo segnando dei gol», ha detto infatti Renzi, per poi

aggiungere: «È cambiato il clima per l'Italia, in Europa non vado a dire: per favore ascoltateci. Non vado con il

cappello in mano. Non vado a Bruxelles a farmi spiegare cosa fare e l'ho spiegato anche a Barroso e

Juncker». Poi su Twitter Renzi ha insistito: «Per l'Italia, la sua storia, il suo futuro chiedo rispetto. Anzi:

pretendo il rispetto che il Paese merita. #Europa». Sempre in serata, quindi, si è riunito a Palazzo Chigi, un

vertice di ministri per definire le proposte italiane al piano Juncker da 300 miliardi per gli investimenti. Al

tavolo sedevano, tra gli altri, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, il ministro

dell'Economia, Pier Carlo Padoan, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, e i

rappresentanti dei ministeri dello Sviluppo economico e dell'Ambiente. Tornando a Bruxelles, dopo Junker era

stato il vicepresidente della Commissione Jyrki Katainen a sottolineare, riferendosi chiaramente all'Italia, che

la regola di riduzione del debito pubblico che supera il 60% del pil «è importante quanto quella del deficit»

sopra al 3%, sottolineando che «non è vero che i Paesi con i più grandi debiti pubblici crescono più in fretta,

anzi è esattamente il contrario». La Commissione, ha precisato Katainen, è comunque «pronta a usare la

flessibilità contenuta nelle regole del Six Pack e del Two Pack» con cui è stata rafforzata la governance

economica. Le parole del vicepresidente hanno comunque dato la sensazione che l'Italia sia sempre una

sorvegliata speciale. Non a caso ieri lo spread è salito fino a 164 punti, con il rendimento del Btp decennale al

2,41%. Secondo la Commissione Ue, il rapporto debito/pil dell'Italia quest'anno si attesterà al 132,2%,

raggiungerà i massimi nel 2015 al 133,8% per poi scendere nel 2016 al 132,7%. Il rapporto deficit/pil invece

nel 2014 si attesterà al 3% e scenderà al 2,7% il prossimo anno. Tutto in regola dunque su questo fronte.

Bruxelles ha invece tagliato le previsioni sul pil del 2014 e del 2015, portandole rispettivamente dal +0,6 delle

stime di primavera al -0,4% e dal +1,2 al +0,6%. Per il 2016 la Commissione Ue ha stimato un incremento

dell'1,1%. Se può essere di qualche consolazione, Katainen ha criticato anche Berlino, sottolineando che le

riforme sono «necessarie anche in Germania. Per il bene della stessa Germania ha senso investire in ricerca

e sviluppo e in infrastrutture». (riproduzione riservata)

ITALIA, LE STIME DELLA COMMISSIONE UE GRAFICA MF-MILANO FINANZA 2011 2013 2015 2016

2012 2010 2010 2014 126,97 119,29 116,42 132,2%* 132,6 120,74 133,8%* 132,7%* * Stime Pil Deficit/pil -

0,4% 3% 0,6% 2,7% 1,1% 2,2% Debito/pil

Foto: Jyrki Katainen

05/11/2014 2Pag. MF - Ed. nazionale(diffusione:104189, tiratura:173386)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/11/2014 68

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SCENARIO PMI

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Produzione e previsioni tornano a scendere L'indagine congiunturale luglio-settembre mostra comunque una crescita annua per il sesto trimestreconsecutivo In calo gli ordini interni ed esteri, tiene l'export. Attese in peggioramento, tranne che per ladomanda internazionale S.R. L'economia bergamasca nel complesso vivacchia, secondo l'indagine congiunturale della Camera di

Commercio sul terzo trimestre, con attività in rallentamento, se non addirittura in calo, in tutti i comparti,

dall'industria all'artigianato, dal commercio all'edilizia. Si è spento in particolare (meno 0,5%) l'effimero rialzo

della produzione industriale del secondo trimestre (più 0,8%) e si è più che dimezzata all'1,2% la crescita

annua, che si allunga comunque al sesto trimestre consecutivo.

La crescita, trainata in particolare dalla produzione di beni d'investimento, non solo rallenta, ma anche si

restringe. Con l'avvertenza che il periodo feriale può comportare qualche incertezza in più sul piano statistico,

i dati mostrano un saldo ancora positivo, ma più basso, tra le imprese che aumentano e quelle che

diminuiscono la produzione rispetto a un anno fa, mentre aumenta la quota delle imprese con flessioni

importanti. Sul piano dei settori si attenua inoltre la crescita della meccanica, settore trainante dell'industria

provinciale. Il ristagno dell'attività è confermato anche da una tendenza alla riduzione nel tasso di utilizzo

degli impianti (al 66,9%).

Le vendite nel complesso risultano quasi ferme (più 0,1% nel trimestre), come risultato del proseguimento

della flessione del fatturato interno (meno 0,3% nel trimestre) e di una sostanziale tenuta, nonostante le

turbolenze geopolitiche del periodo, dall'area russa al Medio Oriente, di quello estero (più 1% nel trimestre),

che rappresenta poco più di un terzo del totale.

Segnali critici giungono dagli ordini, in calo dell'1,1% nel trimestre sia sul mercato nazionale, sia su quello

esterno. Su base annua invece gli ordini interni crescono del 4,1%, mentre decelerano a più 2,4% quelli

esteri. Le previsioni delle imprese industriali sono prevalentemente negative e in peggioramento per

domanda interna, occupazione e, in minima misura, produzione. Ancora positive, ma stazionarie per la

domanda internazionale.

Nell'artigianato manifatturiero l'indice della produzione, molto più lontano dai livelli pre crisi rispetto a quello

dell'industria, resta invariato nel trimestre, e il progresso su base annua si riduce allo 0,8%. Nei settori più

rappresentativi si osservano variazioni debolmente positive nella meccanica e negative nel tessile. Anche

nell'artigianato di produzione si riduce ulteriormente il saldo tra variazioni positive e negative, mentre il

fatturato ristagna: le vendite risultano invariate nel trimestre, mentre recuperano lo 0,5% su base annua.

Come per l'industria, anche tra gli artigiani le aspettative restano prevalentemente negative e in

peggioramento, tranne che per la domanda estera.

Resta negativo anche il giro d'affari delle imprese dei servizi (meno 2,4%) e delle costruzioni (meno 3,6%): le

attese non sono per un cambiamento di tendenza

Nell'indagine campionaria sul commercio al dettaglio, infine, il volume d'affari risulta in ulteriore calo (meno

6,3%) rispetto a un anno prima, con flessioni che si ampliano rispetto alle precedenti rilevazioni nel

commercio alimentare tradizionale (meno 4,8%) e nel non specializzato (meno 4,6%) e restano marcate nel

non alimentare (meno 2,3%).

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La salute dell'economia Produzione industriale Variazioni congiunturali nel trimestre Indice 2005 = 100 Dati

destagionalizzati Produzione Ordini interni* Ordini esteri* Fatturato totale Prezzi materie prime Prezzi prodotti

finiti *Valori a prezzi costanti +0,6% +1,3% +2,0% +0,9% +0,8% +0,1% +1,7% +0,3% +1,9% +1,2% +0,5%

+0,6% -0,5% -0,9% -1,3% +0,3% +1,1% +0,3% +0,8% -0,6% -1,8% +0,3% +1,1% -0,5% -0,5% -1,1% -1,1%

+0,1% +0,6% +0,7% 3°2013 4° 2013 1° 2014 2°2014 3°2014 Variazioni tendenziali su base annua

05/11/2014 2Pag. Corriere della Sera - Bergamo(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 05/11/2014 70

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Produzione industriale 3° trimestre 2014 Dati corretti per i giorni lavorativi Variazione % su base annua

Produzione Ordini interni* Ordini esteri* Fatturato totale Prezzi materie prime Prezzi prodotti finiti +1,0%

+3,0% +2,0% +1,0% +2,6% +0,4% +3,5% +0,4% +8,0% +3,5% +1,8% +0,3% +3,0% +8,2% +1,4% +3,0%

+2,5% +0,9% +2,8% +0,0% +5,9% +2,8% +3,6% +0,5% +1,2% +4,1% +2,4% +1,2% +3,3% +1,1% Fonte:

Camera di commercio di Bergamo d'Arco Var. annua Indice della produzione (scala destra) -25,0 -20,0 -15,0

-10,0 -5,0 0,0 5,0 10,0 15,0 Var. trimestrale I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III 2008

2009 2010 2011 2012 2013 2014 85 93 101 109 -0,5% +1,2% 96,3 Cremona Sondrio Lecco Varese Como

Mantova Brescia Lodi LOMBARDIA Bergamo Pavia Milano Monza 6,6 3,5 3,3 3,3 2,5 2,4 1,9 1,9 1,6 1,2 0,0 -

0,1 -0,9

0,5 Per cento Il calo nel trimestre della produzione industriale (più 1,2% la crescita annua)86 Mila Le imprese attive nella Bergamasca, 400 in meno rispetto a un anno prima

0,3 Per cento L'aumento del fatturato per l'industria bergamasca nel trimestre (più 2,8% il dato annuo)

05/11/2014 2Pag. Corriere della Sera - Bergamo(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 05/11/2014 71

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Ex Lucchini, fra indiani e algerini spunta la proposta dei bresciani Sul tavolo un'offerta per realizzare a Piombino un impianto di «preridotto» Massimiliano Del Barba Quasi cinquecento aziende scomparse in nove mesi. Per decriptare il breve passaggio sulla siderurgia

lanciato lunedì mattina alla Palazzoli da Matteo Renzi al minuto 24 del suo lungo intervento sul futuro

manifatturiero dell'Italia bisogna partire da lì. Dallo stato dell'arte. E cioè dalla crisi sistemica di un comparto,

quello dell'industria dei metalli, che da cinque anni ha smesso di generare margini e profitti.

«Da Taranto a Brescia passando per Piombino - ha detto il premier agli industriali riuniti in assemblea - o il

sistema paese avanza una proposta per uscire dall'impasse in cui ci troviamo, o non ci sarà modo di garantire

un futuro alla siderurgia italiana».

Serve dunque «una proposta sistemica». Eccola: un'alleanza fra i siderurgici bresciani e gli indiani di Jindal

per costruire un impianto di produzione di preridotto , la spugna di ferro che si ricava trattando il minerale con

il gas anziché con il coke. La proposta era nell'aria - c'è chi dice che i siderurgici bresciani ne avessero già

discusso col premier -, ma ieri è stato lo stesso presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, a confermarla:

secondo Siderweb si tratterebbe della costruzione di due impianti per la produzione di preridotto , ciascuno

della capacità di 2,5 milioni di tonnellate, in grado di alimentare il nuovo forno elettrico da 1,2 milioni di

tonnellate che Jindal costruirebbe a Piombino, nonché di servire gli stabilimenti bresciani, permettendo a

questi ultimi di diversificare l'approvvigionamento da rottame il cui prezzo, a differenza del minerale di ferro, è

schizzato alle stelle.

Ora, però, in attesa di comprendere meglio i particolari dell'operazione, sarà lotta contro il tempo. Ieri a

Roma, infatti, sul tavolo del viceministro allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti, si è materializzata la

conferma della solidità delle due proposte straniere per l'ex Lucchini. Da un lato quella che per il commissario

Piero Nardi sarebbe la più conveniente, vale a dire il progetto degli algerini di Cevital, che promettono la

costruzione di due forni elettrici da un milione di tonnellate l'uno e l'ampliamento della zona laminazione.

Dall'altro la proposta indiana che, allo stato attuale, è ferma nell'impegno di acquisire solamente i laminatoi

garantendo così l'occupazione per soli 750 dipendenti.

C'è tempo fino al 15 novembre per prendere una decisione ma, intanto, in Valpadana non si è stati a

guardare. L'Italia, e l'Europa tutta, sono alle prese con una dura gatta da pelare, la sovracapacità produttiva.

E, in mancanza dei finanziamenti per un nuovo piano Davignon che alimenti la razionalizzazione (niente aiuti

di Stato, ripete Bruxelles), sarà il mercato a fare il lavoro sporco. Se la parola chiave, da questo punto di

vista, è ristrutturare, ora le manovre per spartirsi ciò che rimarrà dei 24 milioni di tonnellate di acciaio prodotto

nel 2013 entrano nella sfera della geopolitica. Che, per l'elettrosiderurgia bresciana, significa mettere fuori

gioco i competitor algerini, con i quali non si condivide solo il prodotto, cioè il tondo, ma anche il mercato, cioé

il Mediterraneo. «Risolvere il problema di Piombino con Cevital significa crearne uno cinque volte più grande

a Brescia» aveva detto al Sole 24Ore qualche giorno fa Gozzi. Dunque la contromossa: «sistemica»,

appunto, come da desiderata del premier.

E, di questa inedita alleanza fra indiani e tondinari, potrebbe fare da garante, con un finanziamento per un

periodo limitato, la Cassa depositi e prestiti. Non acciaio di Stato, ma quasi.

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Chi èAntonio Gozzi, 60 anni,

di Chiavari, laurea in Economia,

ad del gruppo Duferco (che conta uno stabilimento

a San Zeno), è

05/11/2014 8Pag. Corriere della Sera - Brescia(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 05/11/2014 72

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il presidente di Federacciai, la Confindustria dei siderurgici, dal giugno del 2012, avendo sostituito Giuseppe

Pasini

2 I forni elettrici che gli algerini di Cevital vorrebbero costruire750 I dipendenti che verrebbero garantiti dall'offerta

di Jindal

2,5 Milioni

Le tonnellate

di preridotto

che i bresciani produrrebbero a Piombino

Foto: Materia prima La cokeria dello stabilimento ex Lucchini di Piombino, che potrebbe essere sostituita da

un impianto per

la produzione

del preridotto

05/11/2014 8Pag. Corriere della Sera - Brescia(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 05/11/2014 73

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Borsa. 31 nuove società nel programma «Elite» di Piazza Affari apre alle grandi aziende Maximilian Cellino Elite apre le porte anche alle «big». Fra le 31 nuove società entrate ieri a far parte del programma creato da

Borsa italiana per favorire l'accesso al mercato dei capitali alle piccole e medie imprese italiane figurano

infatti anche società non proprio di piccolo calibro. Tra di esse Ansaldo Energia, Kedrion, Sia e Valvitalia

(tutte partecipate dal Fondo Strategico Italiano), ma anche Egea e il Gruppo industriale Maccaferri.

Con «Elite for large corporate» nasce quindi un servizio espressamente destinato alle imprese di grandi

dimensioni: «Intendiamo creare un'offerta dedicata e un percorso adatto alle esigenze delle grandi imprese

che vogliono consolidare il proprio percorso di internazionalizzazione e rafforzare la propria leadership

globale», ha spiegato Luca Peyrano, responsabile primary market di Borsa italiana.

Maximilian Cellino

u Continua da pagina 27

Il percorso dedicato alle Pmi e inaugurato 2 anni e mezzo fa nel frattempo prosegue: con le 31 aziende

entrate a far parte ieri del programma in Italia e le 16 in Gran Bretagna il totale delle società Elite è salito a

oltre 200. Quindici di esse hanno allo studio una Ipo (finora la sola TechValue è sbarcata sull'Aim di Borsa

italiana), 13 sono invece le operazioni di private equity, 10 i minibond emessi (per un controvalore di 291

milioni), 35 le attività di M&A e joint venture, 16 infine le imprese che hanno ricevuto ieri il certificato Elite a

testimonianza dell'impegno e dei risultati raggiunti all'interno del programma.

Tra le «new entry» figurano anche marchi noti al grande pubblico come Rtl 102.5, i materassi Dorelan, i

biscotti Vicenzi, gli abiti Antony Morato, le catene di negozi Kasanova e Piazza Italia. Nel complesso, le

nuove Elite hanno realizzato nel 2013 un fatturato medio annuo di 191 milioni di euro (si va dai 12 milioni di

Wiva agli oltre 1,2 miliardi di Ansaldo Energia e Maccaferri), ma soprattutto una crescita del 10% del fatturato,

del 15% del margine e hanno già una significativa esposizione all'estero (dove realizzano il 37% dei ricavi).

Nel complesso si tratta di società di settori molto differenti fra loro (dall'alimentare alla moda, passando

appunto dal software all'ingegneria industriale) e provenienti un po' da tutte le aree produttive del Paese.

«Sono di tutte le regioni italiane - ha confermato Peyrano - c'è insomma democrazia a livello geografico».

Per tutti il traguardo finale potrebbe essere la quotazione, ma non solo: «Elite non è necessariamente un

circuito di approdo alla Borsa - ha sottolineato Raffaele Jerusalmi, a.d. di Borsa Italiana - ma prepara le

società ad accedere al mercato dei capitali, possono per esempio far entrare venture capital oppure emettere

bond».

Sul non proprio semplice rapporto fra le aziende italiane e il listino azionario, Jerusalmi ha comunque

manifestato un certo ottimismo: «Mi aspetto - ha detto - che buona parte di quelli che hanno rinunciato

quest'anno a quotarsi per la volatilità si presenteranno nuovamente il prossimo, perché probabilmente

preferiranno aspettare un mercato più stabile». Nel 2015 potrebbero quindi sbarcare a Piazza Affari «30-40

aziende, 15 delle quali sul mercato principale e circa 25 sull'Aim», ha aggiunto Jerusalmi, che considera Rai

Way «un'ottima azienda».

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05/11/2014 27Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 05/11/2014 74

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R&P LEGAL casi di studio Quando serve la testa di Maria Buonsanto Lo studio è tradizionalmente incentrato su pmi, provincia e seniority della squadra. Una

combinazione di caratteristiche che oggi fanno di R&p Legal un modello innovatore VISTO DA VICINO, SI

SAREBBE PORTATI a pensare che il modello su cui si fonda R&p Legal - seniority della squadra, pmi come

principale clientela, parcellazione f lessibile e presenza nella provincia nord-italiana - sia frutto di una visione

pioneristica e innovatrice del mercato. Dove stanno andando tanti studi italiani oggi se non (anche) in questa

direzione? Eppure, parlando con i vertici dell'insegna, si ha l'impressione che il modello sia più che altro il

risultato di una miscela di fortunate coincidenze. Sono gli stessi soci dello studio a ribadire, in più di

un'occasione, che «tutte le scelte che a posteriori potrebbero essere viste come una strategia, sono in realtà

frutto di una cultura condivisa, che ha origine in tempi non sospetti». È in tempi non sospetti che lo studio - a

detta degli stessi soci «incapace» di strutturarsi su un modello piramidale (che oggi è in parte in crisi) - ha

scelto una forma organizzativa cilindrica, caratterizzata da un'equa distribuzione tra i diversi livelli di seniority.

E, sempre in tempi non sospetti, provincia e pmi sono stati individuati come bacini di business prioritari

dell'insegna, che è riuscita così a mettere un piede in sei città italiane e nel nuovo mercato finanziario dei

minibond. Cosicché R&p Legal oggi sembrerebbe in possesso di un modello in grado di rispondere con una

buona efficacia, ed un certo tasso d'innovazione, alla domanda del mercato. Dalla piramide al cilindro In

un'azienda come quella legale, che opera nel mercato dell 'intangibile, la chiave di volta organizzativa per

offrire un servizio che soddisfi al meglio il cliente è nel capitale umano. Ogni managing partner dirà che le

risorse umane sono un aspetto fondamentale per il buon funzionamento dell 'azienda-studio. Eppure, alla

ricerca di una quadratura nel delicato equilibrio tra ricavi e uscite, molte insegne hanno deciso di contenere i

costi fissi andando a tagliare proprio quelli legati al personale. Una scelta connessa alla necessità di superare

un modello organizzativo - quello piramidale - che oggi sembra mostrare alcuni limiti. «La piramide

organizzativa, importata in Italia dalle law firm estere, presuppone una base molto larga, ma la base

rappresenta un investimento e un costo perché il costo effettivo pagato dall 'azienda-studio per il junior è fatto

anche di formazione, tempo speso dai partner per rivedere tutti i documenti e costi strutturali (scrivania,

computer, segretaria)», commenta il senior partner Mario Colombatto . È così che, negli anni di crisi, a

cavallo tra il 2008 e il 2009, R&p Legal ha deciso di ristrutturare il modello, rendendolo più snello, grazie all

'informatizzazione dei processi produttivi, e sempre più incentrato sui senior. «Il modello piramidale non ci ha

mai contraddistinti - spiega il senior partner Riccardo Rossotto - perché abbiamo sempre avuto una testa

pesante con un elevato numero di soci. La forma che a nostro av viso è strutturalmente più vantaggiosa e

sostenibile è il cilindro». I costi della base sono ridotti grazie all 'ingresso di professionisti meno junior e all

'informatizzazione dei processi produttivi. E il percorso di crescita interna rimane costante, così come l

'ingresso nella partnership («oggi non si può chiedere ai giovani professionisti di fatturare un milione di euro

per diventare soci, bisogna essere realistici e puntare sul consolidamento della partnership»), a patto che non

si intacchino i diritti dei soci più senior. Secondo il principio per cui «la moneta non deve diventare il driver,

ma va comunque gestita». Per arginare possibili tensioni interne, garantendo al contempo i diritti acquisiti e

quelli in fieri, lo studio ha scelto di adottare un lockstep doppiamente modificato. Là dove, la prima modifica

sta nella ridistribuzione degli utili: l '85% viene attribuita sulla base del lockstep e il restante 15% è ridistribuito

in base a quanto prodotto durante l 'anno (a decidere a chi destinare questa parte è un comitato che viene

rinnovato periodicamente). La seconda modifica, invece, sta nell 'assegnazione dei punti equity, che vengono

incrementati solo a patto che ci sia un aumento della redditività del punto, per garantire la redditività già

acquisita dai soci senior. Questo sistema ha portato a una distribuzione delle quote per cui, tra il più giovane

socio e il più senior c'è uno scarto teorico di cinque livelli di lockstep. Un sistema sostenibile, a detta dell

'insegna, che, sempre secondo i soci, accontenta i più. Le radici nella provincia Così come è anacronistico

04/11/2014 38Pag. Top Legal - N.10 - novembre 2014(diffusione:10000, tiratura:25000)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 05/11/2014 75

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pensare che l'associazione legale possa ancora reggersi su una forma piramidale, alla stessa stregua,

secondo i soci di R&p Legal, è troppo riduttivo snodare un intero business sulla triangolazione TorinoMilano-

Roma. «Il mercato legale italiano è ridondante di offerta e le piazze principali sono ormai sature», commenta

Colombatto. «I clienti vanno cercati in provincia». Ma in un contesto a spiccata identità territoriale come

quello periferico, la sfida è facile a dirsi, meno a farsi. «La targhetta dello studio nazionale in provincia non

funziona solo perché blasonata», conferma il managing partner Claudio Elestici , che aggiunge: «Allora,

piuttosto che aprire un proprio studio, meglio cercare la fusione con forti realtà locali». Ed è questa la strada

percorsa dall'insegna, che, ultima in ordine temporale, in settembre ha annunciato la fusione con lo studio

bergamasco Zonca Briolini Felli, che ha portato all'integrazione nella partnership di R&p Legal di sei nuovi

soci. Bergamo, così, si è affiancata alle sedi di Torino, Milano, Roma, Busto Arsizio (che rappresenta anche

la sede a cui fa capo il responsabile del dipartimento labour Roberto Testa ) e Aosta. Un'espansione

carat ter izzata da un minimo comune denominatore: cont inuare a puntare sul le pmi e

sull'internazionalizzazione dell'impresa, cercando studi locali «che abbiano chiara la percezione che il mondo

è cambiato e bisogna attrezzarsi per offrire servizi destinati a una clientela che non è più assertiva come un

tempo», evidenzia Rossotto. Finiti i tempi dell'assertivismo Positivi sulle possibilità offerte dal mercato,

soprattutto quello delle pmi, i soci di R&p Legal sono fiduciosi in una «ripartenza» del settore, sempre a patto

che «non si cerchi di tornare dove si era prima della crisi». Proprio perché, enfatizzano, «i tempi dell

'assertivismo del cliente sono finiti». Allora, l 'obiettivo è imparare a lavorare in maniera moderna. Un concetto

di modernità che si declina sulle nuove esigenze espresse dagli in-house: tempistiche strette, parcellazione f

lessibile, valore aggiunto e seniority. La filosofia è una: fornendo una consulenza impermeata di questi

elementi si ottiene la fidelizzazione del cliente. L'approccio moderno diventa, quindi, strumentale per radicare

lo studio su uno dei valori più antichi alla base del rapporto tra advisor e cliente: il legame fiduciario.

«Maggiore è la fidelizzazione del cliente, maggiore è la capacità di far percepire il valore aggiunto portato

dalla consulenza. Ed è sul valore aggiunto che si fanno i margini», sottolineano. In tema di marginalità, la

nota economica è tutt'altro che dolente per lo studio, che, a fronte di un fatturato in diminuzione - 14,3 milioni

di euro nel 2013 contro i 15 del 2012 (dati ufficiali) dovuto anche all'uscita di un socio di peso come Lorenzo

Attolico (oggi in Nctm) - nel 2013 ha segnato un incremento, seppur minimo, di marginalità (7,1 milioni di utili

contro i 6,9 del 2012). Lo studio reputa un «falso mito» quello dei clienti pronti a scegliere il loro consulente

solo sulla base della tariffa applicata. Secondo i soci, infatti, sarebbero av viati al tramonto i tempi in cui ciò

accadeva (anche se in realtà tanti consulenti sostengono che tutt'oggi accada). «I mandati spesso finivano

nelle mani di junior del tutto impreparati a gestirli e così i costi per il cliente finivano col raddoppiarsi»,

commentano. Venendo a galla tutte le storture del sistema, secondo i soci di R&p Legal, i clienti si sarebbero

ormai resi conto dei limiti di quell'approccio. «Ma ciò non vuol dire che si possa tornare indietro, quando il

prezzo era deciso dall'advisor», aggiungono. C'è mandato e mandato, così come c'è risultato e risultato.

«Dire che la consulenza non paga più soltanto perché ci si deve rimboccare di più le maniche non rende

giustizia alla professione», chiosa Rossotto. Secondo il name partner, l 'unico vero risultato a cui ha portato

doversi confrontare con clienti più consapevoli e meno assertivi è uno: aver riscoperto la natura problem

solving della professione, vero compito dell 'av vocato. Quindi quale dovrebbe essere la forma più corretta di

pagamento? La risposta all 'annosa domanda che ha trovato più largo consenso in studio è data dallo stesso

Rossotto: «La tariffazione oraria non è gratificante né per noi né per il cliente. La parcellazione deve certo

tener conto anche del tempo e della complessità, ma non si può trascurare l 'elemento principale, ossia il

raggiungimento del risultato». Così, la tariffazione oraria è applicata solo in pochissime operazioni (quelle in

cui il fattore complessità è massimo), mentre nelle altre si applica un modello di prezzo alternativo, che - per

essere sostenibile e garantire marginalità - richiede necessariamente un modello organizzativo diverso dal

passato. L'elemento principe di questo modello per R&p Legal si trova nella seniorit y dei professionisti, nella

convinzione che un senior riesce a risolvere il problema più facilmente e in tempi più stretti rispetto a due

junior. E in un rapporto tra domanda e offerta in cui il fattore tempo si è rovesciato - trasformandosi da

04/11/2014 38Pag. Top Legal - N.10 - novembre 2014(diffusione:10000, tiratura:25000)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 05/11/2014 76

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strumento in mano all 'offerta per fatturare di più in strumento in mano alla domanda per valutare la

soddisfazione rispetto alla prestazione ottenuta - un approccio basato sulla seniorit y, a detta dei soci R&p,

non può che risultare il più redditizio. Eppure, in passato l'equazione non ha funzionato e alcuni studi sono

implosi proprio perché avevano una testa troppo pesante rispetto al resto del corpo. Infatti, la seniority dei

professionisti, unita ad una clientela prevalentemente fatta di piccole-medie imprese, sembrerebbe su carta

avere tutte le caratteristiche per generare un modello di scarsa profittabilità, nota dolente per la tenuta interna

di molti studi. Aver trovato la giusta formula per restare sul mercato senza disgregarsi? Questo sì sarebbe

un'importante innovazione nel comparto legale.

I numeri di R&p Legal 21 7,1 102 102 14,3 -4,7% +2,9% Avvocati Var. (2012) Var. (2012) Utile (€mil) Soci

equity* Professionisti* Fatturato (€mil) Utile per socio equity (€mil) 6,9 Fatt. per avvocato (€ mil) 0,14 * dato

aggiornato al 31 ottobre 2014 Fonte: R&p Legal I dati di riferimento riguardano la fine dell'anno fiscale 2013

Il rating di R&p Legal IP TAX TMT LAVORO ENERGIA CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO SOCIETARIO

(FASCIA 3)

CLASSIFICAZIONE PER AREA DI SPECIALIZZAZIONE CONTENZIOSO (FASCIA 3) CONTENZIOSO

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04/11/2014 38Pag. Top Legal - N.10 - novembre 2014(diffusione:10000, tiratura:25000)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 05/11/2014 77