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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. ANIEM Rassegna Stampa del 12/05/2014

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specificato nei contratti di adesione al servizio.

ANIEM

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INDICE

ANIEM

10/05/2014 Prima Pagina

«Bisogna cambiare le regole sulla selezione delle imprese in gara negli appaltipubblici»

13

10/05/2014 Prima Pagina

«Ora cambiare le regole del gioco»14

ANIEM WEB

09/05/2014 www.agvnews.it 16:08

Expo, Aniem: Fatti dimostrano inadeguatezza sistema gare16

09/05/2014 agenparl.com 13:55

EXPO: ANIEM, FATTI DIMOSTRANO L'INADEGUATEZZA DEL SISTEMA DIQUALIFICAZIONE DELLE GARE

17

09/05/2014 trapaniok.it 20:39

Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture18

SCENARIO EDILIZIA

10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Sala prepara tre nomine e rivede il progetto: cantiere da semplificare per stare neitempi

21

12/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Sanità, cantieri e terreni dell'Expo Così è partito l'assedio milionario22

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

Come edificarsi un museo24

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

Fondo Pmi a quota 1,3 miliardi26

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

Macchine per costruzioni + 20% nel trimestre28

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

Dai macchinari segnali di ripresa29

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12/05/2014 Il Sole 24 Ore

Dalla sede al cantiere, scatta lo straordinario30

11/05/2014 La Repubblica - Nazionale

"Le nostre mazzette le meno care chiediamo l'1%, gli altri il 5"32

11/05/2014 La Repubblica - Milano

Tagli ai lavori e squadra oggi vertice d'emergenza per il maxicantiere 201534

11/05/2014 La Repubblica - Palermo

Rete idrica colabrodo ogni settimana venti guasti L'accusa dell'Amap "Troppi scavisenza regole"

35

12/05/2014 La Repubblica - Nazionale

Sanità, sprechi e tangenti quell'assalto famelico al tesoro della Lombardia37

12/05/2014 La Repubblica - Nazionale

Dai prefetti ai costruttori, la rete di Sciaboletta39

12/05/2014 La Repubblica - Torino

Torre Sanpaolo in ritardo solo a dicembre il trasloco41

10/05/2014 La Stampa - Nazionale

Expo, ora si cerca il tesoro a Lugano42

11/05/2014 La Stampa - Imperia

"Gli impresari hanno paura e non ritirano licenze edilizie"44

12/05/2014 La Stampa - Nazionale

Expo, il presidente dell'Anticorruzione vigilerà sui lavori45

10/05/2014 Il Messaggero - Rieti

L'ediliziaal collasso:cancellati700 posti46

11/05/2014 Il Messaggero - Nazionale

Trame, tangenti e nomine choc il business della sanità lombarda47

11/05/2014 Il Messaggero - Roma

Da Trinità dei Monti alla Tangenziale, i cantieri 201449

12/05/2014 Il Messaggero - Nazionale

Inchieste e liti per le poltrone così i cantieri rischiano il flop50

11/05/2014 Il Giornale - Nazionale

La grande torta delle coop rosse tra scandali e soldi dagli amici52

10/05/2014 Avvenire - Milano

Un superdirettore per il cantiere54

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11/05/2014 Avvenire - Nazionale

Cantieri a pieno regime, ma alcuni progetti sono già naufragati55

11/05/2014 Il Gazzettino - Padova

Scuola media e palestra, gli "appiedati" protestano con fiocchi neri e colorati56

11/05/2014 QN - Il Giorno - Milano

Arte e fantasia nel cantiere edile57

10/05/2014 Il Manifesto - Nazionale

Il sistema dell'Acqua58

10/05/2014 Il Manifesto - Nazionale

Il tempo è scaduto, l'Expo trema e chiama il premier60

10/05/2014 Libero - Nazionale

De Blasio affossa i conti di New York61

11/05/2014 Libero - Milano

Nervi tesi ai vertici Expo: ora basta fango62

10/05/2014 Il Secolo XIX - Nazionale

«Io, genovese disegno le navi che divertono il mondo»63

10/05/2014 ItaliaOggi

Frendy energy: parte primo di 7 progetti65

11/05/2014 L Unita - Nazionale

Cantieri Expo e sanità le «magnifiche prede»66

10/05/2014 QN - La Nazione - Nazionale

Cantieri avanti fra pioggia e ritardi Gli ospiti stranieri: dateci garanzie68

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Concordia, l'offerta italiana si concentra su Genova69

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Ristrutturazioni, col bonus sorride anche l'erario71

10/05/2014 Milano Finanza

Italia in mostra a Firenze73

10/05/2014 Il Sole 24 Ore - PLUS 24

Saipem e Technip puntano sull'Africa74

10/05/2014 Il Fatto Quotidiano

Ritardi, mazzette e pm: per Expo 2015 l'incubo del fallimento77

12/05/2014 Il Fatto Quotidiano

La metro dei record: tanti km, zero proteste80

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12/05/2014 Il Fatto Quotidiano

"Noi donne a guidare la trivella più grande"82

09/05/2014 Tempi

Gli sgravi salvano 226 mila lavoratori83

11/05/2014 WATT Elettroforniture

Ogni casa è fonte di business84

SCENARIO ECONOMIA

10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Quei 79 milioni «scippati» agli enti pensioni86

10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Hedge fund e banche centrali, la riunione di Ginevra sul debito88

10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Tassi ai minimi, i Btp rendono il 2,9%89

10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

BlackRock spiega la Finanza in Piazza (Beccaria)90

10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

«Il risparmio non va punito Premio a chi investe per 5 anni»91

11/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Tasse alle imprese, il piano: taglio da dieci miliardi Rischio caos per la Tasi93

11/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Ma su Autonomi e Partite Iva sarà Assalto in Senato95

11/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Maxi sgravi Irap e via alle privatizzazioni96

11/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

cambia il Calcolo del Potere d'Acquisto si scoprono Trecento milioni di Poveri98

11/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Sede a Mosca e stipendi d'oro Le mani sulla società degli sprechi99

11/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

«Axa punta sul mercato italiano Montepaschi, alleanza più stretta»101

10/05/2014 Il Sole 24 Ore

«L'Italia non perda la frontiera tecnologica»103

10/05/2014 Il Sole 24 Ore

Expo, corsa a tre per il dopo-Paris Tangenti anche sui padiglioni esteri104

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10/05/2014 Il Sole 24 Ore

Le dieci start-up che sono già nel futuro106

10/05/2014 Il Sole 24 Ore

Tamagnini: «Fsi replicherà presto il modello Ansaldo»108

10/05/2014 Il Sole 24 Ore

Non bastano le promesse nel semestre delle riforme110

10/05/2014 Il Sole 24 Ore

Gli obiettivi sono chiari, ma ora serve una strategia112

10/05/2014 Il Sole 24 Ore

Tagli del 30% ma ancora 1,1 miliardi di consulenze114

10/05/2014 Il Sole 24 Ore

Sopaf, arresti per truffa alle Casse116

10/05/2014 Il Sole 24 Ore

Le tensioni dei tassi monetari mettono a rischio la corsa del BTp118

10/05/2014 Il Sole 24 Ore

A marzo manifattura avanti piano119

10/05/2014 Il Sole 24 Ore

La battaglia per crescere in un ambiente ancora ostile121

10/05/2014 Il Sole 24 Ore

Quel flash trading a Piazza Affari122

10/05/2014 Il Sole 24 Ore

Immobili, maxi-fusione da 7 miliardi123

10/05/2014 Il Sole 24 Ore

L'area finanza Fiat-Chrysler a Londra con Marchionne125

10/05/2014 Il Sole 24 Ore

Telefonica: restiamo in Telecom Italia con la quota attuale126

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

Non fermiamo il Cantiere127

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

Expo, oggi il vertice per la governance Renzi: avanti le opere128

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

Se la Bce fallisce sulla stabilità dei prezzi130

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

Un passo avanti e due insidie132

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11/05/2014 Il Sole 24 Ore

Ai fondi esteri il 38% di Piazza Affari133

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

La pressione fiscale aiutata dal caos normativo135

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

Così la recessione russa può colpire la Ue136

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

Tempi stretti per i compiti dell'Ilva137

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

Ubi, i soci varano la riforma Più spazio ai soci di capitale139

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

«Prove di trasmissione» per il polo Ue della pay tv141

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

Se le popolari si riformano da sé142

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

la ricerca inventa il suo mercato143

12/05/2014 Il Sole 24 Ore

Cercasi moroso ostinatamente144

12/05/2014 Il Sole 24 Ore

Non solo capannoni: la Svizzera seduce anche l'e-commerce145

12/05/2014 Il Sole 24 Ore

Energia, prezzi giù (non per le Pmi)147

12/05/2014 Il Sole 24 Ore

Il difficile compito di rilanciare l'Europa149

12/05/2014 Il Sole 24 Ore

Contratti a termine, il 20% è «mobile»151

12/05/2014 Il Sole 24 Ore

Fisco, ricorsi digitali dal 2015153

12/05/2014 Il Sole 24 Ore

Più immigrati pagano l'Irpef ma redditi in calo155

12/05/2014 Il Sole 24 Ore

Consulenza e finanziamenti per «gemme» al femminile156

12/05/2014 Il Sole 24 Ore

TENERE D'OCCHIO I SINGOLI OBIETTIVI157

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12/05/2014 Il Sole 24 Ore

«LE PMI ATTIVE SUL WEB ESPORTANO DI PIÙ»158

12/05/2014 Il Sole 24 Ore

«Subito le regole operative per la nuova finanza etica»160

12/05/2014 Il Sole 24 Ore

Microcredito in Italy162

10/05/2014 La Repubblica - Nazionale

Alla Mercedes i giovani non bastano In fabbrica torna il pensionato164

10/05/2014 La Repubblica - Nazionale

I guai di Telecom Tim Brasil frena giù i ricavi del fisso165

11/05/2014 La Repubblica - Nazionale

Londra terra promessa per i giovani italiani in cerca di lavoro166

11/05/2014 La Repubblica - Nazionale

"Uscire dall'austerity non dalla moneta unica solo così Eurolandia può rialzare latesta"

168

11/05/2014 La Repubblica - Nazionale

In Italia piccolo non è più bello Anche per l'Fmi le nostre aziende ormai arrancano170

12/05/2014 La Repubblica - Nazionale

Debito, Tesoro in campo cedere il 10% di Eni e Enel171

10/05/2014 La Stampa - Nazionale

L'industria frena, incognite sulla crescita173

11/05/2014 La Stampa - Nazionale

"La concertazione ha fallito"175

11/05/2014 La Stampa - Nazionale

Murdoch prepara la "Grande Sky"177

11/05/2014 La Stampa - Nazionale

Ernesto Franco: fare l'editore è offrire al pubblico un'identità178

12/05/2014 La Stampa - Nazionale

Il paese che investe nel vento Pale eoliche in multiproprietà180

12/05/2014 La Stampa - Nazionale

Cedolare secca meno cara È l'unica tassa che scende182

12/05/2014 La Stampa - Nazionale

«Occhi su banche, energia e Cina»183

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12/05/2014 La Stampa - Nazionale

Effetto Draghi, il super­euro si indebolisce184

12/05/2014 La Stampa - Nazionale

"Le imprese cresceranno se si lotta contro i dazi"185

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

MANDRAKE E L'ENERGIA IL RISPARMIO IN UNA SLIDE187

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Euro forte politica valutaria cercasi188

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

L'Enel di Starace più estera e più verde190

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Wester all'Alfa "Così batteremo Bmw e Mercedes"192

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Bono: "Cresceremo con i soldi dell'Ipo"195

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Il nuovo Ior di papa Francesco senza più poteri né autonomia197

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Privatizzare per aumentare l'efficienza199

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Arvedi, Feralpi Duferco, la nuova siderurgia post Ilva200

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

L'effetto ottico della crescita in deficit dei Pigs202

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Intesa SanPaolo i dipendenti azionisti col paracadute203

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Prelios-Fortress insieme a caccia dei Npl204

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Nuova anzi usata, l'auto che tira ancora segreti e numeri di un mercato mai in crisi205

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Il controllo di qualità chiave di successo così le imprese italiane vanno a due velocità207

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Dalle medicine ai funerali così gli sconti fiscali pesano sulle casse statali209

12/05/2014 Corriere Economia

Crescita e mercati L'utilità ritrovata di un'Europa forte211

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12/05/2014 Corriere Economia

Confartigianato mette le eccellenze in vetrina (online)212

12/05/2014 Corriere Economia

Imprese I big del pubblico Primo: trainare la ripresa214

12/05/2014 Corriere Economia

La nuova sfida del seduttore è nella ripresa dell'Alfa215

10/05/2014 Milano Finanza

ORSI & TORI216

10/05/2014 Milano Finanza

ALLORA RIDATECI L'IMU ECCO QUANTO COSTANO LA NUOVE TASSE SULLACASA

219

10/05/2014 Milano Finanza

La moneta unica e il futuro del Continente. Il dibattito è in libreria223

10/05/2014 Milano Finanza

SuperMario serve a poco224

10/05/2014 Milano Finanza

Il rischio paga più del 5%226

10/05/2014 Milano Finanza

Yaki vince a Solferino228

10/05/2014 Milano Finanza

Al top nella governance230

10/05/2014 Milano Finanza

Bankitalia alle prese con la bitcoin232

10/05/2014 Milano Finanza

Alitalia alla conta finale233

SCENARIO PMI

10/05/2014 Corriere della Sera - Brescia

Filosofi e designer, in Aib la rivoluzione dei «maker»236

11/05/2014 Il Sole 24 Ore

Prada, l'obiettivo è avere più ricavi da Miu Miu e Church's238

12/05/2014 Il Sole 24 Ore

Il programma «AdottUp» valorizza l'arte di Napoli241

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11/05/2014 La Stampa - Nazionale

Imprese242

11/05/2014 Libero - Nazionale

Dieci buone notizie sui conti dell'Italia243

10/05/2014 Il Foglio

Le parole non producono245

10/05/2014 Il Foglio

L'economia cinese è grande ma non è ancora da grande potenza246

10/05/2014 ItaliaOggi

Ombrello a richiesta sul credito248

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Gestione efficiente, più export ecco l'utilità di quella "patente"250

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Banche e avvocati in lizza per la coppa dell'eccellenza252

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Impreparati alla meta della fattura digitale obbligatoria dal 6 giugno253

12/05/2014 La Repubblica - Affari Finanza

In Tech City le aziende dell'elettronica condividono il magazzino255

12/05/2014 Corriere Economia

Manager a tempo. Per esportare256

10/05/2014 Milano Finanza

L'ULTIMA SETTIMANA**257

10/05/2014 Il Sole 24 Ore - PLUS 24

Aziende europee meno profittevoli259

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ANIEM

2 articoli

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ANIEM Il presidente Dino Piacentini interviene sullo scandalo relativo all'Expo «Bisogna cambiare le regole sulla selezione delle imprese in gara negliappalti pubblici» «Gravissimo quanto emerso intorno all'Expo». Così Dino Piacentini, presidente dell'Aniem, l'a ssociazione

nazionale imprese edili manifatturiere, aderente a Confimi Impresa, sollecita un'immedi ata modifica in fase di

conversione del decreto 66/2014. «Ancora una volta la magistratura deve sopperire ai vuoti lasciati dalla

politica prosegue Piacentini Per fortuna, almeno in questo caso, c'è stato un intervento che impedisce alla

concorrenza sleale di sconfiggere le imprese sane. Non possiamo però pensare che la salvaguardia del

sistema sia interamente e unicamente delegabile alla magistratura. La politica deve avere come priorità la

valutazione vera del sistema di qualificazione delle imprese e degli imprenditori, attraverso una controllo

attento dei lavori eseguiti dalle aziende». «E' urgente, quindi, prosegue il presidente di Aniem - una riforma

strutturale del sistema di qualificazione che responsabilizzi la stazione appaltante e le imprese eliminando

albi, società di attestazione e ogni altra forma di intermediazione». Ciò che viene richiesto è in sostanza un

rapporto diretto tra aziende e ente appaltante, una qualificazione dinamica svolta gara per gara e quindi un

sistema che preveda una verifica rigorosa sui soggetti affidatari della gara molto più di oggi. «E' arrivato il

momento - conclude Piacentini - di cambiare le "regole del gioco" sulla selezione delle imprese che

partecipano agli appalti pubblici».

Foto: IL PRESIDENTE Dino Piacentini

10/05/2014 23Pag. Prima Pagina

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ANIEM - Rassegna Stampa 12/05/2014 13

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IL COMMENTO Dino Piacentini , presidente Aniem «Ora cambiare le regole del gioco» «Gravissimo quanto emerso ieri intorno all'Expo», così Dino Piacentini, Presidente dell'Aniem - Associazione

Nazionale Imprese Edili Manifatturiere, aderente a Confimi Impresa - sollecita un'immediata modifica in fase

di conversione del D.L. n.66/2014. E aggiunge: «Ancora una volta la magistratura deve sopperire ai vuoti

lasciati dalla politica». «Per fortuna, - dichiara Piacentini - almeno in questo caso, c'è stato un intervento che

impedisce alla concorrenza sleale di sconfiggere le imprese sane. Non possiamo però pensare che la

salvaguardia del sistema sia interamente e unicamente delegabile alla magistratura. La politica deve avere

come priorità la valutazione vera del sistema di qualificazione delle imprese e degli imprenditori, attraverso

una controllo attento dei lavori eseguiti dalle aziende». «E' urgente, quindi, - prosegue il Presidente di Aniem

- una riforma strutturale del sistema di qualificazione che responsabilizzi la stazione appaltante e le imprese

eliminando albi, società di attestazione e ogni altra forma di intermediazione». Un rapporto diretto tra aziende

e ente appaltante. Una qualificazione quindi dinamica svolta gara per gara. Un sistema quindi che preveda

una verifica rigorosa sui soggetti affidatari della gara molto più di oggi. «E' arrivato il momento - conclude

Dino Piacentini- di cambiare le "regole del gioco" sulla selezione delle imprese che partecipano agli appalti

pubblici».

Foto: Dino Piacentini, presidente Aniem

10/05/2014 7Pag. Prima Pagina

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ANIEM - Rassegna Stampa 12/05/2014 14

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Expo, Aniem: Fatti dimostrano inadeguatezza sistema gare pagerank: 6 "Gravissimo quanto emerso ieri intorno all'Expo". Così Dino Piacentini, Presidente dell'Aniem - Associazione

Nazionale Imprese Edili Manifatturiere, aderente a Confimi Impresa - sollecita un'immediata modifica in fase

di conversione del D.L. n.66/2014. E aggiunge: "Ancora una volta la magistratura deve sopperire ai vuoti

lasciati dalla politica. Per fortuna, - dichiara Piacentini - almeno in questo caso, c'è stato un intervento che

impedisce alla concorrenza sleale di sconfiggere le imprese sane. Non possiamo però pensare che la

salvaguardia del sistema sia interamente e unicamente delegabile alla magistratura. La politica deve avere

come priorità la valutazione vera del sistema di qualificazione delle imprese e degli imprenditori, attraverso

una controllo attento dei lavori eseguiti dalle aziende". E' urgente, quindi, - prosegue il Presidente di Aniem -

una riforma strutturale del sistema di qualificazione che responsabilizzi la stazione appaltante e le imprese

eliminando albi, società di attestazione e ogni altra forma di intermediazione". Un rapporto diretto tra aziende

e ente appaltante. Una qualificazione quindi dinamica svolta gara per gara. Un sistema quindi che preveda

una verifica rigorosa sui soggetti affidatari della gara molto più di oggi. "E' arrivato il momento - conclude Dino

Piacentini- di cambiare le "regole del gioco" sulla selezione delle imprese che partecipano agli appalti

pubblici".

09/05/201416:08

Sito Webwww.agvnews.it

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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 12/05/2014 16

Page 17: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

EXPO: ANIEM, FATTI DIMOSTRANO L'INADEGUATEZZA DEL SISTEMA DIQUALIFICAZIONE DELLE GARE pagerank: 5 (AGENPARL) - Roma, 09 mag - "Gravissimo quanto emerso ieri intorno all'Expo", così Dino Piacentini,

Presidente dell'Aniem - Associazione Nazionale Imprese Edili Manifatturiere, aderente a Confimi Impresa -

sollecita un'immediata modifica in fase di conversione del D.L. n.66/2014. E aggiunge: "Ancora una volta la

magistratura deve sopperire ai vuoti lasciati dalla politica". "Per fortuna, - dichiara Piacentini - almeno in

questo caso, c'è stato un intervento che impedisce alla concorrenza sleale di sconfiggere le imprese sane.

"Non possiamo però pensare che la salvaguardia del sistema sia interamente e unicamente delegabile alla

magistratura. La politica deve avere come priorità la valutazione vera del sistema di qualificazione delle

imprese e degli imprenditori, attraverso una controllo attento dei lavori eseguiti dalle aziende". "E' urgente,

quindi, - prosegue il Presidente di Aniem - una riforma strutturale del sistema di qualificazione che

responsabilizzi la stazione appaltante e le imprese eliminando albi, società di attestazione e ogni altra forma

di intermediazione". Un rapporto diretto tra aziende e ente appaltante. Una qualificazione quindi dinamica

svolta gara per gara. Un sistema quindi che preveda una verifica rigorosa sui soggetti affidatari della gara

molto più di oggi. "E' arrivato il momento - conclude Dino Piacentini- di cambiare le "regole del gioco" sulla

selezione delle imprese che partecipano agli appalti pubblici".

09/05/201413:55

Sito Webagenparl.com

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Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture L'Aniem - l'Associazione Nazionale Imprese Edili e Manifatturiere aderente a Confimi Impresa - accoglie con

enorme soddisfazione le anticipazioni provenienti dal Ministero delle Infrastrutture sul disegno di legge delega

relativo al recepimento delle direttive europee che disciplineranno il mercato dei contratti pubblici di lavori,

servizi e forniture". Lo ha dichiarato il dottor Ninni D'Aguanno, presidente regionale dell'Aniem, nel corso del

suo intervento di questo pomeriggio, nella Sala Rossa dell'Assemblea Regionale Siciliana, in occasione

dell'incontro tra il vice Ministro per le Infrastrutture, senatore Riccardo Nencini, ed i rappresentanti del

Collegio Edile di Aniem Sicilia.

L'esponente del Governo Renzi ha infatti esposto i punti della riforma del codice degli appalti, innescata

dall'obbligo di recepire le nuove direttive europee. "Una questione che mi vede direttamente coinvolto - ha

detto il senatore Nencini - nel tavolo tecnico che è stato avviato quindici giorni fa e che tornerà a riunirisi il 14

maggio. Le nuove direttive rappresentano un'occasione per rivoluzionare l'intero assetto". Uno dei punti

chiave sta nel ridimensionamento se non addirittura nella soppressione dell'Autorità di vigilanza. "Il vecchio

albo nazionale e l'attuale sistema fondato sulle SOA - ha puntualizzato il vice ministro - hanno evidenziato

pesanti criticità e pertanto non è assurdo pensare ad una qualificazione gara per gara così come avviene

nella maggior parte dei Paesi europei". Tra le novità che potrebbero essere introdotte inoltre la formazione

obbligatoria per i funzionari incaricati di aggiudicare i contratti oltre a sfoltire il gran numero dei certificati

richiesti alle Pmi per partecipare alle gare. Il tutto regolato dalla E-certis, la banca dati europea che stabilisce

la corrispondenza tra i documenti in uso nei vari Paesi.

"Le esternazioni del Ministro Lupi e di autorevoli dirigenti del Ministero - ha dunque sottolineato il dottor

D'Aguanno - sono musica per le nostre orecchie. Sono ormai anni che, voce isolata nella rappresentanza del

sistema imprenditoriale dell'edilizia, esprimiamo la necessità di un cambiamento radicale di rotta che passi

per un superamento dell'attuale sistema di qualificazione che non è riuscito n´ a migliorare l'efficacia selettiva,

n´ a sburocratizzare la produzione di documenti".

L'Aniem Sicilia ha messo sul tavolo una serie di proposte avanzate al vice Ministro Nencini. Tra queste "il

ricorso al sistema di aggiudicazione degli appalti con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa,

secondo linee guida che l'Associazione ha già elaborato e sottoposto alla valutazione di diversi enti

appaltanti; l'abrogazione della "responsabilità solidale negli appalti e subappalti "norma iniqua e censurabile

perch´ si pone come ostacolo e non come aiuto alla regolarità delle operazioni di pagamento; la riduzione

drastica del costo del lavoro a favore di un aumento reale di denaro nella busta paga dei lavoratori. Al di là

delle "80 euro" elargite dal Governo attraverso il recepimento di risorse interne, la busta paga dei lavoratori

edili potrebbe realmente contenere ben più di quella cifra semplicemente razionalizzando il sistema della

bilateralità, sistema gravato da oneri superflui e modelli organizzativi e gestionali assolutamente irrazionali".

In tema di edilizia civile, abitativa e industriale, l'Aniem Sicilia ha fatto presente al vice Ministro come ormai

"sia imprescindibile la necessità di predisporre un concreto e organico piano di riutilizzo e riuso del patrimonio

edilizio, che passi attraverso la demolizione e ricostruzione degli edifici obsoleti, rispondendo ai criteri della

green economy".

In tema di edilizia abitativa, il vice Ministro Nencini ha illustrato le novità che saranno introdotte dal "Piano

casa" del Governo Renzi (decreto 47 del 28 marzo 2014) che poggia, in primo luogo, su "un dimezzamento

del valore sulla tassa sugli affitti. Si prevede infatti che da qui al 2017 si passerà ad un'imponibile del 10%

rispetto al 19% iniziale. Questa agevolazione è concessa anche per cooperative e onlus. Inoltre, il piano di

recupero immobili prevederà l'agevolazione sulla riqualificazione energetica degli edifici, antisismica e

impiantistica". Il Piano casa approderà in Senato martedì prossimo.

09/05/201420:39

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In proposito il presidente D'Aguanno ha sottolineato come "la strada da intraprendere sia proprio quella

dell'incentivazione e dell'agevolazione fiscale, auspicando che tali principi non vengano limitati alle abitazioni

private ma vengano estesi a scala più ampia, applicati ad interi edifici ed a trasformazioni urbane più

complesse".

09/05/201420:39

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SCENARIO EDILIZIA

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Milano L'appello in mensa del Commissario a tutta la squadra: «Dobbiamo crederci» Sala prepara tre nomine e rivede il progetto: cantiere da semplificare perstare nei tempi Sostituzioni in vista Non sarà sostituito soltanto Angelo Paris,si pensa ad altri due nuovi innesti nella società«Un successo» Il Bureau International des Expositions: «L'inchiesta? Non commentiamo. Ma Expo sarà unsuccesso» E. So. MILANO - Una mozione degli affetti, una chiamata all'unità e allo spirito di squadra. Si sono viste anche

lacrime ieri mattina nella mensa della sede di Expo a Molino Dorino, dove il commissario unico Giuseppe

Sala si è presentato per incontrare tutti i dipendenti della società, scossi e disorientati dopo l'arresto del super

manager Angelo Paris. Sala ha invitato a restare uniti e a usare questi giorni per riflettere: «Lo sto facendo

anche io. Tutti dobbiamo ritrovare motivazioni ed entusiasmo per ricominciare più convinti di prima», ha

spiegato.

Ma non è solo momento di riflessioni. Dall'altra sera il commissario Sala è già al lavoro con un gruppo ristretto

di dirigenti per affrontare i problemi più concreti lasciati aperti dalla clamorosa e improvvisa uscita di scena di

Paris. Non va dimenticato che prima del capo della direzione Costruzioni la magistratura, nell'ambito di

un'altra inchiesta, aveva già decapitato il cantiere indagando l'ex direttore Alberto Porro, che faceva capo a

Paris e che era stato sostituito dal giovane ingegnere Diego Riccardo Robuschi. «Dobbiamo rafforzare la

squadra», ha ripetuto ieri Sala ai suoi. Anche perché nel frattempo non è ancora stato individuato neppure il

Responsabile unico di procedimento (Rup) che si era concordato di nominare dopo l'ultimo vertice con il

premier Renzi.

Il commissario è in contatto con il ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi anche per la scelta del direttore dei

lavori, che deve essere indicato di concerto con il ministero: unica idea condivisa è che dovrà essere un

professionista «non lombardo» a maggiore garanzia di essere estraneo a ogni possibile giro di interessi più o

meno leciti. Sulla scrivania di Sala ci sono già un paio di nomi: uno di questi ingegneri ha già avuto un primo

contatto, ma la scelta non è stata fatta. E ancora: il premier Renzi, atteso in sede per martedì, dovrà portare

nomi e via libera alla task force che era stata annunciata un mese fa e che terrà i rapporti con Sala. L'incontro

di martedì è cruciale: il commissario porrà al governo le condizioni per ripartire insieme. E presenterà anche

una sorta di «pacchetto semplificazione», per limare dove possibile i lavori del cantiere e garantire il rispetto

dei tempi. Un esempio? Il Padiglione Zero, affidato a Davide Rampello, ci sarà: ma rivisto e semplificato.

Dopo Renzi, mercoledì sarà in sede il segretario generale del Bureau International des Expositions

(l'organismo internazionale che gestisce le esposizioni), Vicente Loscertales: «Non commentiamo i recenti

eventi perché ci sono indagini in corso - hanno fatto sapere ieri dal Bie - ma non abbiamo dubbi sul fatto che

questa fase verrà superata e l'Expo 2015 sarà un grande successo».

Ro. Ver.

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Foto: Il commissario governativo di Expo 2015 Giuseppe Sala, nato nel 1958, durante un sopralluogo al

cantiere: la manifestazione aprirà i battenti il 1° maggio del prossimo anno

10/05/2014 3Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 21

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Milano e lo scandalo Le ramificazioni e le manovre per spartirsi un patrimonio secolare Sanità, cantieri e terreni dell'Expo Così è partito l'assedio milionario Ospedali e aree sotto il controllo di Infrastrutture Lombarde La disputa Il presidente entra in rotta di collisionecon la società: si ricomincia da capo. Due milioni buttati, ma fa niente Cencelli L'accordo sulla bonifica diun'area diventa un capolavoro da manuale Cencelli: un po' Cl, un po' le Coop GIANGIACOMO SCHIAVI L'assedio di Infrastrutture Lombarde al patrimonio immobiliare del Policlinico e l'appalto per la bonifica

dell'area Falck di Sesto San Giovanni sono anelli di una stessa catena: il controllo dei cantieri e le mani sui

milioni destinati alle grandi opere nell'area milanese. Più o meno quel che avviene per i terreni di Expo, gli

unici nella storia delle esposizioni universali a non essere pubblici, ma privati: valore di esproprio 10, prezzo

assegnato 161. Con il peccato originale nelle fondamenta e una ramificazione d'interessi che dalla sanità

passa all'Esposizione universale, parte nel 2010 il gigantesco assalto alla diligenza svelato dall'inchiesta della

magistratura: terreni, cantieri e appalti tenuti insieme dalla collaudata macchina da guerra della holding

regionale voluta dal presidente Formigoni per gestire «al meglio» le infrastrutture del Pirellone.

È in quel periodo che il direttore generale Antonio Rognoni, oggi agli arresti domiciliari, entra a gamba tesa

sulla gestione dei beni che cinque secoli di beneficenza lombarda avevano lasciato in dote al Policlinico di via

Francesco Sforza: case, palazzi e soprattutto terreni che opportunamente valorizzati con un cambio di

destinazione d'uso attraverso qualche amico assessore possono rendere trenta o quaranta volte tanto,

rinunciando al mais per il cemento. È facile inserirsi con logiche di mercato davanti alle rendite frenate dai

patti agrari e dalla cautela di amministratori prudenti, intenzionati a non svendere l'argenteria di famiglia: con

la pressione e l'appoggio dei vertici della Regione chi si oppone se ne va o viene trasferito e così si possono

anche gestire gli appalti per il nuovo Policlinico.

In parallelo c'è la Città della salute, sulla quale le perplessità di un anomalo trasferimento (Istituto Tumori e

Neurologico Besta da Città studi alla parte opposta di Milano, a fianco dell'ospedale Sacco) vengono

superate per l'importanza del progetto da 350 milioni di euro. Studi di fattibilità, progetti, comitati ad hoc e

valorizzazione delle aree non contano più quando il presidente designato, Luigi Roth, entra in rotta di

collisione con Rognoni e Infrastrutture Lombarde. Il progetto di Città della salute al Sacco è annullato. Due

milioni buttati, ma fa niente: si ricomincia da un'altra parte. C'è Sesto, area ideale per l'Immobiliare Sanità:

sponsorizzata dalla giunta di sinistra e abbracciata da quella di centrodestra in Regione. Si oppone il Comune

di Milano, ed è un punto d'onore. Ma non basta. L'intreccio d'affari, come dimostrano Frigerio e Greganti, è

più forte di ogni ragionevole dubbio. L'accordo sulla bonifica dell'area industriale diventa un capolavoro da

manuale Cencelli: un po' Cl, un pò le Coop, un po' l'intrallazzo. Chissà come finirà.

E siamo all'Expo: i ritardi, le polemiche, il braccio di ferro sul nome dell'amministratore, prima Glisenti, voluto

dalla Moratti, poi Stanca, voluto da Berlusconi e infine Sala, ex direttore generale di Palazzo Marino, per

salvare la faccia e tutto il resto. Ma il cantiere è in ritardo e per la Regione solo Infrastrutture Lombarde con i

tempi contingentati può garantire il traguardo: alla direzione del cantiere arriva Angelo Paris, arrestato nel

blitz di mercoledì, sotto la supervisione di Antonio Rognoni. Fuori in quattro e quattr'otto l'ingegner Renzo

Gorini, designato per competenza, ma non per appartenenza.

L'autoritratto di un sistema immorale si completa in un anello che ruota attorno a Infrastrutture Lombarde:

nella sanità si fa perno sui direttori generali, nominati dalla Regione, il più delle volte telecomandati e chiamati

a vistare quel che dall'alto viene deciso. Chi si oppone o si chiama fuori rischia la riconferma o finisce altrove;

per Expo si favoriscono le imprese amiche con i bandi, segnalando le offerte e confidando sui ribassi e sulle

variazioni in corso d'opera: con i tempi sempre più stretti senza le intercettazioni della magistratura poteva

essere un percorso netto. A pochi giorni dal semestre a presidenza italiana del Consiglio europeo nessuno

avrebbe potuto immaginare di fermare Expo.

12/05/2014 6Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 22

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Oggi, con quel che è successo e quel che ancora non sappiamo, l'Esposizione universale corre un grosso

rischio, come ha fatto capire il commissario Sala. Quel sistema corrotto va smontato prima che altri

contraccolpi si abbattano su un evento al quale tutti abbiamo guardato con fiducia e con speranza,

nonostante gli intoppi dell'inizio. C'è l'onore dell'Italia nel cantiere di Rho Pero, la nostra capacità di

raddrizzare una barca che non deve affondare. Dobbiamo provarci e dobbiamo farcela: vietato sbagliare.

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20MilioniI visitatori previsti per Expo 2015 che si terrà a Milano dal primo maggio al 31 ottobre del prossimo

anno

La vicenda

L'inchiesta

Sette arresti per gli appalti di Expo 2015 A distanza di poco più di un mese dall'arresto di Antonio Rognoni, ex direttore generale di Infrastrutture

Lombarde, società coinvolta nella realizzazione delle più

importanti opere pubbliche

lombarde, la Procura di Milano, giovedì scorso, ha chiesto e ottenuto sette arresti in relazione a presunti

illeciti legati agli appalti pubblici per la realizzazione dell'Expo, in programma a Milano il prossimo anno

Gli indagati

Dirigenti pubblici ed ex politici degli anni 90Gli ordini di arresto hanno riguardato Angelo Paris, responsabile dell'Ufficio contratti e due «protagonisti»

di Tangentopoli: Primo Greganti e Gianstefano Frigerio, che per l'accusa avrebbero, assieme all'ex senatore

e sottosegretario, Luigi Grillo, creato una «saldatura» tra imprese, cooperative e un ampio schieramento

politico per condizionare e assegnare appalti in cambio di tangenti o di avanzamenti di carriera

Il «sistema»

Le gare pilotate e i metodi della «cupola»Per il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini e i pubblici ministeri Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio,

negli ultimi due anni

avrebbe operato in Lombardia una vera e propria «cupola» che prometteva «avanzamenti di carriera»,

grazie a «protezioni politiche», a manager e

pubblici ufficiali disponibili a

pilotare le gare a favore degli

imprenditori che versavano le mazzette

Le accuse

La «sede» dell'associazione e le ipotesiI pubblici ministeri hanno spiegato che la «sede» dell'associazione per delinquere si trovava a Milano nei

locali del centro culturale intitolato a «Tommaso Moro» di cui referente era l'ex parlamentare Gianstefano

Frigerio. Fra le ipotesi di reato, contestate a vario titolo, ci sono anche: corruzione, turbativa d'asta e

rivelazione di segreto d'ufficio

Foto: Il progetto Il rendering del piano di riqualificazione della Darsena

di Milano

all'interno

del progetto «Vie d'acqua di Expo 2015». L'idea ispiratrice è quella di un anello verde-azzurro fatto d'acqua,

con percorsi e piste ciclabili, che si allarga attorno alla città e si spinge fino alla valle del Ticino

(Fotogramma/

Albertari)

12/05/2014 6Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 23

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a colloquio con jorge m. pérez Come edificarsi un museo Chi fa la donazione più alta darà il proprio nome alla galleria: così è nato il PAMM di Miami, dedicato all'artecontemporanea Miriam Mirolla Chi elargisce la donazione più alta, dà il proprio nome al museo. È questo il tam tam di guerra che ha

generato il Pamm, acronimo di Pèrez Art Museum of Miami, il museo d'arte contemporanea che racconta la

doppia anima, ispanica e americana, di Miami. Così Jorge M. Pérez, donando 40 milioni di dollari, è entrato a

pieno titolo nella storia del business etico.

Per conoscere le origini di questa dinamica, entriamo nell'impero di Pérez, «The Related Companies», che

ha sede in un edificio costruito sui resti degli insediamenti indiani sulle rive dell'oceano Atlantico.

Siamo nel cuore della city, una città che sale di ora in ora. Vista la sua sfrenata passione per l'arte

contemporanea (ha gli uffici invasi da quadri e sculture) Pèrez non esita a farsi un autoritratto a parole:

«Credo che potrei definirmi... come uno di quei personaggi non finiti di Francis Bacon. Mi attrae l'idea

esistenzialista che la vita sia una lavagna da riempire man mano, mi piace l'autodeterminazione, il fatto che,

con ogni nostra azione, contribuiamo a disegnare anche la lavagna degli altri. Credo di essere una persona

etica e, ogni volta che agisco, cerco di essere il più onesto possibile; in fondo, siamo tutti esempi gli uni per

gli altri».

Conosciuto come «il Donald Trump dei Tropici», nato in Argentina da genitori cubani, cresciuto in Colombia

e poi negli Stati Uniti, Pérez è un costruttore di successo, un collezionista bulimico, l'incarnazione odierna del

mecenate illuminato, un brillante sessantenne ipersensibile ai concetti di creatività, onestà, resilienza e teoria

del cambiamento. Nel suo best seller del 2008 rivela come diventare miliardari con le costruzioni: «Ho

cominciato dal nulla. O quasi nulla. Ero un immigrato arrivato a Miami con 2 dollari in tasca. Oggi sono un

miliardario e - dice Pérez - se ci sono riuscito io, puoi farlo anche tu». Se in Italia la parola billionaire è

sinonimo di individualismo cinico e arroganza incolta, negli Usa essere miliardario assume sempre più i

contorni di una missione sociale, anche se dai forti ritorni fiscali.

Ricostruiamo i passaggi fondamentali che hanno reso possibile il Pamm. «Prima del mio inserimento nel

progetto, l'architetto americano Philip Johnson aveva creato un museo che non interagiva con la città. Così

cominciammo a pensare a un nuovo museo che riflettesse maggiormente la vitalità di Miami, e anche a

mettere su una collezione di arte contemporanea. È difficile cominciare un museo da zero, però a Miami ci

sono collezioni private molto buone e persone generose, così abbiamo chiesto ai privati sia le opere d'arte

per la collezione, sia i soldi per il cantiere. Poi, dopo aver incontrato i migliori architetti internazionali, abbiamo

scelto Herzog e de Meuron, che avevano capito la bellezza dell'acqua, la storia di Miami, la sua luce. Ma

avevamo altre due cose da fare: trovare un terreno e 100 milioni di dollari. Siamo stati fortunati, perché la

città di Miami possedeva il terreno su cui si trova oggi il museo. Questa fase, che oggi sembra semplice a

dirsi, è durata 5 anni.

Nella vita di Pérez, l'intuizione di legare il proprio nome all'arte contemporanea ha radici lontane. «Ho

sempre amato l'arte. Mio padre era un uomo d'affari e mia madre una professoressa appassionata di arte,

letteratura e filosofia. Credo di aver imparato tutto da lei. Mentre i miei compagni di college avevano alle

pareti poster di cantanti rock o donne nude, io risparmiavo (giocavo anche molto a poker) per comprare

litografie di Mirò, Man Ray, Marino Marini, opere che ancora oggi possiedo. Dopo la laurea ho vissuto in

Europa, mi sono innamorato delle città europee e ho deciso di diventare urbanista».

Nel 1968 si stabilisce a Miami e comincia a costruire il suo impero. Inventa l'affordable housing, impone

nuovi stili di vita e modifica lo skyline della Florida. L'arte, in tutto ciò, sembra offrirsi come un ottimo

grimaldello nelle trattative per lo sviluppo urbanistico. «Ero coinvolto nell'attività di fundraising del museo,

facevo parte del board. Un giorno mi dissero: «Abbiamo bisogno sia di denaro, sia di una collezione d'arte

11/05/2014 24Pag. Il Sole 24 Ore - Domenica(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 24

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latino-americana». Pensai che fosse importante essere associato a quel progetto. Qui intorno molti edifici

sono stati costruiti da noi; siamo diventati in pochi anni i più grandi sviluppatori di Miami. Adesso, più vado

avanti, più intendo dedicare attenzione all'eredità che lascerò alla città. Vorrei restituire qualcosa alla

comunità, nei modi giusti, e credo che il museo sia un lascito importante».

Per uscire dal limbo sterile di una iper-ricchezza fine a se stessa, gli Stati Uniti riscoprono le potenzialità

della filantropia, permettendo di riversare fiumi di energie private nella sfera pubblica. «Quando sono entrato

nel The Giving Pledge di Bill Gates (club di miliardari che devolvono il 50% dei loro guadagni in opere di

beneficenza), tra i 90 aderenti ero l'unico ispanico -0 racconta Pérez -. Gli ispanici non hanno una tradizione

di beneficenza, sono abituati a dipendere dal denaro pubblico. Credo che questo sia da cambiare e che sia

importante avere un ruolo preminente nella filantropia. Ogni donazione mi coinvolge infatti come

rappresentante dell'intera comunità ispanica. In fondo, vivo le opere d'arte come fossero un prestito: le tengo

per un po' e poi le cedo al museo; comprandone sempre di nuove, posso cambiare spesso la visuale delle

pareti e intanto costruire una splendida collezione per il museo».

È interessante capire con quali criteri sceglie le opere d'arte. «Alcuni sono collezionisti d'affari. Io invece

sono un collezionista visivo, e compro ciò che stimola e cattura la mia mente. L'arte contemporanea mi rende

felice e mi fa sentire una persona più completa. Imparo dalle opere che ho intorno e mi piace trasferire questa

conoscenza agli altri, perciò inserisco quadri e sculture nelle mie costruzioni. All'inizio non tutti apprezzano,

ma poi quando ne parli e spieghi loro le opere, il punto di vista cambia. L'arte ha una straordinaria potenzialità

edificante».

Con lo stesso trasporto che caratterizza ogni sua risposta, Pérez ricorda anche il suo periodo nero. «Dal

2007 al 2009 ho attraversato la fase più difficile della mia vita, sia per la crisi economica sia perché

contemporaneamente mi hanno trovato una cisti nel pancreas, che si pensava fosse un cancro. Quando ti

capita qualcosa di simile, cominci a pensare al tuo lascito, al modo in cui impieghi il tempo. Così ho cambiato

stile di vita e, da agnostico, ho capito che mi piace vivere la vita senza essere disonesto o scorretto. Molte

volte mi sono sentito più orgoglioso di come io abbia maneggiato i problemi che di come abbia creato la mia

fortuna».

Il talento esistenziale di Pérez sembra guidato da un metodo infallibile: «Ho sempre applicato il concetto di

resilienza, che permette di adattarsi a ogni cambiamento. Cambiare vuol dire anche reinventarsi, essere in

grado di analizzare e prendere decisioni rapide. Nel mio settore, la peggior cosa è persistere nell'errore.

Quando ho avviato la mia azienda a Miami, ce ne erano in campo altre dieci. Oggi siamo rimasti in due,

mentre gli altri si sono estinti, come i dinosauri».

Prima di concludere l'incontro e decollare in elicottero, l'attenzione cade sul l'Europa e l'Italia.

«Singolarmente i Paesi europei sarebbero ininfluenti, mentre insieme diventano un blocco forte. Per me è

straordinario che l'Europa rimanga stabile nel confronto col dollaro. Avete saputo capovolgere una situazione

incredibilmente difficile in una grande unione. E, se oggi fossi un uomo d'affari in Italia, farei sempre e solo le

cose per le quali provo una profonda passione. Io amo l'eccitazione di un progetto che sia unico, bello e

visionario, capace di modificare il modo di vivere delle persone. Quindi, in Italia, sarei esattamente me

stesso».

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Foto: il donald trump dei tropici |Jorge M. Pérez è nato in Argentina da genitori cubani, è cresciuto in

Colombia e poi negli Stati Uniti, dove ha fatto fortuna come costruttore

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 25

Page 26: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Le vie della ripresa LE MISURE DEL GOVERNO Fondo Pmi a quota 1,3 miliardi Dote 2014 sufficiente ma a rischio la tenuta dal 2015 - Governo pronto al rifinanziamento IL SISTEMA DIGARANZIA Saranno coperti anche i portafogli di finanziamenti ma sono al palo le sezioni su ricerca e mutuicasa previste dalla legge di stabilità Marzio Bartoloni Carmine Fotina ROMA

Si può quasi dire che ormai non c'è provvedimento di politica economica che non faccia riferimento al Fondo

centrale di garanzia, per rafforzarne la portata o ampliarne il raggio d'azione. Il Fondo, operativo dal 2000 per

favorire operazioni di credito a vantaggio delle Pmi, è al centro di un vortice di trasformazioni e in costante

osservazione per la tenuta finanziaria: l'ultima riunione del consiglio di gestione ha fatto i "conti", al 9 aprile

2014 le disponibilità ammontano a 1.362 milioni a cui bisogna aggiungere gli stanziamenti già previsti per il

2015 e 2016 (in tutto 1,5 miliardi) e quello, senza annualità, previsto dall'ultima legge di stabilità per 375

milioni.

Che cosa vuol dire in termini pratici? Secondo i tecnici impegnati a vario titolo sul dossier, all'attuale trend di

domande l'operatività del 2014 dovrebbe essere salva ma dal 2015, considerando nuove funzioni e nuove

sezioni del Fondo alle quali dovrà essere vincolata una parte delle risorse, servirà un nuovo intervento. Di qui

il progetto del governo di rifinanziare il Fondo con 500-600 milioni.

Negli anni caratterizzati da una consistente riduzione delle politiche di spesa per lo sviluppo, complice il

quadro meno favorevole di finanza pubblica, il Fondo di garanzia ha visto crescere il suo peso come

strumento di sostegno all'economia reale a tutto tondo. Con risorse via via ipotecate dalla nuova "mission".

Partiamo dalla novità più recente: 100 milioni saranno obbligatoriamente destinati a garantire portafogli di

finanziamenti, ovvero non più singole operazioni, come prevedono le nuove disposizioni entrate in vigore

giovedì scorso. Altri 50 milioni, ma elevabili in una seconda fase fino a 100, andranno invece riservati alle

garanzie a favore di Sgr (società di gestione del risparmio) che, per conto di fondi comuni di investimento,

sottoscrivono minibond: la misura non è ancora operativa e il relativo decreto di attuazione trasmesso dal

ministero dello Sviluppo economico è all'esame dell'Economia.

L'elenco prosegue con 100 milioni che, in base a quanto stabilisce la legge di stabilità, dovrebbero essere

messi a garanzia di una sezione specifica per i grandi progetti di innovazione (anche in questo caso la misura

risulta ancora in stand by). Già operativi invece l'allargamento del Fondo anche ai professionisti, fino a un

assorbimento del 5% delle risorse totali, e l'ammorbidimento dei criteri di accesso, a partire dal rapporto Mol-

fatturato, che a regime dovrebbe far crescere sensibilmente il numero di imprese ammissibili comprese quelle

che hanno bilanci segnati dalla crisi. Avviate anche la sezione per le imprese femminili (disponibilità di 10

milioni) e le disposizioni specifiche per le startup innovative (nessuna dote riservata).

L'impatto complessivo di queste novità non esaurisce comunque le valutazioni in corso sul Fondo. Dal 2000

al 31 marzo 2014 sono state coperte 346mila operazioni per un importo totale di 55 miliardi di euro di cui 30

garantiti. Nel primo trimestre 2014 le operazioni sono aumentate del 92%, ma da un mese e mezzo a questa

parte, complice anche la transizione alle nuove disposizioni che prevedono procedure completamente

telematiche, il Fondo sembra vivere un periodo di assestamento. La piattaforma informatica non va ancora a

pieni giri e, raccontano alcuni degli interessati, dopo due riunioni del consiglio di gestione in cui è mancato il

numero legale, il presidente, il dirigente del Mise Gerardo Baione, avrebbe richiesto ufficialmente ai

componenti un maggiore impegno in questa fase durissima del credit crunch.

Quanto al governo, come detto, ha promesso di sbloccare 500-600 milioni (tra l'altro già previsti dalla legge

di stabilità 2014 che rinviava a una delibera Cipe) ma nel frattempo bisognerà rinnovare il consiglio di

gestione e vedere se diversi pezzi lasciati in sospeso andranno al loro posto. La stessa "stabilità" istituiva un

più ampio «Sistema nazionale di garanzia», con la sezione per i progetti di ricerca e un nuovo Fondo per i

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 26

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mutui prima casa, ma il piano non ha ancora visto la luce. Senza esito anche l'impegno di assicurare una

corsia preferenziale per le imprese del Mezzogiorno, almeno a valere su una parte delle risorse.

Infine, resta come rumore di fondo un certo malessere dei Confidi, soprattutto artigiani, che hanno visto negli

ultimi anni uno sbilanciamento dei volumi controgarantiti a favore della garanzia diretta, quindi delle

operazioni finanziate direttamente dalle banche. Sono ancora bloccati i 225 milioni stanziati dalla "stabilità"

per la patrimonializzazione, lamentano inoltre i Confidi, secondo i quali anche le nuove norme sui portafogli di

finanziamenti finiranno per essere appannaggio solo di pochi grandi istituti di credito.

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Il Fondo centrale di garanzia Nota: (*) dato aggiornato al 9 aprile 2014; (**) elevabili a100 LERISORSE *

Valoriinmilioni LA DISPONIBILITÀ LE SOMME "VINCOLATE" Professionisti Fino al 5% della risorse del

Fondo Sezione imprese femminili 10 Progetti di ricerca e innovazione 100 Mini-bond ** 50 Portafogli di

finanziamenti 100 Annualità non definita 375 2016 750 2015 750 2014 1.362 ILBILANCIO DELFONDO

Domandeaccoltedall'1/1/2000al31/3/2014.Valoripercentuali Agricoltura Operazioni Importo Garantito

Commercio Industria Servizi Altro 0,2 38,7 44,2 14,9 30,0 55,2 13,1 31,3 54,3 12,7 2,0 1,6 1,5 0,2 0,2

Il Fondo centrale di garanzia

LE RISORSE *

Valori in milioni

IL BILANCIO DEL FONDO

Domande accolte dall'1/1/2000 al 31/3/2014. Valori percentuali

Foto: - Nota: (*) dato aggiornato al 9 aprile 2014; (**) elevabili a 100

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Movimento terra. Alla fiera veronese Samoter affiorano i primi segnali di rilancio del settore Macchine per costruzioni + 20% nel trimestre Emanuele Scarci MILANO

Il Salone veronese Samoter coincide con la ripresa del settore delle macchine per costruzioni: dopo sei anni

di recessione, che ha prodotto una contrazione del mercato italiano di oltre l'80%, nel primo trimestre del

2014 sono state vendute 1.352 macchine per costruzioni sul mercato italiano con una crescita del 20% sul

2013. Uno studio dell'Unacea, l'associazione dei costruttori, prevede per fine 2014 un incremento delle

vendite del 2%, per arrivare a un più 7% nel 2015. Mentre il Cresme rileva che nel primo trimestre gli appalti

pubblici sono rimbalzati dell'11,4%. Sul fronte del commercio estero invece secondo quanto emerge dal

monitor del Construction equipment outlook realizzato da Unacea e Prometeia, le esportazioni di macchine

per costruzioni nel mese di gennaio hanno raggiunto i 160 milioni di euro, registrando una crescita del 21,6%

rispetto all'anno precedente. Il 2013 si era archiviato con un -3%.

Si chiude questa sera a Verona, Samoter, il Salone internazionale triennale delle macchine movimento terra,

cantiere e edilizia, per la prima volta quest'anno insieme ad Asphaltica. Il bilancio finale diramato dagli

organizzatori di Veronfiere indica 40mila visitatori (contro i 70mila di tre anni fa), di cui il 15% esteri. Molti i

buyer francesi, tedeschi e svizzeri. Numerosi anche i cinesi, entrati nella top ten.

«Non è stato facile il percorso di questa edizione - commenta, senza reticenze, Giovanni Mantovani, direttore

generale di Veronafiere - a causa della profonda recessione del comparto che ha generato un arretramento

dell'80%». Infatti ancora a inizio marzo non c'era la certezza assoluta che la manifestazione si sarebbe

svolta. Forse anche per la mancata adesione del colosso mondiale Cnh, del gruppo Fiat. Mentre ha

regolarmente partecipato l'altro gigante del movimento terra, la giapponese Komatsu, oltre a Takeuchi e

Terex. Nei veicoli cava cantieri non sono mancati Mercedes, Man, Isuzu e Officine Mirandola. «Nonostante le

incertezze - sostiene Mantovani - Veronafiere ci ha creduto, lavorando fianco a fianco con le associazioni del

settore e aumentando gli investimenti dedicati all'incoming. Una scommessa vinta se guardiamo ai dati finali,

tenendo però conto della crisi profonda degli ultimi anni». Poi Mantovani sottolinea che dal Salone «è emerso

un sentiment positivo degli operatori e fiducia nella ripresa del mercato italiano. Siamo confidenti che i primi

segnali di ripresa del 2014 possano consolidarsi nei mesi successivi».

Alla fine Veronafiere non solo non ha mollato sul mercato domestico ma ha rilanciato su quello

internazionale: la controllata brasiliana Milanez & Milaneze ha messo a punto una nuova manifestazione che

comprenderà anche una sezione dedicata alle macchine per costruzioni: Expo ConstruçõesES dal 5 al 7

novembre 2014. Il mercato delle costruzioni, nel solo Stato dell'Espirito Santo, sede della controllata di

Veronafiere do Brasil, prevede investimenti fino al 2017 per circa 3 miliardi di euro.

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40mila I visitatori di Samoter

Oltre 6mila sono operatori esteri, francesi, tedeschi e svizzeri in testa

11/05/2014 16Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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COSTRUZIONI Dai macchinari segnali di ripresa Alla fine anche le macchine per costruzioni ingranano la marcia e si avviano lentamente a risalire la china. Ci

sono però voluti otto anni e una crisi che ha quasi disintegrato il business del movimento terra: -80 per cento.

Un dato impressionante, ma probabilmente ora ha toccato il fondo e non può che risalire.

Praticamente lo stesso segnale lanciato da altri settori, come il packaging e la meccanica strumentale (un

comparto "anticipatore", che produce beni per altre aziende che vogliono investire). Senza contare il +1,7%

della produzione industriale tendenziale in aprile calcolato dal Centro studi Confindustria: sono tutti trend che

sembrano indicare la fine di una recessione lunghissima e profonda. Con un dettaglio in più per le macchine

per costruzioni: l'edilizia è un settore trainante per tutta l'economia. Se parte coinvolge tantissime filiere:

dall'acciaio al cemento, dalla plastica alle piastrelle, dall'elettrico all'arredamento. Insomma, è la prova finale

della ripresa.

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 29

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La retribuzione. La missione oltreconfine e nell'edilizia Dalla sede al cantiere, scatta lo straordinario La trasferta dei lavoratori ha un trattamento privilegiato sul piano fiscale e contributivo sulla base del fatto che

la missione è occasionale e temporanea.

Inviare il personale in trasferta, comporta, ad esempio, in base all'articolo 51, comma 5 del Tuir, che le

indennità erogate siano esenti nei limiti di 46,48 euro o 77, 47 euro al giorno - a seconda che la missione sia

in Italia o all'estero - oppure che le spese di vitto e alloggio non siano considerate retribuzione, e quindi non

siano imponibili.

La giustificazione di questo trattamento fiscale e contributivo ad hoc, è appunto la temporaneità della

trasferta. Ed ecco il punto: la temporaneità non è un dato quantitativo.

La diaria all'estero

Nel caso analizzato dalla ordinanza della Cassazione tributaria 2699 del 6 febbraio 2014, una società aveva

distaccato un proprio dipendente all'estero per un intero anno, erogando la diaria di 77 euro prevista per le

trasferte all'estero e non imponibile.

I giudici della Suprema corte hanno ritenuto che «le diarie corrisposte dal datore di lavoro per le prestazioni

svolte dal lavoratore nella sua sede stabile di lavoro, e cioè effettiva, compresa quella di nuova, recente,

destinazione, nella quale questi sia stato trasferito e si è stabilmente inserito per lungo periodo (...) non

hanno, neppure parzialmente, natura risarcitoria, ma esclusivamente retributiva».

I giudici scelgono di definire la temporaneità come carattere antitetico alla stabilità e propongono la tesi che

ogni tipo di remunerazione e di indennità connessa a una sede di lavoro dove il lavoratore si sia stabilmente

inserito è retribuzione a tutti gli effetti.

Lo stabile inserimento, escludendo il disagio di una sede temporanea, esclude anche il carattere risarcitorio

della indennità di trasferta e il relativo beneficio fiscale.

Lo straordinario

Una interessante precisazione in tema di lavoro straordinario in favore dei trasfertisti proviene dalla

ordinanza della Cassazione (sezione civile) 18237 del 29 luglio 2013. La pronuncia interessa alcuni settori,

come quello dell'edilizia e dell'impiantistica, in cui risulta appropriato per i giudici (ma non per gli accordi tra le

parti che, invece, avevano stabilito l'indennità di trasferta), il ricorso a lavoratori trasfertisti in base al comma

6, articolo 51 del Tuir.

In questi casi, infatti, è verificata la condizione propria del trasfertismo, e cioè che la prestazione di lavoro sia

effettuata in luoghi sempre variabili e diversi, rappresentati dai cantieri di lavoro. Inoltre, accade

frequentemente che i lavoratori, prima di recarsi in cantiere - la sede di lavoro effettiva anche se variabile del

trasfertista - debbano recarsi presso la sede della propria impresa per effettuare un tipo di lavoro, come ad

esempio raccogliere il materiale da usare poi sul cantiere di lavoro, che, pur non essendo il lavoro principale,

è ad esso legato da un vincolo di funzionalità. Ad avviso della Cassazione, il tempo necessario per

raggiungere il luogo di lavoro rientra nell'attività lavorativa vera e propria (e va, quindi, sommato al normale

orario di lavoro come straordinario), se lo spostamento è funzionale rispetto alla prestazione. In particolare,

sussiste il carattere di funzionalità nei casi in cui il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede

aziendale, sia poi di volta in volta destinato in diverse località per svolgervi la sua prestazione lavorativa.

Sul piano pratico, il tempo per lo spostamento dalla sede aziendale verso il vero e proprio luogo di lavoro,

deve essere conteggiato come orario di lavoro e incluso nei limiti giornalieri e settimanali previsti dal contratto

di lavoro, utili per calcolare il lavoro straordinario.

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Il perimetro

12/05/2014 26Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 30

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01|LA TRASFERTA

Per il lavoratore la trasferta di lavoro comporta un cambiamento provvisorio, rispetto a quanto scritto nel

contratto individuale, del luogo in cui il lavoratore svolge le sue mansioni.

Il trasfertista professionale, invece, si impegna a prestare la sua attività in luoghi sempre diversi, perché lo

spostamento è contenuto ordinario della sua prestazione di lavoro

02|IL TRASFERIMENTO

Il trasferimento consiste nel cambiamento definitivo del luogo in cui il lavoratore deve rendere la prestazione.

Secondo l'articolo 2103 del Codice civile, il lavoratore non può essere trasferito da un'unità produttiva a

un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, altrimenti è nullo (si veda anche

la sentenza della Cassazione 20913/2013)

12/05/2014 26Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 31

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I VERBALI "Le nostre mazzette le meno care chiediamo l'1%, gli altri il 5" EMILIO RANDACIO MILANO. Lo «sportello tangenti» aveva un indirizzo preciso: viale Andrea Doria, civico 7. Pochi passi dalla

Stazione Centrale, in un palazzo stile Ventennio, dal 2008 era un viavai di auto di lusso in seconda fila,

colletti bianchi, valigie gonfie di banconote. Sotto l'insegna un po' enigmatica di «Tommaso Moro» e l'editrice

«La Bussola», si facevano gli accordi. Quelli che contano. Il soldo che gira, gli appalti milionari che si

assegnano.

Sanità, ma anche Expo, Città della Salute e altri già pronti in cantiere. Come quelli della Metropolitana

milanese, su cui l'artiglio del professore e della Cupola, era già ben affondato. Le tariffe della Tangentopoli

versione 2014, variano. Il deus ex machina si nasconde dietro gli occhiali spessi del settantaquattrenne Gian

Stefano Frigerio. Il «capo», secondo l'ordinanza d'arresto dei magistrati Ilda Boccassini, Claudio Gittardi e

Antonio D'Alessio. Semplicemente il «professore», o l'«onorevole» - per il suo passato nella Dce poi in Forza

Italia -, per i clienti habitué di viale Doria. «TARIFFE NON ESOSE» Di fronte a ritardi di pagamento, Frigerio

si interroga sui servizi che garantisce. A marzo 2013, di fronte a un interessamento per la General

Smontaggi, la percentuale per il «disturbo», non arriva. Ed ecco il ragionamento del professore: «Le nostre

richieste non sono esose, posto che abbiamo chiesto una percentuale dell'1%, mentre altri intermediari

chiedono cifre ben superiori del 4 e 5%». Bisogna insomma fare capire al manager della General «che o lui

rispetta tutti e rapidamente nei tempi che gli abbiamo fissato, o noi non ci interessiamo più a niente... perché

ciascuno di noi ha i suoi collegamenti». La bustarella, questa volta, ammonta a 120 mila euro. «Vuole darne

50 e poi 50?», s'interroga Walter Iacaccia, faccendiere indagato, proponendo anche uno sconto. «Però che li

dia, non possiamo andare avanti così». E la chiosa dell'onorevoleè perentoria: «Così non si può mica...».

I PASSAGGI DI DENARO Il principale cliente di viale Doria 7 risulta essere l'imprenditore vicentino Enrico

Maltauro, anche lui in carcere da giovedì. Alla sua omonima azienda si concentrano le maggiori attenzioni

della cupola. E, lui, paga. Sempre. Dalla richiesta d'arresto emerge come uno dei più assidui frequentatori

degli uffici della pratica facile milanese.

Il 18 dicembre del 2012 è in ritardo all'appuntamento. Quando si presenta trafelato a Frigerio e al suo socio,

Sergio Cattozzo, si giustifica dicendo «di essere stato oggetto, intorno alle 13 e 30, di un controllo alla

dogana». La mazzetta da 40 mila euro, in questo caso, era stata beccata e paradossalmente «tassata», visto

che l'imprenditore è stato sanzionato «al valico di Ponte Chiasso» dalla polizia di frontiera. Proprio oltre

confine Maltauro si riforniva per fare fronte alle richieste economiche della Cupola. Ma la Svizzera, negli ultimi

tempi, non convinceva troppo Frigerio. Se approvano la legge antiriciclaggio, «poi diventa dura...».

«RICORDATI DI MIO FIGLIO» «I metodi con i quali Cattozzo si adopera per ripulire il denaro di provenienza

illecita (le mazzette, ndr )», scrivono i pm milanesi al gip Antezza, sono piuttosto chiari. Una delle tante

tangenti legate a Expo: «Frigerio una volta ottenuto il denaro lo consegna sistematicamente in contanti a

Cattozzo, il quale simula la concessione di un prestito personale nei confronti della moglie di Frigerio, Milena

Migatti». Non è solo la moglie a essere coinvolta nel vorticoso giro di denaro. Anche il figlio dell'onorevole,

Antonio Frigerio, beneficia di contributi attraverso la società «La Bussola». In una conversazione intercettata

tra le mura di viale Doria, l'onnipresente Maltauro riceve una preghiera precisa: «Ricordati di mio figlio,

accidenti!», lo riprende Frigerio. Il riferimento è a un contributo che gli imprenditori - non solo il vicentino - ,

sono costretti a versare sotto forma di pubblicità a una rivista pubblicata da La Bussola. È Frigerio junior,

classe '75 a sollecitare il 9 dicembre di incrementare i contributi a Maltauro, «chiedendo un aumento a 15

mila euro rispetto agli 8 mila dell'anno prima». ACCORDI BIPARTISAN SULLA CITTÀ DELLA SALUTE «Sin

dal suo avvio il progetto della Città della salute è uno dei principali affari seguiti da Frigerio, Cattozzo,

Greganti e Grillo», scrivono i pm nella loro corposa richiesta d'arresto. Il motivo di tanto interesse, si spiega

con un numero: i 332 milioni di euro che ruotano intorno al recupero dell'area che fu della Falck. Le trattative

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 32

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sottobanco «hanno origine sin dal settembre del 2012, appena si ha notizia del progetto di realizzazione del

grande polo sanitario lombardo». Come sempre, è il professore che «traccia le linee della strategia per una

alleanza di imprese». Da ottobre, Frigerio decide di fare entrare nel progetto anche Greganti, «ritenuto

indispensabile per acquisire l'appoggio anche di una certa parte politica e per attivare nell'affare anche il

mondo delle Cooperative (rosse, ndr )». Frigerio, che millanti o meno, il 7 settembre 2012 «si sofferma

sull'opportunità sostenuta anche da alcuni esponenti politici regionali ("Sanese e Roberto", presumibilmente

l'ex segretario generale della Regione e il governatore Formigoni, ndr ) e nazionali ("Bersani"), di raggiungere

un'intesa per "costruire un buon concorrente». «HO SENTITO BERSANI» In una intercettazione del

settembre 2012, Frigerio racconta di aver «sentito un po' Bersani e poi gli altri, sulla Città della Salute...

bisogna fare delle riflessioni... e poi Bersani mi ha detto "a sinistra cosa fate?", bisogna che senta, senta, se

mi dice Manutencoop per me va bene...». Bersani, dopo aver saputo di essere finito, de relato , nelle carte

dell'inchiesta milanese, ha parlato di «millanterie». Di certo, su Manutencoop, Frigerio punta molto, visto che

il 18 febbraio 2013 incontra il portavoce del presidente Claudio Levorato «e gli rammenta che con Greganti

sono giunti all'intesa di sostenere una cordata Maltauro-Manutencoop». La data è curiosa, perché il via libera

al progetto di Sesto, arriva ufficialmente solo nello scorso gennaio. Eppure, secondo le parole di Frigerio, gli

appalti sarebbero già stati assegnati, «suddividendo l'edilizia dai servizi», tra le due società.

"IL FIGLIO

Ricordati di mio figlio, accidenti! Serve un aumento a 15 mila euro rispetto agli 8 mila dell'anno primaGIAN STEFANO FRIGERIO IL "CAPO" DEL GRUPPO

"50 E 50

Deve dare120 mila euro. Vuole darne 50 e poi 50? Però che li dia, non possiamo andare avanti così ILFACCENDIERE WALTER IACACCIA

"RICHIESTE NON ESOSE

Le nostre richieste non sono esose, abbiamo chiesto una percentuale dell'1%, mentre altri chiedono il4 e 5% GIAN STEFANO FRIGERIO SULLA GENERAL SMONTAGGI

"LE COOP ROSSE

Greganti è indispensabile per l'appoggio di una certa parte politica e il mondo delle Cooperative GIAN

STEFANO FRIGERIO SU PRIMO GREGANTI

Foto: Il video della consegna della mazzetta Maltauro- Cattozzo

Foto: La consegna della tangente da Maltauro a Cattozzo

11/05/2014 2Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 33

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L'inchiesta su Expo Tagli ai lavori e squadra oggi vertice d'emergenza per il maxicantiere 2015 Pronto il piano antiritardi, Sala convoca i tecnici I nuovi manager scelti all'esterno della società Ancora 120milioni di appalti da assegnare E solo due Paesi hanno iniziato i loro padiglioni ALESSIA GALLIONE LI HA voluti chiamare tutti a raccolta attorno al capezzale di quel "malato" che ora, dopo la batosta, bisogna

tornare a far correre. Un vertice che Giuseppe Sala ha voluto convocare oggi, d'urgenza, non importa se è

domenica, per capire lo stato di avanzamento e l'organizzazione del cantiere di Rho-Pero. Saranno tutti lì, a

esaminare la situazione e a trovare una "cura" antiritardi: gli uomini della società di gestione, quelli di

Metropolitana Milanese e Infrastrutture Lombarde, che seguono i diversi pezzi del mosaico. Perché questo,

per il commissario unico, sarà un lungo week-end di lavoro. Servirà anche come test per capire se il possibile

candidato che è stato individuato per sostituire Angelo Paris sia davvero la persona giusta. Di quel nome,

Sala vuole essere più che certo. D'altronde, lo ha detto chiaramente: «Sono giorni in cui non è ammesso

sbagliare». Così come altrettanto chiaramente ha preteso un tecnico esterno alla spa, che non appartiene al

«territorio». Anche questi punti fanno parte di quel pacchetto di proposte che il commissario presenterà

durante la riunione con Matteo Renzi di martedì. E su cui chiederà il coinvolgimento di tutti.

Già prima della bufera giudiziaria, sul milione di metri quadrati dell'area destinata ad accogliere i padiglioni i

motori avrebbero dovuto girare al massimo. Anche perché, oltre ai ritardi del passato, era arrivato anche il

maltempo a complicare il percorso: 125 giorni di pioggia nel 2013, continuano a ricordare i tecnici di Expo.

Ancora pioggia ininterrotta nei primi due mesi del 2014, tanto da costringere il cantiere «a una produzione

minima», come si dice in gergo. È proprio per risollevare le sorti di quella tabella di marcia, che era stato

messo in campo un piano straordinario. Non soltanto i fari a illuminare di notte il sito per permettere turni

prolungati di 20 ore su 24, ma anche una revisione del progetto. Perché per arrivare in tempo il disegno è già

cambiato: sono sparite alcune parti considerate critiche come, ad esempio, le coperture a protezione dei

percorsi secondari, gli edifici sono stati semplificati utilizzando tecniche di prefabbricazione, a tutti i padiglioni

dei Paesi è stato vietata la costruzione dei livelli interrati. Bisognerà fare di più e studiare ulteriori

semplificazioni dei progetti. Tutto quello che sarà necessario per centrare l'obiettivo.

A che punto siamo? Il primo appalto-è iniziatoa novembre del 2011 - , quello della cosiddetta "rimozione

delle interferenze" è all'80 per cento del percorso: dovrà finire a ottobre. Al PREVISIONE Il bilancio del

cantiere Appalti assegnati 800 milioni di euro Gli investimenti previsti Lo stato dei lavori Inizio costruzione

padiglioni 1,3 miliardi da enti pubblici 1 miliardo da Paesi partecipanti 350 milioni da privati 2,650 miliardi di

euro IMPORTO APPALTO AVANZAMENTO LAVORI 355 giorni ALL'EVENTO Maggio Giugno Luglio Agosto

Settembre 2 12 10 10 24 Febbraio 2014 Aprile 2014 Italia Germania (milioni di euro) (%) Servizi 55,7

Rimozione interferenze 98,6 78% Infrastrutture di base 197,5 44% Expo centre 13,7 avvio Padiglione zero

9,8 avvio Teatro all'aperto 8,1 18% 13% Padiglione cibo del futuro 13,7 78% 1LE NOMINE Nella società

Expo bisogna sostituire il manager Paris travolto dall'inchiesta e trovare un nuovo superdirettore dei lavori

2LE OPERE L'inchiesta peggiorerà i ritardi già accumulati nei lavori: si andrà a una nuova revisione per

alleggerire ancora i progetti 3L'AVANZAMENTO Le opere di base dell'area sono arrivate al 45% dei lavori

previsti, deve ancora iniziare la costruzione di alcuni spazi tematici non è ancora iniziata

Foto: OBIETTIVO RHO-PERO In ritardo i lavori sull'area di un milione di metri quadrati dove tra un anno

apriranno i padiglioni Expo

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La città L'allarme Decine di imprese perforano le strade e rompono i tubi dell'acqua Da Sferracavallo aBrancaccio spesso i rubinetti restano a secco e a occuparsi delle riparazioni sono sempre meno operai Rete idrica colabrodo ogni settimana venti guasti L'accusa dell'Amap"Troppi scavi senza regole" Le società dovrebbero risarcire la spa municipale per i danni ma recuperare i soldi non è facile e scattano idecreti ingiuntivi SARA SCARAFIA L' ULTIMO guasto grave si è verificato poche settimane fa a monte di viale Regione siciliana, tra via Telesino

e via Evangelista Di Blasi: decine di condomini sono rimasti a secco per un'intera giornata «per un

inconveniente tecnico» capitato alla Sis durante i lavori per la realizzazione del tram.

Nonè un caso isolato. Anzi. Ogni settimana ci sono almeno 20 guasti alla rete idrica cittadina con intere

famiglie costrette a convivere per ore con l'incubo dei rubinetti asciutti. Un numero di guasti record,

aumentato vertiginosamente negli ultimi anni, da quando le ruspe hanno cominciato a scavare per realizzare

le grandi opere.

Ma soprattutto da quando la febbre del collegamento Internet veloce ha contagiato la città con decine di

micro-ditte che per conto dei grandi gruppi - da Telecom a Fastweb, a Wind - ogni giorno scavano stradee

marciapiedie scavando spesso bucano le condotte. I guasti record hanno un costo che alla lunga rischia di

incidere nei bilanci Amap: quasi metà delle fatture in danno emesse dall'azienda diventano decreti ingiuntivi.

E così negli ultimi mesi i lavori stradali sono diventati un ulteriore incubo per l'Amap che già fa i conti con una

parte della rete idrica vetusta - quella a servizio della zona pedemontana della città ma anche dei quartieri di

Sferracavallo e Brancaccio - che si guasta spesso da sé perché i tubi sono malandatie non reggono più alla

pressione. E che fa i conti soprattutto con un bilancio che rischia di precipitare verso il rosso: al momento

l'azienda - che si avvale di una scopertura bancaria di 12 milioni - è fuori della metà dell'importo. Il tutto

mentre gli uffici di via Volturno attendono l'arrivo in azienda dei 175 operai Rap che si occupano di pulizia

caditoie e che il Comune ha deciso di trasferire ad Amap per alleggerire il carico della spa dei rifiuti. Un

travaso che ha portato alle dimissioni dell'ex presidente Vincenzo Costantino («Si mettono a rischio gli

equilibri di bilancio», ha detto)e che il nuovo presidente, Maria Prestigiacomo, non ha ancora ratificato a

causa delle resistenze interne.

Che una parte della rete idrica sia vecchia non è una novità. Sono invece gli scavi "pazzi" l'ultima frontiera

dell'emergenza idrica. Mini ruspe che scavano qua e là senza controllo danneggiando le tubaturee

costringendo le squadre di pronto intervento della spa comunale - ridotte a lumicino per il blocco del turnover

- a correre tentando di tamponare le continue emergenze. «La verità è che sarebbe utile che

l'amministrazione comunale istituisse una Autority degli scavi», dice l'Amap. Perché, secondo l'azienda,

l'azione delle ruspe è fuori controllo: «Diciamo che non tutti prima di bucare la strada ci chiamano per

chiederci la posizione delle tubazioni - dice il direttore della spa comunale Giuseppe Ragonese - se lo

facessero ci risparmieremmo un sacco di guasti». Le piccole macchine che scavano per le linee elettriche

danneggiano soprattutto le diramazioni delle condutture che sono più in superficie. «Se ci contattassero

prima potremmo aiutarli a individuare i punti sensibili. L'importante comunque è che chiamino anche dopo

aver fatto il danno».

L'Amap emette ogni anno circa 100 fatture in danno chiedendo a chi ha causato la rottura di riparala. Ma non

tutti pagano: tra il 2013 e il 2014 sono stati emessi circa 50 decreti ingiuntivi, venti dei quali sono in fase di

deposito. In venti casi, l'azienda è riuscita a recuperare le somme. «C'è anche chi - racconta Giuseppe Arcuri

responsabile del servizio distribuzione dell'Amap- tenta di aggiustare da sé il danno commesso, per non

essere chiamato in causa successivamente, provocando danni ancora maggiori. Per fortuna non accade

spesso».

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I guasti, dall'inizio dell'anno, hanno colpito indiscriminatamente tutta la città, dalla stazione al Cep. Una zona

particolarmente martoriata è stata quella di Tommaso Natale, dove si lavora per la realizzazione del passante

ferroviario: a marzo il quartiere è rimasto più volte a secco. «In alcuni casi - spiega Arcuri - le interruzioni

sono programmate: per fare spazio ai grandi cantieri abbiamo dovuto spostare sottoreti in mezza città». Ma

sono gli imprevisti a mettere a dura prova le maestranze Amap: le squadre complete (tre operai, un

escavatorista e un autista per squadra) sono solo 5. «Il blocco del turnover - spiega Ragonese - ha

assottigliato le squadre di anno in anno. Finora siamo riusciti a non ricorrere a interventi esterni, ma non so

per quanto tempo ancora ci riusciremo». I guai dell'Amap si alimentano da sé: «Senza operai a sufficienza -

conclude Arcuri - non possiamo fare manutenzione ordinaria. E senza manutenzione i guasti aumentano». ©

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I PUNTI I GUASTI Le perdite alla rete idrica che causano disservizi agli utenti sono mediamente venti a

settimana LE CAUSE Oltre alla vetustà della rete, sui guasti incidono moltissimo i cantieri I RISARCIMENTI

Quando le ditte non pagano Amap emette decreti ingiuntivi: in un anno sono stati 50 PER SAPERNE DI PIÙ

www.comune.palermo.it www.palermo.repubblica.it

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La storia Sanità, sprechi e tangenti quell'assalto famelico al tesoro della Lombardia Dal crack del San Raffaele alla "cupola" di Frigerio Una torta da 18 miliardi l'anno, l'1% del Pil nazionale SANDRO DE RICCARDIS MILANO. Se c'è una torta immensa, gli 11 miliardi di appalti Expo, su cui la "cupola" aveva messo le mani, il

ricco menù della sanità lombarda - dalla giunta Formigoni fino a quella di Maroni - soddisfa da quasi due

decenni l'appetito di politici, assessori, funzionari pubblici, intermediari, lobbisti, consulenti, imprenditori. Una

tavola apparecchiata con oltre 18 miliardi l'anno per forniture sanitarie e rimborsi per prestazioni ospedaliere,

servizi alberghieri, appalti di mense e ristorazione, pulizie ed edilizia ospedaliera. Una cifra che vale oltre un

punto del Pil nazionale, pari al budget di spesa della Difesa per il 2013. Milioni che, a leggere le carte delle

inchieste milanesi, sono finiti in mille rivoli.

IL SAN RAFFAELE In principio ci sono stati il crack del San Raffaele di Milano; gli 80 milioni di fondi neri

generosamente erogati dal Pirellone alla clinica pavese Maugeri; le gare irregolari per i servizi di telemedicina

a Mantova e Vimercate; le tangenti per i macchinari antitumorali che hanno coinvolto le aziende sanitarie di

Sondrio, Chiari e del San Paolo a Milano.

Ora, l'inchiesta dei magistrati Ilda Boccassini, Antonio D'Alessio e Claudio Gittardi allarga ancora il magma

dell'illegalità fino a «una pluralità di aziende ospedaliere lombarde tra cui - scrivono i magistrati - l'Azienda

ospedaliera di Melegnano, il San Carlo Borromeo di Milano, l'Azienda ospedaliera della Provincia di Lecco, e

l'altra di Pavia». Ma la rete di contatti di Gianstefano Frigerio, il «dominus dell'associazione criminale»

smantellata dalla magistratura, non ha confini. In relazione a una gara, «per favorire negli appalti la Servizi

Ospedalieri spa, società controllata da Manutencoop, appartenente alle società cooperative di area Pd», gli

investigatori ricostruiscono la rete di relazioni del faccendiere. Frigerio «propone tale società, perché si dia

una corsia preferenziale nelle gare pubbliche, nel corso dei suoi colloqui con numerosi direttori generali e

amministrativi di aziende ospedaliere». E i pm elencano Lecco, Treviglio, Chiari, Pavia (la dirigente «invitata

addirittura a trainare tutto il sud Lombardia»), Busto Arsizio, Gallarate, Varese, Valcamonica, Cremona,

Vimercate, San Paolo e San Carlo di Milano, Magenta.

LA PIOGGIA DI DENARO Soltanto per il 2014 il "Quadro generale di finanziamenti del sistema sanitario "

lombardo supera i 18 miliardi di euro. Nel bilancio regionale, 17 miliardi e 675 riguardano la voce del Servizio

sanitario regionale, che comprende le somme destinate a tutti gli appalti (ristorazione, servizi alberghieri,

pulizie, mense) e anche i fondi erogati «per funzioni non tariffate delle strutture erogatrici pubbliche e

private». Proprio le "prestazioni non tariffabili" - che nel bilancio 2014 la spending review ha tagliato a 897

milioni sotto - sono state il rubinetto dal quale San Raffaele e fondazione Maugeri hanno incassato dal

Pirellone, tra il 2004 e il 2010, rispettivamente 301 e 148 milioni. Indagando sui due istituti, i pm della procura

di Milano Antonio Pastore, Laura Pedio e Gaetano Ruta, sono venuti a capo del "sistema Daccò", dal nome di

Pierangelo Daccò, il compagno di vacanze di Roberto Formigoni, il faccendiere già condannato in appello a

nove anni per il crack del San Raffaele e attualmente a processo per i fondi neri della clinica Maugeri,

insieme all'ex governatore, ai vertici della clinica, a numerosi funzionari regionali come l'ex segretario

generale, Nicola Sanese,e il dirigente del settore Sanità, Carlo Lucchina. Per la procura, in cambio di

finanziamenti per oltre 200 milioni avrebbero intascato tangenti sotto forma di consulenze.

Denaro che poi sarebbe ritornato - per circa otto milioni - anche a Formigoni in varie «utilità» come cene,

soggiorni in hotel di lusso, vacanze. Ora per la "cupola", il nuovo affare doveva essere la costruzione della

Città della Salute, a Sesto San Giovanni. Una commessa da 450 milioni, 323 stanziati dalla Regione. «Ci

impegneremo a morte a portare a casa la Città della Salute» dice Frigerio al telefonoa uno degli indagati.E

infatti, il Nucleo di Polizia tributaria della Finanza ha sequestrato le buste sigillate con le offerte della gara,

ancora da aggiudicare.

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PRIMA E DOPO FORMIGONI La gestione della sanità lombarda nell'era formigoniana è stata travolta dalle

inchieste. Formigoni, oggi senatore del Ncd, è a processo per corruzione nel processo Maugeri, e indagato

per corruzione e turbativa d'asta in uno stralcio dell'inchiesta in cui è imputato Massimo Guarischi, eletto nel

suo listino nel 2005.

Trascinato nelle due inchieste con l'ex governatore, anche il suo dirigente Carlo Lucchina, indagato inoltre

nel processo sugli appalti della Telemedicina. L'inchiesta che in questi giorni ha decapitato Expo ha svelato

però come la "cupola" fosse operativa anche con gli uomini della giunta di Roberto Maroni, come l'assessore

alla Sanità, Mario Mantovani, e «soprattutto» il nuovo direttore del settore Sanità, Walter Bergamaschi (per

loro la procura esclude rilievi penali). Anche con la giunta a guida leghista, Frigerio era ancora lì. A

consigliare e indirizzare. A spostare le pedine sul grande scacchiere del potere lombardo. «Ho appena visto

Bergamaschi - dice al telefono - lui non è Lucchina, è un altro stile.. e comunque anche lui concorda che

bisognerebbe cambiare anche un pò l'assessorato.. immettere persone nuove.. così abbiamo un pò

ragionato.. «. 11 mld GLI APPALTI DI EXPO La torta legata all'Expo 2015 vale 11 miliardi di appalti 17,7 mld

LA SANITÀ LOMBARDA Pesa per quasi 18 miliardi nel bilancio regionale del 2014 450 mln LA CITTÀ DELLA

SALUTE La succosa commessa su Sesto San Giovanni fa gola alla "cupola" I NUMERI

PER SAPERNE DI PIÙ www.sanita.regione.lombardia.it www.salute.gov.it

Foto: DON LUIGI VERZÈ Fonda l'ospedale San Raffaele di Milano, finito in bancarotta nel 2011 con debiti da

un miliardo e mezzo di euro e al centro di diverse inchieste giudiziarie

Foto: PIERANGELO DACCÒ Il faccendiere, amico di Formigoni, condannato in appello a 9 anni per il crac

del San Raffaele e a processo per i fondi neri della clinica Maugeri

Foto: CLAUDIO LEVORATO Indagato nell'inchiesta sull'Expo, è il presidente di Manutencoop, la coop rossa

interessata all'appalto da 450 milioni per la Città della Salute

Foto: IL PIRELLONE Nella foto, la sede della Regione Lombardia

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IL CASO Dai prefetti ai costruttori, la rete di Sciaboletta Un sistema di relazioni estesissimo, ma tenuto insieme grazie a un pugno di fedelissimi Così ha formato neglianni il suo gruppo di potere CARLO BONINI ROMA. Scopriamo ora dalle intercettazioni telefoniche della Dia di Reggio Calabria che Claudio Scajola, da

Stefano, il suo caposcorta, si faceva chiamare "signor ministro". Anche se non lo era più da quattro anni

ormai.

Anche se Stefano gli era stato assegnato quando lui non era più neanche parlamentare. E tuttavia, in quel

sussiego, c'era evidentemente qualcosa di più del rispetto untuoso che si pretende dai "sottoposti". Negli

ultimi tempi, raccontano infatti che nonostante fosse visibilmente provato politicamente, non rinunciasse ai

modi ora arroganti, ora ammiccanti, di chi ancora pensa o è convinto di contare. Come un ministro, appunto.

Scajola sognava un Pdl2, che qualcuno aveva battezzato il "Pdl di Ponente", e per questo continuava a

coltivare instancabilmente la rete di rapporti, il sistema di relazioni e interessi degli ex dc di cui era figlio.

Quello che, nel '98, lo aveva fatto diventare quel che era diventato e che dodici anni in Parlamento, dieci dei

quali da ministro (Interno, Attuazione del Programma, Attività Produttive, Sviluppo Economico), avevano

trasformato in una potente anche se ormai declinante lobby tascabile. Ne hanno fatto parte nel tempo prefetti,

imprenditori, costruttori, armatori. «Solo al Viminale - spiega una fonte qualificata del Dipartimento - sono una

trentinai prefetti che devono molto a Scajola. E altrettanti sono stati nel tempo i questori». Da ministro

dell'Interno, la sua longa manus era stato il suo temuto capo di gabinetto, il sorrentino Raffaele Lauro, che

avrebbe poi fatto eleggere nel 2008 in Campania nelle liste del Pdl e portato con sé quale "consigliere politico

per la sicurezza" allo Sviluppo Economico.

Sappiamo dalla cronaca che i due anni al Viminale, lo avevano agganciato agli Anemone, i costruttori del G8

della Maddalena e uno dei perni del Sistema degli appalti pubblici scoperchiato dall'inchiesta della procura di

Firenze del 2010. Ma sappiamo anche, per quanto emerse nell'indagine sul porto turistico di Imperia, di quale

grana fosse il suo rapporto con un altro re delle costruzioni: Francesco Bellavista Caltagirone, presidente del

gruppo Acqua Marcia, che di quel porto doveva essere il costruttore.

«Sono amico di Scajola e non mi vergogno a dirlo», diceva Caltagirone dell'ex ministro nel 2013. «È stato il

promotore dell'operazione porto turistico, poi però è stato il primo a defilarsi. Non ho condiviso questa sua

scelta, sono rimasto deluso. Ho sempre considerato Scajola un punto di riferimento. L'operazione porto

avrebbe potuto creargli una rendita politica per i prossimi dieci anni».

Già, il porto di Imperia e Caltagirone. Per dirne una, la Dia di Reggio, durante le indagini che hanno portato

in carcere Scajola, ha annotato le frequentazioni che il costruttore aveva cominciato ad avere con Chiara

Rizzo. E la stessa Dia sembra coltivare l'ipotesi investigativa che in questo incrocio Matacena-Scajola-

Caltagirone si stessero ponendo le premesse per un'avventura nel settore immobiliare in quel della Costa

Azzurra, dove l'interesse delle cosche calabresiè sempre stato e resta molto forte.

Del resto, è proprio a quell'inchiesta sul porto di Imperia, da cui peraltro Scajola uscirà penalmente indenne,

che si deve l'ultima nitida fotografia del "sistema Scajola". Un reticolo tenuto insieme da un familismo amorale

dove la politica è regolarmente a braccetto con gli affari e, gli uni e gli altri, affondano in rapporti costruiti sulla

colonna del "dare" e "avere". Valga per tutti, una figura come quella di Pietro Isnardi, re degli olii. Da

consuocero di Alessandro Scajola, fratello di Claudio, Isnardi siede nel consiglio di amministrazione della

Fondazione Carige. E, guarda caso, è proprio Banca Carige che vanta insieme un'importante esposizione

verso Francesco Bellavista Caltagirone e altrettanto importanti crediti nei confronti del gruppo oleario Isnardi.

Andavano così le cose nel Ponente di Scajola. E, neppure nel dicembre del 2012, l'ex ministro sembrò

afferrare (o forse e, al contrario, lo comprese molto bene) il senso profondo dell'operazione antimafia che

portò allo scioglimento per infiltrazioni mafiose dei comuni di Bordighera e Ventimiglia. La Provincia di Imperia

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- documentarono le indagini - era stata infatti scelta dalla 'ndrangheta per radicare una propria "locale" che

doveva fare la parte del leone negli appalti pubblici.

Ora, appunto, in un'inchiesta come quella di Reggio, quell'intreccio ritorna. E, nona caso, è proprio sulla

lobby che in Scajola ha avuto il suo pivot che torna ad accendersi un faro che promette sviluppi in qualche

modo sconvolgenti. Non fosse altro per i titoli di reato che ipotizza. Mafia e associazione segreta. Qualcosa

che, se dimostrata, cancellerebbe quell'immagine in fondo cialtrona che l'ex ministro si è sempre portato

dietro nei momenti (frequenti) delle sue disgrazie giudiziarie. I PERSONAGGI ANEMONE Il costruttore

romano fulcro dell'inchiesta sulla cricca del G8-Grandi Eventi ha comprato in parte e ristrutturato

l'appartamento con vista sul Colosseo di Scajola.

I due si conobbero quando quest'ultimo era ministro dell'Interno BELLAVISTA CALTAGIRONE Un altro

costruttore, un'altra inchiesta giudiziaria, un'altra amicizia. Le diverse indagini sul porto di Imperia hanno

mostrato come Francesco Bellavista Caltagirone fosse in strettissimi rapporti con l'ex ministro dello Sviluppo

economico ISNARDI Pietro Isnardi, a capo della famosa azienda produttrice di olio, è consuocero del fratello

di Claudio Scajola, Alessandro.

Isnardi siede nel cda della Fondazione Carige, la stessa che vanta un'esposizione verso Bellavista

Caltagirone e crediti verso il gruppo oleario

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IL CANTIERE INFINITO Torre Sanpaolo in ritardo solo a dicembre il trasloco GABRIELE GUCCIONE IL GIGANTE di Intesa Sanpaolo cresce, ma si prende il suo tempo. La parte strutturale è terminata e da

qualche settimana gli operai che lavorano al grattacielo si stanno concentrando sugli impianti, sugli infissi,

sulla "pelle" delle facciate, completata al 70 per cento, e sugli allestimenti interni. Il lavoro ancora da fare -

compresa la copertura della "serra bioclimatica" che occupa gli ultimi tre piani dell'opera di Renzo Piano con

la terrazza, il ristorante, la galleria per le mostre- li occuperà ancora per almeno tre mesi. Tre mesi in più, fatti

i dovuti conti, rispetto alla tabella di marcia annunciata lo scorso autunno, che a sua volta era in affanno di tre

mesi. Alla fine i mesi che bisognerà aspettare prima di vedere aprire i battenti della nuova sede della banca,

rispetto alle previsioni iniziali, saranno almeno sei.

IL CANTIERE è un marchingegno complesso, non sempre facile da metterea tempo. Ma il ritardo non

sembra preoccupare l'istituto di credito: «Contiamo di finire a settembre - pronostica Vincenzo Turino,

l'ingegnere che sovrintende al cantiere - E tra ottobre e novembre potremmo avviare le pratiche per chiedere

l'agibilità al Comune, in modo da cominciare con i primi traslochi a dicembre». In un primo tempo si pensava

di terminare le opere entro quest'estate, di avere i permessi entro l'autunno e di cominciare il trasferimento

dei dipendenti da settembre. Ci vorrà qualche mese in più. Il trasloco, comunque, non avverrà dall'oggi al

domani. «Non si potrà fare tutto in una volta- spiega Turini - È un trasferimento programmato per non

interrompere l'attività della banca».

Il punto sui lavori è stato fatto ieri mattina, presenti l'assessore all'Urbanistica, Stefano Lo Russo, e il titolare

delle deleghe al Verde pubblico, Enzo Lavolta.

L'occasione è stata l'apertura del cantiere ancora in divenire (oltre ai pali della luce, manca l'erba e ci vorrà

più di un mese per farla crescere) del giardino Grosa ai cittadini del quartiere.

L'assaggio rientrava nelle iniziative del "Salone Off". Ma non solo: «Le elezioni sono vicine» commentava

sornione ieri un autorevole esponente del Pd. Il parco davanti al grattacielo è stato costruito da Intesa

Sanpaolo, che lo gestirà per due anni almeno. Non è escluso, però, come è stato chiesto ieri ai due

assessori, che si possa prorogare la scadenza, che consentirà al Comune di risparmiare sulla manutenzione

in cambio di uno sgravo per l'occupazione del suolo pubblico da parte dei pozzi della banca. «Lo valuteremo»

hanno assicurato Lavolta e Lo Russo.

Foto: LA FESTA Una jazz band e i giochi per i bambini per l'apertura-spot del giardino sotto il grattacielo

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 41

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GRANDI OPERE IL GIORNO DOPO GLI ARRESTI Expo, ora si cerca il tesoro a Lugano Frigerio "il professore": "Io ho una cassetta, ma voi apritene un'altra sennò si mischiano le cose" I figli da farassumere alla Sogin: «Li mettiamo a 3­4 mila euro netti al mese e sono a posto» PAOLO COLONNELLO MILANO Quando l'altra mattina li hanno arrestati, mentre uscivano da un albergo romano per la consueta «riunione del

mercoledì» con i vari referenti politici, l'ex segretario dell'Udc ligure e factotum Sergio Cattozzo e il suo capo

e compare, «il professor» Gianstefano Frigerio, avevano in tasca pochi spiccioli, che sono stati sequestrati.

Per la precisione: 12 mila euro Cattozzo e 2500 euro Frigerio. Una miseria, se si pensa che solo per i 4

appalti Expo truccati, le commesse del 3% ammontavano a qualche milione di euro. Per non parlare delle

costanti tangenti sulla sanità. Eppure, anche durante le perquisizioni, i finanzieri milanesi, non hanno trovato

altro. Come si spiega, visto che ci sono filmati delle consegne di denaro e nelle intercettazioni ambientali si

parla tranquillamente di tangenti a colpi di 600 mila euro ciascuna? Se si segue il flusso di denaro, versato

quasi sempre in contanti, si arriva poco lontano da Milano, precisamente a Lugano, nel caveau di Frigerio da

cui avrebbe attinto anche l'ex senatore Luigi Grillo. Così nel silenzio del circolo culturale intitolato a Tommaso

Moro, quello dove i direttori generali degli ospedali lombardi facevano la fila per ottenere raccomandazioni e

dare in cambio appalti, Cattozzo e Frigerio, contano i danè. Cattozzo: «Tre, quattro, cinque, sei, sette (si

sente il fruscio delle banconote, annotano gli inquirenti)... undici, dodici, tredici... ventinove, trenta, trentuno...

e sessantacinque». Frigerio: «Bene, gli altri me li sistemi tu così». Cattozzo: «Sì, senti io gli ho detto la

questione di Lugano, noi siamo in grado di averne una? Lui a Lugano fa quello che vuole, andiamo insieme e

ce li mettiamo in una cassetta di sicurezza e poi ce li andiamo a prendere noi». «Lugano eh... è la soluzione

ideale anche per me perché io la cassetta ce l'ho, non è un problema». «Allora, se ce l'hai tu non l'apriamo

nemmeno..». Frigerio: «Sì vabbè... ma non è meglio che ne faccia aprire una anche a te? Perché sennò si

mescolano le robe mie con quelle degli altri, capisci? È un casino, cioè, ragazzi...». «Allora, dove l'hai tu ne

facciamo aprire un'altra e poi con Gigi (Grillo, ndr) ci si arrangia, viene a prenderseli nel caveau, io vi posso

fare arrivare quello che voglio, non è un problema..». Il «lui» di cui parlano è l'imprenditore Enrico Maltauro,

che durante una consegna di soldi, viene fermato proprio alla frontiera svizzera e arriva in ritardo

all'appuntamento per l'inconveniente. Gli indagati, che verranno tutti interrogati lunedì, si apprestavano

dunque a ricevere enormi quantità di denaro e una buona parte l'avevano già trasferita. D'altronde solo gli

appalti truccati per Expo la dicono lunga sul giro di affari. Quello di «architetture per i servizi» ammontava a

68 milioni; quello per i parcheggi prevede un investimento 13 milioni dell'imprenditore Lodetti della Final con

un ritorno di almeno il doppio. Poi c'è la gara sui padiglioni destinati ai Paesi partecipanti. Una mezza truffa

che Frigerio, Paris e compagni architettano approfittando degli enormi ritardi nei cantieri. In pratica avevano

deciso di stilare una lista di aziende «di scuderia», ovvero Maltauro e Cooperative, da proporre ai Paesi

partecipanti per velocizzare fondamenta e costruzioni sulla «piastra» appaltata al solito Maltauro. Infine c'è

l'appalto per le Vie d'Acqua che, dopo il «rilancio» della Regione, si faranno con delle varianti che costeranno,

calcolano i nostri eroi, 13 milioni più del dovuto. Una pacchia. E Greganti? Il «compagno G», anche questa

volta ha stupito gli inquirenti per il rigore e la serietà, rimanendo sempre con pochi soldi per sé e grandi affari

per le cooperative del partito che pure protestano la loro innocenza. Greganti si occupa del padiglione della

Cina e chiede che «almeno 10 padiglioni vengano fatti in legno» perché ha una società di Pescara, la Area

Legno, «da far lavorare». Ma nel mirino, oltre a quelli della Città della Salute di Sesto San Giovanni (500

milioni) ci sono gli appalti della Sogin, la società controllata dal ministero delle Finanze ma gestita da quello

per lo Sviluppo economico e che, per legge, tratta tutte le scorie nucleari e i rifiuti tossici degli ospedali,

finanziandosi con le bollette per l'elettricità. Per aver veicolato i lavori della Sogin a Maltauro, pari a 98 milioni

di euro, Frigerio e soci prendono 600 mila euro. Chiedendo, per Frigerio e Greganti, anche la sistemazione

dei figli. Spiega Cattozzo: «Nucci mi ha detto: mio figlio a Genova. A Milano ci mettiamo tuo figlio. A Torino ci

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 42

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mettiamo la figlia di Greganti in modo che i ragazzi li abbian messi a posto ed entrano come quadri, dopo 6-

10 mesi li mettono come dirigenti e... li mettiamo a 3/4 mila euro al mese netti...». E tanti saluti alla

disoccupazione.

I tre filoni Expo 2015 n Molte le gare turbate: architetture per i servizi (68 milioni), parcheggi (13) e Vie

dell'Acqua (+13 milioni dopo il rilancio di Maroni) Sanità n La «squadra» cercava di mettere le mani sui lavori

della Città della Salute, un appalto da 500 milioni di euro. Nucleare n Appalto Sogin da 98 milioni dove si

sospetta una tangente da 600.000 euro e l'assunzione dei figli di Nucci, Cattozzo e Greganti.

Foto: NEWPRESS

Foto: Il cantiere per l'Expo 2015 a Milano

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andora floris all'attacco "Gli impresari hanno paura e non ritirano licenze edilizie" L'edilizia è ferma e il sindaco spara a zero sui costruttori, accusandoli di paralizzare la città. «Potrebbero

realizzare in pochi mesi duecento case, ma molti imprenditori lavorano solo se le loro operazioni sono a

rischio zero. Per fortuna ci sono tanti andoresi che danno vita a piccoli interventi privati di manutenzione e

ristrutturazione, dando fiato alla nostra economia», afferma Franco Floris che, giunto alla fine del suo

secondo e ultimo mandato alla guida della città, pare sempre più intenzionato a togliersi qualche sassolino

dalla scarpa.

 «Ci sono tantissimi permessi di costruire, già autorizzati dal Comune, che gli impresari non ritirano per non

pagare gli oneri di urbanizzazione. Se questi costruttori ritirassero le concessioni, dovrebbero pagare in tutto

900 mila euro, che l'amministrazione potreb be utilizzare per realizzare opere pubbliche a servizio della

cittadinanza, che a loro volta darebbero lavoro e creerebbero ricchezza. Poi ci sono i casi dei permessi già

ritirati dai privati, che però non iniziano i lavori perché non hanno la possibilità di vendere sulla carta, come

avveniva in passato, e quindi si prendono tutto il tempo necessario, bloccando la nostra economia. Infine ci

sono le operazioni iniziate, ma fermate dagli imprenditori coi cantieri a cielo aperto. Un esempio lampante è il

recupero dei caseggiati in località Castello, dove è prevista la nascita di parecchi appartamenti ma è tutto

bloccato», denuncia il primo cittadino.

 E mette in evidenza: «In totale stiamo parlando di almeno duecento nuclei abitativi. I casi più lampanti sono i

progetti urbanistici operativi per le villette di Molino Nuovo, sotto l'autostrada e in frazione San Bartolomeo,

sulla strada per Stellanello, oppure i box interrati tra via Doria e via dei Mille».

 Secondo il sindaco, «le imprese locali sono state abituate a lavorare senza mai investire risorse proprie. Le

vendite avvenivano quando il cantiere doveva ancora essere aperto e gli anticipi incassati servivano per

rientrare dai mutui accesi con le banche. Il mercato si sta salvando grazie ai privati che stanno costruendo la

casa per i familiari o per sé stessi, in particolare storici residenti di Andora che hanno deciso di investire per i

figli». [a.f.]

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Oggi i primi interrogatori degli arrestati Expo, il presidente dell'Anticorruzione vigilerà sui lavori Renzi sceglie Cantone: Milano ce la farà FABIO POLETTI MILANO A PAGINA 6 Expo, il presidente dell'Anticorruzione vigilerà sui lavori/ Colonnello Trecentocinquantatré giorni

per finire. Due giorni appena per ripartire. Matteo Renzi torna a Milano a occuparsi di Expo a poco più di un

mese dalla sua prima visita ma martedì prossimo non sarà solo. Ad accompagnarlo Raffaele Cantone, il

presidente della Autorità contro la corruzione a cui il premier ha chiesto di occuparsi in prima persona di

Expo. Una scelta obbligata dopo gli ultimi atti dell'inchiesta della magistratura di Milano. Una scelta che Renzi

ha motivato con i suoi più stretti collaboratori come inevitabile: «Milano ce la farà, noi non molliamo. L'Expo è

una occasione troppo grande per buttarla via». Expo vale 4 punti di pil. La ripresa del Paese passa anche da

qui. Quello di Matteo Renzi alla fine è pure uno sfogo: «Vogliono usare questa occasione per attaccare anche

il Pd. Posso perdere anche due punti, ma io ci salto sopra e ci metto la faccia». Nella riunione di martedì

Renzi incontrerà l'ad Giuseppe Sala che ieri mattina ha riunito tutto il gruppo di comando in via Rovello. Si

tratta di mettere in mani sicure i dossier che fino a giovedì quando lo hanno arrestato, erano il pane

quotidiano di Angelo Paris, direttore Pianificazione e acquisti e General manager constructions di Expo 2015.

Dopo avere incassato la doppia iniezione di fiducia dal governatore Roberto Maroni e dal sindaco Giuliano

Pisapia, l'ad del Grande evento tanto atteso deve fare i conti con una realtà che sembra scricchiolare.

«Bisogna evitare che passi il messaggio che l'immagine di Expo sia quella che esce dalle carte della

magistratura. Non siamo alle Olimpiadi dove il pubblico non manca anche se qualcuno fa uso di doping», si

ripete ai piani alti di via Rovello. In due giorni - quanto manca all'arrivo del premier Matteo Renzi - si tratta di

rimettere mano alla filiera di comando che guida i cantieri. Per evitare altri intoppi gli incarichi che erano di

Angelo Paris potrebbero essere spalmati su due persone. Il Responsabile unico procedure forse affiancato

da un Direttore costruzioni non è difficile da trovare. Le scelte sono obbligate. In pole position c'è il vice di

Angelo Paris, Alessandro Molaioni. Qualche chance le hanno pure il direttore generale Christian Marangone

o il subcommissario Antonio Acerbo. Figure prettamente tecniche che devono seguire i lavori nei cantieri

aperti 20 ore su 24 perchè non c'è tempo da perdere. Il nome del Superdirettore dei lavori, una figura capace

di coordinare tutte le attività, 800 milioni di euro di appalti già assegnati, 120 milioni ancora da definire, lo ha

voluto scegliere il premier in prima persona. A meno di un anno dall'inizio i lavori sulla piastra sono ancora al

45%. Dei sessanta padiglioni sono già in costruzione, solo quello italiano e quello tedesco. Il Governatore

della Lombardia Maroni e il sindaco di Milano Giuliano Pisapia avevano posto come unica condizione che il

Supermanager non si fosse mai occupato di Expo 2015. Una scelta obbligata in nome della trasparenza ma

pure del marketing. Raffaele Cantone è l'uomo giusto. Ma bisognerà facilitargli il lavoro. E oggi durante

l'audizione prevista da tempo alla commissione parlamentare Antimafia, l'ad Sala tornerà a chiedere di

«alleggerire le procedure senza venir meno al principio di legalità».

353Giorni rimasti Tutte le opere dell'Expo 2015 devono essere terminate entro il prossimo aprile

800Milioni Il valore degli appalti già assegnati e 120 quello degli appalti che devono essere attribuiti

45%Lavori Sulla cosiddetta «piastra» il cuore dell'Expo i lavori sono ancora al 45% del totale

60Padiglioni Dei sessanta padiglioni previsti soltanto quello italiano e tedesco sono già in costruzione

Foto: L'inaugurazione dell'Expo Gate di sabato

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 45

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L'ediliziaal collasso:cancellati700 posti UN RICORSO AL TAR BLOCCA INTANTO IL CANTIERE DEI PLUS DI PIAZZA VITTORI LA CRISI

Niente più gru nei cieli di Rieti e neppure ruspe per strada: l'edilizia si è fermata e la Cassa edile fa il conto

della crisi. Tra il 2010 e il 2013 sono 700 i posti di lavoro perduti, con le aziende iscritte scese da 750 a 595:

«Più di Ritel, Schneider, Enterprise messe insieme», dice amaro il vice presidente Mario Spaziani. «Le

piccole ditte edili che hanno chiuso non hanno fatto notizia ma i posti di lavoro che si sono persi sono una

realtà e difficilmente verranno mai recuperati». Sul settore pesa la stasi delle grandi opere e il blocco

dell'edilizia residenziale: «Si muove qualcosa solo sul fronte delle ristrutturazioni e delle riqualificazioni, per lo

più in Sabina - dice il presidente Franco Antonicoli - Quello che serve, oltre alla ripartenza delle opere

pubbliche, è meno burocrazia negli enti e uffici urbanistici più rapidi ed elastici. A Rieti è diventato un

problema fare tutto».

I cantieri del Plus sono una boccata d'ossigeno ma gli inciampi burocratici non mancano: l'appalto di piazza

Vittori è stato sospeso per il ricorso al Tar di una ditta soccombente; la direzione dei lavori di piazza Battisti è

ancora in fieri, in attesa di selezionare con bando pubblico il direttore dei lavori che secondo le norme

europee non doveva coincidere con il progettista. «Tutte questioni che rallentano e rischiano di fermare

tutto», dice Spaziani. La Cassa edile comunque il suo lo fa e con i bilanci in ordine: oltre alle prestazioni

contrattuali legate a ferie e gratifiche natalizie, integrazione di indennità di malattia o di infortuni o malattia

professionali, anzianità edile, eroga agli associati anche prestazioni mediche e servizi alla persona. Tra questi

le borse di studio elargite ai figli degli edili: oggi sarà festa grande al ristorante La Foresta per la consegna di

90 borse di studio per un totale di 65mila euro ad altrettanti studenti di medie (7), superiori (42) e universitari

(41). «E' una giornata di festa in cui operai e imprenditori si mescolano e i genitori sono legittimamente

orgogliosi dei loro figli ed è così da 45 anni, un piccolo record in un mondo dove tutto è cambiato», dice

Antonicoli. E' cambiato, e tanto, anche il volto e la voce dell'edilizia reatina: «Il 45% dei lavoratori è straniero,

in prevalenza romeni seguiti da magrebini - dice il direttore Felice Miccadei - Ma il problema non sono le ditte

nate negli anni nel reatino tra immigrati che sono riusciti a mettersi in proprio ma quello del cosiddetto

distacco della manodopera straniera, che si verifica quando a vincere gli appalti sono ditte straniere che

lavorano da noi con i salari loro». Altro problema, l'elusione delle norme: «Sempre di più le ditte che pur

facendo lavoro edile applicano contratti di altri categorie come l'agricoltura o il settore metalmeccanico - dice

ancora Miccadei - Questo oltre a violare le regole vizia anche la concorrenza tra le imprese, penalizzando

quelle che in regola ci stanno».

Alessandra Lancia

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 46

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Trame, tangenti e nomine choc il business della sanità lombarda Gara tra imprenditori e affaristi per spartirsi la torta da 450 milioni della Città della salute Dietro alle struttured'eccellenza un giro di fondi neri e l'influenza della criminalità NEL 2010 PER LA ASL DI MILANO 2 LAREGIONE SCELSE TRA 702 CANDIDATI UN DIRIGENTE AMICO DEI BOSS CALABRESI Claudia Guasco MILANO La torta è ricca, il progetto ambizioso. E infatti Gianstefano Frigerio, politico navigato, intuisce le

potenzialità e si muove con congruo anticipo. «Ho cominciato a mettere il naso sulla Città della salute»,

confida il 6 settembre 2012 al direttore di Manutencoop. Non è il solo: da quando, nell'autunno di due anni fa,

è arrivato il via libera definitiva al progetto per il grande polo ospedaliero di Sesto San Giovanni, è scattata la

corsa. Costruttori vicini a Comunione e liberazione, cooperative rosse, banche: tutti vogliono una fetta. Con

modi non sempre leciti, come hanno raccontato numerose inchieste. Un mix di affari e politica, un giro di

denaro e potere in cui le mazzette aprono qualsiasi porta. «Ha sempre funzionato così», dicono gli indagati.

DALLA MAUGERI A SESTO A far esplodere il caso della corruzione nella sanità lombarda sono state le

inchieste sui rimborsi del Pirellone alla Fondazione Maugeri e al San Raffaele. Si trattava di delibere regionali

in tema di «remunerazione delle funzioni non coperte da tariffe predefinite» ovvero i bonus che, in aggiunta ai

fondi già versati per rimborsare le cure mediche prestate agli ammalati, la regione paga alle strutture

ospedaliere come riconoscimento di attività d'eccellenza «in base a 30 parametri che per definizione lasciano

ampia discrezionalità». Ma secondo la relazione del consulente tecnico della Procura di Milano sulle delibere

dei finanziamenti regionali degli ultimi anni emergerebbero scelte poco comprensibili ed «evidenti squilibri».

Che hanno portato nelle casse del San Raffaele oltre 400 milioni e in quelle della Maugeri più di 200 milioni.

Roberto Formigoni, per 17 anni governatore della Lombardia, sarà processato per corruzione e associazione

a delinquere per il caso Maugeri ed è indagato sempre per corruzione per il San Raffaele. Ed è sempre lui,

nell'aprile 2009, a firmare un accordo di programma per realizzare la Città della salute, un super polo

ospedaliero che prevede un investimento di 450 milioni di euro: oltre 300 a carico della regione, 40 milioni dal

ministero della Salute, più di 80 milioni di euro di project financing e 2 milioni offerti dal Besta e dall'Istituto dei

tumori. Proprio adesso stava per arrivare l'appalto da 320 milioni per l'ospedale, cuore di una città con 607

mila metri quadri di nuovi alloggi, 100 mila metri quadri di negozi, 147 mila di terziario, 27 mila strutture

ricettive e 49 mila di servizi. A ciò vanno aggiunti 60 mila metri quadri di edilizia sociale, approvati dall'ex

assessore alla Casa Domenico Zambetti solo qualche mese prima di finire in manette con l'accusa di aver

comprato voti dalla 'ndrangheta. È stato proprio il suo arresto a far LO SCENARIO crollare fragorosamente la

giunta, assestando il colpo definitivo dopo gli scandali nella sanità. ECCELLENZE E SCIVOLONI Nel 2013 il

Pirellone ha destinato alla salute 650 milioni di euro, il mese scorso sono arrivati altri 220 milioni per la

sistemazione di Asl e ospedali. L'obiettivo è affiancare a poche strutture specializzate - dieci in tutto, una ogni

milione di abitanti - presidi più piccoli per seguire i tre milioni di malati cronici. E' «l'eccellenza lombarda»

tanto amata da Formigoni e fotografata da un rapporto dell'Agenas: tra i primi dieci ospedali italiani, sei sono

in Lombardia. E in testa, nonostante la bufera giudiziaria e il buco da un miliardo, c'è il San Raffaele, sintesi

del meglio e del peggio di un sistema che eccelle nelle cure e si spartisce gli appalti. O incappa in nomine

shock come quella del 2010 alla Asl di Milano 2. Tra i 702 candidati Formigoni e la sua giunta hanno pescato

proprio Pietrogino Pezzano, originario di Palizzi. Segno particolare: la sua amicizia con gli uomini della

'ndrangheta, testimoniata da foto insieme a capibastone della Brianza come Saverio Moscato e Candeloro

Polimeno.

450 L'investimento complessivo in milioni previsto per il grande polo ospedaliero, di cui 320 per l'appalto

dell'ospedale

200 E' la stima in milioni del costo della pulizia e bonifica dei terreni della ex acciaieria dagli inquinanti

presenti

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205 Le migliaia di metri quadrati nell'area ex Falck dove unire in una struttura il Neurologico Besta e l'Istituto

dei Tumori e strutture per i degenti nella Città della salute, alte fino a 18 metri. Stimata la presenza di 4.000

persone al giorno

Foto: IL PROGETTO La Città della salute di Sesto San Giovanni come dovrebbe apparire dopo la

costruzione

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LAVORI PUBBLICI Da Trinità dei Monti alla Tangenziale, i cantieri 2014 VIA LIBERA AI PROGETTI DI RIQUALIFICAZIONE DELL'AREA INTORNO ALLA STAZIONE TIBURTINA EALLA SOPRAELEVATA Fa.Ro. Dal restauro della scalinata di Trinità dei Monti al nuovo look dell'area della stazione Tiburtina. In una delibera

collegata al bilancio di previsione, la giunta ha approvato una cinquantina di progetti preliminari e gli studi di

fattibilità di nuove opere pubbliche che saranno messe in cantiere nel triennio 2014-2016. Un piccolo segnale

di ripresa per gli investimenti comunali, bloccati negli ultimi anni dal combinato disposto tra i conti in rosso di

Palazzo Senatorio e i vincoli imposti dal patto di stabilità. I CANTIERI Un ruolo importante, nel piano triennale

dei lavori pubblici, lo svolge la Sovrintendenza capitolina. Nel settore dei beni artistici e storici sono stati infatti

approvati i progetti preliminari per il Mausoleo di Augusto che sarà interessato dagli «interventi di

valorizzazione in occasione del bimillenario della morte di Augusto» - ma anche per la scalinata di Trinità dei

Monti, che sarà restaurata, e per l'aula Giulio Cesare (sede del consiglio comunale) che, dopo il completo

restyling di qualche anno fa, sarà interessata dalla manutenzione straordinaria della copertura. Importanti

anche i lavori approvati per il dipartimento sviluppo infrastrutture e manutenzione urbana. Qui è stato dato il

via libera al programma di riqualificazione e valorizzazione della stazione Tiburtina, che prevede anche la

ristrutturazione della circonvallazione Nomentana (parte della vecchia tangenziale Est) e la realizzazione di

verde pubblico. Nello steso settore via libera anche alle opere collaterali ai cantieri dell'alta velocità di

Lunghezza e la costruzione della scuola media di Corcolle. IL TEVERE Per il dipartimento ambiente sono

stati approvati gli studi di fattibilità per la realizzazione di un percorso lungo le sponde del Tevere e per

interventi sui parchi di Tor Tre Teste e Serenissima, oltre alla riqualificazione della zona di Falcognana, in

passato individuata come possibile sede per la discarica temporanea del dopo Malagrotta. Per l'assessorato

alla scuola è arrivato il via libera ai cantieri per la scuola dell'infanzia «Pegaso», ad Acilia.

49I progetti e studi di fattibilità di opere pubbliche approvati dalla giunta

11/05/2014 32Pag. Il Messaggero - Roma(diffusione:210842, tiratura:295190)

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LA STORIA Inchieste e liti per le poltrone così i cantieri rischiano il flop All'appuntamento Milano si presenterà diversa dalle previsioni del "master plan" A meno di un annodall'inaugurazione le opere base sono realizzate solo al 40% Claudia Guasco MILANO Era il 31 marzo 2008 e sul palco del Palazzo dei congressi di Parigi si brindava alla conquista

dell'Expo, che Milano si aggiudicò in un ballottaggio con Smirne. Fu una vittoria bipartisan, risultato di un

gioco di squadra tra un governo di sinistra (Prodi) insieme alla destra che governava comune e regione

(Moratti e Formigoni). Non restava che mettersi al lavoro e sulla carta il tempo era più che sufficiente: 2.585

giorni per preparare la grande esposizione universale, tema prescelto "Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita".

Ma ora che all'inaugurazione mancano 353 giorni, la città è in affanno: metà delle opere è in ritardo, alcune

saranno completate solo parzialmente, altre sono state cancellate senza pietà. BUCO DA 120 MILIONI Sul

milione di metri quadrati del cantiere di Rho-Pero, dove sorgerà la cittadella espositiva, le ruspe scavano a

pieno ritmo ma c'è ancora poco o nulla e per capire come sarà il progetto bisogna affidarsi alle mappe e

all'immaginazione. I vertici di Expo e Ilspa lo sanno, tant'è che nella visita dello scorso 11 aprile del premier

Matteo Renzi hanno compiuto un piccolo capolavoro: promuovere l'Expo senza mostrare l'Expo. Ad

accumulare ritardo si è cominciato subito, con la spartizione delle poltrone nelle società che gestiscono

l'opera, e così tra liti, dimissioni e rimpasti è andato via un anno. Mesi preziosi per un evento che richiamerà

20 milioni di visitatori: dal 1 maggio al 31 ottobre 2015 in Italia arriveranno 100 capi di Stato e 500 ministri, i

Paesi che hanno finora aderito sono 147, pari al 93% della popolazione mondiale, i padiglioni saranno 60

contro i 42 di Shanghai 2000. Ma a meno di un anno dall'inaugurazione, solo adesso i lavori entrano davvero

nel vivo. A Rho deve ancora essere completata la cosiddetta «ripulitura delle interferenze», in pratica lo

sgombero dei terreni, appalto assegnato alla Cmc di Ravenna il 24 ottobre 2011; la «Piastra», progetto

principale e ossatura portante dell'intera struttura del valore di oltre 160 milioni di euro, è stata realizzata solo

per il 40%, per la costruzione dei padiglioni si comincia in questi giorni. E all'appello mancano ancora i 9 spazi

tematici nei quali saranno raccolti i tipi di coltivazione del globo oltre alle infrastrutture. Strade, passerelle e

500 mila alberi da piantare. Un impegno gigantesco, al quale lavorano a pieno regime mille addetti (oltre a

quelli dei padiglioni) che si dividono tre turni. Ma c'è anche un serio problema finanziario: nel bilancio 2014

mancano all'appello 120 milioni di euro, 60 della Provincia (che ha già detto che non li darà) e 60 della

Camera di commercio. Ciò che vedrà la luce il prossimo primo maggio, in ogni caso, non sarà conforme al

master plan con cui Milano si è aggiudicata la gara. I CANALI Innanzitutto non ci sarà l'opera più

scenografica, il simbolo del progetto: quello delle "Vie d'acqua", rete di canali in parte navigabili, un

investimento da 331 milioni ridimensionato a 120 milioni e quindi cancellato per le proteste dei «No canal». E

non nasceranno nemmeno le "Vie di terra", percorsi verdi dal centro di Milano alla cittadella. Poi c'è il capitolo

trasporti, con il grande flop della Linea 4 della metropolitana: resterà incompiuta anche la tratta dall'aeroporto

di Linate alla stazione ferroviaria Forlanini e si risolverà con un bus navetta. Non c'è tempo neppure per il

potenziamento del treno RhoGallarate mentre sul fronte delle strade il nodo più critico è la Rho-Monza, che

tra costi e contestazioni è ormai una corsa disperata. Infine l'autostrada Pedemontana: è cominciata il 6

febbraio 2010 e sarà agibile solo il primo spezzone di 15 chilometri. Insomma, saranno dodici mesi da brivido.

L'ex direttore generale di Ilspa Rognoni, arrestato il 20 marzo, ne era consapevole e per i pm avrebbe forzato

le procedure dei lavori per salvare l'Expo. In quattro anni ha percepito stipendi per un totale di 3 milioni e 282

mila euro.

IncompiuteLE VIE D'ACQUA Il collegamento tra Canale Villoresi e Naviglio Grande, opera da 331 milioni, non si farà.

LA PIASTRA È l'ossatura del progetto principale e vale 160 milioni, Finora è realizzata solo al 40%

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LA METROPOLITANA La nuova linea della Metro non sarà pronta per il 2015, neanche solo nel primo tratto

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il caso La grande torta delle coop rosse tra scandali e soldi dagli amici La galassia delle aziende legate al Pd è finita spesso nel mirino dei pm per tangenti e appalti sospetti. Ma conle imprese di sinistra le procure chiudono un occhio IL CASO EXPO Epidemia di garantismo, dal ministroPoletti all'ex segretario Bersani Paolo Bracalini «Quasi mezzo milione di occupati e un giro di affari globale vicino ai 60 miliardi di euro». Si presenta così,

sotto il titolo «Come coniugare etica e affari», la Legacoop, casa madre di tutte le coop rosse, un sistema di

15mila imprese che fanno affari da nord a sud e in tutti i settori: edilizia, grande distribuzione, servizi,

assicurazioni, banche. Una galassia da sempre parallela al partito - prima Pci, poi Ds, ora Pd - con intrecci di

vario tipo: nomine, travaso di dirigenti (che diventano sindaci o anche ministri, come il renziano Poletti ex

capo di Legacoop), favori, appalti da amministrazioni amiche. Etica e business, ma ogni tanto, e nemmeno

raramente, qualche scandalo. Quando scoppia il bubbone, di quelli grossi, scavi e ci trovi dentro una coop.

Nel giro di mazzette attorno all'Expo ecco spuntare Manutencoop, colosso bolognese da 1 miliardo di euro

l'anno di fatturato (per il 60% arriva dal pubblico), guidato da sempre dall'ex Pci Claudio Levorato, indagato

dalla Procura milanese come presunta sponda a sinistra della cricca. Levorato era finito già nei guai a

Brindisi, l'estate scorsa, anche lì per una storia di appalti (la Manutencoop si occupa di pulizia), stavolta alla

Asl della città pugliese dove «negli anni la cooperativa emiliana di area Ds - scrive la Gazzetta del

Mezzogiorno - ha preso 70 milioni di appalti». Quando si scoprono le magagne il sistema si chiude a riccio, in

difesa, e il Pd si scopre garantista ad oltranza (vedi Bersani sul Fatto : «Se la magistratura accerta reati

trarremo le conseguenze...»). Eppure i buchi neri del sistema sono frequenti, anche se spesso le Procure

archiviano. Qualche anno fa la Coopservice, grossa cooperativa emiliana specializzata in servizi alle imprese,

in vista della quotazione in Borsa di una sua controllata ha costituito, tramite una fiduciaria in Lussemburgo,

un tesoretto di 36 milioni di euro destinato ai vertici aziendali. La Guardia di Finanza ha scoperto tutto e

segnalato 46 nomi alla Procura di Reggio Emilia, che ne ha indagati due, riconoscendo la finalità

dell'operazione: «Non si voleva che le plusvalenze venissero distribuite tra tutti i soci ma a un numero ridotto

di persone». Condannati? No, perché poi il pm ha chiesto l'archiviazione. Coop rosse anche nel «sistema

Sesto», quello che ruotava attorno a Filippo Penati, presidente della Provincia di Milano, capo del Pd

lombardo ed ex braccio destro di Bersani. Lì la coop rossa in questione è il Consorzio cooperative costruttori

di Bologna, che avrebbe imposto consulenze fittizie da 2,4 milioni di euro a Giuseppe Pasini, l'immobiliarista

proprietario delle aree ex Falck, elargite come «condizione per compiacere la controparte nazionale del

partito», racconterà proprio Pasini ai pm. Anche lì coop rosse e lieto fine. Al vicepresidente della Ccc

bolognese, insieme ad altri due rappresentanti delle coop, tutti accusati di concussione, è andata infatti bene:

prescritti. Affari dappertutto, ma cuore pulsante in Emilia Romagna, vero ombelico della vecchia «ditta» Pd,

sede anche della Unipol (a Bologna, Via Stalingrado...), quella della tentata scalata a Bnl per opera di

Consorte, finita male («abbiamo una banca?»). Lì le coop si aggiudicano un appalto su quattro e hanno un

monopolio di fatto nella grande distribuzione (70%). Ne sa qualcosa Bernardo Caprotti, fondatore di

Esselunga, che ha ingaggiato una battaglia sanguinosa, a suon di denunce, con Coop Estense, che gli ha

impedito l'apertura di due supermercati in provincia di Modena, abusando della sua «posizione dominante».

Si è dovuti arrivare al Consiglio di Stato (che ha sanzionato la coop per 4,6 milioni di euro), dopo che il Tar

aveva accolto il ricorso della società emiliana. Una battaglia durata 13 anni. Ancora in Emilia-Romagna, ad

Argenta (Ferrara), la Coopcostruttori, una delle corazzate di Legacoop, è naufragata in un mare di debiti dopo

essere finita sotto inchiesta con l'accusa di fare affari col clan dei Casalesi. Fuori dai guai, invece, il

governatore piddino Vasco Errani, finito in mezzo al cosiddetto «scandalo Terre Emerse», dal nome della

cooperativa agricola che per la costruzione di una cantina vinicola a Imola aveva beneficiato di un

finanziamento regionale di 1 milione di euro. Piccolo dettaglio: il presidente della coop è Giovanni Errani, suo

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fratello. Ma tutto è finito bene per Vasco Errani, accusato di falso ideologico in atti pubblici: assolto dal giudice

«perché il fatto non sussiste». Ma il potere coop si ramifica molto lontano dall'Emilia. «Si respira un clima

pesante attorno alla struttura di prima accoglienza di Lampedusa» disse il presidente di Legacoop Sicilia

dopo lo scandalo suscitato dalle riprese del Tg2 sui maltrattamenti in un centro di accoglienza per i

clandestini, a Lampedusa, gestito da una coop. Un «business» da 2 milioni al giorno, in cui non potevano

mancare anche loro. E nemmeno nelle grandi opere. Al nodo Tav di Firenze lavora la Coopsette, altro

gigante degli appalti pubblici. Anche di loro si sta occupando la Procura di Firenze, che ha messo sotto

indagine 36 persone, tra cui l'ex presidente Pd della Regione Umbria, la dalemiana Lorenzetti. Il sospetto è

che si siano usati materiali scadenti, in business addirittura con la camorra. E meno male che lo slogan è

«coniugare etica e affari».

Pier Luigi Bersani

Giuliano Poletti Il polverone rischia di danneggiare il Pd. Se la magistratura accerta reati trarremo le

conseguenze L'inchiesta non fa bene all'Italia e all'Expo Mi auguro che il passaggio sia rapido

Foto: MINISTRO Giuliano Poletti, presidente di Legacoop dal 2002, è ministro del Lavoro e delle Politiche

sociali

Foto: EX LEADER PD Pier Luigi Bersani, emiliano, più volte ministro, è stato segretario del Pd tra il 2009 e il

2013

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Un superdirettore per il cantiere Expo, un nuovo manager dovrà sovrintendere a tutti i lavori E oggi in largo Cairoli apertura dello spazio permostre e concerti Sala chiama a raccolta la «grande squadra» e rincuora sul difficile momento i giovaniarchitetti, ingegneri e commerciali: bisogna ripartire con entusiamo DANIELA FASSINI l giorno dopo lo tsunami che ha travolto l'Expo (altri servizi a pag. 6), il commissario unico e ad della società

di gestione Giuseppe Sala (che non è coinvolto nelle indagini) che poche ore dopo aveva già raccolto la

fiducia e il sostegno di tutte le istituzioni (milanesi, lombarde e nazionali) si è presentato dai suoi collaboratori.

Negli uffici di Molino Dorino, vicino al cantiere del sito espositivo ha chiamato a raccolta le oltre trecento

persone fra giovani architetti, ingegneri, informatici e commerciali (incluso anche il personale impegnato al

progetto del Padiglione Italia) che sono impegnate nella grande corsa verso il 2015. Alla «grande squadra», il

numero uno della società ha detto poche frasi per rincuorare sul difficile momento, forse il più grave nella

lunga e tormentanta corsa ad ostacoli, e chiedere a tutti di «ripartire con entusiasmo» per il rush finale. Le

stesse parole che ha usato poi ieri pomeriggio nel corso di un incontro pubblico a Palazzo Marino, con il

sindaco Giuliano Pisapia per una lecture del premio Nobel Amrtya Sen sui temi della nutrizione. «Sono giorni

difficili, in cui non si può sbagliare» ha detto il commissario unico. Fra i nodi da sciogliere, i più importanti, a

questo punto, rimangono le figure degli uomini-chiave. Gli stessi travolti dalle vicende giudiziarie: il direttore

lavori sul sito di Infrastrutture Lombarde, dimesso dopo l'arresto del Dg Antonio Rognoni e il general manager

di Expo, responsabile delle operazioni e degli acquisti, Angelo Paris, finito in carcere giovedì insieme ad altre

sei persone. Il sindaco Pisapia e il governatore lombardo Roberto Maroni hanno già individuato il nome del

"superdirettore" che dirigerà tutti i cantieri sul sito, anche se non lo hanno ancora comunicato. Si aspetta

l'arrivo in città, martedì prossimo del premieri Matteo Renzi per la nomina ufficiale insieme ai nomi dei

componenti della nuova "taskforce governativa", annunciata dallo stesso Premier nel corso della sua ultima

visita milanese e non ancora delineata (anche se ieri sempre maroni e Pisapia avrebbero già indicato alcuni

nomi). A Giuseppe Sala resta invece il compito di trovare il nuovo sostituto di Paris. Intanto proseguono i

lavori. Da una parte sul cantiere alle porte di Milano, in quel milione di metri quadrati dove sono impegnati più

di mille operai su tre turni per 20 ore su 24 e dall'altra con gli eventi in città. Oggi pomeriggio, a partire dalle

17.30 sarà infatti inaugurato l'Expo Gate, la struttura progettata da Alessandro Scandurra e situata tra largo

Cairoli e il Castello Sforzesco. Una sorta di padiglione in città che per un anno e mezzo ospiterà eventi,

incontri, dibattiti e mostre sul tema "Nutrire il pianeta, energia per la vita". La cerimonia di inaugurazione

partirà con una parata da piazza San Babila e attraverso il centro e tra le bandiere dei Paesi partecipanti

arriverà in via Beltrami, sede di Expo Gate. A partire dalle 18.30 saranno aperte le porte di Expo Gate. La

serata sarà animata anche da una "risottata" dei tre chef Andrea Berton, Carlo Cracco e Davide Oldani. Uno

"street food stellato" e un'anticipazione di come Milano accoglierà il mondo durante l'Esposizione Universale.

Foto: Il padiglione di Expo gate che verrà inaugurato oggi

10/05/2014 1Pag. Avvenire - Milano(diffusione:105812, tiratura:151233)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 54

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Conto alla rovescia Cantieri a pieno regime, ma alcuni progetti sono già naufragati Mille operai al lavoro Addio alla metro per Linate Milano . Meno 355 giorni all'inaugurazione. La macchina dei lavori per l'Expo è chiamata al massimo sforzo.

Come più volte ribadito dai protagonisti: «Non c'è più un'ora da perdere». Mille operai al lavoro su 20 ore

giornaliere. Dalle sei del mattino alle due di notte, il "pesce", come è soprannominato il sito per la sua forma

vista dall'alto, è un brulicare di uomini e mezzi all'opera. Ma un ruolo importante lo giocherà il meteo, che

l'anno scorso non ha aiutato. Le frequenti piogge di un anno fa hanno avuto il loro peso nel ritardare

ulteriormente i cantieri. E ora il cronoprogramma, tiratissimo, non ammette altri colpi a vuoto. Tanto meno può

permettersi di incassare altri "terremoti" giudiziari come quelli che negli ultimi mesi hanno investito l'evento, in

maniera più o meno diretta. I due appalti più grandi sono a buon punto. La rimozione delle interferenze è

arrivata all'80% dell'opera, mentre la "piastra" (l'infrastrutturazione di base del sito) è al 50%. Ora hanno fatto

la loro comparsa le squadre di operai di una quindicina di Paesi, pronti a tirar su i loro padiglioni. In totale

saranno 60 le nazioni che costruiranno qui la loro "casa". Per il resto, sono partiti gli scavi e la costruzione

delle fondamenta per i Cluster (padiglioni tematici, vera novità di questa Expo). Più critico è il quadro delle

opere in costruzione a Milano e in Lombardia, in vista della manifestazione. Non ci sarà la linea metropolitana

M4 dall'aeroporto di Linate. Il tratto Sud delle Vie d'Acqua, che trasporterà l'acqua dal sito alla Darsena (in via

di riqualificazione), sarà pronto forse solo una volta che l'Expo sarà al giro di boa. La società Pedemontana è

in crisi finanziaria e la strada Zara-Expo è in ritardo. Una parziale buona notizia arriva però con

l'inaugurazione dell' Expo Gate in centro a Milano, l'infopoint che sarà la prima porta d'accesso all'evento per

molti dei 20 milioni di visitatori attesi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

11/05/2014 10Pag. Avvenire - Ed. nazionale(diffusione:105812, tiratura:151233)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 55

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Domenica 11 Maggio 2014, Scuola media e palestra, gli "appiedati" protestano con fiocchi neri ecolorati Una scuola con i "fiocchi". Da qualche settimana sono spuntati i fiocchi colorati sulle reti metalliche del

cantiere che delimita l'area dei lavori per la costruzione della scuola media e palestra di Perarolo e Busa. Non

è un gesto burlone o uno strano passatempo di qualche anonimo, ma è la protesta messa in atto dal comitato

"Appiedati" contro il ritardo nella conclusione dei lavori. Un fiocco colorato per ogni giorno in cui il cantiere è

fermo, e sono già più di quaranta nastri, ed uno nero per il lutto per ogni anno di ritardo. E questi sono sette.

Si tratta dell'ennesimo protesta che in questi anni si sono succeduta e che hanno tutte un comune

denominatore: il ritardo nell'avvio del cantiere e nella realizzazione dell'opera. «Sono stati persi sette anni

prima di vedere partire i lavori e ora, a suon di continue proroghe e rinvii, tutto procedere a rilento - ha detto

Fabio Pagini Rizzato degli "Appiedati" - mancano i termini certi per la conclusione dei lavori e nessuno in

Comune riesce, o vuole, essere chiaro su questo. «Le opere dovevano iniziare entro due mesi

dallapprovazione esecutiva del progetto e ultimate entro 36, quindi il termine doveva essere alla fine del

2010». «Invece qui si va avanti a proroghe - aggiunge Marco Maccis del comitato- inoltre l'opera è garantita

con una fideiussione di un milione e 400 mila euro che può essere pretesa dal Comune per inadempienze

della ditta lottizzante solo dopo che la scuola è stata collaudata. Questo non è altro che un trucco per non

mettere mai sulla carta la data della fine dei lavori. Non regge la scusa che la ditta è in crisi, visto che

l'impresa sta comunque lavorando in altre zone di Vigonza: le ultime tre amministrazioni comunali non hanno

voluto modificare quella convenzione per non dichiarare mai un termine di fine lavori». Il progetto esecutivo

per la nuova scuola di Perarolo è stato approvato dalla giunta Stivanello nell'aprile del 2007. L'opera prevede

a carico della ditta lottizzante il beneficio dell'ospedale computo degli oneri di urbanizzazione pari a 810 mila

euro, impegnandosi a completare la scuola.

11/05/2014 11Pag. Il Gazzettino - Padova(diffusione:86966, tiratura:114104)

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CINISELLO IN VIA GIOVAGNOLI DOVE SORGERÀ UN COMPLESSO RESIDENZIALE Arte e fantasia nel cantiere edile A Villa Rachele il murales dipinto dagli studenti del De Nicola ANDREA GUERRA di ANDREA GUERRA - CINISELLO BALSAMO - UN CANTIERE è sempre qualcosa di grigio. Gli studenti del

De Nicola gli stanno dando colore. Accade a Cinisello Balsamo, nel quartiere di Villa Rachele, periferia

cittadina. Dove alcuni studenti dell'Istituto De Nicola di Sesto San Giovanni hanno abbandonato, con il

benestare della dirigenza e anzi su indicazione dei professori, i banchi di scuola per mettere in campo le

competenze adottate fin qui. Un laboratorio a cielo aperto: sessantotto studenti di tre classi stanno infatti

dando colore, si potrebbe persino dire «dando vita», al muro del cantiere di via Giovagnoli. All'interno, gli

operai e le gru del Cocec, consorzio delle cooperative UniAbita, La Nostra Casa e Diaz, stanno realizzando il

complesso residenziale «I Giardini di Rachele». Dopo l'approvazione delle bozze, armati di spray e pennelli,

bardati con tuta bianca da lavoro e con tanto di musica nelle orecchie, allievi e professori, fianco a fianco,

stanno pitturando i novanta metri di muro, alto tre metri, che costeggia il lato cinisellese del cantiere. Un'opera

d'arte collettiva che sarà inaugurata con una grande festa di quartiere sabato prossimo. IL TEMA dominante

dei lavori degli studenti del De Nicola, che a gruppetti hanno lavorato su porzioni di muro, riguarda la

contaminazione tra città e natura, toccando aspetti come il «vivere green», la socialità, la multiculturalità e

l'integrazione. Un pezzo di periferia prende colore, dunque, e si anima. Il muro sarà poi abbattuto per lasciare

spazio alle recinzioni che faranno da confine al complesso edilizio. Gli organizzatori stanno però già

pensando al modo di recuperarne alcune parti per lasciarle poi esposte nel giardino del maxi condominio.

Image: 20140511/foto/2894.jpg

11/05/2014 7Pag. QN - Il Giorno - Milano(diffusione:69063, tiratura:107480)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 57

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Milano Nell'inchiesta sulla «cupola» c'è la Maltauro. Le sue ruspe erano già state fermate dalle proteste deicittadini EXPO In un canale di cemento la storia di appalti al ribasso e rincari record Il sistema dell'Acqua Il primo lavoro importante lo ha vinto la Cmc di Ravenna. Al massimo ribasso: oltre il 40% sulla base d'asta Roberto Maggioni MILANO MILANO

L'opera che per prima ha messo in difficoltà Expo 2015 costringendo il gigante a spegnere i motori delle

ruspe nei cantieri è una di quelle al centro dell'inchiesta che ha portato in carcere la «cupola»: l'associazione

a delinquere che secondo i magistrati milanesi ha pilotato parte degli appalti dell'Esposizione Universale. Tra

gli arrestati c'è infatti anche Enrico Maltauro, 58 anni, amministratore delegato della Maltauro Spa e membro

della banda dei furbetti di Expo.

A fermare le ruspe della Maltauro però non sono stati i sigilli della magistratura, bensì i cittadini scesi nei

parchi a difendere quei preziosi polmoni verdi nell'ovest di Milano. Parchi che sentivano minacciati dal canale

della Via d'Acqua, che nei suoi 12 km, dal sito espositivo alla Darsena di Milano, avrebbe attraversato quattro

parchi spezzandone la continuità, abbattendo alberi e scavando su terreni inquinati. Un canale in cemento

con un ingombro fino a 12 metri per portare dal sito espositivo alla Darsena di Milano e ad alcune zone del

parco Sud 2 metri cubi di acqua al secondo. Una quantità modesta per un opera senza alcuna utilità pubblica

evidente: serve infatti innanzitutto a portare fuori l'acqua dal sito di Expo, dove tra un padiglione e una piazza

Italia troveranno spazio anche un laghetto artificiale (la Lake Arena) e un sistema di canali.

Raccontando la Via d'Acqua si racconta quello che possiamo definire come una sorta di «sistema Expo». Un

sistema fatto di appalti al ribasso, rincari record, extra-costi, opere accessorie discutibili, controlli antimafia

alleggeriti, poteri speciali. Se parlare di nuova tangentopoli è probabilmente ancora prematuro, mettendo in

fila alcuni fatti si compone la geografia della spartizione made in Expo, una gestione degli appalti pubblici a

maglie larghe dentro cui avrebbe sguazzato la «cupola» arrestata dalla magistratura.

Siamo a dicembre 2012, secondo i magistrati il regalo di Natale di Enrico Maltauro agli altri della cupola

sarebbe stata una tangente di 50 mila euro. La prima di una serie. Maltauro avrebbe versato centinaia di

migliaia di euro ottenendo in cambio informazioni utili a fargli vincere gli appalti. Ci sono le intercettazioni, da

cui emerge «l'accordo con l'imprenditore» per il «versamento di 25mila euro mensili da febbraio-marzo 2013,

oltre al primo pagamento di 50 mila euro previsto per Natale 2012».

I lavori per il tratto Sud della Via d'Acqua, dal sito espositivo alla Darsena, vengono aggiudicati a luglio 2013

e vince Maltauro con un ribasso del 23%. Base d'asta 54 milioni, lo sconto vale 14 milioni.

L'estate passa senza che alcuna ruspa si muova, poi ad ottobre arrivano le reti metalliche nei parchi, inizia la

cantierizzazione dell'area tra parchi, rogge e fontanili, spesso a fianco proprio dei vecchi corsi d'acqua oggi

prosciugati e inutilizzati. Con le reti arrivano anche le proteste dei cittadini, i comitati No Canal, No Via

d'Acqua, Cambia Canale, il supporto della rete No Expo e del collettivo Off Topic.

Picchetti alle 7 di mattina davanti alle ruspe, fiaccolate, merende dentro l'area di cantiere nei parchi,

smontaggio delle reti, due cortei con un migliaio di persone che si concludono con la posa di alcuni

«spaventaruspe», fantocci piantati tra gli alberi per tenere lontane le ruspe quando i cittadini non sono nei

parchi. Parallelamente la controinformazione sui terreni inquinati che la Via d'Acqua scoperchierà e le

bonifiche a rischio: i poteri speciali del commissario unico Giuseppe Sala gli hanno permesso a novembre

2013 di declassare l'area in cui scorrerà la Via d'Acqua da area verde/residenziale quale è, ad area

industriale. Un declassamento utile a bypassare le bonifiche dei terreni inquinati, come rilevato dai sondaggi

nei terreni fatti da Mm e Maltauro.

Dicembre, gennaio e febbraio, in questi tre mesi i cantieri restano fermi e per Maltauro questo stop

costerebbe 13 milioni, come rivela il subcommissario Expo Gianni Confalonieri in alcune interviste. A un

futuro cda di Expo la scelta se concederli o meno, quello che è evidente è che si tratta proprio della cifra

10/05/2014 3Pag. Il Manifesto - Ed. nazionale(diffusione:24728, tiratura:83923)

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necessaria a raggiungere la base d'asta di partenza.

«Maltauro sta operando in modo discutibile per quanto riguarda la gestione ambientale delle sue attività»,

racconta in una intervista a Radio Popolare il presidente della commissione ambiente di zona 8 del comune di

Milano, Enrico Fedrighini, «stiamo chiedendo da otto mesi i dati sulle analisi ambientali sui terreni dove sorge

i campo base della Maltauro ma ad oggi non abbiamo ancora visto nulla».

Facendo un balzo indietro, il primo appalto importante di Expo è stato quello vinto dalla Cmc di Ravenna per

la rimozione delle interferenze. Vittoria al massimo ribasso con una percentuale record del 42,83% sulla base

d'asta. Cmc si è aggiudicata la gara con un'offerta di 58,5 milioni rispetto a un valore iniziale di 90 milioni. Su

questo appalto indaga la Procura di Milano per turbativa d'asta. Il responsabile cantiere Expo della Cmc,

Lorenzo Fiorentino, è indagato da dicembre 2013 insieme a Dario Comini, un funzionario di Mm, la società

del comune di Milano che gestisce alcuni degli appalti dell'Esposizione per conto di Expo Spa.

In questo contesto, un anno dopo aver vinto l'appalto Cmc chiede 30 milioni di costi aggiuntivi, esattamente la

cifra per risalire alla base d'asta di 90 milioni, recuperando tutto lo sconto promesso. Motivo del rincaro: nuovi

lavori non previsti e un diverso smaltimento delle terre da bonificare. Viene da chiedersi perché non sia stata

fatta una nuova gara pubblica per lavori giudicati nuovi e dall'importo considerevole di 30 milioni di euro.

Altro caso quello della Mantovani, il gruppo veneto di area Pdl il cui presidente, Piergiorgio Baita, è stato

arrestato a febbraio 2013 per frode fiscale su alcuni lavori nel nord est. Un'azienda definita nelle carte di

un'inchiesta bolognese sull'arresto del vicequestore Giovanni Preziosa un «gruppo economico criminale». La

Mantovani ha vinto l'appalto più importante di Expo 2015, quello per la costruzione della piastra, la base in

cemento su cui sorgeranno i padiglioni. Un appalto da 270 milioni vinto con un ribasso del 41%. E ora,

secondo quanto scritto dall'Espresso, anche la Mantovani avrebbe chiesto decine di milioni di extra costi.

Tra lavori in ritardo, controlli della magistratura e obbligo di non fermare la macchina in corsa, il prossimo

passo potrebbe essere dare ancora più poteri di deroga al commissario unico in linea con lo sciagurato

«modello Bertolaso» di governo delle emergenze. Qualcosa di cui nessuno sente il bisogno.

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 59

Page 60: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

CANTIERI Il tempo è scaduto, l'Expo trema e chiama il premier Giorgio Salvetti

In ginocchio da te. La riuscita dell'Expo di Milano a questo punto dipende da Roma. O meglio da Renzi. Dopo

gli arresti dei veterani di Tangentopoli, Primo Greganti e Gianstefano Frigerio, ma soprattutto del direttore

generale dei lavori Angelo Paris, la «capitale morale» ha dimostrato di non essere in grado di gestire l'evento

su cui ha puntato tutto. Il presidente del Consiglio dal canto suo non ha mai mostrato particolare interesse per

l'Expo come invece aveva fatto Enrico Letta, eppure sarà lui a dover cercare di risollevare la baracca dopo

l'ennesimo scandalo che questa volta lambisce anche ambienti affaristici vicini al suo Pd (basti pensare agli

appalti per la Città della Salute a Sesto San Giovani). Dovrà garantire soldi e prendere in mano una

situazione fuori controllo. Renzi sarà a Milano martedì prossimo e ieri ha rassicurato: «Expo è un

appuntamento importante che difenderemo. Sarà un successo per l'Italia». Metterci la faccia, però, è sempre

più rischioso.

Il primo a chiedere coperture sarà il commissario Giuseppe Sala che l'altra sera era quasi in procinto di

gettare la spugna. Ieri mattina a Palazzo Marino si sono incontrati il sindaco di Milano Giuliano Pisapia e il

governatore della Lombardia Bobo Maroni. All'unisono hanno riconfermato massima fiducia a Sala e gli

hanno chiesto di restare al suo posto. «Sala è stato ingannato da una persona che non ha nominato lui ma

che ha ereditato - ha detto Pisapia riferendosi a Paris - si è fidato di un uomo che fino a un certo punto ha

lavorato per Expo. Poi è diventato un po' un servo di un potere occulto». Gli arresti sono stati «un duro

colpo». Lo ammette lo stesso Maroni: «Non è stato arrestato uno qualsiasi, ma il direttore dei lavori, quello

che governava tutto». Per uscire da questo vicolo cieco entrambi prendono tempo fino alla visita di Renzi. Nel

frattempo Sala dovrà nominare di corsa il sostituto di Paris. È bene, sostengono sindaco e governatore, che

non «faccia parte dell'ambiente», come se fossero consapevoli che bisogna cambiare aria. Con il governo

sarebbe già stata decisa anche la figura di super direttore dei lavori e la task force che dovrebbe garantire il

rispetto dei tempi.

Renzi si troverà di fronte una situazione disastrosa. Sono fuori gioco, colpiti dalle inchieste, l'ex direttore di

Infrastrutture lombarde, la grande holding creata da Formigoni per gestire gli appalti della regione, il direttore

dei lavori sulla piastra del sito espositivo, Alberto Porro, anche lui di Infrastrutture Lombarde. È agli arresti

Paris, il vice di Sala, ma anche l'imprenditore Enrico Maltauro. La sua impresa di Vicenza ha vinto l'appalto

per costruire gli edifici di Expo, sono le uniche strutture che appaiono in costruzione a chi visita il sito di Rho-

Pero. Molte delle opere connesse all'evento non saranno finite in tempo, dalla metropolitana a Pedemontana,

ai canali delle vie d'acqua finiti sotto le grinfie della «cupola» bipartisan di Greganti e Frigerio. Basta che il

prossimo anno piova un po' di più e altri cantieri potrebbero non riuscire a terminare i lavori. E nessuno può

essere certo che le inchieste della magistratura finiscano qui, nonostante le rassicurazioni del procuratore

capo di Milano Bruti Liberati. Pisapia anche ieri ha fatto capire che «se si è arrivati a questa indagine è anche

perché in silenzio sono state fornite alla magistratura tutte le informazioni, le notizie e i dubbi che c'erano». La

macchina perde colpi ma deve vincere una disperata corsa contro il tempo. Non solo bisogna completare le

opere, ma anche riuscire a fare Expo prima che tutto l'assetto politico ed economico trasversale che ha

governato Milano e mezza Italia crolli su se stesso. Non regge più, ma almeno per un anno chiede di essere

tenuto a galla. È questo il ricatto di un sistema corrotto e al tramonto di cui però non si può ancora fare a

meno. Pena una figuraccia mondiale.

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 60

Page 61: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Bilancio progressista De Blasio affossa i conti di New York Il sindaco annuncia investimenti per edilizia popolare e scuola. E un buco da 3 miliardi GLAUCO MAGGI NEW YORK Il sindaco "rosso" de Blasio non poteva che proporre un budget comunale, il primo del suo

mandato quadriennale, dello stesso colore della sua fede "progressista": la spesa totale sarà di 73,9 miliardi

per un piano che prevede investimenti nell'educazione, nelle buste paga dei dipendenti pubblici e nell'edilizia.

Tutto questo largheggiare non sarà coperto da aumenti di tasse sulle case e sui redditi e sarà spalmato sui

bilanci futuri, sperando che Dio la mandi buona. È previsto infatti un buco di bilancio che nel primo esercizio,

che inizia l'1 luglio, sarà di 2,2 miliardi di dollari, bissato l'anno dopo da 2 miliardi, e aumentato a 3,2 miliardi

nel 2018. Tre mesi fa, il deficit previsto dagli uffici era un nono di questo, ma va tenuto conto che ora sono

inserite le proiezioni degli aumenti di stipendi e benefici del personale pubblico, i cui contratti Mike Bloomberg

non aveva rinnovato negli ultimi suoi anni sostenendo che non c'erano risorse per gli aumenti chiesti. Ora de

Blasio si appresta a utilizzare i 3,5 miliardi che il precedente sindaco aveva messo da parte per evenienze

negative, e ha già raggiunto un accordo con i sindacati dei maestri che prevede anche aumenti di stipendio

retroattivi. Per i prossimi 4 anni fiscali la città spenderà così 18 miliardi per sistemare il sindacato che più di

tutti lo ha appoggiato nel novembre scorso, e lo schema servirà per firmare i contratti in sospeso con le oltre

150 altre union pubbliche. Altro punto oscuro è il generico impegno dei sindacati dei maestri di tagliare i costi

assistenziali per 4,4 miliardi: se non si concretizzeranno, il buco sarà enorme. Oltretutto, dopo il no del

governatore dello Stato Andrew Cuomo, democratico come lui ma meno tassa&spendi, alla richiesta di

imposte sui newyorkesi con un reddito di oltre 500 mila dollari per finanziare gli asili nido, de Blasio ha

inserito nel budget una spesa aggiuntiva di 300 milioni per i kindergarten e di 145 milioni per le scuole medie.

Nel discorso di presentazione il sindaco ha usato 5 volte «progressista» per definire la caratteristica

redistributiva della sua pianificazione contro le ineguaglianze. Nella sua visione, un terreno fondamentale per

guarire i mali sociali di New York è il settore immobiliare. Il sogno è di avere 200mila nuovi alloggi, per i quali

la città prevede circa 8 miliardi di sussidi nei prossimi anni agli sviluppatori privati che accetteranno di

destinare ad affitti calmierati una porzione degli appartamenti di nuova costruzione: ma sarà dura convincerli.

Le case popolari già esistenti riceveranno un contributo aggiuntivo di 70 milioni per la manutenzione, mentre

alla lotta contro gli incidenti stradali vanno 29 milioni, che serviranno a mettere più telecamere e poliziotti. In

proposito, de Blasio ha però respinto la richiesta della Speaker del Consiglio Melissa Mark-Viverito, sua

alleata liberal, di assumere 1000 agenti in più.

Foto: Il sindaco di New York Bill de Blasio illustra la legge di bilancio [Ansa]

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 61

Page 62: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Manette sull'Esposizione Universale Nervi tesi ai vertici Expo: ora basta fango Irritazione nell'azienda: gli indagati non avevano poteri sui padiglioni. Partito il totonomi per sostituire Paris MASSIMO COSTA Al telefono parlano di nazioni, di lotti, di controlli da allentare per far viaggiare più velocemente i cantieri. Uno

degli intercettati nella maxiinchiesta, il direttore della divisione Partecipanti di Expo Stefano Gatti, parlando

con il dg Angelo Paris avanza addirittura la necessità di «storcere il più possibile il braccio al cinese» in

ordine -scrive il gip nell'ordinanza - all'eccessivo margine di autonomia lasciato al detto Paese. Non solo. Il

provvedimento del giudice sottolinea come il braccio destro di Giuseppe Sala, in carcere da mercoledì, con

l'ex tesoriere della Dc Gianstefano Frigerio parli più volte della gestione delle costruzione dei padiglioni

espositivi dei Paesi. Con il «referente» delle cooperative Primo Greganti e l'imprenditore Turri, Angelo Paris a

gennaio parla anche delle nazioni che starebbero per cominciare i lavori: «Partono dopo la Germania...

l'Azerbaigian, la Svizzera, gli Emirati Arabi, il Giappone». Il commissario Giuseppe Sala, a caldo, si era detto

«tradito» dai suoi più stretti collaboratori. Entro martedì, quando arriverà a Milano il premier Renzi, verrà

predisposto il nuovo organigramma della società con la nomina di uno o due manager interni (tra i papabili

Acerbo, Malangone e Molaioni) e un superdirigente esterno con pieni poteri. Ma ai piani alti della società,

nelle ultime ore, si è fatta largo anche una certa irritazione sul presunto giro di mazzette che avrebbe

coinvolto la costruzione dei padiglioni stranieri. Secondo i vertici della società, al contrario, Angelo Paris non

avrebbe avuto nessun potere di intervento sulle costruzioni delle singole nazioni. Il motivo: i padiglioni

agiscono in piena autonomia e non è prevista nessuna soluzione alternativa. La Cina, nonostante i bellicosi

propositi espressi nelle conversazioni telefoniche da indagati e arrestati, si sceglierà le sue imprese (e

ovviamente dovrà rispettare la legge e la normativa di merito). Più di un dirigente di Expo parla, riguardo al

riferimento ai padiglioni e al contenuto delle intercettazioni finito nell'ordinanza, di «assoluti millanterie». Il

braccio destro di Sala si sarebbe inventato poteri che non aveva. In sostanza, come sostiene chi lavora nella

società, «voleva vendere cose che non poteva vendere». La preoccupazione è che, dal calderone di

un'inchiesta che il commissario Giuseppe Sala ha da subito considerato «necessaria», si getti un'ombra

anche sui 60 padiglioni stranieri. Cantieri che però Paris e gli altri non sarebbero stati in grado di pilotare. C'è

chi parla di fango, anche se nessuno vuole negare le colpe evidenti di Paris. Oltre al padiglione italiano, al

momento l'unico Stato che ha già inviato la sua squadra sul sito di Rho-Pero è la Germania (il termine lavori è

previsto entro ottobre). Su altri 15 lotti, la società Expo sta completando in questi giorni gli scavi e le

fondazioni, lavori preliminari alla costruzione vera e propria da parte delle nazioni partecipanti. Ad oggi,

l'unico Paese che ha chiesto alla società di gestione di costruire l'intero padiglione al posto di Buenos Aires è

l'Argentina. A meno di un anno dal taglio del nastro, il timore di ritardi cresce di ora in ora; i lavori sul sito

potrebbero essere modificati al ribasso, mentre molte opere connesse viaggiano con ritardi ormai non più

recuperabili. Sulla «piastra» si lavora 20 ore su 24 per cercare di recuperare il terreno perduto per la pioggia

e il maltempo. Il tutto con uno dei massimi dirigenti con potere di firma in carcere per corruzione e

associazione a delinquere. In questo quadro, le conversazioni su presunte tangenti ai padiglioni vengono

considerate solo fango. Ieri, intanto, l'assessore regionale alla Sanità Mario Mantovani ha negato le presunte

pressioni nelle nomine di primari e dirigenti degli ospedali lombardi contenute nelle intercettazioni. «Chi mi

conosce bene sa che questo non è possibile» replica Mantovani, «Occorre distinguere la millanteria dalla

realtà dei fatti».

11/05/2014 41.43Pag. Libero - Milano(diffusione:125215, tiratura:224026)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 62

Page 63: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

L'INTERVISTA IL NUOVO VICE PRESIDENT TECHNICAL DI CARNIVAL: PER SESTRI UN FUTURONELLE UNITÀ DI MEDIE DIMENSIONI «Io, genovese disegno le navi che divertono il mondo» Bruzzone: la corsa al gigantismo va avanti, i cantieri si adegueranno IL SODALIZIO CON IL COSTRUTTORELa partnership tra noi e Fincantieri è tra le più forti del settore. È un rapporto destinato a consolidarsiROBERTO BRUZZONE Vice President Technical Carnival MATTEO MARTINUZZI SOUTHAMPTON. Mentre a Genova i vertici di Costa Crociere parlando tedesco, in America è un genovese

l'uomo che disegna le navi per tutti i marchi del gruppo Carnival. Under 40 che salgono ai vertici di grandi

gruppi globali grazie ai meccanismi (virtuosi) della globalizzazione. Roberto Bruzzone, classe 1976, laurea in

Ingegneria navale conseguita nella facoltà che ha sede a Villa Cambiaso, è stato dal 2009 al 2013 il più

giovane building manager di Carnival, lavorando alla Fincantieri di Monfalcone dove ha seguito la costruzione

di prestigiose navi da crociera come la "Royal Princess" e la "Queen Elizabeth". Ora vive a Southampton,

dove ha sede il cuore della progettazione di Carnival, ed è vicepresident technical del gruppo, cioè il

responsabile della progettazione delle navi. Partiamo da qui, dalle progettazioni. Tornerete a costruire a

Sestri Ponente? «Devo dire che personalmente sono molto legato a Sestri: lì ho iniziato il mio lavoro con

Carnival come ispettore scafo, posso dire di avere mosso i primi passi in questo settore. A Sestri ho ancora

molti amici, ognuno di loro mi ha insegnato qualcosa. Le dico di più, siccome tutti mi prendono in giro per il

mio attaccamento a Genova e al Genoa: sulla scrivania di Southampton ho un grifone tagliato su un pezzo di

lamiera che mi è stato preparato e regalato dal cantiere di Sestri. Una struttura che ha maestranze

validissime e una grande tradizione cantieristica. Ho seguito sfortunatamente da lontano le sue vicende, ma

sono sicuro che il cantiere si riprenderà. Mi piacerebbe moltissimo che Carnival tornasse a costruire a

Genova e spero che questo possa essere nuovamente possibile in futuro». Quindi il matrimonio con

Fincantieri è destinato a durare? «Guardi, la partnership tra Fincantieri e Carnival è tra le più forti nel settore.

La stragrande maggioranza delle nostre nuove navi è stata costruita da Fincantieri, che come sapete oggi è il

primo costruttore mondiale nel settore. In cinque anni i cantieri italiani ci hanno consegnato oltre 10 unità.

Quindi sì, finché ci sarà un reciproco interesse il rapporto tra queste due aziende sarà destinato a

consolidarsi, e nei prossimi anni vedremo altre navi della Corporation prendere il mare dagli stabilimenti

Fincantieri». In che cosa consiste il suo lavoro? «Nel mio nuovo ruolo sono responsabile dell'ufficio tecnico

newbuildings, quindi dei progetti delle nuove costruzioni per i marchi di tutto il gruppo. Ci occupiamo di

definire e sviluppare il "concept" dal progetto di base alle specifiche tecniche fino all'approvazione dei disegni

di dettaglio per le nuove navi che verranno ordinate e costruite. Obiettivi? Navi più sicure, ecosostenibili, ma

diciamolo: anche belle e divertenti, perché le aspettative dei passeggeri sono sempre più alte». E sempre più

grandi? «Anche se ci sono svariate e contrastanti teorie in merito, credo che la spinta al gigantismo navale,

soprattutto per certe compagnie, non si fermerà. C'è una spinta giustificata in parte dalle economie di scala e

addirittura una voglia, che potremmo definire storica, di competere pe la "nave dei record". Non sarà certo

l'unica direzione in cui si svilupperà il mercato, ma a un certo punto alcuni cantieri dovranno adeguarsi se

vorranno sopravvivere». A proposito: Sestri Ponente aspetta il ribaltamento a mare. «Il ribaltamento

sicuramente permetterà a Sestri di ridurre i costi di produzione e di lavorare in maniera più funzionale

utilizzando nuovi e più ampi spazi operativi. La limitazione sulla stazza massima delle nuove costruzioni

rimane tuttavia legata alle dimensioni del bacino di costruzione e non credo, a oggi, vi sia un piano di

ingrandimento per il bacino genovese. In altre parole, dopo il ribaltamento a valle della ferrovia, Fincantieri a

Sestri sarà più competitiva per le costruzioni di medio tonnellaggio, ma non credo potrà costruire unità oltre le

115 mila tonnellate di stazza lorda». Quale sarà la "next big idea" del settore crocieristico? Le balconate

esterne hanno reso per un decennio. Ora molti i vostri competitor (Msc, Royal Caribbean) provano la

soluzione dei grandi spazi interni. Voi? «Difficile dire quale sarà la prossima grande idea nel futuro della

crocieristica e di Carnival. Si sta lavorando in molte direzioni e certo ogni compagnia, secondo le sue

10/05/2014 15Pag. Il Secolo XIX - Ed. nazionale(diffusione:103223, tiratura:127026)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 63

Page 64: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

peculiarità, sta sviluppando proprie idee per conquistare il mercato. Non credo sarà facile vedere

nell'immediato un'altra idea rivoluzionaria quanto le balconate, ma stiamo studiando il modo per rendere le

crociere sempre più divertenti, questo è certo». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 64

Page 65: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Frendy energy: parte primo di 7 progetti Frendy energy ha sottoscritto ieri l'aumento di capitale di Alfa Idro (gruppo Bona) per il 51% della società. Alfa

Idro è una società di scopo neocostituita che ha in fase di ultimazione una mini centrale idroelettrica in

provincia di Novara, che utilizza la tecnologia Supervite, messa a punto da Frendy con il gruppo Scotta,

secondo socio di Frendy energy. Il restante 49% di Alfa Idro rimane del gruppo Bona, che sta collaborando

con Frendy per accelerarne lo sviluppo. L'acquisizione è la conseguenza dell'accordo di esclusiva fi rmato il 9

aprile per trattare sette progetti idroelettrici in avanzata fase di realizzazione; questa è la prima trattativa

conclusa; entro fi ne mese si dovrebbe trovare l'accordo per le altre. Per l'impianto, in avanzata fase di

costruzione, si prevede l'entrata in produzione già entro l'autunno e costituisce per Frendy energy un tassello

aggiuntivo al parco tecnologico per sperimentare le soluzioni ingegneristiche e tecnologiche innovative per

continuare, con il supporto del gruppo Scotta, la strategia di innovazione nel settore mini-idroelettrico.

10/05/2014 28Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 65

Page 66: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

L'INCHIESTA Cantieri Expo e sanità le «magnifiche prede» L'inchiesta della Procura ipotizza vari reati contro la pubblica amministrazione: corruzioni, turbative d'asta erivelazioni e utilizzazioni di segreti d'ufficio . . . Un gruppo di ex politici e di manager che opera per mettere lemani sulla città: nomine e affari . . . Ex democristiani ed ex comunisti in relazione con i soliti ciellini degliappalti nelle grandi opere GIUSEPPE VESPO MILANO Le mani sulla città, e non solo. Expo, Asl e società a partecipazione statale: la «cupola» guidata dal

«professore» «onorevole» Gianstefano Frigerio, puntava ad allungare la propria ombra su appalti e nomine

pubbliche. Il centro degli «affari illeciti» della presunta associazione a delinquere scoperta dalla procura di

Milano era la sede dell'associazione culturale «Tommaso Moro», in viale Andrea Doria. Da qui sarebbe

partito l'assalto agli appalti milionari della sanità regionale e alle società pubbliche Expo, Sogin e

Infrastrutture Lombarde. LA SQUADRA Alcuni degli attori principali di questa indagine condotta da Ilda

Boccassini, Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio, sono vecchi politici e imprenditori già coinvolti in

Tangentopoli. Come il promotore dell'associazione a delinquere Gianstefano Frigerio, ex segretario della Dc

lombarda, già condannato negli anni di Manipulite, e almeno fino all'arresto di giovedì collaboratore dell'ufficio

politico del Ppe a Bruxelles. Con lui Sergio Cattozzo, ex segretario regionale della Udc in Liguria. A fare da

intermediari tra gli imprenditori che partecipavano alle gare pubbliche e i pubblici ufficiali coinvolti nelle

procedure di appalto, sarebbero stati Primo Greganti, il famoso «Compagno G», e l'ex senatore di Forza Italia

Luigi Grillo. Del gruppo avrebbero fatto parte anche l'assistente di Frigerio, Giovanni Rodighiero, Walter

Iaccaccia (questi ultimi due non sono stati arrestati), l'imprenditore Enrico Maltauro e Angelo Paris,

responsabile dell'ufficio contratti di Expo 2015. IL METODO L'inchiesta della procura milanese ipotizza a

vario titolo diversi reati contro la pubblica amministrazione: corruzioni, turbative d'asta e rivelazioni ed

utilizzazioni di segreti d'ufficio, sarebbero serviti «a favorire una serie di importanti società e consorzi di

riferimento del sodalizio che provvedono, tramite i loro referenti, a versamenti di somme di denaro

all'associazione». In particolare, riporta il gip Fabio Antezza nell'ordinanza con la quale dispone gli arresti,

«l'impresa di costruzioni G. Maltauro, operante nel settore delle costruzioni edili e delle infrastrutture di rilievo

internazionale in vari casi in associazione con altre società quali: la Prisma Impianti; la Manutencoop, lo

General Smontaggi; la Ferco; lo Co. LO. Coop. Soc. Coop; il CNS Consorzio Nazionale Servizi e la Servizi

Ospedalieri». POLITICA E CARRIERE Il primo imprenditore a godere dei servizi della «cupola» sarebbe

stato, appunto, Enrico Maltauro, mentre tra i pubblici ufficiali coinvolti spiccano i nomi di Angelo Paris e Anton

Giulio Rognoni - ex numero uno di Infrastrutture Lombarde, società della Regione, già ai domiciliari per

un'altra inchiesta sugli appalti. E poi alcuni manager delle Asl lombarde, tutti allettati dalle «promesse di

avanzamenti di carriera e dalle correlative protezioni politiche effettivamente garantite dall'associazione

attraverso l'opera coordinata di Frigerio, Cattozzo, Grillo e Greganti», quest'ultimo ritenuto «dai titolari delle

indagini legato al mondo delle società cooperative di "area PD"». MANAGER ASL SONO «COSA SUA» Uno

dei capitoli di questa storia è quello che riguarda gli appalti di forniture e servizi negli ospedali. Frigerio

considera i manager delle Asl «cosa sua» e gli investigatori della Guardia di Finanza di Milano annotano tra

gennaio 2012 e giugno 2013, 2.770 telefonate tra le utenze riconducibili ai membri dell'associazione e quelle

riferibili ad aziende ospedaliere, «a dimostrazione - scrive il gip Antezza - dell'operatività ramificata

dell'associazione criminosa su tutto il mondo ospedaliero della Lombardia e con picchi rilevanti di contatti

riferiti alle aziende ospedaliere di Melegnano, Pavia, Varese (A.O. Fondazione Macchi), Chiari, Vimercate,

Lecco oltre che con gli ospedali milanesi di Niguarda, San Paolo, San Carlo e Fatebenefratelli». Questo non

vuol dire che tutte le Asl siano state coinvolte, i fatti contestati sono come sempre specifici e interessano le

aziende ospedaliere di Melegnano, San Carlo Borromeo di Milano e Lecco. Nel primo caso, le accuse

riguardano l'interessamento di membri della presunta associazione presso due manager dell'Asl per la

proroga di appalti dell'ospedale (per 14 milioni di euro) in favore delle società Ferco e Co.lo.coop; lo stesso

11/05/2014 5Pag. L Unita - Ed. nazionale(diffusione:54625, tiratura:359000)

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sarebbe avvenuto al San Carlo in favore del Consorzio Nazionale Servizi per appalti di pulizia da 19 milioni

per sei anni e a Lecco per conto di Servizi Ospedalieri per appalti da 34 milioni in nove anni. È «illuminante -

continua il giudice in merito al sistema di corruzioni e di turbative inerente gli appalti nel settore delle Aziende

Ospedaliere quanto descritto dal sodale Rodighiero nel corso di una conversazione ambientale captata il 30

luglio 2012 negli uffici della Onlus "Centro Culturale Tommaso Moro". «I primari ... i primari ... i medici che

gareggiano vengono e vanno dai politici ... perché la Sanità è gestita dai politici ... allora se tu hai il santo

protettore ... il santo protettore ne prende atto... ti fa ... ti chiede il curriculum e poi va a parlare con chi di

dovere... se gli garantisce il dg che lo porta quello là ... questo si afferma ... lo richiama e gli dice guarda che

è tutto a posto ... tutto a posto ... fa la gara e vince Iui... lui è riconoscente a Gianstefano ... Gianstefano è

riconoscente al dg ... mi segui? cosa gli vien utile al dg Gianstefano.... che è molto amico del Direttore

Generale ... dato che soldi non ce ne sono sempre ... gli rompe i coglioni al dg di dargli un po' di soldi o di

mettere ... di dare questo cazzo di macchinario che serve ... capito? ». EXPO, SOGIN E CITTA DELLA

SALUTE C'è poi la parte dedicata alle società pubbliche. L'affare Sogin, la società pubblica che gestisce lo

smaltimento delle scorie nucleari, conta un appalto da 98 milioni di euro per la costruzione dell'impianto di

cementazione di soluzioni liquide radiottive a Saluggia. Appalto che secondo i magistrati «è oggetto di

turbativa da parte degli indagati». L'associazione avrebbe contattato e condizionato l'ex Ad Giuseppe Nucci e

il manager Roberto Alatri, per favorire le imprese Maltauro, Prisma e General Smontaggi. Ai due manager

sarebbero stati promessi avanzamenti di carriera e incarichi in società pubbliche. Seicento mila euro sarebbe

stato il prezzo pagato all'associazione dall'imprenditore Maltauro per l'interessamento degli amici sulle

Architetture di Servizio, appalto legato all'Expo 2015. In questo caso, sarebbe intervenuto anche l'ex numero

uno di Infrastrutture Lombarde, Antonio Rognoni, sul presidente della commissione di gara, Angelo Paris.

L'affare città della Salute a Sesto San Giovanni, è il più grosso, vale oltre 323 milioni di euro e riguarda gli

appalti legati alla costruzione del polo sanitario e di ricerca nella città alle porte di Milano. I lavori sono in

mano a Infrastrutture Lombarde, di cui Rognoni è stato numero uno fino a poco prima del suo arresto,

avvenuto a marzo. Per questo Figerio, Cattozzo, Grillo e Graganti, si sarebbero attivati con lui,

promettendogli «più gradita collocazione professionale», nell'interesse di Maltauro e di un altro imprenditore,

Claudio Levorato. Per i pm, anche questa gara sarebbe stata turbata. «LEGALITÀ NON È UN VALORE » A

spiegare come vanno le cose è lo stesso Frigerio quando parla dell'inchiesta sul San Raffaele di don Verzè,

che insieme alle cliniche Maugeri - per le quali è sotto processo Formigoni - è una delle indagini scandalo

sulla sanità privata lombarda. «Lì - dice il politico della prima Repubblica - è colpa dei magistrati, perché è

vero che ci poteva essere corruzione, ma non puoi trasformare per un po' di corruzione... distruggere tutto...

questo è il punto del problema ... cioè la legalità è... non è un valore, è una condizione, quindi se tu la tratti

come l'unico valore che un Paese ha, scassi tutto... l'illegalità c'è in tutto il mondo, bisogna trattarla con

normalità». DOMANI GLI INTERROGATORI Nelle oltre seicento pagine di ordinanza di custodia cautelare,

emergono poi numerosissimi nomi di politici nazionali di destra e sinistra, da Verona a Palermo, vengono

nominati soprattutto da Frigerio, Berlusconi, Previti, Bersani e Maroni, anche perché la presunta associazione

avrebbe esponenti con un passato politico trasversale. Tutti prendono le distanze e rifiutato accostamenti e

«millantati» incontri o contatti. Da domani cominciano gli interrogatori di garanzia.

Foto: Uno dei cantieri Expo 2015

Foto: FOTO FOTOGRAMMA

Foto: Primo Greganti

Foto: Gianstefano Frigerio

Foto: Pierluigi Daccò

Foto: Angelo Paris

11/05/2014 5Pag. L Unita - Ed. nazionale(diffusione:54625, tiratura:359000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 67

Page 68: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

CONTO ALLA ROVESCIA IN COSTRUZIONE SOLO 2 PADIGLIONI SU 60 Cantieri avanti fra pioggia e ritardi Gli ospiti stranieri: dateci garanzie MILANO QUELLO del Decumano, uno dei due principali assi lungo cui si sviluppa l'area espositiva, è il

cantiere più avanti con i lavori. I primi 500 metri - circa un terzo dell'opera - sono stati ultimati. Così come le

fondazioni di due dei principali padiglioni, quello italiano e quello tedesco. Al momento gli unici, dei 60

previsti, già in fase di costruzione. Sul sito dell'Expo 2015, mille metri quadri di superficie, nella zona

compresa fra Milano e Rho, anche ieri si è lavorato regolarmente. I mille operai impiegati hanno coperto i

turni che si susseguono dalle 6 alle 2 di notte, festivi compresi. Procede anche la copertura del sito che,

arrivata al 30 per cento circa, dovrà essere ultimata per ottobre, come l'allestimento di metà dei cluster

tematici, ancora ai primi passi. Alla pioggia, che ha reso difficile la vita al cantiere per mesi, si è aggiunta ora

la nuova bufera giudiziaria. Al taglio del nastro dell'Expo manca ormai meno di un anno e non c'è un solo

giorno da perdere. Lo chiedono anche i rappresentanti del 147 Paesi ospiti. Molti dei quali attendono a giorni

di poter entrare nel sito per avviare gli scavi. «C'È MOLTA preoccupazione, la notizia degli arresti ha creato

grande sconcerto», spiega Donald Wich, responsabile del padiglione tedesco. Molti suoi colleghi e

commissari stranieri ieri si sono sentiti, consultandosi sul da fare. «Dalla società Expo non è arrivata alcuna

telefonata di chiarimento. A questo punto ci aspettiamo che sia il Bie di Parigi, l'organismo che sovrintende

alle Esposizioni universali, a farsi portavoce delle nostre preoccupazioni e a chiedere ai responsabili dell'Expo

2015 garanzie che non si registreranno altri ritardi». Quanto al responsabile dei contratti, Angelo Paris, «la

sua sostituzione - sottolinea Wich - è assolutamente urgente. Quella figura è l'unica che possa autorizzare le

decisioni più importanti sul piano operativo». Oggi, a Milano, verrà inaugurata l'Expo Gate, una sorta di

padiglione nel cuore della città. Non ci saranno conferenze stampa né discorsi ufficiali. Ma la cerimonia è

considerata dagli organizzatori un segnale per dimostrare che tutto procede. Sandro Neri

10/05/2014 5Pag. QN - La Nazione - Ed. nazionale(diffusione:136993, tiratura:176177)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 68

Page 69: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Genova Concordia, l'offerta italiana si concentra su Genova RITIRATE CIVITAVECCHIA E PALERMO PIOMBINO È INDIETRO NEI LAVORI MA LI PROSEGUE PERPREPARARSI ALLO SMANTELLAMENTO DELLE NAVI MILITARI. I CONCORRENTI TURCHI OFFRONOIL 60% IN MENO MA VA CALCOLATO IL RISCHIO DI DUMPING AMBIENTALE Massimo Minella L'ultimo atto lo ha appena firmato il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando, il "decreto ambientale

regionale" che equipara il relitto della Costa Concordia naufragata davanti all'isola del Giglio nel gennaio

2013 a un rifiuto speciale e detta quindi le linee-guida per questo tipo di smaltimento. Burlando lo ha

consegnato personalmente nelle mani del premier Matteo Renzi, giovedì a Genova per l'accordo fra Ansaldo

Energia e la Shangai Electric Company, che non ha nascosto la sua intenzione di "fare tutto il possibile

perché la demolizione avvenga in Italia". Tutto è pronto per l'annuncio e Genova, che ha già predisposto il

suo piano in ogni dettaglio, confida legittimamente che Costa Crociere indichi la città in cui ha sede (oltre che

un migliaio di dipendenti) come la prescelta per lo smaltimento della Concordia. A decidere però non sarà

soltanto la compagnia armatoriale genovese, quanto il suo azionista (l'americana Carnival Corporation) e il

pool di assicuratori che ha seguito tutta quanta la vicenda. A tenere testa al progetto genovese è rimasta

ormai soltanto la Turchia. Fuori gioco Civitavecchia e Palermo, sembra ormai ai margini anche Piombino, che

pure sta attrezzando un porto adatto a questo tipo di attività e in futuro potrà concentrarsi sulla demolizione

delle navi militari oltre che sulla riparazione di unità da crociera. La scelta italiana sembra quindi prevedere

Genova come unica opzione, sostenuta peraltro anche dal governo, in antitesi a quella turca che è molto più

economica (40 milioni di euro contro i 100 dell'offerta italiana), forte di un costo della manodopera

decisamente più basso, ma anche di un "dumping ambientale" che consente di svolgere questo tipo di attività

con norme differenti da quelle italiane. Essendo però la nave equiparata a un rifiuto speciale, la legge impone

che venga smaltita nel sito più vicino e attrezzato. La soluzione turca prevede che per ovviare a una lunga

navigazione, la Concordia venga inglobata dentro a un'enorme chiatta, la Vanguard, e condotta fino a

destinazione finale. Quella italiana utilizza invece il più classico traino a opera dei rimorchiatori. Genova,

secondo il progetto visionato da Repubblica , sarebbe raggiunta in tre giorni di navigazione, visto che la nave,

una volta riportata in galleggiamento, verrebbe trainata da grandi rimorchiatori (con cavi d'acciaio lunghi fino a

un chilometro) alla velocità di due miglia e mezzo. Una volta entrata nelle acque portuali genovesi, la Costa

Concordia verrebbe condotta dai piloti del porto fino all'accosto della diga di Voltri. L'operazione genovese,

infatti, prevede un doppio passaggio portuale, il primo appunto nel nuovo scalo di Voltri e il secondo nel porto

storico di Sampierdarena. Fondamentale il primo passaggio, che serve a liberare la nave di tutto quello che

non potrà essere smaltito come "ferro". L'operazione, dal punto di vista tecnico, si chiama "stripping" e già

rende bene l'idea, visto che vuol dire togliere tutto quanto è ancora dentro la nave come arredamento,

impiantistica e strumentazioni. In questo caso, il soggetto maggiormente coinvolto nell'operazione sarebbe

uno dei nomi-simbolo del porto di Genova, la Compagnia Unica dei camalli che si prenderebbe cura della

Concordia, liberandola dai suoi componenti ormai inutilizzabili e portandoli verso lo smaltimento. Lo

"stripping" ha un altro fondamentale valore, quello di alleggerire il peso della nave, consentendole quindi di

sollevarsi di qualche metro dall'acqua. Esattamente quello che serve alla "Concordia" prima di iniziare la sua

seconda e conclusiva fase, quella della demolizione vera e propria. La nave sarebbe infatti condotta alla

banchina "ex superbacino", nell'area industriale delle riparazioni navali del porto di Sampierdarena,

predisposta per l'operazione dopo un ulteriore intervento di dragaggio del fondale. Qui verrebbe presa in cura

dal pool che si è già costituito per la demolizione ed è formato dalla Saipem del gruppo Eni e da due cantieri,

Mariotti e San Giorgio del Porto, (che fanno capo a un'unica holding "Gin" attiva anche nello scalo di

Marsiglia). Saranno loro a governare l'operazione, avendo cura anche di coprire con un adeguato capannone

la nave da demolire. Il progetto messo a punto dai cantieri genovesi, realtà leader nel Mediterraneo con una

12/05/2014 23Pag. La Repubblica - Affari Finanza(diffusione:581000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 69

Page 70: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

grande tradizione di riparazione e allestimento navale, può sfruttare gli spazi del porto di Genova, i bacini di

carenaggio e i piazzali delle riparazioni navali, ma soprattutto un indotto di professionalità e competenze

notevoli. Valore dell'operazione, si diceva all'inizio, cento milioni di euro, ultima cifra che è comunque ancora

possibile limare al ribasso dal pool genovese. La decisione dovrebbe essere ufficializzata nei prossimi giorni.

[ I PROTAGONISTI ] Il presidente dei cantieri Mariotti, Marco Bisagno (1), già al vertice degli industriali

genovesi La sua azienda fa parte del pool (con Saipem e Cantieri San Giorgio) che si candida a demolire la

nave. Antonio Benvenuti (2) console della Culmv coinvolta nell'operazione

12/05/2014 23Pag. La Repubblica - Affari Finanza(diffusione:581000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 70

Page 71: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Milano Ristrutturazioni, col bonus sorride anche l'erario QUELLI AL 50% E AL 65% VALGONO NEL LORO COMPLESSO IL 2% DEL PIL, CIOÈ DI TUTTA LARICCHEZZA PRODOTTA OGNI ANNO IN ITALIA. NEL 2013 LA SPESA DELLE FAMIGLIE È STATA DI 28MILIARDI, DI CUI 4,8 MILIARDI DI IVA PAGATI ALLO STATO, CON UN BALZO DEL 45% RISPETTO AL2012 Luigi Dell'Olio Dove reperire risorse a fronte dell'urgenza di contenere la spesa pubblica? E' la domanda intorno alla quale si

arrovella il Governo di volta in volta in carica tutte le volte che un settore economico richiede interventi di

defiscalizzazione per evitare chiusure di aziende e nuova disoccupazione. L'esempio che arriva dalle

ristrutturazioni edilizie può aiutare a evitare una chiusura di principio a queste richieste. Le agevolazioni

consistono in detrazioni fiscali riconosciute a coloro che effettuano lavori di ristrutturazione di un immobile

seguendo i dettami della normativa. Le spese agevolabili sono quelle relative a casi di ristrutturazione

straordinaria, opere di restauro o interventi di ripristino, realizzati su singole unità immobiliari residenziali o su

parti comuni degli edifici residenziali. Quindi possono essere agevolati non solo il classico rifacimento della

facciata del palazzo, ma anche la realizzazione di posti auto pertinenziali, i lavori per eliminare le barriere

architettoniche (ad esempio con la costruzione di ascensori o di uno scivolo accanto alle scale d'ingresso),

quelli per rimuovere l'amianto e gli interventi per rispondere alle sollecitazioni normative (è il caso di richieste

delle autorità in seguito a controlli della Asl o dei vigili del fuoco). Oltre alle spese necessarie per l'esecuzione

dei lavori, ai fini della detrazione è possibile considerare anche quelle per la progettazione e le altre

prestazioni professionali connesse, il costo per l'acquisto dei materiali, l'Iva, l'imposta di bollo e i diritti pagati

per le concessioni, le autorizzazioni e gli oneri di urbanizzazione. Mentre gli interventi di manutenzione

ordinaria sono ammessi all'agevolazione solo quando riguardano le parti comuni. La detrazione spetta a

ciascun condomino in base alla quota millesimale. L'agevolazione fiscale riguarda tutti i proprietari di immobili

assoggettati a Irpef, a prescindere dal fatto che siano residenti o meno in Italia, nonché i soggetti che vantano

diritti reali sull'immobile: è il caso dei nudi proprietari, così come dei locatari e dei comodatari, nonché dei soci

di cooperative divise o indivise. Lo sconto sulle imposte da pagare allo Stato ammonta al 36% delle spese

sostenute, fino a un massimo di 48mila euro. Fino al 31 dicembre prossimo (quindi il discorso vale anche per

chi si prepara a pagare l'Irpef relativa ai redditi percepiti nel 2013 attraverso la compilazione del modello

730/2014), la detrazione arriva fino al 50%, con un tetto massimo di 96mila euro. Mentre, relativamente agli

interventi di riqualificazione energetica di edifici già esistenti, in merito alle spese sostenute tra il 6 giugno

2013 e fino al 31 dicembre 2014, spetta invece una detrazione del 65%, con massimali che variano in base

alla tipologia di intervento. La quota passerà al 50% all'inizio del prossimo anno, per poi scendere al 36% dal

2016, mentre le spese sostenute prima del 6 giugno scorso fruivano della detrazione del 55%. Sia nel caso

del bonus al 50%, sia di quello al 65%, l'agevolazione deve essere ripartita in 10 quote annuali di pari

importo. Le detrazioni comportano - almeno in linea di principio - minori incassi per lo Stato. La precisazione

è doverosa, in quanto nella realtà le cose vanno spesso n maniera diversa. Innanzitutto non è detto che,

anche senza beneficio fiscale, si decida di mettere in conto l'investimento richiesto per i lavori. Uno stimolo

che in questi anni di crisi per il comparto immobiliare ha consentito di limitare i danni, con tutto quanto ne

deriva in termini di occupazione (e di mancata spesa pubblica a sostegno dei disoccupati) e capacità

contributiva dei lavoratori e delle imprese. In secondo luogo, la possibilità di accedere al beneficio fiscale crea

un conflitto d'interessi tra il contribuente e l'imprenditore incaricato di effettuare i lavori in merito alla

convenienza o meno di fatturare la prestazione. Quindi una misura simile fa emergere il nero, che

tradizionalmente è molto diffuso nel settore delle costruzioni, consentendo di recuperare nuove risorse a

beneficio del Fisco. Uno studio realizzato dal Cresme (Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per

l'Edilizia e il Territorio) e dal Servizio studi della Camera rivela che il bonus al 50% e quello al 65% valgono

nel loro complesso il 2% del Pil, cioè di tutta la ricchezza prodotta ogni anno in Italia. Nel 2013 la spesa delle

12/05/2014 38Pag. La Repubblica - Affari Finanza(diffusione:581000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 71

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famiglie è stata di 28 miliardi, di cui 4,8 miliardi di Iva pagati allo Stato, con un balzo del 45% rispetto al dato

del 2012. E nei primi due mesi del 2014 il boom è proseguito con 5,7 miliardi al netto dell' Iva, con una

crescita del 54% rispetto al primo bimestre 2013. Grazie alle detrazioni, inoltre, si sono avuti benefici

sull'occupazione per 226mila unità lo scorso anno contro i 157.949 del 2012. MINISTERO DELLE FINANZE

Foto: Fino al 31 dicembre prossimo la detrazione arriva fino al 50%, con un tetto massimo di 96mila euro

Foto: La detrazione spetta anche a ciascun condomino in base ai millesimi

12/05/2014 38Pag. La Repubblica - Affari Finanza(diffusione:581000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 72

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MADE IN ITALY Italia in mostra a Firenze Andrea Di Biase L'appuntamento è per lunedì 12 maggio al Palaffari di Firenze in Piazza Stazione. Circa una quarantina di

medie aziende italiane, solide finanziariamente, con business affermati e progetti di sviluppo ambiziosi

racconteranno la propria storia d'impresa e le proprie strategie ad altrettanti investitori istituzionali provenienti

da tutto il mondo: in particolare da Londra, Usa e Paesi arabi. Grazie all'investor day, organizzato da Kon,

società operante nei settori della consulenza strategica e del corporate finance e parte del network

internazionale di Bdo, questa importante espressione del made in Italy, strutturalmente lontana, per storia

aziendale, dai circuiti della finanza internazionale, avrà dunque la possibilità di gettare le basi per crescere

ulteriormente e svilupparsi anche fuori dai confini nazionali. «Nonostante la crisi, in Italia ci sono ancora

tantissime aziende sane, non indebitate e con progetti di sviluppo, che non sono sotto i riflettori e che nel

corso dell'investor day avranno la possibilità di incontrare investitori potenzialmente interessati a mettere a

disposizioni capitali e conoscenze», spiega Fabrizio Bencini, fondatore assieme a Francesco e a Vincenzo

Ferragina di Kon, che assieme ai suoi partner ha avuto l'idea dell'evento. «Inizialmente», sottolinea Bencini,

«avevamo selezionato una ventina di aziende, ma le richieste da parte degli imprenditori sono state così alte

che abbiamo deciso di portare il numero dei partecipanti a 30 e, solo per ragioni organizzative, abbiamo

dovuto dire no a molti che avrebbero avuto le carte in regola per partecipare. L'idea è comunque quella di

dare seguito all'investor day anche negli anni a venire». Massima riservatezza sui nomi delle aziende che

prenderanno parte alla kermesse, ma dall'identikit fornito da Kon è evidente che si tratta di aziende in salute,

con un fatturato medio di 150 milioni, un «ebitda margin» medio del 14,26% e una posizione finanziaria netta

media di 30 milioni. Delle 30 realtà partecipanti, circa il 40% arriveranno a Firenze dal Nord Italia, il 10% del

Sud, mentre il 40% giocherà in casa, visto che di queste ultime la maggioranza ha sede in Toscana. Dal

punto di vista settoriale il 40% opera nel settore dell'industria, il 15% nei servizi, il 30% nel food & beverage, il

10% nella moda e il 5% nel campo farmaceutico. Gli investitori istituzionali saranno complessivamente 43, di

cui il 32% italiani e il 68% provenienti dall'estero grazie al network di Bdo. Di questi, circa il 50% arriverà dal

Regno Unito (ma solo perché a Londra hanno base gli headquarter di molti fondi), mentre il restante 50%, tra

cui dovrebbero figurare anche BlackRock e il fondo del Qatar, da altri Paesi europei, Usa e Medio Oriente.

Saranno presenti varie tipologie di investitori: non solo in equity ma anche in debito, mezzanine, pre-ipo, e

strumenti tailor made per finanziare gli investimenti e lo sviluppo delle imprese su base internazionale nel

pieno rispetto del loro piano industriale. L'Investor day avrà due momenti qualificanti: una brevissima

presentazione (cinque-dieci minuti) di un rappresentante dell'azienda e poi una serie di incontri one-to-one

con gli investitori. Ma l'investor day non è l'unica iniziativa messa in campo da Kon per favorire la crescita e

l'internazionalizzazione delle medie imprese italiane. In cantiere c'è già la costituzione di investment company

di taglio macroregionale con una dotazione di 20-30 milioni ciascuna che consentano di allocare nelle

imprese del territorio i capitali raccolti nelle medesime aree geografiche. Il traguardo, per molte di queste

aziende, è l'approdo in borsa (l'investor day rientra negli eventi del programma Elite di Borsa Italiana). A

questo proposito Kon, oltre a fornire alle aziende la consulenza strategica e organizzativa, grazie alla

partecipazione del 20% in Integrae Sim, dispone di un braccio operativo dedicato alle quotazioni e alla

raccolta dei capitali sui mercati regolamentati. Al momento in pipeline ci sono già cinque operazioni, ma non è

detto che dopo l'investor day possano essere ancora di più. (riproduzione riservata)

Foto: La cupola del Brunelleschi a Firenze

10/05/2014 32Pag. Milano Finanza - N.91 - 10 maggio 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 73

Page 74: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

azioni a confronto Saipem e Technip puntano sull'Africa Per entrambi i gruppi dell'impiantistica sono previsti margini in ripresa A cura di Analisi Mercati Finanziari

Si scommette sull'Angola. Per i gruppi attivi nel comparto dell'ingegneria petrolifera il rilancio in forze da

parte di un consorzio guidato da Total dello sviluppo del giacimento offshore di Kaombo, situato circa 260 km.

al largo della capitale Luanda a una profondità compresa fra 1.400 e 1.900 metri, è una grande opportunità.

Ne hanno recentemente beneficiato due fra i principali operatori del settore, l'italiana Saipem e la francese

Technip. Saipem si è aggiudicata da Total due contratti per un valore superiore a 4 miliardi di $; il principale,

del valore di oltre 3 miliardi, prevede l'ingegneria, l'approvvigionamento, l'installazione e la messa in servizio

di due mezzi Fpso (Floating Production Storage and Offloading) con ormeggio a torretta convertiti per il

progetto di sviluppo del campo estrattivo di Kaombo. Anche la francese Technip si è aggiudicata un contratto

di engineering nella medesima zona del valore di 3,5 miliardi di $ in partnership con l'olandese Heerema

Marine Contractors. La quota di competenza di Technip è pari al 55% del totale. Gli effetti di questi contratti

non saranno però visibili nel breve sui conti dei due gruppi, in quanto il progetto Kaombo dovrebbe giungere a

regime nel 2017. Intanto Saipem ha chiuso il primo trimestre 2014 con risultati in calo: i ricavi sono scesi del

4,7% a 2.943 milioni, l'ebit del 34,7% a 132 milioni e l'utile netto del 44,5% a 61 milioni (i dati considerati sono

quelli esposti secondo la "Management view" che prevede il consolidamento proporzionale delle joint-

venture). La società ha confermato la guidance per il 2014, che prevede ricavi fra 12,5 e 13,6 miliardi (12,3

miliardi nel 2013), un ebit fra 600 e 750 milioni (147 milioni nel 2013) e un utile netto di 280-380 milioni,

contro una perdita di 159 milioni. L'indebitamento finanziario netto dovrebbe ammontare a fine anno a 4,2

miliardi (5,6 miliardi al 31/3/2014). Ma il 2014 sarà ancora un anno di transizione in quanto interessato da

contratti a bassa marginalità la cui quota residua è di circa 4,3 miliardi. Per Technip il primo trimestre 2014 si

è chiuso con ricavi in crescita del 23,3% a 2.468,5 milioni, ma anche in questo caso i margini sono scesi:

l'ebit del 30,5% a 119,8 milioni e l'utile netto del 42,2% a 67,2 milioni. Nel 2014 Technip ha indicato ricavi nel

comparto Subsea (sottomarino) fra 4,35 a 4,75 miliardi (4,1 miliardi nel 2013) con un ebit margin del 12%

(14,3% nel 2013), e nel settore Onshore/Offshore tra 5,4 e 5,7 miliardi (5,3 miliardi nel 2013) con un ebit

margin tra il 6% e il 7% (6,7% nel 2013). Ora la sfida per entrambi i gruppi è costituita dall'acquisizione di

nuovi progetti (per Saipem soprattutto nell'Offshore e Onshore, mentre Technip punta sul Subsea) dotati di

condizioni di pagamento favorevoli, ed eventualmente di anticipi di pagamento derivanti dall'assegnazione di

nuovi contratti.

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SAIPEM

www.saipem.com

Ad

UMBERTO VERGINE

TECHNIP

www.technip.com

Presidente e Ceo

THIERRY PILENKO

DATI DI MERCATO Dati al 31/12/2013

fonte: elaborazione Amf su dati società

Il 2013 si è rivelato un anno molto difficile per Saipem (con particolare riferimento al comparto Ingegneria e

Costruzioni) e si è chiuso in rosso.

10/05/2014 24Pag. Il Sole 24 Ore - PLUS 24

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 74

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Il rapporto net Debt/Equity risulta equilibrato

Per Technip il 2013 è stato un anno che si è contraddistinto da un incremento dei ricavi e, sebbene in misura

inferiore, anche da un aumento dei margini.

Il gruppo dispone di un buon livello di liquidità netta

CONSENSUS ANALISTI Dati in %

Il giudizio su Saipem è hold e vi sono 6 indicazioni positive, ben 16 neutrali e 4 negative. Il target price è

leggermente inferiore rispetto alle attuali quotazioni

Su Technip il giudizio sale a overweight, con 13 indicazioni positive, 10 neutrali e 6 negative. Il potenziale di

rivalutazione rispetto ai prezzi attuali è dell'8%.

ANALISI TECNICA Saipem è risalita in prossimità dell'ampio gap lasciato aperto in area 20. Il superamento di tale livello

prospetterebbe la corsa verso 21,5 e 23 €. Trend rialzista compromesso con cali sotto 18. (a cura di FTA

Online)

Per Technip i prezzi dovranno mantenersi oltre 75 € per ambire al ricongiungimento con i livelli di settembre a

quota 92,49. Resistenza intermedia a 86. Sotto 75 invece indicazioni di debolezza favorevoli al ritorno verso

quota 70.

(a cura di FTA Online)

ANDAMENTO PERIODICO Dati in %

Flessione di circa il 10% per Saipem nell'ultimo anno, che però a tre mesi evidenzia una performance positiva

di quasi il 18%. Quotazioni stabili nell'ultima settimana.

Per Technip la flessione a un anno è intorno al 5 per cento e il rialzo nell'ultimo trimestre superiore al 22 per

cento, ma in questo caso a sette giorni i prezzi sono scesi del 4 per cento.

PUNTI DI FORZA 1

Nel primo trimestre 2014 sono stati acquisiti nuovi ordini per 3.949 milioni, a fronte di 2.883 nello stesso

periodo del 2013, e il portafoglio ordini da eseguirsi nel 2014 è di 8.114 milioni

2

Saipem si è aggiudicata a fine aprile da BP un nuovo contratto offshore E&C in Azerbaijan, per un totale di

1,8 miliardi $ e finalizzato allo sviluppo della Fase 2 del campo Shah Deniz

3

In Indonesia, Eni ha assegnato a un consorzio guidato da Saipem il contratto per un'unità di produzione

galleggiante destinata allo sviluppo del progetto del Jangkrik Complex

1

La società ha a disposizione una struttura finanziaria molto solida e a differenza dei principali competitor può

anche contare sulla presenza di un buon livello di liquidità netta

2

Il gruppo si è aggiudicato una commessa da parte del Dubai Petroleum Establishment per la costruzione e

installazione della piattaforma Jalilah B e altre opere da completarsi nel 2014

3

Vinti due importanti contratti nel comparto Subsea per la fornitura a Petrobras di circa 100 km. di tubazioni

flessibili nei campi Sapinhoà Norte e I5 a una profondità fino a 2.500 metri

PUNTI DI DEBOLEZZA 1

A fronte di un obiettivo di riduzione del debito nel primo trimestre sono rallentati i pagamenti soprattutto in

Nigeria, Arabia Saudita, Cina, Venezuela ed Egitto

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2

Il progetto del gasdotto South Stream per cui Saipem si è aggiudicata due contratti da 2,4 miliardi potrebbe

rallentare in caso di tensioni Russia - UE

3

L'incidente sulla nave FDS avvenuto il 16 marzo durante le attività nel progetto P55 nel campo di Roncador

(Brasile) ha portato a un impatto negativo di circa 40 milioni

1

Nel primo trimestre 2014 Technip ha evidenziato un calo del 3,8% a 2.780 mln nell'acquisizione di nuovi

ordini, dovuta a una discesa del 25% nel comparto Onshore/Offshore

2

L'eventuale avvio del contratto Yamal LNG (la visibilità solo dal prossimo trimestre) porterà effetti limitati sui

ricavi 2014 e potrebbe penalizzare i margini Onshore/Offshore

3

Nel primo trimestre dell'anno il tasso di utilizzo dei mezzi navali del gruppo è sceso al 69% rispetto al 72%

dello stesso periodo dell'esercizio precedente

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Ritardi, mazzette e pm: per Expo 2015 l'incubo del fallimento MILANO, ALLARME DOPO GLI ARRESTI SUGLI APPALTI. A UN ANNO DAL VIA FERMI O A RILENTOMETÀ DEI LAVORI PREVISTI PER L'ESPOSIZIONE UNIVERSALE. NON È COMINCIATA NEPPURE LACOSTRUZIONE DEI PADIGLIONI DEI PAESI OSPITI. E ALCUNI INTERVENTI SONO STATIADDIRITTURA CANCELLATI Antonio Lareno (Cgil): Ci saranno lavorazioni multiple, anche la notte LeOlimpiadi di Torino nel 2006 sono costate cinque morti. L'Inail ha fatto un calcolo di pura statistica: per unevento come questo si rischiano 20 mila infortuni e 40 morti Gianni Barbacetto e Marco Maroni Milano Sull'orlo della catastrofe. Manca un anno all'inaugurazione di Expo, il 1 maggio 2015, anzi

esattamente 355 giorni, e ai ritardi si sono aggiunti gli arresti della Cupola bipartisan degli appalti. In cella è

finito anche il manager operativo dell'evento, Angelo Paris, accusato di vendere la sua funzione di pubblico

ufficiale al clan delle mazzette. Ora davvero il treno dell'evento, partito tardi e con una tabella di marcia da

brivido, rischia di deragliare. Il programma dei lavori era già fuori controllo due anni fa. Non lo dice un critico

No Expo, ma Carmen Leo, l'avvocato che doveva assistere Expo spa nella realizzazione del sito, finita agli

arresti domiciliari lo scorso marzo: "Ho finito una riunione con quelli di Expo, hanno un crono-programma che

piange vendetta, si trovano nell'impossibilità di completare le opere". Ora, due anni dopo questa affermazione

intercettata dalla Guardia di finanza, la maggior parte dei lavori previsti non è neppure iniziata e ci si trova

nella necessità di nominare al volo un nuovo responsabile di costruzioni e appalti, al posto dell'arrestato

Paris. Quella in cui sono finiti il commissario Giuseppe Sala e i vertici di Expo è ormai una battaglia contro il

tempo che rischia di lasciare sul campo morti e feriti. E non soltanto in senso metaforico. Una "tor ta" da 11

miliardi La storia dei ritardi dell'Expo e delle lotte per spartirsi i suoi 11 miliardi di investimenti pubblici appare

fin da subito grottesca. Assegnato a Milano nel marzo del 2008, il primo anno è perso discutendo su poteri e

compenso degli amministratori, primo fra tutti quello dell'amministratore delegato Paolo Glisenti, già uomo

comunicazione del sindaco di Milano Letizia Moratti. Alla prima riunione, il presidente del collegio dei sindaci

(quelli che controllano la correttezza di amministratori e conti), Dario Fruscio, un leghista che sa fare il suo

mestiere, si fa un'idea precisa: "Questo di aziende non capisce niente". Ne chiede la testa. Dopo un braccio

di ferro Letizia Moratti cede. Glisenti è sostituito da Lucio Stanca, berlusconiano, ex ministro dell'Innovazione.

È ricordato solo per la pretesa di una sede più lussuosa rispetto alla cinquecentesca villa di Quarto Oggiaro

che gli aveva assegnato, gratis, la Provincia. Lui pretende 2.300 metri quadrati a Palazzo Reale, al costo di

1,1 milioni l'anno, altrimenti se ne va. Riesce a indispettire tutti, dal sindaco al presidente della Regione

Roberto Formigoni, fino ai rappresentanti del Tesoro. Anche lui è costretto ad andarsene. Lascia il posto a un

manager vero, Giuseppe Sala, già direttore generale al Comune di Milano. Ma intanto siamo già al 2010 e

non si è ancora neppure deciso come rilevare dai Cabassi e dalla Fiera di Milano i terreni scelti per l'evento.

Ancora imprecisi anche i contorni di qullo che dovrà essere il progetto finale. Le cose non migliorano neppure

con l'arrivo, nel maggio 2011, del nuovo sindaco, Giuliano Pisapia, anche perché la gestione dell'affare

rimane soprattutto nelle mani della Regione guidata da Roberto Formigoni. Si arriva al 2012 e già scatta

l'emergenza. L'idea di "orto planetario" concepita da Stefano Boeri, assessore comunale con delega

all'esposizione, viene scartata: troppo poco appetibile per i Paesi espositori, si dice. E poi: troppo poco

cemento con cui far quadrare i conti. Si risolve il problema comprando a 160 milioni di euro, da Cabassi e

Fiera, terreni che erano agricoli. I lavori veri non sono ancora partiti, ma i tempi stretti sono una buona

giustificazione per l'assegnazione diretta di molti appalti. Quello più grosso, da 272 milioni, è la realizzazione

della cosiddetta "piastra", complessa infrastruttura su cui dovranno essere costruiti i padiglioni. La gara è

gestita da Infrastrutture lombarde, riserva formigoniana. Favorita Impregilo, vince a sorpresa la Mantovani (in

che modo, è oggetto d'indagine della procura). A settembre 2012, Sala dichiara: "Le aree sono state

consegnate alla Mantovani per la realizzazione della piastra. La tempistica che ci hanno assicurato è di 600

giorni di lavoro". Nel 2012 e nel 2013, mentre i pochi lavori in corso sul sito da 1,1 milioni di metri quadrati

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procedono lentamente, si cominciano a indebolire le procedure antimafia. Un processo di alleggerimento

delle "linee guida" anticriminalità che aumenterà progressivamente. Fino al 5 maggio scorso, quando si

decide di alzare da 50 mila a 100 mila euro la soglia che fa scattare i controlli più severi. Altro che controlli

antimafia: 50 milioni dati senza gara Nel frattempo ci si dà un gran daffare per distribuire una cinquantina di

milioni, per lo più senza gara aperta, in servizi collaterali, in gran parte marketing, pubblicità, comunicazione,

e finanziamenti ai maggiori giornali. L'appalto per il software che avrebbe dovuto agevolare la mole di controlli

antimafia necessari per vagliare le centinaia di aziende che saranno al lavoro sul sito è assegnato, senza

gara, a un'azienda decotta del giro Compagnia delle Opere. Dopo qualche la società finisce in liquidazione,

risultato: il software ancora oggi non c'è. Del resto ormai non serve, visto che per i controlli non c'è più tempo.

Il 13 gennaio 2013 in Prefettura si decide di semplificare ulteriormente le procedure: le verifiche saranno

limitate all'autocertificazione di proprietari, amministratori e procuratori, come suggerito dal ministero guidato

da Angelino Alfano. La legalità è un lusso che non ci si può più permettere. Emblematico è proprio il caso

della Mantovani, definita dalla magistratura "gruppo economico criminale": l'emissione di un eventuale

provvedimento interdittivo, che la allontanasse dai cantieri, ora sancirebbe la fine dell'Expo. Lo stesso vale

per la Maltauro, che dovrebbe fare le "architetture di servizio" (edifici accessori, punti di ristoro, servizi igienici

e via dicendo). Ormai è chiaro anche il fatto che la gran parte delle infrastrutture inserite nel dossier con cui

Milano aveva vinto la gara internazionale non si faranno. Non si finirà l'autostrada Pedemontana, a corto di

soldi, nè altre opere stradali pensate per agevolare, oltre alle imprese degli amici, lo spostamento dei 20

milioni di visitatori ottimisticamente stimati. Non si faranno in tempo - e forse mai - le linee 4 e 6 della

metropolitana. L'alta velocità non arriverà a Malpensa. Non sarà potenziata la ferrovia Rho-Gallarate. Le

vecchie cascine milanesi, che avrebbero dovuto accogliere frotte di entusiasti turisti planetari, resteranno per

lo più dei ruderi. Gru immobili e silenzio Lo scorso 15 marzo, Jolanda Nanni, consigliere regionale del

Movimento 5 stelle, è andata con una delegazione di politici a visitare il sito Expo. Percorso blindato, vietato

scendere dal pullman. La sua impressione: "Qualche gru immobile, sparsa in uno spazio immenso, pochi

operai, il ricordo più forte è il silenzio". Questa è l'attività che avrebbe dovuto portare, in 600 giorni, alla

conclusione delle opere. I tentativi di fare miracoli, in una corsa contro il tempo, riguardano ora tutti gli

impegni del programma pubblicato dalla stessa società Expo sul suo sito. Gli arresti di giovedì non hanno

fatto che aggravare la precarietà della situazione. A oggi, non è iniziata la costruzione dei padiglione dei

paesi ospiti, nonostante a metà dicembre siano stati consegnati simbolicamente i lotti; nessuna opera in

muratura per il palazzo Italia, l'unico destinato a rimanere dopo l'evento; sono ancora da rimuovere gran parte

delle cosiddette "interferenze" (fossi, edifici, tubature, viadotti); nulla dell'annunciata piantumazione di migliaia

di alberi. E probabilmente non si faranno le contestate Vie d'acqua, che dovevano far rifluire l'acqua dai canali

e dal lago artificiale del sito devastando tre parchi cittadini, al costo di 90 milioni. Mercoledì scorso il consiglio

di amministrazione di Expo aveva annunciato l'interramento del corso d'acqua sotto i parchi. Ma

l'amministratore della società che ha vinto l'appalto, la Maltauro, ora è finito agli arresti. Forse non è un caso

che dei 140 paesi attesi, per ora abbiano firmato solo in 103. La Svizzera è stata la prima a firmare, nel 2010,

per un padiglione di oltre 4 mila metri quadrati e 10 milioni di franchi d'investimento: cinque torri cariche di

prodotti alimentari che i visitatori potranno portare via. Dicono al consolato elvetico: "Stiamo definendo la

appena avremo l'ok al progetto potremo partire con la costruzione". Sul loro meno diplomatici: "L'enorme

sagoma del cantiere a forma di pesce, oggi, assomiglia piuttosto a una balena spiaggiata. Tra lavori rallentati

e arresti, il rischio è quello di non arrivare preparati all'appuntamento del primo maggio 2015". Dalla società

Expo fioccano assicurazioni che con i nuovi turni di lavoro, venti ore al giorno, sabati e domeniche compresi,

si farà in tempo. Ma il maggior problema a questo punto non è che cosa si riuscirà a fare, ma come le cose

saranno fatte. Dice Antonio Lareno, responsabile del Progetto Expo per la Cgil: "L'accelerazione esasperata

pone prima di tutto un problema di sicurezza. Oltre ai controlli antimafia, si alleggeriscono collaudi,

certificazioni, vigilanza antinfortunistica". Quello dei lavoratori è ovviamente il primo cruccio del sindacato. "A

regime sul sito ci saranno più di 100 cantieri e oltre 4 mila lavoratori, in buona parte stranieri, reclutati in tutta

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fretta", dice Lareno, "con lavorazioni multiple, anche la notte alla luce delle torce: è evidente che la sicurezza

diventa critica. Le Olimpiadi di Torino nel 2006 sono costate cinque morti. L'Inail, l'Istituto nazionale per la

sicurezza contro gli infortuni, ha fatto un calcolo, pura statistica: per un evento come Expo si rischiano 20 mila

infortuni e 40 morti sul lavoro". Altro aspetto problematico, la sicurezza durante l'esposizione. "Solo per dirne

una, la commessa per la sorveglianza non è stata ancora affidata", spiega il sindacalista, "non si sa come

farla. Il sito è stato assimilato a un aeroporto, ma come si fa a far passare dagli scanner 20 milioni di

persone? E si consideri che l'evento, essendo dedicato al cibo, ha un consistente rischio biologico e igienico.

Non è come una fiera del mobile". Expo 2015, l'evento che doveva rilanciare Milano e l'immagine e

l'economia italiana, si è trasformato in un grosso incubo.

VALZER DI POLTRONE Da sinistra, Paolo Glisen- ti, Lucio Stanca e Giuseppe Sala, che si sono avvicendati

come amministratori delegati; Foody, la mascotte Ansa / La Presse

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QUI LONDRA La metro dei record: tanti km, zero proteste I lavori iniziati nel 2009 LA CITTÀ SOTTOTERRA CAMBIA VOLTO: 140 CHILOMETRI DI BINARI PER 18MILIARDI. IL MAGGIOR CANTIERE D'EUROPA RISPETTA TEMPI E COSTI Cento milioni di passeggeri inpiù Caterina Soffici Londra Elmetto, occhiali protettivi di plexiglass, guantoni e tuta arancione fluo con strisce catarifrangenti.

Senza dimenticare le scarpe da cantiere, quelle con la punta rinforzata d'acciaio. Scavare gallerie a 25 metri

di profondità nel sottosuolo di Londra? É un roba da donne. Un terzo dello staff che progetta e costruisce il

Crossrail è femmina. Tanto per sfatare il mito che ci sono lavori da uomini e lavori da donne, che nei cantieri

lavorano i maschi e gli ingegneri appartengono al sesso maschile. Niente di più sbagliato. E il Crossrail ne è

la dimostrazione pratica. Crossrail è il più grande progetto di ingeneria civile in costruzione in questo

momento in Europa: 14,8 miliardi di sterline (oltre 18 miliardi di euro), 120 chilometri di rotaie e tunnel

destinati a cambiare radicalmente la mobilità della capitale britannica. Londra, la metropoli in continua

trasformazione, dove le diElmetto, occhiali protettivi di plexiglass, guantoni e tuta arancione fluo con strisce

catarifrangenti. Senza dimenticare le scarpe da cantiere, quelle con la punta rinforzata d'acciaio. Scavare

gallerie a 25 metri di profondità nel sottosuolo di Londra? É un roba da donne. Un terzo dello staff che

progetta e costruisce il Crossrail è femmina. Tanto per sfatare il mito che ci sono lavori da uomini e lavori da

donne, che nei cantieri lavorano i maschi e gli ingegneri appartengono al sesso maschile. Niente di più

sbagliato. E il Crossrail ne è la dimostrazione pratica. Crossrail è il più grande progetto di ingeneria civile in

costruzione in questo momento in Europa: 14,8 miliardi di sterline (oltre 18 miliardi di euro), 120 chilometri di

rotaie e tunnel destinati a cambiare radicalmente la mobilità della capitale britannica. Londra, la metropoli in

continua trasformazione, dove le distanze sono enormi, dove 11 linee di Tube e due ferrovie leggere non

riescono a reggere il peso sempre crescente della massa umana dei londoner. Gli utenti crescono con l'incre

- mento costante della popolazione londinese e tra pendolari, turisti, studenti e tutti gli altri, sembra che

nessuno possa mai stare fermo: i trasporti pubblici londinesi muovono oltre un miliardo di passeggeri l'anno.

Una cifra mostruosa, eppure non basta. Così il Crossrail aumenterà ancora la portata, con 1.500 persone a

convoglio, quasi il doppio dell'attuale capienza, 21 miglia di tunnel sotterranei (circa 40 chilometri), 9 nuove

stazioni e attraverserà tutta l'area metropolitana della Greater London, da Est a Ovest, toccando anche

l'aeroporto di Heathrow e arrivando fino a Reading. Il supetreno porterà 100 milioni di passeggeri in più ogni

anno, un incremento del 10 per cento. Il Crossrail è un progetto mastodontico, ma l'impatto con la città è

minimo. Se uno non lo sa, non si accorge che sotto Whitechapel o a Farringdon o a Tottenham Court Road ci

scava e ci sono voragini di 25 o 30 metri di profondità, dove squadre di operai specializzati lavorano 24 ore al

giorno per sette giorni la settimana. Come ogni opera pubblica in Gran Bretagna (anche se questo è un

progetto pubblico solo nei fini ma appaltato totalmente a società private), tutto è trasparente e la cittadinanza

può controllare l'anda - mento dei lavori e l'impatto sulla viabilità della sua zona su un apposito sito web.

Sembra un film di fantascienza, eppure i lavori sono in tempo e il budget non è stato sfiorato. Se non ci

saranno intoppi nel futuro, il supertreno inaugurerà nel 2018, come previsto dalla tabella di marcia. E pare

proprio che i tempi verranno rispettati, perché il peggio è fatto. Proprio prima di Pasqua è stata ultimata la

galleria di Farringdon, portando i lavori di scavo dei tunnel al 75 per cento del totale, con 25 milioni di

tonnellate di terreno rimossi e 32 chilometri di gallerie finite. L'evento è stato festeggiato in modo un po'

enfatico, con filmati di operai esultanti al cadere del sottile strato di terra che divede i due monconi di tunnel.

Ma anche questo entusiasmo fa parte dello spirito londinese. Che ci credano davvero o no, non importa.

Quello che importa è il messaggio: lo facciamo e niente ci fermerà. Infatti non si sono fermati neppure di

fronte allo scarseggiare della manodopera specializzata necessaria a manovrare i sofisticati bestioni che

compiono questo lavoro di scavo. Mancava il personale, ma niente paura. Hanno aperto una scuola per

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formare la manodopera specializzata capace di muovere le escavatrici (vedi altro articolo in questa pagina).

Ne sono state utilizzate otto e hanno dei buffi nomi femminili: si chiamano Jessica, Sophia o Victoria, in onore

alla regina. Gli operai si riferiscono a loro come a delle persone anche se pesano mille tonnellate, hanno un

diametro di sette metri e sono macchinari ad altissima tecnologia che procedono alla velocità di 100 metri alla

settimana, molto difficili da manovrare nel sottosuolo londinese, tra cavi elettrici, linee telefoniche, fibre

ottiche, tubature e le altre gallerie della metropolitana e del sistema fognario. Basta un errore di qualche

decina di centimetri e si possono fare danni inimmaginabili. Il Crossrail incarna lo spirito positivista della

rivoluzione industriale, delle grandi esposizioni e dell'Europa del primo Novecento, quando la fiducia nel

progresso era cieca e assoluta. Londra è l'ultimo luogo d'Europa dove questo spirito aleggia ancora e non è

migrato nei paesi emergenti, affamati di novità e di futuro. Fu Tony Blair a sbloccare l'im - passe e a mettere

d'accordo tutti i partiti e così nel 2008 è stato approvato il cosiddetto Crossrail Act. Dopo l'approvazione da

parte di Westminster però, la politica è rimasta fuori dal progetto. E forse è questo il segreto del successo. Il

consorzio che scava nel ventre di Londra ha soli due vincoli: rispettare i tempi e il budget. Per il resto prende

decisioni in totale autonomia, senza dover sottostare a diktat di partiti o politici o ministri, che nel corso di 10

anni (con cambi di maggioranze e governi) avrebbero messo a rischio la capacità decisionale. Un sistema

abbastanza lunare, per noi abituati alle eterne odissee come la Palermo-Catania o la Salerno-Reggio

Calabria, per non parlare della barzelletta del Ponte di Messina. I lavori sono iniziati nel 2009 e i soldi sono

solo per un terzo pubblici. Gli altri due terzi sono coperti dalle tasse locali degli imprenditori che operano a

Londra (e che beneficieranno dell'opera) e da Trasport of London, il consorzio dei Trasporti Pubblici, da cui

dipende tutta la mobilità, dai bus alla matropolitana alle ferrovie leggere, a loro volta subappaltate ad altri

operatori. Ma al solito, non è tutto oro quello che luccica, perché anche il Crossrail è stato fonte di enormi

polemiche, e le critiche partono da chi accusa il governo di aver ancora una volta privilegiato la capitale a

scapito delle periferie dell'Inghilterra, dove la rete ferroviaria lascia molto a desiderare e i convogli dei

pendolari, specie dopo le privatizzazioni degli operatori, sono penosi e pericolosi. Per il Crossrail ormai non

c'è più tempo per ripensamenti, e le critiche si sono trasferite sull'altro grande progetto di cui si parla da anni:

la HS2 (High Speed 2), la linea ad alta velocità che nei piani dovrebbe collegare Londra a Manchester,

passando per Birmingham e Leeds. Preventivi alti e impatto ambientale eccessivo, l'alta velocità può

attendere. Twitter: @caterinasoffici

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Cantiere rosa "Noi donne a guidare la trivella più grande" C.S. Ailie MacAdam è una dei direttori operativi del Crossrail. Per la precisione è la Responsabile per la Consegna

del Troncone Centrale del progetto (se così possiamo tradurre Central Section Delivery Director), quello che

passa sotto Londra e che prevede la costruzione di sette nuove stazioni e 42 chilometri di tunnel per una cifra

di 7,5 miliardi di sterline (9 miliardi di euro). Uno sproposito, soprattutto in tempo di crisi. Ma opera necessaria

che farà di Londra la città con la metropolitana più efficiente (più antica lo era già) al mondo. INGEGNERE

CIVILE, 25 anni di esperienza alle spalle, con costruzioni di grandi opere in tutto il mondo, compresa la

partecipazione allo scavo del tunnel sotto la Manica, Allie MacAdam spiega che il fatto di essere donna non

l'ha mai svantaggiata, ma anzi, specialmente nel campo dell'in gegneria civile, la diversità, qualsiasi tipo di

diversità, è un valore aggiunto. "Il segreto è spezzare i problemi in sezioni e risolverli uno per volta. E cercare

di prevedere per tempo quale sarà il problema successivo". MacAdam non ha dubbi: "Quando studiavo

matematica, fisica e chimica non mi è mai venuto in mente che fare ingegneria fosse una cosa strana per una

donna. Credo che le donne, in qualsiasi settore, debbano affrontare la sfida di lavorare pur avendo figli. Per

quanto mi riguarda, onestamente, devo dire che essere donna non mi ha mai ostacolato. Se sei bravo è il

contrario: è più probabile emergere". Ailie indossa la stessa tuta arancione dei suoi operai e coordina il lavoro

di centinaia di persone nel sottosuolo, a 25 metri di profondità, spostando macchinari costosissimi e pericolosi

da manovrare. In quelle condizioni, basta poco per fare danni milionari o per provocare una tragedia.

QUANDO SONO iniziati i lavori, gli ingegneri della Crossrail si sono resi conto di non avere abbastanza

manodopera specializzata per portare a termine l'opera. Maneggiare le escavatrici con margini di errore

minimi è un lavoro molto complicato e la maggior parte degli operai all'al tezza aveva un'età superiore ai 55

anni, quindi non era garantito il turnover. Su un fabbisogno di 1.200 unità, ne avevano a disposizione solo

700. Così è stato creato il Tuca (Tunnelling and Underground Construction Academy), un centro di

formazione da 13 milioni di sterline (15 di euro), con sede a Ilford, zona Nord Est. All'interno di un grande

capannone si addestrano 260 nuovi apprendisti operai a muovere le macchine e ad affrontare le situazioni di

emergenza nei tunnel. Ailie MacAdam ne è molto fiera: "Il Tuca è una grande opportunità. Voglio vedere

molte più donne abbracciare questo tipo di esperienza e poi venire a lavorare come me nei progetti futuri per

costruire le nuove infrastrutture della Gran Bretagna". Al Tuca hanno ricreato le condizioni in cui si lavora

sotto terra e si simulano anche situazioni di emergenza. E un operaio specializzato nello scavo dei tunnel,

può guadagnare fino a 70mila sterline l'anno (85mila euro).

Foto: UNA VITA S OT TOT E R R A Alcune immagini della metropolitana di Londra che gli inglesi chiamano

comunemente Tube, il tubo. É la più antica del mondo e a breve sarà anche la più estesa. Adesso è quella di

Seoul

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EDILIZIA E ARREDO Gli sgravi salvano 226 mila lavoratori I bonus per gli arredi e l'edilizia hanno salvato oltre 226 mila posti di lavoro. Lo attestano i dati

Cresme/Servizio Studi della Camera confermando il successo dei provvedimenti legati alla ristrutturazione e

al risparmio energetico: nel 2013 si sono spesi oltre 28 miliardi di euro per ristrutturare casa, con un incasso

per lo Stato di 4,8 miliardi di euro, un trend positivo registrato anche nel primo bimestre 2014 (+ 54 per cento

dei lavori rispetto allo stesso periodo del 2013). Successo anche per il bonus mobili: secondo il Centro Studi

Cosmit/FederlegnoArredo, il provvedimento porterà nel 2014 ad acquisti di arredamento per circa 900 milioni

di euro.

09/05/2014 42Pag. Tempi - N.19 - 14 maggio 2014(diffusione:102000)

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 83

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SELL IN SELL OUT Aspirazione centralizzata Ogni casa è fonte di business Margini interessanti e semplicità di installazione: dieci ragioni per valutare un investimento in impianti cherispondono a un bisogno fondamentale del pubblico, la pulizia a cura di Alex Vernoni Le abitazioni di piccola e media metratura sono un caleidoscopio di apparecchi che spaziano dalla miniscopa

elettrica di primo prezzo al top-kit dal valore commerciale che supera il migliaio di euro. Tuttavia, non

mancano le soluzioni che superano la logica dell'elettrodomestico stand-alone per abbracciare una logica

impiantistica. Non solo per ville da sogno I sistemi di aspirazione centralizzata si compongono di un'unità

centrale con o senza sacchetto, da installare davanti alla parete o incassare nel muro, più le canalizzazioni

che conducono ai punti di aspirazione. Questi somigliano a comuni prese elettriche alle quali, all'occorrenza,

si collegano gli appositi tubi aspiranti. Dunque, totale integrazione architettonica e flessibilità d'installazione.

Con prezzi accessibili a gran parte della popolazione. Che tuttavia continua a considerarli "belli e impossibili",

talvolta superflui. Come dire, andrebbero bene in una villa, ma non nel trilocale da 80 metri quadri. Anche il

condizionamento era considerato un lusso: ma oggi la predisposizione dei tubi è uno standard. Vantaggi per

l'utente finale A parità di potenza aspirante con un apparecchio tradizionale, consumano meno. C'è poi un

aspetto pratico: con il centralizzato le operazioni di pulizia sono molto più veloci, permettendo di utilizzare al

meglio il tempo disponibile, anche nel weekend. La silenziosità è un altro dei vantaggi del sistema, grazie alla

possibilità di installare l'aspiratore lontano dai locali dove si vive. Non trascurabile, infine, la sicurezza:

nessuno dei componenti con cui entra in contatto l'utilizzatore è sotto tensione. Opportunità per il grossista

Perché limitarsi a proporre questa soluzione a una nicchia di pubblico, quando l'unica cosa che non ammette

sconti è proprio la pulizia? Il centralizzato si sta diffondendo nell'edilizia residenziale, professionale e

industriale. Case indipendenti e appartamenti, piccoli laboratori artigianali, negozi, strutture ricettive e

fabbricati industriali sono tuttora una fonte di business inesplorato, da questo punto di vista. Occhio al

cantiere Ferme le nuove costruzioni, diventa strategico intervenire dove si prevedono delle ristrutturazioni: in

questo caso, sarà più semplice prevedere il passaggio di tubi e tracce per l'aspirazione. Considerando una

media dei prezzi praticati dai principali produttori, il valore di un impianto finito su una superficie di 250 metri

quadrati incide in una misura pari o inferiore al 2 per cento dei costi complessivi dei lavori. Che saranno

compensati, una volta chiuso il cantiere, dall'aumento di valore dell'unità abitativa. Quest'argomento,

condiviso con installatore e cliente finale, può realmente propiziare una fornitura.LE RAGIONI PER

INVESTIRE 1L'aspirazione centralizzata comporta marginalità interessanti per via dell'elevato valore che gli

operatori le attribuiscono 2Le unità centrali si distinguono dagli aspirapolvere stand-alone per le

caratteristiche costruttive tipiche di un impianto 3I produttori assicurano un elevato livello di assistenza pre e

post-vendita 4Non occorrono particolari interventi nel post-vendita 5Questa tecnologia valorizza il rapporto di

collaborazione tra distributore e installatore

COSA DIRE AL CLIENTE 1Lo stato attuale della tecnologia permette di individuare sempre il prodotto giusto

per qualsiasi esigenza 2La semplicità di installazione è gradita agli installatori 3Gli impianti migliorano le

condizioni di igiene, sicurezza, comodità e silenziosità all'interno degli edifici in cui sono installati 4A parità di

potenza aspirante con un aspirapolvere tradizionale, assicurano un sensibile risparmio energetico a fronte di

un ottimo rapporto qualità-prezzo 5La redazione di un progetto di aspirazione centralizzata comporta la

razionalizzazione degli spazi dell'unità immobiliare da servire

11/05/2014 30Pag. WATT Elettroforniture - N.2 - aprile 2014

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 84

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SCENARIO ECONOMIA

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Milano L'inchiesta sul crac della Sopaf: fondi sottratti al patrimonio della società e portati all'estero.Sequestrati sessantacinque immobili Quei 79 milioni «scippati» agli enti pensioni I fratelli Magnoni arrestati per aver alleggerito le casse di ragionieri, medici e giornalisti La famiglia Ai verticida più di quarant'anni Luigi Ferrarella MILANO - Il turbocapitalismo divora le pensioni dei ragionieri: ben 52 milioni di euro, che dai fondi della

Cassa dei Ragionieri sono stati prelevati dai comparti del veicolo lussemburghese della Sopaf dei fratelli

Magnoni dove erano depositati, sono stati fatti transitare estero su estero in conti off-shore, poi fatti rientrare

in Italia nella disponibilità di due società e qui dirottati a pioggia verso svariate destinazioni. E quando la

Cassa ha chiesto lo smobilizzo degli investimenti nei diversi comparti in cui erano distribuite le proprie risorse,

le sono stati liquidati solo i comparti Global Bonds e Macro Trend per 91,5 milioni: sugli altri due, Equilibrium

ed Equilibrium Plus, le società di gestione Adenium Sicav e Adenium Sgr hanno comunicato che lo

smobilizzo avrebbe comportato una svalutazione del 50%.

È una - forse la più impressionante per le possibili conseguenze non solo economiche ma anche sociali -

delle imputazioni che ieri hanno indotto il gip Donatella Banci Buonamici, su richiesta del pm Gaetano Ruta, a

mettere agli arresti domiciliari una delle famiglie più in vista nella finanza italiana, i tre fratelli Magnoni:

Ruggero, 63enne ex vice presidente Europa di Lehman Brothers, poi attivo in Nomura Italia; Aldo, 66 anni,

che fu ideatore dell'«Oak Fund» nella scalata Telecom; e Giorgio, 74 anni, figlio di quel Giuliano che fu socio

e consuocero del bancarottiere Michele Sindona. Agli arresti anche il figlio di Giorgio, il 43enne Luca; Andrea

Toschi, che è stato presidente di Arner Bank; Alberto Ciaperoni, amministratore della società di gestione

risparmio Adenium; e Gianluca Selvi, dominus della società Hps. Le accuse sono, a vario titolo, associazione

a delinquere finalizzata a bancarotta, truffa aggravata, appropriazione indebita, frode fiscale e riciclaggio, con

l'aggravante della transnazionalità dei reati in Austria, Svizzera, Madeira, Lussemburgo, Isole Bermuda e

Mauritius.

Il fulcro è la bancarotta della Sopaf, «gestita nelle forme della più radicale illegalità: la società si è posta nelle

relazioni negoziali con le sue controparti secondo una logica truffaldina, ha lucrato vantaggi ulteriori derivanti

dalla evasione fiscale, i fondi introitati sono poi stati dirottati verso soggetti esterni» (tra i quali, per una

operazione da 5 milioni, viene indicata la «Ovo Italia» controllata da una società del conduttore tv Andrea

Pezzi). Ma spiccano i 100 milioni bruciati nella controversa avventura in Banca Network; una truffa

immobiliare, ai danni della Cassa di Risparmio di Ferrara per 17 milioni; e ipotesi di truffe per 27 milioni ai

danni degli enti previdenziali Enpam (medici) ed Inpgi (giornalisti) nella negoziazione di strumenti finanziari.

Qui per la GdF si tratta di «operazioni obiettivamente pregiudizievoli per gli enti previdenziali, se non altro

perché avvenute per valori di cui non sono chiari sul piano negoziale i criteri di determinazione, sulla base di

transazioni in cui di fatto Sopaf si è interposta maturando plusvalenze - le differenze tra il prezzo di acquisto e

quello di rivendita agli enti previdenziali - di cui manca la giustificazione economica». Nei due enti non ci sono

indagati allo stato, anche se «ancora sullo sfondo, richiedendo i necessari approfondimenti», resta «il ruolo

degli organi apicali degli enti previdenziali»: alcune mail, infatti, «documentano una consuetudine di rapporti

molto stretta dei massimi dirigenti degli enti in questione (Camporese, Parodi e Saltarelli) con i vertici di Sopaf

e Five Stars».

[email protected]

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52Foto: Milioni La somma sottratta alla cassa dei ragionieri. In tutto è di 79 milioni l'entità del danno perpetrato,

secondo i pm, dagli arrestati ai danni delle casse di previdenza di alcune categorie professionali Milioni

L'ammontare presunto del danno per l'Enpam, l'ente previdenziale dei medici. All'Inpgi, l'ente nazionale di

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 86

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previdenza dei giornalisti, sarebbero invece stati «scippati» sette milioni di euro

65Foto: Gli immobili sequestrati dalla Guardia di Finanza di Milano, per lo più nel centro città, riconducibili agli

indagati (una decina oltre agli arrestati) nell'inchiesta. Sotto sequestro anche auto e oltre 250 rapporti bancari

20Foto: Milioni La somma sottratta alla cassa dei ragionieri. In tutto è di 79 milioni l'entità del danno perpetrato,

secondo i pm, dagli arrestati ai danni delle casse di previdenza di alcune categorie professionali Milioni

L'ammontare presunto del danno per l'Enpam, l'ente previdenziale dei medici. All'Inpgi, l'ente nazionale di

previdenza dei giornalisti, sarebbero invece stati «scippati» sette milioni di euro

Foto: Nella foto grande Aldo Magnoni, 65 anni, e, a destra, il fratello Giorgio, nato nel 1941. Sopra, il fratello

minore Ruggero, 63 anni. I tre sono da ieri ai domiciliari. In arresto è finito anche il figlio di Giorgio Magnoni,

Luca (foto Imagoeconomica)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 87

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Il caso La relazione dell'economista Lucrezia Reichlin all'incontro svizzero. Il nodo delle politiche monetarie Hedge fund e banche centrali, la riunione di Ginevra sul debito Francoforte Tra i presenti, il membro del comitato esecutivo dell'Eurotower, Benoît Cœuré La liquidità Il ruolodell'allentamento monetario delle banche centrali e della relativa «exit strategy» Giovanni Stringa Se la storia ha i suoi corsi e ricorsi, come diceva Giambattista Vico, la politica economica non è da meno. Il

secolo scorso ha visto l'altalenarsi di liberismo e socialdemocrazia, mentre quello attuale mette sotto i riflettori

la crescita e i conti pubblici. Anche loro, a fasi alterne. Con il crac Lehman l'attenzione dei politici e degli

economisti si è concentrata sul rilancio della crescita, anche attingendo alle risorse statali; poi è arrivata la

tempesta sul debito europeo, e il focus si è spostato sulla tenuta dei conti pubblici; quindi, con l'economia in

recessione-post-austerity, il fulcro della questione è tornato ad essere l'importanza della crescita, soprattutto

per combattere la pesantissima disoccupazione. Adesso, però, pur continuando a sottolineare il ruolo

fondamentale della crescita, economisti e banchieri centrali tornano ad alzare il velo sulla «spia rossa» del

debito. Che - va detto - per molti non si è mai spenta. Ieri, per esempio, a Ginevra si sono incontrati docenti

universitari, gestori di «hedge fund», esponenti dell'americana Fed e - per la Bce - il membro del comitato

esecutivo Benoît Cœuré. Le orecchie erano rivolte alla relazione di Lucrezia Reichlin della London Business

School - ed ex direttore generale della ricerca alla Bce - sul delicato argomento del debito pubblico: un lavoro

a quattro firme a cui hanno partecipato anche Luigi Buttiglione del fondo Prevan Howard, Vincent Reinhart di

Morgan Stanley e il docente Philip Lane. Il nodo della sostenibilità dei conti ha quindi raccolto l'attenzione dei

protagonisti del momento sul mercato, dai grandi fondi d'investimento fino alle banche centrali. E non poteva

essere altrimenti, visto che i primi comprano debito e le seconde cercano di fare in modo che l'offerta resti

appetibile. Uno dei punti della questione, più dibattuti nelle sale operative come nelle aule universitarie: il

debito è a valori storicamente molto alti, eppure i tassi restano bassissimi, anche per la grande massa di

liquidità pompata da molte banche centrali. Uno dei rischi è che quest'ultima allenti la presa prima che lo

faccia il peso del debito.

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Foto: Benoît Cœuré

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 88

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I mercati Produzione industriale sotto le attese. Standard&Poor's migliora il giudizio sul Portogallo Tassi ai minimi, i Btp rendono il 2,9% Lo spread scende a quota 145 punti, poi risale. Piazza Affari perde l'1,6% Giuliana Ferraino MILANO - Nuovo record, al ribasso, per lo spread tra Btp decennale e Bund tedesco, ieri sceso fino a 145

punti base, con un rendimento del 2,89%, prima di risalire di nuovo, in chiusura di seduta, fino a sfiorare

quota 150 punti (con il rendimento al 2,95%). Ma il differenziale tra i titoli di Stato di Italia e Germania resta ai

minimi storici dall'introduzione dell'euro, grazie alla spinta, sebbene ancora soltanto a parole, del presidente

della Bce, Mario Draghi. Pur lasciando fermi i tassi, Draghi ha affermato che, in mancanza di un

miglioramento della situazione, la Banca centrale europea è pronta ad agire già dalla prossima riunione del 5

giugno per contrastare la bassa inflazione e fermare la corsa dell'euro.

Ma l'effetto dell'annuncio dell'Eurotower, che giovedì aveva galvanizzato le Borse e indebolito (lievemente)

l'euro, è durato poco. E ieri hanno chiuso in rosso tutti i listini europei, con Piazza Affari maglia nera del

Continente. Anche a causa dei dati deludenti sulla produzione industriale, a marzo in calo dello 0,5% su base

mensile e dello 0,4% su base annua. A Milano l'indice Ftse Mib è sceso dell'1,56%, a Londra il Ftse 100 è

arretrato dello 0,36%, il Dax di Francoforte ha perso lo 0,27%, a Parigi il Cac 40 è scivolato dello 0,66%

mentre l'Ibex 35 di Madrid è andato giù dello 0,98%. Oltreoceano, invece, dopo un'avvio negativo, a circa

un'ora dalla chiusura, Wall Street era tornata sopra la parità.

In una giornata senza grandi di notizie, un segnale positivo per tutta l'eurozona è però arrivato da Lisbona:

Standard & Poor's ha migliorato da «negativo» a «stabile» l'outlook sul rating sovrano del Portogallo, con

rating invariato a «Bb».

All'inizio della prossima settimana ripartirà, intanto, la tornata d'aste italiane di metà mese. Si parte lunedì

con i Bot, con un'offerta di 6,5 miliardi di euro di Buoni a 12 mesi. Martedì sarà la volta dell'offerta a medio-

lungo, in cui il Tesoro lancerà il nuovo Btp triennale maggio 2017, cedola 1,15%, a cui aggiungeranno le

riaperture del Btp 7 anni maggio 2021, e dei due titoli lunghi febbraio 2037 e agosto 2034.

@16febbraio

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10/05/2014 43Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 89

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La lente BlackRock spiega la Finanza in Piazza (Beccaria) Giu. Fer. Dopo aver fatto shopping in Piazza Affari, BlackRock esce dalle segrete stanze del trading e va in una piazza

vera, a Milano, per spiegare l'alta finanza «alla luce del sole». L'evento, organizzato da Assofinance, giunto

alla sua seconda edizione, e premiato anche quest'anno dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

con la Medaglia di Rappresentanza, si svolgerà oggi dalle 10 del mattino fino alle 18 in piazza Beccaria, a

pochi passi del Duomo. Tra gli operatori, trader e manager, a rispondere alle domande dei cittadini anche

Emanuele Bellingeri, responsabile per l'italia di iShare, la piattaforma Etf (Exchange Traded Funds) di

BlackRock, tra gli sponsor principali dell'iniziativa, insieme a Invesco.

L'idea della piazza non è casuale, visto che in piazza nascono gli scambi, oggi «invisibili» perché eseguiti in

modo elettronico, sempre più veloci e spesso poco decifrabili dai non addetti ai lavori. La scelta piazza

Beccaria, legata ai grandi ideali di giustizia sociale, oltre che alle teorie economiche, riporta inoltre un altro

tema sensibile in tempi di grande crisi. Perciò si riparte da qui, perché anche i big dell'industria ormai hanno

capito che l'educazione finanziaria è alla base dello sviluppo del risparmio.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 90

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Intervista Il presidente dell'associazione: dati record con masse gestite per 1.391 miliardi «Il risparmio non va punito Premio a chi investe per 5 anni» Lombardo (Assogestioni): prelievo ridotto al 13% Dai grandi fondi internazionali un bellissimo segnale difiducia nell'Italia Stefano Righi L'Italia torna a risparmiare. Non lo fa come alla fine degli anni Novanta, quando metteva da parte oltre il 20%

del reddito, ma rispetto ai minimi del 2013, quando era scesa al 12%, il primo trimestre dell'anno ha segnato

l'inversione di tendenza, con una crescita di almeno un punto percentuale. Tra fondi e gestioni, in tre mesi la

raccolta ha toccato i 29 miliardi - 19 solo a marzo - e le masse gestite sono al massimo storico di 1.391

miliardi di euro. Un record che spinge il presidente di Assogestioni, Giordano Lombardo, a guardare oltre e a

chiedere al governo una normativa fiscale in grado di incentivare l'industria del risparmio. Soprattutto nel

lungo periodo.

Presidente, dal primo luglio si alzano le tasse sui proventi del risparmio, mentre altrove - Francia, Gran

Bretagna - il risparmio viene incentivato. Siamo alle solite?

«Credo sia il momento di cambiare. Il governo ha appena messo mano alla tassazione delle rendite

finanziarie. Se viene accolto il principio che il risparmio rappresenta una risorsa da investire nel Paese, mi

aspetto qualche misura a sostegno di comportamenti virtuosi dei risparmiatori».

Ma le casse sono vuote, non è tempo di incentivi. A cosa pensa?

«Penso a forme di rimodulazione nel tempo del prelievo fiscale. Ad esempio, se l'investitore non smobilizza

per almeno 5 anni paga la metà del 26 per cento di tassazione, che a breve sarà la regola. Se mantiene

l'investimento per 10 o più anni, l'aliquota scende a zero».

Ma così si favoriscono i grandi patrimoni.

«No, basta porre un limite annuale per incentivare i piccoli risparmiatori. E il maggior gettito che ne uscirebbe,

ampliando la base imponibile, ripagherebbe il Fisco dalla rimodulazione delle aliquote. Sarebbe un segnale

importante per il Paese».

Una nuova legge sul risparmio?

«Ma no! Basta una riga. Basta concentrarsi sull'opzione temporale, indipendentemente dalla tipologia degli

strumenti. Auspichiamo davvero che il governo riconsideri la tassazione degli strumenti finanziari. Anche il

presidente della Consob, Vegas, lunedì scorso, si è mosso in questa direzione».

Speranze. La certezza è che dal prossimo 1° luglio le tasse aumenteranno.

«Il quadro complessivo della tassazione sui proventi del risparmio va rivisto. Purtroppo da luglio

aumenteranno le disparità di trattamento tra gli strumenti. Alcuni al 26%, i titoli di Stato al 12,5%. Allargandosi

la forchetta, la decisione di investimento rischia di divenire una specie di arbitraggio fiscale, un fatto che

sarebbe sbagliato sia dal punto di vista teorico che pratico, ossia dell'allocazione del proprio stock di

ricchezza».

Il risparmio come risorsa per il Paese. Ma come?

«Penso a canalizzare parte del risparmio verso le aziende e l'economia reale, diversificando e minimizzando

il rischio. Anche in Italia il finanziamento alle imprese attraverso il canale bancario è destinato a scendere in

percentuale».

Pensa ai mini bond?

«Per le caratteristiche strutturali delle imprese italiane potrebbero diventare una sorta di specialità nazionale.

Ci sono già oltre venti fondi, tra lanciati e pronti a partire, con gli investimenti in mini-bond. Un segnale nella

direzione giusta».

Grandi fondi internazionali stanno investendo in Italia e nelle sue banche, da Unicredit a Intesa, da Mps al

Banco...

10/05/2014 45Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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«Un bellissimo segnale, tutt'altro che effimero. Sono molto fiducioso. Investimenti di queste dimensioni e di

questa forza non si vedevano da tanti anni. È un segnale di fiducia nella capacità di ripresa congiunturale

dell'Italia».

Dall'assemblea di Generali a quella di oggi di Ubi, il ruolo dei fondi è sempre più importante. Tanto da influire

anche sulla governance delle aziende, anche di quelle pubbliche.

«È un cambiamento che viene da lontano, un lavoro pluriennale in cui noi operatori del gestito abbiamo

giocato un ruolo di stimolo e di propulsione ma che ha incontrato grande apertura da parte di molti emittenti.

Soprattutto tengo a sottolineare che, in quanto investitori istituzionali, non abbiamo alcun interesse nel

contrapporci aprioristicamente al management . Il nostro obiettivo comune è che l'azienda sia gestita

nell'interesse di tutti gli azionisti».

@Righist

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L'industria del risparmio gestito Valori espressi in milioni di euro FONDI 14.450 Marzo 2014 6.435 Febbraio

2014 RACCOLTA NETTA 634.093 Marzo 2014 616.687 Retail Istituzionali 515 3.840 553 4.827 100.171

658.132 99.316 616.761 GESTIONI PORTAFOGLI 5.380 4.354 746.080 756.603 TOTALE 18.804 11.816

1.362.495 1.390.696 Febbraio 2014 PATRIMONIO GESTITO Fonte: Assogestioni D'ARCO

Foto: Fondi Giordano Lombardo

10/05/2014 45Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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Interventi nell'industria con i fondi della Cassa depositi Tasse alle imprese, il piano: taglio da dieci miliardi Rischio caos per laTasi Marro, Menicucci Querzé, A. Sacchi, L. Salvia Tasse alle imprese: il piano prevede un taglio da dieci miliardi. E debutta la Tasi: rischio confusione. I molti

tormenti sul tema hanno portato alla Iuc, l'Imposta unica comunale che è poi la somma di Imu (la tassazione

sulla proprietà dell'immobile, dovuta per le seconde case), Tari (tassa sui rifiuti) e Tasi (imposta sui servizi

indivisibili). I primi a pagare la Tasi saranno i proprietari e gli inquilini degli immobili dati in affitto. L'imposta si

paga in due rate: la prima va versata tra circa un mese: il 16 giugno. La maggior parte dei Comuni non ha

ancora deliberato l'aliquota dovuta. ALLE PAGINE 2 E 3

MILANO - Ci risiamo. Si avvicina il debutto della Tasi e il rischio confusione è dietro l'angolo. Moltissimi tra

proprietari e inquilini arriveranno al versamento della prima rata senza sapere come dividersi l'onere del

tributo. Inoltre, vista l'ampia discrezionalità dei comuni, la diversa composizione di aliquote e detrazioni

potrebbe portare - così stima il servizio politiche territoriali della Uil - addirittura a 75 mila Tasi diverse.

Per capire cosa sta succedendo bisogna riprendere il discorso là dove lo si era lasciato. E cioè dal grande

tormentone esistenzial-fiscale del precedente governo - Tasi, Trise, Tuc o Tul - che alla fine ha generato la

Iuc. L'Imposta unica comunale, però, di unico ha davvero poco. Il tributo, infatti, non è altro che la somma di

Imu (la tassazione sulla proprietà dell'immobile, dovuta per le seconde case), Tari (tassa sui rifiuti) e Tasi

(imposta sui servizi indivisibili).

I primi a pagare la Tasi saranno i proprietari e gli inquilini degli immobili dati in affitto. Infatti, in questo caso,

l'imposta si salda in due fasi. E la prima rata va versata tra un mese, entro il 16 giugno. Il problema è che

molti comuni non hanno ancora deliberato l'aliquota della Tasi. Per un motivo molto semplice: il termine che

in origine scadeva il 30 aprile è stata prorogato al 31 luglio (lo ha stabilito il decreto Salva Roma). Ora non c'è

più fretta. Tanto più che, con le europee alle porte, i sindaci non hanno voglia di mettersi a parlare di tasse.

Quanto si pagherà il 16 giugno? Se manca la delibera del comune, la legge di Stabilità dice che si versa il

50% dell'aliquota base, pari all'1 per mille. Il problema è che una quota della Tasi - compresa tra il 10 e il 30%

- è a carico degli inquilini. E su questo devono per forza decidere i comuni. A oggi, però, secondo una verifica

di Confedilizia, associazione che rappresenta i proprietari, i municipi che hanno deliberato le aliquote Tasi

sono poco più di 900 (erano 300 al 30 di aprile). Certo, da qui a metà giugno qualcun'altro si aggiungerà. Ma i

municipi in Italia sono oltre ottomila. Alla fine la stragrande maggioranza di proprietari e inquilini rischia di non

sapere cosa versare.

Confedilizia fa la voce grossa. «Siamo alle solite - dice il presidente, Corrado Sforza Fogliani -. Noi ai

proprietari consigliamo di pagare il 70% del dovuto e non di più. Non è colpa nostra se al momento di pagare

mancano ancora le aliquote». Su un punto l'associazione apprezza l'operato dei comuni. «Dalle nostre

verifiche sulle prime 300 delibere abbiamo visto che circa un terzo chiede ai proprietari di pagare il massimo

(il 90%). Poco meno di un altro terzo, invece, farà versare loro il minimo. Mentre tutti gli altri si sono regolati

nei modi più diversi - spiega Fogliani -. Beh, questa è stata una sorpresa. Eravamo convinti che la

maggioranza avrebbe fatto pagare il massimo ai proprietari. Invece i municipi hanno tenuto conto del fatto

che spesso tra gli inquilini ci sono anche cittadini abbienti».

Il pagamento della Tasi è il primo nodo della nuova tassazione sulla casa a venire al pettine. A monte c'è la

madre di tutte le questioni. E cioè: non sarà che con il gioco delle tre carte (anzi delle tre tasse, Imu-Tari-Tasi)

alla fine anche i proprietari di prima casa verranno a pagare di più di quanto si versava quando c'era l'Imu?

«Abbiamo fatto una verifica sui comuni capoluogo di provincia che a oggi hanno già deliberato le aliquote.

Bene: questa situazione si verificherà in un caso su quattro», stima Guglielmo Loy della segreteria Uil. «Già

nel 2007, con il governo Prodi, la riduzione del cuneo fiscale fu finanziata con lo sblocco delle addizionali -

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continua Loy -. Non vorremmo che anche oggi si ripetesse la stessa cosa».

Come si diceva, la discrezionalità dei comuni è molto ampia. A Bologna, per esempio, sono previste 23

detrazioni diverse a seconda della rendita catastale dell'immobile. «Basterebbe che ogni comune optasse per

dieci tipi di Tasi e già il tributo prenderebbe più di 75 mila forme diverse», valuta Loy. Preoccupato soprattutto

di un rischio: che il beneficio del bonus da 80 euro in busta paga venga troppo presto annacquato.

Rita Querzé

rquerze

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Foto: Il 16 giugno scade il termine per pagare la rata Tasi per gli immobili in affitto. Riguarda proprietari e

inquilini, ma nella gran parte dei casi i comuni non hanno deciso le aliquote

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 94

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L'analisi Ma su Autonomi e Partite Iva sarà Assalto in Senato ROMA - Non sarà una passeggiata. Il decreto legge col bonus da 80 euro entrerà nei prossimi giorni nel vivo

della discussione parlamentare. E le opposizioni si preparano a presentare una serie di richieste capaci di far

saltare il già fragile equilibrio finanziario su cui si regge l'operazione. Ma anche dall'interno della maggioranza

arriveranno proposte di ampliamento della platea dei beneficiari degli 80 euro in busta paga. Ieri, per

esempio, la portavoce del Nuovo centrodestra Barbara Saltamartini, ha annunciato che il suo gruppo

presenterà «emendamenti per allargare gli 80 euro anche alle famiglie monoreddito con figli, ai lavoratori

autonomi e alle partite iva che sono sotto i 25mila euro». Il decreto comincia il percorso parlamentare dalle

commissioni riunite Bilancio e Finanze del Senato. Il termine per la presentazione degli emendamenti scade

martedì alle 14, poi partirà la discussione. Che rischia di diventare un palcoscenico per la campagna

elettorale per le elezioni europee del 25 maggio. Forza Italia è scatenata. Spiega Lucio Malan: «Noi

proporremo interventi decisi per evitare la palese incostituzionalità del bonus. Che non può essere limitato

solo ai lavoratori dipendenti, discriminando, a parità di reddito, gli altri contribuenti, dai pensionati ai lavoratori

autonomi, perché ciò è in contrasto con l'articolo 53 della Costituzione». Ora, visto che gran parte dei

pensionati e dei lavoratori autonomi (circa 19 milioni in tutto) ha un reddito fino a 28mila euro (il tetto entro il

quale viene dato il bonus), significa che l'attuale platea di beneficiari (10 milioni), rischia di triplicare o almeno

raddoppiare, escludendo gli incapienti (redditi fino a 8mila euro). Le coperture? «Non le abbiamo ancora

individuate, saranno pronte per martedì - risponde Malan - ma del resto coperture credibili non ci sono

neppure sul bonus del governo». Forza Italia proporrà anche un taglio «più incisivo» dell'Irap e la

cancellazione della norma che anticipa in un'unica soluzione il pagamento sui beni rivalutati dalle imprese,

che prima si poteva fare in tre anni: «Anche questa una norma incostituzionale perché viola il patto fatto con i

contribuenti», dice Malan.

Anche il Movimento 5 stelle prepara un pacchetto di emendamenti per rilanciare, in campagna elettorale, i

suoi cavalli di battaglia: introduzione del reddito di cittadinanza; taglio dell'Irap per le aziende sotto i 10

dipendenti; pene severe contro il falso in bilancio; abolizione di Equitalia; limiti alle pensioni d'oro; aumento

della tassazione per l'indennità dei parlamentari e tetto di 5mila euro mensili per la stessa; più tagli alla difesa.

«Aspettiamo gli emendamenti e poi decideremo cosa fare», dice Antonio D'Alì (Ncd), uno dei due relatori di

maggioranza al decreto (l'altro è Cecilia Guerra, Pd). «Noi siamo disponibili alla discussione, ma tutte le

proposte devono essere coperte». Nelle due commissioni riunite (50 senatori) il vantaggio della maggioranza

sulle opposizioni, spiega D'Alì, è di 6-7 voti. Non tantissimo. Bisognerà evitare imboscate. Per prudenza il

voto finale in commissione è previsto per il 27 maggio. Dopo il voto europeo, quindi. E in aula, se sarà

necessario, il governo ricorrerà al voto di fiducia. Perché, come ha detto il ministro dell'Economia, Pier Carlo

Padoan, il decreto non può essere stravolto.

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Foto: di ENRICO MARRO

Foto: Emendamenti Il termine per la presentazione degli emendamenti scade martedì

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 95

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Maxi sgravi Irap e via alle privatizzazioni Morando: nel 2015 ci concentreremo sulle imprese, interventi per 10 miliardi Il bonus di 80 euro saràpermanente. In settimana il decreto per Enav e Poste Le coperture Per la conferma del bonus nel 2015servono 10 miliardi Lorenzo Salvia ROMA - Non solo la conferma del bonus da 80 euro per i lavoratori dipendenti, che già da solo costerà di più

perché sarà ritoccato in modo da avvantaggiare le famiglie numerose e comprendere i più poveri, i cosiddetti

incapienti. Ma anche un taglio corposo dell'Irap, la tassa più odiata dalla imprese, con una sforbiciata che non

si dovrebbe fermare ai 700 milioni di euro di quest'anno ma salire addirittura a 10 miliardi. È il vice ministro

dell'Economia Enrico Morando, di solito prudente e misurato, ad annunciare sulle tasse la fase due del

governo Renzi. «Il bonus da 80 euro, che ovviamente sarà a regime, - dice Morando - è soltanto il primo

passo. Nel 2015 dovremo concentrarci sulle tasse che pesano sempre sul lavoro ma dal lato delle imprese. E

l'obiettivo è quello di tagliare di 10 miliardi l'Irap». Una sparata da campagna elettorale, terreno dove le

promesse sulle tasse sono spesso decisive? «Niente affatto. L'obiettivo del governo è portare il cuneo fiscale

a livello dei nostri principali concorrenti europei. Lo abbiamo sempre detto e lo faremo».

A questo punto bisogna fare due conti sul 2015. Per la conferma del bonus da 80 euro servono almeno 10

miliardi di euro. Almeno perché proprio i correttivi su famiglie e poveri costeranno qualcosa in più. Aggiungere

altri 10 miliardi di taglio all'Irpef vuol dire che il governo di miliardi si impegna a trovarne più di 20. Non proprio

uno scherzo. «I soldi - dice ancora Morando - arriveranno dalla revisione della spesa pubblica. Per il 2015

l'obiettivo della spending review è di 15-17 miliardi, ai quali aggiungere i circa 3, strutturali, trovati per

quest'anno. Senza contare le somme recuperate dalla lotta all'evasione fiscale che vanno destinate proprio

all'abbattimento del cuneo fiscale». Spending review vuol dire tagli, magari non lineari cioè un tot per tutti, ma

comunque tagli. Operazione facile a dirsi, meno a farsi. Non è che per trovare quei soldi si finirà per alzare

altre tasse, come quest'anno con il mini taglio dell'Irap finanziato da un aumento delle imposte sui conti

correnti? «No, i soldi arriveranno dalla revisione della spesa. Sulle rendite finanziarie non si tornerà indietro

ma non si chiederà nemmeno di più. Per altro faccio osservare a chi accusa il governo di dare con una mano

e di togliere con l'altra, che per vedersi annullato il bonus da 80 euro dalla tassa sui conti correnti uno

dovrebbe avere in banca qualcosa come 20 milioni di euro. Non proprio i risparmi di un operaio».

Nella caccia alle risorse un aiuto non può venire dalle privatizzazioni che il governo sta per definire, visto che

le somme incassate vanno destinate al taglio del debito pubblico. Venerdì arriveranno in consiglio dei ministri

i decreti per cedere il 40% di Poste e il 49% di Enav, la società che controlla il traffico aereo. Le due

operazioni saranno fatte in più tappe, per Poste si pensa ad azioni a prezzo agevolato per i dipendenti e

anche per i semplici titolari di un libretto. Ma il percorso è più complesso di quanto sembra. Anche nel

governo c'è chi ha qualche dubbio sull'opportunità di privatizzare un'azienda che ha pur sempre in pancia un

quinto del debito pubblico italiano. Sotto traccia c'è ancora l'ipotesi di una privatizzazione light, con

l'intervento della Cassa depositi e prestiti, società a controllo pubblico ma contabilmente fuori dallo Stato. E

che sarà chiamata ad fare di più per aiutare la ripresa. Ieri a Palazzo Chigi si è discusso proprio del ruolo di

Cassa e depositi e prestiti, non solo esaminando i capitoli più caldi, a partire dalla quotazione di Fincantieri,

ma anche con l'ipotesi di piani industriali di settore per interventi che dovrebbero riguardare privatizzazioni,

immobili e società partecipate.

@lorenzosalvia

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Il bonus di 80 euro

Il bonus di 80 euro varrà al momento solo per quest'anno. Il governo intende però renderlo strutturale e il

provvedimento dovrebbe entrare a far parte della Legge di Stabilità. A partire dal prossimo anno, inoltre,

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l'esecutivo intende ampliare la platea dei lavoratori che riceveranno il bonus Il taglio dell'Irap

Il taglio dell'Irap del 10% deciso dal governo sarà coperto dall'aumento dell'aliquota di tassazione sulle rendite

finanziarie, salita dal 20% al 26%. Il taglio vale circa 2,4 miliardi di euro per le imprese e le coperture previste

ammontano a 2,6 miliardi di euro Le vendite

Sono state già avviate le procedure per la valorizzazione delle quote di Poste, Enav, Fincantieri e di parte del

patrimonio immobiliare dello Stato. Le entrate stimate sono pari allo 0,7% del Pil all'anno dal 2014 e nei tre

anni successivi, arrivando a 12 miliardi complessivi I provvedimenti

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 97

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Idee& opinioni cambia il Calcolo del Potere d'Acquisto si scoprono Trecento milioni diPoveri Guido Santevecchi Come si possono cancellare con un tratto di penna 600 milioni di poveri dal mondo? Basta impiegare l'ultima

trovata dei «ragionieri» delle grandi istituzioni finanziarie globali: l'aggiustamento dei dati economici a «parità

di potere d'acquisto». Proprio usando questo parametro, il Programma di comparazione internazionale della

Banca mondiale, ha scoperto che il Prodotto interno lordo della Cina supererebbe quest'anno quello degli

Stati Uniti. Massimo Gaggi e Sergio Romano hanno già spiegato sul Corriere che il sorpasso in realtà non c'è,

è solo un gioco statistico con i numeri aggiustati, che tra l'altro lo stesso governo cinese respinge. Ma la

Banca mondiale si è anche resa conto che impiegando lo stesso parametro di PPP «purchasing power

parity» (calcolo della parità del potere di acquisto), chi vive con 1,25 dollari al giorno non sarebbe più sulla

soglia di povertà. Così, solo per concentrarsi sui Paesi in via di sviluppo, il sistema di calcolo farebbe

scomparire d'incanto metà dei poveri del mondo.

La soglia di povertà fu introdotta nel 1990: allora era un dollaro al giorno, 365 dollari l'anno per sopravvivere.

Nel 2008 fu alzata a 1,25 dollari. La proposta allo studio è di ritoccarla a 1,78 dollari, quei 53 centesimi in più

servirebbero ad assorbire l'aggiustamento con il PPP. Alzando l'asticella della soglia di indigenza si contano

circa 300 milioni di poveri in più (la buona notizia è che si tratta comunque di un numero inferiore di molto

rispetto a dieci anni fa). E si toglie un alibi ai Paesi sviluppati e più ricchi e alle istituzioni finanziarie

internazionali per ridurre gli aiuti. Quindi il problema non è solo da dibattito politico-accademico come per il

presunto sorpasso della Cina sugli Usa nel Pil. Il grosso di chi vive con meno di 1 dollaro e 78 centesimi al

giorno è in Asia e Africa, con gli africani subsahariani in drammatico aumento.

«C'è da aspettarsi un sacco di discussioni autoreferenziali e inutili sul sistema di misura, ma un fatto emerge

chiaro: la falsa precisione con cui si opera nel campo dello sviluppo», ha detto al Financial Times Gargee

Ghosh, direttore Development Policy per la Fondazione Bill & Melinda Gates. La Banca mondiale fa sapere

che la revisione durerà un anno.

@guidosant

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 98

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Il caso L'azienda pubblica al centro delle mire dei politici secondo l'inchiesta di Milano Sede a Mosca e stipendi d'oro Le mani sulla società degli sprechi I bilanci allegri della Sogin e le pressioni di Previti Sergio Rizzo Se c'è una cosa che alla Sogin non sono mai mancati, quelli sono i soldi. Soldi facili, per di più: arrivano in

automatico. Trecento, anche quattrocento milioni l'anno da destinare allo smaltimento delle scorie delle

vecchie centrali nucleari chiuse, prelevati direttamente dalle nostre bollette. Il che, se possibile, rende ancora

più insopportabile il sospetto che tutto quel denaro possa aver alimentato un giro di tangenti gestito dai soliti

noti. Al tempo stesso, però, spiega pure certi fatti. Per esempio, le indicibili pressioni che alcuni politici

avrebbero esercitato, secondo i magistrati, perché venisse riconfermato l'amministratore delegato Giuseppe

Nucci: arrivando a scomodare per raggiungere tale obiettivo persino un ex pezzo da novanta del centrodestra

ora finito in disgrazia dopo una condanna definitiva per corruzione, qual è l'ex senatore ed ex ministro della

Difesa Cesare Previti. Pressioni a quanto pare inutili, se è vero che al posto di Nucci ora c'è Riccardo Casale.

Ma che dicono tutto.

Tanti soldi, dunque. Tanti che non si riesce nemmeno a immaginarli. Miliardi di euro. La storia insegna che

quando in una società pubblica ci sono molti denari in ballo, fatalmente la politica tira i fili. Ma con la Sogin si

è andati evidentemente ben oltre. Una prova? Novembre 2003: il feeling fra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin

è all'apice e durante un vertice italo russo viene sottoscritto un accordo che dà seguito a un impegno preso

dal Cavaliere al G8 di Genova di due anni prima. Per capirci, quello segnato dalla tragica morte di Carlo

Giuliani e dai pestaggi alla caserma di Bolzaneto. L'impegno prevede lo smaltimento di un certo numero di

sommergibili atomici russi con l'assistenza dell'Italia. Costo: 360 milioni. E chi paga? I contribuenti italiani,

ovviamente. Per essere più precisi, gli utenti. Il compito viene affidato infatti alla Sogin. Una fettina delle

nostre bollette dovrebbe quindi servire a smantellare l'arsenale atomico sottomarino dei russi. Ma ovviamente

anche a coprire gli altri costi che quell'operazione si porta dietro. Per dirne una, l'affitto di una sede faraonica

a Mosca con una ventina di dipendenti supervip, fra cui la sorella del capo del personale. Tutti

generosamente retribuiti e gratificati da una diaria di 300 euro al giorno. La faccenda non sfugge all'Autorità

dell'energia, allora presieduta da Alessandro Ortis. Il quale contesta i 4,8 milioni spesi per la sede di Mosca,

con la sacrosanta motivazione che è un delitto buttare dalla finestra in quel modo i soldi degli utenti. In quel

momento il presidente della società controllata al 100 per cento dal Tesoro è il generale Carlo Jean, già

consigliere militare di Francesco Cossiga, che fa ricorso sostenendo che per foraggiare l'inutile avventura

russa sono stati utilizzati altri soldi.

E sempre lì si ritorna: ai soldi. Sono anni nei quali non si bada a spese. La Sogin assume a rotta di collo. Si

assumono parenti di amici e dipendenti, fino a toccare numeri da capogiro: 600 persone. Per non parlare di

alcuni investimenti pubblicitari piuttosto curiosi, per un'impresa pubblica che ha come ragione sociale lo

smaltimento delle scorie nucleari. Tale è la partecipazione al primo Salone del Libro organizzato alla Fiera di

Milano. Costo: 257 mila euro più Iva. Una iniziativa inspiegabile, se non forse rammentando che il patron del

Salone era un certo Marcello Dell'Utri, bibliofilo già capo di Publitalia e fondatore di Forza Italia a cui la

Cassazione ha confermato venerdì la condanna definitiva a 7 anni per i suoi rapporti con la mafia.

Ma la faccenda moscovita, unita all'andazzo discutibile, non passa certo come l'acqua fresca. Il Tesoro

decide che si deve cambiare. Ed è qui che spunta Nucci, al posto dell'amministratore delegato Giancarlo

Bolognini: il capro espiatorio. Viene dall'Enel e ha l'imprimatur del direttore del ministero Vittorio Grilli.

Siccome di poltrone non ce ne sono abbastanza, c'è spazio anche per l'incredibile ampliamento da cinque a

nove membri del consiglio di amministrazione. Con l'ingresso di un politico dell'Udc trombato alle regionali del

2005 che aveva protestato ferocemente contro la Sogin quando le scorie atomiche dovevano essere

depositate a Scanzano Jonico. E che farà presto parlare di sé: Cosimo Mele verrà pizzicato due anni dopo da

parlamentare con due prostitute in un albergo di Roma.

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Nel 2006, però, torna a palazzo Chigi Romano Prodi e i vertici della società vengono azzerati. Alla Sogin

viene spedito un altro manager dell'Enel. Si chiama Massimo Romano e si dà da fare per bonificare la

baracca. È una fatica di Sisifo. Che per giunta dura poco, perché nel 2008 Berlusconi rivince le elezioni e

questa volta è lui che azzera i vertici. Rimettendo in sella dopo un periodo di commissariamento, affiancato

dall'ex ambasciatore a Londra Giancarlo Aragona, il medesimo Nucci. Stipendio, 570.500 euro. Quando

nell'autunno scorso Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni sostituiscono amministratore delegato e presidente i

dipendenti della Sogin sfioravano quota 900. Ai successori spetta una bella rogna. Il piano di smaltimento dei

nostri cadaveri atomici dovrebbe chiudersi per il 2020, con una spesa preventivata di 4,5 miliardi: più di

quanto ci sia costato abolire l'Imu sulla prima casa. Ma siccome le cose non sono andate tutte per il verso

giusto e ci sono molti ritardi, ecco che il conto, come ha sottolineato anche la commissione sui rifiuti già

presieduta da Gaetano Pecorella, sono destinati inevitabilmente a salire. Di un bel po'. In una interrogazione i

grillini hanno ricordato che si stima a tutt'oggi una spesa di 6,7 miliardi con un ritmo di avanzamento dei lavori

dell'1% l'anno. A ben 26 anni dalla chiusura delle centrali.

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900 I dipendenti

Sogin, società di Stato che si occupa della dismissione degli impianti nucleari 4 Le centrali nucleari italiane,

chiuse 26 anni fa: Trino, Caorso, Latina e Garigliano 4,5 Miliardi

di euro È la spesa preventivata per smaltire

le centrali 2020 L'anno Entro il 2020 dovranno essere smaltite

le centrali

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 100

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Intervista L'amministratore delegato: «Con le riforme il vostro Paese è tornato di moda per i mercati» «Axa punta sul mercato italiano Montepaschi, alleanza più stretta» De Courtois: sottoscriveremo l'aumento da 5 miliardi di Siena Puntiamo alla crescita organica ma se ci sonobuone opportunità le esaminiamo Sergio Bocconi «L'Italia è tornata di moda». Frédéric de Courtois, amministratore delegato di Axa assicurazioni e Axa-Mps, è

il numero uno della compagnia francese nel nostro Paese. Seduto nella sala del consiglio del palazzo Axa a

Milano, dedicata al Nobel per l'economia Franco Modigliani, riassume con una battuta l'orientamento positivo

del gruppo transalpino (e non solo) verso il mercato italiano. Orientamento che si può riassumere in tre punti

principali: Axa ha in portafoglio oltre 20 miliardi di Bot e Btp e prosegue negli acquisti; seguirà l'aumento di

capitale da 5 miliardi del Montepaschi perciò, con il 3,6% si confermerà primo (e unico) socio industriale della

banca senese; il nuovo piano strategico per l'Italia prevede una riorganizzazione importante, la crescita con

aumento delle quote di mercato, l'«acquissizione» di agenti professionisti sul mercato e nuovi accordi con

istituti per la distribuzione delle polizze.

Cominciamo dal tema forse più «caldo»: Mps.

«Confermiamo quel che avevamo già detto quanto si prospettava la ricapitalizzazione da tre miliardi:

seguiremo con la nostra quota l'aumento da cinque. È un segnale di grande fiducia verso Alessandro

Profumo e Fabrizio Viola. Abbiamo un dialogo molto importante con il top management, siamo presenti in

consiglio e seguiamo con attenzione l'evoluzione della governance della banca. Siamo qualcosa di più di un

partner industriale».

Nessun dubbio quando la ricapitalizzazione è stata rivista al rialzo?

«Consideriamo giusta la decisione, così come la determinazione a fare l'operazione il prima possibile».

L'impegno è anche un segnale verso il Paese?

«Senz'altro. Dico che l'Italia è tornata di moda per due ragioni. La prima riguarda anche gli altri Paesi più

colpiti dalla crisi: grazie in particolare alla Bce è ormai fuor di dubbio che l'euro verrà difeso fino in fondo; in

particolare per l'Italia i mercati intravedono un inizio di riforme che vanno nella direzione giusta e una

maggiore stabilità politica».

Quali i progetti per il nostro Paese?

«Vogliamo crescere e rafforzarci in un mercato che presenta novità importanti. Il nuovo piano industriale

risponde alle nuove sfide».

Per novità si riferisce alle recenti operazioni che hanno coinvolto le maggiori compagnie italiane?

«Anche. Certo, la fusione Unipol Sai e l'acquisizione degli asset ex Milano da parte di Allianz hanno

determinato una maggiore concentrazione nei rami danni: le tre maggiori compagnie detengono il 60% del

mercato, uno dei più concentrati in Europa. Ma dobbiamo rispondere anche a sfide "strutturali" come quella

digitale: quasi il 60% dei clienti prima di sottoscrivere una polizza va sul web. Cinque anni fa la percentuale

era vicina allo zero. È una priorità per Axa nel mondo e anche in Italia. Puntiamo proprio sul digitale per

rafforzare la capacità dei nostri agenti di essere vicini a clienti e territorio, in un Paese dove vicinanza e

prossimità resteranno centrali. Prenderemo il meglio dei due mondi».

Il piano industriale è "unitario", riguarda cioè anche la joint venture con Montepaschi?

«In marzo i consigli di Axa assicurazioni e Axa-Mps hanno approvato il nuovo business plan e la nuova

governance del gruppo. Prima le due compagnie erano gestite in modo indipendente, con due capi-azienda.

Ebbene, dobbiamo gestirle come una sola compagnia. Non possiamo prevedere una fusione perciò nel 2015

partirà una società consortile nella quale confluiranno circa metà dei dipendenti in Italia. Metteremo a fattor

comune sistemi informatici, finanza, risorse umane, gestione sinistri e altro: la joint venture con Siena è

stabile e ne siamo pienamente soddisfatti, abbiamo una rete agenziale di grande qualità e professionalità, ora

puntiamo alla condivisione delle strategie di crescita in Italia».

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Con quali obiettivi?

«Oggi, con oltre 6 miliardi di premi, abbiamo una quota di mercato pari al 5% sia nel vita sia nei rami danni.

Abbiamo l'ambizione di salire di qualche punto, sebbene senza aver predeterminato target specifici».

Anche con acquisizioni?

«Pensiamo a una crescita organica. Poi il gruppo in tutto il mondo, Italia compresa, esamina le buone

opportunità che si presentano».

Come pensate di muovervi?

«Puntiamo all'acquisizione di agenti dalla concorrenza, possibilità offerta dalla legge sul plurimandato,

continuando a valorizzare la centralità dei nostri attuali agenti. Lo abbiamo già fatto in passato e intendiamo

accelerare in questa direzione. In secondo luogo abbiamo deciso di lavorare anche con altre banche,

utilizzando due compagnie del gruppo: una già esistente nel vita e una di nuova costituzione nei rami

danni.Facciamo questo passo dopo aver raggiunto un accordo in tal senso con Mps, che è e resta il nostro

partner bancario più importante».

Avete già preso contatti?

«Sì, con istituti nazionali e locali. Nomi non posso farne».

La bancassurance in Italia ha vissuto fasi alterne.

«Non è decollata nei danni, perché i prodotti sono più complessi da studiare e proporre allo sportello. Le

banche finora non hanno investito. Ma le cose stanno cambiando rapidamente, gli istituti di credito hanno un

grande appetito di polizze danni, come si può ben vedere dall'offerta crescente di Rc auto. Noi pensiamo di

puntare anche su salute, previdenza e protezione».

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Foto: Manager Frédéric de Courtois

11/05/2014 27Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 102

Page 103: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

INTERVISTA PARLA ALESSANDRO OVI «L'Italia non perda la frontiera tecnologica» Paolo Bricco di Paolo Bricco u pagina 17

«Devo ammettere che quando, a febbraio, a Boston la Mit Technology Review ha dedicato il suo editoriale

alle smart company, ho provato una bella soddisfazione». Alessandro Ovi - specie rara di dirigente industriale

italiano con solida formazione da tecnologo - usa questo episodio per spiegare il contributo dato dalla nostra

cultura industriale al mainstream rappresentato dal Mit di Boston: l'innovazione non è solo disruptive, ma è

anche smart.

Ingegnere, l'11 e il 12 maggio a Bologna - l'11 al Mast e il 12 alla Villa Guastavillani dell'Alma Graduate

School - festeggiate i 25 anni di una pubblicazione influente come Mit Technology Review Italia. Alla fine, è il

nostro Paese ad avere "impollinato" l'ortodossia scientista e il razionalismo economico ultraschumpeteriano

del Mit...

Sì, è così. È merito della nostra cultura avere convinto gli americani che non esiste soltanto l'innovazione

disruptive, che distrugge un equilibrio e crea un nuovo mercato con una sorta di violenza rigeneratrice. La

forza rigeneratrice può anche essere espressa dalla componente smart, che significa innovazione

incrementale e stile, nuovi processi e intuizione dei bisogni profondi della persona. Un fenomeno

naturalmente più consono con lo spirito industriale di un Paese come il nostro, che non ha un numero elevato

di grandi imprese e che non spende una quota rilevante del Pil in ricerca scientifica.

Venticinque anni sono un pezzo importante della nostra storia. In questo periodo in Italia si è manifestata la

crisi del paradigma della grande impresa, ma si è anche affermato un nuovo orgoglio industriale, basato sulle

Pmi che dai territori si sono mosse verso le catene internazionali del valore.

È così. Allo stesso tempo, si è anche manifestata da noi la necessità di rimanere vicini alla frontiera

tecnologica più avanzata. Con la Mit Technology Review Italia abbiamo provato a fare esattamente questo.

Non solo con la tradizionale rivista cartacea, che è stata la prima fuori da Boston, ma con il quotidiano online,

le newsletter e gli incontri. Tutti questi strumenti servono a fare convergere le specificità italiane, magari poco

visibili all'occhio della comunità internazionale, e le nuove dimensioni assunte dall'innovazione di più alto

livello, che nel nostro Paese non si conoscono abbastanza.

Questo mix è ben rappresentato dalla due giorni di Bologna.

Ci saranno interventi di alcuni dei migliori scienziati italiani che lavorano a Boston. Da Carlo Ratti, specialista

di società digitale, a Bruno Coppi, che si occupa di fusione nucleare, a Luca Daniel, che si dedica alla

computer science. Al contempo, dieci giovani talenti italiani, in cinque minuti ciascuno, dovranno spiegare la

loro progettualità tecnologico-industriale, a fini di business naturalmente.

Quindi, toccherà alla premiazione di un numero considerevole di imprese. Non solo a grandi marchi del

Made in Italy come Ferrari o a gruppi storici come Pirelli. Ma anche a nuove società.

Sì. Molte caratterizzate dalla capacità di intercettare i grandi movimenti anticipatori dell'economia

internazionale, come la Protocast di Avio impegnata nella rivoluzione della manifattura a 3D, o di applicare -

in una funzione soltanto in apparenza micro - le innovazioni di alto livello: penso alla Zehus di Milano, con la

bicicletta ibrida.

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Foto: Alessandro Ovi

10/05/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 103

Page 104: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

LA NUOVA GOVERNANCE E L'INCHIESTA GIUDIZIARIA Expo, corsa a tre per il dopo-Paris Tangenti anche sui padiglioni esteri Monaci, Mincuzzi Dopo lo shock dell'inchiesta giudiziaria, la società di gestione dell'Expo si riorganizzerà entro martedì, quando

è atteso a Milano il premier Matteo Renzi. Sarà quello il momento in cui il commissario unico di Expo,

Giuseppe Sala, comunicherà il nome dell'uomo che sostituirà Angelo Paris al vertice del settore progettazione

e acquisti. Probabile un avvicendamento interno. Tra i nomi possibili il vice del manager, Alessandro

Molaioni, il direttore generale di Expo, Christian Malangone, e il subcommissario Antonio Acerbo. Il nome più

plausibile sarebbe quello di Molaioni. Tangenti anche per la costruzione dei padiglioni dei Paesi ospiti.

u pagina 7

Sara Monaci

MILANO

Dopo lo shock dell'inchiesta giudiziaria, la società di gestione di Expo si riorganizzerà entro martedì, quando

arriverà a Milano il premier Matteo Renzi. Sarà quello il momento in cui il commissario unico e amministratore

delegato di Expo, Giuseppe Sala, renderà noto il nome dell'uomo che sostituirà Angelo Paris ai vertici del

settore progettazione e acquisti, di fatto il responsabile degli appalti dell'evento universale, finito in carcere

due giorni fa con l'accusa di associazione a delinquere, corruzione e turbativa d'asta.

Si parla di un possibile avvicendamento interno. Tra i nomi possibili, secondo le prime indiscrezioni, ci

sarebbe quello dello stesso vice del manager: Alessandro Molaioni. A cui si potrebbero aggiungere quelli del

direttore generale di Expo Christian Malangone e del subcommissario Antonio Acerbo. Quest'ultimo avrebbe

tuttavia il problema tecnico di essere un consulente esterno, che non può essere nominato Rup. Il nome più

plausibile sembrerebbe quello di Molaioni.

Tutto ancora in forse. C'è persino chi parla, dentro Expo, dell'opportunità di dare discontinuità con un nome

esterno, ma pare ad oggi una soluzione meno praticabile perché allungherebbe i tempi delle consegne.

Inoltre c'è un'altra questione: martedì dovrebbe arrivare anche il nome del "super" direttore dei lavori, quello

che di fatto coordinerà tutti i lavori sul sito espositivo di Rho, che sarà un professionista esterno a Expo,

provieniente da fuori Milano. Se dunque il direttore dei lavori non proviene dalla società di gestione, almeno il

responsabile dei progetti e degli appalti deve garantire la continuità delle conoscenze. Questa la ratio di

queste ore concitate.

Anche la figura del "super" direttore dei lavori è stata istituita dopo un'altra inchiesta giudiziaria, quella

relativa alla società regionale Infrastrutture lombarde, ai cui vertici c'era l'ex dg Antonio Rognoni, finito in

carcere e poi ai domiciliari per associazione a delinquere e poi di nuovo raggiunto da un'ordinanza di custodia

cautelare due giorni fa, con quest'ultima inchiesta su Expo e i grandi appalti lombardi. Rognoni era il direttore

dei lavori della piastra, uno dei progetti principali del sito espositivo di Expo. È stato subito sostituito dal suo

vice Riccardo Robuschi, ma da settimane si parla di istituire una nuova figura a capo di tutti i lavori dell'area,

non solo di quelli della piastra. Dovrebbe quindi arrivare un manager esterno, direttamente da Roma, dal

ministero dei Trasporti guidato da Maurizio Lupi.

Ieri il commissario Sala ha riunito intanto tutti i 230 dipendenti di Expo per parlare dell'accaduto e motivare la

squadra a proseguire con entusiasmo. «Penso a ciò che ho fatto e anche voi pensateci, per ritrovare dalla

settimana prossima nuove motivazioni e proseguire in un progetto unico e importante per il paese», ha detto

ieri a porte chiuse.

Il colpo per la struttura è stato enorme. Secondo la procura di Milano, Paris avrebbe favorito negli appalti

delle vie d'acqua, delle architetture di sistemi e del sito urbanistico di Cascina Merlata alcune aziende e

cooperative (tra cui principalmente la vicentina Maltauro) per assicurarsi la propria carriera, servendosi

dell'aiuto dei faccendieri Primo Greganti, Gianstefano Frigerio e Sergio Cattozzo, che riscuotevano mazzette

dagli imprenditori in cambio dell'intermediazione con Paris. E che a Paris promettevano di raccomandarlo

10/05/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 104

Page 105: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

presso le autorità istituzionali e politiche. La carriera a cui Paris avrebbe da subito puntato era quella ai vertici

di Infrastrutture lombarde, già al posto di Rognoni una volta arrestato. Tra i due non correva buon sangue,

come emerge dalle carte dell'inchiesta sulla società lombarda. E probabilmente anche per motivi di rivalità

professionale.

Per il commissario Sala ieri è stata di nuovo una giornata concitata, e ha deciso che rilascerà dichiarazioni

sui nuovi incarichi solo martedì. Ieri ha di nuovo incontrato il presidente della Regione Lombardia Roberto

Maroni e il sindaco di Milano Giuliano Pisapia. È stato Pisapia poi a confermare le voci che due giorni fa si

sono susseguite su possibili dimissioni del numero uno di Expo: «Le sue intenzioni - racconta Pisapia -

sicuramente all'inizio erano di lasciare per lo sconforto di essere stato tradito da un collaboratore, ma la scelta

è rientrata. Oggi senza Sala il rischio sarebbe di arrivare in ritardo, deve rimanere al comando. Inoltre - ha

aggiunto Pisapia - l'operazione della magistratura ha dimostrato che i controlli ci sono».

Intanto il premier Renzi ha difeso l'immagine dell'evento universale del 2015: «L'Expo sarà un successo per

l'Italia, è un appuntamento importante che difenderemo». Ma per quanto riguarda l'inchiesta non ha usato

mezzi termini. «Io ho sempre avuto una posizione molto garantista, e proprio perché lo sono profondamente,

dico che bisogna essere severi con tutti. Non si possono vedere immagini con quello che tira fuori una busta,

cose che ti fanno schizzare il sangue alla testa», ha dichiarato ieri nel corso della trasmissione "Virus", su Rai

2. Renzi ha sottolineato inoltre che «la garanzia per tutti è che non si fanno sconti a nessuno. Si dà

all'imputato la possibilità di difendersi e al magistrato il diritto e dovere di fare gli atti d'indagine che si

ritengono necessari. La politica deve fare un passo indietro, deve stare e guardare zitta».

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LE CIFRE DELL'EVENTO 356

I giorni al via dell'evento

L'inchiesta giudiziaria che si è abbattuta sull'organizzazione di Expo si inserisce in un quadro già complesso,

con i tempi ridotti all'osso per ultimare una serie di opere fondamentali tempo per l'ianugurazione

dell'esposizione universale, fissata per il primo maggio del prossimo anno

2 miliardi

L'indotto stimato

Secondo la ricerca della Sda Bocconi, promossa dalla Camera di commercio di Milano, l'indotto della

manifestazione a Milano sarà quantificabile in 2,05 miliardi e 20mila occupati. Più coinvolti i settori del turismo

e della ristorazione, con 1,6 miliardi di produzione aggiuntiva e 18.300 occupati; ma anche il commercio, con

quasi mezzo miliardo di produzione aggiuntiva e 700 unità di lavoro

IN CORSA ALESSANDRO MOLAIONI

Vice responsabile acquisti

Attualmente è il numero due di Angelo Paris nel settore progettazione e acquisti dell'Expo. In passato ha

ricoperto incarichi manageriali occupandosi anche di Alta velocità Milano-Bologna

CHRISTIAN MALANGONE

Dg Direzione business planning & control

Ha assunto l'incarico di Direttore generale della direzione Business Planning & Control nell'ambito di Expo

nel settembre 2011. In precedenza era vice direttore generale del Comune di Milano

ANTONIO ACERBO

Sub commissario

Acerbo affianca Giuseppe Sala in qualità di delegato, ricopre le funzioni di garanzia e controllo

dell'andamento delle opere essenziali e delle opere connesse che sono oggetto del Tavolo Lombardia e di

quelle relative al progetto Vie D'Acqua

Foto: La solitudine del commissario. Giuseppe Sala, 56 anni, è stato anche direttore generale del Comune di

Milano

10/05/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 105

Page 106: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

LE AZIENDE «SMART» Le dieci start-up che sono già nel futuro Romano Prodi L'edizione italiana della rivista dell'Innovazione del Mit (Massachussets Institute of Technology) da qualche

anno si è presa il compito di presentare le aziende più innovative del nostro Paese.

Fino allo scorso anno il concorso per premiare le aziende più innovative aveva il titolo «Disruptive

Companies» ovvero aziende che stavano sviluppando qualche tecnologia così innovativa da portarle

rapidamente a forti guadagni di quote di mercato o aperture di mercati prima sconosciuti. È chiaro che essere

"disruptive" come è stato l'irrompere del mondo del digitale nella registrazione dei suoni o delle immagini,

rispetto a quello precedente delle videocassette, o internet nel mercato dei media, è un vantaggio enorme.

Romano Prodi

Un vantaggio che va comunque perseguito con una ricerca di base di grande qualità ed intensità. Ma non è il

solo modo di innovare perché esistono (e sono molto importanti) le innovazioni incrementali che non rompono

col passato ma lo migliorano. È stata perciò aggiunta al concorso la qualifica di "intelligenti": "Smart". Cercare

le aziende "Smart&Disruptive" in Italia ci ha fatto guardare il mondo industriale Italiano con occhi diversi. La

selezione è stata fatta sondando non solo i tradizionali ambienti delle Università e degli Istituti di ricerca ma

anche quelli delle organizzazioni che ne promuovono la attività.

Di qui la ricerca di un rapporto non solo con i maggiori incubatori per l'innovazione in tutta Italia : Alma Cube

a Bologna, Rieforum a Padova, fino al Parco scientifico e tecnologico della Sicilia. Poi il Trasferimento

Tecnologico di IIT a Genova, I3P al Politecnico di Torino, o Filarete a Milano per non citarne che alcuni. Ma

anche le loro aggregazioni come Netval che raccoglie i centri per l'innovazione di 54 Università. Infine la

grande Banca dati di Confindustria.

È ovvio che non sono state trascurate le poche, anzi pochissime grandi strutture di ricerca e sviluppo (con

centinaia di addetti per intenderci) quali ST Microelettronica, Enel, Eni. Per fortuna accanto a queste abbiamo

tante aziende, anche di piccolissime dimensioni che vanno a "sniffare", come diciamo cinicamente, quanto di

nuovo e utile nasce dalla grande rete di intelligenze che circonda tutto il mondo.

Data la struttura del nostro Paese, abbiamo sentito l'obbligo di andare ad ascoltare anche i "segnali deboli"

della innovazione, e, con la comunicazione, aiutarne la aggregazione. Abbiamo cioè cercato di fare

"networking", come dicono da Boston alla Silicon Valley quando vanno anche solo in due a bere un bicchiere.

È chiaro che sarebbe ideale avere alla base un nucleo trainante di aziende forti che assumono giovani

tecnici di grande qualità e permettano loro di sviluppare il meglio di quanto certamente sanno fare in un

ambiente strutturato.

Se questo non c'è, e per farlo nascere è necessario un grande sforzo di politica industriale espansiva,

bisogna puntare alla "impollinazione" e all'aiuto ai giovani che comunque vogliono farcela da soli. Abbiamo

quindi cercato di individuare, premiare e dare una mano alle varie "start up", "spin-off", "spin-in"... (Che non ci

sia una sola parola italiana che le descrive, vorrà pure dire qualcosa). L'11 e il 12 maggio le 10 imprese più

innovative, tutte di questa diligente ricerca, verranno premiate a Bologna, presso la Alma Business School e il

Mast.

Non si tratta di uno show mediatico o accademico ma di dimostrare che in un Paese in cui le spese in

Ricerca e Sviluppo sono sempre più trascurate e residuali, vi sono tuttavia imprese (grandi e piccole) che

cercano di andare contro-corrente. O meglio, che cercano di agganciarsi alla grande corrente

dell'innovazione mondiale.

E, mentre si premieranno i vincitori, si cercherà di incoraggiare tanti altri ad imitarli, spiegando cosa hanno

fatto e come hanno fatto per iniziare.

Si rifletterà anche sui limiti del sistema innovativo italiano e sull'urgenza che esso si ingrandisca e si rafforzi.

Nella nostra ricerca abbiamo infatti avuto qualche problema aggiuntivo rispetto alla rete delle riviste

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 106

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consorelle dell'MIT degli Stati Uniti, di Cina e di Germania a costruirci una mappa dei luoghi e delle

organizzazioni dove l'innovazione è davvero prioritaria.

Riconoscere i meriti di queste imprese e premiarne i risultati può essere quindi utile per svegliare gli spiriti

creativi che, anche se spesso dormono, sono certamente presenti anche in Italia.

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LA PAROLA CHIAVE Start up innovative Sono società di capitali, costituite anche in forma cooperativa. I

requisiti per essere start up innovative: la maggioranza delle quote del capitale sociale e dei diritti di voto in

assemblea ordinaria deve appartenere a soci persone fisiche all'atto della costituzione e nei 24 mesi

successivi; l'oggetto sociale deve essere orientato a sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti o

servizi innovativi; il valore della produzione non deve superare i 5 milioni all'anno; la società non deve aver

proceduto alla distribuzione di utili.

25Anni Da 25 anni viene pubblicata la rivista Mit Technology Review ItaliaFoto: A Bologna. Alla due giorni alcuni fra i migliori scienziati italiani che lavorano a Boston e dieci giovani

talenti che presenteranno i loro progetti

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 107

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INDUSTRIA INTERVISTA Maurizio Tamagnini Amministratore delegato del Fondo Strategico Italiano Tamagnini: «Fsi replicherà presto il modello Ansaldo» Laura Serafini Laura Serafini u pagina 20

ROMA

L'accordo siglato tra Fondo Strategio Italiano e Shanghai Electric (Sec) per Ansaldo Energia incarna il nuovo

modello di sviluppo che Fsi, guidato da Maurizio Tamagnini (appena riconfermato) «intende replicare presto

al altri settori come quello alberghiero». Tamagnini è stato designato dal ministero per l'Economia nel

supervisory board, che sarà rinnovato a metà giugno, di StM, società in cui lo Stato detiene una

partecipazione che sarà ceduta, secondo i rumors, a Fsi. Il manager è in pole position per diventare

presidente di StM.

L'accordo siglato con Shanghai Electric per Ansaldo Energia non era un risultato scontato. Per Fsi è un

punto d'arrivo?

È il punto di partenza, l'attuazione di un modello con cui Fsi vuole far crescere aziende italiane di eccellenza

in vari settori - e in Italia ce ne sono oltre mille - e che verrà presto replicato. Abbiamo individuato il partner

migliore per Ansaldo in 4 mesi (Fsi ha rilevato la maggioranza a fine dicembre 2013, ndr). E questo

realizzando una plusvalenza del 30% rispetto a quanto pagato: quando siamo entrati il 100% di Ansaldo è

stato valutato 777 milioni. L'accordo dei giorni scorsi lo valorizza a 1 miliardo.

Quindi il modello da replicare è la rapidità di esecuzione?

A questo tipo di aziende serve tempo per trovare un capitale "paziente" di lungo periodo per crescere

all'estero. Finmeccanica non ne aveva, il nostro ingresso ha consentito ad Ansaldo di guadagnare la calma

necessaria per scegliere il partner migliore. Un socio istituzionale come Fsi garantisce, inoltre, la stabilità che

è in grado di attirare investitori esteri: Shanghai Electric è uno dei maggiori operatori in Asia, presente in molti

settori della meccanica e con una quota di mercato in Cina del 40 per cento. Sec si è fatto avanti all'indomani

del nostro annuncio della ricerca di un partner. I motivi per cui l'abbiamo scelto sono la capacità di aprire

sbocchi su mercati esteri, asiatici e africani, ma anche la possibilità di sviluppare tecnologie per le turbine di

nuova generazione grazie anche ai contributi dei governi locali. Determinante è stata la disponibilità da subito

di acquisire quote del capitale di Ansaldo. Prima di individuare il socio, abbiamo contribuito a rinegoziare il

debito di Ansaldo, pari a 650 milioni, allungandone la scadenza a 5 anni, con un pool di banche (Intesa

SanPaolo, Unicredit e Bnp Paribas) cui si è aggiunta Hsbc.

L'operazione prevede anche una jv con i coreani di Doosan. Non sono in concorrenza con i cinesi?

Arriviamo a un altro pilastro del nostro modello: valorizzare tutto il perimetro di Ansaldo Energia. Nel mondo

si usano due tipi di frequenze elettriche, a 50 e a 60Hz: l'intesa con Doosan, concordata con Shanghai

Electric, consentirà di sviluppare ricerca (a Genova, con l'assunzione di 100 ingengeri) per turbine di nuova

generazione a 60Hz usate soprattutto in Nord e Sudamerica.

Il gruppo opera anche nel nucleare, che però non sembra avare grandi prospettive...

Si sbaglia. Abbiamo pensato anche ad Ansaldo Nucleare: si sta finalizzando l'acquisizione di una società

inglese, Nuclear Engineering Services (Nes, 45 milioni di sterline il fatturato, 6 milioni l'Ebitda) leader nello

smantellamento e messa in sicurezza di centrali nucleari. Il rafforzamento di Ansaldo Energia, che ha 3.400

dipendenti e il 67% della produzione in Italia, rappresenta un grande valore soprattutto per l'indotto: sono

circa 50 le società che lavorano nella catena di produzione delle turbine, con un fatturato di 500 milioni e 10

mila dipendenti. Il coronamento del nostro modello sarà poi l'autonomia e l'indipendenza finanziaria che il

gruppo acquisirà, nell'arco del prossimo triennio, con la quotazione in Borsa.

Qual è il prossimo target per esportare il modello?

Il settore alberghiero. Ritengo che nei prossimi mesi potremo annunciare un accordo con una società di

gestione albergheria di primo livello, una catena internazionale insomma. L'operazione rientra in un progetto

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varato a dicembre e che prevede la promozione di un fondo che diventi proprietario di immobili ad uso

alberghiero aperto a investitori istituzionali italiani, come Cdp, ed esteri. Vi saranno conferiti parte degli

immobili del patrimonio demaniale delle grandi città venduti dallo Stato alla Cassa. Fsi si occupa di cercare

partner come società di gestione alberghiera specializzate in 5,4 e 3 stelle con l'obiettivo di sostenere nella

crescita gli operatori italiani: essi potrebbero individuare negli immobili del fondo strutture adatte per diventare

alberghi senza doverli comprare, ma solo per gestirli. In questa attività Fsi e il partner estero saranno

supporto finanziario e gestionale.

Il modello potrebbe valere anche per StM? Secondo i rumors sarà Fsi a comprarla

Il ministero per l'Economia mi ha designato nel supervisory board di StM. Ho accettato con piacere la

candidatura, perchè è la maggiore azienda di tecnologia avanzata Italia: qui ha 10 mila dipendenti, negli ultimi

5 anni ha investito 1 miliardo in ricerca e sviluppo, ha siti ad Agrate e Catania leader nel settore analogico a

livello globale. Una presenza importante nel nostro paese che andrà rafforzata e di cui essere fieri.

© RIPRODUZIONE RISERVATA IL PORTAFOGLIO DEL FONDO STRATEGICO Dati in milioni di euro

Capitale disponibile 4.400 Capitale investito, contribuito e impegnato Risorse investite 1.270 Risorse

contribuite 880 Risorse impegnate 400 2.550 Kedrion Biopharma 100 Assicurazioni Generali 884 Metroweb

200 IQ Made in Italy Investment Company 200 Gruppo Hera 7 Ansaldo Energia 657 Valvitalia 151 Kedrion

Biopharma 50 Sia* 204 Ansaldo Energia** 147 * Closing atteso a marzo/aprile 2014 ** Pagamento differito

del 15%

La struttura L'amministratore delegato

Maurizio Tamagnini, amministratore delegato del Fondo Strategico Italiano, la holding di partecipazioni

creata con il decreto ministeriale del 2011. Azionista di controllo è il Gruppo CDP (80%), azionista di

minoranza è Banca d'Italia (20%).

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EUROPA E ITALIA/2 Non bastano le promesse nel semestre delle riforme Adriana Cerretelli «L'Europa non è un passato comune ma il nostro destino comune. A muoverla devono essere i suoi valori,

non parametri e ansie contabili»: nell'Unione di oggi, sbrindellata, sfiduciata, senza idee, alla deriva dell'anti-

europeismo montante dovunque, potrebbe suonare come il manifesto di una rivoluzione stravagante, fuori

tempo massimo, senza generali per guidarla né un esercito per provare a combatterla e vincerla.

Invece sono due frasi con le quali ieri a Firenze Matteo Renzi ha voluto lanciare il suo messaggio forte

all'Europa, a poco più di 50 giorni dall'inizio del semestre europeo dell'Italia. Parole coraggiose e

controcorrente, a tratti anche appassionate nel tentativo di scuotere i suoi interlocutori, che siano gli altri

leader di governo o la gente comune, dal conformismo della negatività e della rassegnazione che sembra

aver fatto tutti prigionieri. Passivi o distratti.

È una battaglia realistica oggi o il sogno impossibile di un giovane don Chisciotte alle prese con i mulini a

vento? L'Europa che oggi l'aspetta al varco non è quella dei Padri Fondatori. È il club sfilacciato di un gruppo

di Paesi egoisti e agnostici, ripiegati sui propri interessi nazionali, da anni incapaci di visioni comuni, disposti

a riparare solo in extremis gli strappi nella tela europea ma con il minimo dei costi e della solidarietà e quando

le lacerazioni sono davvero sul punto di distruggerla senza ritorno.

C'è chi è convinto che la forte affermazione alle elezioni del 25 maggio dei partiti euroscettici sarà lo shock

provvidenziale del la rigenerazione, la leva della svolta che l'Italia di Renzi si prepara a intercettare per

rimettere l'Ue su nuovi binari più umani, sostenibili e convincenti a tutti i livelli.

C'è chi invece teme l'effetto opposto: la maggiore confusione delle lingue, degli interessi e degli obiettivi in

campo.

Dunque la paralisi politica e istituzionale di un'Unione che, già ostaggio delle proprie contraddizioni e dei

propri sistemi democratici in crisi di consenso, diventerà sempre più prona alle logiche di breve termine e

allergica ai progetti di lungo respiro.

Non c'è solo questa grande incertezza sulla strada del nostro semestre europeo e delle sue ambizioni. C'è il

rischio di una guerra inter-istituzionale all'indomani delle europee qualora il Consiglio Ue decidesse di non

nominare automaticamente il candidato alla presidenza della Commissione Ue uscito vincente dalle urne.

E c'è il grande problema della percezione dell'Italia in Europa, della sua perduta credibilità politica, tutta da

ricostruire. Riuscirà Renzi, in tempi strettissimi, a riportare indietro le lancette dell'orologio? «Se guardo agli

ultimi 30 anni, vedo che l'influenza della Spagna nell'Unione è molto aumentata, quella dell'Italia è invece

molto diminuita», ricordava giorni fa un consumato protagonista della scena europea.

La spiegazione? «In quei 30 anni la Spagna ha visto avvicendarsi alla guida del governo Felipe Gonzalez,

José Maria Aznar, José Zapatero e Mariano Rajoi. Per l'Italia ho perso il conto ma il turbine dei primi ministri

ha superato la decina. È normale che Angela Merkel, al terzo mandato, abbia una grande autorità in Europa

perché garantisce la continuità». Cioè la stabilità che oggi, nel post-eurocrisi (o quasi), è considerata il bene

supremo.

Stabilità politica ed economica sono proprio le garanzie che nessuno oggi in Italia è in grado di offrire con

solida certezza. Renzi cerca di procurarsela con i conti in ordine e le tante riforme in calendario, che però

stentano a bruciare le tappe nella palude di una politica che non riesce a perdere le sue pessime e sterili

abitudini.

L'Europa oggi ha bisogno di cavalcare le sfide che le lancia l'Italia per ritrovare a sua volta grinta, peso e

credibilità sulla scena interna e internazionale. Ancora di più dei dubbi sulla sua effettiva volontà di farle

proprie per rifarsi un futuro sicuro, il vero interrogativo riguarda però l'Italia di Renzi e la sua effettiva capacità

di riuscire ad avere tutte le carte in regola per consentire al suo credo europeo di diventare quello di quasi

tutti.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 110

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EUROPA E ITALIA/1 Gli obiettivi sono chiari, ma ora serve una strategia Fabrizio Forquet Tra le figure del Vasari che assistevano potenti dalle pareti affrescate della sala dei Cinquecento, il dibattito

tra i potenziali candidati alla guida della Commissione europea ha dato il senso di qualcosa che ancora non è

ma che forse si comincia a intravedere. È quell'Europa politica da tanti evocata, che resta fuori dal disegno

costituzionale europeo, ma si fa largo nella prassi, non senza forzature rispetto a un sistema istituzionale che

non prevede alcuna elezione diretta.

Il confronto che si è tenuto ieri a Firenze è un passo avanti che non si può non cogliere. Ma per sconfiggere il

populismo che spaventa le urne di tutta l'Unione serve che l'Europa diventi innanzitutto uno spazio dove si

possa lavorare con soddisfazione, uno spazio economicamente florido e capace di crescere, rilanciando la

sua industria e la sua capacità produttiva.

Matteo Renzi, nel suo discorso, ha fatto bene a mettere questa priorità tra i primi punti. Ha affermato la

centralità della manifattura. E ha colto nel segno quando ha sottolineato l'esigenza di regole comuni, a

cominciare dal lavoro.

Ma il problema è come tradurre questi obiettivi in realtà. Su questo Renzi, con la presidenza europea, si

troverà da luglio ad avere una responsabilità diretta. Il semestre italiano coinciderà con una fase di interregno

per le altre istituzioni europee, un vuoto di potere che potrebbe offrire alla presidenza del più giovane premier

d'Europa una finestra di opportunità in più. Non va sprecata.

Serve allora una strategia complessiva che ieri nel discorso di Renzi ancora non emergeva.

C'erano le priorità e c'era la passione. Non c'era ancora la strategia. Non era forse neppure la sede adatta,

ma se una strategia per il semestre c'è, è bene che cominci ad emergere.

Fabrizio Forquet

L'errore da evitare è quello di porre le giuste priorità, a cominciare dalla questione del superamento

dell'austerità, come una trattativa bilaterale, come un do ut des tra gli Stati o, peggio, tra l'Italia e i Paesi

mediterranei, da una parte, e i Paesi del Nord dall'altra. Partire lancia in resta per chiedere il rilancio degli

investimenti e l'allentamento dei vincoli di bilancio sarebbe il modo migliore per condannare la presidenza

italiana all'irrilevanza.

La questione della crescita e del lavoro riguarda l'Europa tutta e come tale va posta. Non c'è quello che

l'Italia chiede, c'è quello l'Europa, per sé (cioè per tutti), deve fare. Le riforme europee per la crescita sono

una questione comune, una questione multilaterale, che come tale va affrontata. E in questo contesto c'è

anche quello che devono fare i singoli Paesi, a cominciare dalla Germania, che è più indietro di altri sul

fronte, per esempio, dell'integrazione di mercato e dell'energia.

Ma la crisi dell'euro ha dimostrato che è l'assetto stesso della governance economica europea a dover

essere rimesso in gioco. Qui un leader come Renzi, cha ha dimostrato di saper giocare e vincere la sua

partita contro i conservatorismi in Italia, può e deve giocarsi la sua partita.

Come ha scritto Sergio Fabbrini su questo giornale la distinzione tra la politica monetaria sovranazionale e la

politica economica intergovernativa non può essere conservata. Quest'ultima si è rivelata una continua prova

di forza tra Paesi ricchi e poveri, Stati del Nord e del Sud, indebitati e no. Un confronto che ha ingessato il

continente, che ha avuto forse un vincitore parziale e temporaneo, ma che ha trasformato l'Europa nella

zavorra della crescita del mondo.

Renzi farebbe bene a porre con chiarezza, all'esordio della presidenza italiana, un programma di

convergenza verso l'obiettivo di un governo politico dell'eurozona. Un governo legittimato dal Parlamento e

con la forza di intervenire sulla politica fiscale europea, fuori dal braccio di ferro intergovernativo, che si è

rivelato piuttosto una gabbia di ferro per coloro che, come l'Italia, pur avendo la forza industriale, non hanno

la forza politica per la difesa del proprio interesse economico.

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Quei quattro leader che ieri si sono confrontati a Firenze come fossero i candidati di una elezione politica

nazionale sono il segno che gli europei sono pronti a questo passo. Così come nelle parole di Renzi, poco

prima, l'Europa è tornata ad essere un progetto giovane per giovani europei. Per un giorno le sciocchezze del

populismo nostalgico della Lira sono emerse per quello che sono: sciocchezze. Sarà anche responsabilità

dell'Italia e del suo premier dimostrare che c'è davvero un'Europa in grado di archiviare quei populismi,

ridando agli europei una politica per la crescita e il lavoro.

@fabrizioforquet

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ENTI PUBBLICI Tagli del 30% ma ancora 1,1 miliardi di consulenze Roberto Turno (nella foto Marianna Madia) Turno u pagina 5

ROMA

Il banchetto non è (ancora) finito, anche se offre tre portate su dieci in meno ai commensali. E la festa in

qualche modo continua per tanti. Una festa che solo per consulenze è costata 825 milioni al corpaccione

della pubblica amministrazione, più altri 239 milioni di incarichi ai dipendenti, soprattutto ai dirigenti. In tutto

1,05 miliardi. Costi miliardari, ma in calo di oltre 600 milioni (-34%) nel giro di soli dodici mesi. Effetto dei tagli

alla spesa pubblica, dei primi colpi di scure ante spending review. Che hanno prodotto un dimagrimento di

31mila consulenti e un modesto aumento di 1.300 incarichi ai dipendenti pubblici. Sul campo restano 138mila

dipendenti con incarichi e 157mila consulenti. Con scuola e sanità che continuano a fare la parte del leone e

che insieme cumulano oltre 300 milioni di consulenze, poi l'universo di enti locali e regioni che sommano altri

280 milioni. Ma anche le università con 105 milioni fanno la loro parte, mentre i ministeri si sono fermati un

anno fa a 28 milioni.

Risultati che non potrà non apprezzare il Governo, e anche considerare nelle trattative in vista dei prossimi

passi che si appresta a muovere tra i tagli della spending e l'annunciata rivoluzione della burocrazia. Risultati

che arrivano dal rapporto del ministero per la Semplificazione relativo al 2012, appena trasmesso al

Parlamento dal ministro Marianna Madia ma messo a punto a fine dicembre dell'anno scorso dal suo

predecessore. Quasi buone notizie, si direbbe, anche se tra incarichi e consulenze continuano a essere

staccati assegni a nove zeri, chissà se sempre e quanto utili per i servizi della Pa, chissà quanto davvero

sempre ben spesi. Questo lo diranno anche le indagini della Corte dei conti, che dovrà mettere sotto la lente

le amministrazioni pubbliche che non hanno trasmesso, come è loro preciso dovere, tutti i dati su questi

genere di spese.

A partire dalle spese per le consulenze, che sono tuttora nel mirino della magistratura contabile. Il rapporto

del ministero parla di 156.931 incarichi in calo del 16,3% (31mila in meno) e di 273mila incarichi assegnati (-

1%), per un totale di 825 milioni di compensi erogati, in diminuzione del 36,3%: 467 milioni in meno rispetto

all'anno prima. Il tutto per un compenso medio per consulenza di 3.981 euro (-135) e un numero medio di

1,64 incarichi a persona.

Queste le medie. Che vanno però lette per singolo settore del corpaccione della Pa. Ecco così, ad esempio,

che Regioni e autonomie locali hanno visto scendere i compensi concessi del 49%; i ministeri, le agenzie

fiscali e Palazzo Chigi hanno tagliato intorno all'11 per cento. Meno della sanità (-34%), la regina delle

consulenze con i comuni, della ricerca (-19%) e dell'università (-37%). La scuola ha sforbiciato le spese del

17 per cento. Ma 565 milioni di tutti gli 825 milioni - quasi il 70% dell'intera torta - di compensi erogati per

consulenze continua a concentrarsi in tre grandi capitoli di spesa: servizio sanitario nazionale (223 milioni),

regioni ed enti locali (272 milioni) e scuola (71 milioni). Con 123mila incarichi su 156mila totali. Da notare che

i comuni da soli, nel 2011, assegnavano per consulenze 579 milioni. Il top in assoluto. Con la sanità "gallina

d'oro" che poteva vantare al suo attivo più consulenze di alto valore (oltre 15mila euro).

Anche gli incarichi assegnati ai dipendenti pubblici hanno fatto segnare valori in discesa, tranne che per i

138.407 dipendenti cui sono conferiti incarichi (+1% circa) e per il numero di incarichi (262mila, +6,6%). Si

attesta a 230 milioni l'ammontare dei compensi erogati, con una riduzione di 118 milioni in dodici mesi (-34%)

con valore medio per singolo compenso di 1.358 euro. A fare la sua parte, spiega la relazione, sarebbero

state le «sempre più stringenti regole di pubblicità e trasparenza» imposte per legge come il rafforzamento

dei controlli. Spicca l'aumento di incarichi tra agenzie fiscali e dogane (da 885 a 3.307), nella ricerca (da 954

a 1.389). Crescono ancora nelle università (+4,6), nelle regioni (-1,2%) e nella sanità (+2,5%). Crollano

invece dell'8,7% nella scuola. Un calo verticale che naturalmente si riflette anche sulle spese, per tutti i

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comparti. Con i maschi che hanno incassato il quasi il doppio delle colleghe femmine: 144 milioni contro 85

milioni. Le quote rosa nella Pa sono ancora un terno al lotto, anche se le donne sono ormai la maggioranza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Spending review Il significato letterale è "revisione

della spesa" (pubblica). Si considerano le tendenze della spesa e l'efficacia degli interventi che la

compongono, per attuare una razionalizzazione. Introdotta in Italia nel 2007 dall'allora ministro dell'Economia,

Tommaso Padoa Schioppa, la spending review è tornata d'attualità nel 2012 con il Governo Monti che aveva

anche nominato un commissario straordinario (Enrico Bondi). Funzione che ora sarà svolta da Carlo

Cottarelli.

Sulle consulenze l'ultimo tetto alla spesa è stato introdotto con il dl 101 del 2013 I numeri PIÙ INCARICHI AI

DIPENDENTI L'andamento delle consulenze all'interno e all'esterno della Pa Incarichi ai dipendenti pubblici

(biennio 2011-2012) 2011 2012 Var.% Dipendenti cui sono stati conferiti incarichi 137.105 138.407 0,95

Incarichi conferiti 246.130 262.336 6,58 Ammontare complessivo dei compensi erogati (€) 348.487.072

230.076.844 -33,98 Compenso medio per incarico (€) 1.466,72 1.358,57 -7,37 Consulenti e collaboratori

esterni (biennio 2011-2012) 2011 2012 Var.% Consulenti e collaboratori cui sono stati affidati incarichi

187.569 156.931 -16,33 Incarichi conferiti 277.086 273.994 -1,12 Ammontare complessivo dei compensi

erogati (€) 1.292.836.918,89 825.620.327 -36,14 Compenso medio per incarico (€) 4.565,42 3.981,35 -12,79

SANITÀ AL PRIMO POSTO Incarichi e consulenze per comparto. Dati 2012 Comparto Incarichi a dipendenti

pubblici Consulenze Incarichi Compensi (€) Collaboratori Compensi (€) Agenzie fiscali e monopoli di Stato

3.307 1.478.840,94 2.066 8.342.514 Corpo nazionale dei Vigili del fuoco 545 870.906,57 78 418.039 Enti di

vigilanza 99 119.529,51 91 609.060 Enti ex art.70 d.lgs. 165/2001 (Cnel, Unioncamere, Enac, DigitPa ecc.)

78 95.082,07 16 282.216 Enti pubblici non economici 884 4.796.574,63 5.045 79.505.212 Forze armate 117

123.273,78 0 0 Forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato) 521 1.366.039,67 5 1.108 Forze di

polizia ad ordinamento civile (Corpo forestale dello Stato) 94 351.931,37 67 638.459 Forze di polizia ad

ordinamento militare 318 3.588.074,94 185 1.404.041 Istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica

e musicale 1.086 3.689.899,09 2.920 7.385.535 Istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione 1.389

2.590.356,97 3.038 22.917.406 Ministeri 9.625 16.059.233,87 3.632 28.100.261 Presidenza del Consiglio dei

ministri 57 245.267,29 131 2.537.645 Province autonome 2.428 3.865.084,70 5.754 38.450.019 Regioni a

statuto speciale 1.799 3.402.307,79 2.835 14.145.308 Regioni e autonomie locali 23.714 48.106.347,15

44.814 220.795.265 Scuola 41.339 50.307.868,43 33.143 70.775.290 Servizio sanitario nazionale 33.500

51.991.911,13 17.676 223.489.489 Università 17.507 37.028.314,04 35.435 105.823.462 Totale generale

138.407 230.076.843,93 156.931 825.620.327

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Blitz contro i vertici della holding: profitti illeciti ai danni di Enpam, Inpgi e Cassa ragionieri Sopaf, arresti per truffa alle Casse I fratelli Magnoni accusati di bancarotta e associazione a delinquere Stefano Elli Truffe con guadagni illeciti per 79 milioni nei confronti delle casse previdenziali di medici (Enpam), giornalisti

(Inpgi) e ragionieri e periti commerciali: è l'accusa che ha portato all'arresto di 7 persone, tra cui i fratelli

Ruggero, Aldo e Giorgio Magnoni, nell'ambito dell'inchiesta sulla holding Sopaf. Tra i reati ipotizzati

bancarotta e associazione a delinquere.

Servizi e analisi u pagina 6

MILANO

L'operazione che ha portato all'arresto di Ruggero, Giorgio, Aldo e Luca Magnoni è scattata alle 7 del

mattino di ieri. I finanzieri del terzo gruppo del Nucleo speciale di polizia valutaria di Milano hanno esibito a

sette dei 19 indagati gli ordini di custodia cautelare chiesti dal pm Gaetano Ruta e concessi dal gip Donatella

Banci Buonamici. Domiciliari per i Magnoni e per Gianluca Selvi, amministratore delegato della Confidi Prof.

Mentre per Andrea Toschi, ex amministratore di Arner Bank Italia e in seguito amministratore della Sgr del

gruppo, e Alberto Ciaperoni, direttore finanziario della Adenium Sgr, si sono aperte le porte del carcere.

Settanta militari impiegati in otto regioni italiane si sono concentrati poi sui sequestri preventivi disposti dal

Gip: sono stati effettuati accessi presso 60 banche e bloccati oltre 300 rapporti bancari e 60 immobili, per un

valore complessivo che si stima vicino ai 185 milioni di euro.

I reati ipotizzati dagli inquirenti vanno dalla bancarotta fraudolenta a reati fiscali e contro il patrimonio, sino

all'illecito trasferimento all'estero di somme di denaro per favorire il «riciclaggio e il reimpiego di precedenti

attività delittuose». Ma il versante socialmente più insidioso delle attività passate allo scanner dei militari di

via Pirelli sembrerebbe quello del depauperamento delle Casse degli enti previdenziali di intere categorie

professionali. Si parla, in dettaglio, dell'Enpam (medici e odontoiatri), Fasc (spedizionieri), Cassa dei

ragionieri oltre che dell'Inpgi, l'Istituto di previdenza dei giornalisti. Ed è per questa ragione che i finanzieri,

ieri, si sono presentati anche negli uffici di queste due ultime Casse per acquisire documentazione utile alle

indagini (si vedano gli articoli a lato). La truffa ipotizzata ammonta a 79 milioni.

Il cerchio intorno alla finanziaria di Foro Bonaparte ha cominciato a stringersi da tempo: il pm Ruta già nel

luglio 2013 aveva ottenuto la condanna in primo grado di Aldo e Giorgio Magnoni nella vicenda che ha

coinvolto la Cassa di risparmio di Ferrara in una truffa su due speculazioni immobiliari condotte attraverso i

fondi immobiliari Aster e Calatrava: le operazioni Santa Monica e Mi-Luce a Milano. Ma i primi segnali di un

possibile collasso della struttura patrimoniale del gruppo si erano manifestati già nel settembre del 2012,

quando UniCredit, per rientrare di un credito di oltre 19 milioni di euro, ha presentato al tribunale di Milano

istanza di fallimento. Attualmente la società è in concordato preventivo. Numerose le operazioni indicate dagli

inquirenti come illecite, distrattive e dissipatorie. Molte di queste hanno trovato posto sulle colonne di questo

giornale in tempi non sospetti. Oltre al caso Carife, ne rammentiamo due: quello di Banca Network

investimenti, la rete di promotori di cui Sopaf era azionista al 15%, sulla cui decozione è stata aperta

un'inchiesta parallela che potrebbe portare a ulteriori novità. E, appunto, tra gli indagati nella vicenda Sopaf

figura anche Maurizio Cozzolini, che prima di diventare ad di Banca Network era stato alla guida di Bipop

Carire, finita nel mirino della magistratura bresciana. I magistrati hanno poi ripercorso a ritroso anche il caso

Delta-Cassa di risparmio di San Marino che ha visto la Sopaf e i Magnoni impegnarsi in un lungo e aspro

contenzioso con i manager di Delta e che ha avuto il suo epilogo con l'apertura dell'inchiesta dei magistrati di

Forlì sulla liceità dell'effettivo controllo sammarinese del gruppo bancario.

© RIPRODUZIONE RISERVATAI numeri SOTTO INCHIESTA I soggetti sottoposti alle indagini della

magistratura

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Oltre ai manager sottoposti alle misure cautelari tra gli indagati figurano 12 soggetti che il pm ha ritenuto

coinvolti nella vicenda. Tra loro spicca il nome di Maurizio Cozzolini, ex amministratore delegato di Bipip

Carire. Anche nei loro confronti il Gip ha deciso per il sequestro per equivalente di 54,7 milioni di euro

SEQUESTRATI 54,7 MILIONI 19 indagati CONTI VISIONATI Tra le attività eseguite ieri c'è il blocco sui conti

Nelle visite della Guardia di finanza ieri presso 60 sportelli di altrettante banche italiane è stato chiesto

l'accesso alla documentazione relativa all'inchiesta e il blocco a scopo di sequestro preventivo di 300 rapporti

bancari, tra conti correnti, di deposito dossier titoli e altre quote societarie riconducibili in varia misura agli

indagati BLOCCATI 300 rapporti BANCHE VISITATE I finanzieri si sono mossi in otto regioni italiane

Chiedendo a 60 sportelli bancari di poter accedere alla documentazione contabile relativa alle disponibilità

degli indagati e delle persone fisiche e giuridiche coinvolte nelle indagini. Ciò si è reso necessario per la

grande diversificazione dell'operatività del gruppo Sopaf in tutta Italia e anche all'estero

IN OTTO REGIONI 60 sportelli BENI SEQUESTRATI Il profitto suscettibile

di sequestro preventivo

Il pubblico ministero ha quantificato in 130 milioni di euro il profitto suscettibile - per i quattro Magnoni, Toschi

e Ciaperoni (escluso Selvi) - del sequestro preventivo ai sensi dell'articolo 321 del Codice di procedura

penale e dell'articolo 11 della legge 146/2006 (ratifica Convenzione Onu contro il crimine organizzato

transnazionale) A 6 DEI 7 ARRESTATI 130 milioni

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L'ANALISI Le tensioni dei tassi monetari mettono a rischio la corsa del BTp Vittorio

Carlini La domanda se la pongono in tanti: il rally del BTp sta arrivando alla sua conclusione? La risposta

non è così immediata. Certo, può richiarmarsi il fatto che il rendimento, ad esempio del decennale, è ai

minimi storici. Il che, anche a livello statistisco, depone a favore di chi intona il «de profundis» per il rialzo

delle quotazioni del buono italiano. Ciò detto, però, il mondo attuale non può paragonarsi a quello pre-crisi

finanziaria. Il ruolo della Banca centrale europea, soprattutto attraverso la «moral suasion» verbale di Mario

Draghi, è molto maggiore. I fondamentali di un Paese, il suo rating passano in secondo piano di fronte al

possibile quantitative easing dell'Istituto centrale.

Tanto che, in un simile contesto, individuare livelli di rendimento «appropriati» diventa difficile. E la

divergenza di opinioni tra gli esperti ne è la prova. Nulla può dirsi, quindi? Ovviamente no. A ben vedere può

essere utile esercitarsi in un facile compito numerico. Quale? È presto detto. Dapprima si deve prendere

l'Overnight interes swap con scadenza a una settimana (Ois). Cioè il derivato che, in parole semplici, indica le

attese degli operatori sugli interessi che le banche pagano (in settimana) per avere in prestito la liquidità

(overnight). Poi, si guarda al rendimento di una scadenza a breve tra i titoli di Stato: ad esempio, il BTp a un

anno. Ciò detto, si calcola il rapporto tra il saggio di quest'ultimo è l'Ois. Ebbene il numero che salta fuori è,

alle quotazioni di ieri, poco sopra il 4,2. Vale a dire un valore che è ai minimi dal 2011. In «soldoni» significa

che il margine di guadagno nel prendere liquidità a prestito per comprare il BTp è molto limitato.

Una situazione che, se non rietrano le tensioni sul tasso monetario, inevitabilmente indurrà gli investitori a

guardare verso la parte più lunga della curva dei rendimenti.

Le conseguenze? Nell'immediato, il possibile «schiacciarsi» dei tassi sulle scadenze maggiori. Poi,

replicandosi la situazione analizzata per il BTp ad un anno, un nuovo flusso di vendite: questa volta, però, sui

bond governativi con duration più lunga. In un simile scenario appare, quindi, plausibile che il nervosismo

sull'Ois possa avere un effetto domino negativo sul rally dei BTp.

L'obiezione? Ovvia: anche su questo ragionamento pende la variabile della Banca centrale europea e della

«moral suasion» verbale di Mario Draghi. [email protected]

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 118

Page 119: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Produzione industriale. Attività in calo dello 0,5%: il crollo dell'energia (-11,1%) vanifica la risalita delmanifatturiero (+1,3%) A marzo manifattura avanti piano Il Centro studi Confindustria: ad aprile è previsto un incremento dello 0,2% IL DETTAGLIO Nel primotrimestre l'aumento dell'attività sale all'1,7% grazie alle performance dei settori della meccanica Luca Orlando MILANO

In prima battuta, pollice verso. La produzione industriale di marzo ingrana la retromarcia e cede terreno sia

nella velocità "di breve", con un calo dello 0,5% rispetto al mese precedente, che in termini tendenziali: -0,4%

in rapporto allo stesso mese del 2013. Scomponendo il dato, tuttavia, il discorso diventa più articolato, con un

importante distinguo legato all'energia. Il dato medio dell'output rilevato dall'Istat viene infatti trascinato verso

il basso dal crollo di oltre 11 punti della produzione energetica mentre per la manifattura, in crescita su base

annua dell'1,3%, prosegue il trend positivo avviato da alcuni mesi.

La frenata del comparto energetico (produzione di energia elettrica e gas) è legata in parte a fenomeni

strutturali e di lungo termine, con la produzione di fotovoltaico che gradualmente si sostituisce all'output delle

centrali termoelettriche. Aspetto a cui si aggiunge però negli ultimi mesi un inatteso rialzo delle temperature

medie, in grado di abbattere ad esempio a marzo quasi del 25% i consumi di gas nazionali. Il comparto è di

gran lunga il peggiore tra quelli monitorati dall'Istat, un calo dell'11,1% che su base annua rappresenta la

12esima frenata mensile consecutiva.

Escludendo l'energia dal calcolo lo scenario dell'industria diventa decisamente meno cupo, con una crescita

media annua dell'1,3% per le attività manifatturiere che sale all'1'7% allargando lo sguardo all'intero primo

trimestre. A livello settoriale bene in particolare legno e carta, chimica, gomma-plastica, mezzi di trasporto,

metallurgia e macchinari mentre a cedere terreno sono soltanto alimentari, tessile e apparati elettrici.

Scomponendo il dato per raggruppamenti principali di industrie oltre all'energia si registra il calo dei beni di

consumo (-1,6%) mentre spicca in particolare la crescita dei beni strumentali, in aumento sia su base mensile

destagionalizzata (+0,6%) che rispetto allo stesso periodo del 2013 (+2,7%).

Un aumento confortante, terzo rialzo consecutivo nel 2014, trainato dalle performance di alcuni settori chiave

della meccanica made in Italy che dopo anni di "stasi" ritrovano infine qualche refolo di ripresa anche nella

domanda interna. Tra gennaio e marzo gli ordini nazionali acquisiti dei robot, secondo le stime Ucimu vanno

quasi al raddoppio mentre i macchinari legati al packaging, nelle rilevazioni di Ucima realizzano ricavi

nazionali in crescita di oltre il 20%. Dati confortanti che tuttavia non bastano a far sorridere l'intera economia,

ancora impegnata in una lenta e faticosa risalita.

Il gap rispetto al periodo pre-crisi, ricorda il centro studi di Confindustria, sfiora ancora il 25% e il "passo"

della nostra industria non è affatto adeguato per colmare rapidamente questo divario. Anche ad aprile Viale

dell'Astronomia rileva un movimento positivo ma limitato, con l'output industriale in crescita di due decimali su

base mensile destagionalizzata, di tre decimali in rapporto allo stesso mese del 2013. Una velocità ridotta,

rileva il centro studi, che si discosta in modo evidente dalle aspettative manifestate nelle rilevazioni qualitative

dell'Istat, dove fiducia delle imprese e delle famiglie, ma anche gli ordini manifatturieri sembrano indicare

prospettive migliori. In particolare, le valutazioni dei direttori degli acquisti sugli ordini ricevuti dalle imprese

manifatturiere italiane segnalano in aprile un significativo incremento: la relativa componente del PMI si è

attestata ai massimi da tre anni, grazie agli ordini interni e soprattutto esteri. È come vedere il sole in

lontananza, avendo però sulla testa ancora nuvole e pioggia.

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Foto: PRODUZIONE INDUSTRIALE Marzo '12-marzo '14. Variazione % sullo stesso mese precedente

Foto: LE PREVISIONI CSC Italia, indice e saldi, dati destagionalizzati

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 119

Page 120: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Foto: SETTORE DI ATTIVITÀ ECONOMICA Marzo 2014 - marzo 2013. Variazioni percentuali (indici in base

2010=100)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 120

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L'ANALISI La battaglia per crescere in un ambiente ancora ostile Carlo Andrea

Finotto In principio sono state le macchine utensili e i robot, con ordini interni in crescita del 79 per cento. Poi

è arrivato l'indice di fiducia del manifatturiero, ai massimi da tre anni a questa parte. Quindi le previsioni delle

imprese associate ad Assolombarda (Milano) e la produzione dell'intera Lombardia (+2,6%) che da sola

rappresenta circa un quarto del Pil italiano. Poi sono arrivate le macchine per l'edilizia con vendite in crescita

in Italia del 24%

nel primo trimestre

e quelle del packaging, che nello stesso periodo hanno incrementato il fatturato interno del 20 per cento.

Sono tutti mattoncini nell'ancora fragile castello della ripresa. Piccoli segnali, spesso contrastanti - perché in

alcuni casi rallenta l'export, cavallo di battaglia del manifatturiero, anche a causa del super-euro, e la voce

"energia" continua a tenere in territorio negativo il dato generale della produzione, come testimonia l'Istat -,

ma sono pur sempre segnali significativi che sarebbe sbagliato sottovalutare. Del resto, pure l'ultimo indice

Pmi - Purchasing managers index, cioè indice dei direttori agli acquisti, figure chiave che hanno ben chiare le

prospettive aziendali - ha collocato l'Italia tra i Paesi (con Germania e Irlanda) dove il manifatturiero recupera.

Il contesto richiama alla mente l'immagine di quelle piantine che spuntano in luoghi improbabili e in ambienti

ostili, a dispetto anche della logica. Il manifatturiero, in Italia, è un po' così. Combatte contro la crisi e un

ecosistema che sembra concepito per soffocarlo anziché rinvigorirlo. Il risultato è che il distacco da colmare

rispetto al periodo pre-crisi sfiora ancora il 25% e - aspetto persino più preoccupante - la ripresa, anche dove

sembra attecchire (come in Lombardia), non si porta dietro occupazione. Al massimo, un saldo in pareggio

tra ingressi e uscite. L'unica, vera incognita con cui fare i conti non è di certo se sia adeguata la capacità di

resistere delle imprese, ma se il sistema Paese sarà in grado finalmente di cambiare passo sostenendo la

competitività e favorendo nuova occupazione: senza questi elementi anche la capacità di adattamento più

evoluta e tenace potrebbe non bastare.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 121

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FINANZA E TECNOLOGIA Quel flash trading a Piazza Affari Il flash trading. Un fenomeno, anche grazie a pubblicazioni quali Dark Pools di Scott Patterson o Flash Boys

di Michael Lewis, uscito dalle discussioni tra pochi iniziati. E che, però, da anni contraddistingue le Borse.

Tanto che, in quel di Wall Street, negli ultimi esercizi si è assistito addirittura al suo ri-dimensionamento. Nel

2014, infatti, la stima della quota di azioni scambiate dagli High frequency trader (Hft) è intorno al 51%. Certo,

un numero importante. E, tuttavia, lontano dal picco del 2009 (63%).

Il trend stupisce? Non proprio. Questi investitori si trovano a loro agio in mercati ad alta volatilità. Negli anni

recenti quest'ultima è calata. E con lei l'operatività dei flash boys. I quali, finiti tra le polemiche per le accuse

di manipolazione dei mercati, hanno poi subìto anche il pressing da parte dei regulator. Fin qui gli Usa, ma

l'Italia? A Piazza Affari, secondo la Consob, nel primo semestre del 2014 la quota di scambi sull'Mta

riconducibile agli Hft è in media del 22%. Una valore, in linea con il 2013, di tutto rispetto e che richiede la

giusta attenzione.

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Real estate. Accordo per il matrimonio tra le Sgr: Beni Stabili Gestioni, Polaris Real Estate e InvestireImmobiliare Immobili, maxi-fusione da 7 miliardi Alleanza fra i gruppi di Del Vecchio, Benetton-Nattino e Fondazione Cariplo LE TRATTATIVE L'annuncioall'inizio della settimana entrante, Mediobanca advisor. Tra le tre società sinergie anche nell'housing sociale Carlo Festa Maxi-polo immobiliare tra Leonardo Del Vecchio, Gilberto Benetton, Gianpietro Nattino e Giuseppe Guzzetti,

presidente di Cariplo.

Sta per nascere in queste ore la seconda Sgr immobiliare italiana. L'annuncio della firma di un accordo

quadro verrà fatto probabilmente, secondo le indiscrezioni, all'inizio della settimana prossima.

Il piano è ormai agli ultimi dettagli, che dovrebbero essere definiti nel week end. Ma viene dato per certo. Si

fonderanno infatti Beni Stabili Gestioni, Polaris Real Estate Sgr e Investire Immobiliare. Ne nascerà la

seconda Sgr immobiliare italiana dietro Idea Fimit (con 9,4 miliardi in gestione) con attività immobiliari

amministrate per oltre 7 miliardi di euro. Nel piano che ha portato al matrimonio un importante contributo

arriverà da Polaris Real Estate, la Sgr dove socio principale è Cariplo, la Fondazione presieduta dal

presidente dell'Acri Giuseppe Guzzetti.

Il futuro si chiama infatti housing sociale, cioè l'offerta di alloggi e servizi abitativi a prezzi contenuti destinati

ai cittadini con reddito medio basso. Le gestioni della nuova realtà arriveranno così a 9 miliardi di euro alla

fine del piano.

Si potrebbe trattare di un evento fondamentale per il mercato italiano delle Sgr immobiliari che fino ad oggi

ha resistito alle spinte di consolidamento. Le trattative per il merger sarebbero durate circa tre mesi e

avrebbero visto il contributo di Mediobanca come advisor e promotore del progetto di integrazione.

Ottenuto il via libera dagli azionisti delle tre Sgr (Del Vecchio, Benetton, Nattino e Cariplo) mancavano

ancora da definire gli aspetti finanziari e operativi dell'unione. L'accordo che verrà presentato la prossima

settimana punta anche sulle sinergie tra i tre gruppi immobiliari. Tra le tre Sgr esiste infatti un forte legame sia

in termini azionari sia in termini di operatività. Beni Stabli Gestioni è controllata per il 75% dalla società

quotata capogruppo Beni Stabili, per il 10% da Iccrea Holding e per il restante 15% da Banca Finnat

Euramerica della famiglia romana Nattino.

Proprio quest'ultima è l'azionista di riferimento di Investire Immobiliare. Tra i soci della Sgr dei Nattino c'è poi

anche Gilberto Benetton che è entrato con il 20% tramite la sua holding Regia.

C'è infine Polaris, asset manager controllato da Fondazione Cariplo (48%), dalla Cassa geometri (23%),

dalla Congregazione salesiana (20%) e dalla Fondazione Cassa Forlì (9%).

Forti i legami operativi. Tra Beni Stabili Gestioni e Polaris Real Estate Sgr esistono attività comuni

nell'housing sociale .

Tra le ultime operazioni Beni Stabili ha di recente lanciato e concluso il collocamento del fondo di Housing

Sociale Cascina Merlata a Milano, la più rilevante iniziativa di edilizia sociale in fase di attuazione in Italia.

Un altro canale di crescita per la nuova realtà sarà quello del patrimonio pubblico: Investire Immobiliare ha

infatti tra i suoi fondi Fip, il fondo immobili pubblici promosso nel processo di privatizzazione realizzato dal

Ministero Economia e Finanze attraverso il conferimento di immobili a fondi comuni d'investimento

immobiliare.

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I NUMERI7 miliardi

Il valore del nuovo gruppo

La nuova Sgr che metterà insieme Beni Stabili Gestioni, Polaris Real Estate Sgr, Investire Immobiliare e

Polaris Real Estate (la sgr con socio principale Cariplo) avrà attività immobiliari amministrate per oltre 7

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 123

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miliardi.

9,4 miliardi

Il principale competitor

Il nuovo gruppo sarà la seconda Sgr immobiliare italiana dietro Idea Fimit, che vanta 9,4 miliardi di asset

immobiliari in gestione.

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Auto. Fitch mantiene a «BB-» il rating: «Piano ambizioso ma con alti rischi di esecuzione» L'area finanza Fiat-Chrysler a Londra con Marchionne Il titolo rimbalza a Piazza Affari dell'1,21% a 7,53 euro Andrea Malan DETROIT. Dal nostro inviato

Fiat Chrysler sposta il quartier generale a Londra, per motivi fiscali e per cercare un «campo neutro» tra

l'attuale sede italiana e la controllata di Auburn Hills. «Il mio ufficio sarà a Londra, lì si terranno i consigli

d'amministrazione e da lì opereranno alcune delle funzioni aziendali» ha detto giovedì Sergio Marchionne a

Detroit.

La futura Fiat Chrysler Automobiles, che nascerà entro fine anno, avrà sede legale in Olanda e domicilio

fiscale a Londra; per ottenere il via libera, però, dovrà dimostrare di avere attività significative in Gran

Bretagna. Tra le funzioni indiziate per un rafforzamento sulla piazza di Londra c'è in primo luogo la finanza,

dato il ruolo preminente della City; Fiat, peraltro, dispone già di un presidio londinese con gli uffici di Fiat

Finance & Trade e il back office della tesoreria. In predicato per lo spostamento anche le relazioni con gli

investitori, che hanno visto proprio qui a Detroit l'annuncio di un avvicendamento tra l'italiano Marco

Auriemma (che diventerà chief financial officer di Alfa Romeo) e l'americano Joe Veltri. In ogni caso,

affermano fonti vicine al Lingotto, non è da temere un esodo di personale da Torino. Lo spostamento del

quartier generale a Londra è stato accolto con reazioni diverse in Italia. Ferdinando Uliano, della Fim Cisl,

dice che «non importa dove Marchionne decide di collocare il suo ufficio e il quartier generale: noi siamo

interessati agli investimenti in Italia, e il piano annunciato martedì è positivo e dovrebbe assicurare la piena

occupazione». Giorgio Airaudo deputato Sel ed ex responsabile della Fiom torinese, chede invece al

Governo di convocare urgentemente i vertici Fiat Chrysler per una verifica del piano «al fine di confermarne la

credibilità, la sostenibilità finanziaria e la certezza dell'impegno».

L'agenzia di rating Fitch, intanto, ha mantenuto inalterato il voto BB- per i debiti Fiat (con prospettive

"negative") nel suo commento al piano quinquennale di Fiat Chrysler Automobiles presentato martedì. Fitch

definisce il piano (che punta ad aumentare le vendite di veicoli a 7 milioni nel 2018 dagli attuali 4,4) «con

obiettivi finanziari ambiziosi e alti rischi di attuazione». Il rating non cambia perché «non ci sono a breve

termine cambiamenti strutturali nel profilo di business e il raggiungimento degli obiettivi 2018 dipenderà

dall'esecuzione». L'agenzia definisce i «bassi margini operativi del 1° trimestre 2014, particolarmente in

Nordamerica e America Latina, il free cash flow negativo e i deboli risultati complessivi» come «un punto di

partenza basso per il piano»; scrive che le mosse previste aiuteranno Fca «ad affrontare le sfide chiave» ma

avverte che centrare l'obiettivo di ripagare il debito entro fine piano "sarà difficile". A confermare le difficoltà di

esecuzione, «il piano non rappresenta il primo tentativo di rilancio per Alfa Romeo, ma i risultati sono stati

modesti, con diversi tentativi falliti» scrive l'agenzia.

Il titolo Fiat ha segnato ieri un recupero dell'1,21% a 7,53 euro dopo il tonfo di mercoledì e il lieve calo della

seduta successiva; giovedì a Borsa chiusa Fiat aveva reso noto che il presidente John Elkann e l'ad Sergio

Marchionne hanno acquistato azioni Fiat per un ammontare di 1milione di euro ciascuno.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 125

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Tlc. Verso lo scioglimento di Telco Telefonica: restiamo in Telecom Italia con la quota attuale LUNEDÌ IL CDA TELECOM Per Tim Brasil utili e ricavi trimestrali su di oltre il 20% Benello (listaAssogestioni) presidente del comitato nomine e remunerazione Antonella Olivieri Telefonica non si sposta in Telecom, nè sale, né scende. «Noi stiamo bene così come siamo adesso, siamo

soddisfatti, la partecipazione rimane la stessa», hanno dichiarato i vertici del gruppo iberico nel corso della

conference call per la presentazione dei conti trimestrali. L'aspettativa è che i soci italiani di Telco, la holding

partecipata da Telefonica, Generali, Mediobanca e Intesa-Sanpaolo, che detiene il 22,4% di Telelecom,

sfruttino la finestra di opportunità per la disdetta anticipata del patto che si apre a giugno. Telefonica ha solo

precisato che al momento «i soci Telco non hanno comunicato ancora niente, anche se qualcuno ha

annunciato uscite». Se lo scenario sarà confermato, il processo di scissione di Telco dovrebbe completarsi

per fine anno con la consegna delle azioni e della quota-parte del debito della holding ai soci della stessa.

Telefonica si ritroverà ad avere in portafoglio direttamente una partecipazione intorno al 15%, senza avere

propri rappresentanti in consiglio. E sarà probabilmente più facile, in questo contesto, sostenere le proprie

ragioni a fronte della decisione dell'Antitrust brasiliano che - in seguito agli accordi Telco del 24 settembre

scorso, che concedevano al gruppo di Alierta la facoltà di rilevare l'intera quota del 22,4% - aveva imposto al

gruppo di Cesar Alierta una scelta drastica: uscire da Telco-Telecom oppure ricollocare il 50% del suo

operatore mobile Vivo che aveva conquistato sciogliendo la joint con Portugal Telecom. Delibera contro la

quale Telefonica ha promosso un appello.

Il gruppo spagnolo non può permettersi di compromettere i suoi affari in Brasile, Paese che contribuisce per

quasi un quarto ai suoi ricavi. Anche se proprio il Brasile e il resto dell'America latina hanno appesantito i

conti del trimestre, a causa del deprezzamento delle valute locali. Telefonica ha chiuso infatti il periodo con

un utile netto in calo del 23,2% a 629 milioni con ricavi in flessione del 13,5% a 12,23 miliardi. La sola

svalutazione dei cambi di Brasile, Argentina e Bolivia è "costata" una decurtazione dei ricavi in euro

dell'ordine di 1,68 miliardi. In calo anche le entrate in Spagna, dell'8%, e in Germania, dell'11%, dove

Telefonica è impegnata nell'acquisizione di Eplus. Avendo mancato il target di utili nel trimestre, Telefonica è

stata penalizzata in Borsa, dove ha ceduto il 2,57% a 11,7 euro. Per contro il target di indebitamento netto

sotto i 43 miliardi per fine anno è già stato centrato a 42,7 miliardi.

Intanto del trimestre Telecom - che riunisce il consiglio lunedì - sono stati anticipati i conti di Tim Brasil. Gli

utili della controllata carioca sono saliti del 22% a 120,3 milioni di euro con ricavi saliti del 20% a 485,4 milioni

di euro. Ieri si è riunito il comitato nomine e remunerazione che ha provveduto a nominare il presidente.

Secondo le raccomandazioni di governance della società, il presidente dei comitati dovrebbe essere

indipendente e preferibilmente di minoranza. Il nome sarà comunicato ufficialmente dopo il consiglio, ma

l'unico componente che risponde alle caratteristiche prescritte è Davide Benello, uno dei tre consiglieri

espressi da Assogestioni. Giovedì del comitato controllo e rischi è stata nominata presidente Lucia Calvosa,

capofila della lista dei fondi.

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IL FUTURO DI MILANO Non fermiamo il Cantiere di Paolo Bricco I ponteggi della storia. Solidi e sospesi verso il cielo quelli di ieri. Fragili e a rischio scomparsa quelli di oggi. Il

grattacielo Pirelli, nel cuore di Milano e dell'Italia. Il cantiere dell'Expo, alla sua periferia. Perché quest'ultimo

non si riduca al fango che si forma quando piove, il Paese deve trovare - adesso, subito - le sue energie più

intime e nascoste.

Guardate le foto in bianco e nero degli operai che, fra il 1956 e il 1961, costruivano il grattacielo Pirelli di Giò

Ponti e di Pier Luigi Nervi. Sulle impalcature si muovevano come gatti, stavano in equilibrio precario,

lavoravano duro ma sembravano sorridere al futuro. Con le loro facce di uomini della Bassa Bergamasca e

della Sila, del Polesine e della Lucania hanno fatto la "Milan, l'è on gran Milan", l'ottimismo e il piacere di

edificare, la fatica fisica e la gioia di vivere del Boom economico. È la loro energia ad avere acceso il cerino

della storia che, dalla Seconda Guerra Mondiale, ha portato il Paese nell'industrializzazione e

nell'inurbazione, fabbriche e città al posto di campi coltivati e borghi come nei duemila anni precedenti.

Adesso, immaginate i ponteggi vuoti dell'Expo e i cantieri abbandonati, le erbacce che crescono, nessuna

anima viva che cammina nei padiglioni costruiti a metà, l'umor nero che si sprigiona ovunque, le

intercettazioni telefoniche come (nuova?) tavola della legge nei rapporti fra economia e pubblica

amministrazione, una cappa in grado di espandersi da Milano al resto del Paese. Lo scenario peggiore,

dunque. Il grattacielo Pirelli è stato il Boom. L'Expo, in caso di insuccesso, sarebbe la deflagrazione. Ora

servono due cose. Occorre la rapidità che avevano, sessant'anni fa, gli operai sospesi nell'aria, nel cielo di

Milano. E c'è bisogno della loro forza fisica e morale, di ragazzi immigrati nella città che - senza retorica - dai

tempi di Bonvesin de la Riva con la sua operosità non dorme mai. Non c'è più tempo. Chi - inserito in una più

ampia macchina di sfruttamento dei punti di congiunzione fra politica e economia - ha inoculato nel giovane

organismo dell'Expo il virus di un malsano interesse privato e di una pratica manageriale non corretta, è stato

allontanato e dovrà rispondere dei suoi comportamenti personali alla magistratura. Chi resta, invece, ci deve

credere (lo ha ricordato ieri sera a Firenze il premier Matteo Renzi).

Ci deve credere perché ogni minuto trascorso aumenta il rischio di un default Italia, perché un insuccesso

dell'Expo comporterebbe una perdita di credibilità internazionale così forte da fare uscire il nostro Paese -

definitivamente - dai radar degli investitori internazionali. Volontà e rapidità non riguardano soltanto le

persone che lavorano nella macchina dell'Expo, in primo luogo l'amministratore delegato Giuseppe Sala,

scosso da una vicenda che ha visto macchiarsi uno dei suoi principali collaboratori. Riguarda anche la

politica, che sembra avere inteso - finalmente - l'importanza di un evento che, se ha una valenza strategica

per Milano e per l'Italia, ha negli anni scorsi rivestito una fisionomia tattica per i partiti e per i gruppi di potere,

nazionali e locali, che intorno ad esso hanno condotto guerre di posizione, effettuato cannoneggiamenti,

diviso il campo fra amici e nemici. La scarsità di tempo rende necessaria una rimodulazione fra le società

operative che devono costruire fisicamente l'Expo. E deve portare tutti - accantonate le logiche egemoniche -

a trovare un nuovo modus operandi, fra Milano e Roma. Ieri il grattacielo Pirelli. Oggi l'Expo. Perché il nostro

futuro non si riduca a un ponteggio disadorno e abbandonato.

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Possibile l'arrivo di manager esterni Expo, oggi il vertice per la governance Renzi: avanti le opere Appalti truccati anche sul nucleare Attesa per gli interrogatori del gip Sara Monaci Si terrà oggi il vertice sulla nuova governance di Expo tra l'ad Giuseppe Sala, Infrastrutture Lombarde e

Metropolitana Milanese: dovrà individuare il sostituto di Angelo Paris (arrestato con altre 6 persone

nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti truccati), e la figura del direttore dei lavori per il sito. L'organigramma

non esclude manager esterni e dovrà essere pronto per martedì, quando sarà a Milano il premier Renzi, che

ieri ha dichiarato: «Fermare i responsabili, non le grandi opere». Dall'inchiesta, intanto, emergono

condizionamenti anche per le gare legate al nucleare e gestite dalla Sogin. Domani gli interrogatori di

garanzia del gip.

Monaci, Mincuzzi u pagina 6

MILANO

Ore convulse nella società di gestione di Expo 2015. Oggi e domani si parlerà solo di come riorganizzare

l'organigramma e a chi attribuire subito le responsabilità apicali sugli appalti, dopo l'inchiesta giudiziaria che

ha travolto l'evento universale e messo in custodia cautelare in carcere il massimo dirigente della

progettazione e degli acquisti, Angelo Paris.

Il manager ricopriva un ruolo chiave e ora non c'è tempo da perdere. Per stamani è previsto un incontro

riservato tra il commissario unico e ad di Expo Giuseppe Sala e i vertici delle società Metropolitana milanese

(controllata dal Comune di Milano) e Infrastrutture lombarde (controllata dalla Regione Lombardia).

Le due grandi partecipate pubbliche rivestono un ruolo importante per i cantieri di Expo: la prima svolge la

direzione di lavori per la rimozione delle interferenze; la seconda per la realizzazione della piastra, l'appalto

più grosso del sito espositivo di Rho. Quindi Sala vuole evidentemente coinvolgere anche loro per trovare il

sostituto di Paris, e eventualmente anche per la ridefinizione di alcuni incarichi.

Prima di tutto si parla di chi sarà il nuovo responsabile della progettazione. Finora si è parlato di un

avvicendamento interno, per rendere più facile il passaggio di consegne. Non è tuttavia escluso che ci sia

anche l'arrivo di qualche nuovo manager esterno alla società, scelto direttamente da Sala.

Poi ci sarà da pensare anche all'istituzione di un nuovo direttore dei lavori per il sito. Anche in questo caso

potrebbe arrivare un professionista direttamente da Roma, che però, a quanto pare, potrebbe assumere più

incarichi contemporaneamente. Finora la direzione dei lavori è stata, come sempre avviene, affidata opera

per opera e nel caso dei cantieri della piastra c'era, appunto, Infrastrutture lombarde. Poi dopo l'inchiesta

giudiziaria di un mese fa sulla partecipata lombarda, che ha portato agli arresti domiciliari l'ex dg Antonio

Rognoni (coinvolto anche in questa nuova indagine), si è cominciato a parlare di un "super" direttori dei lavori,

figura che però ancora rimane imprecisata, anche dal punto di vista normativo. Adesso sembra che si voglia

introdurre la figura di un manager che raccordi tutte le opere e che svolga anche altre funzioni all'interno della

società di gestione.

Mettere tutte le caselle a posto non è facile, ma il nuovo organigramma dovrà essere pronto per martedì,

quando a Milano arriverà il premier Matteo Renzi per dare supporto all'evento universale e a Sala. Fino a quel

momento il commissario ha deciso di non rilasciare dichiarazioni ufficiali sul lavoro di riorganizzazione di

questi giorni.

Ieri intanto gli appuntamenti ufficiali della società di Expo sono ripresi, con l'inaugurazione dell'Expo-gate a

Milano, nel centro storico, dopo un ritardo di qualche giorno a seguito degli sviluppi dell'inchiesta giudiziaria.

Una buona notizia è anche l'arrivo del finanziamento da 530 milioni per la Tangenziale esterna ad Est di

Milano, di cui 70 pubblici e 460 stanziati dalle banche che partecipano al project financing. Teem è un'opera

inserita nel dossier di candidatura di Expo e adesso potrà arrivare in tempo per il 2015.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 128

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Domani Sala manterrà anche l'impegno di andare a parlare in commissione parlamentare antimafia.

L'audizione era già stata programmata dalla presidente Rosy Bindi, dopo la diffusione di notizie sulla

diminuzione dei controlli preventivi antimafia per accelerare il completamento dei lavori per l'Expo; a questo

tema si aggiungerà anche quello delle recenti operazioni della magistratura che hanno portato proprio

all'arresto di uno dei dirigenti principali della struttura.

Ieri sull'Expo è di nuovo intervenuto il premier Renzi: «Quando ci sono grandi iniziative, se ci sono delle

vicende che non vanno bene, se ci sono problemi con la giustizia, si devono fermare i responsabili e non le

grandi opere».

Un monito arriva anche dal segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin: «Non dobbiamo mai abbassare la

guardia sulla corruzione».

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 129

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L'EUROPA E L'ECONOMIA Se la Bce fallisce sulla stabilità dei prezzi Guido Tabellini Ormai è evidente che la politica monetaria europea sta mancando l'obiettivo di stabilità dei prezzi, che la

stessa Banca Centrale Europea (Bce) ha definito come un'inflazione vicina e poco sotto al 2%. Quello che

forse è meno evidente è quanto alti siano i costi di questa inadempienza.

Prendendo per buone le ultime previsioni della Commissione Europea, a fine 2015 l'area euro sarà stata per

tre anni consecutivi con un'inflazione intorno all'1%, e il livello generale dei prezzi sarà circa il 3% più basso

rispetto a quanto sarebbe stato con un'inflazione del 2%. Poiché l'obiettivo del 2% è incorporato nelle

aspettative di inflazione degli operatori economici, questo vuol dire che tra il 2013 e il 2015 vi sarà stato uno

shock deflazionistico di circa il 3%. Sembra una cosa da poco, ma non lo è.

A fine anno, il debito pubblico italiano sarà circa il 135% del Pil. A parità di tutto il resto, uno shock

deflazionistico del 3% fa salire il debito pubblico di quasi 4 punti percentuali del Pil, pari a oltre 60 miliardi.

Cioè, solo con riferimento alla finanza pubblica, la minore inflazione che avremo avuto tra il 2013 e il 2015 ci

costerà ogni anno più della manovra appena varata dal governo Renzi. A questi effetti si aggiungono poi i

costi sopportati dal settore privato, che sono più gravi anche se più difficili da quantificare.

Questi calcoli approssimativi probabilmente sottostimano il costo effettivo per la finanza pubblica dello shock

deflazionistico in corso. Da un lato è probabile che non tutta la minore inflazione sia inattesa, e ciò in parte si

riflette in un minor costo degli interessi sul debito (la scadenza media del debito italiano è di oltre 6 anni).

D'altro canto, lo shock deflazionistico riduce anche la crescita economica, molto probabilmente durerà oltre il

2015 e potrebbe rivelarsi più grave di quanto stimato dalla Commissione Europea, e in Italia l'inflazione ha

rallentato più che nell'area euro.

Nelle circostanze attuali, evitare un calo prolungato del l'inflazione è obiettivamente difficile.

Guido Tabellini

Ma i problemi sono più politici che tecnici. La politica monetaria europea può ancora attivare diversi strumenti

per contrastare il rallentamento dell'economia e lo shock deflazionistico. Il taglio del tasso d'interesse e

l'applicazione di un tasso lievemente negativo sulle riserve bancarie, che tutti ora si aspettano per giugno,

poteva e doveva avvenire mesi addietro. La BCE può contrastare la riduzione della base monetaria tutt'ora in

corso attraverso l'acquisto di titoli di stato (il cosiddetto quantitative easing) e di titoli collateralizzati emessi

dal settore privato, e rinnovando l'offerta di liquidità bancaria con scadenza a lungo termine e finalizzata al

finanziamento alle imprese. Secondo l'economista di Harvard Jeffrey Frenkel, la BCE potrebbe anche

contrastare l'apprezzamento dell'Euro acquistando titoli di stato americani. Infine, per aumentare l'effetto di

annuncio di questi provvedimenti, la BCE può comunicare che l'obiettivo di inflazione sarà temporaneamente

alzato sopra il 2% per alcuni anni, almeno fino a quando il livello dei prezzi dell'area Euro non sarà tornato sul

sentiero desiderato e il divario accumulato in questi anni non sia stato colmato. A parità di tassi di interesse,

infatti, un aumento dell'inflazione attesa facilita la ripresa dell'economia e l'uscita dalla "trappola della liquidità"

in cui ci troviamo.

Molti di questi interventi hanno alcune controindicazioni tecniche, e la loro efficacia è probabilmente

modesta. Ma l'esperienza recente delle banche centrali di Stati Uniti, Inghilterra e Giappone insegna che

l'inazione è un'alternativa peggiore. Se la BCE finora ha deciso di non seguire la strada delle altre banche

centrali, ciò è soprattutto per ragioni politiche. Questi strumenti non convenzionali attenuano la distinzione tra

politica monetaria e fiscale, espongono il bilancio della BCE a dei rischi, e arrecano benefici soprattutto ai

paesi del Sud Europa dove lo shock deflazionistico è più intenso. Anche se formalmente la BCE è

indipendente dalla politica, gli interessi nazionali contrastanti si riflettono dentro il Consiglio della BCE, e il

risultato è una politica monetaria inadeguata ad affrontare le circostanze eccezionali in cui ci troviamo.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 130

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Per quanto indipendente dalla politica, anche la BCE deve comunque rendere conto del suo operato davanti

al Parlamento Europeo, in audizioni periodiche. Finora queste audizioni sono state del tutto inutili: il

Presidente della BCE sale sul podio e fa una bella lezione ai parlamentari europei. Nel Congresso degli Stati

Uniti, le audizioni del Presidente della Federal Reserve sono ben diverse: il Presidente siede a un tavolo

collocato in basso e risponde puntualmente alle domande incisive e ben preparate dei membri delle

commissioni rilevanti, che esaminano il suo operato e gli chiedono conto di come stia attuando il suo

mandato. Le prerogative del Congresso degli Stati Uniti sulla sua banca centrale sono ben diverse da quelle

del Parlamento Europeo, naturalmente. Tuttavia, l'azione di controllo dei parlamentari europei sulla BCE

potrebbe essere assai più efficace di come è.

Visto che siamo in campagna elettorale, è il momento di cercare di cambiare questa situazione. Anche se

l'area Euro riuscirà ad evitare la deflazione, cosa tutt'altro che certa, i costi di un'inflazione troppo bassa sono

davvero rilevanti. I candidati italiani al Parlamento Europeo dovrebbero promettere che, se eletti, faranno tutto

il possibile per rendere più incisivo il controllo del Parlamento sulla banca centrale, e chiederanno conto alla

BCE del suo operato, con particolare riferimento al mancato raggiungimento dell'obiettivo sulla stabilità dei

prezzi.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 131

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L'ANALISI Un passo avanti e due insidie Angelo Cremonese L'attesa per il varo del nuovo redditometro sembra essere terminata. In questi giorni nella cassetta postale di

molti contribuenti stanno arrivando le lettere con cui l'agenzia delle Entrate comunica l'esistenza di una

discrepanza fra la capacità di spesa o d'investimento e il reddito dichiarato.

Oggetto della contestazione saranno gli acquisti di beni e servizi effettuati in un determinato periodo

d'imposta per importi eccedenti il reddito dichiarato. Una prima domanda da porsi è se, sfruttando i mezzi

informatici a disposizione, l'amministrazione finanziaria abbia già tenuto conto di quella parte della capacità di

spesa derivante dal conseguimento di redditi non soggetti a dichiarazione come interessi, dividendi, capital

gain, ovvero dal disinvestimento di asset patrimoniali o da capitali pervenuti per effetto di donazioni e/o

successioni. Questo eviterebbe l'insorgere di procedimenti che sarebbero un onere per il contribuente onesto

e un inutile dispendio di risorse per la Pubblica amministrazione. Un altro interrogativo riguarda le finalità di

questo strumento che si propone come un pilastro della lotta all'evasione. In effetti nel passato il vecchio

redditometro non ha portato i frutti sperati sia in termini di gettito sia in termini di tax compliance. Questa

nuova versione dovrebbe essere applicata in maniera più semplice e diretta, basandosi sui dati di spesa

effettivi e superando i moltiplicatori. Questa nuova impostazione dovrebbe rappresentare un fattore positivo e

costituire un percorso di autoanalisi in cui il contribuente può misurare e valutare le incongruenze della

propria posizione fiscale. Puntare, però, su questo strumento come potenziale moltiplicatore del gettito

potrebbe portare a delusioni. La funzione principale del nuovo redditometro dovrebbe essere, infatti, quella di

creare un deterrente all'evasione più che ricercare nuove importanti fonti di entrate tributarie. Il rischio, da non

sottovalutare, in un contesto di congiuntura sfavorevole, è di creare uno strumento che agisca più come

deterrente sui consumi che sui comportamenti illeciti. Sarà fondamentale, per l'amministrazione, dare segnali

comunicativi, accompagnati da comportamenti concreti, che scongiurino tale pericolo.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 132

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I big internazionali, soprattutto americani e francesi, controllano 200 miliardi di capitalizzazione Ai fondi esteri il 38% di Piazza Affari Il primo è BlackRock che detiene partecipazioni per 20 miliardi Andrea Franceschi La stagione delle assemblee societarie delle blue-chips italiane ha fatto emergere il ruolo più rilevante degli

investitori istituzionali, che controllano ormai il 38% della capitalizzazione. Blackrock, big globale, detiene

20miliardi di partecipazioni.Servizi u pagina 5

La ritrovata fiducia degli investitori stranieri è il vero elemento di svolta del rally messo a segno da Borsa e

titoli di Stato italiani nei primi mesi del 2014. Non a caso è proprio su questo tema che il presidente della

Consob Giuseppe Vegas ha incentrato il suo discorso in occasione della presentazione della relazione

annuale dell'autority. Una presenza, quella dei fondi esteri, che pare maggiormente orientata a obiettivi di

lungo periodo più che alla speculazione mordi e fuggi. La Consob fa sapere che le imprese partecipate da

investitori istituzionali esteri con quote superiori alla soglia rilevante sono cresciute, nel corso del 2013, da 52

a 69 mentre, stando alla banca dati S&P Capital Iq, il numero di soggetti esteri con partecipazioni oltre il 3%

in quotate italiane è passato da 113 a 135. La maggior presenza di investitori stranieri è peraltro un fenomeno

che influenza pesantemente la governance delle società quotate come si è visto giovedì all'assemblea

dell'Eni in cui i fondi esteri hanno bocciato i requisiti di onorabilità dei manager voluti dal Tesoro.

Ma quanto valgono queste partecipazioni? Al netto delle maggiori holding detenute all'estero da azionisti

italiani la banca dati S&P Capital IQ calcola un controvalore di oltre 200 miliardi di euro, circa il 38%

dell'attuale capitalizzazione del listino italiano, soprattutto sui gruppi a maggior capitalizzazione: il 90% è

investito nell'indice Ftse-Mib. I settori di traino sono la finanza (il 33% della torta) e l'energia (il 21,5%). Molto

ricercate anche utilities (12,5%), industria (10%) e beni di consumo (10%).

La fetta più grossa è in mano i grossi fondi americani che hanno in portafoglio azioni per un controvalore di

93,9 miliardi di euro. Cifra che andrebbe rivista al rialzo dato che molti operano con controllate nei paradisi

fiscali: dei circa 5 miliardi investiti dal colosso Fidelity, per esempio, ben due sono in capo a fondi con sede

alle Bermuda.

Il primo investitore estero, e secondo in assoluto dietro lo Stato italiano, è BlackRock che, attraverso 156

società, ha partecipazioni per 20 miliardi di euro. Il controvalore delle azioni italiane in mano al gigante Usa è

raddoppiato rispetto a un anno fa. Negli ultimi mesi il fondo ha aumentato le quote, in particolare nel settore

bancario, in cui è presente con il 5% circa di Intesa Sanpaolo e Unicredit e il 6,8% del Banco Popolare.

Subito dietro gli americani ci sono i francesi con 25 miliardi di euro in controvalore. Non sono solo asset

manager in questo caso ma anche grossi nomi dell'industria come Edf e Lactalis che controllano Edison e

Parmalat. Nella finanza spiccano le assenze di Bnp Paribas e SocGen che un anno fa risultavano essere

rispettivamente il settimo e l'undicesimo investitore estero alla Borsa di Milano ma che oggi sono fuori dalla

top 20. Stando alla banca dati S&P Capital IQ al 30 settembre 2013 Bnp aveva azioni quotate alla Borsa di

Milano 3,25 miliardi di euro. Oggi il suo portafoglio è sceso a 1,8 miliardi. Considerando che, nel frattempo

Piazza Affari è salita del 22%, è logico ritenere che la banca francese, presente a Piazza Affari con una rete

di 148 fondi, abbia deciso di vendere.

Tra i nuovi ingressi infine spiccano i cinesi dopo che la People Bank of China è salita oltre il 2% di Eni ed

Enel. Con 2,3 miliardi di investimenti a Piazza Affari la Repubblica popolare è all'undicesimo posto in

classifica. Subito dopo gli Emirati Arabi con Aabar che ha il 6,5% delle azioni Unicredit.

© RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Governance È l'organizzazione interna d'impresa,

dalle relazioni fra i soggetti interni che a diverso titolo intervengono nello svolgimento dell'attività alle forme di

tutela dei diversi interessi esterni coinvolti. L'obiettivo di una buona corporate governance è quello di affidare

la gestione dell'impresa alle persone più adatte, tutelando nel contempo gli interessi legittimi di piccoli

azionisti, creditori sociali e dipendenti. Il sistema di governance alla tedesca, o sistema duale, divide le

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 133

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funzioni degli organi societari fra gestione e vigilanza Dadove vengono i fondi che contano di più alla Borsa di

Milano GLI STRANIERI DI PIAZZA AFFARI Le partecipazioni estere Dati in miliardi di euro all'8/5/14 Stati

Uniti 93,9 Germania 6,7 Francia 25,0 Olanda 2,1 Svezia 2,1 Cina 2,3 Emirati A. 2,5 Canada 4,7 Spagna 5,7

Belgio 5,8 Norvegia 7,5 Svizzera 8,5 Regno Unito 22,8 MILIARDI DI EURO Australia Austria Russia

Singapore 2,1 Bermuda 2,0 Irlanda 1,2 Bahamas 1,1 Libia 1,0 Danimarca 0,7 Giappone <0,5 1 5 3 2 4

FONDI CON PARTECIPAZIONI SUPERIORI AL 3% ALLA BORSA DI MILANO Numero di fondi Q1 Q2 Q3

Q4 Q1 2013 2014 100 140 120 113 118 120 132 135 I PRIMI 5 FONDI Dati in miliardi di euro BlackRock

Vanguard Norges Bank Capital Group Comp. BPCE 20,6 8,3 7,0 6,9 5,8 1 2 3 4 5 526,8 201,1

CAPITALIZZAZIONE BORSA MILANO DI CUI IN MANO ESTERA Fonte:S&PCapital IQ

Foto: - Fonte: S&P Capital IQ

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 134

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L'ANALISI La pressione fiscale aiutata dal caos normativo Gianni

Trovati Da qualche anno il caos delle regole sul Fisco del mattone non è una novità. La notizia, semmai, è

che quest'anno la confusione aumenta ancora e che il 2013, con le sue 104mila aliquote Imu e la pioggia di

decreti per cambiare questa o quella regola, dovrà cedere la leadership di annus horribilis delle tasse sulla

casa.

Il primato 2014 è frutto della Tasi, il tributo sui «servizi indivisibili» che prova a sostituire l'Imu sull'abitazione

principale ma pare non farcela del tutto. Per i Comuni, che devono destreggiarsi in un dedalo di norme

sempre più mutevoli senza che nessuno sappia immaginare di quante risorse ogni ente potrà disporre

quest'anno; ma soprattutto per i contribuenti, che a ogni appuntamento devono ristudiare da capo i

meccanismi sempre più cervellotici delle imposte locali e, in tanti casi, rischiano di scoprire che per loro la

tanto contestata Imu era più leggera della Iuc nuova

di zecca.

I primi a farne prova saranno i proprietari di seconde case, negozi, capannoni, alberghi, uffici, centri

commerciali e così via. La maggioranza dei Comuni non è nelle condizioni di decidere nulla in queste

settimane, anche perché alle elezioni del 25 maggio si rinnovano 4.106 sindaci, e in questi casi le abitazioni

principali salteranno gli acconti del 16 giugno. Tutti gli altri, però, saranno chiamati alla cassa a versare la

prima rata in base ai parametri 2013 dell'Imu, e ad aggiungerci la metà della Tasi ad aliquota standard dell'1

per mille: per questi milioni di proprietari, quindi, l'acconto 2014 sarà più caro di quello pagato 12 mesi fa. Ma

per tanti anche il saldo di dicembre confermerà la regola, perché al sicuro da aumenti ci sono solo le

abitazioni principali di valore medio-alto: una ristretta minoranza, che però versava più della metà dell'Imu ora

abolita sulla prima casa.

La lezione di questi anni di continuo lavorio sulle tasse locali è chiara: la confusione delle regole aiuta ad

alimentare la pressione fiscale, perché la nebbia impedisce agli amministratori più attenti di fare i conti in

base alle reali esigenze del Comune e dà una mano agli altri per far crescere il conto senza assumersene la

responsabilità. I contribuenti hanno ormai capito bene questa semplice morale, parlamentari e ministri

un po' meno.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 135

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ANALISI Così la recessione russa può colpire la Ue Riccardo Sorrentino Un impatto limitato, ma non per tutti. Una recessione in Russia non sarebbe, secondo un'analisi di Moody's,

un evento catastrofico per l'Unione europea. Alcuni paesi e alcune aziende, molto legate al gigante

eurasiatico, potrebbero però essere colpiti con una certa durezza.

Il tema è di attualità: tra tensioni in Ucraina e conseguenti sanzioni e i disequilibri interni alla Russia la

possibilità di una crisi è molto concreta: nel 2014, secondo Moody's, il paese potrebbe già vedere il pil calare

dell'1%: tanto, per un paese di nuova industrializzazione.

La mappa delle vulnerabilità vede ai primi posti, la Lituania per l'interscambio commerciale (seguita da

Lettonia, Estonia e, per le importazioni, Bulgaria), Cipro per le esportazioni di servizi e i flussi di capitale in

arrivo dalla Russia e l'Austria per l'esposizione delle sue banche. A essere davvero pericolosi sono però gli

effetti indiretti, soprattutto nel caso di un'escalation della crisi ucraina: «La fiducia nella ripresa della Ue

sarebbe danneggiata, i profitti aziendali sarebbero colpiti, la capacità delle banche di concedere più credito

sarebbe ridotta dalle perdite sugli attivi detenuti in Russia».

Tutto questo a prescindere dalla questione del gas: se la crisi dovesse ridimensionare l'offerta «famiglie e

aziende affronterebbero perdite nel loro potere d'acquisto e nei profitti per gli aumenti dei prezzi dell'energia.

In questo caso l'impatto complessivo sulla Ue sarebbe più ampio» rispetto allo scenario di recessione senza

tensioni geopolitiche. Un'ipotesi di dodici mesi di tagli dell'offerta di gas prevede un aumento dei prezzi del

gas del 50%.

In generale, le aziende più esposte a una recessione russa sono la Carlsberg Breweries, con un terzo delle

vendite nel paese; Renault e Nissan, presidenti nella Alliance Rostec Auto; Volkswagen; Mondi (carta e

packaging); Basf per la sua partnership con Gazprom e Glencore Xstrata per quella con Russneft. Tra le

italiane sono considerate a basso rischio Enel, che come Fortum e E.On ha centrali in Russia e, malgrado la

relativa importanza degli utili realizzati a Mosca, Unicredit, la cui controllata Unicredit Bank Austria è però

considerata a medio rischio.

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LE CIFRE DI MOODY'S22%

La dipendenza dal gas russo

Nella Ue è pari al 22% dei consumi di combustibile fossile. La quota maggiore è quella della Lettonia (100%)

seguita da Lituania (98%), Finlandia e Slovacchia (73%) e Ungheria (55%). Tra i grandi, la Germania è al

27%, la Francia al 15% e l'Italia al 18%.

5%

Gli investimenti diretti russi

A Cipro sono pari al 5% del Pil. Il paese è la destinazione preferita dei capitali russi. Con il 9,3% di

esportazioni di servizi, e il 4,2% di investimenti in Russia, l'isola è uno dei paesi più vulnerabili a una

recessione di Mosca.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 136

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La questione industriale. Con l'ok ufficiale al Piano ambientale riviste le scadenze: massimo 28 mesi percompletare i lavori PUGLIA Tempi stretti per i compiti dell'Ilva Entro un mese il progetto per coprire i parchi minerali - Altoforno 5, stop tra sei mesi IL FRONTEECONOMICO Le risorse per le prescrizioni vanno reperite tra aumento di capitale, banche e risorse interne.E lunedì è previsto il pagamento degli stipendi Domenico Palmiotti TARANTO

Per il risanamento dell'Ilva è scattato un nuovo cronoprogramma. Lo prevede, a decorrere dall'8 maggio,

data della pubblicazione sulla "Gazzetta Ufficiale", il piano ambientale e il relativo Dpcm approvati dal

governo il 14 marzo e registrati dalla Corte dei Conti il 29 aprile. I lavori devono essere conclusi entro 28

mesi. Scadenze impellenti che si aggiungono a quella per il pagamento degli stipendi, previsti domani, lunedì

12 maggio.

Diverse prescrizioni dell'Autorizzazione integrata ambientale di ottobre 2012 vengono quindi rimodulate nei

tempi poiché c'è «la necessità di armonizzare le proposte del comitato di esperti nel documento del 21

novembre 2013», mentre altre sono rimaste invariate. I termini del piano ambientale non sono «comprensivi

dei tempi che risulteranno necessari alle autorità pubbliche per rilasciare le autorizzazioni». Le prime

scadenze sono fissate nell'arco di un mese. Entro 30 giorni dal decreto, infatti, l'Ilva dovrà presentare il

progetto definitivo per la copertura del parco minerali primario «al fine di ottenere le autorizzazioni

necessarie». È il parco più grande, dove vengono stoccate le materie prime, e di cui l'Aia impone la copertura

per evitare la diffusione delle polveri. L'Ilva ha incaricato a novembre l'impresa friulana Cimolai del progetto,

attualmente al vaglio al ministero dell'Ambiente. L'area da coprire si estende per 700 metri di lunghezza, 260

di larghezza e ha un'altezza di 80 metri; va concluso in 28 mesi.

Sempre entro un mese, l'Ilva dovrà liberare l'area dove oggi si trova il parco nord coke avendo rinunciato alla

sua copertura. Scadenza successiva è tra 2 mesi quando l'Ilva dovrà presentare il progetto definitivo per le

autorizzazioni del parco fossile e poi concluderne la copertura entro 28 mesi. Il 3 agosto 2016, invece, è la

data entro cui il parco loppa dovrà essere coperto: 26mila metri quadrati, 280 metri di lunghezza, 98 di

larghezza e un'altezza di 35. Fra l'altro, il 3 agosto 2016 è anche la scadenza per l'adeguamento all'Aia

concesso dalla legge 89 del 3 agosto 2013 (36 mesi). Stessa data finale anche per i parchi del calcare

mentre per Omo e agglomerato nord e sud la copertura dovrà essere ultimata entro 20 mesi.

Per evitare la diffusione delle polveri durante lo scarico delle materie prime via mare, il piano prevede poi il

montaggio di 6 benne ecologiche chiuse, di cui le prime 2 dovranno essere pronte entro 5 mesi. Le altre 4

dovranno essere installate progressivamente: la terza entro l'ottavo mese, la sesta entro il diciassettesimo

mese dal Dpcm.

Nastri trasportatori: il 35% dei rulli che portano le materie prime sugli impianti va chiuso entro un mese. Poi si

dovrà salire al 55% entro 10 mesi, al 75% entro 19 e chiuderli tutti entro 28 mesi. Anche per gli edifici dove

vengono maneggiati materiali che sollevano polveri, il piano ne ribadisce la chiusura. I primi 5 edifici

dovranno essere pronti entro 2 mesi e altri 5 entro 8. I restanti 9 vanno invece chiusi entro 15 mesi. Il piano

dispone anche i tempi dei lavori alle batterie coke (l'Ilva rimarrà con sei) ma il Dpcm "raccomanda" al

commissario Enrico Bondi di considerare l'eliminazione o la riduzione del coke attraverso le nuove tecnologie.

E tra queste l'utilizzo «di materia prima ferrosa costituita da ferro preridotto acquisito all'esterno o anche della

Direct Reduction che comporta il trattamento del minerale di ferro con gas naturale». Meno cokerie in attività

significa qualità ambientale migliore. Va detto che, da alcuni mesi, l'Ilva il preridotto di ferro lo sta acquistando

dall'estero e usando negli altiforni e nelle acciaierie (per quest'anno si prevedono 600mila tonnellate). Inoltre,

nella parte di piano industriale 2017-2020 indica anche la possibilità di realizzare a Taranto il preridotto,

investendo 300 milioni.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 137

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Tornando alle misure ambientali, il piano stabilisce entro 6 mesi la fermata del grande altoforno 5 per il

rifacimento, entro 6 mesi il completamento dell'installazione dei filtri a tessuto, entro 10 mesi la conclusione

degli interventi per la riduzione delle emissioni fuggitive dei gas di cokeria e sempre entro 10 mesi

l'installazione di un sistema a cappe mobili per l'aspirazione dei fumi che si sollevano dall'area gestione

rottami ferrosi e svuotamento paiole. Le cappe sono una soluzione transitoria in quanto entro il 3 agosto 2016

andrà ultimato il nuovo sistema di trattamento delle scorie in acciaieria.

Gli interventi dell'Aia costano 1,8 miliardi e rientrano nei 3 miliardi in cantiere nel triennio 2014-2016 che

dovranno arrivare da aumento di capitale, intervento delle banche e risorse dell'azienda. I costi Aia sono così

divisi: 405 milioni i parchi minerali, 132 la chiusura dei nastri trasportatori e degli edifici, 151 l'agglomerato,

186 le cokerie, 78 gli altoforni, 74 le acciaierie, 174 le acque, 141 i rifiuti, 138 i rischi da incendi e incidenti

rilevanti, 180 l'efficienza energetica e 90 oneri vari. Su un miliardo e 800 milioni, 104 milioni sono già stati

spesi lo scorso anno.

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PARCO MINERALI Progetto entro 30 giorni

Entro 30 giorni dal decreto l'Ilva dovrà presentare il progetto definitivo per la copertura del parco minerali

primario «al fine di ottenere le autorizzazioni necessarie». Il Piano ambientale è stato pubblicato in Gazzetta

Ufficiale l'8 maggio scorso

405 milioni TOTALE INTERVENTO

ADEGUAMENTO AIA Scadenza 3 agosto 2016

Il 3 agosto 2016 è anche la scadenza per l'adeguamento all'Aia concesso dalla legge 89 del 3 agosto 2013

(36 mesi). La stessa dtata fissa anche il termine entro cui il parco loppa dovrà essere coperto: 26mila mq,

280 metri di lunghezza, 98 di larghezza e 35 di altezza

1,8 miliardi COSTO COMPLESSIVO

NASTRI TRASPORTATORI Al via entro un mese

Il 35% dei rulli che portano le materie prime sugli impianti va chiuso entro un mese. Poi si dovrà salire al 55%

entro 10 mesi, al 75% entro 19 e chiuderli tutti entro 28 mesi. Chiusura anche per gli edifici dove vengono

maneggiati materiali che sollevano polveri

132 milioni LA SOMMA PREVISTA

ALTOFORNO 5 Fermata entro 6 mesi

Il piano stabilisce entro 6 mesi la fermata del grande altoforno 5 per il rifacimento, entro 6 mesi il

completamento dell'installazione dei filtri a tessuto, entro 10 mesi la conclusione degli interventi per la

riduzione delle emissioni fuggitive dei gas di cokeria

78 milioni L'ADEGUAMENTO

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Credito. In assemblea voto quasi unanime per la revisione dello statuto Ubi, i soci varano la riforma Più spazio ai soci di capitale LA SVOLTA Moltrasio: «Da questo voto un segnale per le popolari» Il ceo Massiah: «Avviata un'analisi su uneventuale passaggio alla banca unica» Marco Ferrando BRESCIA. Dal nostro inviato

Ubi completa il suo percorso di autoriforma. Con un voto giunto quasi all'unanimità, l'assemblea dei soci

riunita alla Fiera di Brescia ieri ha approvato una revisione dello statuto che assegna più peso ai soci di

capitale, riduce i consigli e rivede le regole per le assemblee.

Il Consiglio di Sorveglianza aveva già compiuto il primo passo nei mesi scorsi, introducendo il requisito del

possesso minimo di 250 azioni per restare soci: le pulizie hanno portato alla cancellazione di 20mila nomi da

un libro che oggi ne conta 75mila, e destato qualche critica espressa in assemblea. Mugugni, che non hanno

condizionato l'esito dei lavori, in un'assemblea che in prima fila ha visto schierate le grandi famiglie

imprenditoriali che da sempre fanno parte del mondo Ubi, nomi come Bombassei, Beretta, Radici, Zanetti:

alla fine, dei 6.980 soci presenti al momento del voto, 6.870 hanno dato parere favorevole, contro i 95 contrari

e i 15 astenuti. Un risultato netto, che va oltre le aspettative dei vertici: il tema dei soci di capitale è

tradizionalmente scomodo nel mondo delle popolari, e dal dibattito della mattinata era emersa la contrarietà

dei rappresentanti della minoranza in CdS.

Le nuove norme seguono alla lettera le disposizioni di Bankitalia pubblicate in settimana. Per questo il caso-

Ubi è destinato in qualche modo a lasciare il segno nel mondo delle popolari: «Abbiamo dimostrato di essere

in grado di autoriformarci, caso raro in un Paese in cui manca la propensione al cambiamento», ha

commentato il presidente del Consiglio di Sorveglianza, Andrea Moltrasio. «È un messaggio importante per le

banche cooperative: dimostriamo che si può restare popolari aprendosi ai soci di capitale e si possono ridurre

i consigli, decidendo sempre a larga maggioranza».

In futuro non si escludono ulteriori ritocchi alla governance, ma il più è fatto. Con le modifiche introdotte ieri in

assemblea si mette a punto lo statuto costruito sette anni fa alla nascita del gruppo (la «pariteticità» tra le

società partecipanti, ad esempio, ora è diventata «pari dignità») e si valorizzano allo stesso modo le quattro

componenti del corpo sociale - clienti, dipendenti, amministratori, fondi: «Ora possiamo evitare la

polarizzazione su una sola categoria», ha detto Moltrasio. Nel dettaglio, viene assegnato maggior peso ai

soci di capitale, sia nella formazione delle liste (i fondi potranno farlo presentando almeno l'1% del capitale)

sia nell'assegnazione dei posti nei consigli, un passaggio considerato importante in una banca in cui gli

investitori istituzionali detengono stabilmente il 40% del capitale. Decisa, poi, la riduzione dei board dal

prossimo rinnovo (da 23 a 17 i componenti della Sorveglianza e da un massimo di 11 a un massimo di 9 la

Gestione) e un tetto anagrafico ai consiglieri: chi siede in CdS non potrà avere più di 75 anni, in Cdg il limite

scende a 70. Innalzato fino a cinque il limite delle deleghe che i soci potranno presentare nelle assemblee,

che d'ora in avanti prevederanno anche collegamenti in video conferenza e il voto a distanza.

«Non ho paura del nuovo, purché sia nuovo davvero», ha dichiarato polemicamente il consigliere Andrea

Resti, l'anno scorso capolista della formazione espressa dai soci bergamaschi dell'associazione "Ubi, banca

popolare". Un anno fa avevano catalizzato oltre 4.500 voti, ieri invece hanno invitato a disertare l'assemblea e

il partito del dissenso si è limitato a una manciata di voti: «La banca ne esce più forte e coesa», secondo il

commento di Franco Polotti, presidente del Consiglio di Gestione. Ora «ci potremo concentrare sulla

redditività», come ha rimarcato ancora Moltrasio: l'obiettivo è quello di riservare maggiori soddisfazioni agli

azionisti, con dividendi più alti rispetto ai sei centesimi approvati proprio ieri; qui la palla di fatto passa

completamente nelle mani del consigliere delegato, Victor Massiah: in agenda c'è anzitutto l'esame Bce,

«dove noi partiamo da coefficienti patrimoniali che rappresentano un vantaggio sui nostri competitor», ma

intanto si è avviato uno studio sulla performance delle diverse banche del gruppo, visto che c'è chi corre

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(come la Popolare di Bergamo) e chi stenta. Anche la banca unica, cioè la possibilità di semplificare la rete

societaria, «fa parte di un'analisi che stiamo affrontando», mentre eventuali matrimoni (ieri si è accennato a

Veneto Banca) almeno per ora non sono in discussione: «Si vedrà più avanti. E comunque il successo degli

aumenti di capitale di fatto riduce la necessità di correre alle aggregazioni».

@marcoferrando77

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Foto: Tra i soci. Il presidente del CdS Ubi, Andrea Moltrasio, ieri in assemblea

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 140

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LE MOSSE DI MURDOCH «Prove di trasmissione» per il polo Ue della pay tv Il consolidamento in un'unica realtà di BSkyB, Sky Deutschland e Sky Italia, progetto rilanciato anche dalle

colonne del Financial Times, é perfettamente adeguato alla logica del momento. Gli over-the-top fanno

sentire sempre di più la presenza sul mercato dei contenuti, dall'altra parte per 21st Century Fox la mossa di

Mediaset, con la newco sulla quale si sono concentrate le attenzioni di Vivendi e Al Jazeera, ha certamente

suonato un campanello d'allarme per le dimensioni e l'identità transnazionali del nascente polo di pay tv. In

questo quadro non ha senso per la galassia Murdoch mantenere al suo interno costellazioni distinte in cui le

attività in UK, Germania e Italia procedono per conto proprio. Delle tre, BSkyB é quella che presenta un

modello di business che appare più adeguato ai tempi, con una focalizzazione sull'ultrabroadband. É chiaro

però che nel momento in cui il mercato assume contorni quantomeno europei la massa critica e l'adeguato

modello di business faranno la differenza.

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IL CASO UBI Se le popolari si riformano da sé La storia e l'azionariato di Ubi di fatto rappresentavano un vantaggio rispetto ad altre banche popolari, dove la

base sociale è molto più turbolenta e meno propensa al cambiamento. Però ciò non toglie che il passaggio di

ieri in assemblea, dove i soci riuniti a Brescia hanno approvato a larghissima maggioranza la riforma dello

statuto, rappresenta un precedente importante per le banche popolari. I ritocchi allo statuto vertevano su

alcuni punti nodali come il ruolo dei soci di capitale e l'organizzazione delle assemblee, introducendo delle

innovazioni che di fatto rendono più agevole la partecipazione anche al di fuori dei soliti assidui frequentatori;

oltre al merito della riforma, però, conta anche il modo in cui è passata: il voto è stato plebiscitario, a

conferma del fatto che i malumori - se ci sono - non sono evidentemente significativi. Ubi esce dall'assemblea

di ieri non solo con uno statuto che di fatto riconosce maggiore peso agli investitori istituzionali (in una fase in

cui guardano con particolare interesse alle banche italiane) ma anche con un'immagine di banca matura e

coesa: le premesse ideali, in sostanza, per concentrarsi ora sull'operatività e soprattutto la redditività del

gruppo, che resta la prima vera istanza della Vigilanza perché rappresenta l'unica garanzia di successo per

una banca. Altre popolari, a partire da Bpm, pagherebbero l'impossibile per trovarsi nella stessa situazione,

ma in ogni caso Ubi dimostra che le banche popolari possono muoversi anche con le proprie gambe, senza

attendere per forza Via Nazionale o tanto meno il legislatore.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 142

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Crossroads la ricerca inventa il suo mercato Luca De Biase Ogni centro di ricerca o università dispone di un ufficio dedicato al trasferimento tecnologico. E ogni impresa

ha bisogno di accedere ai risultati della ricerca giusta per il suo modello di business. Eppure «il mercato del

trasferimento tecnologico resta largamente da creare» per Massimiliano Granieri, giurista e membro

dell'AstpProton, associazione europea del settore. Le testimonianze internazionali raccolte al convegno "4T"

organizzato da Jacobacci al Kilometro Rosso hanno dimostrato che le soluzioni per valorizzare la ricerca

soddisfacendo le esigenze delle imprese restano da sviluppare.

I problemi di incontro tra la domanda aziendale e l'offerta accademica dei risultati della ricerca sono vasti:

dalla valorizzazione dei costi alla suddivisione della proprietà intellettuale, dalla comprensione delle rispettive

liste di priorità all'informazione sulle opportunità aperte dalla ricerca, e così via. Non sembra che ci siano

ricette buone per tutti. Ma un fatto è certo: un ecosistema dell'innovazione è tanto più forte quanto meglio

valorizza le sorgenti scientifiche della capacità innovativa. Gli esempi non mancano. Cambridge è molto più

generosa di Oxford nell'attribuire ai ricercatori una quota del fatturato generato dagli accordi con le imprese: e

il distretto dell'innovazione di Cambridge è molto più ricco di quello di Oxford. In Israele gli incentivi ai

ricercatori sono tra i più elevati del mondo: e l'ecosistema innovativo israeliano è tra i più prolifici del pianeta.

Il fortissimo sistema per lo sviluppo delle startup di Silicon Valley consente alla ricerca di trovare enormi

sbocchi economici e alimenta le risorse delle sue università. Non sono strade obbligate. Ogni territorio può

cercare la sua soluzione: ma nessun territorio la può trovare se non alimenta una cultura dell'università come

fondamentale generatore di ricchezza per l'ecosistema dell'innovazione.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 143

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LA CACCIA AGLI INSOLVENTI Cercasi moroso ostinatamente Chiara Bussi «Sono in arretrato con le bollette della luce? Mi creda, questo è l'ultimo dei miei problemi. Avevo tre

dipendenti e ora sono rimasto solo. Da due mesi siamo fermi e non so se domani la mia attività sarà ancora

in piedi. Ho molti debiti, ma per tutti la risposta è la stessa». La scena si svolge nell'hinterland milanese in una

mattina di inizio maggio al seguito di Laura, addetta di una società di recupero crediti. Una caccia al tesoro tra

citofoni muti, telefoni che squillano a vuoto, interlocutori rassegnati che hanno fatto il passo più lungo della

gamba o che la crisi ha trasformato in insolventi loro malgrado.

Q ualche chilometro più in là inizia la ricerca di un cinquantenne che ha "saltato" dodici rate del mutuo. Ma

nessuno risponde. «È da un po' di tempo che non lo vediamo», si lascia sfuggire una vicina. Laura (il nome è

di fantasia) estrae un documento e infila nella cassetta delle lettere del "debitore" i suoi recapiti per essere

contattata «con urgenza». La meta successiva è una società immobiliare che ha contratto un prestito di

15mila euro, ma ha "dimenticato" nove rate. Nella sede legale non c'è nessuno, così Laura compone il

numero ed è più fortunata. «Domani farò il bonifico - risponde il titolare - e così inizierò a saldare il mio

debito». Laura gli ricorda che dovrà inviarle una copia dell'operazione per certificare il pagamento.

Nel paese vicino inizia la ricerca di una ragazza che ha siglato un prestito ma poi ha interrotto i pagamenti e,

dopo vari solleciti, è arrivata la «decadenza del beneficio del termine». Significa che ora, se vorrà saldare il

suo debito, dovrà pagare tutte le rate in scadenza in un'unica soluzione. Della ragazza, però, non c'è traccia e

anche questa volta i vicini, senza nemmeno chiederlo, forniscono indizi: si è trasferita in un'altra città. Non

sanno dove sia nemmeno al recapito lavorativo da lei indicato , perché era un'occupazione a termine. Per

trovarla occorreranno indagini supplementari in Comune, ma solo se la "debitrice" avrà notificato il cambio di

residenza. Tutto da rifare insomma, con molte incognite. Il giro alla ricerca dei crediti fa tappa di fronte alla

sede di un'azienda. Il titolare non ha finito di pagare un'auto acquistata nel 2010 e sembra aver rimosso

quella transazione. «Faremo il possibile per venirle incontro - dice con gentilezza Laura - possiamo

accordarci su un saldo e stralcio con lo sconto oppure su un piano di rientro». L'imprenditore scuote la testa :

«Mi dispiace - risponde - sono nullatenente e non posso pagare. La mia azienda è fallita, non so proprio dove

trovare i soldi».

C.Bu.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 144

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Slovenia e Gran Bretagna tra le altre mete Non solo capannoni: la Svizzera seduce anche l'e-commerce Micaela Cappellini Se anche un colosso americano come Guess, per la sede europea del suo sito di e-commerce, ha scelto la

Svizzera, un motivo ci sarà. È la delocalizzazione 2.0: dopo i capannoni, ora a traslocare oltreconfine sono gli

imprenditori italiani dell'e-commerce. Ad attirarli non è solo una tassazione più bassa, ma anche regolamenti

più snelli per chi vende e per chi acquista. E per scontrini sotto i 150 euro, dalla Svizzera all'Italia non si

applicano dazi sulle spedizioni.

I Cantoni non sono l'unico paradiso del business online: tra le mete nel mirino di chi pensa alla "fuga"

dall'Italia ci sono anche Slovenia e Gran Bretagna.

Cappellini u pagina 16

L'headquarter europeo di Guess.ue, il sito e-commerce del colosso americano dell'abbigliamento? È a

Bioggio, in Svizzera. E se anche un gigante come Guess ha scelto i Cantoni, un motivo ci sarà.

È la delocalizzazione 2.0. Traslocare oltreconfine i capannoni, dalla Brianza al Canton Ticino, dal Veneto alla

Slovenia, potrebbe essere passato di moda. Ora a essere tentati dalle sirene svizzere sono gli imprenditori

italiani dell'e-commerce. Un mercato che oggi in Italia vale oltre 10 miliardi di euro, interessa 14 milioni di

consumatori e cresce a un ritmo del 18 per cento.

Il fenomeno, per ora, è agli esordi. Vetrine virtuali, trasloco molto più agevole. E tasse ridotte, naturalmente,

proprio come per i capannoni. In Svizzera dipende dai cantoni: in quello Ticino, per esempio, la tassazione è

al 21 per cento, e se la merce acquistata dall'internauta italiano non supera i 150 euro è anche esente dai

dazi. Ricevere la merce da un magazzino a Milano o a Lugano, insomma, per il consumatore non fa alcuna

differenza. In Slovenia, altra destinazione dei sogni per gli imprenditori dell'online, la tassazione è al 17%.

«Senza contare che tradizionalmente il Paese è buona piattaforma di lancio commerciale verso l'Est e i Paesi

di lingua germanica», sostiene Alan Rhode, partner della società Taxmen, con sede a Londra, che si occupa

di servizi fiscali e legali per l'e-commerce. Anche la Gran Bretagna ha un discreto appeal: oltre a una

pressione fiscale al 20% (per chi non supera le 300mila sterline di utile), non impone un capitale sociale

minimo e i costi di gestione societaria sono bassi.

Scegliendo la via dell'estero, l'e-commerce italiano non fugge solo dalle tasse. Scappa, soprattutto, da

regolamenti che rendono difficile le vendite online nel nostro Paese rispetto ad altre realtà europee.

Prendiamo i modelli Intrastat: «L'Italia - sostiene Rhode - è l'unico Stato europeo che non prevede una soglia

minima di fatturato per la compilazione dei modelli Intrastat: ciò implica un aggravio degli oneri amministrativi

a carico degli operatori e-commerce nel caso in cui versino l'Iva in Stati esteri su base obbligatoria o

opzionale (disciplina del "distance selling"). Gli altri Stati europei impongono tale onere solo quando si

raggiungono soglie di fatturato significative: in Germania, per esempio, 500mila euro».

Proseguiamo: mentre nella maggior parte degli Stati europei l'apertura di una posizione fiscale implica

l'immediata registrazione nel VIES, il database delle partite Iva (a cui è necessario essere iscritti per accedere

al regime di non-imponibilità Iva delle cessioni intracomunitarie), in Italia la registrazione deve essere attivata

dal contribuente con separata procedura. E poi c'è la questione del codice fiscale: l'obbligo del suo

inserimento da parte del cliente nelle vendite a consumatori italiani che siano oggetto di fatturazione è un

aggravio degli oneri amministrativi e può rappresentare un fattore di dissuasione all'acquisto.

A oggi, chi guarda con interesse alla delocalizzazione è chi commercia in abbigliamento, calzature, cosmesi,

profumeria, cartoleria, vini. Si tratta spesso di operatori che acquistano prodotti dall'estero per rivenderli in

Italia o in altri Paesi. Cui vanno aggiunti coloro che erogano servizi elettronici, il cosiddetto commercio

elettronico "diretto": applicazioni per smartphone, licenze sui contenuti di banche dati.

Ma a chi converrebbe davvero il trasloco? «Dal punto di vista fiscale e finanziario - spiega Alan Rhode - la

delocalizzazione conviene alle società che generano un fatturato non troppo esiguo, almeno un milione di

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euro, dato che l'internazionalizzazione implica i costi di creazione del magazzino e di assunzione del

personale all'estero. Farlo fin dall'avvio dell'attività d'impresa poi ha i suoi vantaggi: sarà più difficile incorrere

in contestazioni da parte dell'erario italiano rispetto al caso di un imprenditore che, dopo decenni d'attività in

Italia, improvvisamente trasferisce all'estero parte dei suoi cespiti aziendali. Bisogna poi considerare gli altri

vantaggi che gli altri Paesi possono offrire: minor costo del lavoro, possibilità di sinergie con partner locali,

maggior propensione della popolazione autoctona verso gli acquisti online, maggior facilità di accesso a

ulteriori mercati esteri».

Attenzione però: per beneficiare legittimamente del regime fiscale di un altro Stato (anche se nella Ue)

l'imprenditore italiano deve stabilire e operare una reale attività d'impresa all'estero, con una società radicata

economicamente nel territorio di costituzione, con mezzi e personale a sua disposizione. Altrimenti,

capannoni reali o vetrine virtuali che siano, si corre il rischio di cadere nell'esterovestizione, che si verifica

quando una società è stabilita formalmente in un altro Stato ma è amministrata dall'Italia, e per questo motivo

soggetta a imposizione anche in Italia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Abbigliamento e calzature 40 Trasporti (biglietti aerei, ferroviari...) 35

Prodotti tecnologici (tablet, smartphone) ed elettrodomestici 31 Libri in formato cartaceo 29 App per dispositivi

mobili 29 Biglietti/prenotazioni (concerti, eventi...) 25 Soggiorni e vacanze 23 Prodotti di bellezza 21 Fonte:

ContactLab Il business Risposte multiple di un campione. Dati in percentuale LO SCONTRINO MEDIO

DELL'ITALIANO ONLINE In euro Fonte: Human Highway-Netcomm Acquirenti sporadici max 2 acquisti a

trimestre) Acquirenti abituali (>3 acquisti a trimestre) Scontrino medio settore moda Scontrino medio

arredamento Scontrino medio design 80 140 60 90 100 COSAACQUISTANOGLI ITALIANIONLINE

I NUMERI 150 euro

La soglia dell'esenzione

Le vendite dalla Svizzera all'Italia sotto questa cifra sono esenti da dazi. Questo consente agli imprenditori

italiani dell'e-commerce che si sono trasferiti oltreconfine di non far pagare alcun sovrapprezzo di spedizione

alla maggior parte dei propri clienti: in Italia, infatti, la media degli

scontrini online si aggira intorno ai 100 euro

17%

Le tasse in Slovenia

L'imposizione fiscale sulle società a Lubiana è molto più bassa che in Italia, dove fra Ires e Irap si raggiunge

il 31,4 per cento. In Svizzera l'aliquota varia a seconda del cantone: in Ticino, per esempio, è pari al 21 per

cento. Altra meta prediletta dagli imprenditori italiani dell'online è Londra: qui la pressione fiscale è al 20% per

chi non eccede le 300mila sterline di utile, per poi

salire al 23%

Foto: Guess va in Svizzera. A Bioggio la sede del suo sito e-commerce europeo

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IMPRESE Energia, prezzi giù (non per le Pmi) Rosalba Reggio Reggio u pagina 17

Se il prezzo dell'energia crolla, la bolletta delle piccole imprese italiane ne beneficia ben poco e, in alcuni

casi, addirittura segna un lieve rialzo.

È il grande paradosso che continua a penalizzare le Pmi del nostro Paese, che assistono a una flessione a

due cifre del prezzo della materia prima ma continuano a perdere competitività rispetto alle imprese estere

pagando una bolletta elettrica molto salata.

È quanto emerge dalle rilevazioni operate dalla Camera di Commercio di Milano, che da alcuni anni

monitora, con cadenza trimestrale, l'andamento dei prezzi medi dell'energia elettrica praticati sul mercato

libero alle micro, piccole e medie imprese. «Il doppio fenomeno della capacità inutilizzata e dell'eccesso di

offerta - spiegano Samir Traini e Fulvio Bersanetti, economisti di Ref Ricerche che elaborano i dati per la

CCIAA di Milano - ha originato una marcata flessione del prezzo della materia prima. Da circa due anni,

contrariamente al passato, il prezzo dell'energia elettrica si è andato svincolando dall'andamento dei

combustibili della generazione termoelettrica: nei primi mesi del 2014 il prezzo unico nazionale della borsa

elettrica italiana ha sperimentato un brusco ridimensionamento, con una riduzione del 20% in confronto a fine

2013, riportando le quotazioni del kilowattora all'ingrosso su valori che mancavano dal lontano 2005». Ma la

flessione del 20% si è tradotta solo in un lieve calo della spesa finale: frutto della nuova composizione della

bolletta, che ha visto, dal 2008, la continua diminuzione del peso della materia prima e il raddoppio (si veda

grafico in pagina) della componente degli Oneri di sistema e impropri. Un fenomeno che ha, di fatto,

fortemente limitato la possibilità delle imprese di negoziare il prezzo dell'energia. Un eventuale sconto del

10% sul 31,4% della bolletta si tradurrebbe infatti in uno sconto sulla bolletta totale di poco superiore al 3%.

Se poi, come è successo, le altre componenti di costo continuano a crescere, il beneficio si riduce

sensibilmente e addirittura si vanifica. Ecco due esempi concreti. Un'impresa manifatturiera che consumi 280

MWh all'anno - concentrati principalmente nelle ore diurne - nel 1° trimestre del 2014 (rispetto al 1° trimestre

del 2013) ha pagato l'energia il 21,5% in meno ma ha avuto uno sconto in bolletta solo del 4%. Nel caso del

ristorante, che consuma energia principalmente nelle ore serali, il bilancio è ben più negativo. Un locale dal

consumo annuale di 35 MWh, infatti, nonostante la flessione del 16,1% del prezzo dell'energia ha registrato

un lieve aumento della bolletta finale (+0,2%).

«La flessione della materia prima - spiegano gli economisti di Ref Ricerche - è stata più che compensata dal

forte adeguamento al rialzo di altre componenti, in particolare dei cosiddetti oneri impropri, raddoppiati

nell'ultimo biennio. Si tratta di voci di natura parafiscale che, oltre al finanziamento delle fonti rinnovabili e altri

sovvenzionamenti, hanno visto dal 1° gennaio 2014 l'introduzione di un nuovo elemento deputato a finanziare

le agevolazioni sul costo di fornitura per le imprese energivore».

Sul futuro, insomma, tanta incertezza e qualche segnale positivo: la materia prima è sempre meno costosa e

la progressione della bolletta - almeno per alcuni profili di consumo - si è quasi arrestata. Le buone notizie,

però, finiscono qui. Le imprese che nel 2013 hanno scelto il mercato libero, infatti, hanno sostenuto una

spesa per la fornitura superiore rispetto a chi è rimasto nel mercato di maggior tutela. E qui si apre un altro

elemento di incertezza che potrà condizionare il 2014. Nel dibattito si sta infatti profilando l'ipotesi che il

mercato possa avviarsi verso un cambiamento di regime tariffario - come è successo nel 2013 per il gas - che

potrebbe comportare la perdita, per le imprese, del paracadute del mercato regolato dall'Autorità di settore

(maggior tutela) a vantaggio del mercato libero. Questo renderà ancora più importante la trasparenza dei

prezzi e dei costi totali del l'energia. «È una sfida che la Camera di Commercio di Milano sente di dover

raccogliere - spiega Sergio Rossi, dirigente dell'area Sviluppo del territorio e del Mercato della CCIAA di

Milano - irrobustendo il monitoraggio sui prezzi dell'energia e del gas naturale. L'obiettivo è quello di

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promuovere una maggiore trasparenza e di rendere più consapevoli e informati gli utenti mediante la

definizione di un benchmark di prezzo del mercato libero che in prospettiva aiuti tutte le Pmi a valutare con

maggiore cognizione il proprio posizionamento in termini di condizioni economiche di fornitura di energia

elettrica e gas naturale».

© RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Componente A3 Con la bolletta dell'energia elettrica

si pagano, oltre ai costi del servizio e le imposte, anche alcune componenti previste per legge, il cui gettito è

destinato a finalità particolari. La più consistente, denominata A3, è destinata a promuovere la produzione di

energia da fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, ecc.) e assimilate mediante un sistema di incentivi che

garantiscono una remunerazione certa per l'energia prodotta e agevolazioni per l'allacciamento degli impianti

alle reti Gli esempi DISTRIB. CONSUMI CONSUMI DETTAGLIO SPESA ELETTRICA COMPOSIZIONE

BOLLETTA 280 MWh/anno F1 75 F2 15 F3 10 Totale bolletta -4,0 Oneri impropri 16,3 Dispacciamento 9,8

Materia prima -21,5 35 MWh/anno F1 34 F2 30 F3 36 23,3 26,5 13,7 5,1 31,4 15,3 31 7,8 6,2 39,7 Totale

bolletta 0,2 Oneri impropri 15,9 Dispacciamento 10,7 Materia prima -16,1 I COSTI DI FORNITURA

ELETTRICA PER LE PMI LEGENDA Variazioni I trimestre 2014/I trimestre 2013 Dati in % Ristorante

Impresa manifatturiera Energia Infrastrutture Imposte Dispacciamento Oneri di sistema e impropri Fonte:

elaborazioni REF Ricerche su dati CCIAA Milano

Foto: Gli esempi - Fonte: elaborazioni REF Ricerche su dati CCIAA Milano

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 148

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LE SFIDE DEL SEMESTRE Il difficile compito di rilanciare l'Europa Adriana Cerretelli Il governo di Matteo Renzi non nasconde le ambizioni italiane per il semestre europeo che debutterà il primo

luglio prossimo. Rilancio della crescita economica e dell'occupazione in Europa cambiando passo, contenuto

e priorità delle attuali politiche europee.

Unità politica e più integrazione a tutti i livelli inseguendo un'altra Europa, più coesa, più solidale e più

umana, capace di riconciliarsi con i suoi cittadini disoccupati, provati e disillusi, quando non dichiaratamente

scettici o ostili.

Anche se forse un po' velleitario nell'ansia di mettere il sale sulla coda di un'Europa svogliata, priva di visioni

comuni che non siano quella della stabilità della moneta unica e in apparenza sempre meno entusiasta di

"stare insieme in famiglia", il canovaccio delle priorità italiane sarebbe quello giusto al momento giusto se non

dovesse fare i conti con il grande ingorgo istituzionale Ue. Che questa volta rischia di ridurre al minimo i

margini di manovra della presidenza italiana.

Il secondo semestre dell'anno è già quello più breve perché è interrotto dalla pausa estiva, l'intero mese di

agosto e anche l'ultima settimana di luglio, salvo eventi eccezionali. La riforma del Trattato di Lisbona, poi,

l'ha molto depotenziato con la creazione della presidenza stabile del Consiglio Ue, riducendolo a una liturgia

più simbolica che davvero fattuale. Questa volta si incrocia con le elezioni per il rinnovo dell'Europarlamento,

molto diverse dalle precedenti per l'ondata di euroscettici che potrebbero essere catapultati nell'assemblea di

Strasburgo. Si parla di un terzo su un totale di 751 seggi. Tecnicamente una simile percentuale non sarebbe

in grado di sconvolgere la governabilità del parlamento perché i partiti tradizionali potrebbero mantenere

comunque la maggioranza e le file degli euroscettici sarebbero (almeno così molti sperano) divise tra loro e

quindi concretamente poco influenti.

P oliticamente però la constatazione irrefutabile che un cittadino europeo su tre è contrario al disegno

europeo e/o all'euro sarebbe uno shock destinato a tagliare le gambe a molte ambizioni: perché sintomo della

fuga del consenso popolare dall'Europa che, proprio perché è, si vanta e si professa democratica, non può

agire e tanto meno avanzare su progetti più integrativi prescindendo da quel consenso.

A complicare ulteriormente le cose c'è poi il fatto che questa Europa senza popoli al seguito vive al tempo

stesso una profonda crisi istituzionale, esasperatasi nel quinquennio di euro-crisi. Commissione e Consiglio

Ue, e relativi presidenti, si sono progressivamente indeboliti, hanno visto nettamente ridimensionato il loro

ruolo di garanti e mediatori nella dinamica intra-europea. A poco a poco, insomma, si sono ritrovati agli ordini

dei Governi e del metodo intergovernativo che muovono sempre più l'Unione a scapito di quello comunitario.

È questo lo scenario di fondo che attende al varco la presidenza italiana che inizierà il 1° luglio, lo stesso

giorno in cui a Strasburgo si riunirà il nuovo Parlamento. Allora si saprà quanto pesante sarà stato il plebiscito

anti-europeo e quindi con che tipo di Parlamento e di Europa bisognerà fare i conti. E si saprà anche se nel

frattempo la "guerra delle poltrone" sarà stata o no risolta.

Grazie a un'interpretazione un po' garibaldina dei Trattati Ue, quest'anno le urne eleggeranno anche il loro

candidato alla presidenza della Commissione. Questo almeno ha preteso il Parlamento uscente e il suo

presidente, il socialista tedesco Martin Shulz, che è anche il candidato socialista alla guida della

Commissione Ue. Gli altri gruppi politici si sono allineati. Ma i Governi, Angela Merkel in testa, non

sembrerebbero disposti a incassare il colpo di mano che li priverebbe del loro potere di scegliere in

autonomia, sia pure alla luce dei risultati elettorali, riconosciuto dal Trattato di Lisbona.

Se questo è vero, è però altrettanto vero che politicamente, in un'Europa in grande stress democratico,

sarebbe difficile ignorare il responso dei cittadini. In palio ci sono la guida della Commissione e del Consiglio

Ue, cioè la successione a Josè Barroso e a Herman Van Rompuy, la nomina del "ministro degli Esteri Ue" al

posto di Lady Ashton e forse quella del nuovo presidente dell'Eurogruppo.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 149

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Con questi chiari di luna, la distribuzione delle poltrone si annuncia complicata e promette scontri intra-

europei al calor bianco. Con possibili strascichi di vendette politiche trasversali. Per esempio qualora il

Consiglio Ue decidesse di non nominare il candidato vincente dell'europarlamento ma qualcun altro. In

questo caso l'assemblea non sarebbe disarmata: ha infatti il potere di accettare o respingere con il voto il

nuovo presidente dell'Esecutivo Ue.

Anche se la guerra inter-istituzionale sarà evitata, a mettere alcune zeppe nelle ruote del nostro semestre

saranno i tempi lunghi di molte procedure: dall'elezione del nuovo presidente del Parlamento, che

tradizionalmente non arriva prima di metà luglio, alla sua stessa operatività che a pieno regime in genere

comincia solo con la prima sessione di settembre.

Di più. La Commissione Barroso scade a novembre. Il che significa che prima dovranno esserci le audizioni

parlamentari dei 28 nuovi commissari designati dai rispettivi Governi. Non si può escludere che qualcuno

venga bocciato, con relativo allungamento dei tempi di conclusione del processo.

Tanto che c'è chi non esclude che la Commissione attuale possa restare in carica fino alla fine dell'anno.

Ovviamente uno scenario di tensioni e lungaggini procedurali finirebbe per paralizzare la miglior buona

volontà della presidenza italiana. Che per di più, con la probabile elezione a eurodeputato dell'attuale

commissario Ue, Antonio Tajani, si ritroverà a dover sceglierne al più presto il successore per non cominciare

il semestre senza un proprio rappresentante dentro la Commissione.

Anche qui possibili complicazioni in vista: chi farà infatti le audizioni del candidato italiano e quando?

Impossibile in giugno nella vacanza del Parlamento uscente, molto difficile in luglio con il nuovo in gestazione

operativa. Si escogiteranno eccezioni alle regole? Si rimanderà a settembre l'audizione? Si inventeranno altri

escamotage? Di sicuro nemmeno queste incertezze aiuteranno l'Italia a guidare un'Europa dalle idee confuse

e dagli entusiasmi spenti.

Però c'è chi è convinto del contrario: che sarà proprio questo stato confuso e catatonico a dare al Governo

Renzi la forza di ricominciare un'Europa diversa e migliore. Speriamo abbia ragione.

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Foto: Europa verso il voto: terza puntata Servizi a pagina 7

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 150

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Restano ancora incertezze sull'applicazione del limite nell'utilizzo di lavoratori a tempo determinato Contratti a termine, il 20% è «mobile» Precedenza alle intese collettive se fissano quote diverse rispetto al decreto Francesca Barbieri Valentina Melis Settimana decisiva per il decreto Poletti che torna oggi all'esame della Camera per la terza lettura, in vista

della scadenza del 19 maggio per la conversione definitiva. Se il testo uscito dal Senato ha limato alcune

rigidità del decreto 34/2014, restano ancora incertezze sull'applicazione del tetto nell'uso dei lavoratori a

tempo determinato.

Il limite del 20% per l'impiego dei contratti a termine - sul totale dei lavoratori assunti a tempo indeterminato -

infatti, non vale per tutti. Il decreto stabilisce che, in sede di prima applicazione, se i contratti collettivi

nazionali fissano un livello massimo diverso, quest'ultimo resta efficace.

In pratica, dunque, la legge impatta su un ampio reticolato di intese contrattuali che ne potrebbero limitare

l'applicazione.

Barbieri, Melis e Rota Porta u pagina 5 Il tetto del 20% per l'uso dei contratti a termine non vale per tutti. Il

decreto Poletti - all'esame della Camera per l'approvazione definitiva - stabilisce che, in sede di prima

applicazione, se i contratti collettivi nazionali fissano un limite massimo diverso, rispetto al totale dei rapporti a

tempo indeterminato, è quest'ultimo a conservare efficacia.

In pratica, dunque, il decreto legge impatta su un ampio reticolato di intese contrattuali che ne potrebbero

limitare l'applicazione.

Dalla mappatura realizzata da Adapt - Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del

lavoro e sulle relazioni industriali - sulla contrattazione di portata nazionale, emerge che solo tre contratti

collettivi (bancari, agenzie per il lavoro, metalmeccanici) su 18 considerati non prevedono «clausole di

contingentamento» dei contratti a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato. Negli altri settori, il tetto

oscilla tra un minimo del 7% (elettrici) e un massimo del 35% (autotrasporti).

Per le aziende che superano la soglia del 20%, la legge è chiara. Chi oltrepassa il tetto, sarà punito con la

sanzione pecuniaria (si vedano gli esempi), pari al 20% della retribuzione complessiva del lavoratore, per il

primo superamento nella singola unità produttiva. La multa sale alla metà dello stipendio totale, se il numero

dei lavoratori assunti in violazione del limite è superiore a uno. I datori di lavoro hanno la possibilità di

mettersi in regola entro fine 2014, a meno che i contratti collettivi non prevedano tetti più favorevoli alle

aziende.

Così, ad esempio, agli edili e ai lavoratori del legno si applicherà il limite del 25% e agli autotrasportatori

addirittura quello del 35 per cento. Diversa la sorte degli elettrici - oltre 83mila, di cui 2.100 a termine secondo

le elaborazioni del centro studi Datagiovani - dove il limite è molto più restrittivo (7%), per i lavoratori del

tessile (circa 500mila) con un tetto del 10%, per quelli del cemento (12%), e degli alimentari (14%).

Nella maggior parte dei contratti collettivi le percentuali non sono assolute ma variano in base alla

dimensione aziendale e alla "compresenza" di rapporti di lavoro in somministrazione, che in alcuni casi sono

conteggiati nel massimale e in altri no.

L'azienda che ritenesse il regime del decreto Poletti più in linea con i propri interessi potrebbe decidere -

discrezionalmente - di disapplicare il contratto collettivo. Ma con quali possibili conseguenze? Secondo i

ricercatori di Adapt, la violazione della clausola di contingentamento esporebbe al rischio di conversione del

contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato. «Ciò in ragione del fatto - spiega il giuslavorista

Michele Tiraboschi, responsabile scientifico di Adapt - che la contrattazione collettiva individua un nuovo

standard che per le aziende rientranti nel relativo campo di applicazione ha forza di legge e quindi assorbe

anche il regime sanzionatorio previsto dal legislatore». Fino a oggi, infatti, la linea dettata dalla giurisprudenza

(ormai abbastanza consolidata) nei confronti dei datori che sforavano le clausole di contingentamento dei

contratti a termine, è stata quella della conversione del rapporto a tempo indeterminato.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 151

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Secondo un'altra interpretazione, invece, la sanzione del 20% - che si applicherebbe anche per la violazione

dei "tetti" diversi dal 20% stabiliti dai contratti collettivi - esaurirebbe il campo delle sanzioni applicabili al

datore non in regola.

Il Dl Poletti, però, non stabilisce in maniera diretta che la sanzione amministrativa esclude altre possibili

conseguenze per il datore. Andava in questa direzione, ad esempio, un ordine del giorno presentato dalla

Lega al Senato (ma non accolto) per impegnare l'Esecutivo a chiarire che la nuova sanzione è «interamente

sostitutiva» anche dell'indennità risarcitoria per il periodo compreso tra la scadenza del termine e l'eventuale

pronuncia del giudice che ordina la ricostituzione del rapporto, in caso di contenzioso.

© RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Contingentamento 7 Le clausole di

contingentamento fissate dai contratti collettivi nazionali stabiliscono la percentualemassima di contratti

atempo determinato rispetto al totale dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Le percentuali fissate dalla

contrattazione collettiva in alcuni casi sono differenziate, a seconda che si tratti di contratti a termine odi

somministrazione, o in relazione allasommadi entrambi. Adesempio il Ccnl Terziario fissa il tetto del20%per i

contratti a termine, del15%per quelli di somministrazione a termine e del 28%nel caso di utilizzo

contemporaneo dei due istituti. La quota massima Fonte: ADAPT, 2014 Limiti percentuali previsti dai Ccnl alla

stipula di contratti a termine Percentuale sui contratti a tempo indeterminato Limite più restrittivo rispetto alla

legge Limite uguale alla legge Limite più ampio rispetto alla legge Elettrici 7 Tessili 10 Cemento 12 Alimentari

14 Impianti sport 15 Chimici 18 Commercio 20 Energia 20 Turismo 20 Ceramica 25 Edili 25 Gomma plastica

25 Lapidei 25 Legno 25 Autotrasportatori 35

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 152

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Giustizia LA SVOLTA TELEMATICA/1 Fisco, ricorsi digitali dal 2015 Avvio entro aprile del prossimo anno - Si partirà da Toscana e Umbria Marco Mobili Giovanni Parente L'unica certezza è che bisognerà ancora aspettare. I ricorsi fiscali non potranno essere inviati (e ricevuti)

online prima di un anno. Sembrava quasi fatta dopo il via libera al regolamento quadro. Poi le contorsioni

normative tipicamente italiane e il cambio di Governo (con i conseguenti passaggi di consegne ai vertici degli

uffici di via XX Settembre) hanno rallentato l'iter del processo tributario telematico.

All'appello mancano le cosiddette regole «tecnico-operative». Più semplicemente, sono le istruzioni e le

specifiche tecniche che consentiranno l'abilitazione al Sistema informatico della giustizia tributaria (Sigit) e a

seguire la costituzione in giudizio delle parti (contribuenti e uffici del Fisco), nonché l'assegnazione dei ricorsi

fino al deposito delle sentenze. Ma si tratterà anche di indicare come dovranno essere archiviati e conservati i

documenti informatici: una questione non di poco conto se si pensa alla mole di atti.

Al momento si ipotizza di chiudere la partita dei decreti attuativi delle regole tecniche tra ottobre e dicembre

di quest'anno. I tecnici del ministero dell'Economia (competente in questo caso) e in particolare la direzione

della Giustizia tributaria stanno lavorando per essere pronti con i testi entro l'ultimo trimestre dell'anno. Ma

non dipenderà solo da loro, perché è necessario acquisire i pareri di Agid (l'Agenzia per l'Italia digitale) e del

Garante privacy per i profili strettamente connessi con la tutela dei dati personali. Un passaggio obbligato

nell'ottica di «blindare» l'effettivo funzionamento e cautelarsi da attacchi hacker a informazioni sensibili, ma

che come rovescio della medaglia potrebbe anche comportare un ulteriore rallentamento sulla tabella di

marcia. Né bisogna dimenticare che i ricorsi online non partirebbero il giorno dopo l'entrata in vigore delle

regole tecniche: il regolamento quadro ha, infatti, già fissato il calendario. Da quel momento dovranno

passare prima 90 giorni. Una volta trascorso questo tempo, dal primo giorno del mese successivo (altri 30

giorni) il contenzioso viaggerà via Internet. A conti fatti, quindi, se le regole tecniche arrivassero - come

ipotizzato - prima della fine di quest'anno, si riuscirebbe effettivamente a partire nel primo quadrimestre 2015,

ossia entro aprile.

Per farlo, però, non bastano le regole tecniche. L'altro pilastro è lo sviluppo tecnologico, ovvero la messa a

punto dell'applicativo per depositi e notifiche di parte. Si lavora, infatti, al programma che consentirà tutte le

operazioni ancora oggi svolte presso gli uffici delle Commissioni tributarie. Considerando i volumi di

contenzioso in arrivo tra primo e secondo grado, l'applicativo dovrà reggere l'onda d'urto a regime di circa

260mila nuovi fascicoli all'anno. Senza dimenticare che sarà giocoforza necessario "accompagnare" il

personale amministrativo della giustizia tributaria a utilizzare gli strumenti del nuovo processo telematico

attraverso la formazione. Aggiornamento che dovrà riguardare anche i magistrati tributari. Un'operazione non

semplice, se si considera che ancora oggi è possibile imbattersi in sentenze scritte a penna.

Un motivo in più per una partenza graduale. A debuttare saranno le Commissioni di primo e secondo grado

di Toscana e Umbria che, considerando la media complessiva dei nuovi ricorsi iscritti ogni giorno

(rispettivamente 40 e 9) in queste due regioni, consentirà di testare l'efficacia del sistema, da estendere via

via ad altre aree. L'obiettivo resta quello dell'efficienza, che significa risparmi su costi e tempi sia per lo Stato

sia per i contribuenti e i professionisti che li assistono.

© RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Sigit Il Sistema informativo della giustizia tributaria

(Sigit) è la macchina organizzativa attraverso cui partirà e si svilupperà il processo telematico in campo

fiscale. L'interfaccia del Sigit sarà il software con cui i diversi protagonisti del rito tributario daranno vita

all'invio e alla ricezione dematerializzata dei contenziosi. Il regolamento-quadro sul processo telematico ha

già stabilito che le parti (contribuenti e uffici dell'amministrazione finanziaria), i loro difensori e anche i

consulenti tecnici potranno accedere solo ai fascicoli informatici relativi ai procedimenti in cui sono costituiti

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 153

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Primo grado Secondo grado I RICORSI TRIBUTARI NEL 2013 IL TREND IN TOSCANA E UMBRIA Totale

Toscana Umbria 256.814 40 9 54.707 202.107 30 10 3 6 Numero di ricorsi al giorno Nota:Valori

calcolatiescludendoi finesettimanaeigiornifestivi Fonte:elaborazionisudati direzioneGiustizia tributaria -Mef

La road map e i numeri in gioco

LE REGOLE MANCANTI 1 Il debutto del processo tributario telematico attende le regole tecniche. Allo stato attuale, i decreti del Mef

dovrebbero essere pronti per l'ultimo trimestre di quest'anno. Sarà necessario acquisire prima i pareri di Agid

e Garante della privacy

L'ENTRATA IN VIGORE 2 La pubblicazione delle regole tecniche in «Gazzetta ufficiale» farà scattare il conto alla rovescia per l'entrata

in vigore. Bisognerà attendere che trascorrano 90 giorni dalla pubblicazione. Poi il primo giorno del mese

successivo si potrà partire con i ricorsi online

LA PARTENZA SCAGLIONATA 3 Il processo tributario online non partirà nello stesso momento in tutte le Regioni. Si pensa, infatti, a un debutto

scaglionato. Le prime a partire dovrebbero essere le Commissioni tributarie di primo e secondo grado in

Toscana e Umbria

Foto: - Nota: Valori calcolati escludendo i fine settimana e i giorni festivi Fonte: elaborazioni su dati direzione

Giustizia tributaria - Mef

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 154

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FISCO Più immigrati pagano l'Irpef ma redditi in calo Rossella Cadeo Sono diventati una presenza importante non solo nelle case, sui posti di lavoro e nelle città italiane. Ma anche

agli occhi del fisco: gli immigrati rappresentano oggi circa un contribuente su dieci e concorrono al 5,6% della

ricchezza totale dichiarata, con quasi 45 miliardi di euro (dai 40,4 del 2008). Una dinamica positiva, dunque,

non priva però di differenze se analizzata più nel dettaglio. «Nel 2013 i contribuenti stranieri hanno superato i

3,5 milioni - precisa Enrico Di Pasquale, tra i curatori della ricerca su "I redditi e le imposte degli stranieri in

Italia" realizzata dalla Fondazione Leone Moressa - ossia l'8,5% della platea totale. Se nel giro di un anno

sono aumentati di numero (+2,9%), non così si può dire per il valore medio dichiarato, che anzi, se rivalutato

a prezzi correnti, è andato calando, restando molto lontano rispetto all'importo medio dei contribuenti italiani:

quasi 13mila euro contro 20.400, circa 7.500 euro, un terzo abbondante, in meno. Segnale, questo, che i

lavoratori stranieri sono concentrati prevalentemente in attività a bassa qualificazione professionale o in

settori poco remunerativi, oppure guadagnano meno degli italiani o sono impiegati per un minor numero di

ore».

Ma la fotografia scattata dalla Fondazione Moressa evidenzia anche un'ampia forbice nei trattamenti

retributivi, sia tra i generi sia a livello territoriale. Partiamo dal primo aspetto. «La componente femminile -

spiega Di Pasquale - è cresciuta numericamente, ma resta in posizione arretrata sul versante delle

retribuzioni. Il numero di contribuenti donna è aumentato del 3,5% nel 2013 rispetto al 2012 (+1,1% la

componente maschile) e oggi costituisce oltre il 43% dei contribuenti nati all'estero, ma appena il 35% del

valore complessivo dichiarato; inoltre la dichiarazione media di un uomo si aggira sui 14.700 euro, quella di

una donna sugli 11mila, con un gap di circa 4mila euro».

Una situazione in parte spiegabile se si pensa che la manodopera femminile è fortemente concentrata nel

lavoro domestico e, all'interno di questo comparto, nei profili meno qualificati e con i livelli retributivi più bassi:

secondo elaborazioni Assindatcolf su un'indagine Censis, il 77% dei circa 1,7 milioni di collaboratori domestici

sono migranti e di questi otto su dieci donne.

Quanto alle differenze territoriali, il quadro delle dichiarazioni rispecchia la distribuzione della presenza

straniera sul territorio: in Lombardia, per esempio, si trovano un quinto dei contribuenti e un quarto del valore

dichiarato; altre regioni "forti" sono Emilia Romagna, Veneto e Lazio; Friuli Venezia Giulia e Trentino-Alto

Adige spiccano per il maggiore apporto in termini di importi dichiarati (intorno al 9% del totale). La ricerca

della Fondazione Moressa non poteva che confermare la distanza economica Nord-Sud: sia gli italiani sia gli

stranieri sono più "ricchi" nelle regioni settentrionali che nel Mezzogiorno, tanto che in alcuni casi gli stranieri

che vivono al Nord dichiarano più degli italiani che vivono al Sud. Ma al Nord si registrano anche le maggiori

distanze tra i redditi degli italiani e quelli dei nati all'estero, con il Trentino-Alto Adige che supera i 10mila euro

(contro la media di 7.500 citata sopra): al Sud i differenziali si riducono, per arrivare ai 3.900 euro del Molise.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Redditi dichiarati nel 2013 dai contribuenti nati all'estero Dichiarazioni

«straniere» ai raggiX Fonte:Fondazione Leone Moressa Indicatore Valore Numero contribuenti nati all'estero

3.536.735 Valore totale reddito dichiarato dai nati all'estero (in miliardi euro) 44,7 Incidenza numero

contribuenti nati all'estero su contribuenti totali (in %) 8,5 Incidenza reddito dichiarato nati all'estero sul

reddito totale (in%) 5,6 Reddito medio dichiarato dai nati all'estero (in euro) 12.930 Differenza reddito medio

nati all'estero rispetto ai nati in Italia (in euro) -7450 Variazione contribuenti nati all'estero 2011-2012 (in %)

2,9 Componente femminile sul numero di contribuenti nati all'estero (in %) 43,2

Foto: - Fonte: Fondazione Leone Moressa

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 155

Page 156: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Innovazione/3 Consulenza e finanziamenti per «gemme» al femminile S. L. C'è chi il soffitto di cristallo lo infrange diventando imprenditrice di se stessa. Come Gemma, architetto

senese che ha realizzato il suo sogno portando avanti una famiglia, sposata con due figli, e il lavoro. Gemma,

dopo anni da dipendente, è riuscita ad aprire una società che organizza escursioni artistiche a cavallo prima

di raggiungere la soglia dei 40 anni. L'attività, dopo un inizio difficile, grazie al suo impegno e soprattutto alla

sua determinazione oggi funziona e ora ha deciso di internazionalizzarsi, sta facendo ricerche di mercato e

conta di aprire il suo primo punto fuori dall'Italia a inizio 2015.

Si ispira a questa storia imprenditoriale il concorso «Start up al femminile - premio Gemma», organizzato

dalla società di consulenza Made Start up. Il concorso è diviso in quattro fasi. Si parte con le iscrizioni entro il

prossimo 15 luglio, in cui Made Start up supporta la preparazione dei documenti fornendo, se richiesto, un

format per il business plan. Tra il 15 luglio e il 15 settembre la giuria vaglierà i progetti e selezionerà i dieci

che accederanno alla fase finale. La terza fase è dedicata al tutoring: dal 15 settembre al 13 dicembre la

società di consulenza offrirà servizi di assistenza alle aspiranti imprenditrici finaliste. Ciascuna delle

selezionate avrà infatti sei ore di consulenza individuale da utilizzare entro fine novembre presso gli uffici a

Milano, oppure via Skype. Il weekend del 18-19 ottobre sarà organizzato un workshop a Milano dove si

lavorerà per tutti e due i giorni sui progetti.

L'evento finale si svolgerà il 13 dicembre con la premiazione dei primi tre classificati: in palio l'offerta di

pacchetti di servizi di consulenza (50 ore al primo, 30 al secondo e 20 al terzo) e un contributo nelle fasi di

costituzione o finanziamenti infruttiferi a favore della società (da 2mila a 5mila euro).

Per iscriversi e ottenere informazioni è possibi le scrivere al seguente indir izzo e-mail :

alessandra.formenti@madeinvestimenti . i t .

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 156

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l'investitore saggio TENERE D'OCCHIO I SINGOLI OBIETTIVI Marco Liera Quando controllate l'andamento dei vostri investimenti, online o nella rendicontazione della vostra banca,

potete osservare il vostro portafoglio sotto forma di "torta", con una fetta dedicata ai titoli di Stato, una alle

obbligazioni, una alle azioni e così via. Questo è già una base di analisi, ma non basta per una buona

pianificazione finanziaria. Una ricerca ("Behavioral finance: Finance with normal people"), di Meir Statman,

professore della Santa Clara University e uno dei massimi esperti di finanza comportamentale, ha ribadito

che gli individui vanno assecondati nel loro mental accounting (contabilità mentale), che prevede che i

risparmi personali, anziché essere investiti in modo aggregato, vengano suddivisi in differenti conti (o

portafogli), ognuno destinato al raggiungimento di un obiettivo finanziario. Per chi presta consulenza

finanziaria si tratta di un passaggio molto importante: occorre comprendere non solo quali sono gli obiettivi,

ma anche quali risorse destinare a ciascuno e identificare l'orizzonte temporale associato. Ad esempio, un

investitore di 50 anni con una ricchezza di 300mila € potrebbe decidere di destinarne 100mila alla previdenza

da qui a 20 anni, 100mila all'istruzione universitaria dei figli esigibili a 5 anni e i restanti 100mila all'eredità con

un orizzonte... beh il più lungo possibile. È chiaro che il portafoglio previdenziale e quello "eredità" possono

puntare a un rendimento più alto di quello destinato all'università e richiedono all'investitore una tolleranza

maggiore alle perdite. Ogni portafoglio può essere ripartito in un mix liquidità-bond-azioni con un ottimizzatore

media-varianza, che tenga conto del rendimento atteso, della volatilità e della correlazione delle asset class.

Pertanto, è importante che l'investitore sia consapevole non solo dell'andamento della sua ricchezza

finanziaria aggregata, ma anche di quello dei singoli portafogli "comportamentali" e del grado di

avvicinamento ai rispettivi obiettivi, per operare gli opportuni aggiustamenti periodici.

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@LieraMarco

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 157

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intervista della settimana «LE PMI ATTIVE SUL WEB ESPORTANO DI PIÙ» Gaia Giorgio Fedi L'ecommerce ha buone prospettive in Italia, soprattutto per il made in Italy, che rappresenta una delle voci più

ricercate su Google, sebbene siano ancora poche le società esponenti delle eccellenze italiane a usare la

rete e a vendere online (appena il 13%). Ad affermarlo è Simona Panseri, head of communications & public

affairs di Google in Italia. La società ha avviato un progetto, Made in Italy - Eccellenze in digitale, in

collaborazione con Unioncamere e con il patrocinio del Mise, per promuovere la digitalizzazione delle

imprese tricolori.

Qual è lo stato di salute dell'ecommerce in Italia?

È un panorama molto misto, ma ci sono ancora grandissime possibilità per il digitale e, soprattutto, per

l'ecommerce. Tra i Paesi del G20 l'economia internet pesa il 4% del Pil in media, con un contributo alla

crescita che si aggira intorno al 21%. Per alcuni Paesi avanzati sul fronte digitale i numeri salgono al 6/7%,

negli Usa ha superato il 10%. In Italia questo numero è più basso, intorno al 2% del Pil, ma prossimamente,

per il 2015, si attende una crescita tra il 3,3 e il 4,3%, secondo uno studio di Boston Consulting Group.

Quindi siamo in ritardo, ma le prospettive sono incoraggianti. Perché?

In Italia la situazione è molto cambiata negli ultimi anni, è cresciuta la quota di persone che usano internet su

base continuativa, anche per quello che riguarda l'ecommerce. Solo nel 2012 è stata registrata una crescita

del 30% tra le persone che facevano acquisti online, il 40% delle persone che usano internet. Ma non è un

quadro uniforme: se vediamo le imprese, soprattutto le Pmi, e come utilizzano internet, vediamo che c'è

tantissima strada da fare.

Quindi sono le imprese a essere indietro, più che gli utenti?

In molti casi le aziende, che sono di piccole e medie dimensioni, non hanno ancora capito che l'opportunità

data dall'ecommerce è adatta anche a loro. È un ostacolo di tipo culturale: si crede che internet sia una

specie di scaffale che non è in grado di restituire complessità delle nostre produzioni. E che l'ecommerce sia

troppo costoso. Invece per digitalizzarsi non ci vuole investimento estremamente oneroso all'inizio, i costi

aumentano man mano che crescono anche le vendite..

Quali sono gli elementi che, dal vostro osservatorio sul mondo della rete, vi inducono a ritenere che le

prospettive per l'ecommerce?

Per capire ciò che interessa agli utenti abbiamo esaminato le dinamiche sulle ricerche. Abbiamo visto che

nel 2013, sotto quell'insieme di voci che si possono aggregare sotto il concetto di Made in Italy le ricerche

sono cresciute del 12% rispetto all'anno precedente. Al primo posto nelle ricerche c'è la moda, mentre il

turismo è quello che ha i tassi di crescita più alti, ma va molto bene anche l'agroalimentare. Queste ricerche

sul Made in Italy crescono di più in 5 Paesi: Francia, Germania, Cina, Giappone e Brasile.

Quindi questo fattore può rappresentare un dato incoraggiante per le possibilità dell'export italiano?

Assolutamente. Anzi, abbiamo rilevato una stretta correlazione tra l'uso di internet e la capacità di esportare:

in una ricerca condotta in collaborazione con Doxa Digital su 5mila pmi abbiamo rilevato che quelle più attive

sul web esportano di più di quelle che non sono presenti in rete. Prima di internet, se si intendeva vendere su

Paesi esteri occorreva prima fare ricerche di mercato per individuare i mercati giusti, poi trovare i distributori,

infine allocare elevati quantitativi di merce. Tutti costi che restavano a carico dell'impresa finché non si

iniziava a vendere. Il risultato è che una piccola impresa non era nelle condizioni di esportare. Adesso invece

basta darsi all'ecommerce, senza dover cambiare l'offerta. Per allargare il mercato basta darsi al digitale.

Va meglio sul fronte degli utenti? O ci sono ancora resistenze culturali a comprare online?

Ci sono stati molti passi avanti, promossi in particolare dallo sviluppo del mobile. Tornando ai dati sulle

ricerche su Google relative al Made in Italy, abbiamo visto che il 44% arrivava da dispositivi mobili, con un

tasso di crescita in un anno superiore al 50%. L'uso degli smartphone, che aumenta in tutto il mondo ma in

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 158

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Italia è significativo, aiuterà l'ecommerce.

E le novità normative, come la nuova direttiva sul commercio elettronico, potranno dare una mano?

In generale, ogni iniziativa volta a semplificare e migliorare il contesto è un fattore di stimolo per la diffusione

dell'ecommerce.

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Foto: Simona Panseri

Foto: Resp. comunicazione di Google Italia

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 159

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L'INTERVISTA «Subito le regole operative per la nuova finanza etica» FASE DECISIVA «La legge non serve senza decreti attuativi e occorre studiare leve fiscali per il comparto»SFIDA-RIPRESA «Il piano "80 euro"? Con MicroPerLe Famiglie creerebbe micro-prestiti per 5mila euro» Antonio Quaglio Mario Baccini, 57 anni, romano, una lunga esperienza politica come parlamentare, vicepresidente del Senato

e ministro della Funzione pubblica, è presidente dell'Ente nazionale per il microcredito.

Presidente, il sistema-Italia ha scelto di dotarsi di un Ente nazionale per il microcredito: qual è il bilancio?

L'Enm nasce per volere del Parlamento sulla scia dell'attivismo Onu, per elaborare soluzioni a sostegno delle

idee e dello sviluppo della microimpresa con l'ausilio della Ue. Non si tratta solo di un prestito di piccolo

importo, ma di un'offerta integrata di servizi finanziari e non finanziari, come l'assistenza tecnica per la

realizzazione dei business plan, monitoraggio, tutoraggio. In altri termini, ciò che contraddistingue il

microcredito dal credito ordinario è l'attenzione alla persona sia nella pre-erogazione che nella post-

erogazione, nonché la particolare attenzione alla validità e sostenibilità del progetto. L'"ultimo miglio" è il vero

cuore del problema sul quale nessuno vuole agire per i costi elevati: né banche, né istituzioni, perché gli

investimenti sulle persone hanno costi elevati che solo un Ente pubblico può sostenere.

Il Governo sta moltiplicando le iniziative contro la recessione e il disagio delle famiglie...

Faccio una riflessione in merito agli 80 euro proposti in busta paga dal Governo. Bene, se dei 15 milioni di

aventi diritto, 10 milioni di famiglie aderissero al nostro progetto "MicroPerLe Famiglie", ogni famiglia potrebbe

accedere a un microcredito di 5mila euro. Le risorse per far fronte al piano di ammortamento sarebbero

proprio gli 80 euro. Questa possibilità si potrebbe concretizzare grazie alla capacità e agli strumenti di

ingegneria finanziaria che, come Ente unico in Europa, siamo in grado di sviluppare, attivando un effetto leva

virtuoso. Per intenderci: se 10 milioni di famiglie investissero gli 80 euro mensili, si svilupperebbero in sei anni

oltre 57 miliardi di euro (72 rate mensili a un tasso del 5% per un totale unitario di 5.760 euro lorde - 5.000

nette e 760 di competenze/interessi) da utilizzare per creare benessere sostenendo l'economia del Paese.

Inoltre, ove necessario, per sostenere questo virtuoso effetto leva le famiglie interessate potrebbero, grazie

all'Enm, accedere a una garanzia di secondo livello tramite la costituenda sezione per il Microcredito del

fondo centrale di garanzia nazionale Pmi, generando un'ulteriore sostenibilità bancaria del progetto.

Il legislatore ha provveduto già nel 2011 a dotare il settore di una normativa-quadro.

Certo, ma l'attuazione delle normative secondarie è il punto nevralgico di stallo del sistema. Con

l'approvazione dell'articolo 39, comma 7-bis della Legge 214/2011 è stato disposto che una quota delle

disponibilità finanziarie del Fondo centrale di garanzia a favore delle Pmi venga riservata a interventi di

garanzia per il microcredito. La normativa, una volta ricevuti i decreti attuativi, consentirà alle realtà

microimprenditoriali di avvalersi della garanzia del Fondo centrale che, come noto, è assistito dalla garanzia

dello Stato. Questo consentirà una serie di benefici a tutto il settore del microcredito italiano, liberando una

formidabile energia finanziaria rimasta finora inutilizzata. Stiamo definendo con il Mise la sezione dedicata del

fondo stesso, il cui effetto di leva sarà sufficiente a sostenere oltre 2.500 finanziamenti nel 2014.

L'applicazione della legge 214/2011, infatti, consentirebbe, per esempio, agli enti locali sopra i 5mila abitanti

di evitare che le garanzie per il microcredito rientrino nel computo del Patto di stabilità. Inoltre, alle banche

eroganti microcredito darebbe la possibilità di godere della ponderazione zero (sulla quota parte garantita dal

Fondo centrale) e, quindi, di abbattere l'accantonamento patrimoniale obbligatorio.

Quali sono le priorità?

In primis, è necessario individuare delle soluzioni che consentano alle future "111" di sostenere i costi del

microcredito che sono essenzialmente dovuti ai servizi complementari. Per questo bisogna prevedere dei

regimi fiscali più favorevoli per questa industria emergente, siano essi realizzati da esenzioni per le Imf o

riduzioni per i singoli o le imprese che investono nelle loro attività sotto forma di prestiti, titoli o capitale di

12/05/2014 13Pag. Il Sole 24 Ore - Finanza sociale(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 160

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rischio. È vero anche che molte istituzioni pubbliche, con bandi, anche grazie alla nostra competenza tecnica

riescono ad accedere a fondi europei di 40-45 milioni. Un altro problema che stiamo affrontando riguarda la

discussione sui tassi d'interesse, perché il microcredito non può definirsi tale se il tasso d'interesse è zero: il

denaro ottenuto ha un costo che deve essere corrisposto nella restituzione del credito, non si tratta di denaro

a fondo perduto né di beneficenza. Il microcredito si divide in sociale e per l'impresa, secondo la definizione

che abbiamo contribuito a scrivere nel Tub, e raggiunge un massimo di 10mila euro di prestito per il primo e

25mila per il secondo. Il primo si misura molto con il microcredito per il consumo; l'altro per la creazione

d'impresa ed è quello sul quale le attività dell'Ente si stanno concentrando.

Il "credit crunch" è emerso negli ultimi anni come la più grave emergenza. La "ricetta" del microcredito può

rivelarsi utile anche in un Paese del G8?

Assolutamente sì, tanto che l'Enm è parte attiva dell'Advisory Board italiano della Social Impact Investment

Taskforce del G8 (vedi articolo in pagina 14). Noi abbiamo sviluppato una vera e propria "via italiana". La

ricerca che l'Ente sostiene seguendo la direttiva istitutiva della presidenza del Consiglio riguarda

principalmente lo stato dell'arte della microfinanza in Italia, modelli di analisi di fattibilità e modelli di

governance. Tra i membri del board G-8 spiccava, in tal senso, l'intervento di Giovanna Melandri, che sul

tema attraverso la sua fondazione ha lanciato l'idea del "modello italiano di Big society": non un fondo di sole

risorse pubbliche, ma uno spazio di agibilità per Social Impact Funds e Social Bonds, un moltiplicatore di

investimenti pubblici e privati (con ruolo importante di Cdp) in aree dove rendimento economico e sociale

coesistono. Peraltro questa idea che può, per esempio, trovare applicazione nel fund raising per creare e

alimentare fondi di garanzia a favore del microcredito è uno dei core business dell'Ente. I rappresentanti Enm

hanno avuto modo di esporre ai rappresentanti Ocse i risultati del primo rapporto non campionario sul

microcredito in Italia prodotto dall'Ente. Questo rapporto è stato realizzato grazie a un progetto di

monitoraggio sviluppato con fondi Fas-Fse commissionatoci dal ministero del Lavoro per sapere in Italia chi

fa che cosa, in questo settore. È un progetto che in tre anni ha sviluppato dati significativi che abbiamo

messo a disposizione del pubblico e delle imprese. Dal 2010 al 2012, secondo i dati rilevati dal monitoraggio

sugli strumenti di microfinanza effettuato dal un progetto dall'Enm, si è rilevato un incremento dell'ammontare

di microcredito erogato pari al 500% e un aumento del numero di crediti pari al 350 per cento. Nonostante

questa formidabile espansione, l'offerta di microcredito è ben lontana dal soddisfare un'elevata e crescente

domanda che abbiamo stimato attorno a 1 miliardo, a fronte di un'offerta attuale di 75 milioni.

Il microcredito è cresciuto nell'Azienda-Paese grazie a una pluralità di iniziative ed esperienze, fra le quali

spiccano quelle dell'Abi, del Credito cooperativo e delle Fondazioni di origine bancaria. Qual è, a suo avviso,

il percorso strategico più valido e utile allo sviluppo ulteriore del settore?

Per consentire di arrivare alla creazione di nuove start up abbiamo messo in piedi una serie di meccanismi di

fondi di garanzia che consentano, con accordi con il sistema bancario, con l'Abi, con l'Anci e vari enti locali di

portare al finanziamento numerose aziende. Questi fondi permettono un effetto leva importante: per esempio,

100mila euro di garanzia significano 500mila euro di microcredito. Considerando che in media i prestiti si

aggirano sui 18-20mila euro, il numero delle potenziali aziende che possono formarsi è davvero consistente.

Questo è il modello sviluppato dall'Enm che sta stipulando accordi con tutte le istituzioni bancarie locali,

banche popolari, credito cooperativo, per fornire risposte concrete. Oggi il 90% dei microcrediti per l'impresa

sono messi a disposizione dalle regioni attraverso l'utilizzo dei fondi strutturali. Per incrementare la capacità

di spesa delle regioni è necessaria una formazione continua nel senso di una capacity building che operi in

parallelo sia in supporto della pubblica amministrazione sia degli operatori di microfinanza sul territorio.

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Foto: Presidente. Mario Baccini

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 161

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Economia 2.0. In tre anni concessi più di 7mila prestiti per un ammontare superiore ai 60 milioni di euro Microcredito in Italy L'Ente nazionale accelera: modello utile per la ripresa interna ed estera FINO A 25MILA EURO La primamappa organica segnala crescite lineari sia per le iniziative che per l'operatività nel sociale e per l'impresa Valentina Brini E se l'Italia esportasse in Paesi emergenti un proprio modello di microcredito? «Nel ventunesimo secolo non

ci vedrei nulla di paradossale: non toglierebbe nulla all'idea pionieristica del Nobel Muammhad Yunus

nell'Asia più povera, potrebbe invece aggiungere l'esperienza di radicamento del microcredito in un paese del

G8 che sta cercando nuove strade per rimanere competitivo in un mondo globalizzato». Mario Baccini - una

lunga esperienza di parlamentare e ministro - guida oggi l'Ente nazionale microcredito (Enm) con tutt'e due gli

occhi puntati sulla crisi economica e sociale del sistema Paese, ma senza perdere di vista tutte le potenzialità

del microcredito d'impresa: a cominciare dalla possibilità che lo strumento sostenga "micro-imprenditori"

italiani - giovani, ma non solo - che vogliano misurarsi all'estero. Magari in quegli stessi Paesi in cui il

microcredito è nato. «Stiamo studiando ipotesi operative con la Cooperazione del ministero degli Esteri»

osserva Baccini. Ma cos'è il microcredito oggi in Italia? Il "rapporto di monitoraggio" presentato a fine 2013

dall'Enm nell'ambito del progetto "Monitoraggio dell'integrazione delle politiche del lavoro con le politiche di

sviluppo locale dei sistemi produttivi relativamente al microcredito e alla Microfinanza" è aggiornato a fine

2012 ma costituisce la prima fotografia organica del comparto.

Nell'anno conclusivo del triennio osservato dal rapporto sono stati erogati 7.167 microprestiti, per un

ammontare complessivo di oltre 63 milioni di euro. A prevalere è stato il valore dei microcrediti concessi con

finalità lavorative, che assorbe quasi il 60% delle risorse complessivamente impiegate, vale a dire oltre 37

milioni di euro, circa 11 milioni in più dei 26 milioni scarsi volti al microcredito sociale. Il monitoraggio ha

rivolto particolare attenzione alle aree più svantaggiate d'Italia e alle Regioni a "obiettivo convergenza"

(Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), cioè quelle con un Prodotto interno lordo pro capite inferiore al 75%

della media europea.

La fotografia restituita è quella di un universo in espansione (con un aumento del 30% del numero di

microcrediti erogati e del 9% per somme concesse tra il 2011 e il 2012), orientato soprattutto verso l'avvio di

nuove attività: nell'88% dei casi, si tratta di attività di settore terziario; molto più raramente di artigianato

manifatturiero (6,5%) e, ancor meno, di attività agricole (5,4%), quasi tutte però con buone prospettive di

mercato. Il rapporto tra richieste e prestiti concessi, però, evidenzia una significativa differenza tra il

microcredito con finalità sociale e quello lavorativo: in ambito assistenziale, infatti, si riesce a soddisfare la

metà della domanda, mentre in ambito imprenditoriale solo il 37% dei richiedenti ottiene il prestito. Questo a

conseguenza dei diversi importi medi dei microcrediti: per il sociale, infatti, la somma erogata si attesta

mediamente sotto i 5mila euro, mentre i prestiti con finalità lavorativa sfiorano i 20mila euro a concessione. «I

risultati raggiunti - spiega ancora Mario Baccini - documentano quanto il microcredito si sia radicato come

strumento economico fondamentale in Italia».

I dati evidenziano che i beneficiari di microcredito per attività lavorativa sono in maggioranza uomini, giovani

con meno di 35 anni, diplomati e talvolta anche laureati, coniugati ma spesso anche single, concorrenti

insieme ad altri al reddito familiare. Gli utilizzatori di microcredito socio-assistenziale sono, invece, perlopiù

donne over 45, soprattutto diplomate, ma spesso anche in possesso di titoli di studio inferiori, coniugate ma

talvolta anche divorziate o vedove, prevalentemente unica fonte di reddito familiare. Nel dettaglio, sul totale

dei microcrediti erogati in Italia, le donne ne hanno assorbito più della metà, precisamente il 52%; i giovani

poco più di un quinto, cioè il 20,8%; e gli immigrati il 46,2%. In termini di ammontare concesso, la metà è

stato distribuito a donne, il 23,7% a giovani e il 25,8% ai cittadini immigrati.

«Il microcredito costituisce uno strumento di politica economico-sociale sussidiaria - sottolinea Baccini - e

svolge un ruolo primario nel passaggio da un welfare assistenziale a un welfare delle responsabilità

12/05/2014 13Pag. Il Sole 24 Ore - Finanza sociale(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 162

Page 163: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

condivise, in cui tutti i soggetti, enti pubblici, privati e terzo settore collaborano sinergicamente per attivare

nuovi paradigmi di sviluppo sostenibile che promuovono il passaggio dall'assistenza, dai soldi a fondo

perduto, dalle liberalità, al credito e alla responsabilità che la microfinanza comporta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

L'ENTE E IL SETTOREL'Ente nazionale del microcredito è nato nel 2010 sulla piattaforma del Comitato permanente nazionale

creato nel 2006 a valle dell'Anno internazionale del microcredito proclamato dall'Onu. Alla guida dell'iniziativa

è sempre stato Mario Baccini. Nel consiglio d'amministrazione siedono oggi: Sergio Vento, Mario La Torre,

Giovanni Puoti e Gianfranco Verzaro. Segretario generale è Riccardo Graziano.

L'Ente ha come obiettivo istituzionale «lo sradicamento della povertà e della lotta all'esclusione sociale in

Italia e - in ambito internazionale - nei Paesi in via di sviluppo e nelle economie in transizione». Ha funzioni di

coordinamento nazionale con compiti di promozione, indirizzo, agevolazione e monitoraggio degli strumenti

microfinanziari promossi dall'Unione europea.

Accanto alle attività di ricerca e formazione, l'Enm promuove anche per mezzo di fondi messi a disposizione

da operatori pubblici, nazionali, comunitari e privati, iniziative a favore di persone in stato di povertà

(microcredito sociale) e di superare i problemi di accesso al credito per progetti di sviluppo imprenditoriale

«non bancabili» presso il credito ordinario ma eticamente e tecnicamente condivisi (microcredito d'impresa). Il

bilancio 2013 gli interventi diretti dell'Ente hanno superato i 3 milioni di euro, pari al 73% delle uscite.

www.microcreditoitalia.org

@ENMItaly

Foto: ...E I FINANZIAMENTI In milioni di euro

Foto: LE INIZIATIVE DI MICROCREDITO... In numero

Foto: IL RAGGIO D'AZIONE Dati in percentuale, anno 2012

Foto: LE CLASSI DI AMMONTARE Dati in percentuale, anno 2012

Foto: - Fonte: Ente nazionale per il microcredito - Ministero del Lavoro e delle politiche sociali

12/05/2014 13Pag. Il Sole 24 Ore - Finanza sociale(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 163

Page 164: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

IL PUNTO Alla Mercedes i giovani non bastano In fabbrica torna il pensionato Si amplia il piano esperti senior richiamati gli iper specializzati daranno l'esempio ai neo assunti ETTORE LIVINI A VOLTE ritornano. Anche dalla pensione. Nell'era del precariato e del lavoro giovanile sottopagato, la

Daimler (Mercedes) recita il mea culpa e innesta la marcia indietro. In azienda - dopo gli sfoltimenti selvaggi

degli organici degli scorsi anni - mancano esperienza e competenze per i lavori più delicati. E così il colosso

automobilistico ha lanciato l'operazione "Space Cowboys" (il film di Clint Eastwood dove la Nasa mandava in

orbita un equipaggio di attempati astronauti ultrasessantenni) richiamando in servizio gli ex dipendenti usciti

dagli organici per godersi una vecchiaia di riposo.

Il primo esperimento è stato varato l'anno scorso, quando la società ha riarruolato 100 pensionati affidando

loro ruoli di responsabilità nei team impegnati sullo sviluppo di nuovi linguaggi informatici e in quelli dedicati

alle missioni all'estero.

L'esperimento ha funzionato: un ampio bagaglio d'esperienza - alla prova dei fatti - si è dimostrato ben più

importante della data di nascita sulla carta d'identità e del livello dello stipendio. E la Daimler ha deciso di

dare il bis. La nuova campagna di assunzioni è partita in questi giorni. In palio 390 posti in aree strategiche,

riservati tutti a tecnici iperqualificati. Identikit che si trova ormai quasi solo tra le file dei collaboratori tedeschi

"silurati" per motivi di età nel piano di esuberi degli ultimi anni.

«Il piano "Esperti Senior" funziona benissimo - ha detto Wilfried Porth, uno dei responsabili delle risorse

umane della -. Il vantaggio per noi è doppio: da una parte abbiamo la certezza di mettere al lavoro persone

che conoscono già i linguaggi informatici e le tradizione del gruppo. Dall'altra il loro esempio aiuta a far

crescere le nuove generazioni senza strappi». Il programma a questo punto potrebbe essere mandato in

onda in replica per un'altra tornata di rottamati. La loro retribuzione è su base giornaliera e il periodo di lavoro

supplementare è strettamente legato alle necessità dell'azienda. Poi, al limite, possono tranquillamente

tornare a godersi gli ozi della pensione.

Foto: IN FABBRICA Una linea di produzione della Daimler negli Usa

10/05/2014 24Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 164

Page 165: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

I guai di Telecom Tim Brasil frena giù i ricavi del fisso La controllata sudamericana resta in utile Tar conferma la maxi-multa dell'Antitrust SARA BENNEWITZ MILANO. In Brasile cresce, ma dà segnali di rallentamento. I risultati attesi in Italia sono di una

stabilizzazione del calo della telefonia mobile, ma restano in contrazione. Il Tar conferma la maxi multa

dell'Antitrust. E Telefonica resta alla finestra in attesa dello scioglimento di Telco, il veicolo capitanato dagli

spagnoli, Generali, Mediobanca e Intesa che controlla 22,4% di Telecom Italia. Novità in chiaro scuro che ieri

hanno fatto perdere al titolo del gruppo di tlc lo 0,4% a 0,93 euro.

Tim Brasil ha chiuso il primo trimestre con un fatturato stabile per colpa del calo delle vendite di telefonini (-

3,4%)e del taglio delle tariffe di terminazione, ma con margini in salita grazie al taglio dei costi (+8%). Tuttavia

i ricavi da servizi della telefonia mobile nel trimestre sono saliti solo dell'1,6% contro il +3,3% registrato dal

leader Vivo, che fa capo a Telefonica.

Se, quindi,i profitti di Tim Brasil sono aumentati del 22% a 120 milioni di euro, anchea San Paolo non c'è

molto da festeggiare. Il cda di Telecom che si riunirà lunedì, dovrebbe poi approvare una trimestrale che, a

detta degli analisti, a livello domestico registrerà un calo del 9% dei ricavi e della marginalità. Se è vero che si

va stabilizzando la contrazione del mobile, il fisso continua a registrare una pesante flessione. Proprio sulla

scarsa concorrenza del segmento fisso la scorsa estate l'Antitrust aveva sanzionato pesantemente Telecom,

comminando una multa record da 104 milioni, somma che è stata confermata nel merito da una sentenza del

Tar.

Anche se il gruppo guidato da Marco Patuano farà appello al Consiglio di Stato, la multa è già stata

interamente accantonata in bilancio, ma potrebbe anche creare un pericoloso precedente in favore delle

cause civili intentate da Wind, Fastweb e Vodafone. Quanto all'ammodernamento della rete Telecom, ieri è

arrivato un allarme da Roberto Viola, direttore della Direzione Connect della Commissione Europea. «C'è

bisogno di un salto di qualità per le reti in Europa, soprattutto in Italia, sul terreno della neutralità della rete -

ha detto Viola che ha aggiunto - è davvero inaccettabile che gli operatori mobili blocchino alcune operazioni

come la voce su Internet ( come Skype ndr )».

Infine, Telefonica: insiemea conti trimestrali in calo, ieri ha ribadito che resterà al 15% del gruppo italiano. «I

soci di Telco non ci hanno comunicato niente, anche se qualcuno ha annunciato uscite - hanno risposto da

Madrid agli analisti -.

Noi stiamo bene così come siamo adesso, siamo soddisfatti, la nostra partecipazione rimane la stessa».

I NUMERI 120 mln L'UTILE Tim Brasil nel primo trimestre ha fatto 120 milioni di utili +1,6% I RICAVI I ricavi

da servizi Tim in Brasile marciano a +1,6%. Vivo fa +3,3% 104 mln LA MULTA Il Tar ha confermato la multa a

104 milioni.

Telecom farà appello

10/05/2014 25Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 165

Page 166: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

L'occupazione Londra terra promessa per i giovani italiani in cerca di lavoro Nel 2013 il numero di emigrati verso la Gran Bretagna tra i 20 e i 40 anni di età è cresciuto dell'81 per centoSecondo l'Aire in soli due anni è salito del 55% il flusso di connazionali che sono espatriati LUCA PAGNI MILANO. Dimenticatevi la perfida Albione. Nonché i luoghi comuni sulla freddezza dei suoi abitanti, l'umidità

del climao il costo della vita troppo alto. La realtà è un'altra: la Gran Bretagna e Londra, in particolare, sono il

nuovo eldorado dei giovani italiani in cerca di lavoro. Laureati e non.

Una ondata migratoria iniziata già da qualche stagione, ma che nel corso del 2013 ha polverizzato tutti i

record precedenti: il numero degli under 40 che ha varcato la Manica, rispetto all'anno precedente, è salito

dell'81 per cento. Un numero quasi raddoppiato, che ha trascinato anche il dato complessivo, visto che i

cittadini italiani espatriati, indipendentemente dall'età, in dodici mesi è salito del 71 per cento.

E se solo fino al 2012, era ancora la Germania in testa alla preferenze di chi valicava le Alpi per iniziare una

nuova vita all'estero, ora anche la super-economia tedesca deve inchinarsi all'Inghilterra, arrivata sul primo

posto del podio, mentre nel 2012 era soltanto la terza meta preferita. Ma non è il solo sorpasso che spiega i

cambiamenti in atto in Europa e nel mondo: gli italiani che si sono trasferiti nel corso del 2013 sono stati più

numerosi in Brasile rispetto agli Stati Uniti.

Sono tutti dati forniti dall'Aire, l'anagrafe degli italiani residenti all'estero istituita presso il ministero degli

Esteri. Dalla fine del 2011, il numero di italiani che ogni anno si è messa la penisola alle spalle è passato da

60.635 ai quasi 100mila del 31 dicembre scorso (per l'esattezza 94.126), con un aumento del 55 per cento.

In due anni è come se fosse stata cancellata dalla mappa geografica italiana una città delle dimensioni di

Alessandria o Piacenza.

Ma quello che più preoccupa è l'esplosione dei flussi migratori riferiti ai più giovani. Per gli esperti ci sono

pochi dubbi sui motivi: gerontocrazia, minori occasioni di lavori qualificati, stipendi più bassi, ascensore

sociale che siè guastato, disattenzione della politica. E ancora più grave, il fatto che il fenomeno - che

attraversa tutte le classi sociali - ha la sua punta tra i laureati, la classe dirigente di domani. Secondo una

ricerca di Almalaurea, il consorzio di 64 atenei del nostro paese, sono almeno 5mila i giovani che ogni anno

vengono assunti da società all'estero. In sostanza, quasi tuttii migliori. Il che aggiunge ulteriore danno: perché

non solo ci priviamo dei "talenti", ma questo avviene dopo che abbiamo speso per formarli.

Il 10 per cento degli universitari che trovano lavoro a un anno dalla laurea è già fuori dalla penisola. Ancora:

secondo la Bocconi, nel corso del 2013, il 25 per cento dei loro laureati ha trovato lavoro all'estero, mentre

soltanto cinque anni fa era il 15 per cento.

Almalaurea sostiene che, nell'ultimo decennio, gli under 35 emigrati all'estero sono più che raddoppiati, da

50mila a 106mila. Tendenza confermata da altre indagini. Per Coldiretti-Swg, la maggioranza dei cittadini

sotto i 40 anni (51 per cento del campione) è pronta ad espatriare per motivi di lavoro; e Demos ha

sottolineato come i giovani tra i 25 e i 34 anni convinti che l'unica speranza di far carriera sia andare all'estero

siano passati dal 48,8% del 2008 al 63,6% del 2013. E ora sarà dura farli rientrare.

PER SAPERNE DI PIÙ www.esteri.it www.interno.gov.it

Gli italiani che se ne vanno dati Aire: Anagrafe italiani residenti all'estero 2013

94.12656%

44% +19,2% italiani espatriati nel 2013 (ma 1 italiano su 2 non comunica il trasferimento) uomini donne in

due anni incremento del 55%

7.267 dal Piemonte 8.743 dal Veneto 8.211 dal Lazio 7.818 dalla Sicilia 6.682 dall' Emilia Romagna 6.249

dalla Campania 5.159 dalla Toscana 4.716 dalla Calabria 4.665 dalla Puglia

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 166

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60.06645.516 16.418 dalla Lombardia 8.342 Francia 24.001 30-40 anni 21.551 20-30 anni 11.731 Germania 12.904

Regno Unito +71,5% (+81% under 40) 10.300 Svizzera under 40 verso l'Europa 63,81% 48,3% (+ 28,4%)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 167

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L'intervista Amartya Sen. Il premio Nobel indiano ritiene "drammatica" la situazione economica del vecchiocontinente: "I tagli peggiorano la disoccupazione giovanile" "Uscire dall'austerity non dalla moneta unica solo così Eurolandia puòrialzare la testa" DAL NOSTRO CORRISPONDENTE FEDERICO RAMPINI NEW YORK. «I cittadini europei non accettano più l'austerity,e in questo l'opinione pubblica si sta mostrando

più saggia degli esperti. La situazione sul vostro continente è drammatica, deve cambiare. La soluzione non è

uscire dall'euro, ma uscire dalle sue politiche sbagliate. Dovete riscoprire la lezione che l'Europa applicò per

risollevarsi dopo la seconda guerra mondiale». Chi parla è probabilmente il più grande economista vivente. In

realtà la definizione di economista sta stretta ad Amartya Sen. Questo premio Nobel è forse l'unico che

all'università di Harvard ha avuto cattedre sia di economia che di filosofia. E oggi alla vigilia dei suoi 80 anni

Harvard gli ha chiesto di organizzare un nuovo corso di studi: in matematica. Nato in India, è il primo ed unico

nonamericano ad avere ricevuto la più alta onorificenza degli Stati Uniti, la National Medal for the Humanities,

conferita da Barack Obama. In Italia esce il suo ultimo libro, dedicato all'India ("Una gloria incerta",

Mondadori) dove le critiche al suo Paese sono spietate. Ma Sen conosce molto bene la realtà europea e non

si sottrae alle domande su di noi.

Mancano due settimane al voto europeo e il malcontento verso l'Unione è ai massimi.

L'austerity è diventata un Verbo inflessibile, nonostante le resistenze dei cittadini.

«L'austerity contraddice 250 anni di sviluppo economico. I più grandi pensatori dell'economia ci hanno

insegnatoa ragionare in modo diverso. Per Adam Smith il mercato e il progresso economico consentivano

agli individui di conquistare più libertà, e al tempo stesso agli Stati davano risorse per fare meglio il loro

mestiere. Oggi l'Unione europea vede gli Stati solo come un costo. David Ricardo ci insegnò l'importanza dei

prezzi relativi. Ora l'euro ha imposto la stessa parità di cambio alla Germania e alla Grecia senza

preoccuparsi dei rispettivi livelli di prezzo e competitività. Io sono a favore dell'euro.

Ma è stato un errore avere una moneta unica senza l'unione del sistema bancario, trascurando il ruolo delle

altre istituzioni, e trascurando i prezzi relativi. Infine c'è la lezione di John Maynard Keynes: in periodo di alta

disoccupazione e bassa domanda, l'ultima cosa da fare sono i tagli alla spesa pubblica. Non possono che

peggiorare la disoccupazione giovanile». Lei e` stato anche l'ispiratore di una serie di misure alternative al Pil,

per esempio l'indice dello "sviluppo umano" (Human Development Index) usato dalle Nazioni Unite. Eppure il

Pil continua ad avere un ruolo dominante. La notizia recente del possibile sorpasso Cina-Usa nel Pil, ha fatto

il giro del mondo.

«Che la Cina possa superare gli Stati Uniti nel Pilo che l'India possa diventare la terza economia mondiale in

base allo stesso criterio, io lo trovo poco significativo. Quello che conta davvero è il benessere delle persone.

L'indice dello sviluppo umano, pur imperfetto, include l'istruzione che invece non entra nel Pil. Il Bangladesh

ha un reddito pro capite inferiore all'India e tuttavia la speranza di vita è più lunga, la mortalità infantile è

inferiore.

Perchè l'indice dello sviluppo umano riceve meno attenzione? Perchè la sua importanza è fondamentale per

i ceti più poveri. I ricchi, i ceti più benestanti, s'interessano del Pil perchè la crescita economica misurata con

quell'indicatore concentra su di loro i massimi benefici».

Qualche anno fa l'India fu la super-star al World Economic Forum. Nel suo libro lei descrive l'India come un

subcontinente dove coesistono pezzi di California avanzatissima,e vaste aree più simili all'Africa sub-

sahariana. Lei è severo non solo con i governanti ma anche coni mass media del suo Paese, per aver

privilegiato l'aspetto "glamour", i miliardari del software o le star di Bollywood. Lei denuncia l'assurdità di un

Paese dove tutti hanno i telefonini ma non le latrine.

«L'India ha degli ottimi giornali, con un lettorato di massa, perfino più diffusi che in Cina, e tecnologicamente

avanzati. Ma se si guarda alla loro capacità di produrre risultati per il progresso del Paese, è deludente. La

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 168

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vita dei tre quarti della popolazione riceve una scarsa attenzione sui media. Narrare le condizioni di vita della

maggioranza degli indiani dovrebbe diventare una missione del giornalismo indiano». Nell'inevitabile

paragone India-Cina, lei elenca tanti settori dove il regime autoritario di Pechino ha prodotto risultati migliori.

E' una sconfitta della democrazia? «Attenzione a non trarre le conclusioni sbagliate. L'autoritarismo cinese ha

anche provocato la morte di trenta milioni di persone nella carestia più grave della storia umana, prima di

correggere i suoi errori con le riforme economiche che portarono alla crescita degli anni '80 e '90. I regimi

autoritari sottopongonoi loro cittadini a una grande incertezza. Nel sistema federalista indiano due Stati ben

governati come il Kerala e il Tamil Nadu hanno degli indicatori di sviluppo umano superiori alla Cina. Senza

contare i costi che il popolo cinese paga in termini di libertà e diritti umani. L'India è capace di grandi successi

quando mobilita le sue energie verso un progetto: lo sradicamento della polio è un esempio. Un altro esempio

fu la minaccia di un uragano sei volte più potente di Katrina, che venne affrontato evacuando un milione di

persone dalla costa».

Nelle sue opere c'e` sempre una grande attenzione alla donna. In questo nuovo libro lei analizza la reazione

dopo il terribile stupro avvenuto nel dicembre 2012: una mobilitazione nazionale ha portato a nuove leggi.

Dunque l'India sa cambiare quando vuole? «Prima di quella terribile vicenda, tantissimi stupri non venivano

neppure denunciati. E non puoi risolvere un problema se non ne riconosci neppure l'esistenza. In seguito alle

proteste è diventato un tema nazionale, la polizia è stata messa sotto accusa, ora le forze dell'ordine sanno

che non possono restare inerti. E tuttavia io noto anche qui una questione di classe. Stupri e molestie

sessuali colpiscono anche le donne istruite del ceto medio.

Chiunque conosce nel proprio ambiente una donna che è stata molestata, magari dal capufficio.

Invece la piaga dei rapimenti di bambine e del racket che le costringe alla prostituzione resta nell'ombra,

perchè qui le vittime sono le ragazze più povere. Ancora una volta, la diseguaglianza sociale è una lente che

distorce l'informazione e la percezione dell'opinione pubblica».

PER SAPERNE DI PIÙ www.harvard.edu www.europa.eu

I PENSATORI

L'austerity? I più grandi pensatori dell'economia ci hanno insegnato a ragionare in modo diversoL'ERRORE

E' stato un errore avere una moneta unica senza l'unione del sistema bancario I DUE VOLTI DELLA

CRESCITA INDIANA Jean Drèze e Amartya Sen affrontano in "Una gloria incerta" gli squilibri della crescita

indiana, che ha lasciato indietro i poveri IL LIBRO LA POLEMICA DRAGHI AFFRONTI LA DEFLAZIONE Il

Financial Times chiede al presidente della Bce Mario Draghi di affrontare con gli strumenti necessari la

deflazione

Foto: L'ECONOMISTA Amartya Sen ad Harvard ha avuto cattedre di economia e di filosofia

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 169

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IL PUNTO In Italia piccolo non è più bello Anche per l'Fmi le nostre aziende ormaiarrancano Il Fondo spiega che il nodo non è solo il costo del lavoro ma la dimensione ridotta LUCA PAGNI MILANO. «Piccolo non è bello, piccolo è soltanto piccolo».

Nella sua ultima stagione alla guida di Unicredit, il banchiere Alessandro Profumo aveva coniato il uno

slogan "revisionista" per avvisare gli imprenditori di quanto stava per accadere all'economia italiana. In

pratica, le dimensioni "modeste" dei fatturati delle Pmi, da fattore positivo si sarebbe trasformato in un limite

difficilmente recuperabile.

Un allarme, in verità, ben presente anche nei piani degli ultimi governi. Che qualche strumento - a

cominciare dalla creazione del Fondo Strategico Italiano - l'hanno varato per aumentare le dimensioni delle

imprese e la loro propensione ad avventurarsi all'estero; non solo per esportare prodotti ma anche per

acquisire concorrenti in giro per il mondo e diventare più grandi.

Un invito ad accelerare su questa strada è arrivato ieri dal Fondo monetario internazionale, con un paper

firmato dall'economista Andrew Tiffin. Il quale ha scritto che a minacciare le imprese italiane non è tanto il

fardello del costo del lavoro.

Un fattore, quest'ultimo, «sempre meno importante».

Secondo al ricerca del Fondo monetario internazionale, piuttosto, è fondamentale «innovarsi ed espandersi».

L'economista dell'Fmi avvisa che siamo all'ultima spiaggia: «Va riconosciuto che il settore commerciale

italiano continua a collocarsi fra i leader mondiali, a differenza di quanto succede ad altri Paesi europei». Ma

potrebbe non bastare più, perché non sembra più in grado di affrontare «la natura mutevole della produzione

globale, dove le imprese di maggiori dimensioni hanno più successo nell'imporre un brand globale, nel

finanziarsi e nell'integrare un ciclo degli approvvigionamenti globale».

Anche per questo, forse, il premier Renzi è corso a presenziare l'alleanza di Ansaldo Energia con il colosso

cinese Shanghai Electric. Se non ce la facciamo da soli, insomma, almeno alleiamoci con chi è già grande.

Foto: AL TIMONE Il direttore generale dell'Fmi, Christine Lagarde

11/05/2014 20Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 170

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Debito, Tesoro in campo cedere il 10% di Eni e Enel FEDERICO FUBINI ALSESTO anno di crisi, con il debito avviato verso il 135% del Pil, per il Tesoro è il momento di rompere un

nuovo tabù.

VANNO ceduti altri pezzi importanti del capitale di Eni e di Enel. Lo Stato non ha più assoluto bisogno di

mantenersi sopra il 30%, la quota di controllo, nelle sue più grandi società quotate. Può anche scendere di un

altro 10% senza dover temere per questo scalate ostili di investitori esteri. La speranzaè che anche il premier

Matteo Renzi se ne convinca.

Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan,e la sua squadra ci stanno riflettendo seriamente, perché

conoscono alla perfezione i vincoli entro i quali il Paese si muove. Il debito pubblico era intorno al 120% del

prodotto lordo nel 2011 e, secondo le stime del Documento di economiae finanza (Def), salirà al 134,9%

quest'anno.

Se il governo vuole arrestare questa dinamica esplosiva e invertirne la tendenza, le privatizzazioni avranno

un ruolo. Per questo nella sua ultima lettera alla Commissione europea, Padoan non si è limitato a dire che il

governo rallenterà il ritmo di riduzione del deficit. Il ministro ha presentato anche un progetto di cui solo ora

iniziano a emergere le implicazioni: per cercare di ridurre comunque il debito, l'Italia accelera il programma

delle privatizzazioni. Il governo di Enrico Letta, con Fabrizio Saccomanni all'Economia, prevedeva per tre anni

entrate da dismissioni per lo 0,5% del Pil. Renzi e Padoan, nel Def, alzano invece l'obiettivo allo 0,7% del Pil

nei quattro anni fra il 2014 e il 2017. Significa trovare beni per nove miliardi in più da mettere sul mercato solo

da qui al 2016.

Quindi, per altri dieci miliardi nel 2017. In tutto è un'operazione che vale l'1% del prodotto lordo in più: senza

di essa, l'intera traiettoria di riduzione del debito risulterebbe seriamente alterata.

Il problema di Padoan è che nel pacchetto di cessioni ereditato da Saccomanni, anche rafforzato, quei 19

miliardi in più entro il 2017 non ci sono. A giugno partirà l'apertura del capitale di Fincantieri, un'operazione

che vale circa un miliardo. Quindi entro l'autunno Padoan insiste per mettere sul mercato anche una quota

importante di Poste Italiane, in modo da incassare fino a cinque miliardi supplementari. A stadi di

preparazione più o meno avanzati di sono poi le cessioni di Sace e Cdp Reti da parte di Cassa depositi e

prestiti, la quale girerebbe un dividendo straordinario al Tesoro. E forse persino prima arriverà la vendita del

49% di Enav, l'ente di controllo aereo, da cui può arrivare un altro miliardo. Poi ancora le Grandi Stazioni e

magari una quota dell'Alta velocità delle Ferrovie dello Stato.

L'algebra non lascia scampo: niente di tutto questo garantisce i 40 miliardi di entrate da privatizzazioni in

quattro anni su cui Padoan si è impegnato a Bruxelles. Né è verosimile arrivarci grazie a cessioni di immobili

pubblici o di società di servizio controllate da Comuni, Provincie o Regioni. Queste ultime spesso sono

dissestate.

Servirebbe troppo tempo per preparare le vendite e i relativi incassi risulterebbero comunque ridotti.

L'idea del Tesoro di lavorare ancora su Eni e Enel nasce di qui: mancano le alternative realisticamente

praticabili. Le quote che andrebbero sul mercato potrebbero arrivarea circa il 10% del capitale per entrambe

le aziende, in modo da alzare nettamente il flusso di entrate da privatizzazioni. Il gruppo dell'energia vale oggi

68,7 miliardi e quello elettrico 39,4 ma per entrambi, soprattutto il secondo, c'è la speranza che il recente

ricambio al vertice porti un rafforzamento in Borsa. Il ministero dell'Economia ha fiducia che la futura gestione

dell'Enel da parte di Francesco Starace si riveli misurabilmente migliore di quella di Fulvio Conti,

l'amministratore delegato uscente. Eni ed Enel non sarebbero comunque operazioni imminenti: la cessione di

quote arriverebbe nella seconda metà del piano quadriennale di privatizzazioni, a partire dal 2016. Per Eni ciò

ovviamente deve coinvolgere la Cassa depositi, che è controllata dal Tesoro e possiede il 26,4% del gruppo

dell'energia (il governo controlla direttamente solo il 3,9%).

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 171

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Il principale problema da risolvere resta il fatto che lo Stato scenderebbe sotto il 30%, la quota che

garantisce il controllo. Quanto a questo, si pensa a un sistema di azioni con potere di voto multiplo, in modo

che anche al 20% del capitale il Tesoro continuerebbe a esercitarei suoi poteri sulle imprese. Un passaggio

del genere dovrà superare il vaglio della Commissione europea, ma non mancano i precedenti e al Tesoro lo

si ritiene possibile.

Resta poi un ultimo, non trascurabile dettaglio: va convinto Matteo Renzi. Per il momento il premier e

Padoan hanno imparato a cooperare bene insieme, dopo essersi incontrati per la prima volta a governo ormai

formato. Ma entrambi sanno che i test più difficili arriveranno da ora in poi.ENI Venerdì scorso la

capitalizzazione di Borsa dell'Eni era pari a 68,7 miliardi 39,4 mld I NUMERI 68,7 mld

22 mag 2008 9 apr 2010 10 ago 2011 17 gen 2013 24 giu 2013 9 mag 2014 25 set 2008 13 mar 2009 29 apr

2011 24 lug 2012 15 ott 2013 9 mag 2014 17,68 5,37 4,81 2,03 2,96 3,21 12,17 17,48 15,41 Andamento Eni

Andamento Enel 18,92 4,19

PER SAPERNE DI PIÙ www.tesoro.it www.consob.it

Foto: ENEL Il colosso elettrico a Piazza Affari valeva 39,4 miliardi alla chiusura di venerdì ECONOMISTA

Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia del governo Renzi, dopo una lunga esperienza all' Fmi

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 172

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IL MINISTRO DEL LAVORO POLETTI: SIAMO CONVINTI DI FARE MEGLIO RISPETTO A QUANTOPREVISTO NEL DEF L'industria frena, incognite sulla crescita A marzo la produzione cala a sorpresa: ­0,5%. Bankitalia: segnali positivi dai prestiti a famiglie e imprese Laprevisione dell'Ocse di una crescita del Pil italiano dello 0,5% sarà smentita, lo scommetto Matteo RenziPresidente del Consiglio dei ministri GIUSEPPE BOTTERO TORINO Ci si aspettava un segnale positivo, è arrivata l'ennesima gelata. A marzo, certifica l'Istat, la produzione

industriale ha continuato a scendere, sia rispetto a febbraio (-0,5%) sia rispetto allo scorso anno (-0,4%). A

pesare, sottolinea l'istituto di statistica, sono state soprattutto le perdite sul fronte energia, in caduta

dell'11,1%: i consumi di elettricità e gas hanno scontato una primavera particolarmente calda. Ma non si può

spiegare tutto con il meteo: i beni di consumo hanno fatto segnare un ribasso del 3,2%, e fotografano una

domanda interna ancora debole. Non consolano le stime del Centro studi di Confindustria, secondo cui la

produzione industriale ad aprile dovrebbe segnare un ritorno in territorio positivo: i conti sul trimestre sono

chiusi e si limiterebbe allo 0,1% il vantaggio congiunturale cumulato tra gennaio e marzo sul trimestre

precedente. Nel confronto mese su mese, a un inizio d'anno col turbo sono seguiti due ribassi e ora si teme

un impatto sul Prodotto interno lordo del primo trimestre. I dubbi dureranno pochi giorni, visto che già giovedì

prossimo l'Istat diffonderà la stima preliminare sul Pil. Commentando i dati diffusi ieri il ministro del Lavoro,

Giuliano Poletti, pur ammettendo che la crescita è ancora «debole», ha spiegato: «Noi siamo convinti di

essere stati molto misurati nelle previsioni del Def, ma siamo anche convinti di fare meglio di quanto

previsto». D'altra parte in mattinata il premier Matteo Renzi aveva detto che le previsioni sulla crescita bassa

dell'Italia «saranno smentite». Restano comunque le preoccupazioni, con le paure della Cisl per una «ripresa

senza occupazione» e di Federconsumatori e Adusbef che avvertono: «Nessuno si azzardi a parlare di

ripresa». Anche gli analisti sono scettici: secondo il capo economista di Nomisma Sergio De Nardis «gli 80

euro di minore Irpef potranno dare una mano solo se le famiglie beneficiate si convinceranno che il vantaggio

non è transitorio. Per questo occorre che si definiscano al più presto le prospettive dei conti pubblici italiani,

inclusa la valutazione europea». Per il senior economist del servizio studi di Intesa SanPaolo, Paolo Mameli,

lo scenario «mette in dubbio la possibilità di una accelerazione rispetto al +0,1% registrato dal Pil alla fine

dell'anno scorso». Un piccolo segnale positivo arriva invece sul fronte del credito: a marzo il calo dei prestiti

bancari a famiglie e imprese si è attenuato, con una flessione del 2,3% contro il 3,6% di febbraio. Non è

l'unico indicatore sulla normalizzazione dello scenario fornito da Bankitalia: i dati infatti certificano un

rallentamento del tasso di crescita delle sofferenze. I depositi, saliti molto lo scorso anno, rallentano con

appena un +1,6%. Buio fitto, invece, sul fronte della raccolta obbligazionaria, che sfonda il 10% di ribasso:

una flessione che rende più complesso, per gli istituti, fornire prestiti a lungo termine. I finanziamenti alle

famiglie nel frattempo provano a recuperare qualcosa, e scendono dell'1,1% anche a seguito delle nuove

offerte degli istituti di credito. Quelli alle imprese calano ancora del 4,4% (era un -5,1% a febbraio). L'onda

lunga delle sofferenze, come detto, diminuisce un poco l'impeto (+24% il tasso a marzo) ma una vera

inversione di tendenza arriverà solo se nel 2015 il Pil prenderà a salire in maniera decisa. Fino a quella data

comunque molto dovrà accadere: arriveranno i risultati della revisione finanziaria e degli stress test (per i

quali le banche italiane hanno già dovuto varare 10 miliardi di euro in aumenti di capitale) e la Bce dovrà

intervenire contro i rischi accoppiati di bassa inflazione e euro forte. Intanto il «Financial Times» è tornato a

chiedere alle banche italiane un cambio di passo sulla governance, anche per poter convincere gli investitori

stranieri, che sono tornati in massa sui titoli del settore, a restare. Il monito è arrivato all'indomani delle nuove

regole volute dalla Banca d'Italia. Norme che, seppure rese più flessibili rispetto alla versione iniziale,

impongono una riduzione del numero dei consiglieri, un ruolo non esecutivo del presidente e un aumento

delle deleghe per i soci delle banche popolari. Tutte misure che, nelle intenzioni di Via Nazionale, dovrebbero

aumentare la trasparenza del settore e una migliore rappresentatività.

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Prestiti per settore di attività economica VARIAZIONI IN PERCENTUALE

MARZO Famiglie Imprese

Centimetri - LA STAMPA

-1,1-4,4-5,1-1,2 % % MARZO Fonte: Elaborazione su dati Banca d'Italia % FEBBRAIO % FEBBRAIO 2008 2009 2010

2011 2012 2013 2014 -8

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 174

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Il ministro dell'Economia: in Italia c'è il problema del malcostume nella gestione della cosa pubblica "La concertazione ha fallito" Intervista a Padoan: estendere il bonus? Vedremo in autunno ALESSANDRO BARBERA L'ansia da spread in teoria è finita, ma da qui alla fine dell'anno è possibile che torni a salire, anche se non

più ai livelli record La discussione con le parti sociali è essenziale per la democrazia, altra cosa è la capacità

di fare accordi e concretizzarli BARBERA ALLE PAG. 2 E 3 La scrivania è sempre la stessa: pesante,

solenne, carica di storia. Il computer potrebbe essere quello di un agente di Borsa londinese. Sullo schermo

scorre lo spread fra i titoli di Stato italiani e tedeschi. Ministro Padoan, i tempi in cui Monti controllava con

ansia quell'indice sono lontani. O no? «In teoria sì. Ma di qui alla fine dell'anno è possibile che lo spread torni

a salire, anche se non a quei livelli». Come mai? «Presto gli effetti della stretta monetaria della Banca

centrale americana inizieranno a farsi sentire. L'enorme massa di liquidità in circolazione verrà meno, e con

essa la finestra di opportunità che sta spingendo molti ad investire anche in Italia. Dobbiamo tenerne conto e

agire con rapidità». A proposito di investimenti. Si parla molto di tasse, ma la ragione che tiene lontani i

capitali dall'Italia è anzitutto la corruzione. Vicende come quella dell'Expo fanno malissimo all'immagine

dell'Italia, non crede? «In Italia c'è un problema di malcostume nella gestione della cosa pubblica. Ma la

cronaca ci dimostra che lo Stato reagisce in modo efficace». Ministro, nel 2015 il bonus da ottanta euro

cambierà? Il governo darà di più alle famiglie numerose? Quel taglio non doveva servire a ridurre il costo del

lavoro? «La manovra serve a ridurre il costo del lavoro, sul lato delle imprese con la riduzione dell'Irap e sul

lato dei lavoratori attraverso il credito Irpef. Sappiamo che c'è un problema di diseguaglianze, soprattutto in

una fase di uscita da un periodo di crisi profonda. In autunno, con la legge di Stabilità, vedremo se c'è spazio

per aumentare il reddito di altre categorie di cittadini». Lei ha preannunciato «sorprese» sulla crescita nei

prossimi mesi. Le ultime stime di Ocse e Unione europea dicono però che non raggiungeremo nemmeno lo

0,8 per cento che voi stimate possibile. «Fra le misure prese dal governo ve ne sono alcune che potrebbero

mettere in moto la fiducia in un miglioramento stabile delle prospettive, quindi produrre un miglioramento

superiore a quello associato meccanicamente all'aumento dei redditi delle famiglie». Fra le priorità del

governo Renzi non ci sono privatizzazioni e liberalizzazioni. E' così? «No, non è così. Dalle privatizzazioni ci

aspettiamo 0,7 punti percentuali di PIL da qui al 2017. Ma è vero che sulle liberalizzazioni si può fare molto di

più, a partire dai servizi pubblici locali». Uno dei problemi irrisolti sono i tempi della giustizia. Forse in Italia ci

sono troppi avvocati? «Uno studio dell'Ocse e della Banca d'Italia dice che il problema è semmai la presenza

nel sistema di incentivi ad allungare i tempi del processi, sia da parte degli avvocati che dei magistrati. Se gli

incentivi fossero a favore di chi i processi vuole invece accorciarli, sarebbe un vantaggio per tutti. Una delle

ragioni per le quali un prestito in Italia costa più che in Francia è perchè le banche italiane fanno pagare in

anticipo il costo di eventuali contenziosi, più lunghi e quindi costosi che altrove». Una volta il successo di un

governo lo si valutava dal rapporto con i sindacati. Su questo Renzi ha decisamente cambiato verso. È finito il

tempo della concertazione? «La discussione con le parti sociali è una componente essenziale della

democrazia. Altra cosa è avere la capacità di fare accordi e concretizzarli il più rapidamente possibile. In

passato la concertazione ha prodotto risultati inefficienti, o perché non si sono trovati accordi sulle regole, o

perché l'esito di quegli accordi ha prodotto vantaggi a favore di alcuni piuttosto che di tutti». Secondo alcuni

lei, in quanto "dalemiano", dovrebbe essere più attento alle ragioni della Cgil più di quanto non lo sia Renzi.

La sua risposta demolisce questa tesi. «Sono amico da molti anni di D'Alema, questo non mi impedisce di

aver maturato le cose che le ho detto». Ci tolga una curiosità: lei si sente più un tecnico o un politico?

«Lavorando per molti governi ho compreso che l'economia non è mai una questione tecnica. Non a caso

l'economia che si insegna nelle Università è definita "politica" ovvero una questione di scelte. Qualsiasi

ministro che si misuri con le scelte è un politico». ll due giugno la Commissione europea presenterà le sue

raccomandazioni ai Paesi membri. Teme un giudizio severo? «No. La Commissione dice che abbiamo alto

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 175

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debito e scarsa crescita. È vero non da ieri ma da 15 anni. Dobbiamo rimuovere questi squilibri attuando le

riforme già avviate e quelle impostate dal governo». L'Italia è il Paese europeo che arranca di più. Cresciamo

meno della Spagna, del Portogallo, dell'Irlanda, tutti Paesi che hanno ricevuto aiuti internazionali. Fu un

errore non chiederli fra il 2011 e il 2012? O invece ­ come dice oggi Monti ­ gli italiani non avrebbero capito

l'importanza e l'urgenza delle riforme? «No, non credo sia stato un errore. È vero: spesso in Italia si

sottovaluta l'urgenza delle riforme. Ma se oggi possiamo procedere su quella strada lo dobbiamo a quel che

fu fatto da Monti e, a Francoforte, da Draghi, che affrontò la speculazione». Di recente Draghi ha detto che

negli anni della crisi ci si è concentrati sui bilanci degli Stati più che su quelli delle banche. Possibile che il

governo non possa ridurre le tasse senza dover rendere minuziosamente conto delle coperture necessarie?

«In effetti la sequenza è stata diversa dall'esperienza americana. Non si era capito come avrebbe funzionato

l'unione monetaria. È però vero che i nuovi Trattati hanno rafforzato il sistema di sorveglianza per andare al di

là delle variabili fiscali e prendere in considerazione quelle macroeconomiche. Non è un caso se oggi si parla

di squilibri della bilancia dei pagamenti tedesca e non più solo di debito e deficit». Secondo lei in Europa oggi

c'è bisogno di più Keynes? «Se la domanda è "in Europa c'è bisogno di scavare più buche?" la risposta è no.

Quando Keynes invocava un ruolo dello Stato nell'economia era per sottolineare il bisogno di una politica

coerente nel tempo, capace di coinvolgere le persone e di spingere le imprese a investire». Le elezioni

europee saranno un test importante per il governo? «Le elezioni sono sempre un test per i governi. Il

malcontento ha ragioni oggettive, a partire dalla disoccupazione. La politica e le classi dirigenti dovrebbero

prenderne atto e affrontare le questioni cruciali per la qualità della vita dei cittadini europei». Come andrà a

finire il caso AlitaliaEtihad? «Non esprimo giudizi, la trattativa è in corso. Ma posso dirle che una soluzione

positiva richiede la collaborazione di tutti». Sta parlando delle banche, alle quali è chiesto uno sforzo sulla

ristrutturazione dei debiti? «Ho detto di tutti, arrivederci». Twitter @alexbarbera

LE «SORPRESE» SULLA CRESCITA

Nel decreto del governo ci sono misure che potrebbero produrre un miglioramento più forte di quelloassociato al taglio delle tasseLO SCANDALO DELL'EXPO

In Italia continua a esserci un problema di malcostume nella gestione della cosa pubblica. Ma lacronaca ci dimostra che lo Stato reagisce in modo efficaceLA STAMPA

Fonte: elaborazione Fonte: elaborazione Centimetri-LA STAMPA PREVISIONE DEL TASSO DI CRESCITA

DEL PIL REALE 2014 A CONFRONTO

PREVISIONE DEL TASSO DI CRESCITA DEL PIL REALE 2015 A CONFRONTOOcse (ieri) 0,0 Ocse (ieri)

FMI (apr. 14) Istat (mag. 14) FMI (apr. 14) Istat (mag. 14) Governo (apr 14) Com. Eu. (mag. 14) Governo (apr

14) Com. Eu. (mag. 14)

IL RITORNO DELLO SPREAD

Da qui alla fine dell'anno è possibile che salga perché presto gli effetti della stretta monetaria dellaFederal Reserve inizieranno a farsi sentire Ma il governo reagirà in frettaAll'Fmi Dal 2001 al 2005 è stato direttore esecutivo per l'Italia del Fondo monetario internazionale

All'Ocse N el 2007 è stato nominato vice segretario generale dell'Ocse e nel 2009 ne diviene anche capo

economista

Al Tesoro I l 21 febbraio 2014 Pier Carlo Padoan (foto in alto) è stato scelto da Matteo Renzi come ministro

dell'Economia

Lo spread Italia-Germania Rendimenti dei titoli di stato decennali

Foto: Accordi difficili Ultimamente governo e parti sociali hanno fatto fatica a fare accordi e a concretizzarli

rapidamente

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 176

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SECONDO IL FINANCIAL TIMES, IL TYCOON AUSTRALIANO VUOLE CREARE UN SUPER NETWORKEUROPEO Murdoch prepara la "Grande Sky" Allo studio una pay tv da 23 milioni di abbonati riunendo le società in Italia, Germania e Regno Unito Ilmaxi­piano potrebbe essere annunciato quest'estate TONIA MASTROBUONI INVIATA A BERLINO Lo "squalo" è tornato. Secondo anticipazioni del Financial Times, Robert Murdoch starebbe pensando a una

"Grande Sky", a una pay-tv anglo-italo-tedesca che metterebbe insieme diverse controllate per formare una

mega piattaforma europea. Stando alle indiscrezioni, l'ottantatreenne tycoon australiano vorrebbe utilizzare la

sua partecipazione del 39,1% nella britannica BSkyB per fonderla con Sky Italia e Sky Deutschland,

attualmente controllate attraverso 21st Century Fox. Il quotidiano inglese cita diverse fonti, ma non sono tutte

d'accordo sullo stato di avanzamento delle trattative. Una sostiene che ancora non ci sarebbe alcun

negoziato concreto, l'altra che Fox sarebbe molto interessata a mettere ordine nei frammentati asset europei.

Una terza fonte è convinta che l'esito dell'affare dipenderà da «come si allineeranno le stelle», cioè da come

andranno a finire determinati dossier, a cominciare dalla questione dei diritti del campionato di Serie A

italiano. Anche l'agenzia di stampa Bloomberg menziona una fonte che parla di un piano talmente avanti

nelle trattative che sarà annunciato in pompa magna quest'estate. Dai tre presunti protagonisti della mega

fusione, nessun commento. La "Grande Sky" metterebbe insieme i 15 milioni di abbonati inglesi di BSkyB, i

3,5 milioni di Sky Deutschland e i 5 milioni di Sky Italia, ma consentirebbe anche di riordinare il business

europeo, creando una piattaforma televisiva aggressiva e paneuropea, e dall'altra parte un'entità che metta

assieme gli studi cinematografici e l'entertainment. La stessa Fox, del resto, è stata riorganizzata di recente

secondo un principio simile. L'operazione valuterebbe il 50 per cento della piattaforma tedesca in tre miliardi

di euro e il 100 per cento della parte italiana in cinque miliardi. Il figlio dello "squalo" austrialiano, James

Murdoch, ex capo di BSkyB che adesso guida Sky Deutschland ed è anche ai vertici di Fox, aveva dichiarato

l'anno scorso che Sky aveva bisogno di «risolvere» il nodo delle strategie di pay-tv in Europa e che la

separazione delle tre piattaforme inglese, tedesca e italiana «non è ottimale». Già nel 2010 e nell'anno

successivo, lui e il padre avevano tentato di prendere il controllo del gruppo britannico - un'operazione che

era stata bloccata quando era emerso il mega scandalo delle intercettazioni dei vip comprate

sistematicamente da alcuni giornalisti dei suoi tabloid e pubblicate sui giornali. In ogni caso la creazione di un

tale gigante televisivo dell'etere dovrà anche superare le perplessità dei regolatori europei. Infine, sostiene il

Financial Times, dovrà anche superare le riserve degli investitori, non troppo convinti della bontà di un

investimento nel mercato italiano delle televisioni a pagamento. Mentre gli abbonati della Sky tedesca stanno

infatti crescendo, quelli italiani calano. E Sky Italia non offre neanche il servizio in banda larga, che è stato

uno dei motori principali del business di BskyB. Voci citate dal giornale parlano anche della possibilità che

Murdoch faccia il suo ingresso nel mercato francese, comprandosi Canal Plus.

miliardi È il valore stimato di Sky Italia che vanta 5 milioni di abbonati

miliardi È quanto potrebbe valere il 50% della consociata tedesca Sky Deutschland che ha 3,5 milioni di

utenti

Foto: Uno studio di registrazione del gruppo Sky

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INTERVISTA Ernesto Franco: fare l'editore è offrire al pubblico un'identità Per il direttore della Einaudi la crisi è anche culturale "Se ne potrà uscire producendo profitti e insieme valori" ALBERTO MATTIOLI Nel suo ufficio è incorniciata una lettera datti lo scritta del 1942 con la quale Cesare Pavese manda a quel

paese Giulio Einaudi, accusandolo fra l'altro di avergli mandato sei sigari «pessimi». Via Biancamano, ovvero

l'Einaudi, ovvero la più intellettuale delle case editrici. Infatti di tutti i padroni dell'editoria italiana incontrati

finora, Ernesto Franco, direttore generale e editoriale dello Struzzo, è quello che parla meno di numeri e più

di cultura. Con una cortesissima severità che fa di questo genovese un torinese addirittura paradigmatico.

Dire che il Salone è la più grande libreria italiana è un luogo comune e come tutti i luoghi comuni è anche

vero. Ma per il lettore è davvero un vantaggio? «Sì. Intanto perché ci trovano il loro spazio anche gli editori

indipendenti, e questo è un bene perché il lavoro di ricerca che fanno loro giova a tutti gli editori, anche quelli

grandi. E poi perché l'immensità dell'offerta rende palese, proprio fisicamente, che il senso della lettura è

scegliere. I libri sono un labirinto dove il lettore non si perde se fa delle scelte, cioè elabora il suo profilo

intellettuale e sentimentale». E l'editore cosa deve fare per aiutarlo? «Io credo che una casa editrice debba

avere un'identità. Che vuol dire proporre al lettore una biblioteca organizzata per affinità. Del catalogo Einaudi

io rivendico questo: il filo rosso che unisce i suoi titoli, anche quelli apparentemente più lontani». Questo è

affascinante, ma fare l'editore vuol dire solo pensare? «No, certo. Lo Struzzo non è solo un marchio, ma una

filosofia. E un mestiere, riassunto in quella scritta in piccolo, "a cura di", che riassume il lavoro del redattore.

È un mestiere alchemico, misterioso e difficilissimo, quello di prendersi cura del genio degli altri». Esiste

ancora una linea Einaudi, per esempio in campo politico? «L'Einaudi si ispira alla distinzione classica di

Bobbio: non abbiamo una politica culturale, ma una politica della cultura. Io credo che noi dobbiamo restare

profondamente legati alla nostra storia. Alimentandola per trasformarla, non per ripeterla». Però da 25 anni

siete in Mondadori e il vostro proprietario si chiama Silvio Berlusconi. Quando mise le mani sull'Einaudi, la

sinistra si strappò le vesti. Aveva ragione? «A me sembra che con l'arrivo di Berlusconi non sia successo

proprio nulla. Gli editor e i redattori hanno lavorato dopo come lavoravano prima e come lavorano adesso:

con la massima libertà. Del resto, basta scorrere il catalogo per verificarlo». Con la crisi a che punto siamo?

«Ci siamo dentro. Ma più che una crisi economica a me sembra una crisi della cultura. È in crisi il magistero

delle istituzioni culturali tradizionali, la scuola, l'università, la ricerca, la stessa editoria. Però ci sono mille

luoghi alternativi, come il Salone, dove i cittadini cercano le intelligenze che esercitano questo magistero. Le

folle che vanno ad ascoltare un romanziere o un filosofo, che è poi la versione laica dei classici esercizi

spirituali, vogliono qualcuno che racconti la selezione che lui ha fatto, il suo percorso in quel mare di libri che

dicevo». L'Einaudi è un'istituzione? «E' un'azienda privata. Ma, come ci ricorda Luciano Gallino, un'azienda

non è solo contratti ma anche contatti. E produce non solo profitti ma anche valori». Ed è un'istituzione molto

torinese? «Questa è la città, come dire?, della consapevolezza istituzionale. Il che può fare insorgere una

certa rigidità. Ultimamente, però, Torino ha saputo scardinarla con il Salone, il Museo del cinema, la Scuola

Holden e così via. Credo che l'Einaudi, negli ultimi anni, abbia contribuito a colorare Torino». A proposito di

profitti: buon colpo aver portato via Paolo Giordano alla Mondadori, anche se è un po' come se Italia1

scippasse una star a Canale5... «Noi non abbiamo rubato nessuno. È lui che ha deciso di uscire da

Mondadori per venire in Einaudi. Inutile dire che ne sono felice, tanto più che Il nero e l'argento è un

bellissimo libro». Farà il botto? Quante copie prevede? «Per la prima domanda, la risposta è sì. Per la

seconda, non so. Oltre le 100 mila copie, le previsioni si rivelano quasi sempre sbagliate». Altri libri con cui

immagina che lo Struzzo farà festa? «Il 2014 sarà l'anno del nuovo Wu Ming, L'armata dei sonnambuli , e del

nuovo Murakami, L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio , che esce a fine mese. Ma anche

Francesco Piccolo continua ad andare molto bene». C'è un autore che vedrebbe bene all'Einaudi? «Mi piace

moltissimo George Steiner che però in Italia pubblica con Garzanti».

11/05/2014 27Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 178

Page 179: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

GLI EDITORI E IL SALONELo Struzzo non è solo un marchio, ma una filosofia. Con l'arrivo di Berlusconi non è cambiato nulla. Basta

scorrere il catalogo per verificarlo Ernesto Franco

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 179

Page 180: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

il caso Il paese che investe nel vento Pale eoliche in multiproprietà Tre assemblee pubbliche hanno valutato quale fosse il progetto più adatto per il territorio Rivoli Veronese, lasocietà: i cittadini ci hanno sostenuto, offriamo obbligazioni ROBERTO GIOVANNINI In cima al Monte Mesa, tra boschi e radure, c'è un parco eolico che non ha suscitato proteste. Nessun

comitato è sorto nella Val d'Adige contro i 4 aerogeneratori dell'impianto, alti 78 metri e dotati di pale da 45

metri ognuna, per una potenza complessiva di 8 MW, entrati in funzione a fine marzo 2013. Cento delle 700

famiglie della zona comprano a prezzi agevolati la corrente elettrica. E ora, se vorranno, i 2.100 cittadini di

Rivoli Veronese potranno investire nella società che gestisce il parco eolico, acquistando degli speciali bond

a sette anni a loro riservati. Se l'operazione funzionerà, è possibile che alla fine il parco eolico diventi una

«public company», e che le obbligazioni divengano azioni possedute dalla cittadinanza. Se non è l'eolico in

multiproprietà, poco ci manca. Una storia particolare quella di Rivoli, con un progetto nato 8 anni fa da una

telefonata del sindaco alla società Agsm per «parlare di eolico». C'è stato uno stretto e costante confronto

con il territorio, con tre assemblee pubbliche sulle alternative progettuali per scegliere quella più adatta, e un

percorso di condivisione, dal sopralluogo al collaudo. Sfruttando la brezza che scende dalle montagne del

Trentino, l'impianto ha prodotto nel suo primo anno di attività 15 milioni di chilowatt, un quantitativo di energia

9 volte superiore al fabbisogno dei cittadini di Rivoli. Cento famiglie hanno aderito al contratto di fornitura di

energia elettrica dell'Agsm, proprietaria dell'impianto, con uno sconto del 20%. E oggi l'azienda ha presentato

anche una proposta d'investimento «pensata esclusivamente per le 700 famiglie del territorio». La formula

dell'investimento, in partenza nei prossimi giorni e che punta a una raccolta minima di 1 milione, è quella del

«bond», obbligazioni che garantiranno un tasso di interesse del 6,5%. Gli importi riservati alle famiglie (e solo

in seconda istanza alle imprese) vanno da 1.000 a 30.000 euro per 7 anni, con possibilità in caso di necessità

di uscita anticipata. «Un progetto pilota che, se a buon fine, indurrà Agms a considerare addirittura l'ipotesi

"public company", nella quale i cittadini stessi diventerebbero azionisti del parco», dice il presidente di Agsm

Paolo Paternoster. Intanto, la comunità del parco eolico di Rivoli Veronese si è portata a casa dalla fiera

Solarexpo di Milano il premio «Buone Pratiche Comuni Rinnovabili» di Legambiente. Per il percorso di

confronto con il territorio sulle scelte di localizzazione degli aerogeneratori, ma anche per la conservazione

dei prati aridi e delle orchidee presenti nel sito, in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato. Per

realizzare il parco eolico è stato, infatti, portato avanti un lavoro «quasi maniacale», dice Marco Giusti, capo

del progetto e responsabile ingegneria e sviluppo fonti rinnovabili di Agsm Verona. «Siamo in un "sito di

interesse comunitario" - racconta - ed era quindi necessario dimostrare che avremmo lasciato il posto

addirittura meglio di com'era prima, preservando i prati aridi, quelle radure di montagna dove soffia il vento,

che si stanno perdendo e che qui ospitano ben 8 specie di orchidee selvatiche». Così le piazzole dei

generatori e le strade per giungerci sono state ridotte al minimo indispensabile. Sono state prese misure per

tutelare l'habitat della zona e mitigare al massimo gli impatti del cantiere. Due anni prima dei lavori, il Corpo

forestale dello Stato ha allargato e ripulito i preziosi "prati aridi", separando e conservando le sementi

indigene per poi ripiantarle. Sono state mappate le 8 specie di orchidee, e tutti gli esemplari presenti nell'area

sono stati estratti e successivamente ripiantati insieme a centinaia di orchidee riprodotte a partire dalle

sementi raccolte. Tutto il terreno scavato durante il cantiere per realizzare strade e piazzole è stato vagliato e

setacciato, separando la parte vegetale da quella inerte, divisa per granulometria. Accorgimenti al limite della

pignoleria, che hanno però preservato il monte. E convinto i cittadini, che forse diventeranno risparmiatori.

impianti Gli aerogeneratori sono alti 78 metri; ogni pala è lunga 45 metri

6,5%Interesse La Agsm propone obbligazioni che garantiranno un tasso di interesse del 6,5%

12/05/2014 15Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 180

Page 181: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

2100residenti Cento delle 700 famiglie che abitano a Rivoli Veronese comprano energia eolica

Così l'azienda«Se tutto andrà a buon fine considereremo l'ipotesi della public company: i cittadini diventeranno azionisti del

parco eolico»

«Siamo riusciti a preservare un sito definito di interesse comunitario: abbiamo salvato radure particolari con

otto tipi di orchidee»

Foto: Il monte Mesa

Foto: Gli aerogeneratori sono stati installati sul monte che Sovrasta Rivoli Veronese

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 181

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tutto soldi/ Cedolare secca meno cara È l'unica tassa che scende Nelle grandi città è inapplicabile: la norma sugli affitti ignora il mercato SANDRA RICCIO E' l'unica tassa che scende invece di salire ma per molti non ci saranno sconti. La cedolare secca, l'imposta

una tantum sui redditi da immobili, è appena stata ridotta, nella sua versione light, al 10% dal 15%. Non è la

prima rimodulazione verso il basso: già l'anno scorso era stata rivista dal 19%. Un bel taglio soprattutto di

questi tempi di tasse sulla casa alle stelle. Eppure l'alleggerimento resta out in grandi città come Milano,

Roma e Napoli. Per poter beneficiare della cedolare light al 10% il proprietario deve infatti applicare il

contratto concordato ossia un affitto "calmierato" rispetto ai prezzi di mercato. Se non viene deciso il

concordato, l'imposta una tantum sarà del 21%, invece del 10 % . In a l c u n e grandi città l'affitto calmierato

è però completamente fuori dalla realtà. Quindi lo sconto del 10% è inattuabile perché nessun proprietario

andrà a decidere un canone lontanissimo dai prezzi di mercato. Per dirla in numeri, a Milano l'affitto libero

medio per un bilocale si aggira intorno ai 1.025 euro mentre quello concordato si ferma a una cifra

impensabile di 386 euro (dati SoloAffitti). Con la locazione "libera" si arriverà a un reddito annuo di circa 9mila

euro (a cedolare del 21%) contro i 4mila euro della cedolare al 10% con affitto convenzionato. In pratica

meno della metà. Il motivo di questa distanza? E' dovuto al fatto che negli anni a Milano non c'è stato un

aggiornamento dei valori concordati: l'ultimo adeguamento risale al 1999. Così anche in altri grandi centri

urbani come Napoli (2003) e Roma (2004). A Napoli il canone concordato, sempre per lo stesso bilocale, è di

416 euro contro i 550 in media del mercato. Più o meno la stessa differenza registrata a Roma (804 contro

986 euro). Eppure proprio nelle grandi città, questo passaggio di aggiornamento potrebbe smuovere il

mercato abitativo oltre che dare un sollievo a molte famiglie che faticano ad arrivare a fine mese e far

emergere il nero nelle locazioni. Ci guadagnerebbero anche i proprietari: con l'aliquota al 10% l'affitto è

diventato l'investimento fiscalmente più conveniente, anche più dei Btp (12,5%). Il mattone ha quindi

sorpassato i titoli di Stato grazie alla cedolare al 10%. Peccato che questa rimane inapplicata in molti casi.

«L'ulteriore riduzione dell'aliquota agevolata dal 15% al 10% per la cedolare secca sui contratti a canone

concordato - dice Silvia Spronelli, presidente di Solo Affitti - può dare un impulso al mercato dell'affitto solo se

si aggiornano contemporaneamente gli accordi territoriali sui canoni, specie nelle grandi città come Milano,

Roma e Napoli, dove i prezzi concordati sono fermi da anni perché gli attori coinvolti non si riuniscono». «Ci

aspettiamo che la rimodulazione della cedolare faccia ripartire il mercato delle locazioni - dice Angelo De

Nicola, vice presidente nazionale Uppi -. E' necessario però che i Comuni facciano la loro parte e che il

concordato venga esteso rapidamente anche ad altre aree».

Foto: Fuori dalla realtà

Foto: La condizione per lo sconto fiscale è che il contratto sia calmierato Ma nelle grandi città nessun

proprietario accetta questa clausola

12/05/2014 21Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 182

Page 183: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

INTERVISTA tutto soldi/ mercati e gestori/ 5domande a Massimiliano Cagliero ad di Banor Sim «Occhi su banche, energia e Cina» Massimiliano Cagliero, amministratore delegato di Banor Sim (ex Banknord), la vostra società ha una finestra

privilegiata sull'America. I listini americani sono ancora da comprare? «Senza dubbio. Con un orizzonte

temporale di un paio di anni però. L'America sta tornando a essere la potenza mondiale che è stata fino a

qualche tempo fa. E' di nuovo un gigante manifatturiero come non era più da una quindicina d'anni e presto

raggiungerà anche l'autosufficienza energetica. Ha a disposizione un mercato interno enorme che sarà la

base della sua forza futura. Sul listino vanno selezionate le storie migliori che in questo momento noi vediamo

nelle ristrutturazioni di successo come quella di General Motors o nel settore bancario. Non compriamo

invece le medium cap che sono estremamente care in questo momento. Preferiamo i grandi big Usa che

sono stati ristrutturati da poco e che producono di nuovo cassa». Per gli americani l'Italia rimane

un'opportunità da mettere in portafoglio? «Certamente. Piace molto la storia di Renzi, un giovane che si è

posto delle sfide ambiziose. Gli americani hanno riscoperto la periferia dell'Europa, da più o meno un anno. E

guardano con interesse soprattutto all'Italia. Noi dialoghiamo spesso con i fondi americani e vediamo che

vogliono conoscere meglio le storie aziendali che ci sono da noi». A quali settori e a quali aziende guardano?

«Il primo comparto che hanno di nuovo messo nel mirino, dopo una lunga lontananza, è quello delle banche

e della finanza. Li vediamo interessati agli aumenti di capitale. Ma c'è anche molto apprezzamento per le blue

chip di Piazza Affari, in particolare per quelle partecipate dallo Stato come Terna, Snam, Eni e Atlantia. Son

quelle in cui vedono minor rischio. Poi ci sono i grandi investitori Usa un po' più sofisticati che invece si

innamorano delle belle storie italiane come Luxottica e Brembo». Cosa comprate voi in questo momento?

«Noi siamo investiti sull'Italia con i campioni dell'eccellenza ad alto dividendo come, appunto, Snam, Eni e

Terna. E stiamo guardando con interesse agli aumenti di capitale delle banche che pensiamo andranno tutti

bene. Siamo investiti sulle due grosse banche nazionali. Crediamo che sul reddito fisso sia diventato più

difficile estrarre valore». E all'estero dove puntate? «Stiamo guardando con attenzione la Cina, da cui tutti

stanno scappando. Non è mai stata così a buon mercato, e con le potenzialità che ha, nel medio termine

potrebbe raddoppiare».

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 183

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tutto soldi/ LA PROMESSA DI INTERVENTI DELLA BCE la settimana dei cambi Effetto Draghi, il super­euro si indebolisce La ripresa del dollaro spinge al ribasso il prezzo dell'oro CARLO ALBERTO DE CASA* E'ancora Mario Draghi il protagonista assoluto sui mercati valutari. La conferenza del numero uno della Bce,

tenutasi giovedì scorso al termine del consueto meeting mensile della Banca Centrale, si è sostanzialmente

conclusa con un nulla di fatto. Draghi ha infatti mantenuto invariati i tassi di interesse, annunciando però

come l'Eurotower sia pronta ad intervenire, se necessario, nel meeting di giugno. A incidere sulle scelte della

Bce saranno i prossimi dati macroeconomici europei, fra cui quelli relativi all'inflazione, che verranno rilasciati

il 3 giugno, ma anche l'esito delle elezioni europee del 25 maggio, viste da molti come un vero e proprio

sondaggio sull'euro. Dal punto di vista tecnico il cambio euro/dollaro, dopo essere arrivato a sfiorare quota

1,40, aggiornando i massimi da oltre due anni e mezzo a 1,3994, ha bruscamente invertito la rotta. Le

quotazioni sono scese sotto 1,39, per poi perdere anche quota 1,38 nella giornata di venerdì. Le prossime

sedute saranno quindi decisive per comprendere se la correzione sul cambio euro/dollaro sia destinata ad

esaurirsi in area 1,3750, sui valori raggiunti venerdì sera alla chiusura settimanale, oppure se la corsa

dell'euro di questi ultimi mesi sia arrivata al capolinea. La rottura ribassista dell'area 1,375 aprirebbe spazio

per una discesa dei prezzi verso 1,37, con spazio per ulteriori correzioni verso quota 1,35. L'euro ha perso

terreno anche nei confronti della sterlina, avvicinando i minimi degli ultimi tre mesi a 0,8150. Il recupero del

dollaro ha poi indebolito l'oro, di norma inversamente correlato alla banconota verde, con le quotazioni del

metallo giallo tornate ancora una volta sotto i 1.290 dollari l'oncia. *Analista dei mercati valutari presso

ActivTrades Londra

L'andamento euro/dollaro 1.39649 - LA STAMPA Dati in dollari/oncia Le candele giapponesi sono il metodo

più usato in borsa per analizzare le quotazioni in quanto includono 4 valori per ogni seduta: apertura,

chiusura, massimo e minimo. Il corpo della candela è dato dai valori dell'apertura e della chiusura della

seduta. Candela verde : quando la chiusura di seduta è ad un valore superiore rispetto a quello dell'apertura.

Candela rossa : se la chiusura è ad un valore inferiore rispetto a quello dell'apertura. I due estremi, definiti

tecnicamente "shadow" rappresentano il massimo di giornata (la linea sul lato superiore della candela) e il

minimo di giornata (al di sotto di ciascuna candela). In caso di chiusura sui minimi o sui massimi la candela

sarà priva di una (o entrambe) le shadow. GRAFICO GIORNALIERO A CANDELE GIAPPONESI

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 184

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L'intervista Licia Mattioli L'UNIONE INDUSTRIALE DI TORINO "Le imprese cresceranno se si lotta contro i dazi" La presidente Mattioli, ad del gruppo orafo di famiglia: servono alleanze e un'innovazione continua per averesuccesso «Il made in Italy? Ha ancora fascino Ma bisogna offrire servizi completi» MARINA CASSI Mai delega alla internazionalizzazione - appena assegnatale dal presidente della Confindustria Squinzi - è

finita in mani migliori. Licia Mattioli - presidente dell'Unione industriale di Torino e orafa di fama mondiale ha

ben chiaro in testa che la sfida si vince sui mercati del mondo. E già a fine 2011 aveva creato a Torino la rete

Exclusive brands per portare i prodotti non da soli, ma con una presenza riconoscibile. La rete di quattordici

aziende di eccellenza dai gioielli ai profumi, dal cioccolato ai vini, dalle penne ai gelati, dalle caramelle alle

telerie, dagli yacht al design all'editoria. Che cosa farà per migliorare l'internazionalizzazione dei prodotti

italiani? «Dico sempre che si possono fare delle missioni bellissime, ma se in un Paese ci sono dazi altissimi

sarà difficile vendere. Internazionalizzare significa conoscere i Paesi e cercare con l'aiuto del governo di

combattere le barriere». Ma il made in Italy ha ancora un appeal ? «Assolutamente sì. Dire nel mondo che si

è italiani apre delle porte. Però bisogna portare dei pacchetti completi; viaggiare da soli non serve». Lo

pensava tre anni fa quando ha creato la rete del lusso, vale anche per altri prodotti? «Certo. Noi lo abbiamo

fatto per prodotti di alta gamma particolari, ma deve funzionare anche altri settori. Faccio un esempio: in

Indonesia, in un Paese in piena espansione, la componentistica italiana pesa per poco più del 2 per cento.

Ma è possibile?». Le sue considerazioni sulla componentistica ci portano dritto alla situazione della Fiat dopo

la presentazione del piano industriale. Lei è sempre stata ottimista sulla presenza Fiat in Italia anche nei

momenti più difficili. Che cosa ne pensa? «Le notizie che arrivano da Detroit mi rendono felice in quanto

delineano un piano di rilancio, a livello mondiale, di Fiat-Chrysler, nel quale gli impianti produttivi in Italia e a

Torino hanno un ruolo di grande importanza. È vero: non ho mai dubitato che da parte di Fiat-Chrysler vi

fosse un'attenzione particolare per il nostro territorio ma, oggi, questa conferma ha maggior peso perché si

iscrive in una precisa strategia produttiva, di mercato e di valorizzazione dei marchi, primo fra tutti l'Alfa

Romeo». La scelta del gruppo è l'alto di gamma, i modelli Premium. La condivide? «Sì perché la decisione di

puntare sulle auto di lusso e sul segmento Premium è l'unica in grado di dare una prospettiva reale

all'automotive in un Paese come il nostro, con alti costi di produzione, ma anche con un sistema di fornitori

altamente qualificato, come peraltro dimostrano gli straordinari risultati conseguiti dalla Maserati». Ci saranno

effetti positivi anche per il sistema automotive? «Penso assolutamente di sì. Le ricadute ci saranno e molte.

Però adesso anche le aziende devono buttarsi per cavalcare l'onda. Tutta l'offerta deve salire in attesa dei

nuovi modelli perchè bisogna essere pronti. E i risultati si ottengono solo innovando, innovando, innovando».

Lei ha sempre vantato di essere una metalmeccanica, però produce gioielli il cui vanto è di essere artigianali,

realizzati a mano pezzo per pezzo. Dove sta l'innovazione»? «Vale moltissimo anche per noi. Anzi: io posso

dire che se non avessimo fatto una continua innovazione non saremmo dove siamo adesso. Penso alla

rivoluzione delle stampanti in 3D che realizzano, dopo mesi di studi, prototipi in una notte su cui poi lavoriamo

artigianalmente». La sua innovazione più preziosa nasce però dalle sue idee; anche oggi i gioielli nascono da

cose che vede, da esperienze, viaggi? «Sì, è ancora così. Le ultime collezioni sono proprio venute fuori con

questo meccanismo. Eclissi, molto versatile un po' sul modello della iconica Puzzle, con due dischi

intercambiabili, mi è venuta in mente proprio guardando una eclissi. E anche Arcimboldo è nata così». Che

cos'è Arcimboldo? «Un anello nuovo che ho immaginato di notte in aereo dopo aver guardato i quadri. C'è

tanta verdura e cioè pietre, oro, smalti». Va sempre bene la sua avventura da metalmeccanica orafa anche

dopo la cessione di ramo d'azienda? «Dopo aver ceduto una parte a un grande gruppo internazionale del

lusso stiamo andando avanti molto bene. In un anno abbiamo quintuplicato gli addetti, esportiamo il 90 per

cento del fatturato». «Molto in Svizzera e Emirati che sono hub per altri Paesi. Perché è vero anche per noi

che sfondare nei Bric con i dazi impensabili che hanno è difficilissimo. Ero a Washington la scorsa settimana

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proprio per parlare di accordi di libero scambio. Per noi gli Usa sono il terzo Paese dopo Emirati e Svizzera

ma con il 9% mentre gli altri hanno il 20 ciascuno. È necessario accordo un accordo Usa-Europa». Ma quali

sono le caratteristiche dei suoi gioielli? «Noi abbiamo inventato il pret a porter di alta gamma. Facciamo

gioielli versatili con cui le donne possono giocare. Ho una cliente in Giappone di settant'anni che la mia

famosa collana Puzzle la mette come cintura. E adesso abbiamo realizzato una fedina in diamanti; sembra

un classico invece è elastica, ma non si vede». La sua azienda, nata nel 1995 con l'acquisto della Marchisio

con il punzone 1TO, tira. E il resto del settore? «Anche. Nel 2013 il fatturato è cresciuto del 7,4% e l'export

del 7,8. Nel mondo i gioielli italiani sono ricercati. È il mercato interno che stenta». Lei a febbraio ha lanciato

da Torino la marcia virtuale dei 40 mila, il sito dell'orgoglio industriale e la manifestazione a Roma con 5914

rose tante quante sono e imprese piemontesi. Sono passati tre mesi, la situazione è migliorata? «Non sono

più ottimista di allora. Vanno bene solo le imprese che esportano. Però è cambiato il clima, c'è fiducia nel

governo Renzi: questo potrebbe far ripartire le cose anche nel mercato interno». Crede che Renzi ce la farà?

«Lo spero tanto perchè se c'è uno che può farcela è lui. E il Paese non può tollerare un altro fallimento».

Gioielli Sopra la collezione Tiger realizzata dal gruppo Mattioli, che ha il suo quartier generale a Torino e che

ha rilevato nel 1995 la storica azienda Marchisio e il punzone 1To per la lavorazione dell'oro. A destra la

prima "invenzione" di orecchini con le madreperle colorate intercambiabili delle serie «Puzzle»

90%export È la percentuale di vendite all'estero del gruppo Mattioli che esporta soprattutto in Svizzera e negli

Emirati arabi

+7,4%il settore È la crescita percentuale del fatturato totalizzato dal comparto gioielli lo scorso anno

MISSIONE EXPORT

«Internazionalizzare significa conoscere i Paesi e cercare con l'aiuto del governo di combattere lebarriere, spesso ci sono dazi troppo alti»L'ULTIMA CREAZIONE

«Arcimboldo è un anello nuovo che ho immaginato di notte in aereo dopo aver guardato i quadri: c'ètanta verdura e cioè pietre, oro e smalti» L'anello Arcimboldo

Foto: Al lavoro

Foto: In alto la lavorazione dell'oro A sinistra la produzione di anelli

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 186

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MANDRAKE E L'ENERGIA IL RISPARMIO IN UNA SLIDE Massimo Giannini Era il 12 marzo, data storica per la nuova Italia che cambia verso. Al termine del primo consiglio dei ministri

del nuovo governo, Matteo Renzi alluvionava i giornalisti convenuti con la famosa pioggia di slides. "Shock

and Awe": colpisci e stupisci, secondo la "Dottrina del Dominio Rapido" elaborata dagli strateghi militari della

Difesa americana. Tra i tanti target fissati in quell'occasione dal Mandrake di Palazzo Chigi, insieme al

sacrosanto taglio del cuneo fiscale per 10 milioni di italiani, ne spiccavano molti altri dei quali sfortunatamente

si è perduta ogni traccia. L'ultimo che viene in mente riguarda le aziende minori, che ci avevano creduto

davvero. "Energia nuova per le Pmi: -10 per cento costo dell'energia per le imprese dal 1° maggio": il titolo

della slide renziana recitava così, e preannunciava un abbattimento della bolletta energetica per le piccole

imprese da circa 1,5 miliardi di euro. Il primo maggio è passato. E insieme ad altre promesse che ormai

fluttuano nel vento, anche questa è miseramente svanita. Pare che l'intervento sia stato rimandato all'inizio di

giugno, anche se il rinvio non è stato sancito da alcun aggiornamento ufficiale del mitico crono-programma. A

suggerire lo stop - che ormai caratterizza l'insieme delle grandi riforme annunciate due mesi e mezzo fa dal

presidente del Consiglio, comprese quelle elettorali e istituzionali sarebbero stati almeno un paio di motivi.

Primo: il rischio di veder trasformata anche questa misura in una ennesima "mancia elettorale". Secondo: il

rischio di sovrapporre lo sgravio alla rimodulazione degli incentivi per le fonti rinnovabili, creando una

situazione di caos che allarma gli operatori del settore e preoccupa gli ambientalisti del Pd. Quali che siano le

cause, l'effetto dello slittamento del decreto è l'ennesimo mismatch tra obiettivi e risultati. Per il sistema

produttivo è un brutto colpo. La bolletta energetica sulle piccole e medie imprese sotto i 50 dipendenti costa

ogni anno più di 15 miliardi. Un onere folle, il 68,2% in più rispetto alla media europea. Tra i 27 Paesi

dell'Unione, solo a Cipro le utenze elettriche aziendali sono più salate. Renzi ha quindi visto giusto a indicare

questa come una delle priorità del suo "governo del fare". Ma una slide non ti salva la vita. Che fine ha fatto,

allora, quella promessa? L'ultimo indizio seminato dal premier risale al 30 aprile scorso, in un'intervista a

Radiomontecarlo: "Stamattina alle 7 ho visto il ministro Guidi e abbiamo discusso di come riuscire a ridurre

del 10% anche la bolletta energetica alle Pmi". Evidentemente era troppo presto, e devono essersi

riaddormentati. [email protected]

12/05/2014 1Pag. La Repubblica - Affari Finanza(diffusione:581000)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 187

Page 188: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

[ I COMMENTI ] Euro forte politica valutaria cercasi Rainer Masera Negli ultimi due anni l'euro si è significativamente apprezzato rispetto alle principali monete internazionali. La

forte salita rispetto allo yen è la controparte della politica economica di grande stimolo adottata in Giappone

dal primo ministro Shinzo Abe, che ha chiesto alla Banca Centrale di perseguire una politica monetaria

fortemente espansiva e di favorire il deprezzamento dello yen per invertire la deflazione e sollecitare le

esportazioni. Ma l'euro è salito anche rispetto al dollaro e al renminbi cinese. L'orientamento della presidente

della Fed Janet Yellen resta molto accomodante, anche con riferimento al valore esterno del dollaro, come

mostrato dalla forte espansione degli aggregati monetari negli Stati Uniti negli ultimi due anni. La Cina, di

fronte alle difficoltà interne, ha di fatto modificato la politica di cauta rivalutazione rispetto al dollaro e alle altre

principali monete, intrapresa a partire dal 2005. Accanto ad altri fattori, continua a operare quello che ho

definito il paradosso dell'euro. Se le prospettive di tenuta e di coesione dell'Euroarea migliorano, il valore

esterno della moneta europea tende a salire, sospinto dalla domanda di attività in euro dal resto del mondo.

segue a pagina 10 segue dalla prima L'apprezzamento dell'euro si avvia proprio con il famoso discorso a

Londra di Draghi (luglio 2012) "Whatever it takes...", che ha salvato l'Eurozona dalla dissoluzione. L'opposto

avviene quando shock interni o esterni minano la stabilità dell'Eurozona. Succede quindi che i mutamenti

asimmetrici nelle posizioni competitive dei singoli Paesi contribuiscono endogenamente a ricreare tensioni

per l'area. Nelle attuali circostanze ciò si riverbera con effetti negativi sulla crescita dei Paesi periferici, e

segnatamente dell'Italia, che continua a essere - dopo la Germania - il principale Paese manifatturiero in

Europa. A ben vedere, un euro troppo forte finirebbe col nuocere anche alla Germania, che peraltro risente

molto meno, in termini di occupazione e di crescita, dell'attuale fase di apprezzamento ed è restia ad

affrontare esplicitamente la tematica del cambio dell'euro. La Germania è caratterizzata da un surplus record

delle partite correnti, che si avvia quest'anno a raggiungere il 7,9% del Pil. Come il Ministro del Tesoro

americano, anche la Commissione Europea ha indicato che un surplus di queste dimensioni genera impulsi

recessivi in Europa e nel mondo: deve essere ridotto non con l'apprezzamento dell'euro, ma con politiche di

sostegno della domanda interna. Ma è proprio il Fiscal Compact che spinge la Germania verso l'obiettivo di

un surplus dei conti pubblici, che contribuisce a quello dei conti con l'estero. La Presidenza italiana del

Semestre europeo potrebbe sollecitare una riflessione operativa sull'argomento per indurre il Paese leader a

valutare l'esigenza di maggior simmetria. Non appare al riguardo casuale che, in vista delle attuali elezioni

europee, il solo Paese che risulta immune da significative presenze di movimenti anti-Europa sia proprio la

Germania: i cittadini tedeschi hanno ben compreso la falsità delle tesi per cui sono essi a sopportare i costi

della crisi dei Paesi periferici. Accanto al patto fiscale, alle politiche strutturali e all'Unione bancaria, si pone

l'esigenza di un "Growth Compact", coerente con il primo. Contemporaneamente, occorre che l'Europa si doti

di una politica esterna dell'Euro, nell'ambito delle scelte complessive di politica economica e della politica

esterna. Non valga la risposta tradizionale per cui il cambio dell'Euro deve essere definito dai mercati. La

politica dei cambi, al di là del ricorso a espliciti interventi delle banche centrali sui mercati valutari, è una

fondamentale estrinsecazione della politica monetaria e finanziaria. Si è già fatto riferimento alle recenti

esperienze in Giappone e in Cina. Negli Stati Uniti spetta al Tesoro, in consultazione con la Fed, definire la

politica del dollaro: in questo alveo si è svolta la serrata trattativa con le autorità monetarie cinesi in una

complessa partita che comprendeva il cambio e gli acquisti di titoli di stato americani. Il valore esterno di

qualsiasi moneta influenza il valore dei prodotti interni, di esportazioni e importazioni, e degli strumenti

finanziari; incide su crescita, occupazione e inflazione. L'interconnessione delle economie nel contesto

globale richiede coerenza e sorveglianza delle politiche di cambio nella loro definizione e implementazione.

Occorre che si crei nell'Eurozona una responsabilità unitaria e ben definita in questo settore di vitale

importanza. La Bce non ha il compito e il potere di definire tale politica, che richiede un concerto con

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l'Euroconsiglio e un indirizzo politico. Si ripropone, anche sotto questo versante, la difficoltà connessa alla

molteplicità di voci, spesso non concordanti, che un'Europa veramente integrata non può non superare. Una

soluzione istituzionale del problema non è oggi praticabile. Ma è urgente evitare che l'Euro continui ad

apprezzarsi, pervenendo a valori non coerenti con le variabili fondamentali per la gran parte dei Paesi

dell'Eurozona e creando distorsioni all'interno dell'area. Nelle attuali circostanze, si può e si dovrebbe

convenire sul fatto che l'obiettivo di evitare tendenze deflazioniste e di favorire la stabilità finanziaria consente

comunque alla Bce di modulare i propri interventi anche per favorire andamenti coerenti dei cambi, in

collaborazione con le altre principali autorità monetarie, nel contesto della sorveglianza del Fondo Monetario

Internazionale.

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L'Enel di Starace più estera e più verde Luca Pagni APalazzo Chigi raccontano che Matteo Renzi abbia dato una raccomandazione ai nuovi vertici di Enel e delle

altre società controllate dal Tesoro: tornare a fare industria. Preoccuparsi meno di finanza, ma investire in

tecnologia, ricerca e posti di lavoro. Pazienza, se questo vorrà dire, nel breve periodo, portare qualche

milione di dividendi in meno alle casse dello Stato. segue a pagina 4 con un articolo di Luca Iezzi segue dalla

prima Il compito che ricadrà sulle spalle del nuovo amministratore delegato di Enel, Francesco Starace - che

prende il posto di Fulvio Conti giunto al limite dei tre mandati appena introdotto dal Governo - sarà quello di

invertire il ciclo economico; l'aumento degli utili arriverà, di conseguenza, grazie ai nuovi business. Una

missione che si ritaglia alla perfezione per Enel, perché tutto ciò che ruota attorno all'energia è per definizione

"industria pesante". Lo è per la mole di investimenti necessari, per i tempi lunghi del ritorno dell'investimento

e per lo stretto rapporto con l'economia reale, come dimostra il calo di risultati delle utility in tutta Europa a

partire dal 2008, con l'inizio della recessione. Il calo della domanda di energia elettrica da parte dell'industria

si è - ovviamente - ribaltato sui conti della società. Basta guardare il grafico dei fondamentali di Enel degli

ultimi anni. Se il fatturato, a partire dal 2008, è cresciuto circa del 35 per cento, la redditività è rimasta

pressoché stabile, mentre gli utili sono in calo costante a partire dal 2009, fino a scendere sotto il miliardo di

euro del 2013. Una situazione in cui ha inciso - almeno per l'Italia anche l'introduzione della Robin Hood Tax,

voluta dall'ex ministro dell'economia Giulio Tremonti sulle società che hanno a che fare con l'energia e

confermata anche dagli esecutivi successivi. La prima sfida cui si troverà di fronte Starace, che si insedierà

dopo l'assemblea del 22 maggio prendendo il posto di Fulvio Conti, sarà di ribaltare la tendenza. E non potrà

che farlo certificando il calo strutturale della produzione di energia elettrica basata su fonti "tradizionali". In

Italia, in particolare, ma anche in Europa c'è un surplus di energia in offerta che sta costringendo le grandi

utility a chiudere impianti non più redditizi. Tutto ciò a causa della crisi ma anche dello sviluppo delle

rinnovabili: in Italia e Spagna - tra il 2012 e il 2013 c'è stata una riduzione di produzione di energia da fonti

termoelettrica rispettivamente di 22 e 27 terawattora, mentre nello stesso tempo la produzione di rinnovabili è

salita di 15 e 25 terawattora. Il fatto che Starace abbia guidato Enel Green Power, lo spin off in cui Enel ha

concentrato cinque anni fa tutte le sue attività nelle rinnovabili per poi quotarne in Borsa il 30 per cento dalla

fine del 2010, ha sicuramente pesato sulla scelta compiuta da Palazzo Chigi. Così come lo ha aiutato l'avere

nel curriculum un passato in multinazionali "industriali" come General Electric e Abb, poi diventata Alstom. Lo

sviluppo delle energie verdi - il cui peso all'interno del fatturato complessivo del gruppo Enel è salito dal 10 al

20 per cento nelle ultime quattro stagioni sarà sicuramente uno dei punti forti dello sviluppo aziendale.

Starace non potrà che confermare la politica che ha visto Egp concentrarsi soprattutto nei paesi in via di

sviluppo (Europa dell'est e Sud America) o nazioni in cui il livello degli incentivi è stato molto basso (Stati

Uniti) per evitare contraccolpi con la fine dei sussidi (come accaduto in Germania prima, Spagna e Italia

dopo). Il perimetro degli investimenti di Enel Green Power non potrà che allargarsi a mano a mano che lo

sviluppo della tecnologia dell'eolico e del fotovoltaico renderà i progetti sempre più economici. E, in ogni

caso, Egp ha già iniziato la fase di sviluppo in Africa, il continente che trainerà il business energetico "verde"

del prossimo decennio, partecipando e vincendo una delle gare indette dal governo del Sud-Africa. Sempre

legato alle rinnovabili, nei prossimi anni è destinato a crescere in modo rilevante il business dell'efficienza

energetica, delle città intelligenti (smart grid), nonché dei sistemi di accumulo. Con questi ultimi che dovranno

crescere di pari passo con l'affermarsi delle rinnovabili, per evitare di sprecare l'energia che si produce

quando non viene utilizzata, immagazzinandole in batterie, esattamente come avviene per le automobili.

Giusto per fare qualche esempio, Enel possiede il primo (e attualmente unico) sistema di accumulo in

esercizio in Italia, in provincia di Isernia. Altri tre sistemi sono in fase di installazione all'interno di un piano

finanziato al 50% dal ministero dello Sviluppo Economico e per il restante 50 da fondi comunitari per

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complessivi 8 milioni. Senza contare che Enel, disponendo di una rete di distribuzione capillare dell'elettricità

sul territorio (con l'esclusione delle grandi città controllate dalle utility locali) guarda con interesse anche allo

sviluppo delle auto elettriche, perché per la ricarica avranno bisogno di "colonnine" che prenderanno il posto

dei distributori e di batterie che sostituiranno i serbatoi. Secondo gli esperti di Anie, la federazione legata a

Confindustria che raccoglie le imprese elettrotecniche ed elettroniche, il business a livello mondiale delle

batterie, al momento, vale tra i 6 e i 7 miliardi. Ma è destinato a salire in modo esponenziale. Non per nulla, i

nuovi business dell'efficienza energetica di Enel sono destinati a crescere molto più all'estero che in Italia. È

più che probabile che nei prossimi anni il gruppo proceda ad acquisizioni di società di distribuzione locale in

Europa (dove per motivi di Antitrust non può rilevare le linee ad alta tensione), mentre nei mercati emergenti

americani e asiatici verranno prese in considerazione possibili acquisizioni di società per la trasmissione su

lunga distanza. L'Asia, oltre all'Africa, sarà il mercato da cui potranno arrivare sorprese in positivo. L'ad

uscente Fulvio Conti, il mese scorso, ha firmato un memorandum con una delle principali utility cinesi, la

State Grid Corporation, la più grande azienda al mondo - guarda caso - di distribuzione e trasmissione

elettrica, nonché principale operatore cinese del settore con oltre 2,2 milioni di dipendenti. L'accordo segue di

poche settimane il rafforzamento di Bank of China al 2 per cento di Enel. Come ha spiegato Conti a

Repubblica, l'accordo prevede «una cooperazione nel settore delle smart grid, lo sviluppo intelligente delle

città e di tutti quei sistemi che fanno risparmiare energia e diminuire il livello di emissioni di Co2. Dall'altra, ci

sarà lo scambio di esperienze nella generazione di energia rinnovabile» Tornando ai suoi primi passi da ad,

Francesco Starace non potrà comunque esimersi dal tenere sotto controllo la voce finanziaria che più

preoccupa il mercato e gli analisti. Entro la fine del 2015, il gruppo Enel ha promesso di abbassare il debito

complessivo dagli attuali 41,5 a 36 miliardi. E non potendo più tagliare gli investimenti in nome

dell'accelerazione del piano industriale, sarà inevitabile procedere a ulteriori dismissioni si asset non più

strategici o per i quali ci si troverà di fronte a una buona offerta. Durante la presentazione della prima

trimestrale dell'anno, il direttore finanziario Maurizio Ferraris ha cercato di rassicurare gli investitori. In merito

all'aumento del debito da 39,7 a 41,5 miliardi nei primi tre mesi del 2014, il cfo ha sottolineato che «è dovuto

principalmente all'usuale effetto negativo stagionale del capitale circolante». Anzi, l'incremento, ripulito da

partite straordinarie, «è inferiore di circa 300 milioni» a quello registrato nello stesso periodo del 2013.

Quanto al costo del debito «la media si aggira attorno al 5% anche dopo l'emissione del bond ibrido». Per

quanto riguarda il programma di cessioni - in vendita ci sono asset per circa 4 miliardi un'operazione

importante potrebbe essere annunciata per la fine dell'anno. La novità consiste nel fatto che non ci sono

asset che non saranno presi in considerazione. Questo significa che anche il 66% dell'ex monopolista

slovacco, Slovenské Elektrárne acquistata nel 2004 torna sul mercato.

Foto: Una centrale elettrica dell'Enel Dal 2008 il fatturato è cresciuto del 35% ma la redditività è rimasta

stabile 1 2 3 Qui sopra, il nuovo amministratore delegato di Enel, Francesco Starace (1); l'ex amministratore

delegato, Fulvio Conti (2) e l'ex ministro Giulio Tremonti (3), che introdusse la Robin Tax. Il calo della

domanda di energia elettrica da parte dell'industria si è ribaltato sui conti della società. Basta guardare il

grafico di Enel degli ultimi anni

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 191

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[ IL PERSONAGGIO ] Wester all'Alfa "Così batteremo Bmw e Mercedes" Paolo Griseri Wester all'Alfa "Così batteremo Bmw e Mercedes" a pagina 6 Detroit Dicono che il suo motto sia "meno è

meglio". Perché è uno di quegli ingegneri fanatici della semplificazione, uno di quelli che pensano che

riducendo la complessità dei sistemi che governano l'automobile si guadagni in affidabilità e si possano

concentrare gli sforzi sul miglioramento della qualità. Harald Wester, 56 anni da Linz, Germania, è il tedesco

che combatte i tedeschi. È l'uomo al quale Sergio Marchionne ha affidato il compito più delicato nel piano

quinquennale della nuova Fiat Chrysler. E, se riuscirà nella mission, sarà certamente nella rosa di coloro che

potranno aspirare, non prima del 2018, a succedere al manager con il maglioncino. Chi lo conosce bene

rivela che "il successo nel rilancio della Maserati lo ha reso anche più sciolto nella comunicazione". Tedesco

preciso e schivo non era certo, ai suoi inizi nel gruppo Fiat, uno di quei manager che compaiono spesso sui

giornali. Eppure il suo curriculum è di tutto rispetto. Inizia (ovviamente) in Volkswagen e a 33 anni diventa

responsabile della divisione ricerche e prototipi. A 37 anni trasloca in Audi. Ma tre anni dopo, nel gennaio del

1999 arriva a Maranello, a dirigere la divisione sviluppo prodotto della Ferrari. Sono i mesi che precedono

l'era Schumacher. Quell'anno il Cavallino vince il titolo costruttori che mancava dal 1983. Wester non si

occupa di corse ma di auto stradali, di gran turismo, che sono poi uno dei tanti modi con cui a Maranello

trasformano il mito della Formula 1 in denaro contante. Progetta supercar per un pubblico molto esigente,

lontano anni luce dal popolo che affolla i concessionari delle utilitarie. Wester sviluppa gran turismo per tre

anni. Poi, con una scelta a sorpresa, nel 2002 migra alla Magna di Herbert Demel, a preparare la nuova Saab

turbo. Gli analisti della stampa specializzata insorgono: "Che qualcuno decida di abbandonare la Ferrari in un

periodo di successi come questo pare impossibile. Eppure accade", scrive Quattroruote. Con Demel, Wester

ha in comune gli inizi della carriera in Vw e Audi e la passione per l'ingegneria dei motori. Pochi mesi dopo

l'ingresso di Wester in Magna è Demel a fare il percorso inverso, chiamato dall'amministratore delegato di

Fiat dell'epoca, Giuseppe Morchio, a guidare l'auto del Lingotto. Ma la permanenza in sella di Demel dura

poco, in un periodo in cui, come è stato detto, "gli amministratori delegati in Fiat entrano ed escono come i

clienti degli alberghi nella porta girevole". Effettivamente è un periodo piuttosto turbolento ai vertici della casa

di Torino. Le banche stanno a guardare un'azienda sull'orlo del fallimento in attesa di spartirsene le spoglie

con una specie di spezzatino che avrebbe disgregato la più grande azienda privata italiana. Morchio non

sfugge al destino dei suoi predecessori e lascia a giugno del 2004. Una delle prime mosse del nuovo

amministratore delegato, Sergio Marchionne, è quella di richiamare in Fiat auto Harald Wester e nominarlo

responsabile dell'area tecnica. Pochi mesi dopo, a febbraio del 2005, Marchionne prende in mano anche la

guida di Fiat auto sostituendo Demel. Così, in pochi mesi, l'ingegnere di Linz diventa uno dei principali

collaboratori del manager italo-canadese. La collaborazione tra due manager con le idee molto precise sul da

farsi è fatta di confronti e scontri. Wester viene dalla scuola Ferrari e in Fiat è sempre stato abituato a

lavorare con una certa autonomia rispetto alla casa madre. Un tratto che è emerso anche martedì scorso, in

occasione della presentazione del piano Alfa Romeo: "Abbiamo pensato che per ritrovare il dna del marchio

del Biscione fosse necessario affidare il compito a un gruppo di duecento ingegneri che andassero oltre le

scelte compiute da Fiat su Alfa Romeo negli anni precedenti". Perché uno dei tratti dell'ingegnere tedesco è

la franchezza. Nella presentazione di Detroit dice con chiarezza quel che molti alfisti sostengono da anni:

"Dopo l'acquisizione da parte di Fiat nel 1987, su Alfa sono stati commessi diversi errori". Non è difficile veder

scorrere nella mente i modelli incriminati: su tutti l'Arna, un'auto brutta e squadrata nata dalla collaborazione

con i giapponesi della Nissan, eredità della gestione Iri. Ma non è molto migliore il giudizio di Wester

sull'ammiraglia 166, "un tentativo di alfizzare la Fiat Croma". La critica arriva, sia pur meno dura, a

coinvolgere anche i modelli più recenti, come la Brera, in ogni caso giudicati distanti dal dna Alfa. Quel dna

che da anni Wester va cercando negli esperimenti e nelle prove preparati nei capannoni segreti dove si

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costruisce l'identità futura del marchio del Biscione. Come se la rinascita del brand milanese dovesse

avvenire al termine di un processo separato, a lungo tenuto nascosto, alla conclusione di una sorta di rito

celtico fatto di alambicchi, distillati e metalli incandescenti lavorati nell'oscurità. Gelosia del proprio lavoro,

timore dello spionaggio industriale? Forse c'è anche tutto questo a spiegare il modo di procedere

dell'ingegnere si Linz. Ma c'è soprattutto la voglia di vincere una sfida complicata per diverse ragioni. Una

sera del 2010, in una cena a Pebble Beach, vicino a Monterrey, lo aveva confessato al suo commensale: "Il

fatto di dover contrastare la concorrenza di costruttori tedeschi, per me è uno stimolo in più". Perché è chiaro

che se Wester vincerà la sua sfida, a farne le spese saranno Audi, Bmw e Mercedes. Proprio per questa

ragione il Ceo di Alfa e Maserati non può fallire, per questa ragione non può fare tentativi. Deve sparare a

colpo sicuro. Un primo importante risultato lo ha ottenuto con il marchio Maserati. Ha scommesso su una

fabbrica che da sette anni era ferma, la ex Bertone di Grugliasco, vicino a Torino. E l'ha trasformata in una

autentica macchina da soldi. Con il successo di Quattroporte e, soprattutto, della più economica Ghibli (un

prezzo base di "soli" 65 mila euro), Maserati sta fornendo un contributo decisivo per risanare i conti del

versante europeo di Fca. Al punto che, forse anche prima delle vendite del nuovo Suv Levante che arriverà

alla fine del 2015, il marchio del tridente potrebbe compensare da solo le perdite del Lingotto nel vecchio

continente. La sfida di Alfa è più complicata di quella di Maserati. Lo sa Wester e lo sa Marchionne. Insieme

hanno trascorso gli ultimi 24 mesi a preparare e scartare in successione diversi modelli prima di trovare la

gamma convincente per il pubblico mondiale. L'ingegnere di Linz ha cominciato a fare la spola tra Torino,

Detroit e Modena (il quartier generale di Maserati) per definire scelte progettuali e precisare dettagli. Solo

quando i nuovi modelli Alfa usciranno dai capannoni segreti ed entreranno nelle show room dei

concessionari, si capirà quante possibilità ha di essere vinta la scommessa del Biscione. Per il momento

Wester deve far fronte allo scetticismo degli analisti, gli stessi che anni fa non credevano alle possibilità di

rinascita del Tridente. Oggi che lo stabilimento Maserati di Grugliasco deve ricorrere al turni di notte per far

fronte alle commesse da tutto il mondo, Wester deve fronteggiare le ironie sull'Alfa: "Avete delle previsioni

molto ottimistiche, ingegner Wester", ha premesso martedì a Detroit un analista americano. Proseguendo

così: "Per convincere i clienti ad acquistarli, pensate di mettere sui nuovi modelli Alfa Romeo la signora

Robinson?". La signora Robinson, Anne Bancroft, non c'è più e Dustin Hoffmann non ha più l'età per girare

capelli al vento sullo spider Duetto disegnato da Pinifarina. Ma la domanda dell'analista non rivela solo

scetticismo: tradisce anche l'aspettativa degli americani per il ritorno di quello che considerano un marchio

mitico. Tocca a Wester, l'ingegnere tedesco con l'accento modenese, non deludere l'attesa.[ LA SCHEDA ]

Quell'obiettivo di 400mila auto l'anno che sembra lontano agli analisti

Otto nuovi modelli Alfa e quattro nuovi modelli Maserati. Sono questi, in base al piano presentato martedì a

Detroit, i compiti che Harald Wester deve svolgere nei prossimi cinque anni. Dodici nuovi modelli, quasi tre

all'anno: ma la gran parte arriverà tra il 2017 e il 2018. Una responsabilità notevole da cui dipende il futuro di

quattro stabilimenti (Mirafiori, Grugliasco, Modena e Cassino), dov'è concentrato il 70 per cento dei

dipendenti italiani del gruppo di Torino. Gli obiettivi di vendita sono importanti: la Maserati dovrà passare dalle

15 mila auto vendute nel 2013 alle 75 previste nel 2018. L'Alfa Romeo dovrà raggiungere le 400 mila vendite

contro le attuali 74 mila. Ma se l'obiettivo Maserati sembra raggiungibile (gli ordini per Ghibli e Quattroporte

fanno pensare che già a fine anno si possa arrivare a 40 mila consegne), quello del marchio del Biscione

appare ancora arduo. In tutto Wester, che oggi vende meno di 100 mila vetture con i due marchi da lui

guidati, dovrebbe arrivare nel 2018 a sfiorare le 500 mila, cinque volte tanto.Decisivo sarà il prossimo anno il

lancio della nuova Giulia, la berlina prodotta a Cassino che rappresenterà la testa di ponte per lo sbarco

americano dell'Alfa Romeo. Ma a seguire dovrebbero entrare sul mercato due Suv (uno più compatto e uno

di maggiori dimensioni) realizzati a Mirafiori e Cassino. L'intera operazione di rinascita dell'Alfa Romeo

costerà alle casse del Lingotto circa 5 miliardi di euro, tutti investiti in Italia perché è solo nella Penisola che

verranno costruite le Alfa destinate ai mercati di tutto il mondo.L'ulteriore salto in avanti delle vendite Maserati

dovrebbe invece arrivare nei prossimi anni dall'entrata in produzione della nuova Gran Turismo e dei due

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modelli nati dal concept Alfieri presentato al Salone di Ginevra, un coupé e una spider. (p.gr.)

Foto: Harald Wester, Ceo dell' Alfa Romeo e della Maserati , visto da Dariush Radpour

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INTERVISTA ALL'AD DI FINCANTIERI Bono: "Cresceremo con i soldi dell'Ipo" Paolo Possamai «Domenica annunceremo un pezzo di futuro di Fincantieri». Così diceva Matteo Renzi giovedì scorso a

Genova, alludendo alla sua presenza alla consegna di Regal Princess, ultima nave da crociera costruita dai

cantieri di Stato. A giugno Fincantieri sarà privatizzata e quotata, e per il premier sarà l'emblema del rilancio

dell'industria italiana e della sua capacità competitiva. segue a pagina 15 segue dalla prima Giuseppe Bono,

che sta al timone del gruppo da 13 anni, si schermisce ma non trattiene l'orgoglio con un tocco di

patriottismo. «Apprezzo molto che il presidente del consiglio Matteo Renzi parli della manifattura come una

priorità - dice Bono - Ne sono felice, lo vado dicendo da tutta la vita, spesa interamente nell'industria

manifatturiera. Sono convinto che Fincantieri con questa quotazione può essere l'evidenza della forza e delle

facoltà di recupero dell'industria italiana. Quanto a noi, siamo unici al mondo poiché non esiste sul pianeta

una azienda che nella propria attività concentra tutti i settori a più alto valore aggiunto. Siamo nelle crociere,

nell'offshore, nel militare e nei mega yacht. Nessuno come noi è altrettanto diversificato, quindi con rischio più

ripartito». Ma siete persuasi di essere sufficientemente attraenti per il mercato dati i vostri indici di redditività?

«Gli investitori ragionano non solo sul ritorno immediato ma anche su un più lungo periodo. Ci auguriamo che

torni tra gli investitori istituzionali l'attitudine a occuparsi di economia reale e in particolare del manifatturiero

italiano, che richiede competenze complesse ed è tra le caratteristiche peculiari dell'economia nazionale.

Fincantieri è tra i campioni di tali abilità, competenze, patrimonio e ciò ci viene largamente riconosciuto a

livello globale». A quali obiettivi è finalizzato l'aumento di capitale e quale piano industriale sottende?

«L'aumento di capitale e la quotazione sono funzionali a sostenere l'ulteriore processo di crescita e sviluppo

dell'azienda. Ricordo che abbiamo realizzato con mezzi propri sia l'acquisizione di Vard, lo scorso anno, che

quella dei cantieri americani nel 2009. Oggi riteniamo di essere alla vigilia di una nuova situazione di mercato

che ci consente di crescere e dobbiamo afferrarla. Mi sembrava allora, e lo penso a maggior ragione oggi,

che un'azienda come la nostra i capitali li debba trovare sul mercato, non chiederli allo Stato azionista. Lo

sentiamo come un dovere prima ancora che come un'opportunità». Intende dire che siamo alla vigilia di una

fase di consolidamento nel settore? Solo qualche mese fa lei parlava di acquisizioni per esempio di aziende

di componentistica. «In verità, non lo sappiamo con certezza, lo vedremo. Ma noi cerchiamo di cogliere le

occasioni che si presentano e siamo convinti che potremo crescere in termini di volumi e redditività anche a

perimetro invariato. Nei prossimi anni la ripresa si manifesterà in modo più netto e graduale e noi puntiamo a

saturare tutti i nostri cantieri italiani». Torniamo al tema della redditività, che è ovviamente centrale dal punto

di vista degli investitori. «In primis vorrei sottolineare che offriamo una forte stabilità di fondo, basta andare

nei nostri cantieri e emerge evidente l'importanza degli impianti. Guardiamo poi ai numeri e dunque vediamo

che abbiamo chiuso il 2013 con 85 milioni di utile netto e 300 milioni di ebitda, a fronte di 3 miliardi e 800

milioni di ricavi consolidati. Ricordo anche che al 31 dicembre scorso abbiamo registrato oltre 8 miliardi di

euro di carico di lavoro e 12,9 miliardi di portafoglio ordini. Posto che gli investitori e i grandi fondi premiano i

gruppi capaci di anticipare il mercato e privilegiano chi ha visione e progetti di sviluppo seri, noi ci siamo.

Abbiamo avuto, e avremo, numerosi contatti con potenziali investitori. Dovevamo far conoscere un'azienda

unica al mondo, che in questo Paese ha il proprio quartier generale. Abbiamo registrato molto interesse, tutti

si sono detti stupiti del fatto che l'Italia avesse queste capacità industriali. Sono fiducioso che questa

quotazione potrà essere un successo per noi e per l'Italia». Nella logica di recupero della profittabilità può

venire in campo un piano di riduzione del personale? Fincantieri quotata avrà la stessa forma mentis di una

azienda di Stato? «Voglio premettere che operiamo da anni in un mercato globale, non assistito, con una

gestione che già oggi è improntata a criteri "privatistici". Detto questo, post quotazione non apriremo alcun

tavolo per la riduzione dei dipendenti, ma dovremo continuare a discutere di flessibilità e formazione. Non

servono altre cure dimagranti. Il recupero di efficienza ha a che fare con la flessibilità e con il mix delle

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professionalità, e dipende dalla capacità di spostare lavorazioni meno pregiate fuori dall'azienda e di portare

dentro quelle a maggior valore aggiunto». Come legge il fatto che la quotazione stia maturando oggi, in un

dibattito del tutto differente rispetto al 2007 quando l'obiettivo fu mancato? «Questo è un paese che ha paura

dei cambiamenti, ha tempi di reazione troppo lenti e un'articolazione macchinosa e inefficiente. Ci sembra

però che stia iniziando a maturare la consapevolezza che certe cose non possiamo più permettercele, e che

quindi bisogna introdurre elementi di dinamicità, che già in passato hanno consentito all'Italia di diventare una

delle nazioni più importanti. La cultura si è evoluta, e si va verso il superamento del conservatorismo tout

court. Insomma, siamo alla soglia di un nuovo Rinascimento».

LE TAPPE La quotazione dovrebbe avvenire a giugno. L'assemblea degli azionisti ha deliberato l'Ipo e un

aumento di capitale fino a 600 milioni a servizio dell'offerta pubblica di sottoscrizione. Ma l'emissione di nuove

azioni andrà accompagnata anche da un'offerta di titoli in vendita da parte del socio Cdp (tramite Fintecna

controlla il 99,4%). Appare probabile che la società non sfrutterà tutto lo spazio consentito dalla delibera

relativa alla ricapitalizzazione, altrimenti Cdp si diluirebbe fino a una soglia prossima al 50%.

Foto: Nella foto a sinistra, Giuseppe Bono , amm. delegato di Fincantieri, al timone del gruppo da ben 13 anni

Un momento della costruzione di una nave in uno dei cantieri di Fincantieri

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[ IL REPORTAGE ] Città del Vaticano Il nuovo Ior di papa Francesco senza più poteri né autonomia Orazio La Rocca Riformare le istituzioni finanziarie pontificie, a partire dallo Ior (Istituto per le opere di religione), la banca

vaticana, ritornando allo spirito originario del Concordato del 1929. Sembra un paradosso, ma è così. Il primo

importante obiettivo centrato dalla rivoluzione finanziaria di papa Francesco durante il suo primo anno di

pontificato è stata la riconsegna dell'Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica),

attualmente presieduta dal cardinale Domenico Calcagno, all'originario ruolo di Banca Centrale della Santa

Sede, così come era stato stabilito negli accordi pattizi stipulati 85 anni fa tra Italia e Vaticano. segue alle

pagine 8 e 9 segue dalla prima Ruolo in seguito svolto sostanzialmente dallo Ior, che fu fondato da papa Pio

XII nel 1942, 13 anni dopo la firma del Concordato. E con l'Apsa "ridotta" ad amministrare i soli beni

immobiliari di proprietà della Santa Sede, stimabili attualmente sui diecimila appartamenti distribuiti dentro e

fuori l'area vaticana, con proprietà ubicate anche in Italia e all'estero. «E' stato quasi naturale ritornare alla

primaria impostazione prevista dai Patti lateranensi, riportando l'Apsa ad essere la vera banca Centrale

vaticana, con funzioni di guida per le politiche economiche della Santa Sede e di controllo sullo stesso Ior», si

apprende riservatamente dai cardinali che negli ultimi mesi hanno lavorato per ridare un nuovo assetto agli

organismi finanziari del Vaticano. E grazie, quindi all'applicazione piena del Concordato se all'inizio del mese

scorso Bergoglio - sulla base del lavoro svolto dalla Commissione referente sullo Ior presieduta dal cardinale

salesiano Raffaele Farina - ha potuto annunciare, senza nessun apparente contraccolpo curiale, che l'Istituto

per le opere di religione "non chiude", ma che continuerà a "fornire servizi finanziari specializzati alla Chiesa

cattolica in tutto il mondo" con "criteri di trasparenza e serietà". Ma senza essere più la Banca centrale

vaticana. Con questo provvedimento, in definitiva, lo Ior torna ad essere esclusivamente lo "sportello"

bancario al servizio dei dipendenti della Santa Sede, del personale ecclesiastico, dei diplomatici accreditati e

delle congregazioni religiose, sotto la supervisione della nuova commissione cardinalizia di controllo

presieduta dal cardinale spagnolo Santos Abril y Castellò, che ha preso il posto dell'ex segretario di Stato, il

cardinale Tarcisio Bertone. Fa parte della stessa Commissione anche il nuovo segretario di Stato Pietro

Parolin. Dallo scorso mese di febbraio, intanto, è terminata la verifica (screening e analisi antiriciclaggio) dei

18.900 conti correnti (5.200 di istituzioni cattoliche, 13.700 di persone fisiche) avviata nel 2011 dall'allora

presidente Ettore Gotti Tedeschi (improvvisamente licenziato lo scorso anno per una serie di dissidi maturati

col consiglio di sovrintendenza e con il segretario di Stato, il cardinale Bertone) e proseguita dal successore

Ernst von Freyberg, con l'aiuto per le verifiche sui conti e delle analisi anti-riciclaggio garantito dal Promontory

Group. All'inizio della cosiddetta operazione di pulizia, i conti ammontavano a 21.000. Ne sono stati cancellati

oltre 2000, "in gran parte conti vecchi e inattivi", specificano allo Ior, dove ammettono però che sono stati

individuati anche un certo numero di "situazioni anomale" segnalate all'Aif (Autorità di informazione

finanziaria) guidata dal nuovo presidente, il vescovo Giorgio Corbellini, e al promotore di giustizia, per

sottoporre i nominativi alle dovute inchieste che hanno portato alla cancellazione dei conti non in linea con le

norme di antiriciclaggio. L'obiettivo primario dello Ior - assicurano alla banca vaticana - è tagliare

definitivamente con gli scandali. Senza andare troppo indietro nel tempo col caso Marcinkus, l'ex presidente

coinvolto nel crac del vecchio banco Ambrosiano, l'ultima vicenda su cui stanno lavorando gli inquirenti è

quella di monsignor Nunzio Scarano, ex funzionario Apsa, accusato di riciclaggio, al quale nei giorni scorsi si

è aggiunto un altro caso legato a un bonifico da 2,8 milioni di euro su cui la Procura di Roma ha aperto una

inchiesta e che ha portato i pm romani a contestare a un anziano vescovo e a due laici il reato di riciclaggio.

Ed ancora sul fronte delle inchieste giudiziarie, continua il lavoro degli inquirenti su Paolo Cipriani e Massimo

Tulli, rispettivamente ex direttore generale e vice direttore dello Ior, accusati di aver autorizzato operazioni

finanziarie tra la banca vaticana e istituti di credito italiani senza il rispetto di norme di trasparenza e di

antiriciclaggio. Accuse per le quali il mese scorso è stato completamente scagionato l'ex presidente Gotti

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Tedeschi. Incidenti di percorso a parte, il progetto di riforma dello Ior è ormai in dirittura d'arrivo, assicurano in

Vaticano. Lo scorso anno per la prima volta è stato pubblicato il bilancio, dal quale è emerso che

nell'esercizio 2012, l'Istituto per le opere di religione con i suoi 114 dipendenti, gestiva 6,3 miliardi di euro di

beni degli utenti (2,3 miliardi in depositi, 3,2 miliardi in gestioni patrimoniali, 0,8 miliardi in custodia titoli), con

un utile netto pari a 86,6 milioni di euro (20,3 nel 2011). E con un patrimonio netto di 769 milioni di euro. Il

secondo bilancio sarà pubblicato il mese prossimo. Impensabile fino a un paio d'anni fa, quando lo Ior era

considerato a livello internazionale una sorta di buco nero, un luogo dove depositare soldi con controlli scarsi

o nulli. Con papa Francesco la musica è cambiata. Ed i primi frutti già si vedono: l'organismo contro il

riciclaggio della Ue, Moneyval, ha di fatto già riconosciuto i passi realizzati dalla Santa Sede in materia di

trasparenza e di lotta al riciclaggio, pur sollecitando qualche ulteriore "aggiustamento". E per questo -

commentano soddisfatti Oltretevere - l'inserimento del Vaticano nella white list , la lista dei paesi più affidabili

dal punto di vista economico-finanziario, è ormai in dirittura d'arrivo. Ior a parte, la nuova architettura dei

dicasteri economici pianificata da Bergoglio ha assunto ormai una fisionomia abbastanza chiara col varo di

due nuovi organismi. A conclusione dei lavori di due commissioni ad hoc istituite all'inizio del Pontificato,

quella sullo Ior guidata dal cardinale Farina e la Commissione referente di Studio e Indirizzo per gli Affari

economici e amministrativi della Santa Sede (Cosea) guidata dal maltese Joseph F.X. Zahra, a febbraio il

Papa argentino ha creato un Consiglio per l'Economia (presidente il cardinale Marx, membri sette cardinali e

sette laici), che coadiuverà una Segreteria per l'economia, nuovo superdicastero composto, sinora, dal

presidente, il cardinale australiano George Pell, e dal segretario, il monsignore maltese Alfred Xuaereb, fino

alla nomina segretario particolare del Papa. Sotto questo dicastero finiranno tutti gli altri organismi economici

(Governatorato, Prefettura degli Affari economici, Propaganda fide, la stessa Apsa). George Pell, comunque,

è il vero uomo "forte" in materia di finanza ed economia dello staff cardinalizio varato da Bergoglio che lo

ritiene la persona giusta al posto giusto. E forse proprio per questo c'è chi, nella Curia romana, vorrebbe ora

ritirare fuori vecchie vicende di preti pedofili australiani per screditare il porporato. Proprio nei giorni, peraltro,

nei quali di fronte al comitato delle Nazioni Unite contro la tortura, l'Osservatore della Santa Sede a Ginevra, il

vescovo Silvano Tomasi, ha citato quello australiano e quello statunitense, come esempio "positivo di

risposta efficace al dramma della pedofilia". Una precisazione fatta, forse più per motivi interni al Vaticano. Da

parte sua Pell, ancora poco prima di trasferirsi a Roma, ha affrontato senza esitazione la Royal Commission

into Institutional Responses to Child Sexual Abuse, una commissione governativa sugli abusi sessuali sui

minori, rispondendo a tutti i quesiti senza negligenza. E papa Francesco - che definisce Pell "tenace come un

giocatore di rugby, lo sport del suo paese" - ha apprezzato.

Foto: Il presidente dello Ior, il banchiere tedesco Ernst von Freyberg

Foto: Il nuovo presidente dello Ior, Ernst von Freyberg: completerà il ridimensionamento dei ruoli per l'Istituto

Foto: Il torrione di Niccolò V, sede dello Ior , all'interno della Città del Vaticano, di fronte alla Porta S. Anna

(sullo sfondo, il Palazzo Apostolico) A destra, Papa Francesco : ha avviato una profonda revisione della

finanza vaticana

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Privatizzare per aumentare l'efficienza Alberto Pera La ripresa dei programmi di privatizzazione da parte del governo e il rinnovo dei consigli di molte imprese

controllate dallo Stato ha riacceso l'attenzione sul tema della governance delle imprese pubbliche. In un

articolo su AF, Stefano Micossi ha suggerito che, una volta compiuta una perimetrazione degli interessi

pubblici affidati alle imprese, un'accorta selezione degli amministratori sia sufficiente per assicurarne una

gestione "di mercato". segue a pagina 10 segue dalla prima Tuttavia è lecito il dubbio che, ferma restando

l'esigenza di scegliere amministratori eccellenti, l'incentivo dato dalla privatizzazione sia invece necessario. Il

punto è in che misura lo stato azionista sia in grado di imporre alle imprese il perseguimento dell'efficienza. Il

tema non è nuovo, ed è sempre stato controverso. Negli anni '60, l'economista Pasquale Saraceno

sosteneva che gli amministratori delle imprese pubbliche dovevano perseguire l'efficienza esattamente come

quelli delle imprese private. Le finalità di interesse pubblico eventualmente imposte avrebbero dovuto essere

ben determinate e i loro costi contenuti entro le risorse specificamente allocate agli "enti di gestione" (Iri ed

Efim). In sostanza, attraverso la scelta di amministratori adeguati, sottoposti al controllo degli "enti di

gestione", lo Stato poteva essere sia attore di politica economica, determinando i settori e gli obiettivi degli

interventi, che azionista, garantendo che le imprese operassero efficientemente. Invece Luigi Einaudi non

aveva alcuna fiducia nello stato azionista, e riteneva che anche oculatissimi amministratori di imprese

finanziate e protette dallo Stato non avrebbero potuto resistere alle pressioni dei sindacati, dei partiti e degli

interessi locali e particolari. L'esperienza delle partecipazioni statali suggerisce che aveva ragione Einaudi.

Negli anni '80, il sistema delle imprese a partecipazione statale fu portato al collasso dall'accumulo dal debito

dovuto alle perdite dell'Efim e dell'Iri: da lì seguirono le grandi privatizzazioni degli anni '90. Alla base delle

quali c'era non solo l'esigenza di "fare cassa", ma anche la constatazione che è illusorio pensare che lo stato

possa efficacemente svolgere il ruolo di imprenditore. Per disperdere l'illusione occorreva che le imprese

fossero esposte alla pressione di mercati concorrenziali dei beni e dei capitali. Al di là della sfortunata storia

della Telecom, le privatizzazioni italiane hanno ottenuto il risultato sperato: Lottomatica, Autogrill, Autostrade

(ora Atlantia), Enel, si sono trasformate da monopoli pubblici concentrati sui mercati nazionali in imprese

multinazionali tra i leader mondiali nei rispettivi settori, mentre lo Stato ha ridefinito gli strumenti del suo

intervento, attraverso la liberalizzazione dei mercati, la definizione delle aree eventualmente sottratte alla

concorrenza, l'istituzione (spesso purtroppo tardiva) delle Autorità di regolazione. E la duplice pressione della

liberalizzazione o ri-regolazione del mercato e della privatizzazione appare essere stata efficace anche

quando lo Stato ha mantenuto il controllo attraverso quote minoritarie del capitale, come nel caso di Eni ed

Enel, Terna e Snam. In particolare, il fatto che la maggioranza del capitale sia sul mercato (a differenza del

"modello Iri"), e spesso faccia capo a investitori istituzionali internazionali, ha contribuito alla gestione

efficiente delle imprese: gli investitori votano "con i piedi" (vendendo le azioni) e le imprese che hanno

bisogno di capitali debbono garantire la massimizzazione del valore. Tuttavia, le stesse valutazioni non

sembrano potersi fare per le moltissime imprese ancora a partecipazione pubblica maggioritaria, statale o

locale. In particolare, in molti casi la capacità di tali imprese di stare sul mercato e di esplorare attività e

settori nuovi, di innovare a beneficio dei consumatori e dell'economia del paese, è fortemente condizionata

da obiettivi diversi dall'efficienza; in particolare dal problema della ridondanza del personale e della rigidità

nella sua utilizzazione: con la conseguenza di riserve di attività e aree di protezione eccessive o non

giustificate se non dalla preoccupazione che l'apertura al mercato imponga azioni di dimagrimento

politicamente indesiderabili. Ecco perché è importante che i processi di privatizzazione ora annunciati dal

governo siano portati a termine: la scelta di amministratori eccellenti non è da sola sufficiente; occorre aiutarli

con lo stimolo della concorrenza e della decisa apertura al capitale privato.

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economia italiana Arvedi, Feralpi Duferco, la nuova siderurgia post Ilva Giorgio Lonardi Arvedi, Feralpi Duferco, la nuova siderurgia post Ilva a pagina 20 Milano Ci vuol poco a rallegrarsi per gli

ultimi dati disponibili sull'andamento dell'acciaio made in Italy. Nei primi due mesi del 2014, infatti, la

produzione è cresciuta del 10,2% sfiorando i 4,3 milioni di tonnellate. E invece bisogna essere cauti. Secondo

Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, l'associazione imprenditoriale di settore, si tratta di un rimbalzo

tecnico che segue al calo registrato nel 2013 quando la produzione annua (-11,6%) scese a quota 24 milioni

di tonnellate, il risultato peggiore dopo il 2009. In ogni caso già i dati di marzo, infatti, registrano un

rallentamento della crescita che scende sotto il 10%. E allora? La realtà è un'altra. Fra il 2011 e l'anno scorso

la siderurgia italiana ha perso oltre 4,5 milioni di tonnellate di prodotto. Inoltre il comparto si sta dividendo in

due "classi" ben distinte. In serie A troviamo un manipolo d'imprenditori lombardi, veneti e friulani che hanno

investito in tecnologia puntando sulle esportazioni o su mercati ad alto valore aggiunto. Gente come Giovanni

Arvedi, o come Giuseppe Pasini con la sua Feralpi, o ancora Alessandro Banzato di Acciaierie Venete, quindi

la bresciana Ori Marten, e la Duferco che fa capo al presidente di Federacciai Gozzi. In serie B, invece, non

troviamo solo l'Ilva di Taranto che ai tempi d'oro valeva un terzo di tutta la produzione nazionale o la Lucchini

di Piombino che ha chiuso il suo altoforno ormai fuori mercato ma anche quei piccoli produttori che non

hanno saputo innovare. "Oggi in Europa", osserva Gozzi, "c'è una capacità produttiva di 200 milioni di

tonnellate ma la produzione non supera i 145 milioni. E se l'Europa soffre l'Italia non sta meglio, anzi". Una

paralisi che colpisce il tondino, le travi per l'edilizia e molte altre produzioni. A bloccare il rilancio del

comparto, spiega sempre il presidente di Federacciai, è il crollo dell'edilizia e la rinuncia a costruire nuove

infrastrutture. Dice: "Speriamo che il piano da 2 miliardi per l'edilizia scolastica promesso da Renzi decolli al

più presto. Per il nostro settore sarebbe una boccata d'ossigeno senza contare che si tratta di un

investimento sulla sicurezza dei nostri figli e dei loro insegnanti". Di crisi dell'edilizia ne sa qualcosa Giuseppe

Pasini a capo di Feralpi: un miliardo di euro di fatturato stimato nel 2013, in calo del 15% sull'anno

precedente. Un imprenditore che da tempo si è rimboccato le maniche, Pasini, e ha trovato nuovi sbocchi per

i suoi prodotti. Spiega: "Noi abbiamo puntato sull'internazionalizzazione del gruppo; ancora nel 2008 l'export

pesava sui ricavi per il 25% ma oggi siamo a quota 55%. Senza contare che abbiamo impianti in altri paesi

come la Germania in cui la situazione è ben diversa da quella dell'Italia". Un'area che si sta rivelando

preziosa per Feralpi è il Nordafrica dove l'anno scorso ha esportato 400 mila tonnellate di acciaio per un

valore di 200 milioni di dollari. "Proprio in Nordafrica - precisa Pasini - stiamo valutando la possibilità di

costruire uno stabilimento per servire un mercato in rapida crescita". Ad ogni modo si va all'estero anche per

comprare aziende. Un bell'esempio è la bresciana Aso Group che ha recentemente acquistato

dall'imprenditore italiano Paolo Mennini l'azienda romena Cromsteel Industries raddoppiando così le

dimensioni del gruppo che passa dai 160 milioni di ricavi del 2013 ai circa 330 milioni attesi per quest'anno.

Accanto all'export e all'internazionalizzazione non mancano i progetti di acquisizioni che hanno come

obiettivo il Bel Paese. Emblematico il caso del Caleotto, il laminatoio di Lecco che fa parte del gruppo

Lucchini in amministrazione straordinaria. Lo stesso Caleotto per cui si registra l'interesse di una cordata

composta dalla Duferco di Gozzi e dalla Feralpi di Pasini. Lo scopo: diversificare la produzione puntando

sulla ricca nicchia del filo d'acciaio utilizzato dalle bullonerie e dalle viterie della Brianza e di tutto il Norditalia.

Quanto alla Ferriera di Servola, un altro stabilimento della Lucchini, piantato nell'area metropolitana di

Trieste, ha suscitato la manifestazione di interesse del gruppo Arvedi. Se tutto andrà bene, quindi, entro

giugno l'azienda siderurgica giuliana con l'annessa banchina portuale passerà all'imprenditore lombardo. Ed

è proprio il gruppo guidato da Giovanni Arvedi, quasi 2,2 miliardi di ricavi nel 2012, uno degli esempi più

avanzati di innovazione tecnologica nel settore siderurgico. Lo conferma la mini acciaieria di Cremona, di

sicuro la più competitiva d'Europa per quanto riguarda la produttività, il ridotto impatto ambientale e la qualità

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dei prodotti. E lo certifica la tecnologia "endless strip", capace di sfornare nastri super sottili a ciclo continuo

con spessori inferiori a frazioni di millimetro; un business difeso da oltre 400 brevetti e considerato la nuova

frontiera del settore. La nostra siderurgia a forno elettrico, come sottolinea Gozzi, "è senza dubbio la migliore

del mondo" però quando si passa all'altoforno iniziano i guai. E se la chiusura del forno di Piombino, troppo

vecchio e troppo piccolo per essere competitivo appare inevitabile, il futuro di Taranto, più che mai incerto,

preoccupa imprenditori e sindacati. "Quello stabilimento", spiega Gozzi, "è strategico per il futuro dell'industria

meccanica del nostro Paese, che senza l'acciaio prodotto a Taranto rischia di uscire dal mercato". Poi

aggiunge: "Nessuno lo dice ma oggi l'Ilva rischia di fallire. E questo l'Italia non può permetterselo. Ecco

perché ci vuole la fine del commissariamento e l'arrivo di un imprenditore che ci metta la faccia, evitando che

il patrimonio rappresentato da Ilva venga bruciato".

Foto: Nei grafici in questa pagina la fotografia della siderurgia italiana. C'è stata una ripresa a inizio 2014 ma

va presa con molta cautela Qui sopra, Antonio Gozzi (1) presidente di Federacciai e ad della Duferco;

Giovanni Arvedi (2): sta per rlilevare la Ferriera di Servola Giuseppe Pasini (3) ad di Feralpi; Alessandro

Banzato (4) ad di Acciaierie Venete

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[ LE OPINIONI DELLA SETTIMANA ] L'effetto ottico della crescita in deficit dei Pigs Carlo Clericetti L'austerità funziona? Gli ultimi dati, secondo cui tutti i paesi in cui questa "cura" è stata più feroce

cresceranno più di noi, potrebbero aver convinto qualcuno. Ma quel qualcuno si lascerebbe convincere da un

malinteso, alimentato da chi ha interesse a valorizzare certi dati e metterne in ombra altri che sono poi più

importanti. Tutti i nostri compagni di sventura nella sigla Piigs (ma chiamiamoli Gipsi) hanno applicato con

grande durezza l'austerità sociale, tagliando welfare, stipendi e pensioni e distruggendo i diritti dei lavoratori,

ma niente affatto l'austerità dei conti pubblici, che noi abbiamo invece perseguito. Nel 2013, dice Eurostat,

l'Irlanda ha avuto un deficit del 7,2%, la Spagna del 7,1, il Portogallo del 4,9, la Grecia addirittura del 14,7,

contro il nostro 3%. E in modo simile è andata in precedenza: il Sole24Ore aveva calcolato il deficit cumulato

2011-13, che per l'Irlanda è stato del 28,3% e per la Spagna del 27,1. E per l'Italia? Solo 9,8. In altre parole,

gli altri hanno alimentato la loro economia con il debito pubblico, noi quasi per niente. In compenso la Grecia

ha ormai mortalità infantile da quarto mondo, dall'Irlanda è emigrato quasi il 10% della popolazione, in

Spagna la disoccupazione è arrivata oltre il 26%. Ma vuoi mettere la soddisfazione di uno zero-virgola di

crescita più di noi?

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Intesa SanPaolo i dipendenti azionisti col paracadute Vittoria Puledda Lo schema è innovativo e, realizzato in modo così capillare, inedito per l'Italia. Con l'accordo sindacale

appena siglato infatti tutti i dipendenti di Intesa diventeranno anche azionisti della banca. Potranno venderle

subito o aderire, bloccandole, ad un Piano triennale, che con modalità diverse porterà i dipendenti ad avere

altre azioni. Ovviamente in questo modo si rinuncia ad eventuali premi "di produzione" di periodo. Ma visti i

tempi, non è detto che un pagamento in denaro sia certo (e non a caso anche i sindacalisti sono soddisfatti).

La soluzione sembra infatti coniugare esigenze diverse: quelle della banca, che realizza il programma in

parte attraverso un aumento di capitale gratuito (ma la prima tranche di azioni viene acquistata sul mercato) e

quella dei neo-azionisti. Per loro c'è un pagamento in titoli, ma con un rischio di mercato attutito: a fine

periodo, un triennio, nella peggiore delle ipotesi avranno indietro l'importo complessivo versato; in caso di

apprezzamento dei titoli, parteciperanno invece ai rialzi. Tranquilli anche gli azionisti attuali, perché l'effetto

diluitivo sulle loro quote sarà omeopatico: al massimo verranno emesse 500 milioni di nuove azioni (un po'

gratuite e un po' a sconto) mentre per la prima fase verranno comprati sul mercato fino ad un massimo di 54

milioni di titoli (sui 15 miliardi di azioni ordinarie Intesa).

12/05/2014 10Pag. La Repubblica - Affari Finanza(diffusione:581000)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 203

Page 204: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Prelios-Fortress insieme a caccia dei Npl NASCE UNA NUOVA ALLEANZA CON DUE FUSIONI CHE HANNO LO SCOPO DI ACCAPARRARSI LARICCA TORTA, ALMENO 30 MILIARDI, DEI NON PERFORMING LOANS DELLE BANCHE ITALIANE Adriano Bonafede Nemici prima, amici oggi. Perché pecunia non olet. E il piatto dei crediti incagliati ( non perfoming loans )

delle banche italiane è davvero ricco, con almeno una trentina di miliardi da spartirsi. Nasce così la nuova

alleanza fra Gruppo Fortress e Massimo Caputi - che due anni fa lottarono senza esclusione di colpi per

l'acquisizione da Pirelli di Prelios, andata alla fine a Caputi - con il benestare di Unicredit. L'alleanza si articola

in due operazioni. La prima, che arriverà a conclusione soltanto il prossimo luglio, prevede la fusione tra

Torre sgr, la società di gestione del risparmio controllata da Fortress al 70 per cento (attraverso Italfondiario)

e da Unicredit al 30 (attraverso Pioneer), e la sgr del gruppo Prelios. Le masse amministrate arriveranno a

circa 7 miliardi (5 di Prelios e 2 di Torre) e comunque Prelios avrà la maggioranza delle quote. Il nodo del

prezzo dei concambi non è ancora stato affrontato anche perché siamo indietro: entro fine maggio dovrà

infatti essere svolta l'analisi di fattibilità, a cui poi seguirà la definizione dei concambi. La chiusura

dell'operazione è prevista per fine luglio, quando dovrà essere sottoposta all'esame della Banca d'Italia. Il

seocndo tassello dell'intesa passa da un'altra fusione perché, a monte, Prelios Credit Services, la società di

gestione dei crediti del gruppo che fa capo a Caputi, si fonderà con Italfondiario, anche questa specializzata

nella gestione degli Npl. L'intreccio azionario che ne verrà fuori è piuttosto complesso perché - oltre ai vari

attori nominati finora - c'è da considerare anche la presenza di Intesa Sanpaolo, che ha il 12,5 per cento di

Italfondiario. L'obiettivo di questo nuovo rimescolamento di carte è chiaramente - oltre alla gestione dei fondi

immobiliari sottostanti in una dimensione maggiore, il che comporta significative economie di scala - anche il

ricco piatto dei non performing loans delle banche italiane. L' asset quality review i cui esiti sono previsti per il

prossimo ottobre sta costringendo gli istituti di credito - spronati dalla Banca d'Italia - a fare quella completa

pulizia di bilancio rimandata o ritardata per troppo tempo. Il che le obbligherà a far emergere tutte le

minusvalenze sui crediti. Il mercato si aspetta quindi una gran quantità di non performing loans in vendita ed

è questo che spiega l'interesse di un gruppo come Fortress, pronto a mettere sul piatto la sua forza

finanziaria pur di fare buoni affari nel mercato italiano. Ma non è tutto. Il puzzle si completa prendendo in

considerazione anche la gara per la vendita di Uccmb, la società del gruppo di Unicredit specializzata proprio

nella gestione dei crediti problematici. Con questa iniziativa, l'istituto guidato da Federico Ghizzoni ha deciso

in pratica di uscire dalla gestione diretta dei non performing loans. L'advisor Ubs ha individuato, fra le tredici

proposte iniziali, cinque candidati per la short list. Si tratta delle cordate Tpg-Deutsche Bank-Goldman Sachs;

di Cvc-Jupiter-Cerberus, del fondo Usa Apollo, assistito da Eidos Partners; di Blackstone; e, last but not least,

della nuova cordata-alleanza tra Italfondiario e Prelios, con in più Rothschild e con l'assistenza di

Mediobanca. È chiaro che se Fortress-Prelios riuscissero a vincere questa gara si creerebbe un colosso in

grado di attirare business anche dalle altre banche (tra l'altro Uccmb lavora già anche per altri istituti). Da

questa vendita, Unicredit potrà ricavare tra 700 milioni e 1 miliardo di euro. Ma poi entrerà in ballo la vendita

di almeno una parte dei 4,4 miliardi di euro di sofferenze che l'istituto guidato da Ghizzoni vuole cedere,

sembra a un valore vicino al 10 per cento del nominale. Dentro Uccmb ci sono però almeno una trentina di

miliardi di sofferenze di altre banche, un piatto ghiotto per chiunque. A escludere la strada di una cessione dei

crediti problematici dovrebbe restare soltanto Intesa Sanpaolo, che invece vuole gestirseli per conto suo.

Foto: 1

Foto: Qui sopra, Massimo Caputi (1), vice pres. Prelios Spa e Federico Ghizzoni (2), ad di Unicredit

Foto: A sinistra, la nuova alleanza tra Prelios e Fortress

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 204

Page 205: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Roma Nuova anzi usata, l'auto che tira ancora segreti e numeri di un mercato maiin crisi OLTRE QUATTRO MILIONI DI VETTURE VENDUTE OGNI ANNO MA ORA A FARE LA PARTE DELLEONE NON CI SONO PIÙ I CONCESSIONARI MA I SITI INTERNET E DA QUALCHE MESE ANCHE UNMOTORE DI RICERCA. LA CONTROFFENSIVA DELLE CASE E L'OFFERTA PREMIUM Tommaso Tommasi Il mercato dell'auto usata resiste meglio alle intemperie della crisi, ma chi compra ha scelto di cambiare

negozio. Non più i piazzali dei concessionari ma Internet, dove oggi si trova di tutto. Il mercato virtuale,

dunque, ha aggredito con successo anche il mondo dell'auto usata. Ci sono le cifre proposte nel corso del

convegno organizzato a Roma per LeasePlan da Fleet&Mobility a confermarlo: confrontando le vendite

dell'usato del 2007 con quelle del 2013 si registra una flessione del 19% (contro quasi il 50% per le auto

nuove) mentre negli stessi anni le vendite di usato attraverso i concessionari sono precipitate del 58%. L'auto

di seconda mano, insomma, continua ad avere un mercato da oltre 4 milioni di unità (dove sono comprese

anche le mini volture, ovvero le vetture consegnate al concessionario e non ancora vendute) che però è

passato largamente in altre mani, in buona parte virtuali, come Autoscout24, Automobile.it, Subito.it o e-Bay

(la stessa che ha messo all'asta le auto blu "rottamate" da Renzi). In aggiunta, ora si è affacciato un nuovo

attore che mette a disposizione dei consumatori italiani, sullo schermo del computer, ben 850.000 proposte

trovate sui 14 principali siti dediti alla vendita dell'usato. Si chiama Autouncle.it, è nato in Danimarca nel 2011

è arrivato da poco in Italia, ma è già operativo in 8 Paesi, dove monitora i prezzi dell'usato di oltre 6,2 milioni

di vetture presenti in 102 siti specializzati. È un motore di ricerca che facilita la scelta dell'usato migliore in

base a ben 100 parametri, ovviamente prezzo incluso. Autouncle.it si aggiunge dunque alle altre proposte

informatiche presenti sul mercato dell'usato, sottraendo terreno al classico modo di acquistare un'auto di

seconda mano, costituito dalla trattativa diretta fra privati. In realtà, però, sono gli stessi privati che una volta

andavano nelle piazze con la loro vettura completa della scritta "vendesi", che ora, seduti a tavolino, cliccano

sui siti per vendere o comprare le loro auto. Sta di fatto che mentre il mercato del nuovo langue, la domanda

di usato è sempre piuttosto sostenuta. «Il parco circolante invecchia - dice Tavernese, concessionario

multimarche romano - e ormai una fetta importante è composta da auto con più di 10 anni. C'è dunque un

cliente potenziale che in questo periodo si avvicina più facilmente ad un'auto di seconda mano». Raffaele

Porzio, manager di Renault, sottolinea il cambiamento: «Il business dell'usato sta sfuggendo dalle mani dei

concessionari mentre cresce quello fra i privati, anche se uno dei problemi è quello della garanzia». C'è

anche un aspetto molto concreto che riguarda il business, poiché i margini sulla vendita del nuovo sono ormai

bassissimi e c'è chi parla addirittura di poche decine di euro: «In Italia si sta sviluppando sempre di più

l'attività dei commercianti che portano l'usato all'estero - spiega Adolfo De Stefani Cosentino, concessionario

Mercedes - perché specie in alcuni paesi dell'est europeo il mercato è molto più remunerativo rispetto a

quello italiano». La vendita di un buon usato delle marche generaliste frutta attorno ai 650 euro, mentre quello

delle marche premium consente di guadagnare anche 1.800 euro, cifre decisamente lontane dai piccoli

margini consentiti dalla vendita del nuovo. Il timore manifestato da chi compra una vettura di seconda mano è

sempre legato alla qualità dell'acquisto, perché se l'auto nuova garantita per almeno tre anni è la stessa se la

compri a Milano o a Viterbo, ogni auto usata ha la sua storia, generando nel compratore l'inevitabile dubbio

sul chilometraggio effettivamente percorso, sull'uso del veicolo fatto dal precedente proprietario, sui possibili

interventi di carrozzeria effettuati in seguito ad un incidente. In questa ottica i concessionari di due marche

premium offrono interessanti opportunità. Recentemente Bmw ha lanciato il programma Premium Selection,

con usato al massimo di 5 anni o 120.000 km, 92 controlli, 24 mesi di garanzia, controllo gratuito dopo i primi

3.000 km, assistenza stradale 24 ore gratuita, rispondendo così al Firsthand della Mercedes, i cui dealer

offrono usato della marca sino a 6 anni di età o 160.000 km. tutte sottoposte a 100 controlli e con 36 mesi di

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garanzia. INTERAUTONEWS UNRAE CED MINISTERO DEI TRASPORTI PRA ANFIA ACI CENTRO STUDI

UNRAE

Foto: L'escalation del mercato dell'usato passato da 3,2 milioni di pezzi del 2000 ai 4 del 2013. La Punto la

più richiesta

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 206

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focus certificazione Milano Il controllo di qualità chiave di successo così le imprese italiane vanno adue velocità EMERGE DAL RAPPORTO CHE È STATO PROMOSSO DA ACCREDIA COL SUPPORTO TECNICO ESCIENTIFICO OFFERTO DAL CENSIS. LA RICERCA SI È BASATA SULL'USO DI 4 INDICATORI CHECOSTITUISCONO DIVERSE AREE DELLA STRUTTURA ECONOMICA E SOCIALE Vito de Ceglia La crisi non abbassa la qualità del sistema produttivo italiano. Come dimostra la progressiva crescita delle

nostre esportazioni, determinata dall'elevata capacità competitiva delle imprese tricolori, molte delle quali

vere e proprie multinazionali "tascabili", che all'estero si sono fatte largo sfuggendo al pantano della

recessione italiana. Per contro, diminuiscono la qualità della vita e del contesto socio-economico,

dell'ambiente e dell'offerta di servizi pubblici. È quanto emerge dal 2° rapporto Accredia-Censis su "Qualità,

Crescita, Innovazione", promosso da Accredia, l'ente unico nazionale di accreditamento che verifica la

competenza degli organismi che certificano ISO 9001, per indagare la qualità che l'Italia esprime in alcune

dimensioni della sua struttura economica e sociale. Oggi, sono più di 83.000 le aziende dotate di un sistema

di gestione della qualità Uni En Iso 9001. Il rapporto si è basato sull'utilizzo di 4 indicatori di qualità che

rappresentano diverse aree della struttura economica e sociale del Paese, con dati relativi al periodo

compreso tra il 2009 e il 2012. La prima dimensione presa in considerazione riguarda il sistema produttivo.

Sistema che evidenzia fenomeni di propensione all'innovazione e di crescita abbastanza intensi, sebbene

questo comparto abbia subito nel corso degli anni un deterioramento che non lascia pensare ad una robusta

capacità di ripresa. L'indicatore (71,5 su 100 nel 2012) è il risultato del confronto di 18 diverse variabili: nati-

mortalità delle imprese, brevetti e marchi depositati in Italia da aziende nazionali, produttività del lavoro,

ricorso all'Ict, fallimenti, assunzioni di figure professionali specializzate e andamento delle certificazioni del

sistema di gestione della qualità. Il trend, durante l'arco di tempo considerato, muta di poco. Ma nel 2012

rispetto al 2009 si registra una flessione. A livello regionale troviamo la Lombardia al primo posto, seguita da

Piemonte, Emilia Romagna, TrentinoAlto Adige e dal Veneto. Toscana, Marche e Friuli-Venezia Giulia,

regioni importanti dal punto di vista produttivo e caratterizzate da elevati livelli di specializzazione in alcuni

comparti manifatturieri, presentano valori leggermente sotto la media italiana. Mentre va segnalato, come

spesso accade, il Meridione agli ultimi posti soprattutto con Basilicata, Sicilia e Sardegna. Inoltre,

confrontando gli indici di bilancio di un campione di 1.000 aziende certificate ISO 9001 con altrettante non

certificate, risultano migliori le performance delle prime. Tra i principali fattori di crescita c'è proprio il controllo

di qualità delle fasi a monte e a valle del processo produttivo (sui fornitori e sulla catena logistica) e l'adozione

di un sistema di gestione della qualità dei processi interni secondo gli standard Uni En ISO 9001. Si tratta per

lo più di aziende che, pur nell'attuale fase di crisi, esprimono livelli di efficienza e capacità competitiva

maggiori rispetto alla media nazionale. Il secondo aspetto riguarda la qualità dell'offerta di servizi pubblici e

prende in considerazione 12 variabili, come per esempio servizio pubblico e servizio socio-assistenziali. In

questo caso, l'indicatore assume valori piuttosto elevati (77,3 su 100 nel 2012), mostrando alcune punte di

eccellenza ma un andamento decrescente e ampi margini di miglioramento. Il Friuli si prende la sua "rivincita"

come regione migliore in termini di qualità dei servizi pubblici offerti. Seguono a poca distanza l'Emilia

Romagna, il Trentino-Alto Adige, la Valle d'Aosta e la Lombardia. Restano buoni i risultati di Umbria, Liguria,

Lazio, Toscana, Veneto, Marche e Piemonte. Mentre, ad eccezione dell'Abruzzo, il resto del Mezzogiorno si

pone al di sotto della media nazionale. Il terzo ambito, strettamente connesso con quello precedente,

riguarda la qualità della vita e del contesto socio-economico. L'indicatore si pone ad un livello abbastanza

elevato (72,2 su 100 nel 2012), sebbene in diminuzione. Il Paese non registra certamente fenomeni di

degrado diffuso, ma occorre senza dubbio migliorare. In questo ambito vengono considerate 16 variabili,

quali la povertà regionale delle famiglie, la spesa dei consumi, la disoccupazione, che hanno visto un

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deterioramento, seppur contenuto, dato soprattutto dall'alto tasso di mancanza di lavoro tra i giovani, la

riduzione dei consumi pro-capite ed il progressivo allargamento di situazioni di disagio sociale tra le famiglie,

non hanno permesso un'evoluzione positiva. Anche qui, come nelle classifiche precedenti, troviamo una

differenza netta tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Sud: la prima in classifica è il TrentinoAlto Adige,

seguita da Valle d'Aosta, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia e l'Emilia Romagna. Il quarto, ed ultimo aspetto

considerato, è la qualità dell'ambiente. L'indicatore assume un valore più contenuto rispetto agli altri (46,1 su

100 nel 2012), evidenziando un ritardo in gran parte del Paese rispetto a pratiche ottimali. Sono 10 le variabili

considerate che vanno dai consumi energetici delle famiglie, alle opinioni delle stesse sulla qualità dell'aria,

sulla pulizia delle strade e sull'inquinamento acustico della zona di residenza, fino ai dati relativi alla

disponibilità di verde urbano e di servizi di raccolta differenziata dei rifiuti. La regione più virtuosa è la Valle

d'Aosta, seguita a poca distanza dal Trentino-Alto Adige e, a una considerevole distanza, dalla Basilicata,

dalla Sardegna e dal Friuli-Venezia Giulia. Pochi territori hanno investito sul fronte della tutela ambientale o

messo in campo strategie e pratiche efficaci in ambiti come quello del risparmio energetico e della corretta ed

efficace gestione dei rifiuti. ACCREDIA CENSIS

Foto: I dati presi in esame sono relativi al periodo compreso tra il 2009 e il 2012 e danno una spiegazione del

successo nell'export di molte imprese italiane

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 208

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Milano Dalle medicine ai funerali così gli sconti fiscali pesano sulle casse statali TRA DEDUZIONI E DETRAZIONI È UNA GIUNGLA DI 720 VOCI LA MANO PUBBLICA PERDE OGNIANNO CIRCA 254 MILIARDI DI EURO IL GOVERNO HA L'OBIETTIVO DI METTERE ORDINE NEI 720CAPITOLI A COMINCIARE DALLA CASA Sibilla Di Palma Deduzioni e detrazioni, un esercito di 720 voci. Con gli sconti fiscali lo Stato perde ogni anno circa 254

miliardi di euro Ammontano in tutto a 720 gli sconti a vario titolo che ogni anno alleggeriscono come per

magia il conto di 730 e Unico. Comportando però al contempo mancati incassi da parte del sistema tributario

per una somma complessiva di circa 254 miliardi di euro. Una cifra non da poco che, non a caso, è da diversi

anni nel mirino di Agenzia delle Entrate e ministero dell'Economia. Da tempo si discute infatti di una

razionalizzazione di queste voci per recuperare risorse e dare ossigeno alle malmesse casse statali messe a

dura prova dalla crisi. Anche se l'operazione non sembra facile e tutti i tentativi di riorganizzazione avviati

finora si sono risolti con un nulla di fatto, considerato che buona parte di questa cifra non può essere toccata

in quanto destinata a sostenere la spesa sociale, dalla famiglia al lavoro. Lo stesso governo Letta, nel

tentativo di reperire risorse da destinare ad altri fini, aveva ipotizzato di ridurre la percentuale di detraibilità

degli oneri al 19% di un punto percentuale nel 2014 e di due punti percentuali a partire dal 2015. Ma anche in

questo caso il tentativo non era andato a buon fine e anche la prima ipotesi di riforma del fisco avanzata dal

governo Renzi, in base alla quale il sistema delle detrazioni avrebbe dovuto essere rivisto facendo aumentare

gli sconti fiscali per chi guadagna fino a 28mila euro lordi annui escludendo i redditi di importo superiore, non

ha avuto seguito. A occupare maggior spazio nella giungla dei 720 sconti fiscali, il cui elenco venne censito

nel 2011 da un gruppo di lavoro guidato dall'allora sottosegretario al ministero dell'Economia e delle Finanze

Vieri Ceriani, sono le agevolazioni, ossia le detrazioni e deduzioni di cui beneficiano i contribuenti persone

fisiche. Ma del paniere fanno parte anche le aliquote Iva ridotte, gli incentivi alle imprese, i regimi agevolati,

gli sconti sui tributi locali, le accise e le altre imposte indirette. Tra gli oneri detraibili rientrano quelli al 19%

per spese mediche e sanitarie; spese per l'asilo, la scuola o l'università e la formazione; interessi passivi del

mutuo acquisto abitazione principale; premi per l'assicurazione vita e infortuni; spese per il funerale;

erogazioni liberali a associazioni sportive dilettantistiche. Ci sono poi le detrazioni al 24% per le erogazioni

liberali versate a favore di organizzazioni non lucrative, quelle al 50% per la ristrutturazione casa e l'acquisto

di mobili e al 65% per le opere di riqualificazione energetica degli immobili. Altro capitolo per le deduzioni, tra

le quali rientrano l'assegno al coniuge in caso di separazione legale; i contributi previdenziali e assistenziali

corrisposti a colf e badanti; i contributi versati a forme pensionistiche complementari; le erogazioni liberali a

istituzioni religiose, le donazioni a enti di ricerca pubblici, università o fondazioni universitarie; le rette per la

degenza in istituti di cura per persone disabili. Per dare qualche numero, in base alla relazione stilata da

Ceriani, solo di deduzioni e detrazioni per la casa lo Stato ogni anno dice addio a 9,48 miliardi di euro tra

deduzione della rendita catastale dell'abitazione principale (3,27 miliardi), detrazioni per ristrutturazioni (1,96

miliardi), detrazioni degli interessi sui mutui prima casa (1,33 miliardi) e bonus sulle ristrutturazioni

energetiche. Mentre sul fronte "famiglia" le casse statali perdono altri 21 miliardi tra i quali 10,5 di detrazioni

(coniuge a carico, figli), 4,3 di deduzione contributi, 2,3 miliardi di spese sanitarie, 1,8 di deduzione degli

assegni famigliari, 128 milioni per spese funebri e così via. Un esercito di mancati incassi sul quale si proverà

a intervenire nuovamente. La legge sulla delega fiscale recentemente approvata dal Governo impone infatti di

agire con un riordino selettivo sulle agevolazioni ingiustificate, superate o comunque doppie rispetto ad altre

misure. Secondo stime recenti del Fondo monetario internazionale la quota "aggredibile" ammonterebbe a

circa 60 miliardi di euro. La strada però si preannuncia in salita, considerato che i tagli devono garantire la

tutela dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, delle imprese minori e di pensione e proteggere la

famiglia, la salute, i soggetti svantaggiati, il patrimonio artistico, l'ambiente, la ricerca e l'innovazione. Le

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 209

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agevolazioni facilmente eliminabili o comunque semplici da sfoltire si contano dunque sulle dita di una mano.

MINISTERO DELLE FINANZE

Foto: Secondo stime recenti del Fondo monetario internazionale la quota "aggredibile" ammonterebbe a circa

60 miliardi di euro

12/05/2014 37Pag. La Repubblica - Affari Finanza(diffusione:581000)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 210

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IL PUNTO Crescita e mercati L'utilità ritrovata di un'Europa forte DANILO TAINO I tassi d'interesse sui Btp decennali straordinariamente sotto al 3% raccontano due storie. La prima dice che

rispetto ai punti acuti della crisi - le estati 2011 e 2012 - la situazione sui mercati è rovesciata. Il collasso

dell'Eurozona non c'è stato: Mario Draghi e la Bce hanno avuto un ruolo di primo piano nell'evitarlo, ma anche

i salvataggi organizzati dai governi della Ue, le riforme introdotte in alcuni Paesi, il patto di Stabilità e l'Unione

bancaria hanno radicalmente cambiato lo scenario. Il quadro internazionale, in particolare la riduzione del

programma di acquisti di titoli della Federal Reserve americana, ha fatto il resto: parecchi capitali sono usciti

dai Paesi emergenti e sono finiti nella zona euro, soprattutto nella periferia; Draghi ha segnalato giovedì

scorso che nell'Eurozona potrebbe anche essere arrivata una parte dei 160 miliardi di euro che si stima siano

usciti di recente dalla Russia di Putin. La seconda storia è conseguenza della prima. Tassi d'interesse bassi

sui titoli di Stato (sempre buoni ma meno eclatanti se si considera che nel frattempo l'inflazione è crollata)

sono positivi per il debito pubblico. Però il nuovo scenario crea tre problemi seri. Innanzitutto, i debiti pubblici

restano altissimi, più di quanto lo fossero all'inizio della crisi: Italia verso il 135%, Spagna verso il 100% e via

dicendo. Secondo, il venire meno della pressione dei mercati ha tolto dal tavolo l'urgenza di fare riforme, che

infatti un po' in tutta Europa si stanno fermando: problema particolarmente serio in Italia dove ben poco,

pensioni a parte, si è fatto. Terzo, il pericolo di deflazione è reale, come indica la Bce: significa che, nella

relazione debito/Pil nominale, il denominatore salirà meno e quindi abbassare il rapporto sarà più difficile e

costoso.

Riconoscere di avere vinto la sfida contro il crollo dell'euro, dunque, oggi significa riconoscere che la strada

della stabilità finanziaria e delle riforme non può essere abbandonata. Così come sono diventati all'improvviso

benevoli, i mercati sono rapidi a tornare ostili.

@danilotaino

© RIPRODUZIONE RISERVATA

12/05/2014 1Pag. Corriere Economia - N.17 - 12 maggio 2014

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 211

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Piccole imprese Confartigianato mette le eccellenze in vetrina (online) A pagina 16

L a nuova frontiera è digitale. Le imprese italiane, dopo aver esportato in tutto il mondo, vanno alla conquista

del sesto continente: il web. Confindustria ha da poco annunciato Storytalia, Amazon da tempo sta studiando

un progetto per l'ecommerce, così come Yoox che già propone grandi marchi del lusso ai navigatori online.

Anche Google ha avviato un programma sui distretti del made in Italy da valorizzare in Rete, segnale

evidente che il brand funziona e che gli utenti internazionali (più avvezzi agli acquisti sul web) offrono ottime

risposte di mercato. Il filone aureo (almeno potenzialmente) non poteva sfuggire a Confartigianato che da

tempo studia questo settore è adesso presenta il suo progetto tutto tarato sull'ecommerce.

L'associazione artigiana ha siglato un accordo con Digital Magics, incubatore certificato di startup innovative

quotato sul mercato Aim Italia di Borsa Italiana, e ulaola, startup incubata che promuove e vende in Italia e

all'estero prodotti made in Italy. L'obiettivo dichiarato è quello di favorire l'internazionalizzazione e la

digitalizzazione di attività e di prodotti che rappresentano l'eccellenza. «Il futuro artigianale passerà sempre

più per il digitale- afferma Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato - L'Italia sarà sempre di

più un Paese di esportazione e le nostre eccellenze saranno i veri ambasciatori di questa realtà. Le imprese

dovranno utilizzare le nuove tecnologie per accompagnare lo sforzo di vendita nei Paesi stranieri. Ulaola ci

sembra uno degli strumenti più adatti per iniziare questo processo. L'accordo prevede inoltre per

Confartigianato e per Digital Magics una collaborazione continuativa allo scopo di rafforzare l'anima digitale

della Confederazione».

Su misura per il web

In Italia però l'ecommerce ha ancora una diffusione minoritaria anche se l'obiettivo concreto è superare lo

spread di piccole imprese italiane che vendono online, fermo oggi al 5% a fronte della media europea del

14%, con punte del 22% in Germania, mentre la Francia è all'11%. Più Italia quindi ma soprattutto più estero

per piccole realtà che, spendendo meno di mille euro, potranno avere una vetrina che si affaccia su mercati

privilegiati: la previsione nel piano a 5 anni è di coprire l'Europa, a partire dai «Nordics» che hanno il

maggiore numero di online shopper, per arrivare agli Stati Uniti nel 2018.

«La caratteristica che ci distinguerà dagli altri - spiega Fumagalli - è che il nostro ecommerce è fatto su

misura anche per piccoli artigiani che non avrebbero altro modo per saggiare mercati esteri. Lo stesso vale

per chi realizza pezzi unici e quindi non ha un magazzino a disposizione. Il nostro obiettivo non è quello di

presentare un freddo catalogo dell'artigianalità ma di proporre eccellenze italiane che abbiano alle spalle una

storia, un territorio e aspetti immateriali».

I mercati di riferimento

Per raggiungere mercati lontani e complessi servirà una rete logistica capace di sostenere anche piccole

realtà. «La stiamo allestendo e sarà sperimentata già durante l'Expo - annuncia il segretario generale di

Confartigianato - a Milano avremo una location Fuori Expo che proporrà ai visitatori stranieri il meglio

dell'artigianalità italiana. Quella stessa rete logistica aiuterà le nostre imprese a recapitare i prodotti dove

saranno richiesti. Cercheremo, tra l'altro di rafforzare la nostra presenza on line anche per aree di prodotto:

nel Regno Unito hanno una mercato interno della ceramica molto forte e quindi conviene puntare su moda e

design. Nei paesi nordici i brand italiani sono molto apprezzati ed è per questo che quello sarà il primo

mercato che aggrediremo con il nostro portale». Sul web finiranno le storie e i prodotti di eccellenze italiane

nel settore del design, del fashion, del vintage, del cooking design e del food (escluso il fresco) in una

piattaforma tecnologica speciale. Basterà a internazionalizzare le piccole imprese? Di sicuro è un buon inizio,

un veicolo importante per coinvolgere chi all'estero non arriverebbe in altro modo.

12/05/2014 1Pag. Corriere Economia - N.17 - 12 maggio 2014

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 212

Page 213: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

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1 Acquisti in Rete Chi vende di più online Suddivisione per classi di età Under 18 18-24 25-34 Giovani 18-34

35 ed oltre 3.759 Pparra Fonte: elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat 201 589 995 1.974

1.584 @ Il totale @Acquisti in Rete

180É il numero di aziende che operano nella blue economy. Il settore negli ultimi 5 anni, secondo ilterzo rapporto di Unioncamere sull'economia del mare, ha registrato diversi segnali positivi. Il numerodelle imprese è aumentato di 3.500 unità dal 2011 al 2013 (+2%). In crescita, anche il numero dilavoratori che operano nel comparto (+3,1%), in particolare nelle attività di ricerca e tutela ambientale.Sono aumentate dell'8% le vendite di moto nel primo trimestre del 2014. In crescita, le immatricolazioni di

moto e scooter over 50 (+8,9% sul 2013). Il risultato migliore è quello dei 125cc (+14,5%). In controtendenza,

i cinquantini che sono ancora in perdita. È in calo, per la prima volta rispetto al trend positivo degli ultimi anni,

il numero di aperture di microbiriffici. Sono solo 11 i nuovi locali aperti nel primo quadrimestre del 2014. Incide

negativamente l'aumento delle accise: potrebbero crescere del 50% nel 2015.

Foto: DI isidoro trovato

Foto: Artigiani Cesare Fumagalli, segretario generale Confartigianato

12/05/2014 1Pag. Corriere Economia - N.17 - 12 maggio 2014

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 213

Page 214: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Dopo le nomine I piani (nascosti) da Eni a Poste Imprese I big del pubblico Primo: trainare la ripresa stefano agnoli, e FABIO tamburini G ran vento di cambiamento ai vertici delle maggiori imprese nazionali. I vecchi capi azienda sono stati

sostituiti, trascinati via dall'onda della «rivoluzione culturale» renziana. Ha risposto con entusiasmo il mondo

della finanza (banche e investitori istituzionali). Adesso però i benefici della rivoluzione devono arrivare

all'economia reale cavalcando l'onda della ripresa. Dall'Eni a Terna, da Finmeccanica a Poste ed Enel, ecco

le criticità che dovranno affrontare i nuovi vertici. E i piani al vaglio. Alle pagine 2 e 3

Di certo in un gruppo complesso come l'Eni non mancano le questioni aperte. Ma Claudio Descalzi, il

successore di Paolo Scaroni alla guida del Cane a sei zampe, ha dalla sua un semplice ma indiscutibile dato

di fatto: quello di conoscerle quasi tutte molto bene. La prima, indicata l'altro giorno in assemblea anche dal

ceo uscente Paolo Scaroni, è quella del maxi-giacimento kazako di Kashagan. Forse non molto conosciuto al

di fuori della cerchia degli addetti ai lavori, ma ormai trasformatasi in una sorta di Vietnam del gruppo

pubblico. La supercommessa strappata ai tempi della gestione Mincato nei primi anni Duemila ha bloccato

per anni ingenti risorse nella convinzione che venire a capo delle difficoltà ambientali, tecniche, gestionali e

finanziarie della più grande scoperta degli ultimi trent'anni potesse definitivamente proiettare l'Eni nell'Olimpo

mondiale del petrolio e del gas. Ora è ferma per l'ennesimo problema (tubi «sciolti» dal gas troppo acido) e

per evitare di uscirne con ammaccature rilevanti la diplomazia e i tecnici del gruppo dovranno lavorarci

ancora con impegno, insieme ai soci del consorzio internazionale.

Un'altra eredità del passato che potrebbe riemergere già dal prossimo inverno è quella dell'«emergenza

gas», e in generale dei rapporti con la Russia. Anche se l'Eni non è direttamente responsabile della sicurezza

dell'approvvigionamento dell'Italia, è certo che sarebbe al gruppo di Metanopoli che il governo si rivolgerebbe

in caso di difficoltà sul fronte russo-ucraino, come sempre è accaduto in passato. Data la situazione in Libia

(e i problemi non rari sul versante algerino) si tratta pur sempre di un'eventualità da monitorare con

attenzione. Ma con la Russia che cosa accadrà? Quando gli Usa hanno messo l'Iran alla berlina anche l'Eni

ha dovuto pagare dazio. Teheran, però, non ha lo stesso peso di Mosca nel portafoglio globale del Cane a

sei zampe. Si potrebbe continuare: «shale gas», Nigeria e, appunto, Libia sono altre questioni delicate da

affrontare, tra strategia e contingenza. Se si resta sul piano della strategia che cosa farà Descalzi?

Proseguirà nella focalizzazione sul core business dell'esplorazione e produzione di idrocarburi e, per fare un

altro esempio, dopo la Snam venderà anche un gioiellino tecnologico come la Saipem? Che cosa ne diranno,

e che cosa gli chiederanno l'azionista Tesoro e i fondi di investimento internazionali?

STEFANO AGNOLI

@stefanoagnoli

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Foto: Eni Claudio Descalzi

12/05/2014 1Pag. Corriere Economia - N.17 - 12 maggio 2014

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 214

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L'analisi La nuova sfida del seduttore è nella ripresa dell'Alfa raffaella polato I l grande seduttore ha perso il tocco magico? Sergio Marchionne investitori e mercati li ha sempre

conquistati con i fatti e, quando i fatti erano ancora solo previsioni, con il maggior capitale che un manager

possa avere: la credibilità. Esattamente ciò che gli analisti presenti a Auburn Hills martedì scorso hanno

messo in dubbio alla fine della maratona, traducendo subito - dal giorno dopo - quei dubbi in pratica con

massicce dosi di vendite in Borsa.

Vero, Fiat aveva corso talmente tanto che anche così resta un guadagno del 27% da inizio gennaio, del 30%

sui sei mesi, del 53% sull'anno. In tre giorni Piazza Affari ha però bruciato tutti i rialzi degli ultimi trenta. E

colpito Marchionne dritto dritto in uno dei suoi pochissimi lati deboli. Ditegli di tutto, e certo: magari (non è

detto) si infurierà. Ma quello che sul serio non accetterà mai è che a finire in discussione sia la sua - appunto

- credibilità.

Per carità, è stato il primo ad avvertire e rimane il primo ad ammettere che il piano Fca 2014-2018 «comporta

dei rischi, di timing ed esecuzione». Dopodiché: «Ridevano anche nel 2004, a Balocco, quando ho detto che

saremmo arrivati a tre miliardi di utili nel 2007. Però è quel che abbiamo fatto, no?». Sì. E tuttavia, oggi,

l'asticella pare più alta persino del 2004, quando nessuno credeva in una Fiat fuori dal fallimento, o della

replica 2009, quando al centro di scherni e scetticismi c'erano i brandelli di Chrysler. È più alta perché c'è un

intero gruppo da riconvertire sulla fascia premium: per la sola Audi, Volkswagen ci ha messo un decennio

abbondante. È più alta perché, ora come allora, il debito è elevato e Marchionne promette 55 miliardi di

investimenti - con i debiti azzerati per fine piano - ma «riservandosi» ancora di spiegare da dove arriveranno i

soldi. È più alta, infine, perché almeno altrettanto ambiziose sono le stime di vendita su cui ogni tassello del

piano si incastra: 7 milioni di auto, dai 4,4 del 2013. È qui, in definitiva, che si gioca la partita.

La scommessa, si è detto e stradetto, si chiama Alfa Romeo: saltasse il suo rilancio, sarebbero dolori per

tutto il gruppo e tutta la strategia. La carta non nascosta, né segreta, semplicemente per qualche strana

ragione finita in secondo piano si chiama invece Jeep e davvero può essere l'asso. A patto che Marchionne

vinca la sfida Cina: il raddoppio previsto là per il marchio Usa dipende in buona parte dallo sbarco concreto,

dopo decenni di ritardi e false partenze, di Fca nell'ex Celeste Impero. Quello è un mercato da 20 milioni di

auto che, per il 2021, la società di analisi Ihs vede in crescita di altri 10-11 milioni (la metà della crescita

mondiale). Tutta Fca, nel 2013, non ne ha piazzate più di 90 mila. Jeep - che non a caso ha lo stesso

responsabile dell'area Asia, Mike Manley - la differenza la può fare.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 215

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ORSI & TORI Paolo Panerai Alì Babà (staccato e con gli accenti) era sempre rappresentato con i 40 ladroni. Senza accento e tutto

attaccato ( Alibaba) è il più grande sistema di e-commerce al mondo. Cinese, ma di fatto ormai americano e

giapponese. Non solo perché a possedere le quote più importanti sono l'americana Yahoo e la banca online

giapponese SoftBank, rispettivamente con il 22,6 e il 34%, ma anche perché, ormai, il collocamento è

avviato, si quoterà al Nasdaq di Wall Street e fra le banche che effettueranno il collocamento non c'è neppure

una banca cinese o di Hong Kong. Tutte americane ( Goldman Sachs, Jp Morgan, Morgan Stanley, Citigroup)

e solo una tedesca, Deutsche Bank. Si può pensare che il governo cinese sia contento di queste scelte del

fondatore, Jack Ma (nome tutto cinese, Ma Yung) e dei suoi soci? La domanda è retorica. A Pechino, sia

pure con diplomazia, nelle stanze del potere politico, economico e bancario, non si fa mistero che veder

trasformare in una società di fatto americana la piattaforma di e-commerce usata da 600 milioni di cinesi e

attraverso la quale passano circa 240 miliardi di dollari di transazioni non sia il miglior spettacolo che

avrebbero voluto vedere. Anche per un'altra ragione specifi ca: i vertici cinesi sanno che in futuro Alibaba si

orienterà sempre di più nella fi nanza. Le prove generali le ha fatte nell'imminenza dell'ultimo Capodanno

cinese che è caduto alla fi ne di gennaio. La piattaforma ha lanciato l'emissione di quote di un fondo

monetario, con taglio minimo anche di pochi renminbi, cioè l'equivalente di 2 o 3 euro. Cogliendo il desiderio

di fare regali a parenti e amici, che è tipico dei cinesi prima di Capodanno, quelle quote del fondo

(ribattezzato Yu'ebao) sono state un successo immediato. In un brevissimo lasso di tempo sono stati raccolti

49 miliardi di dollari, battendo ogni record di tempo per una tale raccolta. Pensare che Alibaba di fatto

americano possa raccogliere risparmio cinese da impiegare al di fuori dalla Cina non piace certo ai vertici

cinesi. Come non piace che di fatto, sia pure con un business model che trae il 60% dei ricavi dalla pubblicità,

Alibaba abbia una quota di mercato dell'e-commerce cinese pari all'80%. Non è certo l'ideale per uno Stato

che a partire dagli anni 90 ha smantellato molti monopoli, a cominciare da quello delle poste che

controllavano anche le telecomunicazioni, facendo nascere China Unicom, il primo a introdurre il cellulare

Gsm in Cina, e a seguire China Telecom, che ha gemmato China Mobile. Per tutti questi motivi, come nella

favola araba il taglialegna Alì Babà, nascosto sopra un albero ascolta il capo dei 40 ladroni e scopre la parola

magica (Apriti Sesamo) per entrare nella caverna dove i ladroni avevano ammassato tesori immensi, le

società più vicine allo Stato da tempo stanno studiando Alibaba per catturarne i segreti e costruire una

piattaforma B2B e una Bt2C assolutamente più performanti di Alibaba e capaci di diventare il riferimento

dell'e-commerce cinese. In cinque anni l'obiettivo è di arrivare a un giro d'affari reale di 150 miliardi di dollari,

ma con un business model assolutamente diverso da quello creato da Ma, basato non tanto sugli introiti dalla

pubblicità (solo il 20%) quanto sui ricavi per la vendita a 3 milioni di retailer (negozi) e a 170 milioni di famiglie

che hanno in casa i decoder di China Telecom. La sfi da inizierà a ottobre, poco tempo dopo la quotazione a

Wall Street di Alibaba. E sarà una sfi da senza esclusione di colpi. Anche perché l'idea agevolata dal governo

cinese si pone l'obiettivo di avere una sistema di distribuzione capillare che oggi in Cina non esiste. Lo sanno

bene gli esportatori italiani (e non solo) con quale diffi coltà si riesce a coprire tutta la Cina. Un'operazione fi

nora impossibile per la vastità del territorio e per la particolarità del sistema di abitazione al di fuori delle città.

Con la piattaforma agevolata dal governo che è in avanzata preparazione, sfruttando la rete a banda larga di

cui il vecchio Impero celeste si è dotato, sarà possibile coprire ogni parte della Cina. Sarà quindi una vera

rivoluzione di segno completamente opposto al tentativo fatto dal governo della Turchia, che ha investito

capitali enormi senza riuscire a ottenere risultati di vendita adeguati dei prodotti turchi. Semplicemente per un

motivo: perché c'era la piattaforma di distribuzione ma mancavano e mancano i compratori, che possono

essere privati cittadini (e allora occorre avere la capacità di attrarli con un servizio perfetto) oppure negozi

anche atipici come un albergo, un circolo del golf e via dicendo. A un probabile fallimento appare indirizzata

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 216

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anche la piattaforma Storytalia fatta nascere dalla Confi ndustria per aiutare le piccole e medie aziende a

esportare, avendo come operatore le Poste Italiane, che sicuramente sono preparate sul piano tecnologico

(grazie all'ex ad, Massimo Sarmi) ma non su quello commerciale fuori dall'Italia. La piattaforma è stata in

gestazione quattro anni e contrariamente a quanto era stato dichiarato un anno fa non comincerà a operare

in Cina (il più grande mercato del mondo) bensì in Europa. Per fortuna degli aderenti alla Confi ndustria è

stata abbandonata, dopo alcune aperture sperimentali, l'idea di vendere attraverso una serie di negozi.

L'esito del test è stato fortemente negativo e per questo si è passati al web per il tessile-abbigliamento,

calzature, profumeria e occhialeria. La gestione del sito sarà affi data a Postecom, la società di Poste

specializzata nei servizi web e di logistica. Nel 2016 dovrebbe esserci lo sbarco un Usa, ma le previsioni di

ricavi sono modeste: 10 milioni di euro in più anni. Se vogliamo, quello di Storytalia è un esempio

emblematico di come, escluso Yoox, realizzato con grande abilità da Federico Marchetti, in Italia la cultura

dell'e-commerce sia ancora agli albori. A parte Yoox ci sono alcune piattaforme che imitano quanto fatto

all'estero, come Saldi Privati, che imita Vente Privée francese, oppure altri piccoli che imitano Saldi Privati.

Sicuramente il più avanti di tutti, a parte l'imitazione del sito di maggior successo francese ora sbarcato anche

in Italia, è Paolo Ainio con Saldi Privati, ma nonostante la sua esperienza di pioniere (è stato il fondatore di

Matrix e di Virgilio) ha qualche diffi coltà a raggiungere una dimensione signifi cativa. E quando Ainio parla di

borsa, lo fa per Banzai, la holding che include non solo Saldi Privati ma una serie di siti o portali, da Zafferano

(cucina) a Studenti.it, al Post, in cui per sostenerne l'audience è stato fuso Soldionline, che faceva utenti unici

con molte altre cose al di là della fi nanza. In Cina il fenomeno e-commerce è esploso ed esploderà molto

presto, ancora di più perché di fatto il Paese ha saltato vari passaggi della tecnologia e oggi è, come succede

in questi casi, all'avanguardia. Soprattutto i suoi abitanti fanno quasi tutto con gli smartphone, quindi in

movimento. I cinesi che hanno un computer non sono moltissimi, perché la scelta degli smartphone è

(continua a pagina 4) stata indirizzata dalla bravura di Samsung, la grande casa coreana che ha prodotto

telefoni di dimensione nettamente superiore a quelli in uso in Occidente, a metà strada fra il tablet e il

telefono, quindi con uno schermo suffi ciente a vedere la televisione o appunto a fare tutte le operazioni di e-

commerce. Ma i cinesi sono un po' diffi denti e quindi quando con lo smartphone hanno individuato il prodotto

che gli interessa, se è un prodotto di qualità e costoso cercano di andare a vederlo fi sicamente in un

negozio. Il dato emerge da una approfondita analisi condotta da Havas, la grande società di pubblicità e

marketing, controllata da Vincent Bolloré. Per questo la formula a cui sta pensando il governo cinese con 3

milioni di retailer sembra avere grandi chance di tagliare la strada ad Alibaba. Se l'Italia è in arretrato per

l'esistenza di forti piattaforme di e-commerce multi prodotto, è invece al passo per le piattaforme private dei

grandi brand, specialmente del fashion. Sta avendo un signifi cativo successo The Luxer, realizzato da Tod's.

Il fatturato dei primi mesi è stato già di alcuni milioni. In questo caso è stata capitalizzata l'esperienza

negativa fatta alcuni anni fa da Diego e Andrea Della Valle in società con Luca Cordero di Montezemolo: il

portale che avevano creato fu chiuso dopo alcuni mesi e perdite non indifferenti. Sulla scia di Tod's ci sono

molti altri marchi italiani che cercano di pareggiare i conti con iniziative e-commerce dei grandi brand

stranieri. Il più forte di tutti, come pure nel commercio fi sico con centinaia e centinaia di boutique, è Bernard

Arnault, il quale con la enorme disponibilità di capitali che ha, da anni aveva creato fondi specializzati nella

nuova tecnologia e in particolare nell'e-commerce. Mentre Giorgio Armani si è appoggiato per primo su Yoox,

ora anche Prada ha un ecommerce dinamico esclusivamente per i suoi brand. Naturalmente con l'e-

commerce si sviluppa anche l'attività internazionale. Proprio per questo motivo i progetti cinesi non

prevedono di inserire sulle loro piattaforme i grandi brand, ma i secondi di qualità. Una straordinaria

opportunità, in questo caso vera, per le centinaia di migliaia di piccole e medie aziende italiane. Purché

possano dire che i loro prodotti sono made in Italy. (riproduzione riservata) segue da pagina 3

FTSE MIB DELLA SETTIMANA

-1,80%

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 217

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Atlantia -0,11 Autogrill -2,91 Azimut -8,41 A2a -2,32 B Pop Milano -6,10 Bco Popolare -11,55 Bper -8,94

Buzzi Unicem -0,54 Campari -0,40 Cnh Industrial -5,78 Enel +3,20 Enel G. Power +3,37 Eni +1,12 Exor -4,67

Ferragamo -0,66 Fiat -13,55 Finmeccanica -9,70 Generali -1,31 Gtech +0,05 IntesaSanpaolo -2,60 Luxottica

-1,05 Mediaset -6,37 Mediobanca -8,80 Mediolanum -2,20 Moncler -2,28 Mps -4,22 Pirellie C. -1,81 Prysmian

-13,45 Saipem +0,30 Snam +3,51 Stm +1,39 Telecom Italia +1,02 Tenaris -0,68 Terna +0,46 Tod's +0,40 Ubi

Banca -6,11 Unicredit -2,89 UnipolSai -2,41 World D. Free -3,57 Yoox -10,07 FTSE All Share -1,89 FTSE Mid

Cap -2,76

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GIUNGLA FISCALE ALLORA RIDATECI L'IMU ECCO QUANTO COSTANO LA NUOVE TASSESULLA CASA Teresa Campo ALLORA RIDATECI L'IMU ECCO QUANTO COSTANO LA NUOVE TASSE SULLA CASA alle pagine 24 e

25 Premesso che le nuove tasse non piacciono a nessuno, la debuttante Tasi è riuscita come nessun'altra

imposta a fare subito il pieno di critiche. Intanto non si capisce come funziona, ma bisognerà chiarirsi le idee

in fretta perché la prima rata scade il 16 giugno e chiunque possiede un immobile dovrà pagarla. Non solo:

sull'abitazione principale la Tasi verrà in molti casi a costare più della precedente Imu che va a sostituire e

comunque presenterà differenze ingiustificate da un Comune all'altro a seconda delle detrazioni fissate. Infine

la Tasi (sommata alla Tari e all'Imu) farà aumentare del 28% il carico fiscale che grava complessivamente

sugli immobili, ovvero considerando anche le imposte sull'acquisto e sull'affitto di un cespite. Uno strano

risultato per una riforma che si proponeva di eliminare la tassazione almeno sulla prima casa. Più in dettaglio,

la Tasi (Tassa sui Servizi Indivisibili) insieme con la Tari (la ex Tares, ovvero l'imposta sui rifiuti) e con l'Imu

vanno a costituire la Iuc, l'Imposta Unica Comunale (detta anche service tax), che accorpa tutte le tasse locali

relative agli immobili commerciali e abitativi. Dovrà pagarla chiunque possieda un immobile o lo occupi in

affitto. Come premesso, prima ancora di pagarla, la tortura è capire come funziona: si paga l'1 per mille

l'anno, aumentabile fino al 2,5, che può però salire di un ulteriore 0,8 arrivando al 3,3, ma lo 0,8 deve essere

ripartito tra abitazioni principali e non. Sulle seconde case invece la Tasi si somma all'Imu ma non deve

superare l'1,06%, anche se poi può arrivare fino all'11,4, sempre per mille. Insomma un bel rebus. Per

capirne di più occorre procedere per gradi. L'imposta va calcolata sulla stessa base imponibile dell'Imu,

ovvero il valore catastale rivalutato del 5% e poi del 60. Per l'abitazione principale la Tasi sostituisce l'Imu,

mentre sugli altri immobili si somma all'Imu. Lo Stato ha fissato le aliquote minime e massime applicabili,

lasciando però molta libertà ai Comuni nel fissare sconti e agevolazioni. Il risultato è che per la prima casa

l'aliquota può variare dall'1 al 2,5 per mille, ma i Comuni possono aggiungere un ulteriore 0,8 per mille

portandola al 3,3. L'eventuale 0,8 è destinato al cosiddetto fondo per le detrazioni, un gruzzoletto da cui i

Comuni possono attingere per eventuali detrazioni alle fasce più deboli della popolazione, tanto più che la

Tasi non prevede sgravi di sorta, mentre l'Imu prima casa godeva di detrazioni di 200 euro più 50 euro per

ogni figlio convivente sotto i 26 anni. Anche per le seconde case la Tasi può andare dall'1 al 2,5 per mille, ma

la somma delle aliquote di Tasi e Imu non può superare il 10,6 per mille. Anche in questo caso i Comuni

possono applicare lo 0,8 per mille aggiuntivo portando il totale all'11,4. Lo 0,8 per mille deve però essere

ripartito tra prime e seconde case: i Comuni non possono alzare entrambe le aliquote di tale percentuale,

quindi se la utilizzano tutta per l'abitazione principale, non possono toccare l'aliquota degli altri immobili e

viceversa. In soldoni il risultato è che paradossalmente, rispetto alla precedente Imu, a bocce ferme (ovvero

senza le detrazioni) il nuovo meccanismo favorisce le abitazioni di maggior valore, che andranno a spendere

meno rispetto a prima. Per esempio, una casa A/2 a Bologna pagava 643,3 euro di Imu (detrazioni incluse),

mentre ora scenderà a 556,6. Al contrario una casa di classe A/3, quindi in genere di minor valore, salirà da

225 a 280 euro. Tutto può cambiare però a seconda di aliquote e detrazioni previste dai Comuni, che hanno

tempo fino al 31 maggio per renderle note. Se allo scadere del termine il Comune di riferimento non lo avrà

fatto, l'imposta sulla prima casa si pagherà in unica rata a dicembre 2014, mentre per le seconde case si

applicherà un'aliquota standard dell'1 per mille con conguaglio sempre a dicembre. Fare i calcoli non sarà

facile: a Bologna, per esempio, sono state fissate 23 detrazioni diverse in base alla rendita catastale

dell'immobile. Quanto alle aliquote, da una prima proiezione della Uil, su una ventina di capoluoghi che hanno

già deliberato in merito risulta che solo Aosta e Pordenone hanno optato per l'1 per mille di base, mentre tutti

gli altri hanno deciso degli aumenti. Milano ha scelto il 2,5 per mille, Cagliari il 2,1, Bologna e Piacenza

10/05/2014 1Pag. Milano Finanza(diffusione:100933, tiratura:169909)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 219

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pensano addirittura al 3,3 per mille. Del resto è noto che le casse dei Comuni sono vuote. Attenzione infine:

per gli immobili affittati all'ente locale spetta anche definire in che misura gli inquilini devono contribuire al

pagamento della Tasi, considerando che la loro quota può spaziare dal 10 al 30%. L'imposta si paga

attraverso il modello F24, ma diversi Comuni invieranno a casa dei contribuenti i modelli già compilati per il

versamento dell'imposta. Ci sono poi Imu e Tari. Scomparsa per le prime case (tranne che quelle di lusso,

cioè categorie A/1, A/8 e A/9), l'Imu resta per le altre abitazioni di proprietà. Per l'abitazione principale di lusso

si paga il 4 per mille più una possibile addizionale del 2 per mille a discrezione dei Comuni. Sono previste

detrazioni fino a 600 euro a seconda del reddito e del numero di figli a carico. Le seconde case e gli immobili

commerciali pagano invece il 7,6 per mille, che scende al 2 (più l'1 per mille eventuale) per i fabbricati rurali e

i terreni. Anche l'Imu si paga il 16 giugno e il 16 dicembre 2014. Quanto alla Tari, la tassa sui rifiuti che ha

sostituito la Tares, si applica su tutti gli immobili suscettibili di produrre rifiuti urbani eccetto le aree scoperte

pertinenziali. È composta di una quota fissa e di una variabile. La prima va a coprire i costi fissi del servizio, la

seconda la sua fruizione da parte del contribuente. Le utenze domestiche pagano in funzione dei metri

quadrati e del numero dei componenti il nucleo familiare. L'imposta si paga alle scadenze stabilite dal

comune che deve assicurare almeno due rate semestrali (non coincidenti con Imu a Tasi) e che invierà i

bollettini precompilati. Entro il 30 giugno 2014 il ministero dell'Ambiente dovrebbe approvare un nuovo

regolamento per determinare le nuove tariffe della Tari. Dunque il passaggio dall'Ici all'Imu e poi lo split in

Tasi e Tari costerà caro al contribuente. Quanto caro lo ha calcolato la Cgia Mestre che rispetto al 2013, per i

proprietari di immobili quest'anno stima un aggravio di 4,6 miliardi di euro (in buona parte dovuti alla Tasi),

arrivando a 32,5 miliardi. Ma oltre a quelle sul possesso, sulla casa gravano anche imposte legate all'acquisto

e all'affitto. Sommandoli il carico fiscale rischia di superare i 53 miliardi qualora l'aliquota media della Tasi

sulle prime case si attestasse al 2 per mille. In realtà le altre due tipologie di imposta sono aumentate di poco,

se non si sono addirittura ridotte. Negli ultimi sette anni il prelievo complessivo legato all'affitto degli immobili

è aumentato di poco (+1%), mentre quello riferito ai trasferimenti di proprietà è sceso del 23%, a seguito della

fortissima crisi che il mercato immobiliare ha subito in questi ultimi anni. Tra l'altro da gennaio sono state

anche ridotte le tasse per l'acquisto dell'abitazione principale, compensate però dall'aumento per l'acquisto di

altri immobili. Dunque solo il gettito riconducibile al possesso dell'immobile ha subito un vera e propria

impennata: ipotizzando che nel 2014 l'aliquota media Tasi sull'abitazione principale si attesti al 2 per mille, dal

2007 a oggi il prelievo risulta quasi raddoppiato. Buona parte dell'aumento deriva dall'introduzione della Tasi

che appesantirà il prelievo fiscale soprattutto su seconde case e immobili a uso produttivo. (riproduzione

riservata) Fonte: Cgia Mestre

IL PESO TOTALE DEL FISCO SUGLI IMMOBILIMa sulle spese di ristrutturazione edilizia il Fisco è alquanto generosoAsorpresa esiste anche un volto generoso del fisco. Si chiama bonus per le ristrutturazioni edilizie. In realtà

esiste da molti anni, e ha sempre riscosso grande successo, ma per dare una mano ulteriore al settore

dell'edilizia e ai consumi, a partire dalla metà del 2012 e per tutto il 2014 è stato innalzato dal precedente 36

fino al 50 e addirittura al 65% per i lavori finalizzati al risparmio energetico. Non solo, è anche stato esteso a

elettrodomestici e mobili fino a un massimo di 10 mila euro di spesa. Il tutto con risultati entusiasmanti. La

spesa delle famiglie per ammodernamenti edilizi e per lavori volti a risparmiare sull'energia consumata dalle

proprie abitazioni (accrescendone, così il valore) nel 2013 è arrivata a 28 miliardi di euro, ovvero circa due

punti di pil. Di questi, 4,8 sono andati allo Stato sotto forma di gettito Iva. Ancora meglio è andata nei primi

due mesi del 2014, che ha visto un'ulteriore impennata del ricorso ai bonus. A oggi, al netto dell'Iva, sono

stati effettuati lavori per 5,7 miliardi di euro, di cui 4,5 solo a gennaio, il 54% in più rispetto ai primi due mesi

del 2013. Il tutto, secondo l'autore del bonus ristrutturazione, il ministro delle Infrastrutture e

Dati in milioni di euro * Con aliquota media Tasi sull'abitazione principale all'1‰ ** Con aliquota media Tasi

sull'abitazione principale al 2‰ Gettito legato alla redditività IRPEF IRES Registro e bollo (locazioni) Cedolare

secca Totale (a) Gettito legato al trasferimento IVA Registro e bollo (trasfer.ti) Ipotecaria e catastale

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 220

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Successioni e donazioni Totale (b) Gettito legato al trasferimento Totale generale (a)+(b)+(c1) TOTALE

GENERALE (a)+(b)+(C2) Gettito legato al possesso IMU/ICI Imposta di scopo Maggiorazione TARES

Prelievo rifiuti TASI 1‰ TASI 2‰ Totale (c1) Totale (C2)

dei Trasporti Maurizio Lupi, con la creazione di 226.339 posti di lavoro. Non a caso all'esame delle

commissioni Lavori pubblici e ambiente del Senato sono già una serie di emendamenti al Piano Casa che

ampliano le modalità di utilizzo del bonus per mobili ed elettrodomestici; in particolare, la detrazione del 50%

per il loro acquisto non sarà più subordinata al valore di ristrutturazione dell'immobile. Potrebbe sparire, poi, il

tetto dei 10 mila euro di spesa. Ecco comunque, relativamente all'anno 2013, e quindi alla dichiarazione dei

redditi che ci si appresta a compilare, quali sono le spese che è possibile portare in detrazione. Hanno diritto

all'aliquota premiante del 50% di detrazione su quanto pagato i contribuenti che hanno effettuato:

•manutenzione straordinaria su singole unità immobiliari residenziali (o di diversa categoria, se oggetto di

trasformazione in residenziale); •manutenzione ordinaria e straordinaria su parti comuni di edifici residenziali

(parti condominiali); •restauro e risanamento conservativo; •ricostruzione o ripristino dell'immobile a seguito di

eventi calamitosi; •costruzione di autorimesse o po-

sti auto con vincolo di pertinenzialità (esclusivamente il costo sostenuto per la realizzazione). Possono

beneficiare della detrazione i proprietari o titolari di altro diritto reale (come usufrutto e diritto d'abitazione)

dell'immobile oggetto di ristrutturazione, conduttori o comodatari (con l'accordo ai lavori da parte del

proprietario) o coloro che abbiano la piena disponibilità del bene se familiari conviventi (con residenza fiscale

coincidente) del proprietario. Come accennato nel corso degli anni, l'entità della detrazione ha visto numerosi

cambiamenti, con aliquote più o meno vantaggiose: •36% per spese sostenute nel 2004 e 2005 e dall'ottobre

2006 a giugno 2012; •41% per spese sostenute da gennaio a settembre 2006; •50% per le spese sostenute

da giugno 2012 (aliquota tuttora in vigore). Anche l'importo massimo detraibile per ogni singola unità

immobiliare ha subito variazioni nel corso degli anni, portandolo dai 48 mila euro massimi per le spese

sostenute entro il 25 giugno 2012 ai 96 mila euro per le spese sostenute a partire dal 26 giugno 2012 (limite

tuttora valido).

La spesa è detraibile in dieci rate annuali (se sostenuta nel 2013 la prima rata sarà riportata appunto nella

dichiarazione 2014, quella di quest'anno, mentre l'ultima sarà detratta nella dichiarazione del 2023). La

facoltà di portare in detrazione negli anni tali spese è legata all'effettiva disponibilità di tale bene, quindi se

l'immobile viene ceduto le detrazioni si trasferiscono all'acquirente, salvo diversi accordi tra le parti che vanno

indicati per iscritto, mentre in caso di morte del proprietario i diritti alla detrazione sono trasferiti unicamente

all'erede che entra in disponibilità del bene. Quanto ai documenti da conservare e alla modalità di pagamento

per maturare il diritto alla detrazione, il procedimento è diventato più snello rispetto al passato: scompare

l'obbligo della comunicazione al Centro operativo di Pescara e il dettaglio della manodopera pagata. Occorre

avere invece regolare fattura ed effettuare il pagamento con bonifico ad hoc per le spese di ristrutturazione

(con relativa ritenuta d'acconto effettuata dalla banca al beneficiario) ove sono indicati i dati di chi sostiene la

spesa e chi riceve il pagamento. (riproduzione riservata)

LE IMPOSTE DA PAGARE CON L'INTRODUZIONE DELLA TASIFonte: Nomisma BOLOGNA FIRENZE MILANO NAPOLI PALERMO ROMA 643,3 274,1 585,9 290,3 77,3

422,6 1.787,8 1.005,1 1.666,1 1.039,4 587,8 1.319,8 556,6 312,9 518,7 323,6 183,0 410,9 1.922,7 1.080,9

1.791,9 1.117,8 632,2 1.419,4 421,6 237,0 393,0 245,1 138,6 311,3 1.787,8 1.005,1 1.666,1 1.039,4 587,8

1.319,8 474,6 179,3 428,7 192,2 21,8 298,0 1.619,1 910,3 1.509,0 941,3 532,4 1.195,3 168.659,03

94.819,28 157.183,41 98.055,16 55.453,14 124.511,84 BOLOGNA FIRENZE MILANO NAPOLI PALERMO

ROMA 225,4 176,0 139,1 65,4 266,2 901,9 797,2 718,8 562,7 347,2 988,4 280,8 248,2 223,8 175,2 108,1

307,7 969,9 857,4 773,0 605,2 373,4 1.063,0 212,7 188,0 169,5 132,7 81,9 233,1 901,9 797,2 718,8 562,7

347,2 988,4 140,3 100,8 71,2 12,3 173,0 816,8 722,0 651,0 509,6 314,5 895,1 85.081,64 75.207,09

67.811,27 53.086,17 32.756,09 93.243,46 4 per mille* 9,6 per mille Base imponibile media UNITÀ A2 5 per

mille* 10,6 per mille 2,5 per mille 10,6 per mille 3,3 per mille 11,4 per mille 4 per mille* 9,6 per mille Unità A3

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UNITÀ A3 5 per mille* 10,6 per mille 2,5 per mille 10,6 per mille 3,3 per mille 11,4 per mille GRAFICA MF-

MILANO FINANZA Abitazione principale Altre abitazioni Abitazione principale Altre abitazioni * Detrazione

200 euro Dati in euro TASI-IMU 2014 IMU 2013

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 222

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La moneta unica e il futuro del Continente. Il dibattito è in libreria Antonio Satta Dovrebbe essere il tema centrale della campagna elettorale, ma a riportare l'attenzione sulla partita in gioco

con le prossime elezioni europee più che le parole dette dai politici nei comizi o in tv, sono quelle scritte sulla

carta dei libri appena usciti. La saggistica in materia si è fatta ricca a ridosso della prova elettorale. Ha

cominciato l'ex ministro, Giulio Tremonti, con il suo Bugie e Verità La ragione dei popoli, un volume che in

parte è manifesto politico per un nuovo centrodestra. Ma al netto delle motivazioni palingenetiche, Bugie e

Verità è l'occasione per l'ex ministro di togliersi dalle scarpe un'intera carriola di ghiaia, contro i governi di

Prodi e Ciampi che portarono dentro l'euro un'Italia impreparata e con conti manipolati da «manovre di

estetica contabile», per lasciarla poi «intrappolata e spiazzata dalla nuova moneta che si sarebbe dimostrata

troppo forte per un'economia debole». E tutto questo sarebbe avvenuto sotto la regia della Germania e dei

Paesi satelliti. Tremonti, però, ce l'ha soprattutto contro «il golpe dolce», dell'estate 2011, che per forzare la

mano all'Italia (e quindi allo stesso Tremonti) che si opponeva al meccanismo del Fondo Salva-stati, costruì

una «falsa catastrofe» finanziaria. Tanto per dirne una, dopo il G20 di Cannes del novembre 2011, «la

principale piattaforma elettronica per la negoziazione dei titoli pubblici italiani Lch-Clearnet senza ragione e

improvvisamente ha alzato i richiesti margini di garanzia sui titoli italiani». E del «golpe dolce» l'elemento

chiave fu la lettera della Bce del 5 agosto 2011, sulla genesi della quale però è più illuminante un altro libro,

La lunga notte dell'euro, racconto della lunga crisi da cui non siamo usciti fatto da due giornalisti attenti, come

Alessandro Barbera della Stampa e di Stefano Feltri del Fatto quotidiano. Quella lettera, ricordano, spiazzò

Tremonti, che non era stato informato, ma non Silvio Berlusconi, che ne trattò parte dei contenuti tramite

Gianni Letta. Non solo, nei passaggi successivi del «golpe dolce» mentre Tremonti si opponeva al pressing

delle diplomazie continentali e delle istituzioni finanziarie Ue perché Italia e Spagna chiedessero l'aiuto del

Fmi (alla fine a cedere sarà Madrid). Una pressione alla quale Berlusconi stava per dire di sì, bloccato in

extremis dal ministro, convinto che esistessero «forme migliori di suicidio». Una strategia divergente, quella

fra premier e il suo plenipotenziario all'Economia, che quel golpe l'ha sicuramente favorito e che nasce anche

da retroscena (smentiti da Tremonti, ma avvalorati da altre fonti), che vedevano il ministro pronto a succedere

al Cavaliere. Gelosie e complotti più o meno reali, sono però solo uno dei tanti errori compiuti dall'Italia che si

aggiungono alla moltitudine di altre scelte sciagurate del resto delle cancellerie che hanno portato, come

ricordano Barbera e Feltri, alla situazione attuale di un'Unione che ha compiuto la più grande cessione di

sovranità nazionale (monetaria e fiscale) mai realizzata in tempo di pace, senza però dar vita a una politica e

soprattutto ad un governo comuni. Un quadro che emerge anche da un terzo libro suscito in questo giorni.

L'autore è Lorenzo Bini Smaghi, già membro del direttivo Bce. In Europa, sostiene è «diventato sempre più

complicato capire chi esercita il potere. Quando qualcosa va male, invece, è facile addossare all'Europa

responsabilità che non ha, ed è facile cadere nell'inganno per chi non ha una piena com prensione dei

meccanismi decisionali europei». Ed è per questo motivo che Bini Smaghi ha deciso di sfatare 33 false verità

sull'Europa. Uno sforzo, quello di sfrondare il dibattito da demagogie elettorali e preconcetti, compiuto anche

da Roberto Sommella, direttore della Comunicazione dell'Antitrust, che le vicende dell'euro ha seguito a

lungo da condirettore di MF-Milano Finanza. L'euro è di tutti è il titolo del suo e-book, scaricabile da

europaquotidiano.it, e introdotto da una prefazione di Matteo Renzi. «L'euro è di tutti ma ancora nessuno lo

sa perché con la moneta unica ci hanno guadagnato in pochi», è la tesi di Sommella, che aggiunge

«nonostante tutto deve prevalere l'ottimismo, facendo tesoro di quanto avvenuto negli Stati Uniti dopo la

guerra di indipendenza, quando il ministro del Tesoro dell'epoca, Alexander Hamilton, riuscì a far passare la

linea della condivisione dei debiti e dell'emissione di titoli federali: nacque in quel momento l'America che

conosciamo. L'Europa deve seguire la stessa strada». (riproduzione riservata)

10/05/2014 8Pag. Milano Finanza - N.91 - 10 maggio 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 223

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PARADOSSI SuperMario serve a poco Guido Salerno Aletta Igesti di eroismo restano nella cronaca; la storia è fatta di vittorie e sconfitte. All'intera Unione europea, anche

in politica monetaria, serve una nuova intelligenza strategica che metta al bando improvvisazioni ed errori di

questi anni. Non solo i danni inferti al sistema produttivo e all'occupazione dalle politiche deflazionistiche

sono irreversibili, ma l'inflazione nell'eurozona, mai così bassa, mina profondamente le stesse capacità

operative della Bce. Ci siamo affidati troppo ai salvataggi in extremis compiuti dal presidente della Bce Mario

Draghi, a cominciare dalle due Ltro varate a cavallo tra dicembre 2011 e febbraio 2012 per evitare il collasso

delle banche di alcuni Paesi, tra cui l'Italia, che avevano subito un drenaggio di capitali inusitato. Il sistema

Target 2 evidenziava per l'Italia un saldo attivo per 9 miliardi di euro nel maggio 2011 (ed era in surplus dal

2001),e un disastroso -289 miliardi ad agosto. Il secondo intervento, anche questo fatto in condizioni di

allarme rosso sui mercati, fu il discorso di Londra del 26 luglio 2012, quando sfidò la speculazione a non

proseguire negli attacchi a taluni titoli pubblici, annunciando che nei limiti del proprio mandato avrebbe

assunto ogni decisione possibile. Il settembre successivo, la Bce varò il programma Omt, vera a propria

«arma fine di mondo» che consentiva alla Bce di comprare senza limiti i titoli di alcuni Stati se le tensioni sul

mercato avessero portato i rispettivi rendimenti a livelli incompatibili con la politica monetaria. Da allora, la

Bce si è occupata più di stabilità del sistema bancario e di coinvolgimento dei privati in eventuali dissesti,

concentrandosi su un esercizio preventivo e straordinario di sorveglianza unificata, che si concluderà a

novembre di quest'anno. In politica monetaria si è limitata a ridurre il tasso di riferimento, portandolo prima

allo 0,5% e poi allo 0,25% con due decisioni assunte l'8 maggio ed il 13 novembre 2013. Da allora, e sono

passati sei mesi, si è in attesa di immissioni straordinarie di liquidità. Nessuno sa esattamente di cosa si

potrebbe trattare: si va da un rinnovo delle Ltro a un sistema di funding for lending stile Banca d'Inghilterra,

dall'acquisto di crediti bancari alle pmi già cartolarizzati ai tassi negativi sui depositi a riserva non obbligatoria.

Comunque sarà l'ennesimo palliativo, se mancherà una nuova strategia economica nell'Eurozona. Dai numeri

emergono tre paradossi. Anzitutto c'è un conflitto latente tra politica valutaria e decisioni prese per chiudere il

gap dei conti con l'estero, anche infra-Ue, di molti Paesi dell'euro. Se giovedì scorso, al termine del Direttivo

Bce, anche Draghi si è detto molto preoccupato di un euro troppo forte, va rilevato che il saldo complessivo

delle bilance dei pagamenti correnti dell'Eurozona è in attivo del 3,5% del pil dell'area e che ciò deriva non

solo dall'attivo del 6% della Germania, ma dall'enorme contrazione dell'import europeo determinata dalle

manovre restrittive di questi ultimi anni. Si è fatto della deflazione competitiva il driver per risanare i conti con

l'estero, dentro e fuori l'Eurozona. Un attivo strutturale dei conti con l'estero è difficilmente conciliabile con

una svalutazione tout court dell'euro; anzi è il miglior viatico per un ulteriore indebolimento del dollaro. Il fatto

invece che l'attuale cambio, stabilizzatosi intorno a 1,40, sia penalizzante per l'economia italianae premiante

per quella tedescaè un problema tutto interno all'Eurozona. Non sono certo gli Usa a poterlo risolvere. C'è

quindi una contraddizione ancora più generale: se si rimprovera ancora alla Cina di non fare abbastanza per

il riequilibrio globale dei saldi con l'estero sebbene abbia fatto crollare l'avanzo di parte corrente sul pil dal

10,1% del 2007 al 2,3% del 2012,è incredibile che la strategia europea punti a sua volta a un avanzo

strutturale. L'Europa concorre agli squilibri planetari e scarica all'esterno le sue contraddizioni. Il secondo

paradosso riguarda le relazioni tra un'inflazione strutturalmente più bassa rispetto all'obiettivo del 2% e le

strategie di riduzione prospettica dei rapporti debito/pil adottate con il Fiscal Compact. L'inflazione

nell'Eurozona è in costante calo dal 2012, passando dal 3 allo 0,5% di quest'anno. Gli effetti di tale situazione

sono evidenti. Si pensi all'Italia: sebbene sia quasi in pareggio strutturale, il rapporto debito/pil cresce ancora,

soprattutto per via della bassa inflazione. Se questa fosse al 2 anziché all'1% come si prevede per il 2014, e

considerando che il pil crescerà dello 0,8% in termini reali, ne deriva che il pil nominale crescerebbe del 2,8%

e non dell'1,8%. Il rapporto debito/pil sarebbe automaticamente inferiore. Poiché nel Def 2014 si prevede che

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 224

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il deflatore del pil italiano cresca all'1,2% nel 2015 e si stabilizzi all'1,5% fino al 2018, c'è da mettere in conto

un aumento ancora notevole del rapporto debito/pil legato alla sola bassa inflazione. In pratica, un

meccanismo di riequilibrio basato sui rapporti tra debito e pil nominali, con un'inflazione a lungo sotto

l'obiettivo del 2%, rende ancora più oneroso stabilizzare e ridurre il debito. Il terzo e ultimo paradosso è la

quello tra la caduta dell'inflazione nell'Eurozona e il ribasso del tasso di riferimento da parte della Bce. Infatti,

quando a maggio 2013 questo tasso fu portato dallo 0,75 allo 0,50%, l'inflazione nell'Eurozona era dell'1,4%:

il tasso di riferimento era quindi più basso dell'inflazione dello 0,9%.A novembre scorso, quando il tasso fu

ridotto allo 0,25%, l'inflazione era calata allo 0,9%. Il differenziale si era ridotto quindi allo 0,65%. Lo scorso

aprile, ultimo dato comparabile fornito dalla Bce, l'inflazione è stata dello 0,7% (dopo aver toccato lo 0,5% in

marzo), per cui il differenziale è sceso ancora, allo 0,45%. Il vantaggio di un tasso di riferimento molto basso

si è dimezzato: in meno di un anno, lo spread sull'inflazione è passato dallo 0,9 allo 0,45%. L'inflazione è

scesa più velocemente dei tassi, fermi da novembre, e quindi anche l'efficacia di tale decisione si è molto

ridotta. Nemmeno il sistema bancario ha ricevuto aiuti dalla Bce: la supervisione straordinaria sui bilanci ha

reso ancora più prudenti le banche; l'aumento delle sofferenze si è fermato solo perché ormai sono calcolate

al netto di assete crediti inesigibili; gli aumenti di capitale in programma serviranno a rafforzare i ratio, non ad

aumentare il credito. Non si possono sanare gli squilibri sull'estero dei Paesi in deficit con la deflazione,

registrare quindi un attivo commerciale verso il resto del mondo e ritenere che l'euro troppo forte sia frutto di

un destino cinico e baro. Non si possono risanare i conti pubblici e ridurre il debito nominale con politiche

depressive che abbattono l'economiae anche l'inflazione, spingendola ben sotto il 2%. Non si possono

comprimere salari e prezzi per essere più competitivi e poi accorgersi che con un'inflazione così bassa i tassi

rasoterra della Bce non servono. A giugno si prevede che la Bce prenda altre decisioni straordinarie. Ma se

prima non si eliminano le contraddizioni di fondo delle politiche europee, sarà solo un beau geste.

(riproduzione riservata)

PERCHÈ L'EURO NON VUOLE SAPERNE DI INDEBOLIRSI Surplus corrente di Eurolandia in % sul pil

GRAFICA MF-MILANO FINANZA

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 225

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OBBLIGAZIONI Il rischio paga più del 5% Stefania Peveraro Continua la discesa dei rendimenti dei bond governativi dell'area euro. Quelli dei Paesi periferici ogni giorno

segnano nuovi minimi. Tanto che gli investitori internazionali sono sempre più propensi a comprare titoli high

yield, cioè ad alto rischio e quindi ad alto rendimento, per portare a casa guadagni più ricchi di quelli ormai

risicati offerti anche dagli emittenti dei Paesi più indebitati, siano questi i governi o le società o banche con un

buon merito di credito. Per questo l'attenzione è sempre più spostata sugli emittenti con rating sotto

l'investment grade o su emissioni subordinate o ibride. Corsa ai fondi specializzati. Così non stupisce che nei

primi quattro mesi dell'anno gli afflussi di capitali ai fondi che investono in titoli high yield europei continuino a

crescere. Secondo i calcoli settimanali di JP Morgan, l'ultima settimana di aprile questi fondi hanno raccolto

l'equivalente di altri 120 milioni di dollari, compresi 36 milioni di afflussi netti agli Etf sui titoli ad alto

rendimento. Si tratta della 34a settimana consecutiva in cui si registrano afflussi netti a questi fondi, per un

totale da inizio anno di ben 6,35 miliardi di dollari contro gli 8,3 miliardi raccolti in tutto il 2013. D'altra parte,

come si evidenzia nelle tabelle in pagina, i fondi specializzati hanno già dato grandi soddisfazioni ai

sottoscrittori. I rispettivi rendimenti in soli 4 mesi si sono collocati, per i migliori gestori, tra il 5 e il 6% e in un

anno hanno superato il 12%. In particolare, nella classifica brillano i fondi dell'italiana Anima sgr, secondi per

rendimento da inizio anno soltanto ai fondi di Petercam e primi invece per performance a un anno. Quella dei

fondi high yield d'altra parte è l'unica soluzione praticabile per gli investitori retail che non siano dotati di

un'importante liquidità, perché nella maggior parte dei casi le singole emissioni prevedono tagli minimi di

investimento di 100 mila euro o di 200 mila dollari. Cifre, cioè, alla portata di poche tasche. Solo in pochissimi

casi si segnalano casi di obbligazioni in valuta Usa per i quali il taglio minimo sia di 2mila dollari (per esempio

il bond di Telecom Italia Capital in scadenza nel 2038 o quelli di Arcelor Mittal e di HCA Holdings). Per chi

invece abbia la possibilità di investirvi, in circolazione ci sono parecchi bond che rendono più del 5% per

scadenze a 5-7 anni (considerando la prima di esercizio dell'opzione call da parte dell'emittente). E questo

nonostante il fatto che i titoli high yield in media in tutto il mondo si sono già apprezzati in misura sensibile

negli ultimi mesi. Le emissioni italiane non hanno fatto eccezione. Ciò detto, restano ancora molto

interessanti se si pensa che per scadenze analoghe, 5-7 anni, oggi i Btp non offrono più dell'1,6% e del 2,3%.

Tassi ai minimi storici. Proprio nei giorni scorsi, infatti, il rendimento dei Btp a 10 anni è sceso per la prima

volta sotto la soglia psicologica del 3%, per chiudere venerdì 9 maggio attorno al 2,9%, quindi inferiore di più

di 100 punti base ai livelli di 5 mesi fa, cioè di inizio anno. Contemporaneamente lo spread sul Bund si è

portato sotto 150 punti base, livello che non si vedeva dal maggio 2011. La stessa discesa si è verificata su

tutte le scadenze brevimedie, mentre per quelle più lunghe (in particolare per il Btp a 30 anni) resiste ancora il

minimo del 2005, che però si avvicina sempre di più. La fiducia degli investitori esteri nell'Italia in questo

momento è impressionante. Gli ordini piovono sia dal resto d'Europa che dagli Stati Uniti e dal Far East,

sollecitati dai primi deboli segnali di ripresa economica, dall'orientamento accomodante della Banca centrale

europea e dalle aspettative che vengono riposte nella capacità del governo Renzi di portare a termine le

riforme e tutto quello che altri prima di lui, forte di un largo consenso in Parlamento, non sono riusciti a fare.

Ma la stessa euforia si registra anche sulle emissioni di Paesi Ue come la Grecia o la Slovenia (sulla

scadenza decennale i tassi sono passati rispettivamente dal 7,6% al 6% e dal 4,8% al 3,69%) o di Paesi

emergenti come la Turchia. I bond di Istanbul in dollari, per esempio, oggi rendono il 4,57% a 10 anni contro il

5,57% di 5 mesi fa e offorno il 2,83% a 5 anni in euro, contro il 3,86% di inizio gennaio. (riproduzione

riservata)

UNA MAPPA DEI RENDIMENTI DI BOND E FONDI HIGH YIELD RENDIMENTI DEI BOND GOVERNATIVI

DI ALCUNI PAESI EMERGENTI A CONFRONTO CON L'ITALIA Fonte: Bloomberg - dati aggiornati al 9

maggio 2014 Grecia Russia dollaro Turchia dollaro Brasile dollaro Slovenia Portogallo Messico dollaro Italia

10/05/2014 14Pag. Milano Finanza - N.91 - 10 maggio 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 226

Page 227: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Messico euro Turchia euro Caa3/B-/BBaa1/BBB/BBB Baa3/BB+/BBBBaa2/BBB-/BBB Ba1/A-/A+

Ba3/BB/BB+ A3/BBB+/BBB+ Baa2/BBB/BBB+ A3/BBB+/BBB+ Baa3/BB+/BBB- 2,227% 0,879% 1,098%

0,218% 0,739% 0,032% 1,499% 2,629% 2,704% 1,573% 1,284% 1,339% 0,965% 1,990% 4,729% 3,698%

3,446% 2,602% 2,178% 2,351% 1,628% 2,836% 4,067% 2,336% 2,973% 2,878% 3,019% 2,269% 1,817%

6,017% 4,987% 4,566% 4,153% 3,693% 3,528% 3,524% 2,904% 2,632% 6,539% 5,847% 5,517% 5,050%

4,292% 4,784% 4,015% Rating 2 anni 3 anni 5 anni 7 anni 10 anni 30 anni Emittente I MIGLIORI FONDI

EURO SPECIALIZZATI IN BOND HIGH YIELD Petercam Anima sgr Anima sgr Aberdeen Schroder Fidelity

Funds Henderson Horizon Ubs Lux Pictet Candriam L Bonds eur corporate high yield E Dis Fix High Yield A

Obbligazionario High Yield D Global Select High Yield A Interl Selection Fund euro High Yield C Inc

European High YieldY Acc eur Euro High Yield Bond Fund I2 eur Acc Euro High Yield eur K-1 acc Eur High

Yield-P Euro High Yield C eur Acc 5,98% 5,87% 5,65% 4,92% 4,76% 4,51% 4,29% 4,28% 4,18% 4,17% nd

12,27% 12,31% 9,12% 9,45% 8,76% 8,17% 9,02% 9,63% 8,86% nd 8,25% nd 8,49% nd 9,33% 8,76%

10,22% 7,48% 10,57% Nome del fondo Rend. inizio anno Rend.a un anno Rend.a 3 anni Società di gestione

Fonte: Morningstar (categoria Obbligazionari high yield euro) QUANTO RENDONO ALCUNI DEI BOND

ITALIANI PIÙ RISCHIOSI Fonte: Bloomberg - Note: (1) call 15/11/2016; (2) call 01/08/2015; (3) call

15/05/2016; (4) call 01/11/2016; (5) call 01/08/2016; (6) call 01/04/2016; (7) call 15/01/2016; (8) call

10/07/2022; (9) 30/04/2017; (10) call 15/11/2015; (11) 01/08/2014; (12) call 04/11/2014; (13) call 01/02/2015;*

bond in dollari; **calcolato a scadenza o, nel caso di opzione call, alla data della call Rating Scadenza Cedola

Rend. ask** Taglio min in euro o $ Emittente Telecom Italia Capital* Marcolin Gamenet Teamsystem hld

Rhino Bondco Manutencoop Facility IVS Fin Banco Popolare (sub) Cerved Tech. (sub) Fiat Fin&Trade

Generali (sub) Piaggio&C Rottapharm Italcementi Unicredit (sub) Intesa Sanpaolo Bormioli Sisal holding

Zobele holding Gcl Hld (Guala Closures) Ba21/BB+/BBBB2/B-/nd B1/B+/nd B2/B/nd B2/B/nd B2/B+/nd

nd/BB-/nd Caa1/CCC+/BBBB3/CCC+/nd B2/BB-/BBBaa3/BBB/BBBBa3/BB-/nd Ba3/BB-/nd Ba3/BB+/nd

Ba2/BB+/BB+ Ba2/BB+/BB+ B3/B+/nd B1/B/nd B2/B/nd B3/CCC+/nd 04/06/38 15/11/2019 (1) 01/08/2018 (2)

15/05/2020 (3) 15/11/2020 (4) 01/08/2020 (5) 01/04/2020 (6) 05/11/20 15/01/2021 (7) 22/03/21 10/07/2042

(8) 30/04/2021 (9) 15/11/2019 (10) 19/03/20 05/06/18 08/05/18 01/08/2018 (11) 30/09/2017 (12) 01/02/2018

(13) 15/04/2018 (14) 7,72% 8,50% 7,25% 7,38% 7,25% 8,50% 7,13% 6,00% 8,00% 4,75% 10,13% 4,63%

6,13% 6,63% 6,70% 6,63% 10,00% 7,25% 7,88% 9,38% 6,87% 6,45% 5,46% 5,35% 4,90% 4,55% 4,48%

4,32% 4,12% 4,02% 4,01% 3,80% 3,67% 3,66% 3,17% 2,96% 2,62% 2,02% 1,59% -5,46% 2.000 100.000

100.000 100.000 100.000 100.000 100.000 50.000 100.000 100.000 100.000 100.000 100.000 50.000

50.000 50.000 100.000 100.000 100.000 100.000 QUANTO RENDONO ALCUNI DEI BOND CORPORATE

ESTERI PIÙ RISCHIOSI Lecta Vimpelcom Holdings* Altice Finco* Wind Acquisition Finance Numericable

group* Portaventura Entertainment Darty Financement ArcelorMittal* Alcatel-Lucent* HCA Holdings B2/B/nd

Ba3/BB/nd B3/B-/nd Caa1/B/B Ba3/B+/nd B3/B-/nd nd/BB-/nd Ba1/BB+/BB+ B3/CCC+/nd B3/B-/B-

15/05/2019 (1) 13/02/23 15/01/2024 (2) 23/04/2021 (3) 15/05/2024 (4) 01/12/2020 (5) 01/03/2021 (6)

01/06/19 01/01/2020 (7) 15/05/2021 (8) 8,88% 5,95% 8,13% 7,00% 6,25% 7,25% 5,88% 9,85% 8,88%

7,75% 7,98% 6,99% 6,80% 5,96% 5,63% 5,51% 4,83% 4,54% 4,53% 3,40% 200.000 200.000 200.000

100.000 200.000 100.000 100.000 2.000 200.000 2.000 Rating Scadenza Cedola Rend. ask** Taglio min in

euro o $ Emittente Fonte: Bloomberg - Note: (1) call 15/05/2015; (2) call 15/12/2018; (3) call 23/04/2013; (4)

call 15/05/2019; (5) 01/12/2016; (6) call 01/03/2017; (7) call 01/07/2016; 88) call 15/11/2015; * in dollari

Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/bond

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 227

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RCS MEDIAGROUP Yaki vince a Solferino Andrea Montanari Il prossimo consiglio d'amministrazione di Rcs Mediagroup, che, salvo novità tipo lo scioglimento anticipato,

decadrà nella primavera 2015, vedrà la Fiat, attuale primo socio del gruppo editoriale milanese, nei panni

dell'asso pigliatutto, cui andranno due terzi delle poltrone in ballo: cinque su sette in caso di cda ridotto, otto

su undici nel caso di board allargato. Mentre la lista di minoranza si dovrà accontentare delle briciole e

dunque gli azionisti Rcs con posizioni diverse da Fiat, da Diego Della Valle a Intesa Sanpaolo, dalla famiglia

Rotelli a Urbano Cairo, probabilmente saranno costretti a sfidarsi all'ultima delega. Questo è il principale

risultato emerso dall'assemblea di giovedì 8 maggio che ha approvato (a maggioranza,a dimostrazione che

non c'è ancora compattezza nella compagine azionaria) la modifica dell'articolo dello statuto relativo alle

modalità del voto di lista. Si è trattato di un passaggio essenziale per rafforzare la presa di Fiat su Rcs, cada

editrice che pubblica anche il Corriere della Sera, il più influente quotidiano italiano. Questo è il risultato della

manovra d'accerchiamento avviata dalla Fiat,e in particolare del suo presidente, John Elkann (numero uno

anche de La Stampa e della holding Exor e titolare della maggior quota azionaria nella Dicembre (la società

semplice che sta sopra l'accomandita di famiglia), già due anni fa.È nel maggio del 2012 che Pietro Scott

Jovane, finoa quel momento amministratore delegato di Microsoft Italia, la branch commerciale del gigante

tecnologico statunitense fondato a Bill Gates e Paul Allen, venne scelto dai soci del patto di sindacato di Rcs

per guidare il gruppo editoriale. Il maggior sponsor di Jovane, che la spuntò in volata sull'ex manager

dell'azienda milanese Giorgio Valerio, fu proprio Elkann. La seconda mossa della manovra del Lingotto è

stato il raddoppio della partecipazione nel capitale Rcs, realizzato in concomitanza con l'aumento di capitale

da 400 milioni del luglio 2013. In quell'occasione, e con il sindacato di blocco già in fase di scioglimento, Fiat

scoprì le carte. A Torino si contrappose da subito Della Valle in una lunga battaglia mediatica che venerdì 9

maggio sembra essere terminata con un armistizio. Data la spallata decisiva agli altri soci- Mediobanca,

storicamente il socio di riferimento del patto Rcs, ha quasi dimezzato la quota -, Elkann ha avviato un lento

ma profittevole lavoro di avvicinamento delle due piattaforme editoriali di La Stampa e Rcs-Corriere. Prima

che si chiudesse il 2013 da Torino è arrivata in via Rizzoli, come una delle più strette collaboratrici di Jovane,

la direttrice finanziaria della Editrice La Stampa, Raffaella Papa. Dopodiché le due case editrici hanno stretto

un accordo strategico in campo pubblicitario. Ora, in attesa che prenda davvero corpo il progetto per la

creazione di un grande polo di stampa del Nord Italia (Rcs ha scorporato l'attività con lo stabilimento milanese

per aggregare altri soci), ecco che sta per materializzarsi il terzo affondo targato Torino. Ossia il cambio di

direzione del Corriere della Sera dopo gli undici anni di guida, tra primo e secondo mandato, di Ferruccio de

Bortoli. Quest'ultimo, in lite da mesi con l'amministratore delegato Jovane (i due non si parlano più), però non

vuole mollare la poltrona. Del resto soci di peso come Intesa Sanpaolo (e il suo presidente Giovanni Bazoli) o

la Pandette dei Rotelli, oltre che la redazione del quotidiano, sono con lui. Ma la strada appare ugualmente

segnata: il cambio di direzione sarà una questione di un paio di mesi al massimo. Sicuramente al ricambio si

lavorerà, come rivelato venerdì 9 da MF-Milano Finanza, dopo le elezioni europee del 25 maggio. Da almeno

un paio d'anni il più accreditato successore di de Bortoli è Mario Calabresi, attuale direttore proprio de La

Stampa. Se finora il ricambio non c'è stato, è perché più d'un azionista ha messo i bastoni tra le ruote a

Elkann, che ora però sembra essersi costruito una posizione sufficientemente solida per imporre la propria

linea. In caso di approdo al Corriere (le alternative sono rappresentate da due ipotesi di successione per vie

interne: l'inviato speciale ed editorialista Aldo Cazzullo o il direttore del Corriere del Mezzogiorno Antonio

Polito) Calabresi come disegnerebbe il quotidiano-ammiraglia di Rcs? Ridefinirebbe gli equilibri interni al desk

centrale e alla redazione, punterebbe su e-commercee marketing e darebbe l'ok all'aumento di prezzo (a 1,50

euro) del giornale appena bocciato da de Bortoli. Inoltre nonè esclusi che inizia lavorare al chiacchierato

progetto di fusione con La Stampa. Che cosa potrebbe far andar storto il piano di Elkann? L'eventualità che si

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 228

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formi un Della Valle-Cairo si coalizzino (o che uno dei due azionisti decida di dar vita a una cordata anti-Fiat)

e si presentino alla prossima assemblea con un pacchetto di voti superiore al 20,55%. In tale scenario, il

patron del Torino Calcio potrebbe avviare l'integrazione tra la Cairo Communication e Rcs e prenderne così le

redini. Magari piazzando Enrico Mentana, oggi direttore de La7 e da tempo vicino a Della Valle, al Corsera.

Ovviamente defenestrando Jovane. (riproduzione riservata)

COME CAMBIERANNO I PESI NELL'AZIONARIATO RCS MEDIAGROUP GRAFICA MF-MILANO

FINANZA Mercato 27,2% Pirelli & C. 5,44% Intesa Sanpaolo 5,12% Invesco 4,51% Urbano Cairo 3,67%

Fam. Pesenti 3,38% Famiglia Rotelli 3,37% Neptune Funds 2,16% Mittel 1,2% UnipolSai 5,65% Mediobanca

8,76% Diego Della Valle 8,99% Fiat 20,55% PRE -CONVERSIONE AZIONI RISPARMIO Mercato 41,29%

Pirelli & C. 4,36% Intesa Sanpaolo 4,1% Invesco 4,05% Urbano Cairo 2,94% Fam. Pesenti 2,7% Famiglia

Rotelli 2,7% Neptune Funds 1,73% Mittel 0,96% UnipolSai 4,52% Mediobanca 7,01% Diego Della Valle 7,2%

Fiat 16,44% POST -CONVERSIONE AZIONI RISPARMIO

Foto: John Elkann

Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/rcs

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 229

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PARLA GALATERI Intervista Al top nella governance Angela Antetomaso Class Cnbc Gabriele Galateri, presidente delle Assicurazioni Generali, nei giorni scorsi è stato a Londra per parlare di

corporate governance alla conferenza di Assonime ed Emittenti titoli al London Stock Exchange. È un tema

importante perchè tante cose stanno cambiando anche in Italia e «perchè si parla delle regole e

raccomandazioni che consentono un buon funzionamento dei consigli d'amministrazione delle società

quotate». In un momento di grande cambiamento come quello che stiamo vivendo in Italia, anche i

cambiamenti che stanno avvenendo nel mondo delle regole dei mercati finanziari, che danno più credibilità e

più stabilità ai mercati, hanno notevole portata. Domanda. Quante cose stanno veramente cambiando? Le

riforme di Renzi hanno sicuramente portato una ventata d'aria fresca. Abbiamo visto molti cambiamenti anche

ai vertici delle grandi società quotate. Risposta. Il clima economico che si è visto negli ultimi anni in Italia e

non solo ha costretto tutti a riposizionarsi e a mettersi davanti allo specchio per vedere che cosa si può fare

per migliorare l'ambiente, i risultati del Paese, del sistema industriale. Ognuno sta facendo un lavoro nel suo

campo. Noi lo stiamo facendo nel campo aziendale: Mario Greco sta facendo una grande rivoluzione

all'interno delle Generali con risultati che si sono visti. Io come presidente lo sostengo il più possibile, e poi

come presidente del comitato corporate governance sto spingendo con i miei colleghi perché queste regole

diventino sempre più chiare, trasparenti e soprattutto applicate. Su questo fronte oggi possiamo dire che

l'Italia è ormai a livelli totalmente paragonabili con gli altri mercati finanziari europei. D. Dieci anni fa non si

vedevano novità sul fronte della corporate governance, ora invece vediamo molte donne all'interno dei

boardoa capo di grandi società. R. È questo è molto importante, perché s'inserisce in uno dei temi del codice

che è la composizione dei cda, dove già da alcuni anni si sosteneva che era necessario che fossero più

rappresentativi di esperienze diverse, di conoscenze diverse, di internazionalità. Mancava una spinta decisa

nei confronti del genere femminile. Lì è intervenuta una legge, abbastanza astuta nel suo genere, perché

fissa un certo numero di donne obbligatoriamente nei prossimi tre mandati delle società. A quel punto

scompare la legge e si spera che aver acquisito donne nei consigli sia diventato una pratica abituale. Nel cda

delle Generali, su 11 membri quattro sono donne, quindi è già una percentuale anche superiore a quella

chiesta dalla legge. Per l'esperienza che ho direttamente con le donne, devo dire che la professionalità,

l'impegno, la dedizione che hanno sono notevoli. Questo contribuisce anche ad alzare il livello di competenza

complessiva dei consigli e rende la dialettica molto più animata. Poi in fondo le donne sono le principali

responsabili di processi d'acquisto e dei consumi per oltre il 70%. Come si può non avere nei consigli chi poi

è il responsabile per il 70% delle decisioni economiche? D. Parliamo della rivoluzione Generali, con le novità

portate dal nuovo amministratore delegato. Quali sono i cambiamenti più significativi che lei come presidente

ha visto e vissuto? R. Ci sono molti cambiamenti portati da Mario Greco ma anche dagli azionisti, perché

bisogna dire che l'azione dell'ad è stata sostenuta, voluta e spinta (compresa la scelta dello stesso ad) dagli

azionisti. E non dimentichiamo che tra questi azionisti ci sono anche pezzi storici del sistema economico

italiano. Tutto questo a me sembra in fondo determinato proprio da questa esigenza assoluta di essere i

migliori per eccellere in un mondo che non è più protetto e che è comunque diventato globale. D. Tra l'altro

questo viene anche riconosciuto dal mercato. Generali è stata recentemente anche promossa dalle agenzie

di rating. R. Certo, e si può fare ancora di più, sia per quanto riguarda Generali sia per quanto riguarda quello

che si sta facendo nel Paese. Se si riesce ad andare avanti e a consolidarsi questo può rappresentare una

grandissima prospettiva per il futuro degli italiani. Non c'è nessun motivo per cui gli italiani e l'Italia debbano

essere considerati differenti dagli altri Paesi europei. E mi dispiace quando vedo queste statistiche secondo

cui arranchiamo sempre dietro gli altri. Il mio obiettivo è che un giorno si possa dire che siamo nel plotone di

testa. E posso dire che, per esempio sul tema della governance, lo siamo. D. Le banche, invece... Si parla

molto di quest'Italia con un altissimo debito, con rapporto debito/ pil intorno al 135%, però è anche vero che il

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 230

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debito privato è molto basso e anche le nostre banche hanno vissuto rivoluzioni nell'ultimo periodo. R. Io non

opero direttamente in quel mondo. A me sembra che oggi si debba dire che le banche sono molto

coraggiose, stanno prendendo decisioni importanti e stanno facendo il lavoro giusto, con spirito di dedizione e

forse anche umiltà. Non dimentichiamo che il mercato ha bisogno del sostegno delle banche. D. Come vede

gli i n v e stitori intern a zionali a l l ' i n terno di alcune delle nostre società? Vegas ha sottolineato

l'importanza di aprire le porte a questi investitorie già alcune società lo hanno fatto, tra cui Telecom Italia che

lei conosce molto bene. R. Su questo fronte si sta producendo qualcosa di estremamente interessante. L'ho

visto nell'ultima assemblea delle Generali, dove gli investitori istituzionali, soprattutto quelli internazionali,

sono cresciuti in maniera notevole. Credo che non ci sia da sorprendersi. Se noi gestiamo le cose in maniera

corretta, trasparente, credibile, costante, perché gli investitori esteri non dovrebbero venire qui? È il Paese

più bello del mondo, ha tutte le qualità per eccellere e comunque ha un grande potenziale. Non mi stupisce

che ci siano molti investitori internazionali che vengono in Italia. Io stesso ho incontrato per esempio Larry

Fink, che è a capo di Blackrock, durante la sua ultima visita in Italia e i commenti che faceva sul Paese mi

sembravano molto favorevoli. Il problema è che dobbiamo dimostrare nel tempo di meritarci questa fiducia,

realizzando i fatti. E mi sembra che il momento sia tale per cui sia le imprese sia i politici al governo abbiano

quest'intenzione. D. Una società come Fiat ha avuto il coraggio di prendere una società come Chrysler,

rimetterla in sesto e spostarsi all'estero. R. Fiat è molto cambiata. Io ho lavorato per moltissimi anni nel

gruppo Agnelli, con grandissima soddisfazione. Devo dire che è straordinaria la trasformazione che la Fiat ha

avuto dagli ultimi anni in cui ero nell'azienda fino a oggi. Non soltanto perché Marchionne ha fatto una lavoro

straordinario insieme a John Elkann per rimettere in sesto patrimonialmente l'azienda ma perché, proprio

attraverso passaggi anche complicati come l'accordo con gli Stati Uniti e l'apparente uscita dall'Italia - che poi

non era tale -, in realtà ha creato adesso un'azienda globale che è posizionata nei mercati mondiali ed è

pronta a competere con tutti i concorrenti nel mondo. Io penso che anche per Generali, senza perdere

nessuna radice italiana che è nostra e che rimarrà nostra, in particolare quella di Trieste, dobbiamo avere in

testa lo stesso spirito. Siamo un'azienda globale che per fortuna ha le proprie radici in Italia ma che lavora nel

mondo. Quando ero alla Fiat, ancora molto italiana e poco europea, si diceva «Siamo italiani ma il nostro

mercato è l'Europa». Oggi noi dobbiamo dire: «Siamo europei ma il nostro mercato è il mondo». Ovviamente

sempre restando il nostro attaccamento, anche emotivo, all'Italia. D. Che cosa l'ha colpita di più dell'operato

di Marchionne? R. Ciò che mi colpisce di tutte le persone di grande successo: il coraggio inizialmente, poi la

visione strategica, la capacità di delivery e il fatto di aver fatto sempre tutto con molta serenità e con molta

sicurezza. Credo che i leader debbano avere queste caratteristiche, cioè di dare fiducia a chi gli viene dietro,

perché c'è una terra promessa davanti e naturalmente bisogna arrivarci. E mi sembra che Marchionne lo stia

facendo. D. Guardando la sua carriera, lei ha visto tanti di leader e ha lavorato con grandissimi nomi. C'è

qualcuno che l'ha colpita in maniera particolare? R. Devo dire che qualcuno c'è stato sicuramente perché,

soprattutto se penso ai primi tempi della mia vita, devo dire di aver imparato molto sia da Gianni che da

Umberto Agnelli, con cui ho convissuto per 25 anni. Ho avuto i primi suggerimenti anche da Enrico Cuccia,

quando non ero ancora in Mediobanca. Sono certamente personaggi che hanno avuto una statura che, con

tutte le criticità del periodo in cui vivevano, con tutte le arretratezze che l'Italia anche in quel periodo poteva

avere su più fronti, sono stati dei punti di riferimento per visione, per coraggio, per determinazione. Poi ne ho

incontrati molti dopo, che evidentemente sono stati di grande importanza per la mia vita ma onestamente è

difficile metterli a confronto con personaggi di quel livello, di quella qualità. D. Cosa c'è adesso dietro l'angolo

per Galateri di Genola, allora? R. Concentrarsi sulle Generali: sostenere l'ad Greco e fare sì che le Generali

siano veramente la miglior impresa assicurativa non solo italiana, non solo europea ma mondiale.

(riproduzione riservata)

Foto: Gabriele Galateri

Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/galateri

10/05/2014 19Pag. Milano Finanza - N.91 - 10 maggio 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 231

Page 232: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

ROSSO & NERO Bankitalia alle prese con la bitcoin Giovanni Barbara Partner KStudio Associato (Kpmg) Banca d'Italia prende posizione su bitcoin. È questa, la novità più rilevante che emerge dal Rapporto sulla

stabilità finanziaria appena pubblicato da Palazzo Koch. Il documento che punta a garantire al mercato

finanziario un'adeguata informazione (al di là della pura e semplice definizione di bitcoin come moneta

virtuale) fornisce interessanti approfondimenti per sensibilizzare gli intermediari sui temi della stabilità del

sistema finanziario e del meccanismo di trasmissione della politica monetaria. La bitcoin è l'esempio più

conosciuto e quantitativamente più rilevante di criptomoneta, cioè di moneta virtuale vigilata non da

un'autorità terza ma dagli stessi utenti riuniti in network. È un tipo di moneta digitale non regolamentata,

emessa e controllata in base ad algoritmi informatici. Accettata e scambiata, su base volontaria, dalle

controparti di transazioni finanziarie come mezzo di pagamento alternativo rispetto alla moneta legale, la

bitcoin presenta alcuni inconvenienti, analizzati nel dettaglio da Banca d'Italia. In particolare, nella visione di

Palazzo Koch, la bitcoin, comporta notevoli rischi per il valore puramente fiduciario e quindi molto variabile,

dato dalla mancanza di controllo da parte di alcuno istituto di emissione centrale. Non solo. Da ricerche

condotte a livello internazionale emerge inoltre che la maggior parte delle unità di bitcoin sarebbe detenuta

per fini speculativi in virtù dell'anonimato che caratterizza le transazioni, facilitando la possibile elusione dei

vincoli normativi al trasferimento di fondi, rendendo questa valuta virtuale agevolmente utilizzabile per finalità

illecite. Inoltre, la criticità più rilevante dell'attuale sistema è senz'altro riconducibile al profilo della tutela del

consumatore. Infatti, attualmente, in caso di perdita di unità di bitcoin (ad esempio furto da parte di hacker,

chiusura delle piattaforme di scambio dove sono detenute), gli utenti sono privi di qualsiasi forma di tutela. In

linea generale, comunque, da quanto osservato sinora da Banca d'Italia, non sono state riscontrate

conseguenze per la stabilità del sistema finanziario o per il meccanismo di trasmissione della politica

monetaria. Alla luce delle considerazioni emanate da Banca d'Italia, rimangono ancora dubbi e incertezze

interpretative che, a tutt'oggi, non rendono serena la scelta di utilizzare la cyber moneta. Il prossimo passo

sarà la predisposizione di una disciplina ad hoc a tutela dei consumatori, utile anche nell'ottica di un

progressivo processo di armonizzazione internazionale su questo tema.

10/05/2014 25Pag. Milano Finanza - N.91 - 10 maggio 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 232

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ALLEANZE Alitalia alla conta finale Angela Zoppo Un pressing discreto ma efficace, e soprattutto rapido. Il governo ha deciso che non starà a guardare e visto

che il destino dell'alleanza Alitalia-Etihad è nelle mani delle banche, è su queste che si sta concentrando la

moral suasion per convincerle ad alleggerire il più possibile la zavorra del debito e garantire così la nascita

della newco a maggioranza Cai (51%), gradita anche ad Abu Dhabi. Nessuna ingerenza diretta, su questo a

palazzo Chigi non si transige, ma insomma, dove si vuole andare a parare è chiaro. Tanto che come fanno

notare fonti bancarie, gli istituti di credito cercherebbero di riscuotere il dividendo politico che il salvataggio di

Alitalia avrebbe sul governo Renzi, finora poco generoso col settore. Sta di fatto che la situazione della cassa

di Alitalia è nuovamente critica, i debiti verso i fornitori sono segnalati in aumento, e il tempo stringe. Dietro le

strette di mano tra l'ad Gabriele Del Torchio, il presidente Roberto Colaninno e il ceo di Etihad, James Hogan,

c'è la consapevolezza di dover chiudere l'accordo in tempi brevi, brevissimi. Quella che si apre perciò è

davvero la settimana decisiva. Entro il 16 maggio Alitalia dovrà inviare la nuova bozza di intesa ad Etihad,

che a sua volta risponderà a strettissimo giro. Nelle carte che prenderanno il volo per Abu Dhabi dovrà

esserci l'ammontare esatto della dotazione patrimoniale della newco, che Etihad è pronta ad acquisire fino

alla quota massima del 49%, con un esborso intorno ai 550 milioni di euro. In questi giorni, perciò, Del

Torchio e Colaninno torneranno a confrontarsi con Intesa Sanpaolo e Unicredit, azioniste e assieme maggiori

creditrici della compagnia per capire quanto dell'indebitamento potrà essere destinato alla nuova società,

quanto resterà nella vecchia (chiamata bad company solo per comodità) e quanto infine potrà essere

convertito in strumenti finanziari, come nuove azioni senza diritto di voto. I numeri giocano a sfavore. La

posizione finanziaria netta dell'Alitalia è negativa per circa 951 milioni, 600 dei quali però coprono i

finanziamenti della flotta di proprietà. In pratica, a quei 951 milioni concorrono: 813 milioni di debito con le

banche, 400 dei quali sono a breve e sono già stati rinegoziati), l'esposizione verso altri finanziatori, come le

società di factoring per altri 202 milioni, e il prestito soci di 95 milioni, che nel frattempo è stato convertito. Dal

totale vanno sottratti 161 milioni di crediti finanziari e disponibilità, ma vanno aggiunti anche i 165 milioni di

finanziamenti concessi sempre dalle banche dopo l'aumento di capitale, sotto forma di linee di credito

revolving, e in particolare 70 milioni ciascuna da Intesa Sanpaolo e Unicredit, altri 25 milioni da Popolare di

Sondrio e Montepaschi. Ora, secondo i negoziatori italiani, i debiti che riguardano i finanziamenti degli

aeromobili andrebbero trasferiti nella newco, perché in capo alla nuova società sarà la titolarità della flotta,

insieme alle attività industriali, agli slot e alla controllata Alitalia Loyalty, che gestisce il programma

Millemiglia. Ma anche su questo finora non c'è identità di vedute. Anzi, proprio quei debiti erano già finiti nel

mirino di Air France-Klm ai tempi delle tentate nozze.I franco-olandesi non li volevano o, meglio, chiedevano

di stornarne almeno la metà. Il fattoè che di quei 600 milioni, circa la metà sono eredità dell'Airone di Carlo

Toto, che all'atto del conferimento in Cai-Compagnia Aerea Italiana, AirOne risultava proprietaria di 20 Airbus

A320 e di 10 aerei regionali CRJ900, con un valore di carico di 670 milioni di euro in bilancio, a garanzia del

debito di 500 milioni trasferito nel frattempo all' Alitalia. La cifra siè via via assottigliatae ora sarebbero rimasti

poco più di 300 milioni di euro legati alla flotta Toto. Il debito che insiste invece sulla flotta della sola Alitalia si

limiterebbe perciò soltanto agli altri 300 milioni circa, edè questa la cifra che, secondo fonti vicine al dossier,

gli emiratini potrebbero accettare come unico indebitamento della newco. Insomma, le posizioni restano

distanti e il tempo per avvicinarle è poco. Ballano ancora circa 700 milioni (400 di debiti verso le banche e ciò

che resta di quelli della flotta Toto) che dovrebbero finire parcheggiati nella cosiddetta bad company, insieme

alle vertenze legali. Ma la zavorra della vecchia Alitalia risulterà comunque ben più onerosa, perché vi

andranno sommati anche i debiti verso i fornitori, che dagli ultimi dati disponibili si aggirano sugli 800 milioni.

Dal governo intanto arrivano segnali di ottimismo sull'esito della nuova tornata di trattative. Stando alle

dichiarazioni rilasciate dal ministro dei Trasporti Maurizio Lupi dopo aver incontrato Del Torchio al ritorno

10/05/2014 26Pag. Milano Finanza - N.91 - 10 maggio 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 233

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dalla missione chiarificatrice ad Abu Dhabi, «i soci privati di Alitalia hanno colto l' invito del governo e quindi

stanno lavorando intensamente, nella loro autonomia per dare le risposte. Il governo ha chiesto con forza ai

soci privati di dare risposte in tempi certi», ha spiegato Lupi. «Mi auguro che tutto questo possa avvenire

entro la prossima settimana in modo che poi la valutazione dell' accordo, perché ancora non siamo a un

accordo, possa essere fatta finalmente sul piano industriale, di sviluppo di Alitalia, che è la cosa che più ci

interessa». (riproduzione riservata)

Foto: Gabriele Del Torchio

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 12/05/2014 234

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SCENARIO PMI

15 articoli

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I giovani di Confindustria Ieri la presentazione del secondo anno di Isup Filosofi e designer, in Aib la rivoluzione dei «maker» Ghidini: «L'industria ha bisogno di idee chiassose» Massimiliano Del Barba C'è un termine, frutto di una crasi, in grado di raccontare la svolta digitale del manifatturiero. È fab-lab , che

mischia il luogo del lavoro manuale della fabbrica allo spazio del pensiero sperimentale del laboratorio. Una

piccola officina, il fabrication laboratory , dotata di frese a controllo numerico, tagliatrici laser e stampanti 3d

pronte a realizzare i prototipi pensati dai creativi e industrializzati dagli imprenditori.

In Italia, ormai, ce ne sono una cinquantina e rappresentano la connessione fra le conoscenze empiriche

dell'uomo artigiano - che, per usare Sennet, «sa fare le cose» - alla fantasia «irriverente e chiassosa» delle

nuove generazioni di creativi. Designer, programmatori, esperti di comunicazione e - perché no - filosofi: li

chiamano maker , tutta una nuova tribù di barbe lunghe, capelli corti e occhiali anni Cinquanta (le donne ci

sono, eccome, ma sono meno appariscenti) pronta a mettere le proprie conoscenze immateriali a

disposizione dell'industria produttrice di oggetti.

Ieri, in occasione dell'annuale assemblea dei Giovani imprenditori che ha anche segnato, alla presenza del

numero uno nazionale Marco Gay, l'inizio del secondo corso di Isup, il master dedicato alle start-up

innovative, il presidente Federico Ghidini ha cercato di materializzare sul palco di via Cefalonia i capi di due

narrazioni da riannodare con urgenza. Da un lato i maker vestiti da hipster, dall'altro gli imprenditori con le

loro grisaglie confindustriali. Due mondi inconciliabili? Non proprio. «I Giovani di Aib - ha esordito Ghidini -

non sono i figli di papà, ma coloro ai quali la società chiede di esprimere un'idea innovativa di realtà. E oggi

questo significa ripartire dal manifatturiero attraverso il digitale, e cioè tornare a fare alta tecnologia».

Un'alleanza, insomma, quella proposta da Ghidini, fra la solidità che crea Pil (e posti di lavoro) e la

distruzione creatrice che prima mette in discussione e poi reinventa la società.

Così, accanto alla presentazione di quattro nuovi progetti che, grazie a Isup, potrebbero diventare start-up

(una personal stylist virtuale, un centro di psicomotricità per la crescita ispirato all'approccio Pikler, un

innovativo canale per l'advertising e uno studio di co-design bio-ispirato) si è aggiunta la testimonianza di

Piero Ferrari, figlio di Enzo e vice presidente dell'azienda di Maranello, il quale ha ricordato come la fabbrica,

nata già controcorrente nel 1929 della Grande Depressione, contro corrente ci andò anche nei primi anni

Cinquanta quando, mentre l'Italia viveva la sua prima, parca motorizzazione a due ruote da paese

sottosviluppato, Ferrari si mise a fare sportivissime dodici cilindri e poi ancora vent'anni dopo, ingaggiando

per sostituire Niki Lauda un canadese senza curriculum in Formula Uno di nome Gilles Villeneuve.

Controtendenza che è la direttrice che ha ispirato l'esperienza delle Officine Arduino, produttrici di hardware

con licenza creative common (senza copyright): «Abbiamo prodotto una scheda elettronica - ha raccontato

l'ad Davide Gomba - ma lo schema lo abbiamo lasciato open source. Il che vuol dire che tutti ci potevano

copiare. E l'hanno anche fatto, apportando anche delle migliorie. E qui viene il bello, perché l'unica regola è

che chiunque può copiarci ma rispettando la licenza aperta. In questo modo si alimenta un circolo virtuoso

che ci ha permesso di mantenere il 60% del mercato».

Insomma, pare fantascientifico, ma dire addio ai brevetti per fare del networking la propria strategia di R&S a

volte funziona. Così come, a volte, funzionano le buone idee. È il caso del «mattone di plastica» di Cristian

Fracassi. Presentato dodici mesi fa, il progetto recentemente è stato «noleggiato» per cinque anni da un

imprenditore il quale, fra due mesi, trasformerà la start-up in un'azienda in carne e oss a.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

4Le start-up presentate ieri in occasione della seconda edizione di Isup, il master dedicato alle idee innovative

di Aib

10/05/2014 9Pag. Corriere della Sera - Brescia(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 236

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Foto: Presidente Ghidini

Foto: Fab-lab Un'officina di prototipazione che utilizza strumenti hi-tech

10/05/2014 9Pag. Corriere della Sera - Brescia(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 237

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LETTERA AL RISPARMIATORE Prada, l'obiettivo è avere più ricavi da Miu Miu e Church's Vittorio Carlini Prada, di recente, ha presentato il piano industriale 2014-2016. Il progetto, tra le altre cose, punta ad una

maggiore diversificazione e valorizzazione dei suoi marchi. In tal senso, è prevista (soprattutto grazie alla

moda maschile) l'ulteriore crescita dell'omonima griffe. Cui deve aggiungersi il focus su Miu Miu. E, poi, il

rafforzamento di Church's. La strategia, peraltro, sarà supportata anche dallo sforzo sul fronte industriale.

Sono previsti 5 (uno in Inghilterra e 4 in Italia) nuovi siti produttivi finalizzati anche, e soprattutto, a ottimizzare

la logistica e rafforzare nella Penisola il know-how manifatturiero. Fin qui alcune indicazioni sul piano. Quali,

però, le reazioni degli esperti? Diversi lo hanno accolto positivamente. Altri hanno espresso dubbi. In

particolare, è stato articolato il seguente ragionamento: il progetto industriale prevede, a detta del consensus,

circa un miliardo (tra il 2014 e il 2016) di investimenti. L'esborso non è da poco. A fronte di ciò, al di là della

capacità del management, la crescita dei ricavi va rallentando. In un simile contesto il rischio è che, visti i

Capex, i margini possano ridursi. La società non condivide il pensiero. La crescita annua prevista dei ricavi, a

livello organico (like for like), è tra il 4-6%. Un valore che, è l'indicazione del gruppo, permette di evitare la

contrazione della marginalità. Così: è vero che l'ebit margin nel 2014 è in linea con quello del 2013. Tuttavia,

nel 2015-2016 la previsione è di un suo miglioramento.

u pagina 18

Vittorio Carlini

Prada, di recente, ha presentato il piano industriale 2014-2016. Il progetto, tra le altre cose, punta ad una

maggiore diversificazione e valorizzazione dei suoi marchi (escludendo operazioni per linee esterne) .

In tal senso, è prevista (soprattutto grazie alla moda maschile) l'ulteriore crescita dell'omonima griffe. Cui

deve aggiungersi il focus su Miu Miu: nel 2016 il target è arrivare a circa 800 milioni di fatturato. E, poi, il

rafforzamento di Church's: qui, in 5 anni, si vuole raggiungere un giro d'affari intorno a 250 milioni. La

strategia sarà supportata non solo dall'incremento del network di negozi (circa 190 tra Prada e Miu Miu); ma

anche dallo sforzo sul fronte industriale. Sono 5 (uno in Inghilterra e 4 in Italia) i nuovi siti produttivi finalizzati

anche, e soprattutto, a ottimizzare la logistica e rafforzare nella Penisola il know-how manifatturiero.

Analisi e progetti industriali

Fin qui alcune indicazioni generali sul piano di sviluppo: quali però le reazioni del mercato?

A ben vedere l'andamento del titolo in Borsa dice ben poco. Per un duplice motivo. Il primo è che la

presentazione del progetto (2 aprile) ha coinciso con la pubblicazione dei dati del 2013. In bilancio i ricavi

(+8,8%) e l'ebitda (+8,6%) sono andati a «braccetto». L'ebit, seppure sempre in rialzo, è invece salito meno

(+5,6%) mentre l'utile netto è risultato in linea con il 2012 (+0,3%). Ebbene proprio quest'ultima redditività

inferiore al consenso, e non la valutazione del piano, può avere indotto le vendite sul titolo.

Quel titolo peraltro, e questo è il secondo motivo, che dopo la presentazione del progetto è sì calato. Per poi,

però, ritornare agli stessi livelli da cui il ribasso era partito in avvio di aprile. Insomma, la dinamica del

mercato non pare così rilevante. Più interessante, quindi, è tastare il polso agli esperti. In generale, diversi

operatori hanno accolto positivamente il piano industriale. Altri, invece, hanno avanzato dei dubbi.

In particolare, alcuni hanno articolato il seguente ragionamento: il progetto industriale prevede, a detta del

consensus, circa un miliardo (tra il 2014 e il 2016) di investimenti. L'esborso, insomma, non è da poco. A

fronte di ciò, al di là della capacità del managent, la crescita dei ricavi va rallentando. Dopo aver corso tanto,

è inevitabile. Così: nel 2012 il fatturato era salito del 29% sul 2011; l'anno scorso, invece, l'incremento è stato

per l'appunto dell'8,8%. In un simile contesto il rischio è che, visti i Capex, i margini possano ridursi.

La società non condivide il pensiero. La crescita annua prevista dei ricavi, a livello organico (like for like), è

tra il 4-6%. Un valore che, è l'indicazione del gruppo, permette di evitare la contrazione della marginalità.

Così: è vero che l'ebit margin nel 2014 è confermato in linea con quello del 2013. Tuttavia, nel 2015-2016 la

11/05/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 238

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previsione è di un miglioramento del rapporto tra utile operativo e ricavi. In tal senso peraltro, sottolinea

sempre Prada, non deve dimenticarsi l'apporto di Miu Miu: la sua crescita è fondamentale all'intero piano.

L'affermazione è corretta. E, però, proprio rispetto alla dinamica di questo marchio può esprimersi un altro

dubbio.

Nello scorso esercizio, da un lato, le vendite di Miu Miu, a cambi correnti, sono salite sui 12 mesi solo dell'1%

(+11% quelle di Prada); e, dall'altro, il suo ebitda margin è sceso dal 19,5% nel 2012 al 17,1% del gennaio

scorso. Un mix di fattori che induce a pensare come l'obiettivo indicato (per l'appunto, circa 800 milioni di

fatturato nel 2016) sia troppo ambizioso.

La società di nuovo rigetta la considerazione. Gli spazi di crescita ci sono. Miu Miu è un marchio conosciuto

ma più a livello di singoli mercati. Così c'è ampio margine, attraverso anche la leva di pubblicità e marketing,

per migliorarne la percezione globale. In questo modo, ad esempio, potrà sfruttarsi maggiormente il

fenomeno del cliente-viaggiatore (soprattutto in Europa) che, nel mondo del lusso, ha assunto notevole

rilevanza. Inoltre, ricorda il gruppo, nel 2015 ci sarà il lancio del nuovo profumo a marchio Miu Miu. Il che, sul

fronte della stessa comunicazione, aiuterà. Quindi, è la conclusione, il target rispetto ai ricavi è ragionevole.

Peraltro, sottolineano diversi esperti, l'odierna struttura dei costi di Miu Miu non si giustifica con l'attuale

dimensione del fatturato. Quindi la crescita dimensionale costituisce pure uno step necessario.

Già, necessario. Al di là degli sforzi strategici e di marketing, l'incremento del fatturato di Miu Miu passa

(ovviamente) anche attraverso l'apertura dei negozi. Nel 2014 sono previsti 30 nuovi punti a gestione diretta

(Dos), di cui 5 trasformati dal wholesale in retail. Poi, altri 20 rispettivamente nel 2015 e 2016. Il totale?

Intorno a 70 Dos. La road map dell'espansione del network retail, ovviamente, riguarda la stessa griffe Prada.

Qui, secondo quanto indicato dall'azienda, tra il 2014 e il 2016 l'attesa è intorno a 120 nuovi negozi. Circa 50

nell'anno in corso (di cui 15 conversioni). A seguire, intorno a 35 aperture annue fino al 2016. In totale,

nell'arco di piano, sono previsti sui due marchi per l'appunto circa 190 Dos.

Punti vendita che richiedono, è evidente, nuovi investimenti. Ebbene i Capex, tra il 2014-2016, dovrebbero

essere così scadenziati: circa 400 milioni nell'esercizio in corso e, poi, 300 milioni l'anno fino al 2016. Si tratta

di esborsi (anche per manutenzione) sostenuti dai flussi di cassa aziendali.

Investimenti che, nel 2014, a livello geografico vedranno un focus sull'Europa: dal recente sbarco in Svizzera

a nuovi Paesi quali, ad esempio, il Benelux o gli Stati scandinavi. Senza dimenticare altri mercati. Così in

Messico, tra il 2014 e il 2015, dovrebbero essere aperti 6 Dos (4 di Prada e 2 di Miu Miu).

Al di là delle indicazioni di massima sull'espansione geografica del canale retail, rispetto ai Dos a marchio

Prada il gruppo sottolinea una particolarità: dei nuovi negozi a gestione diretta, circa 50 saranno dedicati

all'uomo, aggiungendosi così ai 30 già presenti.

Si tratta, a ben vedere, di una parte della più ampia strategia di crescita del marchio che vuole fare leva sulla

moda maschile. Allo stato attuale, le vendite legate ai prodotti «for man» rappresentano circa il 25% del giro

d'affari della griffe. Vale a dire intorno a 800 milioni. Ebbene, l'obiettivo è di spingere, in 5 anni, questo valore

fino a 1,5 miliardi. Per alcuni esperti, il target è aggressivo.Cioè, potrebbero esserci problemi nel

raggiungerlo. Prada ribatte che le dinamiche su questo fronte sono chiare. Tra i nuovi ricchi uomini la

richiesta, ad esempio, di accessori in pelle è in forte aumento. E così è anche per scarpe ed abbigliamento.

Quindi, analogamente a quanto affermato per Miu Miu, l'obiettivo deve considerarsi sensato.

Se queste alcune considerazioni sui due marchi principali, quali però le mosse rispetto a Church's? Anche

qui, per l'appunto, si vuole spingere il fatturato: attualmente a 69 milioni, il target è 250 milioni nel

quinquennio. La marginalità, a fine 2013 al 6,4%, deve anch'essa aumentare. L'ipotesi, nel giro di 3 anni, è di

arrivare ad un'alta doppia cifra percentuale. A sostegno di questi obiettivi gli investimenti saranno focalizzati

sulla nuova organizzazione (il quartier generale a Londra) e, soprattutto, l'espansione del sito produttivo.

L'impegno, in questo caso, dovrebbe essere inferiore a 10 milioni di sterline. Un'esborso finalizzato ad

aggiungere 30-40% di potenziale capacità produttiva per fronteggiare gli auspicabili nuovi volumi.

11/05/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 239

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Già, i nuovi volumi. Rispetto agli investimenti sulla struttura industriale in Italia, Prada precisa che non ci sarà

un sostanziale aumento della quota percentuale di produzione interna. L'obiettivo, infatti, è soprattutto

rafforzare il know-how produttivo del «made in Italy». Oltre che ottimizzare ulteriormente la logistica. Ciò

detto, non si esclude una maggiore integrazione verticale della produzione. In tal senso, ad esempio, nella

pelletteria alto di gamma il gruppo Prada ha al vaglio l'ipotesi dell'acquisizione di una conceria per pelli

pregiate. Le opportunità sono diverse. Sul timing del possibile shopping (di piccole dimensioni), la società non

offre però indicazioni.

Così come non dà troppe precisazioni sull'andamento dell'anno in corso. Viene indicato che l'avvio del 2014

è ancora volatile. Soprattutto, a causa della debolezza del mercato europeo. Più ottimismo, invece, viene

espresso sulla secondo metà del 2014.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Fonte: Bloomberg Fonte: Società Conversioni da wholesale in retail

Gennaio 2014 Gennaio 2013 Dati in milioni Inumeri diPrada 2012 2013 81% 16% 2% 1% Prada Miu Miu

Church's Car Shoe Altri 0% 83% 15% 2% Prada Miu Miu Church's Car Shoe 0% Altri 0% I NUMERI DI

BILANCIO DEL GRUPPO DIVISIONE GEOGRAFICA DEL FATTURATO PESO DEI MARCHI SU VENDITE

NETTE I GIUDIZI DEGLI ANALISTI Ebit 889,8 939,2 Ebitda 1.052,5 1.143,2 Ricavi netti 3.297,2 3.587,3

625,7 627,8 Utile netto Note: (*) Prc, Hk, Macau; (**) Giappone e Hawai 3% Italia 16% 23% Europa Americhe

14% 10% Giappone (**) Medio Oriente Altro 0% 2013 16% 23% 14% 36% 10% 1% Italia Europa Americhe

Far East (di cui Greater Cina * 23%) Giappone (**) Medio Oriente Altro 0% 36% Far East (di cui Greater Cina

* 23%) 2012 NUOVI NEGOZI A GESTIONE DIRETTA 9,4% 34,4% Buy 56,2% Hold Sell 2014 2015 2016

2014 2015 2016 PRADA MIU MIU 30 ~20 ~20 5 ~35 ~35 15 ~50

I numeri di Prada

I NUMERI DI BILANCIO DEL GRUPPODati in milioni

Gennaio 2014

Gennaio 2013

DIVISIONE GEOGRAFICA DEL FATTURATO

PESO DEI MARCHI SU VENDITE NETTE

NUOVI NEGOZI A GESTIONE DIRETTAConversioni da wholesale in retail

Fonte: Società

I GIUDIZI DEGLI ANALISTI

Fonte: Bloomberg

11/05/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 240

Page 241: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Innovazione/2 Il programma «AdottUp» valorizza l'arte di Napoli Dai caratteristici autobus a due piani dei tour cittadini a un'applicazione per percorsi turistici d'arte. Sono i

protagonisti della prima "adozione" nel Mezzogiorno nell'ambito del programma «AdottUp» di Confindustria.

Nel ruolo di tutor c'è City Sightseeing Napoli, franchisee del marchio City Sightseeing, che gestisce il servizio

di trasporto turistico. L'"adottata" è Apptripper, realtà napoletana che ha realizzato una piattaforma social di

itinerari d'arte. Il tutto avviene sotto l'egida dell'Unione industriali di Napoli a cui entrambe le imprese sono

associate.

L'accordo, siglato venerdì scorso, prevede che City Sightseeing Napoli promuoverà il logo della start up che,

a sua volta, corrisponderà una quota degli incassi della app effettuati sul territorio partenopeo. La piattaforma

di Apptripper sarà disponibile da giugno e, dopo avere mappato le principali città italiane, la start up sta

completando la mappatura di Amsterdam, Barcellona, Berlino, Bruxelles, Istanbul, Monaco di Baviera, Parigi

e Praga.

«Con Adottup, programma lanciato la scorsa primavera da Piccola industria Confindustria, puntiamo a

ricercare idee imprenditoriali innovative, da sviluppare e far crescere sotto la guida di chi questo mestiere già

lo fa da tempo - afferma Alvise Biffi, vice presidente di Piccola Industria Confindustria -. Le start up trovano

supporto e competenze in contesti già maturi e consolidati e le Pmi possono acquisire innovazione o

diversificare il proprio business. Tra l'altro, per quelle che operano in settori maturi, adottare una start up può

significare rivitalizzare la presenza anche su mercati che superano i confini nazionali».

In tutta Italia sono state 160 le idee d'impresa che hanno partecipato ad «AdottUp», a cui collaborano i

Giovani imprenditori, le associazioni del sistema confindustriale con il supporto di Intesa Sanpaolo. E. N.

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12/05/2014 8Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 241

Page 242: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Europa &Italia Imprese Marco Zatterin e Piero Bertoglio Piano marketing n Decolla il progetto europeo «Farm Inc», che aiuta le imprese agricole a mettere a punto

strategie di marketing a livello globale. E' un programma dalla durata di 23 mesi di cui sarà capofila

l'Università di Macerata, per il partenariato a cui partecipano sette istituzioni partner di cinque Stati: Italia,

Belgio, Cipro, Grecia e Lettonia. Si cercherà di aiutare le piccole e medie imprese agricole europee che

devono trovare nuovi modi per competere con la rete internazionale.

11/05/2014 22Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 242

Page 243: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

VERSO IL VOTO UE Dieci buone notizie sui conti dell'Italia CARLO CAMBI E se scoprissimo che l'Italia non è affatto (...) segue a pagina 2 segue dalla prima CARLO CAMBI (...) il

grande malato d'Europa? Anzi: è il Paese che ha il maggiore avanzo primario, è tra i meno indebitati ed è

quello che ha resistito meglio alla sfida della globalizzazione. Non solo: è il Paese europeo più verde, quello

che attrae più turisti extra-Ue ed ha la leadership in moltissimi segmenti di export. Non sono le perorazione di

un manipolo di inguaribili ottimisti. È l'intelligente lettura dei dati Eurostat che è stata fatta da Unioncamere,

Fondazione Symbola e Fondazione Edison, che hanno pubblicato nei giorni scorsi un dossier

significativamente intitolato: 10 verità sulla competitività italiana. Ferruccio Dardanello (Unioncamere) nel

presentare questi dati ha calcato la mano: il sistema delle nostre imprese è sanissimo, sconta enormi

difficoltà ma è forte. Ermete Realacci - presidente di Symbola - ha notato: se l'Italia continua a fare l'Italia

abbiamo davanti un futuro positivo. Ciò non significa che l'Italia non abbia bisogno di riforme radicali: di meno

burocrazia, meno fisco, meno vincoli. Insomma di una rivoluzione davvero liberale. Ma significa anche che

siamo ancora tra le prime e più dinamiche economie del mondo e che i governi di centrodestra che si sono

succeduti dal '96 in poi non hanno fatto disastri. Anzi con Berlusconi al governo il debito pubblico è diminuito,

il deficit è migliorato, e così le esportazioni e l'occupazione. A dirlo sono - sia pure in maniera indiretta -

proprio i dieci comandamenti del nostro ottimismo economico declinati da Unioncamere, Symbola ed Edison.

Vediamoli. L'Italia è tra i soli cinque pPaesi che hanno mantenuto un surplus commerciale con l'estero anche

nell'annus horribilis 2012. Abbiamo chiuso con un surplus di 113 miliardi di dollari: unici in Europa con il

segno più insieme con la Germania. In deficit sono Francia, Gran Bretagna e Usa. Secondo motivo di

ottimismo: le industrie italiane sono tra le più competitive: su 5117 prodotti scambiati nel mondo l'Italia ha la

leadership in 935. L'Italia è dopo la Germania e insieme con gli Usa il Paese che ha conservato la maggior

quota di mercato nell'esportazione (71%). E per quanto riguarda il turismo che peraltro nei primi mesi del

2014 dà confortanti segni di ripresa - siamo il primo Paese per pernottamenti di turisti extra-Ue. Diamo un

occhiata ai conti. Siamo il Paese che ha ridotto di più l'incidenza del proprio debito su quello europeo: nel '95

detenevamo il 28,7% del debito Ue, nel 2007 era sceso al 26,8 nel 2013 siamo arrivati al 22,1. Ma siamo

anche campioni di risparmio visto che dal 1996 al 2013 abbiamo fatto il più alto avanzo primario cumulato:

591 miliardi. La Germania si ferma a 371, la Spagna invece ha un disavanzo di 192 miliardi, la Francia di 311

e la Gran Bretagna di 364. Infine, considerando il debito aggregato (quello pubblico sommato a ricchezza

delle famiglie e delle aziende) siamo con il 261% del Pil tra i meno indebitati: meglio di noi fanno solo

Germania (195%) e Francia (255%). L'analisi Unioncamere-Symbola poi mette in evidenza come la nostra sia

l'industria più verde del vecchio Continente: con 104 tonnellate di anidride carbonica e 41 di rifiuti per ogni

milione di euro prodotto siamo i migliori d'Europa, siamo campioni anche nel riciclo (24,1 milioni di tonnellate

di prodotti recuperati) e quelli dove la green economy produce più lavoro e valore: nel 2015 il 51% delle pmi

italiane avrà almeno un "lavoro verde", il doppio della Germania. E allora? Allora viene il sospetto che alcune

teorie complottiste sull'utilizzo dello spread come arma politica non siano solo dietrologia. Viene il sospetto

che la Germania ci abbia aggredito attraverso i diktat europei per frenare la corsa dell'unico Paese che

davvero le fa concorrenza sul mercato globale, e che spesso quelle degli economisti del Fmi siano parole al

vento. Appena ieri Cristine Lagarde ha ribadito che il problema dell'Italia è la mancanza di competitività e non

il costo del lavoro. Forse madame Lagarde non conosce i dati del nostro export né sa che anche in settori

maturi - ad esempio il tessile o l'agroalimentare - abbiamo comunque aumentato il fatturato estero. Piuttosto

perché l'Fmi non s'interroga sulla perdita di competitività della Francia nel turismo, nel fatturato e nelle quote

di mercato estero? E allora viene un altro sospetto: che Mario Draghi il signor Bce - tentenni nel raffreddare il

cambio euro/dollaro per imposizione dei Paesi del Nord al fine di non favorirci. Quei Paesi del Nord che fanno

i primi della classe, ma che hanno economie finanziarizzate, producono poco e male mentre l'Italia

11/05/2014 1Pag. Libero - Ed. nazionale(diffusione:125215, tiratura:224026)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 243

Page 244: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

nonostante tutto corre. C'è anche una prova indiretta del fatto che l'Italia sia stata aggredita: l'unica vera

zavorra al nostro sviluppo è stato il crollo dei consumi interni conseguenza di politiche fiscali draconiane che

ci sono state imposte dall'Europa. Lo studio Unioncamere-Symbola-Edison evidenzia come a fronte di un

fatturato estero cresciuto del 16,5% abbiamo perso il 15,9% del fatturato interno. La Germania ha perso

appena lo 0,3% di domanda interna espandendosi oltre confine dell'11,6%, la Francia ha fatto più 4,6% e più

5,9%. Non è peregrino perciò pensare che chi vive solo di finanza avendo scoperto che l'Italia è un Paese

ricco ha chiesto - e sciaguratamente ottenuto a partire dal governo di Mario Monti: e non è un caso - che il

fisco diventasse un aggregatore di questa ricchezza diffusa per poterla aggredire. Per farlo meglio hanno

cominciato a dire in giro che siamo un Paese inaffidabile. È così? No: siamo un Paese rigoroso visto che i

famosi compiti a casa li abbiamo fatti mentre gli altri hanno fatto i furbi. La dimostrazione sta ancora nelle

cifre di Eurostat. A sostenere le economie dei nostri partner europei dall'inizio della crisi ha contribuito un

disinvolto allargamento del debito aggregato (quello pubblico più quello delle aziende e delle famiglie). Quello

italiano è aumentato dal '95 a oggi del 61% anche perché le famiglie e le aziende hanno intaccato i risparmi

riversandoli nelle casse pubbliche attraverso le imposte, in Spagna il debito è cresciuto del 141%, in Francia

dell'81%, in Inghilterra del 93%, la Grecia ha sfondato il 147%, ma anche la maestrina Merkel ha messo

mano ai debiti che sono comunque cresciuti del 24%. Forse è bene che qualcuno - per primi i politici italiani -

spieghi alla prossima Commissione europea che se l'Italia fa l'Italia possono anche descriverla come

Cenerentola ma alla fine il principe se la sposa!

Foto: La sede della Banca centrale europea a Francoforte [LaPresse]

11/05/2014 1Pag. Libero - Ed. nazionale(diffusione:125215, tiratura:224026)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 244

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EDITORIALI Le parole non producono I tormenti dell'industria produttiva (in calo) riportano Renzi alla realtà Il calo di mezzo punto della produzione industriale misurato dall'Istat a marzo è un segnale che riporta tutti

alla realtà. A partire dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Finora infatti per la crescita nel 2014-2015 si

è molto discusso di stime sulla carta: con Unione europea, Fondo monetario internazionale, Ocse e lo stesso

Istat meno ottimisti del governo. Tranne Moody's, che pronostica un pil in rialzo fino all'uno per cento, e fino al

due nel prossimo anno; meglio della media europea. Il mantra di Renzi è che "gufi e rosiconi" saranno

smentiti, ma il dato di ieri è peggiore delle attese degli esperti e riguarda il primo mese di attività del governo,

quello del cronoprogramma e delle slide. Il tutto in attesa che del primo trimestre si conosca anche il pil, dopo

il mini-rialzo di fine 2013: un indicatore chiave che sarà reso noto a breve e sul quale girano voci discordi.

Tornando alla produzione industriale, resta ancora in crescita (0,1 per cento) sul trimestre precedente e su

base annua (0,3). Sul calo di marzo pesano energia e carburanti per via della stagione mite, ma anche i beni

di consumo restano in rosso dell'1,6. Vanno bene metallurgia, trasporti e automobili. Le aziende continuano a

essere trainate dall'export, e non si vedono ancora segni evidenti di ripresa dei consumi interni. Non è un

problema solo italiano: anche Germania e Spagna hanno segnato una contrazione imprevista della

produzione industriale, particolarmente nel settore manifatturiero. Ma poiché ognuno guarda in casa propria,

per Renzi le parole non bastano più: si tratta di accelerare sulle riforme. A cominciare dalla burocrazia e dal

mercato del lavoro.

10/05/2014 3Pag. Il Foglio(diffusione:25000)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 245

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L'economia cinese è grande ma non è ancora da grande potenza ALESSIA A. AMIGHINI La scalata cinese nella classifica delle economie più grandi del mondo - che sarebbe confermata ora dal

sorpasso del pil di Pechino rispetto a quello di Washington anticipato a quest'anno - fa scalpore, ma non è

affatto sorprendente: con un tasso di crescita medio annuo intorno al 10 per cento per oltre 15 anni, il primato

cinese è da tempo scritto nei numeri. E non sarà di certo il primo: la Cina è primo produttore di manufatti dal

2008 e il primo esportatore mondiale dal 2010. E' anche il primo importatore di molti beni, non soltanto

materie prime e commodities. E' il primo partner commerciale degli Stati Uniti, dell'Unione europea e di molti

altri paesi del mondo. E' da oltre due decenni il primo paese tra gli emergenti a essere scelto come sede per

l'apertura di filiali estere delle maggiori multinazionali del mondo ed è diventato recentemente il primo

investitore all'estero tra i paesi emergenti. La Cina ha trainato l'economia mondiale dal 2009 e in pochi anni

ha contribuito a scalzarne il primato nella composizione geografica del pil del pianeta, ma il prossimo primato

cinese sarà solo il simbolo di uno spostamento nel baricentro dell'economia mondiale. Senza dubbio il mondo

si è spostato in Asia, soprattutto in Cina, dove si trova oggi la domanda più dinamica di tuttempo sarà

sostenibile soltanto se fondata maggiormente sul consumo interno. E' proprio la forte domanda estera di beni

cinesi che ha portato il paese a raggiungere tanti primati sul piano economico. Per questo è utile inquadrare

meglio il ruolo della Cina nella domanda mondiale. La crescita della produzione cinese è avvenuta

specialmente nei beni di largo consumo di settori manifatturieri a intensità tecnologica medio-bassa e nei beni

intermedi di molti settori manifatturieri a tecnologia medioalta, tra cui l'elettronica e l'automotive. In tutti questi

settori i produttori cinesi dipendono pesantemente dalla domanda estera, senza la quale non potrebbero

sopravvivere. Anche in tal senso la crescita cinese dipende totalmente dal resto del mondo, soprattutto dalle

economie avanzate, strutturalmente molto più di quanto la crescita della domanda mondiale non dipenda da

quella cinese. Nella classifica delle economie più competitive del mondo stilata ogni anno dal World

Economic Forum, la Cina compare al primo posto soltanto per la sua dimensione del mercato estero, vale a

dire è il paese che più di tutti dipende dal resto del mondo per crescere. Segna invece il passo su molti altri

fronti, principalmente quello dello sviluppo istituzionale e tecnologico. L'efficienza delle sue istituzioni

pubbliche e private è molto distante da quella dei paesi avanzati e anche di molti paesi non avanzati: è

rispettivamente al 46° e 66° posto su 148. Il livello delle sue infrastrutture la vede al 74° posto. In quanto a

efficienza dei mercati dei beni e del lavoro, occupa rispettivamente il 61° e il 34° posto. Sul fronte tecnologico

per trovare la Cina dobbiamo scendere all'86° posto in quanto ad adozione di nuove tecnologie e al 105° in

quanto a disponibilità delle stesse. Ciò è dovuto a una scarsa capacità di innovare - 30° posto - derivante a

sua volta da un confronto schiacciante sulla qualità degli scienziati (41° posto) e sulla qualità dell'istruzione

superiore (44°). Anche se oggi la Cina si appresta a diventare l'economia più grande del pianeta, è ben

lontana dal diventare una vera e propria potenza economica perché il suo primato dipende in larga misura

dalle eccellenze altrui. Gli Stati Uniti sono la prima potenza mondiale dalla fine dell'Ottocento perché hanno

sommato su di sé una lunga serie di primati: politico, militare ed economico, quest'ultimo sostenuto a sua

volta da altri primati - istituzionale, scientifico e tecnologico. Il Celeste Impero oggi è diventato numericamente

grande, e farà leva sul suo ennesimo primato per rivendicare maggior potere economico e politico. Ma la

potenza di un'economia non si misura di certo e soltanto con la sua dimensione. * Università del Piemonte

Orientale to il pianeta, con una classe media in rapida crescita. Ma è bene mettere le cose nella giusta

prospettiva. Non solo per i dettagli statistici imposti dai confronti internazionali che in parte ridimensionano

l'ampiezza dell'economia cinese, e per le considerazioni doverose sul livello del pil pro capite che in Cina non

raggiunge i 6.000 dollari l'anno. Anche prendendo l'economia cinese nella sua dimensione aggregata, non

possiamo dimenticarne le caratteristiche strutturali e il suo peculiare profilo nelle relazioni economiche

internazionali. Il fattore "dipendenza" Partiamo dalle prime. La Cina sarà anche l'economia più grande del

10/05/2014 3Pag. Il Foglio(diffusione:25000)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 246

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pianeta, ma la grandezza di un'economia può derivare da varie fonti. Ciò che differenzia strutturalmente i

paesi avanzati dagli altri è la quota della domanda per consumo (che nei primi rappresenta mediamente circa

due terzi del pil ma solo il 35 per cento in Cina) rispetto alla domanda per investimento (il 45 per cento in

Cina). La rapida crescita degli investimenti ha creato una capacità produttiva che ha permesso alla Cina di

soddisfare la domanda mondiale di molti beni, non invece la domanda interna dei cittadini cinesi, ancora

limitata dall'elevata propensione al risparmio delle famiglie. In questo senso la crescita cinese dipende in

larga misura dalla domanda estera e nel

10/05/2014 3Pag. Il Foglio(diffusione:25000)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 247

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Dall'8 maggio via libera alle richieste al fondo di garanzia pmi. Le istruzioni MCC Ombrello a richiesta sul credito A banche e confi di garanzie sui portafogli di fi nanziamenti CINZIA DE STEFANIS Adisposizione della banche e dei confi di dall'8 maggio la nuova modulistica e il nuovo regolamento per la

richiesta di concessione di garanzia da parte del fondo sui portafogli di fi nanziamenti pmi (si veda ItaliaOggi

di ieri, che ha anticipato i contenuti del decreto dello Sviluppo economico). La garanzia del fondo gestito dal

Ministero dello sviluppo economico è concessa alle pmi nei limiti delle risorse fi nanziarie disponibili. In

un'apposita area ad accesso riservato del sito internet del fondo di garanzia pmi (www. fondodigaranzia.it)

rubricato «normativa e procedure per banche e confidi» gli istituti di credito e i confi di possono presentare e

gestire la richiesta di garanzia per i portafogli fi nanziamenti pmi. La nuova disciplina si applica alle domande

presentate al gestore dall'8 maggio 2014, data di pubblicazione nella Gazzetta Uffi ciale dell'annuncio del

decreto del ministro dello sviluppo economico del 24 aprile 2014 (il cui testo corredato di allegati è disponibile

su www. ItaliaOggi.it ). Questo è quanto stabilito nella circolare del Mediocredito centrale dell'8 maggio 2014

n. 669. Doppia può essere la garanzia del fondo a favore delle pmi. Garanzia diretta, in favore del soggetto fi

nanziatore, responsabile dell'erogazione dei finanziamenti ai soggetti beneficiari fi nali e della strutturazione e

gestione del portafoglio di finanziamenti. Oppure controgaranzia, in favore dei confi di, garanti di primo livello

del soggetto fi nanziatore con il quale collabora per la strutturazione e gestione del portafoglio di

finanziamenti. RESENTAZIONE DELLE RI CHIESTE DI GARANZIA - La richiesta di garanzia sul portafoglio

di fi nanziamenti deve essere inoltrata al gestore del fondo utilizzando l'apposito modulo di richiesta (allegato

23 modulo di ammissione) comunicato dal gestore del fondo, mediante fax (al n. 06.4791.5005), posta

elettronica certificata (all'indirizzo fdgammissione@ postacertifi cata.mcc.it) o posta (raccomandata a/r). In

sede di domanda, i soggetti richiedenti devono indicare la data di chiusura del portafoglio di finanziamenti e

fornire tutte le informazioni tecniche connesse alla operazione di costruzione e gestione del portafoglio di

finanziamenti. Il gestore del fondo assegna alle richieste pervenute un numero di posizione identificativo e

comunica ai soggetti richiedenti, mediante fax, posta (raccomandata a/r) o posta elettronica certificata, entro

15 giorni lavorativi dall'arrivo delle richieste, il numero di posizione assegnato e il responsabile dell'unità

organizzativa competente per l'istruttoria, ovvero comunica l'improcedibilità. La documentazione ricevuta dal

gestore del fondo dopo le ore 17,00 è considerata pervenuta il primo giorno lavorativo successivo. I termini di

scadenza che cadono in un giorno di chiusura degli uffi ci si considerano automaticamente prorogati al primo

giorno lavorativo successivo. Le proposte di delibera relative alle richieste di garanzia del fondo complete dei

dati e delle informazioni previste nel modulo di richiesta comunicato dal gestore del fondo sono presentate

dal gestore del fondo al comitato, nel rispetto dell'ordine cronologico di arrivo o di completamento dei

medesimi dati e informazioni. Le proposte sono deliberate dal comitato entro 45 giorni dalla data di arrivo o di

completamento della richiesta. ICHIESTA DI INCLUSIONE DEI FINANZIAMENTI NEL PORTAFO - I soggetti

richiedenti, a partire dalla data di delibera del comitato di gestione di ammissione del portafoglio di

finanziamenti all'intervento del fondo e fi no alla data di chiusura del portafoglio di fi nanziamenti, possono

presentare richiesta di inclusione (allegati 24 e 24-bis) dei fi nanziamenti nel portafoglio. Con frequenza

settimanale a partire dalla data di delibera di ammissione del portafoglio di fi nanziamenti all'intervento del

fondo, le richieste di inclusione dei fi nanziamenti nel portafoglio devono essere inoltrate al gestore del fondo

via posta elettronica certifi cata, mediante la trasmissione di un elenco dei fi nanziamenti stessi, redatto sulla

base del modulo comunicato dal gestore del fondo ed elaborato in forma digitale.

Come richiedere l'ammissione del portafoglio di fi nanziamenti Fondo garanzia pmi Dall'8 maggio sono

entrate in vigore le nuove modalità operative che consentono la concessione di garanzie del Fondo su

portafogli di fi nanziamenti. Doppia garanzia Doppia può essere la garanzia del fondo a favore delle pmi.

Garanzia diretta, in favore del soggetto fi nanziatore, responsabile dell'erogazione dei fi nanziamenti. Oppure

10/05/2014 21Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 248

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controgaranzia, in favore dei confi di. Modulistica per portafogli di fi nanziamenti All. 23 - modulo ammissione

portafogli fi nanziamenti All. 24 - richiesta inclusione dei fi nanziamenti nei portafogli All. 24-bis - modulo

inclusione fi nanziamenti nel portafoglio All. 25 - modulo chiusura del portafoglio All. 26 - modulo

monitoraggio portafoglio pre chiusura All. 26-bis - modulo monitoraggio portafoglio post chiusura La circolare

MCC sul fondo di garanzia pmi per i portafogli di fi nanziamenti e gli allegati con la modulistica delle domande

da presentare al gestore sul sito www.italiaoggi.it/documenti A sinistra l'anticipazione su ItaliaOggi di ieri

10/05/2014 21Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 249

Page 250: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

[ LA RICERCA ] Milano Gestione efficiente, più export ecco l'utilità di quella "patente" SECONDO L'OSSERVATORIO IL "BOLLINO" DI QUALITÀ MIGLIORA LA REDDITIVITÀ. E LE DITTECERTIFICATE FANNO AFFARI ALL'ESTERO PIÙ DI TUTTE LE ALTRE (v.d.c.) Il trend degli ultimi anni dell'export dei prodotti più forti del made in Italy dimostra che investire nella

certificazione del processo produttivo risulta decisivo per il recupero di competitività su mercati turbolenti,

come quelli attuali. A confermarlo è l'Osservatorio di Accredia che, con il supporto tecnico-scientifico del

Censis, ha confrontato gli indici di bilancio di un campione di 1000 aziende certificate ISO 9001 nel periodo

2005-2012 con un campione di 1.000 aziende non certificate. Le analisi condotte evidenziano in primo luogo

come la certificazione di qualità migliori la reddittività e la gestione corrente delle imprese. Indici come il Roi e

il Roe, o la rotazione del capitale circolante e la gestione dei crediti, si rivelano sistematicamente migliori nelle

imprese certificate rispetto alle imprese prive di certificazione. Analizzando i dati di Accredia-Censis, si vede

però come in Italia la competitività sui mercati internazionali sia scesa, tra il 2007 e il 2013, dal 3,6% al 2,7%.

Colpa non solo della prima crisi finanziaria - quella del 2007 - che ci ha trascinato verso il fondo fino al 2009.

Ma anche dell'incremento delle quote di mercato di Paesi con maggiore spinta manifatturiera, specie quelli

del Sud-Est asiatico. Poi, dal 2009 ad oggi, l'Italia è tornata a crescere sul fronte delle esportazioni. Dunque,

se la perdita di competitività è innegabile, perché testimoniata dal progressivo ridimensionamento delle

vendite di prodotti italiani sui mercati esteri, il nostro Paese si mantiene comunque ai primi posti nel mondo

per operatività sull'estero. L'Italia, infatti, continua ad essere il secondo Paese esportatore in Europa - dopo la

Germania - e il settimo a livello globale. E', inoltre, al primo posto per competitività dei prodotti del tessile,

dell'abbigliamento e della pelle. Al secondo posto, dopo la Germania, nel campo della meccanica e di prodotti

miscellanei (sport, occhialeria, alimentari) e di manufatti di base. Al sesto posto per i prodotti alimentari

confezionati e al ventunesimo per quelli dell'Ict. Se poi si considerano dati più articolati relativi al periodo

2007-2013, come il rapporto tra quote di export di un determinato settore e quota italiana sul commercio

mondiale, si evidenzia come in molti casi alcuni comparti produttivi italiani hanno addirittura incrementato la

propria competitività. Questo tipo di indicatore, che può essere considerato come un indice di competitività

settoriale negli interscambi con l'estero, ha registrato una flessione solo in 5 dei 19 comparti manifatturieri più

rilevanti. Viceversa, il posizionamento italiano migliora in molti ambiti: in particolare, nel comparto

farmaceutico, in quello dei prodotti della metallurgia, in quello della produzione di carta, della meccanica e dei

prodotti alimentari. L'indice, infine, conferma che le principali specializzazioni manifatturiere hanno, negli

ultimi anni e nonostante tutto, rafforzato il proprio posizionamento. Ciò è accaduto, in primis, per il settore

calzaturiero, la meccanica, i prodotti in metallo, l'abbigliamento, i prodotti in gomma. Certamente molte delle

produzioni appena indicate, puntualizza l'analisi di Accredia, si collocano in una fase di maturità del proprio

ciclo di vita. Ma nonostante tutto, esse restano produzioni trainanti della manifattura italiana sui mercati esteri.

La radiografia del settore è sintetizzata in altri dati: tra il 2010 e il 2013 i prezzi di vendita all'estero di prodotti

agricoli e manifatturieri sono aumentati del 13%. Tra i prodotti più apprezzati non vi sono solo quelli dei

comparti tradizionali, ovvero delle cosiddette "4 A del made in Italy" (abbigliamentotessile-moda, apparecchi

per la casa, alimentari, arredo-mobili), che rappresentano quasi un quarto del totale dell'export italiano, ma

iniziano a farsi strada anche prodotti a più elevato contenuto tecnologico. Infatti, tra il 2010 e il 2012 le

esportazioni dei comparti ad alta tecnologia (farmaceutico, produzione di Pc, meccanica di precisione e

produzioni aerospaziali) sono cresciute del 17%, A ruota sono aumentati anche i prodotti dei comparti a

media tecnologia (chimica, meccanica strumentale e produzione di autoveicoli) con un +14, passando da 72

miliardi a 81 miliardi di euro e superando in valore l'export del made in Italy tradizionale (78 miliardi di euro).

ACCREDIA CENSIS

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Foto: A fronte di un oggettivo calo di competitività del nostro Paese determinato dalla crisi, la certificazione ha

aiutato le imprese all'estero

Foto: Indici come il Roi e il Roe , o la rotazione del capitale circolante e la gestione dei crediti, si rivelano

migliori nelle imprese certificate rispetto alle imprese prive di certificazione

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Milano Banche e avvocati in lizza per la coppa dell'eccellenza STUDI LEGALI COME BONELLI EREDE PAPPALARDO, CBA, FRESHFIELDS, IL COLOSSO DELLAFARMACEUTICA SANOFI, YVES ROCHER, UNICREDIT E GENERALI SONO TRA I GRUPPI IN GARAPER IL PREMIO LE FONTI (st.a.) Ancora non si conoscono i nomi dei vincitori, ma tra i finalisti che si giocano quest'anno il podio del premio

internazionale Le Fonti, ci sono studi legali come Bonelli Erede Pappalardo, Freshfields, Cba, il colosso della

farmaceutica Sanofi, la società dei cosmetici Yves Rocher, e gruppi bancari come Unicredit e Banca

Generali. «Giunto ormai all'ottava edizione, il nostro riconoscimento vuole mettere in luce le eccellenze

italiane ed estere. - spiega il presidente di Editrice Le Fonti, Guido Giommi - Piccole e medie imprese e

grandi gruppi che si sono distinti per aver prodotto fatturati in crescita, prestato attenzione all'ambiente,

investito in formazione, assistito il cliente e puntato su una forte internazionalizzazione». I nomi dei premiati a

livello nazionale si conosceranno solo il 10 e il 27 giugno. Mentre quelli europei il 10 ottobre durante la

cerimonia a Palazzo Mezzanotte, sede di Borsa Italiana, a Milano. Tra i finalisti di quest'anno, ritornano realtà

che si sono distinte anche in altre edizioni, come Banca Generali, già premiata nel 2013 per i suoi numeri

record. «A cominciare dalla raccolta - sottolinea Giommi - che è stata di 2,26 miliardi di euro, in crescita del

40% rispetto al 2012 e del 64% sulla media dell'ultimo triennio. Il risultato più alto di sempre per la banca, che

ha aumentato la sua solidità complessiva». Altra società già insignita del riconoscimento come "Migliore

studio legale italiano" è stato Bonelli Erede Pappalardo. «Uno dei motivi principali, anche se non l'unico -

spiegano dal Centro studi del premio - è stato il suo fatturato di 128 milioni di euro». Tra le aziende premiate

da Edizioni Le Fonti in passato ci sono poi realtà che hanno investito nella green economy come la

multinazionale giapponese Panasonic. «Dopo tre anni difficili, - spiega Giommi - questo gigante

dell'elettronica aveva visto il proprio titolo crescere del 70 per cento». Ma aveva anche avviato progetti

ecosostenibili, investendo ben 480 milioni nella costruzione di pannelli solari in Malesia e siglando una

partnership con Tesla Motors, azienda che produce auto elettriche, per una fabbrica (dal valore di 5 miliardi di

dollari) di produzione di batterie per auto. Vincitrice per ben tre edizioni di fila, è stata TerniEnergia. «L'ultima

vittoria - raccontano dall'Editrice Le Fonti - l'anno scorso, grazie ai ricavi cresciuti del 12%, a un utile triplicato

e alla capacità di esportare i suoi impianti fotovoltaici in tutto il mondo». Il premio punta ha ad incoronare

aziende innovative. Così anche quest'anno gli organizzatori hanno ottenuto il patrocinio della Regione

Lombardia, della provincia di Milano, ma soprattutto quello della Commissione Europea. Il premio è stato

portato come ad ogni edizione all'estero, dove è conosciuto come Iair Awards. Le ultime tappe internazionali

sono state New York (allo Yale Club) e Hong Kong (in partnership con l'Hong Kong Exchanges). «Ci

consideriamo ambasciatori dell'eccellenza italiana e internazionale nel mondo - spiega il presidente della

Editrice Le Fonti - e garantiamo visibilità e opportunità di networking nelle più strategiche piazze finanziarie

del pianeta». Chi si occupa della parte più operativa e cioè di selezionare le aziende meritevoli di un

riconoscimento, è il Centro Studi, che sta raccogliendo i voti dei lettori del quotidiano online FinanzaeDiritto.it.

CONSORZIO CBI

Foto: Il presidente di Editrice Le Fonti Guido Giommi

Foto: Il premio va ad aziende che si sono distinte per fatturati in crescita, attenzione all'ambiente, formazione,

presenza sui mercati esteri

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 252

Page 253: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Milano Impreparati alla meta della fattura digitale obbligatoria dal 6 giugno L'IMPOSIZIONE RIGUARDA I RAPPORTI TRA FORNITORI E PA. RISPARMIEREMO 60 MILIARDI MAFINORA È ELETTRONICO SOLO IL 5% DEI 3MILA MILIONI DI DOCUMENTI FISCALI CHE CIRCOLANOOGNI ANNO. INDIETRO SONO LE IMPRESE DI PICCOLE DIMENSIONI Sibilla Di Palma Dal prossimo 6 giugno scatterà l'obbligo della fatturazione elettronica nei rapporti tra fornitori e Pubblica

Amministrazione. Se l'appuntamento non coglie impreparate le grandi imprese italiane, per le quali la fattura

virtuale non rappresenta in molti casi una novità ma è in uso ormai da diverso tempo, il discorso è invece del

tutto diverso per le piccole e medie imprese italiane che appaiono ancora indietro su questo fronte.

Attualmente in Italia sono circa 3 miliardi le fatture che circolano ogni anno; di queste, però, soltanto il 5%

sono elettroniche e quindi c'è ancora molto margine da colmare prima di essere a regime. Ma la nuova

direttiva, che entrerà dunque a breve in vigore promette, di dare una spinta in ottica più generale di

dematerializzazione del processo di approvigionamento. Nella pratica, a decorrere dal prossimo 6 giugno,

ministeri, agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza non potranno più accettare fatture emesse o

trasmesse in forma cartacea. Inoltre, a partire dai tre mesi successivi, le PA non potranno più procedere ad

alcun pagamento, neppure parziale, per fatture emesse in formato non elettronico. Un processo che, secondo

uno studio condotto dall'Osservatorio fatturazione elettronica e dematerializzazione del Politecnico di Milano,

coinvolgerà complessivamente 21.200 enti pubblici, oltre a tutti i soggetti che entreranno in relazione con

queste realtà. Con un effetto benefico, in termini di costi gestionali e operativi risparmiati sia per la Pa che per

i fornitori (i quali spendono mediamente tra le 30 e le 80 euro per la gestione manuale delle fatture), stimato

attorno ai 60 miliardi di euro. Un supporto per aiutare le Pmi ad assolvere l'obbligo arriva da Infocert, azienda

specializzata nello sviluppo di soluzioni informatiche per la dematerializzazione dei processi documentali

attraverso componenti di gestione documentale, conservazione sostitutiva, firma digitale, posta elettronica

certificata ed enterprise content management (che nel 2013 ha fatturato circa 32 milioni di euro). «Le piccole

e medie imprese hanno lavorato per decenni con la fattura tradizionale e adesso mostrano una naturale

inerzia al cambiamento», sottolinea Danilo Cattaneo, direttore generale di Infocert. Molte Pmi, dunque, non

sono ancora pronte per questa scadenza, «ma si stanno attrezzando. Gli ordini negli ultimi mesi sono infatti in

aumento». Una realtà, quella della fattura elettronica, diffusa ancora soprattutto tra le grandi aziende. Come

conferma Cattaneo: «Negli ultimi due anni abbiamo infatti gestito più di due milioni di fatture elettroniche

soprattutto per conto di grandi realtà del mondo agroalimentare. Adesso l'intento è di aiutare anche le Pmi a

digitalizzare i propri processi, rendendo accessibili in termini di costi e complessità anche per loro le nostre

soluzioni». Per far sì, insomma, che la fattura elettronica, com'è già accaduto per la posta elettronica

certificata o per la firma digitale, da obbligo normativo diventi un'opportunità per semplificare le procedure e

ridurre i costi. Considerato che la digitalizzazione applicata sia alle fatture attive, che a quelle passive (ossia,

rispettivamente, quelle emesse e quelle ricevute dall'azienda) «permette di ottenere un abbassamento dei

costi fino al 60%». La società, che attualmente gestisce più di cinque milioni e mezzo di certificati di firma

digitale, un milione e quattrocentomila caselle di posta elettronica certificata e circa quattrocentocinquanta

milioni di documenti conservati in modalità sostitutiva, ha lanciato in particolare una soluzione specifica per la

fatturazione elettronica verso la PA, abilitando tutti gli attori - imprese private ed enti pubblici -

all'adempimento dell'obbligo che scatterà dal prossimo 6 giugno. Nel dettaglio, quest'ultima consente il

dialogo con il Sistema di Interscambio di Sogei (Sdi), l'infrastruttura che si occupa di ricevere i flussi di fatture

elettroniche destinate alla PA e di destinarli verso gli uffici competenti. E comprende tutti i livelli di notifica

previsti dalla regole tecniche, integrando in modo nativo i servizi di firma digitale, di posta elettronica

certificata e di conservazione a norma richiesti per lo svolgimento della procedura. Il sistema, che può essere

erogato in modalità Cloud oppure ibrida (grazie a una virtual appliance distribuita presso il cliente) è

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disponibile sia in una versione per le piccole aziende, che emettono un numero contenuto di fatture all'anno,

sia in versione per medie aziende. «In quest'ultimo caso è presente un maggior livello di automazione»,

specifica Cattaneo. La soluzione, il cui costo è determinato dal livello di utilizzo e che comporta un

bassissimo impatto sui sistemi informativi, è infine disponibile come libreria di processo sviluppata su

LegalCloud, piattaforma di servizi in cloud con cui InfoCert offre la possibilità di integrare le tecnologie di

dematerializzazione nei processi aziendali. WWW.OSSERVATORI.NET

Foto: "Così aiutiamo le imprese ad attrezzarsi" spiega Danilo Cattaneo (foto), dg di Infocert

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Milano In Tech City le aziende dell'elettronica condividono il magazzino I SERVIZI SU PIATTAFORMA PER PIÙ CLIENTI NASCONO IN CASA DI CEVA LOGISTICS,MULTINAZIONALE USA PRESENTE IN 170 PAESI CHE FATTURA 8,5 MILIARDI DI DOLLARI DI CUI IL10% NELLA PENISOLA ITALIANA (ch.ben.) Dopo la città del Libro e quella del Pharma, arriva Tech City. È la prossima capitale logistica per le pmi (ma

non solo) dell'elettronica che puntano ai mercati esteri ma hanno bisogno di un sostegno (per magazzino e

consegne) di un partner industriale nella filiera della distribuzione delle merci. Il servizio nasce in casa di

Ceva Logistics, la multinazionale americana presente in 170 paesi che fattura 8,5 miliardi di dollari, di cui il

10% in Italia, e che punta allo sviluppo dei servizi export e a piattaforme multicliente dedicate a una tipologia

di merce. Tech City, che verrà inaugurata presto alle porte di Milano, nasce per servire meglio le aziende

dell'elettronica sia sul mercato italiano che oltre confine. «Il nostro obiettivo - spiega Giuseppe Chiellino,

managing director di Ceva in Italia - è diffondere il concetto di logistica collaborativa per sfruttare al meglio le

economie di scala e la sostenibilità, anche ambientale, del servizio. Il che significa che le aziende, anche

competitor, condivideranno lo stesso magazzino e magari lo stesso camion nel corso di una spedizione. Un

evidente risparmio di tempo e di denaro, soprattutto per le pmi, ma non solo». La logistica collaborativa, con

spazi dedicati a un solo comparto, è già realtà nel sito di Stradella, dove dedica 80mila metri quadrati

all'editoria (Città del Libro) e ventimila metri quadrati a temperatura controllata al settore farmaceutico (Città

dei Farmaci). E Tech City è solo un altro passo in questa direzione. Non manca qualche resistenza (di tipo

culturale) di fronte a questa proposta, soprattutto in settori come la moda, dove le imprese sono molto gelose

delle proprie creazioni, ma Chiellino è convinto che questo modello sia il futuro, la terza grande evoluzione,

della logistica moderna. «In particolar modo in Italia, dove per via della complessa conformazione geografica,

il sistema di magazzino e consegne presenta più di una difficoltà». L'altro canale in rampa di lancio è quello

d'e-commerce, che oggi vale circa il 5% del fatturato di Ceva Logistics. «Noi ci proponiamo come un

integratore a 360 di servizi logistici. Siamo partner delle aziende e curiamo tutti gli aspetti della supply chain ,

sia in Italia che all'estero. Perciò l'ecommerce è una leva di sviluppo in più grazie alla quale cui contiamo di

crescere».

Foto: Nella foto Giuseppe Chiellino , managing director di Ceva in Italia

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 255

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La storia/Servizi Manager a tempo. Per esportare Co.Mark, consulenza ai piccoli per varcare le frontiere senza paura PAOLA CARUSO Anche le piccole e medie imprese puntano tutto sull'export. Ed è in crescita il numero di aziende con pochi

dipendenti che si rivolgono a specialisti in outsourcing per uscire dai confini nazionali.

Soltanto la società di consulenza Co.Mark, con 130 temporary export manager, segue 600 imprese pro-

esportazioni (l'anno scorso erano 480) proponendo strategie ad hoc e suggerendo le piazze più appetibili per

ogni singola realtà produttiva, da quella meccanica a quella chimica, da quella tessile a quella

agroalimentare. Ogni settore ha il suo specialista di riferimento. E così, queste 600 imprese l'anno scorso

hanno realizzato 650 milioni di euro, soltanto in export, grazie alla consulenza. «Molte Pmi non hanno le

risorse per avere un export manager interno - spiega Massimo Lentsch, fondatore e presidente di Co.Mark -.

Per cui si rivolgono a noi che abbiamo skill e strumenti per centrare gli obiettivi».

L'anno scorso la società di consulenza, che nel 2013 ha fatturato 13 milioni di euro (15 milioni è la stima del

2014), ha messo radici al Sud con ottimi risultati: il 70% dei suoi nuovi «clienti» si trova al Centro e al

Meridione. Ma tra le aziende con temporary manager non ci sono soltanto le piccole. Certo, il 95% dei

contratti di consulenza è firmato da imprese con un fatturato tra uno e 20 milioni di euro. Ma molte hanno

bilanci tra 200 e 400 milioni.

«Il nostro contratto è di un anno - sottolinea il top manager -. E in quel lasso di tempo il temporary manager

deve garantire il risultato atteso, studiando strategie accattivanti e innovative. Cosa che magari non fa un

export manager interno, perché non ha un'esperienza su più fronti e non lavora su diverse tipologie di

business, di conseguenza ci può mettere il doppio o il triplo del tempo per arrivare agli obiettivi».

Per aiutare il made in Italy a esportare, Co.Mark è stata chiamata dal ministero dello Sviluppo economico a

partecipare al road show «Italia per le imprese» in 25 città. Si tratta di incontri e seminari informativi per

spiegare agli imprenditori gli approcci da usare sui mercati stranieri. Il tour è già iniziato. «Finora siamo andati

a Biella, Bari e Milano - aggiunge Lentsch -, e domani saremo ad Ancona. La partecipazione è molto alta.

Parliamo di circa 600-700 imprese per ogni tappa». I vantaggi? «Non ci sono soltanto workshop informativi e

formativi - commenta Lentsch -, ma c'è anche la possibilità di avere incontri con un funzionario Ice e un

nostro temporary manager che presenta un microbusiness plan mirato e basato sulle caratteristiche

individuali di ogni azienda».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

25Le tappe del tour «Italia per le imprese», promosso dal ministero dello Sviluppo economico per aiutare

l'internazionalizzazione delle Pmi. Previsti workshop, incontri formativi e operativi

Foto: Export Massimo Lentsch, fondatore di Co.Mark, società di consulenza

12/05/2014 16Pag. Corriere Economia - N.17 - 12 maggio 2014

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 256

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L'ULTIMA SETTIMANA** LUNEDÌ Consob. Ben vengano gli investitori esteri in una fase in cui arretra il vecchio capitalismo di relazione

colpito dalla crisi. Questo il pensiero di Giuseppe Vegas, presidente della Consob, intervenuto alla relazione

annuale della commissione di controllo. MARTEDÌ Fiat. Il piano industriale 2014-2018 illustrato da Sergio

Marchionne prevede investimenti per 55 miliardi di euro e punta a vendere oltre 7 mln di auto nel 2018 e a

raggiungere i 5 miliardi di utile entro fine periodo. Per migliorare la redditività del gruppo, Marchionne

scommette su alfa Romeo, Maserati, Jeep, 500 e Ferrari. MERCOLEDÌ Pirelli. Il gruppo guidato da Marco

Tronchetti Provera ha chiuso il primo trimestre con ricavi in crescita organica dell'8% a 1,47 miliardi di euro e

un util enetto di 90,4 mln (+26,1%). GIOVEDÌ Bce. L'Istituto di Francoforte lascia i tassi in variati allo 0,25%,

ma il presidente Mario Draghi dice che il Consiglio direttivo è orientato ad agire il mese prossimo dopo che

avrà visto le previsioni su economia e inflazione che arriveranno a inizio giugno. VENERDÌ Ftse Mib -1,6%.

Dopo il forte rimbalzo della vigilia a seguito delle dichiarazioni del presidente della Bce Mario Draghi su un

possibile taglio dei tassi di interesse a giugno, Piazza Affari torna a scendere. In rosso Prysmian (-5,3% a

16,09 euro), colpita da una raffica di downgrade all'indomani dei conti trimestrali. Vendite anche su Azimut H.

(-4,5% a 21,01 euro) con Equita Sim e Kepler Cheuvreux che hanno ridotto rispettivamente i target price a

26,5 euro da 28 euro (rating buy) e a 21,8 euro da 23 euro (hold). Pesante Mediaset (-4% a 3,79 euro).

Negative le banche: Ubi -4,9%, Mediobanca -5,4%, Mps -2%. In controtendenza Fiat (+1,2% a 7,53 euro).

Denaro su Autogrill (+1,5% a 6,68 euro). Wall Street moderatamente positiva, indice Dow Jones +0,2%, S&P

500 +0,15% e Nasdaq +0,5%. Portogallo. L'agenzia di rating Standard & Poor's ha alzato l'outlook sul merito

di credito del Portogallo da negativo a stabile grazie al miglioramento delle condizioni economiche e di

mercato e ha confermato il giudizio a BB, a due gradini dal livello spazzatura. S&P ha spiegato che

l'economia e il mercato del lavoro si stanno riprendendo più velocemente delle attese. Secondo l'agenzia di

rating il Portogallo, che rimane il Paese più povero dell'Europa occidentale, incontrerà delle difficoltà nel

riguadagnare lo status di investment grade. Cina. L'indice dei prezzi al consumo è salito dell'1,8% ad aprile

rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Il dato è inferiore al +2% atteso. A livello mensile, l'indicatore è

sceso dello 0,3% (+2,4% a marzo su base annua). Energy Lab. L'assemblea degli azionisti di Energy Lab,

società attiva nel settore delle energie rinnovabili, ha nominato il consiglio di amministrazione funzionale al

progetto di quotazione sull'Aim Italia gestito da Borsa Italiana. Il cda è costituito da cinque membri Giovanni

Dorbolò (presidente e amministratore delegato), Walter Giovanni Ballandino, Maurizio Conti, Lara Dorbolò e

David Armanini. La quotazione di Energy Lab, destina a collocare sul mercato un flottante del 20% del

capitale, è curata da Integrae Sim come Global Coordinator e Nomad, Legance come consulente legale,

Mazars come revisore legale dei conti. Icbpi. L'Istituto centrale delle banche popolari italiane ha chiuso il

2013 con un utile di 73,1 mln. Ricavi a 658,7 mln, con ebitda a 168,4 mln. Il patrimonio netto è salito del 9,7%

a 849,5 mln. Centrale del latte Torino. Il gruppo ha chiuso il trimestre con ricavi di 25,9 milioni di euro (+4,6%)

e un ebitda di 402 mila euro contro i 580 mila anno su anno. Frendy Energy. Sottoscritto l'aumento di capitale

di Alfa Idro, società del gruppo Bona, per il 51% della società. Il restante 49% rimane del gruppo. Anima

Holding. La società ha chiuso il primo trimestre con un utile di 17,7 milioni di euro, in crescita del 28% rispetto

ai 13,8 milioni dell'analogo periodo del 2013. A2A. Cinque banche in finale per collocare il 5% del capitale

della multiutility. Sono Banca Imi, Goldman Sachs, Unicredit, Société Générale e Mediobanca. Buzzi Unicem.

La società ha chiuso il trimestre con una perdita di 53,4 mln, in ripresa dai 66,9 mln. Il fatturato è aumentato

da 444,9 a 496,4 mln. Il mol è stato di 10,3 mln, in crescita di 18,7 mln. DiaSorin. La società ha registrato nel

trimestre un utile di 19,7 mln, -4% rispetto ai 20,5 mln nel primo trimestre 2013. Ricavi da 105,8 a 105,9 mln,

l'ebitda è stato di 38,6 mln. Credito Valtellinese. Il gruppo ha scelto le banche per consorzio di garanzia

dell'aumento di capitale fino a 400 mln, che è così garantito interamente. Banca Finnat. Nel primo trimestre

10/05/2014 4Pag. Milano Finanza - N.91 - 10 maggio 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 257

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utile netto in crescita del 10% a 1,33 milioni di euro. Margine di interesse a 3,46 mln (3,44 mln), le

commissioni nette si attestano a 5,34 mln (5,43 mln) e il margine di intermediazione sale a 12,42 mln (10,11

mln). Ima. Collocati bond da 80 milioni di euro presso investitori istituzionali europei. Verranno emesse due

tranche, a cinque e sette anni, con interessi rispettivamente del 3,875% e 4,375%. Carige. L'aumento di

capitale fino a 800 milioni «andrà in esecuzione a giugno, Consob permettendo, contiamo di partire nella

seconda settimana per finire la prima settimana di luglio». A dare la tempistica è il presidente del gruppo,

Cesare Castelbarco. Dividendi. Quotano ex stacco cedola (in pagamento dal 15 maggio) le seguenti azioni

quotate a Piazza Affari: Aeroporto di Firenze (0,04 euro), Amplifon (0,043), Ascopiave (0,12), Astaldi (0,19),

Beni Stabili (0,022), Brembo (0,5), Cairo Communication (0,27), Datalogic (0,16), Vittoria Assicurazioni (0,18),

Zignago Vetro (0,22), Compagnia della ruota (0,0388), Ki Group (0,19), Rosetti Marino (0,5), Wm Capital

(0,003).

MARTEDÌ

13 Assemblee. Unicredit. Roma, ore 10.30. Enel Green Power. Roma, ore 14.00. Incontro. «Investire in Italia

uno strumento unico per puntare sulle nostre eccellenze». Milano, Sala Consiglio, ore 11.30

MERCOLEDÌ

14 Incontro. Promosso da Alliance & Bernstein, «Smart Investing Investire in modo efficace nei Mercati

Europei» con Massimo Dalla Vedova, Director Financial Institutions e Michele Patrì, gestore fondo European

Flexible Equity. Milano, Sheraton Diana Majestic, ore 15.30

GIOVEDÌ

15 Incontro. Presentazione dati annuali Osservatorio Acquisti CartaSi 2014. Milano, Palazzo Parigi, ore 10.00

VENERDÌ

16 Convegno. «Come muovere gli i n g r a n a g g i dell'economia, proposte e scelte per far crescere le pmi».

Organizzato da Confcommercio Ravenna. Ravenna, Teatro Alighieri, ore 10.00

Gli eventi chiave In collaborazione con

Giorno Ora Paese Evento Periodo Consensus Precedente Rilevanza Fonte consensus: Bloomberg -

Rilevanza: bassa; media; buona; alta Martedì 7:30 CIN Vendite al dettaglio a/a APR 12,20% 12,20% 13/05

7:30 CIN Produzione industriale a/a APR 8,90% 8,80% 10:00 ITA Inflazione armonizzata APR F 0,60%

0,60% 14:30 USA Vendite al dettaglio m/m APR 0,40% 1,20% Mercoledì 11:00 EUR Produzione industriale

m/m MAR -0,10% 0,20% 14/05 11:30 GBR BoE: presentazione report trimestrale sull'inflazione 16:30 USA

DOE scorte greggio (000) 9 MAG -1781 Giovedì 8:00 GER PIL t/t 1T P 0,70% 0,40% 15/05 8:00 GER PIL a/a

1T P 2,20% 1,40% 10:00 EUR BCE: pubblicazione report mensile 10:00 ITA PIL t/t 1T P 0,10% 10:00 ITA PIL

a/a 1T P -0,90% 11:00 EUR Inflazione APR F 0,70% 0,50% 11:00 EUR PIL t/t 1T A 0,40% 0,20% 11:00 EUR

PIL a/a 1T A 1,10% 0,50% 14:30 USA Inflazione APR 2,00% 1,50% 14:30 USA Nuove richieste

disoccupazione (000) 10 MAG 319 14:30 USA Richieste continue (000) 3 MAG 2685 15:00 USA Flussi TIC

netti l/termine Mld$ MAR 85,7 15:15 USA Produzione industriale m/m APR 0,00% 0,70% 16:00 USA

Philadelphia Fed MAG 12,5 16,6 16:00 USA NAHB fiducia costruttori MAG 48 47 Venerdì 1:00 USA Yellen

(governatore FED): discorso 16/05 11:00 EUR Bilancia commerciale (Mld€) MAR 15 14:30 USA Nuove

costruz. abitative m/m APR 3,90% 2,80% 14:30 USA Permessi edilizi m/m APR 1,80% -1,70% 15:55 USA

Fiducia consumatori Università del Michigan MAG P 84,5 84,1

10/05/2014 4Pag. Milano Finanza - N.91 - 10 maggio 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 12/05/2014 258

Page 259: ANIEM...2014/05/12  · 17 09/05/2014 trapaniok.it 20:39 Aniem Sicilia incontra il vice ministro per le infrastrutture 18 SCENARIO EDILIZIA 10/05/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Aziende europee meno profittevoli L'appeal dei listini è legato soprattutto agli alti dividendi - An.Gen. Le società del Vecchio Continente fanno fatica a seguire gli Stati Uniti sul terreno della profittabilità. La

diffusione delle trimestrali è più indietro in Europa: secondo le prime indicazioni gli utili nel primo trimestre

sono saliti poco al di sotto dell'1% ma soprattutto con un segno meno davanti ai ricavi. Un recente studio di

BofA Merrill Lynch evidenzia inoltre che prosegue inesorabilmente la revisione al ribasso della stima di

crescita degli utili per azione nell'intero 2014 (oggi si attesta all'8,7% contro il 13% di inizio anno). La ripresa

resta ancora un'incognita, ma il mercato ci crede.

«In Europa - spiega Paola Bianco, market strategist di Euromobiliare Am Sgr - sono oramai due anni che

assistiamo a una continua revisione al ribasso degli utili. Negli ultimi tempi comunque registriamo alcuni

segnali di miglioramento, penso ad esempio agli indici di confidenza e all'indice Pmi. Sono due termometri

che di solito preludono alla crescita degli utili. Oggi il gap con gli Stati Uniti è rilevante ma il mercato tende ad

anticipare i futuri movimenti e sicuramente le aziende del Vecchio Continente potranno trarre maggiore

beneficio da una ripresa globale. In tutto questo l'euro è il vero elemento di cautela, soprattutto perché solo la

Germania può sostenere una divisa unica sopra 1,40 mentre la periferia no. Pensiamo comunque che la

divisa continuerà a muoversi all'interno del range degli ultimi due anni tra 1,27 dollari e 1,40».

Tra i fattori che rendono più competitivo l'azionario europeo a quello statunitense c'è sicuramente la

componente dei dividendi. «I dividendi dello Stoxx 600 - spiega Raffaele Zenti, co-fondatore e partner di

Advise Only - oggi hanno un rendimento in media del 3,4% contro il 2% circa degli Stati Uniti. È una

differenza importante che pesa nelle scelte di investimento. Per il resto a inizio anno c'era maggiore

convinzione nel sostenere l'azionario del Vecchio Continente rispetto a quello americano. In Europa gli utili

faticano a crescere, così come i ricavi, manca ancora una vera ripresa». © RIPRODUZIONE RISERVATA

10/05/2014 9Pag. Il Sole 24 Ore - PLUS 24

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