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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. ANIEM Rassegna Stampa del 08/06/2017

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Rassegna Stampa del 08/06/2017

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INDICE

ANIEM

08/06/2017 Quotidiano del Molise

Gli obliqui maneggi degli euri5

08/06/2017 Quotidiano del Molise

I Lupi sperano nel gruppo di imprese Ma i tempi stringono6

ANIEM WEB

Il capitolo non contiene articoli

SCENARIO EDILIZIA

08/06/2017 Avvenire - Nazionale

Stone Italiana festeggia i «progetti speciali»8

08/06/2017 QN - Il Resto del Carlino - Ferrara

Addio al Palazzo degli Specchi «Si chiamerà Le Corti di Medoro»9

08/06/2017 Il Mattino - Nazionale

«Edilizia in crisi colpa di chi paga in ritardo»10

08/06/2017 Il Mattino - Nazionale

CASO TAV E CAMORRA SE LO STATO SI GIOCA LA SUA CREDIBILITÀ11

08/06/2017 Il Mattino - Napoli Nord

Via libera alla costruzione degli alloggi in via Seitolla12

SCENARIO ECONOMIA

08/06/2017 Corriere della Sera - Nazionale

Il mistero stress test Perché l'Eba e la Bce promossero la banca di Madrid14

08/06/2017 Il Sole 24 Ore

Un mercato dei capitali più aperto per sostenere le imprese europee16

08/06/2017 Il Sole 24 Ore

Bpvi e Veneto Banca, pressing del Governo sugli istituti italiani17

08/06/2017 Il Sole 24 Ore

Basilea4, Ue e Usa verso l'accordo entro giugno19

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08/06/2017 Il Sole 24 Ore

Banco Popular, via alla risoluzione-lampo21

08/06/2017 Il Sole 24 Ore

«Con Am Investco 10mila posti certi»23

08/06/2017 Il Sole 24 Ore

La forza latente dell'Eurozona24

08/06/2017 La Repubblica - Nazionale

PopVicenza, scontro tra toghe e indagini ferme26

08/06/2017 La Repubblica - Nazionale

Alitalia, Gubitosi prova a resistere allo spezzatino28

SCENARIO PMI

08/06/2017 Il Sole 24 Ore

La Cassa avvocati pronta a scommettere sulle Pmi30

08/06/2017 Il Sole 24 Ore

Sistema di merito per Fondirigenti31

08/06/2017 Il Sole 24 Ore

I colossi dell'auto puntano sull'India33

08/06/2017 La Repubblica - Milano

Semafori intelligenti e infotraffico in diretta35

08/06/2017 Il Messaggero - Abruzzo

Aziende, guadagni da agosto fino ad allora incassa il Fisco37

08/06/2017 MF - Nazionale

Santander salva Banco Popular*38

08/06/2017 MF - Nazionale

HEALTH ITALIA, LA SFIDA DELLA SANITÀ INTEGRATIVA PER RISPONDERE ALLADOMANDA DI SALUTE DEGLI ITALIANI

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08/06/2017 Libero - Nazionale

La Spagna dà lezioni all'Italia su come si salva una banca43

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ANIEM

2 articoli

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Gli obliqui maneggi degli euri Gennaro Ventresca Gli obliqui maneggi dei numeri. In questo caso degli euri, volutamente scritto con un forzato plurale. Euri, a

mio modesto avviso, dà maggior vigore alla moneta europea. Che, sempre secondo il vostro artigiano della

scrittura, ci ha indebolito di brutto. Pensate a chi porta a casa duemila euri al mese. Se fosse ancora in

corso la lira guadagnerebbe quattro milioni. Ergo: con duemila euro fa parte dei "poveri", con quattro milioni

schizzerebbe nella lista dei "ricchi". Fate un po' voi. *** Qui, oggi, e non solo oggi, mi vedo costretto a

scrivere di cifre. Di soldi, tanto per andare al sodo. E per mettere in moto la macchina dei calci d'angolo di

soldi ce ne vogliono veramente tanti. Troppi, dati i tempi, in cui l'economia è ferma, le imprese edili

traballano, il commercio boccheggia, le iniziative private hanno quasi tutte breve durata. Eppure a

Benevento, città che in certo qual modo ci somiglia, non solo per l'impianto calcistico, Romagnoli e Santa

Colomba sono gemelli, a Benevento, scrivevo, stasera potrebbe accendersi una grande stella: ai sanniti

basta un pareggio per vincere i play off e andare in Serie A, cosa che mi auguro, per un fatto

campanilistico, Sud contro Nord. Miseria contro opulenza. *** Il tavolo tecnico, come riferito da questo

giornale, c'è stato. Il pronti via è stato dato con considerevole ritardo, i politici hanno i loro tempi. Purtroppo

non solo per dare inizio ai lavori. Per trasferire una pratica da una stanza a quella attigua ci mettono giorni.

A volte mesi. Per fortuna, dopo la prima riunione interlocutoria in cui si sono spese tante parole in libertà, il

replay è stato fissato per il 16. Alla vigilia di Corpus Domini, con le "giostre" che aspettano i clienti e le

bancarelle pronte ad attirare la curiosità di una città che dovrebbe essere satura (di bancarelle), tante se ne

vedono stese ora di qua ora di là. *** Frattura ha dettato l'agenda, a latere Parpiglia, il sindaco Battista e il

presidente del consiglio comunale Michele Durante, uno di quelli che s'è presentato già con una proposta in

tasca che, se non ci saranno intoppi, potrebbe portare in cassa sino a 80 mila euri. Nè pochi né tanti, ma

certamente utili per poter passare dal "vogliamoci bene" al "mettiamo le mani al portafoglio". E poi c'era l'

Acem, l'associazione dei costruttori che nacque da una costola dell'Assindustria. A Capo dei dissidenti ci fu

Gigino Falcione che si fece carico di guidare la novella organizzazione che ha dato respiro alla categoria,

almeno sino a quando il comparto ha potuto camminare. *** Si parla di numeri. "Servono 200 mila euri.

Subito" ha spiegato qualcuno. "No. Se vogliamo avere un futuro ne servono 500 mila, di euri" ha replicato

qualche altro, pignolo e pragmatico come un vecchio ebreo. Per non scontentare nessuno proporrei di fare

una media e affermare che ci vorrebbero 350 mila euri. Che, scritti così, sono poco più di uno scioglilingua.

Ma, vedrete, appena si arriverà al dunque, cioè a individuare gli uomini giusti, dando loro perentorie

scadenze, le cose si complicheranno. E spero di sbagliarmi.

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ANIEM - Rassegna Stampa 08/06/2017 5

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L'idea del presidente del consiglio comunale, Michele Durante: "Palazzo San Giorgio può fare da partnerall'associazione dei tifosi partecipando a un bando regionale sullo sviluppo del territorio". In ballo 50milaeuro I Lupi sperano nel gruppo di imprese Ma i tempi stringono La proposta più corposa è quella del numero uno Acem , Corrado Di Niro : "Stiamo valutando il progetto" CAMPOBASSO. Comune partner dell'associazione 'Noi siamo il Campobasso'. L'idea, anzi il progetto, è

del presidente del consiglio comunale del capoluogo, Michele Durante, il quale è deciso nel mettersi a

disposizione dei colori rossoblù avanzando una proposta concreta e interessante: "C'è un bando regionale

piuttosto ampio che parla di turismo, promozione del territorio, cultura e sport. All'interno di esso si possono

presentare delle progettualità che hanno poi una forma di beneficio con la strumentazione finanziaria, tese

al miglioramento di queste aree di riferimento. Le associazioni, le ditte individuali o le srl presentano

proposte e la Regione le vaglia". C'è di più, perché "se la domanda per accedere al contributo si presenta

in partnership con uno o più enti pubblici, in modo da fare rete territoriale e migliorare la proposta, anche

dal punto di vista della dotazione finanziaria l'eventuale contributo sarebbe più corposo". Ma in cosa

consiste il documento da presentare? "Visto che la squadra della città di Campobasso, a livello

interregionale, seppure in un campionato dilettantistico, non fa altro che promuovere la nostra realtà, anche

con iniziative che si potrebbero intraprendere quando si va fuori, per esempio, ci si può costruire attorno un

progetto. Io ho dato già il consiglio al presidente Landolfi e mi impegno personalmente per aiutare a

scrivere e a sostenerlo. A mio avviso l'associazione, in partenariato con il Comune, che dà maggiore

solidità, deve fare richiesta presentando una progettualità di promozione attraverso lo sport". Quantificando,

il contributo va dai 30 ai 50mila euro. La quota si alza nel momento in cui il progetto presenta nel par

tenariato uno o più enti pubblici. "Si parla di sopravvivere, dobbiamo provare a salvare il Campobasso.

Farlo sparire sarebbe un omicidio collettivo che noi non vogliamo commettere" chiosa Durante. Sullo

sfondo, la proposta più concreta potrebbe risultare, si auspica, quella dell'Acem. Il presidente Corrado Di

Niro ha parlato di "un gruppo di imprese campobassane che è molto sensibile all'argomento e che

potrebbero valutare il progetto sulla base dei numeri acquisiti". Una speranza, dunque, corposa cui

appigliarsi per continuare a vedere il Campobasso almeno in un campionato nazionale. Certo, l'ostacolo dei

debiti è molto difficile da superare. Ma allo stesso tempo, anzi a maggior ragione, se davvero si ha

l'intenzione di dare una mano al club bisogna accelerare il più possibile per trovare risorse essenziali

nell'immediato. La squadra va iscritta entro la metà di luglio, cioè a meno di un mese dal prossimo tavolo

tecnico. Sulla presenza o meno della dirigenza, alla riunione dell'altra sera, la linea ufficiale è la seguente:

l'associazione dei tifosi si è fatta carico di convocare un tavolo e di invitare istituzioni e associazioni di

categoria. I conti sono a portata di mano, quindi appare una perdita di tempo - pretestuosa - parlare

dell'assenza di Perrucci, o addirittura di Minadeo. Sulla veridicità o meno delle notizie che si divulgano, poi,

viene in mente una frase che calza a pennello: la credibilità si conquista sul campo, difficilmente a colpi di

battaglie personali che mirano solo a 'sfasciare'. effe

Foto: Michele Durante

Foto: Parpiglia, Frattura e Battista al tavolo dell'altra sera

08/06/2017Pag. 25

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ANIEM - Rassegna Stampa 08/06/2017 6

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SCENARIO EDILIZIA

5 articoli

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EDILIZIA Stone Italiana festeggia i «progetti speciali» Stone Italiana - azienda veronese leader internazionale nella produzione di materiali per edilizia e arredo in

quarzo e marmo ricomposto - festeggia i 100 milioni di euro di progetti speciali realizzati negli ultimi 10 anni

con i più grandi architetti del mondo inaugurando a Milano un nuovo showroom in via Visconti di Modrone,

nel cuore del centralissimo distretto del design.

08/06/2017Pag. 23

diffusione:105188tiratura:137738

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 08/06/2017 8

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Addio al Palazzo degli Specchi «Si chiamerà Le Corti di Medoro» di STEFANO LOLLI «LE CORTI di Medoro», alias Palazzo degli Specchi: cambia il nome, cambia,

sostanzialmente, il progetto. E parte, finalmente, il maxi cantiere per la realizzazione di 260 alloggi di 'social

housing' in via Beethoven; un intervento da 36 milioni di euro, già tutti disponibili, destinato a concretizzarsi

in tempi record. Fabio Delfato dell'Intercantieri Vittadello, la società che inizierà i lavori a giorni, garantisce:

«Tutto sarà ultimato entro ventiquattro mesi». Per tutto, si intende la demolizione di parte del complesso

(soprattutto il cosiddetto 'ponte' che sormonta via Tassini, e unisce i principali corpi dell'immobile), e la

rimozione proprio degli specchi. Per questo motivo, ma anche per scacciare, scaramanticamente, fantasmi

e polemiche del passato (e del presente), si è deciso il cambio di nome. Un sondaggio informale tra i

promotori, qualche idea balzana («Riflessi di casa», «La Corte dell'Ippogrifo»), poi la suggestione

ariostesca. Perché Medoro, umile fante saraceno in guerra contro i cristiani, riesce a conquistare l'amore di

Angelica: «Il Palazzo degli Specchi era povero e derelitto - sorride Tagliani -, e come Medoro ottiene il

premio più bello». Però di amore, al momento, non se ne parli. Perché, oltre allo scetticismo, nella sala del

Castello dove è stato presentato il progetto, è spuntato subito uno striscione di protesta, esibito da Nicola

Naomo Lodi e supporters. MA RESTIAMO al progetto. L'intervento riguarda il 57% circa dei 48mila metri

quadrati di superficie: la porzione, di fatto, che la società 'Ferrara 2007' del gruppo Parnasi ha conferito al

nuovo fondo immobiliare, capitanato da Investire Sgr e Cassa Depositi e Prestiti (che finanzia l'opera con la

quota più consistente, 32 milioni di euro), e del quale fanno parte anche Acer e, appunto, Vittadello.

«Saranno alloggi di buona qualità, inseriti in un'area completamente riqualificata anche sotto il profilo degli

standard urbanistici, del verde pubblico, dei giochi per i bambini e degli spazi commerciali», assicura Fabio

Carlozzo di Investire Sgr. Non si tratterà del 'bosco verticale', l'edificio cult di Milano, tuttavia «chi andrà ad

abitare alle Corti di Medoro - Paola Del Monte, di Cassa Depositi e Prestiti, ha già mentalizzato il nuovo

nome -, sarà inserito in una comunità vivace e qualificata». Gli alloggi sono tanti (250-260, in base al

progetto che deve essere ancora perfezionato); una parte sarà affittata a canone agevolato, il resto sarà

posto in vendita. LA GESTIONE spetta all'Acer, che ha investito in questa operazione 3 milioni e 375mila

euro: «Siamo convinti che a Ferrara ci sia la richiesta per questo tipo di edilizia sociale - afferma il direttore

Diego Carrara -, e che il bacino di attrazione non sia solo quello cittadino». Si tratta, in ogni caso, di una

scommessa; con la differenza, afferma il sindaco, che sino ad oggi tutto era sulla carta, nei desiderata, e

invece dai prossimi giorni scatterà materialmente il cantiere. La demolizione, riprende Dolfato, «richiederà

dai sei agli otto mesi di lavoro, e comporterà una spesa di alcuni milioni di euro. Poi scatterà la seconda

fase, quella in cui visibilmente prenderà forma il nuovo edificio». SCHEDAIl 'social housing' Verranno realizzati 260 alloggi, destinati al 'social housing': bilocali, trilocali e quadrilocali da affittare a

canone agevolato (da 242 a 572 euro al mese) o vendere a prezzi calmierati

Il piano Parnasi 'Ferrara 2007' (gruppo Parnasi) mantiene il 43% della struttura: dopo la realizzazione del 'social housing'

dovrebbe edificare villette, superfici commerciali e uffici private

08/06/2017Pag. 4 Ed. Ferrara

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 08/06/2017 9

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L'allarme Cgil «Edilizia in crisi colpa di chi paga in ritardo» «I ritardi dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione sono una piaga, sono penalizzanti per il

rilancio delle settore edile a Napoli e Campania, affossano interi comparti dell'economia regionale».

Giovanni Sannino, responsabile della Fillea Cgil Campania, condivide e rilancia l'allarme del presidente dei

costruttori Francesco Tuccillo nell'intervista al Mattino di ieri. «Non è solo sciatteria amministrativa o

farraginosità burocratica - attacca Sannino - ma i ritardi denotano una scarsa propensione delle istituzioni a

praticare una corretta programmazione delle opere e una corretta applicazione delle norme alla base di una

trasparente realizzazione. La sospensione dei lavori o peggio la risoluzione dei contratti si scaricano

sull'occupazione e sulle retribuzioni. Ci sono state e ci sono in giro vertenze che dimostrano questo,

costringendo il sindacato a produrre azioni di lotta per ricevere un diritto contrattuale e costituzionale, e lì

dove il sindacato non c'è i lavoratori sono costretti a subire e a rivolgersi al mercato del lavoro in nero. E le

istituzioni mentre indicano retoricamente le enormi potenzialità del settore edile, di fatto ne minano la tenuta

favorendo la diffusione del cancro dell'usura». La Cgil punta l'indice anche su altre questioni: «Le imprese

rischiano di non avere riferimenti certi nella committenza pubblica, specie nel Mezzogiorno, ma poco si fa

per affrontare il tema della dimensione d'impresa, della autonomia finanziaria, della riqualificazione e

soprattutto per non essere tentati di risolvere il problema eludendo obblighi contrattuali, retributivi e

contributivi. Il settore edile conosce ancora una crisi pesante dopo una timida ripresa nel 2016». La strada

da percorrere - insiste Sannino - è quella della riqualificazione urbana, la messa in sicurezza dei patrimoni

abitativi, il risparmio energetico e l'antisismico, la manutenzione urbana programmata e pianificata. Bisogna

rilanciare l'esperienza del Progetto Sirena, utilizzando risorse del patto per Napoli (20 milioni più i 35 residui

delle attività di Sirena sospese) e ottimizzando le agevolazioni». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Il sindacalista Giovanni Sannino responsabile di Fillea-Cgil

08/06/2017Pag. 28

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 08/06/2017 10

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CASO TAV E CAMORRA SE LO STATO SI GIOCA LA SUA CREDIBILITÀ Isaia Sales Dalla prima di cronaca Isaia Sales Enella ascesa contemporanea della 'ndrangheta quanto hanno pesato i

lavori per il V Centro siderurgico di Gioia Tauro e poi quelli per la costruzione e dell'ampliamento della

Salerno-Reggio Calabria? E nell'evoluzione della camorra imprenditrice quanto hanno inciso le grandi

infrastrutture costruite nell'area metropolitana di Napoli dopo il terremoto del 1980? E nell'insediamento

mafioso nell'economia del Centro-Nord non hanno pesato forse i lavori di sbancamento e di fornitura di

cemento da parte dalle ditte mafiose? E allora, quelle opere non andavano fatte? E nel futuro, per evitare

che le mafie si approprino di risorse pubbliche, la cosa migliore sarebbe non farne più al Sud?

Assolutamente no. Oltretutto, da molto tempo i dati delle indagini della magistratura e delle forze di

sicurezza dimostrano che la presenza mafiosa e la corruzione nell'edilizia sono mali nazionali e non più

solo meridionali. La verità è molto banale: quando in un'opera pubblica si infiltrano ditte mafiose, vuol dire

semplicemente che tutte le istituzioni, tutti gli apparati dello Stato non hanno fatto fino in fondo quello che è

il loro compito. E non lo hanno fatto neanche gli imprenditori del settore, in gran parte le grandi imprese di

rilievo nazionale e internazionale. Le mafie entrano nelle grandi opere pubbliche non per la loro forza, ma

per la debolezza di coloro che dovrebbero contrastarne la presenza, siano essi soggetti pubblici che privati.

E le mafie vi entrano dalla strada aperta dalla corruzione politica e amministrativa. Infatti se le mafie sono

presenti (nei settori legali dell'imprenditoria) soprattutto nell'edilizia, ciò ha una spiegazione: il settore da

sempre è esposto alla corruzione, certo con le encomiabili eccezioni. Ciò dimostra semplicemente come

nell'edilizia la presenza mafiosa sia a ridosso del sistema clientelare e affaristico. È più difficile dire no ai

mafiosi quando si è abituati a dire sì alle richieste degli amministratori locali, dei funzionari che danno le

autorizzazioni, dei dirigenti delle grandi società pubbliche che finanziano le opere. La lotta oggi alla

presenza mafiosa in quella economia retta da risorse e autorizzazioni pubbliche (quali sono il settore edile

e delle grandi costruzioni) non può essere un'altra cosa dalla battaglia incessante contro la corruzione e

contro la discrezionalità clientelare, che di essa è figlia. Corruzione e mafie non vanno combattute

separatamente. Se si è abituati a pagare tutti quelli che si trovano nel giro delle autorizzazioni, non si avrà

difficoltà a pagare il mafioso e fargli fare dei lavori nel cantiere. Ma quando le grandi e piccole imprese sono

spinte a non colludere con i criminali e a denunciare immediatamente anche il più piccolo gesto

intimidatorio alle autorità e a contrastare le pressioni? Solo se lo Stato è in grado di garantire la sicurezza

dei cantieri e punire efficacemente gli autori dei gesti intimidatori. Se ciò avvenisse, è scritto nel libro più

documentato su questo argomento Alleanze nell'ombra , curato da Rocco Sciarrone (Donzelli editore), si

otterrebbero i seguenti risultati: «il completamento dell'opera pubblica nei tempi previsti, la diminuzione dei

suoi costi, la sua migliore qualità, l'indebolimento del potere economico e imprenditoriale delle mafie, il

contenimento della violenza mafiosa, l'attenuarsi del controllo sociale delle mafie, il progressivo sviluppo di

un settore imprenditoriale locale sano». Questo scenario non è affatto impossibile. Ma debbono collaborare

strettamente imprese del settore e apparati dello Stato, dandosi reciproca forza e legittimazione. È questo

che si deve fare come priorità assoluta. Perché una grande utopia si può realizzare: costruire la più grande

rete ferroviaria nel Sud, da Reggio Calabria a Napoli, da Napoli a Bari, da Matera a Napoli, indebolendo le

mafie e non alimentandole, e tenendo fuori ogni forma di corruzione. Perché in otto anni si è costruita

l'Autostrada del sole, la Milano-Napoli, con tempi che tutto il mondo apprezzò e con innovazioni

tecnologiche che fecero epoca? E senza particolari presenze criminali? In fondo è la domanda che

attraversa il bel libro di Francesco Pinto, La strada dritta , a cui non si è data ancora una risposta. ©

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08/06/2017Pag. 25

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 08/06/2017 11

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Via libera alla costruzione degli alloggi in via Seitolla Quarto Al lavoro due ditte, 45 case di cui 16 saranno riservate alla quota di edilizia popolare Alessandro Napolitano È stato finalmente rilasciato il permesso a costruire alle due ditte che presto realizzeranno 45 nuovi alloggi,

16 dei quali di edilizia popolare. Un traguardo raggiunto dopo anni di attesa, tra carte bollate, ricorsi e

commissari chiamati a sostituire i tecnici dell'Utc comunale che per anni hanno serbato un silenzio-rifiuto

giudicato illegittimo dai magistrati. La vicenda affonda le radici nel 2009, quando le due ditte edili chiedono

e ottengono le autorizzazioni alla costruzione di 46 alloggi con finalità turistico-alberghiere. Nel frattempo,

però, la Regione vara il piano casa: su particolari aree almeno il 35% delle nuove abitazioni siano destinate

alle fasce feboli. Gli imprenditori decidono così di convertire il piano chiedendo il cambio di destinazione per

costruire 45 alloggi, 26 destinati al libero mercato e i restanti all'edilizia sociale. Siamo nel 2012 e l'Ufficio

tecnico del Comune si trincera dietro ad un silenzio finito poi in tribunale. I giuQUARTO. dici della Seconda

sezione del Tar Campania giudicano il comportamento di via De Nicola illegittimo, ordinando agli uffici

comunali di dare una risposta chiara entro i successivi 30 giorni dalla stesura della sentenza: il 3 ottobre

2014. Ma nemmeno quanto deciso dai magistrati smuove le acque, tanto che si decide di nominare un

commissario al quale affidare tutti gli adempimenti in sostituzione dei tecnici comunali. Passa altro tempo e

finalmente si arriva alla firma della convenzione tra l'ente locale e le ditte edili. L'area sulla quale verranno

edificate le case si trova in via Seitolla. Qui verranno costruiti alloggi per un volume totale di 15mila metri

cubi. I 16 alloggi di edilizia residenziale sociale saranno realizzati da entrambe le ditte edili, sei da una e

dieci dall'altra. Fissati anche i criteri per la futura assegnazione, tra i quali la residenza anagrafica a Quarto

o lo svolgimento dell'attività lavorativa nel Comune flegreo e un indicatore Isee non superiore ai 30mila

euro. Verrà inoltre selezionata una parte degli alloggi popolari, destinata ad una fascia sociale ancora più

ristretta. Tra i criteri spiccano l'avere familiari a carico affetti da invalidità, essere giovani coppie di sposi,

immigrati regolari che vive legittimamente in baracche o container ed è stato escluso da precedenti

graduatorie.

Foto: I criteri Per ottenere l'abitazione occorrono la residenza e reddito Isee inferiore a 30mila euro

08/06/2017Pag. 41 Ed. Napoli Nord

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 08/06/2017 12

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SCENARIO ECONOMIA

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Il caso Il mistero stress test Perché l'Eba e la Bce promossero la banca diMadrid Federico Fubini Quando a luglio scorso l'Autorità bancaria europea (Eba) pubblicò i suoi «stress test» su 51 grandi istituti

del continente, Banco Popular Español attirò scarsa attenzione malgrado le sue dimensioni: è il quarto

gruppo spagnolo con attività per quasi 200 miliardi di euro e 15 mila dipendenti. Ma all'epoca esistevano

ottime ragioni perché i suoi risultati passassero inosservati: erano del tutto ordinari. O quasi.

Gli «stress test» sono un esercizio complesso nel quali molte istituzioni lavorano insieme per cercare di

gettare un fascio di luce nel motore di una banca e capire come funzionerebbe sotto sforzo. L'Eba di

Londra, guidata dall'italiano Andrea Enria, mette a punto un metodo per gli esami; lo European Systemic

Risk Board, un tavolo di regolatori dei vari Paesi, definisce gli scenari di normalità e di crisi da simulare

nelle prove di sforzo; il Single Supervisory Mechanism (Ssm), la vigilanza della Banca centrale europea

guidata dalla francese Danièle Nouy, applica in pratica quelle condizioni ai bilanci delle singole banche per

provare a capire cosa succederebbe.

Il risultato più recente per il Banco Popular fu: non sarebbe successo praticamente niente. Undici mesi

dopo l'istituto era al collasso, privo di liquidità dopo una improvvisa corsa dei clienti a ritirare i propri

risparmi. Eppure nello «scenario di base» degli stress test europei Popular presenta per l'anno prossimo un

livello di capitale più robusto di 20 delle 51 banche esaminate (ma da allora l'economia spagnola è andata

anche meglio del previsto). Quando poi la Bce ha simulato una grave recessione e altre sventure, la

picconata al patrimonio per banco Popular è risultata più lieve che per 22 delle 51 banche. Anche in quel

caso negativo rimasto puramente teorico, Banco Popular risultava fra le quattro banche più fragili d'Europa.

Ieri invece è diventata la prima azienda di credito ad essere dichiarata «in fallimento o prossima a fallire»

dalle autorità europee. Un riesame interno dello Ssm di Francoforte cercherà adesso di capire cosa non ha

funzionato. Gli «stress test» pubblicati a luglio scorso hanno avuto il merito di mettere a nudo la fragilità del

Monte dei Paschi e obbligare i manager e il governo a trovare una soluzione, sotto minaccia che i regolatori

staccassero la spina all'azienda di Siena. Ma Banco Popular aveva problemi simili, rimasti fuori dal radar:

crediti in default per il 16% del monte prestiti, con accantonamenti di risorse a copertura delle perdite molto

inferiori a quelli di Monte dei Paschi e alla media delle banche sia italiane che spagnole. Si tratta dunque di

capire se la percezione diffusa in Europa che il governo e le banche iberiche di solito fanno scelte giuste -

al contrario di quanto accade in Italia - ha finito per cullare e addormentare i vigilanti di Francoforte. Niente

acceca più di un moralismo da vecchi banchi di scuola, sovrabbondante in Europa, nel valutare realtà

economiche complesse.

Non è la prima volta che una banca scivola in un buco della rete dei regolatori Ue. Nel luglio 2011 fu

dichiarato formalmente dell'istituto franco-belga Dexia che, in base agli stress test, non aveva alcun

bisogno di capitale; tre mesi dopo era fallito. Né è la prima volta che Banco Popular scivola nei buchi della

stessa rete. Dalla «valutazione complessiva» della Bce dell'ottobre 2014 - stress test più analisi della

«qualità degli attivi» - l'istituto di Madrid emerse praticamente senza un graffio.

La prima lezione di questi mesi è dunque che i piccoli clienti del Banco Popular comprendono la loro banca

meglio dei guardiani europei, oppure non credono a questi ultimi. A prima vista infatti la banca è precipitata

per carenza di liquidità, cioè di depositi e prestiti utili per far fronte ai pagamenti correnti; ma al fondo la

fuga dei risparmiatori è stata innescata dai dubbi fra di loro sul reale stato di salute del patrimonio della

banca. La corsa agli sportelli che ha piegato il Banco Popular parte infatti dalla maxi-perdita di 3,5 miliardi

sul 2016, quando l'azienda ha dovuto svalutare alcuni crediti inesigibili. Proprio questo episodio fa riflettere:

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 08/06/2017 14

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ricorda a tutti che il rischio di emorragia di liquidità - la corsa agli sportelli - rimane il tallone d'achille delle

banche europee; proprio per questo appare un edificio fragile e scaleno questa Unione bancaria di area

euro che ha già il potere di colpire bond e risparmi liquidi delle famiglie in caso di dissesto, ma non offre

un'assicurazione comune sui depositi bancari.

Il caso di Madrid contiene poi anche un'altra lezione, attualissima per l'Italia. Essa emerge con un altro

passo indietro, al 28 settembre 2012. Quel giorno il Banco Popular pubblica il comunicato che è all'origine

del collasso di ieri. In quel testo la banca ammette che i consulenti di Oliver Wyman le consigliano di

rafforzarsi, ma annuncia che non parteciperà mai ai meccanismi di «bad bank» di Madrid (separazione

della parte malata dei bilanci) finanziati dal governo con l'aiuto dell'Europa. «Non chiederemo assistenza

pubblica», si leggeva. Un'illusione di autocrazia pagata a caro prezzo molti anni più tardi.

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Corriere della Sera I numeri Banco Santander Un anno alla borsa di Madrid Fondazione Dipendenti

Capitalizzazione Santander 1857 170 mila circa 84,2 mld di euro 5.00 6.00 4.00 3.00 2016 2017 L A S O N

D G F M A M G 5,75 euro -0,88% IERI Banco Popular L'operazione 7 miliardi L'aumento di capitale 17

milioni Il totale clienti Fondazione Dipendenti Madrid 1926 15 mila circa 500 milioni Le sinergie previste 20

% La quota di mercato del credito in Spagna

La parola

Stress testLe banche Ue sono state sottoposte alle verifiche della tenuta dei loro bilanci in base a scenari di crescita e

di congiuntura avversi. A chi non ha superato gli stress test sono stati chiesti aumenti di capitale

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 08/06/2017 15

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LA PROPOSTA Un mercato dei capitali più aperto per sostenere le imprese europee Valdis Dombrovskis e Jyrki Katainen L'economia della Ue cresce per il quinto anno consecutivo, tendenza destinata a proseguire sia quest'anno

che il prossimo. Ma non siamo ancora al culmine: gli studi dimostrano che le performance delle economie

europee continuano ad essere inferiori al loro potenziale. E, con milioni di persone ancora senza lavoro,

non è certo il momento di adagiarsi sugli allori. Continua pagina 21 Continua da pagina 1 Ma perché

permangono queste difficoltà? Una delle cause principali è la mancanza di investimenti a lungo termine

verso le impresee le infrastrutture. Tra il 2008e il 2013 gli investimenti in Europa sono crollati, e stentano

ancoraa ripartire. Abbiamo già contribuito concedendo oltre 180 miliardi di euro di finanziamenti grazie al

Fondo europeo per gli investimenti strategici. Ma dobbiamo anche aiutare le nostre impresea prosperare.

Le start­up e le Pmi europee hanno spesso difficoltà ad ottenere i finanziamenti di cui hanno bisogno per

investire, innovare e crescere. Per queste imprese l'accesso al mercato azionarioè costosoe complesso,e

anche il ricorso a forme alternative di finanziamento risulta difficoltoso. Il problema nonè tanto la mancanza

di denaro da investire. In effetti il tasso di risparmio delle famiglie Ueè trai più elevati a livello mondiale, pari

ad almeno un euro ogni dieci guadagnati. Tuttavia la quasi totalità di questi risparmi non è messa a frutto.

Sicuramente un'occasione mancata, vistii tassi di interesse molto bassi generati dai depositi bancari che

non sono sufficienti da soli a garantire un sostegno al reddito futuro, ad esempio per la pensione. Per

questo la Commissione europea sta lavorando per sbloccare questi risparmie metterlia frutto. Nel 2015

abbiamo lanciato il progetto per la realizzazione di un mercato unico dei capitali in Europa. Vogliamo creare

le giuste condizioni per liberare fondi che possono essere trasferiti dai risparmiatori verso le imprese

europee ed abbattere le barriere transfrontaliere che ostacolano la libera circolazione dei capitali. Grandi

passi avanti sono già stati fatti verso la creazione dell'Unione dei mercati dei capitali. Per quanto riguarda le

start­up e le imprese innovative, abbiamo lavorato per rafforzare i mercati dei capitali di rischio e offrire loro

sostegno con un fondo di fondi paneuropeo di venture capital. Proprio la settimana scorsa l'Ue ha siglato

un accordo per rilanciare il mercato della cartolarizzazione che potrebbe liberare finoa 150 miliardi di euro

di prestiti bancari a favore di famiglie e imprese. Per le imprese che intendono rivolgersi ai mercati pubblici

abbiamo reso la procedura per la presentazione dei prospetti più semplice, più rapida e meno costosa.

L'Unione dei mercati dei capitali intende stimolare gli investimenti e rafforzare la resilienza finanziaria. La

crisi ci ha fatto vedere che cosa succede quando si punta tutto su un solo cavallo. Oggi vogliamo puntare

ancora più in alto e tracciare nuovi percorsi. Per esempio, intensificheremo gli sforzi per sostenere gli

investitoria finanziare il passaggioa energie rinnovabili e all'economia circolare attraverso la promozione di

investimenti sostenibili. Esamineremo anche l'ipotesi di introdurre nuove norme per valorizzare le

opportunità offerte dalla tecnologia finanziaria (fintech) per rendere i mercati finanziari più accessibili e

fruibili. Oggi proponiamo inoltre nuove norme per rendere meno onerosi gli investimenti nei progetti

infrastrutturali in Europa. Nel corso di questo mese presenteremo una proposta che getterà le basi per il

mercato europeo dei piani individuali pensionistici volontari. In questo modo potrebbero essere realizzate le

economie di scala necessarie per ridurre i costi e offrire maggiore scelta a coloro che vogliono risparmiare

per la pensione. Inoltre, avendo un orizzontea lungo termine,i fondi pensione possono mobilitare più

risparmi verso i mercati dei capitali e convogliare denaro verso investimenti produttivi. Dall'avvio del

progetto abbiamo già realizzato due terzi degli elementi costitutivi di un autentico mercato unico dei capitali.

Oggi la nostra ambizione è ancora più grande, sostenuta da un rinnovato impegno e da un elenco di

obiettivi da raggiungere da qui al 2019. Affinché questo progetto possa concretizzarsi abbiamo bisogno di

una volontà politicaa tuttii livelli. Contiamo sul sostegno degli Stati membri, del Parlamento europeo e di

tutti coloro che sono interessati ad un'economia europea fiorente per fare di questo progetto una realtà.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 08/06/2017 16

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All'esame anche la soluzione di sistema Bpvi e Veneto Banca, pressing del Governo sugli istituti italiani Marco Ferrando Gianni Trovati Dopo la soluzione­lampo per il Banco Popular, con la prima vera applicazione del burden sharing, si

allontana il compromesso che il governo italiano stava cercando di raggiungere con le autorità europee

(Commissione e Single resolution mechanism) per la ricapitalizzazione precauzionale di Popolare di

Vicenzae Veneto Banca. Se questa, infatti, resta la strada maestra, c'è anche chi auspica l'arrivo di un

cavaliere bianco, come Santander per il Popular, che si faccia carico dei due istituti veneti, magari con

esigenze di capitale inferiori a quelle richieste per il salvataggio pubblico. pagina 2 La via maestra del

governo per salvare Popolare di Vicenza e Veneto Banca resta quella della ricapitalizzazione precauzionale

concordata con la Ue, ma il caso Banco Popular con tanto di risoluzione gestita nello spazio di poche

settimane cambia le carte in tavola, e non certo nel senso sperato da Roma. Il difficile schema spagnolo

Anche per questa ragione, starebbero tornando a infittirsi i contatti fra il ministero dell'Economia e i big del

credito. Visto il caso spagnolo, addirittura ci sarebbe chi auspica di trovare un Santander italiano, un

cavaliere bianco in grado di mettere il cappello sui due istituti veneti con una ricapitalizzazione che

potrebbe anche vedere numeri diversi, più leggeri, da quelli chiesti finora da Francoforte e Bruxelles per il

salvataggio pubblico. Più facile a dirsi che a farsi: in Italia non c'è un gruppo, per lo meno tricolore, con le

spalle sufficientemente larghe e potenzialità di crescita sul mercato domestcio sufficientemente ampie da

farsi carico di un'acquisizione di dimensioni così rilevanti come quella di Popolare Vicenza o Veneto Banca.

L'aumento precauzionale Ecco perché la strada maestra non può che restare quella dell'aumento

precauzionale. Che tuttavia per andare in porto necessita di un intervento privato che Bce e commissione

Ue indicano in 1,25 miliardi. Per "invogliare" investitori privati che continuano ad apparire piuttosto freddi, il

Tesoro lavora su due fronti: ottenere uno sconto da Bruxellese Francoforte sull'importo richiesto (e quindi

sull'onere a carico dei privati) e predisporre nuove possibili misure per evitare o ridurre ulteriori perdite a cui

potrebbero andare incontro gli eventuali finanziatori. L'apertura dei banchieri In realtà, secondo quanto

risulta a Il Sole 24 Ore, qualche spiraglio si sarebbe aperto nel corso degli ultimi colloqui, con alcuni

banchieri in particolare. Chiarito che non si vuole forzare con l'Europa, l'unica alternativa resta il bail ino

qualche suo parente stretto, come la liquidazione: in tutti questi casi, l'onere a carico del sistema ­ avrebbe

ricordato il Tesoro ­ sarebbe superiore ai 10 miliardi da iniettare obbligatoriamente attraverso il Fondo di

risoluzione. Di qui la maggior disponibilità mostrata da qualche interlocutore privato a un sostegno ­ con la

garanzia scritta che sia l'ultimo ­ di qualche centinaio di milioni pur di evitare un salasso con uno zero in più.

Per canalizzare l'intervento si ragiona sempre sulle solite ipotesi: un nuovo round del fondo Atlante 1 o

magari un altro comparto volontario del Fondo interbancario di tutela dei depositi. Il fattore tempo Un dato è

certo: la sabbia continua a correre nella clessidra e il salvataggio­lampo di mercato che arriva dalla Spagna

non migliora nè l'umore dei negoziatori nè il clima dei negoziati per le due ex popolari venete, che

viaggiano su binari stretti: da Via XX Settembre si continua a escludere ogni forma di bail in o di risoluzione,

«ordinata» o meno, ma anche qualsiasi ipotesi di salvataggio pubblico senza il via libera dell'Europa.

Strada, quest'ultima, giudicata impossibile anche perché tutto si vuole a Roma tranne rimettere in pericolo

l'accordo di principio appena ottenuto sul dossier chiave di Monte dei Paschi. L'impatto sui risparmiatori Sul

piano delle conseguenze per investitori e risparmiatori, poi, le strade della ricapitalizzazione pubblicao della

replica italiana della vicenda spagnola sono simili. In entrambii casi, correntisti e obbligazionisti senior

sarebbero al riparo, e in entrambi i casi gli azionisti ancora in campo dovrebbero pagare il conto più caro

insieme ai titolari di bond subordinati. Per questi ultimi, la precauzionale potrebbe offrire la chance

dell'indennizzo, che però è limitato ai casi di vendita fraudolenta a piccoli risparmiatori, come mostra la

vicenda Mps che sul punto dovrà ora trovare la traduzione operativa sulla base dei paletti posti dalla Ue.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 08/06/2017 17

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Ma al di là delle battaglie tecniche su piani industriali, taglio del cost/income e fabbisogno di capitale, per

arrivare all'intesa con la Ue serve il riconoscimento ufficiale del carattere "sistemico" dei due istitutie della

crisi che una loro caduta innescherebbe: un'idea su cui in Europa si continua a discutere.

LA PAROLA CHIAVE Bail­in 7 Il «Burden sharing» prevede che, in caso di dissesto di una banca, prima di

coinvolgere i fondi pubblici debba essere attuata la riduzione del valore nominale delle azioni e delle

obbligazioni subordinate. Il «Bailin» è invece più duro: prima del coinvolgimento di fondi pubblici, prevede la

riduzione del valore nominale non solo delle azioni e delle obbligazioni subordinate, ma anche dei titoli di

debito più senior ed eventualmente dei depositi di importo superiore ai 100mila euro.Banche europee a

confronto

Variazione % di ieri e da inizio anno B ank ia CYBG KBC B bva Crédit Agricole ING Groep Lloy ds B ank

ing Group B NP P aribas +4, 95 +3, 28 +2, 59 +2, 03 +1, 97 +1, 79 +1, 65 +1, 65 DA INIZIO ANNO +11, 28

¬3, 60 +15, 26 +16, 06 +18, 63 +12, 49 +12, 97 +4, 84 S oc iété Générale Caix abank Rbs Deutsc he B ank

UniCredit M ediobanca B anco S ant ander B anco de S abadell +1, 63 +1, 49 +1, 35 +1, 01 +0, 98 +0, 90 -

0, 88 -2, 16 DA INIZIO ANNO +0, 77 +32, 36 +13, 58 +0, 58 +13, 35 +7, 87 +15, 93 +33, 64

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CREDITO E REGOLE Basilea4, Ue e Usa verso l'accordo entro giugno Luca Davi I tasselli che dovranno andare al loro posto in tempi brevi non sono pochi. Ma se tutto filerà liscio, tra

giugno e luglio il tanto atteso accordo sulla nuova regolamentazione bancaria, meglio conosciuto come

Basilea 4, potrebbe davvero vedere la luce. Continua pagina 23 Continua da pagina 1 A quanto risulta al

Sole 24Ore, in questi giorni si sta lavorando intensamentea livello tecnico per arrivare a un'intesa da

presentare i prossimi 14­15 giugno sul tavolo del Ghos, il gruppo formato dai governatori delle principali

banche centrali. Anche perchè l'input politico è chiaro: serve un accordo prima del prossimo incontro del

G20, fissato per il 7 e 8 luglio ad Amburgo, sotto la presidenza di turno tedesca. A volerlo è il mondo

politico europeo, che intende dare un indirizzo chiaro al comparto finanziarioe mettere il punto finalea un

(fin troppo) prolungato periodo di incertezza sul versante regolamentare. Ma segnali di apertura al dialogo

arrivano anche dagli Stati Uniti, che negli ultimi tempi sembrano voler trovare una mediazione, nonostante

le evidenti divergenze tra la visione "trumpiana" del mondo e quella del Vecchio Continente. Lo stesso

segretario generale del Comitato di Basilea, Bill Coen, nei giorni scorsi ha ribadito che «dato l'ampio

sostegno» l'auspicio è di «finalizzare le riforme nel prossimo futuro». La bozza di accordo Ma quale

potrebbe essere allora il punto di caduta tra le parte? Qua la questione diventa tecnica. Il tema di confronto

negli ultimi mesi si è concentrato in particolare sull'ou­ tput floor, ovvero la limitazione al beneficio chei

modelli interni­ con cui le banche, prevalentemente europee, valutano i loro rischi possono generare rispetto

ai modelli standard. Ebbene:a quanto risulta da una bozza di accordo che in questi giorni sta circolando a

Bruxelles, questa limitazione, ovvero il cosiddetto "output floor", sarebbe fissata al 75%. Nei fatti significa

che la rischiosità degli attivi calcolata con i modelli interni non può scendere al di sotto del 75% di quella

chea parità verrebbe calcolata coni modelli standard. Il datoè a metà tra l'80% chiesto dagli Usa, dove lo

standard è prassi, e il 70% oltre il quale l'Europa, guidata dall'asse franco­tedesco, non vuole salire.

Secondo la bozza, sarebbe previsto anche un periodo di introduzione graduale della riforma, che

entrerebbe in vigore nel 2021 (con un floor al 45%), per proseguirea scaglioni progressivi del 5% così da

entrare a regime nel 2027. Se così fosse, si tratterebbe di un phase­in più morbido rispetto alle stime, che

avevano messo un conto un ingresso al 55% nel 2021 con la piena implementazione nel 2025. I numeri

non sono questione di lana caprina, ovviamente. Perchè da qua emergono eventuali fabbisogni

patrimoniali. Secondo alcune stime, tuttavia, qualora venisse confermata l'introduzione graduale del 75% al

2027, l'impatto per le principali banche europee dovrebbe essere assorbibile. Ciò non toglie chea pagare il

prezzo più alto siano le banche francesi, tedesche, svedesi e olandesi, che fino ad oggi sono state tra le

principali beneficiarie dei modelli avanzati. L'Italia, invece, per una volta dovrebbe uscire dalla partita della

riforma di Basilea 3 senza danni ingenti, visto che i modelli avanzati implementati dalle principali banche del

Paese non sono considerati particolarmente aggressivi. L'incognita Trump Al di là delle stime, va detto però

che le discussioni sono ancora in corso, e che comunque non sono da escludere nuovi possibili rinvii. Del

resto è da oltre sei mesi che il mondo bancario attende il nuovo capitolo della regolamentazione finanziaria.

Quando l'accordo sembravaa un passo, alla fine del 2016, si è concretizzata a sorpresa la vittoria di Donald

Trump alla Casa Bianca, che ha messo in stand­by l'intera partita. Il tassello decisivo, del resto, è

rappresentato dalla nomina del rappresentante della Fed in seno al Comitato di Basilea. Quel posto è

vacante da inizio aprile, da quando cioè Daniel Tarullo, l'uomo che negli ultimi sette anni ha rappresentato

la Banca centrale americana nei dossier relativi alla regolamentazione finanziaria e fiero sostenitore

dell'ortodossia delle regole, ha scelto di andare in pensione cinque anni prima del dovuto. Colpa di una

aperta divergenza di visione con Trump, che punta invece a una deregulation del mondo della finanza. Da

allora parte dell'establishment finanziario americano siè messo in moto per sensibilizzare la presidenza sul

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tema. La stessa numero uno della Fed, Janet Yellen,e il segretario del Tesoro Steven Mnuchin, avrebbero

mosso i loro "sherpa" per accelerare una nomina quanto mai urgente, senza la quale tutto rimarrà come è.

A metà giugno si capirà se questo pressing sarà servito a qualcosa.

LA PAROLA CHIAVE Accordi di Basilea 7 Gli accordi di Basilea disciplinano i requisiti di capitale delle

banche in base ai rischi che hanno in bilancio. Il primo accordo, del 1988, fissava un requisito minimo di

capitale unico per le banche, in funzione del volume del loro attivo. Il secondo mirava a superare la rigidità

di Basilea 1. Basilea 3, dopo la crisi finanziaria, ha aumentato i requisiti prudenziali. Ora si tratta per una

nuova revisione: Basilea 4.

Foto: .@lucaaldodavi

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 08/06/2017 20

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La questione bancaria SALVATAGGI E REGOLE Burden sharing Prima applicazione della Brrd su un big:colpiti azionisti e obbligazionisti subordinati L'impatto Il colosso accantona 7,9 miliardi sugli asset deterioratidel Banco Banco Popular, via alla risoluzione-lampo Santander compra l'istituto in crisi per un euro e vara un aumento da 7 miliardi per coprire le perditeL'IMPATTO Soci e bondholder perdono 3,3 miliardi tra azioni e bond: ma considerano i sei miliardi diaumenti degli ultimi 5 anni il conto è molto più salato Marco Ferrando Un euro per comprarlo, sette miliardi per guarirlo. Il ritorno in scena del Santander, che ormai sembrava

fuori dalla partita, è il colpo di scena che nella notte di martedì ha consentito di chiudere il salvataggio del

Banco Popular con un lieto fine. Lieto per lo Stato, che non sborsa un euro,i depositantie gli obbligazionisti

senior, che non sono toccati,e lieto per il resto del sistema bancario spagnolo, che si trova così

immunizzato dal rischio contagio. Molto meno per i 305mila azionisti della banca e i titolari di bond ibridi e

subordinati, che ora minacciano azioni legali dopo aver visto azzerato il proprio investimento sull'altare del

burden sharing, cioè il principio della condivisione del rischio che dal 2016 ispira la nuova disciplina

europea ­ la direttiva Brrd ­ sulla gestione delle crisi bancarie. Sì, perché ciò che fa dell'accordo annunciato

ieri mattina dal Single resolution board un fatto di assoluto rilievo per l'Europa del credito è che si tratta

della prima applicazione alla lettera della Brrd su una grande banca. Infatti il Banco Popular, una volta

acclarati da Bce la rilevanza sistemicae il concreto rischio di fallimento,è stato sottopostoa risoluzione: sulla

carta poteva concludersi con l'epilogo peggiore, cioè il bail­in, e invece è stato scongiurato con l'intervento

del Santandere il coinvolgimento di azionisti e obbligazionisti junior; che ai valori di chiusura di martedì

perdono 3,3 miliardi tra azioni (un miliardo l'ultima capitalizzazione) e bond, ma se si guarda ai 6 miliardi di

aumenti di capitale negli ultimi cinque anni il conto diventa molto più salato. La trattativa lampo

Sorprendente la rapidità con cuiè stata aperta e chiusa la risoluzione: c'è voluta infatti solo qualche

settimana per trovare la soluzione, pienamente avallata da Bce e Commissione, per la sesta banca

spagnola, da ieri mattina al 100% del Santander, ora in grado di «rafforzare la propria diversificazione

geografica», come ha spiegato ieri la presidente, Ana Botìn. Il Banco Popular nelle settimane scorse aveva

avviato una procedura di gara per trovare un acquirente,e di qui­ secondo quanto ufficializzato dal Frob,

l'Autorità di risoluzione spagnola ­ si è partiti per trovare una via d'uscita alla risoluzione. La rosa dei

potenziali compratori aveva annoverato la pubblica Bankia, Bbva e Santander, che dopo aver arruolato

Citigroup come advisor sembrava essersi sfilato. Evidentemente no: la banca guidata dalla Botìn alla fine

ha deciso di vestire i panni del cavaliere bianco. I ritorni del Santander Panni scomodi e onerosi,

comunque: all'euro pagato ieri si aggiungeranno infatti i 7,9 miliardi di accantonamenti extra (7,2 miliardi

sull'immobiliare) sugli asset deteriorati del Banco; per sterilizzare gli impatti sui coefficienti patrimoniali del

Santander, che ha confermato l'obiettivo di portare il Cet1 all'11% nel 2018, il gruppo lancerà entro un

mese un aumento di capitale da 7 miliardi, su una capitalizzazione di 83. In cambio, «il gruppo prende una

posizione di leadership ma non diventa dominante», sottolinea Massimo Proverbio, Senior managing

director di Accenture: graziea una quota di mercato pari a circa il 20% nella penisola iberica e a mezzo

miliardo di sinergie di costo, l'acquisizione dovrebbe­ secondo le stime del gruppo ­ portare a un ritorno

dell'investimento pari al 13­14% nel 2020. Quanto basta a giustificare l'interesse di Ana Botìn all'operazione­

ieri mattina salutata negativamente dalla Borsa di Madrid, dove in serata il titolo del Santander ha chiuso

vicino alla parità­ea spiegare perché in Italia sarà difficile fare altrettanto con le banche in crisi: non c'è

nessun istituto (domestico) con le spalle così larghe e al tempo stesso una presenza non dominante in

Italia da aver interesse ad incrementare la propria quota di mercato tramite una grande acquisizione. E poi

c'è il tema della crescita: «Il Pil spagnolo viaggia al 3% da ormai tre anni ­ricorda ancora Proverbio ­.

Considerato che ogni punto di Pil corrisponde a una crescita delle masse per le banche del 4%,a questi

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ritmi saranno sufficienti3 anni, al massimo per tre e mezzo per ripagarsi l'operazione. In Italia ce ne

vorrebbero 10».

LA PAROLA CHIAVEBurden sharing 7 È la condivisione dei costi per la ricapitalizzazione precauzionale, prevista dall'articolo

132 della direttiva europea Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive) sulla gestione delle crisi. Oggi le

regole prevedono che il burden sharing colpisca gli azionisti e i creditori non privilegiati. Mentre un tempo in

caso di dissesto di una banca era prevista la riduzione del valore nominale di azioni e obbligazioni

subordinate, ora il burden sharing può colpire anche i bond senior Il confronto Dati 2016 BANCO

POPULAR BANCO SANTANDER Numero dipendenti 11.948 188.492 Fonte: re port annuale 2016 dei due

i sti tuti Numero filiali 1.739 12.235 Clienti In milioni 4,6 15,2 Numero azionisti 303.251 3.928.950

Capitalizzazione In miliardi di euro 1,3 83,8 Utile In milione di euro -3.485 6.204

Foto: .@marcoferrando77

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IL MINISTRO DE VINCENTI SULL'ILVA «Con Am Investco 10mila posti certi» Domenico Palmiotti pagina 11 «Con Am Investco 10mila posti certi» TARANTO Alla vigilia del confronto col premier Paolo

Gentiloni, il ministro Claudio De Vincenti rassicura sindacatie Confindustria Taranto incontrati ieri in

Prefettura: «Am Investco Italy si è impegnata a portare a 10mila unità l'occupazione nel gruppo. Vale da

subito e per tutta l'attuazione del piano sino al 2024». Per il ministro, è una prima revisione considerato che

nell'offerta vincolante Am Investco Italy prefigurava l'anno prossimo 9.407 unità, contro le attuali 14.200,

per assestarsi a regime a 8.480. Per De Vincenti, «il piano del soggetto aggiudicatario è robusto in termini

di strategia di mercato, investimenti, tecnologie produttive e interventi ambientali. È un punto di svolta, dopo

anni difficili e dolorosi, per la ripartenza dell'Ilva e del lavoro dando priorità al rispetto dell'ambientee alla

tutela della salute». «Nessuno resterà disoccupato ­ evidenzia il ministro ­. Oltre all'impegno di Am Investco

Italy a riassumere 10mila unità, tutti coloro che non saranno ricollocati nell'Ilva, si occuperanno della

bonifica delle aree che non rientrano nel perimetro del siderurgico. Bonifica che farà parte di un programma

specifico dell'amministrazione straordinaria, la quale, oltre ad utilizzare la cassa integrazione straordinaria

per gestire le diverse fasi, avrà a disposizione un miliardo e 300 milioni della transazione con i Riva. Anche

questo ­ rileva De Vincenti ­ un obiettivo fortemente perseguito dal Governo». Il ministro annuncia poi peri

prossimi giorni la firma del contratto preliminare tra l'aggiudicatario e i commissari. I quali, su mandato del

Governo, dovranno negoziare il miglioramento dell'offerta vincolante presentata. «A quel punto ­ spiega ­ si

apriranno tre fasi: la presentazione dell'istanza di nuovo piano ambientale, che poi vedrà anche la fase

delle osservazionie si concluderà con un Dpcm che consoliderà il piano stesso; l'avvio del confronto con i

sindacati sulla parte occupazionale e industriale, rispetto al quale il Governo avrà la massima attenzione;

l'avvio, infine, del­ l'esame dell'aggiudicazione da parte dell'Antitrust europeo». «Le tre fasi ­ specifica De

Vincenti ­ si chiuderanno col contratto di aggiudicazione definitivo. Penso che la questione possa essere

conclusa nel giro di alcuni mesi. Un ricorso da parte di AcciaItalia? Non ne vedo le ragioni». Am Investco

Italy acquisirà inizialmente in fitto gli impianti dell'Ilva e ne diverrà proprietario quando ci sarà il dissequestro

«a risanamento completato. Ma non escludo che il dissequestro possa avvenire anche prima se il piano

ambientale andrà rapidamente avantie sarà anticipato. Am Investco Italy, per esempio, si è impegnata a

cantierizzare subito la copertura del parco minerali utilizzando il progetto già esistente».

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 08/06/2017 23

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Le sfide dell'Unione COME SOSTENERE LA VIA DELLO SVILUPPO Buoni segnali. La crescita è statasostenuta, per certi versi inaspettatamente, anche in assenza di continui stimoli fiscali La forza latente dell'Eurozona A dispetto della narrazione di un continente in crisi, la ripresa è tangibile Daniel Gros Per anni l'Eurozonaè stata percepita come un'area disastrosa, e spesso le discussioni sul futuro dell'unione

monetaria hanno paventato un suo possibile crollo. Quando i britannici hanno votato per abbandonare

l'Unione europea lo scorso anno, erano spinti in parte dalla percezione che l'Eurozona fosse un progetto

disfunzionale-e forse insalvabile. Eppure, ultimamente l'Eurozona è diventata la beniamina dei mercati

finanziari-e per una buona ragione: era da tempo che si cercava la sua forza latente. Negli ultimi anni essa

ha tentato di riprendersi dalla crisi del 2011­2012. Su una base pro capite, la sua crescita economica ora

supera quella degli Stati Uniti. Il tasso di disoccupazione è in calo - più lentamente che negli Usa, a essere

onesti - ma ciò riflette in parte la divergenza dei trend di partecipazione della forza lavoro. La

partecipazione della forza lavoroè infatti in ascesa nell'Eurozona, mentre registra una contrazione negli Usa

all'incirca dal 2000. L'abbandono degli americani del mercato del lavoro riflette quello che gli economisti

chiamano il fenomeno del "lavoratore scoraggiato".E il trend evidenzia un'accelerazione dalla recessione

del 2009. In linea di principio, la flessione della partecipazione della forza lavoro dovrebbe essere un

problema anche nell'Eurozona, dato il prolungato periodo di tempo dell'elevatissimo livello di

disoccupazione che ha colpito molti lavoratori europei. Ma, negli ultimi cinque anni, 2,5 milioni di persone

nell'Eurozona sono entrate nella forza lavoro, a fronte della creazione di cinque milioni di posti di lavoro,

così dimezzando il generale calo della disoccupazione. Inoltre, la ripresa dell'Eurozona è stata sostenuta,

per certi versi inaspettatamente, anche in assenza di continui stimoli fiscali. Le accese discussioni

sull'austerità degli ultimi anni appaiono malriposte, dal momento che sia i critici che i fautori hanno

sovrastimato la quantità di austerità applicata. Il deficit fiscale medio, in termini corretti per il ciclo, è

piuttosto costante dal 2014, attestandosi all'incirca all'1% del Pil. Ovviamente restano le ampie differenze

nella posizione fiscale dei singoli stati membri. Maè ciò che ci si aspetta in un'unione monetaria così

diversa. La veritàè che persino la Francia, spesso considerata una performer debole, registra livelli di

deficite di debito comparabilia quelli degli Stati Uniti. Il confronto con gli Usa, così come con il Giappone,

indebolisce anche la comune percezione che le regole fiscali dell'Eurozona, compresi l'infausto Patto di

stabilitàe crescita e il "fiscal compact" del 2012, siano state irrilevanti. Vero, nessun Paeseè stato

ufficialmente sanzionato per i deficit o i debiti eccessivi. Ma il marginale clamore sulle infrazioni ha fatto

passare in secondo piano l'ampio trend sottostante verso le solide finanze pubbliche favorito proprio dalle

regole fiscali. Tutto ciò suggerisce che la " soft austerity" perseguita in molti Paesi dell'Eurozona sia stata

forse la scelta giusta dopo tutto. Non bisogna certamente sovrastimare la forza economica a lungo termine

dell'Eurozona. Il tasso medio di crescita potrebbe restare sopra il 2% peri prossimi anni, ma a fronte

dell'assorbimento dei restanti disoccupati e del persistente trend a lungo termine dei lavoratori più anziani

che rientreranno nel mercato del lavoro la manodopera non utilizzata alla fine si esaurirà. Una volta che

l'Eurozona avrà raggiunto il cosiddetto "punto di svolta di Lewis" - ossia quando l'eccedenza di manodopera

scarseggia e i salari iniziano a crescere - i tassi di crescita scenderanno a un livello che rifletterà

esattamente le dinamiche demografiche.E queste dinamiche non sono particolarmente auspicabili: la

popolazione attiva dell'Eurozona è destinata a diminuire di circa mezzo punto percentuale l'anno almeno

per il prossimo decennio. Eppure, anche allora, il tasso di crescita pro capite dell'Eurozona non sarà con

buona probabilità tanto inferiore rispettoa quello degli Usa, perché la differenza dei tassi di crescita della

produttivitàè ora minore. In questo senso, il futuro dell'Eurozona potrebbe somigliare più al presente del

Giappone, caratterizzato da una crescita tendenziale annua appena sopra l'1% e da un'inflazione

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tenacemente bassa, ma da una crescita del reddito pro capite similea quello di Usa o Europa.

Fortunatamente per l'Eurozona, entrerà in questo periodo di elevata occupazionee lenta crescita su una

base solida- grazie, in partea quella controversa austerity. Per contro, sia gli Usa che il Giappone dovranno

far frontea una piena occupazione con disavanzi fiscali superiori al 3% del Pil- circa 2­3 punti percentuali in

più rispetto a quelli dell'Eurozona. Gli Stati Uniti e il Giappone registreranno anche debiti più pesanti: il

rapporto debito/Pil si attesta al 107% negli Usaea oltre il 200% in Giappone, rispetto al 90% dell'Eurozona.

È evidente che sulla scia di una crisi finanziaria, quando la politica monetaria diventa inefficace - ad

esempio, perché i tassi di interesse nominali sono vicini allo zero - il deficit pubblico può avere un impatto

stabilizzante insolitamente solido. Resta però irrisolta una questione chiave: una volta che i mercati

finanziari rientrano nella norma, è sufficiente mantenere un deficit per un lungo periodo per garantire uno

stimolo continuo? Il fatto che la ripresa dell'Eurozona stia ora recuperando su quella degli Stati Uniti,

malgrado la sua mancanza di qualsiasi stimolo continuo, suggerisce che la risposta sia no. Di fatto,

l'esperienza dell'Eurozona ci dice che mentre lo stimolo fiscale concertato riesce a fare la differenza

durante una recessione acuta, è preferibile abbandonare quello stimolo quando non è più vitale che

mantenerlo all'infinito. Con l'austerità- ossia, riducendo il disavanzo una volta finita recessione - la ripresa

potrebbe richiedere più tempo prima di consolidarsi; ma una volta raggiunto lo scopo, la performance

economica sarà persino più stabile, perchéi conti del governo si troveranno in una posizione sostenibile.

John Maynard Keynes una volta disse, «Nel lungo periodo, siamo tutti morti». Ciò potrebbe essere vero in

un lasso di tempo piuttosto lungo. Ma non è una scusa per accantonare le considerazioni a lungo termine.

Di fatto, per l'Eurozona, il lungo periodo sembra essere arrivato - e l'economia è ancora viva e vegeta.

Traduzione di Simona Polverino Daniel Gros è direttore del Center for European Policy Studies

1 In percentuale. Il deficit fiscale medio, nell'Eurozona, è costante dal 2014, attestandosi all'incirca all'1%

del Pil

Foto: AFP

Foto: Resiliente. Nonostante la diffusa percezione di debolezza, l'Eurozona può vantare buoni fondamentali

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PopVicenza, scontro tra toghe e indagini ferme L'inchiesta, partita quasi due anni fa, bloccata dagli atti del gip veneto. La giudice teme reazioni e hachiesto la scorta Sarà la Cassazione a stabilire qual è la procura competente a decidere sul reato diostacolo alla vigilanza della Consob FRANCO VANNI MILANO. Sono passati ventun mesi dal 22 settembre 2015, giorno in cui la Guardia di finanza perquisì la

sede della Banca Popolare di Vicenza. Dieci indagati, fra cui l'allora presidente Gianni Zonin, rimasto in

carica per 19 anni fino alle dimissioni, due mesi dopo avere ricevuto l'avviso di garanzia.

Due i reati contestati: aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. Secondo i pubblici ministeri vicentini, fra il 2013

e il 2014, la banca si sarebbe ricapitalizzata in modo irregolare, spingendo all'acquisto di azioni i soci che

chiedevano mutui e prestiti. Un sistema di "operazioni baciate" che avrebbe eroso il capitale di vigilanza,

portando il valore del titolo al crollo: da 72 euro a 10 centesimi. A conti fatti, 6 miliardi bruciati, con danno

per 118mila risparmiatori. Le condotte e i reati contestati sono gli stessi che hanno portato la procura di

Roma a indagare sul crac di Veneto Banca. Ma se nell'inchiesta gemella la magistratura romana ha

ordinato sequestri e provvedimenti di custodia, con l'ex dg Vincenzo Consoli finito ai domiciliari nell'agosto

2016, a Vicenza invece non un solo euro è stato bloccato a garanzia dei danneggiati. E la chiusura delle

indagini - data per imminente da mesi, ma sempre rinviata - si attende in un clima di scontro fra procura e

ufficio del giudice per le indagini preliminari. Intanto il tempo passa. A settembre scadranno i due anni

dall'apertura del fascicolo, il limite massimo previsto dalla legge per la fase investigativa.

Il pasticcio nasce da una richiesta di sequestro da 106 milioni che i pm titolari dell'inchiesta, Luigi Salvadori

e Gianni Pipeschi, hanno trasmesso nel gennaio scorso all'ufficio gip di Vicenza. Ma la giudice Barbara

Maria Trenti, dopo avere studiato per quattro mesi il fascicolo, si è poi dichiarata incompetente per territorio.

E ha trasmesso gli atti a Milano, ritenendo che lì si fosse consumato il reato di ostacolo alla vigilanza nei

confronti di Consob. Un passaggio apparentemente senza senso, visto che la Consob ha sede a Roma. I

profili più importanti di ostacolo, tra l'altro, riguardano Bankitalia. Ma proprio sulle errate comunicazioni a

Consob si basa la richiesta di sequestro dei pm vicentini. Risultato: provvedimento bloccato. I pm di Milano,

studiato il fascicolo, hanno rinviato la questione all'ufficio gip milanese, dichiarandosi a loro volta

incompetenti. Il gip Marco Del Vecchio ieri ha chiarito che dovrà essere la Cassazione - a cui anche la

procura vicentina si è rivolta, impugnando il provvedimento del gip di Vicenza - a decidere quale ufficio

debba procedere nelle indagini per quanto riguarda l'ostacolo a Consob. Intanto, gli ex soci danneggiati che

ancora sperano di potere portare a casa i soldi persi (il 28 percento dei danneggiati non ha accettato

transazioni con la banca), tremano all'idea che anche l'inchiesta finisca in nulla.

Il procuratore capo di Vicenza, Antonino Cappelleri, in una nota ufficiale ha definito «abnorme» la

decisione del gip. E il clima a Vicenza è tale che la giudice Trenti ha chiesto e ottenuto in via urgente un

servizio di scorta.

La sua decisione di non eseguire i sequestri, dichiarando l'incompetenza, ha infatti sollevato critiche feroci

da parte delle associazioni degli ormai ex azionisti. E persino il sindaco di Vicenza, Achille Variati, è sceso

in bagarre: «Il tentativo di trasferimento di parte dell'inchiesta a Milano non è una buona notizia. L'inchiesta

rischia di essere annacquata, ritardata, dimenticata». Lo spettro sono le due inchieste aperte nel 2001 e nel

2008 sulla Popolare, entrambe naufragate. La prima - in cui i vertici della banca (fra cui Zonin) finirono

indagati per 58 milioni di minusvalenze "spariti" dal bilancio 1998 - si concluse con una richiesta di

archiviazione firmata dall'allora procuratore capo Antonio Fojadelli. Il quale nel 2011 lasciò la magistratura e

tre anni dopo fu nominato nel cda della Nordest Merchant, banca d'affari prima controllata e poi incorporata

da BpVi.

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Anche la seconda inchiesta, nata nel 2008 da un esposto di Adusbef sul «ricorso illegittimo al prestito

obbligazionario subordinato per reperire 220 milioni di rafforzamento patrimoniale», venne archiviata. La

paura a Vicenza è che il copione si stia ripetendo di nuovo. Lo stesso procuratore Cappelleri, nella nota

pubblica in cui critica la decisione del gip fa riferimento alle «aspettative dell'opinione pubblica», alla

«lentezza nell'azione giudiziaria» e ai «ripetuti auspici e lecite aspettative di azioni concrete».

Foto: I SEQUESTRI CONTRO EX MANAGER E PRESIDENTE La richiesta dei Pm di Vicenza di

sequestrare 106 milioni dei manager e dall'ex presidente Gianni Zonin (in foto) è stata trasferita a Milano

creando un conflitto di attribuzione

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La giornata Alitalia, Gubitosi prova a resistere allo spezzatino ETTORE LIVINI MILANO. C'è «assolutamente» la possibilità di vendere Alitalia tutta intera ed evitare lo spezzatino. Parola

del commissario straordinario, Luigi Gubitosi, che ieri ha fatto il punto sulla prima fase della procedura di

vendita dopo l'incontro con il ministro allo sviluppo economico, Carlo Calenda. Il numero delle offerte

arrivate è «interessante» ha detto soddisfatto e ora è il momento di «verificare la loro consistenza». Entro il

15-20 giugno i tre commissari sceglieranno quelle più serie ammettendole alla data room dove saranno

squadernati (senza alzare il velo su dati riservati e strategici) i numeri di Alitalia per consentire ai

partecipanti di confezionare entro fine luglio le offerte vincolanti.

La partita per il futuro dell'ex-compagnia di bandiera si gioca su più tavoli e quello più caldo nelle prossime

24 ore è relativo al mercato del lavoro. L'azienda ha presentato al Mise la richiesta di cassa integrazione

per 1.358 addetti di cui 311 (tutto personale di terra) a zero ore. I sindacati sono contrari, temendo che la

Cigs a zero ore possa essere l'anticamera degli esuberi e i negoziati continueranno .

Oggi invece è in programma un appuntamento molto più delicato: quello sul contratto di lavoro, scaduto in

teoria a fine maggio e prorogato dalla compagnia per evitare bracci di ferro. Ora però i nodi sono arrivati al

pettine ed è probabile che Gubitosi & C.

presentino un conto più salato ai lavoratori con un piano non pesante come quello bocciato al referendum,

ma non molto distante dalle intese di allora. «Se ci saranno decisioni unilaterali sarà sicuramente

sciopero», ha preannunciato Mario Veneziani della Associazione nazionale piloti. Arrivare a una revisione

del contratto è però molto importante per i commissari. Ridurre il costo del lavoro (dopo il taglio a quello del

carburante e quello in arrivo sui leasing) allungherà la vita di Alitalia oltre i 6 mesi previsti rendendola più

appetibile per gli acquirenti ed evitando di giungere dopo l'estate senza cassa lasciando il coltello dalla

parte del manico ai compratori. Perdite in milioni di euro I numeri di Alitalia -580 2014 -408 2015 -500 2016

-200 1° trim.

2017

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SCENARIO PMI

8 articoli

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PROFESSIONISTI/2 La Cassa avvocati pronta a scommettere sulle Pmi Giorgio Costa Fondi della Cassa forense­ l'ente di previdenza degli avvocati italiani che dispone di un patrimonio di 10,2

miliardianche all'economia "reale". Ieriè stato siglato un accordo tra Fondo europeo degli investimentie

Cassa forense che pone le basi per investimenti nelle Pmi. Servizio pagina 37 La Cassa forense ­ che

domani tiene a Roma la sua convention per presentare i conti e gli obiettivi da raggiungere punta sempre

più sugli investimenti nell'economia reale e in particolare a sostegno delle piccole e medie imprese. E

proprio nell'ambito delle nuove strategie di investimento di un patrimonio che a fine 2016 valeva circa 10,2

miliardi, Cassa forense e il Fondo europeo per gli investimenti (Fei, un'istituzione europea il cui scopo

principale è sostenere la creazione, la crescita e lo sviluppo delle piccole e medie imprese e di cui la Banca

europea degli investimenti è azionista di maggioranza con il 62%), hanno firmato ieri presso la sede

dell'ente di previdenza e assistenza degli avvocati un protocollo di intesa; si tratta di un accordo destinato

da una parte a identificare nuovi approcci comuni nel settore degli investimenti equity in Europa, con

particolare attenzione al finanziamento delle Pmi e delle Mid­caps attraverso investimenti di fondi e,

dall'altra, a discutere, in seminari o tavole rotonde, le questioni relative al finanziamento di Pmi e MidCaps

in Europa. Con la firma di ieri, il Fei pone le basi per accompagnare Cassa forense (ma con uno sguardo

attento a tutto il mondo Adepp che dispone di un patrimonio non inferiore ai 75 miliardi) in nuovi

investimenti nel venture capital e nel private equity la cui entità verrà stabilità successivamente. «Si tratta di

un'iniziativa importante - ha spiegato Nunzio Luciano, presidente di Cassa forense - che ci consentirà di

rendere ancor più incisive le nostre iniziative. Gli investimenti - ha aggiunto Luciano consentono da un lato

di rendere compatibili gli obiettivi di sostenibilità economica e finanziariae quelli di sostenibilità sociale,

dall'altro di contribuire alla crescita economica del nostro Paese, specie in conside­ razione del fatto che il

nostro tessuto produttivo è costituito in larga parte da piccole e medie imprese». Inoltre, per «poter

potenziare la nostra azione in fatto di previdenza e assistenza dei nostri 240mila iscritti - ha concluso

Luciano - dobbiamo portare avanti scelte lungimiranti nell'allocazione delle risorse e il Fei ci aiuterà a farlo».

Del resto, anche per le Casse di previdenza dei professionisti si impone la necessità di uscire dalla logica di

investimenti in solo debito pubblico (o mattoni) specie per la bassa redditivi­ tà, soprattutto delle obbligazioni

statali. E parallelamente è sempre più sentita la necessità (e sarà un tema al centro del dibattito che si

svilupperà nei due giorni di convention di Cassa forense) di investire nelle infrastrutture e nell'economia

reale perché solo se il Paese cresce anche le professioni possono farlo. «In Italia come altrove, l'attuale

situazione economicofinanziaria crea nuove sfide per le Casse di previdenza che devono garantire, in

un'ottica di lungo e lunghissimo periodo, la sostenibilità delle proprie scelte d'investimento», ha dichiarato

Pier Luigi Gilibert, amministratore delegato di Fei. Peraltro, la partnership avviata con il Fei rappresenta per

Cassa forense e per tutti i soggetti istituzionali interessati, un reale supporto rivolto a promuovere a livello

nazionale le best practice europee. «Crediamo fermamente in questa iniziativa e siamo convinti che il ruolo

di apripista di Cassa forense - ha aggiunto Gilibert ­ possa incentivare molti altri fondi pensione privati in

Italia e in Europa nel loro processo di investimento».

Foto: IMAGOECONOMICA Al vertice. Nunzio Luciano

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FORMAZIONE Lavoro / ALL'INTERNO Sistema di merito per Fondirigenti Nicoletta Picchio pagina 11 Sistema di merito per Fondirigenti La novità è stata introdotta dall'anno scorso per premiare la

qualità della formazione. Non più un meccanismo "a sportello" e cioè finanziando chi presenta le domande

in ordine di tempo. Ma una scelta legata al merito, cioè alla valutazione di una commissione di esperti ed in

base ad un punteggio. «All'ultimo avviso che mettevaa disposizione 5 milioni di euro sui temi di Industria

4.0 hanno partecipato oltre 400 fornitori per una richiesta complessiva cheè arrivataa 13,5 milioni di euro,

quasi il triplo», spiega Carlo Poledrini, presidente di Fondirigenti, uno dei tre fondi interprofessionali

specificamente dedicati ai manager. La scelta, quindi, è potuta avvenire su contenuti di qualità alta: fatto

100 il punteggio massimo, aggiunge, tutti i piani formativi finanziati hanno raggiunto quota 78. Un modello

diverso di selezione che Poledrini sta ancora limando: per il 2018 vuole definire la presentazione dei piani

formativi a scadenze fisse nel corso dell'anno, ipotizzandone tre. Offrendo un lasso di tempo alle società di

formazione o ai consulenti (il rapporto è 96% circa contro il 4%) per presentare i progetti, che saranno poi

sottoposti al giudizio della commissione. Oltre a questo nuovo meccanismo di selezione Poledrini vuole

focalizzare ancora di più i contenuti. «Vista la grande richiesta su Industria 4.0 faremo un altro bando più

mirato, che vada oltre la trasformazione digitale», dice il presidente di Fondirigenti. Ma sta pensando anche

ad altri temi: ci sarà un progetto per il Sud, che uscirà entro la fine dell'anno. E poi è stato deciso di

intervenire con nuovi strumenti anche sulle risorse manageriali temporane­ amente inoccupate e dei

manager di prossima nomina da inserire in particolare nelle piccolee medie imprese. «A questi manager e a

queste imprese abbiamo dedicato progetti specifici ­ continua il presidente che ripeteremo, aggiornati, nei

prossimi mesi». Fondirigenti è operativo dal 2001. I soci promotori sono Confindustria e Federmanager,

aderiscono oltre 13.300 imprese e 76mila manager. «Possiamo crescere ancora molto, a vantaggio delle

imprese e del paese», continua Poledrini. Da uno studio italiano, pubblicato sulla rivista della Berckley

University, emerge che un incremento dell'1% degli investimenti in formazione manageriale comporta una

crescita della produttività dello 0,08%; un aumento dell'1% delle ore di formazione manageriale accresce la

produttività dello 0,12 per cento. Anche per questo, continua, è necessario un forte aumento dei manager

nelle imprese: per aumentare la produttività, essere più competitivi, avere le competenze per innovare,

andare sui mercati esteri. Oggi le risorse disponibili, che arrivano dallo 0,30 del monte salari, sono circa 30

milioni (nel 2016 sono arrivate a 35 milioni), di cui circa la metà sono destinate agli avvisi, l'altra al

cosiddetto conto formazione (utilizzato dalle singole aziende, in genere medio grandi, che preparano i

propri piani di formazione). Dall'anno scorso, sottolinea Poledrini,è stato ridotto del 20% l'importo dei

contributi che l'Inps versa al fondo. Ma nonostante il taglio di risorse si cerca di implementare l'attività. Nel

periodo di attività sono stati finanziati piani per oltre 19mila aziende e 85mila dirigenti. Tra quest'anno e il

2018 sarà promosso un nuovo piano di comunicazione per offrire un'immagine del Fondo rinnovata, delle

possibilità che offre. Per funzionare meglio, però il presidente chiede meno burocrazia e di modificare le

legge istitutiva, la 388 del 2000. Trasparenzae controlli sì, ma non vincoli ed esigenze interpretative di

carattere formale, come le norme sugli appalti pubblici, sottolinea il presidente che rendono più complessa

l'attività.

I numeri di Fondirigenti LE ADESIONI Per posizione contr ibutiva <=9 10-49 50-99 100-249 250-499

>=500 Aziende matr icola Inps 13.395

2.270 4.596 2.617 2.444 830 638 Dir igenti 75.777 3.718 10.785 7.827 12.537 8.875 32.035

I SETTORI DI APPARTENENZA Per codice Istat Attività manifattur iere Immobiliare, servizi alle imprese

Commercio Altri servizi pubblici e sociali Trasporti Costruzioni Attività finanziar ie Energia elettr ica, gas e

acqua Agr icoltura, allevamento e pesca Istruzione Estrazione minerali Sanità Alberghi e r istoranti

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Amministrazione pubblica Organizzazioni extraterr ititor iali Fonte: Fondir igenti Aziende matr icola Inps

13.395 10.410 695 652 425 290 286 182 131 87 68 65 55 26 22 1 Dir igenti 75.777 56.231 3.465 3.354

1.990 1.889 919 1.547 362 269 134 2.174 3.234 91 117 1

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OBIETTIVO PAESE Mondo & mercati / ALL'INTERNO I colossi dell'auto puntano sull'India Di Donfrancesco pagina 14 I colossi dell'auto puntano sull'India La sostenuta crescita dell'economia, l'inflazione contenuta, la

popolazione giovane e l'aumento dei redditi della classe media sono gli elementi che faranno da volano per

il settore automotive in India. Nei prossimi cinque anni, secondo la società di analisi economica Bmi

(gruppo Fitch), la produzione crescerà a un tasso medio dell'8% e le vendite del 5%. Secondo

l'Associazione indiana delle industrie della componentistica, il settore potrebbe raggiungere un fatturato di

115 miliardi di dollari entro il 2020­21, dai 66 del 2015­16. La produzione oggi supera i 25 milioni di veicoli ed

è dominata dalle due ruote: l'India è la seconda fabbrica di motocicli al mondo, con quasi 20 milioni di

mezzi, che potrebbero diventare 29 nel 2021. Nel 2017, la produzione di vetture (anche commerciali) ha

superato quota 4,6 milioni. L'Indiaè già oggi il sesto produttore di autoveicoli al mondo e dal 2015 è il quinto

per veicoli commerciali, davantia Regno Unitoe Brasile. Secondo l'Associazione del settore, l'automotive

indiano ha il potenziale per sviluppare fino a 300 miliardi di dollari di ricavi entro il 2026, creando 65 milioni

di posti di lavoro. Oggi, oltre a generare l'8% della spesa nazionale in ricerca e sviluppo, l'automotive

rappresenta il 7,1% del Pil e il 27% della produzione industriale. L'automotive impiega 19 milioni di addetti e

ha attratto oltre 35 miliardi di dollari di investimenti: 24 dai costruttori e 11 dalle aziende delle componenti. I

maggiori gruppi al mondo ci sono tutti. Anche Fca e Piaggio. Fca India ha avviato dal 1° giugno la

produzione della Jeep Compass nello stabilimento di Ranjangaon (vicino a Pune), con un investimento da

280 milioni di dollari. Maruti Suzuki ha da poco annunciato che investirà 876 milioni di dollari per difendere

la propria posizione di leader di mercato (con una quota del 41%): la capacità di produzione sarà potenziata

così a 2,25 milioni di veicoli, pari al 60% della capacità complessiva del gruppo giapponese. La sudcoreana

Kia Motors ha firmato un accordo con l'Andhra Pradesh per costruire un impianto da 300mila veicoli l'anno,

con un investimento di oltre un miliardo di dollari. La svedese Volvo installerà quest'anno una linea di

montaggio dei suoi Suv vicino a Bangalore, dove attualmente assembla camion e autobus. Volkswagen ha

siglato a marzo un accordo con Tata Motors per esplorare le opportunità di mercato. Il 2 giugno, Nissan

India ha presentato la sua New Micra. C'è anche chi si tira indietro: la statunitense General Motors ha

deciso di non vendere più auto in India, dove ha una quota di mercato inferiore all'1%, e di cedere uno dei

suoi impianti di produzione, dedicando l'altro all'export. Nel 2015, Gm aveva annunciato investimento per

un miliardo di dollari in India. «Oggi il tasso di densità di vetture in India ­ spiega Gianmarco Giorda, direttore

dell'Anfia ­ è molto bassoe negli ultimi 5­6 anni il mercato è cresciuto forse meno del previsto. Ma nei

prossimi anni ci sarà un'accelerazione». Un contributo, secondo l'Associazio­ ne italiana della filiera delle

industrie dell'auto, potrebbe arrivare dall'introduzione, da luglio, della Good and service tax, una sorta di Iva

nazionale che sostituirà la congerie di imposte oggi applicate dai singoli Stati dell'Unione indiana. Secondo

Anfia, la Gst dovrebbe ridurre i prezzi dei veicoli e quindi dare impulso alle vendite. Lo sviluppo atteso apre

opportunità anche per le aziende italiane della componentistica già presenti in India o in cerca di nuovi

mercati. E questo malgrado l'export italiano di settore nel Paese abbia registrato un calo a fine 2015 (­8,7%

sul 2014). La frenata si è accentuata nei primi 9 mesi del 2016, con una flessione del 18,1% su base

annua. In India, spiega Giorda, «è fondamentale avere contatti commerciali con i costruttori già presenti e

adottare una visione local­to­local. Questo significa avviare la produzione nel Paese». Cheè poi lo spirito del

progetto Make in India lanciato dal Governo per sviluppare l'industria nazionale. «Per le Pmi in particolare­

continua Giorda­ potrebbe essere opportuno trovare un partner locale, invece che tentare l' investimento

greenfield. Certo, anche la ricerca del socio giusto ha le sue difficoltà, ma questa soluzione permette di

minimizzare i rischi d'investimento. Altrettanto importante è la scelta della sede dell'investimento, cercando

di posizionarsi dove già operano altre realtà del settore, italiane o europee, in modo da costruire e sfruttare

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un network di servizie contatti». Seconda di una serie di puntate I settori economici indiani di maggiore

prospettiva per il Made in Italy: la prima puntata, sul food processing, è uscita il 9 maggioDominio a due

ruote Veicoli prodotti in India. Dati 2016-2017 in migliaia e var iazione % annua TOTALE Tre ruote 783,1 -

16,2% Veicoli commerciali 810,3 +3,0% Due ruote 19.929,5 +5,8% Veicoli passeggeri 3.791,50 +9,4%

25.314,50 +5,4%

Fonte: Society of indian automotive manufacturers

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LA SPERIMENTAZIONE 5G Semafori intelligenti e infotraffico in diretta ORIANA LISO Milano sarà una delle prime cinque città italiane a sperimentare il 5G, la tecnologia di quinta generazione

per le telecomunicazioni che promette Internet superveloce e tantissime prestazioni applicate alla vita di

ogni giorno. Il ministero per lo Sviluppo economico ha aperto un avviso pubblico rivolto alle aziende di Tlc,

università e start-up per presentare progetti che - spiega anche il Comune - serviranno a migliorare le

periferie, la mobilità, la sicurezza e i servizi ai cittadini e alle imprese.

A PAGINA IV PROGETTI per migliorare la vita nelle periferie e per la mobilità intelligente, sistemi per

semplificare i servizi ai cittadini e alle imprese, controllo intelligente del territorio e messa in rete dei servizi

tra Comune e amministrazioni della Città metropolitana. Potrà avere tutte queste applicazioni lo sviluppo

del 5G, la tecnologia di quinta generazione per la telefonia mobile che promette l'Internet superveloce (e

non solo). E Milano, con altre quattro città italiane, sarà la prima a sperimentarla: è stata scelta infatti dal

ministero per lo Sviluppo economico come area test, con l'ambito metropolitano, per i progetti di

applicazione pre-commerciale (quindi ancor prima ancora che venga lanciata sul mercato privato) della

nuova tecnologia, che promette prestazioni molto più ampie del 4G.

Il ministero ha lanciato per questo un avviso pubblico rivolto agli operatori di settore della telefonia mobile,

università, enti e centri di ricerca (che resterà aperto ancora fino al 12 giugno) per presentare dei progetti di

sviluppo. A fine aprile l'assessora alla Trasformazione digitale Roberta Cocco ha incontrato a Palazzo

Marino le principali società di telefonia mobile, proprio per spiegare praticamente quali potrebbero essere

gli ambiti di applicazione dei progetti. Il 5G, infatti, non offrirà soltanto una velocità maggiore di trasmissione

dei dati, che pure è un dato significativo: se con il 4G si viaggia su Internet a 500 Megabit al secondo, il 5G

porterà la velocità di navigazione a 20 Gigabit al secondo, annullando praticamente anche quel minimo

tempo di attesa che c'è oggi.

Ma la nuova tecnologia ha soprattutto promesse di grandi applicazioni pratiche. Sulla mobilità, ad esempio:

gli studi sul 5G spiegano che sarà possibile, grazie a sensori installati per strada e sui mezzi di trasporto

pubblico, avere informazioni in tempo reale sul traffico, mentre lampioni intelligenti (che si attiveranno

soltanto al passaggio di persone o mezzi) sapranno anche se ci sono posti liberi per il parcheggio e

trasmetteranno queste informazioni alle auto connesse che, con una intelligenza artificiale per la guida

semi-automatica o automatica, potranno comunicare con le macchine vicine e sapere se ci sono

rallentamenti o incidenti, preparandosi alla frenata automatica. Tra le possibili applicazioni nel campo della

sicurezza, per esempio, c'è quella di un più veloce riconoscimento facciale delle persone riprese dalle

videocamere già installate in città, e questo potrebbe servire per individuare gli autori di un crimine. Ma è la

stessa estensione della banda larga (che diventa ultrabanda) sulla rete della città a migliorare le prestazioni

degli sportelli pubblici, velocizzando anche i servizi anagrafici, per esempio.

Il sindaco Beppe Sala ha firmato pochi giorni fa - anche a nome della Città metropolitana - una lettera in

cui ricorda la possibilità di partecipare al bando a tutti gli operatori interessati: potranno partecipare, ma

solo in raggruppamenti e non come capofila, anche pubbliche amministrazioni, piccole e medie imprese,

start-up, associazioni di categoria. Perché una volta scaduti i termini, i progetti verranno esaminati e

selezionati (il termine è il 14 luglio, ma potrebbe slittare) con l'obiettivo di partire con le sperimentazioni

entro l'inizio del 2018. Da quel momento in poi, in tutte le cinque città test, ci saranno due anni di tempo per

mettere in pratica i progetti prescelti.

I PUNTILA TECNOLOGIA Il 5G è l'ultima versione delle reti di telecomunicazione, ancora non arrivata sul mercato

commerciale.

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Promette una navigazione velocissima IL TEST L'Unione Europea chiede a tutti gli Stati di avere almeno

una città connessa con il 5G entro il 2020. L'Italia ne ha scelte cinque: Milano, Prato, Bari, Matera e

L'Aquila I PROGETTI Il ministero per lo Sviuppo economico ha aperto un avviso pubblico rivolto agli

operatori di telecomunicazioni, università e start-up per progetti di applicazione del 5G

Foto: IL TEST PER LA TELEFONIA Milano è stata scelta dal governo tra le cinque città italiane dove

sperimentare la rete 5G prima dell'apertura del mercato privato: il Comune sollecita gli operatori a testare

servizi per i cittadini, dalla viabilità alla sicurezza e al controllo del territorio

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Aziende, guadagni da agosto fino ad allora incassa il Fisco ECONOMIA

PESCARA A Sulmona, dove il reddito medio disponibile è pari a 17.614 euro, il 64,8% dei guadagni di una

piccola o micro impresa finisce in tasse, imposte comunali, addizionali, balzelli vari. Si tratta del record

negativo della regione secondo i dati forniti dalla Cna, anche se si tratta di un distacco di pochi punti

percentuali rispetto alle altre città: Roseto (64,4%; 17.789 euro di reddito), Montesilvano (63,8%; 18.105),

Pescara (62,1%; 18.930), Giulianova (61,7%; 18.173), Chieti (60,7%; 19.656), Avezzano (59,8%; 20.112),

Vasto (59,75; 20.132), Teramo (59,4%; 20.306), L'Aquila (58,7%; 20.637), Spoltore (58,6%; 20.677);

Lanciano (58,6%; 20.694 euro). Per la Cna si tratta di una sorta di socio occulto che stazione in azienda e

divora quasi tutto. Praticamente ogni piccolo artigiano, commerciante, imprenditore inizia a lavorare per sé

e la propria famiglia solo a partire dal mese di agosto. Per tornare ai dati, a Sulmona si inizia a guadagnare

il 23 agosto, a Lanciano e Spoltore, le città dove la pressione fiscale è più bassa, a partire dal primo agosto.

Una vera e propria montagna che il vasto mondo delle piccole imprese si trova ogni anno costretto a

scalare a mani nude. Quel fisco che si manifesta di volta in volta con le cartelle esattoriali del Comune,

della Regione, dello Stato, pesa più della crisi quando bussa alla porta, come certificato dall'annuale ricerca

presentata a Roma da Claudio Carpentieri. Uno studio che lascia sempre l'amaro in bocca anche in

Abruzzo. E' appunto nel mese di agosto che scatta il fatidico Tax Free Day, il giorno in cui ci si libera delle

ganasce fiscali per iniziare a produrre reddito per sé e la propria azienda.

La ricerca valuta il peso globale della tassazione su un'azienda media con 431mila euro di ricavi, 165mila

euro di spese per il personale (4 operai e un impiegato), 160mila euro di costo del venduto, ammortamenti

vari per 56mila euro, reddito d'impresa di 50mila euro. La minaccia arriva dalla miriade di sigle ben note al

mondo della Cna: Irap, Irpef e Iri, imposte comunali e balzelli al seguito, come Imu e Tasi che fanno cadere

mediamente il giorno della liberazione alla data del 10 agosto (dato nazionale). «Una montagna di soldi da

tirare fuori», come spiega la nota dell'organizzazione di categoria, che tradotta in giorni del calendario e

reddito disponibile, permette a un piccolo imprenditore insediato con la propria attività in uno dei dodici

centri maggiori della regione di cominciare a lavorare finalmente per la propria famiglia solo a metà

dell'estate.

Come visto, con qualche piccolo vantaggio per chi vive a Lanciano, Spoltore, L'Aquila, rispetto a chi ha la

residenza a Pescara, Montesilvano, Roseto, Sulmona. La riduzione delle tasse è proprio uno dei punti

rimarcato più volte dalla Cna Abruzzo nel costante confronto con la Regione, assieme a quello dell'accesso

al credito, della formazione, della gestione delle risorse europee per favorire la competitività e il rilancio

delle piccole imprese nella difficile congiuntura internazionale. La contrazione dei consumi interni,

nonostante i piccoli segnali di ripresa dell'economia abruzzese, non ha del resto aiutato in questi anni,

mentre il socio occulto continuava a battere cassa.

S.Occh.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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LA BANCA GUIDATA DA ANA BOTIN HA RILEVATO PER 1 EURO L'ISTITUTO A UN PASSO DAL BAIL-IN Santander salva Banco Popular* Operazione lampo che salva correntisti e obbligazionisti senior ma azzera gli azionisti e i detentori di CoCobond e titoli Tier2. Aumento di capitale da 7 mld per coprire al 69% i 37 miliardi di sofferenze Elena Dal Maso Con un'operazione lampo la Spagna ha sistemato la pedina più zoppa del sistema bancario. Banco

Santander ha rilevato per 1 euro il Banco Popular e gli strumenti di capitale (i bond AT1 e i Tier2) di

quest'ultimo applicando la normativa sulla risoluzione ed evitando così il bail-in e il potenziale

coinvolgimento nel crack dei correntisti e dei possessori di obbligazioni senior. Al contrario sono stati

azzerati i circa 300 mila azionisti della banca, i detentori delle obbligazioni AT1 in mano a investitori

istituzionali per 1,2 miliardi di controvalore (si tratta dei cosiddetti CoCo bond perpetui, i primi sacrificabili in

caso di risoluzione) e quelli di titoli Tier2 per circa 560 milioni sottoscritti soprattutto dal retail. Per il Single

Resolution Board della Bce il Popular, che aveva perso metà del suo valore in borsa nell'ultima settimana

ed è il sesto istituto spagnolo paragonabile per dimensione al Montepaschi, «a causa del significativo

deterioramento della situazione della liquidità negli ultimi giorni» non sarebbe stato capace, nel prossimo

futuro, di pagare i suoi debiti e altre passività. «La decisione presa salvaguarda i correntisti e le funzioni

chiave del Banco Popular», ha commentato il presidente dell'Srb, Elke Koenig. «Questo dimostra che gli

strumenti di cui sono state dotate le autorità di risoluzione a seguito della crisi sono efficaci nel proteggere i

contribuenti». La Commissione europea, dal canto suo, ha spiegato di aver appoggiato lo schema di

risoluzione e cessione in blocco perché «sussistevano tutti i presupposti» del caso e perché la strada

decisa «era la migliore per assicurare la continuità delle importanti funzioni svolte dalla banca e per evitare

effetti avversi sulla stabilità finanziaria»; con un comunicato, l'esecutivo comunitario ha inoltre rilevato come

«in questo caso specifico, le perdite sono state pienamente assorbite da azionisti e obbligazionisti

subordinati», che si sono visti azzerare i titoli. Le condizioni per procedere alla risoluzione, ha ricordato la

Ue, erano che «la banca stava fallendo, che non c'era una soluzione di mercato al di fuori della risoluzione

e che non c'erano interventi dell'autorità che avrebbero potuto prevenire il fallimento». In questo modo la

banca salvata, che come analizzato nell'articolo a pagina 5 aveva superato gli stress test, continuerà a

operare in normali condizioni di solvibilità e liquidità. Con questa operazione tutta privata («l'operazione è

avvenuta senza l'utilizzo di risorse pubbliche e senza che si producesse un'eventuale contagio per il rischio

sovrano dello Stato e per quello bancario», ha sottolineato il ministro dell'Economia, Luis de Guindos)

nasce il più grande gruppo bancario spagnolo per depositi e prestiti con 17 milioni di clienti, superando così

Bbva e LaCaixa. Al prezzo simbolico di un euro Santander dovrà aggiungere un aumento di capitale di 7

miliardi (già interamente sottoscritto) per adeguare i livelli di capitale e ripulire il bilancio di Banco Popular,

zavorrato da 37 miliardi di pignoramenti e npl accumulati con l'esplosione della bolla immobiliare che hanno

appesantito il bilancio 2016 chiuso con perdite per 3,5 miliardi di euro malgrado un aumento di capitale di

2,5 miliardi e che ora deve far fronte a nuove perdite in arrivo per le rettifiche sui 35 miliardi di crediti

deteriorati che intaccheranno ulteriormente l'indice di capitale (Cet 1 al 7,1%). Le riserve che l'istituto

guidato da Ana Botin dovrà accantonare per gli npl di Banco Popular ammontano a 7,9 miliardi di euro, in

modo da alzare il tasso di copertura dal 45 al 69%. Santander ha detto che dall'operazione avrà un ritorno

sull'investimento tra il 13 e il 14% entro il 2020. La presidente del Banco Santander ha spiegato che con

l'acquisto del Popular è stata realizzata una operazione che «darà certezza e stabilità al settore finanziario

spagnolo». Botin ha precisato che per la prima volta una entità in crisi è rilevata in base alla nuova

regolamentazione europee e senza usare danaro pubblico. L'operazione, ha insistito, «non avrà alcun

costo per i contribuenti». La banchiera ha tenuto poi a tranquillizzare i clienti del Popular per i quali «non

cambierà nulla». La fusione, ha aggiunto, «sarà positiva per la Spagna, per l'Europa, e contribuirà alla

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crescita dell'economia spagnola». Ieri mattina gli analisti di Kepler Cheuvraux hanno tagliato il rating del

Santander, che ha archiviato la seduta di borsa con un ribasso contenuto allo 0,88% a 5,749 euro, da buy a

hold mantenendo però il target price invariato a 6,5 euro (in attesa di analizzare tutti i dettagli

dell'operazione per poi rivedere le stime). Il downgrade dipende, scrivono gli esperti, dal rischio

dell'operazione e per questo motivo la banca è stata tolta dalla lista delle Spanish Top Picks di Kepler. Gli

analisti temono che sui bond AT1 e Tier 2, per i quali come detto gli accordi prevedono l'azzeramento,

possano insorgere complicazioni. Ovvero cause pesanti contro la banca per misselling, ovvero la vendita

dei titoli in maniera fraudolenta. Kepler nota che la maggior parte dei Tier 2 è in mano ai clienti retail, dai

quali gli esperti si attendono il rimborso del capitale investito. E non escludono a questo punto ulteriori

cause legali anche dai detentori degli AT1. I bond subordinati sono al centro del problema di Mps, perché i

sottoscrittori dei 2,2 miliardi di obbligazioni Tier 2 dovranno partecipare all'aumento di capitale della banca

assieme allo Stato. Questa è una speciale categoria di obbligazioni il cui rimborso, nel caso di problemi

finanziari per l'emittente, avviene successivamente a quello dei creditori ordinari. AT1, invece, sta per

Additional Tier 1 e riguarda le obbligazioni che partecipano all'assorbimento delle perdite della banca nel

caso in cui gli indici patrimoniali dell'istituto dovessero scendere sotto un certo livello (da qui il riferimento al

Tier 1, uno degli indici di patrimonializzazione più importanti per gli istituti bancari). I bond in questione sono

di tipo perpetuo perché non vengono mai rimborsati se non, eventualmente, dopo anni a discrezione

dell'emittente e non pagano alcuna cedola in caso di perdita. Kepler spiega poi che il Santander ha avuto

solo pochi giorni per completare la due diligence sulle esposizioni nel settore immobiliare e sui bad loan

che zavorrano il Banco Popular per un valore complessivo di 36 miliardi di euro, così come altri rischi e

costi potenziali legati alla rottura delle joint venture. E questo fa sorgere dubbi agli esperti sul fatto che le

misure intraprese per assorbire i rischi siano adeguate. Inoltre Kepler ricorda che non è noto l'ammontare

dei depositi perduti almeno alla data del 31 marzo, ma suppone che sia stato sostanziale (la stima è del 5-

10%), dato che proprio questo motivo ha richiesto un rapido intervento da parte delle autorità di risoluzione.

Nel frattempo il Banco procede con le dismissioni. Secondo la stampa spagnola starebbe negoziando la

vendita di un portafoglio di crediti immobiliari da 2 miliardi dopo la cessione della controllata statunitense

TotalBank. Allo studio la vendita di altre partecipazioni industriali e societarie che potrebbero valere,

secondo alcuni calcoli, oltre 2,5 miliardi di euro. (riproduzione riservata)

L'OPERAZIONE SANTANDER-POPULAR IN SINTESI Perché si è intervenuti? La Bce ha dichiarato la

società "fallita o probabilmente fallita". Al supervisore preoccupava particolarmente la posizione di liquidità,

cioè il deflusso di depositi da clientela spaventati dalla situazione della banca. L'intervento si è reso

necessario per l'interesse pubblico per garantire i depositi dei privati e delle piccole e medie imprese, i

servizi di pagamento e i prestiti, nonché per garantire la stabilità finanziaria. Che succede ora? Da ieri

mattina Santander è proprietario di tutte le azioni e di tutti gli strumenti di capitale del Banco Popular. Le

azioni sono state annullate, il che fa supporre che i 6,1 miliardi di capitale della banca aiuteranno a ripulire

le perdite del Banco. Stessa cosa accadrà con le obbligazioni convertibili (cocobond) e il debito

subordinato. Quanto vale il Banco? Popular, martedì 6, ha chiuso con una capitalizzazione di mercato di

poco più di 1,3 miliardi. Ma il valore determinato dal Frob (regime spagnolo di ricapitalizzazione bancaria) è

negativo per 2-8,2 miliardi, a seconda di quanto stressato (negativo) sia lo scenario. Cosa accade con i

300mila azionisti, proprietari cocobond, del debito subordinato, per i depositari, per i clienti? Gli azionisti

perderanno tutti i loro soldi dato che le loro azioni non valgono nulla. Stessa situazione per i possessori di

cocobond. Quelli da 1,25 miliardi, emessi nel 2013 (500 mln) e nel 2015 (750 mln) si trasformeranno in

azioni che non varranno nulla. A questo importo si aggiungono quasi 100 milioni da altri strumenti. Quanto

al debito subordinato da 684 mln, tra cui quello da 450 mln emesso nel 2011 per il mercato retail, si

trasformeranno in azioni che non varranno nulla. Ai correntisti non sarà toccato un solo euro, mentre i

clienti non correvano rischi nemmeno prima dell'intervento. I proprietari di debito senior saranno coinvolti?

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No, la risoluzione esonera dal recuperare le perdite dai proprietari di debito che non è calcolabile come

capitale. Perché il Santander? Dopo aver preso la decisione di intervenire, il Frob ha fatto sapere che si è

aperto "un processo competitivo" di vendita. Santander e Bbva avevano già mostrato interesse per il

contatto diretto con la Popular, e, infine, il Frob ha scelto l'azienda della Cantabria, che si è impegnata "a

prendere le misure necessarie per garantire la continuità delle attività, dei servizi e delle operazioni del

Banco Popolare e di fornire la liquidità necessaria per questo". Cosa sarebbe successo se non ci fosse

stato un acquirente? Popular era entrata in soluzione e si stava adoperando per risolvere il problema,

anche attraverso la creazione di una banca ponte.

Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/santander

Foto: Luis de Guindos

Foto: Ana Botin

Foto: Due sportelli del Santander e Banco Popular Elke Koenig

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HEALTH ITALIA, LA SFIDA DELLA SANITÀ INTEGRATIVA PERRISPONDERE ALLA DOMANDA DI SALUTE DEGLI ITALIANI L'azienda, che a febbraio si è quotata in borsa all'AIM, ha chiuso il 2016 con un bilancio molto positivo epunta a mantenere il trend di crescita per il 2017. Il presidente Roberto Anzanello: «Il nostro è un mercatocon grandi prospettive di sviluppo» Anche a causa dei continui tagli, la qualità e l'efficacia della sanità pubblica peggiora di giorno in giorno, e

sta progressivamente diventando sempre più inadeguata in termini di strutture, assistenza e tempi di

attesa. Gli italiani, così, secondo il Censis guardano con sempre maggiore interesse al cosiddetto "secondo

pilastro": il 57,1% si dice infatti a favore della sanità integrativa, considerata sempre più un'opportunità per

colmare le lacune del servizio pubblico, e 26 milioni e mezzo di persone sono propense ad aderirvi.

Secondo Roberto Anzanello, presidente di Health Italia, azienda leader nel panorama della sanità

integrativa, il settore ha già del resto «dimensioni molto ampie: il mondo della sanità, in Italia, vale circa 150

miliardi di euro. Circa 113 sono coperti dalla sanità pubblica, e oltre 36 da quella privata». DOMANDA.

Quello della sanità integrativa è un comparto per il quale la domanda è in costante crescita: quali sono le

previsioni per il futuro? RISPOSTA. Di questi oltre 36 miliardi di euro coperti dalla sanità privata (e quindi

pagati dagli italiani di tasca loro), vengono intermediati dalla sanità integrativa (cioè fondi sanitari, casse di

assistenza e società di mutuo soccorso), due miliardi e mezzo di euro, mentre sanità privata e compagnie

di assicurazione ne intermediano altri due miliardi, per un totale di 4 miliardi e mezzo. Oggi, dunque, su

quei 36 miliardi solo quattro e mezzo, poco più del 10%, sono intermediati: c'è allora uno spazio di

copertura superiore a 31 miliardi per il settore. E guardando al futuro, questo è un mercato che, per ragioni

note (demografiche, quali l'invecchiamento della popolazione, e sociali), secondo le stime vedrà una

crescita a doppia cifra fino al 2030. D. Ma di che cosa si occupano la sanità integrativa e Health Italia? R.

La sanità integrativa si occupa di supplire alle carenze del servizio pubblico rispondendo alla domanda di

salute degli italiani. Noi, da parte nostra, forniamo alle Società Generali di Mutuo Soccorso, ai Fondi

Sanitari e alle Casse di Assistenza Sanitaria, cioè a tutti quegli enti che si occupano di sanità integrativa,

una serie di servizi integrati. Eroghiamo servizi di promozione dei loro prodotti, di assistenza ai loro clienti e

gestione della loro clientela, e da quest'anno anche servizi sanitari diretti ai soci degli enti di sanità

integrativa. In più Health Italia si occupa anche di flexible benefits (beni e servizi messi a disposizione dalle

aziende ai dipendenti per incentivarli, ndr ), fornendo direttamente servizi di welfare aziendale tramite una

piattaforma dedicata alle imprese che sviluppano questi progetti per i loro dipendenti. D. Il 9 febbraio vi

siete quotati in Borsa sull'indice AIM per le PMI italiane. Come è cambiato il panorama della vostra azienda

dopo l'accesso al mercato dei capitali? R. Quello verso la quotazione è stato un percorso di crescita, che

abbiamo affrontato velocizzando le attività che avevamo in corso per mantenere il nostro vantaggio

competitivo quale azienda leader del mercato. Si è trattato di una sfida molto articolata, che ha consentito

all'azienda di organizzare al meglio le proprie attività: abbiamo sviluppato in maniera ancora più

approfondita il controllo di gestione, le verifiche interne, il comparto legale e altre attività, strutturandoci

come società quotata. Oggi continuiamo a sviluppare i nostri progetti in parallelo - e la Borsa ci consente di

farlo - per accreditare il marchio ed espandere le attività della società: quello che forse oggi manca è infatti

una conoscenza da parte del cittadino italiano dell'opportunità di rivolgersi agli enti di sanità integrativa. D. Il

vostro bilancio 2016 ha evidenziato ottimi risultati. Quali sono le previsioni per il 2017? R. Nel 2016

abbiamo conseguito oltre 18 milioni di euro di ricavi, con un utile netto superiore al milione e 700mila euro e

con un EBITDA superiore ai 6 milioni di euro. E con un patrimonio netto consolidato di oltre 13 milioni

senza aver fatto ricorso a finanziamenti o forme di credito, la società ha prospettive di investimento

interessanti, tanto che per il 2017 contiamo di mantenere l'EBITDA tra il 30 e il 35% dei ricavi e di

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conservare una crescita dei ricavi intorno al 30% come già negli ultimi due anni. D. Quali sono invece le

strategie per il futuro, guardando anche al digitale? R. Sicuramente l'obiettivo è quello di implementare la

nostra capacità di penetrazione nella promozione dei prodotti di sanità integrativa offerti dagli enti nostri

clienti, perché c'è conoscenza ma non c'è ancora consapevolezza, né nelle aziende né nei cittadini italiani,

della possibilità di usufruire di questi servizi. Vorremmo anche sviluppare un modello di promozione di

questi servizi dedicato al mercato delle PMI, che in Italia è immenso: oltre 4 milioni di aziende. Un altro

progetto molto importante è quello di strutturare direttamente poliambulatori specialistici sanitari o dentistici,

in grado di garantire servizi sanitari di qualità ai soci degli enti di sanità integrativa da noi gestiti. Infine,

abbiamo intenzione di avviare un progetto per la creazione di big data per la profilazione dei clienti

utilizzando un insieme di informazioni su tutti i soci degli enti di sanità integrativa. I dati e le informazioni

sono fornite dalla società, che ne garantisce la veridicità

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Altro che Montepaschi e gli istituti veneti La Spagna dà lezioni all'Italia su come si salva una banca La Bce dichiara «fallito» il Banco Popular: azionisti azzerati e niente soldi pubblici Così in 72 ore ilSantander lo compra per un euro (più 7 miliardi di ricapitalizzazione) UGO BERTONE L'ultimatum di Francoforte è arrivato martedì sera, dopo l'incontro tra i vertici del Banco Popular e i

responsabili della supervisione bancaria della Bce, Un rapido consulto che ha consentito a Elke Koenig, la

responsabile tedesca del Single Resolution Board, di prendere atto che l'istituto, la sesta banca spagnola,

non era in grado di far fronte ai propri impegni, a causa del deterioramento delle condizioni di liquidità. È

così scattata una delle tre condizioni che determinano la necessità di risoluzione di una banca, come

definite dalla normativa europea. Il mondo bancario spagnolo, in allarme da una settimana dopo che erano

emerse nuove, pesanti sofferenze dell'istituto (35 miliardi) nonostante l'aumento di capitale di un anno fa,

non si è fatto cogliere impreparato: grazie alla presenza di un compratore è stato possibile decretare, come

prevedono le nuove norme europee sulla Risoluzione Bancaria, l'azzeramento di azionisti e obbligazionisti

subordinati prima della ricapitalizzazione da parte del compratore, il Banco de Santander che, dopo aver

rilevato per un euro Banco Popular, attuerà un aumento di capitale per 7 miliardi di euro che servirà a

compensare svalutazioni al portafoglio immobiliare di Popular di 7,2 miliardi di euro. Si è così risolto, nel

giro di 72 ore, il primo salvataggio bancario secondo le nuove regole europee. Certo, l'operazione non sarà

indolore: il costo per azionisti ed obbligazionisti subordinati sarà attorno ai 3,3 miliardi di euro e non è

difficile prevedere, come hanno già fatto gli analisti di Kepler Chevreux, che presto arriveranno nei tribunali

le cause contro la banca per «la vendita dei titoli in maniera fraudolenta». Ma il ministro dell'Economia Luis

De Guindos può comunque festeggiare: il salvataggio non è costato un euro ai contribuenti, non ci sono

stati problemi per i depositi o per gli impieghi delle imprese affidate, un capitolo assai delicato perché il

Banco Popular è da sempre il primo finanziatore delle piccole e medie imprese spagnole (e portoghesi),

caratteristica che ha convinto il Santander, grande potenza internazionale, a coglier l'occasione per un salto

di qualità sul fronte interno conquistando la bellezza di 17 milioni di clienti (più 4 milioni in Portogallo) fino a

coprire il 25% del mercato. La crisi, insomma, si è rivelata una grande opportunità industriale per il

Santander e un'occasione per il sistema Spagna per fare bella figura con la Bce e i partner europei. Non

stupisce perciò che lo spread tra i nostri Btp e i titoli spagnoli sia salito ieri a 75 punti base, il massimo da

cinque anni a questa parte. Un salvataggio che stride con la rapidità e l'efficacia nostrana, da Monte Paschi

alle banche venete. Anche perché l'operazione Banco Popular spingerà senz'altro Bruxelles ad adottare

una linea più severa nei confronti del nostro governo e delle nostre aziende di credito. Con quale faccia i

nostri banchieri, così pronti a chiedere aiuti e sgravi fiscali, potranno ora tirarsi indietro dalla richiesta di 1,2

miliardi per rafforzare il patrimonio delle due banche venete, così importanti per l'economia e per l'export in

particolare? E fino a quando, per motivi elettorali, il governo cercherà di tranquillizzare, mentendo, i

risparmiatori? La beffa finale è che il Santander può finanziare l'operazione con i quattrini (oltre 9 miliardi)

incassati con la disgraziata (per noi) vendita di Antonveneta a Monte Paschi. Ci sarebbe da ridere, ma c'è

da piangere. BANCO SANTANDER, BANCO POPULAR, P&G/L

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