ANIEM · MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o...

189
La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. ANIEM Rassegna Stampa del 14/04/2014

Transcript of ANIEM · MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o...

La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o

parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue;

MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto

specificato nei contratti di adesione al servizio.

ANIEM

Rassegna Stampa del 14/04/2014

INDICE

ANIEM

Il capitolo non contiene articoli

ANIEM WEB

11/04/2014 www.adnkronos.com

Dalla crisi economica un'opportunità per progetti di sviluppo urbanistico di qualità11

11/04/2014 www.focus.it 13:57

Dalla crisi economica un'opportunità per progetti di sviluppo urbanistico di qualità12

11/04/2014 liberoquotidiano.it 13:08

Dalla crisi economica un'opportunità per progetti di sviluppo urbanistico di qualità13

11/04/2014 www.arezzoweb.it 12:08

Dalla crisi economica un'opportunità per progetti di sviluppo urbanistico di qualità14

11/04/2014 www.wallstreetitalia.com 12:40

Dalla crisi economica un'opportunità per progetti di sviluppo urbanistico di qualità15

11/04/2014 scienza.panorama.it 15:42

Dalla crisi economica un'opportunità per progetti di sviluppo urbanistico di qualità16

SCENARIO EDILIZIA

12/04/2014 Corriere della Sera - Bergamo

«I lavori, un'opportunità enorme per le nostre imprese»18

12/04/2014 Corriere della Sera - Bergamo

Arriva Brebemi, ma l'edilizia resta al palo19

13/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Il piano per Malpensa, 25 destinazioni Ma il grande salto resta ancora un sogno21

12/04/2014 Il Sole 24 Ore

Feeling con la platea che attende il premier alla prova-concretezza23

12/04/2014 Il Sole 24 Ore

Marche, ripresa a macchia di leopardo25

14/04/2014 Il Sole 24 Ore

Con i crediti rimborsati si pagano i fornitori26

12/04/2014 La Repubblica - Bologna

"Noi a controllare loro a insultarci"27

12/04/2014 La Repubblica - Bari

E l'impresa edile va anche in Azerbaijan29

13/04/2014 La Repubblica - Nazionale

Libreria Rizzoli pronte le ruspe Manhattan perde un pezzo di storia30

13/04/2014 La Repubblica - Palermo

Pochi controlli e assunzioni in nero nell'Isola cinque morti sul lavoro al mese31

11/04/2014 La Stampa - Biella

Cantieri fino all'estate sulle strade di Mosso33

11/04/2014 La Stampa - Vercelli

Dai tetti allo smaltimento di amianto Ecco tutti i servizi offerti da Valpil34

11/04/2014 La Stampa - Vercelli

Con Impresa Edile Berteletti la casa dalle fondamenta al tetto35

12/04/2014 La Stampa - Biella

Ruspe in azione all'Aravecchia36

12/04/2014 Il Messaggero - Nazionale

Il premier: subito una lotta violenta alla burocrazia37

12/04/2014 QN - Il Resto del Carlino - Ravenna

I futuri geometri a lezione in cantiere38

13/04/2014 Il Gazzettino - Padova

Casa onlus, ecco la prima pietra39

14/04/2014 Il Gazzettino - Padova

Aule, musei, biblioteche Cantieri per 57milioni40

13/04/2014 Il Manifesto - Nazionale

Il decreto Lupi e la lezione di La Pira42

13/04/2014 Libero - Nazionale

Effetto Renzi: 4,6 miliardi di tasse in più sulla casa43

12/04/2014 Il Secolo XIX - Savona

Dodici anni tra crisi, arresti e novità i mille guai della struttura "maledetta"44

12/04/2014 Il Secolo XIX - La Spezia

Edilizia a picco, chiuse 142 imprese in due anni45

12/04/2014 ItaliaOggi

Srl-cartiere a un euro46

12/04/2014 QN - La Nazione - La Spezia

2 Giugno, la scuola "di Renzi": via ai lavori di ristrutturazione47

13/04/2014 QN - La Nazione - Empoli

«Occupazione e ambiente più tutelati»48

13/04/2014 QN - La Nazione - Grosseto

Ripulirono un cantiere edile, condannati49

14/04/2014 QN - La Nazione - Pisa

Pisorno chiusa per realizzare le nuove fogne50

14/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Così rischiamo di perdere la carta dell'hub mediterraneo51

14/04/2014 Corriere Economia

Gas L'Aquila americana contro l'Orso russo53

14/04/2014 Corriere Economia

La spinta delle agevolazioni55

12/04/2014 Milano Finanza

SULLA STRADA DEI DUCATI56

14/04/2014 Il Fatto Quotidiano

Grattacieli nel deserto per la gioia dei sultani57

12/04/2014 Uomo Vogue

Mario Cucinella59

12/04/2014 Edilizia e Territorio

Ospedali, il «baco» del Dm parametri mette a rischio i requisiti dei progettisti60

12/04/2014 Edilizia e Territorio

Durc, parte in salita la strada per passare dalla carta al web62

12/04/2014 Tecnica Ospedaliera

San Gerardo, Monza Ampliamento e ristrutturazione63

SCENARIO ECONOMIA

12/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

il Tramonto delle Illusioni67

12/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Per l'Eni ipotesi Descalzi o Cao Marcegaglia e Caio per Terna68

12/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Il primato italiano delle tasse sul lavoro Roma al sesto posto nella classifica Ocse69

12/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Per il G20 ripresa più forte, mercati fragili70

13/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

la Vitalità di Milano che dà Fiducia all'Italia72

13/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

I tagli più urgenti per i cittadini: ai maxistipendi74

13/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

Martina: «L'agricoltura? Può creare 150 mila posti Ma 19 giorni in dogana per chiesporta sono troppi»

76

13/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

I soci Bpm bocciano lo statuto, per 124 voti78

14/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale

La difficile ricerca del giusto compenso80

12/04/2014 Il Sole 24 Ore

Renzi: «Lotta violenta contro la burocrazia» Lunedì le nomine82

12/04/2014 Il Sole 24 Ore

Il cambio di passo che serve al Fisco84

12/04/2014 Il Sole 24 Ore

Lezioni di «sprechi» alla Scuola di Economia86

12/04/2014 Il Sole 24 Ore

Il rilancio del credito parte dal rischio89

12/04/2014 Il Sole 24 Ore

Web economy, da concertare la territorialità allargata91

13/04/2014 Il Sole 24 Ore

Le misure di Draghi e il pressing della politica93

13/04/2014 Il Sole 24 Ore

Visco: con la nuova tassa freno al credito bancario95

13/04/2014 Il Sole 24 Ore

Draghi: Bce vigile sull'euro97

13/04/2014 Il Sole 24 Ore

«In Italia sono a casa, ho soldi per Telecom»99

14/04/2014 Il Sole 24 Ore

Spending review: la sfida si vince sull'«execution»102

14/04/2014 Il Sole 24 Ore

Rischio di (dis)unione bancaria104

14/04/2014 Il Sole 24 Ore

Mentalità più globale per non perdere terreno106

14/04/2014 Il Sole 24 Ore

Authority, sanzioni in calo107

14/04/2014 Il Sole 24 Ore

«Così la Spa rafforza la buona gestione»109

14/04/2014 Il Sole 24 Ore

In Cina avanza il terziario110

14/04/2014 Il Sole 24 Ore

Crowdfunding, via inedita di nuovi progetti a Pechino112

12/04/2014 La Repubblica - Nazionale

Alitalia-Etihad chiuso l'accordo ai soci arabi il 49 per cento113

12/04/2014 La Repubblica - Nazionale

Debito italiano a ruba tensione Tesoro-Bce sul valore dei Bot115

13/04/2014 La Repubblica - Nazionale

Padoan avverte la Ue "Giù ancora il deficit ma a ritmi più graduali"117

13/04/2014 La Repubblica - Nazionale

"Niente scioperi dei mezzi pubblici durante l'Expo e la presidenza Ue" così parlò ilgarante

119

14/04/2014 La Repubblica - Nazionale

Eni affidato a Descalzi e Moretti si avvicina al vertice Finmeccanica120

14/04/2014 La Repubblica - Nazionale

La rivoluzione del salario minimo Allarme sindacati "Paghe ridotte"122

12/04/2014 La Stampa - Nazionale

Il nuovo patto generazionale per il lavoro124

12/04/2014 La Stampa - Nazionale

Sì del governo al piano Etihad125

12/04/2014 La Stampa - Nazionale

"Gli investimenti fuori dal deficit? Così l'Ue crescerà"126

13/04/2014 La Stampa - Nazionale

"In Italia segnali di crescita ma nel lavoro gravi difficoltà"127

13/04/2014 La Stampa - Nazionale

Alitalia, oggi Etihad vara l'offerta128

13/04/2014 La Stampa - Nazionale

"Mai più fondi agricoli Ue a banche e assicurazioni"129

14/04/2014 La Stampa - Nazionale

Il piano di tagli rallenta l'accordo Alitalia­Etihad130

14/04/2014 La Stampa - Nazionale

«La Cina rallenta ma cresce sempre»131

14/04/2014 La Stampa - Nazionale

"L'Oréal punta sull'Italia All'export il 92% dei prodotti"132

14/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

IL JOBS ACT DI POLETTI FORMATO NESTLÈ134

14/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

La Terra Promessa del Def135

14/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Servono davvero diciannove Authority?137

14/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

PpSs, arrivano i Renzi-boys la nuova mappa del potere140

14/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

"Sono tutte da buttare? Macché, per i trasporti è la via per migliorare"143

14/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Eni, il saluto di Scaroni comincia da Mosca145

14/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

DEFLAZIONE LA YELLEN SI PREOCCUPA PIÙ DI DRAGHI146

14/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Coop, i matrimoni riparatori delle 7 sorelle del mattone rosso147

14/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Aiello e l'Autorità sui contratti pubblici149

14/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Mobile, cresce la "App Economy" ora vale oltre 24,5 miliardi di euro150

14/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

"Lo Statuto, un bel sogno ma nulla è stato realizzato"151

14/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

Non più "risorse" ma "talenti" così l'economia nell'era 2.0 scommette sul fattoreumano

153

14/04/2014 La Repubblica - Affari Finanza

"La parità tra sessi non abita qui il digitale migliorerà la società"154

14/04/2014 Corriere Economia

Perché i nostri titoli piacciono all'estero156

14/04/2014 Corriere Economia

Quei tre guardiani del bilancio che nessuno riesce a individuare158

14/04/2014 Corriere Economia

La ripresa si vede Non sprechiamo un'altra occasione159

14/04/2014 Corriere Economia

Victor Massiah: «Ubi aperta ai fondi, ma col voto capitario»160

12/04/2014 Milano Finanza

ORSI &TORI163

12/04/2014 Milano Finanza

Bernabe' , Costa, Battista&C coca c'e dietro i superstipendi dei manager di PiazzaAffari

166

12/04/2014 Milano Finanza

Una pax molto elettorale170

12/04/2014 Milano Finanza

Grande affare Russia172

SCENARIO PMI

12/04/2014 Il Sole 24 Ore

Merkel promuove la Grecia175

13/04/2014 Il Sole 24 Ore

Rilanciare il talento italiano177

14/04/2014 Il Sole 24 Ore

Aiuti in arrivo per le reti d'impresa179

14/04/2014 La Stampa - Nazionale

Ora l'export mette il turbo180

14/04/2014 La Stampa - Nazionale

Così Internet moltiplica i ricavi181

12/04/2014 Il Messaggero - Marche

Industriala produzionefrena, volal'export182

13/04/2014 Il Messaggero - Pesaro

«La crisi morde ancora ma siamo inascoltati Troppo silenzio»183

14/04/2014 L Unita - Nazionale

«Il problema del lavoro è più grave di quel che si dice»184

12/04/2014 Milano Finanza

Green così bello185

12/04/2014 La Notizia Giornale

il 20% di insem acquistato da H2i186

12/04/2014 Giornale delle Assicurazioni

Il Vita anche per le Pmi187

ANIEM WEB

6 articoli

Dalla crisi economica un'opportunità per progetti di sviluppo urbanisticodi qualità pagerank: 7 Ristrutturazioni in crescita, meno investimenti nelle costruzioni tradizionali

Roma, 11 apr. - (Adnkronos) - "La crisi che stiamo vivendo a livello economico ha una ripercussione notevole

anche sui progetti di sviluppo urbanistico, ma l'altra faccia della medaglia è l'opportunità, perché ad essere in

crisi sono tutti i progetti datati e dai criteri superati che non si configurano come sviluppo urbanistico

qualitativo". Così all'Adnkronos Andrea Ferrazzi, delegato nazionale Anci per l'Urbanistica e assessore a

Urbanistica e Edilizia del Comune di Venezia.

"La nostra città oggi - continua il delegato Anci - non può più giocarsi sulla speculazione di antica memoria,

ma sulla rigenerazione qualitativa. Anche dal punto di vista del ritorno di investimento dei priìvati è evidente

che questa consapevolezza si stia diffondendo e quindi, paradossalmente, la crisi può diventare un volano di

crescita per un'architettura e un'urbanistica finalmente di qualità". Il mercato delle costruzioni in Europa ha un

volume d'affari di 1.319 miliardi di euro, il 50,6% dei quali destinati alle ristrutturazioni, comparto che, al

contrario delle nuove costruzioni, è in continua crescita dal 1995.

Secondo il Report Cresme "Riuso 03", tra 2006 e 2013 il valore degli investimentio nelle costruzioni

tradizionali si è ridotto a valori costanti del 32%, gli investimenti in nuova edilizia residenziale sono crollati del

58,7% e il giro di affari del mercato immobiliare si è ridotto a causa del crollo delle compravendite e dei prezzi

del 60%. Anche le opere pubbliche di sola esecuzione fanno registrare una flessione che si attesta sul 52%

così come il partenariato pubblico privato.

Il crollo di valore reale che ha colpito l'edilizia nel suo complesso, pari almeno al 32% rispetto al 2006

secondo l'Aniem (Associazione nazionale imprese edili), ha avuto e sta avendo forti ripercussioni sulle piccole

e medie imprese del settore delle costruzioni: secondo una stima del Centro Studi Santonoceto, non meno di

13.000 imprese costruttrici hanno chiuso i battenti nel 2013, di cui 40 tra le principali 200 imprese a livello

nazionale.

Puntare sulle riqualificazioni può essere la soluzioni alla crisi di settore. "Nei comuni italiani c'è molto da

riqualificare, in alcune città in particolare lo sviluppo urbano è stato anche in parte speculativo e serve

un'inversione di tendenza - commenta Ferrazzi - la consapevolezza sta crescendo e gli stessi costruttori

hanno capito che l'aumento di volume non è sufficiente, anche perché nelle nostre città c'è un esubero di

costruito e in queste città diffuse, 'spaparanzate', si sono persi i luoghi tradizionali del riconoscimento della

comunità locale".

Necessario quindi "ripensare una città che non occupa nuovo suolo ma che rigenera se stessa a partire dai

terreni già costruiti attraverso progetti di abbellimento, risparmio energetico, riqualificazione". Il 16 aprile l'Anci

promuoverà un seminario "con tutte le categorie a livello nazionale sul tema del consumo di suolo e su come

fare squadra per riportare la città urbanisticamente sostenibile al centro del Paese. Tema - conclude il

delagato nazionale Anci - che ha a che fare con diverse questioni: con la qualità della vita dei cittadini, con il

concetto di bello che non vuol dire effimero, con la competitività".

11/04/2014 Sito Webwww.adnkronos.com

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

ANIEM WEB - Rassegna Stampa 14/04/2014 11

Dalla crisi economica un'opportunità per progetti di sviluppo urbanisticodi qualità pagerank: 7 Roma, 11 apr. - (Adnkronos) - "La crisi che stiamo vivendo a livello economico ha una ripercussione notevole

anche sui progetti di sviluppo urbanistico, ma l'altra faccia della medaglia è l'opportunità, perché ad essere in

crisi sono tutti i progetti datati e dai criteri superati che non si configurano come sviluppo urbanistico

qualitativo". Così all'Adnkronos Andrea Ferrazzi, delegato nazionale Anci per l'Urbanistica e assessore a

Urbanistica e Edilizia del Comune di Venezia.

"La nostra città oggi - continua il delegato Anci - non può più giocarsi sulla speculazione di antica memoria,

ma sulla rigenerazione qualitativa. Anche dal punto di vista del ritorno di investimento dei priìvati è evidente

che questa consapevolezza si stia diffondendo e quindi, paradossalmente, la crisi può diventare un volano di

crescita per un'architettura e un'urbanistica finalmente di qualità". Il mercato delle costruzioni in Europa ha un

volume d'affari di 1.319 miliardi di euro, il 50,6% dei quali destinati alle ristrutturazioni, comparto che, al

contrario delle nuove costruzioni, è in continua crescita dal 1995.

Secondo il Report Cresme "Riuso 03", tra 2006 e 2013 il valore degli investimentio nelle costruzioni

tradizionali si è ridotto a valori costanti del 32%, gli investimenti in nuova edilizia residenziale sono crollati del

58,7% e il giro di affari del mercato immobiliare si è ridotto a causa del crollo delle compravendite e dei prezzi

del 60%. Anche le opere pubbliche di sola esecuzione fanno registrare una flessione che si attesta sul 52%

così come il partenariato pubblico privato.

Il crollo di valore reale che ha colpito l'edilizia nel suo complesso, pari almeno al 32% rispetto al 2006

secondo l'Aniem (Associazione nazionale imprese edili), ha avuto e sta avendo forti ripercussioni sulle piccole

e medie imprese del settore delle costruzioni: secondo una stima del Centro Studi Santonoceto, non meno di

13.000 imprese costruttrici hanno chiuso i battenti nel 2013, di cui 40 tra le principali 200 imprese a livello

nazionale.

Puntare sulle riqualificazioni può essere la soluzioni alla crisi di settore. "Nei comuni italiani c'è molto da

riqualificare, in alcune città in particolare lo sviluppo urbano è stato anche in parte speculativo e serve

un'inversione di tendenza - commenta Ferrazzi - la consapevolezza sta crescendo e gli stessi costruttori

hanno capito che l'aumento di volume non è sufficiente, anche perché nelle nostre città c'è un esubero di

costruito e in queste città diffuse, 'spaparanzate', si sono persi i luoghi tradizionali del riconoscimento della

comunità locale".

Necessario quindi "ripensare una città che non occupa nuovo suolo ma che rigenera se stessa a partire dai

terreni già costruiti attraverso progetti di abbellimento, risparmio energetico, riqualificazione". Il 16 aprile l'Anci

promuoverà un seminario "con tutte le categorie a livello nazionale sul tema del consumo di suolo e su come

fare squadra per riportare la città urbanisticamente sostenibile al centro del Paese. Tema - conclude il

delagato nazionale Anci - che ha a che fare con diverse questioni: con la qualità della vita dei cittadini, con il

concetto di bello che non vuol dire effimero, con la competitività".

11/04/201413:57

Sito Webwww.focus.it

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

ANIEM WEB - Rassegna Stampa 14/04/2014 12

Dalla crisi economica un'opportunità per progetti di sviluppo urbanisticodi qualità pagerank: 5 Roma, 11 apr. - (Adnkronos) - "La crisi che stiamo vivendo a livello economico ha una ripercussione notevole

anche sui progetti di sviluppo urbanistico, ma l'altra faccia della medaglia è l'opportunità , perché ad essere in

crisi sono tutti i progetti datati e dai criteri superati che non si configurano come sviluppo urbanistico

qualitativo". Così all'Adnkronos Andrea Ferrazzi, delegato nazionale Anci per l'Urbanistica e assessore a

Urbanistica e Edilizia del Comune di Venezia.

"La nostra città oggi - continua il delegato Anci - non può più giocarsi sulla speculazione di antica memoria,

ma sulla rigenerazione qualitativa. Anche dal punto di vista del ritorno di investimento dei priìvati è evidente

che questa consapevolezza si stia diffondendo e quindi, paradossalmente, la crisi può diventare un volano di

crescita per un'architettura e un'urbanistica finalmente di qualità ". Il mercato delle costruzioni in Europa ha un

volume d'affari di 1.319 miliardi di euro, il 50,6% dei quali destinati alle ristrutturazioni, comparto che, al

contrario delle nuove costruzioni, è in continua crescita dal 1995.

Secondo il Report Cresme "Riuso 03", tra 2006 e 2013 il valore degli investimentio nelle costruzioni

tradizionali si è ridotto a valori costanti del 32%, gli investimenti in nuova edilizia residenziale sono crollati del

58,7% e il giro di affari del mercato immobiliare si è ridotto a causa del crollo delle compravendite e dei prezzi

del 60%. Anche le opere pubbliche di sola esecuzione fanno registrare una flessione che si attesta sul 52%

così come il partenariato pubblico privato.

Il crollo di valore reale che ha colpito l'edilizia nel suo complesso, pari almeno al 32% rispetto al 2006

secondo l'Aniem (Associazione nazionale imprese edili), ha avuto e sta avendo forti ripercussioni sulle piccole

e medie imprese del settore delle costruzioni: secondo una stima del Centro Studi Santonoceto, non meno di

13.000 imprese costruttrici hanno chiuso i battenti nel 2013, di cui 40 tra le principali 200 imprese a livello

nazionale.

Puntare sulle riqualificazioni può essere la soluzioni alla crisi di settore. "Nei comuni italiani c'è molto da

riqualificare, in alcune città in particolare lo sviluppo urbano è stato anche in parte speculativo e serve

un'inversione di tendenza - commenta Ferrazzi - la consapevolezza sta crescendo e gli stessi costruttori

hanno capito che l'aumento di volume non è sufficiente, anche perché nelle nostre città c'è un esubero di

costruito e in queste città diffuse, 'spaparanzate', si sono persi i luoghi tradizionali del riconoscimento della

comunità locale".

Necessario quindi "ripensare una città che non occupa nuovo suolo ma che rigenera se stessa a partire dai

terreni già costruiti attraverso progetti di abbellimento, risparmio energetico, riqualificazione". Il 16 aprile l'Anci

promuoverà un seminario "con tutte le categorie a livello nazionale sul tema del consumo di suolo e su come

fare squadra per riportare la città urbanisticamente sostenibile al centro del Paese. Tema - conclude il

delagato nazionale Anci - che ha a che fare con diverse questioni: con la qualità della vita dei cittadini, con il

concetto di bello che non vuol dire effimero, con la competitività ".

11/04/201413:08

Sito Webliberoquotidiano.it

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

ANIEM WEB - Rassegna Stampa 14/04/2014 13

Dalla crisi economica un'opportunità per progetti di sviluppo urbanisticodi qualità pagerank: 5 Roma, 11 apr. - (Adnkronos) - "La crisi che stiamo vivendo a livello economico ha una ripercussione notevole

anche sui progetti di sviluppo urbanistico, ma l'altra faccia della medaglia è l'opportunità, perché ad essere in

crisi sono tutti i progetti datati e dai criteri superati che non si configurano come sviluppo urbanistico

qualitativo". Così all'Adnkronos Andrea Ferrazzi, delegato nazionale Anci per l'Urbanistica e assessore a

Urbanistica e Edilizia del Comune di Venezia.

"La nostra città oggi - continua il delegato Anci - non può più giocarsi sulla speculazione di antica memoria,

ma sulla rigenerazione qualitativa. Anche dal punto di vista del ritorno di investimento dei priìvati è evidente

che questa consapevolezza si stia diffondendo e quindi, paradossalmente, la crisi può diventare un volano di

crescita per un'architettura e un'urbanistica finalmente di qualità". Il mercato delle costruzioni in Europa ha un

volume d'affari di 1.319 miliardi di euro, il 50,6% dei quali destinati alle ristrutturazioni, comparto che, al

contrario delle nuove costruzioni, è in continua crescita dal 1995.

Secondo il Report Cresme "Riuso 03", tra 2006 e 2013 il valore degli investimentio nelle costruzioni

tradizionali si è ridotto a valori costanti del 32%, gli investimenti in nuova edilizia residenziale sono crollati del

58,7% e il giro di affari del mercato immobiliare si è ridotto a causa del crollo delle compravendite e dei prezzi

del 60%. Anche le opere pubbliche di sola esecuzione fanno registrare una flessione che si attesta sul 52%

così come il partenariato pubblico privato.

Il crollo di valore reale che ha colpito l'edilizia nel suo complesso, pari almeno al 32% rispetto al 2006

secondo l'Aniem (Associazione nazionale imprese edili), ha avuto e sta avendo forti ripercussioni sulle piccole

e medie imprese del settore delle costruzioni: secondo una stima del Centro Studi Santonoceto, non meno di

13.000 imprese costruttrici hanno chiuso i battenti nel 2013, di cui 40 tra le principali 200 imprese a livello

nazionale.

Puntare sulle riqualificazioni può essere la soluzioni alla crisi di settore. "Nei comuni italiani c'è molto da

riqualificare, in alcune città in particolare lo sviluppo urbano è stato anche in parte speculativo e serve

un'inversione di tendenza - commenta Ferrazzi - la consapevolezza sta crescendo e gli stessi costruttori

hanno capito che l'aumento di volume non è sufficiente, anche perché nelle nostre città c'è un esubero di

costruito e in queste città diffuse, 'spaparanzate', si sono persi i luoghi tradizionali del riconoscimento della

comunità locale".

Necessario quindi "ripensare una città che non occupa nuovo suolo ma che rigenera se stessa a partire dai

terreni già costruiti attraverso progetti di abbellimento, risparmio energetico, riqualificazione". Il 16 aprile l'Anci

promuoverà un seminario "con tutte le categorie a livello nazionale sul tema del consumo di suolo e su come

fare squadra per riportare la città urbanisticamente sostenibile al centro del Paese. Tema - conclude il

delagato nazionale Anci - che ha a che fare con diverse questioni: con la qualità della vita dei cittadini, con il

concetto di bello che non vuol dire effimero, con la competitività".

11/04/201412:08

Sito Webwww.arezzoweb.it

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

ANIEM WEB - Rassegna Stampa 14/04/2014 14

Dalla crisi economica un'opportunità per progetti di sviluppo urbanisticodi qualità pagerank: 5 Roma, 11 apr. - (Adnkronos) - "La crisi che stiamo vivendo a livello economico ha una ripercussione notevole

anche sui progetti di sviluppo urbanistico, ma l'altra faccia della medaglia è l'opportunità, perché ad essere in

crisi sono tutti i progetti datati e dai criteri superati che non si configurano come sviluppo urbanistico

qualitativo". Così all'Adnkronos Andrea Ferrazzi, delegato nazionale Anci per l'Urbanistica e assessore a

Urbanistica e Edilizia del Comune di Venezia. "La nostra città oggi - continua il delegato Anci - non può più

giocarsi sulla speculazione di antica memoria, ma sulla rigenerazione qualitativa. Anche dal punto di vista del

ritorno di investimento dei priìvati è evidente che questa consapevolezza si stia diffondendo e quindi,

paradossalmente, la crisi può diventare un volano di crescita per un'architettura e un'urbanistica finalmente di

qualità". Il mercato delle costruzioni in Europa ha un volume d'affari di 1.319 miliardi di euro, il 50,6% dei quali

destinati alle ristrutturazioni, comparto che, al contrario delle nuove costruzioni, è in continua crescita dal

1995. Secondo il Report Cresme "Riuso 03", tra 2006 e 2013 il valore degli investimentio nelle costruzioni

tradizionali si è ridotto a valori costanti del 32%, gli investimenti in nuova edilizia residenziale sono crollati del

58,7% e il giro di affari del mercato immobiliare si è ridotto a causa del crollo delle compravendite e dei prezzi

del 60%. Anche le opere pubbliche di sola esecuzione fanno registrare una flessione che si attesta sul 52%

così come il partenariato pubblico privato. Il crollo di valore reale che ha colpito l'edilizia nel suo complesso,

pari almeno al 32% rispetto al 2006 secondo l'Aniem (Associazione nazionale imprese edili), ha avuto e sta

avendo forti ripercussioni sulle piccole e medie imprese del settore delle costruzioni: secondo una stima del

Centro Studi Santonoceto, non meno di 13.000 imprese costruttrici hanno chiuso i battenti nel 2013, di cui 40

tra le principali 200 imprese a livello nazionale. Puntare sulle riqualificazioni può essere la soluzioni alla crisi

di settore. "Nei comuni italiani c'è molto da riqualificare, in alcune città in particolare lo sviluppo urbano è stato

anche in parte speculativo e serve un'inversione di tendenza - commenta Ferrazzi - la consapevolezza sta

crescendo e gli stessi costruttori hanno capito che l'aumento di volume non è sufficiente, anche perché nelle

nostre città c'è un esubero di costruito e in queste città diffuse, 'spaparanzate', si sono persi i luoghi

tradizionali del riconoscimento della comunità locale". Necessario quindi "ripensare una città che non occupa

nuovo suolo ma che rigenera se stessa a partire dai terreni già costruiti attraverso progetti di abbellimento,

risparmio energetico, riqualificazione". Il 16 aprile l'Anci promuoverà un seminario "con tutte le categorie a

livello nazionale sul tema del consumo di suolo e su come fare squadra per riportare la città urbanisticamente

sostenibile al centro del Paese. Tema - conclude il delagato nazionale Anci - che ha a che fare con diverse

questioni: con la qualità della vita dei cittadini, con il concetto di bello che non vuol dire effimero, con la

competitività".

11/04/201412:40

Sito Webwww.wallstreetitalia.com

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

ANIEM WEB - Rassegna Stampa 14/04/2014 15

Dalla crisi economica un'opportunità per progetti di sviluppo urbanisticodi qualità Ristrutturazioni in crescita, meno investimenti nelle costruzioni tradizionali

Roma, 11 apr. - (Adnkronos) - "La crisi che stiamo vivendo a livello economico ha una ripercussione notevole

anche sui progetti di sviluppo urbanistico, ma l'altra faccia della medaglia è l'opportunità, perché ad essere in

crisi sono tutti i progetti datati e dai criteri superati che non si configurano come sviluppo urbanistico

qualitativo". Così all'Adnkronos Andrea Ferrazzi, delegato nazionale Anci per l'Urbanistica e assessore a

Urbanistica e Edilizia del Comune di Venezia.

"La nostra città oggi - continua il delegato Anci - non può più giocarsi sulla speculazione di antica memoria,

ma sulla rigenerazione qualitativa. Anche dal punto di vista del ritorno di investimento dei priìvati è evidente

che questa consapevolezza si stia diffondendo e quindi, paradossalmente, la crisi può diventare un volano di

crescita per un'architettura e un'urbanistica finalmente di qualità". Il mercato delle costruzioni in Europa ha un

volume d'affari di 1.319 miliardi di euro, il 50,6% dei quali destinati alle ristrutturazioni, comparto che, al

contrario delle nuove costruzioni, è in continua crescita dal 1995.

Secondo il Report Cresme "Riuso 03", tra 2006 e 2013 il valore degli investimentio nelle costruzioni

tradizionali si è ridotto a valori costanti del 32%, gli investimenti in nuova edilizia residenziale sono crollati del

58,7% e il giro di affari del mercato immobiliare si è ridotto a causa del crollo delle compravendite e dei prezzi

del 60%. Anche le opere pubbliche di sola esecuzione fanno registrare una flessione che si attesta sul 52%

così come il partenariato pubblico privato.

Il crollo di valore reale che ha colpito l'edilizia nel suo complesso, pari almeno al 32% rispetto al 2006

secondo l'Aniem (Associazione nazionale imprese edili), ha avuto e sta avendo forti ripercussioni sulle piccole

e medie imprese del settore delle costruzioni: secondo una stima del Centro Studi Santonoceto, non meno di

13.000 imprese costruttrici hanno chiuso i battenti nel 2013, di cui 40 tra le principali 200 imprese a livello

nazionale.

Puntare sulle riqualificazioni può essere la soluzioni alla crisi di settore. "Nei comuni italiani c'è molto da

riqualificare, in alcune città in particolare lo sviluppo urbano è stato anche in parte speculativo e serve

un'inversione di tendenza - commenta Ferrazzi - la consapevolezza sta crescendo e gli stessi costruttori

hanno capito che l'aumento di volume non è sufficiente, anche perché nelle nostre città c'è un esubero di

costruito e in queste città diffuse, 'spaparanzate', si sono persi i luoghi tradizionali del riconoscimento della

comunità locale".

Necessario quindi "ripensare una città che non occupa nuovo suolo ma che rigenera se stessa a partire dai

terreni già costruiti attraverso progetti di abbellimento, risparmio energetico, riqualificazione". Il 16 aprile l'Anci

promuoverà un seminario "con tutte le categorie a livello nazionale sul tema del consumo di suolo e su come

fare squadra per riportare la città urbanisticamente sostenibile al centro del Paese. Tema - conclude il

delagato nazionale Anci - che ha a che fare con diverse questioni: con la qualità della vita dei cittadini, con il

concetto di bello che non vuol dire effimero, con la competitività".

11/04/201415:42

Sito Webscienza.panorama.it

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

ANIEM WEB - Rassegna Stampa 14/04/2014 16

SCENARIO EDILIZIA

36 articoli

Ance Bettineschi, presidente dei costruttori, e il futuro cantiere: al Papa Giovanni XXIII l'appalto era finito auna capofila pugliese «I lavori, un'opportunità enorme per le nostre imprese» Case per gli studenti La ricerca degli alloggi per i cadetti in arrivo da Roma si concentra sull'invenduto nellazona S.B. Si parte da una stima minima di 70 milioni ma i veri costi per la ristrutturazione degli ex Riuniti sono tutti da

verificare. Si tratta in ogni caso di un investimento pubblico enorme, raro in questa fase di crisi e senza pari a

Bergamo, fatte salve le opere per le nuove autostrade. «Potrebbe essere una grande occasione di rilancio. Il

sistema imprenditoriale bergamasco sta cominciando a rifletterci», dice il presidente dei costruttori dell'Ance

Bergamo, Ottorino Bettineschi.

Il punto è però che l'edilizia orobica ha dimostrato nel recente passato di non saper competere in squadra

quando si tratta di conquistare gli appalti per grandi opere sul territorio. «Naturalmente ci sono le regole sugli

appalti pubblici da rispettare - premette Bettineschi -, ma è chiaro che, soprattutto di questi tempi, sarebbe

molto importante non lasciarsi sfuggire questa opportunità». L'ultima grande opera realizzata in città, il nuovo

ospedale, ha visto finire l'appalto a una capofila pugliese - la Dec - e gli imprenditori bergamaschi fare la parte

dei subappaltatori. Le conseguenze sono state ritardi ed errori nella realizzazione del Papa Giovanni XXIII e

tante aziende non pagate dopo i dissesti societari della Dec. «Sono errori da non ripetere - dice Bettineschi -

e, ripeto, pur considerando che le gare pubbliche hanno delle regole, dobbiamo lavorare perché le aziende

bergamasche sulla nuova Accademia della Finanza agiscano da protagoniste».

Il presidente dei costruttori promuove in pieno il trasloco dei cadetti in largo Barozzi. «Il mercato per

realizzare il vecchio progetto sui Riuniti, sbilanciato sul residenziale, non c'è - dice Bettineschi -. Il progetto

dell'Accademia è molto valido e restituirebbe a quell'area un'importante funzione pubblica. Aspettare ancora

che arrivino acquirenti interessati a progetti diversi potrebbe significare non fare nulla. Auguriamoci che

questa operazione faccia da apripista per il recupero di altri contenitori storici, come le caserme».

L'Ance sta lavorando anche con il Comune per trovare alloggi da mettere a disposizione dei cadetti del

biennio di specializzazione, per la fase di ristrutturazione sui Riuniti (2 o 3 anni di lavori). «Inizialmente

dovrebbero bastare 50 appartamenti - spiega il presidente dei costruttori -. Stiamo lavorando con le imprese

costruttrici che abbiano dell'invenduto nella zona dell'ex ospedale, ma si stanno facendo avanti anche diversi

privati con appartamenti da affittare».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Ottorino Bettineschi, presidente dell'Ance Bergamo:

«Il progetto dell'Accademia

è valido

e realizzabile»

12/04/2014 3Pag. Corriere della Sera - Bergamo(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 18

La statistica Il boom dei primi anni Duemila azzerato. Aree vuote anche al Bollone. L'autostrada attrae solocapannoni Arriva Brebemi, ma l'edilizia resta al palo Fermi il settore residenziale e terziario. Debole risveglio del produttivo I calcoli di Minuti «Boom edilizioesagerato dal 2000 al 2010. Ora la crisi è arrivata anche qui, a scoppio ritardato:bisogna imparare aconviverci» Senza offerte Deserta la prima asta per vendere la palazzina di edilizia popolarein via XXSettembre Pietro Tosca Con tre anni di ritardo la crisi del l'edilizia esplode anche a Treviglio. Sono dati da brivido quelli che

riassumono il 2013 della capitale della Bassa, elaborati dall'ex sindaco Luigi Minuti. Le autorizzazioni edilizie

rilasciate dal Comune crollano del 60% rispetto al 2012, i lavori iniziati scendono dell'80% e quelli finiti (in

volumetria) si attestano a un -50%. «Tutti i parametri - spiega Minuti - evidenziano cali a due cifre e non sono

mai stati così bassi da quattro decenni».

Nel 2013 sono stati rilasciati soltanto 10 permessi per nuove costruzioni (residenziali, commerciali e

direzionali) per 35.543 metri cubi, pari a 59 abitazioni, mentre le superfici commerciali arrivano solo a 3.022

metri quadrati. Nel 2012 invece erano stati rilasciati 21 permessi per 49.636 metri cubi, pari a 140

appartamenti.

«Un calo - osserva Minuti - che diventa macroscopico se il confronto si fa con il 2009 e il 2010 quando i

volumi erano di 81.189 e 83.239 metri cubi e peggio ancora con gli anni 2006, 2007, 2008 quando furono di:

171.099, 124.210 e 159.113 metri cubi, tutti di edilizia libera». Il rendiconto dei cantieri effettivamente aperti

incorona poi il 2013 come anno nero della storia edile di Treviglio. Le costruzioni iniziate sono solo 8, per

10.126 metri cubi, tutti di edilizia privata, pari a 18 abitazioni, mentre le superfici commerciali hanno

totalizzato 1.555 metri quadrati. Nel 2012 erano 20 per 50.051 metri cubi, corrispondenti a 139 appartamenti.

«A puntellare la situazione - ricorda Minuti - erano stati i tre cantieri di edilizia economica e popolare di via

Bergamo coi loro 25.177 metri cubi e 76 appartamenti».

Delle difficoltà del mercato dell'edilizia si è accorto anche il Comune che nell'ultimo anno non è riuscito a dar

corso alle privatizzazioni che aveva programmato. È ferma la vendita di Foro Boario, su cui l'Amministrazione

ha reso possibile costruire 26 mila metri cubi. Giovedì è andata deserta anche la prima asta per la palazzina

di via XX Settembre, un condominio di case popolari degli anni '60 messo sul mercato a 700 mila euro.

L'acquirente potrà demolire e costruire la stessa volumetria per appartamenti ad affitto libero.

«Treviglio assapora la crisi dell'edilizia - spiega l'ex sindaco - proprio quando il resto dell'economia cittadina

evidenzia finalmente segnali di ripresa (+ 0,3% rispetto al 2012). C'è una ragione per questo doppio binario.

La realizzazione negli ultimi anni in città di molti grandi interventi. Ora la crisi edilizia da noi è appena

cominciata ed essendo arrivata con un ritardo di tre anni, stimo che con altrettanto ritardo, se ne andrà.

Dovremo abituarci a convivervi. Solo quando saranno smaltite le «scorte», ovvero l'invenduto, che è

notevole, se ne andrà. Ma niente sarà più come prima. Si aprirà una nuova fase, più normale per Treviglio

dopo gli eccessi del primo decennio di questo secolo con una produzione edilizia residenziale enorme. Quella

che altre realtà avevano vissuto negli anni '70 e '80 e che qui era giunta in ritardo, ma prepotentemente». Nel

primo decennio del 2000, infatti, erano stati costruiti a Treviglio 2.806 appartamenti. Un volume edificatorio

del 50% superiore alla media degli ultimi 37 anni.

In tanto buio una piccola luce arriva però dall'edilizia produttiva che forse per prima raccoglie lo stimolo della

prossima apertura di Brebemi. Nel 2013 sono stati rilasciati 3 permessi a edificare (di cui uno nel Pip2) per un

totale di 7.132 metri cubi, nel 2012 era stato uno solo. L'anno passato sono inoltre stati aperti 4 cantieri pari a

13.310 metri cubi e ne sono stati ultimati 3 per 45.047 metri cubi mentre nel 2012 non ne era stato aperto

nessuno .

© RIPRODUZIONE RISERVATA

12/04/2014 9Pag. Corriere della Sera - Bergamo(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 19

TREVIGLIO numeri EDILIZIA RESIDENZIALE 2012 2013 2012 2013 Permessi a costruire 21 10 m³

permessi 49.636 35.543 Cantieri avviati 20 10 m³ cantieri avviati 50.051 10.126 EDILIZIA PRODUTTIVA

Permessi 1 3 m³permessi 6.178 7.132 Cantieri avviati 0 4 m³ cantieri avviati 0 13.310 Cantieri conclusi 3 3 m³

ultimati 7.266 45.047 Cantieri conclusi 18 20 m³ ultimati 105.399 49.880 V.le Manzoni V.le Ortigara V.le Piave

V.le M. Grappa 3 4 5 Nuovo quartiere a Nord Est, ma su molte aree i cantieri non partono Bollone Bonifica

ferma da 18 mesi, previsti 700 appartamenti Ex Baslini Deserta l'asta di vendita del Comune per 4 milioni:

previsti 48 mila metri cubi Foro Boario In vendita appartamenti comunali: nessuna richiesta Via XX Settembre

8 Da 8 anni previsto un palazzo di 8 piani e 34 mila metri cubi. Lavori mai iniziati Triade 1 2 D'ARCO

12/04/2014 9Pag. Corriere della Sera - Bergamo(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 20

La storia Il presidente della Regione, Maroni: liberalizzare Linate sarebbe una dichiarazione di guerra allaLombardia Il piano per Malpensa, 25 destinazioni Ma il grande salto resta ancora unsogno Quando nacque l'obiettivo era 40 milioni di passeggeri, ora sono meno di venti La crescita Nel progetto dellacompagnia emiratina ci sono 14 rotte in più. Insieme col potenziamento del settore cargo Lo Stato Lo Statoacquistò per 100 milioni case, officine e negozi di Case Nuove e della frazione Moncucco di Lonate Pozzolo,vicino alle piste Claudio Del Frate C'è stato un tempo in cui per Malpensa si vagheggiava di 40 milioni di passeggeri l'anno e della costruzione

di una terza pista. Mica parliamo di un'epoca lontana, ma del luglio 2011, giorni in cui si era aperta al

ministero dell'Ambiente la possibilità di presentare osservazioni al nuovo piano d'area dello scalo. Che per

l'appunto metteva in gioco quei mirabolanti numeri. La realtà attuale parla di un 2013 chiusosi con 17,8

milioni di traffico in calo del 3% rispetto all'anno precedente e con la terza pista destinata a rimanere niente

più di un tratto di matita sulla carta geografica.

La storia della Grande Malpensa si gioca per intero su questo duplice piano: il sogno (o l'utopia) di diventare

un grande hub internazionale in grado di fare concorrenza ai fratelli maggiori d'Europa e la realtà in cui si

cerca di restare a galla grazie ai voli low cost . La piega che sta prendendo la trattativa Etihad - Alitalia, con

gli arabi che hanno fatto capire di voler privilegiare Linate, è solo l'ultima doccia fredda piovuta sullo scalo

varesino. Chi se lo ricorda il progetto della grande alleanza Alitalia-Klm per fare decollare Malpensa? O la

breve luna di miele con Lufthansa? O i giorni in cui la compagnia di bandiera italiana, benché carica di debiti,

tentava di tenere in piedi sia Fiumicino che il rivale del Nord?

Ieri voci vicine al ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi hanno cercato di raffreddare le tensioni: «Etihad,

pur avendo chiesto di liberalizzare i voli su Linate si è impegnata a sostenere Malpensa, sia con il traffico

merci che con l'apertura di nuove rotte passeggeri; le destinazioni potrebbero passare da 11 a 25. Lupi ha

chiesto che questi impegni vengano messi in chiaro al più presto» è stato fatto sapere. Ma Roberto Maroni,

presidente della Regione Lombardia, ieri è stato esplicito e diretto: «Liberalizzare i voli di Linate

significherebbe affossare Malpensa. E soprattutto sarebbe una dichiarazione di guerra alla Lombardia».

Un miliardo e 300 milioni di euro sono la cifra spesa dallo Stato italiano per la sola costruzione delle piste e

dei terminal. Ma dietro al cantiere principale ne sono venuti appresso tanti altri. I 40 milioni di passeggeri

ipotizzati per Malpensa sono stati l'argomento principe per far arrivare fino a qui l'autostrada Pedemontana

che attraversa la Lombardia da Bergamo alla cintura nord di Milano (i cantieri procedono ora a singhiozzo

perché a singhiozzo arrivano i fondi) mentre la statura intercontinentale dello scalo aveva giustificato la nuova

linea ferroviaria verso Lugano (completato il tratto svizzero, paralizzati i lavori in Italia). Addirittura cinico il

destino della superstrada di collegamento con la Milano - Torino, costruita per far affluire a Malpensa i

passeggeri del Piemonte: il taglio del nastro avvenne il 31 marzo 2008, il giorno dopo l'annuncio che Alitalia si

sarebbe ritirata da Malpensa.

E poi c'è il capitolo delle delocalizzazioni. Quando la grandeur nordista pareva un traguardo concreto, per

consentire decolli e atterraggi in sicurezza erano stati evacuati due paesi (Case Nuove e la frazione

Moncucco di Lonate Pozzolo, oltre 2 mila persone in tutto) e lo Stato aveva acquistato case, officine e negozi

spendendo oltre 100 milioni di euro pensando di trasformarli in strutture a sostegno dell'aeroporto. Quei paesi

fantasma sono divenuti il regno di rovi, macerie, ruggine, rifugio di sbandati. Pochi giorni fa la Regione

Lombardia ha stanziato 3,9 milioni di euro per radere tutto al suolo.

Fin qui gli investimenti pubblici. Ma anche i privati avevano scommesso sul boom del traffico nei cieli di

Lombardia. Una multinazionale olandese pensò di tirare su un centro direzionale di quattro torri, ne ha

realizzata appena una; la catena Sheraton ha costruito un hotel proprio di fronte al terminal 1 ma dovrà fare i

conti con uno scalo che non è (e difficilmente sarà) quello immaginato. Voli, merci, bagagli, traffici furono una

13/04/2014 15Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 21

speranza di impiego per migliaia di persone: al suo apice qui arrivarono a lavorare (tra diretti e indotti) oltre 22

mila persone, oggi siamo scesi a meno di 15 mila, con un altissimo tasso di precariato e di conflittualità

sindacale.

La politica al Nord si è molto spesa per tenere in vita questa cattedrale. Umberto Bossi, nel 2008, fece

dimettere da presidente della Provincia di Varese l'allora astro nascente del Carroccio Marco Reguzzoni per

inviarlo a Montecitorio con l'esplicita missione di diventare «sentinella di Malpensa». «Ma 15 giorni dopo la

nostra elezione il governo pose la fiducia sul decreto di salvataggio di Alitalia» ricorda oggi Reguzzoni che,

messa da parte la politica, fa l'imprenditore tra Italia e Stati Uniti. «Fu subito chiaro - prosegue l'ex deputato -

che Alitalia era una lobby imbattibile e dovendo scegliere se salvare la compagnia aerea o l'aeroporto, venne

scelta la prima strada. Se Lupi che pure è uomo del Nord proseguirà su questa linea commetterà un errore

clamoroso».

Identificare però Malpensa come un simbolo leghista sarebbe un errore. Per dire: la battaglia contro l'Unione

Europea (e contro l'allora arcigno commissario ai trasporti Neil Kinnock) contraria al decollo di Malpensa a

scapito di Linate, fu condotta in prima persona da Romano Prodi. E alla guida di Sea (la società che gestisce

gli scali milanesi) a un certo punto fu chiamato Giorgio Fossa, proveniente direttamente dalla presidenza di

Confindustria.

E dunque il grande sogno di avere in Lombardia un aeroporto intercontinentale ha ormai imboccato la

parabola discendente? «Non credo che la salvezza possa giungere dal traffico cargo - commenta Roger

Zanesco, che guida una singolare associazione di sostenitori di Malpensa - perché ormai le merci viaggiano

in gran parte nella "pancia" degli aerei passeggeri. Se non verranno ripristinate le rotte intercontinentali,

difficilmente il settore decollerà». Che sia in arrivo l'ennesimo sogno infranto?

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gli scali a confronto Fonte: Sea, Assoaeroporti Azionisti Sea I passeggeri PUBBLICI 54,81% Comune di

Milano 0,64% Provincia di Varese 0,06% Comune di Busto Arsizio 0,14% Altri azionisti pubblici PRIVATI

44,31% F2i sgr 0,04% Altri azionisti privati Bergamo Milano 573.140 Malpensa 1.147.445 Bolzano 4.037

Brescia 1.384 Cuneo 13.406 Torino 267.388 Genova 61.728 Milano Linate 625.093 Bologna 387.306 Rimini

15.505 Trieste 42.203 Venezia 456.096 Treviso 137.642 Verona 149.442 Parma 9.012 GLI SCALI DEL

NORD (passeggeri a febbraio 2014) in milioni Malpensa Linate 2013 2012 2011 2013 2012 2011 17,8 18,3

19,1 9,0 9,2 9,1 MARZO 2014 Passeggeri Merci (tonnellate) Malpensa 1.473.151 + 2,2% + 0,3% +15%

722.543 43.399 Linate Sistema Sea (Linate più Malpensa) 2.195.694 (+1,6%) 44.478 tonnellate (+14,1)

Ricavi e utili (in migliaia di euro) Questi i dati di bilancio che saranno sottoposti all'assemblea del 30 aprile

Ricavi EBITDA Risultato operativo Risultato ante imposte Risultato netto 2013 2012 Differenza 724.080

720.956 3.123 161.778 157.969 3.809 85.565 100.685 15.120 64.952 89.768 24.816 33.707 64.003 30.296

Le tappeMalpensa 2000 è stata inaugurata nel 1998. Lo scalo è costato 1.350 milioni di euro, si stima che altri cinque

milioni siano serviti per la costruzione dei collegamenti ferroviari e viabilistici. Nel 2008, con la privatizzazione

di Alitalia, per Malpensa è arrivato il cosiddetto dehubbing : drastico taglio ai voli intercontinentali diretti, quelli

senza tappe intermedie. Negli anni successivi Lufthansa ha investito sullo scalo creando addirittura una

compagnia di diritto italiano, Lufthansa Italia. Ma nel 2011 anche i tedeschi se ne sono andati. Oggi Etihad

intende puntare sulla vocazione cargo di Malpensa

13/04/2014 15Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 22

Alla Fiera di Milano. Tra imprenditori e buyer Feeling con la platea che attende il premier alla prova-concretezza COMPETITIVITÀ Conficconi (Cierre Imbottiti): «I nostri prodotti sono competitivi ma le aziende no. Alt atifoserie, ragionare da nazionale» BONUS ARREDI Messina (Flou): «Il primo atto per il settore è stato legareil bonus all'importo della ristrutturazione depotenziandolo» Laura Cavestri MILANO.

C'è l'età (under 40) e la voglia di passare come un caterpillar sulle incrostazioni. Una tempistica chiara per le

riforme e quel metterci la faccia per cui «tra un anno torno qui e se vinco bene, se no torno a casa». Tra

selfie, sorrisi e strette di mano, in meno di un'ora di permanenza al Salone del Mobile, Matteo Renzi si è

conquistato ieri, in uno stipato auditorium del polo fieristico di Rho, la platea di imprenditori, espositori e

buyer.

Una vittoria a mani basse, perché l'empatia era già scattata via tv e perché, dopo 6 anni di crisi e oltre 8

punti in meno di Pil, gli imprenditori vogliono credere (come fecero 20 anni fa con Berlusconi, ma sembra

trascorsa un'era geologica), che Matteo Renzi possa restituire fiducia, fare le riforme necessarie, e mai

avviate, per far ripartire il Paese e, non ultimo, restituire all'Italia una credibilità internazionale, negoziando gli

interessi della nostra manifattura, guardando negli occhi Angela Merkel.

«In questi anni abbiamo sofferto tanto - spiega Alberto Conficconi (Cierre Imbottiti di Forlì) -. I nostri prodotti

sono competitivi, ma le nostre aziende no, a causa di tasse, oneri e burocrazia. Dobbiamo recuperare

marginalità, dare attenzione a famiglie e imprese. Lui ha messo delle scadenze e ci mette la faccia. La

priorità non è aderire a "tifoserie" politiche, ma ragionare come una "nazionale"».

«Ha fatto un discorso molto lucido. Sa motivare una platea - aggiunge Emanuele Orsini (Sistem Costruzioni)

- ma sa anche ascoltare. Qualche mese fa gli avevo illustrato i vantaggi dell'edilizia in legno, ad esempio, per

il sociale e per le scuole. Ora la sta promuovendo attraverso il piano dell'edilizia scolastica». Con tutta

probabilità, Orsini farà parte della delegazione di FederlegnoArredo che, dopo Pasqua, il premier ha

promesso di ricevere a Palazzo Chigi. Occasione in cui il presidente di Federlegno, Roberto Snaidero riaprirà

la partita del bonus arredi (correzione ed estensione), Iva agevolata e "made in".

Proprio sul bonus arredi arriva la prima bacchettata. «Il primo atto concreto per il settore - ricorda

Massimiliano Messina (Flou) - è stato ridurre la portata del bonus arredi legandolo all'importo della

ristrutturazione complessiva. Di fatto è meno incentivante e la gente acquisterà meno. Le azioni fanno la

differenza e mi aspetto che dal premier ci sia coerenza tra quello che dice e quello che fa per sostenere

consumi e produzione».

«A me convince - risponde Renato Stauffacher (Alias) - perché è una persona molto pratico. Prende una

decisione e fa, nonostante tutte le difficoltà. Il paragone con Berlusconi non mi convince. Renzi non ha alle

spalle Tv , giornali o ville. È più libero da condizionamenti. Siamo all'ultima spiaggia. È credibile solo se fa,

non se promette di fare».

L'aspettativa anagrafica sembra unire le generazioni. «Il fatto che sia quasi un mio coetaneo - spiega

Stefano Laprocina, 35 anni, titolare di Verde Profilo (azienda nata nel 2008 che fa verde e pareti verticali, fa 1

milione di fatturato e ha sei addetti) - me lo fa percepire come uno che ragiona alla velocità di uno

smartphone e nello stesso tempo gioca la carta della responsabilità personale». «Io ho superato da tempo gli

80 anni - gli fa eco Carlo Giorgetti, della brianzola Giorgetti (nata nel 1898) - e se nel frattempo il mondo è

completamente cambiato, la politica è invecchiata, rimasta legata a liturgie sepolte. A 40 anni Renzi si gioca

tutto. Io mi fido».

«Sa cosa vedo in fiera, quest'anno, dopo 5 anni di piagnistei? - conclude Vittorio Livi (Fiam) -. Ottimismo,

sorrisi, voglia di ricominciare a investire, ad acquistare. I buyer tornano a parlare al futuro. Anche a me non

piace la limitazione del bonus arredi, sia chiaro. Ma si può correggere. Mentre l'ottimismo, la credibilità

12/04/2014 4Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 23

internazionale e le riforme sono benzina per il Pil e per le imprese. Se davvero invertissero la tendenza e ci

facessero riprendere a correre - conclude Livi - sarei pure disposto a sacrificare il bonus».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

12/04/2014 4Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 24

Il rapporto 2014. Crescita dell'1,1% con meccanica e arredo - Edilizia e tessile in calo MARCHE Marche, ripresa a macchia di leopardo Ilaria Vesentini JESI (ANCONA)

L'altalena nazionale degli ultimi indici di produzione industriale sembra non toccare la manifattura

marchigiana, avviata quest'anno con passo convinto verso un rafforzamento dei segnali di ripresa affiorati a

fine 2013. Lo dicono i dati del Centro studi Confindustria Marche, che nell'annuale "Rapporto sull'industria

marchigiana" - presentato ieri a Jesi nella sede di Banca Marche - parlano per il 2014 di un +1,1% per la

produzione industriale (dopo il -0,9% del 2013) trainata dalla meccanica (+2%) e dal recupero del legno-

arredo (+1) che compensano la flessione di tessile-abbigliamento e materiali per edilizia.

Eppure le previsioni ottimistiche del campione industriale si scontrano con le voci preoccupate degli

imprenditori arrivati da Pesaro ad Ascoli Piceno nel centro direzionale jesino: «La crisi è ancora in atto e si

sente, la domanda interna è ferma, il sistema Paese non aiuta. E qui in regione - sono le parole del

presidente di Confindustria Marche, il maceratese Nando Ottavi, che riassumono gli umori - è accentuata

dalle difficoltà del principale istituto di credito (la commissariata Banca Marche, al centro di nuove indagini e

perquisizioni in questi giorni, ndr), da una propensione all'export ancora insufficiente tra le Pmi e da un

eccesso di individualismo».

Internazionalizzazione resta la parola magica del made in Marche: +2,2% l'export stimato per quest'anno dal

centro studi confindustriale (contro il +0,5% della domanda interna in risalita dal -4% del 2013), dopo il +12%

registrato dall'Istat per il 2013, che ha portato la crescita oltrefrontiera nell'ultimo quinquennio al 45%, undici

punti sopra la media nazionale. Un traino che non si è però riflesso in una maggiore capacità di tenuta in

termini di occupazione e investimenti della regione: nel 2013 le Marche hanno perso 22mila occupati, con

una flessione del 3,4% (contro il -0,4% dell'Italia) che ha portato il tasso di disoccupazione dal 10,7% del

2012 al 12,2 di dicembre scorso. Così come ha disatteso le previsioni positive la spesa per investimenti,

caduta del 2,8% contro il +1,8% stimato. Con un 2014 ancora in terreno negativo: un -0,6% attutito solo in

parte dal +1,5% dalla spesa in R&S.

«Il manifatturiero - sottolinea l'economista della Politecnica, Marco Cucculelli - resta comunque la punta di

diamante della nostra economia, con un peso sul totale Italia del 6%, contro un'incidenza media delle Marche

nel Paese (in termini di Pil, addetti e imprese) che in media non arriva al 3 per cento».

E se Luciano Goffi, direttore Banca Marche, rassicura la platea anticipando che «nei prossimi mesi il credito

tornerà in maniera significativa e sufficiente», il governatore della Regione, Gian Mario Spacca, invita gli

industriali a «essere orgogliosi, perché abbiamo eccellenze che ci sono riconosciute in tutto il mondo. La

nostra industria è solida. Ora dobbiamo fare sinergia e investire sui giovani».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

12/04/2014 10Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 25

L'UTILIZZO Con i crediti rimborsati si pagano i fornitori Servizio u pagina 2 Non per la crescita e lo sviluppo, ma per restare a galla e pagare a propria volta i

fornitori. È un effetto a catena quello indotto dai provvedimenti "sblocca debiti" della Pubblica

amministrazione del 2013 che ha liberato risorse preziose per ridurre una serie di passività arretrate.

Lo dimostra il sondaggio su un campione di imprese con almeno 20 addetti realizzato dalla Banca d'Italia in

collaborazione con Il Sole 24 Ore ed elaborato da Assifact, l'associazione delle aziende del factoring. Così

per più di un terzo delle aziende intervistate nel settore dell'industria in senso stretto (37,6%) la boccata

d'ossigeno per le casse sempre più vuote proveniente dalle fatture rimborsate dalla Pa è servita a ridurre i

debiti commerciali. Ha scelto questa destinazione anche il 36,1% delle imprese di costruzioni e il 28,7% di

quelle dei servizi (commercio, alberghi, ristoranti, trasporti e comunicazioni).

Un'azienda su cinque, in media, ha invece utilizzato il tesoretto per ridurre l'indebitamento nei confronti delle

banche, con punte del 28,6% nell'edilizia, mentre per il 26,1% delle imprese di servizi i nuovi fondi sono

serviti per altre forme di finanziamento di capitale circolante. Quasi un'impresa su dieci (il 9,6% per l'industria,

il 9,9% nei servizi e l'8,4% nelle costruzioni) ha potuto invece utilizzare le risorse per mettere mano al

portafogli e pagare gli stipendi arretrati.

Una quota analoga di imprese ha invece impiegato queste risorse per aumentare le riserve di liquidità.

Appena il 4% ha invece scelto di guardare al futuro utilizzando i fondi al finanziamento di nuovi investimenti.

«I dati - sottolinea Alessandro Caretta, direttore generale di Assifact, l'associazione delle società di factoring

- mostrano la portata dei provvedimenti sul rimborso dei debiti da parte della Pubblica amministrazione, che

hanno agito come uno tsunami positivo e hanno avuto un riflesso indiretto anche per le imprese che non

lavorano con il settore pubblico. Al tempo stesso la destinazione dei fondi liberati fa comprendere che il nodo

del ritardo dei pagamenti non è ancora stato sciolto. Per il sistema produttivo è dunque importante continuare

a sbloccare queste risorse».

Le nuove misure annunciate nel Def, prosegue Carretta, «vanno nella giusta direzione per svuotare la vasca

dei debiti arretrati, ma occorre ancora sciogliere alcuni nodi di natura tecnica. Aspettiamo quindi di conoscere

ulteriori dettagli».

Nei primi due mesi di quest'anno il factoring, ovvero la cessione dei crediti a una società specializzata, ha

registrato un turnover cumulativo di 22 miliardi, il 5,7% in più rispetto allo stesso periodo del 2013 e per fine

anno l'associazione si attende un aumento dell'1,84% dei volumi complessivi. Circa il 30% dei crediti

acquistati sono da riscuotere presso le amministrazioni pubbliche.

La mappa regionale vede in testa Lombardia e Lazio, che da sole fanno più della metà del mercato.

Seguono Emilia-Romagna, Veneto, Campania e Piemonte.

C. Bu.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

14/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 26

LE TESTIMONIANZE "Noi a controllare loro a insultarci" LUIGI SPEZIA GIORNI fa un datore di lavoro ha finto di svenire dopo aver urlato a squarciagola contro due ispettrici,

insultandole, chiamando a raccolta i dipendenti, due dei quali alla fine sono risultati però in nero: azienda

sospesa. Peggio è successo ad altri due emissari dell'Ispettorato del Lavoro, sfiorati da un attrezzo scagliato

da un imprenditore contro di loro: multa e denuncia penale.

< INSULTI, minacce, tentativi di aggressione.

E' la dura vita degli ispettori del lavoro, non certo ben visti. «La sicurezza del mio personale mi sta molto a

cuore. Ho cominciato anch'io dalla gavetta a controllare i cantieri», racconta Aniello Pisanti, direttore

provinciale e regionale dell'Ispettorato che dipende dal Ministero del Lavoro, che a Bologna impiega quasi

cinquanta persone, in maggioranza donne, a far l'esame a locali, cantieri, fabbriche e uffici. Proprio due giorni

fa Pisanti è andato dal comandante dei carabinieri, il colonnello Antonio Jannece: «Visite di routine secondo

l'accordo tra Ministero e Arma. Sì, è vero, poi gli ho anche rinnovato la raccomandazione a proteggerci nelle

nostre ispezioni. I miei impiegati oltretutto sono soprattutto donne, e come tali sono mogli e madri, e vanno

rispettati». Però meglio non citare le categorie professionali se succedono questi fatti: «Il giorno dopo mi

troverei contro le organizzazioni datoriali», dice Pisanti.

Quello che il direttore vuol dire ai datori di lavoro violenti che gli ispettori non possono tirarsi indietro: «Se

troviamo lavoratori in nero non possiamo non fare le sanzioni, che certo alle imprese costano molto care.

Siamo obbligati, a quel punto non possiamo più trattare». Spesso le reazioni sono pesanti: «Ogni giorno

rischiamo. E' incredibile quel che a volte capita, che in certi locali sono i clienti a stare dalla parte dei titolari

mentre li stiamo sce che molto spesso siano gli stessi lavoratori a non vederci di buon occhio, a non

collaborare. Ci vedono come nemici, mentre se facciamo assumere un lavoratore irregolare ci guadagna lui e

la società. Nemmeno l'impresa ci rimette, a lungo termine, perché un lavoratore in nero potrebbe essere più

esposto a incidenti». Certo, dopo una regolarizzazione, l'impresa può anche vendicarsi licenziando alla prima

occasione il neoassunto, «ma a quel punto però il lavoratore potrà essere tutelato da altre istituzioni. Le

imprese che non rispettano le regole non sanno che possono avere molti vantaggi se accettano la nostra

mediazione. Noi non abbiamo la vocazione di rovinare le aziende. Se si trova un accordo prima delle

ispezioni, le aziende evitano le sanzioni per aver fatto lavorare un lavoratore in nero».

per sanzionare, senza capire che il nostro impegno va anche a loro vantaggio, che un locale che impiega

lavoratori in nero crea una situazione sleale nel mercato». Capita che gli ispettori siano costrettia lasciare il

campo: «È l'unico modo per evitare il peggio,a volte. Andarsene. Ma non possiamo certo lasciare stare.

Torniamo con le forze dell'ordine». Denunce per le aggressioni subìte? «Poche, perché noi non abbiamo

divise, ma appena ne vedono arrivare una, in genere si calmano. E a volte anche prima. Ma spesso la

reazione immediata è brutta».

Gli ispettori del lavoro sono funzionari di polizia giudiziaria, «e questo molti datori di lavoro lo ignorano. Non

possiamo agire discrezionalmente. Di recente a Napoli hanno dato la colpa agli ispettori per aver sanzionato

un imprenditore che poi si è suicidato.

Non avevano scelta, bisogna dirlo. Ci stupiLAVORANO per l'Organizzazione degli alberghi della gioventù, un

ente morale riconosciuto a livello internazionale che ha rapporti con vari ministeri italiani. Ma da cinque mesi

non ricevono lo stipendio. È la sorte di sette lavoratori impiegati all'ostello "San Sisto" di via Viadagola, che si

sono rivolti al sindacato perché l'associazione per cui lavorano (tre a tempo indeterminato, gli altri a termine)

pur pagando i fornitori non sembra intenzionata a pagare il loro lavoro. «È indecente che un'associazione di

questo tipo non paghi i dipendenti, per lo più in una struttura che mi risulta concessa dal Comune - attacca

Andrea Carrà, della Cgil -. A due ragazze non hanno nemmeno riconosciuto le dimissioni per giusta causa e

così rischiano di perdere l'indennità di disoccupazione». (m. bet.)

12/04/2014 1Pag. La Repubblica - Bologna(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 27

LA PROTESTA

All'Ostello niente stipendi da cinque mesiFoto: IN CANTIERE Sopra e sotto, ispezioni in edilizia.

A destra, Nicoletta Braschi nel film "Mi piace lavorare"

12/04/2014 1Pag. La Repubblica - Bologna(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 28

ECONOMIA E l'impresa edile va anche in Azerbaijan (a.cas.) LA VIA d'uscita dalla crisi porta verso Oriente. Sono già 30 le aziende edili pugliesi che grazie all'export

hanno incrementato il loro fatturato del 10 per cento. Romania, Tunisia e Albania, i mercati nei quali tra 2012e

2013 si è realizzata la crescita maggiore. < PAGINA ÈQUESTO uno dei dati più sorprendenti emersi nel

corso del seminario "Le Pmi delle costruzioni alla sfida dell'internazionalizzazione", organizzato dall'Ance e

rivolto alle piccole e medie imprese del settore edile.

Incontro a cui hanno preso parte tra gli altri anche il presidente del Comitato per i problemi del Mezzogiorno

e delle Isole, Domenico De Bartolomeo, e gli assessori allo Sviluppo economico del Comune di Bari e della

Regione, Rocco De Franchi e Loredana Capone.

La spinta verso i mercati stranieri potrebbe salvare molte aziende locali dal fallimento.

«Nel breve periodo - ha confermato Gerardo Biancofiore, presidente del gruppo Pmi Internazionale, presente

al convegno - anche in Azerbaijan potrebbero concretizzarsi diverse commesse per opere edili nella sanità,

nell'oil and gas, nelle bonifiche e nelle reti idriche». Per un settore che ha perso in5 anni oltre 30mila posti di

lavoro in tutta la Puglia, la via verso i mercati orientali potrebbe rappresentare un'ancora di salvezza. Nei

confini regionali, infatti, la crisi non accenna a fermarsi e procede a doppia cifra: meno 10 per cento è il calo

dei posti di lavoro in tutta la Puglia nei primi mesi del 2014, secondo la Cisl, un calo pari a 5mila occupati. E

così se nel 2009 c'erano 67mila addetti, oggi siamo a quota 37mila.

Migliaia di imprese costrette a chiudere i battenti sotto i colpi sferrati da tre fronti diversi: la stretta creditizia, il

ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione e il lavoro nero sfruttato dalla concorrenza sleale.

«Il mercato delle costruzioni nazionale, e in esso quello pugliese, è ben lontano dalla ripresa - ha confermato

il presidente di Ance Puglia, Nicola Delle Donne - in questi ultimi anni troppe aziende pugliesi sono fallite o

fuoriuscite dal settore con la perdita di migliaia di posti di lavoro.

Dobbiamo cogliere le opportunità nei paesi vicini. Ma per avere chance di successo all'estero bisogna

superare l'individualismo che caratterizza le nostre imprese». Un'idea però c'è già ed è emersa proprio nel

corso del seminario Anci. «Considerando le difficoltà crescenti nell'ottenere dalle banche adeguate garanzie

per partecipare a gare pubbliche all'estero - ha proposto Delle Donne- chiediamo alla Regione di sostenere

l'internazionalizzazione». In sostanza, si propone l'istituzione di un plafond di risorse per rafforzare le piccole

e medie imprese edili pronte a lanciarsi sui mercati stranieri. «D'altronde - ha affermato Biancofiore- molte

pmi del settore hanno capito da tempo che è ora di puntare sull'estero e, raccogliendo la sfida, stanno

conseguendo risultati economici lusinghieri nonostante il crollo della domanda interna».LA SCHEDA

L'ANDAMENTO Il settore ha perso in 5 anni oltre 30mila posti di lavoro in tutta la Puglia LE OPPORTUNITÀ Il

presidente Ance Nicola Delle Donne: "Bisogna cogliere l'opportunità" LE RISORSE I costruttori chiedono

risorse per rafforzare le imprese pronte a lanciarsi all'estero

PER SAPERNE DI PIÙ bari.repubblica.it

12/04/2014 1Pag. La Repubblica - Bari(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 29

Libreria Rizzoli pronte le ruspe Manhattan perde un pezzo di storia L'edificio Art Déco sulla 57esima strada lascerà il posto a un nuovo grattacielo Sale la febbre immobiliare diNew York A nulla è servita la mobilitazione degli abitanti del quartiere DAL NOSTRO CORRISPONDENTE FEDERICO RAMPINI NEW YORK. La legge della ruspa è la legge del più forte, a Manhattan. Lo ha appreso a sue spese la storica

libreria Rizzoli, un ritrovo per bibliofili, scrittori, amanti dell'artee dell'Italia. Venerdìè stato l'ultimo giorno di

apertura al pubblico, al celebre indirizzo: 31 west sulla 57esima strada.

Giorno di liquidazione con saldi.

La notizia dello sfratto non è arrivata all'improvviso, i proprietari lo sapevano da tre anni.

Più sconcertante (per i nonnewyorchesi) è la causa. Inizialmente si era saputo di un fortissimo aumento nel

canone di locazione, triplicato di colpo, sull'onda della nuova febbre immobiliare che colpisce New York ed

espelle da questa città chi non può permettersi affitti da Vip.

L'ultima novità è ancora più grave. Dietro lo sfratto arriva la demolizione e un nuovo progetto speculativo.

Non scompare solo la vecchia Rizzoli, ma tutto il palazzo che la ospitava: un elegante immobile del 1919 in

stile Art Déco. A nulla è servita la mobilitazione di alcuni abitanti del quartiere, che ancora venerdì hanno

inscenato una mini-manifestazione di protesta sul marciapiedi davanti alla libreria. Tra loro c'era Layla Law-

Gisiko, che è la presidente del comitato "paesaggistico" nel Community Board 5, cioè il consiglio di quartiere.

«Anche le cause perse meritano una battaglia», ha dichiarato la Law-Gisiko. Lei ci aveva provato, a far

mettere quel palazzo sotto la tutela della Landmarks Preservation Commission, qualcosa che assomiglia alle

sovrintendenze italiane. Maa New York quel poco di storia antica (o semi-antica) non regge davanti ai

formidabili interessi dei costruttori edili. L'argomento con cui la Landmarks Preservation Commission ha

respinto l'appello sembra risibile: nonostante quel palazzo risalga al 1919, è stato osservato che la

decorazione interna è del 1985 quindi non merita tutela.

Eppure un bel pezzo di storia era legato a quelle pietre. Nello stesso isolato hanno vissuto grandi famiglie

comei Roosevelt e i Rothschild, simboli di un'America patrizia. Poi era divenuto una specie di "distretto del

pianoforte", c'erano le botteghe artigianaliei negozi di Steinway& Sons, Sohmer & Co., Chickering e

Hardman, Peck & Co., marche che fornivano Carnegie Hall. Negli Anni Trenta il New York Times propose

che ribattezzassero quel pezzo di 57esima "Rue de la Paix" come l'omonima via parigina. Ora diventerà

un'altra enclave riservata ai miliardari. La nuova bolla immobiliare è segnata dalla costruzione di grattacieli

residenziali sempre più alti, che sfidano le vertigini. Sembra impossibile ma perfino le banche si spostano

verso altri quartieri un po' meno cari, compresa Wall Street e la punta sud di Manhattan, per fare posto a

progetti residenziali. I banchieri per abitare nelle loro penthouse (superattici) con vista a 360 gradi possono

pagare fitti ancora superiori agli uffici in cui lavorano. Alcuni super-grattacieli destinati a sorgere in quest'area

di Manhattan hanno già compratori per la maggioranza degli appartamenti, prima ancora che le ruspe

abbiano demolito il "vecchiume". I PUNTI IL FILM In "Innamorarsi" Robert De Niro e Meryl Streep si

incontrano proprio da Rizzoli LE CELEBRITÀ Da Rizzoli andavano Neruda e Greta Garbo, David Bowie,

Madonna, Elton John

13/04/2014 14Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 30

INCHIESTA IN SICILIA Pochi controlli e assunzioni in nero nell'Isola cinque morti sul lavoro almese LORENZO TONDO QUINDICI vite spezzate dall'inizio del nuovo anno pesano quanto il cemento che li ha seppelliti. Tre morti

negli ultimi dieci giorni pesano come un macigno sulle coscienze di chi si ostina a dire che «le leggi sono

quelle che sono». Pesano ancora di più sulle spalle dei loro famigliari, rimasti soli, senza pane e senza padre.

E un assegno di duemila euro nel cassetto, misero risarcimento per una vittima della "disgrazia".

spiega Mario Ridulfo, segretario della Fillea Cgil Palermo - una minaccia psicologica. Il lavoratore non vuole

perdere il posto, anche se quel posto è in nero. E sa che se denunciasse un infortunio o un incidente

perderebbe il pane e lo stipendio. Scelgono lo sfruttamento all'indigenza. E quando si fanno male, camuffano

le carte. Dichiarano che è successo fuori dall'orario di lavoro, fuori dai cantieri.

Ce lo raccontano gli stessi lavoratori. E poi ci pregano di non parlarne. E intanto sulle loro spalle, sullo

sfruttamento degli operai, centinaia di imprenditori fanno affari all'ombra della crisi».

UNA VITA, DUEMILA EURO Ne sa qualcosa Maria Agnello, che la crisi l'ha affrontata da sola, con due

bocche da sfamare. Maria è una delle 3mila vedove del lavoro in Sicilia. Nel 2000 la morte bianca si è portata

via il marito. «È dura - racconta - la sua scomparsa ci ha stravolti. Ma continuiamo a lottare. Non solo per

sopravvivere. Ma affinché sia garantita la sicurezza sul lavoro degli operai siciliani. Tutelarli significa tutelare

la sicurezza anche dei loro famigliari, il futuro dei loro figli». Maria oggi è presidente territoriale di Ragusa

dell'Anmil.

Si batte per i diritti delle vedove del lavoro come lei, donne rimaste sole, spesso senza un lavoro, donne

abbandonate dallo Stato, madri di figli rimasti senza padre. Costrette a fare i conti con la crisi. E un assegno

in banca di appena duemila euro. Tanto vale per lo Stato la vita di quel padre. Uno cheque funerario di

1936,80 euro per l'esattezza. Condoglianze e in bocca al lupo. L'Inail allarga le braccia: «C'è una legge»,

spiega il presidente Massimo De Felice, «E l'Inail non può non applicarla, non ha gradi di libertà». La norma

in questione è il Testo unico 1124/65. Eppure c'è una legge, nascosta in un cassetto che la Sicilia non vuole

aprire. È la legge 25 dell'11 marzo 2011 relativa alla "interpretazione in materia di applicazione delle

disposizioni concernenti le assunzioni obbligatori". Un decreto che consente alle famiglie delle vittime di

sostituire il posto di lavoro del defunto con l'assunzione di un suo parente. Una legge che la Sicilia non ha

ancora recepito, ma che ha in via straordinaria applicato una sola volta nel 2008, dopo la strage bianca di

Mineo, in provincia di Catania, quando sul fondo di una cisterna di un depuratore trovarono la morte6 operai,

uccisi dalle esalazioni.

«Una sola volta - continua Maria Agnello - e poi basta. Dovevano calmare gli animi».

DUEMILA euro. Tanto vale in Sicilia la vita degli operai massacrati dalla "morte bianca". Tanto vale la vita dei

morti ammazzati dal lavoro nell'Isola dei cantieri fuorilegge. Delle impalcature fragili, dei controlli irrisori. Della

regione in ritardo nell'applicazione delle norme. Di un apparato repressivo inadeguato.

Un sistema difettoso, pieno di contraddizioni dove lo Stato sembra aver rinunciato alla potestà punitiva. Ecco

perché si continua a morire nei cantieri siciliani. Ecco perché nessuno rispetta la legge. Secondo i dati

dell'Osservatorio indipendente di Bologna che da 6 anni monitora quotidianamente il fenomeno, nel 2013 i

decessi sul lavoro in Sicilia sono stati 48, che, sommati a quelli del 2014, fanno 63 in meno di un annoe

mezzo (oltre il 10% del totale nazionale). Quasi 5 morti al mese.

Una vittima ogni settimana. Palermo (11 incidenti), Messina (8), Trapani (8) e Agrigento (7) le provincie piùa

rischio. Industria, costruzioni e agricoltura i settori più colpiti dalle morti bianche. Numeri che valgono alla

regione il secondo posto nella triste classifica di fabbriche e cantieri assassini, preceduta solo dalla

Lombardia.

13/04/2014 1Pag. La Repubblica - Palermo(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 31

CONTROLLI FANTASMA L'ultima vittima risale allo scorso mercoledì. A morire è un operaio di 65 anni,

Mario Di Salvo, schiacciato dai 350 chili di una macchina per la lavorazione del legno a Bagheria che stava

spostando. Solo cinque giorni prima a Palermo un altro operaio di 60 anni era morto precipitando da

un'impalcatura al secondo piano di un palazzo in via Cuccia. Il primo aprile a Gela, Antonio Vizzini, 46 anni,

perdeva la vita travolto da una gru all'interno della centrale termoelettrica dell'Eni.

Tanto basta a far esplodere sindacati e associazioni. Sul banco degli imputati controlli «irrisori e inadeguati»,

dicono gli addetti ai lavori. A ragione, perché a guardare i numeri, negli ultimi dieci anni gli ispettori del lavoro

in servizio in Sicilia sono diminuiti del 25 per cento. Oggi nell'Isola sono 203 per 374.800 imprese.

Quattordicimila solo quelle del settore edilizio. A conti fatti, ogni ispettore ha in media sulle spalle il controllo

su 1846 imprese e cantieri. Nel 2005 la Regione istituì un corso di formazione, il Formispe, costato 5 milioni

di euro. L'obbiettivo era quello di assumere 300 nuovi ispettori. Naturalmente, nella Sicilia degli sprechi, solo

4 di loro sono entrati in servizio.

«È questa la chiave del problema - spiega Antonino Capozzo, presidente dell'Anmil Sicilia, l'Associazione

nazionale lavoratori mutilati e invalidi del lavoro - mancano i controlli, manca una vigilanza sui cantieri. Se la

Regione non ha i soldi per pagare gli ispettori, se l'Inail non può fare di più, allora credo sia il momento di

chiamare in causa altri enti. Ma non si può più stare a guardare. «La verità - continua Capozzo - è che è tutto

il sistema sicurezza a non funzionare. Prendete la soglia minima delle aziende da ispezionare. Secondo il

Patto Stato Regioni non dovrebbe scendere sotto il 5 per cento. Un obbiettivo facile. Eppure la Sicilia fatica a

raggiungerlo e nella migliore delle ipotesi resta il fatto che 95 aziende su 100 hanno la ragionevole speranza

di non essere mai visitate dagli organi di vigilanza».

Un esempio è quello delle ditte del settore agricolo, uno dei più colpiti dal dramma delle morti sul lavoro:

nell'Isola appena l'1 per cento delle aziende è oggetto di controllo da parte degli ispettori.

«Stiamo lavorando al problema - assicura Ignazio Tozzo, direttore del dipartimento Attività sanitarie e

Osservatorio epidemiologico, fresco fresco di nomina ad interim alla direzione dell'Azienda Villa Sofia-

Cervello- vogliamo potenziare il numero dei controllori, cosa che rientrerà nella grande ristrutturazione del

sistema sanitario siciliano. Ma siamo sulla strada giusta. A guardare i numeri, la Sicilia ha fatto dei passi in

avanti rispetto al passato, quando i morti sul lavoro erano più del doppio rispetto ad oggi».

BOCCHE CUCITEE NERO Già. Più del doppio. Altri tempi. Quando più del doppio erano anche i lavori nei

cantieri. Se paragonati al numero delle attività e delle imprese rimaste in piedi durante la crisi, i morti sul

lavoro rimangono tanti, troppi.

Sono di più ad esempio rispetto al 2012 (45), nonostante i settantamila muratori finiti in strada, all'inutile

caccia di muri da alzare, nonostante una contrazione del 60 per cento delle gare pubbliche e circa 600

imprese fallite, di cui 475 solo l'anno scorso. Nonostante oggi posare mattoni sia più difficile che vincere un

terno al lotto, in Sicilia la morte continua a circolare libera nei cantieri. Chi ha la fortuna di impugnare una

cazzuola al mattino, per non perderla la sera, preferisce tacere. Tacere sugli infortuni dei colleghi, sulle

misure di sicurezza inesistenti, sulle impalcature pericolanti, sui propri contratti in nero, che «se succede

qualcosa Dio solo sa che fine fa l'impresa».

E basta guardarei numeri delle denunce di infortuni per capire che sono in tanti a cucirsi la bocca in Sicilia:

appena 28.000 contro le 73.000 del Veneto, le 117.000 della Lombardia e le 53.000 della Toscana,

nonostante il numero dei morti nei cantieri di Palermo, Catania e Trapani siano di gran lunga superiori a quelli

di Firenzee Venezia. Dietro il silenzio, lo zampino del "nero": secondo un recente rapporto della Cgil,

sarebbero oltre 40 mila i lavoratori irregolari nel settore edile e più di 30 mila in quello agricolo. «È un ricatto -

Foto: 203 GLI ISPETTORI Sono quelli attivi in Sicilia per vigilare su 378.400 imprese: in media 1846 l'uno

PRESIDENTE Massimo De Felice siede al vertice dell'Inail 28.000 LE DENUNCE Sporte in Sicilia per

infortuni sul lavoro: un quarto rispetto alla Lombardia

13/04/2014 1Pag. La Repubblica - Palermo(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 32

sicurezza. con il finanziamento del comune Cantieri fino all'estate sulle strade di Mosso Sono partiti i lavori di Primavera lungo le strade di Mosso. «Sul territorio sono stati aperti diversi cantieri -

spiega il sindaco Carlo Grosso -. Si tratta di interventi già programmati e altri richiesti direttamente dalla

popolazione durante gli incontri che erano stati organizzati nelle singole frazioni». Ma ci sono anche alcune

novità pronte a partire, come annuncia Grosso: «Altri cantieri apriranno tra maggio e giugno come la

pavimentazione parziale di via Carbonera e la nuova staccionata in legno lungo il sentiero Gribaud verso il

santuario della Brughiera». Ma il processo di restyling del paese continua a ritmo incessante. Si sta

intervenendo sulla strada comunale nei pressi del parco Villa Grazia per un'opera di prevenzione. Una parte

del versante rischia di franare e si è deciso di procedere alla formazione di una palificata a sostegno con il

ripristino del manto stradale. Si è concluso il cantiere della Telecom per la posa dei cavi della banda larga

sulla provinciale in via per Pistolesa, su piazza Italia e in altre vie.

Entro il 20 aprile verranno asfaltati tutti i tratti di strada interessati e nel frattempo si procederà ai

collegamenti per attivare il servizio. Ma l'amministrazione comunale ha avviato anche alcuni piccoli interventi:

la sostituzione di una ringhiera in frazione Marchetto e di un guardrail in località Ormezzero. Infine in borgata

Venalba sono iniziati i lavori sul sedime stradale in precarie condizioni. [m. pr.]

11/04/2014 45Pag. La Stampa - Biella(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 33

A GATTINARA L'AZIENDA DI GIULIANO VALLOGGIA E MASSIMILIANO PILETTA Dai tetti allo smaltimento di amianto Ecco tutti i servizi offerti da Valpil Rifacimento tetti e mansarde, coperture industriali, perlinature, ponteggi, lattoneria, servizio di smaltimento

amianto e installazione di barriere anticaduta, con castello omologato di proprietà, in grado di raggiungere

altezze sino a 28 metri. Questi e molti altri sono i servizi offerti dalla Valpil di Gattinara, di Giuliano Valloggia e

Massimiliano Piletta, impresa specializzata nella realizzazione di coperture e rifacimento tetti, sia nel settore

dell'edilizia civile che industriale. Il massimo della professionalità, la scelta accurata dei materiali e delle

attrezzature, l'attenzione per i particolari, il confronto diretto con il cliente e un ottimo rapporto qualità-prezzo,

sono i punti di forza dell'azienda in grado di soddisfare ogni richiesta specifica con tempismo e affidabilità.

Valpil fornisce tutto il supporto necessario nei lavori di copertura o bonifica della propria casa o azienda,

senza tralasciare nessun particolare, per garantire la massima sicurezza ai clienti. Così come è necessario

offrire un servizio a 360° che vada dal rifacimento di tetti e mansarde, alle coperture industriali, dal servizio di

bonifica e smaltimento amianto alla fornitura e montaggio di grondaie in vari materiali, o ancora l'installazione

di barriere anticaduta omologate e molto altro. Per le coperture civili, Valpil si occupa di strutture, fissaggi,

perlinature, isolamenti, lattoneria ed è in grado di posare svariate tipologie di coperture: conglomerati in

cemento, canadesi, coppi, marsigliesi, klincher, pannelli grecati e altri; realizza strutture portanti in legno

massiccio, principalmente in abete, rovere e larice e per i fissaggi utilizza viti, piastre, giunti e connettori

metallici o incastri a coda di rondine. Inoltre vengono realizzati perlinature in abete o larice, con o senza

bisello, in color neutro o noce e realizzati displuvi con orditura e perlinatura in larice; isolamenti con pannelli in

polistirene, cellulosa insufflata, fibra di legno per aumentare l'efficienza termica della casa.

Valpil si occupa anche di piccoli e grandi interventi su capannoni o strutture aziendali, utilizzando coperture

con pannelli coibentati con lastre grecate e lucernari in policarbonato e cercando la soluzione più adatta alle

esigenze del cliente, che possa permettere di proseguire senza intoppi nell'attività quotidiana. L'impresa

gattinarese è specializzata nella bonifica, nell'incapsulamento e smantellamento di amianto ed eternit. Il

trattamento prevede la stabilizzazione delle fibre di amianto con resine sintetiche, il trasporto e lo smaltimento

nelle discariche abilitate.

Per maggiori informazioni, per richiedere un preventivo o una soluzione, visitare il sito www.valpil.it o visitare

la sede di via Galileo Ferraris 11, a Gattinara.

11/04/2014 58Pag. La Stampa - Vercelli(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 34

a lozzolo Con Impresa Edile Berteletti la casa dalle fondamenta al tetto Dalle fondamenta al tetto. La «IEB» di Lozzolo, Impresa edile Berteletti, garantisce una serie di servizi per chi

vuole costruire un edificio, ristrutturarlo, oppure fare qualche piccolo intervento o modifica per migliorarlo.

L'Impresa edile Berteletti di Lozzolo, di Luca Berteletti, è composta da artigiani esperti, con macchinari e

attrezzature di proprietà, nell'ottica di offrire un servizio edile completo, rapido e mantenere i costi competitivi.

L'esperienza pluriennale nel campo dell'edilizia permette all'azienda di occuparsi «dalle fondamenta al tetto»,

per qualsiasi esigenza. Tutti gli operatori sono muniti di patentino per la rimozione dell'eternit e si occupano

anche dello smaltimento, così da poter operare direttamente ed evitare la necessità di interventi esterni, con

aggravio di costi; inoltre si occupano anche dell'installazione della linea vita. Con una sola impresa, quindi, si

risparmiano tempo e denaro. Da tempo si vorrebbe fare un lavoro ma non si ha idea della spesa e del tempo

necessario? Serve una riparazione o un piccolo intervento. Basta mandare il computo metrico all'impresa

Berteletti per ricevere al più presto un preventivo, per lavori di muratura generali, nuove costruzioni, interventi

di ristrutturazione, costruzione e coibentazione tetti, rimozione e smaltimento amianto, interventi con

ponteggio di proprietà, noleggio e montaggio ponteggio. L'azienda è composta da soli artigiani al fine di

ottenere costi inferiori. «I fabbricati per noi non hanno segreti - dicono dalla Ieb - dalle fondamenta al tetto,

nonché la pulizia delle canne fumarie. Eseguiamo intonaco tradizionale con rifiniture in calce bianca liscia».

La ditta dispone anche di ponteggi di proprietà, noleggiabili a prezzi concorrenziali, mentre quando viene

installato il ponteggio per aree al di sotto dei 500 metri quadrati, è abitudine dell'impresa Berteletti non

richiedere il noleggio mensile, con evidente vantaggio da parte del cliente finale sia economico che di tempo.

«In questo modo sarà interesse nostro finire al più presto, per poter piazzare il ponteggio altrove senza per

questo penalizzare la qualità dei lavori. Naturalmente noleggiamo anche solo il ponteggio con un notevole

sconto sui mesi successivi alla posa».

Per altri dettagli è a disposizione il sito www.impresaberteletti.it, dove è possibile vedere alcune delle

costruzioni realizzate dalla ditta, che è possibile visionare anche direttamente a Lozzolo, dove ci sono tre

villette. L'Impresa edile Berteletti ha inoltre cantieri a Mozzate (Como), a Oleggio (Novara) e a Valduggia,

oltre ad aver lavorato in Liguria, a Dolceacqua e a Rapallo.

11/04/2014 59Pag. La Stampa - Vercelli(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 35

vercelli. sbloccati fondi per nuovi alloggi popolari Ruspe in azione all'Aravecchia roberto maggio Addio all'ecomostro dell'Aravecchia. Sono partiti i lavori per la demolizione del palazzo fatiscente di via Natale

Palli, rimasto incompiuto per più di vent'anni: ormai era diventato un riparo per i senzatetto e un immenso

deposito di rifiuti. Le ruspe saranno all'opera fino a fine maggio, quando tutto lo scheletro sarà

completamente raso al suolo. Al suo posto non potrà essere costruito nessun altro edificio, per via del nuovo

Pai (Piano assetto idrogeologico) di Vercelli, che definisce la zona «a rischio esondazione» a causa della

vicina roggia; «su quest'area sorgerà un nuovo parco dotato di servizi», assicurano il presidente dell'Atc

Vercelli Franco Pauna e il sindaco Andrea Corsaro.

La demolizione della struttura libererà circa 3 milioni di euro, il residuo del finanziamento iniziale, che

finiranno in un nuovo bando dell'Agenzia territoriale della casa, grazie al quale l'ente potrà acquistare nuovi

alloggi (rimasti invenduti) e destinarli all'edilizia popolare. «Finalmente mettiamo la parola fine ad una

vergogna che doveva essere eliminata», il commento del primo cittadino, mentre il presidente Atc sottolinea

che «si chiude finalmente una pagina durata vent'anni. Nell'arco di dodici mesi abbiamo recuperato l'ex Ipai,

l'intervento più importante del Piano case della Regione, ma per colpa nostra sono rimasti questi ruderi. Ora

bisogna guardare i lati positivi: ci saranno altri soldi da investire».

Il progetto iniziale prevedeva 67 alloggi per una superficie totale di quattromila metri quadrati. Per la sua

costruzione, negli anni '90, furono stanziati 16 miliardi di lire; ma la ditta vincitrice del bando, siciliana, entrò in

contenzioso con l'Atc e successivamente fallì. Poi il collaudo statico, dal quale uscì esito negativo: i pilastri su

cui poggiava l'intero palazzo non rispettavano determinati parametri di sicurezza. Quindi arrivò lo stop

definitivo ai lavori e infine la decisione di demolire tutta la struttura, che per motivi burocratici si è protratta fino

ai giorni nostri.

Prima della consegna dell'ecomostro all'impresa di demolizione, i tecnici dell'Atc hanno sgomberato e messo

in sicurezza tutta l'area, occupata di frequente da quegli «invisibili» che negli anni lo hanno utilizzato come

riparo provvisorio.

12/04/2014 48Pag. La Stampa - Biella(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 36

A Milano Il premier: subito una lotta violenta alla burocrazia Alberto Gentili «Serve una violenta guerra alla burocrazia». Matteo Renzi apre un nuovo fronte e lo fa a Milano, parlando dal

palco del Salone del mobile. Lo fa citando Michelangelo. A pag. 7 ROMA «Serve una violenta guerra alla

burocrazia». Matteo Renzi apre un nuovo fronte e lo fa a Milano, parlando dal palco del Salone del mobile. Lo

fa citando Michelangelo: «Quando ha realizzato il David, ai fiorentini che gli chiedevano come avesse fatto lui

rispondeva: "Basta liberare il marmo che c'è in più". Ecco, lo stesso bisogna fare in Italia, liberarla da un

sistema burocratico opprimente. Anche per l'Expò, che a dispetto dei pessimisti è un pezzo di Paese che

funziona, bisogna evitare che la burocrazia blocchi tutto. Ma rispettando tutte le regole». L'ITALIA CHE

FUNZIONA Quello di Renzi è un discorso dedicato agli imprenditori. E il premier sceglie i toni per strappare

applausi: «Qui vedo un'Italia viva, un'Italia che dimostra che ce la può e ce la deve fare, a patto che si

prendano impegni precisi. Il primo di questi», appunto, «è una violenta lotta contro la burocrazia per rilanciare

le imprese e l'economia». Il premier snocciola le riforme: la cancellazione delle Province e del Senato, il taglio

degli stipendi dei manager pubblici: «Cercheranno i farcela pagare, ma noi andiamo avanti. Siamo una

Repubblica fondata sul lavoro ma affondata dalle rendite. Ecco perché bisogna restituire dignità al lavoro

semplificando le regole, che non significa precarizzare, ma togliere agli imprenditori la paura di assumere».

Ancora, tornando alla burocrazia: «C'è un grande dibattito sui caccia F35, ma il vero problema è

rappresentato dall'F24». E agli imprenditori, Renzi, descrive una lotta all'evasione fiscale fatta di «regole del

fisco semplici, che tutti paghino». Senza «battaglie spot, come a Cortina». «Ma in modo sistematico e

strutturale, incrociando le banche dati». Rivolgendosi alla platea, il premier poi domanda: «Chi di voi ha

aperto la propria azienda perché voleva fare i soldi? Fosse stato per quello, avreste sicuramente fatto

operazioni di natura finanziaria. Ecco perché abbiamo alzato la tassazione sulle transazioni finanziarie, dal 20

al 26%, ma abbiamo abbassato l'Irap in modo consistente». Nel mirino di Renzi ci sono le banche: «Abbiamo

bisogno che da parte del sistema del credito ci sia un'attenzione ancora più forte, perché non è possibile e

non è accettabile che il piccolo artigiano si veda negare un mutuo o un fido perché ci sono dei parametri, gli

stessi che poi per le grandi aziende non valgono mai». Affrontato il tema delle semplificazioni, del fisco e del

credito, difesa la riforma elettorale («l'Italicum introdurrà certezze») il premier finisce per parlare di sé: «Ve lo

dico in partenza, se non ce la faccio, se sarà il palazzo a cambiare me, vorrà dire che non sono bravo e

capace». E dà un appuntamento alla platea: «Da qui a un anno o ci saranno dei risultati o sarò un

chiacchierone». Sceso dal palco, scattano le foto ricordo e l'assalto dei fan. Poi scatta la visita ai cantieri

dell'Expo' con successiva passeggiata in via Dante. «Coraggio resisti», gli gridano alcuni passanti. Renzi si

mette in posa per i selfie. Inquadra nel mirino Beppe Grillo: «Tutti i giorni mi attacca, sta diventando come i

vecchi politici. Noi facciamo riforme, lui pensa solo a insultare gli avversari». A.Gen.

Foto: MILANO Matteo Renzi visita i cantieri dell'Expo L'arrivo in treno a Milano

12/04/2014 1Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 37

SCUOLA A PALAZZO NALDI UNA CLASSE DELL'ORIANI APRE IL PROGETTO I futuri geometri a lezione in cantiere Al centro la sicurezza sul lavoro in collaborazione con Ausl e Fondazione ANTONIO VECA di ANTONIO VECA LA SICUREZZA nei luoghi di lavoro si apprende meglio in cantiere. È partita ieri una

iniziativa in collaborazione tra il Dipartimento di Sanità pubblica dell'Ausl di Ravenna, l'istituto per geometri

Oriani e la Fondazione Banca del Monte e Cassa di Risparmio di Faenza. Un modo per i futuri professionisti

di imparare dal vivo le norme sulla sicurezza. Così ieri la 4ªB dell'Oriani, accompagnati daI docenti, Gianluca

Pulscani, Vincenzo Peroni e Rocco Giuliana, hanno incontrato due esperti dell'Ausl per visitare il cantiere

della Fondazione di restauro e ristrutturazione di Palazzo Naldi, che entro maggio sarà completato.

«L'incontro con chi fa per lavoro i sopralluoghi nei cantieri per verificare che tutte le normative a tutela dei

lavoratori vengano adottate - dice uno dei docenti, Rocco Giuliana - è sicuramente molto più istruttivo se

appresa direttamente nei cantieri. Per questo - continua - abbiamo contattato l'Ausl che si è prestata a tenere

alcune lezioni ma soprattutto a far vedere dal vivo quali sono le misure di sicurezza». «E' MOLTO

interessante - dicono alcuni degli studenti - vedere dal vivo l'applicazione delle norme». «Il tema della

sicurezza sul lavoro è fondamentale - dice Maurizio Bertoni dell'Ausl, che assieme al collega Roberto

Cicognani ieri ha accompagnato gli studenti - tropopo spesso si assiste a gravi infortuni, alle volte solo perché

non si seguono le regole. La materia deve essere insegnata sin dalle scuole e ritengo molto interessante

l'esperienza che i ragazzi stanno facendo». «L'ESPERIENZA - ha detto il presidente della Fondazione

Alberto Morini - è didatticamente interessante; non è facile far comprendere la materia solo nella teoria; un

cantiere è la 'palestra' giusta' per i futuri professionisti dell'edilizia». Il presidente Morini ha poi spiegato la

finalità degli spazi che stanno per essere ultimati. «Oltre alla sede della Fondazione - ha detto Morini -

ospiteremo spazi per l'avvio di impresa; tante sono le richieste che ci stanno arrivando in questo senso». A

fine mese è previsto lo smontaggio delle impalcature in via san Giovanni Bosco e già si comincerà a vedere

qualcosa di questa imponente ristrutturazione. Intanto Morini ha annunciato che il grande telone in materiale

plastico che in questo momento nasconde i ponteggi non diventerà materiale di risulta da smaltire ma verrà

riutilizzato per il campo di calcio, dove a maggio si svolgerà il terzo torneo dei Salesiani. Quindi sarà

impiegato per operazioni di marketing. Nei prossimi giorni anche gli studenti della sezione dell'Oriani A

faranno una vita nel cantiere. Image: 20140412/foto/5132.jpg

12/04/2014 22Pag. QN - Il Resto del Carlino - Ravenna(diffusione:165207, tiratura:206221)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 38

PONTE SAN NICOLÒ Sarà costruito un edificio con 10 alloggi Casa onlus, ecco la prima pietra (C. Arc.) Ufficialmente inaugurato il cantiere di via San Francesco a Ponte San Nicolò che entro tredici mesi

consentirà la nascita di una palazzina composta da dieci unità abitative che verranno date in locazione a

canone agevolato. A fare gli onori di casa alla posa della prima pietra, ha presenziato il sindaco Enrico

Rinuncini. I lavori di cantiere saranno effettuati dalla ditta Belvedere. A fianco al primo cittadino hanno

presenziato i vertici della fondazione La Casa onlus. Una volta terminato il cantiere, all'interno degli alloggi si

prevede l'inserimento di persone in disagio abitativo e con basso reddito. Giovani coppie, persone con

disabilità e anziani parzialmente autosufficienti. Due alloggi saranno destinati a singoli o famiglie che

fungeranno da operatori dei servizi e si occuperanno della supervisione delle pulizie, della corretta

preparazione dei pasti, dell'assistenza all'igiene personale, della gestione delle utenze e della conduzione e

manutenzione degli spazi comuni. Si tratta di un progetto ambizioso ed innovativo che darà l'occasione a

famiglie a basso reddito di assicurarsi un alloggio dignitoso attraverso i servizi resi alla comunità

condominiale. Soddisfatto il sindaco Enrico Rinuncini. «La nostra vicinanza alle persone in difficoltà è

costante e quest'opera che sorgerà su un terreno comunale è l'ennesima prova». Rinuncini, terminata la

cerimonia, si è voluto togliere qualche sassolino dalla scarpa: «Sono uscito dal Partito Democratico di Ponte

San Nicolò. La coalizione che oggi lascio ha perduto la propria spinta innovatrice. Negli ultimi tempi - ha

proseguito - mi sono stati proposti nomi da inserire nella squadra per le amministrative di maggio. Ebbene,

tutta gente che rispetto, ma che ha fatto il suo tempo. Il mondo sta cambiando, la comunità guarda l'operato

di un uomo e non la bandiera che sventola. Per questo mi candiderò in una lista indipendente senza simboli e

sono pronto a lottare con la mia nuova squadra per vincere e continuare il mio percorso di amministratore. Ai

miei avversari che fino a ieri erano dalla mia parte, auguro ogni bene».

13/04/2014 14Pag. Il Gazzettino - Padova(diffusione:86966, tiratura:114104)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 39

L'EDILIZIA del Bo Aule, musei, biblioteche Cantieri per 57milioni BIOMEDICINA Oltre due milioni per l'acquisto del polo didattico ORTO BOTANICO 950 mila euro per ilrestauro e l'ampliamento Federica Cappellato Lavori in corso all'Università. E i finanziamenti per i cantieri sono tutti prelevati dalle casse delBo. Gli

investimenti in edilizia per il 2014 ammontano a 15 milioni e mezzo di euro: in una prospettiva triennale

l'impegno economico sarà di altri 22 milioni per il 2015 e ulteriori 20 per il 2016. Il budget destinato a

impalcature, costruzioni ex novo, acquisti di edifici, ristrutturazioni dell'esistente e conti da saldare, consente

un brulicare di opere. Grazie a 2 milioni di euro, superate lunghe controversie legali, presto inizieranno i lavori

nel complesso di via Beato Pellegrino, con la trasformazione dell' ex ospedale Geriatrico in polo bibliotecario

del Polo umanistico dell'Ateneo . L' Orto Botanico verrà ulteriormente restaurato e ampliato: se si sono

conclusi i lavori del 2 e 3 lotto (visitor center e nuove serre) con la relativa prima inaugurazione dello

settembre, nel Bilancio 2014 vengono inseritila seconda tranche di 700mila euro per gli interventi

complementari e di allestimento e altri 250mila per completare la nuova serra per la riproduzionevegetale;

restano da finanziare il 4 e il 5 lotto, per i quali si stanno cercando p o s s i b i l i s p o n s o r . L'Ateneo ha

inoltre investito 500 mila per il complesso di Ingegneria (adeguamento alle prescrizioni di sicurezza), 500 mila

per la ristrutturazione in corso del Policlinico in partnership con l'Azienda ospedaliera, 200 mila per

l'ammodernamento dell' area di ricerca Pietro d'Abano di via Orus , 500 mila per il recupero del complesso di

via Paolotti , 100 mila per il Cus di via Corrado (manutenzione straordinaria e adeguamento alle norme di

sicurezza degli impianti sportivi). Con 600 mila si provvederà alla realizzazione del Museo della Scienza : lo

spostamento del Dipartimento di Scienze della Terra nella nuova sede di via Gradenigo ha liberato i locali che

lo ospitavano, destinatialla realizzazione del Museo incentratosu palazzo Cavalli ; per la sua strutturazione è

stato predisposto un progetto di massima complessivo, approvato dal CdA. E ancora: con 200mila si metterà

mano all'edificio di Fisiologia (ristrutturazione per la nascita del nuovo Polo bibliotecario di Scienze ), con 500

mila si darà un aggiornamento edilizio al complesso Vallisneri , con 100 mila si riqualificherà il polo di Scienze

chimiche , con 115 mila si provvederà al restyling del Liviano . «Lo sforzo compiuto ndall'Ateneo in tema di

edilizia universitaria è notevole. Nonostante le difficoltà e le incertezze finanziarie - annota il professor

Armando Gennaro, prorettore all'edilizia del Bo - si è continuato ad inserire alcuni interventi nuovi, nella logica

della visione generale delle esigenze e della programmazione dei relativi interventi. Ciò è avvenuto nel 2011

per il Dipartimento di Scienze farmaceutiche, nel 2012 per il complesso del Donghi di Ingegneria, nel 2013

con il complesso Vallisneri, il Polo bibliotecario di Scienze e il Dipartimento di Scienze chimiche, e nel 2014

con l'inserimento della Biblioteca Tito Livio». Il Consiglio di Amministrazione lo scorso ottobre ha infatti

approvato lo studio di fattibilità della ristrutturazione del piano terra di Palazzo Liviano e dei due porticati della

Scuola Carraresi , per realizzare la nuova sede della Biblioteca Tito Livio , con spazi per la lettura e la

consultazione, oltre che per il deposito dei libri. Il costo stimato dell'operazione è di 2.000.000: lo

stanziamento 2014 è un'avanguardia di budget finalizzata all'avvio delle indagini tecniche e della

progettazione. «Un aspetto che merita di essere evidenziato - prosegue il prorettore Gennaro riguarda i due

finanziamenti regionali per il complesso Revedin Bolasco a Castelfranco Veneto». Importante infine l'impegno

dell'Università di Padova per saldare le rate dei mutui e automutui in corso di ammortamento. «L'Ateneo ha

dato un fondamentale apporto, senza alcuno specifico finanziamento da parte dello Stato, alla rivitalizzazione

edilizia della città per dirla con le parole del magnifico rettore Giuseppe Zaccaria, scandite durante

l'inaugurazione dell'Anno accademico 2014/2015 - sia con nuove, prestigiose costruzioni, dal " Fiore di Botta

" al nuovo Orto Botanico, al complesso Beato Pellegrino, sia con il restauro, la manutenzione e la messa in

sicurezza di un immenso patrimonio immobiliare del passato».

14/04/2014 2Pag. Il Gazzettino - Padova(diffusione:86966, tiratura:114104)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 40

Foto: PRORETTORE Armando Gennaro

Foto: ORTO BOTANICO Il giardino della biodiversità. Un altro milione nel 2014

14/04/2014 2Pag. Il Gazzettino - Padova(diffusione:86966, tiratura:114104)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 41

PIANO CASA Il decreto Lupi e la lezione di La Pira Paolo Berdini C'era qualche preoccupazione nel pensare di aprire il ragionamento sul Piano casa del governo Renzi

ricordando la figura di Giorgio La Pira. Temevo infatti che la lingua incontinente del premier avrebbe sepolto il

grande sindaco della Firenze degli anni del dopoguerra sotto la sequela di insulti che dedica ormai al meglio

della cultura italiana, da Rodotà a Zagrebelsky e Settis. Un altro professorone da disprezzare, o meglio un

estremista. La Pira lasciò infatti di stucco l'opinione pubblica dell'epoca perché requisì molti appartamenti non

utilizzati per assegnarli alle famiglie povere e per i senza tetto. Un adempimento audace, ma iscritto nella

Costituzione (art. 3) che conosceva alla perfezione avendo fatto parte dell'assemblea costituente.

Anche oggi ci sono decine di migliaia di famiglie e di giovani che non hanno la possibilità di avere una casa,

ma la musica è cambiata. Nell'articolo 5 del decreto legge n. 47 (finalmente pubblicato pochi giorni fa) «Piano

casa per l'emergenza abitativa» si afferma che nelle occupazioni abitative che punteggiano molte grandi aree

urbane del paese e che riguardano, come è noto, edifici abbandonati da tempo, è vietato allacciare i pubblici

servizi, acqua e luce elettrica. La Pira era un cattolico come il premier e come il ministro per le infrastrutture

Maurizio Lupi e quell'articolo dimostra l'abisso culturale che li divide. Quest'ultimo ha definito delinquenti gli

occupanti.

Ma non è questa l'unica vergogna presente nel testo di legge preparato con tutta evidenza dall'ufficio studi

dell'associazione dei costruttori e dalla proprietà edilizia e prontamente veicolato dal premier. Nei venti anni di

cancellazione di ogni regola, si è costruito molto nel nostro paese: i dati ufficiali ci dicono che gli alloggi

recenti invenduti sono un milione e mezzo: da soli potrebbero ospitare quattro o cinque milioni di abitanti.

Ancora i dati ufficiali ci dicono poi che ci sono oltre 200 mila famiglie in grave disagio abitativo. Ma figuriamoci

se chi si è arricchito oltre misura in questi due decenni rinunci ad una modesta parte delle previsioni di

guadagno. Così, all'articolo 10 si permette di assimilare quegli alloggi, dovunque siano ubicati e qualunque

qualità abbiano, in alloggi «sociali», che vuol dire ottenere tutte le agevolazioni di legge ed economiche per

destinarli a famiglie in grado di pagarsi un mutuo immobiliare. CONTINUA|PAGINA2 DALLA PRIMA

Se la vendita di automobili supera la domanda di mercato e i piazzali delle aziende si riempiono, si riduce la

produzione e per salvaguardare i lavoratori si ricorre a contratti di solidarietà o agli ammortizzatori sociali. Il

comparto abitativo continua a sfuggire alle logiche del mercato tanto osannate a parole. Se il mercato tira, gli

operatori immobiliari possono guadagnare ciò che vogliono perché lo Stato ha rinunciato da tempo a

qualsiasi azione calmieratrice. Nel decreto legge, ad esempio (articolo 3) si prevede ancora di vendere le

poche case rimaste di proprietà pubbliche. Se il mercato entra invece in una crisi epocale che necessiterebbe

di ben altre analisi e soluzioni, si ricorre agli aiuti pubblici.

Una volta piazzate le case invendute, non si rinuncia neppure a costruire ancora nuovi quartieri. Sempre

l'articolo 10 dice infatti che lo stesso trucco che trasforma l'edilizia privata in alloggi assistiti dal denaro

pubblico si applica anche alle grandi lottizzazioni che non erano neppure iniziate proprio per la crisi di

mercato. Si perpetua dunque il modello dissipativo che ha portato all'attuale crisi di sovraproduzione.

La Pira viveva in un piccolo alloggio all'interno di un convento anche se non gli mancavano certo amici in

grado di fornirgli una casa a prezzi vantaggiosi. Renzi quando era sindaco della stessa città ha scelto di farsi

pagare l'alloggio da un facoltoso amico. Un altro segnale eloquente della distanza morale e culturale che ci

separa da quel fecondo periodo. La conseguenza di questa distanza culturale stava ieri sotto gli occhi di

Roma: decine di migliaia di persone e di giovani senza casa chiedevano provvedimenti veri in grado di

risolvere davvero l'emergenza abitativa. Provvedimenti neppure sfiorati da un decreto legge scritto in

continuità con le teorie economiche responsabili dell'attuale crisi.

13/04/2014 1Pag. Il Manifesto - Ed. nazionale - editoriale(diffusione:24728, tiratura:83923)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 42

La stangata che cancella gli sgravi Effetto Renzi: 4,6 miliardi di tasse in più sulla casa La Cgia di Mestre rivela: nel 2014 pagheremo 53,7 miliardi sul mattone, dei quali 32,5 solo di Imu e TasiForza Italia: «È la patrimoniale di Matteo». Confedilizia: «Imposte sempre meno legate alla redditività» C'è una cifra che non compare nel Def, il Documento di Economia e Finanza presentato dal governo Renzi lo

scorso 8 aprile, ma con la quale gli italiani dovranno fare i conti in questo 2014. Sono i 32,5 miliardi di euro di

tasse sugli immobili tra Imu, Tasi (nell'eventualità di un'aliquota media al 2 per mille) e Tari. Rispetto all'anno

scorso, ha calcolato la Cgia di Mestre, si tratta di 4,6 miliardi di euro in più: una stangata che si mangerà i due

terzi degli sgravi Irpef annunciati da Renzi per i dipendenti che guadagnano meno di 1.500 euro al mese (in

totale 6,7 miliardi). Le imposte che gravano sul mattone, peraltro, se a quelle legate al possesso si

aggiungono quelle legate alla redditività (come l'imposta sulle locazioni) e quelle legate ai trasferimenti,

raggiungono la cifra di 53,7 miliardi di euro. «Un tempo l'acquisto di una abitazione o di un altro tipo di

immobile costituiva un investimento. Ora, chi possiede una casa o un capannone sta vivendo un incubo»,

commenta il segretario dell'associazione degli artigiani veneti, Giuseppe Bortolussi. E Forza Italia cavalca i

dati per denunciare la «patrimoniale di Renzi». La botta rischia di «vanificare l'effetto dell'intervento sull'Irpef

(che peraltro riguarda solo i dipendenti, mentre i proprietari di case sono l'80 per cento degli italiani)», dice il

presidente della Commissione Finanze della Camera, Daniele Capezzone. In realtà, ad essere maggiormente

colpiti dall'aumento saranno i proprietari di seconde e terze case e gli imprenditori che possiedono un

immobile ad uso produttivo, precisa Bortolussi. Interessante, comunque, l'andamento dei vari tipi di

tassazione sugli immobili, dall'ultimo anno prima della grande crisi (il 2007) ad oggi. Si scopre infatti che il

prelievo legato alla redditività degli immobili nell'arco dei sette anni è aumentato di appena l'1 per cento

(passando da 9,25 a 9,33 miliardi), mentre quello legato al trasferimento è addirittura diminuito del 23 per

cento (il gettito è infatti sceso da 15,4 a 11,8 miliardi). Si tratta, nel primo caso, delle entrate riconducibili

all'Irpef, all'Ires, all'imposta di registro e di bollo sulle locazioni e alla cedolare secca. Mentre nel secondo

caso sono in ballo l'Iva, l'imposta di registro e di bollo sui trasferimenti, l'imposta ipotecaria/catastale, le

successioni e le donazioni. L'impennata del carico fiscale invece si registra sulle voci collegate alla proprietà.

Da un gettito di 17,3 miliardi nel 2007 si è passati a uno di 32,5 nel 2014 (nell'ipotesi di una Tasi al 2 per

mille, come si diceva, cui si aggiungono l'Imu per i proprietari di case diverse dalla prima abitazione e la tassa

sui rifiuti): un balzo dell'88 per cento. Evidente, peraltro, il collegamento tra l'aumento delle tasse sulla

proprietà e il calo del gettito delle imposte legate ai trasferimenti: più diventa costoso possedere un immobile,

più si penalizzano le compravendite, deprimendo il mercato immobiliare e prosciugando il gettito. Nel 2011,

quando l'Imu non esisteva, gli italiani pagarono sulla casa (Ici sulle ville e sulle seconde abitazioni, imposta di

scopo e prelievo sui rifiuti) 16,8 miliardi. L'anno dopo, la «cura Monti» portò il totale a 30,7 miliardi. «La

tassazione è sempre meno legata alla redditività e sempre più al possesso di beni in sé», ha sottolineato ieri

il presidente di Confedilizia Corrado Sforza Fogliani, commentando i dati della Cgia. A pesare, inoltre, sono

«basi imponibili catastali che, a seguito dell'introduzione dei moltiplicatori Monti, rappresentano valori

assolutamente non in linea col mercato e con i prezzi odierni degli immobili, come prova il fatto che alle

stesse vendite giudiziarie si conseguono spesso prezzi notevolmente inferiori a quelli dei valori catastali».

Una batosta, continua il numero uno di Confedilizia che picchia sulla testa del ceto medio: «All'impoverimento

progressivo del ceto medio che ha investito nell'immobiliare determinando gran parte della crescita italiana si

assomma paradossalmente una tassazione sempre più forte di un settore che ne trascina 18, ad esso facenti

capo. In questa situazione chi deve avere fiducia ed acquistare beni specie per affittare e cioè per concorrere

alla risoluzione dell'emergenza abitativa? A questa non si può certo rispondere con logiche affaristiche e

pensando a costruire nuovi immobili quando le città sono piene di immobili vuoti edinvolont ariamente sfitti,

per di più ipertassati».

13/04/2014 9Pag. Libero - Ed. nazionale(diffusione:125215, tiratura:224026)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 43

LA STORIA DEL MAXI-CENTRO SANITARIO: DALLA FONDAZIONE NEL 2002 AL BLITZ DI IERI Dodici anni tra crisi, arresti e novità i mille guai della struttura "maledetta" Fu costruita dalla Cofingest di Piro per la Fondazione Ferrero. Nel 2008 subentra Segesta L'inaugurazionedoveva avvenire nel 2004 ma slittò al 2007. Nel 2009 in manette i vertici della Fondazione GIOVANNI VACCARO VADO LIGURE. Una storia travagliata, quella della maxistruttura sociosanitaria di

Vado: dalla prima pietra posata quasi dodici anni fa allo choc della piazza pulita che la Guardia di Finanza ha

eseguito ieri, arrestando dodici operatori con l'accusa di picchiare i pazienti disabili. Oltre un decennio

trascorso fra problemi nella costruzione, crisi societarie, altri arresti per bancarotta fraudolenta della vecchia

gestione e persino una gestione provvisoria di cui si era incaricato direttamente il Comune, con l'allora

sindaco Carlo Giacobbe, pur di non far chiudere una struttura all'avanguardia e appena aperta. La

costruzione dell'edificio (cinque piani, 67.800 metri cubi, su un'area di 28mila metri quadrati) era iniziata il 30

maggio 2002 con la posa della prima pietra da parte di Bettino Piro, "numero uno" della Cofingest, costruttore

edile nonché presidente del Savona Calcio. Di fianco all'allora sindaco Roberto Peluffo, c'era Attilio Caviglia,

a quel tempo assessore ai servizi sociali e oggi primo cittadino che ha dovuto assistere all'ennesima crisi.

Costata alla Fondazione Ferrero di Alba oltre 43 milioni di euro ed intitolata ad Ottavia Amerio Ferrero, aveva

come obiettivo ospitare 500 pazienti e offrire lavoro a 250 persone (tra dipendenti diretti, cooperative e ditte

esterne, oltre ai sette operatori della casa di riposo comunale, che sarebbe stata inglobata al suo interno,

ampliando i servizi e i posti disponibili). Si prevedeva di partire con le attività nel 2004, ma l'inaugurazione

arrivò solo nel 2007 a causa di ritardi nei lavori e nella stipula delle convenzioni con gli enti di assistenza

sanitaria. Il 19 marzo 2007 l'inaugurazione in pompa magna con il presidente della Regione Claudio

Burlando, il sindaco Carlo Giacobbe ed il vescovo Domenico Calcagno, l'amministratore delegato della

Fondazione Ferrero a Savona, Giorgio Balbo, ed il presidente della Fondazione, Paolo Sacchetto. Ma già nel

2008 si erano addensate le prime nubi di tempesta. La Cgil cuneese aveva rivelato che la Fondazione

avrebbe avuto un "buco" di bilancio di decine di milioni di euro. Poco dopo la gestione provvisoria del centro

di Vado era stata affidata direttamente all'Istituzione dei servizi alla persona del Comune, in modo da

incassare le rette e i contributi delle convenzioni per pagare i lavoratori. Il 16 marzo 2009 la Guardia di

Finanza di Cuneo aveva decapitato il consiglio di amministrazione della Fondazione arrestando per

bancarotta fraudolenta Sacchetto, Michele Oreglia, presidente del consiglio di amministrazione, e Gabriella

Costa, consigliere del centro di Alba. Secondo le indagini, i tre amministratori avrebbero depauperato le

casse della Fondazione sottraendo oltre sei milioni di euro finiti nei conti personali. Nei mesi successivi

l'immobiliare milanese che aveva precedentemente rilevato la maxistruttura di Vado, la Cordea Savills

Investment, aveva assegnato la gestione dell'attività al Gruppo Segesta.

Foto: Bettino Piro

Foto: Paolo Sacchetto

12/04/2014 17Pag. Il Secolo XIX - Savona(diffusione:103223, tiratura:127026)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 44

L'ALLARME DEL PRESIDENTE DI ANCE Edilizia a picco, chiuse 142 imprese in due anni Agnese: «Opere pubbliche ferme, le istituzioni ci diano una mano» AMERIGO LUALDI I NUMERI fanno tremare i polsi. In due anni , secondo i dati di Ance e Cassa edile (gli ultimi si riferiscono a

fine febbraio) , il settore edile ha perduto in provincia 142 aziende e 516 operai mentre in rosso di 81.547

sono state le ore lavorate. L'unico dato col segno più, le ore di cassa integrazione, passate da 57.680 di

febbraio 2012 a 66.757 dello stesso mese del 2013 e leggermente calate , a quota 60.336, a febbraio 2014.

La mano d'opera - come si diceva è in caduta libera: 2.555 occupati in provincia a tutto gennaio 2012; 2.256

nello stesso periodo del 2013; 2.039 nel 2014. Un panorama desolante che, al momento, non sembra vedere

sbocchi positivi poiché le opera pubbliche sono praticamente ferme, a parte qualche lavoro di manutenzione

mentre il mercato immobiliare continua a latitare trovando qualche spiraglio soltanto negli interventi di

ristrutturazione di case e appartamenti. Di qui l'ennesimo appello alle istituzioni del presidente degli industriali

edili di Ance, Pierfrancesco Agnese secondo cui «il settore edile è allo stremo». «Un settore produttivo

fondamentale per l'economia del territorio che sta attraversando una fase di crisi molto grave, tanto che negli

ultimi due anni oltre 550 lavoratori sono stati licenziati e circa 142 imprese hanno chiuso - commenta Agnese

- In più occasioni abbiamo rilevato che, senza provvedimenti a favore del settore, molte imprese sarebbero

state costrette a cessare l'attività e a procedere ai licenziamenti. Timori che, purtroppo, oggi sono diventati

realtà». Il presidente di Ance parte da un presupposto. Se l'edilizia funziona, anche l'intera economia gira a

pieno regime : il comparto edile coinvolge direttamente altri 44 settori economici e, in provincia, oltre 13 mila

famiglie vivono grazie all'edilizia. «Con un investimento di un milione di euro in edilizia l'economia provinciale

ne produrrebbe 2.727.000, dando lavoro a circa ventitré persone - scende nei dettagli Agnese - Quattordici

sarebbero occupate nella prima fase, tre nella fase dell'impatto indiretto e sei nel puro indotto». Secondo gli

indicatori nazionali, anche se si registrano timidi segnali di ripresa, soprattutto nel comparto immobiliare, nei

prossimi mesi si verificheranno le maggiori difficoltà. «Le opere pubbliche, di fatto, sono bloccate. Anche il

cantiere della variante Aurelia è fermo da mesi e non è possibile fare previsioni sulla ripresa dei lavori -

continua il responsabile dei costruttori edili aderenti a Confindustria - Inoltre, la crisi ha accentuato nei lavori

eseguiti per privati fenomeni di lavoro irregolare, con imprese che non rispettano la sicurezza e i contratti».

Giunti a questo punto alquanto critico, logico che debbano muoversi le istituzioni per dare impulso a una

filiera sotto la tenda ossigeno. È appunto quello che auspica l'Ance « Abbiamo chiesto più volte alle istituzioni

di porre al centro delle loro politiche il settore edile. Prendiamo atto che non hanno colto il grido di allarme

trascurando le nostre proposte. Chiediamo quindi, nuovamente, l'attuazione di politiche concrete: applicare,

nell'affidamento delle opere pubbliche, le procedure del cosiddetto decreto del fare, che ritiene interesse della

collettività l'esecuzione dei lavori da parte di imprese del territorio; accelerare le procedure per il rilascio delle

autorizzazioni edilizie; richiedere agli investitori immobiliari di privilegiare l'imprenditoria locale nell'esecuzione

delle opere».

Foto: Pierfrancesco Agnese, presidente di Ance, l'associazione di imprenditori edili aderente a Confindustria

Foto: Le imprese spezzine delle costruzioni sono all'angolo PISTELLI Piazza Verdi: il cantiere che sta

operando sul lato mare

12/04/2014 14Pag. Il Secolo XIX - La spezia(diffusione:103223, tiratura:127026)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 45

Srl-cartiere a un euro da Napoli Simona D'Alessio Srl a un euro? Altro che chance per giovani imprenditori: ad usarle come «cartiere vere e proprie» sono

(talvolta) le associazioni criminali. La denuncia su quel che, si è scoperto, si nasconde dietro l'opportunità per

gli under35 di dar vita ad una società semplifi cata, arriva dalla Direzione investigativa antimafia presso il

ministero dell'interno, per bocca del vicedirettore, generale di brigata Adelmo Lusi, dinanzi alla platea dei

notai, riuniti a convegno a Napoli, per discutere di antiriciclaggio e presentare le nuove linee guida per la

categoria. E, a raccogliere la sollecitazione, avvalorando la tesi, interviene Franco Roberti, procuratore

nazionale Antimafia, sottolineando come le forze dell'ordine si siano accorte, a un certo punto, che le srl così

pensate (frutto della legge 27/2012 sulle liberalizzazioni) potevano fare da «paravento» ad attività illecite.

L'allarme, il Notariato, chiamato a costituire gratuitamente tali realtà a capitale minimo, l'aveva lanciato a suo

tempo, come ricorda a ItaliaOggi il presidente del Consiglio nazionale Maurizio d'Errico: «Francamente,

qualche dubbio c'è venuto, quando, ad esempio, è stato chiesto l'avvio di un'impresa di costruzioni, seguendo

queste modalità. Premetto che l'idea delle srl semplificate mi appare positiva per i giovani desiderosi di

intraprendere un proprio percorso», senza poter però contare su un investimento iniziale. A questo punto,

prosegue, «suggerisco una modifica alla normativa», che metterebbe al riparo da quanto espresso dal

rappresentante della Dia, «in ordine alla tipologia del soggetto imprenditoriale che si vuol perseguire.

Un'azienda edile, o una concessionaria automobilistica che parte col capitale di un euro non può che farmi

sospettare delle reali intenzioni di chi la mette in piedi. È una ri essione che noi affi diamo alle istituzioni»,

conclude D'Errico.

12/04/2014 18Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 46

EDILIZIA SCOLASTICA LA "MAPPA" DEGLI INTERVENTI PROGRAMMATI DALL'AMMINISTRAZIONECOMUNALE 2 Giugno, la scuola "di Renzi": via ai lavori di ristrutturazione RIFLETTORI puntati sull'edilizia scolastica comunale. Lo ha annunciato l'assessore Corrado Mori ieri nel

corso della presentazione del piano triennale delle opere pubbliche. E lo stanziamento per questo "settore" è

consistente: 4 milioni e 170mila euro nel 2014 rispetto ai 2 milioni e 600mila euro del 2013. E soprattutto

riflettori puntati alla scuola del 2 Giugno: Mori ha infatti accolto l'invito del premier Matteo Renzi di indicare

una struttura scolastica da riqualificare, e l'assessore ha indicato quella del 2 Giugno. Lì verrà rifatta la

facciata, verranno abbattute le barriere architettoniche, verranno impermeabilizzate le coperture, e si

procederà con l'adeguamento sismico. Costo degli interventi: 2 milioni di euro. Le altre scuole che a breve

vedranno iniziare i lavori, la primaria "Fermi" a Valdellora, l'asilo nido di Mazzetta, la scuola elementare del

Canaletto, la media del Favaro, l'elementare della Pianta e di Melara, e la materna di Strà. Trecento mila euro

sono stati destinati alla realizzazione degli impianti di fotovoltaico sulle coperture delle scuole medie Fontana,

2 Giugno e di Melara. A breve prenderanno il via, quindi nel periodo di chiusura estivo delle lezioni anche i

cantieri sugli altri edifici scolastici, i cui interventi sono già stati finanziati lo scorso anno con quasi 2 milioni di

euro da parte dell'amministrazione comunale. L.P.

12/04/2014 7Pag. QN - La Nazione - La spezia(diffusione:136993, tiratura:176177)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 47

MONTOPOLI IL BILANCIO DI FINE MANDATO DEL SINDACO VIVALDI» «Occupazione e ambiente più tutelati» ONERI di urbanizzazione scontati anche fino al 70% per chi punterà sull'edilizia ecosostenibile. E' una delle

ultime decisioni del consiglio comunale dell'era Vivaldi. Con le elezioni del 25 maggio, infatti, comunque

vadano e chiunque vinca, Montopoli cambia sindaco. Alessandra Vivaldi non è più ricandidabile avendo

espletato due mandati e cambierà, magari con qualche conferma, anche il consiglio comunale che si è riunito

per l'ultima seduta ordinaria della legislatura 2009-2014. «Sono stati approvati numerosi provvedimenti sia in

adempimento di procedure in atto sia come proposte a sostegno e promozione delle attività edilizie sul

territorio - dice il sindaco Alessandra Vivaldi - Oltre all'avvio della procedura di Vas-Valutazione ambientale

strategica per il piano della telefonia e agli adeguamenti del piano al decreto del fare emanato dal Consiglio

dei ministri, il consiglio comunale si è espresso su piani attuativi da concludere o migliorare. E' stato

promulgato il nuovo criterio di calcolo degli oneri di urbanizzazione, con misure di sostegno all'attività edilizia

quali gli sconti fino al 70 per cento sugli oneri di urbanizzazione secondaria per chi applica la normativa del

regolamento per l'edilizia ecosostenibile recentemente approvato e la riduzione dell'aliquota generale in

compensazione dell'aumento Istat. Il Comune dà così un chiaro segnale che anche in un momento di grave

crisi si possono sostenere iniziative di aiuto e di facilitazione per le attività che producono lavoro». PER

QUANTO riguarda le antenne dei telefonini il Comune vuol vederci più chiaro e approfondire le questioni.

Quinti richieste di Valutazione ambientale rispetto a progetti e iniziative. Inoltre, come spiega la stessa

Vivaldi, ha preso avvio l'attività di monitoraggio del regolamento urbanistico, «con una fase sperimentale di

adeguamento della schedatura del patrimonio edilizio, in diretta collaborazione tra gli uffici comunali, i tecnici

e i proprietari degli immobili; sperimentazione che potrà dar corso a una procedura di più vasto respiro nella

quale i cittadini potranno intervenire direttamente nei processi di pianificazione». Sempre nell'ambito del

regolamento urbanistico, è stata nominata un'apposita struttura, composta da due esperti urbanisti nella

commissione che valuterà i piani attuativi e le varianti dello stesso regolamento. «Si tratta di attività

complementari al progetto urbanistico ed edilizio - conclude il sindaco di Montopoli_- di cui il Comune si è

dotato in questi anni che coniugano uno sviluppo sostenibile con la tutela dell'ambiente che sono da sempre i

punti cardine di questa amministrazione».

13/04/2014 16Pag. QN - La Nazione - Empoli(diffusione:136993, tiratura:176177)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 48

Ripulirono un cantiere edile, condannati Picconi, frullini, seghe elettriche: i quattro ladri rubarono di tutto a Magliano CONDANNATI in quattro per il furto in un cantiere edile di Magliano nella notte tra il 2 e il 3 febbraio scorso.

Mihai Tapu (32 anni), Adrian Ilie Balan (25), Claudiu Constantin Puscasu (24) e Ioan Emanuel Danet (35),

tutti provenienti dalla Romania, erano accusati di aver ripulito il cantiere di una ditta nella quale uno di loro,

Balan, era stato assunto come operaio. Nell'area di cantiere si trovava un prefabbricato in lamiera, nel quale

erano entrati spaccando la finestra. Da lì si erano portati via cavi elettrici, un gruppo elettrogeno, scatole di

chiodi, una pompa, stivali di gomma, livelle, seghe, saldatrici, carriole, macchina tagliaferro, batterie, un

quadro elettrico, paioli, frullini, tronchesi, picconi, borse e piedi di porco. Il colpo, però, non andò a buon fine.

Una pattuglia di carabinieri che si trovava lì vicino, infatti, notò il loro furgone che sfrecciava su una strada

extraurbana di primo mattino. I militari fermarono il mezzo per un controllo e all'interno trovarono subito i primi

tre, tutti sporchi di fango. NEL VANO posteriore c'erano svariate attrezzature edili, tra le quai si nascondeva il

quarto. Nessuno di loro fu in grado di fornire spiegazioni né sulla loro presenza in quel posto né sulla

presenza di tutta quell'attrezzatura nel vano posteriore. Dai primi accertamenti, i carabinieri ottennero

l'informazione chiave: uno di loro, Balan, era stato recentemente sottoposto a un controllo sul suo posto di

lavoro, una ditta edile che aveva aperto un cantiere lì vicino. I militari raggiunsero il cantiere. Sul posto,

notarono subito i segni di effrazione e le tracce di fango all'interno del prefabbricato in lamiera. Il gestore del

cantiere, chiamato dai carabinieri, riconobbe sia l'operaio che era stato assunto nel cantiere sia l'attrezzatura

trovata nel furgone, tra cui anche le borse da lavoro di cinque colleghi di Balan. L'ARRESTO fu convalidato,

ma per la direttissima il giudice del tribunale di Grosseto dispose un cospicuo rinvio. Difesi dall'avvocato

Loredana Giuggioli sono quindi comparsi di fronte al giudice Giovanni Muscogiuri per il processo, che si è

svolto con rito abbreviato, il che ha comportato per i quattro imputati la riduzione di un terzo della pena

concordata. Tre anni, quattro mesi e 333 euro di multa è la pena decisa per Danet; tre anni e 300 euro di

multa per Tapu; due anni e 200 euro per Puscasu e Balan. Il giudice ha inoltre disposto l'interdizione dai

pubblici uffici per cinque anni per Danet e Tapu. Pena sospesa con la condizionale, infine, per Puscasu e

Balan. Image: 20140413/foto/4020.jpg

13/04/2014 8Pag. QN - La Nazione - Grosseto(diffusione:136993, tiratura:176177)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 49

Pisorno chiusa per realizzare le nuove fogne Tirrenia, opera attesa da anni. Ieri mattina affollata assemblea con l'assessore Serfogli FRANCESCA BIANCHI di FRANCESCA BIANCHI DA QUESTA mattina per quattro giorni (fino a venerdì) stop alle auto in via Pisorno

nel tratto di strada compreso tra via Delle Ginestre a via dei Pioppi. E' da qui che inizierà la realizzazione

della fognatura nera di Tirrenia: opera da 1,7 milioni di euro (1,1 milioni provenienti dalle casse di Acque Spa

e 600mila euro da quelle del Comune) che si concluderà tra un anno (giugno 2015) interessando il triangolo

delle vie Pisorno-Abetelle-Castagni. LE OPERE saranno realizzate per tratti, con cantieri successivi e «a

giugno - come ha annunciato l'assessore ai lavori pubblici Andrea Serfogli ieri mattina nel corso

dell'assemblea pubblica convocata dal Ctp 1 al bar la Stazioncina di piazza dei Fiori - sarà convocato il

comitato per la mobilità per decidere come proseguire. E nel frattempo proseguiremo con la progettazione

della rete fognaria per le strade interne che è mia volontà finanziare entro il 2014 per avviare i lavori ad aprile

2015. L'importo stimato è di circa 1 milione di euro». Tutte le strade, a conclusione dei vari cantieri, saranno

asfaltate. «E a quel punto dovremmo risolvere - ha aggiunto l'assessore Serfogli - il problema dei pini presenti

nei giardini delle abitazioni private che rischiano di danneggiare con le radici il nuovo asfalto. Su questo

aspetto apriremo un tavolo di lavoro ad hoc». ESATTAMENTE come si è già messo all'opera all'interno del

Ctp 1 un gruppo di lavoro «per riflettere, progettare, individuare una serie di proposte di riqualificazione della

piazza di Tirrenia - così ha annunciato la presidente del consiglio di partecipazione Annalisa Bomba - da

proporre poi all'amministrazione». TORNIAMO al cantiere delle fognature, opera molto attesa come ha

sottolineato la partecipazione dei residenti all'assemblea pubblica organizzata in poche ore. Per questi primi

giorni di stop alle auto in via Pisorno verrà predisposta una viabilità alternativa, che indirizzerà il traffico verso

le strade laterali ovvero via delle Ginestre, dei Ginepri e delle Felci. Da stamani fino a venerdì sarà invertito il

senso unico di marcia in via delle Ginestre (tra via Pisorno e del Bossolo) e in via dei Pioppi (tra via Pisorno e

Alberi). Da martedì 22 uomini e mezzi proseguiranno a lavorare lungo via delle Abetelle, segmento la cui

conclusione è prevista per la fine di luglio. Poi si passerà al tratto tra via Pisorno e via degli Alberi, con

chiusura al traffico fino alla prima settimana di giugno. UNA VOLTA a regime - grazie alla posa di 2 chilometri

di tubazioni, alla predisposizione degli allacci e all'installazione di una centralina di sollevamento che sarà

costruita tra maggio e giugno nell'area della Cosmpolitan - gli scarichi delle abitazioni verranno indirizzati

verso il depuratore di Tirrenia. Gli interventi saranno realizzati da Acque con l'ausilio della ditta Fratelli

Fegatilli di Palaia. Image: 20140414/foto/89.jpg

14/04/2014 3Pag. QN - La Nazione - Pisa(diffusione:136993, tiratura:176177)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 50

[ L'ANALISI ] Così rischiamo di perdere la carta dell'hub mediterraneo SULLA CARTA ABBIAMO UN NUMERO DI RIGASSIFICATORI SUFFICIENTE MA DI FATTO SIAMO INFORTE RITARDO. TANTO PIÙ CHE ORA STA ANCHE PER ARRIVARE LO SHALE GAS AMERICANOCHE POTREBBE PERÒ NON TROVARE IMPIANTI BASTANTI ALLO STOCCAGGIO PRIMA E ALLAIMMISSIONE IN RETE POI (l.p.) Milano Aguardare la graduatoria dei paesi europei per numero di rigassificatori, l'Italia è in bello spolvero al

secondo posto del podio. Con tre impianti, è preceduta soltanto dai cinque della Spagna. Ma se l'obiettivo è

quello di trasformare il paese in un hub del gas per tutta l'area del Mediterraneo, in realtà siamo ben lontani

da raggiungere il traguardo. Il disegno - sostenuto anche dagli ultimi governi - è quello di passare da nazione

che si limita a importare metano per il proprio fabbisogno, a nazione leader in Europa per la distribuzione

della materia prima nel resto del Continente. Ma perché questo avvenga occorrono le infrastrutture, che al

momento consentono di soddisfare più che altro l'importazione, grazia ai tubi in arrivo dalla Russia, dal Mare

del Nord e dalla Libia. E i tre rigassificatori, allora? A ben guardare, soltanto uno è al passo coi tempi.

L'impianto realizzato al largo di Rovigo, da ExxonMobil e dalla società di stato del Qatar, partecipato da

Edison che ha la disponibilità del gas lavorato, ha una capacità di trattare fino a 8 miliardi di metri cubi

all'anno. Con una fornitura garantita dall'emirato del Golfo. Diversa la situazione per gli altri due. A

Panigaglia, vicino La Spezia, l'Eni gestisce un vecchio impianto degli anni '60 con una capacità ridotta.

Mentre al largo di Livorno, da qualche mese è stata ancorata una ex nave gasiera trasformata in

rigassificatore, realizzata per conto di una società di proprietà del gruppo tedesco E.on e da Iren, utility del

centro-nord controllata dai comuni di Genova e Torino. La sua capacità è di 3,75 miliardi di metri cubi

all'anno. Il problema è che l'inaugurazione già prevista per giugno è stata rimandata a data da destinarsi.

Motivo? Si aspetta di capire se l'impianto potrà godere degli incentivi previsti in bolletta per gli impianti

"strategici", cioè necessari per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti. In questa direzione si è già

espresso il Governo, ma ha trovato la resistenza dell'Autorità dell'energia, preoccupata per il peso che questo

potrebbe avere sulle bollette. Ne è nato un contenzioso che potrebbe essere risolto al Consiglio di Stato in

una udienza prevista per il prossimo mese di luglio. Ma i ritardi non finiscono qui. La crisi economica e la

resistenza dei comitati locali ha "congelato" altri progetti fondamentali per ampliare la diversificazione.

Dall'area del Caucaso arriverà il gas dei giacimenti dell'Azerbajian, grazie a un consorzio guidato dalla

compagnia di stato norvegese Statoil (20% delle quote) e di cui fanno parte anche la compagna azera Socar

(20%), Brtitish Petroleoum (20%), i belgi di Fluxys (16%), Total (10%), la svizzera Axpo (9%) e E.on (9%). Il

problema è che i gasdotti, dopo aver attraversato Turchia, Grecia e un tratto di Albania, per approdare in

Italia hanno bisogno di un collegamento. Il progetto, le cui autorizzazioni sono in corso ormai da 4-5 anni con

il nome di Tap (Trans Adriatic Pipeline), è bloccato da un forte movimento di opposizione, contrario al

passaggio dei tubi in un'area del Salento ricca di olivi secolari. A nulla sono valse, per ora, le rassicurazioni

che l'impatto sarà limitato e dopo l'interramento dei tubi l'area ripristinata. Ci sono poi i progetti per la

costruzione dei rigassificatori di Gioia Tauro e di Gela. Il primo sta seguendo i destini della ristrutturazione del

gruppo Sorgenia (di proprietà della Cir, holding che controlla anche il gruppo Espresso). Il secondo vede

impegnata Enel, a sua volta alle prese con un processo di riduzione del debito che sacrifica gli investimenti

più rilevanti. Ma l'ex monopolista ha un miliardo di motivi in più per far ripartire quanto prima il progetto. Si

tratta del miliardo di metri cubi di shale gas che - tramite la controllata spagnola Endesa arriverà in Italia a

partire dal 2019, spedito via nave dalle coste statunitensi del golfo del Messico. Una fornitura che servirà ad

alimentare le centrali Enel, ma non solo: il contratto non prevede limiti di destinazione, per cui può essere

venduto ad altri, in base alle condizioni di mercato. Ma per "spedirlo" altrove serviranno più infrastrutture.

Foto: Qui sopra, l'addi Enel Fulvio Conti (1) e l'ad di Endesa, che dalla stessa Enel è controllata, Andrea

Brentan (2)

14/04/2014 8Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 51

Foto: Qui sopra, una nave gasiera: è con queste cisterne specializzate che lo shale gas americano arriverà in

Europa

Foto: Nel grafico qui in basso, il parco dei rigassficatori in Europa

14/04/2014 8Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 52

Risorse I prezzi del carburante liquefatto sono più bassi di un terzo Gas L'Aquila americana contro l'Orso russo Dal 2015 in funzione il primo impianto Usa per l'export dello «shale». Ma servono rigassificatori che nonabbiamo ELENA COMELLI La rivoluzione americana del gas sta arrivando. Sabine Pass, a 100 chilometri da Houston, è il primo terminal

di esportazione di shale gas made in Usa: entrerà in funzione l'anno prossimo con una capacità di trasporto

di 10 miliardi di metri cubi di gas l'anno, per poi raddoppiare a 20 miliardi, oltre un quarto del fabbisogno

italiano di metano. Altri sei terminali di portata analoga (su 25 progetti complessivi) hanno ricevuto le prime

autorizzazioni dal governo di Barack Obama, che vuole accelerare i cantieri come risposta all'espansionismo

della Russia. Due di questi hanno già firmato importanti contratti di fornitura con i loro prossimi clienti. Le

giapponesi Tepco e Osaka Gas, la coreana Kogas, l'indiana Gail, la francese Gdf Suez sono della partita. E il

mondo trattiene il fiato, in attesa dell'effetto che farà lo sbarco degli Stati Uniti sul mercato globale del gas.

È difficile quantificare con precisione l'impatto di fornitori che possono contare su una materia prima quotata

un terzo rispetto ai prezzi europei e un quarto rispetto a quelli asiatici. Ma è facile prevedere che sarà un

impatto molto rilevante. Tanto è vero che non si muove nulla in tutto il resto del mondo, dall'Africa Orientale

all'Australia, dove i grandi clienti di gas naturale liquefatto hanno smesso di firmare contratti per paura di

impegnarsi su prezzi che nel giro di pochi mesi saranno fuori mercato.

Di conseguenza, i terminali in progetto in Africa Orientale - dove anche l'Eni ha scoperto nel 2012 giganteschi

giacimenti, tali da trasformare il Mozambico nel terzo produttore mondiale di gas naturale - procedono a

rilento. I cantieri non partono, infatti, se non ci sono clienti che impegnano già almeno il 60% della capacità di

un terminale.

Di corsa

Crescono, invece, i Paesi decisi a sfruttare la nuova risorsa: in poco più di un decennio il mercato del gas

naturale liquefatto è più che raddoppiato da 100 milioni di tonnellate nel 2000 a 240 milioni nel 2013. E la

crescita della domanda continuerà, soprattutto in Asia: per il Giappone è l'unico mezzo per sostituire le

centrali nucleari dismesse e la Cina è costretta a ricorrere al Gnl per ridurre l'utilizzo del carbone, che soffoca

le sue metropoli con una cappa letale.

Per i Paesi europei prossimi alla Russia, come la Polonia e i Paesi baltici, è un combustibile strategico per

sottrarsi alla dipendenza da Mosca. Di conseguenza, il parco clienti del gas naturale liquefatto si va

allargando rapidamente: erano 11 nel 2000, oggi sono 27 e saranno 42 nel 2020, secondo Ihs. Nello scorso

decennio il principale fornitore è stato il Qatar, in questo decennio sarà l'Australia e nel prossimo decennio se

ne aggiungeranno altri a partire da Usa, Canada e Mozambico, con gli Stati Uniti in pole position grazie alle

infrastrutture già in costruzione e all'ottima rete di gasdotti che attraversa il Paese.

Ma chi approfitterà, in Europa, del nuovo mercato? Non l'Italia, che pure sarebbe piazzata in una posizione

ideale per diventare un hub del gas proteso sul Mediterraneo, con una rete capillare di gasdotti che la collega

al Vecchio Continente. In Italia ci sono solo due rigassificatori in funzione e un terzo è in via di realizzazione

al largo di Livorno, ma anche questo è di piccola taglia.

La Spagna, invece, ha investito pesantemente nella sua rete di terminali di rigassificazione, attraverso i quali

importa tutto il suo gas da fornitori diversi dalla Russia. Dei 21 terminali operativi in Europa, 6 sono spagnoli,

con un settimo quasi pronto per entrare in funzione. I terminali spagnoli pesano per il 36% sulla capacità di

rigassificazione europea, non a caso Madrid osserva con distacco la crisi in corso fra Russia e Ucraina. Già

oggi, la Spagna fornisce alla Francia oltre 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno, che nel 2015 diventeranno 7.

In pratica, si candida a fare da anello di congiunzione fra il mercato mondiale del gas e l'Europa. Una bella

sfida per quello che sembrava il fanalino di coda del Vecchio Continente.

14/04/2014 39Pag. Corriere Economia - N.14 - 14 aprile 2014

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 53

@elencomelli

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Washington Il presidente Usa, Barack Obama

14/04/2014 39Pag. Corriere Economia - N.14 - 14 aprile 2014

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 54

La spinta delle agevolazioni g. pa. Le agevolazioni fiscali sulla manutenzione e sul risparmio energetico stanno salvando dal tracollo il settore

edilizio. Lo dicono le analisi del Cresme, il Centro studi sull'edilizia,che ha redatto un ampio rapporto sulla

riqualificazione degli edifici nel quale si sottolinea la stretta connessione tra la presenza dei bonus, la loro

entità e l'andamento del mercato. Nel 2013 il valore della produzione totale delle costruzioni è stato di 173,5

miliardi di euro, comprendendo gli investimenti in fonti energetiche alternative ed escludendo le spese legate

al trasferimento di proprietà. La spesa per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio

esistente è ammontata a 115,1 miliardi, ovvero i due terzi dell'intero mercato. E se al conto si aggiungono i

7,5 miliardi di euro degli investimenti in fonti energetiche rinnovabili, si supera il 70% del valore delle

costruzioni. Nella tabella si evidenzia che ben 19 miliardi di euro sono stati indotti dalle domande di

agevolazione; di questi, 14,5 miliardi sono imputabili al bonus ristrutturazione e 4,5 dal bonus energetico. In

particolare, il bonus sulle ristrutturazioni ha registrato nel 2013 un vero boom perché le domande sono

passate dalle 571 mila del 2012 a oltre 824 mila per l'aumento dell'agevolazione al 50%.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Fonte: elaborazizone su dati Cresme-Ministero dell'Economia / S.F. La corsa agli sgravi Le domande per le

agevolazioni su ristrutturazione e risparmio energetico

14/04/2014 41Pag. Corriere Economia - N.14 - 14 aprile 2014

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 55

SULLA STRADA DEI DUCATI Comer si allea con Liebherr Comer Industries di Reggiolo e il gruppo austriaco Liebherr hanno deciso di

stringere la loro partnership. Il presidente Fabio Storchi legge lo sviluppo e la produzione di serie della nuova

generazione di pale gommate compatte come un punto di partenza anche in relazione all'aumento di fatturato

che il successo del prodotto ha consentito per entrambe le aziende. Comer Industries con un fatturato

preconsuntivo 2013 di 340 milioni di euro e 1.367 dipendenti si posiziona al top nella progettazione e

produzione di sistemi avanzati di ingegneria e soluzioni di meccatronica per la trasmissione di potenza,

destinati ai principali costruttori di macchine agricole, macchine industriali e di energia applicazioni italiane e

internazionali. Crowdfunding alla parmigiana È online BeCrowdy, una nuova piattaforma di crowdfunding

reward-based per progetti culturali e artistici. BeCrowdy è tra i progetti imprenditoriali vincitori del bando

ON/OFF rivolto a giovani under 30, promosso dal Comune di Parma e finanziato da Fondazione Cariparma.

L'artista può proporre una campagna dedicata sulla piattaforma indicando tempi e costi. Riesce a realizzare il

proprio progetto solo se, al termine dalla campagna proposta, ha raggiunto i finanziamenti nei tempi stabiliti.

In Italia la quota di finanziamenti crowdfunding è stata di 22 milioni di euro nel 2013. I primi progetti a partire

su www.becrowdy. com saranno la Festa Viva L'Italia promossa dall'Associazione Nazionale Comuni Virtuosi

con il Circolo Arci Fuori Orario, la mostra Parma Dorme del fotografo Gianni Pezzani curata da Andrea

Tinterri, il docufilm Trobàr - Viaggio alla ricerca della canzone di Ugo Cattabiani e Rocco Rosignoli della

Rigoletto Records e il festival internazionale di musica indipendente Beatscape 4.0 dell'Associazione Amici

del Marte Mediateca Arte Eventi, a cui si aggiunge il progetto di poesia d'assalto itinerante, «La poesia fa

strada», dell'artista milanese Ivan Tresoldi. Il crowdfunding è il finanziamento «dal basso», lo sforzo collettivo

di singoli individui per sostenere economicamente progetti e idee, sfruttando la potenzialità del web. Nel

modello reward-based, il pubblico partecipa in modo attivo al processo di creazione dei progetti presentati,

finanziandoli e ricevendo in cambio delle «ricompense» ad hoc. L'obiettivo di BeCrowdy è quello di fornire a

coloro che operano in ambito artistico la possibilità di reperire fondi per progetti che non hanno una sufficiente

fattibilità economica. Manz rileva la divisione meccanica della Kemet È l'ennesimo passaggio di mano alla ex

Arcotronics di Sasso Marconi. La tedesca Manz, uno dei costruttori di macchine leader di fama mondiale con

un portafoglio tecnologico completo per i settori display, solar e battery ha rilevato la divisione meccanica

della Kemet Electronics Italy, la ex Arcotronics che è controllata dal 2007 dalla Kemet Corporation americana.

Nasce una nuova unità con 83 dipendenti capace di fatturare 15 milioni di euro nel 2014. L'acquisizione sarà

finanziata con le risorse provenienti dall'aumento di capitale da 27 milioni di euro, completato con successo

nel novembre 2013. Il prezzo d'acquisto non è stato reso noto. Nel 2013 il fatturato della Manz che raggiunto i

266 milioni di euro, il più alto nella sua storia mantenendo alta la redditività. Cedola giù per Rosetti Marino La

Rosetti Marino di Ravenna (quotata su Aim Italia) ha chiuso il 2013 con un utile netto consolidato di 8,9

milioni di euro, in calo rispetto ai 19,2 milioni di registrati nel 2012. Il fatturato si è attestato a 392 milioni,

l'ebitda a 20,2 milioni di euro (39,2 milioni in 2012) e l'ebit a 11,5 milioni (28,2 milioni in 2012). Il consiglio di

amministrazione proporrà comunque all'assemblea la distribuzione di un dividendo di 0,50 euro per ciascuna

delle 3.800.000 azioni in calo rispetto a 0,65 euro del 2012 e all'euro pagato sul bilancio 2011. La cedola sarà

messa in pagamento a partire dal 15 maggio.

12/04/2014 52Pag. Milano Finanza - N.73 - 12 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 56

CAPITALI NEL VUOTO Grattacieli nel deserto per la gioia dei sultani DAL KAZAKISTAN ALLA GEORGIA, DALL'AZERBAIJAN FINO ALLA PERIFERIA DI MOSCA DOMINANOPALAZZI FUTURISTICI PER DARE LUSTRO AI NUOVI POTENTI Fabrizio Gallanti Se assumi una posizione politicamente corretta e decidi di non sporcarti le mani, ci sono pochi luoghi dove

puoi andare, pochi progetti che puoi realizzare. Non è realistico". Patrik Schumacher, socio principale di Zaha

Hadid Architects, intervistato da Fred Bernstein, Architectural Record, marzo 2014. Il flusso incessante di

immagini sulle riviste specializzate d'architettura e su Internet proietta rappresentazioni seducenti di edifici

che incarnano un linguaggio innovativo e tecnologicamente avanzato. Talvolta si tratta di simulazioni digitali,

estremamente realistiche, talvolta di inquadrature patinate di progetti freschi di inaugurazione. Grandi cubi

bianchi, accatastati uno sull'altro, si stagliano sulla steppa fuori dall'a ntica capitale del Kazakhstan, Almaty.

Ad Astana, la nuova capitale, una piramide in vetro e un cono obliquo rivestito di plastica traslucida sembrano

duellare a distanza per convertirsi nelle icone di una città in rapida espansione. A Baku, in Azerbaijan, un

edificio maestoso, incrocio tra una scultura sinuosa di Henri Moore e il guscio di un mollusco marino è

circondato da palazzoni residenziali in cemento dell'epoca sovietica e da nuovi grattacieli postmoderni.

Invece sull'isola di Zira, di fronte alla città, ciclopiche montagne artificiali scintillano sotto il sole del Mar

Caspio. A Tbilisi, in Georgia, grandi membrane curvilinee, simili a foglie reclinate di un banano mastodontico,

galleggiano al di sopra della grana di costruzioni modeste del centro, mentre a Sarpi, alla frontiera con la

Turchia, una torre che sembra la nuvola di un fumetto futurista si affaccia sulla riva del Mar Nero. Alla

periferia di Mosca quattro parallelepipedi, ricoperti da una pelle che ricorda i tessuti stampati dell'Africa sub-

sahariana sono in bilico su un grande anello trasparente. Capitali di vetro e plastica I cubi bianchi avrebbero

ospitato un campus universitario, progettato da Rem Koolhaas / OMA e non realizzato. La piramide di Astana

accoglie il Centro per la Pace e Riconciliazione, destinato al dialogo inter-religioso. Il cono, alto 150 metri,

contiene il centro di intrattenimento Khan Shatyr: ristoranti, negozi, equipaggiamenti sportivi e un parco al

coperto. Entrambi gli edifici sono stati progettati da Foster + Partners. L'edificio a forma di conchiglia è stato

progettato da Zaha Hadid Architects ed è l'H eydar Aliyev Centre, intitolato al padre dell'attuale presidente

dell'Azerbaijan, Ilham Aliyev. All'interno si trovano un auditorium, gallerie e un museo. Le montagne artificiali

di Zira, che riprendono le sette vette più importanti dell'Azerbaijan, sono giganteschi complessi residenziali,

che sostengono pannelli fotovoltaici e apparati di riciclaggio di acqua e rifiuti, che farebbero di Zira la prima

città a impatto ambientale zero. Il progetto è dello studio Bjarke Ingels / BIG. I petali sono l'elemento saliente

del centro servizi, coprono sette volumi e un'area centrale di uffici pubblici. Il progetto è di Massimiliano

Fuksas. La torre di Sarpi fa parte di una serie di edifici per la dogana della Georgia progettati dall'architetto

berlinese Jürgen Mayer H. Mayer. Il complesso dal sapore africano ospita la scuola di gestione aziendale

dell'università Skolkovo, lanciata da Dmitry Medvedev, ex presidente della Russia. Il progetto è del ghanese

David Adjaye, promessa dell'a r c h i t e t t ura contemporanea. Questi strani oggetti si trovano in luoghi per

noi esotici, le nazioni che appartenevano all'Unione Sovietica, che si estendono dai confini dell'Unione

Europea sino al Mar della Cina. Tutti, sia quelli costruiti sia quelli rimasti sulla carta, sono stati firmati da

architetti internazionali. Nessuno è di un architetto locale. Un'area in perenne agitazione Sono trascorsi più di

venti anni dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica; un territorio gigantesco, governato per settanta anni dal

partito comunista e congelato dalla burocrazia, è diventato un'area in perenne agitazione. Da uno stato

centralizzato, si è passati a quindici nazioni con almeno sei regioni che ambiscono all'indipendenza. Spesso,

queste giovani nazioni sono in situazioni economiche fragili, la porzione di popolazione sotto la soglia di

povertà è alta: un quadro di ingenti risorse naturali, minerali e idrocarburi, ma di governi autoritari con eredità

del comunismo, forme di affiliazione tribale e familistica e corruzione galoppante. Eppure, per molti architetti

occidentali offrire i propri servizi al satrapo locale o alla multinazionale torbida non sembra un ostacolo.

14/04/2014 14Pag. Il Fatto Quotidiano(tiratura:100000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 57

Considerando che la sopravvivenza di molti studi dipende da nuovi mercati appare quasi scontato che dopo

la Cina e le varie monarchie autocratiche del Golfo Persico, l'ex Unione Sovietica sia il nuovo El Dorado.

Esistono differenze, e riunire in un cumulo uniforme i progettisti non sarebbe corretto: la Georgia tenta di

svilupparsi come una democrazia e architetti come il giapponese Arata Isozaki sono protagonisti di progetti di

alto valore culturale e sociale, come i campus di una università internazionale promossa dalla Aga Khan

Foundation, con sedi in Kazakhstan, Kyrgyzstan e Tajikistan. Ma leggere alcune dichiarazioni recenti su

checosa significhi lavorare per un tiranno èraggelante. Si va dal candore quasi infantile con il quale Bjarke

Ingels, astro nascente danese, apprezza come i processi decisionali in Kazakhstan siano più spicci rispetto al

suo paese natale o al distacco blasé con cui Patrik Schumacher, il socio principale di Zaha Hadid, sfida chi lo

critica a non storcere il naso se si vuole costruire. Altri preferiscono glissare e nascondere la propria

produzione in paesi di dubbia reputazione, senza che questa appaia sui loro siti Internet o pubblicazioni. Le

trasformazioni stanno avvenendo adesso a un ritmo e un volume senza precedenti (l'Azerbaijan, governato

dal 1969 dalla dinastia Alyev, ha investito gli ingenti proventi del petrolio estratto nel Mar Caspio, all'incirca

sei miliardi di dollari all'anno, in nuovi progetti, mentre lo stipendio medio mensile è di 590 dollari): bisognerà

armarsi di curiosità e viaggiare in quei luoghi per poter elaborare dei giudizi più precisi. Non più ritratti da

fotografi compiacenti ma contrapposti a quartieri ancora fatiscenti e infrastrutture dissestate, gli edifici di Zaha

Hadid, Norman Foster, o di altri meno conosciuti come Manfredi Nicoletti, non solo appaiono fuori luogo e

fuori scala, ma quasi farseschi nella esibizione tronfia di una monumentalità vuota di contenuti.IL

SUSSIDIARIO

LA CITTÀ PIÙ F R E D DA Astana è la seconda capitale più fredda al mondo, dopo Ulan Bator (Mongolia) e

prima di Ottawa (Canada), con 6 mesi all'anno di ghiaccio e neve presenti nella città. Non è inusuale trovare

temperature da -30 ° C a -35 ° C tra la metà di dicembre e l'inizio di marzo. AEROPORTO DI DESIGN

L'aeroporto è stato disegnato dall'architetto giapponese Kisho Kurokawa. È in fase di progettazione una linea

di metropolitana leggera e sarà pronta nel 2017. UN NOME FAC I L E Astana è dal 1997 la capitale (708.794

ab) del Kazakistan. Il nome significa capitale ed è stato scelto perché è facile da pronunciare in molte lingue.

Foto: VISIONI

Foto: Le Flame Towe rs a Baku nell' Azerbaijan Sopra le Khazar Islands

Foto: La Presse /Ansa

14/04/2014 14Pag. Il Fatto Quotidiano(tiratura:100000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 58

Mario Cucinella Progetti eco friendly e dialogo tra le parti per ruire un futuro sempre più "green" by STEFANO GALUZZI text by SASHA CARNEVALI C'era una volta il mestiere di architetto. Un nobile, un papa, un governo ti affidava una commessa grandiosa,

realizzavi il tuo progetto, ne seguivi la costruzione, e ai posteri l'ardua sentenza. Adesso è impensabile

disegnare un edificio o un quartiere e imporre l'intervento dall'alto, come un principe machiavellico sicuro di

fare il bene del suo popolo: sono le esigenze di chi userà quel palazzo o quel parco a dettare a chi lo progetta

l'orientamento degli ingressi, l'ampiezza delle finestre, la temperatura ideale, i collegamenti tra le varie parti.

«Oggi per ogni progetto c'è un dibattito pubblico; bisogna essere pazienti, parlare con la gente, raccogliere le

informazioni; e poi di nuovo occorre essere pazienti quando si presenta il progetto perché davanti alle novità

la reazione naturale delle persone è "non lo conosco, lo rifiuto". Mai dire, quindi: "Questo è ciò che dovete

fare"; bisogna invece saper dire: "Questo è ciò che vogliamo fare, come lo facciamo insieme?"». Consigli

preziosi elargiti da Mario Cucinella, pupillo di Renzo Piano nonché uno dei grandi pionieri dell'edilizia

sostenibile. 53 anni, palermitano, poi genovese, poi parigino, poi bolognese, sempre con il passaporto in

mano per poter seguire i lavori del suo omonimo studio in giro per il mondo, in attesa di un volo per Gaza ci

racconta con autorevolezza, ironia, rassegnazione e allo stesso tempo ottimismo di quel mestiere di architetto

che tanto ama e che vorrebbe riscontrasse la stima che merita. Soprattutto in patria: cinque anni fa scrisse

sulla rivista di settore L'Arca che chiedeva asilo a Obama, alla Merkel, a Sarkozy, perché «alla stregua dei

dissidenti politici, sono dissidente in un paese che sta facendo morire l'architettura». spero che sia chiuso un

ciclo», riflette ripensando a quella provocazione. «In Italia si parla di edilizia invece che di architettura, mentre

all'estero l'architetto è considerato un intellettuale perché sa guardare a quello che verrà e la politica lo usa

come rappresentazione». Che non è la rappresentanza: Cucinella intende lo stato dell'arte, il momento

storico, quello che sappiamo essere giusto per la società. E, visto che sta partendo per posare la prima pietra

di una scuola elementare in un campo profughi palestinese, porta proprio l'esempio dell'edilizia scolastica:

«Lo spazio è la prima dimensione educativa; io ricordo perfettamente il mio asilo a Palermo, e solo dopo ho

scoperto perché: era stato progettato bene, da un architetto importante. Ciononostante in Italia ci ritroviamo

con l'emergenza di un parco immobiliare scolastico fatiscente e pericoloso, dimenticato per decenni perché

l'istruzione non è stata più considerata fondamentale, mentre è quella che da un futuro e una dignità a un

popolo. E non dimentichiamo che è un catalizzatore sociale, perché le famiglie si conoscono portando i figli a

scuola». La scuola di Gaza sarà pronta entro la fine dell'anno, quando ospiterà 2.050 bambini delle

elementari grazie a un doppio turno, mattutino e pomeridiano. È un gioiello dell'edilizia green e delle

tecnologie passive: il giardino interno rinfresca l'ambiente favorendo la circolazione dell'aria; camini solari e

pannelli fotovoltaici, tettoie e schermi sistemati in maniera strategica raffreddano e scaldano, ombreggiano e

illuminano senza che si spenda energia in ogni periodo dell'anno. La pioggia raccolta dal tetto e le acque

grigie filtrate nelle zone verdi coprono il 60% del fabbisogno di tutta la scuola in un luogo dove l'acqua

potabile ha un costo altissimo (non esistono fognature, quindi le falde sono inquinate). L'elettricità è

autoprodotta, permettendo alla scuola di essere totalmente off-grid. Tutto l'impianto farà da modello e case

study per altre 100 scuole che l'Onu costruirà nei prossimi cinque anni nei territori occupati perché, come

ricorda l'architetto con profonda amarezza, «lì ci sono 40.000 bambini tagliati fuori dal sistema scolastico».

Cucinella, è evidente, vive la sua professione come un obbligo morale: ha fondato Building Green Futures,

un'organizzazione no profit che promuove l'architettura sostenibile e l'uso di energia rinnovabile soprattutto

nei paesi in via di sviluppo, sia attraverso la ricerca e la formazione sia attraverso progetti (segue a pag. 141)

(Groomer Alemka Krupic@Face to Face) www.vogue.it/uomo-vogue/peapSe-stars

12/04/2014 113Pag. Uomo Vogue - N.450 - aprile 2014(diffusione:75000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 59

Il Dm 143/2013 fa riferimento solo alla classe più elevata e induce in errore le Pa: chiarimenti in arrivodall'Autorità Ospedali, il «baco» del Dm parametri mette a rischio i requisiti deiprogettisti Dovrebbe arrivare con la determinazione sugli incarichi professionali in preparazione da parte dell'Autorità di

vigilanza la soluzione al «baco» nel decreto parametri che sta mettendo a rischio curriculum e requisiti dei

progettisti specializzati nel settore dell'edilizia ospedaliera. La questione sta esplodendo in questi giorni con la

pubblicazione dei primi bandi aggiornati alle novità introdotte dal Dm 143/2013 alla fine dell'anno scorso. Al

centro della questione, come hanno segnalato i nostri lettori attraverso il servizio «Edilizia Risponde»

raggiungibile dal nostro sito, c'è il difetto di corrispondenza tra le classi e le categorie di progettazione

individuate dal decreto parametri e quelle elencate dalla vecchia legge 143 del 1949. In base alla

classificazione dettata dal Dm 143/2013 la progettazione di un ospedale - grande o piccolo che sia - ricade

sempre nella categoria «E.10», che in base alla tabella allegata al decreto corrisponde alla vecchia classe di

progettazione «ID», cioè quella relativa alle costruzioni industriali di maggiore complessità (vedi il grafico

riportato in pagina). Il punto è che, in realtà, la classificazione in vigore fino a poche settimane fa riconduceva

i piccoli ospedali alla classe «IB» e le strutture sanitarie di maggiore complessità e articolazione alla classe

«IC». Solo in pochi casi le stazioni appaltanti riconoscevano ai progettisti la classe «ID» per gli ospedali. Un

quadro sconvolto dal decreto parametri. Il motivo è facile da intuire. Gli enti alle prese con l'assegnazione del

progetto di una struttura sanitaria si limitano a seguire pedissequamente il dettato del decreto, chiedendo ai

candidati all'incarico di dimostrare l'esperienza richiesta dal bando attraverso l'esibizione di referenze in

classe ID, corrispondente alla nuova E.10. Mentre, come sintetizzato da uno dei nostri lettori nei quesiti che

riportiamo qui a fianco, «chi ha progettato ospedali nella maggiorparte dei casi ha referenze e certificazioni

relative alle classi IB e IC». Un paradosso confermato da Braccio Oddi Baglioni, già presidente dell'Oice, ora

alla guida di Lenzi Consultant studio specializzato nell'edilizia ospedaliera. «È vero che si è creata questa

situazione - spiega - e che tanti progettisti rischiano di veder vanificati requisiti costruiti negli anni». Una

soluzione dovrebbe arrivare con la determinazione cui sta lavorando l'Autorità di vigilanza sui contratti

pubblici, con l'obiettivo di aggiornare la determinazione numero 5/2010 con le linee guida per l'affidamento

degli incarichi di progettazione. Un lavoro portato avanti dal consigliere Giuseppe Borgia, a stretto contatto

con i rappresentanti delle categorie professionali. Le istruzioni dell'Autorità dovrebbero arrivare nelle prossime

settimane. Forse però per sbloccare la situazione esiste già una via d'uscita. «Già nella determinazione del

2010 - segnala Oddi Baglioni - si indicava come preferenza il riferimento alla classe ID per la progettazione

degli ospedali». Ma proprio per non creare salti improvvisi rispetto alla prassi seguita fino a quel momento la

stessa Autorità (vedi grafico) spiegava alle stazioni appaltanti che per la dimostrazione dei requisiti si doveva

fare riferimento anche ai progetti classificati come «IC». «Un'indicazione nota agli addetti ai lavori - conclude

il progettista - meno alla generalità degli enti appaltanti. Ma forse per risolvere la questione nell'immediato

potrebbe bastare questo riferimento». © RIPRODUZIONE RISERVATA Mauro Salerno I QUESITI L'allarme

dei lettori: come si fanno valere le referenze? Buongiorno, stiamo partecipando alla gara per un appalto di

progettazione e costruzione con definitivo da produrre per l'offerta tecnica. L'oggetto è una struttura

ospedaliera, dunque il bando prescrive che i progettisti abbiano esperienza specifica nella progettazione di

strutture di medesima destinazione. Fino all'entrata in vigore del Dm 143/2013 le classi di progettazione

prevedevano che le strutture ospedaliere fossero inquadrate, e di conseguenza certificate, in classe e

categorie IB/IC a seconda della complessità. Questo bando, però, pretende dai progettisti la presentazione di

referenze di servizi di progettazione per strutture ospedaliere inquadrate, e certificate, secondo la nuova

classificazione tariffaria, ovvero E.10 equivalente alla ID. Numerose richieste di chiarimenti cui la stazione

appaltante ha risposto lapidariamente: E.10 = ID! Vale a dire che tutte le nostre referenze ospedaliere

accumulate negli ultimi dieci anni, legittimamente classificate IC, NON potremo spenderle, dunque saremo

12/04/2014 4Pag. Edilizia e Territorio - Edilizia e territorio(tiratura:25000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 60

impossibilitati a partecipare nonostante la nostra acquisita e certificata notevole esperienza di settore! Chiedo

cortesemente di esprimere un parere in merito così da poter contrastare questo evidente abuso. Le

classificazioni contenute nel decreto 143/2013 per le tariffe sono utilizzate da alcune SA anche per

individuare le categorie di progettazione sulle quali fondare la richiesta dei requisiti minimi di partecipazione.

Sorgono però alcune gravi incongruenze. In particolare la nuova classificazione E.10, equiparata alla ID del

"vecchio" sistema, identifica la progettazione di strutture ospedaliere. Ma il precedente sistema classificava le

strutture ospedaliere in IB o IC a seconda della complessità, e con queste classi e categorie la SA emetteva

la certificazione del servizio svolto. La sostanza è che se una SA oggi chiede requisiti per progettazione di

strutture ospedaliere in E.10 implicitamente chiede la ID, mentre chi ha progettato ospedali nella maggior

parte dei casi ha referenze e certificazioni relative in IB o IC. A vostro parere come può rispondere un

progettista ad un bando che impone questa grave incongruenza? Grazie. Arch. Renato Mereu

12/04/2014 4Pag. Edilizia e Territorio - Edilizia e territorio(tiratura:25000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 61

L'obiettivo di «dematerializzare» il certificato alla prova della compatibilità tra banche dati Durc, parte in salita la strada per passare dalla carta al web Il Welfare al lavoro sul decreto attuativo. I dubbi di imprese e sindacati. L'ipotesi di partire con una prima fasesperimentale Uno stravolgimento di regole tanto devastante quanto improvviso. La norma che cancella, con un colpo di

spugna, il Durc per come lo abbiamo conosciuto negli ultimi anni è arrivata dalla sera alla mattina, infilata

senza preavviso all'articolo 4 del decreto legge n. 34 di marzo scorso. Alla prova dei fatti, però,

quell'innovazione si sta rivelando in tutto il suo potenziale distruttivo. Così, mentre il ministero del Welfare

lavora ai provvedimenti attuativi, che dovranno definire il dettaglio del cambiamento, tra gli addetti ai lavori

monta già la preoccupazione per quello che potrà accadere nelle prossime settimane. Il rischio di mettere alle

strette il sistema, facendo entrare in vigore regole difficilmente applicabili, è dietro l'angolo. La prima

preoccupazione è quella più legata ai profili organizzativi della riforma. L'articolo 4, infatti, stabilisce che

«chiunque vi abbia interesse verifica con modalità esclusivamente telematiche e in tempo reale la regolarità

contributiva nei confronti dell'Inps, dell'Inail e delle Casse edili». Tutto facile, almeno in teoria. Perché in

pratica la questione è un po' più complessa. Attualmente, infatti, i sistemi informativi dei tre enti funzionano

come contenitori separati; la riforma presuppone che diventino quasi una cosa sola. Così, tra gli addetti ai

lavori, c'è preoccupazione soprattutto per l'Inps, la struttura più grande che potrebbe trovarsi di fronte

difficoltà logistiche difficili da risolvere nello spazio di pochi giorni. C'è, poi, il tema delle procedure. Qui i dubbi

dipendono soprattutto dal fatto che il decreto Lavoro ha una struttura estremamente esile e demanda quasi

tutto a un futuro provvedimento attuativo, da emanare grossomodo per metà maggio. Dentro questa verifica

della regolarità con un click, allora, potrebbe esserci di tutto: non si capisce chi la effettua e con quali

modalità. Inoltre, non è chiaro cosa avviene nel caso in cui venga accertata l'irregolarità di un'impresa.

Attualmente, negli appalti pubblici esiste una procedura molto garantista: la Pa che rileva l'irregolarità informa

l'impresa, dandole 15 giorni di tempo per mettersi a posto. Dietro un Durc negativo, infatti, può nascondersi di

tutto: errori formali, dimenticanze, mancanza di liquidità. Tutto questo, con il pacchetto di regole varate dal

Governo Renzi, rischia di naufragare. Un terzo aspetto, da non sottovalutare, è legato ai dubbi che stanno

emergendo da parte dei sindacati. Che hanno messo nel mirino la norma in base alla quale la verifica della

regolarità riguarda i pagamenti scaduti «sino all'ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui la

verifica è effettuata». La Fillea Cgil, su questo punto, si è spinta a parlare di «sostanziale cancellazione del

Durc». Il documento, come spiega il segretario generale della Feneal Uil, Vito Panzarella, «nella pratica

passa quasi a sei mesi. Se teniamo conto del fatto che, specialmente nei subappalti, la media dei nostri

cantieri si conclude molto prima, questa semplificazione rischia di diventare dirompente per il settore». Il

segretario generale di Fillea Cgil, Walter Schiavella precisa: «Se apro un cantiere, ipoteticamente, il 21 marzo

il Durc è rilasciato sui contributi che ho pagato il 30 gennaio e vale fino al 20 giugno. Fanno sei mesi».

Insomma, la partita si annuncia complicatissima, anche perché sarà giocata contemporaneamente su più

campi. Il primo fronte è la commissione Lavoro della Camera, che sta lavorando alla conversione del

provvedimento e che si prepara a votare gli emendamenti. Da Montecitorio, però, non sono attese grosse

novità. Il fronte più strategico sarà anche quello più nascosto: il ministero, che già in queste ore sta

preparando il decreto attuativo, dal quale dipenderà la soluzione di molti problemi. Per evitare difficoltà

applicative e periodi di vuoto di regole, qualcuno sta già ipotizzando che la verifica con un click passi prima

da una fase di sperimentazione. Tenendo in piedi, almeno all'inizio, il vecchio sistema. © RIPRODUZIONE

RISERVATA di Giuseppe Latour

12/04/2014 5Pag. Edilizia e Territorio - Edilizia e territorio(tiratura:25000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 62

PROGETTAZIONE San Gerardo, Monza Ampliamento e ristrutturazione Un complesso progetto per fasi consegnerà, alla fi ne del 2019, un ospeda le completa mente rinnovato,accogliente e confortevole, effi ciente e tecnologicamente evoluto, in linea con le esigenze dell'attivitàsanitaria contemporanea. L'Ospedale San Gerardo di Monza è il principale nosocomio dell'omonima Azienda Ospedaliera e, per

dimensioni, è il quarto ospedale pubblico della Lombardia. Lo scorso settembre sono iniziati i lavori per la

realizzazione di un articolato progetto di potenziamento, ristrutturazione e ampliamento dell'intera struttura,

che risponde al triplice obiettivo di adeguare le strutture alle più recenti normative in tema di sicurezza,

riqualifi care l'ospedale dal punto di vista architettonico, funzionale, energetico e del comfort e realizzare

alcuni volumi in ampliamento, tra cui il cosiddetto Nuovo Avancorpo, destinato ad accogliere le principali

attività rivolte ai pazienti esterni. Gli obiettivi del progetto Realizzato tra il 1964 e il 1980 in sostituzione

dell'Ospedale Umberto I, l'attuale complesso sanitario monzese è situato in un'area moderatamente

urbanizzata posta tra il Parco della Villa Reale di Monza e la superstrada Nuova Valassina, che collega

Milano a Lecco. L'insediamento ospedaliero è composto da: • Avancorpo esistente, un edifi cio basso a

sviluppo lineare che costituiva il principale punto d'ingresso all'ospedale; • Monoblocco, un imponente corpo

edifi cato in linea, parallelo all'Avancorpo, che sopra due livelli interrati si eleva per dodici piani fuori terra e,

lungo il lato esposto a nord, presenta due volumi detti Diamanti; • Rotonde e Tenaglia: un insieme di

fabbricati dalla forma circolare che si sviluppano al piede del Monoblocco, lungo il fronte nord, e ospitano i

principali reparti di diagnosi e terapia (Pronto soccorso, Blocco operatorio, Angiografi a ed Emodinamica,

Anatomia patologica, Laboratori analisi ecc.). Il presidio è completato dagli edifi ci Villa Serena - che accoglie

tra l'altro il reparto di Odontostomatologia, il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura e numerose comunità

protette - e l'edifi cio E - destinato ai reparti di Infettivologia ed Ematologia. Il progetto di riqualifi cazione e

ampliamento si propone di allineare la struttura ospedaliera alle esigenze organizzative, assistenziali e

tecnologiche contemporanee, elevando in modo signifi cativo gli standard architettonici, strutturali e

impiantistici e la qualità dei servizi sanitari e alberghieri. Il miglioramento delle funzioni di accoglienza rivolte

agli utenti è tra i principali obiettivi del progetto, perseguito mediante la realizzazione di un nuovo edifi cio

dedicato ai pazienti esterni, facilmente fruibile e ricco di servizi sanitari e collettivi, che costituirà il nodo

nevralgico del futuro assetto dell'ospedale. La radicale riconfi gurazione dei lay-out distributivi interni agli edifi

ci esistenti consentirà un signifi cativo incremento dell'effi cienza nell'organizzazione dei processi, del livello di

ospitalità alberghiera e, in generale, del comfort dei pazienti e del personale. Anche sotto il profi lo del

rapporto con il contesto urbano e ambientale, il rinnovato San Gerardo sarà caratterizzato da un linguaggio

architettonico unitario e da prestazioni energetiche in linea con i più evoluti requisiti contemporanei in tema di

risparmio energetico. L'innalzamento delle condizioni generali di sicurezza è tra i traguardi che il progetto

raggiungerà progressivamente, iniziando già nelle sue fasi di realizzazione, secondo modalità concertate e

attentamente programmate tra gli attori coinvolti nell'operazione, anche allo scopo di minimizzare l'impatto dei

lavori. Le opere previste saranno portate a termine in quattro fasi fi no alla metà del 2019 e costituiscono il

primo passo di una collaborazione di partenariato pubblico-privato che, dal punto di vista dell'architettura

ospedaliera, porterà: • alla realizzazione ex novo del Nuovo Avancorpo, destinato all'accoglienza del pubblico

e alle attività indirizzate alla maggior parte dei pazienti esterni, ambulatoriali e in ricovero diurno; • alla riqualifi

cazione completa del Monoblocco e parziale degli altri volumi che compongono il presidio. Accoglienza,

servizi e ussi Il Nuovo Avancorpo (superfi cie circa 25.000 metri quadrati) è composto da due corpi affi ancati

e tra loro comunicanti: • un volume a vocazione collettiva, che si sviluppa su tre piani gravitanti sull'atrio

d'ingresso; • il Corpo Servizi destinato alle funzioni diagnostiche. La principale fi nalità dell'edifi cio è offrire

spazi adeguati all'accoglienza come a tutte le attività e i servizi sanitari afferenti i pazienti esterni, in modo da

ridurre al minimo la necessità di un loro spostamento "in profondità" nel complesso ospedaliero, separando

12/04/2014 36Pag. Tecnica Ospedaliera - N.4 - aprile 2014(diffusione:4349, tiratura:4535)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 63

perciò i relativi percorsi rispetto a quelli dei ricoverati. A questo scopo, l'atrio di ingresso è strutturato come

una grande piazza coperta su più livelli, che accoglie le attività di informazione e orientamento degli utenti,

quelle amministrative (Cup con venticinque postazioni e un'ampia area d'attesa) e commerciali. Anche grazie

a scale mobili, dalla piazza si accede a tutte le altre funzioni: • l'area congressuale (piano seminterrato),

composta da una corte interna con funzioni di distribuzione e illuminazione, dal foyer e da una sala da

trecento posti a sedere, eventualmente frazionabile in sale più piccole secondo le esigenze; • un'area per la

ristorazione con cucina (piano primo); • al Corpo Servizi. Quest'ultimo è un volume pluripiano articolato in sei

livelli, due dei quali ipogei, che comprendono: • impianti tecnologici e sottocentrali (interrato); • Diagnostica

per immagini (seminterrato), equipaggiata con una risonanza magnetica e relativi locali di servizio, due Tac,

tre rx, un ortopantomografo, tre mammografie, una Moc e cinque sale per ecografia; • ambulatori (piano terra)

per i prericoveri e Centro Prelievi; • Poliambulatorio (piani primo e secondo), con cinquantasei ambulatori

complessivi; • ambulatori specialistici (tredici più sei locali box per Oculistica) e altri quattordici ambulatori di

tipo generico (terzo piano); • ambulatori specialistici (sette per Chirurgia) e reparto di Day Hospital con

ventinove posti letto distribuiti in camere a due e tre posti letto con servizi igienici dedicati (quarto piano).

L'impianto spazio-funzionale del Corpo Servizi presenta uno schema a corpo quintuplo, con ampi patii centrali

che consentono il riscontro d'aria e luce dall'esterno ai locali destinati all'attività clinica e al personale. I nodi di

distribuzione verticale, che comprendono tre gruppi scale e due gruppi ascensori, sono disposti lungo il

perimetro dell'edificio. L'accesso al Nuovo Avancorpo avviene lungo il fronte sud, per chi proviene dai

parcheggi pubblici, e dal fronte est, dove è prevista un'ampia area coperta per la fermata delle autovetture

private che trasportano utenti con difficoltà di deambulazione. Dal piano terra si dipartono tre collegamenti

pedonali che, attraversando l'Avancorpo esistente, conducono ai settori A, B e C del Monoblocco. Gli

interventi sull'esistente Contestualmente alla costruzione del Nuovo Avancorpo saranno effettuati lavori di: •

ristrutturazione parziale dei livelli -1, seminterrato, 0 e totale degli spazi restanti dell'Avancorpo esistente, con

consolidamenti strutturali, sostituzione delle facciate e riqualificazione impiantistica; • adeguamento

antincendio nelle rotonde, che continueranno a ospitare Pronto Soccorso, Blocco Operatorio, Anatomia

Patologica e laboratori; • riqualificazione architettonica e impiantistica dell'edificio Tenaglia, per ospitare le

attività di Angiografia, Emodinamica ed Elettrofisiologia cardiaca. A opere completate, l'Avancorpo esistente

ospiterà i seguenti reparti: • livello -1: locali tecnologici; • seminterrato: cucina e mensa; • livello 0: ambulatorio

di Neuropsichiatria infantile, Day Hospital oncologico adulti; • livello 1: Terapia Intensiva neonatale e

Neonatologia, degenza di Neuropsichiatria infantile, Direzione sanitaria. Gli interventi di riqualificazione totale

del Monoblocco avranno inizio ad attivazione del Nuovo Avancorpo e delle altre aree esistenti ristrutturate, in

modo da permettere il trasferimento di parte delle attività nei volumi nuovi e rinnovati. Nel principale edificio

del presidio è prevista la realizzazione di un'ampia gamma di opere edili: • consolidamento statico delle

strutture verticali e, laddove soggette a incremento di carico, di quelle orizzontali, con chiusura dei giunti

strutturali, in funzione antisismica; • conseguente ristrutturazione di facciate, opere interne e impianti,

mediante demolizione e ricostruzione nel rispetto di tutte le norme vigenti in tema di edilizia, attività sanitaria,

consumi energetici e sicurezza, compreso il potenziamento e l'adeguamento dei nodi della distribuzione

verticale anche per la messa a norma dell'ospedale dal punto di vista antincendio; • realizzazione di otto

diversi interventi di ampliamento posti in corrispondenza delle testate del Monoblocco, dei Diamanti e dei

cosiddetti «Diamantini», che accolgono nuovi nodi della circolazione verticale posti fra i settori A, B e C. Ecco,

in sintesi, l'assetto funzionale fi nale del rinnovato Monoblocco: • livello -1: centrali tecnologiche, magazzini e

uffi ci del Concessionario; • seminterrato: magazzini e depositi economali, lavanolo, spogliatoi e centrali

tecnologiche; • livello 0: Diagnostica per immagini (due Tac, quattro rx) e Risonanza magnetica (due sale),

ambulatori pediatrici e ostetrici, aule didattiche; • livello 1: Endoscopia Diagnostica ed Endoscopia

Interventistica (tredici sale), accettazione ostetrica (tre posti letto tecnici per monitoraggio), Punto nascita

(otto sale travaglio/parto/post-partum; tre case del parto) e Blocco operatorio ostetrico (due sale operatorie)

con isola neonatale condivisa; • livello 2: ambulatori di Cardiologia (2° livello), palestra per Riabilitazione,

12/04/2014 36Pag. Tecnica Ospedaliera - N.4 - aprile 2014(diffusione:4349, tiratura:4535)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 64

ambulatori ecocardiografi ci e per test da sforzo; degenze di Ostetricia, con Nido, e Patologia della

Gravidanza; • livelli 3 e 4: reparti di Degenza ordinaria e pediatrica, aree dipartimentali (studi medici, sale

riunioni, aule per didattica ecc.); • livelli 5 e 6: reparti di Degenza sub-intensiva e ordinaria, aree

dipartimentali; • livello 7: reparti di Degenza ordinaria, con camere in area protetta, palestre per

Neuroriabilitazione, aree dipartimentali; • livelli 8, 9, 10 e 11: reparti di Degenza ordinaria, aree dipartimentali;

• livello 12: studi medici, aree tecnologiche in copertura. Nel complesso il cantiere interesserà 163.000 metri

quadrati sui 169.000 di superfi cie lorda di pavimento attualmente esistente nell'intero ospedale. Il rinnovato

San Gerardo sarà un organismo edilizio ampio circa 195.500 metri quadrati, dotato di spazi per l'attività

sanitaria in grado di accogliere complessivamente 1.132 posti letto fra intensivi, ordinari e in day hospital,

oltre a 153 ambulatori, 20 sale per interventi chirurgici e 5 sale per la chirurgia ambulatoriale, 13 sale

endoscopiche, 14 sale per esami radiologici, risonanza magnetica, angiografi a ed emodinamica e 11 sale

parto più 2 sale cesarei. Si ringrazia l'arch. Chiara Datta di Infrastrutture Lombarde.

PROGETTO DI AMPLIAMENTO E RISTRUTTURAZIONE. OSPEDALE SAN GERARDO Stazione appaltante

Infrastrutture Lombarde Responsabile del procedimento ing. Alessandro Zuffi Coordinamento, progetto

esecutivo strutture e impianti ing. Massimo Giuliani Progetto architettonico arch. Alessandro Viganò

Concessionario Synchron Nuovo San Gerardo Mandataria Manutencoop Facility Management Spa Mandanti

CEIF Società Cooperativa, CIR Food S.C., CLV Spa, CIR Food s.c., Eureca Consorzio Stabile, GDM

Costruzioni, MACO Costruzioni, Prima Vera Spa, Servizi Italia Spa, Servizi Ospedalieri Servizi di

progettazione SD Partners, ATA Engineering, Cogenera

Foto: GIUSEPPE LA FRANCA architetto

Foto: Confronto tra pianta tipo dei reparti di degenza di degenza esistenti (in alto) e del nuovo assetto a

conclusione del progetto

Foto: Stanza di degenza

Foto: Vista del fronte posteriore dell'ospedale con le facciate rinnovate

Foto: Il Centro unico di prenotazione

12/04/2014 36Pag. Tecnica Ospedaliera - N.4 - aprile 2014(diffusione:4349, tiratura:4535)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 65

SCENARIO ECONOMIA

61 articoli

il Tramonto delle Illusioni RITA QUERZÉ È l'ora della verità . E la classe dirigente del Nord Ovest dovrà fare un esame di coscienza. A PAGINA 52

Il momento della verità è arrivato. Ottobre '98: con il taglio del nastro di Malpensa 2000, Milano e il Nord

Ovest sognano di volare presto negli altri continenti senza tappe intermedie. Interessano soprattutto Cina,

India e Brasile dove la globalizzazione promette gli affari migliori. Oggi si mette un masso su quella

aspirazione. Le indiscrezioni sui punti dell'accordo Alitalia-Etihad parlano della cancellazione del limite dei 18

movimenti per ora a Linate e dell'introduzione di una «navetta» Malpensa-Abu Dhabi. Morale: gli imprenditori

del Nord Ovest che vorranno volare in Asia partiranno dal Forlanini e faranno tappa nello hub della

compagnia emiratina. Quelli che desiderano andare verso Ovest troveranno comodo, più che andare a Roma

e allungare i tempi del viaggio, passare da Parigi, Francoforte o Madrid. A Malpensa non resterà che

diventare la reginetta degli aeroporti cargo.

L'idea di garantire al Nord Ovest un maggior numero di collegamenti diretti con il mondo aveva una senso. La

connessione diretta si sarebbe tradotta in aumento del fatturato. E avrebbe fatto filare più spedita la

cosiddetta locomotiva del Paese. Ma i milanesi non hanno mai creduto fino in fondo a Malpensa. Finché

Alitalia era pubblica, quindi fino al 2008, ci si poteva illudere che prima o poi lo scalo varesino sarebbe

diventato un hub . Poi l'ingresso dei privati ha portato a quello che gli esperti del settore chiamano dehubbing

: drastico taglio dei voli intercontinentali. L'ultima vera speranza è stata Lufthansa. Quando i tedeschi hanno

smobilitato, nel 2011, l'ennesima delusione.

In momenti diversi sia Lufthansa, sia l'Alitalia di Colaninno dissero chiaro che se si voleva far decollare

Malpensa allora bisognava ridimensionare Linate. Da questo orecchio, però, Milano non ci ha mai sentito.

Sarebbe troppo facile, ora, scaricare tutte le responsabilità solo sulla politica. Al dunque anche la Milano delle

categorie produttive non ha voluto rinunciare alla comodità di Linate. Il sacrificio del Forlanini avrebbe

garantito il decollo di Malpensa? Non è detto. Certo ora, a cose fatte, la domanda sorge spontanea: valeva le

pena investire 1.350 milioni di euro più tutte le risorse per i collegamenti stradali e ferroviari per costruire un

aeroporto vocato ai collegamenti cargo e low cost ?

Rita Querzé

© RIPRODUZIONE RISERVATA

12/04/2014 1Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 67

Le nomine Le scelte dei consiglieri e dei vertici attese per lunedì Per l'Eni ipotesi Descalzi o Cao Marcegaglia e Caio per Terna Le liste Gli elenchi al rientro del ministero dell'Economia dal vertice di Washington Roberto Bagnoli ROMA - Lunedì si conferma il giorno decisivo per chiudere la partita delle nomine. «Aspetto il rientro del

ministro Padoan da Washington e lunedì il governo presenterà i nomi». Così il premier Matteo Renzi, dal

salone del Mobile di Milano, risponde sul rinnovo della governance ai vertici delle aziende pubbliche. La short

list con una decina di nomi «istituzionali» che Padoan ha inviato l'altro giorno al premier per una prima

riflessione non sembra aver accontentato il presidente del Consiglio che sull'onda di un successo personale è

attirato dalla tentazione di sparigliare tutto come ha fatto con le candidature per le Europee. In questa fase di

grande attesa per il ricambio di un bel pezzo di potere del Paese, che in Borsa vale complessivamente per le

4 quotate circa 120 miliardi di euro, circolano moltissimi nomi tra i quali quello dell'ex presidente di

Confindustria Emma Marcegaglia. Di certo si può dire che ieri pomeriggio tardi a Milano Matteo Renzi ha

incontrato il candidato «interno» come capoazienda di Eni Claudio Descalzi dando consistenza a una sua

ormai definitiva avanzata a svantaggio del competitor più accreditato Stefano Cao. Così come per Enel

sembra che il nome di Francesco Starace (Enel Green Power) al posto di Fulvio Conti sia cosa fatta anche se

le chance del responsabile finanza Luigi Ferraris e quelle dell'ad di Endesa Andrea Brentan sono tutt'altro che

tramontate. Ma sono tutte suggestioni e indiscrezioni che potrebbero essere capovolte tra due giorni. Domani

a Firenze è in programma una riunione ad hoc per vagliare tutte le candidature selezionate dai cacciatori di

teste per rinnovare i consigli di amministrazione. Un plotone vero e proprio la cui definizione dovrà tenere

conto delle indicazioni dei fondi, di Assogestioni, delle varie anime del Tesoro.

Paolo Scaroni, l'amministratore delegato di Eni in uscita, ieri si è tirato fuori anche da un eventuale

spostamento al ruolo di presidente. «Non ho totalizzatore su una mia riconferma ai vertici, non la gioco», ha

detto senza però escludere totalmente un suo coinvolgimento come commissario senior europeo per l'energia

raccomandando al governo italiano di aprire una riflessione sul tema quando scatterà il turno di presidenza.

Non hanno trovato conferma i rumor su un coinvolgimento di ex ambasciatori nel ruolo di presidenti di

garanzia mentre per le caselle di vertice i nomi più gettonati restano quelli di sempre: per Finmeccanica

Gianni De Gennaro alla presidenza e come ad Giuseppe Giordo o Antonio Perfetti; per Poste Massimo Sarmi

presidente, capoazienda Monica Mondardini o Maria Bianca Farina; per Terna presidente Marcegaglia e

amministratore Francesco Caio, attuale commissario all'agenda digitale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

CandidatiL'ex presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, potrebbe diventare presidente di Terna

Per Francesco Caio l'ipotesi di un incarico come amministratore delegato di Terna

Francesco

Starace potrebbe diventare amministratore delegato Enel

12/04/2014 10Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 68

Cuneo fiscale Nel 2013 il salario medio è però cresciuto dell'1,3%, quasi come i prezzi Il primato italiano delle tasse sul lavoro Roma al sesto posto nellaclassifica Ocse Le partite Iva Poletti agli imprenditori: «Nessuna ragione per inventarvi le partite Iva, ci sono i contratti atempo» Lorenzo Salvia ROMA - Sarà anche vero che l'inflazione rallenta, al punto che il vero pericolo arriva adesso dal suo contrario,

la deflazione. Ma per il momento i prezzi continuano a correre più degli stipendi, con il risultato che scende il

potere d'acquisto. E siamo tutti un po' più poveri. La cattiva notizia arriva dall'Ocse, l'organizzazione per la

cooperazione e lo sviluppo che raggruppa 34 Paesi avanzati, nel suo rapporto Taxing wages , su tasse e

stipendi. Nel 2013 il salario medio è salito in Italia dell'1,3%, un filo sotto l'inflazione che ha fatto segnare un

più 1,4%. Da un salario medio di 29.315 euro l'anno siamo passati a 29.704. In termini reali annaspiamo nella

seconda metà della classifica, al 19o posto sui 34 Stati membri dell'Ocse.

A frenare gli stipendi è anche il cuneo fiscale, il peso delle tasse sul costo del lavoro. Nel 2013, in Italia, la

somma di imposte e contributi è arrivata a coprire il 47,8% dell'intera torta, con un aumento dello 0,1% e la

conferma del sesto posto fra i Paesi Ocse, dove la media è di oltre dieci punti più bassa. Peggio di noi fanno

solo Belgio, Germania, Austria, Ungheria e Francia. I dati, naturalmente, non tengono conto del taglio del

cuneo fatto a gennaio di quest'anno dal governo Letta. E nemmeno di quello in arrivo venerdì prossimo con il

decreto legge sul bonus di 80 euro che ambienti del ministero dell'Economia stimano pari almeno al 2% per i

redditi fino a 25 mila euro lordi l'anno.

Proprio ieri è scaduto il termine per gli emendamenti in commissione alla Camera sul decreto legge che

rende più flessibili i contratti a termine e l'apprendistato, primo passo di quel Jobs act che arriverà con i tempi

lunghi del disegno di legge delega. La sinistra del Pd ha presentato una serie di modifiche sui punti principali

del testo. Ma alla fine è probabile che la Camera si limiterà a qualche ritocco. Come la riduzione del numero

delle proroghe possibili nel corso dei tre anni, che scenderebbe da otto a sei contro l'unica possibile prima. E

il ritorno con qualche modifica della formazione pubblica per l'apprendistato. Sull'obbligo di assumere una

parte degli apprendisti prima di assumerne di nuovi, invece, la partita è ancora aperta.

Dice il ministro del Lavoro Giuliano Poletti agli imprenditori: «Guardate che oggi non avete nessuna ragione

per inventarvi le partite Iva. Se c'è bisogno di una prestazione temporanea, avete il contratto a termine senza

causale e con le proroghe». Il ministro apre poi alla possibilità di un contratto con un costo del lavoro più

basso che favorisca il reinserimento delle persone con più di 50 anni che hanno perso il posto. E promette

una soluzione «strutturale» per gli esodati, le persone che rischiano di rimanere senza stipendio e senza

pensione. «Nelle prossime settimane - dice Poletti - apriremo un tavolo di confronto tra ministero, Inps e

commissioni parlamentari competenti perché vogliamo provare a costruire una soluzione che riguardi tutti

quelli che arrivano a determinate condizioni».

@lorenzosalvia

© RIPRODUZIONE RISERVATA

12/04/2014 41Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 69

A Washington Il vertice dei Grandi teme le tensioni in Ucraina. «Avanti con gli sforzi per regolare lesuperalleanze bancarie» Per il G20 ripresa più forte, mercati fragili Il Tesoro esclude una manovra nel 2015, solo aggiustamenti di medio periodo Stefania Tamburello WASHINGTON - «Le prospettive per la crescita globale si rafforzano nel 2014»: i ministri dell'Economia e i

governatori delle banche centrali dei Venti paesi più ricchi del mondo registrano la svolta positiva

dell'economia. Il clima è cambiato: per la prima volta dal 2010, da quando cioè la crisi sembrava aver esaurito

il suo potenziale, per poi riprendere più aspra, il G20 mostra ottimismo nelle previsioni. Anche per quelle

sull'Europa, dove la ripresa si sarebbe ormai consolidata. Ma «guai a compiacersi» come avverte il

presidente della Bce, Mario Draghi. Bisogna - dice il comunicato finale del G20 - «restare vigili di fronte a

importanti rischi e debolezze», fra cui anche la fragilità dei mercati finanziari, che potrebbero tornare ad

essere volatili, come potrebbero segnalare gli andamenti negativi delle Borse di questi giorni anche sulla scia

dei timori di un escalation della crisi ucraina.

Le «riforme strutturali sono importanti», così come gli investimenti, per aumentare la crescita economica e

l'occupazione, aggiunge il comunicato del vertice in cui è stato deciso di approfondire lo studio, da parte di

ciascun paese, dei nuovi possibili interventi di sostegno alla crescita così da raggiungere l'obiettivo di un 2%

di sviluppo complessivo in 5 anni. Ed è sull'attuazione di riforme strutturali che torna ad insistere il Fondo

monetario che invia all'Italia un primo giudizio positivo sul Def , il Documento economico e finanziario del

governo, «realizza, come lo stesso Fondo raccomandava, l'idea di abbassare le tasse attraverso il taglio della

spesa», ha sottolineato Aasim Husain, vicedirettore del dipartimento Europa dell'Fmi. Si tratta comunque di

un primo passo che «va seguito da altri», ha aggiunto l'esponente del Fondo che ha così raccolto le

assicurazioni fornite anche a Washington dal ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, che dopo aver

affrontato il nodo delle nomine, dovrà mettere a punto entro venerdì, i provvedimenti per consentire e

finanziare il bonus di 80 euro ai lavoratori che guadagnano fino a 1.500 euro mensili.

«Per la prima volta facciamo una manovra che taglia e restituisce soldi. Sarà così anche nei prossimi anni»,

ha detto ieri il presidente del Consiglio Matteo Renzi escludendo una manovra aggiuntiva per il 2015. Il fatto è

che il Def indica per il 2015 - al fine di far calare il rapporto deficit-Pil all'1,8% - un aggiustamento del saldo

primario dal 3% al 3,3%, da perseguire con minori spese pari allo 0,3% del Pil, cioè a circa 4,8 miliardi. Tale

riduzione di spesa però - ha fatto sapere ieri il ministero dell'Economia - rientra nei previsti piani di spending

review , non prevede nuove tasse, ma solo risparmi e quindi «non può dirsi una manovra» nel senso più

tradizionale di un giro di vite per i budget dei cittadini . Detto in cifre la previsione per il prossimo anno è di

ricavare dalla spending review 17 miliardi, di cui 10 da impegnare nella copertura del mancato gettito

derivante dalla conferma a regime delle minori tasse sul lavoro, altri 4,8 miliardi da destinare appunto

all'aggiustamento, il resto per eventuali nuovi impegni di spesa.

Rimanendo sul Def, il Tesoro sempre ieri ha cercato di rassicurare i dipendenti statali sul fatto che «non è

previsto, e non potrebbe esserlo, alcun riferimento a ipotesi di blocco di contrattazione nel settore pubblico».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

20Foto: miliardi la crescita del debito pubblico a gennaio 2014

rispetto al mese precedente Ora si attesta a 2.089 miliardi di euro, rileva la Banca d'Italia

2,6Foto: per cento il rapporto deficit/Pil stimato nel Def dal ministero del Tesoro per il 2014

Il pareggio di bilancio

dovrebbe arrivare nel 2016

12/04/2014 41Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 70

Foto: Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia

12/04/2014 41Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 71

Salone del Mobile la Vitalità di Milano che dà Fiducia all'Italia MICHELA PROIETTI e ROBERTA SCORRANESE energia in forma di città: ecco che cosa è stata Milano negli ultimi giorni della Design week. Radici e segni si

sono confusi ovunque, la città si è gioiosamente lasciata contaminare dalle idee e dalla fantasia. La vitalità di

Milano dà fiducia all'Italia. Con quel senso di libertà creativa indispensabile per una ripartenza. ALLE PAGINE

26 E 27 con un articolo di Silvia Nani A PAGINA 29

Annachiara Sacchi

MILANO - L'energia di una città è spesso insondabile. Intraducibile. Sono lampi di colore (una scultura rosso

fuoco che spicca da una vetrina, i capelli biondi di una ragazza, la tenerezza pudica di due innamorati in età).

Sono i suoni (una risata crepitante, la voce di un cameriere, un assolo incerto di pianoforte dall'ultimo piano).

Una costruzione sinestetica che disegna una vita a sé. Sensoria.

Ecco che cosa è stata Milano nelle ultime sere: energia in forma di città. Come quella che ha tratteggiato la

Design Night a Brera, l'ormai tradizionale «notte bianca» che prelude alla fine del Fuorisalone con una serata

lunga, luminosa, locali e gallerie aperti oltre il solito orario. L'ideale per sperimentare la fine «arte di andare a

passeggio» (citando il libro di Franz Hessel): vagabondaggio disincantato, leggerezza, un farsi città. Si

comincia con le navate della basilica paleocristiana di san Carpoforo: affreschi cinquecenteschi rischiarati

dalla cascata di luce dei cristalli Baccarat, che festeggia i suoi 250 anni con questa caverna scintillante.

Un universo notturno puntellato da flash, dai chiarori opachi propri di una città nata intorno al gusto e che

proprio in sere come questa riscopre le sue radici piantate salde nella ricerca architettonica. Prendiamo casa

Missoni, in via Solferino 9. Un cortile e una cancellata Liberty introducono in una delle più belle installazioni di

questi giorni (in collaborazione con Ginori): Wonderland è un gigantesco mosaico fatto di piatti in una tavola-

tetto apparecchiata a testa in giù, da guardare distesi, come davanti a un'opera di Daniel Spoerri. La

passeggiata riprende e ci si mette a pensare: in queste piccole cattedrali del design - vive solo durante il

Fuorisalone - si sente qualcosa che va oltre il teatro promozionale. È come se grandi e piccoli nomi della

moda e del design recuperassero un'identità semantica. Gli zig-zag di Missoni. Gli incroci di Giulio Iacchetti

(che presenta la collezione da Asaps). L'ironia di Krizia, che si riallaccia alle installazioni di Ingo Maurer nello

spazio della maison in via Manin. Lampade con la testa a forma di Micky Mouse, un'impalcatura lunare a Led,

la Light Structure (Hamburger, Maurer 1970-2013) sospesa nell'aria come una di quelle creature acquatiche,

luminose, fatte di scie.

Radici e segni si confondono ovunque, restituendoci una città che ha imparato a lasciarsi contaminare.

L'«Orto Volante», in via Palermo, è fatto di zolle di terra e muschio che fluttuano nei locali di Piùarch. Ci si

sposta all'Accademia di Brera. Negli androni sovrastati da imponenti statue in marmo, le installazioni

Marsotto. In un'ala, spicca una scultura color mattone. Ovunque legno, gioco. Persino nel bellissimo Palazzo

Clerici un tempo avamposto dell'alta aristocrazia (ci abitava una delle più antiche casate milanesi, i Visconti

dei Consignori di Somma) e oggi sede di mostre e incontri culturali.

Nel cortile giganteggia l'Aero-Static Dome, l'installazione di Arthur Huang per Nike, mentre, all'interno, una

lunga tavola apparecchiata, idea del gruppo Caesarstone: il britannici Raw Edges hanno immaginato una

cucina infinita in quarzo, allegoria della necessità nutrizionale, uno dei tanti preludi all'Expo 2015 di questo

Fuorisalone.

Che può proseguire, anche in una passeggiata in notturna come questa.

Roberta Scorranese

[email protected]

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: È qui la festa In piazza XXV aprile venerdì sera con il Public Design: connubio tra cibo e oggetti

(Piaggesi) Dall'alto, l'installazione «Wonderland» a casa Missoni; il «cubo» in via Brera che richiama la

13/04/2014 1Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 72

mostra «100% original design»; installazione all'Accademia di Brera (Tega); materiali plastici a Palazzo

Clerici (foto Piaggesi); l'allestimento di Baccarat a San Carpoforo (foto Alberico)

13/04/2014 1Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 73

I tagli più urgenti per i cittadini: ai maxistipendi di NANDO PAGNONCELLI A PAGINA 12

Fino a non molto tempo fa nell'opinione pubblica prevaleva la convinzione che l'immobilismo del nostro

Paese dipendesse più dall'incapacità del ceto politico che dalla scarsità delle risorse necessarie per

promuovere cambiamenti e riforme. Nell'attuale contesto economico e in presenza degli stringenti vincoli

europei, i cittadini si mostrano sempre più consapevoli che gli interventi promossi dal governo richiedano una

copertura finanziaria e si attendono un robusto intervento sulla spesa pubblica che scongiuri, o quanto meno

limiti, il rischio di un possibile inasprimento fiscale. Di conseguenza, con poche eccezioni si osserva un forte

consenso al taglio della spesa, peraltro spesso accompagnato dall'aspettativa che si tratti di misure rivolte

«agli altri»: ad esempio, gli anziani in larga misura non vogliono che si intervenga sulla sanità, gli insegnanti e

i giovani sulla scuola, i dipendenti pubblici sulle spese della pubblica amministrazione, e così via.

I tagli annunciati dal governo la scorsa settimana sono accolti dai cittadini con un prevalente ottimismo: il 61%

prevede che ci saranno interventi significativi sulla spesa e, in particolare, la maggioranza relativa del

campione intervistato (38%) ritiene del tutto raggiungibile il taglio di 4,5 miliardi previsto nel Documento di

economia e finanza annunciato dal premier; inoltre il 23% si aspetta tagli importanti, anche se ritiene che

l'obiettivo sia difficile da raggiungere in toto. Al contrario, il 32% si mostra scettico e considera l'annuncio solo

propaganda. L'ottimismo caratterizza l'elettorato del Pd e in subordine quello di Ncd, le persone più istruite, i

ceti dirigenti e impiegatizi, i pensionati e coloro che risiedono nelle regioni centrali; al contrario lo scetticismo

è più diffuso tra gli elettori di Forza Italia e del Movimento 5 Stelle, i più giovani, gli studenti, i lavoratori

autonomi, gli operai e i residenti nelle regioni meridionali.

Nel sondaggio abbiamo voluto verificare l'ordine di priorità e la possibilità di realizzazione di tre delle misure

annunciate nel Def. La riduzione degli stipendi dei manager pubblici (che potranno raggiungere al massimo il

livello dello stipendio del presidente della Repubblica) risulta il provvedimento più importante per il 50% degli

italiani. Il tema ha suscitato scalpore e indignazione tra le molte persone che faticano ad arrivare alla fine del

mese e questa misura viene collocata al primo posto senza eccezioni dagli elettori di tutti i partiti e risulta

particolarmente apprezzata dagli studenti, dai lavoratori autonomi, dagli impiegati e dai residenti nelle regioni

meridionali, per i quali appare stridente il contrasto tra le loro condizioni economiche e retributive e quelle di

alcuni manager pubblici. A seguire, nella graduatoria delle priorità, vengono i risparmi nell'acquisto di beni e

servizi da parte della pubblica amministrazione, citati dal 28% degli intervistati, più marcatamente dagli

elettori di Forza Italia, dai ceti dirigenti e dai residenti nelle regioni settentrionali che considerano inaccettabili

non solo gli sprechi ma anche le significative differenze di costo degli stessi beni e servizi nelle diverse

regioni del Paese. Da ultimo, i tagli alle spese militari, ritenuti prioritari da un intervistato su cinque, con valori

nettamente più elevati tra gli elettori del Pd e del M5S che li collocano al secondo posto.

Quanto alle possibilità di realizzazione dei tagli annunciati, prevale nettamente l'ottimismo, anche se vi sono

molti dubbi sui tempi necessari per raggiungere gli obiettivi fissati, con particolare riguardo all'acquisto di beni

e servizi nella Pa (45%) e, soprattutto, alle spese militari (50%), mentre un intervistato su quattro prevede che

la riduzione degli stipendi dei dirigenti pubblici verrà adottata in tempi brevi. Nel complesso un terzo degli

italiani ritiene che i tagli di spesa annunciati siano destinati al fallimento. I più negativi sono gli elettori dei

principali partiti dell'opposizione (FI e M5S), e i segmenti decisamente più sfiduciati (i giovani, gli operai e i

disoccupati) o disincantati (i meridionali). La sintonia tra il presidente del Consiglio e il Paese si mantiene

molto elevata, ma la disillusione che è maturata negli ultimi anni induce i cittadini ad essere prudenti. Tuttavia

i tempi lunghi prefigurati dai più collidono con quella che appare la caratteristica distintiva di Matteo Renzi: la

velocità. Ma dopo anni nei quali prevaleva una rassegnata convinzione che nulla potesse cambiare, in questa

fase cresce la percezione che qualcosa si stia muovendo e gli italiani sembrano disposti ad accettare tempi

13/04/2014 1Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 74

un po' più lunghi purché si mantenga fede agli impegni con la necessaria determinazione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

I quesiti Tra questi provvedimenti qual è a suo parere quello da effettuare per primo? Riduzione stipendi

manager pubblici (valori in %) Risparmi nell'acquisto di beni e servizi nella Pubblica amministrazione Tagli

alle spese militari Non sa, non indica Pd Ncd- TOTALE Centro FI-Destra M5s Il governo sta decidendo tagli

alla spesa pubblica per 4,5 miliardi. Secondo lei... 2 3 4 5 Sondaggio realizzato da Ipsos Pa per Corriere della

Sera presso un campione casuale nazionale rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne secondo

genere, età, livello di scolarità, area geografica di residenza, dimensione del comune di residenza. Sono state

realizzate 998 interviste (su 10.912 contatti), mediante sistema Cati, l'8 e 9 aprile 2014. Il documento

informativo completo riguardante il sondaggio sarà inviato ai sensi di legge, per la sua pubblicazione, al sito

www.sondaggipoliticoelettorali.it 1 50 43 57 53 47 28 27 29 35 20 20 29 12 11 29 2 1 2 1 4 SÌ, IN TEMPI

BREVI FORSE SÌ, MA CI VORRÀ DEL TEMPO NO, NON CI RIUSCIRÀ NON SA «Riduzione degli stipendi

dei manager pubblici, che saranno al massimo uguali allo stipendio del presidente della Repubblica». Il

governo riuscirà a raggiungere questo obiettivo? «Risparmi di 800 milioni nell'acquisto dei beni e dei servizi

per la Pubblica amministrazione ». Il governo Renzi riuscirà a raggiungere questo obiettivo? «Taglio di 500

milioni alle spese militari». Il governo Renzi riuscirà a raggiungere questo obiettivo? 3% 37% 34% 26% 4%

45% 33% 18% 6% 50% 32% 12% 23% È un obiettivo eccessivo, ma il governo Renzi riuscirà comunque a

fare tagli importanti 7% Non sa, non indica È solo propaganda, un annuncio che non avrà seguito 32% È un

obiettivo che il governo può raggiungere 38%

13/04/2014 1Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 75

L'intervista Il ministro: nei prossimi cinque anni l'export del settore agroalimentare può aumentare del 50% Martina: «L'agricoltura? Può creare 150 mila posti Ma 19 giorni in doganaper chi esporta sono troppi» Oggi la metà dei titolari d'azienda ha più di 60 anni, gli under 40 sono appena il 10% «Se lei compra 100 eurodi frutta e verdura, al contadino vanno soltanto 1,6 euro» Lorenzo Salvia ROMA - «Le conosce le mele del Trentino?». Sì, perché? «Quello è uno dei nostri modelli. Il prodotto è di

qualità e arriva da piccole imprese familiari. Le aziende sono rimaste lì e sono rimaste piccole, ma hanno

deciso di non restare invisibili. Si sono aggregate in reti e consorzi, insieme vanno in giro per il mondo e

fanno un miliardo di euro l'anno. I piedi qui, nella terra, la testa nel mondo». Il ministro per le Politiche agricole

Maurizio Martina dice che, seguendo anche il modello delle mele del Trentino, «l'Italia nei prossimi cinque

anni può aumentare del 50% le esportazioni del settore agroalimentare» e che «può far nascere 50 mila

nuove imprese con 100-150 mila nuovi posti di lavoro».

Ministro, messa così sembra un miracolo. Al momento la realtà è ben diversa: nell'export agroalimentare

siamo dietro anche alla Germania, che pure nel settore non ha certo il nostro nome. Perché il miracolo

dovrebbe arrivare?

«Perché i nostri prodotti hanno un potenziale incredibile e abbiamo mercati enormi e ancora inesplorati, a

partire dalla Cina».

A differenza dei nostri concorrenti, l'Italia non ha grandi catene di distribuzione. I mall francesi all'estero

vendono prima di tutto prodotti francesi. Non crederà mica di convincerli a vendere il Parmigiano Reggiano

invece del Camembert?

«Guardi questa foto». Il ministro tira fuori l'Ipad. L'immagine viene da un ipermercato di una catena francese

in Cina. C'è un grande bancone di vini, salumi, formaggi sotto la bandiera francese. Dall'altra parte un piccolo

stand con i prodotti di tutti gli altri Paesi, Italia compresa. «È vero, gli altri sono più agguerriti. Noi abbiamo

solo Eataly, che gioca in Champions League, ma bisogna darsi da fare in qualsiasi categoria. Anche per

questo le aziende italiane si devono aggregare. E sempre per questo vogliamo lavorare a una serie di

incentivi».

Non starà mica chiedendo al singolo contadino di vendere direttamente dall'altra parte del mondo?

«Non al singolo ma a chi si mette insieme sì. Naturalmente poi deve essere il Paese intero ad aiutarli.

Semplificando la burocrazia, supportando l'internazionalizzazione e sostenendo iniziative come il marchio

unico del made in Italy agroalimentare».

Se ne parla da anni, senza risultati.

«Dobbiamo avere il coraggio di sperimentare anche su questo tema. Si può pensare a un cosiddetto marchio

ombrello, privato e volontario, che si aggiunga ma non sostituisca quelli esistenti. Nei nuovi mercati il nome

Italia lo conoscono benissimo e su quello dobbiamo puntare».

Basta questo?

«Certo che no. Dovremo lavorare seriamente sui nuovi accordi commerciali che l'Europa deve trattare: penso

agli Stati Uniti, Giappone e India. Per dire, lo sa che negli ultimi due anni l'India ha alzato del 19% i dazi sui

prodotti alimentari?».

Lo Stato deve aiutare l'export ma la vendita diretta sembra un suo pallino. Nel suo programma #campolibero

c'è la semplificazione delle procedure per i mercati a chilometro zero, quelli dal produttore al consumatore.

«Il nostro obiettivo è raddoppiare il volume di vendita nei prossimi tre anni. Nel suo mestiere il contadino deve

poter pigiare più tasti: produce, vende e poi si organizza sui mercati internazionali».

Saranno contenti i negozianti. Non è che creare nuovi posti di lavoro nell'agricoltura significa distruggerne

altrettanti nel commercio?

13/04/2014 13Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 76

«I veri problemi del commercio sono altri. Mettiamo che lei compri 100 euro di frutta e verdura al

supermercato. Sa quanti ne vanno al contadino che li ha prodotti? Neanche due euro, 1,6 per la precisione.

Tra produttore e consumatore ci sono troppi passaggi».

Resta il fatto che in altri Paesi l'agricoltura rende meglio che da noi .

«Ci sono costi esterni non sempre giustificati che si mangiano il 35% del valore prodotto. L'energia, le

carenza di infrastrutture, la burocrazia. Oggi un prodotto italiano destinato all'export si ferma alla dogana in

media per 19 giorni. In Francia sono 9, in Germania 7, negli Stati Uniti addirittura 6. La lotta violenta alla

burocrazia di cui parla Matteo Renzi riguarda anche noi. Perché vogliamo portarci tanti giovani».

Li sta invitando a tornare alla terra?

«Sì e non è solo uno slogan. A differenza di altri settori, qui le prospettive ci sono. E grazie all'Europa, per il

periodo 2014-2020, avremo 75 milioni di euro proprio per favorire l'imprenditoria giovanile nel settore. Oggi la

metà dei titolari di azienda ha più di 60 anni, gli under 40 sono appena il 10%. Ai giovani viene più facile

avere i piedi qui e la testa nel mondo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Bergamasco, 35 anni, pd, Maurizio Martina è diventato ministro con il governo Renzi. A lui è stato

affidato il dicastero dell'Agricoltura. Già sottosegretario alle Politiche agricole con il precedente governo,

Martina ha anche la delega del Consiglio dei ministri a occuparsi di Expo, l'esposizione universale che si terrà

a Milano nel 2015

13/04/2014 13Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 77

L'assemblea La riforma prevedeva un vertice più snello e meno peso al consiglio di Sorveglianza dell'istituto I soci Bpm bocciano lo statuto, per 124 voti Giarda e Castagna: andiamo avanti, occasione persa. Pronto l'aumento da 500 milioni Soci non dipendenti Èil Comitato, guidato da Piero Lonardi, decisivo nel no alla proposta di riforma Stefano Righi MILANO - L'assemblea della Banca Popolare di Milano, la quarta in 12 mesi, ha bocciato la proposta di

riforma della governance sollecitata dalla Banca d'Italia e alla quale avevano lavorato intensamente Mario

Anolli, Giuseppe Castagna e Dino Piero Giarda, attuali vertici dell'istituto di Piazza Meda.

Quella che si presentava come un'assise tranquilla, nonostante l'importanza del voto - con solo una frazione

di soci presente rispetto agli ultimi appuntamenti - ha sorpreso con l'ennesimo colpo di scena. Dopo che il

presidente del consiglio di Sorveglianza, Giarda, aveva addirittura annunciato anzitempo il voto favorevole

alla riforma, facendosi riprendere dal notaio, alla verifica puntuale dei seggi si è palesata la diversa realtà:

sono bastati 124 voti per mandare all'aria l'atteso cambiamento della governance e far dire al consigliere

delegato Castagna: «Non sono sicuro che non ci saranno ripercussioni dalla bocciatura della riforma

proposta - riferendosi sia all'aumento di capitale da 500 milioni che dovrebbe partire il 5 maggio, sia alle

misure cautelative di bilancio, gli add-on , messe in atto dalla Banca d'Italia, sia al rapporto con le agenzie di

rating - ma sicuramente andremo avanti con la massima determinazione per tenere alto il nome e il prestigio

della nostra banca. È stata un'occasione persa». Giarda non si è nascosto e l'analisi dei numeri parla chiaro

(al voto decisivo era presenti 2.577 soci, 45 gli astenuti, maggioranza richiesta 1.689, favorevoli 1.565,

contrari 967): «Rispetto all'assemblea di dicembre - ha sottolineato l'ex ministro del governo Monti - la mia

lista ha raccolto 1.500 voti in meno. Questo è il dato di fatto su cui riflettere».

La modifica proposta avrebbe snellito il consiglio di Sorveglianza (da 17 a 13 membri) e allargato l'organo di

gestione a 7 consiglieri da 5. Inoltre, sarebbe aumentato il peso degli investitori istituzionali (4 rappresentanti

in Cds), due dei quali con potere di veto sulla nomina del consiglio di Gestione. Sarebbe cresciuta anche la

soglia massima di partecipazione, dallo 0,5% all'1% e fino al 3% per le fondazioni bancarie. Ma dopo il voto

contrario salta tutto e si dovrà ricominciare da zero.

Se l'assemblea di ieri ha avuto un vincitore questi è sicuramente Piero Lonardi, leader del Comitato soci non

dipendenti , che per la prima volta è risultato decisivo. Un tempo l'assemblea di Bpm era decisa dai

dipendenti, poi dai pensionati, ieri «è stata una grande rivincita dei risparmiatori», sostiene Lonardi, che ha

fortemente contestato due punti delle modifiche proposte: il singolo seggio che verrebbe attribuito alla sua

associazione e l'anestetizzazione dei poteri che verrebbero attribuiti al consiglio di Sorveglianza. «Abbiamo

evidenziato le anomalie nelle modifiche proposte - ha detto - e continuiamo a chiedere perché i due

consiglieri che rappresentano gli interessi di Investindustrial non si siano dimessi nel momento in cui la

società che fa capo ad Andrea Bonomi ha liquidato la propria posizione».

Sull'esito ha probabilmente influito anche la decisione di Giarda di anticipare la sequenza dell'ordine del

giorno, chiamando il voto sulla parte straordinaria prima di quello previsto per l'approvazione, avvenuta, del

bilancio 2013. Una «furbata assembleare» che, se non ha esacerbato gli animi, forse ha convinto qualche

indeciso.

Per i vertici di Bpm una giornata nera - «una data che ricorderemo per un bel po'», ha detto Castagna -,

anche se non si annunciano cambiamenti di rotta. L'aumento di capitale è un impegno che l'istituto di Piazza

Meda intende avviare e portare a termine nel più breve tempo possibile, anche per tenere la banca in linea di

galleggiamento con le richieste di patrimonializzazione che arrivano dal processo di avvicinamento all'Unione

bancaria europea. Ma le recenti uscite dal capitale di Bonomi e del Crédit Mutuel - gli azionisti di rilievo al

momento sono Raffaele Mincione, al 7%, Ubs (3,6%) e Grantham Mayo van Otterloo (2,108%) - impongono

qualche calibrata riflessione sul prossimo futuro di Bpm.

13/04/2014 30Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 78

@Righist

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Proposta respin ta Il tavolo della presidenza all'assem- blea della Popolare di Milano. Al centro,

Giuseppe Castagna, Mario Anolli e Dino Piero Giarda

13/04/2014 30Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 79

manager e azionisti La difficile ricerca del giusto compenso SALVATORE BRAGANTINI A condire di una salsa speziata la perpetua ribollita della politica nostrana arrivano i rinnovi dei consigli

d'amministrazione delle imprese, specie di Stato, che stimolano gli interessi dei boiardi, speranzosi di

conferma e timorosi del ricambio perseguito dal governo. C'è un tema di nomi, e uno di compensi. Come ha

scritto Sergio Rizzo ( Corriere , 9 aprile) qui, dove non deve vedersela con gli arcigni guardiani di Bruxelles,

ma con le volpi nostrane, si parrà la nobilitate del premier rinnovatore: nella scelta del nuovo management

delle grandi imprese di Stato e, aggiungiamo, di un commissario Consob (uscito da dicembre scorso),

essenziale per l'ordinato funzionamento di quell'Autorità. Il governo, principale azionista, guardando al futuro

dopo tanti anni vuol cambiare la guida delle grandi imprese di Stato; farebbe bene, anche per evitare

incrostazioni nocive, a seguire la risoluzione approvata l'8 aprile dalla commissione Industria del Senato. Non

basta che l'impresa guadagni o il corso dell'azione aumenti; i risultati van confrontati, per tutto il periodo dei

mandati, con quelli di chi operi su quei mercati nel mondo. Solo prestazioni eccezionali potrebbero motivare

durate di mandato eccezionali. L'attenzione si concentra, oltre che sui nomi dei candidati a capo azienda nei

grandi gruppi, sui compensi nelle non quotate a controllo statale. Il governo vuole introdurre severi tetti e

nessuno potrà guadagnare più del presidente della Repubblica (circa 240mila euro). Chi vuole può

andarsene, dice il premier Matteo Renzi, e vedremo chi se li piglierà.

Il governo sta solo esercitando i diritti dell'azionista, dopo gran tempo nel quale a questi aveva rinunciato,

subappaltandoli al management ; si può obiettare a tali specifiche direttive, sostenendo che così si

scoraggiano i migliori, ma quando esso fissa limiti ai compensi fa il proprio lavoro, nel comune interesse. Il

moto del pendolo, che si è spinto troppo in là in una direzione, ora cambia verso. Forse si poteva essere più

sensibili a specifiche situazioni, ma quando si esagera così va a finire; una classe dirigente degna di questo

nome dovrebbe avvertire, anche in un'impresa globale, i vincoli del depresso panorama nazionale. In questi

stessi giorni Michel Barnier, commissario Ue al Mercato unico, presenta un'ambiziosa proposta sui diritti degli

azionisti, che dovrebbe dar loro più poteri sui compensi del management . È utile riflettere sul tema, senza

riferimenti a situazioni specifiche, ma anche senza dimenticare che la differenza fra le retribuzioni massime e

quella mediana è aumentata a dismisura negli ultimi tre decenni, travolgendo qualunque ragionevole

riferimento al valore del lavoro effettivamente svolto, o all'andamento delle azioni; tale fenomeno contribuisce

non poco a quell'aumento delle disuguaglianze che è la vera minaccia, ancora troppo poco percepita, per le

nostre democrazie. Il punto da cui partire è ovviamente lo stato di fatto. Ogni anno, nelle assemblee delle

grandi società si svolge una simpatica pantomima. Qualcuno propone, e l'assemblea mansueta approva, i

compensi per il cda, però con una postilla: quell'importo esclude i compensi per gli amministratori titolari di

particolari deleghe, il vero «piatto forte»; questo è successivamente delibato dal cda, en petit comité .

In sostanza, i compensi del top management sono sottratti all'approvazione degli azionisti, e decisi dai soli

amministratori, i quali sono nominati nella gran parte dei casi dai soli azionisti di controllo. L'elezione con il

voto di lista, positiva peculiarità nostra, non sposta di molto questa realtà. Oggi, quindi, il solo modo per gli

azionisti di «bocciare» la remunerazione degli amministratori esecutivi sarebbe quello di votare contro il

bilancio che le riflette.

Per ovviare a questa situazione, Barnier propone che ogni anno l'assemblea debba approvare i compensi

corrisposti al management l'anno prima; inoltre, ogni tre anni andrebbe sottoposta agli azionisti una relazione

sulla politica di remunerazione dell'azienda, ai cui dettami la società sarebbe tenuta ad attenersi. Va però

detto che nonostante il battage mediatico, legato all'imminente rinnovo della commissione Ue e al futuro

politico dell'abile commissario francese, la proposta non spaventa nessuno. Anzitutto perché la Commissione

Ue, a fine corsa, passerà il dossier ai successori, che ripartiranno da zero. La politica dei compensi, inoltre,

va già approvata dai soci in assemblea in molti Paesi, Italia inclusa; la bocciatura dei compensi già corrisposti

14/04/2014 32Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 80

sarebbe poi atto estremo, poco gradito agli investitori, che certo non vorranno a cuor leggero destabilizzare le

«loro» imprese.

La vera rivoluzione sarebbe un'altra: far approvare tutte le remunerazioni in via preventiva, anche per gli

amministratori esecutivi. Certo, ci sarebbe inizialmente il rischio di discussioni infinite in assemblea, ma dopo

un po' la forza di gravità prevarrebbe: l'interesse della maggioranza degli azionisti all'andamento dell'impresa

in cui hanno investito li costringerebbe a scelte sensate e non autolesionistiche. Sarebbe solo coerente con il

principio per cui chi paga sceglie la musica, che dovrebbe essere presupposto basilare di un'economia di

mercato. Viviamo invece in un'epoca in cui, dopo aver giustamente combattuto le economie collettivistiche, si

cerca d'imprimere a quella di mercato una curvatura oligarchica. A questa è doveroso resistere in ogni modo,

seguendo il luminoso esempio di quei comunisti degli svizzeri: essi hanno sì rigettato l'imposizione di limiti

massimi al rapporto fra la remunerazione del management e quella mediana, ma hanno anche deciso che

spetta ai mandanti decidere quanto pagare i propri mandatari. Pare logico, almeno se vogliamo ancora

chiamarlo capitalismo, e non oligarchia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

14/04/2014 32Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 81

Il premier al Salone del Mobile: qui un'Italia viva Renzi: «Lotta violenta contro la burocrazia» Lunedì le nomine Patta e Cavestri Una «violenta lotta alla burocrazia» per aiutare la ripresa. Lo ha promesso il premier Matteo Renzi

intervenendo a Milano al Salone del Mobile: «Qui un'Italia viva». Renzi ha annunciato per lunedì le nomine

delle società partecipate.

u pagina 4 Emilia Patta

MILANO

«Qui c'è un pezzo di economia che l'Italia ha il diritto di incoraggiare attraverso alcuni punti fermi come una

violenta lotta contro la burocrazia. Non abbiamo alternative. E parlando di violenta lotta alla burocrazia, la

politica deve partire da se stessa».

Matteo Renzi cala al Nord, e davanti agli imprenditori che lo ascoltano alla Fiera di Rho dove è in corso il

Salone del Mobile mena fendenti contro banche, manager pubblici strapagati e politici che non vogliono

cedere la poltrona. Torna ad escludere che sarà necessaria una manovra bis («per la prima volta si

restituisce invece che prendere, per la prima volta facciamo una manovra che taglia e restituisce i soldi. In

molti non sono abituati ma è bene che se ne facciano una ragione perché per i prossimi anni sarà così». E

dopo aver annunciato che lunedì o al massimo martedì il governo presenterà la lista dei nomi dei candidati

per il rinnovo dei consigli di amministrazione delle società partecipate, tocca le corde sensibili di chi fa

impresa ricordando i progetti in campo per ridare competitività al Paese: fisco («il vero problema dell'Italia è

l'F24 più che gli F35, bisogna riformare il fisco perché il nostro Paese non ha un sistema fiscale all'altezza

degli altri grandi Paesi del mondo»); mercato del lavoro («la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro ma

affondata nelle rendite, occorre ridare dignità e valore al lavoro nella consapevolezza che semplificare non

vuole dire precarizzare»); accesso al credito per le Pmi («le banche, alle quali stiamo chiedendo un sacrificio

per restituire in busta paga a chi non ce la fa, diano il fido anche al piccolo artigiano e non solo alle grandi

aziende: serve una più forte attenzione per il credito alle Pmi»); e appunto sburocratizzazione («i manager

cercheranno di farcela pagare, ma su questa vicenda andremo avanti fino alla fine»).

Musica per le orecchie dei produttori. Che naturalmente attendono il governo alla prova dei fatti. Da qui il

timing serrato che si dà Renzi: «Non sono qui a scaldare la sedia, se il Palazzo di Roma mi trasformerà,

allora vuol dire che non sono adatto», è l'impegno che prende il premier nella sua prima trasferta a Milano.

«O ci sono risultati o vorrà dire che anche noi siamo dei chiacchieroni». Pubblica amministrazione, giustizia e

fisco saranno appunto le grandi riforme delle prossime settimane, fino a giugno. La sfida è grande e piena di

rischi. Ma il premier non si fa intimorire. Sta al gioco dei giornalisti che, davanti al gate di Expo 2015, gli fanno

notare che è il quarto premier ad occuparsi dell'esposizione universale: «Il quinto sarà meglio», ironizza. Ma

dopo l'incontro con i vertici dell'esposizione universale ribadisce la centralità di Expo 2015: «Anche in questo

caso bisogna evitare che la burocrazia blocchi tutto, rispettando tutte le regole: noi rispetteremo tutte le

regole».

Oggi seconda tappa nel cuore del Nord con Torino, dove Renzi e il Pd apriranno ufficialmente la campagna

elettorale per le amministrative - e naturalmente per le europee - puntando proprio sulla "reconquista" del

Piemonte in mano alla Lega con la candidatura dell'ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino. Piemonte e

Abruzzo le Regioni al voto nell'election day del 25 maggio. Oltre a 4mila Comuni italiani, di cui 26 capoluoghi.

«Il centrodestra governa in 12 capoluoghi, e noi puntiamo a conquistarne una buona parte - spiega Stefano

Bonaccini, responsabile Enti locali del partito -. In Lombardia e Veneto, in particolare, il centrodestra governa

in tutti e sei i capoluoghi chiamati al voto: vincere nella metà di queste città è il nostro obiettivo. Così come

molta della nostra attenzione è concentrata su Sassuolo in Emilia Romagna e Prato in Toscana, città passate

al centrodestra nel pieno della crisi economica. Riconquistarle, assieme al Piemonte, sarebbe il segnale

dell'inversione di tendenza nel cuore produttivo del Paese». Quanto alle europee, l'asticella è fissata

12/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 82

ufficialmente un punto in più del 2009 (ossia 27%). Ma si sa che Renzi punta a raggiungere, e se possibile

superare, la cifra tonda del 30%.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

a pagina 21

L'approfondimento sulle nomine

238mila euroTetto ai manager pubblici

Tra le norme annunciate dal premier il taglio agli stipendi dei manager

26%Aumento imposta quote Bankitalia

Il limite massimo che potrebbe raggiungere l'aliquota per le banche

Foto: Alla Fiera di Rho. Il premier Matteo Renzi al Salone del Mobile

12/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 83

TRA EQUITÀ E CRESCITA Il cambio di passo che serve al Fisco Salvatore Padula Anche per il fisco, il Documento di economia e finanza e il Piano nazionale di riforma, approvati nei giorni

scorsi, rappresentano una sorta di manifesto (non solo di buoni propositi, si spera) per rilanciare, in una

prospettiva di legislatura, l'idea forte di un sistema tributario più moderno, più efficiente, più semplice.

Insomma, l'obiettivo dichiarato dal governo è di approdare a un sistema fiscale realmente in sintonia con le

urgenze di un Paese che deve ritrovare subito la strada maestra della crescita e che questa crescita deve

saper assecondare e non ostacolare, come troppo spesso è avvenuto in passato e come purtroppo ancora

oggi avviene.

Il Pnr, in particolare, elenca con precisione i rimedi necessari per "cambiare marcia". Un passo fondamentale

nella direzione indicata viene promesso sia con l'alleggerimento del cuneo fiscale e dell'Irap, sia grazie

all'approvazione «tempestiva» dei decreti attuativi della delega fiscale, con le parole d'ordine dell'equità, della

semplificazione, della trasparenza. Non manca, ovviamente, il riferimento al contrasto all'evasione fiscale,

visto che il recupero di base imponibile e azioni più incisive di contrasto al sommerso rappresentano «gli

elementi cruciali per ricostruire il rapporto di fiducia tra amministrazione fiscale e cittadini». Temi, quello della

semplificazione e dell'evasione, che stanno rapidamente salendo anche nella dialettica del presidente del

Consiglio, Matteo Renzi, il quale negli ultimi giorni ha lanciato alcuni slogan di sicuro effetto: «La battaglia

all'evasione va fatta incrociando dati e non con gli spot» oppure «Il problema dell'Italia sono gli F24 più che gli

F35». Impossibile non concordare.

Sappiamo - ce lo ricordano ogni giorno le statistiche internazionali, e proprio ieri è arrivata quella dell'Ocse

sulla tassazione dei salari e sull'ampiezza del cuneo sul lavoro - come il principale problema del fisco italiano

continui a essere l'eccessivo impatto del prelievo, appesantito anche dalla rilevante incidenza dell'evasione.

Imposte troppo elevate, combinate - e questa è un'aggravante, anche in termini di costi aggiuntivi sopportati

dai contribuenti - con un sistema di adempimenti estremamente complesso, figlio di regole non orientate né

alla stabilità né alla certezza del diritto. Né, appunto, alla crescita dell'economia, al rafforzamento delle

imprese, all'attrattività degli investimenti.

Non sono difetti che scopriamo ora. Così come i rimedi elencati nel Def/Pnr non spuntano ora dal nulla. La

differenza, rispetto al passato, la farà piuttosto la capacità di trasformare presto questi buoni propositi in atti

concreti.

Le promesse di semplificazione e di riduzione delle tasse hanno segnato tutte le campagne elettorali dal

1994 in poi e hanno riempito le cronache dei giornali per anni e anni. «Cambiare passo» significa quindi,

innanzi tutto, non fermarsi all'individuazione dei problemi (che i cittadini, le imprese e gli operatori conoscono

benissimo) ma cominciare a fornire le risposte che tutti attendono.

Il governo, va detto, non sembra voler perdere tempo. Il caso dell'Irpef - il decreto legge sul bonus in busta

paga per i lavoratori dipendenti sarà approvato alla fine della prossima settimana - e quello dell'accelerazione

sulle semplificazioni rappresentano senza dubbio un buon viatico.

Ma, certo, è anche utile ricordare quanto sia necessario fare le cose per bene, senza perdere di vista gli

obiettivi e senza sprecare occasioni. Per esempio, sulle tasse immobiliari (il mix Imu-Tasi-Tari) si sta davvero

andando verso la semplificazione promessa oppure si resta fermi al caos degli ultimi anni (la mini-Imu

racconta molte cose, in questo senso). E ancora: siamo certi che l'intervento per tagliare il 10% l'Irap si

muova nella direzione giusta? Se, nella fase attuale, come tutti riconoscono, la priorità per il sistema è la

riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, non sarebbe più utile orientare in questa direzione il taglio all'Irap

piuttosto che optare per uno sconto lineare (e uguale per tutte i comparti, anche per quelli meno colpiti

dall'Irap) ottenuto mediante la riduzione delle aliquote? Se il problema è la competitività delle imprese, dove

la componente Irap sul costo del lavoro gioca il ruolo che conosciamo, non sarebbe più opportuno ottimizzare

12/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 84

gli sforzi?

Ci sono naturalmente ragioni politiche, di cui bisogna tener conto, che spingono in questa direzione. E

ovviamente si può dire che un taglio lineare dell'Irap sia meglio che nessun taglio. Il che è vero. A meno che

questa scelta non sia il risultato di uno scontro ideologico sull'Irap (anche sulla sua componente lavoro), la

quale - odiata dai più - può evidentemente ancora contare su molti difensori. Il che sarebbe più grave.

Si potrà ancora obiettare che il Pnr ricorda che alla riduzione del cuneo saranno destinati sia (parte) dei

risparmi di spesa sia (parte) dei proventi del contrasto all'evasione. D'accordo. Ma i tempi rischiano di essere

lunghi e di non rispondere all'esigenza di avviare subito quel percorso virtuoso del fisco orientato alla crescita

sul quale il governo si dice intenzionato a scommettere.

E, poi, se una cosa può essere fatta subito perché aspettare domani?

© RIPRODUZIONE RISERVATA

12/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 85

DOVE LA SPENDING REVIEW NON ARRIVA/L'INCHIESTA Lezioni di «sprechi» alla Scuola di Economia Claudio Gatti Tagli e riforme. Queste le parole d'ordine del governo Renzi per ridurre il costo della macchina pubblica e

renderla efficiente. In pratica stop a sprechi, privilegi e clientele e finalmente via a cambiamenti radicali. E

quale ente pubblico migliore della Scuola superiore dell'economia e delle finanze per cominciare? Nata nel

1957 con il nome di Scuola tributaria centrale Ezio Vanoni, da oltre mezzo secolo ha come mission la

formazione, la specializzazione e l'aggiornamento del personale dell'amministrazione economica e finanziaria

pubblica.

Claudio Gatti

Ma da quando ha preso il nome di Scuola superiore dell'economia e delle finanze, con la nascita del

ministero omonimo, si è fatta notare soprattutto per i suoi sprechi e privilegi. A beneficio di un gruppetto di alti

funzionari dello Stato che hanno prima introdotto prerogative e stipendi fuori norma e poi li hanno applicati a

loro stessi e alla loro cerchia.

La grande abbuffata è iniziata nel 2000, quando Ottaviano Del Turco era ministro delle Finanze e Angelo

Piazza era il suo Capo di gabinetto. Il primo colpaccio è del 28 settembre di quell'anno, con il decreto

ministeriale n. 301. Il decreto pone la Scuola "alle dirette dipendenze del ministro", prevede che rettore,

prorettore e professori conservino "il trattamento economico... relativo alla qualifica posseduta presso

l'amministrazione di provenienza incrementato da un ulteriore trattamento economico" e addirittura che "i

professori inquadrati acquisiscono, ad ogni effetto, lo stato giuridico e le funzioni di professori ordinari, con

salvezza delle procedure di avanzamento di carriera". In altre parole i suoi docenti ottengono il ruolo, sono

cioè assunti a tempo indeterminato, con l'equiparazione ai professori universitari. Una cosa mai vista, che fa

insorgere il mondo accademico. Pochi mesi dopo il governo è così costretto a fare una mezza marcia indietro

con il decreto legge n. 209 che dispone l'abrogazione della norma che consente il transito dal ruolo di

docente della Scuola a quello di professore ordinario universitario. Ma il tempo indeterminato resta.

Nel gennaio 2001 l'allora rettore Gennaro Terracciano chiama a insegnare Paola Palmarini (la quale lascerà

nel 2006 dopo aver vinto un concorso di giudice del Tar). Passano altri cinque mesi e, con l'arrivo del

Governo Berlusconi II e di Giulio Tremonti al Mef, Piazza lascia il posto di Capo di gabinetto al suo amico

Vincenzo Fortunato, marito della professoressa Palmarini. E cosa fa il ministro Tremonti nel settembre 2002?

Con un decreto che è logico pensare sia passato dalla scrivania del suo braccio destro nomina un nuovo

professore alla Ssef: il dottor, ora professore, Vincenzo Fortunato. Perché evidentemente essere il Capo di

gabinetto di Tremonti non bastava.

Col tempo non gli deve essere bastato neppure essere semplice professore, e il 1º luglio 2004 viene

nominato rettore della Scuola dal ministro di cui è Capo di gabinetto. Una ventina di giorni più tardi, viene

scelta quale direttore amministrativo della Scuola Concetta Zezza, all'epoca direttore generale dell'Ufficio di

gabinetto del Mef, quello di Fortunato.

Volendo essere equo, sempre nel luglio 2004, viene fatto un regalo anche a un altro strettissimo

collaboratore del ministro, Marco Milanese, che diventa anche lui professore della Scuola.

Da quando è stato rinviato a giudizio, Milanese è sospeso "cautelativamente" dall'insegnamento, ma per

legge ha diritto a un "assegno alimentare" pari alla metà dello stipendio. Da dicembre 2013, pur stando a

casa, prende quindi 91mila euro all'anno lordi.

Ma l'appetito vien mangiando. E un posto di professore a vita non basta. Serve anche uno stipendio

adeguato. Così il 28 luglio 2004, con decreto del rettore approvato dal ministro, i compensi corrisposti a

rettore, prorettore, capi dipartimento e docenti ordinari vengono "rideterminati". Con un adeguamento verso

lì'alto. Molto alto. E con effetto retroattivo. A partire dal 2001.

12/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 86

Insomma Fortunato, in veste di rettore della Scuola, propone, e il ministro, di cui Fortunato è Capo di

gabinetto, dispone. Una formula che garantisce il successo. Ma come ogni successo, anche questo ha un

prezzo. Che pagano i contribuenti, ovviamente: tra il 2001 e il 2005 la spesa per dirigenti e docenti aumenta

più del doppio.

A novembre del 2004 altra nomina a tempo indeterminato, quella di Marco Pinto, anche lui legato a

Fortunato e capo del suo ufficio legislativo. Oggi Pinto ha uno stipendio di 301.320 euro all'anno lordi.

Nel marzo dell'anno successivo, con un ennesimo decreto ministeriale, Mariateresa Fiocca inizia a insegnare

alla Scuola. E chi è? Nel suo curriculum leggiamo che "dal 1° agosto 2001 è distaccata presso l'Ufficio di

gabinetto del ministro dell'Economia e delle finanze", e che dal 2003 al 2004 è stata "componente della

Segreteria tecnica del ministro dell'Economia e delle finanze". Oggi è una dei "docenti a tempo pieno" e ha

uno stipendio di 155.157 euro all'anno.

La grande pacchia finisce almeno in parte con l'arrivo del secondo Governo Prodi. Il ministro Tommaso

Padoa-Schioppa e il suo vice Vincenzo Visco decidono di cambiare immediatamente il rettore. Al posto di

Fortunato, che comunque mantiene la docenza, nominano Giuseppe Pisauro, professore di Scienza delle

Finanze a La Sapienza di Roma.

«Ho trovato questa situazione», dice il professor Pisauro al Sole 24 Ore, «Caso inopinato, in questa scuola

esistevano docenti a vita, quando in tutta le scuole di formazioni pubblica non ci sono. E con Visco ci siamo

affrettati a chiudere quella situazione». Quindi fine delle assunzioni di ruolo.

Ma per chi era già dentro non è cambiato nulla. «Io mi sono sforzato di isolare il problema, che però va

affrontato a livello legislativo» ci spiega Pisauro. Che ammette: «I favoritismi nascono in una stagione

precisa. Ma da allora si sono succeduti vari governi e nessuno ha avuto né la volontà né la forza di

affrontarli».

Quando chiediamo di essere più esplicito, il rettore Pisauro non esita a esserlo: «Se uno vuole dire questa

storia in due parole, è quella di un gruppo di alti burocrati che a un certo punto si costruisce un'assicurazione

sulla vita. Che ovviamente è una roba da...».

Il primo alto burocrate che ci viene in mente è Vincenzo Fortunato, il quale dall'aprile 2013, avendo lasciato

la carica di capo di Gabinetto del Mef, dopo quasi un decennio fuori ruolo è tornato alla Scuola. E ai suoi

301.320 euro all'anno di stipendio.

Dal maggio 2013 al marzo 2014 Fortunato risulta aver svolto 57 ore di lezione e altre 498 ore di "attività di

studio, ricerca, programmazione e supporto nelle iniziative formative". Il che significa una media di 50 ore al

mese. Chiediamo al rettore se pensa che Fortunato si sia meritato quello stipendio.

«A un'attività deve corrispondere una retribuzione adeguata», risponde diplomaticamente Pisauro (il cui

compenso è di 233.189 euro all'anno). Ma noi insistiamo: qual è secondo lei la retribuzione adeguata in

questo caso?

«Se la collettività ritiene che un professore ordinario all'università debba guadagnare 100mila euro, per fare il

professore a una scuola di formazione pubblica possiamo accettare che ne guadagni 120, ma non 300.

Questo è il mio punto di vista».

Secondo Pisauro, al di là dei casi specifici, c'è un problema di fondo, ed è la prassi del cosiddetto

"trascinamento stipendiale" che concede a un funzionario pubblico di portare con sé lo stipendio che aveva

nella carica precedente. E che nel caso della Scuola spiega come mai Pinto e Fortunato abbiano un salario di

oltre 300mila euro mentre il loro collega Gianfranco Ferranti riceva poco più della metà e la collega Maria

Gentile poco più di un terzo.

«È evidente che questo non va bene», dice Pisauro. «Ma è un problema generale, non solo della Scuola».

Sulla situazione della Scuola abbiamo chiesto un parere anche al rettore dei primi anni 2000 Gennaro

Terracciano. «Vigilanza, vigilanza, vigilanza. Bisogna controllare le scuole e controllare le spese. Perché se

le scuole si sentono controllate, spendono bene e fanno bene. Altrimenti divengono repubbliche autonome»,

ci dice convinto.

12/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 87

Ma quando era rettore lei, il controllo c'era?

«Non c'era neanche allora, sostanzialmente», ammette.

L'ex rettore sostiene comunque che una scuola come la Ssef è necessaria, anzi essenziale. «Bisogna solo

farla funzionare al meglio».

Pisauro è d'accordo. «Il 30 giugno scade il mio mandato e tornerò alla Sapienza. Ma il mio interesse

principale è di non buttare via il bambino con l'acqua sporca... Perché questa scuola serve e funziona. La

formazione che eroga è di qualità. E i volumi sono significativi: facciamo 26mila giornate di formazione

all'anno», spiega. E aggiunge: «La sua funzione non potrebbe essere svolta efficacemente da scuole di

formazione generaliste, né esternalizzando i compiti. È necessario infatti far interagire la riflessione teorica

con la pratica e, riguardo ai contenuti, dare spazio, per quanto non esclusivo, al punto di vista

dell'amministrazione. Quindi serve un corpo docenti misto, formato da civil servants e accademici».

Ma cosa cambierebbe, a parte le

retribuzioni?

«Se fosse per me, azzererei tutto. Ma non dipende da me. Occorre una legge per questo. Dopodiché alcuni

(docenti) li riprenderei. Perché ce ne sono alcuni che lavorano tanto e bene... e sono convinto che una

struttura di questo tipo, opportunatamente risistemata, serva».

Opportunatamente risistemata,

appunto.

[email protected]

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Scuola superiore dell'economia e della finanza. È la scuola di formazione del ministero (in foto, la sede)

12/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 88

BANCHE E CARTOLARIZZAZIONI Il rilancio del credito parte dal rischio Giorgio Barba Navaretti Il credito al settore privato non crescerà senza un aumento della propensione al rischio delle banche e senza

meccanismi per redistribuire questi rischi su più soggetti.

Questo in sintesi il messaggio tra le righe del rivoluzionario documento congiunto di Banca centrale europea

e Banca d'Inghilterra presentato ieri al Fondo monetario internazionale. Documento che attribuisce una nuova

patente di legittimità ai famigerati Abs (Asset Backed Securities), i titoli strutturati, principale bomba ad

orologeria della crisi finanziaria.

L'ossessione della revisione della regolamentazione finanziaria post crisi è stata scoraggiare quanto più

possibile l'assunzione di rischi elevati da parte del sistema finanziario. Per farlo si sono adottati spesso criteri

grossolani di classificazione degli asset finanziari. Banalmente, il capitale regolamentare che una banca deve

accantonare per un credito privato è molto maggiore che per un credito sovrano (dove è zero),

indipendentemente dal merito del soggetto finanziato. Ne deriva che il credito al settore privato è

infinitamente più costoso dell'acquisto di titoli di Stato. Questo approccio, per quanto giustificabile in una

congiuntura drammatica, scoraggia l'allocazione di finanziamenti ad imprese e famiglie.

Dunque le banche riprenderanno a far credito solo se riscopriranno una sana propensione al rischio, con

regole che li incoraggino in tal senso. E se sapranno valutare con chiarezza e trasparenza il merito di credito

di chi finanziano in modo più fine di quanto previsto dalle classificazioni su cui si basa l'azione del regolatore.

Ovviamente né Bce né Bank of England possono dire tutto questo, ma proprio questo significa la loro

riscoperta degli Abs. Perché? Perché gli Abs sono uno strumento fondamentale per la distribuzione dei rischi

di credito su più soggetti. E un sistema creditizio sopporta un aumento della propensione al rischio (dunque la

ripresa del credito al settore privato) solo se il rischio non rimane unicamente in carico a chi eroga i

finanziamenti. Dunque, ci ricordano le due potenti banche centrali, gli Abs ci servono e bisogna che il loro

mercato riparta.

Impacchettare (cartolarizzare) più crediti erogati da una banca permette di assegnare loro un prezzo e di

scambiarli sul mercato finanziario. Così aumenta la liquidità disponibile per le banche e il rischio è

redistribuito. La ripresa delle cartolarizzazioni è anche fondamentale per la Bce. Intervenire direttamente sul

loro mercato (comperandoli o accettandoli in sconto dalle banche) rafforza l'azione di politica monetaria:

aumenta la liquidità e combatte la deflazione favorendo l'erogazione diretta del credito alle imprese.

Il problema per la Bce è che il mercato degli Abs è oggi troppo piccolo, circa un quarto di quello americano.

Meno di duecento milioni di nuove emissioni nel 2013 (furono 800 nel 2008). Per farlo ripartire ci vogliono

nuove regole, meno vincolanti di oggi.

Il che non è semplice. Quel che non ci serve e non deve più accadere è il modo distorto con cui gli Abs sono

stati utilizzati in passato. Da un lato sono diventati sempre più complessi e oscuri, al punto che non era più

possibile capire cosa fossero gli asset sottostanti. E d'altro lato, hanno favorito un meccanismo di azzardo

morale allontanando i rischi dall'originatore degli investimenti iniziali, che non aveva dunque incentivo ad

essere selettivo.

Oggi soprattutto la mutualizzazione pubblica dei rischi degli Abs nel bilancio della Bce può diventare causa di

forte azzardo morale. Per questo Bce e Bank of England invitano a distinguere diverse categorie i Abs,

favorendo la diffusione solo di quelli semplici ed estremamente trasparenti e comunque lasciando una parte

del rischio di credito a carico dell'originatore. Vedremo quali regole emergeranno da questa revisione di

prospettiva.

Il punto fondamentale è che non ci può essere espansione del credito senza rischio. Ma anche grazie alla

banking union e il conseguente grande salto di qualità nella prevenzione e gestione dei rischi più gravi,

questa strada può e deve essere nuovamente percorsa.

12/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 89

barba @unimi.it

© RIPRODUZIONE RISERVATA

12/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 90

ULTIMO COMMA Web economy, da concertare la territorialità allargata Il rapporto Ocse sulla tassazione dell'economia digitale pubblicato due settimane fa suggerisce riflessioni

sugli orientamenti internazionali dell'imposizione della web economy e sulle linee tendenziali intraprese e da

intraprendere da parte del legislatore italiano con specifico riferimento alle novità normative annunciate con la

legge delega.

La legge delega prevede «l'introduzione in linea con le raccomandazioni degli organismi internazionali e con

le eventuali decisioni in sede europea, tenendo anche conto delle esperienze internazionali, di sistemi di

tassazione delle attività transnazionali, ivi comprese quelle connesse alla raccolta pubblicitaria, basati su

adeguati meccanismi di stima delle quote di attività imputabili alla competenza fiscale nazionale».

Il criterio direttivo chiaramente ispirato dal dibattito sulla tassazione dell'economia digitale dovrà quindi tenere

conto dei lavori dell'Ocse. Ciò sarà possibile solo parzialmente posto che l'Ocse ha fissato nel settembre

2014 il termine di conclusione dei suoi lavori sulla web economy e solo nel settembre 2015 il termine di

ultimazione dei lavori relativi alla legislazione Cfc e alla definizione di stabile organizzazione, che rivestono un

ruolo centrale nell'intero assetto fiscale dell'economia digitale. Si giustificherebbe quindi una proroga del

termine di attuazione dello specifico criterio direttivo per consentire al legislatore delegato di realizzare un

compiuto allineamento agli orientamenti internazionali.

Il tema centrale per il legislatore delegato è rappresentato dal perimetro dell'intervento normativo e cioè se

esso debba limitarsi all'introduzione di nuove metodologie di determinazione dell'imponibile ai fini

dell'imposizione sul reddito o se debba includere l'allargamento delle regole di territorialità dell'imposizione o

ancora la istituzione di nuovi specifici tributi. Ipotesi che nel contesto normativo pare possibile posto che la

revisione delle modalità di determinazione del reddito d'impresa è separatamente ed espressamente prevista

da altro criterio direttivo (il n. 11). I provvedimenti di attuazione della delega dovranno in ogni caso tenere

conto dell'evoluzione delle normative tributarie nazionali di altri Stati per evitare un isolamento normativo e di

regime impositivo che potrebbe pregiudicare l'attrazione degli investimenti dell'economia digitale nel nostro

Paese adottando metodi e scelte legislative solitarie poco comprensibili.

In merito alla tipologia dei tributi, la delega sembra quindi concedere ampio spazio al legislatore delegato,

posto che si riferisce a «sistemi di tassazione». Un'espressione che ricomprende le imposte sul reddito ed

altri tributi ascrivibili all'imposizione indiretta (risalta comunque l'ampiezza del criterio di delega che nemmeno

indica il perimetro dei soggetti passivi di eventuali nuovi prelievi).

Per l'imposizione sui redditi è da considerare la scelta tra la modifica della nozione di stabile organizzazione

introducendo il concetto di significant physical presence o stabile organizzazione virtuale, prescindendo

dall'esistenza di una «sede fissa di affari» e l'introduzione di un nuovo e diverso criterio di territorialità che

preveda l'imposizione di taluni redditi conseguiti da imprese estere indipendentemente dalla sussistenza nel

territorio dello Stato di una stabile organizzazione. In tal senso, dovrebbe aggiungersi una lettera al comma

dell'articolo 23 del Tuir che già dispone una regola di territorialità dell'imposizione per le imprese estere che

conseguono royalties (lettera c ) o compensi di natura artistica o professionale (lettera d). Pare quest'ultima la

scelta più coerente con la nozione di reddito d'impresa.

L'eventuale allargamento della nozione di stabile organizzazione comporterebbe l'esigenza di individuare

criteri di determinazione della base imponibile che dovrebbero continuare ad ispirarsi a criteri analitici senza

snaturare la qualificazione del prelievo come imposta sul reddito.

È quindi auspicabile l'avvio di una consultazione pubblica che coinvolga tutte le categorie interessate,

affinché il legislatore delegato possa valutare compiutamente l'opportunità di attuare o meno lo specifico

criterio di delega.

12/04/2014 14Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 91

© RIPRODUZIONE RISERVATA di Guglielmo Maisto

12/04/2014 14Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 92

LE SFIDE DELLA BCE Le misure di Draghi e il pressing della politica Donato Masciandaro Occorre una nuova politica per l'euro e la banca centrale europea (Bce): è questo lo slogan che più di

frequente si sente ripetere dai politici in queste settimane che ci separano dalle elezioni europee. Ma quale

sarebbero gli effetti di un diverso disegno degli obiettivi e degli strumenti di politica monetaria? Sugli obiettivi,

modificare la priorità della stabilità monetaria sarebbe un forte azzardo; sugli strumenti è possibile che la Bce

possa mettere in atto il proprio mandato senza cedere con strumenti innovativi, nel perimetro sia degli

interventi convenzionali che di quelli non convenzionali. Inclusa l'opportunità di tutelare in questa fase la

stabilità con un obiettivo fissato in termini di livello dei prezzi, e non di tasso di inflazione. Quale di queste

strade intenda percorrere la Bce è presto per dirlo. Ma una cosa è certa: come ha ribadito ieri lo stesso Mario

Draghi a Washington, «il consiglio della Bce è unanime nel suo impegno a ricorrere anche a strumenti non

convenzionali per contrastare il rischio di un periodo di inflazione bassa».

Dal lato della politica, il quadro è più confuso. La ricerca del consenso elettorale ha spinto diversi esponenti

europei - di destra come di sinistra - a scegliere quello che ritengono un facile bersaglio: l'euro e la politica

monetaria della Bce. Qual è il ragionamento economico? Se vogliamo trovarne uno - ed in tanti casi l'impresa

è davvero titanica - il filo logico è il seguente: avere una banca centrale che tutela la stabilità monetaria è

complessivamente un danno, perché si ostacola la ripresa della crescita economica e dell'occupazione; per

avere più sviluppo occorre pagare un prezzo in termini di inflazione, e fintantoché avremo una banca centrale

come l'attuale Bce questo non sarà possibile.

Su quali basi empiriche si fonda un tale ragionamento? Nessuna. O meglio: una tale tesi può sostenerla solo

qualcuno che abbia smesso di studiare economia negli anni '70 (facendo l'ipotesi benevola che lo abbia mai

fatto). È in quel periodo che le economie cosiddette avanzate erano caratterizzate dalla presenza di un tasso

di cambio tra crescita economica ed inflazione: la riduzione del tasso di disoccupazione passava da

innalzamenti dei salari nominali che poi le imprese scaricavano a valle sui prezzi dei beni e servizi di

consumo. Allo stesso modo, ove l'obiettivo fosse stato quello della riduzione dell'inflazione, il costo da pagare

passava da un rallentamento della crescita economica.

Il tasso di cambio tra inflazione e crescita è però sparito da quarant'anni: i fenomeni di globalizzazione

internazionale e di crescente competizione anche nei perimetri nazionali nei mercati dei beni e del lavoro

hanno reso le capacità di crescita o di decrescita delle economie avanzate slegate dalla dinamica dei prezzi.

Per cui il disegno ottimale della politica monetaria - che è quello che caratterizza la nostra Bce - è cambiato:

tutelare la stabilità monetaria evita la tassa da inflazione su risparmi e patrimoni, non danneggiando la

crescita; al contrario, i sistemi produttivi caratterizzati da inefficienze e rigidità non cambiano le loro cattive

performance, anche se ripetutamente stimolati da iniezioni di liquidità.

Si potrebbe obiettare che la peggiore recessione dal dopoguerra deve sfuggire alla logica dell'esperienza

accumulata in quaranta anni di regolare crescita economica, e che occorrono politiche eccezionali come

quelle messe in atto dalle banche centrali di Stati Uniti, Regno Unito e Giappone. Ma quale è il risultato che

tali politiche hanno prodotto in termini di crescita? Al momento il bilancio è risibile e comunque incerto,

mentre sull'altro piatto della bilancia vanno messi i rischi di instabilità monetaria e finanziaria, che come

minimo non si riducono al crescere degli squilibri di liquidità.

Dunque, cambiare la priorità della politica monetaria della BCE sarebbe un azzardo; forse è questa la

ragione per cui l'idea può solleticare gli appetiti anche delle espressioni più populistiche del ceto politico

europeo.

Però la tutela della stabilità monetaria deve essere credibile, anche e soprattutto in una fase in cui la

decelerazione del tasso di inflazione fa prendere in considerazione la possibilità di un rischio deflazione.

13/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 93

La Bce si è già dichiarata pronta all'unanimità ad utilizzare tutti gli strumenti della cassetta degli attrezzi. Ma

con quali tempi e con quali modalità? Sappiamo che la Bce guarda più di un barometro - inflazione,

aspettative, liquidità, tasso di cambio, e così via. L'alternativa sarebbe quella di fissare un solo indicatore. Il

guadagno atteso potrebbe essere quello di semplificare la formazione delle aspettative. Ma è proprio vero? In

una situazione di volatilità dei comportamenti, come quella che stiamo vivendo, fissare obiettivi che non si

possono raggiungere può essere inutile, se non controproducente. Sul tema sono istruite le capriole - anche

verbali - a cui sono state costrette negli ultimi tempi sia la Banca centrale americana (Fed) che quella inglese

(BoE), che avevano provato a essere più credibili con obiettivi ambiziosi e lontani dal loro controllo, come il

tasso di disoccupazione. Hanno dovuto innestare la retromarcia.

Dunque la pluralità di indicatori e la relativa discrezionalità della Bce appare inevitabile. Il che non implica

che la reazione ad un eventuale rischio deflazione - ove riscontrato dalla Bce - debba essere decisa ed

immediata.

Sotto questo aspetto, sarebbe cruciale colpire subito il meccanismo delle aspettative, mostrando una volontà

di ripristinare subito la stabilità monetaria. Uno strumento innovativo rispetto alla tradizione Bce, sarebbe

quello di utilizzare come bussola il livello dei prezzi, e non il tasso di inflazione. Giova ripeterlo: in una

eventuale fase di caduta dei prezzi, fissare un obiettivo in termini di ripristino del regolare ritmo di ripresa del

loro livello significherebbe annunziare un obiettivo temporaneo di tasso di inflazione maggiore del 2 per

cento. La credibilità decennale accumulata dalla Bce sarebbe un volano potente per una politica monetaria

convenzionale ma radicale. L'aumento dell'inflazione desiderata non sarebbe in contrasto con l'obiettivo della

stabilità monetaria, con buona pace dei falchi; allo stesso tempo, l'aumento sarebbe eccezionale e

temporaneo, deludendo le colombe. Ma se una politica monetaria delude gli opposti estremismi, potrebbe

essere proprio quella giusta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

13/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 94

Padoan: «Ne riparleremo. Più vicina la ripresa dell'occupazione» Visco: con la nuova tassa freno al credito bancario Bocciarelli «L'aumento della tassazione sulle quote di Bankitalia può avere un impatto». Lo ha detto ieri il governatore di

Bankitalia, Visco: il raddoppio delle imposte previsto nel Def mette a rischio il credito bancario. Il ministro

dell'Economia, Padoan: «Ne riparleremo». E annuncia una ripresa più rapida del lavoro.

u pagina 5 Rossella Bocciarelli

WASHINGTON. Dal nostro inviato

«Io credo che si debba preservare la solidità delle banche e il loro ruolo essenziale nell'economia». Il

governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, batte sul tasto della centralità del credito per la fisiologia

dell'economia italiana durante la conferenza stampa tenuta insieme al ministro dell'Economia Piercarlo

Padoan per dar conto dei lavori degli spring meetings. E dopo aver chiarito che durante le discussioni si è

parlato abbondantemente del «comprehensive assessment» sulle banche europee condotto in ambito Bce,

afferma che «non c'è stata una discussione sullo stato di salute delle banche italiane ma nei corridoi si dà

atto che c'è stata una capacità di ricapitalizzazione e una maggiore forza nel deleveraging, la riduzione

dell'indebitamento».

Visco aggiunge che «le banche sono un elemento di trasmissione fondamentale nell'economia ma sono

anche delle imprese e, a livello regolamentare, si richiede che abbiano livelli patrimoniali sufficientemente alti.

Mi sembra si vada nella direzione giusta». Sono le banche ad aver provocato la crisi o è la crisi ad aver

appesantito i bilanci bancari? Si chiede il governatore: «Dipende da quali banche e di quale crisi stiamo

parlando» è la sua risposta. «Nel caso italiano sui bilanci delle banche ha pesato la recessione, la caduta

della domanda, l'aumento dei crediti deteriorati». Preservare la solidità delle banche nel loro ruolo di

finanziamento dell'economia, ne deduce il governatore, è fondamentale.

Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan conferma: «Non posso che concordare sul fatto che un sistema

bancario che funziona è essenziale per fare ripartire l'economia» sottolinea Padoan che ricorda l'iniziativa

congiunta ministero dell'Economia-ministero dello Sviluppo per cercare di fare affluire più credito alle Pmi.

Ma, chiedono i giornalisti, il raddoppio la tassazione sulla rivalutazione delle quote di Banca d'Italia creerà

problemi per le performance delle banche che di via Nazionale sono azioniste? E Visco risponde: «Tutto è

contenuto nei documenti che Banca d'Italia ha prodotto sul tema. In essi c'è anche la valutazione d'impatto

che la tassazione può avere». Impatti che «possono riguardare sicuramente le disponibilità per le banche dei

fondi con cui fare credito» e la «possibilità per le banche nel tempo, non certamente quest'anno, di utilizzare

questa rivalutazione di capitale per fini di vigilanza». Sul punto Padoan si è limitato ad aggiungere che

«avremo occasione di parlare dei provvedimenti se e quando saranno adottati».

Nel dar conto dei lavori Fmi il responsabile di via XX Settembre ricorda che si è a lungo discusso sul fatto

che si sta prolungando un'epoca di inflazione molto bassa. E dopo aver sottolineato che in Europa non ci

sono evidenze di deflazione e che i prezzi molto bassi comportano anche dei benefici, perché sostengono i

redditi fissi, ammette che «certamente, una più elevata crescita nominale dell'economia (l'incremento del Pil

nominale è fatto di crescita reale e inflazione) potrebbe facilitare l'abbattimento del debito. Ma la discesa del

rapporto debito-Pil, comunque, avverrà presto». Del resto, nel discorso consegnato all'Imfc, il ministro ha

rassicurato la comunità internazionale sugli impegni presi, spiegando anche che «il nuovo governo in Italia

sta rafforzando il processo di riforme per far sì che la ripresa sia più robusta e sostenibile nel medio termine».

Quanto al Governatore, dopo aver ricordato che «escludiamo, al momento forti segnali deflazionistici» ma

che comunque all'interno della Bce c'è una forte attenzione affinché le aspettative non si disancorino dal 2%

nel medio termine, spiega che in Italia avremo ancora anni di inflazione bassa e che la crescita nel 2014,

come del resto stima anche il Tesoro «oscilla tra i tre quarti di punto e un punto». Per far ripartire in modo più

consistente gli investimenti, dice Visco, è importante che il costo del capitale resti basso, che riparta la

13/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 95

domanda, e che si riduca l'incertezza. Dal canto suo, Padoan ha ricordato che in Italia il problema numero

uno è la disoccupazione, in particolare quella strutturale, giovanile e femminile e che, anche se l'economia

Italia sta ripartendo l'impatto sull'occupazione sarà ritardato. Tuttavia, ha concluso, le misure di riforma

strutturale, come il Jobs act all'esame del Parlamento accelereranno gli effetti positivi della crescita

economica sull'occupazione. Creando «un'interazione virtuosa tra crescita e mercato del lavoro».

Padoan ha poi ricordato che nel G20 e in ambito Fmi «c'e un ottimismo moderato sulla ripresa globale

rispetto a sei mesi fa», sottolineando però «i rischi geopolitici che, se si dovessero materializzare, avrebbero

conseguenze per il commercio e l'economia internazionali». «Si è discusso dell'Ucraina - ha detto - con la

constatazione generale dell'elevata interdipendenza con Russia e Unione europea».

In serata, al Tg1 il ministro ha inoltre affermato che «le misure di sostegno alla domanda a breve termine con

il taglio delle tasse e le misure di semplificazione del mercato del lavoro renderanno più breve l'attesa per la

creazione visibile di posti di lavoro. Arriveranno prima di quanto ci si aspetta».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

13/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 96

Il governatore al Fondo Monetario: Francoforte aumenterà gli stimoli monetari per fermare la corsa dellavaluta europea Draghi: Bce vigile sull'euro «La ripresa procede, ma è ancora lenta: pronti a misure non standard» Merli L'euro forte potrebbe richiedere politiche monetarie più accomodanti. Francoforte aumenterà gli stimoli

valutari per fermare la corsa della valuta europea. Lo ha affermato il governatore della Bce, Mario Draghi, ieri

a Washington nel suo intervento al Fondo Monetario Internazionale. «La ripresa economica - ha detto Draghi

- procede, ma è ancora lenta: siamo pronti a misure non standard. L'apprezzamento dell'euro ha contribuito

ad abbassare l'inflazione».

u pagina 3 Alessandro Merli

WASHINGTON. Dal nostro inviato

La Banca centrale europea è pronta a rispondere con nuovo stimolo monetario a un ulteriore rafforzamento

dell'euro, per evitare pressioni al ribasso sull'inflazione, già oggi nettamente al di sotto dell'obiettivo della Bce.

Il presidente dell'Eurotower, Mario Draghi, ha sottolineato ieri il ruolo «sempre più importante» avuto

nell'ultimo anno dall'apprezzamento del cambio, che ha tagliato l'inflazione di uno 0,4-0,5%, contribuendo a

portarla all'attuale 0,5% (il target della Bce è di stare sotto, ma vicino al 2%). Se l'euro dovesse continuare a

salire, ha detto, «richiederebbe uno stimolo ulteriore da parte della politica monetaria, se si vuole che resti

accomodante come ora».

Draghi ha anche detto che i primi progressi per le nuove regole sulle cartolarizzazioni, sollecitate qui a

Washington in un documento della Bce e della Banca d'Inghilterra, per aiutare il rilancio del credito alle

piccole e medie imprese, potrebbero arrivare entro fine anno.

Il cambio, ha ribadito Draghi, come fa sempre, «non è un obiettivo della politica monetaria», ma le sue parole

di ieri, alla fine dei lavori del Fondo monetario, sono la più forte indicazione della preoccupazione della Bce

per il rialzo dell'euro (6% contro dollaro nell'ultimo anno) e della sua intenzione di muoversi per contrastarlo:

un rafforzamento, insomma, dei recenti interventi verbali di Draghi e di altri esponenti del consiglio per

contenere l'apprezzamento della valuta. Tuttavia, il banchiere centrale ha anche ripetuto che nella riunione

della settimana scorsa il consiglio dell'Eurotower non ha ravvisato le condizioni per agire, né ha voluto

precisare come lo farà, anche se ha ricordato l'unanimità nel volere utilizzare anche misure non

convenzionali, come l'acquisto di titoli. Draghi ha indicato che il consiglio è in attesa di nuove informazioni, in

particolare le nuove previsioni dello staff su inflazione e crescita a inizio giugno, oltre agli sviluppi dei mercati

finanziari.

Il comitato dei ministri che governa il Fondo monetario ha affermato ieri nel suo comunicato finale che la Bce

«dovrebbe considerare ulteriori azioni se la bassa inflazione diventerà persistente». Il quadro dell'economia

dell'eurozona delineato da Draghi è di una ripresa debole, ma meno diseguale da Paese a Paese, e ora

spinta anche da un qualche recupero della domanda interna e dal ritorno della fiducia, anche se con una

disoccupazione che resta «inaccettabilmente alta». La soluzione di quest'ultimo problema però non può

passare solo dalla politica monetaria, che «non risolve tutto», ma anche dalle riforme del mercato del lavoro e

del sistema educativo.

Il credito resta debole, ha riconosciuto Draghi. Per questo ha di nuovo messo l'accento sul rilancio del

mercato delle cartolarizzazioni (Abs), da lui sollevato già un anno fa. La riforma delle regole, per allentare i

requisiti per banche e investitori, ritenuti troppo penalizzanti per le Abs «di alta qualità», è già nel programma

di lavoro per i prossimi mesi del Comitato di Basilea sulla vigilanza bancaria, ha rivelato ieri, e potrebbe

portare alle prime decisioni quest'anno. Si tratta però di un «lavoro complesso», che poi richiederà un

cambiamento nella normativa europea. A Washington, l'iniziativa della Bce e della Bank of England ha

raccolto il sostegno delle autorità degli altri Paesi, ha sostenuto Draghi. Il governatore della Banca

13/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 97

d'Inghilterra, Mark Carney, gli è succeduto alla presidenza del Financial Stability Board, che coordina la

definizione delle nuove regole per la finanza. Il rilancio del mercato delle Abs dovrà avvenire senza

reintrodurre quegli elementi "tossici" che hanno contributo alla crisi finanziaria globale.

La ripresa del credito può passare però solo da un sistema bancario più solido. Draghi ha ricordato gli sforzi

per l'unione bancaria e l'esame dei bilanci bancari attualmente in corso da parte della Bce, prima di assumere

la vigilanza degli istituti dell'eurozona a novembre. L'aspetto più interessante, ha detto, è però quello che

stanno facendo le banche stesse: dal luglio 2103 hanno raccolto 25 miliardi di euro di nuovo capitale, 13

miliardi di co-co bonds (obbligazioni convertibili) e compiuto altre azioni di rafforzamento dei bilanci per 31

miliardi, di cui 17 di nuovi accantonamenti. Dal 2012, i bilanci delle maggiori banche europee si sono contratti

di 5.400 miliardi di euro. Recentemente, ha ricordato Draghi, lo spread nelle condizioni praticate dalle banche

nei diversi Paesi si è ridotto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Fonte: Sifma 0 Fonte: Commerzbank 20

Foto: Asse Bce-BoE. Il governatore della Banca centrale europea Mario Draghi con il collega della Bank of

England (a destra) Mark Carney. Giovedì le due banche centrali hanno presentato un documento comune sul

rilancio delle cartolarizzazioni in Europa come possibile soluzione a una ripresa dell'erogazione del credito

all'economia. CREDITO DIFFICILE Prestiti alle imprese non finanziarie, variazione percentuale annua

CARTOLARIZZAZIONI, MERCATO RISTRETTO Dati relativi all'Europa, in milardi di euro

13/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 98

INTERVISTA A NAGUIB SAWIRIS «In Italia sono a casa, ho soldi per Telecom» Ugo Tramballi Con Naguib Sawiris (foto) è sempre difficile decidere se incominciare parlando di Italia o di Egitto. Forse è

meglio partire dal problema meno grave: signor Sawiris, è ancora determinato a entrare in Telecom Italia?

«Sì, lo sono. Io investo con passione, non sono un hedge fund di New York. Mi piace farlo dove mi sento a

casa: in Svezia o Danimarca avrei qualche problema, in Italia no: è come essere a casa».

Il nome dei due grattacieli in riva al fiume, con grand hotel, shopping mall e quartier generale di Orascom ai

piani alti, è Nile Towers. Ma tutti al Cairo le chiamano Sawiris Towers. C'è una grande vetrata nell'ufficio del

presidente esecutivo della holding che più di tutte ha portato innovazione in Egitto e che, dopo lo Stato, è il

maggior datore di lavoro del Paese: 240mila dipendenti.

Ugo Tramballi

Viste da qui, le piramidi di Giza si stagliano oltre la città, il suo caos quotidiano e l'inquinamento.

«Le spiego perché sono interessato», dice Sawiris, copto cristiano, 60 anni a giugno, da sempre impegnato

nella vita politica e sociale, non solo economica del suo Paese. La polizia sostiene di aver trovato in un covo

di terroristi islamici una lista di nemici da eliminare: dopo il generale al Sisi e il ministro degli Interni, il terzo è

Naguib Sawiris. «Conosco il panorama italiano», continua. «Vi ho già investito 15 miliardi di euro, la guardia

di finanza è già entrata nei miei uffici e ha constatato che l'acquisizione di Wind era trasparente. Tutti i

giornali italiani scrissero allora che ero pazzo, che spendevo troppo per un'impresa fallita. La differenza di

prezzo fra la mia offerta e quella degli altri era di circa 200 milioni di euro. Alla fine ho avuto ragione io, è

stato un buon investimento».

Torniamo a Telecom.

Ho esperienza, dunque. Conosco il sistema italiano e lo amo. Riguardo a Telecom, sono interessato perché

la compagnia ha bisogno di contante e la partecipazione di Telefonica è conflittuale. Tutto quello che vuole da

Telecom Italia è tagliarla in pezzi, vendere la parte brasiliana e tenere una parte dei suoi assets.

Tecnicamente è molto stupido. È come comprare un hotel perché vuoi il suo ristorante. Ma se togli il

ristorante, l'albergo perde di valore. Una grande azienda come Telecom Italia senza i brasiliani diventa un

player locale.

E come pensa di superare l'opposizione di Telefonica?

Un amico francese sostiene che la pazienza non è parte della mia strategia. È vero: se voglio qualcosa, lo

voglio adesso. Ma in questo caso no: aspetto perché le banche italiane hanno già detto che intendono uscire

entro giugno. E il regolatore brasiliano ha detto agli spagnoli di Telefonica che non possono avere tutto:

devono decidere se restare in Telecom Italia o controllare tutte le operazioni mobili di Vivo. Attendo le

decisioni di Telefonica. Saprò avere pazienza ancora per qualche mese.

Tutto qui?

No, devo anche capire che il governo italiano voglia un investitore come me. Quello precedente si era già

espresso favorevolmente.

Attende dunque il sì di Renzi?

No, aspetto Telefonica. Investo già in Italia: possiedo un portfolio da 6/700 milioni di euro. È il mio maggior

investimento all'estero. Gli italiani ormai mi conoscono, non credo dovrebbero esserci problemi.

Se Telefonica esce, quanto è disposto a spendere?

In passato avevo già fatto i miei calcoli e avanzato una mia proposta. Credo che la ribadirei: sarei pronto a

investire 1/2 miliardi di dollari.

C'è altro che le piacerebbe fare in Italia?

Settore immobiliare, telefonia, istituzioni finanziarie. Non so se la Banca d'Italia permette la singola proprietà

di una banca ma mi piacerebbe possederne una.

13/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 99

Le riforme di Matteo Renzi la convincono?

Continuo ad apprezzare molto Silvio Berlusconi. Ma Renzi sta cambiando le cose. L'ho conosciuto quando

era sindaco di Firenze e mi ha fatto molta impressione. È innovativo, ha energia, è aggressivo, è ambizioso.

Anche in Egitto la rivoluzione di piazza Tahrir è stata fatta dai giovani. Il suo problema in Italia è la vecchia

guardia: non specifico a quale mi riferisco.

Trova qualche similitudine fra Renzi e il generale al Sisi?

No. La testa di un militare è completamente diversa da quella di un politico o di un uomo d'affari. A meno che

non voglia dire che entrambi possono essere i salvatori del loro Paese.

E qui veniamo all'Egitto. Lei è stato un grande sostenitore delle manifestazioni di tre anni fa e del

cambiamento democratico. Lo spirito di piazza Tahrir esiste ancora?

No. Durante le manifestazioni del gennaio 2011 questo, dove siamo ora, era il back office della rivoluzione.

Era sempre pieno di giovani. Già allora dicevo loro: fate un partito, altrimenti l'Egitto cadrà di nuovo nelle mani

di un autocrate. Non lo hanno fatto e il Paese ha cambiato l'autocrate Mubarak con un fascista come

Mohamed Morsi. Mubarak almeno non voleva cacciare i cristiani copti dall'Egitto. I Fratelli musulmani

avevano deciso di eliminarci. Nell'anno in cui hanno governato migliaia di copti sono emigrati all'estero,

pensando di non avere più un futuro nel loro Paese.

Lei ora sostiene il generale al Sisi che certamente sarà eletto presidente alla fine di maggio.

Sono con lui al cento per cento. È un uomo molto semplice che però prende decisioni, si è opposto agli Stati

Uniti che sostenevano i Fratelli musulmani. Chiunque, qui in Egitto, è convinto che il suo non sia stato un

golpe. Gli egiziani non ne potevano più dei Fratelli musulmani.

Lei ha fondato Egiziani Liberi, un partito liberale e pro-business. Al Sisi è un nasseriano. Per definizione i

militari egiziani sono per l'economia di Stato.

Non è esattamente così. Tutta la vecchia generazione egiziana - tranne me - dice di essere nasseriana. Ma

al Sisi non lo è quando parla di economia. Crede all'impresa privata. E crede che il 30% degli egiziani

debbano essere portati fuori dalla loro condizione di povertà. Questa è la sua sfida.

Se fosse il ministro delle Finanze di Abdel Fattah al Sisi, cosa farebbe?

Cancellerei i sussidi dando i soldi direttamente ai più poveri: farei uso della stessa quieta rivoluzione

brasiliana della Bolsa Familia di Lula. Abbasserei le tasse alle imprese che reinvestono i loro profitti e

assumono. Darei un incentivo a chiunque crei lavoro.

Parla come Renzi. Nessuna ambizione di governo?

Nessuna. Parlo troppo. E voglio continuare ad essere un uomo libero.

Lei cosa intende fare per il nuovo corso al Sisi? Concretamente.

Il giorno dopo la sua elezione investirò un miliardo di dollari nella green economy: ambiente, energia, edilizia,

trasporti. Migliaia di posti di lavoro.

E come convincerebbe i riluttanti investitori stranieri a venire o tornare in Egitto?

Agli italiani dico questo: sono pronto a mettere il 90% del capitale di ogni iniziativa, dalla Fiat in giù. Quando

vi sentirete rassicurati, vi riconsegnerò il 90% dell'investimento al prezzo di mercato. È quando le cose sono

difficili che dovete investire. Quando le cose vanno bene è il momento di disinvestire. Così fanno gli

imprenditori.

Ma crede davvero che al Sisi farà andare bene le cose in Egitto? Oltre a lei, i suoi principali sostenitori sono i

reduci del regime di Mubarak: gli stessi che lei combatteva tre anni fa con i giovani di piazza Tahrir.

Non tutti gli italiani erano fascisti durante in fascismo. La maggior parte di chi aveva un incarico nel regime di

Mubarak cercava di servire il Paese, non lui. La gente ora vuole stabilità, chiede ordine e con la sola

democrazia non si mangia.

Dunque per lei al Sisi sarà come De Gaulle: un militare che promuove la democrazia.

È quello che speriamo succeda. Se accadesse il contrario, bisognerà riscrivere la storia dell'Egitto e prima o

poi la gente tornerà in piazza Tahrir.

13/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 100

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Sawiris alla Nile Towers. Sono il quartier generale di Orascom e al Cairo le chiamano «Sawiris Towers»

13/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 101

SPESA PUBBLICA Spending review: la sfida si vince sull'«execution» Donato Iacovone La nostra spesa primaria, al netto di quella pensionistica allargata (16% del Pil, enorme, ma sulla quale si è

già intervenuti) è pari al 29,3% del Pil. Siamo quindi a livelli inferiori rispetto a Germania e Regno Unito

(30,1%), Francia (38,9%) e Belgio (38%) e in linea con Spagna (29,5%), Grecia (29,2%) e Portogallo

(28,6%). I tagli lineari, per quanto spesso irrazionali, hanno fatto molto. Certo, vi sono ancora sprechi e molti

costi si possono eliminare ridisegnando la macchina istituzionale, ma se la spesa complessiva è abnorme ciò

dipende dalla pesante eredità del debito. E se il nostro Pil non fosse ancora quello del 2000 il dato sarebbe

meno fosco.

Il quadro quantitativo è fatto di luci e ombre, ma quello qualitativo è più allarmante. La passata "baldanza" ha

alimentato burocrazie invasive che hanno costituito un macigno per la crescita. Questo è il nostro bubbone, e

questo deve essere il compito della spending review: riallocare la spesa per renderla più efficace ed

efficiente. Del resto, in Canada come in Giappone, questo processo non ha mai mirato al solo contenimento

della spesa pubblica, ma ha prioritariamente teso a renderla più efficiente al fine di una maggiore

competitività. Questo processo di razionalizzazione deve cioè avere un profilo più articolato di quello

banalmente contabile, e se così accade ovunque, a maggior ragione dovrebbe accadere da noi.

Un corretto processo di spending review deve partire dall'esame delle singole funzioni e procedure, capire

come possono essere semplificate, sostituite o abolite, valutare questi cambiamenti in termini di efficacia

e di efficienza, porsi un problema di change management e solo alla fine valutare i risparmi così realizzabili.

La diminuzione del numeratore,

nel rapporto spesa pubblica/Pil,

deve quindi seguire la deburocratizzazione che dà

impulso alla crescita e che aumenta

il denominatore di tale rapporto.

Questa metodologia poggia su alcuni princìpi che sono in tutto il mondo abbastanza simili. Innanzitutto, la

"massima disponibilità e condivisione" delle informazioni. Lì dove la spending review ha avuto successo, le

amministrazioni hanno fornito i dati necessari, e tutto è stato comunicato anche all'opinione pubblica. In Gran

Bretagna vi è pure un portale a ciò dedicato. In secondo luogo, il "massimo coinvolgimento" di chi sta al top

delle amministrazioni. Allorchè gli intenti strategici non si sono accompagnati a una forte responsabilizzazione

dei vertici, qualsiasi iniziativa è fallita. In terzo luogo, il sistema di coinvolgimento deve essere bottom-up. Ciò

permette la conoscenza dei capitoli di spesa, dà la possibilità di differenziare i tagli fra i vari centri di spesa e

fornisce anche l'imprescindibile committment nell'attuazione dei programmi. Inoltre gli obiettivi devono essere

misurabili e monitorati. In Gran Bretagna i Public service agreements tra dipartimento del Tesoro e ministeri

sono tesi sia a definire traguardi misurabili in termini di prestazioni e di costi, sia a permettere la valutazione

di cosa è stato fatto. Infine, è necessario un forte collegamento fra il momento delle proposte, quello delle

decisioni (la politica) e quello dell'execution. In Giappone, il premier sovrintende un'unità ad hoc incardinata

nel Governo stesso e le valutazioni della spending review vengono poi accolte in sede di redazione del

bilancio.

Questi cinque princìpi non esauriscono però l'intero processo, che deve essere preceduto da una pre-analisi

di fattibilità e sostenibilità nel tempo, dove per fattibilità si

intende quella economico-tecnica, amministrativa e politica.

L'esperienza internazionale ci

insegna che in mancanza di tali

analisi nessun processo di spending review ha successo.

14/04/2014 8Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 102

Il mondo ci insegna che la vera sfida

è quella di garantire il passaggio dai Tavoli di indirizzo e coordinamento

al coinvolgimento diretto e concreto degli operatori della Pa (dirigenti e non), dal processo al risultato,

dalla teoria all'execution.

Ceo EY Italia, Head EY Med

@donatoiacovone

© RIPRODUZIONE RISERVATA

14/04/2014 8Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 103

I NODI DELLA CRESCITA Rischio di (dis)unione bancaria L'Europa potrebbe dividersi tra un Nord solvibile e un Sud al verde Philippe Legrain Dopo una maratona di negoziati di ben sedici ore conclusasi il 20 marzo scorso, politici, tecnocrati e

giornalisti erano tutti pronti a definire l'accordo sull'ultima fase della creazione dell'unione bancaria europea

un successo. Ma le apparenze ingannano. Anche se presto l'"unione bancaria" esisterà sulla carta, da un

punto di vista pratico il sistema bancario dell'Eurozona rischia di restare frammentato lungo linee nazionali e

diviso tra un "centro" settentrionale, dove i governi continuano a sostenere le banche locali, e una "periferia"

meridionale, dove i governi sono ormai al verde.

Facciamo un salto indietro al giugno del 2012. Le banche spagnole finite in bancarotta minacciano di

trascinare con sé lo Stato iberico, come quelle d'Irlanda avevano fatto con lo Stato irlandese diciotto mesi

prima, mentre il panico travolge l'Eurozona. I leader dell'Unione europea decidono di spezzare il legame tra

banche deboli e governi a corto di liquidità: un'unione bancaria europea sposterebbe la responsabilità della

gestione dei fallimenti bancari sull'Eurozona, un po' come succede in America, dove le banche in difficoltà,

per esempio della Florida, sono gestite da autorità federali che hanno il potere di attingere ai capitali degli

obbligazionisti, iniettare fondi federali e chiudere istituzioni finanziarie.

Un mese dopo, però, la Bce interviene per sedare il panico. Quest'azione salva l'euro, ma allenta anche la

pressione sulla Germania per cedere il controllo delle sue banche, spesso in difficoltà. Da allora, il governo

tedesco ha usato la sua influenza per svuotare l'unione bancaria proposta; ciò che ne resta è una mera

facciata per salvare le apparenze.

Innanzitutto, l'unione bancaria europea non si applicherà alle enormi perdite subite durante la crisi attuale. La

Bce sorveglierà direttamente le maggiori banche dell'Eurozona a partire da novembre (la prima fase del

l'unione bancaria), mentre ora sta valutando la solidità del loro bilancio. Se, e sottolineo se, questo processo

sarà condotto in maniera corretta, le banche sottocapitalizzate che godono di buona salute sarebbero

costrette a racimolare capitale aggiuntivo, se necessario prelevandolo dagli obbligazionisti, mentre quelle

malate verrebbero gradualmente liquidate.

Ma i regolamenti comunitari in materia di risoluzione delle banche nazionali non saranno in vigore per allora,

mentre il meccanismo unico di risoluzione dell'Eurozona sarà attivato solo nel 2015. Quindi le banche

dell'Europa settentrionale, che sono ancora sostenute da governi solvibili, riceverebbero un trattamento

diverso da quello riservato agli istituti a corto di liquidità dell'Europa meridionale: in altre parole, la Germania

può permettersi di salvare le proprie banche, l'Italia no.

Più probabilmente la Bce cercherà di manipolare il processo sia per timore di una ripresa della crisi che per

le pressioni dei governi nazionali. Verranno selezionati alcuni Paesi piccoli per far sembrare più severo il

processo, mentre i problemi più grandi saranno debitamente occultati: le banche tedesche sono già riuscite a

escludere molti dei propri asset dalla valutazione.

Uno degli argomenti a favore del ruolo di vigilanza della Bce sulle banche dell'Eurozona è che è meno

controllata dalle banche rispetto alle autorità di vigilanza nazionali. Tuttavia, il suo comportamento durante la

crisi suggerisce il contrario, poiché ha ripetutamente dato priorità agli interessi delle banche del "centro" e si è

dimostrata più sensibile alle pressioni politiche di Berlino e Parigi che di Madrid o Roma, per non parlare di

Dublino o Atene.

Anche dopo che diventerà pienamente operativa, la nuova struttura dell'unione bancaria presenterà

comunque delle lacune. Su insistenza della Germania, la Bce monitorerà solo le circa 130 banche più grandi

della zona euro. Ciò lascia le più piccole Ländesbanken (banche regionali di proprietà statale), molte delle

quali hanno preso decisioni creditizie terribilmente sbagliate negli anni della bolla, e le Sparkassen (casse di

risparmio minori) nelle mani dei politici locali e del malleabile supervisore finanziario della Germania.

14/04/2014 8Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 104

L'argomento che i creditori più piccoli non rappresentano una minaccia sistemica è pretestuoso, basti

pensare alle Cajas spagnole. In ogni caso, non ci sarà parità di condizioni.

Soprattutto il meccanismo unico di risoluzione è un miraggio, perché i governi nazionali conservano il diritto

di veto sulla chiusura delle banche. Esso è volutamente complesso al punto di essere impraticabile: è

inconcepibile che una banca possa essere dismessa nell'arco di un fine settimana per evitare il panico dei

mercati. E i fondi collettivi che potrà avere a disposizione sono esigui: solo 55 miliardi di euro.

In pratica, quindi, il salvataggio delle banche resterà nelle mani dei governi nazionali, che sono tutti

controllati dalle "loro" banche, ma la cui capacità di intervenire in loro aiuto varia: le banche francesi e

tedesche saranno salvate, quelle cipriote no. Per aumentare le loro speranze di sopravvivenza le banche

della periferia dell'Eurozona dovranno prendere in prestito quanto più denaro possibile da banche e investitori

con agganci politici nel "centro". Pertanto i contribuenti nazionali resteranno alla mercè delle perdite bancarie.

Il risultato è che l'Eurozona nel suo complesso rischia di trovarsi a combattere con un sistema bancario

zombie e che l'impegno a ristrutturare le banche con fermezza ed equità sia solo discontinuo. Peggio ancora,

il divario Nord-Sud e centro-periferia è destinato a inasprirsi, con le banche sostenute dai contribuenti da un

lato e quelle che devono cavarsela da sole dall'altro.

Ciò rappresenta un bonus per i contribuenti meridionali in difficoltà, ma implica che anche banche sane

potrebbero avere, nel prossimo futuro, costi di finanziamento più elevati rispetto alle banche del Nord Europa

più a rischio. Le imprese dell'Eurozona meridionale si troverebbero, quindi, ad affrontare costi di

finanziamento più elevati rispetto alle imprese del Nord Europa, con il rischio di ostacolare la crescita.

Un'unione bancaria fasulla è, pertanto, la ricetta ideale per accrescere le divisioni sul piano economico e

politico.

Traduzione di Federica Frasca

Copyright: Project Syndicate, 2014

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Un «guardiano» a metà. La Bce (nella foto: la sede a Francoforte) monitorerà solo le circa 130 banche

più grandi della zona euro, ma nella pratica il salvataggio degli istituti di credito resterà nelle mani dei governi

nazionali, con livelli diversi di capacità d'intervento

14/04/2014 8Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 105

INTERVISTAMauro PorciniChief design PepsiCo Mentalità più globale per non perdere terreno L'innovazione più grande? È una persona: Steve Jobs Fabio Grattagliano L'Italia del design è stata una realtà importante dal dopoguerra fino agli anni 90. Un successo basato su tre

assi: l'imprenditore visionario, la creatività e un sistema di produzione locale di altissimo livello. Ma negli ultimi

15 anni il mondo ha cambiato passo, localizzando altrove la produzione, mettendo in crisi il sistema. Un

sistema che secondo Mauro Porcini, italiano con vista sul mondo e innamorato dell'Italia (a cui non fa sconti),

avrebbe bisogno di una scossa: che tradotto significa una mentalità più globale in grado di cogliere la velocità

reale con cui i mercati si muovono oggi. Ecco come ha risposto.

e Le tendenze si evolvono velocemente e si sovrappongono. È tutto un blend continuo, dall'arredamento

(dove si torna ai materiali naturali miscelati con contenuti e soluzioni innovative o ancora al mix tra barocco

reinterpretato e linee moderne), fino alla moda, dove il barocco e l'hip hop vengono ripuliti e reinterpretati in

chiave chic, trasformando in lusso i trend dalla strada. La più grande innovazione negli ultimi anni, in realtà, è

stata una persona e quello che è riuscito a fare: Steve Jobs. Il suo approccio con Apple, se vogliamo, è stato

molto italiano, connettendo creatività e design, visione di business e innovazione tecnologica, rendendo il

tutto un ecosistema armonico. È l'esempio più incredibile di design driven innovation nella storia del business

mondiale con una visione coerente in ogni "touch point" della marca, dal retail al prodotto, al packaging, al

servizio, alla comunicazione.

r I due Paesi che in questa fase stanno integrando al meglio la creatività in funzione del business sono gli

Stati Uniti e la Corea: riescono a far leva sul design integrandolo con le logiche di mercato per sviluppare

imprese incredibili. Per il futuro, occhi aperti su Cina, Brasile e India: non sottovalutiamo la loro cultura

creativa. Stanno investendo molto sull'educazione e l'imprenditorialità legate al design.

t Troppo poco. Troppo poco. Troppo poco. Ma a dire la verità l'attenzione sta aumentando sempre di più.

PepsiCo ne è un esempio. Il Wall Street Journal ci ha citato come una di quelle realtà che ha capito

l'importanza del design a livello di executive e di board. E una delle mie missioni personali è aiutare il mondo

del design a crescere all'interno del mondo delle multinazionali e delle start up. Una concezione condivisa da

Indra Nooyi, Ceo di PepsiCo.

u Tantissima, perché sono italiano. Ma a dire la verità, se non lo fossi, di Italia ne incontrerei molto poca.

Spingo molto il nostro design perché ha un aspetto unico, assente nelle altre culture. Il design anglosassone,

per esempio, è focalizzato sulla strategia, sull'impresa, sul business. Il design italiano, invece, ha una

dimensione sociale e legata all'arte, in grado di contaminare l'industria. L'opportunità che vedo è nel

coniugare le due realtà, integrare l'aspetto creativo con un approccio di business profondo. A differenza del

modello americano, che punta su alta specializzazione e competenze verticali che fanno fatica a dialogare tra

loro, l'Italia è il mondo della flessibilità e del problem solving. È l'arte dell'arrangiarsi 2.0. Una forza incredibile

che possediamo, perché oggi le aziende devono creare un ecosistema di esperienze con i prodotti e i brand.

i Se guardiamo la cultura del design non ho dubbi: l'Italia. Ma il nostro paese deve cambiare atteggiamento.

Così come non ho dubbi che per potenzialità, capacità di produrre e realizzare progetti velocemente, un

paradiso del design nei prossimi 10-20 anni sarà la Cina.

@ilgrattacapo

Chi è Mauro Porcini

Vive a New York e dal 2012 è chief design officer di PepsiCo. In precedenza è stato protagonista del design

della multinazionale 3M. Fast Company lo ha incluso nella lista dei suoi «Most Creative People in Business

1000»; Fortune Magazine lo ha riconosciuto tra i «40 under 40», la classifica delle «business's hottest rising

stars» (unico designer nella lista). «Ad Age» lo ha annoverato tra le 50 personalità creative più influenti al

mondo

14/04/2014 12Pag. Il Sole 24 Ore - Risparmi e famiglia 24(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 106

Consumatori. I dati dell'Osservatorio I-com: il totale delle «multe» nel 2013 è sceso a 12,8 milioni Authority, sanzioni in calo Nelle telecomunicazioni si concentra il 54% delle violazioni Rossella Cadeo Riduzione delle sanzioni delle Autorità di vigilanza, telecomunicazioni "maglia nera", ruolo chiave di internet,

consumatori sempre più consapevoli dei propri diritti. A grandi linee sono questi gli aspetti più significativi che

emergono dal terzo Osservatorio sui consumatori, realizzato da I-Com (Istituto per la competitività) che sarà

presentato domani a Roma nell'ambito del convegno «Fast Track - L'innovazione al servizio dei

consumatori».

Il rapporto dell'Istituto - think tank di studiosi, professionisti e manager che indaga potenzialità e zone critiche

del sistema Paese sotto più angolazioni, tra le quali appunto il consumerismo - segnala una discesa del

valore delle sanzioni irrogate alle aziende dalle Authority analizzate: Agcm (Antitrust), Garante della Privacy,

Agcom (Comunicazioni) e Aeeg (Energia elettrica, gas e sistema idrico). Nel 2013 si sono attestate su un

totale di 12,8 milioni di euro, confermando un trend già in atto: nel triennio 2011-2013 il calo degli importi è

del 35% per l'Agcom, del 52% per l'Agcm e del -71% dell'Aeeg; segno meno, nel triennio, anche del numero

delle sanzioni, salvo per il Garante della Privacy che ha quasi quadruplicato i volumi e raddoppiato i valori.

Tra le condotte più sanzionate, ci sono, per l'Antitrust, la divulgazione di info scorrette sulle caratteristiche del

prodotto e, per il Garante, l'utilizzo indebito dei dati di telefonia e la conservazione illecita dei dati personali.

«La continua contrazione dei valori - osserva Stefano Da Empoli, presidente di I-Com - può avere più di una

spiegazione: una diversa policy delle singole Authority; il perdurare della crisi economica con una riduzione

delle occasioni di contatto e quindi dei comportamenti lesivi nei confronti dei consumatori; la possibilità che le

precedenti pratiche sanzionatorie abbiano funzionato da deterrente, incentivando la imprese a comportamenti

più virtuosi. Quanto invece alla crescita delle sanzioni nell'ambito privacy e soprattutto nel settore delle Tlc, si

lega al moltiplicarsi delle modalità di comunicazione: oggi abbracciano telefonia mobile e fissa, internet, email

arrivando fino ai social network».

Non poco però ha anche giocato l'evoluzione del consumatore: secondo l'Osservatorio la maggior parte degli

importi sanzionati (oltre 6,5 milioni di euro) proviene da segnalazioni fatte alle Authority dall'utenza. A favorire

questo ruolo attivo è anche la diffusione di strumenti innovativi messi a disposizione dal web (moduli

compilabili online, servizi clienti, disponibilità di informazioni).

Quanto ai settori considerati, sono il commercio e le telecomunicazioni a mettersi in evidenza con

rispettivamente il 26% e il 47% in termini di condotte sanzionate (su un totale di 422) e il 34 e il 26% in termini

di importi sanzionati. Del resto più Autorità possono intervenire sullo stesso settore e sulle tlc si concentra

l'attenzione di ben tre organi vigilanti (Agcom, Garante Privacy e Antitrust).

Infine l'origine delle sanzioni: oltre la metà del valore (quasi 7 milioni di euro) arriva dall'Antitrust, seguita dal

Garante e dall'Agcom (entrambe sui 2,2 milioni di euro) e dall'Aeeg (1,6 milioni). Per numero è invece il

Garante privacy a predominare, anche per il bassi importi medi delle sanzioni (si va dai 4.800 euro nei

trasporti e turismo fino a 60mila nella finanza). Più alte le sanzioni medie comminate dalle altre Autorità: il

massimo per due condotte sanzionate dall'Antitrust nel settore dell'energia per un valore medio di 175mila

euro.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Fonte: I-Com-Rapporto 2014 sui consumatori 2011 2012 2013 Var.%

NUMERO CONDOTTE SANZIONATE Agcm 150 94 107 -29 Privacy 73 39 261 258 Agcom 52 38 35 -33

Aeeg 23 14 19 -17 SANZIONI Agcm 14.450 7.526 6.902 -52 Privacy 1.162 1.076 2.228 92 Agcom 3.187

2.881 2.079 -35 Aeeg 5.461 3.271 1.598 -71

Il bilancio del 2013

NEL MIRINO Sanzioni comminate nel 2013 per settore (numero e importi in %)

14/04/2014 13Pag. Il Sole 24 Ore - Risparmi e famiglia 24(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 107

IL TREND NEGLI ULTIMI TRE ANNI Andamento e variazione % 2011-2013 (in numero e in migliaia di euro)

- Fonte: I-Com-Rapporto 2014 sui consumatori

14/04/2014 13Pag. Il Sole 24 Ore - Risparmi e famiglia 24(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 108

INTERVISTALino Stoppani «Così la Spa rafforza la buona gestione» «È più facile dare ordine all'impresa e in caso di fallimento si pone un tetto al rischio» Al. R. «Il modello del pubblico esercizio italiano è un'eccellenza nel mondo, ma certamente la nostra ristorazione è

in un periodo di grande sofferenza economica. Anche gruppi storici non hanno i conti in ordine. E quello è il

momento della verità, per capire se l'impresa ha un futuro oppure no». Lino Stoppani è presidente della Fipe,

l'associazione che raggruppa più di 300mila imprese tra bar, ristoranti, discoteche, stabilimenti balneari e

mense che danno lavoro a 960mila addetti con un valore aggiunto superiore ai 40 miliardi di euro.

L'anno scorso hanno avviato l'attività oltre 17mila imprese e più di 26mila l'hanno cessata. Il saldo è negativo

per 9mila unità, a conferma del trend negativo degli ultimi anni. D'altra parte, anche se le ditte individuali e di

persone restano la forma giuridica prevalente, sta aumentando - di poco - il peso delle società di capitale.

Come leggere questi dati?

Il dato positivo è il rafforzamento delle strutture, ma la crisi si sente. La deregulation ha inasprito la

concorrenza e aumentato la mortalità delle imprese, questo è l'elemento negativo.

Però fra il 2009 e il 2013 le società di capitale nel vostro settore sono cresciute. Si va verso una maggiore

strutturazione patrimoniale?

Sì. Una struttura societaria di capitale dà più ordine all'impresa e favorisce il controllo gestionale. Inoltre,

anche in caso di fallimento, si pone comunque un tetto - il capitale sociale - al rischio. Poi, di fronte alle

rendite modeste dei mercati finanziari, le potenzialità di guadagno nel nostro business potrebbero portare gli

istituzionali a investirvi.

Ma considerando le criticità del business - dall'alto costo del lavoro al rischio di fallimenti - lei consiglierebbe

a chi cerca un lavoro di aprire un ristorante?

Sì, se lo sa fare. I soldi si trovano (quasi) sempre. Ma bisogna impegnarsi in prima persona. Mai affidarsi a

terzi, bisogna metterci la propria faccia. Servono idee, capacità gestionali, competenza nel cibo e savoir-faire

con i clienti. E queste qualità o si hanno o non si hanno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Presidente. Lino Stoppani è alla guida della Fipe

14/04/2014 14Pag. Il Sole 24 Ore - Risparmi e famiglia 24(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 109

MONDO & MERCATI Fondazione Italia-Cina. Il quinto rapporto individua i trend che stanno trasformandol'economia In Cina avanza il terziario Si punta a una crescita sostenibile meno dipendente dall'industria SETTORI IN EVIDENZA L'attenzione èfocalizzata su outsourcing, assicurazioni, banche, e-commerce e gestione della catena di distribuzione Rita Fatiguso PECHINO. Dal nostro corrispondente

Quella del Pil a due cifre ha smesso di essere l'ossessione per la leadership di Pechino. Più che una rinuncia

a rincorrere il miraggio di una crescita record, si tratta di una presa d'atto, anche di fronte all'andamento di

indicatori molto preoccupanti, come gli ultimi dati di marzo sull'import-export cinese (-6,6 rispetto all'anno

precedente).

Il premier Li Keqiang l'ha ripetuto in questi giorni intervenendo al Forum di Bohai, appuntamento clou per

l'economia asiatica che si è appena concluso nell'isola Hainan. È la crescita sostenibile, invece, il vero

obiettivo di fondo della Cina, un obiettivo che potrà essere raggiunto solo se la seconda economia del mondo

riuscirà a trasformarsi in profondità.

Il quinto rapporto CesiF, il Centro Studi per l'Impresa della Fondazione Italia Cina), "La Cina nel 2014:

Scenari e prospettive per le imprese", (sarà presentato mercoledì prossimo 16 aprile a Milano, poi "viaggerà"

in quattro workshop organizzati in diverse città italiane) ha il pregio di individuare e sottolineare alcuni di

questi elementi di fondo, cambi di marcia apparentemente non eclatanti che, però, stanno giocando un ruolo

importantissimo nell'evoluzione dell'economia cinese.

A fine gennaio, in occasione della conferenza annuale più importante, anche il direttore dell'Istituto nazionale

di statistica cinese Ma Jiangtang ha evidenziato come per la prima volta il peso dei servizi nel Pil cinese ha

superato quello del settore primario. Una novità sottolineata anche da economisti di rango come Fan Gang,

guru della Cass, l'Accademia di scienze sociali cinesi, «da qui - ha detto Fan Gang - parte la riforma cinese».

In realtà è proprio quello che vuole il Governo, trasformare l'economia, con il passaggio dall'attuale struttura

economica basata su elevati consumi energetici ad alto impatto ambientale e a bassa efficienza, ad un

modello di crescita maggiormente sostenibile, più attento all'ambiente e caratterizzato da maggiore qualità.

Ma, per farlo, la Cina ha bisogno di nuovi protagonisti e di nuove professionalità. «Le misure - si legge nel

rapporto curato da Thomas Rosenthal e Alberto Rossi - rivolte ad uno sviluppo sostenibile, sono collegate

all'obiettivo di incrementare il peso del settore dei servizi. Proprio per questo si tratta di una svolta storica: nel

2013, per la prima volta il settore terziario ha acquisito un peso maggiore rispetto all'industria: 46,09% contro

43,89%- L'obiettivo di giungere al 47% entro il 2015 potrebbe addirittura essere anticipato».

Pechino lo sa bene: una maggiore attenzione al settore terziario (e terziario avanzato), l'outsourcing, il

settore assicurativo, il settore bancario, l'e-commerce e la gestione della catena di distribuzione formerà la

base di un modello di sviluppo più eco-sostenibile. E per farlo l'economia deve aprirsi al mondo, a partire

dalla moneta, lo yuan, non convertibile che, lo ha stabilito il terzo Plenum, lo sarà entro il 2015.

Sette i campi d'azione individuati come strategici: risparmio energetico e protezione ambientale, tecnologie

informatiche di ultima generazione, biotecnologie, produzione di macchinari avanzati, energie alternative,

nuovi materiali, veicoli ecologici. Tutti filoni di interesse per le aziende straniere e anche per l'Italia.

Non sarà una trasformazione a costo zero. Commenta Cesare Romiti, presidente della Fondazione: «Mi

sento di confortare le aziende italiane sulle opportunità che il mercato cinese continuerà ad offrire anche

quest'anno, opportunità che però potranno variare fortemente a seconda del settore di attività. I costi

tenderanno a crescere, mentre la Cina continuerà a sviluppare un modello più sostenibile di crescita e una

ristrutturazione della sua economia».

C'è un indicatore, però, al quale Pechino deve prestare attenzione. È stato inserito nel rapporto statistico

finale per la seconda volta, non a caso. È il coefficiente Gini che, anziché ridursi nel corso degli ultimi anni, ha

14/04/2014 15Pag. Il Sole 24 Ore - Risparmi e famiglia 24(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 110

mostrato un peggioramento, e rappresenta uno dei fattori che hanno contribuito ai disordini sociali nel Paese,

sebbene il Governo sia stato abile nel contenere tali incidenti.

Si legge ancora nel Rapporto: «Il Gini tocca da vicino la distribuzione del reddito. Nel 2000 il dato ufficiale del

coefficiente era 0,412. Da allora il Governo cinese si e rifiutato di dichiararne il valore, fino al 2013, anno in

cui il misuratore della polarizzazione della ricchezza ha raggiunto lo 0,473, ben al di sopra la soglia

considerata "di allarme" dello 0,4».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

I cambiamenti in atto

LA FORZA LAVORO Impiegati in Cina nei settori primario, secondario e terziario. In milioni

CONTRIBUTO ALLA CRESCITA DEL PIL In percentuale

- Fonte: CeSIF; Ceic

14/04/2014 15Pag. Il Sole 24 Ore - Risparmi e famiglia 24(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 111

INTERVENTO Crowdfunding, via inedita di nuovi progetti a Pechino di Antonio Pavan *

e Cristiano Rizzi ** La United Photovoltaics Group ha fatto notizia annunciando la realizzazione di un campo

fotovoltaico di 1 GW nell'area di Qianhai-Shenzhen grazie al sostegno finanziario della Shenzhen Branch of

China Development Bank e dei fondi che verranno raccolti attraverso un'apposita piattaforma di

crowdfunding.

Per crowdfunding (o più precisamente per equity based crowdfunding) si indica il finanziamento("funding") di

progetti da parte di una "folla" ("crowd") indeterminata di investitori internauti. In Cina, come in Italia, lo

strumento è ancora poco conosciuto, ma secondo la Banca Mondiale entro il 2025, attraverso il

crowdfunding, potrebbero essere raccolti tra i 46 e i 5047,6 miliardi di dollari l'anno, di cui metà saranno

convogliati verso startup.

Ma se un imprenditore italiano avesse una buona idea e volesse realizzarla come potrebbe, materialmente,

avvalersi di una piattaforma cinese, come per esempio DemoHour?

In Cina non esiste una particolare regolamentazione per il crowdfunding; tutto è lasciato alla libera iniziativa

privata ed alle piattaforme elettroniche, che selezionano i progetti rendendoli visibili agli utenti Internet. La

non regolamentazione, e il fatto che le frodi online stanno crescendo esponenzialmente, sono sicuramente

alla base della attuale scarsa diffusione del mezzo.

I profitti dei promotori del crowdfunding, in Cina, arrivano a toccare il 10% del totale dei fondi raccolti: una

percentuale che può ritenersi congrua, tenuto conto che non esiste un limite legale e che i progetti più

popolari presentati con DemoHour hanno superato i propri obiettivi originali, in alcuni casi, di oltre 10 volte

l'investimento cercato.

Qualora però l'imprenditore straniero si rivolga ad una delle piattaforme cinesi con un preciso progetto di

investimento, se quest'ultimo non è appositamente pensato per il mercato locale, l'imprenditore ha poche

speranze di raggiungere i suoi obiettivi per due essenziali ragioni. Prima di tutto la barriera linguistica, che

rappresenta un ostacolo insormontabile; in secondo luogo per lo scarso interesse che gli internauti cinesi

avrebbero nell'investire in un progetto che non sia "China oriented".

Anche in Cina, dunque, le piattaforme per il crowdfunding non sono solamente un modo per condividere dei

progetti, ma dei veri e propri luoghi di transazioni monetarie e rappresentano la frontiera della nuova

economia digitale.

*Foro di Treviso

**Of Counsel presso lo studio

Lehman, Lee & Xu

© RIPRODUZIONE RISERVATA

14/04/2014 15Pag. Il Sole 24 Ore - Risparmi e famiglia 24(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 112

L'ECONOMIA Alitalia-Etihad chiuso l'accordo ai soci arabi il 49 per cento LUCIO CILLIS L'ATTESA lettera di intenti di Etihad ad Alitalia è "in viaggio" e se i postini (advisor) delle due compagnie

saranno celeri già nel weekend o al massimo lunedì, sapremo se - come Palazzo Chigi e i Trasporti lasciano

indirettamente capire - scatterà l'ora della trattativa finale.

ALLE PAGINE 26 E 27 ATTESA lettera di intenti di Etihad ad Alitalia è "in viaggio" e se i postini (advisor)

delle due compagnie saranno celeri già nel weekend o al massimo lunedì mattina, sapremo se - come

Palazzo Chigi e il ministero dei Trasporti lasciano indirettamente capire - scatterà l'ora della trattativa finale.

Poi, all'inizio della prossima settimana, sarà il cda Alitalia a valutare la documentazione dando semaforo

verde al negoziato in esclusiva che dovrebbe chiudersi entro maggio con l'acquisizione del vettore italiano.

La cifra sarà compresa tra i 300 e i 500 milioni di euro a seconda del peso nel capitale che non dovrà

superare il tetto imposto dall'Ue ad aziende extracomunitarie e pari al 49%.

Nelle ultime ore, dopo una lunga melina, le parti hanno anche concordato un progetto complessivo di

integrazione che sia compatibile con lo sviluppo del business e delle richieste di governo e sindacati. La

lettera di intenti andrà così limata nelle prossime settimane. Ma non al punto da far rischiare un improvviso

stop alla trattativa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Le potenziali destinazioni di Alitalia dopo l'accordo San Francisco Rio de

Janeiro San Paolo Santiago del Cile Johannesburg Nairobi Abu Dhabi Hub Fiumicino Bombay New Delhi

Shanghai Seoul Tokyo Osaka Chicago New York Frequenza in crescita Nuove destinazioni Voli in

partnership

IL PERSONALE

Per alcuni degli esuberi offerto lavoro nel Golfo IL MINISTRO dei Trasporti Maurizio Lupi ieri, dopo

l'incontro con il numero uno di Etihad James Hogan, ha cercato di riportare un po' di tranquillità tra i

dipendenti della compagnia in fibrillazione da mesi. Le voci e le notizie riportate da fonti vicine al negoziato

non sono, invece, per ora rassicuranti. Ma come in ogni trattativa sul personale si parte da quote di uscite

elevate per poi rientrare con soluzioni socialmente accettabili. Il gruppo del Golfo avrebbe chiesto un taglio

netto di 2.300 persone portando Alitalia alle 10mila unità. A farne le spese saranno i dipendenti degli uffici

oltre a assistenti di volo e piloti. I sindacati hanno già sbarrato la porta e sono pronti a dare battaglia. Ma è

probabile che alla fine, grazie anche all'intervento del governo che è stato informato delle possibili pesanti

ricadute occupazionali, si arrivi ad una riduzione di 1.500e 1.900 persone. Di queste, un migliaio impiegate

negli uffici potrebbero essere ricollocate in altre aziende mentre agli altri, (da 300 a 600 tra hostess e piloti)

potrebbe essere proposto il trasferimento "volontario" nel Golfo.

LE ROTTE

Sud Europa e America al vettore nazionale SUI collegamenti il piano di Etihad divide l'Europa in tre grandi

aree: il Centro Nord, affidato a Air Berlin, sempre più spina nel fianco di Lufthansa; il Sud Europa-

Mediterraneo e le Americhe, che invece saranno entrambe servite da Alitalia. Nord e Sud America, grazie agli

accordi incassati negli scorsi anni da Sky Team e già passati al vaglio dell'Antitrust Usa, saranno rafforzati

con più voli verso il Nord-Est degli Stati Uniti e il Sud America, con una forte presenza di Alitalia in Brasile.

Alla compagnia guidata da Gabriele Del Torchio toccherà anche tentare di riportare il tricolore in Cina, dopo i

recenti cocenti insuccessi: sarà ripristinato il Roma-Pechino e il Malpensa-Shangai. Il corridoio verso l'Asia

sfrutterà dei voli da Venezia verso Tokio. Ma il grosso dei movimenti verso Medio Oriente e Asia Pacifico

toccheranno al "padrone di casa" Etihad, grazie ad un forte incremento della Fiumicino-Abu Dhabi, destinati a

diventare i due principali hub del nuovo vettore.

L'ALTA VELOCITÀ

12/04/2014 1Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 113

Firenze, Bologna, Napoli collegate a Fiumicino ETIHAD chiede con forza un collegamento diretto da

Fiumicino verso le tratte ad alta velocità. Hogan lo ha ribadito a Renzi e Lupi negli due incontri col Palazzo

romano. Che ha risposto positivamente alla sua richiesta passando il dossier alle Ferrovie. Sia il governo che

le Fs di Mauro Moretti sono quindi già pronte a far partire verso Firenze e, con collegamento sincronizzato

verso Bologna, tre coppie di treni al giorno.

L'hub principale d'Italia, entro la fine dell'estate, potrebbe dunque contare su alcuni Frecciargento che si

muoverebbero a velocità "normale" sul raccordo versoi binari che portano poi ad alta velocità a Firenze e

Bologna. Un'ipotesi simile sarebbe allo studio nella tratta Fiumicino-Napoli. Le resistenze però non mancano.

Il numero uno delle Fs Moretti, al netto di una sua possibile "promozione" in un'altra grande azienda di Stato,

non intende servire "gratuitamente" e senza fiatare le richieste provenienti da Abu Dhabi. E anche se con

Aeroporti di Roma il progetto è in fase ormai avanzata, le Fs stanno preparando il conto per il servizio, da

presentare agli emiri e ad Alitalia.

LA GOVERNANCE

Il 49% in mano agli emiri il resto ai soci italiani MA CHI manovrerà questo nuovo colosso dei cieli che si

candidaa fare la concorrenza alle alleanze guidate da Britishe Lufthansa diventando il quarto attore nella Ue?

Secondo le ultime informazioni disponibili Etihad chiederà un ricambio completo del management che fino ad

oggi ha guidato Alitalia. L'amministratore delegato sarà espressione del nuovo proprietario mentre la

presidenza con molta probabilità sarà affidata a Luca di Montezemolo che ha seguito da vicino la trattativa

negli ultimi mesi ed è persona molto stimata dagli emiri. Etihad potrà guidare il nuovo vettore col 49% (il

massimo consentito dalla Ue ad aziende extracomunitarie). Il restante 51% resterà nelle mani delle banche

italiane, Intesa Sanpaolo, Unicredit e degli altri soci Poste e Immsi. Per ora non si parla di integrazione tra

Alitalia e Air Berlin, vettori che tra l'altro appartengonoa due alleanze differenti. Una loro uscita costerebbe

almeno 300 milioni di euro ognuna.

I NUMERI

140 ALITALIA Alitalia ha più del doppio degli aerei di Etihad: 140 velivoli

66 ETIHAD La compagnia ha una flotta di 66 aerei e tocca 87 destinazioni

170 AIR BERLIN Il vettore tedesco ha 170 aerei, in gran parte di medio raggio

12/04/2014 1Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 114

I mercati Debito italiano a ruba tensione Tesoro-Bce sul valore dei Bot I rendimenti dei Btp segnano nuovi minimi anche se l'Eurotower li considera più rischiosi Scontati del 6% ititoli dei paesi indebitati usati dalle banche come garanzia a Francoforte La pioggia di acquisti speculativibeneficia anche Spagna, Portogallo e Grecia FEDERICO FUBINI IN SORDINA, il mese aprile ha portato una novità che sta producendo una corrente sotterranea di tensione

fra il Tesoro e la Banca centrale europea. Per l'Eurotower si è trattato di un aggiustamento tecnico. Per l'Italia

invece è stato un inatteso declassamento del suo debito a breve termine, cioè dei Bot, che minaccia di ridurre

la liquidità che le banche potranno attingere all'Eurotower. E che succeda ora, proprio quando la fiducia

sembra tornare sui Paesi del sud Europa, non fa che irritare i tecnici del Tesoro a Roma ancora di più.

Quella della Bce a prima vista è solo una piccola correzione: ha rivisto il significato di alcuni dei rating con i

quali lavora ogni giorno. Ogni settimana la banca centrale presta decineo centinaia di miliardi agli istituti

dell'area euro, ricevendo da loro dei titoli in garanzia.

Nell'ipotesi estrema che una banca fallisca, la Bce sa che potrà dunque recuperare il prestito vendendo quei

titoli. Per esempio, le banche italiane presentano in garanzia per lo più Btp - ma anche Bot - e ricevono da

Francoforte denaro liquido. La quantità di finanziamenti che il mondo del credito riceve dall'Eurotower

dipende dunque dal valore che la Bce stessa assegna alle garanzie: più la qualità dei titoli offerti è

considerata alta, più denaro la Bce prestaa fronte di ciascun bond in garanzia.

E' qui che fra Roma e Francoforte si sono accese le tensioni. Fino al mese scorso infatti le banche che

presentavano garanzie in Bot paria 100 euro di valore nominale, ricevevano dalla Bce prestiti per 99,5 euro:

la "sforbiciata" dello 0,5% serviva all'Eurotower come ulteriore margine di garanzia nello scenario, anch'esso

estremo, di default del Tesoro italiano che ha emesso quei titoli.

Dal primo aprile qualcosa però è cambiato: la "sforbiciata" che la Bce impone sui Bot non è più dello 0,5%,

ma del 6%. Garanzie in Bot per 100 euro fruttano a una banca solo 94 euro di prestiti dall'Eurotower.

Tecnicamente la decisione deriva da un aggiustamento su Dbrs, la più piccola delle agenzie di rating usate

dalla Bce per stimare le garanzie. Ma il significato più generale è chiaro: l'Eurotower tratta il debito italiano

come fosse molto meno sicuro di prima.

Lo accetta solo a patto di una maggiore cautela. Paradossalmente però lo stesso adeguamento non è

ancora scattato sui Btp, che continuano ad avere una "sforbiciata" dello 0,5% anche se sonoa più lunga

scadenza.

Giuseppe Maraffino, di Barclays, stima che per ora le banche italiane non dovrebbero subire un forte impatto

negativo dalla svolta dell'Eurotower, perché non usano molti Bot alle aste della Bce. Se però la Bce dovesse

declassare anche i Btp come ha già fatto sui Bot, l'accesso dell'Italia alla liquidità in euro diventerebbe più

problematico.

I tecnici del Tesoro considerano la decisione fuori tempo, proprio ora che i titoli dell'Italia e degli altri Paesi in

crisi tornano a ispirare fiducia. Il Btp Italia a sei anni, all'asta lunedì prossimo, avrà una cedola dell'1,65%. E

malgrado un debito pubblico che viaggia verso il 135% del Pil, il Btp decennale dell'Italia rende oggi il 3,21%

(era al 4,8% nel giugno scorso). Ieri sono stati collocata all'asta 7,25 miliardi di Btp a 3,7 e 30 con tassi

sempre più bassi (il triennale sotto l'1%).

Anche con un'inflazione bassa che tiene alto il peso reale degli interessi, il debito costa oggi meno di un

anno fa.

In questa trasformazione l'Italia non è sola. Il rendimento del titolo decennale del Portogallo è crollato

nell'ultimo anno dal 6,3% a meno del 4%, benché Lisbona non sia ancora fuori dal piano di salvataggio e il

suo debito stia avvicinando livelli italiani. Nei giorni scorsi il bond a cinque anni della Spagna, per breve

tempo, è arrivato a rendere meno del pari grado americano: un record impensabile fino a pochi mesi fa per

12/04/2014 12Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 115

un Paese segnato dalla recessione più grave della fine della dittatura. E persino la Grecia, che solo due anni

fa ha fatto il default più grande della storia, questa settimana è riuscita ad emettere un bond a cinque anni

con cedola di meno del 5%. Il debito pubblico di Atene è ancora al 175% del Pil e nessuno si illude che sia

davvero in grado di ripagarlo, o anche solo sostenere gli interessi. Ma agli investitori per ora non interessa:

l'abbondanza di liquidità immessa sui mercati dalla Federal Reserve e dalla Bank of Japan, più i rendimenti

quasi zero sui bond ovunque in Occidente, spingono il denaro sempre più lontano. Dopo il panico degli anni

scorsi, nessuno oggi sembra più percepire il rischio del Sud Europa. Nessuno, a quanto parte, meno la

Banca centrale europea.

PER I BTP TRIENNALI NUOVO MINIMO STORICO

12/04/2014 12Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 116

LO SCENARIO Padoan avverte la Ue "Giù ancora il deficit ma a ritmi più graduali" Visco: prelievo su banche negativo per il credito Poletti annuncia uno scivolo per gli esodati Il ministro delTesoro: "L'outlook dell'economia italiana migliora, disavanzo tra i più bassi" Draghi: "Se l'euro si rafforzatroppo, saremo pronti a intervenire" ELENA POLIDORI WASHINGTON. L'economia migliora, ma la disoccupazione avanza. Padoan riconosce che «è il problema

numero uno della Ue" e che da noi "è più elevata che altrove». É preoccupato per le condizioni del lavoro dei

giovanie anche delle persone avanti con l'età che si ritrovano a spasso. E come lui, lo è anche il governo.

Non a caso il ministro Poletti sta pensando ad una serie di nuove misure. Una sorta di scivolo per gli esodati,

anzitutto. Ma anche provvedimenti per i cinquantenni che perdono il posto. In pratica si tratta di garantire "un

vantaggio economico significativo" alle imprese che li assumono. Contemporaneamente si studia la

possibilità di un assegno per gli incapienti. Da Washington Padoan evita di entrare nel dettaglio. É ben

consapevole che per tutti questi interventi, o per altri che dovessero via via emergere, toccherà a lui trovare le

coperture. La recessione miete vittime, si sa. Il presidente del Consiglio, per quanto possibile, intende porvi

rimedio. E allora, certo, ci sono i disoccupati, gli incapienti, ma anche i pensionati sotto i mille euro.

«Quest'anno non ce la facciamo, ma nel 2015 interverremo», annuncia Renzi i in Italia.

Dagli Usa, invece, soprattutto in questi giorni che precedono la definizione concreta dei provvedimenti

prevista per venerdi, il ministro preferisce guardare a tutte queste emergenze dal grand'angolo della macro-

economia. Nel summit americano, infatti, è emerso a chiare lettere che questa fase di bassissima inflazione,

se non si tramuta in deflazione, non è poi così male soprattutto per le fasce più deboli. «Prezzi bassi hanno

anche aspetti positivi perché sostengono i salati più bassi», spiega Padoan. Lo stesso Draghi riconosce che

la mini - inflazione aiuta chi ha entrate minime e i pensionati. Ed è chiaro che una fase simile deve essere

breve e ben controllata per non incappare nei guasti, questi sì pericolosissimi, della deflazione. Ma intanto

questo periodo di "law-flation", come è stato ribattezzato, fa anche comodo.

Cruciale però è rafforzare in fretta la ripresa: Draghi è anche pronto ad intervenire se l'euro dovesse

apprezzarsi troppo.

Ora come ora, tutte le energie dei singoli governi e del G20 sono concentrate sull'obiettivo di spingere

l'economia al massimo. «È molto molto importante assicurare che la ripresa sia robusta», insiste il ministro.

Nel mondo, ricorda l'Fmi, ci sono 200 milioni di disoccupati. Del Def Padoan parla con i ministri e i governatori

nel chiuso delle riunioni. Chi vi ha partecipato racconta che le sue spiegazioni hanno suscitato un certo

apprezzamento. «Il nuovo governo in Italia sta rafforzando il processo di riforme per far sì che la ripresa sia

più robusta e sostenibile nel medio termine», spiega ai colleghi che siedono nell'Imfc, il braccio politico

dell'Fmi.

LA GIOR NA TA DAL palcoscenico del Fondo monetario internazionale il ministro dell'Economia, Pier Carlo

Padoan, annuncia che il risanamento in Italia "continuerà" ma "ad un ritmo più graduale".

E già nel Def predisposto dal governo il pareggio strutturale di bilancio è posposto di un anno, al 2016.

Questa gradualità, che il governo Renzi si propone di discutere con le autorità Ue per avere più margini di

manovra, potrà forse diventare realtà grazie al fatto che l'economia europea e dunque italiana sta

migliorando.

Per la prima volta Mario Draghi, presidente della Bce, assicura che "la ripresa continua", è "più bilanciata" e

che "anche il primo trimestre di quest'anno mostra segni positivi". Lo stesso Padoan segnala che le

prospettive economiche del paese "sono migliorate dalla seconda metà del 2013", dopo una profonda

recessione che ha fatto perdere al Pil il 9%. Adesso si tratta di «assicurare che la ripresa sia abbastanza

robusta da assorbire la disoccupazione». «In Italia le condizioni del lavoro rimangono difficili, soprattutto per i

giovani", riconosce il ministro. L'impatto della ripresa sul lavoro è "ritardato". Con il Jobs act il governo spera

13/04/2014 24Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 117

di "accelerare" questa "interazione virtuosa».

Anche il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, mostra un cauto ottimismo sulla performance

dell'economia: per quest'anno, secondo i suoi calcoli, il Pil potrebbe crescere da 0,75 a 1 punto percentuale.

Inoltre non vede rischi di deflazione. Ma il banchiere è preoccupato per le conseguenze che il prelievo sulle

banche può avere sul credito e, dunque, sul finanziamento dell'economia. In una conferenza stampa spiega

che il raddoppio della tassazione sulle quote di Bankitalia può avere «un impatto che riguarda sicuramente la

disponibilità per le banche dei fondi con cui fare credito». E, insieme, anche «la possibilità nel tempo di

utilizzare, non certamente quest'anno, la rivalutazione di capitale per fini di vigilanza». Visco ritiene che il

"ruolo essenziale" degli istituti nel rafforzare la ripresa vada "preservato".

I NUMERI 2,6% INDEBITAMENTO NETTO Il deficit in rapporto al Pil sarà quest'anno del 2,6 per cento -9%

RECESSIONE La recessione italiana si è tradotta in una perdita del Pil del 9%

Foto: L'OCCUPAZIONE Per il ministro della Economia Pier Carlo Padoan, il mercato del lavoro si riprenderà

prima delle attese

Foto: Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti

13/04/2014 24Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 118

IL PUNTO "Niente scioperi dei mezzi pubblici durante l'Expo e la presidenza Ue" cosìparlò il garante La Lettera spedita ai sindacati ha creato non poco imbarazzo Non è coinvolta solo Milano LUISA GRION ROMA. Niente scioperi dei mezzi pubblici, né durante l'Expo, né durante il semestre di presidenza italiana

dell'Unione europea. Sei mesi più sei di pace sociale, di autobus, tram e treni che funzionano bene o che

quantomeno partono ogni mattina. A Milano, prima di tutto, ma meglio ancora nell'Italia intera.

Un anno da Paese "normale". E' quello che la Commissione di garanzia sugli scioperi sta chiedendo a tutti i

sindacati, dalla Cgil ai Cobas, con una lettera spedita qualche giorno fa alle parti sociali e resa nota dagli

autonomi dell'Ubs (Unione sindacati di base). La tregua in due tappe dovrebbe riguardare i periodi che vanno

da luglio a dicembre di quest'anno (presidenza europea), e da maggio ad ottobre del 2015 (Expo). «La città di

Milano è chiamata a gestire due sfide di straordinaria importanza con evidenti implicazioni sul piano della

valorizzazione dell'immagine dell'Italia», scrive il presidente della Commissione di garanzia Roberto Alesse.

Quello che chiede, e con lui il governo, e di fare in fondo un po' di bella figura, di nascondere la polvere sotto

il tappeto, far dimenticare i clamorosi ritardi e dimostrare ai 20 milioni di turisti attesi per l'Expo e i partner

della Ue che, se vogliamo, possiamo farcela.

Almeno a far partire gli autobus e ad assicurare «servizi pubblici di assoluta efficienza» in una sorta di

«tregua sindacale - recita la lettera - che conduca ad individuare le date più significative in cui non sia

possibile proclamare scioperi». A Milano, certo, ma in fondo in tutta Italia perché in Lombardia bisognerà pure

arrivarci.

Un invito che ai sindacati deve aver provocato più di qualche imbarazzo, visto che il periodo di non

belligeranza richiesto è lungo e corrisponde - proprio nel settore dei trasporti - ad una fase critica per

l'occupazione. Cgil, Cisl e Uil, per il momento, non hanno dato segni di reazione, anche perché con Uil e Ugl,

hanno firmato un accordo sulla rappresentanza che prevede regole sugli scioperi e sanzioni per chi non le

rispetta. Gli unici a levare gli scudi sono stati gli autonomi dell'Ubs che parlano di «attacco concentrico al

diritto di sciopero e conseguentemente al diritto dei lavoratori di difendere i propri interessi». Martedì

prossimo protesteranno a Roma.

Foto: IL GARANTE Roberto Alesse, presidente della Commissione di garanzia sugli scioperi nei servizi

pubblici

13/04/2014 24Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 119

Eni affidato a Descalzi e Moretti si avvicina al vertice Finmeccanica A Terna potrebbe andare Del Fante, che si sposta da Cassa Depositi Nel gioco delle cordate, sconfitta quellaBerlusconi-Gianni Letta Oggi le liste del Tesoro per le nomine ai vertici delle tre quotate e forse per Poste eTerna ROBERTO MANIA ROMA. Francesco Descalzi, milanese, classe 1956, sulla poltrona di amministratore delegato dell'Eni su cui è

stato seduto per quasi dieci anni Paolo Scaroni. È questo il cambio della guardia più clamoroso che dovrebbe

essere ufficializzato oggi a Borsa chiusa con la pubblicazione delle liste del Tesoro per le assemblee delle

società partecipate: Eni, Enel, Finmeccanica. Ed è probabile che arrivino anche le scelte per le Poste, gruppo

non quotato, e per Terna, azienda partecipata dalla Cassa depositi e prestiti. Il giorno delle nomine è dunque

arrivato. Qualche sorpresa non è esclusa. Proprio questa mattina alle 10,30 è stata nuovamente convocata,

al ministero dell'Economia, la Commissione di garanzia (la cosiddetta "Commissione nomine") presieduta

dall'ex giudice costituzionale Cesare Mirabelli. Riunione di routine per chiudere la partita? Oppure per

vagliare e dare l'eventuale via libera a nuove candidature emerse negli ultimissimi giorni, magari addirittura

ieri nei colloqui tra il premier Matteo Renzi e il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan tornato dagli Stati

Uniti? Si capirà solo stasera.

Con Descalzi, attuale responsabile dell'esplorazione strategica, che appare blindato all'Eni, sono cresciute

ieri le possibilità che il numero uno delle Ferrovie Mauro Moretti vada a guidare Finmeccanica. Al suo posto

alle Ferrovie potrebbe andare Domenico Arcuri, ora ad di Invitalia. Per l'Enel restano in campo le tre opzioni:

Francesco Starace, attuale ad di Enel Green Power, Andrea Mangoni, ad di Sorgenia e Monica Mondardini,

ad di Cir e del Gruppo editoriale L'Espresso. La Mondardini (un terzo dei posti nei board delle societàè

riservato alle donne)è tra i candidati anche per guidare le Poste. In lizza per quest'ultima azienda pure Matteo

Del Fante, direttore generale della Cassa depositi e prestiti. La candidatura di Del Fante, però, viene

considerata più solida per la sostituzione di Flavio Cattaneo a Terna dove peraltro è già membro del consiglio

di amministrazione.

Oggi tutte le carte saranno scoperte. Di certo in queste settimane si è giocata una partita durissima tra

cordate diverse.

Perché da oggi cambia - è difficile negarlo - la mappa stessa del potere economico. Vince in ogni caso

Renzi, presidente del Consiglio e leader della sinistra, che si è trovato con il pallino in mano dopo un

decennio in cui la grande spartizione delle poltrone avveniva lungo la traiettoria Gianni Letta-Giulio Tremonti.

Oggi tocca ad un governo di coalizione nel quale il Partito democratico è l'azionista di maggioranza. I

sottosegretari Graziano Delrio e Luca Lotti, insieme al lavoro che dietro le quinte pare abbia svolto l'amico del

premier, l'imprenditore fiorentino Marco Carrai, sono stati gli uomini che hanno preparato i dossier per le

decisioni di Renzi. È una squadra che realisticamente sarà schierate nelle prossime sfide di potere.

Va segnalato l'arretramento, anche in questo campo, di Silvio Berlusconi e del suo braccio destro Gianni

Letta. Non che non abbiano giocato. Anzi.È che hanno puntato tutte le loro carte sulla riconferma, dopo già

tre mandati, di Paolo Scaroni all'Eni. Il quarto mandato non ci sarà e questa è una sconfitta anche per il

partito dell'ex Cavaliere. Che potrebbe riscattarsi solo in parte se nelle liste del Tesoro entreranno gli

ambasciatori Giampiero Massolo e Giovanni Castellaneta per qualche presidenza.

Tracollano invece le quotazioni di un soggetto che per la prima volta ha svolto un ruolo da protagonista nella

vicenda delle nomine pubbliche: le società di cacciatori di teste. Il precedente governo aveva affidato a due di

esse, la Korn Ferry International e la Spencer Stuart Italia (di cui si è scoperto in queste settimane sono stati

consulenti sia Gianni sia Enrico Letta). Ma l'attuale esecutivo pare non si sia fidato molto delle loro selezioni

finendo per incaricarne informalmente un'altra, la Key2people.

14/04/2014 3Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 120

Non sembra invece destinata a perdere un'altra "vecchia" cordata, quella che trova nel ministro

dell'Economia, Pier Carlo Padoan, il suo più importante referente nel governoe che si muove azionando le

leve di due think tank: ItalianiEuropei di Massimo D'Alema e l'Arel di Enrico Letta. In queste settimane hanno

sostenuto la candidatura in una delle aziende pubbliche di Domenico Arcuri, il cui approdo a Invitalia venne

appoggiato da Pier Luigi Bersani. Dalemiani e lettiani hanno lavorato poi molto per ottenere posizioni di

prestigio: Marta Dassù, ex sottosegretario agli Esteri, potrebbe entrare nel cda di Finmeccanica e Filippo

Andreatta in quello dell'Enel. Va aggiunto che Moretti se non proprio ascrivibile a questa area, di certo non l'è

sgradito. Questa volta non è nemmeno riuscita ad entrare in campo la lobby della Cisl, il sindacato che

"controlla" le Poste tanto da aver espresso l'attuale presidente Giovanni Ialongo. Che però, come l'ad

Massimo Sarmi, non sarà confermato. E certo che anche l'uscita della Cisl dalle stanze dei bottoni del

palazzone di Viale Europa all'Eur segna la fine di un'epoca. PAOLO SCARONI CLAUDIO DESCALZI

FULVIO CONTI FRANCESCO STARACE ANDREA MANGONI MONICA MONDARDINI GIUSEPPE

RECCHI MATTEO DEL FANTE ALESSANDRO PANSA MAURO MORETTI GIUSEPPE GIORDO

FRANCESCO CAIO DOMENICO ARCURI MASSIMO SARMI MATTEO DEL FANTI GIOVANNI IALONGO

LAMBERTO CARDIA GIANNI DE GENNARO LUIGI ROTH PATRIZIA GRIECO GIAMPIERO MASSOLO

ELISABETTA BELLONI

14/04/2014 3Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 121

Le retribuzioni Il progetto del governo È una soglia di sopravvivenza sotto la quale scatterà il reato e il carcereper il datore di lavoro ma Cgil, Cisl e Uil temono l'appiattimento degli stipendi e lo svuotamento dellacontrattazione La rivoluzione del salario minimo Allarme sindacati "Paghe ridotte" Rischio addio per il contratto nazionale Ecco come funziona negli altri Paesi La paura è che le impreseescano dalla Confindustria, disdettino l'accordo generale e applichino il minimo di legge Le sigle confederalipotrebbero sparire per fare posto a una infinità di rappresentanze nelle varie aziende PAOLO GRISERI UNA rivoluzione. Un cambio destinato a mettere in discussione l'intero sistema di contrattazione italiano e,

temono Cgil, Cisl e Uil, a mettere in forse la stessa sopravvivenza del sindacato confederale. «La proposta si

basa su tre pilastri fondamentali», premette Enrico Morando, oggi viceministro dell'Economia, per decenni

esponente dell'area riformista del Pci piemontese (insieme a Chiamparino). Il primo pilastroè «il salario

minimo di legge». Una norma che esiste in molti Paesi del mondo, una linea della sopravvivenza sotto la

quale è reato scendere. Che cosa accadrebbe se venisse introdotto anche in Italia? L'esempio che propone

Morando è chiaro: «Se io imprenditore faccio lavorare le persone in nero, commetto una grave violazione di

legge. Che si traduce in pesanti multe se la paga corrisposta è comunque superiore al salario minimo di

legge, ma che diventa reato penale, punibile con il carcere, se la paga è inferiore». Il salario minimo è una

soglia di sopravvivenza stabilita dallo Stato sotto la quale lavorare significa trovarsi in condizione di semi-

schiavitù. Per questo è un reato.

In Francia, Usa, Gran Bretagna, il salario minimo di legge vige da decenni. In Usa è di poco superiore

all'equivalente di 5 euro, ma alcuni sindaci di grandi città come Seattle puntano alla soglia dei 15 dollari, circa

11 euro. In Francia il salario minimoè di 9,5 euro, in Gran Bretagna di 7,3 euro. In Germania un salario

minimo non esiste, ma nell'accordo Spd-Cdu è previsto che il governo Merkel lo introduca. Si immagina che il

livello minimo tedesco sia intorno agli 8,5 euro.

E l'asticella italiana a quale soglia sarà? «E' troppo presto per dirlo - risponde Morando - per ora stiamo

preparando la norma, successivamente sarà stabilito il quantum».Tutto semplice? Non proprio. I sindacati

sono in allarme.

«Stabilire un salario minimo di legge- teme Raffaele Bonanni - significa appiattire verso il basso tutti i minimi

contrattuali». Perché in Italia ogni categoria di lavoratori ha un suo salario minimo contrattato dai sindacati. Il

minimo contrattuale di ogni categoria ha sostituito di fatto il salario minimo di legge. Il sistema ha funzionato

per decenni perché fino all'inizio degli anni Duemila quasi tutti i lavoratori italiani avevano un contratto di

categoria di riferimento.

«Oggi non è più così - spiega Serena Sorrentino della segreteria nazionale della Cgil - perché la precarietà

ha finito per creare decine di contratti diversi di collaborazione quasi mai agganciati a un contratto nazionale.

La legge Fornero prevedeva che se io sono un ingegnere meccanico e vengo pagato a progetto, devo essere

remunerato secondo i parametri minimi degli ingegneri metalmeccanici. Ma in realtà nessuno rispetta quella

legge».

I sindacati sanno che il salario minimo oggi definito per contratto da ogni categoria di lavoratori è

significativamente più alto del salario di legge che sarà stabilito dal governo perché il secondo sarà

inevitabilmente una soglia di sopravvivenza. Da qui l'allarme di Cgil, Cisl e Uil: «In breve tempo - dice

Sorrentino - le aziende sarebbero tentate di uscire da Confindustria, disdettare il contratto nazionale e

applicare il minimo di legge che è più basso». C'è questo rischio? «Il sistema che intendiamo rinnovare -

risponde Morando - si basa sull'idea che per uscire dal contratto nazionale le aziende debbano sottoscrivere

con i sindacati un loro contratto aziendale, come sta accadendo, ad esempio, alla Fiat. In quel caso il

contratto deve essere approvato dai sindacati che rappresentano davvero la maggioranza dei lavoratori

coinvolti. L'accordo del giugno scorso tra Cgil, Cisl, Uil e Confidustria, sui criteri per decidere chi è davvero

rappresentativo nelle fabbriche, è un passo decisivo per realizzare le modifiche all'intero sistema che stiamo

14/04/2014 11Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 122

studiando».

Ecco allora i tre pilastri su cui sta lavorando il governo: il salario minimo di legge per decidere la soglia

inviolabile della dignità delle persone; il contratto nazionale per tutti quei lavoratori, soprattutto nelle imprese

più piccole, che non siano in grado di contrattare direttamente con la loro azienda le condizioni del salario; il

contratto aziendale per le imprese o i gruppi che vogliano avere condizioni diverse dal contratto nazionale.

Una delle differenze rispetto ad oggi è che nello schema del governo Renzi il contratto nazionale e quello

aziendale sono alternativi tra di loro mentre attualmente i contratti aziendali aggiungono soldi in busta paga

rispetto ai minimi contrattuali della categoria nazionale. Una discussione per addetti ai lavori? Non è così. I

sindacati temono che, nella tenaglia tra salario minimo di leggee accordi aziendali, i contratti nazionali

finiscano stritolati, diventando un residuo marginale del Novecento. Uno scenario da incubo per i sindacati

confederali: la stessa idea di sindacato generale, che cerca di dare uguali diritti a chi fa lo stesso lavoro in

ogni parte del Paese e in ogni fabbrica, finirebbe per essere sconfitta.

Il fiorire di contratti aziendali coinciderebbe con il fiorire di sindacati d'azienda, ognuno in concorrenza con le

sigle del capannone vicino. Questa è la vera posta in gioco nel braccio di ferro tra sindacatie governo delle

ultime settimane.

PER SAPERNE DI PIÙ www.lavoro.gov.it www.cgil.it

14/04/2014 11Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 123

ANALISI / Lettere e Commenti Il nuovo patto generazionale per il lavoro WALTER PASSERINI Non sappiamo se le affermazioni del ministro Poletti rispondano a una strategia forte o alla necessità di

riequilibrare la percezione che questo governo si occupi prevalentemente dei giovani. CONTINUA A PAGINA

27 SEGUE DALLA PRIMA PAGINA In ogni caso l'impegno («Vorrei introdurre un contratto per il

reinserimento dei lavoratori over 50») va prese sul serio, perché il problema esiste. Il mercato del lavoro negli

ultimi 15-20 anni si è polarizzato creando un paradosso: da un lato, ritarda gli ingressi dei giovani ed allunga

l'età della stabilità, raggiungibile dopo i 35 anni; dall'altro, trasforma gli over 50 in potenziali esuberi, anche fin

dai 45 anni. In mezzo restano 15 anni che rappresentano l'età dell'oro del lavoro in cui, raggiunta la maturità,

una persona offre le sue migliori prestazioni all'azienda, prima di scivolare nel limbo dei vecchi da rottamare.

Le tre età del lavoro hanno visto il fulgore soprattutto prima della legge Fornero sulle pensioni, che ha

complicato i giochi e oggi trattiene a lungo nei rispettivi posti di lavoro generazioni di over 5060, creando una

massa di insoddisfatti e demotivati, oltre che di esodati. L'esercito degli scontenti si era già negli anni

ingrossato con una maggioranza silenziosa di orfani del lavoro, figli degli eccessi di giovanilismo delle

imprese, che hanno gettato via con l'acqua sporca anche l'esperienza, costringendosi spesso a patetiche

richiamate in servizio delle competenze fuggite. Se le tre età del lavoro pongono oggi problemi di

management delle differenze in azienda, tra Baby boomers (nati tra il 1943 e il 1960), Generazione X (nati tra

il 1961 e il 1981) e Millenials, detti anche Generazione Y (nati dopo il 1982), la gestione generazionale si

complica con la questione di genere. Infatti, ai giovani che premono o che scappano e agli adulti che da

esuberi sono diventati forzati, si accompagna l'affannosa corsa al lavoro delle donne. La crisi ci consegna un

Paese agli ultimi posti in Europa per occupazione femminile, con un tasso di partecipazione del 46%, contro

una media europea che veleggia verso il 60%. Per le donne, oltre che per i giovani, appare sempre più

lontano l'obiettivo di un dignitoso futuro previdenziale. Che fare? Innanzitutto evitare gli scontri generazionali

e di genere. Fa bene il ministro Poletti a sollevare la necessità della ricollocazione degli over 50 in

contemporanea all'avvio della Garanzia giovani, ma l'annuncio deve diventare strategia e misura, con il suo

finanziamento. Si è aperta nelle imprese e nella società una grande sfida, quella dell'active ageing, della

gestione attiva delle età, che non a caso si manifesta nel passaggio dalle politiche passive alle politiche attive

del lavoro. Ogni età ha le sue gioie (e le sue spine) e le sue potenzialità. Oggi, alle leadership che hanno la

guida dei governi si richiede un'oculata gestione dei talenti, di tutte le età e di ciascun genere. Così come è

necessario un nuovo patto per il lavoro tra uomini e donne, è altrettanto necessario un nuovo patto

generazionale, dentro il quale a un maggiore e anticipato ingresso dei giovani nel mondo del lavoro si

accompagni un'uscita morbida e volontaria degli anziani. Ma attenzione, niente più prepensionamenti, né nel

pubblico né nel privato, usati indebitamente come ammortizzatori sociali. Mentoring e tutoring possono

garantire il passaggio delle esperienze e delle conoscenze tra giovani e adulti, in una staffetta generazionale.

L'obiettivo più difficile è rimotivare, riqualificare e gratificare gli over 50 a bassa scolarizzazione. Formarli e

gestire part time morbidi in uscita. Accompagnarli non solo nell'acquisizione di un nuovo lavoro, ma anche in

percorsi di auto-impiego e di auto-impresa. Molti over 50, con o senza il lavoro, sono disponibili a offrire le

loro energie e a ritrovare il senso e l'orgoglio del fare. Ci sono giacimenti occupazionali che aspettano, nei

distretti e nei territori, che qualcuno li vada a scovare, anche per attività di cura, di manutenzione, di utilità

sociale. La condizione di base è costruire una rete dei servizi all'impiego, pubblici e privati, in grado di essere

efficaci e di operare. E rimettere in moto il capitale di fiducia, un più adeguato sviluppo delle risorse umane e

la voglia di lavorare.

12/04/2014 1Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 124

ALITALIA Sì del governo al piano Etihad Lupi rassicura sulle infrastrutture, cassa a zero ore per 1500 Giuseppe Bottero Sì del governo al piano Etihad A PAGINA 23 La trattativa tra Etihad e Alitalia entra nella fase finale. Dopo il

faccia a faccia con Renzi a Palazzo Chigi ieri l'ad della compagnia degli Emirati ha incontrato il ministro dei

Trasporti Lupi. Non una visita di cortesia, ma l'atteso via libera del governo alla proposta, che potrebbe

arrivare dopo il week end. «I tempi non li decide il governo, ma Alitalia ed Etihad. Ma siamo arrivati alla

conclusione», spiega Lupi. «Io fisicamente ho visto la loro proposta, le lettere di intenti non sono un problema

del governo, riguardano due imprese private, gli accordi li devono fare loro. Al governo interessa il piano

industriale e lo sviluppo che si può dare». A quanto si apprende l'esecutivo avrebbe offerto rassicurazioni

sulle richieste della compagnia degli Emirati, che si aspetta un potenziamento delle infrastrutture: il

collegamento dell'aeroporto di Fiumicino con l'alta velocità e una liberalizzazione degli slot di Linate.

Sistemato il capitolo dei servizi, restano il nodo del debito e il capitolo più spinoso, quello legato al costo del

lavoro. Sul primo punto le banche saranno decisive solo nel momento in cui sarà partita la lettera. Certo, gli

istituti azionisti - Intesa SanPaolo e Unicredit - guardano con particolare interesse la partita e non farebbero

barricate alla richiesta di ristrutturazione di parte del debito della compagnia di bandiera, che al momento, si

attesta a 900 milioni. Nel facilitare gli incontri e lo sviluppo di una trattativa importante per il futuro del Paese

ha avuto un ruolo Luca Montezemolo. E non si esclude che, una volta trovato l'accordo, al numero uno della

Ferrari arrivi la richiesta di presiedere Alitalia. Sul secondo punto - il costo del lavoro - James Hogan, ripartito

ieri alla volta di Londra dopo tre giorni a Roma - si aspetta un risparmio consistente: l'ipotesi è agire sulla cig

a rotazione che, per 1500 posizioni, potrebbe essere trasformata in cassa a zero ore. Sarebbero coinvolti

anche i circa 900 dipendenti che, da quattro anni, stanno facendo la cig volontaria. Sul fronte dei tagli al costo

del lavoro potrebbe arrivare anche una richiesta di riduzione degli stipendi. Se tutti i nodi venissero sciolti

Etihad potrebbe investire in Alitalia una somma superiore a quanto finora ipotizzato, fino a 500 milioni. Più

probabile che si inneschi una trattativa che faccia scendere l'impegno finanziario: una compagnia con un

costo del lavoro più alto sarebbe per forza di cose meno appetibile. Ieri Lupi ha rassicurato: «Tutto quello che

ho letto non è vero. Confermo che c'è un progetto di sviluppo molto positivo come avevamo impostato con i

sindacati. Adesso dobbiamo convocare i sindacati e lavorare insieme una volta che arriverà il piano

industriale». La lettera d'intenti, a quanto risulta, non arriverà sul tavolo del Cda che Alitalia ha convocato per

lunedì. Che però, secondo quanto ricostruito, sarà l'occasione per aggiornare i soci sullo stato del negoziato.

Foto: James Hogan a Fiumicino

12/04/2014 1Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 125

Intervista "Gli investimenti fuori dal deficit? Così l'Ue crescerà" Baretta: da Roth un segnale importante ROBERTO GIOVANNINI ROMA «Questa intervista, con l'apertura del viceministro degli Esteri tedesco Michael Roth sulla possibilità di non far

pesare sul deficit la spesa per istruzione, ricerca e infrastrutture, è un segnale importante, che fa ben

sperare». Pier Paolo Baretta, sottosegretario al Tesoro, perché possiamo sperare? «Il primo elemento del

ragionamento di Roth è che bisogna elevare il livello di integrazione che appare "affievolito". È una chiara

risposta al clima antieuropeo, in vista di questa importante elezione europea. Maggiore integrazione vuol dire

andare verso un'ipotesi di Europa che unisce, mettendo al centro come obiettivo decisivo come facciamo noi

italiani l'occupazione e soprattutto quella giovanile. Il secondo aspetto significativo è la necessità di difendere

il modello sociale europeo e la coesione sociale. Se questa è la prospettiva, nessuno intende mettere in

discussione i trattati europei, o abbassare la tensione verso il risanamento dei conti pubblici. Ma tutto

dev'essere inserito in una strategia di crescita e di maggiore equilibrio sociale, che è un po' la caratteristica

dell'Europa. Insomma, le regole vanno benissimo, e anche l'Italia nel Def ha indicato un deficit al 2,6% del Pil:

ma si deve cominciare a pensare in che modo sostenere la crescita. E allora l'idea di consentire che gli

investimento in infrastrutture, l'istruzione, la ricerca siano in qualche modo esonerati dai vincoli è un passo

straordinariamente importante». Non sarebbe una scappatoia che aprirebbe la strada a ogni trucco e

scorciatoia? «Ripeto, non si deve mettere in discussione l'idea che i conti pubblici vanno risanati. Si deve

comprendere che il risanamento avviene se c'è crescita economica. La settimana scorsa il governatore di

Bankitalia Visco ha ricordato che se il Pil italiano crescesse a livello importanti (da cui siamo lontani, per ora)

la pressione del fiscal compact sarebbe minore, e potremmo affrontare un percorso di riduzione accelerata

del debito proprio grazie alla crescita più sostenuta. Agire subito sull'occupazione, liberare dai vincoli certi

investimenti è una strategia assolutamente condivisibile. E che mi auguro che dopo queste elezioni diventi

una strategia vincente in Europa». Il viceministro Roth è un socialdemocratico, ma sappiamo che la

Germania da sempre ha detto no alla cosiddetta "golden rule". E in Germania governano pur sempre Angela

Merkel e Wolfgang Schäuble. «Sì. Tuttavia, da tempo alcuni di noi erano consapevoli che una crisi di questa

portata, nonostante le apparenze, non poteva lasciare indenne nemmeno la Germania. La Germania è

ancora forte, detta ancora le regole del gioco, ma gli effetti della crisi hanno pesato anche lì». Dunque, c'è

qualche possibilità concreta che vengano cambiate le regole su infrastrutture, ricerca e istruzione... «Ora è

una prospettiva più realistica. E se alle elezioni europee ci fosse un'affermazione dell'alleanza socialista,

democratica e progressista lo sarebbe anche di più. In queste elezioni la novità importante è che le forze

politiche propongono un candidato per governare l'Europa. Il nostro candidato, Martin Schulz, ha definito

l'Europa come "un gigante incatenato". Ecco, bisogna sciogliere un po' di queste catene. Il viceministro Roth

ha pienamente ragione: risanamento dei conti e sviluppo devono andare insieme. Le regole vanno rispettate,

ma ci sono anche priorità strategiche». Lo sviluppo «Le regole vanno benissimo ma si deve pensare in che

modo sostenere la crescita» I rapporti con Berlino «La Germania detta le regole del gioco ma gli effetti dalla

crisi hanno pesato anche lì»

Così su La Stampa In una intervista il viceministro tedesco Michael Roth ha proposto di non far pesare sul

deficit la spesa per istruzione e ricerca

Foto: Sottosegretario al Tesoro

Foto: Pier Paolo Baretta, già sottosegretario con Letta, è stato confermato da Renzi

12/04/2014 9Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 126

ECONOMIA I NODI DEL GOVERNO "In Italia segnali di crescita ma nel lavoro gravi difficoltà" Padoan al Fmi: col Jobs Act presto aumenteremo l'occupazione FRANCESCO SEMPRINI WASHINGTON Prospettive di crescita migliori, consolidamento più graduale, ma anche gravi difficoltà sul mercato del lavoro.

E' questa la fotografia dell'Italia che emerge al termine degli incontri primaverili di Fondo monetario

internazionale e Banca mondiale. Uno scatto di cui sono autori il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, e

il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, fianco a fianco nel corso della conferenza stampa di fine

lavori. «Le prospettive economiche sono migliorate dalla seconda metà del 2013», dice Padoan spiegando

come «il nuovo governo sta rafforzando il processo di riforme per far sì che la ripresa sia più robusta e

sostenibile nel medio termine». Un risultato giunto dopo i sacrifici fatti sul piano del risanamento dei conti, tali

da permettere di proseguire ora «a un consolidamento più graduale». Sul lavoro è ancora emergenza: «La

disoccupazione in Italia è più elevata che altrove, le componenti strutturale, giovanile e femminile sono

preoccupanti», spiega il ministro. La ripresa ha inoltre effetti differiti sull'occupazione ma «le riforme strutturali

del Jobs Act accelereranno l'effetto positivo di crescita dei posti di lavoro.prosegue - Si costituirà, mi auguro,

quella che chiamo interazione virtuosa tra andamento economico e riforme». Del resto in tutta l'Eurozona la

disoccupazione è «inaccettabilmente alta», avverte il presidente della Bce Mario Draghi, «anche se ci sono

timidi segnali di calo». In un contesto di questo tipo si inserisce la «lowflation», «un fenomeno spiega Visco -

generato dal calo dei prezzi dei prodotti alimentari ed energetici per ragioni intrinseche dei rispettivi mercati,

ma anche perchè l'euro si è molto apprezzato». «Sicuramente c'è bassa inflazione ma non vi sono segnali di

deflazione», ribadisce Padoan secondo cui «le aspettative in Italia sono più basse della media euro anche

perché l'inflazione effettiva in Italia è più bassa della media euro». Da parte sua Draghi spiega che «la ripresa

nell'area euro procede modesta ma meno incerta», e l'inflazione bassa aiuta i redditi reali ma è un fattore

negativo - specie se prolungata - per altre ragioni, come il fatto che rende onerosi gli aggiustamenti. «La

bassa inflazione non è un fenomeno confinato all'Europa», avverte a sua volta il direttore generale del Fmi,

Christine Lagarde. Sul sistema bancario italiano, invece, Visco e Padoan concordano nel sostenere che si

tratta di una componente «essenziale per il buon funzionamento dell'economia». «Per questo chiosa il

governatore - è importante preservarne la solidità per il loro ruolo di finanziamento e di intermediazione del

prestito». Cautela invece sull'ipotesi di raddoppio della tassazione delle quote in Banca d'Italia: «E' tutto

contenuto nei documenti che abbiamo prodotto, sia sulla valutazione che è stata data del provvedimento, sia

sugli impatti che questo può avere. - sottolinea Visco - Impatti che possono riguardare sicuramente le

disponibilità per le banche dei fondi con i quali poter fare credito, e la possibilità delle banche nel tempo di

utilizzare questa rivalutazione di capitale per fini di vigilanza». Ancora più netto Padoan: «Sicuramente

avremo occasione di parlare die provvedimenti se e quando saranno adottati».

223mila I posti di lavoro a rischio secondo uno studio diffuso ieri dalla Cisl

Foto: Il ministro del Tesoro Padoan con l'omologo britannico Osborne

13/04/2014 10Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 127

Alitalia, oggi Etihad vara l'offerta Il Cda della compagnia araba si riunisce per approvare il piano. Domani i sindacati da Lupi per l'incognitaesuberi GIUSEPPE BOTTERO TORINO Scocca l'ora x nella trattativa tra Alitalia e Etihad. Ieri lo sceicco Hamed bin Zayed Al Nahyan è rientrato ad

Abu Dhabi, dove oggi è convocato il cda della compagnia che dovrebbe dare il via libera alla lettera di intenti.

Una proposta dettagliata, che lunedì planerà sulle scrivanie del management di Alitalia. Verrà valutata, e poi

sottoposta al board che, originariamente, era convocato per domani e nella serata di sabato è stato

rimandato di qualche giorno. Ma i colloqui procedono spediti: Abu Dhabi potrebbe investire fino a 500 milioni,

di cui circa 300 milioni con aumento di capitale e il resto attraverso altri finanziamenti e punta a rilevare una

quota del capitale Alitalia che va dal 40 al 49%. La sua offerta non sarà «prendere o lasciare». Restano da

limare la questione dei 400 milioni di euro di debiti che la compagnia degli Emirati vuole ristrutturare. Al

riguardo le banche decideranno solo una volta partita la lettera, ma sono già arrivati segnali concilianti. Il

giorno dopo il colloquio con l'ad di Etihad James Hogan, il ministro Lupi è soddisfatto, anche se non entra nel

merito. I dettagli del piano, ragionano dal suo entourage, devono discuterli le compagnie. La certezza è che

l'investimento di Etihad è forte, il piano strategico convincente. Il ministro dei Trasporti nega poi che gli arabi

possano abbandonare Malpensa. Anzi, lo scalo verrà rafforzato, e non solo per quanto riguarda il traffico

cargo. Sulla liberalizzazione degli slot di Linate contro cui si è scagliato Maroni poi, nessuno stupore: un

allentamento era già stato previsto in vista dell'Expo 2015. Per ora la missione del governo è chiusa: ha

convinto Hogan che l'alta velocità ferroviaria non solo servirà Fiumicino (una condizione essenziale), ma

verranno rafforzati anche i collegamenti con Malpensa e Venezia. Per quanto riguarda la strategia c'è un

particolare che finora è stato sottovalutato: nei giorni scorsi Alitalia ha annullato l'ordine di 12 aerei a lungo

raggio. Non perché questo tipo di rotte non interessi ma perché i velivoli sarebbero forniti direttamente da

Etihad. La compagnia di bandiera, sfruttando gli spazi più ampi a Linate, potrebbe così essere maggiormente

aggressiva sulle rotte di medio raggio, quelle che coprono i cieli europei. Uno snodo fondamentale, perché il

vecchio continente, lo dimostra il caso EmiratesMalpensa, è terreno di battaglia per i vettori mediorientali.

Resta invece da sciogliere il nodo del costo del lavoro. Lunedì i sindacati vedranno Lupi, che continua a

rassicurare. Il dialogo sindacati-azienda è congelato dallo scorso 24 febbraio, in attesa di sviluppi.

«Ufficialmente non sappiamo niente. La nostra preoccupazione è sia per gli esuberi previsti sia per il piano»,

spiega Marco Veneziani, segretario della Uiltrasporti. Secondo quanto ricostruito il gruppo arabo avrebbe

chiesto una riduzione consistente: è possibile che si agisca sulla Cassa a rotazione che, per 1500 posizioni,

potrebbe essere trasformata in Cig zero ore. Sarebbero coinvolti anche i circa 900 dipendenti in cig

volontaria. Dell'assetto della governance invece si discuterà quando la trattativa sarà concretizzata: Etihad è

decisa a proporre la presidenza di Alitalia a Luca Montezemolo, che in queste fasi ha giocato un ruolo di

mediazione in un'operazione importante per il futuro del Paese. Un'ipotesi che potrebbe concretizzarsi nel

caso si trattasse di assumere un ruolo non esecutivo.

500milioni di euro L'iniezione di liquidità da parte di Etihad per una quota che va dal 40 al 49% del capitale di

Alitalia

2400posti a rischio La cassa integrazione a zero ore riguarderebbe 1500 posizioni e 900 dipendenti ora in cig

volontaria

Foto: Abu Dhabi vorrebbe Luca Montezemolo come presidente della nuova Alitalia

13/04/2014 11Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 128

Intervista "Mai più fondi agricoli Ue a banche e assicurazioni" Il ministro Martina: quei 500 milioni ora finiranno a chi lavora i campi MAURIZIO TROPEANO TORINO Matteo Renzi lo dice con il suo tono tra il leggero e il canzonatorio: «Bisogna tornare a zappare la terra, non

ridete è una cosa seria: vi siete mai chiesti perché non c'è un reality sui contadini mentre se non guadi

Masterchef ti giudicano male?». Le parole del premier, pronunciate all'apertura della campagna elettorale del

Pd a Torino, sono la prova che l'agricoltura è entrata a pieno titolo tra le priorità di questo governo. In questo

settore ci sono da spendere 52 miliardi di fondi Ue da qui fino al 2020 e Renzi annuncia «che con la nuova

programmazione le risorse finiranno direttamente a chi produce e non a corporazioni o caste di soliti noti».

Tocca a Maurizio Martina, ministro dell'Agricoltura, spiegare che cosa cambierà: «L'Italia allargherà la black

list europea dei soggetti che non potranno più ricevere i contributi». Ministro Martina chi c'è in questa black

list? «L'Italia toglierà i contributi agricoli a banche, assicurazioni, società immobiliari ed enti pubblici. Si tratta

di circa 3000 soggetti che rappresentano lo 0,2% della platea dei beneficiari ma che in questi anni hanno

assorbito il 15% del sostegno all'agricoltura». Soldi agricoli sono finiti a banche, assicurazioni ed immobiliari?

«Sì. Fino ad oggi era sufficiente essere proprietari di terreni agricoli e presentare domanda per ottenere i

contributi. Parliamo di circa 500 milioni che adesso non finiranno più a banche, assicurazioni, società

immobiliari ma direttamente a chi svolge l'impresa agricola. Si tratta di una scelta di equità e giustizia tanto

più che le risorse a disposizione sono 5 miliardi di euro in meno di quelli messi a disposizione dalla vecchia

programmazione. Ne ho parlato anche con le regioni giovedì scorso e dal nostro punto di vista è sacrosanto

operare questa scelta». Il premier ha annunciato che la nuova programmazione sarà pronta a metà maggio.

Che cosa cambierà? Dal mondo dell'agricoltura si alza forte la voce per una semplificazione delle

procedure.... Ministro, perdoni, ma è da anni che si parla di iniziative per sburocratizzare il sistema. Perché

questa dovrebbe essere al volta buona? Va bene Twitter ma le proposte dei cittadini o degli agricoltori che

fine faranno? «L'allargamento della black list è la prima scelta strategica di un programma sul primo pilastro

Pac che dovrà anche mettere a disposizione i fondi per interventi molto forti in diversi settori strategici.Dalla

zootecnia alla presentazione di un piano proteico-vegetale che punti anche ad invertire la rotta sulla soia:

adesso importiamo il 90 per cento del prodotto ed è tutta Ogm. Noi vogliamo investire sulla soia italiana Ogm

free. Poi ci sarà anche un piano di sostegno sull'olivicoltura e azioni su altre filiere». «Richiesta sacrosanta a

cui proviamo a dare risposta anche all'interno delle 18 azioni lanciate nei giorni scorsi con l'iniziativa

#Campolibero». «Perchè siamo determinatissimi. Abbiamo chiesto a tutti un con tributo di idee e progetti. Sul

sito del ministero c'è una call aperta dove si possono inviare suggerimenti e proposte. A l m o m e n t o d e l l

a n c i o s u Twitter l'hashtag #campolibero è stato il quarto argomento più twittato in Italia, cosa rara per una

materia agricola». «Sto ascoltando gli operatori. Inoltre per presentare suggerimenti, idee e progetti c'è tempo

fino al 30 aprile.Da maggio quelle azioni arricchite dai cittadini diventeranno provvedimenti concreti. Vogliamo

partire, ad esempio, dalla creazione del registro unico dei controlli e dall'allargamento dello strumento della

diffida prima dell'invio della sanzione amministrativa. Tutte azioni utili per semplificare la vita delle imprese».

52i miliardi Sono i fondi che il governo con le Regioni deve programmare per il periodo 2014 e 2020

Ha dettoL'Europa taglierà 5 miliardi , l'accesso ai contributi adesso avrà procedure più semplici Maurizio Martina

ministro delle Politiche agricole e forestali

13/04/2014 22Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 129

AEREI IL RISIKO DEI CIELI Il piano di tagli rallenta l'accordo Alitalia­Etihad La compagnia del Golfo è decisa a proporre la presidenza a Luca Montezemolo Abu Dhabi chiede unariduzione di 3000 dipendenti Oggi i sindacati da Lupi per trovare una mediazione GIUSEPPE BOTTERO TORINO Si tratta di limare gli ultimi dettagli. Ma in una trattativa come questa i dettagli contano parecchio. La

settimana decisiva per il futuro di Alitalia si apre con l'incognita legata ai tempi della lettera di intenti di Etihad:

fonti governative ritengono che arriverà già oggi, ma per il Cda della compagnia italiana, che dovrà esaminare

il piano ed è stato rinviato in attesa di sviluppi, la convocazione non è ancora scattata. Gli uomini di James

Hogan, numero uno della compagnia araba, hanno trascorso la domenica al lavoro, mentre i sindacati si

preparavano all'incontro di oggi con il ministro Lupi. Il titolare dei Trasporti, che nei giorni scorsi ha continuato

a rassicurare, presenterà alle sigle i dettagli sul costo del lavoro. La parola d'ordine è mediare. Il taglio dei

costi per Etihad è una priorità, da raggiungere attraverso la riduzione degli stipendi e la riduzione del

personale: le stime più pessimistiche arrivano a 3.000 sul totale di 14.000, ma è possibile che il sacrificio sia

meno doloroso: secondo quanto ricostruito si dovrebbe agire sulla Cassa a rotazione che, per 1500 posizioni,

potrebbe essere trasformata in Cig zero ore. Sarebbero coinvolti anche i circa 900 dipendenti in cig

volontaria. Tra le ipotesi su cui si starebbe ragionando potrebbe esserci anche il trasferimento di una parte

del personale dell'azienda (dipendenti particolarmente qualificati) ad un'altra società. In attesa di

comunicazioni dal Golfo, in Italia si combatte una battaglia politica. La Lega, attraverso il presidente della

Lombardia Maroni, mette dei paletti all'operazione. «Confermo l'interesse della Regione a rilevare quote della

Sea a condizione che Malpensa non venga distrutta. Finché non si chiarisce questo, la trattativa è sospesa»,

ha detto Maroni. «Per favorire Etihad e salvare Alitalia sarà sacrificata Malpensa. Il governo e Lupi lo sanno.

Se succede, reagiremo». Secca la risposta del sindaco di Milano Pisapia: «Se Maroni intende sfilarsi dalla

Sea non c'è problema. Saremo noi insieme alla società a difendere Linate e Malpensa, a valorizzare questi

due aeroporti e soprattutto ad attendere con ansia cosa ci dirà il ministro Lupi che ancora deve presentare il

progetto per gli aeroporti lombardi». Mentre va in scena il derby le trattative a distanza fra i due gruppi

proseguono, con le banche chiamate a recitare un ruolo importante. I numeri su cui si dibatte ormai circolano

da tempo: Etihad dovrebbe salire almeno al 40% di Alitalia con un esborso che dovrebbe essere nell'ordine di

almeno 500 milioni di euro, di cui 300 sottoscrivendo un aumento di capitale aperto anche agli altri soci e la

restante parte come forma di finanziamento. Dell'assetto della governance invece si discuterà quando la

trattativa sarà concretizzata: Etihad è decisa a proporre la presidenza di Alitalia a Luca Montezemolo, che in

queste fasi ha giocato un ruolo di mediazione in un'operazione importante per il futuro del Paese. Un'ipotesi

che potrebbe concretizzarsi nel caso si trattasse di assumere un ruolo non esecutivo.

500milioni La somma che Etihad sarebbe pronta a investire attraverso un aumento di capitale per il 40% di

Alitalia

3000posti a rischio Tra le condizioni poste dalla compagnia araba c'è una forte riduzione del costo del lavoro

4,8milioni Il fatturato di Etihad nel 2013. La compagnia ha trasportato 12 milioni di passeggeri

Foto: La lettera di Etihad è attesa per i primi giorni della settimana

14/04/2014 10Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 130

INTERVISTA tutto soldi mercati e gestori 5domande a Chi Lo Bnp «La Cina rallenta ma cresce sempre» [S. RIC.] Chi Lo, senior Economist, Greater China Bnp Ip, la Cina e i numeri sulla reale crescita del Paese allarmano i

mercati. Si tratta di preoccupazioni esagerate? «Se vuole, il governo cinese ha le risorse finanziarie per

spingere la crescita economica. La politica di Pechino però è cambiata e non punta più a una crescita

indiscriminata bensì alla ricerca di un incremento di qualità. Quindi sta implementando riforme strutturali e

riducendo investimenti eccessivi e questo provoca il rallentamento del prodotto interno lordo. Quest'anno noi

ci aspettiamo una crescita del 7,6% e per il decennio le nostre attese sono tra il 7 e l'8%. Gli investitori

tendono a pensare che dietro al rallentamento si nascondano problemi nell'economia cinese. Non è così,

quel che vediamo è solo frutto delle manovre del governo. Un male di breve termine che porterà a benefici di

lungo». Molti investitori sono usciti dal mercato asiatico e dalla Cina. Quale sarà il segnale che dirà che è

arrivato il momento di comprare di nuovo? «Questo trend si nota tra gli investitori retail mentre gli istituzionali,

che hanno il privilegio del lungo orizzonte, hanno approfittato dell'opportunità per posizionarsi sul fixed

income dell'Asia che negli ultimi 6-8 mesi offre ritorni del 5%. Per un riposizionamento su Asia e Cina

guarderei a consolidamento e volatilità». Perché mettere la Cina in portafoglio? «La ragione principale sta nel

fatto che la Cina è l'unica grande nazione che in questo momento sta portando avanti riforme strutturali.

Questo significa che le potenzialità di re-rating degli asset cinesi sono molto più rilevanti che in altri Paesi

sviluppati. La volatilità in questa fase di passaggio, che è solo al suo inizio, è una buona opportunità per fare

acquisti». Quali i settori a cui guardare? «I settori che offrono buone performance sono quelli legati ai

consumi interni, favoriti dalle riforme. Si tratta di comparti come quello del turismo, dei servizi medicali, le

assicurazioni e le telecom, per citarne alcuni». Avete appena lanciato un nuovo prodotto che scommette

anche sulla corsa del Rmb. Cosa vi aspettate? «Ci aspettiamo un rendimento medio tra il 4 e il 4,5 per cento

sul nostro Rmb short duration bond fund. Riteniamo che la recente correzione offra una buona opportunità

d'ingresso e questa è la ragione per cui abbiamo lanciato il nuovo fondo».

14/04/2014 27Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 131

tutto soldi l'intervista COSMESI "L'Oréal punta sull'Italia All'export il 92% dei prodotti" Il nuovo ad Scocchia: "Lo stabilimento di Settimo Torinese è il top del gruppo Ogni anno escono 320 milioni dipezzi con tecnologie verdi e zero CO 2" «Qui facciamo shampoo, mascara e fondotinta per 38 Paesi» LUIGI GRASSIA Èl'impero della bellezza più vasto del mondo: il gruppo L'Oréal non ha rivali nella cosmetica e fattura 23

miliardi di euro in 130 Paesi con 45 stabilimenti industriali, 77.400 lavoratori e 28 marchi (per esempio

Lancome, L'Oréal Paris, Vichy, Garnier, Biotherm, Kérastase, Redken, Yves Saint Laurent). Fa impressione il

numero dei suoi clienti sparsi per il pianeta: sono un miliardo. E impressiona ancora di più il piano di sviluppo:

raddoppiare a due miliardi entro 6 anni con un poderoso programmi di investimenti attraverso la crescita

interna e le acquisizioni. La casa madre è francese ma nel gruppo c'è anche molta Italia. Da gennaio

l'amministratore delegato di L'Oréal Italia è la ligure Cristina Scocchia. Cominciamo a presentare proprio lei.

Com'è arrivata al timone? «Ho quarant'anni e sono nata a Sanremo, sono sposata e mamma di un bambino

di 5 anni. Ho fatto la Bocconi a Milano ma ho cominciato a lavorare in Procter&Gamble già mentre studiavo.

Ho lavorato a Ginevra dove sono diventata responsabile dei prodotti cosmetici in più di settanta Paesi, sia

evoluti sia in via di sviluppo. E adesso eccomi in L'Oréal». Ci fa l'identikit de L'Oréal in Italia? «In Italia il

gruppo è attivo addirittura dal 1908 e adesso per L'Oréal questo è il quinto mercato in assoluto. Diamo lavoro

a 2 mila persone. Siamo presenti in tutti i canali di distribuzione (grande pubblico, lusso, prodotti da farmacia

e prodotti professionali, cioè quelli per i parrucchieri). L o stabilimento di Settimo Torinese lavora dal 1960 e

per L'Oréal è il primo al mondo per numero di pezzi prodotti: 320 milioni all'anno. E ha un altro primato: entro

il 2014 sarà a zero emissioni di CO2 e farà da esempio per tutti. Il magazzino è completamente

automatizzato e tutta la produzione è concepita per risparmiare acqua, materie prime ed energia». Ma la

branca italiana de L'Oréal è una semplice provincia dell'impero o ha un ruolo attivo? Per esempio, quello che

viene prodotto a Settimo viene anche esportato? «Viene quasi tutto esportato. Solo l'8% della produzione è

per il mercato interno mentre addirittura il 92% è per l'export. Quello che si fa a Settimo viene distribuito in 38

Paesi di quattro continenti. A Settimo produciamo, per tutto il gruppo, la linea polveri cosmetiche, (fondotinta

compatti, blush, ombretti, terre, mascara eccetera) e i prodotti per i capelli per le nostre marche della grande

distribuzione. A Settimo lavorano 400 persone. E il successo è dovuto anche alle aziende locali con le quali

collaboriamo: per esempio Pianeta nell'energia e diversi fornitori di tecnologie industriali soprattutto del

Piemonte e dell'Emilia». Parliamo di strategia. In un secolo e passa di vita L'Oréal è cresciuta anche per

acquisizioni, vero? «Sì, ma non grandi acquisizioni. L'Oréal va in cerca di gemme nascoste, cioè di marchi

piccoli ma di grande valore e grande potenziale, che poi acquisisce e fa crescere». È successo anche in

Italia? E succederà ancora? «Sì però negli anni recenti non abbiamo acquisito brand italiani. E non parlo di

eventuali acquisizioni future perché la politica aziendale non lo consente». Tutte le aziende italiane, di tutti i

settori, hanno patito per la crisi. Ma pare che i prodotti cosmetici siano fra le ultime cose di cui i consumatori,

e soprattutto le consumatrici, si privano quando devono tagliare i bilanci familiari. Allora si può dire che

L'Oréal abbia perso colpi per la recessione meno della media delle imprese? «Il mercato ha sofferto anche

nella bellezza. Meno di altri settori, ma ha sofferto, e in tutti gli anni della crisi. Ancora nel 2013 la cosmesi in

Italia ha perso l'1,3% del fatturato, e anche L'Oréal nel nostro paese è in flessione dal 2009. Adesso si

prospetta la ripresa economica generale e noi abbiamo un piano per far tornare L'Oréal alla crescita.

Dobbiamo mettere il consumatore al centro delle nostre strategie e rendere più semplici le nostre gamme di

offerta. Continuare ad investire anche in pubblicità, anche se L'Oréal è già al settimo posto in Italia per

investimenti pubblicitari. Bisogna tener presente una cosa: la crisi finirà ma il consumatore non sarà più lo

stesso. Ci sono stati dei cambiamenti irreversibili e questo vale non solo per la cosmesi». Cambiamenti di che

tipo? Forse si riferisce a un abbassamento dei redditi strutturale e non contingente? «C'è molta più attenzione

al prezzo ma coniugata con la ricerca della qualità. Un 30% delle famiglie italiane ormai è a basso reddito,

14/04/2014 1,25.28Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 132

anzi sulla soglia della povertà, ma c'è anche un 35% che pur essendo di reddito medio o medio-alto ha

acquisito durante la crisi l'attitudine dello "smart consumer", cioè prova gusto ad andare alla ricerca delle

occasioni, ma occasioni di qualità. Perciò nella bellezza l'hard discount non funziona. C'è un'altra cosa nuova

che i consumatori pretendono: comportamenti etici da parte delle imprese. Anche per questo è importante per

L'Oréal avere degli alti standard di responsabilità sociale e ambientale, come quelli di cui andiamo orgogliosi

nella stabilimento di S ettimo. E poi c'è stata persino un'evoluzione del concetto di bellezza: negli Anni 80 e

90 si puntava alla bellezza perfetta, adesso le testimonial pubblicitarie trasmettono metamessaggi più

complessi. A volte sono avanti negli anni, come Jane Fonda. Si cerca la donna dietro la bellezza». Ma

quando nel vostro settore si decide: «Ecco, la crisi è finita per cui adesso avviamo una strategia di

espansione», come ci si muove in pratica? Come lei ha appena detto, pubblicità ne fate già tanta, prodotti ne

avete già a migliaia. Allora che cosa state facendo di nuovo per rilanciarvi? «Fra i grandi vantaggi di far parte

di un gruppo internazionale c'è avere alle spalle un apparato di ricerca scientifica che nel solo 2013 ha

portato L'Oréal a depositare 624 nuovi brevetti. La ricerca è importante perché quel che si mette sul viso, sui

capelli e sul corpo deve essere sicurissimo e dobbiamo offrire si consumatori il massimo dell'innovazione».

Eh sì immagino. Figuriamoci i rischi legali se non ci fosse la sicurezza assoluta. «Stiamo lanciando sul

mercato molecole nuove per diversi obiettivi, dal ringiovanimento della pelle all'ispessimento dei capelli. E un

altro vantaggio del nostro gruppo internazionale è avere a disposizione 28 marchi fra cui selezionare i prodotti

più adatti al consumatore italiano. Non possiamo essere bulimici, in ogni mercato nazionale dobbiamo fare

delle scelte e puntare sui prodotti giusti». Perché, capita che una cosa prodotta in un Paese vada male in un

altro? «Sì. Esistono differenze antropologiche e fisiche. Una brasiliana non comprerebbe mai gli stessi

cosmetici di una giapponese o di una francese perché sulla sua pelle avrebbero un effetto diverso. Poi, per

fare un esempio, i capelli crespi richiedono trattamenti diversi da quelli lisci e ormai lo sanno bene le

parrucchiere con tante clienti africane che ci sono in Italia. Ma non contano solo le differenze fisiche, sono

importanti anche quelle culturali. Di recente abbiamo ritirato dal mercato italiano un prodotto che in Francia

(Paese molto simile all'Italia) aveva avuto un grande successo e da noi invece no. E anche all'interno

dell'Italia ci sono grandi differenze fra i consumatori: Nord e Sud, città e provincia oltre che (adesso) etnie

diverse». Quanto è centrale per voi il premio mondiale For Women in Science, che è reputato come ormai un

Nobel della scienza al femminile? «Ne siamo fieri. In Italia è alla dodicesima edizione, quest'anno ha avuto il

record di progetti. La vincitrici riceveranno 15 mila euro ciascuna per realizzare le loro ricerche».

LA STRATEGIA COME CAMBIA IL MERCATO Cresciamo anche per acquisizioni ma solo di aziende piccole

L'azienda cerca gemme nascoste cioè marchi di grande potenziale che poi compra e sviluppa Si diffonde

l'attitudine dello «smart consumer» che vuole le occasioni ma anche la qualità. Perciò nella bellezza l'hard

discount non funziona

L'impero della bellezza Il gruppo L'Oréal è il numero uno al mondo nel settore della cosmesi Ha un

fortissimo apparato di laboratori scientifici che creano sempre nuove molecole Solo nel 2013 L'Oréal ha

registrato 624 brevetti. Il suo premio mondiale «For Women in Science» (in collaborazione con l'Unesco) ha il

rango di un Nobel al femminile

miliardo I clienti de L'Oréal nel mondo. Il piano di sviluppo prevede il raddoppio a 2 miliardi entro il 2020

130Paesi La presenza del gruppo nel globo. L'Italia per L'Oréal è il quinto mercato e uno dei principali poli

produttivi

I numeriIl gruppo L'Oréal in Italia e nel mondo 23 miliardi di euro Il fatturato globale 45 Stabilimenti industriali

77.400 Lavoratori 2.000 Collaboratori in Italia 1908 L'arrivo sul mercato italiano 1960 L'avvio della produzione

a Settimo Torinese 400 Lavoratori nello stabilimento 92% Di produzione destinato all'export

Foto: Cristina Scocchia

14/04/2014 1,25.28Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 133

IL JOBS ACT DI POLETTI FORMATO NESTLÈ Massimo Giannini Il sanguigno pragmatismo emiliano del ministro Poletti aiuta, in una stagione densa di tante promesse e di

troppe parole. Ma è forte la sensazione che anche sul fronte del lavoro nelle strategie del governo ci siano

confusione e contraddizione. Si continua a evocare il Jobs Act renziano, con un'enfasi che lo ha trasformato

già in leggenda. Il testo è stato appena depositato in Parlamento. È una legge delega, sulla quale le Camere

si eserciteranno con la consueta solerzia. Fa fede la legge delega sul fisco, appena giunta al traguardo: ci

sono voluti due anni di discussione, tra Camera e Senato. Nel frattempo che succede al disperato esercito

dei disoccupati e degli inoccupati, dei sottoccupati e dei precari? Per ora l'unica cosa certa è il decreto legge

34, che ha corretto la riforma Fornero sui contratti a tempo determinato, introducendo un'ulteriore flessibilità

in entrata con il meccanismo dei 36 mesi e delle otto proroghe. Una misura non proprio miracolosa, se è vero

che nel Def si calcola un impatto sul tasso di occupazione pari allo 0,2% e un effetto di spinta sui consumi

pari allo 0,4% del Pil. Ma a prescindere dalle conseguenze sul ciclo, quella che si fatica a comprendere è la

direzione di marcia. Nell'intervista uscita venerdì scorso su "Repubblica", Poletti spiega a Paolo Griseri che

l'obiettivo del governo è rendere più convenienti per le imprese le assunzioni a tempo indeterminato. «Oggi -

sostiene il ministro del Lavoro - un contratto a tempo determinato costa l'1,4% in più di uno a tempo

indeterminato. Diciamolo: è troppo poco... Se un contratto a tempo determinato costasse il 10 o il 15% in più

di uno a tempo indeterminato, ecco che le cose potrebbero cambiare. Se io azienda, dopo alcuni periodi di

assunzione a tempo determinato, mi trovo bene con un ragazzo, posso pensare che mi convenga assumerlo

a tempo indeterminato perché così risparmio». Parole sante. Ma allora perché il decreto 34 che lo stesso

Poletti considera «uno dei pilastri della mia proposta» e dunque «non modificabile» - va esattamente nella

direzione contraria? E poi che senso ha continuare a ragionare sulla distinzione tra contratti a tempo

determinato e contratti a tempo indeterminato, se nel mitico Jobs Act si contempla a regime un contratto

unico a tutele crescenti? Il cortocircuito, logico e politico, è evidente. Lo denunciano giustamente Mario

Seminerio su Phastidio.net e gli economisti su lavoce.info. Tutti insieme, giriamo a Renzi il quizzone: è

dunque il decreto lavoro, che liberalizza i contratti a tempo determinato, la vera e unica «riforma strutturale»

del lavoro? La flexsecurity scandinava va benissimo, e la vogliamo tutti. Me se invece l'Italia punta sul

modello Nestlè, che propone ai suoi dipendenti il precariato a vita, allora bisognerà pure che qualcuno lo

spieghi ai nostri giovani. [email protected]

14/04/2014 1Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 134

[ IL COMMENTO ] La Terra Promessa del Def Stefano Micossi Confesso subito il mio pregiudizio: non so se il governo riuscirà nei suoi intenti, non so se i conservatori

acquattati dappertutto lo fermeranno, ma il passo di carica con cui Renzi si è messo al lavoro mi riempie di

ottimismo, un sentimento che mi mancava, nell'analisi delle cose italiane, da quando il centro sinistra liquidò il

governo Prodi, negli anni novanta, chiudendo la stagione riformatrice aperta dai governi Amato e Ciampi. Poi

siamo sempre andati a marcia indietro, non a caso rischiando di nuovo il default collettivo. Il DEF ci propone

una strategia ben disegnata, con le misure urgenti per rafforzare l'economia e la fiducia (gli 80 euro al mese

in tasca a 10 milioni di persone, l'acconto di flessibilità sul mercato del lavoro e l'iniezione di liquidità nel

sistema con il pagamento dei debiti arretrati delle amministrazioni pubbliche) da un lato. segue a pagina 10

La fissazione di ambiziosi obiettivi di riforma strutturale dell'economia dall'altro. In parallelo, si attaccano

finalmente con decisione i problemi di governabilità del nostro sistema politicoistituzionale - che per

l'economia sono importantissimi - incominciando con la nuova legge elettorale, il superamento del

bicameralismo perfetto e la revisione del nostro sgangherato federalismo. Particolarmente felice mi pare

l'impostazione generale, costruita sulle due gambe del rispetto dei vincoli europei - pur con la richiesta di

margini di flessibilità temporale - e dell'annunciata intenzione di utilizzare il semestre di presidenza italiana

dell'Unione per avviare una revisione delle strategie europee di politica economica, gravemente monche sul

fronte della crescita. Qualche questione, tuttavia, la vorrei sollevare. Una, più piccola, riguarda le coperture

per gli interventi fiscali che verranno decisi per decreto: 2,2 miliardi, sui 6,7 necessari per coprire gli sgravi

fiscali, vengono da misure una tantum, poi da sostituire con tagli di spesa nel 2015. Valuterei attentamente se

sia una buona idea trovarne la metà colpendo di nuovo le banche, a fronte della rivalutazione delle quote di

possesso nella Banca d'Italia. Quella rivalutazione, che non ha comportato per le banche alcuna nuova

entrata, aiuta ad allentare la morsa dei requisiti di capitale sulla capacità di fare credito, in una fase

congiunturale difficile. Il precedente governo aveva già colpito l'operazione per un miliardo, oltre ad applicare

al comparto un' addizionale dell'8,5 per cento sul reddito del 2013. Ma davvero non si può trovare un altro

miliardo di tagli di spesa? Una questione più generale sulla quale il DEF mantiene le carte coperte - pur

annunciando l'esigenza di nuovi interventi quest'estate per garantire il pareggio strutturale - riguarda le

proiezioni sulla spesa pubblica nel quadro programmatico (abbiamo solo, se leggo bene, quelle della spesa a

legislazione vigente). I tagli di spesa annunciati dal DEF ammontano, al 2016, a 32 miliardi. A fronte di essi,

una slide tra quelle presentate da Cottarelli in parlamento ci ricorda che, oltre ai 10 miliardi di sgravi già

decisi, vi sono circa 15 miliardi di coperture da trovare (sempre al 2016) per varie clausole di salvaguardia e

sottostime delle spese ereditate dai precedenti governi. Inoltre, vi è un rischio concreto che il governo debba

restituire i proventi della Robin tax e il contributo di solidarietà sulle pensioni degli impiegati pubblici, entrambi

a rischio di incostituzionalità. Nel complesso, si tratta di non meno di venti miliardi. Dunque, i margini per

sostanziosi tagli al cuneo fiscale, indispensabili per la crescita, sono assai ristretti. Per fare meglio, si dovrà

incidere più severamente sulle cosiddette tax expenditures e sui sussidi vari, nascosti nelle pieghe del

bilancio, a imprese pubbliche e private; la legge di delega fiscale recentemente approvata consente già di

agire. Si potrebbe approfittare dell'occasione anche per liberarsi una volta per tutte delle molte distorsioni

introdotte nel sistema fiscale da oltre un decennio di interventi ad hoc escogitati per inseguire una spesa fuori

controllo, ma anche per favorire interessi ritenuti, a torto o a ragione, più sensibili. L'ombra più lunga sulla

realizzazione dei programmi del governo riguarda, naturalmente, la disponibilità di questo parlamento ad

approvare le incisive riforme delineate nel DEF. Questa è la domanda insistente che ci viene rivolta

dall'estero, in primo luogo dagli investitori che stanno di nuovo dandoci fiducia. Vi sono pochi dubbi che Renzi

stia indicando al paese la via giusta, ma anche che molti rappresentanti in parlamento e amministratori

pubblici del suo partito, il grosso del sindacato, e parti consistenti del mondo economico che hanno

14/04/2014 1Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 135

prosperato all'ombra della spesa pubblica, lo aspettano al varco per farlo inciampare. Su questo, è importante

che il nostro energico premier non rallenti il passo: può contare sul consenso crescente dell'opinione

pubblica, oltre che sul sostegno pieno delle cancellerie e delle istituzioni europee. Se gli mancheranno i

numeri in parlamento, non sarà un gran danno andare a votare: il risultato secondo me lo favorirebbe.

Foto: ffari & Finanza tornera' in edicola lunedì 28 aprile a tutti i lettori l'augurio di Buona Pasqua

14/04/2014 1Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 136

Servono davvero diciannove Authority? Eugenio Occorsio C'è chi la spending review se la sta già facendo in casa. L'Antitrust aveva otto macchine di servizio nel 2011

(una Bmw serie 5, quattro Renault Megane, una Citroen C5, due Passat) e oggi si è ridotta a una Delta,

perdipiù in via di sostituzione con un'Opel Astra, una Panda e due Punto. E le spese di funzionamento sono

scese da 57 a 52 milioni. Anche l'Ivass (assicurazioni) fra il 2012 e il 2013 ha autoridotto il suo budget del

2,5% da 55,6 a 54,3 milioni. L' authority per l'energia, malgrado le sia stata aggiunto il controllo sull'acqua, ha

tagliato del 10% le spese nell'ultimo anno. Altre vedono ridursi il bilancio loro malgrado: perfino

l'Anticorruzione è scesa da 4,6 a 4,2 milioni in 12 mesi. Insomma, nonostante Cottarelli non abbia nominato

esplicitamente questa o quella da tagliare (come ha fatto con altri enti pubblici tipo Cnel o Enit), l'ombra della

spending review aleggia minacciosa sulle authority , l'eterogeneo insieme di corpi amministrativi indipendenti

che regola, vigila, garantisce una serie di diritti e funzioni chiave nella vita dal Paese sottraendoli al controllo

diretto della politica. Il tutto per garantire imparzialità e tutela del cittadino. Ma quante sono le authority ? E

quali sono realmente funzionali ed efficienti? «Ci sono 19 authority, più dei ministeri, interverremo», ha

tuonato il premier Renzi presentando il Def. Ma di più non ha aggiunto. È vero che sono tante, probabilmente

troppe, ma per la verità non è facile arrivare a 19 facendo un censimento ragionato delle authority . Proviamo

a vedere categoria per categoria. segue alle pagine 2 e 3 Nel grafico a fianco c'è la distinzione per funzione

delle authority. Il totale dei budget supera il miliardo, ma è una somma teorica perché diverse authority si

autofinanziano, altre contribuiscono all'erario con le multe, altre sono in attivo. Molte sono indispensabili:

Bankitalia, Consob, Privacy, Antitrust e altre. «Affrontiamo le sfide della società digitale con un ufficio di

ridotte dimensioni come personale, che deve avere alti requisiti di competenza, nonché carente di risorse

economiche», accusa Antonello Soro, Garante della privacy . «Abbiamo un obbligo imposto dai trattati

europei». In effetti con 130 dipendenti e un budget di 21 milioni, il rendiconto 2013 è corposo: 411

accertamenti con il supporto della Guardia di Finanza presso call center , banche dati, centrali di

telemarketing, multe riscosse per 4 milioni, 850 procedimenti avviati (a fronte dai 578 del 2012), 71

segnalazioni ai magistrati per violazioni penali. Il Garante della privacy si autofinanzia solo in parte: del

budget, 8,5 milioni arriva dallo Stato e 12 milioni dal fondo di perequazione fra le authority , in base al quale le

più ricche aiutano le più povere. Grazie allo stesso meccanismo di solidarietà si finanzia l 'Autorità di garanzia

sugli scioperi , ma qui cominciano i dubbi: «Non vedo perché le sue funzioni non debbano essere svolte dal

ministero del Lavoro», sostiene Carlo Scarpa, economista dell'Università di Brescia. Il ministero, peraltro, ha

dimezzato da 2 a 1 milione il suo contributo. Roberto Alesse, che dell'authority, una trentina di dipendenti, è il

presidente, rivendica: «Solo nel 2013 ci siamo pronunciati sulla legittimità di 2300 proclamazioni di sciopero e

di questi ne sono stati effettuati 1340. La legge che noi applichiamo, la 146 del 1990, sul diritto di sciopero nei

servizi pubblici, ha prodotto effetti positivi sul piano della civilizzazione del conflitto collettivo di lavoro».

Ancora più nebulosi i meriti di un'altra authority, quella per l 'Infanzia e l'adolescenza . Ferma restando la

gravità dei problemi, sembra una sovrapposizione intanto con i lavori della magistratura, e poi delle tante

associazioni private che si occupano del problema. La presiede da due anni Vincenzo Spadafora, classe

1974, già presidente della società Terme di Agnano, docente di Scienze della Comunicazione a Roma, infine

perfino presidente dell'Unicef. Anche l 'Agenzia delle Entrate ha ritenuto di dover creare una sua authority,

"Diritti del contribuente". Ma altro non è che una serie di uffici regionali che raccolgono reclami, e in tanti

sostengono che sarebbe bene - per risparmiare tutte le spese di struttura - che rientrassero nell'Agenzia

stessa, che dispone ovviamente di altrettanti sportelli locali. In un momento di transizione si trova la Civit,

"commissione per l'integrità amministrativa": creata nel 2009 dall'allora ministro della Funzione Pubblica,

Renato Brunetta, apertamente per dichiarare guerra ai "fannulloni" dei ministeri ma poi rimasta sempre nel

vago quanto a funzioni (salvo elaborare discutibili indici di "performance e qualità"), si sta ora trasformando in

14/04/2014 1Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 137

un'authority seria, l' Anac sull'Anticorruzione, con 4,5 milioni di budget, alla quale Renzi ha nominato Raffaele

Cantone, il giudice-eroe che fa la guerra ai Casalesi e sta affrontando il non meno tortuoso percorso delle

approvazioni da parte dei diversi organi del caso. E che dire dell 'Agid ( Agenzia per l'Italia digitale)? Ha una

storia lunga, deriva dal Cnipa, poi diventato Aipa, poi DigitPa, tutti organismi di promozione e controllo per

l'automazione della pubblica amministrazione, per la posta elettronica certificata, per il digital divide . Infine da

un paio d'anni ha assunto l'attuale denominazione, ma vista la sua identità quanto meno indefinita, molti ne

raccomandano la confluenza nell'AgCom oppure, visto che a differenza delle altre ha compiti di promozione

industriale, semplicemente il reingresso nel ministero dello Sviluppo. La stessa AgCom regolamenta

l'universo della comunicazione, dai cellulari alle televisioni. E ha un senso preciso quale authority perché

regolamenta un settore anticamente dominato da alcuni monopoli, «in cui non so perché gli operatori sono

molto litigiosi», commenta il presidente A n g e l o C a r d a n i . «Per di più dobbiamo fronteggiare un

continuo ampliamento del perimetro delle attività da parte delle imprese tecnologiche grazie all'espansione

dei servizi Ip, e poi le continue rivoluzioni dei vari comparti». Le risorse per affrontare questi complessi

compiti comunque non mancano: il personale è di 368 unità (la pianta organica sarebbe di 419) e, così come

le altre due autorità di regolazione (energia e trasporti), l'AgCom incassa un contributo dagli operatori regolati,

pari in questo caso per il 2014 all'1,4 per mille dei ricavi. Il bilancio per quest'anno prevede entrate

complessive per 76,2 milioni e stima spese per 83,8 milioni. Il pareggio è assicurato dagli avanzi precedenti.

Anche la Banca d'Italia , ora che ha perso le funzioni di istituto di emissione, viene assimilata ad un' authority

di controllo in materia bancaria, ed è strettamente incardinata alle assicurazioni vigilate dall' Ivass , nata due

anni fa sulle ceneri dell' Isvap con caratteristiche di totale indipendenza dalle compagnie a differenza del

predecessore. Il presidente dell'Ivass, 350 dipendenti, è lo stesso direttore generale di Bankitalia, Salvatore

Rossi, che spiega: «Il nostro modello è quello francese, e rimarca le profonde assonanze fra banche e

assicurazioni. Noi vigiliamo sui criteri di formazione delle tariffe, sulla solidità patrimoniale delle compagnie,

sui rapporti con la clientela». Rimangono fuori gli accordi di cartello che spettano all'antitrust. «Ritengo

soddisfacente il grado di solidità conseguito dal settore. E quanto al rapporto con i clienti, io mi sono finto

spesso un cittadino danneggiato, ho telefonato al nostro call center e ho sempre avuto un ottimo risultato

dalle mie proteste», racconta Rossi. Autorità "cugina" è quella sui fondi pensione, la Covip : vigila da

quest'anno, con 78 dipendenti e 11 milioni di budget non più solo sui 1.491 fondi esistenti (con 6,2 milioni di

iscritti) ma anche sulle casse previdenziali in coordinamento con il ministero del Lavoro. Ci sono spinte

perché le sue funzioni vengano assorbite dalla stessa Ivass, ma il presidente Rino Tarelli, un ex sindacalista

della Cisl, tiene duro e sostiene la «finalità sociale del settore, sancita dai principi costituzionali e non

accomunabile a quella propria dei mercati finanziari». Finalità meno sociali ha l' Avcp , che vigila sui contratti

pubblici. Ha una storia controversa: creata all'indomani di Tangentopoli per domare il male della corruzione

nelle gare, presieduta da Sergio Santoro, giudice amministrativista e presidente di sezione del Consiglio di

Stato, pur avendo nei soli ultimi tre anni presentato 20 denunce alla Procura e 47 alla Corte dei Conti, non

sembra aver centrato il suo obiettivo. Almeno di questo è convinto il ministro delle Infrastrutture, Maurizio

Lupi, che ne ha chiesto a viva voce la chiusura senza però dare garanzie che la vigilanza migliorerebbe. Ci

sono authority che non gravano sui bilanci pubblici. «Noi garantiamo - spiega Guido Bortoni, presidente dell

'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico che gli investimenti e la gestione delle infrastrutture

vadano davvero a beneficio del consumatore. Creiamo benchmark , obiettivi minimi, criteri di salvaguardia

delle aree svantaggiate e formazione delle tariffe». Su 45 miliardi di fatturato delle aziende del settore, metà è

influenzato dalle decisioni dell'authority, il che basta a spiegare l'importanza dell'indipendenza dalla politica.

Come l'AgCom e la neocostituita Autorità dei trasporti, si finanzia con i contributi dalle imprese vigilate:

quest'anno ha chiuso in pareggio un bilancio di 100 milioni tondi grazie agli avanzi di 20 milioni precedenti.

C'è infine la regina di tutte le authority , l' Antitrust . «Il nostro presidio è essenziale per la competitività del

Paese - afferma il presidente Giovanni Pitruzzella - e il benessere dei consumatori. Garantire la concorrenza

dagli abusi e dalle intese illecite aumenta la vitalità dell'economia e dà spazio a nuove energie». Un'attività

14/04/2014 1Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 138

che è in rilancio: fra gennaio e marzo di quest'anno le multe per violazioni alle norme di concorrenza hanno

già superato con 184,5 milioni tutte quelle comminate l'anno scorso (112,8 milioni). E quelle per la tutela dei

consumatori sono state pari a 5,4 milioni contro 7,6 dell'intero 2013. Le multe peraltro vanno alla fiscalità

generale: l'Antitrust, che ha 250 dipendenti e 60 milioni di budget, si finanzia invece con i contributi dello 0,06

per mille (era lo 0,08 fino all'anno scorso) del fatturato delle società con ricavi superiori a 50 milioni. È

anch'essa un'authority "ricca" che deve finanziarie quelle "povere". Tutte, finché restano così tante.

[ LA SCHEDA ] Matteo Renzi (a destra), e le principali authority: per arrivare al numero di 19 indicato dal

premier (che non ha specificato a quali si riferisse) occorre aggiungere le tre authority cessate o mai

costituite: fondazioni bancarie, autostrade e terzo settore Qui sopra Giovanni Pitruzzella dell'Antitrust (1);

Antonello Soro della Privacy (2); Salvatore Rossi dell'Ivass (3); Angelo Cardani dell'AgCom (4)

Andrea Camanzi, presidente dell'autorità di regolazione dei Trasporti: istituita l'anno scorso è pienamente

operativa solo da gennaio del 2014

Foto: Nel grafico i dati sulla Commissione Ue, più tenace degli Usa nella lotta agli abusi

14/04/2014 1Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 139

[ LE NOMINE, DALL'ENI ALLE POSTE ] PpSs, arrivano i Renzi-boys la nuova mappa del potere Marco Panara L'ultima ondata di panico è scattata la sera di mercoledì 9 aprile, quando Matteo Renzi, nella veste di

segretario del Partito Democratico, ha rivoluzionato in pochi minuti le liste dei candidati del Pd alle elezioni

europee. Senza sentire nessuno. Da quella sera le poche certezze che qualcuno riteneva di avere sul futuro

proprio o dei propri candidati al vertice di Eni o Enel, Terna, Poste o Finmeccanica si sono trasformate in

vapore e dissolte nell'aria. La prima ondata di panico invece risale a meno di due mesi fa, quando nel giro di

pochi giorni si è chiuso il ciclo di Enrico Letta e aperto quello di Matteo Renzi. Allora fu perché molti, se Letta

fosse rimasto al suo posto, avrebbero avuto buone chance di essere confermati. segue alle pagine 4 e 5 E

comunque perché il processo sarebbe stato prevedibile, negoziato, sostanzialmente in linea con la tradizione.

Con Renzi dal giorno del suo giuramento sono cambiati i metodi, come si è visto già con la formazione del

suo governo, e quello che prima era prevedibile e in parte gestibile è diventato meno prevedibile e meno

gestibile. La scelta dei capilista alle europee ha dato il colpo finale: gli aggettivi in voga oggi sono

imprevedibile e ingestibile. In sostanza i nomi di chi guiderà per i prossimi tre anni le grandi aziende a

controllo pubblico li sa solo lui, o forse li saprà solo lui quando, nel pomeriggio di oggi, farà le sue scelte e

dopo la chiusura delle contrattazioni in Borsa le renderà pubbliche. Così almeno ha annunciato venerdì

scorso parlando al Salone del Mobile a Milano. Forse indicherà tutti i nomi, sicuramente quelli per l'Eni la cui

assemblea è fissata per l'8 maggio e le cui liste per il rinnovo del consiglio di amministrazione devono essere

depositate 25 giorni prima (la scadenza sarebbe il 13, ma poiché è domenica si slitta al 14). Erano nove anni

che non c'era un giorno così. Nella primavera del 2005 - Silvio Berlusconi al governo - Paolo Scaroni, Fulvio

Conti e Flavio Cattaneo furono indicati come amministratori delegati rispettivamente di Eni, Enel e Terna,

Massimo Sarmi fu confermato alle Poste, mentre in Finmeccanica già regnava Pier Francesco Guarguaglini.

Nelle due tornate successive quei nomi furono tutti confermati. Questa volta invece si cambia, lasceranno le

loro poltrone tutti gli amministratori delegati e tutti i presidenti (salvo forse Gianni De Gennaro a

Finmeccanica). Un cambio di verso potente per un bel pezzo dell'industria e dell'economia italiana e,

soprattutto, un indicatore altrettanto potente del tipo di rapporto che il nuovo presidente del Consiglio ha o

intende avere con il mondo dell'industria e della finanza e con i vecchi burattinai che in quel mondo, nella

parte ex partecipazioni statali ma non solo, hanno fino a ieri dettato legge e oggi non si sa. Appunto: le scelte

di Renzi saranno l'indicatore più rilevante per capire se i vecchi burattinai contano ancora e quanto, oppure

no. E forse ci aiuteranno a capire anche se ce ne sono di nuovi che si stanno facendo le ossa. Per il

presidente del Consiglio questa tornata di nomine, essendo la massima espressione del suo potere diretto, è

anche la massima prova. Le riforme istituzionali e le scelte di politica economica ci possono dire qualcosa

(non ancora abbastanza) dell'idea che ha dell'Italia, le nomine ci diranno tutto dell'idea che ha del potere,

della sua autonomia nell'esercitarlo e se quell'eventuale autonomia è avventurista, come temono molti,

dilettantesca, come sostengono altri, oppure solida e consapevole. E' un potere caldo questo, pieno di

implicazioni che vanno dalla politica energetica a quella estera a quella militare, che toccano interessi

giganteschi e incrociano stati maggiori e servizi segreti, geopolitica e investimenti e posti di lavoro. Da lunedì

sera avremo un strumento in più per capire: la lista dei nomi. Quanto al metodo ci sono alcune indicazioni. La

prima è partita dal Senato, il 19 giugno dello scorso anno, con l'approvazione a larga maggioranza e con

l'intesa della presidenza del Consiglio (allora Enrico Letta si era da poco insediato a Palazzo Chigi) di una

direttiva che forniva al Ministero dell'Economia i criteri di eleggibilità e gli indirizzi da osservare nella

procedura di selezione dei vertici delle società direttamente o indirettamente controllate. Quella direttiva, che

fu subito fatta propria dall'allora ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni, prevede i requisiti di onorabilità

e i casi di incompatibilità, nonché una procedura trasparente dei candidati, affidata al Dipartimento del Tesoro

che avrebbe dovuto avvalersi della consulenza di reputate società di cacciatori di teste. Così è stato, sono

14/04/2014 1Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 140

state ingaggiate Spencer Stuart Italia e Korn Ferry International che hanno predisposto le loro liste nel

rispetto dei requisiti indicati, compresi quelli di genere previsti per i consigli di amministrazione delle società

quotate. La seconda indicazione è arrivata ancora una volta dal Senato, e specificamente dalla Commissione

Industria, Commercio e Turismo presieduta da Massimo Mucchetti, che al termine di una indagine conoscitiva

che ha previsto anche le audizioni degli amministratori delegati delle principali società, l'8 aprile, mercoledì

scorso, ha approvato con una maggioranza trasversale e con l'assenso del governo, rappresentato per

l'occasione dal vice-ministro dell'Economia Enrico Morando, una risoluzione che impegna il Governo a

impostare su base meritocratica la formazione delle liste, a subordinare l'eventuale riconferma degli uscenti ai

risultati fin qui conseguiti e comunque entro il limite di tre mandati, a scegliere presidenti indipendenti, a

prevedere una riduzione degli emolumenti degli amministratori (legandoli anche all'aumento dei salari medi

nelle aziende da loro guidate), a rispettare i requisiti di onorabilità. I tre mandati alle spalle escludono Conti,

Scaroni, Sarmi e Cattaneo; per Scaroni, indagato, scattano anche i requisiti di onorabilità. La terza

indicazione sul metodo la possiamo trarre dai meccanismi di formazione del governo. In quell'occasione

Renzi decise i nomi dei ministri praticamente da solo insieme al Presidente della Repubblica e lasciò

l'indicazione dei sottosegretari ai partiti della maggioranza. Se ne può dedurre che sceglierà da solo gli

amministratori delegati, lasciando un po' di spazio per i presidenti e mano libera ai partiti sui consiglieri di

amministrazione (all'interno delle liste predisposte dai cacciatori di teste e rispettando i requisiti di

professionalità). Il punto più difficile da chiarire è: quanto da solo? Avrà condiviso con Angelino Alfano, con

Gianni Letta, con Pierferdinando Casini? Con Giorgio Napolitano? Ancora una volta le liste per le europee ci

dicono qualcosa, ovvero che la scelta è stata imprevedibile e personale, ma ha tenuto conto degli equilibri

interni del partito e dei suoi sistemi di potere. Scopriremo lunedì se lo schema sarà replicato anche in questa

occasione. A questo punto i nomi che circolano hanno una base di probabilità ma nessuna certezza. Il

totonomine dà in buona posizione Claudio Descalzi e Giampiero Massolo per l'Eni e Francesco Starace per

l'Enel; vede sostanzialmente appaiati Domenico Arcuri e Giuseppe Giordo per Finmeccanica; Francesco Caio

e Monica Mondardini per Poste o per Terna. Ipotesi. Qualcosa più di una ipotesi è il fatto che chiunque sia

nominato guadagnerà meno dei suoi predecessori. E dovrà farsene una ragione, perché gli amministratori

delegati che si apprestano a lasciare le loro poltrone potranno farlo a cuor leggero. Del potere certo

sentiranno la mancanza, del denaro no di certo. Fulvio Conti nei suoi nove anni alla guida dell'Enel ha

cumulato emolumenti di varia natura, compresi i diritti maturati e che incasserà con la sua uscita, pari a 34,9

milioni di euro, Paolo Scaroni nello stesso periodo oltre 45 milioni, Flavio Cattaneo 23,2 milioni. Alessandro

Pansa, l'unico che perderà il suo posto dopo solo un anno da amministratore delegato, ha portato a casa

"solo" 1,2 milioni, ovvero il suo stipendio da direttore generale, avendo rinunciato al compenso da

amministratore delegato e ad ogni indennità per il ritiro delle deleghe. Il Senato non ha inserito nella sua

indagine le Poste e quindi non sappiamo a quanto ammontino gli emolumenti complessivi di Massimo Sarmi

per i suoi dodici anni (quattro mandati) al vertice della società. Nel complesso, dall'indagine della

Commissione Industria del Senato emerge che in termini di ritorno totale per l'azionista (TSR, total

shareholder return ) sono andati meglio dei settori di riferimento Terna durante la gestione Cattaneo e

Finmeccanica nell'anno di gestione Pansa. Hanno invece fatto peggio della media del loro settore Eni ed

Enel.

CLAUDIO DESCALZI capo del settore Esplorazione Eni: candidato al ruolo di ad del gruppo petrolifero

FRANCESCO STARACE ad di Enel Green Power potrebbe prendere il posto di Conti come ad Enel

FRANCESCO CAIO ex Mr Agenda Digitale e Avio potrebbe finire alla guida di Terna o di Poste

[ ENI ] Da sostituire Paolo Scaroni (ad) e Giuseppe Recchi (presidente)

[ ENEL ] In uscita Fulvio Conti (ad) e Andrea Colombo (Enel)

[ TERNA ] In gioco le poltrone di Flavio Cattaneo (ad) e del presidente Luigi Roth

[ POSTE ] Da rinnovare le posizioni di Massimo Sarmi (ad) e Giovanni Ialongo (presidente)

14/04/2014 1Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 141

[ FINMECCANICA ] In uscita l'ad Alessandro Pansa, dato per stabile il presidente Francesco De Gennaro

Foto: Da sinistra in alto: Claudio De Scalzi, Francesco Starace, Francesco Caio, Giampiero Massolo,

Domenico Arcuri, Giuseppe Giordo

Foto: L'andamento in Borsa di Eni ed Enel: i due principali gruppi energetici del Paese rinnoveranno tutti i

vertici fra pochissimi giorni

Foto: GIAMPIERO MASSOLO capo del Dis, Dipartimento informazioni Sicurezza, è candidato alla presidenza

dell'Eni DOMENICO ARCURI l'ex ad di Deloitte Consulting e attuale ad di Invitalia è dato in corsa per

Finmeccanica GIUSEPPE GIORDO è ad di Alenia potrebbe salire di un piano e ritrovarsi alla guida della

capogruppo Finmeccanica

14/04/2014 1Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 142

[ L'INTERVISTA ] "Sono tutte da buttare? Macché, per i trasporti è la via per migliorare" ANDREA CAMANZI, PRESIDENTE DELLA NUOVA AUTORITÀ DEI TRASPORTI: "ABBIAMO AVVIATOFRA MILLE DIFFICOLTÀ LA STRADA PER GARANTIRE A TUTTI I BENEFICI DELLA CONCORRENZA" Marco Panara Andrea Camanzi è il presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti che, operativa dal 15 gennaio scorso,

è l'ultima nata nella famiglia ormai piuttosto numerosa delle authority. Presidente, le authority sono davvero

troppe? «Non condivido l'analisi secondo la quale ci sono più autorità indipendenti che ministeri. Per due

motivi: il primo è che si mettono insieme pere e carote e quindi il raffronto non è significativo. Il secondo è che

anche all'interno di quelle che correttamente vengono chiamate Authority ci sono realtà assai diverse. Le

autorità di regolazione indipendente in realtà sono tre: l'Agcom per le telecomunicazioni, l'Aeeg per l'energia

elettrica, gas e acqua e la Art per i trasporti. Sono autorità di regolazione economica "ex ante" per i rispettivi

settori, alle quali va aggiunta l'Antitrust, che non è un'autorità di regolazione ma interviene "ex post" a

garanzia del buon funzionamento del mercato». Ha un senso tenerle in piedi? «Le autorità di regolazione

economica nascono dalla decisione di separare le funzioni statuali di gestione da quelle di regolazione, col

conseguente affidamento di queste ultime, per alcuni settori, ad un soggetto indipendente dal Governo e dalle

imprese, e responsabile verso il Parlamento. Le altre autorità svolgono funzioni diverse, alcune di vigilanza

prudenziale, altre, come l'Autorità per la privacy e quella per i minori, a tutela di diritti, spesso imposti da

accordi internazionali. Inoltre, nella lista delle "authority" vengono spesso inclusi, erroneamente, anche

soggetti che sono strumenti operativi dei ministeri, organizzati nella forma di enti o di agenzie». Perché non

può essere il potere esecutivo a regolare direttamente il mercato nelle tlc, nell'energia e nei trasporti?

«Perché le Amministrazioni Pubbliche, centrali, regionali e locali, hanno già vari ruoli: da quello di concedenti

a quello di finanziatori di infrastrutture e servizi, sono parte in causa, quindi si troverebbero in conflitto di

interessi». Queste Autorità hanno funzionato? «Con tanti limiti, ma nel complesso hanno dato buona prova di

sé. Non avremmo avuto lo sviluppo tecnologico e la competizione nel mercato delle telecomunicazioni e in

quello elettrico se non avessimo messo in campo l'Agcom e l'Aeeg, e se ci sono inefficienze e distorsioni nel

settore dei trasporti è dovuto anche al ritardo con il quale è stata creata l'Autorità indipendente di regolazione,

cioè l'Art». Resta il problema che sono troppe e costose e, alcune, forse poco utili. «Non mi sembra corretto

giudicare il ruolo delle Authority nel promuovere l'efficienza dei mercati guardando attraverso la lente dei loro

costi. Ove ci fossero sprechi, questi vanno rimossi, quindi anche le autorità indipendenti è giusto che stiano

attente ai costi. Ma il vero scopo delle autorità indipendenti, in particolare delle tre prima citate, è di essere

uno strumento chiave per far fare alla "spending review" il salto di qualità dal semplice taglio delle inefficienze

alla riduzione strutturale della spesa, con una maggiore efficienza produttiva e una diminuzione dei sussidi

pubblici. Questo è uno dei principali "dividendi regolatori" che si possono ottenere solo grazie all'intervento

serio e profondo delle Autorità indipendenti di regolazione economica». Cosa c'entrano le regole con i costi?

«Le parlo dell'esperienza dell'Autorità di regolazione dei trasporti. La nostra missione fissata dalle legge

prevede tre obiettivi: la promozione della concorrenza; il perseguimento della massima efficienza produttiva

dei servizi; il contenimento dei costi, e non si tratta di cose da poco visto che i servizi nel settore sono

fortemente sussidiati, con un intervento pubblico di almeno 15 miliardi di euro l'anno, senza contare gli

investimenti in infrastrutture. L'Art il 16 gennaio scorso ha avviato due procedimenti che hanno ad oggetto sia

l'accesso alle infrastrutture - in particolare quelle ferroviarie e aeroportuali - sia i servizi di trasporto su gomma

e su ferro, a livello nazionale e locale (Tpl). Abbiamo cominciato ascoltando gli operatori già presenti sul

mercato e quelli che vorrebbero entrarvi, i produttori di tecnologia, i centri di ricerca, ora ascoltiamo le

organizzazioni che tutelano i passeggeri. Abbiamo individuato i problemi ed elaborato proposte di soluzione.

Tutto ciò sarà disponibile a breve sul nostro sito, offerto alla consultazione dei soggetti regolati e dei portatori

d'interessi. Poi, in modo trasparente e motivato, adotteremo le misure regolatorie necessarie che diverranno

14/04/2014 3Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 143

vincolanti per i destinatari». In concreto di cosa si tratta? «Per il settore aeroportuale cambieranno i modelli

tariffari. Fino ad oggi i diritti aeroportuali sono stati fissati in via amministrativa. La nuova regolazione

privilegia invece il libero negoziato fra gestori aeroportuali, vettori aerei e altri utenti. Per il settore

autostradale abbiamo deliberato un documento di consultazione sugli schemi per i bandi di gara, in

particolare in vista dell'affidamento della concessione dell'Autostrada del Brennero A22, che dovrà essere

rimessa a gara dopo che il Consiglio di Stato ha annullato il vecchio bando. Per il settore ferroviario abbiamo

predisposto la proposta di regolazione di accesso alle infrastrutture per creare migliori condizioni di

concorrenza nei mercati dei servizi passeggeri e merci. Una proposta di regolazione verrà messa in

consultazione anche per l'affidamento del trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano e per il trasporto

regionale passeggeri su ferro. Tutto ciò è stato fatto su dati quantitativi oggettivi, non sulla base di valutazioni

di convenienza o su informazioni puramente amministrative: è il cambiamento introdotto con l'Autorità

indipendente di regolazione». I pendolari quando vedranno qualcosa? «Con i nuovi affidamenti dei servizi di

trasporto locale, che devono essere fatti entro il 2014, ci sarà l'avvio della svolta. Intanto però il primo segnale

è che i pendolari saranno chiamati per la prima volta a partecipare alle procedure di consultazione sulle

misure regolatorie che li riguardano». Tutto bene quindi? «Siamo partiti bene, ma ci sono dei segnali

d'allarme. Il primo è il rischio che, magari un po' annebbiati dall'esigenza generale di tagliare i costi, si perda

per strada lo spirito del cambiamento con il quale è nata l'Autorità e di perdere così velocità. Ciò ridarebbe

forza al vecchio e ridurrebbe l'Autorità ad un mero parafulmine. Il secondo allarme viene da Bruxelles. A

carico dell'Italia, nel settore dei trasporti, ci sono ben 14 procedure di infrazione comunitarie, quattro delle

quali riguardano la tutela dei diritti dei passeggeri. Nella classifica sulla qualità dei servizi di trasporto

pubblicata la settimana scorsa da Bruxelles, l'Italia è al ventesimo posto. Siamo in enorme ritardo. Serve il

"dividendo regolatorio"».

14/04/2014 3Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 144

Eni, il saluto di Scaroni comincia da Mosca Andrea Greco Rinunciare all'accreditazia, che al Cremlino assimila Eni allo status diplomatico, sa di damnatio memoriae.

Perché quella rappresentanza la volle Enrico Mattei nel 1960, e dal '68 salì al rango semidiplomatico (prima

occidentale). Da Mosca arriva un terzo del gas italiano, da qui derivano le intese nell'upstream recenti (e

quelle passate nel Caspio, che fino all'89 fu un mare interno). La Russia era e resta un paese-mondo per Eni,

da 50 anni. Dalle missioni del fondatore al "Blue Dream" divenuto Blue Stream. Dalla regia di Kashagan

all'asse pubblico-privato tra Berlusconi e Putin, con in eredità il South Stream, gasdotto utile ai russi e

ingombrante per l'Europa. Da Ernesto Ferlenghi, ultimo ambasciatore in città, all'amico Valentino Valentini,

fedelissimo di Berlusconi in Russia che il dirigente dai due passaporti (e vicino ai servizi russi) chiamava se

aveva problemi in azienda. Bella o brutta, è storia dell'Eni. Provare a cancellarla con la tesi che a gennaio si

sono rivenduti ai russi gli asset ex Yukos, ricorda l'uso sovietico di cancellare ex post le facce scomode dalle

foto. Intanto Ferlenghi fa le valigie: dopo 17 anni da vicerè sarà "consulente", ed Eni «ridurrà la

rappresentanza complessiva a Mosca e i costi correlati». Ma quali costi, due segretarie e due autisti per affari

miliardari. Qui è un'epoca che intende sbaraccare. Senza dare nell'occhio, come fanno le carte in uscita da

Bolshoy Levshinskiy Pereulok 10.

14/04/2014 10Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 145

FAR WEST DEFLAZIONE LA YELLEN SI PREOCCUPA PIÙ DI DRAGHI Federico Rampini Il Fondo monetario internazionale ha consacrato l'America come locomotiva globale: è la sua crescita che

consente al resto del mondo di assorbire il rallentamento delle nazioni emergenti. Eppure Janet Yellen non è

in vena di celebrazioni. Altro che trionfalismi, la banchiera centrale è convinta di dover vigilare più che mai

contro un pericolo nuovo: la deflazione. Il danno della deflazione è uno degli argomenti più ostici per il

cittadino medio (anche Mario Draghi sembra sottovalutarlo, in confronto all'acuta preoccupazione della

Yellen). Siamo vissuti per decenni in un'economia inflazionistica, perciò siamo sensibili al pericolo opposto.

Se i prezzi aumentano il nostro potere d'acquisto si riduce, il nostro reddito compra meno cose. Gli italiani

ancora non hanno perdonato all'euro quello shock inflazionistico, misteriosamente assente dalle statistiche,

che "arrotondò" molti prezzi al rialzo nel passaggio dalla lira. Una parte del risentimento anti-euro di oggi è

ancora legato a quella sensazione di essere stati impoveriti. Tutto questo spiega ma non giustifica la

disattenzione verso il pericolo opposto. La Federal Reserve ha un obiettivo d'inflazione del 2% annuo, oggi i

prezzi al consumo in America non salgono neppure dell'1%, che male c'è? Il male c'è, eccome. Un'inflazione

a zero non è una buona cosa. Proviamo a immaginare un paragone col corpo umano. Se abbiamo la febbre a

40 gradi, è segno che siamo malati e bisogna farla scendere in fretta. Ma la temperatura corporea deve

comunque rimanere positiva, l'aspirina ce la deve ridurre al livello normale di 37 gradi, non al di sotto dei 35

gradi (saremmo in piena crisi di ipotermìa e a rischio di assideramento), certamente non a zero gradi: quella è

la temperatura di un cadavere all'obitorio. In un'economia sana un po' d'inflazione ci dev'essere, come la

temperatura positiva nel corpo umano. L'inflazione zero è un pessimo segnale, anche perché facilmente si

scivola sotto lo zero. Prezzi declinanti inducono i consumatori a rinviare le spese aspettando ulteriori ribassi;

le imprese sono danneggiate nelle vendite e nei profitti; con i prezzi scendono anche occupazione e salari.

Tutto questo non è teoria: è accaduto in Giappone nell'ultimo ventennio, la deflazione è l'anticamera di una

depressione. L'attenzione della Yellen su questo tema si accompagna alla sua forte sensibilità sul tema della

disoccupazione, della stagnazione dei salari, delle diseguaglianze crescenti. In questo la Yellen rappresenta

una tendenza del pensiero economico nella sinistra americana. E' significativa l'accoglienza trionfale che

l'America progressista riserva a Thomas Piketty, l'economista francese autore di "Le Capital au XXI siècle"

(Editions du Seuil). Riassumendo le sue conclusioni, Piketty evidenzia le cause dell'aumento secolare nelle

diseguaglianze. La più importante di tutte è il rallentamento della crescita che automaticamente premia la

rendita finanziaria e ogni sorta di rendimenti che vanno ai patrimoni già accumulati. In questo senso rilanciare

la crescita è un imperativo prioritario, e tutti i mezzi sono validi. La Yellen, pur avendo solide basi teoriche, è

soprattutto una pragmatica. Le sta provando tutte, dopo quattro anni di "quantitative easing" che hanno dato

alla ripresa Usa una partenza anticipata e una marcia in più rispetto al resto del mondo. Se il problema è

ridare slancio ai redditi da lavoro, certo servirebbe anche un aiuto dai salari minimi e dalla contrattazione

sindacale. La banca centrale fa quel che può con lo strumento di cui dispone: usa la moneta per fabbricare

inflazione.

Foto: La presidente della Federal Reserve, Janet Yellen: si sta adoperando per scongiurare la deflazione

14/04/2014 13Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 146

economia italiana Coop, i matrimoni riparatori delle 7 sorelle del mattone rosso CON LA SOLA ECCEZIONE DELLA CMC DI RAVENNA, CHE TIENE GRAZIE AI LAVORI ALL'ESTERO, LEALTRE SONO TUTTE ALLE PRESE CON FATTURATI IN CALO, DEBITI IN CRESCITA, ESUBERI DIPERSONALE. E L'UNICA SOLUZIONE È RITIRAR FUORI DAI CASSETTI TUTTE LE IPOTESI DI FUSIONEBLOCCATE DA ANNI PER RAGIONI DI CAMPANILE Enrico Miele Bologna Il mattone a marchio coop è in crisi nera. Dopo aver archiviato un 2013 da incubo, quasi tutte le

grandi cooperative "rosse" delle costruzioni ora sono costrette a fare i conti con una serie di ristrutturazioni

aziendali che rischiano di mandare all'aria centinaia di posti di lavoro. Dopo il taglio dei "rami secchi", la fase

due prevede però un maxi processo di fusione tra i big della cooperazione per cercare di reggere la

concorrenza, puntando con più forza anche sugli appalti esteri. Il baricentro della crisi è lungo la via Emilia,

cuore pulsante del movimento Legacoop e sede degli storici marchi legati all'edilizia: le "sette sorelle" del

mattone hanno tutte sede qui, dalle reggiane Unieco e Coopsette fino alla Cesi di Imola, passando per Coop

Costruzioni di Bologna e la modenese Cmb. In cima spicca la ravennate Cmc, la più grande coop di

costruzioni del Paese e una delle poche che continua a macinare profitti, vincendo appalti in tutto il mondo.

Specializzata in grandi infrastrutture, dai tunnel alle autostrade, oggi è terza nel mercato italiano, dietro solo a

Salini-Impregilo e Astaldi, e ha appena festeggiato il miliardo di fatturato (il 60% all'estero) e 10 milioni di utili.

Le altre big, al contrario, hanno il fiato corto. Colossi, un tempo padroni del mercato, oggi si ritrovano

"zavorrati" dal crollo degli appalti pubblici e paralisi delle compravendite. Una crisi che ha fatto lievitare

soprattutto i debiti delle associate Legacoop, che in molti casi si sono svenate nel tentativo di salvare fatturati

e dipendenti. Dai 7,64 miliardi di euro, realizzati solo pochi anni fa, la produzione delle cooperative di

costruzioni nel 2013 è così crollata a 6,35 miliardi. In fumo, oltre ai profitti, sono finiti più di mille posti di

lavoro. Un conto che non include le decine aziende alle prese, per la prima volta nella loro storia

pluridecennale, con cassa integrazione e contratti di solidarietà. Mentre i patrimoni si assottigliano di anno in

anno per far fronte ai "buchi" di bilancio. In attesa che riparta il mercato del mattone, le aspettative restano ai

minimi storici: secondo un indagine Ancpl, l'associazione che raggruppa i costruttori della galassia Legacoop,

una su tre ha già messo in conto di presentare ai soci un bilancio 2014 con ordini e fatturati ancora in calo.

Sfiducia che si somma ai risultati dell'anno scorso con gli investimenti in edilizia residenziale crollati

dell'11,5% (secondo l'Ance il settore è tornato ai livelli del 1967). Nell'ultimo biennio, i primi campanelli

d'allarme nel mondo coop sono arrivati da Reggio Emilia. Dove una dopo l'altra sono finite in concordato

alcune storiche sigle. È il caso della Cmr, travolta da 150 milioni di euro di debiti. Poi è stato il turno della

Orion (in parte riassorbite dalla newco Cmr Edile). Infine i due colossi Coopsette e Unieco costrette al

concordato preventivo dopo aver accumulato un debito monstre di 1,2 miliardi tra istituti di credito e fornitori.

In un vortice che ha incluso crisi di liquidità, investimenti azzardati e appalti pubblici pagati in ritardo. Non

senza responsabilità da parte dei manager, come ha ricordato in occasione della sua rielezione anche Carlo

Zini, numero uno di Ancpl (che davanti a una platea di centinaia di colleghi ha parlato di «gruppi dirigenti che

non hanno saputo tenere sotto controllo l'espansione del debito»). A "ballare" nel caso di Coopsette e Unieco

sono oltre 2.500 posti di lavoro e un giro d'affari di quasi un miliardo. L'effetto domino si è poi spostato agli

altri big del settore: in un solo semestre, a cavallo tra il 2012 e il 2013, tra i costruttori coop si sono registrati

quattro fallimenti e 15 concordati, da nord a sud. A Firenze, ad esempio, è saltato per aria lo storico

Consorzio Etruria, con tanto di indagine della Procura di Firenze legata al dissesto finanziario. Un tempo deus

ex machina delle grandi opere a Bologna, e non solo, anche Coop Costruzioni naviga da anni in acque

agitate. Il fatturato 2013 si è fermato a 170 milioni, lontano dai 229 milioni realizzati cinque anni fa. Tanto che

è iniziato un duro, e inedito, braccio di ferro con la Cgil sul destino di oltre 200 dipendenti per i quali l'azienda

ha chiesto la cassa integrazione (ma i sindacati forse riusciranno a spuntare la solidarietà). Destino simile alla

Cesi, dove allo studio c'è un piano per rientrare, almeno in parte, dai 378 milioni di debiti con le banche. Per

14/04/2014 18Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 147

migliorare i conti si punta su cassa integrazione per 130 operai e solidarietà al 60% per gli impiegati (nel

frattempo sono già saltati presidente e dg). Il giro di affari si è assottigliato anche per la modenese Cmb, altro

colosso passato dai 640 milioni di euro del 2009 ai 529 milioni dell'ultimo bilancio. Pur raccogliendo

commesse ai quattro angoli del Paese, l'azienda ha da poco firmato l'accordo per mettere in cig 262

lavoratori, mentre a Ravenna la coop Iter ha già depositato in tribunale la richiesta di concordato. Ma per

molti non basta. Per arrestare il declino, infatti, i cooperatori "rossi" ora stanno aprendo il delicato capitolo

delle fusioni. «Uniamoci o qui salta tutto» ripete quasi ogni giorno Giovanni Monti, presidente di Legacoop

Emilia Romagna. L'obiettivo è tagliare i "rami secchi" per unire in matrimonio aziende snellite nei costi e nelle

strutture. In un vorticosa girandola di newco, bad company che riassorbono debiti e coop "salvatrici" che

rilevano appalti e dipendenti. Gli esempi? Per sgravare la Cesi da due centri commerciali costruiti in

Campania e in Sicilia è scesa in campo la cordata di cooperatori Hope. La coop toscana L'Avvenire ha

riassorbito soci e dipendenti dell'ex Consorzio Etruria con l'aiuto delle finanziarie "rosse" CoopFond e

Finpass. Dopo le "forche caudine" del concordato, in Emilia Romagna sono iniziate invece le procedure di

fusione tra Unieco e Coopsette, con un portafoglio lavori di 3 miliardi e la previsione di un taglio di 370

dipendenti nei prossimi anni. E già si ragiona di un unico polo tra Cesi, Iter e Coop Costruzioni. Piani di

fusione, in realtà, pronti da anni ma finiti a lungo in soffitta a causa della crisi e le resistenze dei singoli

"campanili". Progetti che le cure dimagranti, ormai avviate, stanno di colpo accelerando. E' giunto il momento

per le energie rinnovabili di essere sul mercato. D'ora in poi i benefici degli aiuti pubblici non saranno più a

pioggia ma saranno assegnati con aste competitive Joaquin Almunia Commissario Europeo alla Concorrenza

Qui a lato, Carlo Zini (1) presidente della coop Cmb e numero uno nazionale di Ancpl, l'associazione delle

cooperative di produzione e lavoro; Dario Foschini (2) ad della Cmc, la maggiore delle coop di costruzioni del

sistema Lega; Giovanni Monti (3) presidente di Legacoop Emilia Romagna; l'ex presidente di Legacoop e

attuale ministro del Lavoro Giuliano Poletti (4) 4

14/04/2014 18Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 148

[ LA LETTERA ] Aiello e l'Autorità sui contratti pubblici Gentile Direttore, nell'articolo pubblicato sullo scorso numero di Affari & Finanza dal titolo "Spending review,

Lupi per risparmiare chiude l'Authority sugli appalti", a firma di Alberto Statera, sono riportate talune

affermazioni, riferite alla mia persona, non corrispondenti a verità. Il sottoscritto, in qualità di Capo di

Gabinetto del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, non è affatto l'autore della norma sulla soppressione

dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici; la predisposizione delle iniziative di legge che riguardano

l'attività del Ministero è di competenza dell'Ufficio legislativo. Inoltre, il sottoscritto non ha mai ricoperto

l'incarico di Capo dell'ufficio legislativo del Dipartimento della Protezione civile; il sottoscritto è stato

Consigliere giuridico del dipartimento stesso. Infine, gli appalti menzionati nell'articolo, vale a dire le

procedure di gara ad evidenza pubblica del dipartimento di Protezione civile, erano soggette ai controlli

previsti dall'ordinamento giuridico vigente da parte degli organi a ciò preposti, ivi compresa la Corte di Conti. Il

capo di gabinetto del ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Avvocato dello Stato Giacomo Aiello

_________________ La lettera del 22 febbraio al Commissario straordinario per la revisione della spesa

pubblica Carlo Cottarelli che propone la soppressione dell'AVCP è firmata dal Capo di Gabinetto del ministero

delle Infrastrutture e dei Trasporti Giacomo Aiello. Il quale allega i testi delle norme da emanare. Anche sul

ruolo svolto a suo tempo alla Protezione civile l'avvocato Aiello è troppo modesto. a.s.

14/04/2014 21Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 149

Mobile, cresce la "App Economy" ora vale oltre 24,5 miliardi di euro PER OLTRE L'80 PER CENTO HANNO CONTRIBUITO CONSUMATORI E IMPRESE, CHECOMPLESSIVAMENTE HANNO SPESO OLTRE 20 MILIARDI DI EURO, SEGUITI DAI RICAVI DAVENDITA DI DEVICE MOBILI (POCO PIÙ DI UN QUINTO) E DALLA CONNETTIVITÀ DATI (13%) Francesca Tarissi Quanto vale la App Economy, ossia il giro d'affari generato dalle applicazioni mobili? Decisamente tanto.

Secondo l'ultima ricerca condotta dall'Osservatorio Mobile & App Economy del Politecnico di Milano, circa

25,4 miliardi di euro, pari ben all'1,6% del Pil nazionale. Realizzata in collaborazione con il Dipartimento di

Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, l'Associazione Internazionale Contenuti e

Commercio Mobile e con il supporto di numerose aziende, tra cui Gruppo Editoriale L'Espresso, 3 Italia,

Telecom, Vodafone, Wind, Doxa e Rai, lo studio mette in evidenza una serie di dati interessanti che tracciano

il quadro di una situazione in costante crescita. Se, infatti, già nel 2013 il settore mobile registrava cifre

elevate, analizzando il trend positivo e le previsioni degli addetti ai lavori, entro il 2016 il valore complessivo

della Mobile & App Economy salirà a 40 miliardi, l'equivalente del 2,5% del prodotto interno lordo. Il tutto

grazie all'enorme successo riscontrato da smartphone e tablet, e il conseguente sviluppo del commercio

elettronico in mobilità. Oltre l'80% della Mobile & App Economy proviene dai consumi diretti di utenti e

imprese che, complessivamente, hanno speso oltre 20 miliardi di euro; la restante parte fa riferimento agli

investimenti delle imprese in reti mobili, nello sviluppo di soluzioni software mobili rivolte ai consumatori o ai

propri dipendenti, in soluzioni che sfruttano gli 'oggetti intelligenti"(Internet of Things) per migliorare i processi

aziendali o offrire nuovi prodotti e servizi e in attività di Marketing tramite dispositivi mobili (Mobile Marketing).

Un circolo economico virtuoso che si basa su numeri forti. Attualmente in Italia i dispositivi touch in uso

collegati al web sono circa 44,5 milioni (37 milioni di smartphone e 7,5 milioni di tablet) e toccheranno quota

57 milioni a fine 2014. Le reti mobili a banda larga Lte nei prossimi 8 mesi raggiungeranno circa il 60% della

popolazione e gli italiani che navigano mensilmente in mobilità arriveranno ad essere più di 30 milioni.

Quanto alle applicazioni disponibili negli store, hanno ormai superato la soglia dei 2,5 milioni. Le vendite dei

contenuti digitali (giochi, news, ecc.) da smartphone e tablet sono cresciute di oltre il 30%, mentre quelle di

beni e servizi hanno triplicato il loro valore. Un utente mobile su 3 ha scaricato una app a pagamento, 1 su 5

ha acquistato almeno un prodotto o servizio, 4 su 5 interagiscono con la pubblicità dal proprio cellulare e 1 su

2 vorrebbe utilizzarlo anche come strumento di pagamento al posto della carta di credito. Diretta

conseguenza sono gli investimenti delle imprese e pubbliche amministrazioni in soluzioni software mobile,

cresciute del 23%, e quelli in mobile marketing aumentati del 73%. Le prospettive future analizzate dallo

studio del Politecnico di Milano vedono poi affacciarsi all'orizzonte anche ulteriori ambiti di sviluppo

economico. Primo tra tutti il mercato del Mobile Proximity Payment, ossia dei pagamenti in prossimità fatti con

lo smartphone. Se ad oggi esistono solo poche sperimentazioni, nel 2016 il settore potrebbe valere ben 4

miliardi di euro, ai quali vanno aggiunti altri 2 miliardi di euro con l'evoluzione del Mobile Pos, ossia le

transazioni legate a beni e servizi accettate da cellulari e tablet.

Foto: Nel grafico la crescita della "mobile & App Economy" dal 2013 al 2016 secondo l'Osservatorio del

Politecnico di Milano

14/04/2014 24Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 150

[ L'INTERVISTA ] "Lo Statuto, un bel sogno ma nulla è stato realizzato" "RUOLO DI GOVERNO E CAMERE, OBBLIGO DI PAGAMENTI RAPIDI, APPALTI DIVISI IN PICCOLILOTTI, TUTTO È RIMASTO SULLA CARTA E SONO PASSATI 2 ANNI E MEZZO. UNA PRESA IN GIROPER LE PMI" ATTACCA IL SEGRETARIO GENERALE DELLA CNA SERGIO SILVESTRINI Milano «Èstato come vedere un film americano. Di quelli che fanno sognare intere generazioni. A un certo

punto il sogno è sembrato avverarsi. Il film trasformarsi in realtà. Solo che si è rivelata come "Scherzi a

parte". Altro che sogno diventato realtà. È una presa in giro». È severo Sergio Silvestrini, segretario generale

della Cna. E non lo nasconde. «Ma come? Tutto il mondo riscopre le potenzialità innovative, occupazionali,

sociali, economiche, delle piccole imprese e l'Italia le lascia senza sostegni, tutele, garanzie rispetto alla

concorrenza interna e di fronte allo strapotere di oligopoli e monopoli pubblici e privati. E' incredibile. Ed è un

boomerang. Perché se la ripresa non può che passare dalle imprese, come sentiamo giustamente dire e

ripetere, allora nel nostro Paese non può che passare dalle piccole e medie imprese». Segretario Silvestrini,

ma che cosa si può fare per recuperare il terreno perduto? «Non si tratta di fare nulla di nuovo. Sa perché alla

fine del 2011 pensavamo di avere toccato il cielo con le dita? Perché il Parlamento italiano, praticamente

all'unanimità, aveva approvato lo Statuto delle Imprese, che recepiva lo Small business act europeo». E

allora? Di che vi lamentate? «Del fatto che niente, ripeto niente, di quanto concretamente prevedeva lo

Statuto, a due anni e mezzo dalla sua entrata in vigore, è stato realizzato. Eppure la sua ratio è, ma dovrei

dire era, sacrosanta. Primo tassello dello Statuto è la tutela delle piccole imprese in una prospettiva moderna

per garantire la concorrenza e i diritti dei consumatori. Ma già questo è venuto meno. Se è stata introdotta la

figura del Garante, infatti, non è mai stata varata la legge che, una volta all'anno, costringeva il governo e il

Parlamento a focalizzarsi sulle esigenze delle Pmi, attraverso un ddl per la tutela e lo sviluppo delle micro,

delle piccole e delle medie imprese, un modo per fare il punto sull'applicazione dello Statuto». Oltre

all'impianto complessivo, che cosa vi convince di più dello Statuto? «È semplice: ci convince tutto. Partiamo

dal pagamento dei debiti, che per i piccoli non costituisce un problema solo quando a pagare è chiamata la

Pubblica amministrazione, ma anche quando i debitori sono grandi gruppi privati. Lo Statuto, utilizzato come

veicolo per introdurre nella normativa italiana i termini di pagamento europei di 30/60 giorni, prevedeva che

l'Antitrust potesse intervenire anche senza denunce formali, e quindi evitando ritorsioni contro le piccole

imprese creditrici, per sanzionare un grande gruppo che facesse cassa a spese dei piccoli fornitori. Il risultato

è che l'Italia ci ha guadagnato l'apertura dell'ennesima procedura d'infrazione europea». Pagamento dei

debiti a parte? «Un riconoscimento significativo il sistema delle piccole imprese lo aveva ottenuto anche negli

appalti pubblici. In parte andavano suddivisi in lotti di piccola taglia, perché anche le Pmi potessero

partecipare alle gare. Questa novità era destinata non solo a garantire le micro e piccole imprese, ma anche

a favorire la concorrenza e le economie del territorio. Lo stesso dovrebbe valere, apro una parentesi, anche

per le gare della Consip». Ma se è uno dei pochi metodi efficaci per tenere la spesa pubblica sotto controllo.

«Nel caso delle gare Consip si stanno traducendo dei nobili principi, come il risparmio, la trasparenza, la lotta

alla frammentazione delle stazioni appaltanti, in un cappio per le piccole imprese. Per una serie di motivi.

Ormai, si fanno sempre meno gare di piccolo importo, in quanto le amministrazioni pubbliche, gli enti locali in

particolare, preferiscono lavarsene le mani e cedere la patata bollente alla Consip. Sennonché, i mega-ribassi

con cui si vincono le gare si trasformano, in molti casi, in forniture di scarsa qualità che, in ultimo, fanno

aumentare i costi, altro che comprimerli. Inoltre, le piccole imprese non solo realizzano, anche per motivi

reputazionali, lavori sempre di qualità, ma possono fornire soluzioni su misura. Mi domando: ne vale la pena

di soffocare un sistema d'imprese e danneggiare l'economia del territorio per ottenere risparmi che spesso

rimangono sulla carta?». E che si potrebbe fare? «Prima di tutto, come prevede lo Statuto delle Imprese, non

chiedere garanzie esorbitanti rispetto all'importo delle gare, che escludono i piccoli immotivatamente. Poi,

lasciare delle riserve alle economie del territorio, in maniera che ci sia una ricaduta locale della spesa

14/04/2014 35Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 151

pubblica. E, soprattutto, vigilare con attenzione sulle imprese che vincono le gare. Si dovrebbe vietare la

partecipazione alle imprese prive di un'adeguata presenza occupazionale nel territorio interessato. Altrimenti

rischiamo la crescita esponenziale di sub-appalti ridotti all'osso, lavoro nero e anche infiltrazioni criminali».

Riassumiamo: sostegno alle Pmi come garanzia di sopravvivenza e aiuto alla crescita. E' così? «Proprio così.

Alla crescita doveva contribuire l'incentivazione automatica alle piccole imprese, una riserva pari al 25% degli

stanziamenti pubblici per la ricerca, l'innovazione, l'internazionalizzazione e la promozione del Made in Italy.

Mai vista. In compenso, negli ultimi tempi è enormemente cresciuta la mole di adempimenti amministrativi per

le piccole imprese. Non se ne può più. Come Cna stiamo preparando un piano straordinario per la

sburocratizzazione». E che prevederà? «Sicuramente l'integrazione e l'interconnessione delle pubbliche

amministrazioni, che ora non si parlano telematicamente fra di loro».

Foto: "Sembra di essere a Scherzi a parte" attacca il segretario generale della Cna Sergio Silvestrini (nella

foto)

14/04/2014 35Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 152

[ L'ANALISI ] Non più "risorse" ma "talenti" così l'economia nell'era 2.0 scommette sulfattore umano L'IMPORTANZA RESTITUITA ALLA QUALITÀ DEL PERSONALE È DOVUTA AL RITORNO DEI PROCESSIDECISIONALI NELLE FILIALI E ALLA FINE DELL'ESPULSIONE DI FUNZIONI. INTANTO SI EVOLVONOANCHE I COMPENSI (s.car.) Roma La crisi non è ancora alle spalle ma ci sono già i primi segnali di come sarà la nuova economia. E il

primo e forse più importante tra questi segnali viene dalla comparsa di un nuovo vocabolo nel linguaggio

delle aziende: i «talenti». Da non più di un paio di anni il termine «talenti» sta sempre più spesso prendendo il

posto del più generico «risorse umane». Dietro la questione terminologica c'è il rinnovato valore che la nuova

economia sta restituendo al fattore umano. Tanto più quanto produzioni e servizi si spostano verso comparti

a più alto valore aggiunto. Tanto più quanto le aziende sono protagoniste di un doppio movimento che inverte

le tendenze degli anni passati: da una parte è finito il grande accentramento gestionale e poteri decisionali

stanno tornano nelle controllate e nelle filiali. Dall'altro lato, è finita la grande «espulsione» di funzioni e settori

aziendali che nel primo decennio del nuovo millennio avevano alimentato outsourcing e delocalizzazioni. Per

fare tutto questo c'è bisogno nelle aziende di «intelligenze» e di «talenti». Ossia di risorse umane motivate

(leggi: percorsi di carriera e retribuzioni) e di formazione continua perché ogni risorsa umana è un capitale da

valorizzare, se no, si deprezza (leggi investimenti). Anche questo è un portato delle nuove piattaforme social

che, portando il mondo 2.0 in azienda, hanno ristabilito il doppio canale di comunicazione: dall'alto verso il

basso e quello in senso inverso. Perché ogni risorsa aziendale operativa accumula esperienze, conoscenze e

competenze che devono entrare a pieno titolo a far parte del bagaglio di tutta l'azienda. Non è più solo

l'ultimo indirizzo dell'ultimo cliente appena conquistato da un singolo venditore che diventa disponibile

immediatamente a tutta la rete di vendita. E' tutta la cultura che ogni azienda produce attraverso i suoi

addetti. E' questo il «miracolo» compiuto dalle piattaforme social: sono il luogo della condivisione di

informazioni, conoscenze e competenze ma al tempo stesso sono un motore di formazione continua.

Sull'altro versante, quello delle retribuzioni, ancora le piattaforme, stavolta big data e analytics, offrono alle

aziende nuove opportunità accanto alla tradizionale e insostituibile remunerazione cash. E' qualcosa di molto

più evoluto rispetto ai "vecchi" benefit. Le aziende sanno chi sono i loro dipendenti e di cosa hanno bisogno.

E possono trattare queste informazioni come merce. Un grosso centro direzionale può contrattare con super

e ipermercati la spesa dei propri dipendenti, offrendo numeri di potenziali clienti in cambio di sconti e servizi.

Già ci sono casi emblematici. Eni a chi deve lavorare fino a tardi mette a disposizione un servizio mensa per

cena. Il dipendente chiede cosa vuole e il numero di persone, la mensa prepara e confeziona in contenitori

termici, il dipendente all'uscita li ritira e appena a casa può mettere in tavola. Telecom Italia ha organizzato

dei gruppi di acquisto presso alcune sedi: la spesa viene consegnata in ufficio. Stessa cosa con gli asili

aziendali. Tutto questo diventa retribuzione aggiuntiva e personalizzata. Per ora appannaggio delle grandi

organizzazioni, oltre Eni e Telecom si muovono in tal senso gruppi come Luxottica e Unicredit. Ma la strada è

segnata per tutti.

14/04/2014 36Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 153

[ L'OPINIONE ] "La parità tra sessi non abita qui il digitale migliorerà la società" PARLA NICOLA CINIERO, AL VERTICE DI IBM ITALIA. GIÀ NEL 1935 IL GRUPPO INTRODUSSE LAPRIMA POLICY INTERNA CON LA QUALE VENNE RISERVATA ALLE DONNE LA STESSA PAGA DEGLIUOMINI. "C'È DISCRIMINAZIONE PER SCARSA CULTURA DEL CAMBIAMENTO" (v.d.c.) Milano Siamo in ritardo sull'uso delle tecnologie, sulla presenza delle donne nel mondo del lavoro e sul

ricambio del management nelle imprese». Parla chiaro Nicola Ciniero, presidente e ad di Ibm Italia. Lo fa con

il suo stile, diretto e senza filtri, riprendendo il filo del discorso sviluppato un paio di settimane fa

nell'intervento che ha chiuso l'evento "Donne, tecnologia, cibo: gli ingredienti per il futuro", organizzato a

Milano da Ibm in collaborazione con American Express. Non si dà pace, Ciniero. Definisce l'Italia un «Paese

in folle» e come tale vittima di diseguaglianze, diventate con la crisi ancora più inaccettabili e insopportabili.

Chi paga le conseguenze di questo immobilismo sono i giovani, «in questi anni abbiamo perso tre

generazioni», e le donne, «le persone più esposte al disagio economico e sociale». Un punto, quest'ultimo,

sul quale il presidente insiste: «E' evidente che in Italia sopravvive una discriminazione nei confronti delle

donne, perché da noi non esiste ancora una cultura industriale che faccia leva sul cambiamento. Che apra

spazi a nuove risorse». In questo senso, ricorda il manager, Ibm rappresenta un'azienda all'avanguardia.

«Siamo una società di 104 anni, siamo nati in Italia quando ancora l'Eni non esisteva, ma già nel 1935

Thomas Watson introdusse la prima policy interna con la quale veniva deciso che le donne dovevano

ricevere la medesima retribuzione riservata agli uomini. Oggi - aggiunge - abbiamo un presidente e ceo

donna, Ginni Rometty, abbiamo il 30% di donne manager e una vasta componente femminile nel nostro

laboratorio software di Roma, la metà di loro ha almeno un brevetto all'attivo». A questo punto, il discorso

ritorna sulla tecnologia. «E' l'unico strumento per cambiare veramente il Paese. L'unico in grado di

riaggregare i nostri punti di forza aprendo spazi a risorse nuove: donne, giovani e talenti», sottolinea Ciniero.

Che guarda con entusiasmo agli scenari futuri: «In un mondo digitale la nuova risorsa competitiva è l'enorme

quantità di dati cui è possibile accedere: quelli che si trovano nei data base delle aziende e delle istituzioni e

quelli generati ogni istante da persone e strumenti in rete. Con sistemi che ci aiutano a trasformare questi dati

in conoscenza possiamo fare enormi progressi, curare meglio le persone, ottimizzare la logistica, rendere

sicure le città e migliorare il traffico». Scenari futuribili che però rischiano di restare tali se il nostro Paese non

riduce il «ritardo tecnologico» acquisito in questi anni, come certificato anche dal World Economic Forum. «Il

ritardo italiano lo definirei strutturale - puntualizza Ciniero - In questo senso, è emblematico quanto accaduto

con l'Agenda digitale, approvata due anni fa e ancora oggi lettera morta: i decreti attuativi vengono licenziati

uno al mese, con il contagocce». Eppure, fa notare il presidente, secondo uno studio recente di Booz &

Company ("The Global Information Technology Report 2013"), una crescita del 10% del livello di

digitalizzazione di un Paese comporta una crescita dello 0,75% del Pil pro capite e un calo del livello di

disoccupazione superiore all'1%. Ritardo tecnologico - rincara la dose il presidente - aggravato dalla

presenza in Italia di 4.5 milioni di Pmi, molte delle quali presentano ancora resistenze fortissime nei confronti

dell'innovazione. «Un trend che potrebbe cambiare con l'ingresso in azienda delle nuove leve che stanno

uscendo dalle università - spiega -. Anche se esiste il rischio che queste persone, entrando in ambiente di

lavoro obsoleti, diventino dei disadattati digitali». Con un pizzico di ottimismo, Ciniero prova però a guardare il

bicchiere pieno: «È ovvio che se il problema dell'arretratezza si guarda da un'altra prospettiva, questo

handicap può rivelarsi una grandissima opportunità per l'Italia perché possiamo avere il vantaggio di fare

nostre le best practices sperimentate nel mondo. Ma urge un progetto di largo respiro, 5-10 anni, che

permetta al Paese di crescere seguendo un percorso a tappe intermedie». Ora la grande sfida si chiama

Expo 2015: «Amo definirlo il nostro Piano Marshall per l'innovazione - conclude Ciniero - . Di sicuro

rappresenta un momento chiave per Milano, la Lombardia e il Paese. Un appuntamento per costruire un

14/04/2014 39Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 154

pezzo del nostro futuro. Il suo successo si misurerà anche in termini di risonanza che avrà nella dimensione

digitale». [ LE PROTAGONISTE ] Nelle foto le relatrici all'evento Donne, Tecnologia & Cibo: Isabella Chiodi

(1) Vp European Union, Ibm Italia/Presidente Aidda Treviso; Gioia Di Cristofaro Longo (2), antropologa

Università La Sapienza; Francesca Parviero (3), esperta social media, Hr/Linkbeat, Girls in tech Italy;

Margherita Mastromauro (4), imprenditrice, Pastificio Riscossa; Jolanda Restano (5), blogger/fondatrice

FattoreMamma 1 2 3 4 5

Foto: Ibm ha un presidente e ceo donna, Ginni Rometty , e il 30% di donne manager

Foto: Nella foto Nicola Ciniero , presidente e ad di Ibm Italia. Ciniero parla chiaro, in modo diretto. "L'Italia è

un paese in folle" dice

14/04/2014 39Pag. La Repubblica - Affari Finanza - N.14 - aprile 2014(diffusione:581000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 155

Piazza Affari Perché i nostri titoli piacciono all'estero sergio bocconi A pagina 4

Banche come Unicredit, Intesa Sanpaolo, Ubi e Mps. Grandi utilities e gruppi industriali come Eni, Enel,

Telecom. Atlantia e Prysmian. La carica in Piazza Affari dei colossi mondiali del risparmio gestito come

Blackrock, Invesco o Vanguard, che hanno acquistato negli ultimi mesi quote significative di capitale in

società italiane impiegando parecchi milioni, non sembra essere un'incursione speculativa. Piuttosto un

cambio di passo: il nostro mercato è tornato a essere attraente per gli investitori esteri. E i motivi di appeal

sembrano più stabili rispetto al passato.

Lo shopping nel nostro Paese rappresenta anzitutto un'opportunità, considerando i prezzi. L'Italia spa è

spesso ancora in sconto rispetto ai suoi concorrenti e i fondi internazionali sanno bene che investire qui può

riservare consistenti guadagni, nonostante l'indice Ftse-Mib abbia già registrato un rialzo del 33% in 12 mesi

e dell'11,9% dall'inizio dell'anno.

Orizzonti

Con un orizzonte più lontano, confrontando prima di tutto il nostro indice generale a alcuni settoriali con quelli

delle Borse più «vicine» come Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna, risulta chiaro che il nostro listino,

rispetto ai livelli pre-crisi, ha recuperato meno degli altri. Se si prende come base 100 fine giugno 2007,

quando i mercati ancora non erano stati travolti dal ciclone dei subprime, attualmente Parigi è a quota 80,3,

Francoforte a 94, Londra a 100,7, Madrid a 66,9 e Milano è ferma a 52,10. Piazza affari è ancora a metà

strada, e non conforta molto sapere che ha riguadagnato parecchio terreno rispetto ai minimi registrati dai

mercati nel marzo 2009: allora la nostra Borsa ha toccato quota 31,4 mentre gli altri listini erano più o meno a

livello 41-44 e Londra a 54. Passando alle banche grazie ai rialzi recenti i nostri istituti non sono all'ultimo

posto, ma il recupero è stato inferiore rispetto a quello registrato dall'indice generale. In Francia siamo a

quota 51,9, in Spagna a 50,5, in Gran Bretagna a 41,2, in Italia a 30,6 e in Germania a 26,1. Per quanto

riguarda l'industria Parigi da 100 ora è a 85,8, Francoforte a 89,8, Londra ha guadagnato terreno a 128,8,

Madrid a 73,3 e Piazza Affari è indietro a quota 53,4.

Insomma, Piazza Affari è ancora a a sconto. E non di poco. Certo, questo non vale in modo uniforme per tutti

i titoli. Però, se dal confronto sui settori si passa a quello dei principali protagonisti con i loro concorrenti diretti

stranieri, si può notare come comprare in Italia possa rappresentare in diversi casi ancora un affare.

Partiamo dall'Eni. il 29 giugno 2007 capitalizzava 107 miliardi. Dopo aver toccato la metà il 9 marzo 2009, il

suo valore di Borsa è risalito a 66,3 miliardi circa. Nello stesso periodo Total è passata da 144 miliardi a 85 e

infine è tornata a 113,9. Royal Dutch Shell da 85,3 miliardi del 2007 capitalizza oggi poco più dell'Eni, cioè

quasi 70 miliardi. Bp sta peggio invece perché da 171 miliardi è passata a quota 108. E se Enel sembra aver

resistito meglio rispetto a diversi suoi concorrenti, sono ancora in «saldo» Finmeccanica e Telecom. Rispetto

al 2007 la società di aeronautica e difesa, tenendo conto delle cessioni e nonostante il forte recupero

realizzato in un anno di «nuovo corso», vale la metà: la capitalizzazione è passata da 9,7 a 4 miliardi.

Siemens o Thales nel frattempo hanno recuperato quasi tutto. Telecom, che pre-crisi valeva in Piazza Affari

27,1 miliardi, oggi è a quota 11,7 dopo aver toccato quota 10. Nello stesso periodo la capitalizzazione di Bt è

passata da 40 a 34 miliardi, quella di Deutsche telekom da 59,5 a 50 miliardi e quella di Telefonica da 79 a 53

miliardi.

Polizze

Per quanto riguarda le assicurazioni, Generali con gli oltre 25 miliardi di valore attuale in Borsa ha ancora un

po' di terreno da recuperare rispetto al 2007, quando ne valeva 42, nel confronto con i principali concorrenti

Allianz e Axa. Ma lo «sconto» non è consistente. Invece è forse nel comparto bancario che i fondi

internazionali sono andati a caccia dei «saldi» più golosi. Va detto, però, che gli investimenti effettuati in

14/04/2014 1Pag. Corriere Economia - N.14 - 14 aprile 2014

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 156

questi mesi e soprattutto di recente pare indichino almeno una cosa a favore dei nostri istituti: i gestori globali

sarebbero stati forse più prudenti negli acquisti se le loro attese sui risultati di asset quality review e stress

test europei fossero state negative. Passando ai singoli titoli, Intesa Sanpaolo a fine giugno 2007

capitalizzava 70 miliardi, oggi è a quota 40. Unicredit era a 69 miliardi e, dopo aver toccato i 10 nel marzo

2009, attualmente ne vale circa 36,4. Il Banco Popolare è passato da 8 a 5 miliardi, pur con una risalita

notevole rispetto al minimo di 1,2 miliardi. Mps è un caso a parte per le vicende che lo hanno travolto e

rispetto a 12 miliardi pre-crisi oggi è a 3. Nello stesso periodo l'inglese Hsbc, che capitalizzava 159 miliardi

nel 2007, è tornato a quota 141. Il Santander dagli 85 miliardi precrisi oggi è a 82. Bnp Paribas era a 82

miliardi e attualmente è a quota 70. Il BBva è passato da 64 a 52. Deutsche bank da 56 a 32 miliardi.

Le nostre banche rispetto a molti concorrenti sono dunque ancora a «buon prezzo». E questa è stata forse

una delle ragioni più importanti a guidare gli investimenti, nella prospettiva di incassare ulteriori recuperi di

valore. Ma, a parte le considerazioni sulle «prove» europee, la carica dei fondi esteri è favorita anche da altri

elementi di fatto. In in primo luogo il rischio-Paese, percepito decisamente inferiore rispetto al passato, e poi

ci sono aspetti regolamentari e di governance. In sintesi oggi c'è più capitale libero, considerati anche il

tramonto dei patti e la frenata delle fondazioni. E i gestori internazionali dimostrano di apprezzare la novità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

14/04/2014 1Pag. Corriere Economia - N.14 - 14 aprile 2014

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 157

Bell'Italia Giovedì scorso l'ennesimo rinvio. Erano cento candidati, sono rimasti in 65, ma da allora nessunoha più fatto un passo in avanti Quei tre guardiani del bilancio che nessuno riesce a individuare Fiscal compact: le commissioni di Camera e Senato incapaci di trovare un accordo sui componentidell'organismo indipendente di controllo SERGIO RIZZO I soliti italiani, penseranno a Bruxelles. E anche stavolta è davvero difficile dargli torto. Giovedì 10 aprile si è

alzata dal parlamento un'altra fumata nera. Le commissioni Bilancio di Montecitorio e Palazzo Madama erano

convocate per individuare dieci nomi da sottoporre ai presidenti delle Camere. Da quella rosa Piero Grasso e

Laura Boldrini dovrebbero scegliere i tre componenti dell'organismo indipendente incaricato di vigilare sul

pareggio di bilancio introdotto nella nostra Costituzione in ossequio al fiscal compact , il patto finanziario

europeo sui conti pubblici. Ma i commissari hanno di nuovo rotto le righe senza neppure cominciare a

discutere.

Quel famoso «organismo indipendente» avrebbe dovuto entrare in funzione il primo gennaio scorso. La

faccenda però è talmente ingarbugliata che allo stato attuale è impossibile fare previsioni su una via d'uscita.

L'ennesima figuraccia ha a che fare con il bizantinismo previsto dalla legge istitutiva di quella specie di

authority per la designazione dei suoi membri. Prima di tutto c'è la selezione dei candidati, sulla base dei

curriculum presentati. Ne sono arrivati un centinaio: di questi, 65 sono stati reputati idonei per essere

sottoposti al vaglio del Parlamento. A questo punto, però, viene il più difficile. Le commissioni Bilancio di

Camera e Senato devono infatti comporre, scegliendo fra quei 65, la rosa dei dieci nomi da cui usciranno il

presidente e i due componenti dell'autorità per il pareggio di bilancio.

Il fatto è che la designazione dei dieci deve avvenire a maggioranza qualificata dei due terzi di ognuna delle

due commissioni, e ovviamente i nomi devono essere gli stessi. Va da sé che questo meccanismo

presuppone un accordo fra i partiti: operazione piuttosto complicata, per non dire impossibile, considerando la

situazione politica. Non tanto alla Camera, dove i numeri sono all'apparenza più semplici, quanto al Senato.

Fra i 27 membri della commissione Bilancio di palazzo Madama ci sono nove democratici, quattro grillini,

quattro forzisti, tre alfaniani, due leghisti, un autonomista, un vendoliano, un montiano, uno di Per l'Italia e un

esponente del gruppo Gal. Babele nella quale non sembra semplice individuare dei punti comuni. Soprattutto

alla luce del numero dei candidati e dei loro nomi. Già i criteri per la scrematura hanno fatto abbastanza

discutere. Per esempio non c'è un limite d'età, con il risultato che fra i 65 si trovano personaggi

autorevolissimi, anche se non esattamente di primo pelo come Luigi Mazzillo (classe 1937), Umberto Bertini,

Guido Rey, Maria Teresa Salvemini e Paolo Savona (1936). E passi per certe autorevoli esclusioni dovute

alla scarsa conoscenza dell'inglese che ha penalizzato, per fare un caso, l'ex ragioniere generale dello Stato

Mario Canzio. Per un incarico del genere la lingua straniera è il minimo sindacale. Il concetto di indipendenza,

invece, si presta a essere guardato da prospettive assai diverse. Si spiega così che non abbiano ritenuto

idoneo il direttore delle analisi economiche del Tesoro, Lorenzo Codogno, perché consigliere di

amministrazione dell'Enel (in scadenza). E che al contrario fra i 65 si trovino economisti prestati alla politica

come l'ex viceministro ed ex senatore Mario Baldassarri, funzionari parlamentari che hanno avuto incarichi

politici e di governo come l'ex sottosegretario e vice-segretario del partito repubblicano Gianfranco Polillo. E

studiosi di chiara appartenenza come Pietro Giorgio Gawronski, candidato nel 2007 alle primarie del Pd.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Presidenti Laura Boldrini e Piero Grasso

14/04/2014 1Pag. Corriere Economia - N.14 - 14 aprile 2014

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 158

IL PUNTO La ripresa si vede Non sprechiamo un'altra occasione daniele manca Il Fondo monetario internazionale è stato netto: i pericoli di una recessione globale sono molto bassi. La

probabilità era pari al 6% soltanto lo scorso ottobre. E' scesa allo 0,1%. Va ringraziata soprattutto l'America.

Ma anche in Europa, due grandi malati come la Grecia e il Portogallo, stanno dando evidenti segni di

risveglio. La crescita dovrebbe essere del 2,8% in America, dell'1,2% nell'eurozona e in Giappone attorno

all'1,4%. Il quadro appare positivo. Alle banche centrali americana e nipponica, si è aggiunta anche quella

europea che si è detta pronta a misure «non convenzionali» pur di evitare la micidiale spirale di prezzi in

discesa e bassa, se non addirittura negativa crescita . Se il quadro è questo, è evidente che il nostro Paese

non può lasciarsi sfuggire l'occasione. Siamo la seconda nazione manufatturiera in Europa. Alla solidità

dell'industria si possono agganciare servizi e un terziario che faccia da volano alle imprese. Certo, è

necessario che il governo faccia la sua parte. Che deve essere soprattutto quella di tenere in ordine il bilancio

pubblico e agevolare quanto possibile le aziende. Non si tratta di elargire incentivi quanto di liberare dalla

cappa della burocrazia e degli adempimenti inutili il fare impresa. L'orizzonte deve essere quello di una

generale discesa delle tasse. Va eliminato il freno all'agire che è rappresentato dalle potenziali imposte che

ciclicamente vengono riversate su cittadini e aziende perché tengono e terranno compressi consumi e

investimenti. Senza consumi e investimenti il motore della ripresa resta imballato e non sostenibile nel tempo.

Alle imprese il compito di agganciare il paese al treno della crescita. Al credito e alla Borsa il compito decisivo

di rendere l'accesso ai capitali meno costoso. Questo non è il momento, per nessuno, di tirarsi indietro.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Poste Italiane Sped. in A.P. D.L. 353/2003 conv. L.46/2004 art. 1, c1 DCB Milano

14/04/2014 1Pag. Corriere Economia - N.14 - 14 aprile 2014

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 159

Victor Massiah: «Ubi aperta ai fondi, ma col voto capitario» @Righist righi A pagina 7 L'INTERVISTA

Ubi è stata la prima banca ad attirare l'attenzione del fondo americano BlackRock, che un anno fa comperò

oltre il 5 per cento della banca lombarda. Oggi, Ubi si appresta a essere la prima grande popolare a

modificare la propria governance per accogliere le indicazioni della Banca d'Italia e della Bce. Cambiamenti

che vedono tra i protagonisti il consigliere delegato Victor Massiah.

Siete stati il primo target del fondo Blackrock in Italia. A quanto ammonta quell'investimento oggi?

«Sono circa al 4,8 per cento. Il primo azionista è un altro fondo, Silchester international investors, ora al

4,9%. Fondi assimilabili a questi, nel nostro azionariato, fluttuano tra il 35 e il 40 per cento. Le due fondazioni

azioniste, assieme, valgono circa il 4,4 per cento. Con le quote delle famiglie altoborghesi, storicamente

azioniste della banca, arriviamo a una quota di circa il 55 per cento. Il resto è retail ».

La vostra solidità patrimoniale vi rende protagonisti di ogni possibile scenario di aggregazioni. Siete

interessati ad acquisizioni?

«Premesso che il sistema bancario italiano è più frammentato degli altri sistemi europei e che quindi è più

probabile assistere a un'ulteriore ondata di aggregazioni, dobbiamo però anche dire che l'eventuale nuova

ondata non può essere simile a quella del 2007».

Perché?

«Nel 2007 delle banche si voleva tutto e soprattutto si volevano le filiali. Oggi invece stiamo ripensando la

numerosità e la dimensione delle filiali... Allora si comperava e basta, oggi l'acquisto è problematico: chi

vende vuole vendere tutto, chi compera non vorrebbe comperare tutto. Non si mette in discussione il ruolo

fondamentale della filiale, le filiali acquisiranno in nobiltà. La dimensione però deve essere ripensata e la

capillarità coerente con il sempre maggiore utilizzo dell'on line . Inoltre, le aggregazioni del 2007 furono tutte

tra società quotate, quindi a fronte di valori confrontabili. Cosa che oggi potrebbe non essere. Se vengono

coinvolte aziende non quotate la determinazione del prezzo diviene complicata».

Sulle banche pesa l'accusa, grave, di non erogare abbastanza credito.

«Noi nel 2013 abbiamo chiuso il bilancio sotto budget negli impieghi. Ovvero il cavallo, sano, non beve. E

consideri che noi nello scorso anno abbiamo guadagnato quote di mercato... Eppure il totale degli impieghi di

sistema nel 2007 è più basso del totale degli impieghi al 31.12.2013. Dati certi di bilancio. Anche scontando i

crediti non pagati, che aumentano lo stock, gli impieghi 2013 sono superiori al totale 2007. Quindi, di cosa

stiamo parlando? È come per il valore dei tassi assoluti: all'epoca i tassi erano superiori al 6 per cento, ora

siamo vicini al 4 per cento. Perché è vero che è aumentato lo spread , ma il tasso di riferimento in questi sei

anni è crollato...».

Qual è l'andamento dei crediti non pagati nel bilancio di Ubi?

«Apparentemente si inizia a vedere la fine di questa lunga corsa. Nei primi mesi del 2014, per quanto

riguarda Ubi, per la prima volta da molto tempo, il totale dei crediti deteriorati si è fermato, non è cresciuto.

Certo, non bastano tre mesi per cancellare anni di crisi, ma il segnale è positivo».

Operate in alcune delle zone più dinamiche d'Italia. Come sta andando l'economia delle aziende?

«La situazione è polarizzata. Chi dipende dall'estero ha fatto bene e in alcuni casi molto bene. Talune stanno

meglio di prima della crisi. Quelle che stanno male sono le aziende che dipendono dai consumi interni,

perché sono quelli a essersi deteriorati».

Come uscirne?

«Ci sono un paio di segnali positivi in questo senso. In pri mis la ripresa dei pagamenti da parte della pubblica

amministrazione, operazione che ha rimesso in giro dei soldi».

14/04/2014 1Pag. Corriere Economia - N.14 - 14 aprile 2014

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 160

Le lentezze nei pagamenti sono così importanti?

«Quando studiavo economia, al primo anno ci insegnavano che la velocità di circolazione della moneta è uno

degli aspetti basilari nell'efficienza di un sistema. Negli ultimi dieci anni abbiamo fatto tutto il possibile per

rallentare questa velocità. Una follia!».

Il secondo segnale positivo?

«È nel tentativo di mettere nelle tasche della componente meno abbiente della popolazione della disponibilità

di spesa maggiore che dovrebbe essere, secondo la teoria economica, successivamente trasformata in

consumi».

Com'è cambiata Ubi negli anni della crisi?

«Una delle lezioni che ci ha lasciato questa lunga crisi è quanto sia collegato, per una banca, il conto

economico con lo stato patrimoniale. Prima della crisi si guardava moltissimo al conto economico, assai

meno allo stato patrimoniale. Soprattutto non erano chiari i meccanismi di collegamento tra i due prospetti. Le

regole imposte dalla crisi in termini di solidità patrimoniale, di disciplina delle scadenze di bilancio, di gestione

della liquidità e di attivi ponderati, hanno evidenziato che, se vuoi mantenere una disciplina di bilancio

inevitabilmente hai, nel breve termine, delle performance economiche inferiori. Nel medio periodo, però,

questa nostra estrema disciplina di bilancio è stata apprezzata».

Anche dai soci clienti?

«Siamo l'unica banca che, negli anni della crisi, ha sempre pagato un dividendo cash . Poco, ma sempre. E

date le regole del gioco o hai un bilancio sano o non puoi pagare...».

Siete alla vigilia di un possibile importante cambiamento nella governance del gruppo. Cosa accadrà

nell'assemblea del prossimo 10 maggio?

«Cercheremo di far convivere le logiche di una popolare con una dimensione europea. Le riforme che stiamo

proponendo vanno in questa direzione. Per presentare una lista serviranno 500 firme e lo 0,5% del capitale.

Mentre ai fondi viene riservato un corridoio speciale per presentarsi al voto. Ma per presentarsi, non per

vincere. Il nostro corridoio riservato si conclude in assemblea. Non ci sono posti riservati in consiglio se non si

vince in assemblea. Se la lista dei fondi arriva prima o seconda avrà dei posti in consiglio, se arriva terza, ci

spiace, ma non li avrà. Inoltre, se una delle due liste vincitrici, rappresenta più del 10 per cento del capitale si

vedrà riconosciuto un bonus di seggi. Questo, con lo spirito di far convergere la parte capitaria con la parte

capitale, creando una popolare moderna alla quale abbiamo pensato, introducendo anche dei limiti di età per

gli amministratori».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

CHI È Victor Massiah, 55 anni, è il consigliere delegato del gruppo bancario Ubi dal 1° dicembre 2008

FORMAZIONE Si è laureato in Economia e commercio alla Sapienza di Roma, con una tesi in Economia

internazionale CARRIERA Dopo due esperienze in Andersen e McKinsey entra in banca nel 1997, al Banco

Ambrosiano Veneto. Diviene vice direttore generale. Nel 2002 lascia per entrare nel gruppo Banca Lombarda

e Piemontese, dove diviene direttore generale nel 2003

Numeri chiave 250

MILIONI DI EURO

L'utile netto dell'esercizio 2013 del gruppo bancario Ubi (erano 82,7 nel 2012)

0,06

EURO

Il dividendo che verrà proposto ai soci in assemblea

12,6

PER CENTO

Il Core tier 1 ratio (indice di solidità patrimoniale). È il più elevato tra le grandi banche italiane

4

14/04/2014 1Pag. Corriere Economia - N.14 - 14 aprile 2014

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 161

MILIONI

Il totale dei clienti di Ubi

14/04/2014 1Pag. Corriere Economia - N.14 - 14 aprile 2014

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 162

ORSI &TORI Paolo Panerai Gli italiani, anche gli evasori più accaniti, devono prepararsi a rendere l'onore delle armi ad Attilio Befera, il

direttore generale dell' Agenzia delle entrate, che ha annunciato di non voler essere riconfermato e di voler

andare in pensione a maggio. Devono rendergli l'onore delle armi anche gli evasori più accaniti, molti dei

quali sono finiti nella sua rete, perché Befera ha fatto fare un grande salto qualitativo al sistema fiscale

italiano, un salto tale che, non potendo più gli evasori essere sicuri della loro impunità, saranno sempre più

spinti a diventare cittadini onesti. Avranno meno ricchezza, ma finalmente avranno la coscienza a posto e

potranno vivere più sereni in un Paese più giusto. Lo hanno capito anche coloro che con pervicacia hanno

mantenuto all'estero, clandestinamente, le loro ricchezze. Non essendo ancora partito lo pseudo-nuovo

scudo, molti italiani con le ricchezze all'estero hanno riportato in auge gli spalloni con la frontiera svizzera e

questa volta non dall'Italia alla Svizzera, ma dalla Svizzera all'Italia. Devono rendergli l'onore delle armi tutti

gli italiani, perché Befera ha fatto cadere lo stereotipo (vero) di un Paese, l'Italia, dove la più storica funzione

di uno Stato, essa stessa ragione essenziale dell'esistenza di uno Stato, non è più una vergogna di

inefficienza e incapacità di organizzarsi. Oggi la pressione fiscale in Italia è tremendamente forte non per

causa di Befera, anzi. Con la sua azione, con il recupero di oltre 68 miliardi di evasione negli anni di sua

permanenza all'Agenzia, Befera ha di fatto contenuto un ulteriore aggravio della pressione fiscale, che

sarebbe stata necessaria per chiudere i conti dello Stato. Da una pressione così forte, Befera ha finito per

essere il bersaglio anche di cittadini normali e onesti, anche in relazione alla politica degli incassi da parte di

Equitalia, di cui il capo delle Entrate è tuttora presidente. È stato, specialmente un anno e mezzo fa, il

parafulmine di tutte le saette che avrebbero dovuto essere lanciate contro i politici e i governanti, incapaci di

tagliare la spesa pubblica e il debito, vera causa di una pressione fiscale insopportabile. Ho avuto occasione

di incontrare più volte Befera per questo giornale e per ItaliaOggi. Specialmente ItaliaOggi è stata una spina

nel fianco di Befera fino a quando non abbiamo raggiunto una sorta di accordo tacito. Erano gli scoop di

ItaliaOggi sulle circolari e le interpretazioni provenienti dall'interno dell'Agenzia che avevano reso i primi

incontri non rilassati. Befera voleva che non pubblicassimo gli scoop di regolamenti, circolari e interpretazioni.

Si è rapidamente convinto che per un giornale libero ciò non era possibile. Ma abbiamo fatto un patto che

rientra nelle regole di un sano giornalismo. Avremmo verificato con lui e i suoi collaboratori la fondatezza

delle informazioni. Ma in realtà andando oltre: i giornali ricevono decine di lettere, e-mail e proteste

sull'operato del Fisco, da cui si potrebbero demagogicamente compilare decine di attacchi all'Agenzia delle

entrate. In non pochi casi le proteste sono strumentali. Per separarle da quelle fondate ci siamo impegnati a

una verifica preliminare. Se la protesta era legittima, avremmo potuto scegliere noi fra due opzioni: o

denunciarla pubblicamente, o aspettare che l'Agenzia correggesse il suo errore. Sono vari i casi andati a

buon fine. Ed è proprio in questi casi che è stato possibile toccare con mano la grande professionalità e la

determinazione di Befera a voler essere servitore dello Stato. Si può capire che dopo anni snervanti, Befera

desideri una vita diversa. Se la merita, ma se posso permettermi di dare un suggerimento al presidente del

Consiglio, Matteo Renzi, chiederei a Befera di entrare nello staff di Palazzo Chigi. Le sue conoscenze, la sua

professionalità potrebbero essere preziosissime in vista dell'attuazione della delega al governo per la riforma

del Fisco. Befera ha anche il merito di aver fatto crescere validissimi collaboratori, a cominciare

dall'amministratore delegato di Equitalia, Benedetto Mineo. È probabile che Equitalia si fonderà con l'Agenzia

delle entrate. Per capire di che pasta sia fatto Befera e quindi quale perdita sarà per lo Stato la sua uscita (se

Renzi non lo chiama a Palazzo Chigi) basta ricordare un semplice dettaglio: egli ha fatto carriera sia sotto

Vincenzo Visco, che da capo degli ispettori del Secit lo nominò direttore della riscossione e poi direttore

centrale delle Entrate, sia sotto Giulio Tremonti, con cui è arrivato al vertice. Come è noto, Visco e Tremonti

sono stati come il diavolo e l'acqua santa: l'unico che è riuscito a farli andare d'accordo è stato Befera.

12/04/2014 1Pag. Milano Finanza - N.73 - 12 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 163

Grazie, dottor Befera. * * * Alla fine grazie al pragmatismo e alla determinazione, Marco Patuano, l'ad di

Telecom guardato con scetticismo quando il capo azienda Franco Bernabè è uscito lasciandogli il testimone,

ha fatto quanto i suoi predecessori avevano tentato invano di fare: un patto di acciaio con Sky. Era stato

prima il sogno dell'ad Riccardo Ruggiero, che in effetti aveva firmato un accordo di distribuzione dei canali

Sky attraverso il protocollo IpTv, cioè il sistema televisivo su internet: nei fatti, per una serie di errori, la IpTv

non è mai decollata. Il rapporto con Sky era stato l'asso nella manica di Marco Tronchetti Provera, prima di

dover cedere il controllo di Telecom: sullo yacht di Rupert Murdoch, il padrone di Sky, Tronchetti, con chiara

visione del futuro (anche se più lontano del previsto), aveva addirittura messo a punto la fusione fra la

compagnia di telecomunicazioni e la piattaforma leader della paytv in Italia. L'affare non andò in porto per vari

motivi, non ultimo il non gradimento di Silvio Berlusconi, che temeva l'emarginazione per la sua Mediaset.

Appunto con il pragmatismo e la semplicità di approccio che lo distinguono, Patuano si è guardato intorno per

capire come mai in Italia la domanda di banda larga e la fibra non decollano dal lato della domanda, al punto

che anche il presidente di Agcom, Angelo Cardani, aveva dovuto dichiarare che lo sviluppo e la diffusione

dell'internet potente e veloce non stavano avvenendo perché non richieste dagli italiani. Patuano aveva

spiegato in un convegno al Maxxi di Roma che questo disinteresse italiano verso il progresso dell'alta velocità

e potenza nelle comunicazioni metteva a rischio anche il rispetto degli obiettivi posti dalla Ue. E la riprova

gliel'aveva fornita il suo braccio destro, capo dell'area corporate, Simone Battiferri: era stato fatto un test su

un campione di qualche decina di migliaia di imprese, rappresentativo dei 2 milioni di aziende clienti Telecom,

offrendo loro in pratica gratis il raddoppio della potenza; le risposte positive non avevano superato il 10%.

Senza domanda è difficile che un'azienda, sia nel settore retail che in quello corporate, possa decidere

investimenti miliardari senza (continua a pagina 4) segue da pagina 3 qualche patema d'animo. Lo sguardo

panoramico di Patuano ha evidenziato che anche nel resto del mondo la diffusione della banda larga stava

rallentando ma che alcuni operatori primari stavano tentando una nuova strada, appunto quella dell'unione fra

telecomunicazioni e televisione. Infatti, la televisione richiede per forza una altissima potenza di banda,

specialmente per la crescente qualità delle immagini. Si stavano muovendo in questo senso la stessa

Telefonica, azionista principale di Telecom; Bt ha addirittura battuto e vinto l'asta quasi miliardaria per i diritti

della Premier league inglese di calcio, strappandoli proprio alla BSkyB di Murdoch; Vodafone ha addirittura

comprato televisioni via cavo; e infine è diventato un modello vincente quello di At&t, quello che fu il sistema

telefonico Usa prima del frazionamento antitrust: la società, dopo gli anni gloriosi, era caduta in secondo

piano con ticket mensili non superiori ai 20 dollari. Ora At&t è tornata a risplendere grazie alla scelta di

diventare distributore dei canali delle major americane. Meticoloso com'è, Patuano è andato in Usa con

Battiferri e il capo del consumer, Luca Rossetto, per vedere da vicino il miracolo At&t. È tornato e ha chiuso

l'accordo con Sky, che ha per la verità posto alcune condizioni, come quella che la distribuzione attraverso

broadband dei canali avvenga attraverso un suo specifico decoder in modo da mantenere il controllo del

cliente. Ma il cliente sarà in comune con Telecom, perché da Telecom dovrà acquistare la banda, che è il

mestiere specifico di una società di telecomunicazioni. L'accordo con Sky tuttavia è solo, per la natura dei

contenuti, per l'area consumer. Resta da trovare il modo perché la televisione provochi domanda di banda

larga, anzi larghissima, anche nel settore delle aziende e dei professionisti. Battiferri ha un progetto

interessante che presto diventerà operativo. Con questa importantissima operazione con Sky, alla vigilia

dell'assemblea, Patuano chiude la bocca a tutti i possibili critici della sua leadership in Telecom Italia, ma

soprattutto dà al mercato la prospettiva di una azienda che torna a essere dinamica e quindi capace di

produrre nuova ricchezza dopo il declino di redditività dei cellulari per non parlare del telefono fisso. Ora sarà

lo sviluppo della banda larga, sia attraverso la fibra che wi-fi a generare nuovi fatturati. Ciò che conta è il

ticket medio mensile che per i milioni di clienti Telecom Italia deve salire significativamente. L'esperienza At&t

indica la possibilità di salire a 70-80 euro al mese. Naturalmente più sostanzioso sarà il ricavo dalle aziende e

dai professionisti che attraverso la banda larga potranno ricevere servizi finora non goduti. Diretta

conseguenza delle scelte strategiche di Patuano è, come lui stesso ha dichiarato, che non si parlerà più di

12/04/2014 1Pag. Milano Finanza - N.73 - 12 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 164

scorporo della rete, perché a fronte di investimenti che possono ricevere una significativa remunerazione, non

è un problema per Telecom reperire i finanziamenti necessari. Ma la scelta di Patuano indica anche quale

sorta di convergenza si stia determinando fra telecomunicazioni e video. Una vera rivoluzione che è partita in

sordina con le Smart Tv di cui è specialista Samsung, con i progetti televisivi di Google, di Apple e presto di

Amazon. Il minimo comune denominatore è, per questo sviluppo convergente, lo schermo: quello tradizionale

della televisione, quello altrettanto tradizionale del computer e quelli più moderni e sempre più efficienti e a

portata di mano degli smartphone e dei tablet. E gli schermi naturalmente sono più funzionali alle immagini

che semplicemente alle parole. P.S. Tutti hanno sempre ammirato la signorilità e la moderazione di Ferruccio

de Bortoli. Alcuni lo hanno talvolta criticato bollandolo come non coraggioso. Sfido a trovare un altro direttore

del Corriere che abbia avuto il coraggio di fronteggiare il capo azienda come è avvenuto negli ultimi giorni da

parte di de Bortoli nei confronti di Pietro Scott Jovane, l'ad scelto personalmente dal dominus del Corriere,

John Elkann. E de Bortoli lo ha fatto su una questione di altissimo valore morale: la critica, fino a minacciare

le dimissioni, sui bonus per i manager della casa editrice, mentre la stessa casa editrice ha chiesto sacrifici

pesanti ai lavoratori, inclusi i giornalisti, con la chiusura delle testate e la cassa integrazione a zero ore. Si

dirà: quando una attività va male è dovere dei manager chiuderla. Vero. Ma nel corso di una crisi come quella

che l'editoria mondiale e italiana in particolare stanno attraversando, sarebbe stato necessario il pudore di

contenere i costi del corpo dirigente. Si dice che comunque de Bortoli è destinato a essere sostituito da Mario

Calabresi, direttore de La Stampa. Sarebbe un'ulteriore fiattizzazione del Corriere della Sera, che con de

Bortoli è riuscito sempre a essere un giornale indipendente. Cioè come dovrebbe essere un organo di

informazione: solo al servizio dei lettori, senza con ciò nulla togliere alla professionalità di Calabresi. Si

potrebbe dire: nessuno tocchi, almeno in questo contesto, Caino-de Bortoli. (riproduzione riservata) Paolo

Panerai

FTSE MIB DELLA SETTIMANA

-4,4%Atlantia -4,80 Autogrill -4,52 Azimut -13,61 A2a -4,82 B Pop Milano -7,23 Bco Popolare -4,93 Bper -11,59

Buzzi Unicem -5,06 Campari -1,14 Cnh Industrial -4,32 Enel -3,88 Enel G. Power -2,82 Eni -0,87 Exor -1,75

Ferragamo +4,53 Fiat +0,40 Finmeccanica -5,85 Generali -5,24 Gtech -4,22 IntesaSanpaolo -7,57 Luxottica -

2,50 Mediaset -10,03 Mediobanca -9,43 Mediolanum -10,36 Moncler +0,08 Mps -6,49 Pirelli e C. -2,29

Prysmian -4,01 Saipem Snam -0,24 Stm -4,32 Telecom Italia -0,40 Tenaris -2,45 Terna -2,39 Tod's -2,01 Ubi

Banca -8,44 Unicredit -8,50 UnipolSai -5,74 World D. Free -5,51 Yoox +2,03

12/04/2014 1Pag. Milano Finanza - N.73 - 12 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 165

CLASSIFICHE Bernabe' , Costa, Battista&C coca c'e dietro i superstipendi dei manager diPiazza Affari Roberta Castellarin e Paola Valentini Bernabe' , Costa, Battista&C coca c'e dietro i superstipendi dei manager di Piazza Affari/ alle pagine 22 e 23

Ben 22 mila euro al giorno. È quanto ha guadagnato lo scorso anno Franco Bernabè. L'ex presidente

esecutivo di Telecom ha percepito nel 2013 compensi per 8,2 milioni di euro. Maurizio Costa, ex

vicepresidente e amministratore delegato di Mondadori, ha ottenuto invece 6,4 milioni, pari a 17.500 euro al

giorno, e Valerio Battista, amministratore delegato di Prysmian, ha percepito 6,1 milioni, l'equivalente di

16.700 euro al dì. Sono questi i tre manager che occupano il podio della classifica degli amministratori più

pagati nel 2013 tra le maggiori 40 quotate a Piazza Affari in base alle relazioni sulle remunerazioni redatte e

pubblicate dalle società in vista delle assemblee. Dall'analisi condotta da Milano Finanza su oltre 130 top

manager emerge che il monte totale degli stipendi, tra parte fissa, variabile e buonuscite, è stato nel 2013

pari a 197 milioni di euro, con un aumento del 12% rispetto ai 176 milioni del 2012.A partire da Bernabè,

dimessosi il 3 ottobre scorso, che ha percepito 2,6 milioni tra compensi fissi e benefit non monetari, rispetto ai

2,9 milioni di tutto il 2012; a questi si aggiungono altri 5,6 milioni come indennità di fine carica di cui 3 milioni

come corrispettivo forfettario per recesso e 2,6 milioni per patto di non concorrenza per un anno. Sugli stessi

livelli la liquidazione percepita da Maurizio Costa. Per gli oltre 15 anni trascorsi in Mondadori l'ex ad e vice

presidente ha percepito una buonuscita di 5,75 milioni. In aggiunta lo scorso anno il gruppo di Segrate ha

corrisposto a Costa compensi per 657 mila euro per relativi al periodo tra il 1° gennaio e il 20 marzo, data in

cui si sono decorse le sue dimissioni. In totale quindi Costa ha percepito oltre 6,4 milioni. Nel 2012 Costa

aveva ricevuto compensi per 5,1 milioni, inclusi 2,86 milioni come bonus e altri incentivi. Sono stati proprio i

bonus a far lievitare la remunerazione dell'amministratore delegato di Prysmian, Battista. I suoi compensi

includono il pagamento dell'incentivo di lungo termine per i tre anni dal 2011 al 2013 per circa 5,1 milioni. Va

detto che in tre anni la società ha generato 1,85 miliardi di ebitda e 500 milioni di cassa. Il piano prevedeva

che per i tre anni non venissero erogati i bonus che sono stati reinvestiti. In totale sono stati distribuiti circa 30

milioni a 300 dirigenti fronte di una crescita del valore del titolo di oltre 700 milioni (+47% nei tre anni).

Battista ha sempre reinvestito nell'azienda arrivando a detenerne l'1,4%. A seguire c'è un altro manager che

ha lasciato con una liquidazione d'oro. L'ex consigliere delegato Enrico Cucchiani ha ottenuto 6,1 milioni di

cui 3,6 milioni (corrisposti nel corso di quest'anno) come penale a fronte di recesso unilaterale anticipato. Ma

nell'ottobre scorso Cucchiani non ha abbandonato Ca' de Sass subito, perché è rimasto come direttore

generale assunto, fino ad aprile 2014 quando maturerà la pensione. Intanto nel 2013 Fabrizio Viola,

amministratore delegato e direttore generale di Mps, ha percepito un compenso totale di 1,791 milioni oltre il

tetto teorico dei 500 mila euro imposto dalla Commissione Europea per il piano di ristrutturazione della banca.

Come amministratore delegato Viola ha ottenuto una remunerazione di 402 mila euro, di cui 332.838 euro

relativi al compenso per la carica, somma originariamente sospesa per la richiesta della Commissioni e poi

ripristinata «in seguito del venir meno dei presupposti della rinuncia e in considerazione del diverso assetto

retributivo rinveniente dall'applicazione dei parametri europei», sottolinea la relazione sulla remunerazione. Il

banchiere in aggiunta ha ricevuto 1,389 milioni come direttore generale. Inoltre a Viola la banca erogherà 1,2

milioni come importo transattivo a fonte del quale il manager ha rinunciato a pattuizioni e spettanze relative al

precedente assetto contrattuale. «In forza del salary cap imposto dalla Commissione Europea sulla

retribuzione del management, che ha comportato una riduzione dell'assetto retributivo teorico potenziale

dell'ad da 3,5 milioni a 500 mila euro, oltre alla sospensione dei compensi per le cariche, è stato concordato

un importo transattivo di 1,2 milioni», si legge nella relazione sulla remunerazione. Unicredit ha invece

azzerato i bonus dei top manager per il 2013, che si è chiuso con una perdita netta record di 14 miliardi a

12/04/2014 1Pag. Milano Finanza - N.73 - 12 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 166

causa di maxi accantonamenti e svalutazioni. Inoltre la proposta di politica retributiva che il presidente,

Giuseppe Vita, presenterà all'assemblea fissa in 2 a 1 il limite massimo al rapporto tra la componente

variabile e quella fissa della remunerazione dei dipendenti (tranne il personale delle funzioni di controllo).

Niente bonus, dunque, per l'ad, Federico Ghizzoni, il cui stipendio è ammontato nel 2013 a 2,3 milioni (1,95

milioni del 2012). Mentre Vita ha ricevuto 1,35 milioni e il direttore generale, Roberto Nicastro, 1,54 milioni.

Vita ha rinunciato a benefit per circa 200 mila euro, sottratti allo stipendio dopo la rinuncia volontaria al 20%

dei compensi del 2012 (entrato in carica a maggio, Vita aveva incassato 998 mila euro). (riproduzione

riservata)

LA CLASSIFICA DEI TOP MANAGER PIÙ PAGATI A PIAZZA AFFARI NEL 2013 Franco Bernabè (24)

Maurizio Costa (40) Valerio Battista (13) Enrico Tommaso Cucchiani (47) Sergio Marchionne (1) Luca

Cordero di Montezemolo (25) Paolo Scaroni (49) Andrea Guerra (53) Fedele Confalonieri (34) Frank Dorjee

(14) Mario Greco (18) Giuliano Adreani (33) Giovanni Battista Ferrario Carlo Cimbri (56) Sergio Balbinot

Claudio Descalzi (50) Fabio Romeo (15) Luca Bettonte Pier Francesco Facchini (16) Federico Ghizzoni Pier

Mario Motta (41) Alberto Nagel Renato Pagliaro Carlo Malacarne Richard Tobin (55) Fulvio Conti (57) Carlo

Pesenti Michele Norsa (45) Pier Silvio Berlusconi (35) Francesco Saverio Vinci Gaetano Micciché (44) Diego

Della Valle Federico Marchetti (23) Giampiero Pesenti (22) Fabrizio Viola (51) Carlo Messina (43)

PierFrancesco Saviotti Paolo Vagnone Alessandro Garrone Roberto Nicastro Giovanni Castellucci (10) John

Elkann Victor Massiah Pietro Giuliani Enrico Cavatorta (54) Bruno Lescoeur (26) Bob Kunze-Concewitz (30)

Massimo Di Carlo Giuseppe Vita Marco Giordani (37) Niccolò Querci (39) Franco Moscetti (12) Gina Nieri

(38) Bruno Picca Leonardo Del Vecchio Maurizio Cereda Angelo Fanelli (50) Andrea Della Valle Giuseppe

Recchi Paolo Andrea Colombo (57) Mauro Crippa (36) Edoardo Lombardi Edoardo Garrone Gabriele Galateri

di Genola Luca Garavoglia (29) Telecom Italia Mondadori Prysmian Intesa SanPaolo Fiat e Cnh Fiat Eni

Luxottica Mediaset Prysmian Generali Mediaset Italcementi Unipol Generali Eni Prysmian Erg Prysmian

Unicredit Banca Generali Mediobanca Mediobanca Snam Cnh Enel Italcementi Ferragamo Mediaset

Mediobanca Intesa SanPaolo Tod's Yoox Italcementi Mps Intesa SanPaolo Banco Popolare Generali Erg

Unicredit Atlantia Fiat Ubi Azimut Luxottica Edison Campari Mediobanca Unicredit Mediaset Mediaset

Amplifon Mediaset Intesa SanPaolo Luxottica Mediobanca Eni Tod's Eni Enel Mediaset Mediolanum Erg

Generali Campari Ex presidente esecutivo ex Vice presidente e Amm. Del. Amministratore delegato ex Amm.

Delegato. e Dir. Gen. Amministratore delegato e presidente Consigliere Amministratore delegato

Amministratore delegato Presidente Chief strategy officer Amministratore delegato e Dir. generale

Amministratore delegato Direttore generale Amm. Delegato e Direttore generale Direttore resp. strat.

Divisione E&P Vice presidente Amministratore delegato Chief financial officer Amministratore delegato Amm.

Delegato e Direttore generale Amministratore delegato Presidente Amministratore delegato Amministratore

delegato Amministratore delegato Consigliere delegato Amministratore delegato Vice Presidente Consigliere

e Direttore generale Direttore generale Presidente e Amm. delegato Presidente e Amm. esecutivo Presidente

Amm. Delegato e Direttore generale Amministratore delegato Amministratore delegato Dir resp. strat. Vice

presidente esecutivo Direttore generale Amm. Delegato e Direttore generale Presidente Consigliere delegato

Presidente e Amm. delegato Direttore generale e cons. Amm. delegato Amministratore delegato Consigliere

Presidente Consigliere Consigliere Amm. delegato e Direttore generale Consigliere Chief risk officer

presidente Consigliere Divisione R&M Vice presidente e Amm. delegato Presidente Presidente Consigliere

Consigliere Presidente Presidente Presidente 2.968.000 5.102.279 1.574.190 3.037.000 7.387.300 5.534.000

6.397.000 4.347.817 2.745.478 1.475.695 1.886.437 2.987.189 2.049.115 2.378.717 4.269.049 2.556.000

872.703 2.843.329 666.686 1.949.677 1.941.655 2.469.844 2.596.681 1.624.000 2.213.705 4.017.027

1.958.040 9.380.000 1.464.767 2.097.353 1.496.000 1.570.945 1.652.242 4.479.363 1.595.173 1.396.000

1.708.644 1.243.203 1.600.150 1.679.654 1.524.024 1.463.400 1.505.441 1.494.000 1.355.585 1.747.000

1.392.243 1.586.053 998.356 1.028.198 1.016.038 1.009.000 983.969 1.283.775 1.792.387 1.106.000

1.059.989 1.014.000 1.387.000 862.627 1.062.096 973.333 969.034 1.045.000 8.258.000 6.412.741

12/04/2014 1Pag. Milano Finanza - N.73 - 12 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 167

6.171.154 6.130.000 5.912.410 5.534.000 4.555.000 4.477.543 3.736.802 3.723.339 3.606.226 3.289.163

3.286.546 3.247.802 3.012.500 2.888.000 2.828.382 2.771.635 2.373.572 2.319.908 2.271.517 2.252.305

2.251.750 2.198.000 2.173.370 2.163.735 2.112.083 2.005.000 1.962.705 1.914.178 1.885.000 1.831.800

1.805.277 1.796.103 1.792.195 1.719.000 1.709.282 1.682.000 1.583.223 1.549.085 1.524.482 1.517.100

1.497.539 1.494.000 1.401.273 1.398.000 1.362.980 1.360.000 1.357.529 1.357.318 1.352.635 1.327.000

1.318.659 1.315.000 1.285.000 1.279.750 1.250.000 1.231.500 1.221.000 1.204.000 1.194.560 1.063.030

1.060.000 1.053.002 1.045.000 Valori in euro al netto del compenso in azioni

GRAFICA MF-MILANO FINANZA

L'EVOLUZIONE DELLE RETRIBUZIONI NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI GRAFICA MF-MILANO FINANZA

2009 Categoria d'inquadramento 2010 2011 2013 2012 Trend 2013-2012 Trend 2013-2009 Retribuzione

totale lorda in euro Dirigenti Quadri Impiegati Operai 104.342 51.804 26.151 21.723 103.908 53.418 27.092

21.529 105.621 53.303 26.920 22.006 109.737 54.023 27.855 22.600 110.875 54.179 28.562 23.493 1,0%

0,3% 2,5% 4,0% 6,3% 4,6% 9,2% 8,2% Fonte: OD&M (Gi Group)

CHI HA BATTUTO L'INFLAZIONEOperai Quadri Impiegati Dirigenti GRAFICA MF-MILANO FINANZA Variazioni percentuali 2013/2012 Fonte:

OD&M (Gi Group) 4% 0,3% 2,5% 1% Indice dei prezzi ad alta frequenza di acquisto (1,6%) Indice dei prezzi

generale (1,2%)

LA CLASSIFICA DEI TOP MANAGER PIÙ PAGATI A PIAZZA AFFARI NEL 2013 Società Carica

Compensi 2012 Compensi 2013 Marco Ghigliani Marco Patuano Francesco Micheli Monica Mondardini (20)

Stefano Saccardi (32) Raffaele Agrusti (17) Paolo Marchesini (31) Massimo Doris Frédéric Marie De Cortois

D'Arcolliéres (52) Ferruccio Ferragamo Giovanni Bazoli Giuseppe Castagna (48) Adolfo Bizzocchi Carlo

Bianchini Giovanni Berneschi Piero Luigi Montani Luigi Odorici (5) Luigi Francavilla Ennio Doris Carlo Maria

Vismara Domenico De Angelis Stefano Sincini Maurizio Faroni Marco Malcontenti Fiorenzo Dalu (9) TiMedia

Telecom Italia Intesa Sanpaolo L'Espresso Campari Generali Campari Mediolanum Mps Ferragamo Intesa

Sanpaolo Intesa Sanpaolo Credem Italcementi Banca Carige Bpm Bper Luxottica Mediolanum Mondadori

Banco Popolare Tod's Banco Popolare Azimut Bpm Direttore generale Amministratore delegato Chief invest.

officer Amministratore delegato Amministratore delegato Ex direttore generale Amministratore delegato Vice

Presidente Consigliere Presidente Pres Cons. di Sorveglianza Ex Dir. Generale Direttore generale Dirigente

Ex Presidente Consigliere delegato cons. gest. Amministratore delegato Vice presidente Amministratore

delegato Consigliere Consigliere Amministratore delegato e Dir. generale Consigliere Co-ad e consigliere

Direttore generale 384.951 1.322.000 1.559.092 1.034.112 1.806.585 1.025.369 954.155 924.203 833.000

1.080.000 772.000 853.500 519.610 1.200.000 971.312 1.122.000 798.837 834.292 1.126.765 786.349

772.554 759.955 541.000 - 1.043.024 1.042.000 1.032.000 1.021.920 1.009.852 1.000.000 991.145 989.791

967.948 939.000 918.000 889.000 883.000 871.418 856.000 832.192 825.000 800.062 800.000 776.307

774.818 774.586 748.769 743.000 730.000 Valori in euro al netto del compenso in azioni NOTE: (1)Si

sommano compensi di Fiat e Cnh Previsto anche un compenso equity con onere figurativo di 6.197.600 euro

(2) In carica fino al 6 maggio 2013. Ha rinunciato al compenso (3) In carica dal 6 maggio 2013. Dall'11

dicembre 2013 è vice presidente (4) Ha rinunciato a 50 mila euro del compenso fisso come membro del cda.

Dall'11 dicembre 2013 è presidente. Previsto anche un compenso non equity con onere figurativo di 266.660

(5) Nel compenso 2012 è compreso anche il compenso per la carica di d.g. più un'indennità di fine carica pari

a 300 mila euro. Nel 2013 previsto anche un compenso non equity con onere figurativo di 19 mila euro (6)

Consigliere dal 17 dicembre 2013 (7) In carica fino al 12 maggio 2013. Di cui 807 mila euro come indennità di

fine carica (8) Di questi 480 mila euro sono per consulenze (9) Indennità di fine carica (10) Previsto anche un

compenso equity con onere figurativo di 725.638 euro (11) Previsto anche un compenso equity con onere

figurativo di 269.942 (12) Previsto anche un compenso equity con onere figurativo di 284.000 euro (13)

Previsto anche un compenso equity con onere figurativo di 1.329.590 (14) Previsto anche un compenso

equity con onere figurativo di 548.284. Nel compenso 2013 è inclusa l'indennità di fine carica per 2,5 milioni

12/04/2014 1Pag. Milano Finanza - N.73 - 12 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 168

(15) Previsto anche un compenso equity con onere figurativo di 549.847 (16) Previsto anche un compenso

equity con onere figurativo di 456.906 (17) A questi si aggiungono 6.116.008 come indennità di fine carica

che è stata congelata dall'azienda (18) Di questi 783 mila euro sono rimborsi di oneri fiscali riconducibili

all'entry bonus in azioni accordato nel 2012 (19) In carica fino al 3 ottobre 2013. Nel compenso 2013 è

inclusa l'indennità di fine carica per 5,6 milioni (20) Previsto anche un compenso equity con fair value di

266.578 euro (21) Previsto anche un compenso equity con fair value di 51.524 (22) Nella relazione è riportata

anche l'indennità di fine rapporto che ammonta a 3.839.875 (23) Previsto anche un compenso equity con fair

value di 2.998.189 euro (24) Di cui 5,6 milioni di euro come indennità di fine carica (25) Di cui 5,48 mln relativi

a Ferrari (26) Versati alla controllante Edf (27) Vice presidente fino al 30 aprile 2013 (28) Vice presidente

dall'8 maggio 2013 (29) Previsto anche un compenso equity con fair value di 1.068.428 euro (30) Previsto

anche un compenso equity con fair value di 2.441.283 euro (31) Previsto anche un compenso equity con fair

value di 1.550.600 euro (32) Previsto anche un compenso equity con fair value di 1.779.781 euro (33)

Previsto anche un compenso equity con fair value di 160.891 euro (34) Previsto anche un compenso equity

con fair value di 268.152 euro (35) Previsto anche un compenso equity con fair value di 214.521 euro (36)

Previsto anche un compenso equity con fair value di 59.589 euro (37) Previsto anche un compenso equity

con fair value di 59.589 euro (38) Previsto anche un compenso equity con fair value di 59.589 euro (39)

Previsto anche un compenso equity con fair value di 59.589 euro (40) Di cui 5,75 milioni di euro come

indennità di fine carica (41) Previsto anche un compenso equity con fair value di 163.472 euro. Riversa i

compensi fissi per la carica di consigliere del Cda alla società di appartenenza (42) Riversa i compensi fissi

per la carica di consigliere del Cda alla società di appartenenza. Presidente dall'8 agosto 2012 (43) Benefici

non monetari per 59 mila euro, bonus per 480 mila euro (44) Benefici non monetari per 52 mila euro, bonus

per 640 mila euro (45) Il compenso fisso è di 800 mila euro, mentre la restante parte variabile ricomprende la

parte che sarà corrisposta al termine del triennio di mandato in base al raggiungimento degli obiettivi e la

componente maturata nel 2013 che sarà erogata nel 2014 (46) L'indennità di fine rapporto è fissata a

2.127.222 (47) Di questi 3,6 milioni è la penale a fronte di recesso unilaterale anticipato in applicazione del

patto di stabilità sottoscritto nel momento dell'assunzione (48) Di questi 450 mila euro come indennità di fine

rapporto (49) L'importo 2013 comprendel'incentivo annuale di 2 milioni di euro e un milione di euro come

incentivo differito erogato nel 2013. L'importo 2012 comprende 2,1 milioni di incentivo annuale e 2,8 milioni

per anni precedenti erogati nel 2012 (50) Comprendono gli incentivi differiti degli anni precenti erogati

nell'anno di bilancio (51) Di cui 332.838 euro relativi al compenso per la carica di ad ripristinato a seguito del

venir meno dei presupposti alla base della rinuncia e in considerazione del diverso assetto retributivo

rinveniente dall'applicazione dei parametri Ce. Mentre 1,389 milioni sono relativi alla carica di dg. Ulteriori

266.051 euro sono stati erogati a Viola nel corso dell'anno e sono di competenza dell'esercizio 2012. Viola ha

concordato un importo transattivo di 1,2 milioni di euro a fonte del quale il manager ha rinunciato a pattuizioni

e spettanze rinvenienti dal precedente assetto contrattuale, da erogarsi al massimo a fine 2014 (52)

Consigliere fino al 24 settembre. Di cui 918.938 euro da controllate (Axa Mps ass. danni e Axa Mps ass. vita)

(53) Previsto anche un compenso equity con fair value di 2.076.594 euro (54) Previsto anche un compenso

equity con fair value di 965.425 (55) Il compenso 2012 è in dollari (56) In Unipol Sai di cui è ad Cimbri ha

percepito 436.253 euro riversati a Unipol gruppo finanziario (57) Fonte: Audizione Senato

12/04/2014 1Pag. Milano Finanza - N.73 - 12 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 169

SCENARIO Una pax molto elettorale Guido Salerno Aletta La tempesta finanziaria si è finalmente allontanata dall'Europa. È come in mare, quando le onde si fanno più

lunghe e non si frangono più travolgendo i natanti rimasti intrappolati nel loro cavo. Ormai portano sue giù

soavemente qualunque gallegiante, dal pattino al transatlantico. Così, sui mercati, sono ormai mesi che i

bond sovrani europei non incontrano più tassi altissimi sulla rotta del piazzamento, né subiscono il rovescio

delle vendite improvvise. C'è bonaccia: i tassi di interesse scivolano tutti verso il basso, sul piano inclinato

dell'onda lunga. La Greciaè tornataa piazzare sul mercato titoli del debito pubblico a cinque anni, spuntando

un tasso inferiore al 5%: un miracolo, visto che il Paese ancora nel 2013 ha registrato un pil in calo del 3,8%,

perdendo cumulativamente il 26% dal 2008. Neppure si guarda al fatto che a fine 2013 il debito pubblico

greco abbia nuovamente superato il livello considerato insostenibile nel 2011: è rimbalzato al 173,8% del pil,

rispetto al 170,3% registrato nel 2011. Il Fmi prevede che crescerà ancora nel 2014, arrivando al 174,7%. La

ristrutturazione del debito adottata nel 2012, abbattendolo al 157,2% del pil, è evaporata. Ma il mercato non

se ne accorge. Non gli sfugge né la disoccupazione al 27%, né tantomeno che l'inflazione dei prezzi sia stata

negativa dello 0,9% nel 2013 e lo sarà ancora dello 0,4% quest'anno. Tutto previsto: sono gli effetti della

deflazione competitiva che è stata imposta alla Grecia. Il premier Samaras ha fatto di tutto per presentarsi

alla scadenza delle elezioni europee con l'aria di chi ha rimesso in sesto i conti, riguadagnando addirittura la

fiducia dei mercati finanziari: lo hanno promosso, e così spera che anche i greci facciano altrettanto e non

votino massicciamente per le formazioni antieuro. Non è diversa la situazione della Spagna: la

disoccupazione è al 26%. I conti pubblici non stanno meglio: non solo il debito è cresciuto dall'85,9% del

2012 al 93,9% dell'anno scorso, ma si prevede che andrà ancora su almeno fino al 2014, quando il Fmi

prevede che toccherà il tetto del 104,3% sul pil. Il deficit del bilancio spagnolo in questi anni non è stato

messo in sordina: dal 10,6% del pil nel 2012 è sceso al 7,2% del 2013. Quest'anno sarà ancora del 5,9% e

nel 2015 ancora del 4,9%. Se il Fiscal Compact non si applica alla Spagna in quanto ha accettato gli aiuti

dell'Esm a condizioni di stretta condizionalità, neppure si può neppure dire che il deficit spending sia riuscito a

far ripartire l'economia cheè zavorrata dal tracollo delle banche. Tra il 2012 e il 2013 il pil è caduto prima

dell'1,6% e poi dell'1,2%. Il partito del premier Rajoy non ci sta a passare per l'unico responsabile dello

sfascio, dell'austerità di oggi e delle dissipazioni bancarie degli anni della speculazione immobiliare. Non è un

caso che la Corte dei Conti di Madrid si sia messa a fare le pulci addirittura al Banco de España, che aveva

calcolato in 61,3 miliardi il costo del salvataggio bancario: computando anche le linee di credito erogate al

sistema bancario, gli aiuti arrivano a 107,9 miliardi, il 75% in più. Il fatto è che, ripartendo gli aiuti così erogati

tra i diversi istituti bancari e tenendo conto che la loro conduzione viene attribuita ai diversi partiti politici, si è

scoperto che il palmares non è detenuto, come si pensava, dalla nazionalizzata (e di centrodestra) Bankia,

bensì dalla Cam, guidata dai socialisti, che ha assorbito nientemeno che 24,8 miliardi, ben 2,4 miliardi in più

di Bankia. Se qualcuno voleva trarsi d'impaccio, il risultato è stato l'opposto: più benzina per gli indignatos,

visto che è chiaro come non ci sia differenza tra le banche guidate dalla destra e quelle riferite alla sinistra Se

passiamo alla Francia, vediamo che il Fronte Nazionale di Marine Le Pen si avvia a essere il primo partito alle

elezioni europee, visto che si vota con il sistema proporzionale e non con il doppio turno di coalizione.

Sarebbe l'ammutinamento che farebbe saltare non solo l'asse franco-tedesco e segnerebbe la fine

dell'Unione fondata sulla burocrazia di Bruxelles, sugli interessi dei mercatie dei mercanti. Non è un caso che

la direttrice del Fmi, Christine Lagarde, francese, si sia fatta subito sotto e non abbia lesinato suggerimenti

alla Bce: deve adottare misure immediate di sostegno all'economia, prima che sia troppo tardi. Sono

suggerimenti generosi, così li ha definiti Mario Draghi, auspicando che il Fondo sia altrettanto tempestivo nel

formulare i suoi auspici, a ridosso delle riunioni della Fed. Erano troppo evidenti le correlazioni: débâche della

presidenza Hollande alle amministrative, nomina immediata del nuovo Presidente del Consiglio Valls,

12/04/2014 9Pag. Milano Finanza - N.73 - 12 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 170

intervento straordinario della Bce a sostegno dell'economia europea. È ovvio che la Bce stia a guardare:

prima delle elezioni europee non si muoverà. Spetta ai cittadini europei, se lo credono, cambiare i Trattati

dell'Unione e attribuire alla Bce un mandato diverso, prendendo come modello la Fed o la Banca d'Inghilterra.

La Bce non può che dichiararsi soddisfatta del risultato raggiunto: l'euro si è salvato dall'implosione. Il

mercato festeggia, a sua volta: il rischio della tempesta finanziaria è passato. Come un marinaio stanco dopo

la tempesta, il mercato si concede una doppia razione di rum, si gode la bonacciae l'onda lunga. All'orizzonte,

ci sono le elezioni europee:i risultati in Grecia, Spagna, Francia e Italia potrebbero scompaginare il sistema

delle rappresentanze storiche. A 25 anni dalla caduta del Muro di Berlino, il pendolo della storia europea

potrebbe tornare indietro, constatando il fallimento di questa Unione. A maggio si vota per il Parlamento

europeo, fra un mese si ricomincia a ballare. (riproduzione riservata)

LA DISCESA DELLO SPREAD Differenziale di rendimento fra i titoli di Stato e il Bund tedesco Grecia

Portogallo Italia Spagna

Foto: Mario Draghi

Foto: Christine Lagarde

12/04/2014 9Pag. Milano Finanza - N.73 - 12 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 171

INTERVISTA Grande affare Russia Edoardo Narduzzi «Si ricorda cosa le avevo detto l'ultima volta che ci siamo incontrati in piena crisi greca?» Garegin Tosunyan,

da pochi giorni riconfermato per altri cinque anni alla guida della Associazione bancaria russa (che

rappresenta anche le assicurazioni insieme a oltre 800 banche), fatica a nascondere il suo compiacimento

mentre gli stringo la mano davanti a due foto che lo ritraggono con Giovanni Paolo II e con Vladimir Putin.

«Le avevo previsto che la Grecia non avrebbe lasciato l'euro e che la moneta unica non avrebbe conosciuto

defezioni. E proprio questa settimana la Grecia è tornata con successo come emittente sui mercati

finanziari». L'ultimo incontro risale ai tempi dello spread italiano a quota 500 e della piazza in rivolta ad Atene,

allora l'euro sembrava sull'orlo del collasso ma per Tosunyan era semplicemente l'effetto di una forte nevicata

in un'area monetaria abituata alla eccessiva tranquillità. «Noi russi siamo abituati a confrontarci da sempre

con le situazioni estreme ed emergenziali e sappiamo che alla fine una via d'uscita si trova». Anche questa

volta, nell'impostare la conversazione con uno dei più ascoltati consiglieri del presidente Putin sulle questioni

finanziarie, gli argomenti caldi da affrontare non mancano: la crisi del rublo, l'instabilità innescata dalla

Crimea, i nuovi rapporti con l'Europa. Domanda. Secondo lei la crisi nell'eurozona si può considerare

conclusa? Risposta. L'inizio di una crisi è quasi sempre accidentale. Sono fatti originali e poco conosciuti dai

regolatori che le innescano. Ma per uscire da una crisi c'è bisogno di molto tempo. Le mie stime sono

preliminari ma la mia percezione è che la situazione sia oggi molto migliore e che il ciclo espansivo

continuerà perché l'economia ha elementi positivi sui quali far leva, come il fatto che il costo del denaro

resterà ai minimi storici ancora per qualche tempo. D. Condivide i timori di chi pensa che la crisi dell'euro

abbia finito per germanizzare l'eurozona assegnando troppo potere alle banche tedesche? R. Il mio pensiero

sul punto è che la Germania, non solo nelle banche, ma politicamente ed economicamente sta dominando

l'Europa. La politica europea oggi è molto più influenzata da Berlino di prima della crisi. Di conseguenza le

banche tedesche sono in una posizione privilegiata, dominano l'eurozona, perché possono influenzare

l'allocazione interbancaria dei capitali e produrre condotte significative per gli investitori. D. In Russia, invece,

le cose non vanno più così bene. La banca centrale ha rivisto al ribasso la crescita del pil nel 2014 e l'ex

ministro Kudrin parla di crescita zero. La Russia rischia la recessione? R. L'economia russa ha un grande

vantaggio, che credo non abbia nessun'altra grande economia: il nostro mercato interno è ancora per una

parte importante non realizzato, sono ancora necessari molti investimenti per completare le nostre

infrastrutture o per migliorare la qualità dei servizi. Il vero obiettivo oggi è quello di creare un clima, un

ambiente favorevole al business per attrarre gli investimenti. Personalmente spero che la crisi attuale possa

essere un acceleratore per noi. Gli econometristi parlano di una caduta del Pil ma per me non ci sarà

recessione in Russia. Ci sono molte previsioni che prevedono un risultato per fine anno non entusiasmante,

ma io penso che il contesto ci stimolerà a prendere più decisioni per stimolare la nostra economia. D. Mi sta

forse dicendo che la crisi spingerà Putin ad accelerare sulle riforme che aveva promesso in campagna

elettorale? R. Credo che vedremo molte riforme in campo economico finalizzate a migliorare la competitività

dell'economia russa e ad attrarre capitali internazionali. D. Si stimano in 70 miliardi i capitali che hanno

lasciato la Russia da quando il rublo si è fatto volatile. Teme problemi per la liquidità delle banche russe? R.

Certo questo fatto è peculiare e indirettamente si riflette sulla liquidità del settore bancario in generale. Ma

vedo il bicchiere mezzo pieno: la fuga dei capitali esteri ci spingerà a modificare la nostra legislaz i o n e per

ridiventare più indipendenti, perché troppi capitali russi sono ancora depositati fuori della Russia. È poi vero

che c'è troppa liquidità nelle banche statali mentre le private sono più vulnerabili dagli effetti di questi

movimenti crossborder di capitali. Ma i cambiamenti della nostra politica monetaria sono indirizzati anche a

stabilizzare questo problema, facendo funzionare meglio il mercato interbancario. D. Pensa che qualche

banca estera lascerà la Russia vendendo a investitori domestici? R. No, non credo. La situazione era più

12/04/2014 11Pag. Milano Finanza - N.73 - 12 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 172

critica qualche anno fa. Gli asset russi valgono e oggi nessuno vuole venderli perché sa che poi, tra qualche

anno, pagherà di più per rientrare. Quella russa è una grande economia del pianeta e non conviene starne

fuori. D. È vero che capitali cinesi stanno investendo in Russia? R. La percezione è che l'ingresso di capitali

dalla Cina sia limitato come portata anche perché i russi preferiscono il capitale europeo a quello cinese. C'è

un attento e costante monitoraggio degli investimenti cinesi proprio per capire bene e subito cosa sta

accadendo nella nostra economia e nei nostri mercati finanziari. D. In Russia il mercato bancario è ancora

molto frammentato. R. Il trend di consolidamento è già presente in Russia e sta dispiegandosi in due modi:

come conseguenza dell'azione amministrativa delle istituzioni e a seguito di operazioni di m&a di mercato.

Personalmente preferisco la seconda alla prima perché è il modo naturale con cui il mercato passa da una

forma organizzativa a una struttura di offerta più efficiente. D. Cosa succede in Crimea? R. Il rublo già circola

in Crimea in parallelo con la grivna. Le banche russe stanno aprendo le loro filiali perché sanno che si tratta

di un'importante opportunità di business. Quelle che arriveranno per prime guadagneranno un vantaggio

competitivo e le banche russe sono molto interessate al mercato della Crimea. Quindi non vedo alcun

problema: in poche settimane la Crimea avrà servizi e prodotti bancari analoghi a quelli presenti in Russia.

(riproduzione riservata)

Foto: Yi Gang

Foto: Garegin Tosunyan

12/04/2014 11Pag. Milano Finanza - N.73 - 12 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/04/2014 173

SCENARIO PMI

11 articoli

Il cancelliere ad Atene. Il leader tedesco assicura il suo sostegno a Samaras: «Siete sulla strada giusta» Merkel promuove la Grecia Accordo per un fondo d'investimento comune destinato alle Pmi VOTO CRUCIALE I sondaggi vedonol'opposizione di Syriza in testa davanti al partito del premier in vista delle elezioni europee V.D.R. L'emissione dei titoli greci testimonia «il ritorno della fiducia nella Grecia», ha detto il cancelliere tedesco

Angela Merkel ieri in visita lampo ad Atene, sottolineando che «continueremo a sostenere la Grecia» che è

«sulla strada giusta». Pronta la risposta del premier greco Antonis Samaras nel corso di una conferenza

stampa congiunta al termine della visita: «La Grecia ce l'ha fatta. Oggi è un nuovo giorno».

Voltare pagina, archiviare dopo quattro anni la crisi greca e ripartire con prospettive di crescita mettendo sul

piatto 100 milioni di euro per lo sviluppo delle piccole e medie imprese elleniche. Questo era l'obiettivo politico

del cancelliere tedesco, il giorno dopo il positivo ritorno della Grecia sui mercati dopo quattro anni di esilio

forzato.

«Sono venuta ad Atene per imparare da voi, per ascoltare i vostri problemi e per vedere i progressi che

avete fatto»: così ha esordito il cancelliere tedesco prendendo la parola durante un incontro con i giovani

imprenditori greci organizzato nell'ambito della sua visita, nel corso della quale ha firmato con il premier

greco, Samaras, un memorandum d'intesa per l'istituzione di un fondo d'investimenti, la cui struttura è

ricalcata sul modello di quello statale tedesco Kfw, una sorta di Cassa depositi e prestiti, per aiutare la

liquidità delle piccole e medie imprese grazie a mutui a basso interesse.

Una Merkel che ha paragonato le difficoltà della crisi greca a quelle che colpirono i tedeschi durante il difficile

periodo della riunificazione.

Dopo aver fatto la faccia severa in passato, sostenendo le politiche di austerity e le riforme strutturali, il

cancelliere tedesco ieri è venuto ad Atene con un simbolico "ramoscello di ulivo", portando aiuti e sostegno

politico al traballante governo Samaras che ha solo due deputati di maggioranza in Parlamento (152 su 300

seggi).

Atene e Berlino contribuiranno al fondo pubblico per le Pmi ciascuna con 100 milioni di euro per dare

sostegno alle 40mila nuove aziende sorte nel 2013, secondo i dati del Governo greco, di cui 140 start up nei

settori di punta. «Conosco la difficile situazione che state vivendo e che per molti di voi continua tuttora - ha

proseguito Merkel -. Ma in Grecia ci sono molte possibilità. Vi sono settori tradizionali come il turismo e

l'agricoltura nei quali si possono intraprendere nuove strade di sviluppo. Vogliamo aiutare le nuove imprese e

contribuire insieme alla nostra controparte greca. La questione è: "Come ottenere capitali? Come posso

sviluppare la mia impresa?" Ma dopo tutto ciò che è stato fatto da questo governo, come le riforme, la Grecia

ha adesso maggiori occasioni nonostante le difficoltà e anche se vi sono ancora un alto tasso di

disoccupazione e altri problemi non risolti».

Un sondaggio questo mese ha mostrato il principale partito di opposizione di sinistra radicale, Syriza, al

21,5%, davanti a Nea Dimokratia, il partito conservatore di Samaras al 20,8 per cento. Una sconfitta alle

elezioni europee di maggio potrebbe minacciare la coalizione di governo e rigettare il paese nelle turbolenze.

Se a maggio dovessero vincere le forze che vogliono ridiscutere i termini del salvataggio greco (costato 240

miliardi di euro e un haircut di 100 miliardi di euro, il maggiore della storia moderna), sarebbe come rimettere

in discussione gli obiettivi e i risultati positivi fin qui raggiunti (come il primo surplus primario di bilancio nel

2013 di 3 miliardi di euro e il primo attivo delle partite con l'estero) dopo tanti sacrifici fatti dai greci.

Naturalmente molto resta ancora da fare: Atene ha ancora al 31 dicembre 2013, secondo dati dell'Agenzia

del debito greco, un debito di 321,5 miliardi di euro (di cui 40 miliardi in scadenza nel 2014).

La disoccupazione è scesa a gennaio al 26,7% dal 27,2 di dicembre 2013, ma quella giovanile resta un

problema enorme con punte al 57 per cento.

12/04/2014 6Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/04/2014 175

Ecco perché il cancelliere tedesco ha cercato di sostenere il premier Samaras e la sua politica di rinascita

economica e morale del Paese mediterraneo. Perché un fallimento delle politiche di risanamento e di riforme

in Grecia suonerebbe come una sconfitta europea della Merkel.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LA MISSIONESeconda visita in due anni

Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha compiuto ieri una visita di poche ore ad Atene accompagnata da

uomini d'affari tedeschi. Dopo un incontro con i giovani imprenditori greci, la Merkel ha visto il premier ellenico

Samaras (dietro di lei nella foto), assicurandogli il suo sostegno in vista del voto europeo del 25 maggio dove

è favorita la sinistra radicale di Syriza.

REUTERS

12/04/2014 6Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/04/2014 176

industria & innovazione Rilanciare il talento italiano Il saggio di Gianfelice Rocca illustra la quantità di ingegni imprenditoriali che sono il punto di forza dellanostra economia: un patrimonio da sostenere con norme efficaci La classe politica non può più rimandarel'adozione di riforme che rendano la struttura dei costi delle nostre imprese compatibile con il mercato globale Valerio Castronovo Che occorra arrestare un processo di deindustrializzazione che altrimenti priverebbe l'Europa di un asse

portante della sua economia e di una leva di mobilità sociale, s'è presa infine coscienza nell'ultimo vertice del

Consiglio europeo. C'è perciò da augurarsi che si provveda a impostare un'efficace strategia trasversale sia

in materia di ricerca e formazione del capitale umano sia nel campo delle infrastrutture, che valga a rendere

più robusto e competitivo il settore manifatturiero. È infatti essenziale, per lo sviluppo degli investimenti e

dell'occupazione, e quindi per riattivare un percorso di crescita durevole, un rilancio dell'attività industriale in

modo che la sua quota nel Pil aggregato della Ue salga dall'attuale 15 al 20% entro i prossimi sei anni.

Giunge dunque a proposito il saggio di Gianfelice Rocca, il cui titolo Riaccendere i motori non potrebbe

compendiare meglio i motivi precipui che militano per una rinascita in forze dell'industria europea. A una

somma di dati e analisi comparate sullo scenario economico internazionale si associano infatti, nelle sue

pagine, riflessioni illuminanti su questioni di fondo e linee di tendenza che riguardano anche scelte politiche,

culture sociali, abiti mentali. E questo in virtù sia della vasta esperienza maturata da Rocca in un Gruppo

multinazionale come Techint, sia della sua attitudine a una lettura dei diversi aspetti della realtà con un

approccio versatile e problematico. Il suo non è perciò un testo per soli "addetti ai lavori", tanti sono gli

elementi di conoscenza e di giudizio che s'intrecciano nella ricognizione delle vicende e congiunture

susseguitesi negli ultimi decenni.

Anche per questa larghezza di orizzonti, accompagnata dall'indicazione di terapie e soluzioni concrete,

risulta particolarmente istruttivo quanto Rocca documenta e sostiene con perspicacia a proposito del "caso

italiano". A suo avviso, il nostro Paese possiede una risorsa fondamentale che, qualora venisse

convenientemente assecondata dalla promozione di adeguate condizioni esterne, sarebbe in grado di

esprimere maggiori livelli, in fatto di dinamismo e valore aggiunto, rispetto a quelli attuali. Ed è l'innovazione

incrementale di numerose imprese: ossia, la capacità (indipendentemente dalla loro dimensione, purché

inserite in reti di cooperazione formali e informali) di combinare i vari fattori e ingredienti della produzione in

modo creativo e con valenze qualitative. Una sorta di medium tech che, strettamente abbinato a quella cellula

economica e sociale altrettanto essenziale che è il territorio, il microcosmo dei distretti, costituisce in

sostanza, secondo l'Autore, il segreto dell'industria manifatturiera italiana. Poiché, in base a un insieme di

specifiche cognizioni e competenze, crea occupazione e favorisce la redistribuzione della ricchezza.

Questo singolare patrimonio di talenti e requisiti imprenditoriali, nonché di perizia e ingegnosità delle

maestranze, continua a essere il punto di forza della nostra economia: se si considera che l'Italia è il primo, il

secondo e il terzo esportatore mondiale per tantissime categorie di prodotti, nelle quali ha conquistato una

posizione eminente o importanti nicchie di mercato (dalla meccanica all'elettrotecnica, dall'automotive alla

nautica, dalla chimica ai derivati della plastica, alla raffinazione del petrolio, dalla diagnostica alla produzione

di strumenti medicali).

Ma se non vogliamo disperdere il "vantaggio competitivo" rappresentato appunto da un ordito di saperi e

professionalità, di identità e specializzazioni, rinvigorito man mano da successivi apporti e sedimentazioni, è

indispensabile alleggerire il pesante "zaino" che la nostra industria seguita a portarsi addosso, rispetto ad altri

partner europei, a causa di un carico gravoso di soffocanti impacci burocratici, eccessivi prelievi fiscali,

incerte normative sul lavoro, inefficienze di varia specie del sistema Paese. Grazie alla sua diffusa presenza

nei mercati internazionali, essa ha consentito finora all'Italia di galleggiare nel mezzo della micidiale crisi degli

ultimi sei anni. Ma la classe politica non può ritardare più oltre l'adozione di determinate riforme che rendano

13/04/2014 36Pag. Il Sole 24 Ore - Domenica da collezione(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/04/2014 177

la struttura dei costi delle nostre imprese compatibile con le direttrici del mercato globale, in modo che

possano migliorare la loro produttività e riequilibrare così anche la bilancia commerciale su cui pesano la

bolletta energetica e l'approvvigionamento dall'estero di numerose materie prime.

D'altronde, al punto in cui ci troviamo (con una disoccupazione giunta al 13% e un tasso d'attività inchiodato

al 55% della popolazione attiva), dipenderà da una sagace quanto effettiva valorizzazione delle potenzialità

del settore manifatturiero la possibilità per il nostro Paese di scongiurare la deriva verso la stagnazione

economica e una dirompente crisi sociale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gianfelice Rocca, Riaccendere

i motori, Marsilio, Venezia,

pagg. 144, € 16,50

Foto: dirompente creatività|«Fulmine compositore» di Fortunato Depero, 1926, esposto alla mostra «Universo

Depero», Museo Archeologico Regionale di Aosta, fino all'11 maggio

13/04/2014 36Pag. Il Sole 24 Ore - Domenica da collezione(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/04/2014 178

COMPETITIVITÀ DELLE PMI Aiuti in arrivo per le reti d'impresa Netti u pagina 2 Enrico Netti

Buone notizie per le imprese che puntano sui contratti di rete: sono in arrivo nuove risorse - il plafond

dovrebbe ammontare a 200 milioni -, che andranno a finanziare gli sgravi fiscali per la quota di utili che

saranno reinvestiti nella realizzazione degli obiettivi del network. Un beneficio fiscale, previsto dal Def

presentato la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri e che giovedì approderà alla Camera, utilizzabile

solo dalle "reti contratto" senza soggettività giuridica, la quasi totalità dei contratti di rete a oggi stipulati.

Il testo del Def contiene altri due punti essenziali: l'aumento degli utili accantonabili e la semplificazione del

bilancio d'impresa. Il primo dovrebbe portare a un aumento delle risorse che beneficiano della

defiscalizzazione: nel triennio 2011-2013 il tetto era fissato a un milione. Per quanto riguarda il secondo

elemento dovrebbe trattarsi del bilancio di rete introdotto dal decreto Sviluppo. Si tratta dell'obbligo per le reti

con fondo patrimoniale e organo comune di stilare e depositare presso il Registro delle imprese la situazione

patrimoniale del contratto di rete. Un onere considerato eccessivo per le "reti contratto". L'approvazione degli

interventi dovrebbe avvenire - indica il Def - entro settembre 2014.

«L'impegno del Governo di rifinanziare lo sgravio fiscale per 200 milioni ci soddisfa e spero sia al più presto

concretamente a disposizione delle imprese per alimentare nuovi investimenti - commenta Aldo Bonomi, vice

presidente di Confindustria per le reti di impresa e presidente di RetImpresa -. La misura è una conferma

dell'importanza delle aggregazioni, strumenti a supporto della competitività delle Pmi».

Negli ultimi tempi il ritmo con cui vengono sottoscritti nuovi contratti ha registrato un'accelerazione:

attualmente le aggregazioni sono circa 1.500 e coinvolgono oltre 6.300 aziende. Il nuovo plafond, una volta

confermato, tiene conto del trend di crescita e della platea di imprese potenzialmente interessate. «La strada

tracciata dal Def per le reti va a integrare un insieme di misure che si stanno mettendo in campo a livello di

finanziamenti regionali - aggiunge Bonomi - e con la prossima programmazione europea».

Il Def evidenzia la valenza delle reti come un fattore di stimolo per la crescita dimensionale delle aziende del

turismo e prevede «per tre anni benefici fiscali e contributivi alle imprese turistiche che si aggregano anche

sotto forma di rete d'impresa».

Rimane invece irrisolto il problema della codatorialità. «Ci aspettiamo che arrivino indicazioni operative da

Inps e Inail per applicare novità importanti come la codatorialità - conclude Bonomi - che possono favorire

nuova occupazione attraverso le reti».

[email protected]

© RIPRODUZIONE RISERVATA Nota: Campione compostodaimprese con almeno20addetti. Percentuali

riferite alle imprese chehannodichiarato di aver ricevuto nel2013 un rimborso anche parziale dei crediti vantati

verso le amministrazioni pubbliche alla fine del 2012. Elaborazioni effettuate suun campione pari

al98%delcampione obiettivo. Fonte: Assifact su dati Bollettino Banca d'Italia (ottobre 2013) Le destinazioni

d'uso Utilizzo dei pagamenti ricevuti dalle Amministrazioni pubbliche per crediti commerciali. Valori in

percentuale Destinazione Industria Servizi Costruzioni Pagamenti di stipendi arretrati 9,6 9,9 8,4 Riduzione

debiti commerciali 37,6 28,7 36,1 Riduzione esposizione Amministrazioni pubbliche 1,7 4,3 5,1 Riduzione

esposizione verso sistema finanziario 19,6 16,6 28,6 Altre forme di finanziamento di capitale circolante 17,7

26,1 7,7 Finanziamento di investimenti 1,9 4,5 4,6 Aumento delle riserve di liquidità 9,1 7,5 8,9 Altro 2,8 2,4

0,6

14/04/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/04/2014 179

DOSSIER PMI Ora l'export mette il turbo Tra i mercati in forte crescita per le nostre aziende oltre ai tradizionali Brics, spiccano anche Messico,Indonesia e Medio Oriente SANDRA RICCIO Molte economie del mondo sono tornate in salute dopo la pesante crisi degli ultimi anni. Vanno a gran ritmo

sia i mercati emergenti con Cina, Brasile ma anche Messico ed Emirati in testa, sia i Paesi maturi come gli

Usa. Non meraviglia, dunque, che anche l'export italiano stia di nuovo iniziando ad accelerare il ritmo. I

segnali che arrivano sono più che incoraggianti: le previsioni di Sace indicano un balzo dell'export italiano del

6,8% per il 2014, dopo l'anemico -0,1% del 2013. Il trend proseguirà a ritmo anche più sostenuto negli anni

successivi fino a raggiungere i 539 miliardi di euro di vendite all'estero nel 2017, con un tasso di crescita

media nel quadriennio del 7,3%. Un bel balzo in avanti trainato dalla grande operosità delle Piccole e medie

aziende che, molte volte, sui mercati esteri si sono affermate come campioni di vendite battendo anche i

grandi big, e ritagliandosi ampi spazi di margine con le eccellenze del Made in Italy. Intanto nella classifica

dei mercati a maggior potenziale di crescita per il nostro export nei prossimi quattro anni spuntano mete

nuove, sinora poco battute dalle aziende del nostro Paese. Accanto ai grandi classici come Cina (con stime di

una crescita dell'11,2%), Russia (10,5%), Brasile (9,1%), Arabia Saudita (9,2%) Emirati (9%) e Turchia

(8,8%) si fanno largo anche Paesi come Indonesia (8%) e Messico (6,8%). Non mancano poi i grandi classici

con i mercati maturi di Usa (+9%) e Regno Unito (+7,1). L'esercito delle Pmi ha quindi davanti a sé uno

spazio sempre più ampio in cui muoversi. Rimane però ancora ridotto il numero di imprese che si sposta fuori

dai confini. Le aziende che vendono all'estero con regolarità oscillano tra le 20 e le 40 mila unità contro le 210

mila che esportano genericamente, cioè che l'hanno fatto «almeno una volta nella vita». Altre 70mila e più

hanno invece le potenzialità per esportare ma non lo fanno, o lo fanno solo occasionalmente. Una fetta

importante dunque che può crescere aiutando così anche il Paese nella ripresa. Far salire questa quota è

l'obiettivo dichiarato di «Italia per le Imprese, con le Pmi verso i mercati esteri», il ciclo di incontri che mette a

disposizione il supporto dell'Ice (l'agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese

italiane), delle Associazioni della Cabina di Regia (Confindustria, Rete Imprese Italia, Alleanza delle

Cooperative, Confagricoltura e Unioncamere), di Simest e di Sace per coinvolgere il sistema produttivo su

tutto il territorio nazionale. Nel mirino c'è un numero ben preciso ed ambizioso. «Il nostro obiettivo è di

aumentare di 22 mila unità il numero delle imprese stabilmente esportatrici - ha dichiarato di recente il vice

ministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda -. Il Governo e le Istituzioni devono stare vicini al sistema

imprenditoriale italiano, in questo modo è possibile aprire una nuova stagione di sviluppo per il Paese.

Dobbiamo andare noi sui territori, non attendere che le aziende giungano alle nostre sedi». La formule

utilizzata è quella del Roadshow di "Italia per le Imprese. Con le Pmi verso i mercati esteri". L'iniziativa sta

avendo molto successo tanto che dalle 16/17 tappe previste è già stato deciso un incremento degli

appuntamenti a quota 25. L'ultimo incontro in ordine di tempo si è tenuto a Milano con una fitta presenza di

oltre 600 aziende (di queste 280 non esportano con continuità sui mercati esteri). È stato il terzo in calendario

e la prossima tappa del Roadshow è attesa per il 13 maggio ad Ancona.

Numeri chiave 6,8% il balzo delle esportazioni È la crescita percentuale prevista per il 2014, dopo l'anemico

­0,1% del 2013 539 miliardi di euro È il valore che potrebbero raggiungere le vendite all'estero nel 2017 7,3%

l'aumento medio È il tasso di crescita dell'export previsto per il periodo 2014­2017 11% le vendite in Cina È il

Paese asiatico dove crescono di più le esportazioni italiane 9% il rialzo in Brasile Il Paese Sudamericano

resta una meta ambita per l'export delle pmi

14/04/2014 21Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/04/2014 180

Nuove tecnologie Così Internet moltiplica i ricavi La rete è una vitamina per le Pmi. Quelle che sono attive online crescono ben cinque volte di più rispetto a

quelle che non sono sul web. Un vantaggio competitivo considerevole che fa diventare questo canale una

scelta obbligata anche per uscire dalla morsa della crisi oltre che per dare loro più spazio al di fuori dei confini

del locale. L'economia globale è l'obiettivo ed anche una strada imboccata sempre più spesso dalle aziende

che vogliono sfidare la recessione. I dati confermano che questa strada porta risultati. Le Pmi che hanno

investito in tecnologia non limitandosi a creare soltanto siti vetrina hanno incrementato fatturato produttività

ed export. Lo dice l'analisi Web Runners condotta dallo Studio Giaccardi&Associati che ha messo sotto la

lente le imprese che si sforzano di adottare pratiche innovative di comunicazione e interazione in rete. Si

tratta nella maggior parte dei casi di imprese medio piccole con un fatturato annuo di 50 milioni di euro e

meno di 100 dipendenti. Ebbene rispetto alla media Istat del settore economico di appartenenza, sviluppano

un fatturato maggiore e tendono ad avere un trend crescente anche nel numero di occupati. Inoltre negli

ultimi anni, grazie all'attività online e alle possibilità offerte dal Web, sono addirittura cresciute

economicamente, facendo segnare aumenti del 14,7% nelle esportazioni e del 34% in occupazione e un

aumento del fatturato di un punto percentuale mentre le altre perdono terreno. Il dato colpisce anche perché,

si sa, il nostro Paese non brilla per innovazione. Secondo la classifica mondiale "efriction", che misura il

grado di partecipazione di cittadini e imprese all'internet economy, l'Italia si colloca al 36° posto su 65 Paesi.

In altre parole ci precedono quasi tutti i paesi Ocse. Un pessimo risultato per quello che è il secondo paese

manifatturiero in Europa. Anche i social network acquistano sempre più importanza. Facebook, Instagram,

YouTube, Twitter e gli hashtag giusti per farsi trovare oppure i video virali, possono spianare la strada alle

Pmi anche all'estero. I vantaggi sono molti, dai costi ridotti alla rapidità con cui si riesce a raggiungere

un'ampia platea di utenti in più continenti. E i campioni dell'export italiano, con la moda, il lusso e

l'enogastronomia in testa, trovano un'ambiente idea le nelle nuove tecnologie. Il loro utilizzo muove i primi

passi e lo fa a ritmi che sono ancora lenti. Secondo un'analisi di Doxa Digital «Internet & Export», nel 2013

soltanto il 35% su 668 imprese interrogate ha dichiarato di avere un profilo attivo su Facebook Places.

Ancora meno popolari social come Twitter (17%) e TripAdvisor (7%). Gli equilibri sulla rete sono delicati.

Avere una buona fama o presenza sui social network migliora il posizionamento sui motori di ricerca, in

pratica è più facile essere trovati dagli utenti che digitano il brand o il prodotto. Significa, in altri termini,

attirare più traffico verso il sito e le vendite, la percezione del brand, o la conoscenza del marchio ne

beneficeranno moltissimo. Non esiste però una ricetta unica che vada bene per tutti. In alcuni Paesi è meglio

usare l'inglese per la comunicazione sui social, in altri la lingua locale è più efficace. Anche la piattaforma da

usare può variare e i risultati cambiano a seconda della combinazione giusta da azzeccare. Non mancano i

casi di settori o aziende che hanno già scoperto i social. Un esempio che spicca è quello di «YourMurano».

Nata nel 2011, oggi è presente con forza sui principali social. Il risultato si vede: l'e-commerce è sbilanciato

sull'export con il 95% del fatturato.

Foto: Le Pmi che hanno investito in tecnologia hanno aumentato produttività ed export

14/04/2014 23Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/04/2014 181

Industriala produzionefrena, volal'export IL GOVERNATORE SPACCA: «CI SONO MOLTI FONDI ESTERI INTERESSATI: PREPARIAMOCI ALDIALOGO» IL RAPPORTO

JESI - Domanda interna ancora negativa, nonostante i buoni risultati dell'export, con riflessi pesanti sul

mercato del lavoro e dell'occupazione. Ma, all'orizzonte, qualche lieve segnale di ripresa. La produzione

industriale della regione - secondo il rapporto 2013 sullo stato di salute dell'industria marchigiana elaborato

da Confindustria Marche e da Banca delle Marche - ha registrato una flessione dello 0,9% rispetto all'anno

precedente (-2,7% a livello nazionale).

Tutti i principali settori manifatturieri, ha spiegato ieri il professor Marco Cucculelli dell'Università Politecnica

delle Marche, hanno sperimentato contrazioni dell'attività produttiva, ad eccezione delle calzature (+1,1%) e

della gomma e plastica (+0,4%). In calo anche l'attività commerciale dell'industria marchigiana: le vendite

complessive sono diminuite dell'1,6% in termini reali. Sul mercato interno, dopo una forte caduta nel primo

trimestre dell'anno, la situazione è leggermente migliorata, pur restando sempre in terreno negativo (-4%

rispetto 2012). Sull'estero, invece, l'attività - come si evince dal campione delle imprese analizzate - è in lieve

crescita (+0,4%). L'incremento, tuttavia, appare più elevato se si prendono a riferimento i dati Istat, che

attribuiscono alle Marche un +12,3% sulle esportazioni rispetto al 2012. Discorso diverso per il mercato del

lavoro. Gli occupati sono diminuiti di 22 mila unità nel 2013, pari a -3,4% rispetto alla media 2012, e la

contrazione ha interessato tutti i settori produttivi. In diminuzione anche l'offerta di lavoro (- 9000 unità, -1,3%

sul 2012). Il tasso di attività (15-64 anni) si è attestato al 68,8% (69,1% nel 2012), valore più elevato sia della

media nazionale (63,5%) che di quella delle regioni centrali (67,4%). In forte crescita sono risultate le persone

in cerca di lavoro nelle Marche (+20% pari a circa 13 mila unità) mentre il tasso di disoccupazione ha

raggiunto l'11,1%. Il tasso di disoccupazione giovanile 15-24 anni nelle Marche si attesta al 36,1% (40% in

Italia), mostrando un ulteriore incremento rispetto al 2012 (28,6%).

«C'è un trend leggermente positivo sull'export - ha commentato Nando Ottavi - e da qui dobbiamo partire. Lo

studio ci dice che le imprese che hanno investito su innovazione e ricerca sono quelle che stanno reagendo

meglio alle sfide della globalizzazione, con performance anche molto lusinghiere». Per Spacca, la sfida

dell'internazionalizzazione è centrale nel superamento della crisi: «Ci sono molti segnali - ha osservato - che

fondi internazionali e investitori esteri stanno guardando con sempre più interesse nelle Marche.

Prepariamoci a questo dialogo».

Matteo Tarabelli

© RIPRODUZIONE RISERVATA

12/04/2014 49Pag. Il Messaggero - Marche(diffusione:210842, tiratura:295190)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/04/2014 182

«La crisi morde ancora ma siamo inascoltati Troppo silenzio» Simona Ricci (Cgil): «Dobbiamo contare di più in Regione» L'INTERVISTA

La politica viaggia su binari paralleli, che per ora non si sono incrociati con esigenze e obiettivi del sindacato.

Che molto apertamente lascia un messaggio con Simona Ricci, segretaria Cgil. «Ad oggi non abbiamo

incontrato nessun candidato sindaco del territorio, non ci è arrivato nessun invito. Per questo saremo noi a

voler fissare degli appuntamenti. Abbiamo lanciato un appello deciso a rilanciare il territorio, ma non siamo

stati ascoltati».

Che cosa chiedete?

«Dobbiamo pensare di rilanciare i distretti della meccanica e del mobile. Pensiamo all'innovazione di

prodotto, ma soprattutto la crescita dimensionale delle piccole nostre aziende pensando alle reti di impresa. E

dobbiamo tornare a contare di più in Regione, grande assente per le politiche di sviluppo di questo territorio».

Con la Provincia in dismissione sarà più difficile?

«Ecco perché la richiesta che assieme a Cisl e Uil provinciali abbiamo fatto a tutti i nostri interlocutori di

guardare in faccia alla crisi riconoscendone tutta la sua drammaticità e per affrontare con la Regione una

necessaria e urgente riconversione del tessuto produttivo locale, è e continua ad essere per noi una priorità

assoluta. Se la Provincia, come pare, sembra non potere o volere coordinare più una iniziativa sulle politiche

industriali e per il lavoro in questo territorio, sta a noi e alle associazioni di categoria metterci a lavoro per

produrre idee, progetti, soluzioni. E chiamare la Regione alle sue responsabilità verso questo territorio.

16.342 disoccupati (erano poco più di 8000 nel 2008) attendono risposte».

La fine del tunnel della crisi è lontana ancora?

«Non ci si può abituare, o restare indifferenti, quando ogni mese leggiamo le cifre della crisi economica e

sociale del nostro territorio. L'ennesimo appello del sindacato per un immediato rifinanziamento degli

ammortizzatori sociali in deroga viene formulato dentro un contesto, il nostro, drammaticamente deteriorato e

preoccupante. A un appello così, in tempi normali, sarebbe seguita una mobilitazione collettiva, delle

associazioni e delle istituzioni locali silenti da troppo tempo su questi temi».

La proroga c'è stata fino a marzo, ma sono in tanti i lavoratori senza stipendio.

«I pagamenti dell'Inps, proprio per l'assenza delle risorse trasferite (mancano a tutt'oggi i mesi di dicembre

2013 e tutto il 2014), sono fermi a novembre e le cifre fanno tremare le vene dei polsi: oltre 1 milione e 400

mila ore di cig in deroga pagate a tutto novembre '13, per un ammontare pari a 12 milioni 100 mila euro,

entrambi i dati costituiscono un record regionale. Sono 1284 le aziende coinvolte e 5176 i lavoratori».

Non è convinta che sia l'anno della ripresa?

«Non c'è alcun segnale che lo confermi per il nostro tessuto produttivo di piccole e piccolissime imprese: la

fragilità strutturale e di tutto l'artigianato è tuttora drammaticamente lì. Le piccole imprese manifatturiere

pesaresi sotto i 10 dipendenti e l'artigianato hanno subito una contrazione del fatturato pari a -38,1% a fronte

del -12,7% delle Marche. Il dato del 2013 è il peggiore degli ultimi anni».

Luigi Benelli

13/04/2014 45Pag. Il Messaggero - Pesaro(diffusione:210842, tiratura:295190)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/04/2014 183

L'INTERVISTA «Il problema del lavoro è più grave di quel che si dice» «Serve un intervento forte per favorire la produttività e un grande investimento per gli ammortizzatorialtrimenti il nostro Paese non torna a crescere» BIANCA DI GIOVANNI ROMA Le scelte fatte nel Def erano quasi obbligate, nelle condizioni date. Ma non è detto che siano sufficienti per far

ripartire il Paese. «Servirebbe un intervento forte per favorire la produttività e un grande investimento negli

ammortizzatori sociali, altrimenti è difficile che il paese torni a crescere in modo sostenuto». La pensa così

Marcello Messori, uno dei più grandi economisti italiani, ordinario alla Luiss di Roma. Il quale avverte: il

problema numero uno è la disoccupazione. Professor Messori, il governo parla di Def per la crescita. È

davvero così? «Credo che oggi sia inevitabile rilanciare la domanda aggregata nel brevissimo periodo,

perché le famiglie italiane vengono dal periodo più lungo del dopoguerra di caduta di reddito disponibile e le

imprese da un calo degli investimenti. Quindi è evidente che un impulso alla domanda interna sia una

condizione necessaria per agganciare la ripresa. Per rispondere alla sua domanda bisogna porsi due altre

questioni». Quali? «Primo, se questo stimolo alla domanda è sufficiente. Secondo, se basta agire su questa

leva, o non occorra invece azionarne altre». E lei cosa risponde? «Sul primo punto, dubito che nelle

condizioni date, con i vincoli di bilancio che abbiamo, si sarebbe potuto fare di più. Il taglio del cuneo fiscale

per i redditi medio-bassi ha un valore economico e di equità. Inoltre si è promesso un intervento per gli

incapienti e si è indicato un taglio sull'Irap. Dati i vincoli di bilancio, non si può negare che gli stimoli ci sono.

Se poi si controllano le simulazioni che lo stesso Tesoro ha fatto, si vede che l'impatto di queste misure sul Pil

è modesto. E questo deriva dalla seconda questione, e cioè dal fatto che per l'Italia l'intervento sulla

domanda interna è necessario ma insufficiente». Cosa servirebbe oltre questo? «Al nostro Paese serve più

competitività. Per avviare questo processo non si può partire dal mercato del lavoro, ma da altri fattori.

Secondo me bisognerebbe cambiare il sistema di incentivi alle imprese per favorire processi di innovazione

organizzativa». Ma è il momento giusto per farlo? «Credo proprio di sì. Negli anni della crisi abbiamo avuto la

chiusura di moltissime piccole e medie imprese. A scomparire non sono state necessariamente le peggiori.

Ora chi è rimasto si rende conto che non può continuare con le strategie del passato. E sa anche che questo

è il momento di investire. Ecco, questa è l'occasione per far uscire le imprese dalla dipendenza dalle banche

e per invitarle a innovare il modo di produrre». Il governo cosa può fare? «Il governo potrebbe avviare

iniziative importanti, stimolando l'accesso delle piccole imprese al mercato dei corporate bond, e aprire un

tavolo per la produttività programmata. È chiaro che questi passaggi portano a una trasformazione radicale

del sistema produttivo. Ecco perché occorre tutelare i lavoratori costruendo una rete di ammortizzatori e di

riavvio al lavoro per aggiornare le competenze. Cambiare il modo di organizzare la manifattura ha un alto

costo sociale: senza un intervento forte del governo il paese rischia di non farcela». L'intervento sull'Irpef avrà

un effetto sui consumi, come si spera? «Questa è una domanda a cui è difficile dare una risposta, perché

nella reazione delle famiglie coesistono due forze contrastanti. Quando è iniziata la crisi gli italiani

continuarono a spendere, anche intaccando il patrimonio, pensando che si trattasse di un fatto temporaneo.

Poi, quando hanno realizzato che non era così temporaneo, c'è stato un crollo molto deciso. Oggi le famiglie

potrebbero decidere di ricostituire il patrimonio, aumentando il risparmio, il che sarebbe una cattiva notizia.

Aumentare la spesa, invece, sarebbe uno shock positivo. Ma temo che fino a quando non si risolve il

problema dell'occupazione, sarà difficile che si scelga questa strada. In Italia il problema del lavoro è più

grave di quanto non dica il tasso di disoccupazione, perché ci sono molti inattivi scoraggiati, che hanno

smesso di cercare lavoro. Oggi è prioritario affrontare quel problema e sostenere i redditi con gli

ammortizzatori».

Foto: Marcello Messori

14/04/2014 2Pag. L Unita - Ed. nazionale(diffusione:54625, tiratura:359000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/04/2014 184

MULTIUTILITY Green così bello Guido Lorenzon Non green, addirittura «di montagna», è buona parte dell'energia pulita che Multiutility distribuisce ai propri

clienti, e con risultati di bilancio positivi e in crescita. Costola del gruppo Dolomiti Energia che ne controlla il

98,72% (i pilastri societari del gruppo sono Enel e Edison), Multiutility con sede a Verona attinge l'energia

elettrica prevalentemente dalle centrali idroelettriche delle montagne trentine (è nata nel 1923 la prima

centrale oggi nel Gruppo, la Lucense) e fornisce poi corrente e gas a 13.800 punti distribuiti su tutto il

territorio nazionale, con densità di clientela decrescente verso sud, e tuttavia con buona presenza lungo il

litorale adriatico fino in Puglia. La società di Verona fornisce più di 1,2 terawattora all'anno, di cui il 30% in

energia pulita al 65% dei clienti. Vende inoltre 70 milioni di metri cubi di gas all'anno, opera con un centinaio

di dipendenti e collaboratori dalle sedi, oltre che di Verona, di Vimercate e Bologna e con tre multipoint:

Bussolengo (Verona), Padova e Pordenone. «Siamo vicini al nostro mercato non solo per la vendita

dell'energia, ma anche per favorire l'acquisto dell'energia "green" e orientare il nostro mercato verso

l'incremento dell'energia pulita», ha detto l'amministratore delegato Vincenzo Scotti, il quale attribuisce parte

dell'incremento di bilancio alla spinta del green marketing. «L'azienda è passata da un fatturato di 286 milioni

del 2012 a 337 milioni nel 2013 con incremento sull'anno precedente del 17%», ha detto Scotti, «un ebitda

consolidato di 5,5 milioni di euro con incremento dell'8% sul 2012».È lo stesso amministratore delegato a

spiegare le performance pur in un contesto difficile. «È stata l'introduzione di politiche di innovazione che

garantissero la crescita non solo dimensionale ma qualitativa». Multiutility si pone infatti come punto di

riferimento della crescita di un sistema ecologicamente sostenibile. «Ai nostri clienti, privati ed enti pubblici, ci

proponiamo come partner per introdurre, insieme con il consumo di energia, anche la tutela ambientale».

L'attenzione per la tutela ambientale viene esercitata anche in squadra e si rivolge a sistemi, oltre che a

singoli clienti, ditte o enti pubblici. Va in questa direzione la recente convenzione stipulata con il Consorzio

per i servizi energetici del Credito Cooperativo, il BCC Energia, e a fianco di Multiutility è apparsa anche

Trenta, altra società di vendita del Gruppo Dolomiti Energia. Il Consorzio del Credito Cooperativo comprende

più di un centinaio di soci che sono banche locali e società locali e alcune altre nazionali.È nato dalla volontà

di mettere a sistema il servizio di rinegoziazione delle condizioni di fornitura dell'energia elettrica e strutturarlo

per l'intero gruppo del Credito Cooperativo. La convenzione con Trenta (mercato domestico) e Multiutility

(mercato aziende e enti) va oltre le finalità istituzionali del consorzio perché il BCC Energia ha voluto aprirne

gli effetti anche ai soci e ai clienti degli istituti bancari consorziati. La convenzione è quindi a carattere

nazionale e «permetterà», si legge, «a tutti i clienti degli istituti di credito consorziati BCC di ricevere

informazioni direttamente presso il loro istituto di fiducia in merito a soluzioni competitive e uniche per la

fornitura di energia elettrica e gas sia per le loro attività che per la loro casa». Da una parte il mondo BCC che

dall'aggregazione delle piccole realtà radicate sul territorio (le banche e quindi le pmi e le famiglie clienti)

intende sfruttare la leva di gruppo per cogliere le opportunità del libero mercato, dall'altra i fornitori di energia

elettrica mossi da obiettivi di ecostenibilità. Un incrocio virtuoso per favorire scelte intelligenti di risparmio

energetico e di consumo da fonte pulita. «Oggi la fornitura di energia elettrica e di gas naturale è solo la base

di partenza», ha detto Vincenzo Scotti, «e a corollario devono essere presenti una serie di servizia valore

aggiunto, come la messa a disposizione di un consulente personale qualificato, un'area online riservata con

report dettagliati ed analisi dei propri consumi e servizi di green marketing per guidare l'azienda verso un

nuovo posizionamento «eco», perché sempre più spesso competitività fa rima con sostenibilità». Saggio. Ma

anche buono per i bilanci. Multiutility nell'ultimo anno ha aumentato le vendite di 51 milioni di euro e il trend

continua. (riproduzione riservata)

Foto: Vincenzo Scotti

12/04/2014 54Pag. Milano Finanza - N.73 - 12 aprile 2014(diffusione:100933, tiratura:169909)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/04/2014 185

il 20% di insem acquistato da H2i Insem è stata acquisita al 20 per cento da H2i, veicolo di investimento del Gruppo In Prendo. Insem è

un'azienda che sviluppa soluzioni di marketing digitale per piccole e medie imprese e progetti di business on-

line personalizzati per le grandi aziende, attraverso l'attività di posizionamento sui motori di ricerca,

campagne di keywords advertising, strategie di promozione sui social media.

12/04/2014 14Pag. La Notizia Giornale

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/04/2014 186

Polizze alle Imprese / HELVETIA Le strategie di marketing Il Vita anche per le Pmi La compagnia amplia l'offerta alle coperture per manager e dipendenti. Mentre nei danni offre prodottimodulari e soluzioni personalizzate. Luciano Fumagalli Le proposte per le coperture per le aziende si stanno arricchendo anche di prodotti vita, anche perché il calo

delle protezioni dello stato sociale rende dipendenti e manager più sensibili a certi temi. Si tratta, per ora, di

soluzioni ancora poco diffuse, di nicchia. Ma sono in molti a prevedere un loro veloce sviluppo a partire dai

prossimi anni. Come, del resto, tutti vedono nelle Pmi un campo aperto per lo sviluppo del settore

assicurativo, anche se adesso la congiuntura negativa sembra aver congelato gli investimenti in polizze. Ma è

davvero così? E come le compagnie affrontano, oggi, lo small business? Il Giornale delle Assicurazioni ne ha

parlato con Stefano Ciurli, responsabile area consulenza aziende di Helvetia, e Fabio Bastìa, amministratore

delegato di Helvetia vita e Chiara vita. D o m a n d a . Non c'è convegno assicurativo o di intermediari in cui

non si dica che il target Pmi offre buone opportunità di business per le compagnie. E che questo segmento

andrebbe più seguito... Ciurli. Le Pmi costituiscono il motore del sistema economico italiano: rappresentano

infatti oltre il 99% delle imprese e circa l'80% dell'occupazione nel settore privato. Purtroppo gli effetti della

grave crisi sono sotto gli occhi di tutti. Diverse attività e nicchie di specializzazione, però, riescono a

mantenere un discreto livello di competitivita, specialmente nelle produzioni con quote significative destinate

all'esportazione. Per quanto riguarda le potenzialità del settore e le opportunità per il mercato assicurativo,

come rilevato da diversi recenti studi da parte di Ania e Cineas, nel rapporto premi danni (esclusa l'auto) per

abitante il divario fra l'Italia e gli altri paesi industrializzati europei è notevole: in Francia e Inghilterra è

rispettivamente del 260% e 280% superiore al nostro, in Germania addirittura del 320%. Per recuperare

questo gap, oltre al sostegno di una ripresa economica in grado di ridare impulso agli investimenti, è

necessaria anche una maggiore sensibilità da parte delle compagnie. Nonostante i buoni propositi, la nostra

esperienza quotidiana ci porta spesso a incontrare aziende assicurate con coperture standardizzate che, per

quanto ben confezionate, non sempre rispondono alle effettive necessità o addirittura risultano

sovradimensionate. D. In che percentuale le polizze per le Pmi contribuiscono al fatturato della compagnia?

Ciurli. Le Pmi rappresentano circa il 25%30% del nostro portafoglio. Ma è nostra intenzione incrementare la

quota nei prossimi anni, attraverso una costante sensibilizzazione e aggiornamento della nostra rete

agenziale. D. La domanda di protezione da parte delle piccole e medie aziende è cresciuta o è rimasta

uguale? Oppure ha avuto un crollo per via della recessione? Ciurli. Nell'area in cui operiamo (in prevalenza, il

centro-nord), non abbiamo percepito un crollo di riduzione della spesa assicurativa o di taglio delle coperture.

Indubbiamente si è ridotta sensibilmente la capacità di spesa, aspetto che abbiamo fronteggiato con una

revisione dei contratti, evitando di esporre la nostra clientela al rischio di scopertura. D. Gli imprenditori

continuano a chiedere esclusivamente risparmi sui premi? E, in generale, è aumentata la coscienza

assicurativa nel settore Pmi? Ciurli. L'argomento è complesso: a nostro avviso è sicuramente aumentata la

sensibilità degli imprenditori, ma con più attenzione verso gli aspetti di carattere finanziario, rispetto a quelli

assicurativi. Per esempio: sono ancora relativamente poche le piccole e medie aziende che prevedono , ali'

interno della propria organizzazione, la figura stabile di un risk manager. Altro aspetto interessante che

emerge nel confronto con gli imprenditori, ma difficile poi da concretizzare a causa della limitata capacità di

spesa, è la copertura dei danni indiretti... D.Ci sembra di capire che la vostra offerta sia indirizzata al middle

market: studi professionali, microimprese, artigiani. Sono soluzioni personalizzabili o pensate che la

modularità sia sufficiente per le richieste di questo target? Ciurli. L'offerta di Helvetia si estende dall'artigiano

alla media impresa. Le nostre agenzie possono collocare prodotti modulari o standardizzati per i profili di

rischio non complessi. Oppure proporre soluzioni su misura anche a un target medio-piccolo, quando le

particolarità dell'attività svolta lo richiedono. Pur proponendo un proprio prodotto modulare per le piccole

12/04/2014 60Pag. Giornale delle Assicurazioni - N.4 - aprile 2014(diffusione:10000, tiratura:12000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/04/2014 187

imprese (Helvetia azienda dinamica), la compagnia è tradizionalmente orientata a riservare alle Pmi quel

livello di personalizzazione dell'offerta che generalmente i nostri diretti competitor offrono solo a un target

medio-alto. Questo si traduce in una selezione delle garanzie e nella modulazione di scoperti, franchigie e

limiti di risarcimento in modo da coniugare un adeguato livello di copertura con premi sostenibili. In questo

ambito è molto importante la consulenza svolta dall'intermediario e la sua capacità di fornire alla compagnia

tutte le informazioni necessarie per formulare una proposta realmente su misura. Altrettanto importante è il

contatto costante con il cliente, in modo da poter adeguare tempestivamente le coperture al mutamento delle

esigenze. Che possono derivare, per esempio, dallo sviluppo dell'attività produttiva, dall'apertura su nuovi

mercati, dall'utìlizzo di nuovi materiali o tecnologie e via dicendo. Ovviamente i prodotti modulari o

standardizzati rappresentano una valida proposta se sono aggiornati e adeguati alle nuove normative. Per

questo Helvetia mantiene un confronto con la propria rete attraverso gruppi di lavoro. Questi collaborano a

riesaminare, su basi periodiche, le polizze e all'impostazione dei nuovi prodotti. D. Quindi è la rete agenziale

che fa da consulente-risk management per le Pmi? Ci sono speciali team interni alla compagnia che seguono

da vicino questo settore e magari intervengono in casi speciali? Ciurli. Il network di Helvetia è costituito da

plurimandatari. La struttura di direzione, da parte sua, fornisce consulenza e supporto tecnico anche con

visite e sopralluoghi. La nostra organizzazione non prevede una figura dedicata esclusivamente al risk

management: preferiamo, invece, la flessibilità di un team interdisciplinare che abbia competenze sia

tecniche, sia commerciali, che ha il compito di occuparsi di tutti i profili di rischio. Parallelamente, data

l'ampiezza e la complessità delle problematiche, possiamo contare all'occorrenza anche su consulenti

esterni. Nel corso del 2013 Helvetia ha svolto varie sessioni di formazione per la propria rete agenziale sul

tema del risk management e sull'indicatore del grado di copertura assicurativa delle Pmi. Queste iniziative

sono il risultato di uno studio fra Ama e Cerved (in collaborazione con l'Abi), con l'obiettivo di verificare la

relazione fra rischio di insolvenza e livello di copertura assicurativa attraverso l'elaborazione di uno D. Nella

vostra offerta ci sono anche coperture key man e una specie di polizza vita sui dipendenti: da dove nascono

queste due coperture? Avete realizzato i prodotti in base a una specifica domanda degli imprenditori o le

proposte partono dalla compagnia? Bastia. Il gruppo offre alle aziende, attraverso la controllata Helvetia vita,

una serie di coperture ideate per la figura dell'imprenditore o per i suoi dipendenti. Nel primo gruppo, le

formule key man, che hanno il compito di assicurare un capitale per l'azienda nel caso in cui la risorsa chiave

(che di solito corrisponde con l'imprenditore o con una figura manageriale di spicco) venga a mancare o

subisca una grave invalidità che non gli consente di proseguire il lavoro. Sempre dedicate all'imprenditore e

agli amministratori ci sono poi le coperture (forme di accumulo) per assicurare il pagamento del trattamento di

fine mandato (sono naturalmente ancorate alla remunerazione variabile di quelle figure professionali). Ai

dipendenti sono invece dedicate le assicurazioni di gruppo (o collettive) che coprono il rischio di decesso,

invalidità permanente grave o - nelle versioni più recenti - anche la non autosufficienza. In questo caso, a

essere coperti sono gli interessati (oppure i loro eredi o familiari; la tariffazione media tiene conto di una vasta

popolazione assicurata (rappresentata appunto dal numero dei dipendenti di un'azienda). In questi casi, la

polizza può essere fornita automaticamente o ad adesione. Il mercato vita dedicato alle aziende è un settore

di nicchia, che in passato si è sviluppato grazie anche alla contrattazione collettiva, che ne ha favorito la

progressiva affermazione soprattutto tra le aziende di grandi dimensioni. L'attuale contesto di crisi ne ha un

po' ridimensionato le prerogative, anche perché la deducibilità fiscale degli oneri si è ridotta. Ma la

contrazione del welfare state e la sempre maggiore consapevolezza del bisogno di sicurezza delle diverse

figure professionali potrà porre le basi per un rilancio di questo segmento di business nei prossimi anni. •

Soluzioni su misura «Pur proponendo un nostro prodotto modulare per le piccole imprese, siamo

tradizionalmente orientati a riservare alle Pmi la personalizzazione dell'offerta», sostiene Stefano Ciurli,

responsabile area consulenza aziende di Helvetia.

Formazione per gli agenti Nel corso del 2013 Helvetia ha svolto varie sessioni di formazione per la propria

rete agenziale sul tema del risk management e sull'indicatore del grado di copertura assicurativa delle Pmi.

12/04/2014 60Pag. Giornale delle Assicurazioni - N.4 - aprile 2014(diffusione:10000, tiratura:12000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/04/2014 188

Queste iniziative sono il risultato di uno studio Ania-Cerved (in collaborazione con l'Abi), con l'obiettivo di

verificare la relazione fra rischio di insolvenza e livello di copertura assicurativa attraverso l'elaborazione di

uno score.

Coperturc per l'imprenditore «II gruppo, attraverso la controllata Helvetia vita, offre una serie di coperture

ideate per l'imprenditore o per i suoi dipendenti», afferma Fabio Bastia, amministratore delegato di Helvetia

vita e Chiara vita.

12/04/2014 60Pag. Giornale delle Assicurazioni - N.4 - aprile 2014(diffusione:10000, tiratura:12000)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/04/2014 189