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ANIEM
Rassegna Stampa del 02/10/2014
INDICE
ANIEM
02/10/2014 ItaliaOggi
BREVI8
02/10/2014 Il Centro - Teramo
Le imprese all'attacco: «L'acquedotto paghi i debiti»10
02/10/2014 Prima Pagina - Modena
Piacentini: «Sì al tfr in busta paga»11
02/10/2014 Prima Pagina - Reggio Emilia
Piacentini: «Sì al tfr in busta paga»12
ANIEM WEB
01/10/2014 www.corriere.it 10:58
Tfr: Aniem; ok in busta paga, volontario e senza tasse14
01/10/2014 it.finance.yahoo.com 15:14
Ipotesi Tfr in busta paga, a rischio cinque miliardi di liquidità per le piccole e medieimprese
15
01/10/2014 www.adnkronos.com 13:14
Ipotesi Tfr in busta paga, a rischio cinque miliardi di liquidità per le piccole e medieimprese
16
01/10/2014 www.milanofinanza.it_DowJones 10:57
Tfr: Aniem; ok in busta paga, volontario e senza tasse17
01/10/2014 notizie.tiscali.it
Ipotesi Tfr in busta paga, a rischio cinque miliardi di liquidità per le piccole e medieimprese
18
01/10/2014 www.liberoquotidiano.it 16:14
Ipotesi Tfr in busta paga, a rischio cinque miliardi di liquidità per le piccole e medieimprese
19
01/10/2014 agenparl.com 10:54
TFR IN BUSTA PAGA: PIACENTINI (ANIEM), SUBITO E SENZA ULTERIORI INDUGI20
01/10/2014 borsaitaliana.it 12:55
Lavoro: Aniem, 'Si' al Tfr in busta paga'21
01/10/2014 www.abruzzo24ore.tv 10:45
Certificazione crediti enti pubblici, dalla Ruzzo solo silenzio assordante22
01/10/2014 www.firstonline.info 10:17
Le Pmi manifatturiere dell'edilizia accolgono la proposta Renzi: "Sì al Tfr in bustapaga
23
01/10/2014 www.padovanews.it 16:14
Ipotesi Tfr in busta paga, a rischio cinque miliardi di liquidita' per le piccole e medieimprese
24
02/10/2014 finanza.tgcom24.mediaset.it 06:34
brevi25
01/10/2014 www.cityrumors.it 09:14
Certificazione dei crediti, associazioni imprenditori sollecitano la Ruzzo Reti27
01/10/2014 impresamia.com 10:38
LAVORO - Riforma: Piacentini (Aniem), sì al Tfr in busta paga28
01/10/2014 ageabruzzo.it 11:00
Teramo. Ruzzo Reti, Api-Aniem sollecitano la certificazione dei crediti29
01/10/2014 emmelle.it 11:17
Debiti con le imprese, l'Api ancora all'attacco della Ruzzo Reti30
01/10/2014 studiocataldi.it
Ipotesi Tfr in busta paga, a rischio cinque miliardi di liquidità per le piccole e medieimprese
31
SCENARIO EDILIZIA
02/10/2014 Corriere della Sera - Bergamo
Crisi dell'edilizia In un anno persi altri 2.100 occupati33
02/10/2014 Il Sole 24 Ore
Il cemento torna agli anni '6034
02/10/2014 Il Sole 24 Ore
Catasto, ricorsi aperti alle associazioni36
02/10/2014 La Repubblica - Milano
I dubbi sulla M4 "Serve alla città?"37
02/10/2014 La Repubblica - Milano
Expo, una task force per spingere i cantieri dei 12 Stati ritardatari39
02/10/2014 La Stampa - Torino
Bloccati i lavori L'ultimo guaio per la torre del Lingotto40
02/10/2014 Il Fatto Quotidiano
DUE DELLA CRICCA AL TELEFONO: " RAPPORTI MASSONICI CON RENZI "41
02/10/2014 Avvenire - Milano
Realizzato l'80% Ogni Paese avrà la sua "giornata"45
02/10/2014 Il Gazzettino - Rovigo
I dipendenti dell'Ater: «Lo scheletro è colpa di altri»46
02/10/2014 Il Gazzettino - Treviso
In collina più vigne e meno case47
02/10/2014 Il Mattino - Napoli Nord
Nappo (Cgil): basta, operai sotto ricatto come negli anni '5048
02/10/2014 Il Mattino - Benevento
Edilizia green, a Sant'Angelo a Cupolo l'eco-prototipo degli allievi del «Galilei»49
02/10/2014 Il Mattino - Nazionale
Morte bianca a Pietrarsa sequestrati atti e progetti50
02/10/2014 Il Mattino - Nazionale
Nappo (Cgil): basta, operai sotto ricatto come negli anni '5051
02/10/2014 Libero - Nazionale
Il Serpentone romano del Corviale stritola altri venti milioni di euro52
02/10/2014 Il Secolo XIX - Nazionale
Terzo Valico, il ritmo lento dell'alta velocità italiana53
02/10/2014 ItaliaOggi
Anas aprirà 50 nuovi cantieri entro la fine di quest'anno56
02/10/2014 ItaliaOggi
Così Bologna fa fruttare l'eredità di Expo59
02/10/2014 ItaliaOggi
Appalti, contributi ampi60
02/10/2014 Panorama
Brescia città del fare61
02/10/2014 Panorama
Trenta piani sopra il cielo65
01/10/2014 F
Ecco come puoi sfruttare Expo 2015 per trovare un lavoro67
SCENARIO ECONOMIA
02/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Una fatica d'Ercole rilanciare la crescita71
02/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Spunta la clausola sui conti statali Il deficit garantito da aumenti Iva73
02/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Articolo 18, c'è il «paracadute» sociale Il governo prende tempo sui correttivi74
02/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
LA CRESCITA INVOCATA COME ANTIDOTO ALLA CRISI75
02/10/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Il paradosso della nuova Tasi Case piccole, più cara dell'Imu76
02/10/2014 Il Sole 24 Ore
La spinta che serve per costruire la fiducia77
02/10/2014 Il Sole 24 Ore
«Non arretrare sui disciplinari»79
02/10/2014 Il Sole 24 Ore
I tagli si fermano a quota 6-7 miliardi Altri 1,5-2 miliardi dagli sconti fiscali81
02/10/2014 Il Sole 24 Ore
Clausola Iva da 12,4 miliardi Imprese, taglio ai contributi82
02/10/2014 Il Sole 24 Ore
Draghi insiste: «Riforme strutturali»84
02/10/2014 Il Sole 24 Ore
«Per la ripresa meno tasse alle imprese che esportano»86
02/10/2014 Il Sole 24 Ore
Tutto il Tfr in busta paga, scelta ai lavoratori87
02/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Padoan:"Peggio del '29 la società è a rischio" Piano da 12,5 miliardi per tentare laripresa
89
02/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Allarme Tesoro: "Ogni anno evasi 91 miliardi"91
02/10/2014 La Repubblica - Nazionale
I fondi esteri contro il reintegro di Scaroni nel cda delle Generali92
02/10/2014 La Repubblica - Nazionale
"Innovazione e stabilità sono le uniche strade per rilanciare la ripresa"94
02/10/2014 La Repubblica - Nazionale
"Scandalo frequenze il governo e l'AgCom subito in Parlamento"95
02/10/2014 La Repubblica - Nazionale
Il caro bolletta non si ferma dai prezzi in Borsa ai clienti l'energia costa il 400% in più96
02/10/2014 La Stampa - Nazionale
L'Italia prova a chiudere gli scali-bonsai98
02/10/2014 MF - Nazionale
Ghizzoni: non ci chiedono prestiti99
02/10/2014 MF - Nazionale
Inutile aspettare il miracolo a Napoli della Bce Non ci sarà crescita senza una politicaeuropea
100
02/10/2014 MF - Nazionale
Dati sull'Italia, un bollettino firmato Cadorna102
02/10/2014 Panorama
«Sconti fiscali sull'auto»103
SCENARIO PMI
02/10/2014 ItaliaOggi
La Francia dà un calcio al rigore106
ANIEM
4 articoli
BREVI Il fisco sempre più amico del cittadino grazie alla collaborazione tra Equitalia e Lega Consumatori,
associazione a difesa dei consumatori. Il protocollo d'intesa, a carattere nazionale, è stato sottoscritto
dall'amministratore delegato di Equitalia, Benedetto Mineo e dal presidente nazionale di Lega consumatori,
Pietro Praderi. L'intesa pone le basi per una capillare cooperazione sul territorio finalizzata a rendere più
semplice e rapido il rapporto con i contribuenti. Infatti, con la successiva sottoscrizione delle convenzioni a
livello territoriale, è prevista l'attivazione di sportelli telematici a cui gli associati potranno rivolgersi per
ottenere una consulenza dedicata e fissare un appuntamento presso le sedi locali per risolvere le situazioni
più complesse e delicate. Il ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini ha
firmato il decreto ministeriale che individua i criteri che porteranno, da subito, al riconoscimento
dell'autonomia speciale per la Scala di Milano e l'Accademia di Santa Cecilia di Roma secondo i criteri
previsti dal decreto Art Bonus. «Un passo importante», ha commentato il ministro, «per premiare le
fondazioni più virtuose del panorama lirico sinfonico italiano». Il Capo Dipartimento politiche europee, Diana
Agosti, e il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, hanno firmato un protocollo
d'intesa per avviare una collaborazione stabile in tema di appalti pubblici. L'accordo prevede la gestione
congiunta, da parte del Dipartimento e dell'Autorità, delle attività connesse alla Presidenza italiana del Public
procurement network (Ppn, partita il 1° luglio scorso), la rete europea per gli appalti pubblici creata per
favorire la cooperazione informale tra le amministrazioni nazionali competenti in materia per scambio di
informazioni e best practice. Il Protocollo, inoltre, sancisce la collaborazione nella fase di esame dei progetti
di atti legislativi dell'Unione europea e nella fase di trasposizione degli stessi nell'ordinamento nazionale, con
particolare riferimento all'attività di recepimento delle nuove direttive in materia di appalti pubblici e
concessioni. Si stampa comodamente da casa il biglietto di prenotazione per accedere ai front office degli
uffici della Direzione provinciale di Catania dell'Agenzia delle entrate. Il servizio web ticket è attivo da
mercoledì 1° ottobre 2014 anche presso gli Uffici territoriali di Acireale, Caltagirone e Giarre, mentre presso
l'ufficio di Catania è già attivo dall'inizio di settembre. Il nuovo strumento di gestione dei tagliandi eliminacode
tramite internet si affianca al sistema di prenotazione telematica degli appuntamenti (Cup) già esistente, con
l'obiettivo di offrire servizi più veloci ed efficaci ai contribuenti. Per un periodo di 12 mesi vengono sospesi i
Piani cave privi di Vas (Valutazione ambientale strategica), che dovranno adeguarsi alla direttiva europea
sulle attività estrattive per consentire lo svolgimento di una Vas ex post. È quanto stabilito dalla legge
approvata all'unanimità nel corso della seduta di ieri del Consiglio regionale della Lombardia (relatore il
presidente della Commissione ambiente, Luca Marsico, Fi). Sul sito dell'Autorità nazionale anticorruzione è
stata pubblicata una call pubblica per la nomina del nuovo segretario generale per consentire agli aspiranti di
proporre la propria candidatura entro il 20 ottobre prossimo. Tale atto si è reso necessario a seguito della
scelta del segretario generale, Antonella Bianconi, di lasciare l'incarico per assumere un ruolo presso la
Fondazione per l'istruzione agraria di Perugia nell'ambito delle Fondazioni dell'ateneo cittadino. L'8 ottobre,
presso l'Auditorium di Apmi Confimi Impresa Modena, in via Pier Paolo Pasolini, 15 a Modena, le imprese
incontreranno Simest per un pomeriggio di confronto tra imprenditori per approfondire quali possano essere
gli strumenti, in questo momento di profonda crisi, per ripartire e per tornare a crescere. L'evento che inizierà
alle 15.30 prevede l'intervento del presidente di Apmi Confimi Impresa Giovanni Gorzanelli e del direttore
generale di Confimi Impresa Fabio Ramaioli e a seguire l'intervento dell'amministratore delegato di Simest
Massimo D'Aiuto e del vice presidente di Confimi Impresa e presidente di Aniem Dino Piacentini. Durante
l'intero evento, sarà possibile incontrare i referenti di Simest per avere approfondimenti one-to-one con le
aziende interessate. Il 30 settembre 2014 Anci Conai e Corepla, nel rispetto degli impegni assunti al
02/10/2014 24Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
ANIEM - Rassegna Stampa 02/10/2014 8
momento della sottoscrizione dell'Accordo Quadro AnciConai per il prossimo quinquennio, hanno raggiunto
un'intesa in merito all'Allegato tecnico imballaggi in plastica che sarà firmato a Roma il prossimo 6 ottobre dai
presidenti di Anci, Conai e Corepla. Il nuovo Allegato avrà effetto a partire dal 1° gennaio 2015 e, nei prossimi
tre mesi, informa una nota, verrà data ampia diffusione territoriale dei suoi contenuti e si provvederà alla
sottoscrizione delle nuove convenzioni con i comuni.
02/10/2014 24Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)
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ANIEM - Rassegna Stampa 02/10/2014 9
Le imprese all'attacco: «L'acquedotto paghi i debiti» il caso ruzzo Le imprese all'attacco: «L'acquedotto paghi i debiti» Le imprese
all'attacco:
«L'acquedotto
paghi i debiti»
il caso ruzzo
TERAMO Imprese teramane ancora alla carica sulla mancata certificazione dei circa 20 milioni di debiti
accumulati dalla Ruzzo Reti nei confronti dei fornitori. L'accusa è sempre la stessa, ossia le inadempienze
della società acquedottistica sul monitoraggio dei debiti della pubblica amministrazione e la cessione dei
crediti certificati come previsto dalla normativa. Due giorni fa, per la terza volta in pochi mesi, l'Api e l'Aniem
Teramo (l'associazione delle piccole e medie industrie e il collegio dei costruttori edili) hanno di nuovo chiesto
all'ente acquedottistico di procedere con la registrazione alla piattaforma elettronica della Ragioneria dello
Stato per la certificazione dei crediti, consentendo così ai privati di chiederne l'attestazione e "tracciarli" con
operazioni di cessione a intermediari finanziari, anticipazioni o compensazioni con altri debiti. In pratica si
tratta di un sistema per sbloccare i pagamenti e permettere alle imprese di recuperare i crediti senza il rischio
di insoluto grazie alla garanzia dello Stato. Tra l'altro - si legge nella lettera inviata ai sindaci teramani oltre
che al presidente della Ruzzo Reti, Antonio Forlini - «la società può approfittare del fatto che la scadenza è
stata prorogata al 31 ottobre (in precedenza il termine era fine agosto, ndc)». Il presidente dell'Api, Alfonso
Marcozzi, ricorda infine che già a luglio Forlini aveva assicurato che avrebbe comunque chiesto la
registrazione nonostante alcuni dubbi sollevati dalla Cassa Depositi e Prestiti. «Dopo due mesi ci chiediamo
se la procedura è stata attivata - taglia corto Marcozzi - e se ci sono problemi con la certificazione dei crediti
anche in caso di risposta positiva alla registrazione dal ministero dell'Economia e delle Finanze». (f.m.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
02/10/2014 13Pag. Il Centro - Teramo(diffusione:24265, tiratura:30718)
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ANIEM - Rassegna Stampa 02/10/2014 10
Il presidente: «Non ancoriamoci dietro motivazioni pretestuose, stiamo parlando di soldi dei lavoratori; ègiusto che siano loro a decidere» DA ANIEM Piacentini: «Sì al tfr in busta paga» «E'in gioco la nostra competitività; non c'è tempo da perdere» «Se vogliamo attivare subito, senza ulteriori indugi, un'a zio ne strutturale ed anticiclica dobbiamo mettere il
Tfr in busta paga per intero, magari a titolo volontario e senza tassarlo come la retribuzione ordinaria, ma
utilizzando una fiscalità ridotta». Questo il commento di Dino Piacentini , presidente di Aniem, l'as s ociazione
delle piccole e medie imprese edili manifatturiere che raggruppa circa 8.000 piccole e medie imprese aderenti
al sistema Confimi I m p re s a . Il commento «Non ancoriamoci dietro motivazioni pretestuose, stiamo
parlando di soldi dei lavoratori ed è giusto che siano loro a decidere eventuali forme di assistenza sanitaria o
di previdenza integrativa, basta con il delegare scelte e decisioni che riguardano esclusivamente la vita dei
lavoratori e delle loro famiglie», continua Piacentini. Tutele previdenziali Che aggiunge: «Il timore delle
mancate tutele previdenziali è un falso problema: la vera garanzia non risiede negli accantonamenti e nelle
aspettative pensionistiche, ma solo nella ripresa dell'economia e nel rilancio delle potenzialità di spesa
privata». Le imprese «Le imprese devono svolgere il loro ruolo ed essere in grado di costruire e consolidare
un rapporto fiduciario con i lavoratori. - prosegue il presidente di Aniem -. Ma anche lo Stato deve fare la sua
parte garantendo il sostegno finanziario attraverso uno strumento di tipo pubblico. Il sistema Paese deve
comprendere che se non rimettiamo in moto, in modo rapido ed incisivo, la crescita e la capacità di consumo
non ci sarà futuro per alcuna impresa, di qualunque dimensione sia. Stiamo proponendo di dare una mensilità
in più a tutti i lavoratori, è un tema fondamentale, smettiamola di ragionare di problemi complessi con logiche
a n t i ch e » . «Non perdiamo tempo» «E' in gioco la sopravvivenza e la competitività del nostro tessuto
sociale ed economico - c o nclude Piacentini - non c'è più tempo da perdere».
02/10/2014 22Pag. Prima Pagina - Modena
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ANIEM - Rassegna Stampa 02/10/2014 11
Il presidente: «Non ancoriamoci dietro motivazioni pretestuose, stiamo parlando di soldi dei lavoratori; ègiusto che siano loro a decidere» DA ANIEM Piacentini: «Sì al tfr in busta paga» «E'in gioco la nostra competitività; non c'è tempo da perdere» «Se vogliamo attivare subito, senza ulteriori indugi, un'az io ne strutturale ed anticiclica dobbiamo mettere il
Tfr in busta paga per intero, magari a titolo volontario e senza tassarlo come la retribuzione ordinaria, ma
utilizzando una fiscalità ridotta». Questo il commento di Dino Piacentini , presidente di Aniem, l'a s s
ociazione delle piccole e medie imprese edili manifatturiere che raggruppa circa 8.000 piccole e medie
imprese aderenti al sistema Confimi I m p re s a . Il commento «Non ancoriamoci dietro motivazioni
pretestuose, stiamo parlando di soldi dei lavoratori ed è giusto che siano loro a decidere eventuali forme di
assistenza sanitaria o di previdenza integrativa, basta con il delegare scelte e decisioni che riguardano
esclusivamente la vita dei lavoratori e delle loro famiglie», continua Piacentini. Tutele previdenziali Che
aggiunge: «Il timore delle mancate tutele previdenziali è un falso problema: la vera garanzia non risiede negli
accantonamenti e nelle aspettative pensionistiche, ma solo nella ripresa dell'economia e nel rilancio delle
potenzialità di spesa privata». Le imprese «Le imprese devono svolgere il loro ruolo ed essere in grado di
costruire e consolidare un rapporto fiduciario con i lavoratori. - prosegue il presidente di Aniem -. Ma anche lo
Stato deve fare la sua parte garantendo il sostegno finanziario attraverso uno strumento di tipo pubblico. Il
sistema Paese deve comprendere che se non rimettiamo in moto, in modo rapido ed incisivo, la crescita e la
capacità di consumo non ci sarà futuro per alcuna impresa, di qualunque dimen-
Foto: PRESIDENTE Dino Piacentini
02/10/2014 23Pag. Prima Pagina - Reggio emilia
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ANIEM - Rassegna Stampa 02/10/2014 12
ANIEM WEB
17 articoli
Tfr: Aniem; ok in busta paga, volontario e senza tasse pagerank: 8 10:58 ROMA (MF-DJ)--"Se vogliamo attivare subito, senza ulteriori indugi, un'azione strutturale ed anticiclica
dobbiamo mettere il Tfr in busta paga per intero, magari a titolo volontario e senza tassarlo come la
retribuzione ordinaria, ma utilizzando una fiscalita' ridotta". Questo il commento affidato a una nota di Dino
Piacentini, presidente di Aniem, l'associazione delle piccole e medie imprese edili manifatturiere che
raggruppa circa 8.000 piccole e medie imprese aderenti al sistema Confimi Impresa. "Non ancoriamoci dietro
motivazioni pretestuose, stiamo parlando di soldi dei lavoratori ed e' giusto che siano loro a decidere
eventuali forme di assistenza sanitaria o di previdenza integrativa, basta con il delegare scelte e decisioni che
riguardano esclusivamente la vita dei lavoratori e delle loro famiglie", continua Piacentini. "Il timore delle
mancate tutele previdenziali e' un falso problema: la vera garanzia non risiede negli accantonamenti e nelle
aspettative pensionistiche, ma solo nella ripresa dell'economia e nel rilancio delle potenzialita' di spesa
privata", aggiunge. "Le imprese devono svolgere il loro ruolo ed essere in grado di costruire e consolidare un
rapporto fiduciario con i lavoratori. - prosegue il presidente di Aniem -. Ma anche lo Stato deve fare la sua
parte garantendo il sostegno finanziario attraverso uno strumento di tipo pubblico. Il sistema Paese deve
comprendere che se non rimettiamo in moto, in modo rapido ed incisivo, la crescita e la capacita' di consumo
non ci sara' futuro per alcuna impresa, di qualunque dimensione sia. Stiamo proponendo di dare una
mensilita' in piu' a tutti i lavoratori, e' un tema fondamentale, smettiamola di ragionare di problemi complessi
con logiche antiche". "E' in gioco la sopravvivenza e la competitivita' del nostro tessuto sociale ed economico
- conclude Piacentini - non c'e' piu' tempo da perdere". com/gug (fine) MF-DJ NEWS 0110:57 ott 2014
01/10/201410:58
Sito Webwww.corriere.it
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 14
Ipotesi Tfr in busta paga, a rischio cinque miliardi di liquidità per le piccolee medie imprese pagerank: 7 (AdnKronos) - Duplice rischio per le piccole e medie imprese con l'eventuale Tfr in busta paga: da una parte,
un possibile problema sulla liquidità delle Pmi; dall'altra, un ricorso al credito bancario da parte delle stesse
imprese costoso o inaccessibile.
Secondo quanto segnala Unimpresa, infatti, "con il passaggio del 50% del trattamento di fine rapporto nei
salari dei lavoratori sono a rischio 5,5 miliardi di euro di liquidità delle pmi e l'alternativa studiata dal governo
per compensare la perdita di denaro fresco nelle aziende, cioè il ricorso al credito bancario, potrebbe rivelarsi
costosa o addirittura inaccessibile. Col risultato - spiega l'associazione - che o la liquidità verrebbe a mancare
o costerebbe più del tasso di interesse applicato dalle aziende alle liquidazioni".
L'analisi del Centro studi di Unimpresa è stata realizzata sulla base dell'ipotesi secondo cui nella prossima
legge di stabilità potrebbe essere inserita una misura che trasferirebbe, a partire dal 2015, direttamente negli
stipendi la metà della liquidazione maturata nell'anno.
Alla cifra di 5,5 miliardi Unimpresa arriva considerando che il flusso annuo totale generato dalle "liquidazioni"
dei lavoratori è pari a circa 23 miliardi (stando a dati Covip, Inps e Istat) e che per le imprese con meno di 50
dipendenti - che trattengono il Trattamento di fine rapporto maturato - la fetta corrispondente è di 11 miliardi.
La metà di questi 11 miliardi, secondo la misura allo studio del governo, verrebbe pertanto sottratta alle
aziende con meno di 50 dipendenti che, oggi, possono utilizzare tale liquidità per investimenti e per lo
sviluppo.
Per compensare la riduzione della liquidità il governo potrebbe facilitare convenzioni tra banche e imprese
con l'obiettivo di agevolare forme di credito specifico.
Tuttavia, gli interessi praticati dalle banche per questi finanziamenti speciali potrebbero essere più alti del
tasso che le aziende riconoscono ai dipendenti al momento del pagamento delle liquidazioni. Ne consegue
che sul bilancio potrebbe gravare un costo superiore.
Altro aspetto sono i criteri sulla base del quale verranno concessi questi prestiti: se i requisiti fossero troppo
stringenti, alle pmi verrebbe comunque a mancare la liquidità assicurata oggi dal trattamento di fine rapporto.
Per il presidente del Codacons Carlo Rienzi, "resta tuttavia il problema di cosa faranno i lavoratori alla fine del
rapporto, quando cioè la loro quota Tfr sarà fortemente ridotta. La crisi economica non può essere risolta con
i soldi degli stessi lavoratori dipendenti accantonati negli anni, ma con misure strutturali in grado di aumentare
la ricchezza delle famiglie".
E, in una nota, l'associazione dei consumatori chiede al governo che la misura sia "totalmente finanziata dalle
banche attraverso i soldi versati dalla Bce agli istituti di credito, come provvedimento per rilanciare i consumi
e aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori senza danneggiare le imprese". Perché, conclude, il
provvedimento "non può pesare sulle tasche delle piccole imprese, già stremate dalla crisi economica".
Secondo Dino Piacentini, presidente di Aniem, l'associazione delle piccole e medie imprese edili
manifatturiere - che raggruppa circa 8.000 pmi aderenti al sistema Confimi Impresa - "se vogliamo attivare
subito, senza ulteriori indugi, un'azione strutturale e anticiclica dobbiamo mettere il Tfr in busta paga per
intero, magari a titolo volontario e senza tassarlo come la retribuzione ordinaria, ma utilizzando una fiscalità
ridotta''.
01/10/201415:14
Sito Webit.finance.yahoo.com
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 15
Ipotesi Tfr in busta paga, a rischio cinque miliardi di liquidità per le piccolee medie imprese pagerank: 7 Duplice rischio per le piccole e medie imprese con l'eventuale Tfr in busta paga: da una parte, un possibile
problema sulla liquidità delle Pmi; dall'altra, un ricorso al credito bancario da parte delle stesse imprese
costoso o inaccessibile.
Secondo quanto segnala Unimpresa, infatti, "con il passaggio del 50% del trattamento di fine rapporto nei
salari dei lavoratori sono a rischio 5,5 miliardi di euro di liquidità delle pmi e l'alternativa studiata dal governo
per compensare la perdita di denaro fresco nelle aziende, cioè il ricorso al credito bancario, potrebbe rivelarsi
costosa o addirittura inaccessibile. Col risultato - spiega l'associazione - che o la liquidità verrebbe a mancare
o costerebbe più del tasso di interesse applicato dalle aziende alle liquidazioni".
L'analisi del Centro studi di Unimpresa è stata realizzata sulla base dell'ipotesi secondo cui nella prossima
legge di stabilità potrebbe essere inserita una misura che trasferirebbe, a partire dal 2015, direttamente negli
stipendi la metà della liquidazione maturata nell'anno.
Alla cifra di 5,5 miliardi Unimpresa arriva considerando che il flusso annuo totale generato dalle "liquidazioni"
dei lavoratori è pari a circa 23 miliardi (stando a dati Covip, Inps e Istat) e che per le imprese con meno di 50
dipendenti - che trattengono il Trattamento di fine rapporto maturato - la fetta corrispondente è di 11 miliardi.
La metà di questi 11 miliardi, secondo la misura allo studio del governo, verrebbe pertanto sottratta alle
aziende con meno di 50 dipendenti che, oggi, possono utilizzare tale liquidità per investimenti e per lo
sviluppo.
Per compensare la riduzione della liquidità il governo potrebbe facilitare convenzioni tra banche e imprese
con l'obiettivo di agevolare forme di credito specifico.
Tuttavia, gli interessi praticati dalle banche per questi finanziamenti speciali potrebbero essere più alti del
tasso che le aziende riconoscono ai dipendenti al momento del pagamento delle liquidazioni. Ne consegue
che sul bilancio potrebbe gravare un costo superiore.
Altro aspetto sono i criteri sulla base del quale verranno concessi questi prestiti: se i requisiti fossero troppo
stringenti, alle pmi verrebbe comunque a mancare la liquidità assicurata oggi dal trattamento di fine rapporto.
Per il presidente del Codacons Carlo Rienzi, "resta tuttavia il problema di cosa faranno i lavoratori alla fine del
rapporto, quando cioè la loro quota Tfr sarà fortemente ridotta. La crisi economica non può essere risolta con
i soldi degli stessi lavoratori dipendenti accantonati negli anni, ma con misure strutturali in grado di aumentare
la ricchezza delle famiglie".
E, in una nota, l'associazione dei consumatori chiede al governo che la misura sia "totalmente finanziata dalle
banche attraverso i soldi versati dalla Bce agli istituti di credito, come provvedimento per rilanciare i consumi
e aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori senza danneggiare le imprese". Perché, conclude, il
provvedimento "non può pesare sulle tasche delle piccole imprese, già stremate dalla crisi economica".
Secondo Dino Piacentini, presidente di Aniem, l'associazione delle piccole e medie imprese edili
manifatturiere - che raggruppa circa 8.000 pmi aderenti al sistema Confimi Impresa - "se vogliamo attivare
subito, senza ulteriori indugi, un'azione strutturale e anticiclica dobbiamo mettere il Tfr in busta paga per
intero, magari a titolo volontario e senza tassarlo come la retribuzione ordinaria, ma utilizzando una fiscalità
ridotta''
01/10/201413:14
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 16
Tfr: Aniem; ok in busta paga, volontario e senza tasse pagerank: 7 ROMA (MF-DJ)--"Se vogliamo attivare subito, senza ulteriori indugi,
un'azione strutturale ed anticiclica dobbiamo mettere il Tfr in busta paga
per intero, magari a titolo volontario e senza tassarlo come la
retribuzione ordinaria, ma utilizzando una fiscalita' ridotta".
Questo il commento affidato a una nota di Dino Piacentini, presidente di
Aniem, l'associazione delle piccole e medie imprese edili manifatturiere
che raggruppa circa 8.000 piccole e medie imprese aderenti al sistema
Confimi Impresa.
"Non ancoriamoci dietro motivazioni pretestuose, stiamo parlando di
soldi dei lavoratori ed e' giusto che siano loro a decidere eventuali forme
di assistenza sanitaria o di previdenza integrativa, basta con il delegare
scelte e decisioni che riguardano esclusivamente la vita dei lavoratori e
delle loro famiglie", continua Piacentini.
"Il timore delle mancate tutele previdenziali e' un falso problema: la
vera garanzia non risiede negli accantonamenti e nelle aspettative
pensionistiche, ma solo nella ripresa dell'economia e nel rilancio delle
potenzialita' di spesa privata", aggiunge.
"Le imprese devono svolgere il loro ruolo ed essere in grado di
costruire e consolidare un rapporto fiduciario con i lavoratori. -
prosegue il presidente di Aniem -. Ma anche lo Stato deve fare la sua
parte garantendo il sostegno finanziario attraverso uno strumento di tipo
pubblico. Il sistema Paese deve comprendere che se non rimettiamo in moto,
in modo rapido ed incisivo, la crescita e la capacita' di consumo non ci
sara' futuro per alcuna impresa, di qualunque dimensione sia. Stiamo
proponendo di dare una mensilita' in piu' a tutti i lavoratori, e' un tema
fondamentale, smettiamola di ragionare di problemi complessi con logiche
antiche".
"E' in gioco la sopravvivenza e la competitivita' del nostro tessuto
sociale ed economico - conclude Piacentini - non c'e' piu' tempo da
perdere".
com/gug
(fine)
MF-DJ NEWS
01/10/201410:57
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 17
Ipotesi Tfr in busta paga, a rischio cinque miliardi di liquidità per le piccolee medie imprese pagerank: 6 (AdnKronos) - Duplice rischio per le piccole e medie imprese con l'eventuale Tfr in busta paga: da una parte,
un possibile problema sulla liquidità delle Pmi; dall'altra, un ricorso al credito bancario da parte delle stesse
imprese costoso o inaccessibile. Secondo quanto segnala Unimpresa, infatti, "con il passaggio del 50% del
trattamento di fine rapporto nei salari dei lavoratori sono a rischio 5,5 miliardi di euro di liquidità delle pmi e
l'alternativa studiata dal governo per compensare la perdita di denaro fresco nelle aziende, cioè il ricorso al
credito bancario, potrebbe rivelarsi costosa o addirittura inaccessibile. Col risultato - spiega l'associazione -
che o la liquidità verrebbe a mancare o costerebbe più del tasso di interesse applicato dalle aziende alle
liquidazioni". L'analisi del Centro studi di Unimpresa è stata realizzata sulla base dell'ipotesi secondo cui nella
prossima legge di stabilità potrebbe essere inserita una misura che trasferirebbe, a partire dal 2015,
direttamente negli stipendi la metà della liquidazione maturata nell'anno. Alla cifra di 5,5 miliardi Unimpresa
arriva considerando che il flusso annuo totale generato dalle "liquidazioni" dei lavoratori è pari a circa 23
miliardi (stando a dati Covip, Inps e Istat) e che per le imprese con meno di 50 dipendenti - che trattengono il
Trattamento di fine rapporto maturato - la fetta corrispondente è di 11 miliardi. La metà di questi 11 miliardi,
secondo la misura allo studio del governo, verrebbe pertanto sottratta alle aziende con meno di 50 dipendenti
che, oggi, possono utilizzare tale liquidità per investimenti e per lo sviluppo. Per compensare la riduzione
della liquidità il governo potrebbe facilitare convenzioni tra banche e imprese con l'obiettivo di agevolare
forme di credito specifico. Tuttavia, gli interessi praticati dalle banche per questi finanziamenti speciali
potrebbero essere più alti del tasso che le aziende riconoscono ai dipendenti al momento del pagamento
delle liquidazioni. Ne consegue che sul bilancio potrebbe gravare un costo superiore. Altro aspetto sono i
criteri sulla base del quale verranno concessi questi prestiti: se i requisiti fossero troppo stringenti, alle pmi
verrebbe comunque a mancare la liquidità assicurata oggi dal trattamento di fine rapporto. Per il presidente
del Codacons Carlo Rienzi, "resta tuttavia il problema di cosa faranno i lavoratori alla fine del rapporto,
quando cioè la loro quota Tfr sarà fortemente ridotta. La crisi economica non può essere risolta con i soldi
degli stessi lavoratori dipendenti accantonati negli anni, ma con misure strutturali in grado di aumentare la
ricchezza delle famiglie". E, in una nota, l'associazione dei consumatori chiede al governo che la misura sia
"totalmente finanziata dalle banche attraverso i soldi versati dalla Bce agli istituti di credito, come
provvedimento per rilanciare i consumi e aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori senza danneggiare le
imprese". Perché, conclude, il provvedimento "non può pesare sulle tasche delle piccole imprese, già
stremate dalla crisi economica". Secondo Dino Piacentini, presidente di Aniem, l'associazione delle piccole e
medie imprese edili manifatturiere - che raggruppa circa 8.000 pmi aderenti al sistema Confimi Impresa - "se
vogliamo attivare subito, senza ulteriori indugi, un'azione strutturale e anticiclica dobbiamo mettere il Tfr in
busta paga per intero, magari a titolo volontario e senza tassarlo come la retribuzione ordinaria, ma
utilizzando una fiscalità ridotta''.
01/10/2014 Sito Webnotizie.tiscali.it
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 18
Ipotesi Tfr in busta paga, a rischio cinque miliardi di liquidità per le piccolee medie imprese pagerank: 6 Ipotesi Tfr in busta paga, a rischio cinque miliardi di liquidità per le piccole e medie imprese
(AdnKronos) - Duplice rischio per le piccole e medie imprese con l'eventuale Tfr in busta paga: da una parte,
un possibile problema sulla liquidità delle Pmi; dall'altra, un ricorso al credito bancario da parte delle stesse
imprese costoso o inaccessibile.
Secondo quanto segnala Unimpresa, infatti, "con il passaggio del 50% del trattamento di fine rapporto nei
salari dei lavoratori sono a rischio 5,5 miliardi di euro di liquidità delle pmi e l'alternativa studiata dal governo
per compensare la perdita di denaro fresco nelle aziende, cioè il ricorso al credito bancario, potrebbe rivelarsi
costosa o addirittura inaccessibile. Col risultato - spiega l'associazione - che o la liquidità verrebbe a mancare
o costerebbe più del tasso di interesse applicato dalle aziende alle liquidazioni".
L'analisi del Centro studi di Unimpresa è stata realizzata sulla base dell'ipotesi secondo cui nella prossima
legge di stabilità potrebbe essere inserita una misura che trasferirebbe, a partire dal 2015, direttamente negli
stipendi la metà della liquidazione maturata nell'anno.
Alla cifra di 5,5 miliardi Unimpresa arriva considerando che il flusso annuo totale generato dalle "liquidazioni"
dei lavoratori è pari a circa 23 miliardi (stando a dati Covip, Inps e Istat) e che per le imprese con meno di 50
dipendenti - che trattengono il Trattamento di fine rapporto maturato - la fetta corrispondente è di 11 miliardi.
La metà di questi 11 miliardi, secondo la misura allo studio del governo, verrebbe pertanto sottratta alle
aziende con meno di 50 dipendenti che, oggi, possono utilizzare tale liquidità per investimenti e per lo
sviluppo.
Per compensare la riduzione della liquidità il governo potrebbe facilitare convenzioni tra banche e imprese
con l'obiettivo di agevolare forme di credito specifico.
Tuttavia, gli interessi praticati dalle banche per questi finanziamenti speciali potrebbero essere più alti del
tasso che le aziende riconoscono ai dipendenti al momento del pagamento delle liquidazioni. Ne consegue
che sul bilancio potrebbe gravare un costo superiore.
Altro aspetto sono i criteri sulla base del quale verranno concessi questi prestiti: se i requisiti fossero troppo
stringenti, alle pmi verrebbe comunque a mancare la liquidità assicurata oggi dal trattamento di fine rapporto.
Per il presidente del Codacons Carlo Rienzi, "resta tuttavia il problema di cosa faranno i lavoratori alla fine del
rapporto, quando cioè la loro quota Tfr sarà fortemente ridotta. La crisi economica non può essere risolta con
i soldi degli stessi lavoratori dipendenti accantonati negli anni, ma con misure strutturali in grado di aumentare
la ricchezza delle famiglie".
E, in una nota, l'associazione dei consumatori chiede al governo che la misura sia "totalmente finanziata dalle
banche attraverso i soldi versati dalla Bce agli istituti di credito, come provvedimento per rilanciare i consumi
e aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori senza danneggiare le imprese". Perché, conclude, il
provvedimento "non può pesare sulle tasche delle piccole imprese, già stremate dalla crisi economica".
Secondo Dino Piacentini, presidente di Aniem, l'associazione delle piccole e medie imprese edili
manifatturiere - che raggruppa circa 8.000 pmi aderenti al sistema Confimi Impresa - "se vogliamo attivare
subito, senza ulteriori indugi, un'azione strutturale e anticiclica dobbiamo mettere il Tfr in busta paga per
intero, magari a titolo volontario e senza tassarlo come la retribuzione ordinaria, ma utilizzando una fiscalità
ridotta".
01/10/201416:14
Sito Webwww.liberoquotidiano.it
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 19
TFR IN BUSTA PAGA: PIACENTINI (ANIEM), SUBITO E SENZA ULTERIORIINDUGI pagerank: 5 (AGENPARL) - Roma, 01 ott - "Se vogliamo attivare subito, senza ulteriori indugi, un'azione strutturale ed
anticiclica dobbiamo mettere il Tfr in busta paga per intero, magari a titolo volontario e senza tassarlo come la
retribuzione ordinaria, ma utilizzando una fiscalità ridotta", questo il commento di Dino Piacentini, Presidente
di Aniem, l'associazione delle piccole e medie imprese edili manifatturiere che raggruppa circa 8.000 piccole
e medie imprese aderenti al sistema Confimi Impresa.
"Non ancoriamoci dietro motivazioni pretestuose, stiamo parlando di soldi dei lavoratori ed è giusto che siano
loro a decidere eventuali forme di assistenza sanitaria o di previdenza integrativa, basta con il delegare scelte
e decisioni che riguardano esclusivamente la vita dei lavoratori e delle loro famiglie", continua Piacentini.
Che aggiunge: "il timore delle mancate tutele previdenziali è un falso problema: la vera garanzia non risiede
negli accantonamenti e nelle aspettative pensionistiche, ma solo nella ripresa dell'economia e nel rilancio
delle potenzialità di spesa privata."
"Le imprese devono svolgere il loro ruolo ed essere in grado di costruire e consolidare un rapporto fiduciario
con i lavoratori. - prosegue il Presidente di Aniem.- "Ma anche lo Stato deve fare la sua parte garantendo il
sostegno finanziario attraverso uno strumento di tipo pubblico. Il sistema Paese deve comprendere che se
non rimettiamo in moto, in modo rapido ed incisivo, la crescita e la capacità di consumo non ci sarà futuro per
alcuna impresa, di qualunque dimensione sia. Stiamo proponendo di dare una mensilità in più a tutti i
lavoratori, è un tema fondamentale, smettiamola di ragionare di problemi complessi con logiche antiche."
"E' in gioco la sopravvivenza e la competitività del nostro tessuto sociale ed economico - conclude Piacentini
- non c'è più tempo da perdere."
01/10/201410:54
Sito Webagenparl.com
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 20
Lavoro: Aniem, 'Si' al Tfr in busta paga' pagerank: 5 (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 01 ott - "Se vogliamo attivare subito, senza ulteriori indugi, un'azione
strutturale ed anticiclica dobbiamo mettere il Tfr in busta paga per intero, magari a titolo volontario e senza
tassarlo come la retribuzione ordinaria, ma utilizzando una fiscalita' ridotta". Cosi' Dino Piacentini, presidente
di Aniem, l'Associazione delle piccole e medie imprese edili manifatturiere che raggruppa circa 8.000 pmi
aderenti al sistema Confimi Impresa. "Non ancoriamoci dietro motivazioni pretestuose, stiamo parlando di
soldi dei lavoratori ed e' giusto che siano loro a decidere eventuali forme di assistenza sanitaria o di
previdenza integrativa: basta con il delegare scelte e decisioni che riguardano esclusivamente la vita dei
lavoratori e delle loro famiglie", conclude.
com-red
(RADIOCOR) 01-10-14 09:50:50 (0182) 5 NNNN
01/10/201412:55
Sito Webborsaitaliana.it
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 21
Certificazione crediti enti pubblici, dalla Ruzzo solo silenzio assordante pagerank: 5 Alfonso Marcozzi
Ad oltre due mesi dalla nota del Ruzzo datata 28 luglio 2014 a cui è seguito solo un silenzio assordante, l'API
TERAMO e l'ANIEM TERAMO chiedono nuovamente aggiornamenti sulla problematica della certificazione
dei crediti.
E' nostro interesse - scrivono le Associazioni - dare risposta alle diverse aziende associate che vorrebbero
richiedere la certificazione del proprio credito, approfittando della garanzia statale prorogata al 31 ottobre
2014, ma non risultando la Ruzzo Reti registrata presso la Piattaforma MEF non vanno avanti, alcune,
invece, nonostante la mancata iscrizione hanno proceduto ugualmente alla richiesta di certificazione.
Com'è possibile che un ente analogo, il C.A.M., Consorzio Acquedottistico Marsicano S.p.A., ha attivato la
procedura e rilascia le certificazioni mentre il Ruzzo resta ancora al palo in attesa di cosa?
Poiché nella nota del 28 luglio il Presidente Forlini affermava che, nonostante i dubbi sollevati dai funzionari
della Cassa Depositi e Prestiti, la società Ruzzo Reti avrebbe richiesto ugualmente l'iscrizione nella
piattaforma per la certificazione dei crediti,
le Associazioni chiedono: a distanza di oltre due mesi è stata attivata la procedura? ne è stata fatta almeno
richiesta? Il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha dato risposta in merito? Mica ci sono problemi per la
certificazione dei crediti?
Questa situazione kafkiana- conclude il Presidente dell'API TERAMO, ing. Alfonso Marcozzi - è assurda
quanto imbarazzante, o qualcuno ha sbagliato ad accreditare il CAM o anche la Ruzzo Reti rientra di diritto
tra i soggetti legittimati a certificare i crediti tramite piattaforma MEF.
Abbiamo il diritto di sapere!
01/10/201410:45
Sito Webwww.abruzzo24ore.tv
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 22
Le Pmi manifatturiere dell'edilizia accolgono la proposta Renzi: "Sì al Tfrin busta paga pagerank: 5 L'Aniem, che raggruppa circa 8.000 pmi manifatturiere del settore dell'edilizia aderenti al sistema Cofimi
Impresa, accoglie la proposta lanciata dal premier. "Dobbiamo mettere il Tfr in busta paga per intero, magari
a titolo volontario e senza tassarlo come la retribuzione ordinaria, ma utilizzando una fiscalità ridotta"
Lavoro
"Se vogliamo attivare subito, senza ulteriori indugi, un'azione strutturale ed anticiclica dobbiamo mettere il Tfr
in busta paga per intero, magari a titolo volontario e senza tassarlo come la retribuzione ordinaria, ma
utilizzando una fiscalita' ridotta".
Cosi' Dino Piacentini, presidente di Aniem, l'Associazione delle piccole e medie imprese edili manifatturiere
che raggruppa circa 8.000 pmi aderenti al sistema Confimi Impresa. "Non ancoriamoci dietro motivazioni
pretestuose, stiamo parlando di soldi dei lavoratori ed e' giusto che siano loro a decidere eventuali forme di
assistenza sanitaria o di previdenza integrativa: basta con il delegare scelte e decisioni che riguardano
esclusivamente la vita dei lavoratori e delle loro famiglie", conclude.
Sul Job's Act riprende oggi il dibattito in aula al Senato. L'attesa è per la presentazione dell'emendamento del
governo che punta su una votazione a Palazzo Madama entro l'8 ottobre, giorno in cui si riunirà a Milano il
consiglio europeo dedicato al tema del lavoro, nell'ambito del semestre italiano di presidenza europea.
01/10/201410:17
Sito Webwww.firstonline.info
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 23
Ipotesi Tfr in busta paga, a rischio cinque miliardi di liquidita' per lepiccole e medie imprese pagerank: 5 Analisi del Centro studi di Unimpresa: se nella prossima legge di stabilita' sara' inserita la misura che
trasferisce negli stipendi la meta' della liquidazione maturata nell'anno, una parte dei miliardi delle aziende
con meno di 50 dipendenti verrebbe sottratta alle imprese stesse che oggi possono utilizzare tale liquidita' per
investimenti e sviluppo. Codacons all'attacco: "La crisi non va risolta con i soldi dei lavoratori"
(AdnKronos) - Duplice rischio per le piccole e medie imprese con l'eventuale Tfr in busta paga: da una parte,
un possibile problema sulla liquidita' delle Pmi; dall'altra, un ricorso al credito bancario da parte delle stesse
imprese costoso o inaccessibile.
Secondo quanto segnala Unimpresa, infatti, "con il passaggio del 50% del trattamento di fine rapporto nei
salari dei lavoratori sono a rischio 5,5 miliardi di euro di liquidita' delle pmi e l'alternativa studiata dal governo
per compensare la perdita di denaro fresco nelle aziende, cioe' il ricorso al credito bancario, potrebbe rivelarsi
costosa o addirittura inaccessibile. Col risultato - spiega l'associazione - che o la liquidita' verrebbe a
mancare o costerebbe piu' del tasso di interesse applicato dalle aziende alle liquidazioni".
L'analisi del Centro studi di Unimpresa e' stata realizzata sulla base dell'ipotesi secondo cui nella prossima
legge di stabilita' potrebbe essere inserita una misura che trasferirebbe, a partire dal 2015, direttamente negli
stipendi la meta' della liquidazione maturata nell'anno.
Alla cifra di 5,5 miliardi Unimpresa arriva considerando che il flusso annuo totale generato dalle "liquidazioni"
dei lavoratori e' pari a circa 23 miliardi (stando a dati Covip, Inps e Istat) e che per le imprese con meno di 50
dipendenti - che trattengono il Trattamento di fine rapporto maturato - la fetta corrispondente e' di 11 miliardi.
La meta' di questi 11 miliardi, secondo la misura allo studio del governo, verrebbe pertanto sottratta alle
aziende con meno di 50 dipendenti che, oggi, possono utilizzare tale liquidita' per investimenti e per lo
sviluppo.
Per compensare la riduzione della liquidita' il governo potrebbe facilitare convenzioni tra banche e imprese
con l'obiettivo di agevolare forme di credito specifico.
Tuttavia, gli interessi praticati dalle banche per questi finanziamenti speciali potrebbero essere piu' alti del
tasso che le aziende riconoscono ai dipendenti al momento del pagamento delle liquidazioni. Ne consegue
che sul bilancio potrebbe gravare un costo superiore.
Altro aspetto sono i criteri sulla base del quale verranno concessi questi prestiti: se i requisiti fossero troppo
stringenti, alle pmi verrebbe comunque a mancare la liquidita' assicurata oggi dal trattamento di fine rapporto.
Per il presidente del Codacons Carlo Rienzi, "resta tuttavia il problema di cosa faranno i lavoratori alla fine del
rapporto, quando cioe' la loro quota Tfr sara' fortemente ridotta. La crisi economica non puo' essere risolta
con i soldi degli stessi lavoratori dipendenti accantonati negli anni, ma con misure strutturali in grado di
aumentare la ricchezza delle famiglie".
E, in una nota, l'associazione dei consumatori chiede al governo che la misura sia "totalmente finanziata dalle
banche attraverso i soldi versati dalla Bce agli istituti di credito, come provvedimento per rilanciare i consumi
e aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori senza danneggiare le imprese". Perche', conclude, il
provvedimento "non puo' pesare sulle tasche delle piccole imprese, gia' stremate dalla crisi economica".
Secondo Dino Piacentini, presidente di Aniem, l'associazione delle piccole e medie imprese edili
manifatturiere - che raggruppa circa 8.000 pmi aderenti al sistema Confimi Impresa - "se vogliamo attivare
subito, senza ulteriori indugi, un'azione strutturale e anticiclica dobbiamo mettere il Tfr in busta paga per
intero, magari a titolo volontario e senza tassarlo come la retribuzione ordinaria, ma utilizzando una fiscalita'
ridotta''.
01/10/201416:14
Sito Webwww.padovanews.it
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 24
brevi pagerank: 4 DIRITTO E FISCO
Il fisco sempre più amico del cittadino grazie alla collaborazione tra Equitalia e Lega Consumatori,
associazione a difesa dei consumatori. Il protocollo d'intesa, a carattere nazionale, è stato sottoscritto
dall'amministratore delegato di Equitalia, Benedetto Mineo e dal presidente nazionale di Lega consumatori,
Pietro Praderi. L'intesa pone le basi per una capillare cooperazione sul territorio finalizzata a rendere più
semplice e rapido il rapporto con i contribuenti. Infatti, con la successiva sottoscrizione delle convenzioni a
livello territoriale, è prevista l'attivazione di sportelli telematici a cui gli associati potranno rivolgersi per
ottenere una consulenza dedicata e fissare un appuntamento presso le sedi locali per risolvere le situazioni
più complesse e delicate.
Il ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini ha firmato il decreto ministeriale
che individua i criteri che porteranno, da subito, al riconoscimento dell'autonomia speciale per la Scala di
Milano e l'Accademia di Santa Cecilia di Roma secondo i criteri previsti dal decreto Art Bonus. «Un passo
importante», ha commentato il ministro, «per premiare le fondazioni più virtuose del panorama lirico sinfonico
italiano».
Il Capo Dipartimento politiche europee, Diana Agosti, e il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione,
Raffaele Cantone, hanno firmato un protocollo d'intesa per avviare una collaborazione stabile in tema di
appalti pubblici. L'accordo prevede la gestione congiunta, da parte del Dipartimento e dell'Autorità, delle
attività connesse alla Presidenza italiana del Public procurement network (Ppn, partita il 1° luglio scorso), la
rete europea per gli appalti pubblici creata per favorire la cooperazione informale tra le amministrazioni
nazionali competenti in materia per scambio di informazioni e best practice. Il Protocollo, inoltre, sancisce la
collaborazione nella fase di esame dei progetti di atti legislativi dell'Unione europea e nella fase di
trasposizione degli stessi nell'ordinamento nazionale, con particolare riferimento all'attività di recepimento
delle nuove direttive in materia di appalti pubblici e concessioni.
Si stampa comodamente da casa il biglietto di prenotazione per accedere ai front office degli uffici della
Direzione provinciale di Catania dell'Agenzia delle entrate. Il servizio web ticket è attivo da mercoledì 1°
ottobre 2014 anche presso gli Uffici territoriali di Acireale, Caltagirone e Giarre, mentre presso l'ufficio di
Catania è già attivo dall'inizio di settembre. Il nuovo strumento di gestione dei tagliandi eliminacode tramite
internet si affianca al sistema di prenotazione telematica degli appuntamenti (Cup) già esistente, con
l'obiettivo di offrire servizi più veloci ed efficaci ai contribuenti.
Per un periodo di 12 mesi vengono sospesi i Piani cave privi di Vas (Valutazione ambientale strategica), che
dovranno adeguarsi alla direttiva europea sulle attività estrattive per consentire lo svolgimento di una Vas ex
post. è quanto stabilito dalla legge approvata all'unanimità nel corso della seduta di ieri del Consiglio
regionale della Lombardia (relatore il presidente della Commissione ambiente, Luca Marsico, Fi).
Sul sito dell'Autorità nazionale anticorruzione è stata pubblicata una call pubblica per la nomina del nuovo
segretario generale per consentire agli aspiranti di proporre la propria candidatura entro il 20 ottobre
prossimo. Tale atto si è reso necessario a seguito della scelta del segretario generale, Antonella Bianconi, di
lasciare l'incarico per assumere un ruolo presso la Fondazione per l'istruzione agraria di Perugia nell'ambito
delle Fondazioni dell'ateneo cittadino.
L'8 ottobre, presso l'Auditorium di Apmi Confimi Impresa Modena, in via Pier Paolo Pasolini, 15 a Modena, le
imprese incontreranno Simest per un pomeriggio di confronto tra imprenditori per approfondire quali possano
essere gli strumenti, in questo momento di profonda crisi, per ripartire e per tornare a crescere. L'evento che
inizierà alle 15.30 prevede l'intervento del presidente di Apmi Confimi Impresa Giovanni Gorzanelli e del
direttore generale di Confimi Impresa Fabio Ramaioli e a seguire l'intervento dell'amministratore delegato di
02/10/201406:34
Sito Webfinanza.tgcom24.mediaset.it
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 25
Simest Massimo D'Aiuto e del vice presidente di Confimi Impresa e presidente di Aniem Dino Piacentini.
Durante l'intero evento, sarà possibile incontrare i referenti di Simest per avere approfondimenti one-to-one
con le aziende interessate.
Il 30 settembre 2014 Anci Conai e Corepla, nel rispetto degli impegni assunti al momento della sottoscrizione
dell'Accordo Quadro Anci-Conai per il prossimo quinquennio, hanno raggiunto un'intesa in merito all'Allegato
tecnico imballaggi in plastica che sarà firmato a Roma il prossimo 6 ottobre dai presidenti di Anci, Conai e
Corepla. Il nuovo Allegato avrà effetto a partire dal 1° gennaio 2015 e, nei prossimi tre mesi, informa una
nota, verrà data ampia diffusione territoriale dei suoi contenuti e si provvederà alla sottoscrizione delle nuove
convenzioni con i comuni.
02/10/201406:34
Sito Webfinanza.tgcom24.mediaset.it
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 26
Certificazione dei crediti, associazioni imprenditori sollecitano la RuzzoReti pagerank: 4 Teramo. Ad oltre due mesi dalla nota del Ruzzo datata 28 luglio a cui e' seguito solo "un silenzio assordante",
l'Api Teramo e l'Aniem Teramo chiedono nuovamente aggiornamenti sulla problematica della certificazione
dei crediti.
"E' nostro interesse - scrivono le Associazioni - dare risposta alle diverse aziende associate che vorrebbero
richiedere la certificazione del proprio credito, approfittando della garanzia statale prorogata al 31 ottobre
2014, ma non risultando la Ruzzo Reti registrata presso la Piattaforma MEF non vanno avanti, alcune,
invece, nonostante la mancata iscrizione hanno proceduto ugualmente alla richiesta di certificazione. Com'e'
possibile che un ente analogo, il C.A.M., Consorzio Acquedottistico Marsicano S.p.A., ha attivato la
procedura e rilascia le certificazioni mentre il Ruzzo resta ancora al palo in attesa di cosa? Poiche' nella nota
del 28 luglio il presidente Forlini affermava che, nonostante i dubbi sollevati dai funzionari della Cassa
Depositi e Prestiti, la societa' Ruzzo Reti avrebbe richiesto ugualmente l'iscrizione nella piattaforma per la
certificazione dei crediti, le Associazioni chiedono: a distanza di oltre due mesi e' stata attivata la procedura?
ne e' stata fatta almeno richiesta? il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha dato risposta in merito? Mica
ci sono problemi per la certificazione dei crediti? Questa situazione kafkiana- conclude il presidente dell'Api
Alfonso Marcozzi - e' assurda quanto imbarazzante, o qualcuno ha sbagliato ad accreditare il CAM o anche
la Ruzzo Reti rientra di diritto tra i soggetti legittimati a certificare i crediti tramite piattaforma MEF. Abbiamo il
diritto di sapere".
01/10/201409:14
Sito Webwww.cityrumors.it
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 27
LAVORO - Riforma: Piacentini (Aniem), sì al Tfr in busta paga pagerank: 3 Se vogliamo attivare subito, senza ulteriori indugi, un'azione strutturale e anticiclica dobbiamo mettere il Tfr in
busta paga per intero, magari a titolo volontario e senza tassarlo come la retribuzione ordinaria, ma
utilizzando una fiscalità ridotta", questo il commento di Dino Piacentini, presidente di Aniem, l'associazione
delle piccole e medie imprese edili manifatturiere che raggruppa circa 8.000 piccole e medie imprese aderenti
al sistema Confimi Impresa.
"Non ancoriamoci dietro motivazioni pretestuose, stiamo parlando di soldi dei lavoratori ed è giusto che siano
loro a decidere eventuali forme di assistenza sanitaria o di previdenza integrativa, basta con il delegare scelte
e decisioni che riguardano esclusivamente la vita dei lavoratori e delle loro famiglie", continua Piacentini.
Che aggiunge: "il timore delle mancate tutele previdenziali è un falso problema: la vera garanzia non risiede
negli accantonamenti e nelle aspettative pensionistiche, ma solo nella ripresa dell'economia e nel rilancio
delle potenzialità di spesa privata."
"Le imprese devono svolgere il loro ruolo ed essere in grado di costruire e consolidare un rapporto fiduciario
con i lavoratori. - prosegue il presidente di Aniem.- "Ma anche lo Stato deve fare la sua parte garantendo il
sostegno finanziario attraverso uno strumento di tipo pubblico. Il sistema Paese deve comprendere che se
non rimettiamo in moto, in modo rapido ed incisivo, la crescita e la capacità di consumo non ci sarà futuro per
alcuna impresa, di qualunque dimensione sia. Stiamo proponendo di dare una mensilità in più a tutti i
lavoratori, è un tema fondamentale, smettiamola di ragionare di problemi complessi con logiche antiche."
"E' in gioco la sopravvivenza e la competitività del nostro tessuto sociale ed economico - conclude Piacentini
- non c'è più tempo da perdere."
01/10/201410:38
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 28
Teramo. Ruzzo Reti, Api-Aniem sollecitano la certificazione dei crediti Pubblicato il 1 ottobre 2014 | Lascia un commento
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Ad oltre due mesi dalla nota del Ruzzo datata 28 luglio a cui e' seguito solo "un silenzio assordante", l'Api
Teramo e l'Aniem Teramo chiedono nuovamente aggiornamenti sulla problematica della certificazione dei
crediti. "E' nostro interesse - scrivono le Associazioni - dare risposta alle diverse aziende associate che
vorrebbero richiedere la certificazione del proprio credito, approfittando della garanzia statale prorogata al 31
ottobre 2014, ma non risultando la Ruzzo Reti registrata presso la Piattaforma MEF non vanno avanti,
alcune, invece, nonostante la mancata iscrizione hanno proceduto ugualmente alla richiesta di certificazione.
Com'e' possibile che un ente analogo, il C.A.M., Consorzio Acquedottistico Marsicano S.p.A., ha attivato la
procedura e rilascia le certificazioni mentre il Ruzzo resta ancora al palo in attesa di cosa? Poiche' nella nota
del 28 luglio il presidente Forlini affermava che, nonostante i dubbi sollevati dai funzionari della Cassa
Depositi e Prestiti, la societa' Ruzzo Reti avrebbe richiesto ugualmente l'iscrizione nella piattaforma per la
certificazione dei crediti, le Associazioni chiedono: a distanza di oltre due mesi e' stata attivata la procedura?
ne e' stata fatta almeno richiesta? il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha dato risposta in merito? Mica
ci sono problemi per la certificazione dei crediti? Questa situazione kafkiana- conclude il presidente dell'Api
Alfonso Marcozzi - e' assurda quanto imbarazzante, o qualcuno ha sbagliato ad accreditare il CAM o anche
la Ruzzo Reti rientra di diritto tra i soggetti legittimati a certificare i crediti tramite piattaforma MEF. Abbiamo il
diritto di sapere".
01/10/201411:00
Sito Webageabruzzo.it
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 29
Debiti con le imprese, l'Api ancora all'attacco della Ruzzo Reti Il presidente Marcozzi torna a chiedere la certificazione dei 20 milioni di crediti vantati dai fornitori
TERAMO - Le piccole imprese teramane tornano all'attacco contro la Ruzzo Reti per la mancata
certificazione dei circa 20 milioni di debiti accumulati dalla società acquedottistica nei confronti delle aziende
fornitrici. L'accusa dell'Api (Associazioni Piccole Imprese) e dell'Aniem (Collegio Costruttori Edili e Affini) di
Teramo è sempre la stessa, e cioè le inadempienze sul monitoraggio dei debiti della pubblica
amministrazione e la cessione dei crediti certificati in base alla normativa. L'azienda infatti non ha ancora
effettuato - nonostante le ormai tante richieste dell'Api (l'ultima inviata ieri al presidente Forlini e ai sindaci
teramani) - la registrazione alla piattaforma elettronica della Ragioneria dello Stato per la certificazione dei
crediti che consente ai privati di chiedere l'attestazione dei crediti e "tracciarli" con operazioni di cessione a
intermediari finanziari, anticipazione o compensandoli con altri debiti. In pratica un sistema per sbloccare i
pagamenti e permettere alle imprese di recuperare i loro crediti senza rischio di insoluto grazie alla garanzia
dello Stato. "E' nostro interesse - scrive il presidente dell'Api Teramo, Alfonso Marcozzi - dare risposta alle
diverse aziende associate che vorrebbero richiedere la certificazione del proprio credito, approfittando della
garanzia statale prorogata al 31 ottobre, ma la Ruzzo Reti non è registrata sulla piattaforma ministeriale.
Alcune, inoltre, nonostante la mancata registrazione della società hanno provveduto ugualmente alla richiesta
di certificazione". "Com'è possibile che un ente analogo, il Consorzio Acquedottistico Marsicano - si domanda
il rappresentante delle imprese teramane - abbia attivato la procedura e rilascia le certificazioni mentre il
Ruzzo resta ancora al palo in attesa di cosa?" L'associazione delle piccole imprese ricorda poi che, il 18
luglio scorso, il presidente Forlini aveva assicurato che avrebbe comunque chiesto l'iscrizione alla piattaforma
nonostante alcuni dubbi sollevati dai funzionari della Cassa Depositi e Prestiti. "A distanza di due mesi -
chiede ancora Marcozzi - è stata mai attivata la procedura?". E, ancora, "il ministero dell'Economia e delle
Finanze ha dato risposta in merito o ci sono problemi per la certificazione dei crediti?" "Questa situazione
kafkiana - conclude il presidente - è assurda quanto imbarazzante, o qualcuno ha sbagliato ad accreditare il
Consorzio Marsicano o anche la Ruzzo Reti rientra di diritto tra i soggetti legittimati a certificare i crediti
tramite piattaforma MEF. Abbiamo il diritto di sapere".
01/10/201411:17
Sito Webemmelle.it
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 30
Ipotesi Tfr in busta paga, a rischio cinque miliardi di liquidità per le piccolee medie imprese (AdnKronos) - Duplice rischio per le piccole e medie imprese con l'eventuale Tfr in busta paga: da una parte,
un possibile problema sulla liquidità delle Pmi; dall'altra, un ricorso al credito bancario da parte delle stesse
imprese costoso o inaccessibile. Secondo quanto segnala Unimpresa, infatti, "con il passaggio del 50% del
trattamento di fine rapporto nei salari dei lavoratori sono a rischio 5,5 miliardi di euro di liquidità delle pmi e
l'alternativa studiata dal governo per compensare la perdita di denaro fresco nelle aziende, cioè il ricorso al
credito bancario, potrebbe rivelarsi costosa o addirittura inaccessibile. Col risultato - spiega l'associazione -
che o la liquidità verrebbe a mancare o costerebbe più del tasso di interesse applicato dalle aziende alle
liquidazioni". L'analisi del Centro studi di Unimpresa è stata realizzata sulla base dell'ipotesi secondo cui nella
prossima legge di stabilità potrebbe essere inserita una misura che trasferirebbe, a partire dal 2015,
direttamente negli stipendi la metà della liquidazione maturata nell'anno. Alla cifra di 5,5 miliardi Unimpresa
arriva considerando che il flusso annuo totale generato dalle "liquidazioni" dei lavoratori è pari a circa 23
miliardi (stando a dati Covip, Inps e Istat) e che per le imprese con meno di 50 dipendenti - che trattengono il
Trattamento di fine rapporto maturato - la fetta corrispondente è di 11 miliardi. La metà di questi 11 miliardi,
secondo la misura allo studio del governo, verrebbe pertanto sottratta alle aziende con meno di 50 dipendenti
che, oggi, possono utilizzare tale liquidità per investimenti e per lo sviluppo. Per compensare la riduzione
della liquidità il governo potrebbe facilitare convenzioni tra banche e imprese con l'obiettivo di agevolare
forme di credito specifico. Tuttavia, gli interessi praticati dalle banche per questi finanziamenti speciali
potrebbero essere più alti del tasso che le aziende riconoscono ai dipendenti al momento del pagamento
delle liquidazioni. Ne consegue che sul bilancio potrebbe gravare un costo superiore. Altro aspetto sono i
criteri sulla base del quale verranno concessi questi prestiti: se i requisiti fossero troppo stringenti, alle pmi
verrebbe comunque a mancare la liquidità assicurata oggi dal trattamento di fine rapporto. Per il presidente
del Codacons Carlo Rienzi, "resta tuttavia il problema di cosa faranno i lavoratori alla fine del rapporto,
quando cioè la loro quota Tfr sarà fortemente ridotta. La crisi economica non può essere risolta con i soldi
degli stessi lavoratori dipendenti accantonati negli anni, ma con misure strutturali in grado di aumentare la
ricchezza delle famiglie". E, in una nota, l'associazione dei consumatori chiede al governo che la misura sia
"totalmente finanziata dalle banche attraverso i soldi versati dalla Bce agli istituti di credito, come
provvedimento per rilanciare i consumi e aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori senza danneggiare le
imprese". Perché, conclude, il provvedimento "non può pesare sulle tasche delle piccole imprese, già
stremate dalla crisi economica". Secondo Dino Piacentini, presidente di Aniem, l'associazione delle piccole e
medie imprese edili manifatturiere - che raggruppa circa 8.000 pmi aderenti al sistema Confimi Impresa - "se
vogliamo attivare subito, senza ulteriori indugi, un'azione strutturale e anticiclica dobbiamo mettere il Tfr in
busta paga per intero, magari a titolo volontario e senza tassarlo come la retribuzione ordinaria, ma
utilizzando una fiscalità ridotta''.
01/10/2014 Sito Webstudiocataldi.it
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 02/10/2014 31
SCENARIO EDILIZIA
22 articoli
Casse di settore Crisi dell'edilizia In un anno persi altri 2.100 occupati Nell'ultimo anno l'edilizia bergamasco ha perso altri 2.109 occupati e 344 imprese. Secondo i dati di Cassa
edile ed Edilcassa aggiornati a fine agosto, negli ultimi dodici mesi gli iscritti agli enti bilaterali sono stati
14.426 (6.129 in Edilcassa e 8.297 in Cassa edile) contro i 16.535 del 2013 (ma erano più di 25 mila nel
2007). Le imprese sono scese dalle 3.171 del 2013 a 2.827. «La crisi sta cambiando profondamente il settore
- commenta Danilo Mazzola, segretario generale della Filca-Cisl - Oltre alla situazione di gravità espressa dai
dati, va denunciato che è in atto da tempo un fuggi fuggi dal contratto nazionale degli edili verso contratti più
convenienti per le imprese, come il metalmeccanico, che nulla hanno a che fare con la nostra specificità.
Oltre che togliere tutele ai lavoratori, conquistate nel tempo con il sistema della bilateralità, questo
comportamento mette a serio rischio la tenuta degli enti stessi». Secondo stime della Filca-Cisl circa il 70%
della perdita occupazionale italiana riguarda il settore delle costruzioni e questo dato pesa in particolare nella
provincia di Bergamo dove l'edilizia è sempre stato un bacino importante per il mondo del lavoro.
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02/10/2014 10Pag. Corriere della Sera - Bergamo(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 33
Industria. Consumi nazionali mai così bassi da 54 anni, per la prima volta da allora al di sotto di 20 milioni ditonnellate Il cemento torna agli anni '60 Dal 2008 perso il 50% dei ricavi - Marazzi (Aitec): «Riqualificare il patrimonio» Luca Orlando MILANO
Prima Segni, poi Tambroni, infine Fanfani. E le Olimpiadi di Roma, l'avvio di Fiumicino, le prime tribune
politiche, il tram a 35 lire, l'esordio in sala della Dolce Vita di Fellini. Correva l'anno 1960. Davvero dolce per il
nostro Paese, lanciato nel pieno del miracolo economico, con una foga di produrre e ricostruire che spingeva
in alto investimenti e consumi. Quelli di cemento avvicinavano e sfondavano quota 20 milioni di tonnellate,
livello mai raggiunto in passato, mai più riavvicinato al ribasso da allora. Fino ad oggi però. Perché ora l'Italia
del cemento torna ad essere in bianco e nero, ritrovando numeri che non vedeva più da 54 anni. Difficile, pur
tra decine di indicatori tutti orientati al ribasso, trovare in Italia un settore più martoriato, afflitto ormai da sette
anni consecutivi di calo dei volumi. Dopo un crollo a doppia cifra nel biennio precedente, il 2014 è per la
verità un periodo di relativa stabilizzazione, ma il calo previsto del 4% si aggiunge ad una situazione già
gravemente compromessa. «Ci sono pochi investimenti pubblici e poche nuove costruzioni - spiega
sconsolato il presidente dell'associazione di categoria Aitec Giacomo Marazzi - e le nostre stime vedono un
magro incremento di un paio di punti percentuali nei prossimi cinque anni». Briciole. Perché il crollo dei
volumi consumati si è ovviamente tradotto in uno shock lungo l'intero apparato produttivo. Per le aziende
quotate del settore, Italcementi, Buzzi Unicem e Cementir, tra 2008 e 2013 la crisi ha determinato un
dimezzamento secco dei ricavi realizzati in Italia, un colpo da 1,1 miliardi di euro che raddoppia allargando lo
sguardo all'intero settore. Chi resiste lo fa soprattutto grazie alla proiezione internazionale, mentre in Italia il
ridimensionamento produttivo è stato evidente, con la chiusura di 21 dei 60 impianti a ciclo completo esistenti
nel 2008. «E purtroppo immagino che questo trend continui - aggiunge Marazzi -, insieme al processo di
concentrazione, perché in alcune aree del paese vi è ancora sovracapacità produttiva e al momento non è
prevedibile un'inversione netta del mercato. Lo Sblocca Italia? Va nella direzione giusta, ma le risorse sono
troppo dilazionate nel tempo». Alla caduta degli investimenti pubblici, circa il 40% del mercato per i produttori
di cemento, si aggiunge in Italia il tracollo delle nuove costruzioni, con numeri che vanno letti almeno un paio
di volte nei fogli statistici per essere certi di non cadere in errore: 250mila le nuove abitazioni registrate
dall'Istat nel 2007, solo 53mila lo scorso anno. «Eppure - spiega Marazzi - le aziende non sono rimaste
ferme, hanno fatto efficienza e investito 150 milioni soprattutto in sostenibilità, con azioni che proseguono
anche ora». Altri paesi in Europa hanno sperimentato un rallentamento nell'edilizia ma l'Italia da questo punto
di vista è certamente in coda alla classifica. Posta pari a 100 la produzione di cemento 2010, per noi il calo è
del 38%, per la Francia solo di dodici punti, la Germania è invece già al di sopra di quel livello. «Le possibilità
di invertire la rotta ci sono - spiega Marazzi - anzitutto lanciando finalmente un piano di riqualificazione
urbana che ammoderni e metta in sicurezza il patrimonio esistente, milioni di abitazioni costruite prima di ogni
normativa anti-sismica o energetica. Un grande aiuto sarebbe anche la possibilità per le aziende di
risparmiare sui costi utilizzando combustibili alternativi: da noi valgono il 10% dei consumi, in Germania
cinque volte tanto».
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L'andamento IN PICCHIATA Il trend dei consumi di cemento. Dati in milioni di tonnellate L'IDENTIKIT DEL
COMPARTO 0 10.000 20.000 30.000 40.000 50.000 45.513 19.966 2007 2014 20.214 1961 4.084 1948 -
56,13 VAR. % 28 NUMERO DI AZIENDE 1.740 mln FATTURATO 2013 8.600 NUMERO DI ADDETTI Fonte:
Aitec
L'INCHIESTA
02/10/2014 11.14Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 34
Effetti della crisi
Il Sole 24 Ore del lunedì ha spiegato come l'edilizia soffra ancora fortemente, con i permessi a costruire in
forte calo
02/10/2014 11.14Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 35
Commissioni censuarie. Accolte quasi tutte le «condizioni» poste dal Parlamento Catasto, ricorsi aperti alle associazioni Saverio Fossati Il Parlamento (e la proprietà immobiliare) riescono a ottenere che il Governo soddisfi anche all'ultima
«condizione» per il sì al varo del decreto legislativo sulle commissioni censuarie. Come annunciato sul Sole
24 Ore di ieri, al Consiglio dei ministri è passata la seconda versione del decreto legislativo attuativo della
delega fiscale (legge 23/2014) e questa versione dovrebbe avere buone possibilità di ottenere il sì delle
commissioni Finanze della Camera e Finanze e Tesoro del Senato. Il tassello mancante era la possibilità,
negata sino a pochi giorni fa, di consentire a Comuni e associazioni di categoria di ricorrere alla commissione
censuaria centrale contro le decisioni delle commissioni censuarie locali, in merito al quadro delle categorie e
delle classi delle unità immobiliari urbane.
Il decreto detta le regole per formazione, funzionamento e competenze delle commissioni censuarie, un
organo chiave per il funzionamento del Catasto, soprattutto in considerazione del fatto che da questi organi
passeranno gli "algoritmi" necessari per l'attribuzione delle nuove tariffe d'estimo, il dato che è alla base di
quasi tutte le imposte immobiliari. La riforma del Catasto, insomma, prevista nel prossimo quinquennio,
passerà tutta da lì.
In sostanza, la prima versione della bozza del decreto prevedeva che la partecipazione delle associazioni di
categoria del settore (cioè la proprietà) alle commissioni locali fosse occasionale e non obbligatoria. Ma
questo nodo è stato sciolto già dopo il primo parere delle commissioni parlamentari. Anzi, un membro
«esperto qualificato», sempre candidato dalle associazioni e designato dall'Economia, ci sarà anche in
ciascuna delle tre sezioni della commissione censuaria centrale. Poi è stata anche introdotta la possibilità di
ricorso da parte di Comuni e associazioni di categoria. I due primi pareri delle commissioni parlamentari
erano quasi identici, grazie al coordinamento realizzato dai due presidenti Mauro Marino (al Senato) e
Daniele Capezzone (alla Camera), che hanno anche promosso un comitato informale, con i rappresentanti di
tutti i gruppi parlamentari, che avrebbe dovuto evitare il ping-pong dei testi. Cosa che in realtà non è
avvenuta: ora, infatti, la bozza torna per il secondo parere dopo aver recepito praticamente tutte le
«condizioni» (tranne quella, indicata solo della Camera, relativa alla necessità di introdurre «procedure
deflative del contenzioso») e alcune «osservazioni». Tra le altre correzioni che cambiano volto alla versione
iniziale ci sono: la previsione di 21 membri supplenti; per i rappresentanti designati dall'Anci verranno
coinvolte le Province di Trento e Bolzano; l'entrata in vigore del decreto (fissata comunque al 1° novembre
2014) è coordinata con l'insediamento delle commissioni censuarie e queste ultime avranno 60 e non 30
giorni per validare gli algoritmi alla base delle future rendite catastali.
Per il nuovo esame ci sono altri dieci giorni, anche se «appena arriva sarà approvato in via prioritaria se,
come sembra, le nostre condizioni sono state tutte accolte» dice Marino. Per Corrado Sforza Fogliani,
presidente di Confedilizia, le modifiche sono un netto successo: «Ma c'è voluta molta fatica, ed è una delle
poche volte in cui la politica ha prevalso sulle burocrazie ministeriali, che come si vede dalla prima bozza del
decreto, ora emendata, hanno dato una pessima prova iniziale di resistenza al dettato della legge delega».
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02/10/2014 41Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 36
L'INCHIESTA I dubbi sulla M4 "Serve alla città?" ORIANA LISO LA FIRMA porta la data del 31 luglio 2007: tra sorrisi e strette di mano, l'allora sindaco Letizia Moratti e
l'allora ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro siglavano l'accordo sulla nascita della nuova linea 4 della
metropolitana, la Blu, per collegare Linate a Lorenteggio. Una stagione politica che sembra ormai
lontanissima, a riguardare i nomi dei protagonisti: ma,è il dubbio che si fa strada da qualche settimana anche
a Palazzo Marino, potrebbe essere lo stesso progetto ad appartenere ai tempi che furono.
ADIRLO, del resto, sono le discussioni nate all'interno e intorno alla giunta arancione, che ha ereditato
l'opera dal centrodestra, che ha sempre detto di volerla terminare ma che infine non ha ancora affrontato il
nodo centrale del problema: quanto è sostenibile, in termini economici e in termini di disagio per la città,
un'opera che sarà completata non prima di 15 anni dopo la sua ideazione? Le ultime stime sui flussi
potenziali di viaggiatori sulla linea blu risalgono proprio ai tempi della Moratti, e dicono che la linea - 15
chilometri coperti da 21 stazioni - potrebbe portare 90 milioni di passeggeri l'anno, circa 250mila al giorno.
Numeri importanti: basti pensare che la linea rossa, quella più frequentata, ha poco più del doppio dei
passeggeri. Messa così, quindi, la domanda avrebbe già una risposta, perché taglierebbe di molto il traffico
privato. Ma, e questaè la critica alla base dei ripensamenti, quelle stime appartengono al periodo in cui si
disegnava una città fantasmagorica da oltre due milioni di abitanti, 24 nuovi quartieri e grattacieli ovunque.
Era il Piano di governo del territorio dell'assessore Carlo Masseroli, cambiato sostanzialmente da chi gli è
succeduto, Ada Lucia De Cesaris. «Se già all'epoca quel Pgt era sovradimensionato, figuriamoci adesso. E
senza quei quartieri, dove saranno tutti quei passeggeri?» è la sintesi di chi prova a tirare il freno a mano,
nonostante l'assessore alla Mobilità Pierfrancesco Maran confermi anche per lettera ai cittadini la centralità
dell'opera. I dubbiosi portano a sostegno anche i dati sui passeggeri della linea 5, la lilla: la capacità prevista
era di 96 milioni di trasportati all'anno (260mila di media al giorno), mentre oggi i viaggiatori sono in media
40mila al giorno e diventeranno 90mila alla fine dei lavori.
Non è questo che preoccupa un esperto del tema come Paolo Beria, docente di pianificazione dei trasporti al
Politecnico. Per lui «le condizioni della domanda non sono molto cambiate e, comunque, passando dal centro
la M4 avrebbe comunque grandi potenzialità». Il Comune si impegna a spendere tra gli 80 e i 100 milioni
l'anno per i prossimi 22 - 25 anni (non per l'esercizio della linea, ma per pagare mutui e interessi) a fronte dei
500 milioni che metteranno i privati e contando su 172 milioni che il governo si era impegnato a dare per
un'opera che doveva essere pronta per Expo, ma che non lo sarà. Ragiona Beria: «Non possiamo più
permetterci metropolitane, soprattutto con questo schema finanziario. I mutui accesi dal Comune vanno in
spesa corrente e non in conto capitale: questo è servito a far partire l'operazione, ma sapendo che bisognerà
pagare cambiali per i prossimi venti anni. Lo sa chi ha firmato quello schema, ma non i cittadini». Insomma, la
scelta fatta all'epoca Moratti (e confermata finora dalla giunta Pisapia) ha «anticipato i benefici politici,
posticipandone i costi». La pianificazione del futuro, per il professore, dovrebbe invece andare verso politiche
di mobilità (economicamente) sostenibile: migliorare la rete esistente dei trasporti, incentivare mobilità
ciclopedonale e il car sharing.
Su questo convergono le perplessità di chi spera in un ripensamento del sindaco sulla M4, diventata
improvvisamente - e di sicuro in chiave già elettorale - "la" battaglia politica di Forza Italia. In giunta, la
settimana scorsa, l'assessore Franco D'Alfonso le avrebbe espresse apertamente. «Come si fa a impegnarsi
per 2,2 miliardi nei prossimi cinque lustri? E che senso ha fare una linea tutta interna a Milano, quando ora
siamo una città metropolitana?»: queste le basi di un ragionamento che si arricchisce di progetti alternativi
(nel Pgt attuale resta la Circle line, per esempio) e di spade di Damocle (a febbraio il Consiglio di Stato
deciderà sul ricorso del secondo classificato). Lo spazio di manovra, quindi, non sembra chiuso: gli
approfondimenti sono in corso, i termini per la risoluzione del contratto per inadempienza con Impregilo non
02/10/2014 1Pag. La Repubblica - Milano(diffusione:556325, tiratura:710716)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 37
sono scaduti, e bisogna avere le certezze dal governo su quei 172 milioni che, in periodo di sacrifici, non
sono scontati. In una situazione del genere, tutto potrebbe essere ripensato dopo Expo, lasciando in piedi di
sicuro solo la prima tratta da Linate: includendo fette di città metropolitana, risolvendo criticità già esplose
(come quella del maxicantiere al parco Solari) e rinegoziando il piano finanziario.
1LA MAPPA In questo momento sono 41 i Paesi che hanno già avviato i cantieri per costruire i loro
padiglioni: tra di loro c'è chi è già arrivato al tetto e terminerà a novembre e chi è alle fondamenta I NUOVI
INGRESSI Il piano concordato prevede che in questi giorni altri 3 Paesi attacchino con i primi scavi dei
padiglioni: sono il Vietnam, la Bielorussia e la Slovacchia LA SCADENZA Entro le prossime due settimane
altri 5 Paesi dovranno aggiungersi al gruppo: impossibile posticipare l'arrivo degli operai lungo il viale centrale
di Rho-Pero IN EXTREMIS I Paesi che hanno prenotato spazi per costruire padiglioni autonomi sono 53: per
essere sicuri di partecipare, anche gli ultimi 4 dovranno avviare i lavori entro ottobre I TEMPI
La mappaS.Sofia Washington Bolivar Foppa S.Ambrogio De Amicis Vetra Sforza Policlinico San Babila Parco Solari
Segneri Frattini Tolstoj SAN CRISTOFORO Gelsomini Tricolo Q.re Forlani ni LINATE LUNGHEZZA 15 km
PORTATA MASSIMA 28.000 passeggeri all'ora per direzione VEICOLI PREVISTI 47 bidirezionali composti
da quattro vagoni TERMINE LAVORI anno 2022 CADENZAMENTO ORA DI PUNTA un treno ogni 90
secondi VELOCITÀ MASSIMA 80 km/ora VELOCITÀ COMMERCIALE 30 km/ora I CANTIERI Saranno
avviati al più presto quelli fuori dalla Cerchia dei bastioni Quelli in centro partiranno dopo la fine dell'Expo
2015 STAZIONI 21 GALLERIE due a singolo binario I COSTI oltre 2 miliardi intera linea GIÀ IN
COSTRUZIONE tratta da Linate a Forlanini Fs
LE TESIMARAN L'assessore alla Mobilità ha confermato anche di recente ai cittadini che la M4 si farà ed è un
progetto strategico per Milano D'ALFONSO L'assessore ha espresso dubbi sulla sostenibilità di M4, ma ha
votato la delibera che dà l'ok ai lavori fuori dal centro durante Expo BERIA Il docente del Politecnico è critico
sulla sostenibilità economica di M4: la città si impegna per 22 anni a pagare mutui per 100 milioni all'anno
PER SAPERNE DI PIÙ www.expo2015.org www.atm.it
02/10/2014 1Pag. La Repubblica - Milano(diffusione:556325, tiratura:710716)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 38
Verso il 2015 Expo, una task force per spingere i cantieri dei 12 Stati ritardatari Solo 41 partiti con i lavori dei padiglioni autonomi Fissate le tappe in un vertice con i partecipanti Sala: "Viaentro due settimane" Rientrata la Turchia dopo le minacce di forfait Opere velocizzate dopo la visita di Renzi:la piastra completata all'80% ALESSIA GALLIONE PER far correrei cantieri del mondo, d'ora in poi, ci sarà una squadra speciale: un gruppo di tecnici di Italferre
di uomini della società Expo, che dovrà coordinare i tempi dei lavori e gli ingressi delle ruspe dei Paesi lungo
il viale centrale di Rho-Pero su cui si affacceranno i padiglioni. Un gigantesco meccanismo a incastri che non
può più permettersi di incepparsi. È per questo che è stato concordato con gli ospiti internazionali un piano
che, quando mancano 200 giorni al via, non ammette più neanche un giorno di ritardo. Di fronte ai delegati
dei 53 Paesi che realizzeranno uno spazio autonomo riuniti alla Villa Reale di Monza, il commissario unico
Giuseppe Sala ha lanciato l'ultima chiamata. Un messaggio destinato ai 12 ancora fermi ai blocchi di
partenza: «Entro due settimane devono partire le fondazioni di otto Paesi che mancano e, entro ottobre, tutti
dovranno iniziare a scavare». Bisogna accelerare. Ma la riunione, a cui ha partecipato il segretario generale
del Bie Vicente Gonzales Loscertales, è servita anche a tracciare un altro programma: quello degli eventi,
con una guida che servirà a organizzare le "giornate nazionali" e gli appuntamenti che faranno vivere i sei
mesi. Si viaggia a diverse velocità, nel cantiere di Expo. Ci sono Paesi come l'Azerbaigian o la Repubblica
Ceca che termineranno le strutture a novembre, altri come la Germania, Israeleo gli Emirati Arabi che hanno
iniziato a far salire gli edifici. A questo punto, però, per essere sicuri di rispettare i tempi e soprattutto non
creare sovrapposizioni, tutti gli Stati dovranno avviare gli scavi entro la metà di ottobre. È quello che, già
questa settimana, accadràa tre Paesi come Slovacchia, Vietnam e Bielorussia: in questo modo, i cantieri
aperti arriveranno a quota 44. Altri 5 dovranno avviare i motori subito dopo: Ungheria, Marocco, Spagna,
Polonia e Moldova. All'appello mancano ancora quattro partecipanti e tra loro c'è anche la Turchia, che aveva
minacciato di abbandonare ed è rientrata in gioco all'ultimo minuto.
Una corsa. In questo caso, Expo ha avuto la rassicurazione che non si supererà la fine del mese, ma i tecnici
cercheranno di anticipare ulteriormente gli ultimi ingressi in cantiere.
Non solo. Chi ancora deve partire dovrà farlo con progetti il più possibile semplici dal punto di vista
architettonico. Un grande mosaico su cui vigilerà la task force creata ad hoc per seguire i Paesi.
La macchina, giurano gli uomini di Expo, sta girando al massimoe negli ultimi mesi è stata recuperata parte
dei ritardi accumulati in passato. Quando il premier Matteo Renzi visitò il cantiere, alla vigila di Ferragosto,
per dire, la piastra (l'ossatura di base) era al 69 per cento: ora è arrivata all'80 per cento. Anchei lavori per la
passerella che collegherà i padiglioni alla Fiera sono passati dal 17 al 46 per cento, quelli del "ponte" con
Cascina Merlata dal 10 al 35.
Il balzo in avanti maggiore l'ha fatto l'Expo center: era fermo alle fondamenta o poco più, è al 15 per cento di
strada, così come il "Padiglione Zero", arrivato al 40 per cento.
02/10/2014 4Pag. La Repubblica - Milano(diffusione:556325, tiratura:710716)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 39
La Regione Bloccati i lavori L'ultimo guaio per la torre del Lingotto Alessandro Mondo Massimiliano Peggio Fermo amministrativo temporaneo delle gru utilizzate per la costruzione del grattacielo della Regione, la sede
unica nella quale confluiranno giunta e assessorati.
È il risultato di un blitz dell'ispettorato del lavoro e degli uomini della polizia giudiziaria della Procura svolto
l'altro ieri nel cantiere di zona Lingotto, dove sta sorgendo l'opera di cemento e acciaio progettata e ora
disconosciuta dall'archistar Massimiliano Fuksas. Sotto la lente di ingrandimento degli ispettori, inviati dal pm
Raffaele Guariniello, è finita la documentazione di manutenzione e sicurezza delle quattro gru, tre fisse e una
mobile, impiegate per issare i materiali edili. Durante il controllo sarebbero emerse irregolarità nella
compilazione delle «attestazioni prescritte dal fabbricante» e nelle check list di sicurezza. Da qui il fermo
amministrativo «lampo» degli impianti, disposto per un giorno. Cantiere senza pace
Non c'è pace per il cantiere del grattacielo, oggetto di inchieste giudiziarie sul movimento terra e di
procedimenti della Corte dei Conti. Da ultimo si è aggiunta una disputa legale, tuttora aperta, tra
l'amministrazione piemontese e l'architetto romano sui compensi relativi alla progettazione. Sicurezza e
prevenzione
Il sopralluogo nel cantiere fa parte di un piano di controlli disposti di recente dalla Procura dopo il caso della
gru pericolante di Porta Palazzo che, a causa di una crepa nella struttura, scoperta a fine luglio, aveva fatto
scattare l'allarme, obbligando i vigili del fuoco a mettere in sicurezza il cantiere e a isolare l'area attorno a
Piazza della Repubblica. Su questa vicenda Guariniello ha aperto un'inchiesta. Da qui sono nati i controlli
anche nel cantiere del grattacielo di Intesa Sanpaolo, dove sono stati ispezionati i montacarichi.
Gli ispettori che hanno esaminato a fondo il cantiere hanno passato ai Raggi x soprattutto le tre gru fisse, la
prima eretta nel maggio 2012, la seconda nell'aprile 2013, la terza nel luglio 2013. Torri d'acciaio
gigantesche, ancorate alla struttura portante del grattacielo. Della quarta gru, quella mobile, gli ispettori
hanno segnalato in Procura la mancanza del «registro controllo». Il fermo, che è comunque durato poche ore,
è stato disposto in via precauzionale al «fine di garantire lo stato di sicurezza». La replica
«La Procura - spiega l'assessore al Patrimonio Aldo Reschigna - ha condotto due ispezioni, il 17 e il 30
settembre, sulla documentazione e sulla corretta messa in opera delle gru del cantiere del nuovo palazzo
della Regione. Tre sono state sottoposte a fermo amministrativo nella giornata del 30 settembre per la non
completezza della documentazione registrata da una ditta incaricata di effettuare tutte le verifiche di legge». Il
problema, si afferma, è stato o risolto con invio degli atti mancanti: «In meno di 24 ore tutta la
documentazione sui controlli effettuati è stata integrata. Tutto nel cantiere del nuovo palazzo funziona
regolarmente, comprese le tre gru». Il Consiglio rinuncia
Restano gli interrogativi sull'utilizzo del fabbricato annesso al grattacielo. Svanita l'ipotesi di trasferirvi il
Consiglio regionale: resterà a Palazzo Lascaris. «Le motivazioni sono di ordine economico - ha spiegato
Mauro Laus, il presidente -: negli ultimi anni, per comprare il palazzo di via Arsenale 14, sede dei gruppi
consiliari, e di via Alfieri 13, ex Banco di Sicilia, sono stati spesi 21 milioni. La fine dei lavori di adeguamento
permetterà al Consiglio di occupare solo spazi di proprietà». Di vendere Palazzo Lascaris, con l'aria che tira,
non se ne parla. In aggiunta, l'edificio annesso alla «torre» ha una capienza insufficiente per ospitare gli uffici
e i gruppi. Da qui l'idea di trasferire al Lingotto una serie di partecipate regionali, che oggi affittano altrove, a
canone agevolato. Ipotesi, per ora.
02/10/2014 40Pag. La Stampa - Torino(diffusione:309253, tiratura:418328)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 40
DUE DELLA CRICCA AL TELEFONO: " RAPPORTI MASSONICI CON RENZI" Marco Lillo Il costruttore Fusi intercettato nell ' inchiesta sulle Grandi Opere. Chiamate su affari, pubblicità e cene
elettorali del futuro premier. Che, interpellato dal Fatto, replica: " Mai avuto a che fare con le logge, sono solo
chiacchiere " . C ' è anche il proprietario dell ' hotel delle sue vacanze in Versilia con la famiglia. Lotti: " 5 mila
euro per sei notti " Lillo » pag. 2 - 3 Ferruccio de Bortoli non è stato il primo ad accostare la massoneria al
mondo che circonda Matteo Renzi. " Il patto del Nazareno - ha scritto il direttore del Corriere della Sera - finirà
per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015. Sarebbe opportuno conoscerne
tutti i reali contenuti. Liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di
massoneria " . Notoriamente alla stesura del Patto del Nazareno erano presenti per il Pdl oltre a Gianni Letta l
' ex piduista Silvio Berlusconi e Denis Verdini, a processo per la cosiddetta P3 e per il Pd c ' era Matteo
Renzi. Riccardo Fusi, quando era ancora il ricco e potente proprietario con Roberto Bartolomei del più grande
gruppo di costruzioni di Firenze, la BTP, nel lontano 2009 mentre era intercettato ha toccato l ' argomento dei
rapporti tra Renzi e il mondo della massoneria con il suo socio. I Carabinieri del Ros di Firenze su delega dei
pubblici ministeri che indagavano sulla cosiddetta ' Cricca dei grandi eventi ' hanno trascritto nei brogliacci il
sunto di 52 mila conversazioni telefoniche di Fusi dal febbraio 2008 al febbraio 2010. Il Fatto pubblica oggi le
sintesi agli atti del procedimento che, pur non avendo rilevanza dal punto di vista penale, sono utili a
tratteggiare meglio l ' ambiente imprenditoriale e politico che circondava l ' attuale presidente del consiglio
negli anni fiorentini in cui ha preparato il grande salto sul proscenio nazionale. Il processo di primo grado
contro Riccardo Fusi si è chiuso con quattro condanne per la vicenda dell ' appalto della caserma dei
marescialli di Firenze, uno dei filoni dell ' ambito dell ' inchiesta sulla cricca, che riguardava anche gli appalti
per i grandi eventi come il G8. Il Tribunale di Roma ha inflitto tre anni e 8 mesi di reclusione per Angelo
Balducci, e 2 anni a Fusi, con la condizionale. IL 19 SETTEMBRE 2009, dopo l ' elezione a sindaco di
Firenze di Matteo Renzi, Riccardo Fusi parla con il suo socio Roberto Bartolomei. I due imprenditori in quel
momento già sentivano i morsi della crisi che poi porterà al crack il gruppo BTP, nonostante il tentativo di
salvataggio con un prestito ponte da 150 milioni per il quale si era dato da fare anche Denis Verdini (in
passato in affari e da sempre grande amico con Fusi e Bartolomei) con Giuseppe Mussari, allora presidente
del Monte dei Paschi di Siena. A gennaio del 2014 sono state chiuse le indagini della Procura di Prato contro
Fusi e Bartolomei per bancarotta. Quel giorno di settembre di cinque anni fa Bartolomei e Fusi commentano i
loro guai. Non hanno nemmeno pagato 200 mila euro di arretrati delle quote dovute all ' Associazione
Industriali. Una brutta figura con i colleghi che sembrano passarsela meglio. In particolare Jacopo Mazzei e i
fratelli Corrado e Marcello Fratini, così definiti dal Sole 24 ore: " immobiliaristi (outlet e centri commerciali),
imprenditori del settore moda, rappresentano una delle famiglie più patrimonializzate della Toscana e del
Paese. Jacopo Mazzei è uno dei manager di punta del oro gruppo, Fingen, nel campo dello sviluppo
immobiliare internazionale " . I Carabinieri sintetizzano così la conversazione tra Fusi e Bartolomei: " i Fratini,
attraverso Mazzei, sono ben inseriti nel Comune di Firenze ed hanno un contatto diretto con Matteo Renzi.
Fusi continua dicendo che detti legami sono forti di un ' rapporto massonico '" . Proprio così: rapporto
massonico. I Carabinieri non trascrivono la telefonata integralmente ma mettono tra virgolette la frase di Fusi
sul ' rap porto massonico ' che rafforzerebbe i legami dei due imprenditori. Tra loro o con Renzi? Si dovrebbe
ascoltare la telefonata integrale per rispondere ma non è disponibile. Fusi al Fatto, che gli legge al telefono la
sintesi della sua frase di 5 anni fa, dice: " Non lo so. Non so capire il contesto di questo discorso con
Bartolomei. Non ho idea se loro sono massoni o no. La massoneria per quanto si capisce comanda ma io
non lo so se loro lo siano. Io comunque non conosco la massoneria. Non lo sono sicuramente e non so
02/10/2014 1Pag. Il Fatto Quotidiano(tiratura:100000)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 41
nemmeno di che si parla. Conosco Mazzei e Fratini ma se sono massoni onestamente non lo so " . Da
Palazzo Chigi il sottosegretario alla presidenza Luca Lotti fa sapere: " Renzi ha già più volte chiarito che non
ha nulla a che fare non solo con la massoneria ma nemmeno con quella cultura. Tutto il resto è chiacchiera "
. Nelle telefonate non mancano altri riferimenti polemici al potere di Fratini e Mazzei, non solo sul comune, a
Firenze. Il 14 aprila 2008, per esempio, Riccardo Fusi passa a Piazza Donatello e si imbatte in un cantiere di
una clinica di proprietà dei Ligresti. Quando scopre che i lavori sono stati appaltati alla CPF dei fratelli Fratini
va su tutte le furie e chiama il suo amministratore delegato Vincenzo Di Nardo e gli dice: " il mio sbaglio sai
qual'è stato? Di non aver preso il Mazzei io e te dai Fratini... era già risolta " . Il gruppo Fingen dei fratelli
Fratini si presenta così su internet: " fondata nel 1979 da Corrado e Marcello Fratini Fingen concentra oggi il
suo business in tre aree: fashion, retail e Real Estate. Nell'ambito Fashion, Fingen ha sviluppato le licenze di
marchi del calibro di CK, CK Jeans, CK Collection, Guess, Jean's Paul Gaultier e, attualmente, del brand
Kathy Van Zeeland (www.kathy.it). In ambito retail dispone, attraverso Tie Rack ltd (www.tie-rack.co.uk), di
un network di oltre 300 punti vendita, metà dei quali dislocati nei principali aeroporti di tutto il mondo. Le
attività immobiliari sono invece gestite da RDM " . Proprio nella RDM compare Mazzei: " gestisce 20 sviluppi
per una superficie complessiva di oltre 610.000 metri quadrati e un valore totale di circa 1 miliardo e 300
milioni di Euro. Fondata nel 1998 in partnership con Jacopo Mazzei che ricopre il ruolo di Presidente, RDM è
tra i principali sviluppatori italiani " . Comunque Riccardo Fusi nel 2008-2009, dopo le lamentele con il socio,
scambia una serie di telefonate con Jacopo Mazzei. Si discute di provare a fare qualcosa insieme nel settore
immobiliare e il 15 ottobre 2008 i Carabinieri annotano: " Ja copo Mazzei chiama Fusi. I due parlano del loro
rapporto economico condizionato dall'agire dei vari soci. Mazzei chiede all'interlocutore la possibilità di
utilizzare il suo elicottero per fare delle fotografie dall'alto all'albergo " . Elicotteri e alberghi sono una costante
nelle telefonate di Fusi e introducono un altro personaggio chiave dei suoi rapporti con il mondo renziano:
Andrea Bacci. FINORA QUESTO imprenditore di Rignano sull ' Arno, paese dei Renzi, era famoso oltre che
per le sue attività nel mondo del lusso con la AB Florence e per il suo recente ruolo di presidente della
squadra di calcio Lucchese, per due cose: è l ' uomo prescelto da Matteo Renzi prima alla Provincia e poi al
Comune per guidare le società per azioni nelle quali l ' ente pubblico ha una quota o il controllo. Ai tempi della
Provincia Bacci è scelto da Renzi per guidare la Florence Multimedia, al centro di mille polemiche per le sue
spese facili. Mentre quando Renzi diventa sindaco, Bacci diventa presidente della Silfi, società partecipata al
30 per cento dal Comune che si occupa di illuminazione. Bacci è però soprattutto l ' uomo che cerca di
trovare per Matteo Renzi un elicottero per andare a Milano. In particolare il 12 dicembre chiama Fusi per dire:
" Matteo deve andare di corsa a Milano in trasmissione ..all'Invasione Barbariche... dalla Biscardi i treni sono
tutti in ritardo di due ore ... due ore e mezzo e non so come ... (inc.) è bloccata .. lui ha bisogno di andarci in
elicottero ... ce l' hai disponibile prova a sentire ... trova una soluzione dai! " . Fusi in quel caso lo mandò a
quel paese così: "' trova una soluzione '" ma non vola l'elicottero ora ... non passa l'Appenino l'elicottero .. non
ce la fa ... Andrea .. impossibile .. è impossibile ... l'elicottero non è un problema .. ma non passa l'Appennino
... non lo fanno decollare .. sono le 4 e mezzo fra partire e fare il piano di volo un'ora ci vuole .. non si può
passare l'Appennino alle 5 e mezzo di sera ...con la previsione che c'è non si vola ...devo andare anch'io a
Milano .. ho prenotato il treno per domani mattina " . Poi Bacci ci riprova il 3 aprile per un volo programmato
per il 6 aprile del 2009. Una data sfortunata, quel giorno c ' è la scossa di terremoto dell ' Aquila. Nella
telefonata a Fusi, Bacci chiede un elicottero per un uomo che deve andare a Milano dalle 3 e mezza alle
sette di sera. L ' elicottero deve restare ad apettarlo. Non si pronuncia il nome del passeggero. Il consigliere
comunale Francesco Torselli, ora passato a Fratelli d ' Italia, presentò un ' interrogazione perché ipotizzava
fosse Renzi. Comunque al mattino, quando tutto è pronto per la partenza, Bacci chiama Fusi per dirgli che il
volo è ' cancellato ' . Fusi risponde con un ' imprecazione. Fusi al Fatto dice che l ' elicot tero del 6 aprile 2009
non era per Renzi: " era per un ' altra persona che interessava a Bacci " . Mentre Bacci dice " non ricordo chi
fosse la persona " . Ora Il Fatto ha scoperto che Andrea Bacci non è solo l ' uomo di fiducia di Renzi ma era
anche in affari con Fusi e lo è stato, molti anni prima, con Tiziano Renzi, il padre di Matteo Renzi. Il giorno
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 42
prima della richiesta dell ' elicottero per andare alle Invasioni Barbariche, Andrea Bacci era pressato da Fusi
che voleva da lui una grande somma per uscire da un ' attività commerciale ( ' che non appare ' ) in comune.
Ecco la sintesi dei Carabinieri: " Riccardo Maestrelli richiama Riccardo Fusi il quale gli riferisce che Bacci ha
già speso i soldi dello sponsor. Fusi riferisce del colloquio con il Bacci in merito all'albergo che hanno in
società tra loro. Nella circostanza Fusi dice di aver riferito al Bacci di volere la cifra di 5 milioni di euro per
uscire dalla società nella quale non ( ' con ' sul brogliaccio Ndr) compare ufficialmente " . In effetti il 30
dicembre 2008 i Carabinieri annotano " Fu si chiama Bacci al quale riferisce di essere con il Coppi (manager
del gruppo Ndr) intento a verificare la risoluzione del contratto. I due parlano del denaro del quale Fusi vuole
rientrare in possesso entro il 30 gennaio 2009 " . AL FATTO QUOTIDIANO Bacci dice: " Non sono mai stato
socio di Fusi e non ricordo quelle telefonate " . Mentre Fusi spiega: " Ho fatto affari con Bacci ma non sono
mai stato suo socio. Io sono stato socio solo di Maestrelli e quest ' ultimo era a sua volta socio, in un altra
azienda con Bacci " . La questione più sorprendente è un ' altra: Andrea Bacci, manager scelto da Renzi per
società pubbliche, anche quando era in affari ' segreti ' con Fusi, è stato socio di Tiziano Renzi. Il padre del
presidente del consiglio ora indagato a Genova per la sua Chil Srl ha cominciato nel lontano 1993 nel settore
del recupero crediti in una società nella quale c ' era anche Andrea Bacci: la Raska di Tiziano Renzi e C.
S.A.S. Tiziano Renzi ne era socio accomandatario dal 28 dicembre del 1991. Mentre Andrea Bacci ne era
socio accomandante. Bacci conferma al Fatto: " la società ha chiuso nel 1993 e lavorava se non ricordo male
per la American Express " . Sui rapporti tra Andra Bacci e Riccardo Fusi il sottosegretario Luca Lotti precisa: "
I rapporti di affari tra Riccardo Maestrelli e Andrea Bacci sono noti. Renzi non ha mai volato né ha mai chiesto
a Bacci di chiedere a Fusi di volare con l'elicottero di Fusi, né per raggiungere Milano nel dicembre 2008 per
partecipare alle Invasioni Barbariche né in altre circostanze. Fra l ' altro, mi sembra di ricordare che l ' unica
volta in cui Bacci e Tiziano Renzi sono stati soci, nei primi anni ' 90, si è chiusa con una causa civile tra i due
" . Il terzo uomo che fa affari con Bacci e Fusi, è anche lui un amico di Renzi: Riccardo Maestrelli è diventato
famoso questa estate quando Matteo Renzi ha scelto l ' albergo Villa Roma Imperiale per le sue vacanze e i
giornali si sono ricordati che era stato un finanziatore del sindaco di Firenze. Il lussuoso resort di Forte dei
Marmi appartiene infatti alla sua famiglia. Il presidente del Consiglio ha alloggiato con moglie e figli in alta
stagione ad agosto pagando una somma importante ma più bassa del listino dei clienti ordinari. Questo
aveva attirato le attenzioni sui suoi rapporti con Maestrelli. Ora Il Fatto ha scoperto nelle carte dell ' indagine
sulla Cricca un ' intercettazione di una telefonata nella quale l ' amico del sindaco fa molto di più: non è solo
un ospite generoso, non è stato solo un suo finanziatore ma ha organizzato e pagato le spese di una cena all
' Hilton di Firenze nella quale sono stati raccolti circa 80 mila euro. Alle ore 16e 32 del 19 maggio 2009
Maestrelli chiama Riccardo Fusi. Maestrelli: abbiamo organizzato una cena all'Hilton Metropol con la
partecipazione di professionisti e imprenditori che gentilmente fanno un'offerta di euro 1000 con bonifico
preventivo... Fusi:...(ride)... M:...allora sono... io sono a fare ... mi hanno fatto... devo fare l'esattore... sicchè
devo raccattare un po' di persone... perchè si dovrebbe essere 100 a cena .. F:...va bene... M:...è la finale di
coppa campioni... te lo preannuncio... quindi s'è chiesto di mettere gli schermi... eccetera... eccetera... la
cena la offro io... sicchè... F:...ma ci sei te o no?... M:...io ci sono... certo... F:...allora... tu ci sei... ma per chi si
fa questi 1000 euro?... M:...per Matteo Renzi... che ci sarà anche lui... che ora non so... F:...questo Matteo
Renzi ... M:...se te non ti devi esporre non venire... perchè... F:...no... io... ascolta... ma ti pare che non
vengo... io vado dappertutto... per me chi vince va bene uguale... a me basta che campi il Maestrelli vengo...
vengo....dì alla tua signorina che telefoni a codesto numero che ti ho dato ora... e risponde la mia segreteria e
tu gli dai i dati " . IL SOTTOSEGRETARIO Luca Lotti precisa: " L'hotel Villa Roma Imperiale è della famiglia
Maestrelli e Riccardo è un amico di Matteo Renzi. L'hotel è amministrato dalla sorella di Riccardo, Elena
Maestrelli. Il presidente del consiglio, nonostante i proprietari lo avrebbero volentieri avuto come ospite, ha
pagato una somma di 5 mila e 100 euro per un soggiorno con la famiglia. Un prezzo, sinceramente, che mi
pare del tutto onesto " . Sia Fratini che Mazzei, che Fusi, che Bacci sono stati finanziatori di Renzi e nel 2009
il consigliere del Pdl Giovanni Donzelli aveva presentato un ' interrogazione per sapere se i Fratini avevano
02/10/2014 1Pag. Il Fatto Quotidiano(tiratura:100000)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 43
mai parlato con Renzi della cittadella viola. I terreni dell ' Osmannoro dei Fratini infatti erano stati oggetto di
una polemica in quel periodo con Diego Della Valle perché erano proposti in quei giorni dalla stampa per la
costruzione dello Stadio e delle attività commerciali connesse. Un ' ipotesi che oggi sembra tramontata a
beneficio di una soluzione più centrale: l ' area Mercafir. In quella zona ha interessi importanti proprio
Riccardo Maestrelli. Con la sua società infatti la famiglia Maestrelli è titolare dal 2007 di un ' area di 13mila
metri quadrati di proprietà del comune che ha ceduto il diritto di superficie per 50 anni al gruppo. Nel caso in
cui lo stadio della Fiorentina fosse costruito proprio nella zona in cui oggi si trovano gli stabilimenti di
trasformazione della frutta dei Maestrelli è facile prevedere che in loro favore il comune trovà trovare un ' al
tra area o pagare un indennizzo notevole. Anche il cognato di Riccardo Fusi è unimprenditore noto a Firenze.
Si chiama Riccardo Martellini e la sua società, la Silvaneon, dal 1947 tappezza Firenze (e altre città italiane)
con i suoi cartelloni 6 per 3. Il 10 aprile del 2009 nel pieno della campagna elettorale per eleggere a sindaco
Matteo Renzi, parla con Denis Verdini, leader di Forza Italia e poi del Pdl a Firenze, sul telefono cellulare di
Riccardo Fusi, che è intercettato dai Carabinieri. Questa è la sintesi dei Carabinieri del ROS: " Ric cardo Fusi
passa il telefono a Denis Verdini che parla con Martellini che lo incoraggia per Firenze e poi parlano di un
preventivo fatto da Martellini che dice di aver parlato della cosa con Bonciani (che si doveva appunto
incontrare con lo stesso Verdini. Martellini dice di avere altre cose che voleva Renzi ma che lui non gli ha
dato; Verdini chiede se ne ha parlato con gli altri ma Martellini risponde che ne voleva parlare prima con lui.
Verdini poi dice che si deve incontrare con quelle persone e che quindi lo chiama quando sarà con loro " .
ALESSIO BONCIANI, 42 anni, eletto con il Pdl nel 2008 alla Camera, allora era coordinatore cittadino del Pdl,
poi lasciato per l ' Udc. Proprio nel maggio 2009, durante la campagna di Giovanni Galli, da lui sostenuto,
arrivò ai giornali dal suo account di posta elettronica, una mail con l'annuncio delle sue dimissioni da
coordinatore cittadino: perchè i suoi non sostenevano troppo Galli. Bonciani parlò di hackeraggio. Dal
brogliaccio dei Carabinieri non è chiaro perché il cognato di Renzi chieda a Verdini l ' autorizza zione a dare
le cose che Renzi ha chiesto. Al Fatto Martellini dice: " Che c'entra Renzi con Verdini? Ora sì, se vediamo
l'attualità. Ma allora nel 2009? Ci sarà un errore di trascrizione dei Carabinieri. Io non ricordo nulla. Si parlerà
di un preventivo per la pubblicità di Forza Italia, pagata regolarmente. Non ci siamo mai schierati e lavoriamo
anche per il Pd ma sono sicuro al 100 per 100 di non avere fatto pubblicità per Renzi " . Il sottosegretario alla
presidenza del consiglio Luca Lotti che ha seguito le campagne elettorali di Renzi dal punto di vista
amministrativa meglio dell ' ex sindaco spiega: " E' chiaro che si parla delle affissioni pubblicitarie per la
campagna delle elezioni del 2009 per eleggere il sindaco di Firenze. Martellini, titolare di un'impresa di
affissioni, probabilmente vuole avvertire Denis Verdini che avrebbe potuto fare oltre alla pubblicità elettorale
per noi, anche quella per Renzi. Martellini probabilmente avrà voluto farsi bello chiedendo l'assenso di
Verdini. Non vedo altra lettura possibile. Il finanziamento di Martellini a Renzi non c'entra nulla con questa
storia. La presenza di Martellini nell'elenco dei finanziatori della campagna di Renzi per il 2009, è dovuto a un
versamento da 1000 euro riferito a una cena e non c'entra nulla con questa telefonata " .Riassumen do
spiega Luca Lotti: " Matteo Renzi ha pagato 5 mila e 100 euro nonostante un suo amico volesse ospitarlo.
Riccardo Maestrelli ha organizzato una cena all'hotel Hilton nel quartiere dell'Isolotto del maggio 2009 alla
quale ha partecipato Fusi pagando mille euro come altre 81 persone. Ma è tutto dichiarato e noto. Riccardo
Martellini parlava con Verdini di non fare la pubblicità per Renzi alle elezioni a sindaco. Non c'entra nulla il
finanziamento del 2008 per le primarie. Renzi non ha mai volato né chiesto di volare su un elicottero di Fusi.
Non ha favorito Fusi anzi ha diminuito la possibilità di costruire concessa in precedenza al suo gruppo BTP
nella zona del Panificio Militare. Come Fusi stesso dice al telefono a Riccardo Maestrelli e Andrea Bacci,
dopo la riunione nella quale il 12 maggio 2009, Renzi dice alla popolazione che avrebbe fatto una piazza al
posto degli edifici " .
Foto: F O RT E DE I MARMI All ' hotel Villa Roma Imperiale di Forte dei Marmi, di proprietà dei Maestrelli,
Matteo Renzi ha trascorso una s e t t i m an a nell ' e s t at e 2014
02/10/2014 1Pag. Il Fatto Quotidiano(tiratura:100000)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 44
I lavori a Rho-Pero Realizzato l'80% Ogni Paese avrà la sua "giornata" Daniela Fassini I lavori sulla piastra, quell'area di un milione di metri quadrati che fra meno di sette mesi ospiterà i padiglioni e
gli edifici di Expo sono all'80%, quelli per la rimozione delle interferenze quasi completati (94%) mentre le
passerelle sono a metà dell'opera (quella per la Fiera al 46% e quella di Cascina Merlata che collega il
villaggio dei delegati Expo al sito espositivo al 35%). È appena iniziata invece la corsa contro il tempo per la
realizzazione degli edifici. Il padiglione zero (che sarà il punto d'inizio della visita e metterà in mostra lo
sviluppo del tema, "Nutrire il pianeta, energia per la vita") è al 40%, l'Expo center al 15%. Il commissario
unico Giuseppe Sala e il suo braccio destro operativo nelle relazioni con i Paesi partecipanti snocciolano i
numeri della grande corsa davanti ai delegati dei Paesi partecipanti, riuniti ieri alla Villa Reale di Monza. «I
lavori stanno procedendo bene - ha detto il commissario Sala - speriamo che nei prossimi mesi ci sia bel
tempo». A parte gli scongiuri contro la pioggia, quindi, tutto procede e Sala esorta i Paesi partecipanti a
rispettare il cronoprogramma dei lavori. In particolare per quanto riguarda l'ingresso sul cantiere delle imprese
e degli operai che ogni singolo Paese utilizzerà per realizzare il proprio padiglione. Sono già 41 i Paesi
presenti e nelle prossime due settimane se ne aggiungeranno altri otto, dando vita a quello che è oggi il
cantiere più grande d'Europa. I vertici del grande evento milanese hanno presentato ai delegati partecipanti
anche la prima versione della guida degli eventi in programma nei 180 giorni dell'Esposizione. Ogni Paese
partecipante avrà la sua "National day": una giornata interamente dedicata durante la quale saranno
organizzati eventi, spettacoli e dibattiti. Intanto sabato l'Angola presenterà il suo padiglione: una struttura di
2.010 metri quadrati (la più grande mai realizzata dal Paese) che metterà in mostra il passato, il presente e il
futuro del cibo angolano.
Foto: Sala esorta i partecipanti a rispettare i tempi del cantiere
02/10/2014 1Pag. Avvenire - Milano(diffusione:105812, tiratura:151233)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 45
Giovedì 2 Ottobre 2014, I dipendenti dell'Ater: «Lo scheletro è colpa di altri» I dipendenti dell'Ater sulla questione dello scheletro di via Bramante alzano le braccia al cielo: «Non abbiamo
alcuna responsabilità, non essendo stati coinvolti in alcun modo nei ruoli tecnici del cantiere». La questione è
spinosa e non solo il presidente Aldo Guarnieri, ma anche chi lavora nell'ente, vuole mettere le cose in
chiaro. «Il cantiere in questione è parte di un accordo di programma tra l'Ater e il Comune di Rovigo -
scrivono in una nota le Rsu - al primo vennero demandate le funzioni di stazione appaltante e responsabile
unico del procedimento, mentre l'incarico per progettazione e direzione lavori del fabbricato venne affidato a
un libero professionista. Chiedere, quindi, perché i dipendenti dell'Ater non abbiano provveduto a tale
progettazione e direzione lavori, appare fuorviante» evidenziano in merito ad alcune polemiche. «Sarebbe più
corretto - chiudono - chiedere agli amministratori comunali e a quelli dell'Ater di allora perché, per la
realizzazione di un fabbricato di edilizia popolare a Rovigo, sia stato scelto un libero professionista
proveniente dalla provincia di Modena».
02/10/2014 5Pag. Il Gazzettino - Rovigo(diffusione:86966, tiratura:114104)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 46
Giampiero Maset In collina più vigne e meno case Dal nuovo Piano regolatore una sorpresa: il Prosecco rende meglio e non si pagano le tasse Coltivare viti, soprattutto nella fascia collinare del territorio comunale, è diventata un'attività più redditizia
rispetto a quella della costruzione di nuove case. Oltretutto per i terreni agricoli non si paga nemmeno sia la
nuova Tasi (1,9 per mille) che l'Imu (8,6 per mille), che sono invece dovute per quelli edificabili. «Il reddito
medio per ettaro delle attività agricole risulta essere tra i più elevati del Veneto» si legge nel parere della
commissione Vas della regione sul Pat, piano di assetto del territorio, del Comune di Conegliano, a cui si sta
lavorando. Come rileva lo stesso sindaco Floriano Zambon «sono sempre più numerosi coloro che si
rivolgono agli uffici comunali per chiedere che le aree edificabili di cui dispongono, ma in cui non ci sono più
le condizioni per costruire, vengano restituite alla destinazione agricola, mentre avveniva il contrario fino a
una decina di anni fa». E aggiunge che «le richieste crescono in modo esponenziale, perché c'è sempre
meno bisogno di nuove case e si investe sempre meno nell'edilizia, mentre la viticoltura soprattutto nel
Prosecco è diventata un'attività particolarmente redditizia nel nostro territorio, ma i nuovi vigneti possono
essere impiantati solo nei terreni con destinazione agricola». È tenendo conto di questa realtà che si sta
predisponendo il Pat, piano di assetto del territorio. Non solo saranno escluse nuove aree di espansione
edilizia, ma sarà restituita la destinazione agricola ad altre che erano state rese residenziali. A frenare
l'espansione edilizia incontrollata nel territorio comunale si era già pensato con una variante urbanistica,
approvata dalla regione nel 2003 e tuttora in vigore. Aveva puntato alla ricucitura del tessuto urbano, ma
aveva anche reso edificabili aree in cui non c'erano più le condizioni per costruire, gravando sui proprietari
con il salasso delle tasse da versare. È per loro più vantaggioso che abbiano una destinazione agricola,
perché con la viticoltura si crea ricchezza. Dopo la fase preliminare e avere recepito tutti i pareri, con un
impegno di oltre 100 mila euro saranno ora affidati i servizi tecnici per la redazione del Pat, che terrà conto di
questa realtà e dovrebbe essere approvato alla fine della primavera del prossimo anno.
02/10/2014 15Pag. Il Gazzettino - Treviso(diffusione:86966, tiratura:114104)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 47
Il sindacato Nappo (Cgil): basta, operai sotto ricatto come negli anni '50 Antonio Menna
«Siamo tornati agli anni Cinquanta, quando all'operaio edile che protestava il padrone diceva "se non ti
conviene, prendi la giacca e vattene". Un ricatto continuo, che si paga a volte con la vita». È infuriato Ciro
Nappo, segretario dei lavoratori edili della Cgil di Napoli. In pochi giorni ha visto sfilare davanti alla sua
scrivania prima i colleghi di Salvatore Renna, l'operaio morto nel cantiere della Metropolitana di piazza
Municipio. Poi quelli di Raffaele Di Francesco, ucciso dal crollo di un solaio a Pietrarsa. «Storie incredibili: si
muore nei cantieri pubblici, dentro un labirinto vergognoso di subappalti, di assunzioni fasulle, di buste paga
taroccate. Non sono morti bianche ma omicidi. C'è chi vede e tace. Bisogna che qualcuno paghi. Ho chiesto
al Prefetto di convocare un tavolo sul tema mentre, stavolta, andremo fino in fondo anche nelle sedi penali».
Quest'anno 450 morti sul lavoro in Italia. Il 30% nell'edilizia. Che sta succedendo?
«Non sono morti per una fatalità. Ma per una precisa responsabilità. Si muore per stanchezza, per orari e
ritmi troppo lunghi, sovraffollamento dei cantieri, mancato rispetto delle misure minime di sicurezza. La cosa
che lascia senza parole, però, è che succede nei cantieri di opere pubbliche. Com'è possibile che non si
rispettino le regole sotto il Municipio? Il lavoratore morto a Pietrarsa, poi, non era dipendente della ditta
appaltatrice, ma distaccato da un'altra impresa, la Raggio di sole di Quarto. La data di assunzione è del 29
settembre, il giorno prima dell'incidente. Cose che succedevano negli anni '50».
Quanto c'entra la crisi economica con l'aumento di morti sul lavoro?
«C'entra moltissimo. Intanto, sul lato dei lavoratori. L'operaio è più ricattabile. È in uno stato di bisogno, come
ai tempi del caporalato. Prendere o lasciare. C'entra, poi, con la corsa delle imprese agli appalti. Ci sono
ribassi eccezionali. Alcune ditte vincono gare con sconti del 50%. Come si fa a realizzare un lavoro con la
metà dei soldi? Dove si risparmia? Sull'anello più debole: il lavoratore. Che rischia di pagare a un prezzo
troppo alto la sua necessità. Infine, si sono allentati drammaticamente i controlli. È come se lo Stato avesse
rinunciato a fare la sua parte. C'è chi omette, chi chiude gli occhi. C'è chi sa e non parla, chi fa finta di non
vedere. Sono tutti responsabili».
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02/10/2014 38Pag. Il Mattino - Napoli nord(diffusione:79573, tiratura:108314)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 48
Scuola e ambiente Edilizia green, a Sant'Angelo a Cupolo l'eco-prototipo degli allievi del«Galilei» Domenico Zampelli
Edilizia «green» materia di studio presso l'Istituto per Geometri Galilei di Benevento. Che dallo scorso anno
ha istituito un modulo, per gli studenti delle ultime classi, interamente dedicato al legno come materia prima
nelle costruzioni. Un percorso didattico messo in pratica creando un tavolo di lavoro che vede insieme tecnici
ed imprese sensibili alla ricerca di soluzioni innovative, e gli studenti, che queste soluzioni innovative
imparano a studiarle per poterle poi mettere in pratica.
Questa sinergia ha condotto alla realizzazione di un edificio con struttura portante in X-Lam, pannello
multistrato che rappresenta la nuova frontiera nel settore. L'opera, che si trova alla frazione Perrillo di S.
Angelo a Cupolo, è stata presentata nel corso di un «Open Day» straordinario; presenti la dirigente del
"Galilei" Grazia Pedicini, i referenti del progetto Pino D'Agostino e Giuseppe Cecere, i tecnici impegnati nella
progettazione, direzione lavori e collaudo dell'opera (Mario Festa, Marco Morone, Giuseppe Mancini, Nicola
Piacquadio e Giovanni Carenza) e gli studenti, pronti a raccontare un'esperienza viva, concreta ed
affascinante.
«La possibilità di partecipare alle fasi della progettazione e di seguire in cantiere la realizzazione del
fabbricato - spiega D'Agostino - ha suscitato grande interesse negli studenti. La nuova tendenza della green
economy nel campo dell'edilizia prevede l'uso del legno come elemento strutturale e di completamento. Si
tratta infatti di un materiale naturale, vivo, rinnovabile e di ottimo impatto estetico, in grado di garantire
risparmio di tempo per l'esecuzione, alte prestazioni energetiche, ottima resistenza sismica e basso impatto
ambientale».
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02/10/2014 34Pag. Il Mattino - Benevento(diffusione:79573, tiratura:108314)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 49
La vittima Nella foto sopra Raffaele Di Francesco, il muratore morto per il crollo di un solaio mentre era allavoro nella stazione ferroviaria di Pietrarsa; altri due operai sono rimasti feriti e restano ancora ricoverati alLoreto Mare. A sinistra il cantiere sequestrato, nella foto sotto un fiore lasciato sul luogo dell'incidente.NEWFOTOSUD, RENATO ESPOSITO La tragedia, l'inchiesta Morte bianca a Pietrarsa sequestrati atti e progetti Dubbi sui livelli di sicurezza nel cantiere della stazione PORTICI. Il caso Stessa ditta al lavoro a Villa d'Elboeuf I proprietari: piovono calcinacci Maurizio Capozzo
Sfilano in commissariato i testimoni della tragedia nella quale martedì scorso ha perso la vita a Pietrarsa
l'operaio di Qualiano, Raffaele DiFrancesco, che lavoravaalla ristrutturazionedella vecchia stazione
ferroviaria.Nell'incidente sonorimasti feritialtridueoperai della dittaappaltatrice, Andrea e Giuseppe Carusone,
zio e nipote, ancora ricoverati nell'ospedale Loreto Mare di Napoli. Per fortuna leloro condizioni non destano
preoccupazioni. Provvidenziale il pronto intervento dei soccorritori che li hanno estratti dalle macerie della
stazione. Partono dal racconto dei superstiti e dei primi soccorritori le indagini, coordinate dal pm Anna
Frasca col vicequestore Pietro De Rosa, dirigente del commissariato di San Giovanni a Teduccio, per capire
l'esatta dinamica dell'incidente sul lavoro. Nel cantiere lavoravano cinque operai al momento del cedimento
del solaio. Tre erano impegnati nella demolizione del tetto già danneggiato dalla tromba d'aria del giugno
scorso, altri due erano poco distanti dalla palazzina e sono rimasti illesi. Preziose le testimonianze anche dei
primi soccorritori, alcuni abitanti della palazzina di fronte alla stazionee del personale del 118 accorso sul
luogo del crollo pochi minuti dopo. Al momento non ci sono ancora iscrizioni nel registro degli indagati. C'è
ancora molto lavoro da fare per ricostruire, dal punto di vista documentale, quello che stava accadendo nel
cantiere, che tipo di lavorazione doveva essere effettuata. Per questo motivo gli inquirenti stanno passando al
vaglio i progetti ed il carteggio di Rfi, competente sulla stazione. Tutti documentisequestrati dalla magistratura
e preziosi per il prosieguo delle indagini. Anche per questo motivo non è stata ancora disposta l'autopsia sulla
salma dell'operaio. Si tratta di un atto «garantito» che dovrà essere espletato alla presenza anche dei
difensori degli indagati che la Procura riterrà di iscrivere nel registro all'esito delle verifiche in corso in queste
ore. L'attenzione degli inquirenti, fin dalle prime ore dell'incidente, resta concentrata sulle norme di sicurezza
applicate nel cantiere. Dai primirilievie dalletestimonianze raccolte dai soccorritori e dal personale del 118
intervenuto a Pietrarsa è emerso che i tre operai,al momento del crollo, non indossavanoi prescritti caschi
protettivi. In corso accertamenti anche per verificare all'interno del cantiere lapresenzadi tutteledotazionidi
sicurezza previste dalla normativa antinfortunistica. Si cerca di comprendere anche per quale ragione sul
ponteggio allestito sulla facciata della stazione non fosse visibile il previsto cartello con la indicazione dei
responsabili del cantiere. Come confermato da Marco Gallini, capo compartimento di Napoli per Rfi, la ditta
«Fratelli Comune Costruzioni» di Giugliano aveva ricevuto l'affidamento del cantiere nel giugno scorso.
Materialmente i lavori erano iniziati solo pochi giorni prima. Intanto la vicenda si intreccia con un altro crollo
che ha coinvolto la linea ferroviaria nel febbraio scorso, quando cadde in rovina un muro esternodi Villa
d'Elboeuf, alGranatello di Portici, determinando il blocco della tratta ferroviaria, ancora inattiva.Sulla vicenda
ci sonoinchieste della Procura di Nocera e di Napoli. Dal legale della Invest, la società proprietaria della villa,
Antonio Gioia, si apprende che «la proprietà di Villa D'Elboeuf ha chiesto l'immediata sospensione dei lavori
di Rfi, affidati alla stessa ditta impegnata a Pietrarsa. Martedì scorso nel corso dei lavori sulla linea ferroviaria
si sarebbe registrata la cadutadi calcinacciall'interno del perimetro della villa vesuviana». Un altroepisodio sul
qualegli inquirentisarannochiamatiafare lucenelleprossime ore. Le omissioni Muratori sui ponteggi senza
casco protettivo, niente tabelle con la descrizione dell'intervento e i nomi dei responsabili
02/10/2014 39Pag. Il Mattino - Ed. nazionale(diffusione:79573, tiratura:108314)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 50
Il sindacato Nappo (Cgil): basta, operai sotto ricatto come negli anni '50 Intervista Antonio Menna La denuncia «Si continua a morire nei cantieri tra subappalti false assunzioni e
buste paga taroccate» «Siamo tornati agli anni Cinquanta, quando all'operaio edile che protestava ilpadrone
diceva "se non ti conviene, prendi la giacca e vattene". Un ricatto continuo, che si paga a volte con la vita». È
infuriato Ciro Nappo, segretario dei lavoratori edili della Cgil di Napoli. In pochi giorni ha visto sfilare davanti
alla sua scrivania prima i colleghi di Salvatore Renna, l'operaio morto nel cantiere della Metropolitana di
piazza Municipio. Poi quelli di Raffaele Di Francesco, ucciso dal crollo di un solaio a Pietrarsa. «Storie
incredibili: si muore nei cantieri pubblici, dentro un labirinto vergognoso di subappalti, di assunzioni fasulle, di
buste paga taroccate. Non sono morti bianche ma omicidi. C'è chi vede e tace. Bisogna che qualcuno paghi.
Ho chiesto al Prefetto di convocare un tavolo sul tema mentre, stavolta, andremo fino in fondo anche nelle
sedi penali». Quest'anno 450 morti sul lavoro in Italia. Il 30% nell'edilizia. Che sta succedendo? «Non sono
morti per una fatalità. Ma per una precisa responsabilità. Si muore per stanchezza, per orari e ritmi troppo
lunghi, sovraffollamento dei cantieri, mancato rispetto delle misure minime di sicurezza. La cosa che lascia
senza parole, però, è che succede nei cantieri di opere pubbliche. Com'è possibile che non si rispettino le
regole sotto il Municipio? Il lavoratore morto a Pietrarsa, poi, non era dipendente della ditta appaltatrice, ma
distaccato da un'altra impresa, la Raggio di sole di Quarto. La data di assunzione è del 29 settembre, il giorno
prima dell'incidente. Cose che succedevano negli anni '50». Quanto c'entra la crisi economica con l'aumento
di morti sul lavoro? «C'entra moltissimo. Intanto, sul lato dei lavoratori. L'operaio è più ricattabile. È in uno
stato di bisogno, come ai tempi del caporalato. Prendere o lasciare. C'entra, poi, con la corsa delle imprese
agli appalti. Ci sono ribassi eccezionali. Alcune ditte vincono gare con sconti del 50%. Come si fa a realizzare
un lavoro con la metà dei soldi? Dove si risparmia? Sull'anello più debole: il lavoratore. Che rischia di pagare
a un prezzo troppo alto la sua necessità. Infine, si sono allentati drammaticamente i controlli. È come se lo
Stato avesse rinunciato a fare la sua parte. C'è chi omette, chi chiude gli occhi. C'è chi sa e non parla, chi fa
finta di non vedere. Sono tutti responsabili».
02/10/2014 39Pag. Il Mattino - Ed. nazionale(diffusione:79573, tiratura:108314)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 51
L'idea della Regione Lazio Il Serpentone romano del Corviale stritola altri venti milioni di euro Ristrutturazione, manutenzione, pure un concorso per riprogettare l'orribile casermone: è l'ennesimo pianodestinato al quartiere periferico. Il rischio è che finisca nel solito spreco CHIARA PELLEGRINI ROMA Dopo nomine e consulenze, nuovi sprechi in arrivo per la Regione Lazio. Protagonista dell'ennesimo
sperpero, in barba alla tanto sbandierata spending review , è Corviale. Il quartiere simbolo della periferia
romana sarà oggetto dell'ennesimo studio di riqualificazione, un concorso internazionale, bandito dall'Ater
(Azienda per l'edilizia pubblica) e finanziato dalla Regione che costerà 517 mila euro. Ma cos'è Corviale? E
perché, di amministrazione in amministrazione, si sprecano danari pubblici per progetti che non vedono mai
la luce? Il «Serpentone», come lo chiamano i romani, è un edificio di acclarata bruttezza progettato nel 1972
da un team di architetti coordinati da Mario Fiorentino in pieno boom edilizio. Erano gli anni del cosìddetto
«Sacco di Roma»,quando i palazzi venivano costruiti in quartieri senza servizi e le abitazioni diventavano
dormitori nel nulla. In questo senso, Corviale non fu da meno. La costruzione di questo casermone di periferia
ebbe inizio nel maggio del 1975. Le dimensioni dell'insediamento erano notevoli: 60 ettari di spazio, con 700
mila metri cubi di edilizia residenziale e quasi 90 mila extraresidenziale. Nel 1982 videro la luce le prime case
ma i lavori non furono mai terminati. L'impresa edile, unica affidataria dei lavori, fallì. Poco dopo iniziarono le
prime occupazioni abusive, 700 famiglie si insediarono a Corviale, un via vai che perdurò fino alla fine degli
anni Novanta. Corviale è stata al centro di ogni programma elettorale. I fondi per la riqualificazione ci sono dal
2004: 42 milioni di euro deliberati dalla giunta Storace, confermati da quella Marrazzo e successivamente
bloccati nel 2010, quando l'allora assessore alla Casa Teodoro Buontempo, con Renata Polverini alla guida
della Regione, paventò l'idea di abbattere e ricostruire il quartiere. Demolizioni, restyling, riqualificazioni,
progetti all'insegna del verde, con l'idea avveniristica di trasformare i pallidi tetti di cemento delSerpentone in
prati ed orti. Nulla è stato fatto. Il quartiere ha provato a risorgere: una biblioteca comunale e un Mitreo di arte
contemporanea, una cavea sotto i cui spalti la domenica si tiene un farm market e ancora, un campo da
rugby e il Municipio, il XV, che una decina di anni fa, ha deciso di spostare qui sotto la sede del proprio
consiglio, l'anagrafe e i vigili urbani. Adesso ci riprova il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. In
campo ci sono 20 milioni della Regione Lazio. Il piano è faraonico. Tre milioni di euro andranno ad interventi
già programmati di manutenzione del «Serpentone», 1,9 per la manutenzione della «trancia H» (un edificio
diagonale rispetto alla struttura principale),500mila per la realizzazione del già citato concorso, 9 per la sua
attuazione (civorranno sei mesi per bandirlo e sei mesi per chiuderlo), oltre 4 milioni andranno per la
ristrutturazione degli oltre 100 appartamenti occupati che si trovano al quarto piano (con la garanzia di
rientrare per chi ne ha diritto). A questi si sommano altri 6 milioni, sempre per il quarto piano, stanziati nel
2006 ma mai spesi. «Su Corviale il presidente Zingaretti non la racconta tutta e gli sprechi tardano a sparire»,
chiosa Fabrizio Santori, consigliere regionale del Lazio e componente della commissione Politiche Abitative.
«Su autorizzazione della giunta», continua Santori, «spenderà un vecchio miliardo di lire per l'ennesimo
inutile studio». Santori annuncia poi che nei prossimi giorni presenterà un esposto alla Corte dei Conti contro
«questo provvedimento» diffidando l'Ater «a operare azioni che portino a questo furto autorizzato nei
confronti delle tasche dei cittadini laziali», conclude il consigliere.
Foto: Il Corviale, «Serpentone» per i romani. Nel 1982 videro la luce le prime case [Ansa]
02/10/2014 16Pag. Libero - Ed. nazionale(diffusione:125215, tiratura:224026)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 52
VIAGGIO AD ARQUATA E GENOVA DOVE PROCEDONO, CON APPARENTE CALMA, I LAVORI DELLANUOVA LINEA FERROVIARIA IL REPORTAGE Terzo Valico, il ritmo lento dell'alta velocità italiana VERSIONI DISSONANTI Pochissimi operai nei cantieri. Cociv: «Tutto regolare» «C'è un guasto aun'apparecchiatura» confida un addetto. Ma i responsabili: «Non ci risulta» DESERTO A TRASTA «Quilavoriamo in settanta». Ma alle due e mezza del pomeriggio sono solo in quattro-cinque dal nostro inviato MARCO MENDUNI ARQUATA SCRIVIA (AL). Piove e la strada che porta alle spalle di Arquata Scrivia, dietro al centro
commerciale e alla mole imponente del cementificio, è un pantano sul quale i pneumatici slittano. Ti aspetti
che sia il verde la tinta predominante, invece è l'arancione. Il colore delle recinzioni in plastica che, via via,
stanno delimitando aree sempre più vaste intorno al cantiere. Giù per uno stradino laterale c'è l'accesso, poi
la scritta "sorveglianza armata" induce a maggior prudenza. Logico sia questo uno dei punti più presidiati
dell'intero tracciato del Terzo Valico, dopo le manifestazioni dei No Tav. C'è il presidio permanente dei
contestatori, lungo la strada, ma alle undici e mezza della mattina, sotto il nubifragio, non c'è nessuno.
Pochissimi al lavoro anche dietro le recinzioni. Voglia di parlare: zero. Ovvio: mancano le autorizzazioni, aprir
bocca porta guai. Così bisogna raccogliere le indicazioni così, a mezza voce: «Al lavoro non ci sono più che
una decine di operai». Altra rivelazione di sottecchi: «C'è un guaio, un guasto meccanico complicato
all'apparecchiatura». Che poi è un mostro metallico composto da tre silos in fila, alti e stretti. Ci spiegano che
devono divorare e trattare le terre di scavo. C'è una ruspa che va su e giù senza che, da semplici osservatori,
se ne comprenda il senso. Il braccio di una gru gialla teso verso l'alto, immobile. «In questi tempi non si vede
lavorare che una decina di operai, anche se dicono che presto ne arriveranno almeno altri venti».
Arriveranno, ma per l'intanto non si può utilizzare il verbo fervere e riferirlo ai lavori. Qui si sta costruendo la
galleria di servizio; poi via al traforo, che provenendo da Genova immetterà i convogli nella Padana. Lavoro
ad andamento lento ? L'unica cosa che sembra procedere di buona lena è la recinzione di parti sempre più
ampie del territorio. Confermato: gli operai che stanno mangiando, presto presto, alla trattoria accanto al Lidl
lo spiegano senza reticenze. «Andiamo - raccontano - con il nostro camioncino ma il nostro è un lavoro di
contorno: montiamo recinzioni». Sono molte di più rispetto al 10 settembre, ultima volta che eravamo stati
qui, per un esproprio annunciato che il Cociv poi non ha eseguito, sui terreni di Radimero. Da allora i
contestatori hanno utilizzato un'altra tecnica di disturbo. Arrivano di soppiatto e abbattono le recinzioni. Gli
uomini con il camioncino le ritirano su. La tela di Penelope. Esci dal fango e ti butti in autostrada. Poco più giù
del casello di Bolzaneto, sponda destra del Polcevera, c'è Trasta. E a Trasta sta sorgendo uno dei campi
base che ospiteranno gli operai, i tecnici, i geometri, gli ingegneri addetti all'opera. All'ora di pranzo non c'è
nessuno, sembra una piazza d'armi sotto il sole che intanto ha rotto le nubi. In un angolo lontano due operai
lavorano: «Siamo di un appalto esterno - spiegano con forte accento meridionale - stiamo bonificando il
terreno, poi qui sorgeranno altre casette del campo base». Dentro c'è una zona di ristoro con le macchinette
delle bibite del caffè. Sedie davanti, quattro operai albanesi si riposano, sudati, e chiacchierano. «Io sono
l'unico genovese qua racconta il conducente di un'autobotte - sono tutti napoletani, siciliani, vengono
dall'Abruzzo e dalla Basilicata. C'è anche qualche straniero, dell'Est soprattutto». Anche il nostro interlocutore
lavora per l'appalto a una ditta di Firenze: «Siamo in 50, io l'unico di Genova. Guardi, glielo ripeto perché a
volte mi sento io il foresto, qui». La pausa? «Devo portare acqua su allo scavo, ci vuole un'ora per riempire il
serbatoio. Poi di nuovo lassù. Ci vuole acqua in continuazione mentre le sonde lavorano, se no si alza un
polverone che non si vede più nulla». Lassù, in realtà, non è lontano. In via Castel Morrone lavorano altri
operai di una ditta esterna, specializzata in manutenzioni stradali. C'è un gran viavai di camioncini. C'è il
tunnel di un piccolo viadotto. Ci inoltriamo senza che nessuno ci fermi. Bisogna percorrere uno sterrato in
salita, poi, davanti a noi, l'imboccatura di quella che sarà la galleria "Campasso". Arrivati davanti ai
prefabbricati chiediamo informazioni: lei è uno dei responsabili? «Sì, sono io». Spiega che i lavori sono iniziati
a giugno. Quanto dovrete perforare? «Per duemilacinquecento metri, nel nostro tratto, ma siamo solo
02/10/2014 8Pag. Il Secolo XIX - Ed. nazionale(diffusione:103223, tiratura:127026)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 53
all'inizio». E da giugno quanti ne avete scavati? «Sessanta metri». Da profani, sembra un ritmo lento: «Sì, ma
siamo solo all'inizio, ho già detto». Ancora qualche domanda. In quanti lavorano in questo cantiere? La
risposta: una settantina di persone. Ma anche qui, quando sono ormai quasi le due e mezza, non vediamo
più di quattro o cinque operai in tuta. E le ricadute sull'occupazione cittadina? La risposta ancora una volta
vuol essere tranquillizzante: «Ce ne sono, ce ne sono genovesi che lavorano, delle ditte della zona». Segue
l'invito, garbato, ad allontanarsi: «Se le succede un guaio, ci vado di mezzo». Tornati alla base dopo questo
reportage corsaro, senza farsi annunciare e senza concordare nulla, chiediamo informazioni al Cociv, il
consorzio incaricato della progettazione e della costruzione del Terzo Valico. Alcune stridono con le
confidenze raccolte. Sul guasto al macchinario di Arquata la risposta è: «Non ci risulta. Eventuali problemi ai
macchinari sono relativi alla normale attività di manutenzione di macchinari così complessi». Sugli espropri
«stiamo andando avanti, come noto, secondo il programma di acquisizione». Sul cantiere di via Castel
Morrone: «Sono in corso gli scavi della galleria "Campasso", lungo in totale 600 m (non 2,5 km) e da cui inizia
la galleria di valico. Nei primi metri questa galleria passa sotto alcuni edifici per cui lo scavo deve avanzare
lentamente». In cantiere ci avevano dato cifre diverse: queste ultime sono quelle ufficiali del Cociv.
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Cronologia1903
1991
1999
2004
2006-2008
2008
2009
2010
2011
2012 Presentato il primo progetto per un Terzo valico ferroviario che colleghi Genova con la Pianura Padana.
Nel 1911 vengono stanziati i primi fondi, poi dirottati sulla Genova-Serravalle. Si riparla del progetto negli anni
Sessanta e Settanta, poi più nulla I lavori vengono assegnati al consorzio Cociv come general contractor. Nel
1996 i primi fori pilota, ma l'opera finisce a più riprese nel ciclone Tangentopoli e per due volte la valutazione
di impatto ambientale è negativa. Si ferma tutto Il Parlamento impegna il governo a portare avanti l'opera,
quattro anni dopo il Cipe approva il tracciato preliminare e fissa l'investimento necessario a 5 miliardi di euro.
L'opera nel 2004, rientra tra le priorità di livello europeo: dovrà essere realizzata entro il 2013 Inizia il balletto
sui finanziamenti, si parla dell'emissione di bond per coprire l'intero costo dell'opera. Nel 2006 il Cipe approva
il progetto definitivo Il governo Prodi impone una nuova gara per affidare i lavori del Terzo valico cancellando
l'assegnazione attraverso general contractor. Accuse tra centro destra e centro sinistra sul finanziamento
dell'opera Nuovo governo Berlusconi: l'avvio dei cantieri per le grandi opere - Terzo valico compreso -
vengono annunciati come priorità. Ritornano i general contractor cancellati dal decreto Bersani. Il Terzo valico
è nuovamente assegnato al consorzio Cociv Il Cipe finanzia il Terzo valico per 500 milioni. A settembre
Walter Lupi viene nominato commissario per la realizzazione dell'opera. Dubbi della Corte di Conti sul
finanziamento per lotti Berlusconi firma il Dpcm con cui autorizza l'avvio dei lavori con il sistema dei lotti:
bisogna passare di nuovo al Cipe. Il finanziamento di 500 milioni per il Terzo valico è approvato dal Cipe Gli
imprenditori scendono in piazza con Calvini in testa per fare pressione sulla necessità di iniziare i lavori.
Viene firmato il contratto tra Cociv e Fs, che chiude una querelle legale del valore di 700 milioni Viene
pubblicato il finanziamento del secondo lotto in Gazzetta ufficiale, quello di 1,1 miliardi di euro. Iniziano gli
espropri (con le manifestazioni dai no Tav) e i lavori preparatori TORTONA NOVI LIGURE Per Torino Per
Novara Sempione/Gottardo Per Milano ARQUATA SCRIVIA GENOVA GENOVA Fegino 4- AREA
CASTAGNOLA Comune di Fraconalto (AL) imbocco e scavo finestra 5- AREA VALLEMME Comune di
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Voltaggio (AL) imbocco e scavo finestra 6- AREA MORIASSI - LIBARNA Comune di Arquata Scrivia (AL)
imbocco Nord galleria di valico e area per montaggio fresa 7- AREA PIEVE DI NOVI LIGURE Comune di
Novi Ligure (AL) imbocco Nord galleria Serravalle e pozzo per montaggio fresa 1- AREA FEGINO Comune di
Genova imbocco sud galleria di valico 2- AREA POLCEVERA Comune di Genova imbocco e scavo finestra
3- AREA CRAVASCO Comune di Campomorone (GE) imbocco e scavo finestra La rampa al cantiere di via
Castel Morrone Lavori nel "campo base" di Trasta L'area di cantiere alle spalle di Arquata Scrivia. Nella
strada che lo costeggia il presidio permanente dei No Tav
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INTERVISTA LO DICE PIETRO CIUCCI A ITALIAOGGI Anas aprirà 50 nuovi cantieri entro la fine di quest'anno GOFFREDO PISTELLI Pistelli a pag. 5 DI G OFFREDO P ISTELLI Se c'è uno che aspettava con ansia lo Sblocca Italia, quello è
Pietro Ciucci, presidente Anas. Questo romano di 63 anni, economista di formazione, sta dal 2006 alla testa
dell'ex-ente stradale, oggi società per azioni che ha lo Stato come socio unico. Da allora, non c'è governo che
non l'abbia confermato: si tratta di cinque esecutivi, non bagattelle. Domanda. Presidente come va? Risposta.
Bene. Ogni mattina me lo ripeto davanti allo specchio e faccio un po' di training autogeno (ride). D. Beh con
oltre 1,5 miliardi di risorse arrivati con lo Sblocca Italia, questo esercizio risulterà più facile... R. È vero. È un
provvedimento importante che ci dà risorse altrettanto importanti. Certo, vanno sempre viste in termini
assoluti e relativi. D. Vale a dire? R. Che in termini assoluti l'Anas potrebbe fare di più ma in quelli relativi,
considerando le diffi coltà della fi nanza pubblica, quelle cifre sono davvero importanti. Anche perché si
sommano ad altri provvedimenti degli ultimi mesi, come il decreto del Fare del governo Letta e la legge di
stabilità 2014. Complessivamente abbiamo 4-5 miliardi da impiegare. D. Che cosa ci farete? R. Di qui alla fi
ne del prossimo anno l'obiettivo che ci siamo dati è aprire 50 nuovi cantieri per nuove opere, che però
diventano centinaia sommando le manutenzioni straordinarie. D. Questo delle manutenzioni è un po' un suo
pallino, ho letto... R. È un elemento che ho sempre portato all'attenzione del mio azionista, cioè il governo,
basandomi su un ragionamento elementare. Glielo riassumo... D. Prego... R. Se è vero che è importante
realizzare nuove opere, e ne avevo una quantità enorme bloccate quando arrivato e sono andate tutte a
compimento, se sono importanti le nuove opere, dicevo, è fondamentale anche continuare a salvaguardare la
rete che c'è già. D. I 25mila e passa chilometri di strade e autostrade che gestite... R. Esatto, che hanno
bisogno di manutenzione ordinaria e straordinaria, perché la rete è invecchiata, ovviamente, e ci sono
gallerie, ponti, m a n u f a t t i complessi che risalgono anche a 50 anni fa. E le strade, se vuole, sono un po'
come gli aerei: hanno bisogno di i n t e r v e n t i robusti e prog r a m m a t i . Ma ci sono almeno tre
considerazioni da fare. D. Come per gli aerei, credo che una sia la questione sicurezza... R. Infatti, quella è la
prima e la principale: bisogna che chi usa queste infrastrutture lo faccia in sicurezza. E una strada ben tenuta
è certamente più sicura. Poi c'è l'aspetto patrimoniale: questa rete viaria fa parte della ricchezza del Paese,
mantenerla, significa conservare e incrementarne il valore. Il terzo aspetto è l'impatto economico delle opere,
in una fase congiunturale come questa. Pensiamo a cosa significhino tanti interventi fra 2 e 5 milioni di euro,
affi dati ad aziende medio piccole, in modo capillare in tutto il Paese. Una strategia che è stata condivisa
appieno dal ministro Maurizio Lupi, dal decreto del Fare in poi. Con lo Sblocca Italia siamo arrivati al terzo
stanziamento in 12 mesi per questi interventi. Sommando, si arriva a quasi 1 miliardo di euro. D. Una leva
economica non indifferente. È un keynesiano pure lei? R. Quando me lo dicono, rispondo con una battuta. D.
Quale? R. Sa che si diceva che, nell'America della grande depressione, col New Deal, si mandavano gli
operai a fare le buche e poi a ricoprirle? D. Un caso di scuola... R. Ecco, noi non dobbiamo far la fatica di
farle, le buche, le abbiamo già (ride) e soprattutto abbiamo una rete da completare. Ma s e n z ' a l t r o
questo effetto leva c'è ed è importante. D. Tutti questi cantieri per le nuove opere e per la manutenzione
devono essere realizzati in tempi brevissimi. R. Sì, abbiamo un cronoprogramma strettissimo: dobbiamo
aprire tutti i cantieri entro agosto 2015. D. Non c'è solo Expo che devo correre, quindi. R. Noi siamo
concentratissimi e lo stiamo già facendo. Confi diamo che tutto quello che non dipende da noi assicuri lo
stesso ritmo di marcia, dalle conferenze dei servizi alle autorizzazioni fi no... D. ...ai ricorsi al Tar delle
aziende escluse dagli appalti, uno sport tutto italiano... R. Mi creda, a mettere un'opera in movimento, dalla
progettazione al cantiere, si fa una straordinaria fatica: spero sempre nel senso di responsabilità di tutti. D.
Quanto è importante continuare a infrastrutturare questo Paese? Spesso si sente dire «basta strade»... R.
Non siamo cementifi catori, sappiamo bene quanto l'ambiente vada rispettato, in un Paese come il nostro,
ricco di un patrimonio artistico, archeologico ed ambientale. Però non dobbiamo essere incoerenti: abbiamo
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un gap infrastrutturale, rispetto all'Europa, che colpisce tutte le regioni, dal Sud alla grande Lombardia.
All'insegna del risparmio del territorio, nel rispetto del paesaggio, ma i vuoti bisogna colmarli. D. Facciamo un
esempio, Ciucci? R. Guardi le nostre città, storicamente, si sono sviluppate lungo le strade. Poi, crescendo, i
centri abitati hanno inglobato quelle vie di comunicazione. Oggi bisogna liberare dal traffi co quei paesi,
quelle città: ci sono varianti che sono indispensabili. E poi c'è bisogno di un approccio multimodale, favorendo
la ferrovia che è anche più ecologica: ma se non fai le strade per arrivare alle stazioni e agli interporti, le
merci su ferro non ci andranno mai. D. Vale lo stesso per i porti, immagino... R. Certo, un porto senza una
rete viaria adeguata, può diventare uno scalo di transhipment, dove cioè i container sostano e ripartono, ma
senza arricchire minimamente il proprio territorio. D. Senta, la settimana scorsa a margine di un'audizione alla
Camera, le hanno chiesto del Ponte sullo stretto, a cui ha lavorato. Lei ha risposto che sareste pronti a
ripartire subito. Nell'Italia fatta di futuro e speranza, cui si richiama spesso Matteo Renzi, potrebbe essere
un'opera immaginifi ca. R. Il nostro presidente del Consiglio si richiama spesso alla necessità di «cambiare
verso». In questo caso, si dovrebbe passare dalle polemiche pregresse ai fatti. Se il governo decidesse che è
un'opera strategica, noi saremmo pronti: la società che gestiva la progettazione fa parte del gruppo, abbiamo
tutte le competenze e gli uomini. D. Quanto ci è costato, sinora, la falsa partenza? R. Vado a memoria ma le
cifre sono in bilancio: almeno 300 milioni di progettazione. D. Lei che ne pensa? R. A me sembrerebbe uno
straordinario volano di sviluppo, non solo per Calabria e Sicilia ma per tutto il Sud, con ricadute praticamente
immediate: se si ripartisse, in 12-18 mesi si potrebbe dare un contributo importante alla ripresa, agli
investimenti e all'occupazione. D. E poi in questa maniera non si pagherebbero le penali a Salini... R. Non è
l'impostazione corretta. Il Ponte deve essere realizzato se considerato strategico. E poi in base alle norme
vigenti non spetta nessuna penale al contraente generale. D. In quanto lo potremmo realizzare? R. Ci
vorrebbero 5-6 anni, in ragione dal tipo di progetto che si vuole fare, ma la realizzazione - fermo restando la
funzionalità del ponte - può anche essere completata per stralci successivi. D. Lei è l'uomo che per primo ha
portato un utile in bilancio in Anas e nell'audizione di cui sopra, lei ha parlato anche della necessità di
avvicinarsi al mercato. Che signifi ca? Un giorno avremo il titolo Anas quotato al Ftse di Milano? R. Un tema
delicato. La trasformazione di Anas da ente a società per azioni è stata una prima privatizzazione, formale se
vogliamo. Ora siamo un gruppo che segue le stesse norme delle imprese private e che ha ottenuto un
discreto effi cientamento, come quello che lei richiamava. Certo abbiamo puntato non a massimizzare gli utili
quanto la qualità della gestione. Ora forse si è arrivati a un'altra fase. D. Quale? R. La privatizzazione del
capitale e l'uscita dal comparto della Pa. Un approccio graduale, che richiede un percorso, degli
aggiustamenti, ma che è un obiettivo condiviso dal governo. Anche in questo caso siamo pronti: può portare
a un incremento di valore e alla riduzione di oneri per lo Stato. Diventeremmo una concessionaria simile ad
altre. Continua a pagina 6 SEGUE DA PAGINA 5 D. Lei ha fatto una carriera in quelle che un tempo si
chiamavano partecipazioni statali, partendo dal basso in Autostrade. Oggi è ai vertici di Anas. Un tempo
l'avrebbero chiamata «un boiardo». Che rapporto ha con la politica? R. Oddio, boiardo, a mia memoria non
me l'hanno mai detto (ride). Però lavoro da 45 anni e molti anni li ho spesi all'Iri, gestendo come direttore
generale privatizzazioni importanti. La magnitudo di quel processo, oggi, non si percepisce appieno, perché
le cose andarono molto bene. Se ci pensa, tranne Eni ed Enel, tutti i grandi operatori italiani vengono da lì.
Non secondario poi il fatto che, durante Tangentopoli, salvo alcuni episodi marginali, Iri sia stata indenne. D.
Secondo lei, perché? R. Perché l'Iri è stata governata spesso da pensatori lungimiranti in molti comparti, che
hanno saputo mantenere sempre una certa autonomia dalla politica. Il ché mi riporta alla sua domanda:
quella è stata una grande scuola di management e io, da tecnico, in tutti questi anni ho mantenuto la stessa
doverosa autonomia. D. Peraltro anche la politica sembra, oggi, concedergliene di più. Ricordo anni in cui,
ogni due per tre, c'era qualcuno che chiedeva il commissariamento di Anas. Oggi no. R. Perché Anas,
malgrado realizzi investimenti per 2 miliardi e mezzo all'anno, non è mai stata al centro di vicende discutibili
negli ultimi anni o di inchieste su cricche varie. Eppure il settore in cui noi operiamo ne è stato investito in
pieno, in anni recenti. La trasparenza e la legalità, insieme alla sicurezza del lavoro, sono obiettivi prioritari
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 57
per Anas. twitter @pistelligoffr
I 50 nuovi cantieri diventano però centinaia se, a quelli per le nuove opere che adesso si possono fare, si
sommano tutti quelli già previsti per eseguire le manutenzioni straordinarie
Il cronoprogramma dell'Anas per cantierare in fretta le nuove opere, dando così anche un contributo
anticiclico, è molto serrato e, per quanto dipende dall'Anas, sarà onorato
Senza nuove strade che le bypassano, le città rischiano di scoppiare perché esse crebbero, in passato, lungo
delle vie urbane ma per volumi di traffi co che erano molti più bassi
Un porto che non sia innervato in un circuito stradale adeguato, viene ridotto a scalo di transhipment dove
cioè i container sostano e subito ripartono per altre destinazioni
Se il governo decidesse che il ponte sullo Stretto è strategico, noi saremmo pronti ad iniziarne la costruzione
in 12-28 mesi e a realizzarlo nel giro di 5-6 anni. Sarebbe un grande volano
Foto: Pietro Ciucci
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 58
Così Bologna fa fruttare l'eredità di Expo Luisa Contri La staffetta fra l' Expo Milano 2015 e la Fabbrica italiana contadina (F.I.Co) di Bologna è confermata. Parola
di Tiziana Primori, vicepresidente di Eataly, direttore sviluppo partecipate di Coop Adriatica e futuro
amministratore delegato di F.I.Co, il parco tematico dedicato all'agro-alimentare italiano d'eccellenza,
chiamato anche Eataly World, ideato da Oscar Farinetti, patron di Eataly, insieme ad Andrea Segrè,
presidente del Centro agro-alimentare di Bologna. «L'iter burocratico», assicura a ItaliaOggi Primori, «è in
linea con il nostro programma che prevede l'apertura al pubblico a fi ne 2015. I permessi per costruire il
nuovo mercato, ristrutturando in parte costruzioni già esistenti, sono stati già concessi. E il Caab sta defi
nendo l'accordo con gli operatori per il loro trasferimento nella nuova sede nei primi mesi del prossimo anno.
Mentre per quanto riguarda Eataly World siamo nella fase di defi nizione del progetto esecutivo da parte del
Ccc, il Consorzio cooperative di costruzione, formato da società locali sia cooperative che private, che ad
agosto scorso ha vinto l'appalto per i lavori. Le opere di costruzione dovrebbero completarsi per agosto per
consentire poi l'allestimento e gli arredi degli interni per l'apertura a fi ne anno. E come abbiamo annunciato
oggi (ieri per chi legge, ndr) siamo online con il portale www.eatalyworld. it attraverso il quale raccoglieremo
le candidature delle aziende a partecipare al progetto. Contiamo che dalla selezione trasparente che
attueremo arriveremo a instaurare rapporti di fornitura di prodotti con circa 2 mila aziende e ad avvalerci della
collaborazione di un'altra ottantina d'imprese per la gestione dei laboratori, dei ristoranti e dei servizi». Coop
Adriatica (oltre 2 mld euro di fatturato) - socia al 50% assieme a Eataly della società che gestirà F.I.Co.,
Eataly World - ha già investito nel progetto 9 mln euro. Sottoscrivendo quote del fondo da 100 mln euro che
lo porta avanti, il Fondo Parchi Agroalimentari Italiani. Il valore degli immobili di F.I.Co è stimato in 55 mln di
euro, mentre l'investimento per la realizzazione delle opere del villaggio del food, che si estenderà su 80 mila
mq è di 45 mln di euro. Su questa superfi cie spazi per la vendita di prodotti agroalimentari, ristoranti (15), bar
(4), ristoranti del dolce (4), laboratori di produzione (44), centro congressi ed eventi (4 mila mq), allevamenti
dimostrativi (5), acquari (2) e 2 ettari di colture dimostrative, che nelle intenzioni dei promotori dovrebbe
attirare 5,8 mln visitatori l'anno.
Foto: Il rendering della Fabbrica italiana contadina (F.I.Co)
02/10/2014 19Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 59
INTERROGAZIONE Appalti, contributi ampi ROBERTO ROSATI I contributi erogati dalla stazione appaltante a titolo di contributo per la realizzazione di opere per le quali è
prevista l'aliquota Iva agevolata del 10% scontano tale aliquota indipendentemente dal momento in cui sono
erogati. È quindi irrilevante che le somme siano corrisposte durante la fase della costruzione oppure
successivamente. In ogni caso, l'aliquota agevolata non può applicarsi alle somme non correlate alla
realizzazione dell'opera, ad esempio per la gestione del servizio. Lo ha chiarito ieri, 1° ottobre 2014, il vice-
ministro all'economia, Casero, rispondendo a un question time in commissione fi nanze della camera.
L'interrogante rappresentava che la remunerazione del concessionario per la realizzazione e gestione di
un'opera pubblica «fredda», ai sensi dell'art. 153, comma 19, del dlgs n. 163/2006, è normalmente composta
da: contributo dell'appaltante sul costo di costruzione; canone di disponibilità residuale, da versare
periodicamente dall'appaltante; canone di servizio, da versare periodicamente dall'appaltante; ricavo dello
sfruttamento dell'opera da parte del concessionario. Premesso che sulle prime tre voci la stazione appaltante
deve corrispondere al concessionario anche l'Iva e che è pertanto necessario quantificare le risorse
necessarie all'intervento, il quesito mirava a sapere se, in caso di concessione di costruzione e gestione di
un'opera pubblica, per le somme corrisposte in conto investimento l'aliquota Iva del 10% si renda applicabile
a prescindere dal momento di erogazione, cioè in fase di costruzione o dopo l'ultimazione del collaudo. Nella
risposta si evidenzia anzitutto che la genericità del quesito non consente di individuare con precisione la
fattispecie e di rispondere quindi in modo circostanziato. Tuttavia, in relazione alla specifi ca questione, viene
precisato che, qualora l'opera rientri fra quelle agevolate ai sensi della tabella A, parte III, allegata al dpr
633/72, l'aliquota Iva del 10% tornerà applicabile alle somme erogate a titolo di partecipazione al costo
indipendentemente dal momento di erogazione.
02/10/2014 26Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 60
la meglio italia Brescia città del fare Dall'8 all'11 ottobre «panorama D'ItalIa» è nel capoluogo lombarDo. che ha un obIettIvo: superare la crIsIpuntanDo sull'InnovazIone senza DImentIcare la granDe traDIzIone manIfatturIera. Mikol Belluzzi e Gianluca Ferraris Foto di Alberto Bevilacqua p Panorama | 8 ottobre 2014 La rinascimentale Loggia che dà il nome alla piazza, cuore della città. È qui la
festa? No, festa no: ma qui c'è più lavoro, più progettualità, ricerca del nuovo, investimenti privati che in altre
parti d'Italia. Benvenuti a Brescia, prossima tappa di «Panorama d'Italia», dall'8 all'11 ottobre, un viaggio nel
«meglio dell'Italia visto da vicino». Diciassettesima provincia per popolazione e sedicesima per Pil pro-capite,
con circa 30 mila euro, Brescia ha un saldo attivo del «movimprese», l'anagrafe gestita dall'attivissima
Camera di commercio che tiene conto delle attività imprenditoriali: nel secondo trimestre di quest'anno, le
nuove imprese iscritte sono state 121.021, 600 in più di quelle che hanno chiuso, con un incremento dello
0,49 per cento, meglio di niente. Una città ancorata alla tradizione (questa terra è stata resa ricca
dall'industria manifatturiera siderurgica, oggi più circoscritta di un tempo ma ancora popolata da eccellenze)
ma aperta al nuovo, come dimostra la straordinaria esperienza di Talent Garden: una realtà fondata a Brescia
e presente in altre sette città italiane, uno dei principali spazi nazionali di coworking oltre che centro
generatore di innovative idee imprenditoriali, organizzatrice di Superstarter, un concorso per start-up rivolto a
tutti coloro che hanno un'idea imprenditoriale solida non ancora avviata. Il 4 ottobre celebrerà la finalissima
tra le 5 migliori idee di impresa selezionate in un contest che assegnerà un premio di 40 mila euro al
vincitore. Insomma: Brescia, città del fare. E come documenta la dettagliatissima rilevazione del Centro studi
dell'Associazione industriale bresciana, Aib, l'attività delle imprese manifatturiere bresciane ha registrato in
luglio un significativo incremento, dopo una battuta d'arresto a giugno. Il campione di imprese ha dichiarato
un aumento (43 per cento) della produzione, il 30 per cento in più di chi ha lamentato un calo. Le previsioni
sono ancora grigie, l'occupazione non riparte, ma intanto si lavora e si produce. E si apre la mente ad altri
business, primo fra tutti il turismo, che nel 2013 ha registrato una crescita di arrivi (14,22 per cento) e di
presenze (10,36 per cento). Ora punta a Expo con un ricco cartellone «Fuori Expo», capace di attirare un
consistente flusso di visitatori. Brescia c'è: «Panorama d'Italia» la racconterà. (Sergio Luciano) IL beLLo
deLL'ombreLLo Come trasformare un oggetto sobrio in accessorio divertente. E anche molto glam. Un
oggetto «povero» che aveva ben poco da spartire con la moda. Un architetto e un imprenditore che, in barba
a ogni cabala scelgono un gatto nero come simbolo della loro prima collezione. Un'attenzione maniacale al
prodotto. Il risultato, a dieci anni esatti dall'inizio di quell'avventura, è confortante: Aqueodesign, con il
marchio H.DUE.O, ha sottratto gli ombrelli degli italiani da un triste destino in cui la scelta era tra sobri
bastonati scuri e cineserie da pochi euro pronte ad abbandonarci dopo un paio di temporali. «Nel 2004 siamo
partiti da una domanda» conferma Barbara Veronesi, cofondatrice e mente creativa del brand: «Perché un
ombrello non può diventare bello da sfoggiare?». La ricetta di business più antica del mondo: coprire una
nicchia di mercato rimasta vuota, «e che sembrava non aver nulla da comunicare oltre al basso prezzo. Noi
eravamo convinti del contrario» puntualizza Roberto Fiegl, amministratore unico. Che può dirsi soddisfatto: il
fatturato è cresciuto nonostante la crisi, anche grazie alla diversificazione. Se gli ombrelli valgono ancora il 50
per cento dei ricavi, al core business si sono affiancati una gamma di accessori per la pioggia e
l'abbigliamento outdoor, articoli da viaggio e borse da lavoro. Il tutto veicolato da un centinaio di punti vendita,
tra negozi monomarca e corner nei grandi magazzini. Con tutte quelle bolliCine Il primo semestre è stato
positivo. E ora si punta tutto su export e qualità. La qualità della vendemmia di quest'anno non la
conosceremo fino al prossimo gennaio. Inutile azzardare un giudizio adesso». Difficile strappare qualcosa in
più a Maurizio Zanella, patron della cantina Ca' del Bosco e presidente del consorzio Franciacorta, che ha
fatto delle bollicine made in Italy il suo credo. «Non nascondo che per pinot nero e bianco è stata un'annata
difficile a causa delle piogge incessanti, ma per lo chardonnay mi spingo a dire che potrebbe essere
02/10/2014 92Pag. Panorama - N.41 - 8 ottobre 2014(diffusione:446553, tiratura:561533)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 61
un'annata importante». Si vedrà fra qualche mese, ma intanto Zanella si gode la sua ottima annata. «Per Ca'
del Bosco i primi sei mesi del 2014 sono stati molto buoni, siamo cresciuti e in questo difficile momento di
mercato non è poco, tenendo conto che la gran parte delle bottiglie di Franciacorta è più cara dello
champagne» continua il presidente della cantina controllata dal gruppo Zignago della famiglia Marzotto. «Il
nostro export ha raggiunto il 16-17 per cento, è ancora basso, il nostro obiettivo è arrivare al 40 per cento». In
arrivo ci sono molte novità. La prima è un prodotto in tiratura limitata, con un posizionamento molto alto,
mentre nella fascia più bassa continueranno i miglioramenti da un punto di vista tecnico. E presto il milione e
mezzo di bottiglie Ca' del Bosco che vanno dalla pregiatissima Cuvée Annamaria Clementi alla più modaiola
Cuvée Prestige avranno in comune la matrice biologica. «Al massimo tra un triennio saremo totalmente
certificati, ma non aspettatevi grandi proclami o scritte sulle bottiglie» conclude Zanella «perché per noi il
biologico è un valore da preservare e non da strillare per fare notizia». « i giardini dei talenti Negli spazi aperti
da Davide Dattoli si progetta il futuro. In coworking. Davide Dattoli è sempre stato precoce. A 18 aveva creato
una società per campagne virali sul social network. A 20 anni era già alle prese con Talent garden (Tag),
primo spazio di coworking in Italia e collocato nella sua Brescia ma presto esportato in tutta Italia: dopo
quattro anni le sedi sono diventate otto e oggi Dattoli, a soli 24 anni, gestisce un piccolo impero dello spazio
condiviso che va da Torino a Cosenza, passando per Milano, la capitale italiana dei talenti. «A Milano
abbiamo avuto un tale successo che si è deciso di quadruplicare gli spazi fino a raggiungere i 6 mila metri
quadrati» dice Dattoli, che ha visitato decine di strutture open space e ne ha scelta una a Porta Romana.
Roma è in dirittura d'arrivo: entro il 2014 aprirà il primo Tag della capitale, ai Parioli, 1.500 metri quadrati su
un unico piano. «Tag vuole essere un divulgatore e un acceleratore d'idee, non solo un contenitore di
scrivanie» conferma Dattoli, che lo scorso anno ha visto transitare nei suoi coworking oltre 30 mila persone
attirate da ben 300 eventi come lo «Start-up weekend» o il «Supernova Festival» a Brescia. I prossimi passi
all'estero: dopo New York, grazie a un finanziamento federale che ha selezionato Tag come uno dei progetti
più innovativi, sono previste le aperture a Lugano e in Lussemburgo. immobiliare con bellavista Storia di un
successo: dall'edilizia alle vigne di Erbusco. Di solito, quando un imprenditore diventa ricco, scopre la
passione per l'edilizia e per il settore immobiliare. Per Vittorio Moretti il percorso è stato esattamente opposto.
Partito come manovale e capomastro, si è messo a costruire appartamenti per i familiari e qualche
capannone industriale. Appena ha raggiunto un buon livello di liquidità, ha diversificato. Vigneti, alberghi,
ristoranti, persino cantieri navali. Fascia alta, lusso. Il gruppo Moretti oggi vale 124,2 milioni di euro di
fatturato, con 600 dipendenti, un ampio campo d'azione che spazia dall'edilizia al turismo, passando per
sontuose bottiglie di Franciacorta. «Non penso di avere alcuna dote particolare» dice con incredibile modestia
questo signore classe 1941, ancora saldo al timone della holding di famiglia ma con tre figlie a dargli man
forte sul ponte di comando. Una vita di soddisfazioni (l'ultima, il restyling di ristorante e bistrot del resort di
lusso L'Albereta, affidato dopo l'uscita di Gualtiero Marchesi allo chef emergente Fabio Abbattista) che non
nascondono ai suoi occhi le difficoltà del presente: «L'orizzonte, o meglio il non-orizzonte che abbiamo di
fronte ci fa pensare che a fine 2014 saremo bravi se riusciremo a chiudere in pareggio. Ed è tutto merito della
diversificazione: la nautica non tira più, l'hospitality soffre, ma nell'edilizia abbiamo commesse fino a metà
2015 e il vino, nonostante un anno complicato, continuerà a difendersi molto bene». Moretti ama raccontare
che deve la sua fortuna ai comunisti: «Negli anni 70, in Italia, c'era l'incubo del sorpasso: il Pci sembrava
destinato a superare la Dc. Molti proprietari vendevano, io compravo: ho iniziato con una casa e un terreno
qui a Erbusco con l'idea di fare un buon vino da bere con gli amici. Oggi a Erbusco produciamo il Bellavista,
uno spumante che se la gioca alla pari con gli champagne». A proposito di sinistra e politica economica, qual
è il giudizio su Matteo Renzi, che ha da poco sconfessato Cernobbio a favore dell'hinterland bresciano,
«dove ci sono il Paese e l'impresa reale»? «Renzi ha ragione, anche io a Cernobbio non vado più da anni. La
sua attenzione ai nodi da sciogliere mi pare sincera, e alcune idee buone. Ma quella fiducia che tenta di
infondere ancora non la si respira: qui la crisi ha impattato meno che altrove, ma ora servono fatti, e bisogna
fare in fretta». Davide Dattoli, 24 anni, ideatore di Tag. Vittorio Moretti con le figlie nelle vigne di Erbusco.
02/10/2014 92Pag. Panorama - N.41 - 8 ottobre 2014(diffusione:446553, tiratura:561533)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 62
pentole di famiglia La battaglia contro i concorrenti asiatici si vince con la qualità della materia prima. Dal
2007 in poi, le cose sono cambiate parecchio, e non in meglio, per il nostro settore» dice Paolo, uno dei tre
Brognoli al vertice di Gottinghen. Il settore è quello della pentoleria e stoviglieria in metallo, fino a dieci anni fa
fiore all'occhiello dell'artigianato di Brescia e provincia, con centinaia di piccole e medie imprese. Oggi ne
sono rimaste al massimo una ventina, «quelle autenticamente made in Italy credo ormai si contino sulle dita
di due mani». Gottinghen è una di queste: nata nel 1964 a Gottolengo, oggi è controllata dalla seconda
generazione, con felici incursioni della terza (suo figlio Massimo della produzione e suo fratello Fabio della
logistica) e non ha mai cambiato spirito e approccio. Persino lo slogan è lo stesso di allora: «La logica della
bellezza». Cambiare significherebbe sparire. «Perché dovremmo costruire rinunciando all'acciaio e
all'alluminio di Lumezzane? Per rosicchiare qualche centesimo alla posateria cinese e indiana che comunque
venderebbe a molto meno di noi? Suvvia... Preferisco offrire i migliori materiali, le migliori tecnologie, e le
migliori forme, senza tralasciare la funzionalità». Inevitabile occupare una nicchia: redditizia e ad altissimo
valore aggiunto, capace di garantirle la sopravvivenza. «Su poco più di un milione di euro di fatturato il 70 per
cento arriva dall'estero, Medio Oriente e Stati Uniti» continua Brognoli. «Il resto proviene da negozi al
dettaglio e grandi magazzini di pregio, dove siamo tra i leader nelle liste nozze». coppia vincente Manager
italiano e capitali brasiliani per andare oltre la crisi. E ripartire. Non c'è grattacielo, centro commerciale o
stabilimento industriale che non ospiti una struttura realizzata con blindosbarre, dei condotti elettrici
prefabbricati e modulari utilizzati per distribuire l'energia nei vari ambienti. Eppure Bbi electric di Tortole
Casaglia, nel 2010 era in grave difficoltà prima di finire in liquidazione. È a questo punto che un imprenditore
della zona, Silvano Lamberti, decide di creare una cordata per salvare il gruppo. Si mette in contatto con il
gruppo brasiliano Megabarre, cliente di Bbi e interessato a rilanciarla, e nel luglio 2011 con un'iniezione di 6
milioni di euro il tandem italobrasiliano scende in campo: e dai quasi 4 milioni di ricavi di allora il 2014
chiuderà a quota 15. Un miracolo? «Non proprio» afferma l'amministratore delegato Andrea Lamberti, che in
questi anni con il suo team ha risanato l'azienda, ribattezzata Megabarre Europe, al 90 per cento in mani
brasiliane, razionalizzando costi e produzioni. «Il 90 per cento del fatturato è realizzato all'estero, in
particolare nei paesi del Golfo e in Sudamerica, ma anche in Francia, Spagna e nell'Est Europa». Una mano
è venuta dalle banche, ma anche da nuove certificazioni che hanno spinto l'internazionalizzazione. «Stiamo
puntando su Vietnam e Cambogia, mentre a Dubai abbiamo vinto una commessa da 3 milioni per un grande
parco e un centro commerciale» conclude Lamberti. Paolo Brognoli, 50 anni, con il figlio Massimo. Andrea
Lamberti, amministratore delegato Megabarre Europe. « il colore verde dell'alluminio Investimenti, controllo
della filiera ed ecologia: tre segreti per essere al top. Si può fare innovazione nella siderurgia? Si può a casa
delocalizzare a chilometro zero o quasi? Si può trasformare tutto questo in un'attività redditizia da arrivare a
valere, nel giro di un biennio, circa il 10 per cento dei ricavi complessivi? La famiglia Agnelli di Bergamo, solo
omonima di quella che regna su casa Fiat ma titolare di un gruppo altrettanto storico (le origini risalgono al
1907), ha dimostrato che è possibile. Due anni fa la capofila, che controlla diverse società attive nella
lavorazione dell'alluminio, dopo aver rilevato una piccola fabbrica di Pralboino ha dato vita ad Alugreen che
produce billette, cioè le barre grezze da cui nascono quasi tutti i prodotti delle altre società di famiglia.
«Abbiamo investito in questa direzione per due motivi» racconta Cristiano Agnelli, numero uno di Alugreen ed
esponente della quinta generazione. «Ci siamo resi indipendenti dalle 5 o 6 multinazionali che producono
billette e in momenti come questi è un vantaggio competitivo». Il secondo motivo è ecologico: «Realizziamo
nuove leghe utilizzando in quota maggioritaria, circa il 60 per cento, l'alluminio della raccolta differenziata. Un
ciclo che permette di controllare la filiera dal rottame al prodotto finito: siamo gli unici in Italia e tra i pochissimi
del mondo». Incredibile che nessuno ci avesse pensato prima: il ciclo di lavorazione permette di ridurre fino al
95 per cento i costi energetici. «Oggi abbiamo raggiunto nuovi clienti in settori come finestre, arredo e
componentistica auto, ma soprattutto contribuiamo con 15 milioni di fatturato ai 151 di consolidato del gruppo
con una quota export del 20 per cento» conclude Agnelli. marketing & baratto Una piattaforma offre servizi
senza esborso di denaro. La crisi aguzza l'ingegno, ma Silvio Bettini la sua piattaforma per imprese BexB
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basata sul «baratto differito» l'aveva già realizzata nel 2001, quando i soldi erano ancora una commodity e
non una rarità. Forse per questo era partita un po' in sordina, mentre oggi con 3 mila aziende in 86 province
italiane (di cui il 10 per cento a Brescia) e nove società estere è una realtà consolidata, che lo scorso anno ha
intermediato scambi per 86 milioni di euro in 380 settori merceologici, transazione media quasi 5 mila euro,
ma con un range dai 7,42 euro per Post-it richiesti da una ferramenta milanese ai 431 mila euro per un
impianto fotovoltaico a Verona. Il meccanismo è semplice: chi cede un bene o un servizio guadagna risorse
(in moneta complementare EuroBexB) da spendere tra gli associati entro un anno. Il tutto senza rischi, grazie
all'assicurazione del credito garantita da una delle società leader del settore. «I vantaggi? Poter fare acquisti
senza un vero esborso monetario, incremento atteso del fatturato, risparmio immediato e marketing all'interno
del network» elenca Bettini, che coordina 16 agenzie che raddoppieranno il prossimo anno. In America
questo genere di scambi vale il 2 per cento del Pil, mentre in Italia il modello è ancora poco conosciuto e
forse anche un po' osteggiato dal mondo del credito. Ma una mano all'espansione dovrebbe arrivare
dall'apertura della piattaforma anche al retail, una novità presentata all'ultima convention di BexB, dove gli
associati potevano lasciare a casa il portafoglio: cena e alloggio erano offerti in compensazione. Tombini
d'auTore Innovazione e design per fronteggiare i cinesi in uno dei settori più tradizionali. Per tutti noi è
soltanto un pezzo di metallo zigrinato su cui è meglio non inciampare. Per Alessandro Regali, terza
generazione alla guida del gruppo Montini, il tombino è «la porta d'accesso al mondo sotterraneo». Non solo
utenze e condotte per portare luce, acqua e gas nelle case, ma anche un pizzico di magia e tanta passione
per questo quadrato di ghisa che ha portato la società di Roncadelle, alle porte di Brescia, a realizzare
chiusini d'autore, in collaborazione con i designer Giulio Iacchetti e Matteo Ragni, che quest'anno hanno vinto
il premio Compasso d'oro. «La nostra filosofia è sempre stata quella di creare un prodotto di qualità e anche
bello» dice Regali «e conquistare questo premio dopo che in passato è stato assegnato alla Ferrari per noi è
stato come vincere l'Oscar...». Un traguardo per lui e il fratello Stefano che stanno cercando di portare
innovazione in uno dei prodotti più tradizionali. «Ogni anno produciamo 1 milione di pezzi, che da poco
abbiamo iniziato a esportare anche in Europa grazie a nuove linee di prodotto: per ora l'export è al 10 per
cento, ma l'obiettivo è arrivare al 50». I tempi sono difficili anche per Montini, che con 45 milioni di fatturato è
il big italiano dei tombini. «Il mercato italiano è fermo a causa della crisi delle costruzioni, i cinesi ci fanno una
concorrenza spietata sui prezzi e quindi non ci resta che l'innovazione» spiega Regali. Che grazie a un
accordo con Telecom Italia è entrato nel mondo dell'infrastruttura telefonica, mentre con alcuni acquedotti il
gruppo sta studiando raccordi per condotte idrauliche, settore cruciale in Italia dove il 40 per cento dell'acqua
si perde prima di uscire dal rubinetto.
Per lo chardonnay Potrebbe essere un'annata imPortanteMaurizio Zanella
Maurizio Zanella, patron di Ca' del Bosco e presidente del consorzio Franciacorta.
Foto: Roberto Fiegl e Barbara Veronesi, soci fondatori di Aqueodesign. Basta la qualità per rilanciare le
imprese italiane sui mercati internazionali? Di' la tua sulla pagina Facebook di Panorama.
Foto: Cristiano Agnelli, numero uno di Alugreen. Silvio Bettini (al centro con la camicia bianca), ideatore della
piattaforma BexB, con i suoi collaboratori.
Foto: Alessandro Regali, numero uno del gruppo Montini.
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link _itinerari Trenta piani sopra il cielo Singapore È diventata la città più cara del mondo. Ma anche la più «alta»: si balla, si mangia e si beve (condiamante nel bicchiere), solo salendo molto con l'ascensore. Christian Benna Nuotare per 150 metri nella piscina a sfioro più alta del mondo. La Infinity Pool, al 57esimo piano, è una delle
maggiori attrazioni dello Sky Park, la piattaforma sospesa a 250 metri d'altezza a forma di nave (che include
giardini pensili, piscine, spa e ristoranti), sul tetto del Marina Bay Sands. A.A.A. nuovi stranieri cercasi. Sul
tetto del grattacielo One Raffles Place non si parla d'altro. Lo si fa in inglese perlopiù, ma anche in francese,
russo, arabo, cinese, malese. La notizia è questa: la città-stato più densamente abitata del mondo (7.300
persone per chilometro quadrato) è a caccia di nuovi residenti. Porte aperte, quindi, a una nuova ondata di
immigrazione. Quassù ogni notte, al 63esimo piano, a 252 metri d'altezza del bar 1-Altitude (1-altitude.com),
arrivano a frotte quelli della tribù degli «expat», che dopo lunghe (e massacranti) giornate di lavoro, vengono
a prendere una boccata d'aria, colorata da cocktail arcobaleno. Di solito ci si incontra nei rooftop bar più alla
moda, come appunto l '1-Alt i tude, i l Ku dé Ta, al 57esimo piano del Marina Bay Sands
(Kudeta.com/singapore), il birrificio Level 33, al 33esimo del Marina Bay Financial Center (level33.com.sg), al
Tower Club, 62 e 63esimo piano del Republic Plaza Tower (Tower-club.com.sg). Per socializzare, ballare e
fare un po' di pubbliche relazioni. Gli expatriates sono il 28 per cento dei 5 milioni di abitanti. E ora il governo
di Singapore intende raddoppiare la popolazione. A partire dagli stranieri. Da attirare con lussi sfrenati, mai
sotto il trentesimo piano. Gli expatriates sono manager e dirigenti delle multinazionali, broker finanziarie poi
un esercito (con permesso di soggiorno ridotto) di lavoratori dei mille cantieri. Singapore ha un progetto che
prevede l'incremento demografico del 30 per cento nei prossimi 15 anni. Largo alle nuove leve, da coccolaree
far divertire. A 40 anni di vita, la città è diventata un centro finanziario tra i più importanti del mondo ed è in
vetta a tutte le classifiche mondiali di benessere e prosperità. Per riuscire a ospitare questo vortice di uffici e
persone, e un turismo da 12 milioni di visitatori l'anno, la città stato ha aperto cantieri da mille e una notte. E
punta verso l'alto. Perché, questo è il piano, diventerà il «giardino d'Asia». Sono fioriti quindi i grattacieli (circa
70 gli edifici sopra i 140 metri) come quelli di Marina Bay Sands, il suo casinò (il terzo al mondo per
estensione: 500 tavoli da gioco, 1.600 slot machine) lo Swissotel The Stamford (1.200 stanze, 16 ristoranti e
bar, e la spa più grande d'Asia), lo stile coloniale del Raffles Hotel, condomini di lusso con orti verticali, e un
menù di ristoranti con vista mozzafiato che compongono la food nation, la nazione del cibo, dove in pochi
chilometri si gustano le ricette del mondo. Prendete l'Indochine (Indochinegroup.com), in cima al SuperTree, il
più grande albero (artificiale) del Garden by the bay, lo Stellar, al 62esimo piano del Raffles Place
(Rafflescity.com.sg); il New Asia, al 73esimo dello Swissotel (Swissotel.com/singapore-stamford); il cinese
Peach Garden, al 33esimo dell'Ocbc Center (Peachgarden.com.sg/chinatown-point); il China Club, ristorante
retrochic al 14esimo piano della Capital Tower (Chinaclub. com.sg); il Lighthouse, sul tetto del Fullerton Hotel
(Fullertonhotel.com), oppure il pluristellato e caro Jaan (Jaan.com.sg), al 57esimo dello Swissotel. Gli
ingegneri e gli architetti urbanistici si sono scervellati per trovare altra terra dove costruire: l'hanno rubata al
mare nel caso del Marina Center, edificato su arena artificiale. La voglia di crescere vola verso l'alto. Anche
per fare shopping. I grandi mall, come quello in costruzione di Ion Orchard, viaggiano sui 43 piani. In cantiere
ci sono altri dieci grattacieli, come i 49 livelli della Duo Tower e i 66 piani di Marina Bay Suites. E più in alto di
tutti vuole stare la compagnia aerea, la Singapore Airlines: la migliore al mondo per l'economy class, con
menù in business e first firmati Carlo Cracco. Si guadagna bene, molto benea Singapore, circa 60 mila dollari
l'anno. Ma si lavora sempre di più. Lo yogae le spa punteggiano la vita degli expat (come La Banyan Tree
Spa, al 55esimo piano del Marina Bay Sands o il True Yoga, nona caso, nel grattacielo Ocean Financial
Center, per rilassarsi un po' nel pieno di una vita in carriera). Il guaio di un mondo workaholicè che si popola
di single. L'anno scorso, la città ha registrato il record di matrimoni per corrispondenza, 5 mila: perlopiù
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 65
uomini, che hanno trovato partner in Thailandia o Vietnam. Largo dunque alla Singapore multinazionale che,
giocoforza, è diventata la città più cara del mondo, spodestando Tokyo. Qui i cocktail con diamante in fondo
al bicchiere, da 32 mila dollari a bevuta al Pangaea (Pangaea.sg.), fanno ancora scena. Secondo alcuni
analisti, però, siamo ormai prossimi allo scoppio della bolla economica. Basta guardare il prezzo delle case:
900 mila dollari in media per 90 metri quadrati (dal 20esimo piano in su, con prezzi che salgono con
l'altitudine). Nuove abitazioni in condomini dotati di tutto: dalla piscina al campo da tennis. Ma la crescita dei
prezzi del 57 per cento in pochi anni lascia pensare che a forza di andare in alto si rischi di cadere per le
vertigini.
Foto: Lussi da vertigini Il Level 33, al 33esimo piano, è il birrificio più alto del pianeta: a 156 metri da terra. Al
centro, il New Asia, al 73esimo piano dello Swissotel The Stamford, è considerato tra i migliori 50 bar del
mondo. Si balla fino a tardi. In alto, la Banyan Tree Spa, svetta su Singapore, per qualità e per posizione,
visto che è al 55esimo piano del Marina Bay Sands Hotel.
Foto: Godere tra le nuvole sopra, l' 1-Altitude Bar&Gallery, la terrazza da 250 posti che sovrasta la città, al
63esimo piano. in alto, il panorama sulla città dallo speciale osservatorio della ruota panoramica, la
Singapore Flyer, con i suoi 165 metri la seconda più alta del mondo, dietro quella di Las vegas. dalla sommità
si ha una visuale che spazia per 45 km. dalle sue 28 cabine si vedono le isole di Batam e Bintan, in
indonesia, e il sud della Malesia. In cima ai sapori il ristorante Indochine, cucina asiatica sulla cima del
supertree (ha solo quel piano a 50 metri da terra), il più grande e alto albero artificiale, nel giardino Marina
Bay sands. al centro, il club Ku Dé Ta, un'istituzione chic per il jet set locale e internazionale, in alto, la
terrazza del ristorante Lighthouse, in cima al Fullertone hotel.
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 66
real life Speciale ter voi Ecco come puoi sfruttare Expo 2015 per trovare un lavoro Dal marketing all'accoglienza, dal personale delle biglietterie a quello che guiderà le navette. Sono partite leselezioni per i 14mila posti a disposizione. Ma non c'è tempo da perdere. Le candidature vanno inviate entrola fine di ottobre. Vediamo come cogliere tutte le opportunità offerte. E farne un mestiere per il futuro Donatella Borghesi - foto di Stephanie Gengotti per F Inumeri fanno impressione. Un milione di metri quadrati di estensione, 300mila di verde, 200mila di aree
espositive, 147 Paesi partecipanti. E tutto deve essere pronto al polo fieristico di Rho Pero, alle porte di
Milano, per il 1° maggio 2015 quando cominceranno ad arrivare i 21 milioni di visitatori previsti per l'Expo. Per
sei mesi, ovvero fino al 31 ottobre dell'anno prossimo, ci sarà un unico protagonista: il cibo. "Nutrire il pianeta,
energia per la vita" è, infatti, il messaggio che lancia l'esposizione internazionale. Così, mentre visiteremo i
vari stand, passando per esempio da un prodotto dell'eccellenza italiana a una specialità della cucina araba,
ci abitueremo a sentir parlare della policyfood, la politica del cibo, del chilometro zero, del rispetto del
territorio, della biodinamica e della biodiversità, dell'educazione alimentare obbligatoria. Un'opportunità
speciale da non perdere, dunque. Lo confermano anche le testimonianze delle protagoniste di questo
servizio, giovani donne di talento, coinvolte nella fase della progettazione. Imparare a conoscere il cibo di
tutto il mondo. E riflettere sugli sprechi Una festa per gli occhi e per i sensi, con i colori e i profumi dei mille
ristoranti che si troveranno tra uno spazio espositivo e l'altro. Ma sarà anche un importante momento per
riflettere. «Nel mondo ci sono 850 milioni di persone che soffrono la fame e due miliardi di obesi, è la disparità
della distribuzione del cibo il problema più serio», dice Claudia Sorlini, presidente del Comitato scientifico
internazionale • per l'Expo nominato dal sindaco di Milano Giuliano Pisapia. «La Fao prevede che se
manterremo questo tipo di sviluppo, nel 2050, la domanda di cibo sarà cresciuta del 70 percento». Sorlini,
docente al Dipartimento di scienze degli alimenti e dell'ambiente dell'Università degli Studi di Milano, sta
lavorando con i colleghi di altri sei atenei alla divulgazione dei temi legati all'agricoltura e all'alimentazione.
«Produciamo più cibo del necessario, e il risultato è lo spreco generalizzato: i Paesi ricchi lo gettano nella
spazzatura, quelli poveri lo perdono per le scarse norme igieniche. Viviamo il paradosso che forziamo la terra
a produrre tantissimo, per poi buttare via i suoi frutti», spiega. Caccia ai 14mila nuovi posti di lavoro Expo è
anche l'occasione per trovare un lavoro. E non serve aspettare maggio, anzi. Il momento buono è questo: le
selezioni per i Minila posti a disposizione sono cominciate. Ce ne un po' per tutti. Si va dagli addetti al
marketing a chi si occupa dell'accoglienza, dal personale delle biglietterie a quello per le pulizie, da chi
guiderà le navette a chi gestirà i parcheggi. ManpowerGroup, l'azienda che ha vinto la gara per la selezione,
dopo soli dieci giorni ha già ricevuto quasi 35mila domande. Un'occasione per il futuro Ma chi è il candidato
ideale? Si cerca personale qualificato, con laurea o almeno un diploma, conoscenza perfetta dell'inglese e di
una seconda lingua. E poi sono fondamentali altre caratteristiche: essere capaci di reggere lo stress, avere
buone doti relazionali e saper risolvere i problemi. Spiega Stefano Scabbio, amministratore delegato di
ManpowerGroup: «Cerchiamo talenti con capacità di innovazione, creatività e adattamento. La forza di
questo evento è che offre una vetrina internazionale unica. Per i dipendenti abbiamo creato una piattaforma
web in cui possono vedere il loro percorso professionale sempre aggiornato. Sarà uno strumento utile per il
ricollocamento quando si chiuderà l'evento. È stato, infatti, siglato un accordo tra ExpoMilano20l5 e i
sindacati del commercio, per cui ci si impegna a trovare un altro impiego o a completare il loro percorso
formativo. Dove? All'Expo di Dubai nel 2020, per esempio». Le formule dei contratti saranno svariate: tempo
determinato, apprendistato, di somministrazione (l'ex interinale). La durata sarà dal 1° maggio 2015 al 31
ottobre, mentre per circa 60 persone l'assunzione partirà già a novembre. Sono previsti tre turni di otto ore
ciascuno, compreso il weekend, e naturalmente i giorni di riposo. Gli indirizzi da conoscere •
www.expo2O15.org è il sito generale su cui si trovano notizie sui progetti e sulle gare in corso. Qui trovi
informazioni anche su We-women for Expo, un network che coinvolge le donne di tutto il mondo sul tema del
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 67
cibo: artiste, scrittrici, grandi personalità, ma anche donne comuni. Tante le iniziative, compresi i bandi rivolti
a imprenditrici e aspiranti imprenditrici, che hanno un'idea che possa dare un contributo all'innovazione, alla
sostenibilità ambientale ed economica. • www.expogatemilano.orgb il punto di riferimento degli eventi a
Milano, con il calendario aggiornato. • www. comitatoscientifico-expo2015. org, il portale del Comitato
scientifico che organizza e promuove convegni, corsi di formazione e approfondimenti sui temi dell'evento. •
wwiv. manpowergroup4expo. it è la piattaforma con gli annunci di lavoro per Expo dove è possibile candidarsi
fino al 31 ottobre 2014.
Musica, arte, design: organizzo eventi per la città CAROLINE CORBETTA, 42 ANNI, RESPONSABILE
EVENTI EXPO GATE. È FIDANZATA he studi hai fatto? «Mi sono diplomata all'Accademia di Belle Arti di
Brera, mi sono però resa conto presto che preferivo stare dall'altra parte: non fare arte, ma diffonderla. Così
sono diventata curatrice di arte contemporanea». Come si è presentata l'occasione di Expo? «Cercavano una
figura femminile che offrisse un'immagine di rinnovamento per Expo Gate, il padiglione davanti al Castello
Sforzesco, il punto di partenza delle iniziative in città». Di cosa ti occupi esattamente? «Il debutto è stato il 10
maggio, con una grande festa. A oggi abbiamo fatto più di 50 eventi, tra musica, arte, design, moda, incontri,
coinvolgendo soprattutto i giovani. La risposta è molto positiva: il boschetto di mais tra le due piramidi ha
avuto 7mila visitatori al giorno, ed è diventato in centro il posto preferito per la pausa pranzo! Tra pochi giorni
lo sostituiremo con querce e aceri, anticipazione in miniatura del verde dell'esposizione». Pro e contro di
questa esperienza? «Solo aspetti positivi. Per me vuoi dire moltiplicare le occasioni di incontro. Con
l'eccellenza milanese, per esempio. A Lambrate ho scoperto il costruttore di chitarre più famose al mondo,
quelle di Lou Reed e Springsteen, ho incontrato gli allievi dell'Accademia della Scala: realtà diverse che
arricchiscono la città». Cosa ti lascerà? «Non ho progetti a lungo termine. Sto acquisendo molte conoscenze.
E crescendo, anche umanamente». E noi cosa dobbiamo aspettarci da Expo? «Deve restituirci entusiasmo, è
un'occasione che non possiamo mancare. Io lavoro qui perché ci credo, dobbiamo dire no allo scetticismo».
Seguo le gare d'appalto: una grande responsabilità BEATRICE OLIVELLI, 30 ANNI, INGEGNERE EDILE. È
SINGLE Che studi hai fatto? «Dopo il liceo classico volevo frequentare una facoltà scientifica: avevo capito
che l'approccio concreto faceva per me. In fondo, sogno da sempre di costruire la mia casa. Dopo aver
partecipato allbpen day del Politecnico ho scelto Ingegneria». Come si è presentata l'occasione di Expo? «E
stata una fortunata coincidenza. Mi sono laureata con una tesi su Expo come esempio di un grande evento
dentro la città. Poi ho inviato il curriculum. E dopo tre colloqui mi hanno preso». Di cosa ti occupi
esattamente? «Sono entrata nel gruppo di progettazione del piano dell'Expo che si estende su un milione di
metri quadrati. A noi spettava il compito di definire i tempi, i costi, l'analisi del cantiere. Poi siamo passati alla
fase esecutiva. Abbiamo lavorato con ritmi rigidi, con un programma da rispettare al secondo e 2mila voci da
tenere sotto controllo. Da un anno e mezzo sono all'ufficio contratti: seguo le procedure delle gare d'appalto.
E un nodo importante, di grande responsabilità». Pro e contro di questa esperienza? «Il fascino di realizzare
un progetto complesso è enorme. La difficoltà è nel bisogno di rispettare i tempi e di non perdere mai la
visione d'insieme, ma senza dimenticare il dettaglio». Cosa ti lascerà? «È un eccezionale trampolino di
lancio, mi aspetto che possa aprirmi molte possibilità. Anche all'Expo di Dubai, nel 2020». E noi cosa
dobbiamo aspettarci da Expo? «Eventi di questa portata sono un volano per la città. Per sviluppare servizi,
infrastnitture e continuare a far vivere l'area».
Aiuto gli stranieri a costruire il loro padiglione BENEDETTA CREMASCHI, 32 ANNI, ARCHITETTO. È
SINGLE Che studi hai fatto? «Architettura: mi ha convinto il mix di tecnica e di creatività. Dopo la laurea ho
fatto uno stage in Germania e ho lavorato un anno a Lisbona». Come si è presentata l'occasione di Expo?
«Lavoravo nello studio di Stefano Boeri quando è uscito il bando per i neolaureati: serviva un gruppo per
sviluppare il progetto elaborato dagli architetti Boeri, Ricky Burdett e Jacques Herzog e progettare il sito
espositivo». Di cosa ti occupi esattamente? «Faccio parte del Technical Office, un team di sette persone che
supporta i Paesi partecipanti nella costruzione dei loro padiglioni. Riceviamo e analizziamo i progetti che, una
volta approvati, vengono affidati a un direttore dei lavori. É stimolante perché mi mette in contatto con tante
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 68
culture. Una cosa accomuna tutti i Paesi: non capiscono la nostra burocrazia». Pro e contro di questa
esperienza? «E bello veder crescere i padiglioni. Ricordo l'emozione provata davanti al primo, il Vanke di
Daniel Libeskind. L'aspetto più faticoso è la lotta contro il tempo, la vita privata è ridotta quasi a zero». Cosa ti
lascerà? «Buone chance, ma anche la voglia di uno stacco da un lavoro così totalizzante. Sto pensando a un
giro del mondo. E poi a un'attività magari su scala più piccola». E noi cosa dobbiamo aspettarci da Expo?
«Già adesso quando i visitatori vengono in cantiere rimangono stupiti dell'impatto architettonico e urbanistico,
non se l'aspettano. Credo che questo sia un valore che resterà».
Con il mio team accolgo i Paesi asiatici FRANCESCA BELLÙ, 37 ANNI, MANAGER DIVISIONE PAESI. È
SPOSATA E HA UNA FIGLIA he studi hai fatto? \_J «Sono stata una violoncellista. Un problema alla mano
mi ha fatto svoltare: mi sono iscritta a Scienze della comunicazione. L'ultimo anno l'ho frequentato a Chicago.
Poi è arrivato il resto: un tirocinio alle Nazioni Unite, un master al Center for Global AfFairs di New %rk. Negli
Usa sono stata sei anni. La musica resta il sogno, suono ancora il piano, ma ho una grande passione per il
mio lavoro. Capire i criteri che muovono le nazioni è affascinante». Come si è presentata l'occasione di
Expo? «All'ambasciata italiana a Washington mi hanno segnalato il concorso, l'ho vinto». Di cosa ti occupi
esattamente? «Seguiamo i rapporti con i Paesi. Guidiamo tutte le loro scelte, dalla tecnologia agli eventi, alla
facilitazione degli incontri. Il mio team 66 è di sei persone, e ci occupiamo dell'Asia, il continente con il
maggior numero di presenze, in cui rientra anche il Medio Oriente, che è proprio il mio settore. Ci saranno
Israele, Palestina, Iran. E io tra poco parto per l'Oman». Pro e contro di questa esperienza? «Quello che può
sembrare un handicap, la fretta, diventa un vantaggio. Se la velocità è doppia, si assimila tutto rapidamente».
Cosa ti lascerà? «È una scuola importantissima. Non so cosa sarà del mio futuro, sono molto legata a New
York, ma mi piacerebbe continuare a lavorare in Italia. Al ministero degli Esteri, perché no!». E noi cosa
dobbiamo aspettarci da Expo? «È una sfida gigantesca, legata a un tema fondamentale per l'umanità. Il
mondo in quei mesi sarà tutto a Milano».
Abbiamo realizzato 300mila mq di verde CRISTINA MARTONE, 42 ANNI, NATURALISTA. HA UN
COMPAGNO E DUE FIGLI he studi hai fatto? «Dopo l'istituto agrario mi sono laureata in Scienze naturali e
ho iniziato a insegnare. Poi, per caso, ho accettato un lavoro in un vivaio: mi sono innamorata del verde
costruito. Così ho deciso di iscrivermi a un master in Architettura del paesaggio e mi sono lanciata nella libera
professione». Come si è presentata l'occasione di Expo? «Avevo mandato il curriculum, mai più pensavo di
poter lavorare a un evento così importante. Ricordo di aver detto: "Perché avete scelto proprio me?". Mi sono
trovata a dar vita, insieme al collega Gianluca Lugli, al verde di 300mila mq». Di cosa ti occupi esattamente?
«Ho diretto la selezione e l'acquisto delle piante, tutte italiane. Il verde è nelle piazze dove le colonne sono
sostituite dagli alberi, negli orti con pergolati e piante da frutta, nella collina mediterranea con querce e olivi. E
un anello di bosco naturale circonda tutto il sito. Ora seguo la ditta' che ha vinto l'appalto: "sorveglio" che tutto
sia al posto giusto». Pro e contro di questa esperienza? «È entusiasmante condividere il lavoro e confrontarsi
con gli altri professionisti. Ed è una scuola di vita risolvere i problemi senza danneggiare il risultato». Cosa ti
lascerà? «Tanta esperienza. Il mio sogno è lavorare a Disneyland, in California. Ho già mandato il
curriculum». E noi cosa dobbiamo aspettarci da Expo? «E un evento diverso dalle esposizioni
supertecnologiche che abbiamo conosciuto finora, qui parliamo di agricoltura e di cibo. Al di là delle
polemiche, ci lascerà la concretezza, il richiamo a ripensare alla terra».
01/10/2014 64Pag. F - N.40 - 8 ottobre 2014
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 69
SCENARIO ECONOMIA
23 articoli
Una fatica d'Ercole rilanciare la crescita Mario Draghi Noi siamo la banca centrale della zona euro, e pertanto siamo anche la banca centrale per l'Italia, anche se i
nostri incontri si svolgono solitamente a Francoforte.
Non è la prima volta che il Consiglio direttivo della Bce si è radunato in Italia. (...) Ritrovarci oggi a Napoli ci
offre la terza occasione di avvicinare la Bce a un'altra regione italiana.
Le manifestazioni annunciate per domani, non lontano dalla sede dell'incontro, ci ricordano le difficoltà che
stiamo attraversando nello sforzo di superare i molti aspetti della crisi.
(...)
Siamo qui raccolti stasera nel Salone d'Ercole, una sede che ben si addice alla nostra attuale situazione. Nel
nostro ruolo istituzionale sia in Italia che nella zona euro, spesso ci rendiamo conto di dover affrontare una
fatica di Ercole per rilanciare la crescita e ridurre la disoccupazione. E proprio come Ercole quando si ritrovò
a combattere contro l'Idra, anche noi abbiamo l'impressione, non appena superata una sfida - come la crisi
del debito sovrano - che di colpo ne spuntino fuori altre due - come la bassa inflazione e una debole ripresa.
Se mi consentite di estendere la metafora, vorrei ricordare in che modo Ercole riuscì a sconfiggere l'Idra: man
mano che tagliava una testa, il nipote ne cauterizzava il collo. In altre parole, Ercole aveva capito che
bisognava affrontare il problema sia in superficie che alla radice. Ed è proprio quello che occorre fare oggi
nell'area euro.
Siamo davanti, nello stesso momento, a un problema ciclico, cioè una domanda troppo bassa, e a una sfida
strutturale, ovvero una crescita potenziale troppo bassa. Ma solo affrontando contemporaneamente i vari
problemi potremo generare una ripresa sostenuta, assicurandoci che nessuna nuova «testa dell'Idra» rispunti
all'improvviso da quella appena mozzata. Questo significa che ciascuna istituzione è chiamata a svolgere i
propri compiti e a rispettare gli impegni.
Per la Bce, abbiamo il dovere di tener fede al nostro principale impegno, che è quello di riportare l'inflazione
sul 2 per cento, per quanto possibile. Discuteremo domani come possiamo avvicinarci a questo obiettivo.
Tuttavia, ne sono certo, siamo tutti d'accordo sul fatto che la politica monetaria, da sola, non è in grado di
restituire la fiducia e di riportare l'area euro verso la crescita.
A questo punto del ciclo, la chiave per una ripresa sostenuta sta in un incremento degli investimenti. La
politica monetaria può svolgere un ruolo in questo, abbassando il costo del capitale. Ma gli investimenti
dipendono anche dalla certezza riguardo le finanze pubbliche. Una riduzione dei tassi di interesse non
incoraggerà le aziende a prendere denaro in prestito per investire, se i loro margini di profitto vengono erosi
da una fiscalità più pesante, o divorati da costi nascosti generati da normative superflue. Pertanto, anche le
politiche fiscali e strutturali dovranno fare la loro parte.
Il problema principale in questo momento è davvero quello di ricostruire la fiducia, che è fondata sul rispetto
delle regole e sulla creazione di certezze. È solo quando si sentono fiduciose nelle finanze pubbliche e nella
crescita del domani, che le aziende sono pronte a investire oggi. In tal senso, la fiducia è ciò che consente di
anticipare al presente gli effetti positivi a medio termine delle riforme, riducendo così i loro costi a breve
termine.
Voglio essere chiaro: il rispetto delle regole non è un ostacolo alle riforme. A condizione che i Paesi si dotino
di posizioni fiscali sufficientemente solide, il Patto contiene già la flessibilità necessaria per gestire i potenziali
costi di bilancio delle riforme strutturali.
Ma è anche importante sottolineare che questa interazione va in entrambe le direzioni. Mentre le politiche
fiscali possono anche sostenere le riforme strutturali, le riforme strutturali sono essenziali per sostenere le
politiche fiscali. Con un debito pubblico eccessivo in molti Paesi dell'area euro, solo attraverso le riforme
02/10/2014 1Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 71
strutturali - che rilanciano la crescita potenziale, e quindi la sostenibilità del debito - noi possiamo creare gli
spazi necessari per ricorrere alla politica fiscale in futuro.
(...)
Pertanto, come ha detto Jean Monnet, non dobbiamo sederci ai lati opposti del tavolo in veste di nemici,
bensì tutti come partner dallo stesso lato, mentre le nostre sfide - disoccupazione elevata, bassa crescita e
bassa inflazione - saranno dall'altro lato del tavolo. La tavola europea non è un tavolo di negoziati dove
ciascun Paese, ciascuna istituzione riversa i suoi problemi. Dovrebbe essere invece un tavolo di famiglia,
dove ci raccogliamo tutti alla ricerca di soluzioni per i nostri problemi comuni.
*presidente della Bce
(traduzione di Rita Baldassarre-Corriere della Sera)
Il testoRiportiamo qui la traduzione di uno stralcio dell'intervento del governatore della Bce Mario Draghi ieri sera a
Napoli. Il discorso di saluto è stato pronunciato durante la cena di gala che si è svolta al Palazzo Reale in
occasione del Consiglio Bce
Foto: Mario Draghi è il presidente della Banca centrale europea dal novembre 2011. In precedenza (2006-
2011) è stato governatore della Banca d'Italia
02/10/2014 1Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 72
Spunta la clausola sui conti statali Il deficit garantito da aumenti Iva In calo il fabbisogno dei primi 9 mesi. Missione a Bruxelles del direttore del Tesoro L'obiettivo Nel 2015 unamanovra espansiva finanziata in deficit per circa una decina di miliardi ROMA Una nuova procedura per deficit eccessivo, dovuta al mancato rispetto della regola sul debito, il
«braccio preventivo» del sistema di sorveglianza, ma anche una procedura dovuta alla permanenza di
«squilibri macroeconomici» strutturali. Con il rinvio del pareggio di bilancio al 2017 l'Italia, questa volta, corre
un rischio doppio con la Ue. E visto che lo strappo della Francia sui tempi di rientro del deficit rischia di
complicare ulteriormente le cose, rafforzando la linea del rigore, il governo sta intensificando al massimo la
sua azione diplomatica. E offre alla Ue, in cambio di flessibilità, la blindatura dei conti del futuro: un aumento
dell'Iva e delle imposte indirette di 12,4 miliardi nel 2016, 17,8 nel 2017 e 21,4 nel 2018 che scatteranno per
garantire e mantenere il pareggio di bilancio.
Dopo la visita del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, mercoledì scorso, al neopresidente della
Commissione, ieri a Bruxelles il direttore generale del Tesoro, Vincenzo La Via, ha incontrato riservatamente
il direttore generale degli Affari economici della Commissione, l'italiano Marco Buti, al quale ha consegnato
l'aggiornamento del Def approvato martedì dal governo. E nonostante i rapporti con Bruxelles siano stati
quotidiani in questi ultimi giorni, non deve aver tratto una buona impressione se, nelle stesse ore, il
sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, ammetteva in Parlamento che «i commissari sembrano
pensarla in modo diverso su un'applicazione più intelligente del patto Ue». Per giunta, sembra di capire, il
giudizio sui conti italiani lo darebbe la Commissione uscente entro fine ottobre, e non la nuova che si
insedierà a inizio novembre.
Per ora il governo rimane sulla sua posizione, che sposta al 2017 il pareggio di bilancio e punta per il 2015 ad
una manovra espansiva finanziata in deficit per una decina di miliardi di euro, per favorire la crescita
dell'economia, di nuovo in recessione. «Senza una ripresa robusta la tenuta del tessuto produttivo e sociale
sarebbe a rischio» scrive Padoan nell'aggiornamento del Def. Per rispettare il programma di riduzione del
deficit concordato a suo tempo, nel 2015 sarebbe servita una manovra netta da 15 miliardi, che avrebbe tolto
altri 3 decimi alla crescita del Pil. E se si dovesse rispettare anche la regola di riduzione del debito sarebbe
stata necessaria una manovra monstre da 35 miliardi di euro, che avrebbe ridotto il Pil di altri 0,8 punti. Cosa
«né fattibile, né auspicabile» dice il Tesoro. Meglio invocare le circostanze eccezionali, innegabili, sperare in
un atteggiamento diverso della Ue e blindare il bilancio del futuro. Nella legge di Stabilità ci sarà dunque la
clausola di salvaguardia che prevede aumenti dell'Iva molto consistenti. Ed evitabili solo con misure
compensative. Si farà affidamento sui tagli di spesa, ma anche su un maggior recupero dell'evasione fiscale,
stimata dal Tesoro in 91 miliardi l'anno, che crescerà già nel 2014 (11 miliardi contro i 10 previsti). Ieri, intanto
il Tesoro ha diffuso i dati del fabbisogno dei primi 9 mesi del 2014, in calo rispetto all'anno scorso. Anche se
quest'anno il deficit (3% del Pil) dovrebbe essere di poco superiore a quello del 2013 (2,8%). Mario Sensini
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02/10/2014 5Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 73
Articolo 18, c'è il «paracadute» sociale Il governo prende tempo suicorrettivi L'ipotesi di partire dai lavoratori senza figli nei licenziamenti economici Lorenzo Salvia ROMA Il governo frena sull'emendamento che dovrebbe modificare le regole per i licenziamenti nel Jobs act,
la riforma del lavoro all'esame del Senato. E in parallelo studia una clausola che potrebbe attutire l'impatto
sociale del nuovo articolo 18. Ad approfondire questo capitolo, una new entry rispetto ai temi discussi finora,
è Veronica De Romanis, uno degli economisti che Matteo Renzi ha portato questa estate nella sua squadra.
La clausola riguarda i cosiddetti licenziamenti economici, quelli che dipendono dall'andamento negativo
dell'azienda. E dice che quando un'impresa decide di licenziare deve partire dai lavoratori socialmente meno
deboli: chi ha una famiglia a carico, ad esempio, rischierebbe meno di chi non ha figli. Questa strada viene
seguita in Italia per i licenziamenti collettivi, quando in caso di crisi le procedure vengono concordate con i
sindacati. Trasferirla anche ai licenziamenti individuali, regolati dall'articolo 18, significherebbe seguire il
modello della Germania. Un Paese che la stessa De Romanis conosce bene, avendoci vissuto per alcuni
anni e sul quale ha scritto paio di saggi. E anche un dettaglio che spiega quel «modello tedesco» sul quale lo
stesso Renzi ha insistito più volte parlando proprio di lavoro.
Resta però da vedere dove e quando la clausola potrebbe materializzarsi. Sembra perdere quotazioni
l'emendamento che il governo dovrebbe presentare per portare dentro il Jobs act il documento votato lunedì
scorso nella direzione del Pd. Il governo si è impegnato a mantenere aperta la strada del reintegro per i
cosiddetti licenziamenti disciplinari, quelli che dipendono dal comportamento del lavoratore. Era questa
l'apertura che lo stesso Renzi aveva gettato fra i piedi della minoranza del partito, pur rivendicando poi di
aver fatto passare la sua linea. Ma l'emendamento in questione potrebbe essere «degradato» a semplice
ordine del giorno: non una vera e propria modifica delle legge, ma un semplice impegno politico preso davanti
al Parlamento che potrebbe anche essere lasciato cadere successivamente nel vuoto.
Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti lascia tutte le porte aperte: «Ci stiamo ancora ragionando sopra». Il
«suo» sottosegretario Teresa Bellanova parla di «emendamento oppure ordine del giorno». Mentre il ministro
per le Riforme Maria Elena Boschi dice che si potrebbe anche «ritenere sufficiente il testo della delega e
tradurre l'accordo politico nei decreti delegati». Una strada, questa, che piacerebbe molto a Ncd, decisiva al
Senato per far passare la riforma. Non è solo un modo per prendere tempo, visto che in Aula si voterà la
settimana prossima. Ma una strategia per aggirare il conflitto. Di fatto significherebbe rinviare la questione dei
licenziamenti alle norme attuative, che spettano al governo e passano in Parlamento solo per un parere. La
minoranza del Pd avrebbe meno armi per far pesare le sue perplessità.
lorenzosalvia
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La vicendaDopo il voto alla direzione nazionale del Pd si apre nel governo un dibattito sull'ipotesi di preparare un
emendamento al disegno di legge delega sul mercato del lavoro che inglobi le modifiche all'articolo 18
promosse dal premier Matteo Renzi Questo emendamento potrebbe anche diventare solo un ordine del
giorno, ossia un semplice impegno preso davanti al Parlamento: una soluzione gradita ai centristi dell'Ncd,
determinanti con i loro voti per far passare la riforma in Senato
Foto: In Aula Da sinistra il sottosegretario Bellanova, il ministro del Lavoro Poletti, il vicepresidente del Senato
Gasparri, il ministro della Difesa Pinotti ( Benvegnù)
02/10/2014 6Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 74
La Nota LA CRESCITA INVOCATA COME ANTIDOTO ALLA CRISI La mano tesa Il capo dello Stato incontra la Bce e tende la mano a Renzi Il ministro Padoan evoca fratturesociali Massimo Franco L'accenno di ribellione della Francia contro i vincoli finanziari europei può apparire una solida stampella per il
governo italiano. Asseconda infatti la tesi di quanti, come Matteo Renzi, ritengono che l'austerità vada
temperata, se non disdetta. In realtà, il comportamento di Parigi sottolinea soprattutto l'ipoteca che l'ascesa
delle forze populiste alle elezioni europee di maggio sta mettendo alle agende delle politiche economiche dei
singoli Stati. Rappresenta dunque un segno di estrema debolezza, non di forza. La «sindrome francese»
riflette un malessere destinato a tendere i rapporti nell'Ue ma non a migliorare la situazione.
Per questo, il sogno di un asse franco-italiano è suggestivo quanto controverso. Significa sottovalutare
l'egemonia tedesca in Europa: di quella Germania che ieri, con la cancelliera Angela Merkel, ha ribadito che
«la crisi non è alle nostre spalle»; e che «i Paesi devono fare i compiti per il loro benessere»: un allarme
dovuto anche alle crescenti difficoltà di Berlino. La coincidenza con l'annuncio di palazzo Chigi che il pareggio
del bilancio sarà rinviato al 2017 è casuale. Ma evidenzia la sconnessione tra le dinamiche della
Commissione Ue e quelle di Francia e Italia, costretta a rivedere i suoi calcoli di fronte all'abbinata negativa di
deflazione e recessione.
Il fatto che Forza Italia incoraggi Renzi a seguire l'esempio di Parigi «rompendo il tabù del 3 per cento» nel
rapporto tra deficit e Pil sa di demagogia. Il sottosegretario Graziano Delrio sembra dargli ragione quando
spiega che «in questo momento servono politiche per la crescita»; e rifiuta «l'utilizzo della parola austerity .
Serve più disciplina che rigore». Rischia tuttavia di essere un dibattito nominalistico, che non cancella la
durezza della crisi: in particolare per il nostro Paese.
Le parole del ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, sono drammatiche: evocano la Grande Depressione
Usa del 1929. Renzi si trova ad affrontare le critiche del centrodestra per avere «annacquato», è questa la
tesi, la riforma del mercato del lavoro. Quanto all'approvazione in Senato, definita dal premier «una questione
di giorni», probabilmente lo è; ma con qualche margine di elasticità. E non perché la minoranza del Pd
continui a minacciare di non votare il cosiddetto jobs act . L'ex segretario, Pierluigi Bersani, promette «lealtà».
Le divisioni rendono evanescente una fronda per affossare il decreto.
Aleggia la possibilità che il governo ricorra alla fiducia. Ma per ora l'unica certezza è che le opposizioni
tenderanno a far slittare il «sì» a dopo l'8 ottobre: se non altro perché palazzo Chigi insiste su quella data. Lo
si intuisce dalla cautela del ministro per le Riforme istituzionali, Maria Elena Boschi, la quale assicura che
«non c'è data tassativa». È un modo per smussare resistenze che lo stile conflittuale di Renzi alimenta. Ma il
capo dello Stato, Giorgio Napolitano, gli tende la mano. Nell'incontro avuto ieri a Napoli con Mario Draghi e il
resto dei vertici della Bce, ha chiesto di nuovo all'Europa di imboccare il sentiero della crescita.
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02/10/2014 8Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 75
Il paradosso della nuova Tasi Case piccole, più cara dell'Imu Studio della Cisl: per le rendite catastali elevate l'imposta pagata è inferiore Francesco Di Frischia ROMA Chi vive in case popolari pagherà quest'anno una Tasi più cara dell'Imu versata nel 2012. Quei
cittadini, invece, che abitano in case di pregio dovranno pagare meno per la Tasi rispetto all'Imu di due anni
fa. È questo l'amaro risultato di uno studio curato dal dipartimento politiche fiscali della Cisl sulle 20 città
capoluogo di regione, analizzando le delibere delle aliquote pubblicate sul sito del ministero dell'Economia.
Il sindacato ha paragonato le due imposte considerando, come prima casa, tre tipi di immobili con rendita
catastale di 300, 500 e 1.000 euro. Nei conteggi sono state applicate le detrazioni deliberate dai singoli
Comuni (senza considerare gli sgravi per i figli a carico, facoltà assegnata per legge ai singoli municipi). A
conti fatti diminuiscono gli importi della Tasi rispetto all'Imu al crescere della rendita catastale. «È necessario
superare le iniquità di Tasi e Imu - chiede Maurizio Petruccioli, segretario confederale della Cisl - facendo
pagare proporzionalmente di più chi possiede più case e chi ha più valore catastale, anche per restituire
risorse alle famiglie che hanno meno».
La ricerca ha mostrato che in 11 città su 20 migliaia di cittadini, tra i ceti sociali più bassi, per una rendita
catastale di 300 euro dovranno pagare la Tasi, quando prima l'Imu (in 9 casi su 20) costava «zero», grazie
alla detrazione prevista per l'abitazione principale pari a 200 euro (indipendentemente dalla rendita
catastale). Quest'anno per la tassa sui servizi indivisibili (illuminazione e manutenzione stradale e sicurezza)
si oscilla dagli 11 euro di Milano ai 126 di Campobasso, passando per Venezia (46), Ancona (96), L'Aquila
(100) e Bari (66), comprese Aosta (50) a Palermo (45). La Cisl rivela anche che a Trieste, Trento, Bologna e
Firenze, tenendo come riferimento sempre i 300 euro di rendita catastale, le amministrazioni locali hanno
confermato l'esenzione totale dal pagamento della Tasi, così come avveniva per l'Imu. In altre città, invece, è
stata mantenuta una progressione legata agli estimi catastali. Infatti i cittadini che abitano in case non di
pregio pagheranno di Tasi meno rispetto a quello che prevedeva l'Imu: 16 euro a Roma (contro i 52 di due
anni fa), 56 a Torino (dove se ne pagavano 89) e Catanzaro (61 contro 102). Addirittura dimezzata la Tasi a
Potenza (26 euro contro 52).
Per gli immobili con rendita di 500 euro, si pagherà una Tasi superiore all'Imu 2012 in 8 capoluoghi tra i quali
Venezia (194 euro invece di 136), L'Aquila (168 contro 111), e Palermo (243 contro 203). A Firenze invece
l'aumento è di 1 euro (137 rispetto a 136). Si pagherà, invece, una Tasi più leggera tra l'altro a Roma (150
euro contro 220), Torino (167 contro 283) e Napoli (177 contro 220).
Scenario completamente diverso se consideriamo un immobile con rendita catastale di 1.000 euro: sono solo
due i comuni capoluogo che pagano un importo superiore alla vecchia Imu (Trieste con 554 contro 455 euro
e Firenze 484 contro 472). L'ampliamento della base imponibile e l'eliminazione della detrazione fissa
universale, sottolineano dalla Cisl, di fatto hanno ampliato la platea dei paganti mantenendo intatto il gettito.
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La vicendaTra poco
più di due settimane, giovedì 16 ottobre, scade per milioni
di contribuenti il termine per
il versamento dell'acconto Tasi. La nuova imposta immobiliare si applica anche alle abitazioni principali
e pertinenze
02/10/2014 29Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 76
CONSUMI E RILANCIO La spinta che serve per costruire la fiducia Alberto Orioli Non è irrealistico pensare che anche la quota di Tfr destinata alla busta paga rischi di non finire ai consumi,
così come sono rimasti "sotto il materasso" gli 80 euro. Complessità fiscali e previdenziali a parte, basta
leggere le mail che arrivano al giornale o i messaggi indirizzati a Radio24 per capire come gli italiani abbiano
un'idea "sacra" della liquidazione. È un unicum nel panorama dei Paesi occidentali e proprio per questo ha un
valore a sé di paracadute per l'imponderabile futuro. Ma ha anche un retrogusto da fine Ottocento, quando i
socialisti venivano chiamati "ciucia liter" perché dediti alle riunioni in osteria, politicamente accese e
alcolicamente generose. Era il tempo in cui veniva concordato il salario settimanale proprio per evitare che
quello giornaliero finisse "scolato" nottetempo tra bicchieri e intemerate rivoluzionarie. Questa idea "di
sinistra" del salario - o di una parte di esso - come risparmio differito si è evoluta fino alla famosa
"liquidazione".
Ma il vero rischio di un possibile flop per questa ulteriore iniezione di quasi-salario è nella confusione delle
ipotesi diagnostiche: la crisi di domanda è crisi di fiducia, e non sono la stessa cosa. Per rilanciare la fiducia
non servono solo più disponibilità per chi già ne abbia (l'operazione Tfr non riguarda naturalmente il grande
mondo degli esclusi: disoccupati, poveri, precari) ma condizioni di sistema che modifichino la percezione
della realtà e l'idea stessa del futuro.
Insomma, non bisogna più avere paura del domani. Ma non bastano 80 o 100 euro a comprare buonumore.
L'ottimismo non è in vendita.
Nemmeno quello che il premier sparge a piene mani - e con retorica efficace - in ogni contesto, dalla
direzione Pd all'assemblea dell'Onu. È uno sforzo comunque lodevole e necessario. Guai ad avere leader
piagnoni e disfattisti. Ma non è sufficiente, perché non basta il verbo dell'uomo solo al comando per far
cambiare verso a un intero Paese, complesso, stratificato, percorso e pervaso da interessi spesso
contrapposti e conflittuali.
Il programma strategico di Renzi dell'operazione fiducia confligge e si sfarina con il programma strategico di
Renzi dell'ideologia della disintermediazione. Non è vero - o non è ancora vero - che i social network possono
sostituire le tante articolazioni sociali. Nè è sufficiente, per la storia del Paese, confidare solo nella
composizione delle posizioni dei partiti (anche perchè, magari, si rischiano mediazioni pasticciate come
sembra essere diventata quella sull'articolo 18).
Certo, c'è molto da modernizzare anche nei cosiddetti corpi intermedi ed è tempo di ridurne il tasso di
corporativismo in nome di un superiore interesse generale. Nè servono liturgie stantie o bizantinismi solo
formali se non ci sono contenuti e significati veri. La società italiana è piena di incrostazioni, ma serve un
lavoro di fino e paziente per pulire la chiglia, non la scorciatoia di gettare via tutta la barca.
I contenuti esistono e rimangono: la mediazione sociale dà trama e ordito forte alla democrazia partecipativa.
E, come dimostra anche la storia del nostro Paese, dà la robustezza necessaria a quella tela per poter
reggere anche i peggiori rovesci dell'economia. Perchè tutti, alla fine - come cittadini prima ancora che come
capitalisti, imprenditori, lavoratori, professionisti, volontari - condividono l'obiettivo e remano nella stessa
direzione. E a muoversi è l'intero Paese.
Soprattutto è semplicistico pensare che il valore del consenso sociale sia una commodity, come lo è la
musica da scaricare con i-Tunes o come lo è l'attività di trasporto urbano al centro della guerra tra Uber e i
tassisti tradizionali. Nè è pensabile che la mediazione del consenso sia spazzabile da una App digitale così
come è stata spazzata l'epopea delle guide turistiche o quella delle agenzie di viaggio. Certo, oggi si
comprano libri senza librerie, vestiti senza boutique, si ordinano cibi, si prenotano babysitter, dogsitter,
badanti con un click.
02/10/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 77
Ma non c'è ancora la democrazia on demand.
Non ha funzionato (o ha funzionato in minima parte) l'idea - anni '90 - che un candidato politico fosse
"vendibile" come un detersivo; è stato utile introdurre elementi di marketing nella politica, non ridurla a
politica-spettacolo.
E così, anche oggi, si rischia di confondere lo strumento con lo scopo. Saranno le rappresentanze, certo
riformate, snellite, modernizzate, a usare i social network e le comunità digitali per gestire le loro posizioni di
interesse. Alla politica governante spetta la composizione di quegli interessi, la mediazione di alto profilo
organizzata sulla rotta del bisogno generale. Che non sempre è quello di un uomo solo al comando che
tweetta a 60 milioni di follower. Soprattutto in un Paese che rischia di avere 60 milioni di interessi singoli, tutti
diversi e tutti confliggenti.
Anche perchè, se così fosse, basterebbe un flash mob innescato con uno dei tanti tweet da Palazzo Chigi: il
giorno x spendiamo 50-60-100 euro tutti insieme, la domanda avrà un sussulto, il Pil pure. Può valere, forse,
per il Paese virtuale, quello reale ha bisogno di altri stimoli a cominciare da una vera, radicale riforma fiscale.
02/10/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 78
INTERVISTA/STEFANO DOLCETTA (CONFINDUSTRIA) «Non arretrare sui disciplinari» Nicoletta Picchio «Mantenere il reintegro per i licenziamenti disciplinari è un arretramento rispetto agli annunci. Abolire il
reintegro solo per i licenziamenti economici è un passo avanti ma lascia incertezza». Così Stefano Dolcetta
(foto), vicepresidente Confindustria per le relazioni industriali.Nicoletta Picchio u pagina 6
ROMA
«Non mi sorprende la dialettica interna al Pd e il dibattito in Parlamento, ma Renzi non deve cedere, né
accettare compromessi al ribasso. Se il risultato fosse una riforma confusa e pasticciata non solo sarebbe
inutile, ma anche dannoso perché aumenterebbe l'incertezza, soprattutto giuridica, che è il più grande
deterrente agli investimenti stranieri. L'Italia è un Paese che ha regole sul lavoro ferme agli anni 70, rigide e
complicate. Serve un cambio di rotta deciso, un segnale di discontinuità, un'indicazione di maggior
flessibilità». Stefano Dolcetta, vicepresidente di Confindustria per le relazioni industriali, manda un messaggio
al governo e al Parlamento ora che la riforma del mercato del lavoro sta entrando nel vivo al Senato.
Tutte le attenzioni sono sull'articolo 18. È il problema principale? Cosa occorre per avere un mercato del
lavoro che veramente funzioni e soprattutto rendere le imprese più produttive e competitive?
L'articolo 18 è un problema, ma non è certo l'unico. Il tema vero è rendere più conveniente e più flessibile il
contratto a tempo indeterminato. Al suo interno l'articolo 18 è un elemento di rigidità e come tale va
considerato. Ma attenzione a non fermarsi lì. Serve un intervento serio sul costo del lavoro e sull'Irap che ci
grava sopra. Bisogna poi mettere mano anche ad altro: salario aziendale, flessibilità delle mansioni,
permessi. Tutti elementi altrettanto rigidi che bloccano la produttività e su cui anche i sindacati dovrebbero
fare un passo avanti. Noi ci siamo, lo diciamo da tempo, siamo pronti a discutere.
Per l'articolo 18 si prospetta di mantenere il reintegro per i licenziamenti disciplinari. È insufficiente per le
imprese? Il reintegro andrebbe mantenuto soltanto per i licenziamenti discriminatori?
Il punto per le imprese è limitare il reintegro solo ai casi in cui vi siano elementi reali di discriminazione.
Vediamo come sarà formulato l'emendamento del governo, vediamo di capire come si tradurrà nei fatti
quanto più volte annunciato da Renzi in questi giorni. Non è secondario, perché in tema di lavoro il diavolo
sta nei dettagli. Certo, mantenere la possibilità del reintegro per i licenziamenti disciplinari è un arretramento
rispetto agli annunci della prima ora e non ci convince. Abolire il reintegro solo per i licenziamenti economici,
è un passo avanti rispetto alla legge Fornero ma lascia incertezza. Anche l'idea di fare una casistica
esaustiva non convince, c'è sempre il rischio che qualcosa rimanga fuori. A quel punto, molto semplicemente,
per un imprenditore sarà preferibile il contratto a tempo determinato o altre forme atipiche. Non è questo
l'obiettivo.
Si parla anche di una riduzione delle tipologie contrattuali: pensa che sia opportuno?
Va bene semplificare, ma attenzione alla retorica: non è vero che le forme contrattuali sono oltre 40. Non
buttiamo via quanto di buono fatto finora. Bisogna combattere e punire gli abusi, non ridurre la flessibilità in
entrata, specie in questo momento, dove il problema vero è creare posti di lavoro, includendo soprattutto i
giovani.
Altro punto centrale del Jobs act è la riforma degli ammortizzatori sociali e il rilancio delle politiche attive ...
Sono un altro tassello fondamentale, di cui purtroppo sento poco parlare. Serve un'azione decisa a favore
delle politiche attive: dobbiamo aiutare chi perde il lavoro a non sentirsi escluso, ma accompagnarlo
seriamente alla ricerca di un altro impiego. A nostro avviso, a regime, servono due soli ammortizzatori
universali, obbligatori: la cassa integrazione guadagni, per affrontare crisi nelle quali è prevedibile una ripresa
dell'attività, e l'Aspi per quanti hanno perso il lavoro e sono attivamente alla ricerca di nuova occupazione.
Razionalizzando gli strumenti si darà slancio alle politiche attive e si potranno ridurre gli oneri a carico delle
imprese. Bisogna però essere molto rigorosi: non si può più giocare sulla pelle delle imprese e dei lavoratori.
02/10/2014 1Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 79
Cosa ne pensa dell'idea del governo di mettere in Tfr in busta paga per rilanciare la domanda interna?
Una proposta che ci inquieta. Non so cosa abbia in mente esattamente il governo ma un punto deve essere
chiaro: non ci devono essere aggravi per le imprese. Non solo. La scelta peserebbe su aziende che già
soffrono la mancanza di liquidità, riducendone ancora le possibilità di investimento e di crescita. Sarebbe un
duro colpo, soprattutto per le piccole e medie, molte delle quali ancora orientate al mercato interno e quindi
alle prese con la crisi. Se poi penso agli effetti sulla previdenza complementare mi pare un'operazione fatta
un po' col passo del gambero, uno avanti e due indietro.
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Foto: IMAGOECONOMICA Vicepresidente. Stefano Dolcetta
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 80
Il nuovo Def. Dalle riforme 3,4 punti di Pil nel 2020 e 8,1 nel lungo periodo. Nel 2014 solo 0,4% dalledismissioni I tagli si fermano a quota 6-7 miliardi Altri 1,5-2 miliardi dagli sconti fiscali NIENTE CORREZIONE Governo: stop alla crescita col rispetto di tutti i vincoli Ue che avrebbe richiesto tagliper 14-15 miliardi. Nel 2014 meno interessi per 5,9 miliardi Marco Rogari ROMA
Non più di 6-7 miliardi. Alla fine si dovrebbe fermare a questa quota il piano di tagli alla spesa per il 2015 che
sarà integrato da 1,5-2 miliardi di "risparmi" dalla potatura delle tax expenditures. In tutto tagli 8 ai 9 miliardi,
più o meno la metà dei 16 miliardi indicati come obiettivo della spending review dal Def di aprile prima di
essere rivisto dalla Nota di aggiornamento approvata martedì dal Consiglio dei ministri. Con la quale è stato
aperto uno spazio per la crescita di 11,5 miliardi utilizzando lo scostamento dello 0,7% tra il dato del rapporto
deficit-Pil "programmatico" (2,9%) e quello "tendenziale" (2,2%).
Una decisione, quella del Governo, che comporta un rallentando del processo di aggiustamento strutturale
dei conti sulla base dei parametri Ue. E il rinvio al 2017 del pareggio di bilancio seppure senza sforamenti del
tetto del 3% di deficit, ma con il ricorso a una nuova maxi-clausola salvaguardia in termini di possibile
aumento dell'Iva. Agli 11,5 miliardi ricavati azionando la leva del deficit si aggiungeranno gli 8-9 miliardi dai
tagli per completare il mosaico della prossima legge di stabilità da 20 miliardi. «La parola austerity non serve
a risolvere i problemi attuali dei paesi europei» ha ripetuto ieri il sottosegretario alla Presidenza, Graziano
Delrio. Che ha aggiunto: «È venuto ora il tempo però di ripensare di più alla crescita».
Nella Nota di aggiornamento al Def si evidenzia che se non fosse stato ritardato il percorso per giungere al
pareggio di bilancio sarebbe stata necessaria una manovra pari allo 0,9% del Pil (14-15 miliardi). Che se
attuata solo con tagli di spesa avrebbe generato una minor crescita dello 0,3% nel 2015 e dello 0,1% nel
2016 con effetti negativi sugli investimenti (0,5 punti nel 2015) e sui consumi (0,1 nel 2015). Sempre nella
Nota si sottolinea che se l'ammontare dei tagli per il 2015 fosse stato pari a 2,2 punti di Pil, ovvero l'entità
della manovra necessaria per rispettare anche la regola del debito, l'impatto negativo sulla crescita sarebbe
stato di 0,8 punti.
Il Governo nella Nota ribadisce che punterà tutto sulle riforme strutturali (dal lavoro alla Pa passando per
quelle istituzionali). Un pacchetto di interventi che garantiranno una crescita del Pil di 3,4 punti nel 2020 e di
8,1 punti nel lungo periodo. La sola riforma del lavoro dovrebbe produrre un ritocco verso l'alto dello 0,1% già
nel 2015 così come quella della Pa. Quanto all'andamento del Pil, la crescita è stimata in un +1% nel 2016 e
nell'1,3% nel 2017. Per il 2005 la nuova previsione dello 0,6% potrebbe anche essere ulteriormente rivista al
ribasso. La Nota di aggiornamento del Def certifica che nel 2014 la minor spesa per interessi, grazie all'effetto
spread, sarà di 5,9 miliardi rispetto al previsto. Nel 2015 le uscite per interessi dovrebbero ridursi per circa 2,5
miliardi sul 2014. Sul fronte delle privatizzazioni quest'anno l'obiettivo dello 0,7% del Pil, confermato per i
prossimi due anni, non sarà centrato: si scende allo 0,4%.
La Nota di aggiornamento conferma poi l'allentamento per 1 miliardo del Patto di stabilità interno per i
Comuni, che sarà progressivamente superato attraverso l'anticipo del recepimento della regola del pareggio
di bilancio prevista dalla Costituzione dal 2016 al 2015. Dai tagli di competenza dei dicasteri dovrebbero
arrivare non più di 3 miliardi (di cui ameno 300 dalla Difesa), con un contributo della sanità tra i 700 milioni e il
miliardo, soprattutto sul versante dei beni e servizi (dai 700 milioni al miliardo). Il nuovo giro di vite sulle
forniture dovrebbe garantire complessivamente altri 2-2,5 miliardi. Nel mirino anche Inps e Inail, dai quali
potrebbero arrivare 300-500 milioni con l'obiettivo di completare la copertura degli 1,5 miliardi necessari per i
nuovi ammortizzatori, insieme a una fetta della spending e utilizzando anche i margini di bilancio.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 81
La lunga crisi VERSO LA LEGGE DI STABILITÀ Clausola Iva da 12,4 miliardi Imprese, taglio ai contributi Padoan: «Muoversi con decisione o società a rischio. La caduta del Pil in Italia è superiore a quella del '29»MARGINI DI FLESSIBILITÀ In tutto 11,5 miliardi con lo scostamento tra il rapporto deficit-pil programmaticonel 2015 (al 2,9%) e quello tendenziale (al 2,2%) Marco Mobili Marco Rogari ROMA
Il taglio del cuneo fiscale per le imprese da 2-3 miliardi farà principalmente rotta sulla riduzione dei contributi
sociali. Ma non è ancora del tutto escluso anche un intervento sull'Irap. Per i lavoratori dipendenti, invece, la
riduzione del carico fiscale si realizzerà attraverso la stabilizzazione del bonus Irpef di 80 euro, confermata
dalla nota di aggiornamento al Def. Che vincola "a sorpresa" l'obiettivo di medio termine del raggiungimento
del pareggio di bilancio nel 2017 a una nuova clausola di salvaguardia da inserire nella legge di stabilità
2015: «sulle aliquote Iva e sulle imposte indirette» per un ammontare «di 12,4 miliardi nel 2016, 17,8 miliardi
e 21,4 miliardi nel 2017 e nel 2018». La clausola, confezionata anche per rassicurare Bruxelles, come si
legge nella nota di aggiornamento del Def «se esercitata avrebbe un effetto recessivo pari a 0,7 punti
percentuali di Pil nel triennio 2016-2018 dovuta a una contrazione complessiva di consumi e investimenti per
1,3 punti percentuali».
A precisare che la legge di Stabilità «interverrà a favore delle famiglie meno abbienti e delle imprese», è
stato il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan. Sempre nella nota di aggiornamento al Def scrive che «il
governo agirà nel solco della riduzione delle imposte sulle persone fisiche e sulle imprese già adottata e delle
recenti misure volte a stimolare gli investimenti privati e a facilitare l'accesso al credito per le piccole e medie
imprese».
Interventi necessari per stimolare la crescita. « L'area dell'euro è a un bivio», precisa ancora Padoan, con i
Paesi che in assenza di interventi «rischiano di avvitarsi in una spirale di stagnazione e deflazione». E
aggiunge: «In termini cumulati la caduta del Pil in Italia è superiore rispetto a quella verificatasi durante la
Grande depressione del '29». In sostanza per Padoan senza crescita ci potrebbe essere un rischio sociale.
Per questo la manovra per il prossimo anno ha bisogno di essere espansiva e sfrutterà appieno i margini di
flessibilità per attuare «un ambizioso pacchetto di interventi strutturali» (le riforme porteranno nel lungo
periodo 8,1 punti di Pil) per tornare «su un sentiero sostenuto di crescita». In tutto si tratta di 11,5 miliardi
ricavati dallo scostamento deciso dal Governo con la nota di aggiornamento del Def di 0,7 punti percentuali
tra il 2,9% di rapporto Deficit-Pil programmatico per il 2015 e il 2,2% "tendenziale". Complessivamente in
direzione della crescita arriveranno 7 miliardi per la stabilizzazione degli 80 euro in busta paga (che si
aggiungono ai 3 già previsti dal decreto Irpef), 1,5 miliardi per i nuovi ammortizzatori sociali, 1 miliardo di
allentamento del patto di stabilità dei comuni e un altro miliardo per l'assunzione dei 150mila precari della
scuola. Un sostegno mirato, si legge nella nota al Def, anche alla ricerca e allo sviluppo.
Il tutto senza tenere conto dei 3 miliardi della clausola fiscale ereditata dall'esecutivo Letta (3 miliardi). E
degli 800 milioni necessari per sbloccare gli scatti e gli automatismi stipendiali del comparto difesa e
sicurezza che oggi rappresenta il 15% dell'intero pubblico impiego. Un intervento che sarà coperto per non
più di tre quarti da tagli di spesa e dal riordino delle tax expenditures (si veda il servizio qui sotto).
La riduzione del costo del lavoro sarà coperta quasi esclusivamente con i tagli di spesa. Nel mirino ci sono
anche gli enti previdenziali. Inps e Inail potrebbero essere chiamati a contribuire per 300-500 milioni di euro.
Palazzo Chigi e l'Economia sembrano orientati a optare per un nuovo taglio dei contributi sociali, sulla falsa
riga di quanto già fatto dal Governo Letta con la legge di stabilità per il 2014. Un intervento che potrebbe far
rotta anche sui contributi previdenziali senza però intaccare i trattamenti pensionistici e agendo su una
defiscalizzazione degli oneri contributivi sostenuti dalle imprese.
02/10/2014 2Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 82
Non resta escluso comunque un nuovo intervento diretto sull'Irap, come evidenzia la nota di aggiornamento
al Def, anche se sembra sempre più difficile il taglio dell'intera componente lavoro dall'imponibile Irap come
chiedono le imprese.
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I numeri della Nota di aggiornamento al Def
PRESSIONE FISCALE
Il peso di imposte e tributi scenderà solo dal 2017 L'aumento del deficit/Pil dello 0,7% nel 2015 fino a toccare il 2,9% è motivata dalla volontà di finanziare
impegni di spesa in settori ritenuti più sensibili per la crescita economica e per ridurre la pressione fiscale per
famiglie e imprese. L'obiettivo è duplice - si legge nella Nota di aggiornamento del Def - supportare la
domanda aggregata e la competitività del Paese. In questa prospettiva la pressione fiscale passerebbe dal
43,3% di quest'anno al 43,6% del 2016 per poi ridursi al 43,3% nel 2017 e al 43,2 nel 2018. La pressione
fiscale risulterebbe inferiore anche per effetto nel nuovo sistema di calcolo del Pil (Sec 2010).
43,3% L'IMPATTO DELLE TASSE
2 INVESTIMENTI
Spesa della Pa in calo e investimenti verso il +2% O biettivo strategico del Governo è il rilancio degli investimenti pubblici e privati (in contrazione del 2% nel
2014 è atteso in aumento dello 1,5% l'anno venturo), da promuovere in maniera coordinata con l'Unione
europea. In particolare nel nuovo quadro macroeconomico programmatico si indica una spesa della Pa in
calo di mezzo punto l'anno prossimo e dello 0,3% del Pil nel 2016. La spesa pubblica ricomincerebbe a salire
(+0,2%) solo nel 2018, anno in cui la spesa per investimenti dovrebbe attestarsi su una crescita dell'1,8%
dopo aver superato il 2 per cento nel 2016 e nel 2017.
+2% INVESTIMENTI IN SALITA
3 LAVORO
Tasso di disoccupazione in crescita fino al 2016 L e misure messe in campo finora dal Governo e il futuro Jobs Act dovrebbero produrre una variazione
positiva del Pil dello 0,1% nel 2015 sia nello scenario tendenziale sia in quello programmatico. Nel 2020
l'effetto espansivo si amplierebbe al +0,4% nel tendenziale e al +0,9% nel quadro programmatico. In questa
prospettiva estremamente prudente il tasso di disoccupazione è destinato a rimanere sopra il 12% fino a fine
2016 per poi ritracciare verso quota 11,6 e 11,2% rispettivamente nel 2017 e nel 2018. Nel prossimo triennio
è tuttavia previsto in aumento anche il tasso di occupazione (dal 55,6% del 2014 al 56,1% del 2016) a
conferma di una maggiore partecipazione complessiva.
12% IL PESO DEI DISOCCUPATI
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 83
La lunga crisi L'EUROTOWER A NAPOLI Draghi insiste: «Riforme strutturali» Il governatore della Banca centrale ripete il richiamo «valido soprattutto per l'Italia» UN «COMPITOERCULEO» Secondo il presidente della Bce bassa inflazione e ripresa debole si combattono solo unendo glisforzi di politica monetaria e fiscale Alessandro Merli NAPOLI. Dal nostro inviato
La Banca centrale europea presenterà oggi i dettagli del piano per l'acquisto di titoli nel tentativo di sbloccare
il credito all'economia reale e impedire la deflazione cui l'Eurozona si sta avvicinando pericolosamente. In un
discorso alla cena di apertura di ieri sera a Palazzo Reale, nella Sala di Ercole, il presidente della Bce, Mario
Draghi, ha sottolineato il compito erculeo di affrontare contemporaneamente bassa inflazione e ripresa
debole. Ha ricordato però che, come Ercole contro l'Idra, il successo può arrivare solo affrontando
contemporaneamente i problemi ciclici, di domanda insufficiente, e strutturali, di crescita potenziale troppo
bassa. Ciascuno deve fare il suo compito, ha rammentato: la Bce riportando l'inflazione verso il 2% (oggi è
allo 0,3%). Ma la politica monetaria da sola non basta. I Governi devono ricreare fiducia e crescita. E ha
insistito sul suo tema favorito degli ultimi tempi, maggiori investimenti favoriti da politiche fiscali e riforme
strutturali. «Con l'alto peso del debito passato, è solo attraverso riforme strutturali che aumentano il
potenziale di crescita, e quindi la sostenibilità del debito, che possiamo creare lo spazio per usare la politica
fiscale in futuro». Tutte politiche rilevanti in modo particolare per l'Italia, ha sottolineato, davanti al ministro
dell'Economia, Pier Carlo Padoan.
Il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha spiegato che i banchieri centrali hanno mostrato di
essere pronti, quando necessario, a battere nuove strade, anche inesplorate dalla teoria e che il riferimento
dev'essere il benessere delle persone, non parametri o formule astratte.
Il piano Bce, per l'acquisto di cartolarizzazioni (Abs) e di obbligazioni bancarie garantite (covered bond),
annunciato il mese scorso da Draghi, ha già incontrato dura opposizione da parte della Germania e sollevato
numerosi dubbi nei mercati finanziari sulla sua capacità di raggiungere l'obiettivo. Gli acquisti di titoli si
sommano alle operazioni di finanziamento alle banche mirate a impieghi a favore di imprese e famiglie (Tltro),
la prima delle quali, realizzata il mese scorso, ha distribuito solo 82 miliardi di euro. La prossima si svolgerà a
dicembre. Nel frattempo, la Bce farà partire gli acquisti di Abs e di covered bond. Non è chiaro se Draghi
annuncerà oggi quantitativi e tempi del programma, come la Bce aveva fatto nel 2009 e nel 2011 con due
piani di acquisti di covered bond su scala limitata: in questo caso, però, secondo diversi osservatori di
mercato, potrebbe volersi tenere le mani libere, in modo da aumentare gli importi o accelerare gli acquisti
qualora le Tltro non dovessero dare i risultati sperati, come è avvenuto a settembre. Draghi aveva fatto
intendere di voler aumentare (fra Tltro e acquisto di Abs e covered bond) il bilancio della Bce di circa mille
miliardi di euro. I covered bond in essere sono circa 1.500 miliardi di euro, gli Abs circa la metà: molti di
questi titoli sono però già impegnati presso la Bce come garanzie di precedenti finanziamenti. Se l'Eurotower
ora dovesse acquistarli, di fatto non comporterebbe nessun aumento del bilancio. L'Eurotower conta che la
sua presenza sul mercato come acquirente stimoli nuove emissioni, che languono da cinque anni.
Altra questione da dirimere è la qualità dei titoli da acquistare: secondo informazioni raccolte dal "Financial
Times" potrebbero essere inclusi anche titoli non investment grade, cioè con rating sotto la tripla B, mentre
ora la Bce accetta in garanzia solo Abs con rating almeno di questo livello. Ciò consentirebbe di includere
titoli di banche greche e cipriote, raggiungendo l'intera Eurozona.
Una decisione del genere accentuerebbe le divergenze con la Germania. Il presidente della Bundesbank,
Jens Weidmann, ha votato no il mese scorso alla decisione di acquistare Abs, denunciando il rischio
eccessivo assunto dalla Bce e il trasferimento di rischio dalle banche ai contribuenti. Anche il minisro delle
Finanze, Wolfgang Schaeuble, si era dichiarato «insoddisfatto» della decisione. Germania e Francia si sono
02/10/2014 5Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 84
dette contrarie a garanzie pubbliche per la tranche mezzanina degli Abs, richieste da Draghi. La Bce è
impegnata finora ad acquistare la tranche più senior, meno rischiosa, e solo titoli «semplici, trasparenti e
reali».
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Le misure
LE TLTRO Prima asta deludente
Le Tltro sono operazioni di rifinanziamento alle banche europee a lungo termine (per la durata di quattro
anni) e sono vincolate alla concessione da parte delle banche destinatarie di crediti alle famiglie e alle
imprese. Nel 2014, ha stabilito la Bce, le operazioni non potranno superare i 400 miliardi di euro. Ma la prima
delle otto aste previste è stata poco incoraggiante: le banche europee hanno chiesto soltanto 82,6 miliardi di
euro
OPERAZIONE ABS Un nuovo strumento
A metà del mese di ottobre partiranno gli acquisti di Abs da parte della Banca centrale europea : si tratta di
titoli derivati che contengono prestiti bancari garantiti da attivi sottostanti e che dovrebbero avere, secondo
alcune stime, un volume potenziale tra i 250 e i 300 miliardi di euro. Le operazioni riguarderanno titoli legati ai
prestiti alle piccole e medie imprese e anche i mutui ipotecari ma il mercato degli Abs nei paesi dell'Eurozona
è ancora poco sviluppato
Foto: A Napoli. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (a destra) e il presidente della Bce Mario
Draghi nel capoluogo campano dove oggi si riunisce il Consiglio direttivo della Banca centrale europea
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INTERVISTA Oscar Farinetti Fondatore di Eataly «Per la ripresa meno tasse alle imprese che esportano» Giovanni Minoli Natale Farinetti, detto Oscar, 60 anni, langarolo di Alba. Sposato, con tre figli. Imprenditore, fondatore della
catena Eataly. Per molti un genio che reinventa continuamente il futuro, per altri un furbo buono, che con
abilità è cresciuto tra rapporti privilegiati con sindaci rossi e cooperative. Una cosa però è certa: ha fatto
esplodere il made in Italy del cibo nel mondo. Al meeting di Rimini ha detto: «In questi sei mesi il governo
Renzi ha fatto tre o quattro cose giuste».
Farinetti, quali?
Beh, la principale è quella degli 80 euro, diciamola così volgarmente. È stata una grande mossa.
È la più importante?
Assolutamente sì, perché è rivoluzionaria. È la prima volta dal dopoguerra ad oggi che si fa un grande gesto
della redistribuzione della ricchezza, che serviva in questo momento.
Però non ha dato nessuna scossa ai consumi. Allora?
Lo sapevo, lo immaginavo. Ha dato una grande scossa a delle famiglie, che hanno potuto stare un pelino più
tranquille. Non si può immaginare che un'operazione da 11 miliardi l'anno cambi la vista di un Paese che ha
2.200 miliardi di debito.
Senta Farinetti, lei ha anche detto: «Bisogna però che Renzi dia ancora due o tre bastonate grosse». Quali?
La pubblica amministrazione. Se vogliamo diminuire questi 2.200 miliardi di debito, dobbiamo diminuire la
spesa pubblica. E per diminuire i grandi costi della pubblica amministrazione, bisogna dare qualche
bastonata.
Quale sarebbe la prima mossa da fare?
Defiscalizzare, abbassare le tasse generali alle imprese che incrementano in quell'anno le proprie vendite
all'estero. chi esporta di più, paga di meno, guardi la leva fiscale è l'unica roba seria che i politici devono
usare per cambiare gli scenari ed è quella democratica. Chi è incentivato, pensi a quanti nel mio mestiere,
che fanno supermercati eccetera, non sono mai andati all'estero, dal giorno dopo andrebbero
Sull'articolo 18 dopo la vittoria a mani basse di Renzi, 80 a 20, dell'altro giorno, è finita la battaglia?
Io non sono pratico dei casini interni dei partiti in generale, ma immagino che dentro il partito del
centrosinistra italiano ci sia una sfera molto favorevole al cambiamento anche con poteri forti e una sfera che
invece preferisce non cambiare.
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A MIX 24 «Per la ripresa meno tasse alle imprese che esportano», così dice Oscar Farinetti in un'intervista rilasciata
ieri a Giovanni Minoli nel suo programma Mix 24, su Radio 24. Riportiamo uno stralcio dell'intervista
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 86
La lunga crisi LE MISURE DEL GOVERNO Tutto il Tfr in busta paga, scelta ai lavoratori Dalle banche gli anticipi alle imprese: restituzione al tasso del 2,5% alla fine del rapporto di lavoro IL NODODEL PRELIEVO Lavoratori penalizzati da un eventuale passaggio dalla tassazione separata (ora tra 23 e26%) a quella ordinaria che può toccare il 43% Marco Mobili ROMA
Tutto il Tfr maturando in busta paga, ma solo su scelta del lavoratore. Sarebbe questo l'ultimo orientamento
del Governo sulla possibilità di spalmare il trattamento di fine rapporto che matura mese dopo mese
direttamente nella busta paga dei lavoratori dipendenti del solo settore privato. L'esclusione dei dipendenti
pubblici, tra l'altro, è stata confermata ieri dallo stesso sottosegretario alla Pa, Angelo Rughetti.
Oltre a "stimolare" i consumi, uno dei primi sostenitori della misura, Stefano Patriarca (ex ufficio studi Inps e
già direttore di Ires Cgil), in un articolo su La Voce.info spiega che l'anticipo del Tfr in busta paga potrebbe
avere un effetto benefico anche sulle entrate dello Stato. Che potrebbe incassare subito le imposte sul Tfr e
non, come accade oggi, al momento dell'uscita dal mercato del lavoro dei dipendenti. Maggiori entrate che
nella sola ipotesi di un anticipo della liquidazione in busta paga del 50% potrebbero valere per l'Erario circa 3
miliardi in più, che diventerebbero tra i 5 e i 6 miliardi se si puntasse a erogare nei cedolini mensili il 100% del
Tfr maturato nel mese.
Resta ancora tutta aperta la partita sulla tassazione in capo al lavoratore, che potrebbe essere fortemente
penalizzato da un passaggio da una tassazione separata, come avviene oggi con un'aliquota Irpef calcolata
sulla media degli ultimi cinque anni (oggi tra il 23 e il 26%), a una tassazione ordinaria ad aliquota marginale
Irpef, che potrebbe toccare anche il 43% nei casi di redditi più elevati. A scongiurare ogni aggravio di
tassazione è stato ieri sera il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, intervendo ala trasmissione
"Ottoemezzo" su La7. Non solo. Taddei ha escluso anche quasiasi penalizzazione anche per le imprese.
E proprio il nodo del sostegno alle imprese e ai possibili effetti negativi in termini di liquidità per le Pmi con
meno di 50 dipendenti agita il dibattito. Sempre secondo Patriarca il meccanismo di compensazione per le
imprese dovrà arrivare dalle banche o dalla Cdp. Queste potrebbero erogare un prestito a un tasso di
interesse equivalente alla rivalutazione del Tfr (oggi pari a circa il 2,5%) assente da rischi. Il prestito erogato
alle imprese, spiega ancora Patriarca, non presenta rischi di insolvenza dell'impresa in quanto scatterebbe la
copertura del fondo Inps. Inoltre le banche oggi possono finanziarsi dalla Bce a un tasso dello 0,05% e
potrebbero trasformare questo finanziamento in un flusso di nuove risorse da far arrivare alle famiglie.
Al momento le banche preferiscono attendere il piano del governo. Il Ceo di UniCredit, Federico Ghizzoni,
sull'ipotesi di utilizzare i prestiti della Bce per anticipare in busta paga il Tfr precisa che «occorre capire bene
il meccanismo complessivo e aspettare una proposta». Per Ghizzoni, poi, è «indifferente se per il Tfr vengano
utilizzati i T-Ltro o la liquidità normale. Quello di Renzi è più un messaggio che una richiesta tecnica, credo
che lo abbia indicato come esempio. Il messaggio - spiega il Ceo di Unicredit - è: avete preso questi soldi a
prezzo competitivo, adesso usateli».
Tra chi invita ad aspettare la proposta concreta del Governo c'è anche il neo-Commissario straordinario
dell'Inps, Tiziano Treu: «Credo che ci siano sia pro che contro, in un momento come questo avere qualche
soldo in più in busta paga può rappresentare un incentivo ai consumi, ma di contro il Tfr dovrebbe servire a
rimpinguare la pensione, così non assolverebbe più a questa funzione. Altro problema è che le piccole
imprese in realtà usano il Tfr per finanziarsi».
Ma dalle imprese il coro di no appare sempre più compatto. «Drenare liquidità alle imprese significa metterle
in ginocchio», sottolinea il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, intervenendo nel dibattito sul Tfr. «Il
sistema delle Pmi, soprattutto quelle che vivono di domanda interna, sta scontando una crisi terribile - spiega
Sangalli - per effetto di una pressione fiscale da record mondiale, una domanda per consumi ferma al palo da
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 87
anni, burocrazia che ne aggrava i costi e ne complica la vita, prospettive di crescita ancora troppo fragili e
incerte. E non ultimo un sistema bancario che certo rimane ancora molto timido nel sostenerle».
In allarme anche il mondo delle cooperative. Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, ricorda che
con il Tfr in busta paga si va ad intaccare direttamente la liquidità delle imprese: «Sono interessate oltre il
90% delle imprese cooperative e il 30% delle persone occupate, circa 400mila. Parliamo di risorse importanti:
160 milioni di euro».
Anche dall'opposizione il no all'operazione Tfr è secco. «Il Tfr è dei lavoratori e su questo siamo tutti
d'accordo, ma in un momento di stretta creditizia, provate a chiedere un fido a una banca», sottolinea il
leader del M5S, Beppe Grillo, nel suo blog; che prosegue: «Toccare quelle risorse significa mettere le
imprese in mutande».
Dai sindacati solo la Fiom, con il suo leader Landini, è favorevole, mentre per il resto delle organizzazioni
sindacali il Tfr in busta paga fa ipotizzare soltanto un aumento della tassazione per i lavoratori.
© RIPRODUZIONE RISERVATA TOTALE 22/23 11 Restano nelle aziende con meno di 50 dipendenti 6
Fondo di tesoreria gestito dall'Inps 5,5 Fondi pensione Occupati Iscritti a previdenza complementare* Tasso
di adesione DIPENDENTI SETTORE PRIVATO DIPENDENTI SETTORE PUBBLICO LAVORATORI
AUTONOMI** TOTALE 13.543.000 3.335.000 5.542.000 22.420.000 4.355.970 160.263 1.687.530 6.203.763
4,8% 32,2% 30,4% 27,7% (*) Si ipotizza che tutti gli aderenti lavoratori dipendenti dei Fpa e dei Pip facciano
riferimento al settore privato; (**) Il dato include gli iscritti che nn risulta svolgano attività lavorativa
Fonte:elaborazione Il Sole 24 Ore su dati Covip, Istat e Irap
La liquidazione tra aziende e fondi pensione
IL FLUSSO ANNUO Tfr maturato. Dati in miliardi di euro
LE ADESIONI AI FONDI COMPLEMENTARI Tassi di iscrizione al 31-12-2013
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 88
Le misure Padoan:"Peggio del '29 la società è a rischio" Piano da 12,5 miliardi pertentare la ripresa Nel pacchetto sussidio di disoccupazione, bonus e taglio Irap con le spese inderogabili manovra totale oltre i20 miliardi Dal deficit più alto fissato dal Def per il 2015 risorse per più investimenti e tagli delle tasse Agaranzia dei conti 2016, potrebbe scattare un aumento dell'Iva da 12,4 miliardi ROBERTO PETRINI ROMA. Dopo la svolta sui conti pubblici, segnata dall'allarme sulla recessione che investe il Paese, il governo
gioca tutte le carte sulla crescita e lancia segnali di forte preoccupazione: «Ripresa robusta o società e
ricchezza a rischio. La caduta del Pil in Italiaè peggio di quella della crisi del 1929», ha avvertito ieri il ministro
dell'Economia Pier Carlo Padoan.
A pochi giorni dal varo dalla legge di Stabilità è già nero su bianco il pacchetto di pronto intervento: in tutto
circa 12,5 miliardi che vedono in prima linea la conferma del bonus da 80 euro per il prossimo anno con un
costo di 7 miliardi per sostenere i consumi. Seguono 2 miliardi per il mondo delle imprese che dovrebbero
concretizzarsi in un ulteriore taglio dell'Irap o un intervento sugli oneri sociali. Nel menù, ormai quasi alle
battute finali, anche un miliardo e mezzo per il nuovo sussidio di disoccupazione destinato a 1,3 milioni di
precarie circa1 miliardo per stabilizzare gli insegnanti della scuolae per la manutenzione più urgente degli
edifici. Ossigeno, per circa 1 miliardo, per gli investimenti dei Comuni con una deroga al patto di stabilità
interno.
In tutto si tratta di 12,5 miliardi. Una cifra che dovrebbe riuscire a contenere la riduzione del Pil e a riportarlo
il prossimo anno al segno positivo con un +0,6 per cento. Il ministro dell'Economia Padoan, nella «nota di
aggiornamento» al Def, diffusa ieri, è ricorso a toni drammatici: «O ci si muove con decisione oppure senza
ripresa sarebbe a rischio la tenuta del tessuto sociale e produttivo, minacciata la ricchezza delle famiglie e
compromesse le prospettive dei giovani». L'operazione non è facile: perché oltre al pacchetto sviluppo ci
sono da considerare almeno altri 8-9 miliardi di spese che non possono essere derogate. La prima riguarda la
disattivazione della clausola di salvaguardia del governo Letta che, se non si interverrà, farà scattare nuove
tasse per 3 miliardi. L'altra solo le tradizionali spese indifferibili, che ammonterebbero a 5-6 miliardi: cassa
integrazione in deroga, 5 per mille, missioni militari. La manovra lorda volteggerebbe così sopra i 20 miliardi,
arrivando fino a quota 21-22.
Da dove arriveranno le risorse? Dopo la svolta del consiglio dei ministri di martedì, che ha deciso di
«forzare» sul rapporto deficit-Pil collocandoci il prossimo anno al 2,9 per cento, si aprono margini per rendere
i tagli meno pesanti. Rispetto al deficit tendenziale del 2,2 per cento si libereranno 0,7 punti di Pil, circa 11
miliardi che saranno sostanzialmente in deficit e andranno a finanziare per buona parte il pacchetto-anti-crisi
anche con tagli alle tasse. «La differenza tra saldo a legislazione vigente e programmatico è motivata dalla
volontà di finanziare impegni di spesa nei settori ritenuti più rilevanti per la crescita e ridurre la pressione
fiscale per famiglie e imprese», ha spiegato Padoan.
A garanzia del nuovo quadro la Ue ha tuttavia chiesto e ottenuto nel Def una clausola-Iva dal 2016: se non si
raggiungeranno gli obiettivi ci saranno aumenti fino a 12,4 miliardi.
La partita tuttavia non finisce qui: ci sono da reperire un'altra decina di miliardi per rimanere comunque sotto
la soglia del 3 per cento. In queste ore si stanno definendo i comparti, ma sembra scontata la conferma di
circa 5 miliardi di tagli alle spese dei ministeri, una sforbiciata a Regioni e Comuni, oltre alle revisione delle
detrazioni fiscali.
Resta invece in bilico la partita dell'utilizzo del Tfr, anticipato in busta-paga per rilancio dei consumi. Dopo la
levata di scudi delle piccole imprese ieri è intervenuto il responsabile economico del Pd, Taddei: «Valutiamo
diverse opzioni, ma senza aggravio per le imprese».
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 89
TOTALE
Le politiche per rilanciare crescita e occupazione nel 20157,0miliardi2,0miliardi1,512,5miliardimiliardomiliardi
miliardo Costo del lavoro Riduzione dell'Irap per 2 miliardi o intervento sulla spesa contributiva delle aziende
Investimenti dei Comuni in deroga al patto di stabilità interno Stop al patto di stabilità interno che blocca i
bilanci dei Comuni, servirà circa 1 miliardo Investimenti nella scuola Circa 1 miliardo per la stabilizzazione dei
precari e la manutenzione Nuovi ammortizzatori sociali Circa 1,5 miliardi per dotare 1,3 milioni di lavoratori
precari del nuovo assegno universale di disoccupazione Bonus 80 euro Saranno necessari circa 7 miliardi
per confermare il bonus da 80 euro per le buste-paga sotto i 1.500 euro PER SAPERNE DI PIÙ www.tesoro.it
www.finanze.gov.it
Foto: AL TIMONE Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, sta lavorando sulla Legge di Stabilità
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 90
IL RAPPORTO/ OLTRE LA METÀ VIENE DAL NORD, DALL'UNITÀ D'ITALIA SONO STATI CONCESSIOTTANTA CONDONI Allarme Tesoro: "Ogni anno evasi 91 miliardi" VALENTINA CONTE ROMA. «Mai più condoni», scrive il ministero dell'Economia nel suo primo Rapporto sull'evasione fiscale,
presentato martedì al Consiglio dei ministri e inviato al Parlamento, come prevede il decreto bonus. Mai più
condoni, in un Paese che ne ha avuti ben 80 in 153 anni di storia, dall'Unità d'Italia ad oggi. E che
ciononostante o forse proprio per questo evade 91 miliardi di imposte l'anno, ma ne riesce a recuperare solo
13, come accaduto nel 2013, sebbene al massimo storico.
«L'evasione comporta un aumento della pressione fiscale» per i contribuenti corretti, si legge nel Rapporto
Padoan. E dunque «genera iniquità sociale, mina i principi di solidarietà e legalità». Chi non paga il dovuto
«trae vantaggio anche dall'onestà altrui». E i condoni aggravano il quadro, in quanto percepiti come «incentivi
ad evadere» e «cedimenti dello Stato». Distruggono la «credibilità acquisita» nella lotta all'evasione,
distorcono la concorrenza, hanno effetti diseducativi e alti costi politico-sociali. Al contrario, promette il
ministero dell'Economia, i successi di questi anni nel recupero di tasse non versate «genereranno risorse
aggiuntive che saranno destinate interamente a finanziare sgravi fiscali, cioè a ridurre la pressione fiscale sui
contribuenti che si comportano correttamente». Più della metà, il 52% dell'evasione totale - quei 91 miliardi di
tax gap relativi a Iva, Ires, Irpef e Irap, ovvero il divario tra tasse dovute e pagate - si concentra al Nord con
ben 47,6 miliardi negati al Fisco nel 2013. Segue il Centro con 24 miliardi (26% del totale) e il Sud con 19,8
miliardi (22%). Una suddivisione che certo rispecchia anche il maggior reddito delle regioni settentrionali.
Irpef e Ires da sole totalizzano 44 miliardi di evaso, segue l'Iva con 40 miliardi, infine l'Irap con 7,2. Cifre
annue pari alla media del periodo 20072012, lievemente inferiori a quanto registrato tra 2001 e 2006.
Un'evasione da 91 miliardi all'anno, scrive ancora il Mef, equivale al 7% del Prodotto interno lordo.
Un'enormità. Solo nel 2013 la Guardia di Finanza ha scovato 8.315 evasori totali, altri 2.451 nei primi 4 mesi
dell'anno. Si tratta di commercianti (22,5% dei casi), imprenditori nel settore costruzioni (20,5%), imprenditori
manifatturieri (8,5%), professionisti (6,1%). In generale, la nuova strategia dell'Agenzia delle entrate - controlli
mirati sui grandi evasori sembra portare i primi frutti: il 4% in meno di accertamenti (circa 713 mila rispetto ai
741 mila del 2012), ma maggior recupero (13,1 miliardi contro 12,5 miliardi). I grandi contribuenti e le imprese
di medie dimensioni destinatari di appena il 5,3% dei controlli totali - hanno però consentito di recuperare la
maggiore imposta accertata e dunque ben 9 miliardi, il 37,6% del totale.
Una sezione del Rapporto è infine riservataa valutare il "contrasto di interesse", la possibilità cioè per il
contribuente di detrarre o dedurre gli "scontrini". Se «indiscriminato» su tutte le spese - allo Stato può non
convenire.
I NUMERI
47,6 mld13,1 mld
8.315 EVASIONE AL NORD Il 52% del totale annuo sottratto al Fisco e pari a 91 miliardi si localizza nelle
regioni settentrionali EVASIONE RECUPERATA Nel 2013 la maggiore imposta accertata è stata pari a 24,5
miliardi. Recuperati 13,1 mld EVASORI TOTALI Scovati dalla Guardia di Finanza 8.351 evasori totali nel
2013 e 2.451 nei primi 4 mesi del 2014
02/10/2014 4Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 91
I fondi esteri contro il reintegro di Scaroni nel cda delle Generali Ma il voto dei soci italiani a favore è maggioranza Spunta l'ipotesi di un passo indietro del manager Gliinvestitori del mercato: "Consigliere incapace di tutelare tutti gli azionisti" ANDREA GRECO MILANO. I soci del mercato non vogliono che Paolo Scaroni rientri nel cda Generali. Ma anche se
all'assemblea del 14 ottobre votassero compatti contro il suo reintegro in consiglio, Mediobancaei soci storici
italiani «non lo pugnaleranno alle spalle», dice una fonte attendibile. Quindi la matematica è dalla parte del
dirigente che si sospese dal cda Generali il 15 maggio, dopo la condannaa tre anni in primo grado del
Tribunale di Rovigo per disastro ambientale sulla centrale Enel di Porto Tolle.
Ma questo scenario divisivo, su di un'istanza così delicata, è uno scenario considerato «in movimento».
L'imbarazzo di spaccare quasi in due l'assemblea, e avere contro i soci del mercato che nella gestione dell'ad
Mario Greco sono il vero referente della gestione, potrebbe indurre l'ex ad di Eni ed Enel a meditare sul
passo indietro. Nel tempo che resta non vanno escluse opere, anche istituzionali, di convincimento. Scaroni è
consigliere Generali dal 2007, presiede il comitato remunerazioni edè membro dei comitati governance e
nomine del cda, tutto per 242.472 euro annui. È anche nei cda di London Stock Exchange e Veolia, e vice
presidente di Rothschild. «Io mi auguro che non si dimetta», ha detto martedì l'ad delle Generali. Non tutti i
suoi consiglieri paiono dello stesso avviso.
Serve la metà più uno dei presenti per integrareo revocare Scaroni. E se gli italiani lo sosterranno, sui numeri
non c'è partita. Infatti, benché il 73% di Generali sia dei soci istituzionali stranieri, solo un 15,3% di essi s'è
presentato all'assemblea di aprile sul bilancio, quando c'era il 46% del capitale. I soci del nocciolo duro sono
molto più assidui: siamo al 23% se con Piazzetta Cuccia (13,2%) contiamo Del Vecchio, Caltagirone, De
Agostini, Effeti.E anche il 2,5% di Cassa depositi, l'1,5% di Cariplo e l'1% dei Benetton difficilmente si
metteranno di mezzo. Tra i pesi forti di Trieste la tendenza è interpretare le accuse dei pm come poco
rilevanti, specie rispetto ai profili corruttivi che contano in casi simili; eppure la sentenza imputa «non
indifferente capacità a delinquere dei prevenuti (Scaroni e Tatò, ndr ), che hanno agito per incrementare gli
utili d'impresa a discapito della sicurezza e della salute dei cittadini». «Sono completamente estraneo alla
vicenda e farò ricorso - aveva commentato Scaroni - sono stupefatto, come dimostrato dalle difese la centrale
Enel di Porto Tolle ha sempre rispettato gli standard in vigore anche all'epoca dei fatti».
Fosse per il mercato, da Generali Scaroni starebbe fuori. «Data la sentenza che ha portato a questa
assemblea, e tutte le passate e attuali accuse attribuite a Scaroni, ci sono sufficienti dubbi sulla sua capacità
di sovrintendere efficacemente il management, e operare nell'interesse degli azionisti», conclude la nota di 10
pagine che Iss, tra i primi fornitori di raccomandazioni di voto al mondo, ha redatto. Iss fa riferimento, oltre
che alla condanna di Rovigo, alle inchieste su presunta corruzione di Saipem in Algeria e di Eni in Nigeria con
Scaroni indagato, e al suo patteggiamento per corruzione in Techint nel 1996. Anche Frontis governance ha
consigliato i fondi di votare contro il reintegro. E l'altro advisor Glass Lewis pare orientato alla stessa scelta.
Benché nel 2013 i fondi fossero al 12% nell'assemblea Generali, e il voto a distanza ne agevoli la presenza -
serve la proprietà dei titoli il 3 ottobre per votare - è difficile che raggiungano la soglia del 20%, tale da
rendere dubbio un voto aut aut.
L'assemblea Generali potrebbe riaprire un dibattito che mesi fa ha visto il governo in campo, invano. A marzo
il Tesoro, con il placet di Matteo Renzi, cercò di rendere più severi i requisiti di onorabilità dei manager delle
partecipate, perché non vi sedessero amministratori sotto processo, sottoposti a misure di custodia o
condannati anche in modo non definitivo. Alcuni videro il tentativo di modificare gli equilibri di vertice di
aziende come Eni, Enel, Finmeccanica approfittando delle disavventure di qualche manager.
Fosse vero o no, il governo in aprile fece le nomine nelle partecipate all'insegna di un certo rinnovamento. E
in ogni caso la proposta del Tesoro di inserire negli statuti i nuovi più severi principi fu sonoramente bocciata
02/10/2014 28Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 92
alle assemblee Eni, Finmeccanica e Terna proprio dagli investitori istituzionali, timorosi che avesse effetti
dirigistici e destabilizzanti sulle società ex pubbliche. Così Scaroni il 9 maggio, giorno del mancato quarto
rinnovo al vertice Eni, aveva commentato il fatto con una frase dal sapore beffardo: «Ho già detto che
nessuna società al mondo aveva una clausola di questo tipo. Siccome il mondo sono i nostri azionisti, si sono
espressi». La norma passò solo su Enel, per la preponderanza dei piccoli azionisti nel capitale. Ma adesso gli
azionisti di mercato, che a maggio resero meno amara l'uscita di Scaroni dall'Eni dopo nove anni, gli rendono
complicato il rientro in Generali.
MARZO Il 31 marzo il tribunale di Rovigo condanna a tre anni Paolo Scaroni e Franco Tatò per il disastro
ambientale nella centrale Enel di Porto Tolle
LE TAPPE MAGGIO Il 15 maggio Scaroni si autosospende, in seguito alla condanna di Rovigo, dal cda di
Generali. Pochi giorni prima era uscito dall'Eni OTTOBRE Il 14 ottobre l'assemblea di Generali deve votare sì
o no al reintegro di Scaroni come consigliere: i soci sono divisi
Foto: AL VERTICE Paolo Scaroni è stato amministratore delegato dell'Eni fino all'aprile scorso.
Attualmente è consigliere delle Generali
Foto: VENERDÌ
Foto: IL FLOP DELL'EXPO Dei 200 mila posti di lavoro che dovevano nascere grazie Expo 2015, Milano ne
ha visti solo 4 mila.
L'inchiesta sul Venerdì
02/10/2014 28Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 93
L'INTERVISTA ALEKSANDR SCHOKHIN "Innovazione e stabilità sono le uniche strade per rilanciare la ripresa" Aleksei Lossan Direttore dell'Unione degli industriali e degli imprenditori (Rspp), ex-vice premier del governo russo, nonché
uno degli autori delle riforme economiche attuate all'inizio degli anni Novanta, Aleksandr Schokhin parla
dell'impatto delle sanzioni nella Federazione.
Alcuni economisti ritengono che l'economia russa saprà beneficiare delle sanzioni tramite lo sviluppo delle
proprie risorse in sostituzione alle importazioni. Queste sper anze sono giustificate? Per molti settori, in par
ticolare per l'agroalimentare, si apriranno nuove possibilità per la riconquista di segmenti per duti di mercato
interno. A questo proposito, l'indice del giro d'affari Rspp negli ultimi mesi ha registrato un sensibile
miglioramento. In parte inluisce la sv alutazione del corso del rublo avvenuta all'inizio dell'anno, in parte le
limitazioni sulle importazioni. Nel complesso, però, l'umore del business è lievemente migliorato nell'ultimo
periodo, anche se di poco.
Infatti non arriva ancora a piazzarsi in una fascia positiva: in agosto il valore del coefficiente copriva 49,6
punti sulla valutazione neutra di 50. Inoltre, la sostituzione dell'import richiede più tempo per quanto riguarda i
prodotti altamente tecnologizzati; si tratta di un'operazione impossibile da risolvere in un paio di mesi. Questo
però non signii ca che della modernizzazione e dell'innovazione dell'industria russa ci si possa occupare in un
secondo momento, perché sarebbe ormai troppo tardi.
In che modo l'instabilità politica, legata anche alla crisi ucraina, ha influito sul giro d'affari russo? Si può
affermare che stiamo perdendo i nostri partner tradizionali oppure no? Non si può dire che il business non
risenta delle sanzioni. Due sono le direzioni chiave: il richiamo di risorse inanziarie e le nuove tecnologie.
Secondo alcune stime, la limitazione dell'accesso ai inanziamenti a lungo termine ha già inluito sull'aumento
dei costi dei prestiti delle compagnie russe sui mercati esteri. Il potenziale di riduzione della capitalizzazione
delle compagnie russe è valutato al 15-20% dal livello del 16 luglio 2014. Ci sono partner che sono costretti a
interrompere i progetti, soprattutto quelli d'investimento. Ma ci sono anche partner tradizionali non intenzionati
ad abbandonare il mercato russo.
Negli ultimi anni la crescita economica è in costante rallentamento: a che cosa si deve questo e in che modo
lo stato può invertire questa tendenza? In gran parte, gli attuali limiti della crescita sono conseguenza dei
problemi strutturali dell'economia russa e del clima di scarsi investimenti. Il livello di imprevedibilità è troppo
alto per poter prendere decisioni strategiche.
Negli ultimi anni è calata la preoccupazione del business legata al problema della corruzione, anche se essa
rientra nella top cinque dei principali vincoli per la crescita delle compagnie.
Non si è riuscito ancora a superare del tutto le barriere amministrative.Anche se in alcuni territori sono stati
fatti passi avanti importanti. I vincitori sono gli oblast di Kaluga, Ulyanovsk, Kostroma, la repubblica del
Tatarstan e la regione di Krasnojarsk.
In quale misura sta diventando importante il ruolo di organizzazioni come Rspp nelle condizioni dichiarate in
cui il governo si sta dedicando a un massiccio programma di sostituzione delle importazioni? Uno dei
problemi più acuti per gli affari è la scarsità di quadri qualii cati.
Secondo i risultati di un'indagine da noi condotta, il 70% delle compagnie si scontra con un deicit di la
voratori qualiicati, più della metà delle aziende con la carenza di addetti alle macchine e alle attrezzature in
particolare. Senza cambiamenti radicali nella sfera dei quadri, la realizzazione del programma di sostituzione
delle importazioni è semplicemente inattuabile. E la principale proposta della Rspp è di non elevare il carico
fiscale sul business. Ottenere questo è il passaggio più difficile: vengono prese in esame serie intere di
iniziative per l'aumento delle tasse e le assicurazioni dei pagamenti, ma Rspp spera di riuscire a convincere
gli organi del potere della necessità di stimolare il business anziché limitarne lo sviluppo con il prelievo dal
budget di una sempre crescente quantità di fondi.
02/10/2014 31Pag. La Repubblica - Ed. nazionale - russia beyond the headlines(diffusione:556325, tiratura:710716)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 94
L'INTERVISTA "Scandalo frequenze il governo e l'AgCom subito in Parlamento" LOTTERIA ITALIA Legare le entrate della Rai alla Lotteria Italia è scandaloso, il flusso di denaro è incostanteRoberto Fico (M5S): "Lo sconto sul canone suona come l'ultimo regalo a Berlusconi" ANNALISA CUZZOCREA ROMA. «L'Italia è un Paese morto sul conflitto di interessi». Nel suo ufficio al secondo piano di palazzo San
Macuto, in fondo a un corridoio silenzioso e austero, il presidente della commissione di Vigilanza Rai Roberto
Fico non usa mezzi termini per parlare della delibera dell'Autorità per le comunicazioni che concede - di fatto -
maxisconti a Rai e Mediaset per l'affitto delle frequenze televisive. «È una vicenda molto tecnica che
dobbiamo approfondire, perché deriva dall'applicazione di un decreto del governo Monti. Ma visto che la
riteniamo urgentee grave abbiamo cambiato il calendario della commissione per sentire subito - la settimana
prossima - il presidente dell'AgCom Angelo Cardani e il sottosegretario allo Sviluppo Economico Antonello
Giacomelli». Da deputato 5 stelle, Fico dice che «purtroppo l'ultima parola ce l'ha il governo», ma da
presidente della Vigilanza vuole vederci chiaro e capire se davvero - quello che si sta consumando è
«l'ennesimo regalo a Silvio Berlusconi».
La delibera dell'AgComè stata approvata a maggioranza, con il voto dei commissari in quota centrodestra e
Udc. Bisognava agire diversamente? «A essere sbagliato è il modo in cui sono fatte le nomine. Questo vale
per l'AgCom come per la Consulta o il Csm. Trovo surreale vedere scene come quella in cui Antonio Leone
saluta i suoi colleghi in Parlamento, ringraziae se ne vaa Palazzo dei Marescialli. Può essere normale tutto
questo in un Paese fondato sulla separazione dei poteri? Così com'è strano vedere all'AgCom l'ex
sottosegretario del governo Berlusconi Antonio Martusciello, già coordinatore di Forza Italia in Campania».
C'è stata una forzatura? «Le do due notizie. Il sottosegretario Giacomelli aveva inviato due lettere all'AgCom
per chiedere il rinvio del provvedimento, visto che il governo sta ragionando sulla riforma dell'intero sistema
dei canoni e delle frequenze. In più, il 18 luglio, la Commissione europea aveva ordinato alla nostra Autorità
delle comunicazioni di rispettare le pari opportunità tra gli operatori economici, dicendo che non ci possono
essere condizioni più gravose per i nuovi entranti né nuovi vantaggi per i soggetti esistenti. Si è fatto il
contrario».
E dell'idea del governo di legare il canone alla Lotteria Italia che cosa pensa? «È scandaloso, assurdo,
perché si legherebbe il canone della televisione pubblicaa un flusso di denaro molto incostante.
Per di più basato su un gioco, nel momento in cui tutti ci siamo resi conto che la ludopatia è un problema
serio».
Fico, pioniere dei 5 stelle, difende il canone Rai.
«Come Paese vogliamo il servizio pubblico radiotelevisivo? Se da cittadini diciamo sì, ce lo dobbiamo
finanziare. Coscientemente e volontariamente. Io da cittadino ne vorrei uno libero, indipendente,
meritocratico». Con la pubblicità? «L'ideale per me sarebbe passare da 14 canali a 4, accorpando Raiuno e
Raitre, con due canali interamente finanziati dal canone e altri due - più sperimentali - in cui si tiene la
raccolta pubblicitaria. Se vogliamo una Rai che faccia anche impresa e si misuri sul mercato internazionale, il
modello più realistico è questo. Quel che è certo è che il canone va riformato, che dev'essere graduale e
prevedere larghe fasce di esenzione, e che se pago la tassa sulla televisione pretendo non ci sia la
pubblicità. Perché quella, con gli ascolti, fa parte di un circolo vizioso per cui - alla fine - nei palinsesti
comandano le scuderie dei grandi manager come Beppe Caschetto o Lucio Presta».
Foto: Roberto Fico
02/10/2014 37Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 95
Le tariffe Il caro bolletta non si ferma dai prezzi in Borsa ai clienti l'energia costa il400% in più Imposte, incentivi a rinnovabili e industria, smaltimento scorie: ecco perché famiglie e imprese pagano letariffe più alte d'Europa Il decreto Competitività prevede uno sconto del 10% ma mancano i regolamentiattuativi LUCA PAGNI MILANO. Il premier Matteo Renzi l'ha promesso fin dal suo discorso di insediamento: una riduzione del 10%
delle bollette per le piccole e medie imprese.
Sulla carta, il governo avrebbe pure trovato le risorse, con il taglio degli incentivi alle rinnovabili (soprattutto
per il fotovoltaico), così come è previsto dal decreto "Competitività". Ma in attesa che arrivino i regolamenti
attuativi e scattino gli sconti, è accaduto esattamente il contrario: con la revisione delle tariffe trimestrali
dell'Autorità dell'Energia e il gas, il prezzo della bolletta elettrica per le Pmi e per le famiglie salirà per i
prossimi tre mesi dell'1,7%. Il che conferma il fatto che i piccoli consumatori italiani sono in testa alla
classifica per le tariffe più care d'Europa, nonostante il costo della sola componente "energia" pesi soltanto
per il 30% della bolletta.
E questo spiega anche come mai, dal prezzo pagato dagli operatori sulla Borsa elettrica al consumatore
finale, il prezzo della bolletta salga del 400%. Come è accaduto appena prima dell'estate, quando il prezzo
alla Borsa elettrica ha toccato il suo minimo a 42 euro a megawattora, per risalire la settimana scorsa a 59
euro. Comunque lontano dai 75 euro medi del 2012ei 63 euro del 2013. Come si vede un calo dei prezzi per
l'approvvigionamento c'è stato, ma in questi anni non si è ribaltato sui consumatori finali.
Anzi, per Pmi e famiglie il prezzo è rimasto elevato: pari, cioè, ai 189,75 euro al megawattore registrati
nell'ultimo trimestre dall'Autorità. Ma anche in questo caso la follia dei prezzi ha un suo metodo.
A gonfiare oltre modo la bolletta sono, in particolare, una serie di voci che nulla hanno a che fare con la
produzione di elettricità e il suo costo. Secondo una simulazione dell'Authority, prendendo una famiglia
media, soltanto la metà di quanto si paga in bolletta è relativo ai servizi di vendita, che comprendono prezzo
dell'energia, commercializzazione e "trasporto". Le imposte si portano via il 13,34% del totale, mentre un altro
15% va ad appannaggio di chi gestisce la rete elettrica a livello locale e a chi gestisce il contatore.
C'è poi una quarta voce che viene definita "oneri generali", in cui si nasconde di tutto e che copre il 21,43%
della bolletta. Il boccone più grosso è per gli incentivi alle rinnovabili (e assimilate) che nel 2014 costeranno
attorno ai 13 miliardi. C'è poi un contributo per lo smantellamento delle centrali nucleari e la realizzazione dei
depositi delle scorie (mai costruiti), un sostegno alle spese della bolletta elettrica delle Ferrovie, aiuti alla
ricerca e all'efficienza energetica, agevolazioni per le imprese "a forte consumo di energia" e, infine, il
pagamento di un bonus destinato alle famiglie meno abbienti. Il decreto Competitività - come detto - ha
tagliato alcune voci, in primis gli incentivi alle rinnovabili che dovrebbero abbassare le bollette. Sempre che
arrivino i regolamenti attuativi. Servizi di vendita 81 euro/ anno 253 euro/ anno Il prezzo della sola
componente energia è intorno al 30% della bolletta *Famiglia residente con consumi pari a 2700 KWh/anno e
potenza pari a 3 kW-servito in maggior tutela I costi della bolletta 15,80% 49,43% 110 euro/ anno 68 euro/
anno 21,43% 13,34% 512* euro/ anno TOTALE Prezzo dell'energia Imposte Servizi di vendita Servizi di rete
Oneri generali Servizi di rete Trasporto e distribuzione locale Gestione del contatore Oneri generali Incentivi
forze rinnovabili e assimilate (componenti A3) Promozione dell'e!cienza energetica (componente Uc7) Oneri
per la messa in sicurezza del nucleare e compensazioni territoriali (componenti A2 e Mct) Regimi tari"ari
speciali per la società Ferrovie dello Stato (componente A4) Compensazioni per le imprese elettriche minori
(componente Uc4) Sostegno alla ricerca di sistema (componente A5) Copertura del bonus elettrico
(componente As) Copertura delle agevolazioni per le imprese a forte consumo di energia elettrica
(componente Ae) Prezzo commercializzazione e vendita Prezzo del dispacciamento PER SAPERNE DI PIÙ
02/10/2014 38Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 96
www.mercatoelettrico.org www.sviluppoeconomico.gov.it
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 97
IL GOVERNO: «BASTA CON L'ANOMALIA DEI CONTRIBUTI ALLE LOW COST FINANZIATI COI BILANCIIN ROSSO DEGLI ENTI LOCALI» L'Italia prova a chiudere gli scali-bonsai Arriva il piano con 37 aeroporti di interesse nazionale, dieci meno di quelli operativi oggi Risorse concentratesu 11 poli strategici, raggiungibili in 2 ore d'auto Alta velocità a Malpensa ma nuovi collegamenti internazionalia Linate anche dopo Expo 2015 LUIGI GRASSIA L'Italia ha da ieri il suo piano nazionale per gli aeroporti, che prevede essenzialmente tre cose: 1) il possibile
taglio di dieci scali commerciali, eliminando quelli con meno passeggeri e con i bilanci più in rosso; 2) la
concentrazione delle risorse su 11 aeroporti strategici, distribuiti in modo omogeneo sul territorio; 3) e la
definizione dei rapporti fra Malpensa e Linate, col potenziamento di entrambi. In realtà, anche adesso che c'è
il piano, su nessuno di questi tre punti esistono certezze assolute. L'atto formale di ieri è stato il via libera del
Consiglio dei ministri alla proposta del titolare delle Infrastrutture e del Trasporti, Maurizio Lupi, in modo da
inserirla in un decreto del Presidente della Repubblica. Lupi deplora che «finora in Italia abbiamo avuto 112
aeroporti funzionanti senza sinergie», con in più «l'anomalia dei contributi alle compagnie low cost e quella
dei deficit degli enti locali per via degli scali». Al fine di razionalizzare il settore, Lupi spiega che il governo
«ha individuato 10 bacini di traffico, e al loro interno 37 scali di interesse nazionale, fra cui solo 11 indicati
come strategici» (vedi la cartina in pagina). Anche se il ministro non ha parlato in modo esplicito di chiusure di
aeroporti, a regime il sistema dovrebbe risultare alleggerito di dieci scali. L'analista Antonio Bordoni, docente
di gestione di aeroporti e compagnie aeree alla Luiss di Roma, spiega che «sui circa 110 scali operativi in
Italia quelli attivi come aeroporti commerciali sono 47», cioè dieci in più dei 37 definiti da Lupi di interesse
nazionale. Senza dirlo, forse per non suscitare l'immediata reazione degli enti locali interessati, pare che il
governo voglia lasciare asfissiare i dieci aeroporti peggio messi, anche se Bordoni è scettico: «Tante volte in
passato da Roma si è provato a eliminare i cosiddetti aeroporti-bonsai, cioè quelli con pochissimi passeggeri,
ma i Comuni e le Province e le Regioni lo hanno sempre impedito». Gli 11 aeroporti strategici su cui si
concentreranno le risorse hanno una caratteristica precisa: sono distribuiti sul territorio italiano in modo che in
auto li si possa raggiungere guidando al massimo per due ore. Perciò l'Italia è stata suddivisa in dieci «aree
sovraregionali», in ciascuna delle quali c'è un aeroporto strategico. Soltanto una di queste zone avrà più
aeroporti, perché è tagliata in due dall'Appennino, quindi allo scalo di Bologna si assocerà il sistema Pisa-
Firenze. Fra gli aeroporti che restano fuori dal novero degli 11, si segnala quello di Torino Caselle, che però
non dovrebbe essere penalizzato, visto che un collegamento ferroviario dal centro città è già previsto. Il piano
contempla collegamenti ferroviari ad alta velocità con gli aeroporti intercontinentali di Malpensa, Venezia e
Fiumicino. Malpensa, quindi, non sarà lasciata decadere, come molti temevano; ma con un decreto a parte,
Lupi ha autorizzato nuovi collegamenti diretti fra Linate e varie città europee. Il ministro ha spiegato che non
si tratta di un'autorizzazione a termine, cioè limitata al periodo dell'Expo 2015 (come alcuni ipotizzavano) ma
permanente; e questo preoccupa chi teme uno svuotamento di Malpensa, già in parte snobbata da Alitalia
che vorrebbe farne un polo per gli aerei da trasporto merci. Bisognerà capire se Malpensa e Linate
troveranno un equilibrio.
Ha dettoL'errore finora è stato operare senza sinergie fra le infrastrutture Maurizio Lupi ministro dei Trasporti
Foto: L'aeroporto di Malpensa (foto) avrà l'alta velocità ferroviaria
02/10/2014 23Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 98
INTERVISTA ABBIAMO OTTENUTO 7,7 MILIARDI DI FONDI BCE MA LE IMPRESE CE NE HANNODOMANDATI SOLTANTO 3 Ghizzoni: non ci chiedono prestiti Jole Saggese C Il banchiere a Class Cnbc: contiamo di esaurire il plafond T-ltro nei prossimi mesi ma la domanda iniziale non
è stata effervescente. Sto contattando personalmente le aziende per spingerle a chiedere risorse per fi
nanziare gli investimenti (Saggese a pag. 5) «Aoggi abbiamo prelevato 7,7 miliardi e abbiamo ricevuto
manifestazioni di interesse intorno ai 3 miliardi». Federico Ghizzoni, ad di Unicredit, rivela a Class-Cnbc la
cifra di prestiti T-ltro già prenotati dai clienti. «E nei prossimi mesi contiamo di esaurire il plafond a nostra
disposizione». Domanda. Dottor Ghizzoni, l'Italia è ancora in recessione. C'è da preoccuparsi? Risposta.
Purtroppo i dati non sono una sorpresa, erano attesi. Abbiamo digerito il fatto che il Pil sarà negativo e lo
slittamento del pareggio di bilancio è una diretta conseguenza. Ci vuole crescita per generare ricavi e quindi
andare nella direzione auspicata di un pareggio di bilancio veloce. Dobbiamo reagire, non è più il momento
per piangere. La Bce ha preso decisioni pesanti, adesso aspettiamo passi importanti dal governo, come per
esempio la discussione sulla riforma del lavoro. D. Come giudica le mosse messe i campo dal premier Matteo
Renzi, in particolare sull'intenzione di abolire l'articolo 18 e di inserire il 50% Tfr nello stipendio? R. Queste
proposte devono essere viste nei dettagli. In astratto il Tfr c'è solo in Italia e quindi una modifica potrebbe
anche essere considerata. C'è da capire cosa verrà richiesto alle banche, certamente se dobbiamo andare in
questa direzione è tempo che tutti si assumano le proprie responsabilità. Le banche non possono evitare di
sedersi intorno al tavolo e discutere, ma dobbiamo aspettare dettagli più precisi. D. La Bce ha erogato aiuti
alle banche, compresa Unicredit. Come utilizzerete i soldi arrivati da Bce? R. La domanda non è
effervescente. Noi però dobbiamo essere molto propositivi. Io stesso sto contattando personalmente diverse
imprese. Stiamo proponendo alle aziende di usare queste risorse per finanziare possibilmente investimenti
industriali. E siamo disposti a passare alle imprese il beneficio in termini di costi che abbiamo andando a
prelevare i fondi dalla Bce. Quindi condividiamo con loro questo beneficio. D. Secondo lei il Qe è necessario?
R. Per me il Qe come misura in sé non è indispensabile per le banche. Ma sarà utile perché agirà sul cambio.
Quindi credo che la Bce voglia contribuire ulteriormente alla riduzione dell'euro che darebbe una spinta alle
esportazioni europee, comprese quelle italiane. Quindi bene se si va in questa direzione. D. Si parla del
contratto di lavoro e Unicredit si è già mossa. Su cosa sarà focalizzata la banca nei prossimi mesi? R.
L'accordo con i sindacati è stato molto soddisfacente per tutti. Spero che anche l'accordo collettivo vada in
questa direzione. Non sono tra quelli che si tirano indietro perché trovare l'intesa è determinate sia per le
banche sia per i loro addetti. Il nostro mondo sta cambiando, ci sono tecnologie nuove e nuove esigenze da
parte del cliente. Dobbiamo adattarci se vogliamo rimanere competitivi. Lo hanno capito le banche, lo hanno
capito anche i lavoratori e i sindacati. Bisogna trovare un nuovo modus operandi che sia in linea con i tempi
di oggi. (riproduzione riservata)
Foto: Federico Ghizzoni
02/10/2014 1Pag. MF - Ed. nazionale(diffusione:104189, tiratura:173386)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 99
Inutile aspettare il miracolo a Napoli della Bce Non ci sarà crescita senzauna politica europea Angelo De Mattia Il governo intende rispettare la soglia del 3% per il rapporto deficit/ pil. Ma la decisione sullo slittamento al
2017 (o addirittura al 2019) del pareggio strutturale di bilancio e la prevista inottemperanza della regola del
debito (che nel prossimo anno andrà oltre il 133% del pil), assieme a una riduzione inferiore al previsto, nel
2015, del disavanzo strutturale, fanno concludere che tutte le affermazioni fatte dall'esecutivo nei mesi scorsi
sull'osservanza delle regole vanno corrette. In realtà tale osservanza avverrà in tempi ben diversi da quelli
stabiliti dalle stesse regole (sempre che si riesca a rispettarli). Per gli slittamenti il governo farà appello alle
circostanze eccezionali e ai fattori mitiganti la regola del debito, visto che nel 2014, nella migliore delle
ipotesi, il pil calerà dello 0,3% e che nel 2015 si passerebbe a valori di pochissimo positivi. A questo punto c'è
da chiedersi: valeva la pena professare il rigoroso allineamento ai vincoli europei, quando poi era certo che
sarebbe stato necessario chiedere deroghe e proporre proroghe, che possono pur sempre imporre al Paese
la procedura per squilibri macroeconomici eccessivi? Non sarebbe stato meglio dichiarare subito lo
sconfinamento dal 3% con un programma serio di riforme strutturali e interventi sulla domanda aggregata?
Oppure non sarebbe stato meglio, anziché prodursi in vaniloqui sulla flessibilità (di cui nessuno ha capito fin
qui l'essenza), darsi subito l'obiettivo della introduzione della golden rule, con l'esclusione, quindi, degli
investimenti pubblici dall'obbligo del pareggio di bilancio, ora che anche il Fmi si è convertito a tale idea? Più
volte abbiamo ricordato, sulla scorta di due mirabili saggi di Giuseppe Guarino, che il Fiscal Compact è
illegittimo in quanto in conflitto con i Trattati fondativi dell'Unione. Certo è difficile ipotizzarne una revisione,
anche per il tempo trascorso dalla sua adozione e perché prima il governo presieduto da Silvio Berlusconi,
poi quello di Mario Monti (quest'ultimo partecipe, all'epoca, quale commissario Ue, della produzione di
regolamenti che hanno poi portato al Fiscal compact), si erano adoperati con una fretta degna di miglior
causa ad aderire a tale accordo. Ma la debolezza dei fondamenti avrebbe potuto essere fatta valere quanto
meno per rivederne le modalità di applicazione. Più di recente, nell'incredulità o nel disinteresse dei membri
del governo, era stato fatto presente anche da autorevoli istituzioni che per evitare una manovra
pesantissima richiesta annualmente dall'attuazione della regola del debito, la crescita nominale del pil
avrebbe dovuto essere del 3%. Con un'inflazione vicina allo zero e con i prevedibili tassi di aumento del
prodotto lordo, sarebbe stato mai possibile conseguire tale aumento, mentre ci si stava avvicinando alla
decrescita e a una condizione di recessione-deflazione? Esiste un luogo, nell'esecutivo, in cui si riflette con
anticipo su questo tipo di comportamenti, o al contrario si vive alla giornata, pronti poi a dichiarare di essere
stati sorpresi dal peggioramento imprevisto del quadro economico, così come si sta facendo in questa
circostanza? Era opportuno allora proporre solo pannicelli caldi? Non era meglio invece cogliere l'occasione
per sostenere con forza nuove regole, oppure negoziare alcune non osservanze offrendo in cambio
comportamenti rigorosi sulle riforme, piuttosto che continuare con le litanie della flessibilità? In questa
situazione si continua a pendere dalle labbra di Mario Draghi e dalla Bce, ostinandosi a non capire che la
politica monetaria non può fare tutto, anche se oggi a Napoli non può mancare l'occasione per dimostrare di
poter fare molto, soprattutto dopo gli attacchi pesanti all'autonomia dell'istituto venuti da organismi tedeschi.
Al tempo stesso, si deve essere consapevoli dei limiti all'azione della Bce. Si deve capire, una buona volta,
che senza un'organica politica economica volta a far ripartire la crescita il solo intervento sulle regole
nazionali non renderà possibile la ripresa degli investimenti e il ritorno della fiducia. Per rimanere a Napoli, le
regole da sole rischiano di rimanere come «cacicavalli appisi». È nella politica economica e fiscale che si
attende la vera svolta, il tuttora inattuato cambiamento di verso. Si è ancora in tempo per proporre un nuovo
schema di gioco, non schiavo ma neppure ostile ai parametri di stabilità, operando per uno sconfinamento
02/10/2014 18Pag. MF - Ed. nazionale(diffusione:104189, tiratura:173386)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 100
temporaneo dal 3%, in cambio di un solido programma alternativo non interpretabile come lassismo o
rinuncia alla disciplina fiscale, oppure agendo per l'introduzione, finalmente, della golden rule. (riproduzione
riservata)
02/10/2014 18Pag. MF - Ed. nazionale(diffusione:104189, tiratura:173386)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 101
Dati sull'Italia, un bollettino firmato Cadorna Edoardo Narduzzi Gli ultimi dati sull'economia italiana sembrano tratti da un bollettino firmato dal generale Luigi Cadorna.
L'economia italiana prosegue la ritirata dalle posizioni conquistate in decenni di crescita. Terzo trimestre
consecutivo con il pil in contrazione; terzo mese con andamento dei prezzi negativo; nuovo record della
disoccupazione giovanile, ora al 44,2%; produzione industriale ancora in calo a settembre dello 0,2%; credito
bancario in ulteriore contrazione come certificato dalla Banca d'Italia. Nonostante l'Italia abbia un governo con
una solida maggioranza parlamentare e una giovane leadership politica di centrosinistra di impostazione
riformista e di stampo europeo, incarnata dal premier Matteo Renzi, le aspettative di consumatori,
imprenditori e investitori non girano. Restano sul quadrante negativo del barometro senza concedere, almeno
questo è il principale messaggio che viene trasmesso, nessuna apertura di c r e d i t o agli sforzi e all'azione
del governo di Roma. Perché Renzi non riesce, nonostante il suo rilanciare continuo su tematiche importanti
come il superamento dell'art. 18, a invertire le aspettative italiane? La risposta non è facile. È come se i vari
protagonisti della vita economica ritenessero quanto fatto o proposto come superato, come un programma di
riforme importante ma non ancora adeguato al rilancio italiano. Un aspetto che fa emergere gli effetti negativi
di medio termine dei governi di emergenza, tecnici o presidenziali che dir si voglia. Non avendo fatto proprio
questi esecutivi tutte le riforme che i mercati si aspettavano, ed avendo sbagliato a ripetizione gli annunci
sull'uscita dalla crisi ( Mario Monti già vedeva la luce in fondo al tunnel all'inizio del 2012), ora il tasso di
scetticismo verso l'Italia ha raggiunto livelli mai visti prima. Non basta più annunciare gli interventi sul mercato
del lavoro o sulla riforma della giustizia civile per ottenere un'inversione nelle aspettative economiche: Renzi
deve davvero far sì che il primo grado del processo civile duri al massimo 12 mesi, eliminare definitivamente
l'art. 18, e fare tanto di più se vuole incidere per davvero sulle attitudini di consumo e investimento. Serve una
cura alla Margaret Thatcher, nonostante il premier non ami essere associato all'immagine della migliore
politica riformatrice del secondo dopoguerra che, di sicuro, non era culturalmente di sinistra. Ma per invertire
il trend e rilanciare l'economia italiana, Renzi deve andare a fondo nei meccanismi di funzionamento del
Paese con la stessa profondità con la quale la Lady di ferro scese nelle antieconomiche miniere gallesi. Non
sono più possibili compromessi, non c'è più tempo da guadagnare, perché al prossimo ribasso del rating, se
le aspettative non invertono la rotta i Btp diventeranno spazzatura, e la Troika si stabilirà a Roma.
(riproduzione riservata)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 102
scenari _economia INTERVISTA «Sconti fiscali sull'auto» Troppi oneri sulla mobilità delle famiglie: Massimo Nordio (Volkswagen e Unrae) sollecita il governo. ( Sergio Luciano) Non più rottamazione ma sostegno alla mobilità delle famiglie: è la nuova frontiera che Massimo Nordio,
classe 1958, amministratore delegato e direttore generale di Volkswagen Group Italia, sta esplorando nelle
sue altre vesti di presidente dell'Unrae, Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri: «Abbiamo avviato
una serie di incontri con l'esecutivo, in particolare con i ministri Lupi e Guidi» spiega in quest'intervista con
Panorama «e ci siamo focalizzati appunto sulla nostra proposta di alleggerimento degli oneri a carico delle
famiglie italiane per la mobilità, attraverso una forma di detrazione fiscale simile a quella messa in campo per
l'edilizia. Ogni volta che ci confrontiamo con le istituzioni riportiamo sempre i numeri del nostro settore, che
non mentono e che, soprattutto, sono impietosi». Anche per il Gruppo Volkswagen? In questo contesto
estremamente difficile, il nostro gruppo ha saputo riconquistare quote di mercato già nel 2013 e anche nel
2014. Il fatto è che aumentare la nostra quota, in un mercato così debole non è sufficiente. Una struttura
come quella di Volkswagen Group Italia è tarata per viaggiare su volumi oltre le 200 mila unità all'anno;
purtroppo dal 2012 le vendite si sono sensibilmente contratte e siamo stati costretti a reagire volocemente
con un attento focus sui costi di struttura della nostra organizzazione. Volkswagen Group Italia, oggi, è
un'azienda migliore, più forte e che riuscirà a uscire dalle secche della crisi. Ma il mercato come sta
andando? Sta attraversando un mare in burrasca dove purtroppo non è colpita soltanto la parte produttiva,
ma anche la rete distributiva: concessionari e officine. Nel 2012, in Italia, hanno chiuso i battenti circa 250
concessionarie, ma questo purtroppo non fa notizia. Nessuno realizza che nel settore distributivo
automobilistico in Italia lavorano circa 250 mila persone: dieci volte quelle della produzione. Tornando al
Gruppo Volkswagen, innanzitutto: come si trova lei, italiano a 24 carati, in un contesto culturalmente molto...
tedesco? In realtà mi trovo molto bene, l'importante è riuscire a focalizzarsi sull'aspetto imprenditoriale del
mio ruolo, diverso rispetto alla mentalità italiana: Volkswagen Group Italia non è mia naturalmente, ma va
gestita comunque con un approccio imprenditoriale per riuscire a fare gli interessi dell'azienda. Se si lavora in
una top azienda (e il Gruppo Volkswagen lo è sicuramente) si pretende dal management che sviluppi modelli
di business come un imprenditore, che rischia e che si mette in gioco per trovare nuove soluzioni. Comunque
Volkswagen Group Italia è una delle aziende che riescono a contrastare meglio la crisi. Che quota di mercato
avete? Tra gennaio e agosto di quest'anno abbiamo raggiunto, con le nostre marche ( Volkswagen, Audi,
Seat e Skoda, ndr) il 13,9 per cento di quota di mercato, cosa che in passato sarebbe stata molto difficile. Ma
io credo che possiamo crescere ancora, soprattutto con marchi come Skoda e Seat. Come definirebbe la
vostra cultura aziendale? Volkswagen Group Italia è un'azienda italiana che fa parte di un gruppo
multinazionale. È vero, opera in Italia, ma è necessario avere una cultura che sia una via di mezzo tra la
dimensione nazionale e quella globale. I direttori dei nostri 5 marchi per esempio sono italiani, e questo
testimonia la forte volontà di integrazione che il gruppo vuole nel mercato dove opera. Ma questa
indipendenza che viviamo in Volkswagen Group Italia fa parte di una cultura aziendale più ampia, che mira
anche all'internazionalizzazione del proprio management all'interno della casa madre per permettere un
migliore funzionamento nei diversi distretti. E la soddisfazione dei nostri dipendenti che rileviamo con
un'analisi annuale che svolgiamo a livello mondiale (quasi 600 mila collaboratori sparsi nei cinque continenti)
dimostra che questa è la politica giusta. Sono buoni i rapporti col territorio veronese? Assolutamente sì: il
rapporto di Volkswagen Group Italia con il territorio, sia nazionale che locale, è storicamente ottimo. Siamo da
sempre partner di iniziative culturali, eventi sportivi e attività varie che ci integrano e legano al territorio: nel
Veronese la più importante di queste è la partnership con la Fondazione Arena, giunta quasi al decimo anno.
Torniamo al rapporto con la Germania. Dal punto di vista del lavoro, che cosa può insegnarci Berlino? Il
modello di condivisione alla tedesca, applicato nelle relazioni industriali, può funzionare egregiamente. Noi
02/10/2014 22Pag. Panorama - N.41 - 8 ottobre 2014(diffusione:446553, tiratura:561533)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 103
l'abbiamo adottato qualche anno fa e lo stiamo implementando a poco a poco e vi devo dire che dà i suoi
frutti. Potrebbe attecchire perfino in una cultura industriale come quella italiana. Ma poi, ovviamente, ci vuole
un interlocutore. Ho l'onore e l'onere di rappresentare tutti i costruttori che operano sul mercato italiano (
come presidente dell'Unrae, ndr): è un lavoro diverso da quello che sono abituato a svolgere in genere, che si
basa sulla sensibilizzazione. Bisogna far capire alla classe politica quali sono i problemi del mercato e della
sua filiera. Non è facile, tutti hanno qualcosa da chiedere e da rivendicare, tutti ritengono che il loro settore
sia il più importante e strategico. Secondo alcuni analisti la vera crisi dell'auto deve ancora arrivare, e sarà
portata dal boom del car-sharing... Su questo tema ho idee chiare: non considero il car-sharing in
concorrenza con le auto private, piuttosto va in contrasto con i taxi e con il trasporto pubblico perché tenderà
a svilupparsi principalmente nei grandi centri abitati. Quindi non lo vedo come una minaccia ma,
contrariamente a quanto pensano altri, come un'opportunità per incrementare la vendita di automobili. Infatti,
paradossalmente, questo meccanismo permette di usare tipologie d'auto che normalmente non si acquistano,
come una citicar o una cabrio. Il problema in Italia è che cerchiamo di uccidere qualunque iniziativa
imprenditoriale... e poi ci lamentiamo che non c'è lavoro! E delle nuove tecnologie di alimentazione,
soprattutto elettrico e ibrido, che cosa pensa? Penso che siano la nuova strada. L'ibrido è già una realtà di
oggi, oltre che di domani. Per una diffusione di massa dell'elettrico, invece, dovremo aspettare
«dopodomani». 13,9% la quota di mercato del gruppo volkswagen in italia
Foto: Massimo Nordio, amministratore delegato del Gruppo Volkswagen in Italia e presidente dell'Unrae.
02/10/2014 22Pag. Panorama - N.41 - 8 ottobre 2014(diffusione:446553, tiratura:561533)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/10/2014 104
SCENARIO PMI
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No al rispetto del 3% fi no al 2017, ma Merkel e Ue monitorano i conti e invitano a fare i compiti La Francia dà un calcio al rigore L'ex pm de Magistris, sospeso da sindaco, irride la sentenza F RANCO ADRIANO La Francia ha detto che non farà ulteriori sforzi: quest'anno il deficit salirà al 4,4% e solo nel 2017 scenderà
sotto il 3%. L'Italia, nel corso della conferenza stampa sul Def, aveva già annunciato lo slittamento del
pareggio di bilancio allo stesso anno: il 2017. Angela Merkel e la Commissione Ue si sono subito messi in
guardia: gli impegni presi devono essere rispettati. E per l'occasione la cancelliera tedesca ha rispolverato il
suo vecchio adagio: «Fate i compiti a casa» aprendo uno scontro sulla gestione dei conti pubblici in Europa.
È una svolta netta quella attuata all'unisono dal ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, e dal ministro
delle Finanze francese, Michel Sapin. Se Roma è stata costretta a rallentare l'aggiustamento del saldo
rispetto alle previsioni risalenti soltanto all'aprile scorso, non più di tre mesi fa Parigi si era ancora impegnata
a scendere sotto il 3% fin da quest'anno. Invece, è sopraggiunto lo strappo: «Abbiamo preso la decisione di
adattare il passo di riduzione del Pil», ha spiegato Sapin, «alla situazione economica». «La nostra politica
economica», ha aggiunto, «non sta cambiando, ma il deficit sarà ridotto più lentamente del previsto a causa
delle circostanze economiche». In realtà molto è cambiato. Tant'è che lo stesso Sapin rimanda il momento di
fare i compiti: «Nessun ulteriore sforzo sarà richiesto alla Francia», si legge nel comunicato che accompagna
i numeri della legge di bilancio, «perché il governo, assumendosi la responsabilità di bilancio di rimettere sulla
giusta strada il paese, respinge l'austerità». La replica di Bruxelles non si è fatta attendere. La commissione
Ue ha ricordato che gli Stati europei devono rispettare le raccomandazioni specifi che che sono state
approvate dal Consiglio Ue su proposta della Commissione. Ancora una volta a recare la difficile ambasciata
è stato il portavoce del commissario agli Affari economici e fi nanziari, l'italo-irlandese Simon O' Connor. Lo
ha fatto senza commentare nello specifi co i recenti annunci sui conti pubblici di Italia e Francia, ma il
messaggio è fin troppo chiaro: «Gli impegni presi dagli Stati nei confronti degli altri», ha detto, «sono comuni
e il ruolo della commissione è quello di dire se i progetti di bilancio metteranno gli Stati sulla strada giusta per
rispettare tali impegni». A questo punto Sapin ha ammesso che il quadro è cambiato rispetto a pochi mesi fa.
Ha promesso che taglierà 50 miliardi di spesa pubblica entro il 2017, purché ora gli si permetta di spendere lo
0,2% in più. Ma Merkel non vuole che si allentino i cordoni della borsa. «Tutti gli Stati rispettino pienamente
gli impegni presi, altrimenti ne va della credibilità dell'Europa», ha spiegato. «Una crescita sostenibile di lunga
durata», ha aggiunto, «si può raggiungere soltanto sulla base di una solida politica di bilancio». La cancelliera
crede che «non siamo al punto in cui possiamo dire che la crisi è completamente alle nostre spalle. Per
questo ora è importante per tutti rispettare pienamente gli obblighi e gli impegni in modo credibile. Questo
può essere fatto soltanto dai singoli stati membri. È nella responsabilità di ciascuno svolgere i propri compiti
per migliorare la competitività». Continua a pagina 4 SEGUE DA PAGINA 3 De Magistris è stato rimosso
Intorno alle 20 il prefetto di Napoli ha firmato il decreto di sospensione dalla carica di sindaco di Luigi De
Magistris. Una sospensione preannunciata dal ministro dell'Interno Angelino Alfano, che ha spiegato: «Le
statuizioni del decreto legislativo 235/2012 appaiono chiare e del resto hanno trovato applicazione in due casi
analoghi». Chi ha ricevuto una condanna «non definitiva», aggiunge, per una serie di reati nei quali è
compreso «espressamente quello di abuso d'ufficio» è «sospeso di diritto da tutte le cariche elettive».
«Salutatemela». Così ha reagito de Magistris alla notizia che la Prefettura di Napoli aveva ricevuto dal
Tribunale di Roma la comunicazione della sentenza di condanna in primo grado ad un anno e tre mesi per
abuso d'ufficio al fine della sospensione dall'incarico ai sensi della legge Severino. Tfr in busta paga, no di
Grillo, piccole imprese e sindacati Sulla proposta del presidente del consiglio Matteo Renzi di mettere almneo
il 50% del tfr in busta paga ha ricevuto un fermo no dei sindacati, per i quali l'unica strada è diminuire la
tassazione in busta paga. Ed anche delle piccole e medie imprese, preoccupate per i problemi di liquidità che
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 02/10/2014 106
sarebbero chiamate ad affrontare. Beppe Grillo si è schierato: «Mentre il Paese precipita nel baratro della
disoccupazione e della recessione, il governo gli dà una spintarella. Togliere il Tfr alle imprese vuol dire
metterle in mutande e costringerle a rivolgersi al credito bancario per finanziarsi». Ma il leader M5S è in una
folta compagnia. Anche molti esponenti della maggioranza hanno chiesto di escludere i lavoratori delle
piccole e medie imprese dall'eventuale operazione. Tra gli altri «il 90% delle imprese cooperative e il 30%
delle persone occupate, circa 400mila», ha avvertito Renzi, Maurizio Gardini, presidente Confcooperative:
Parliamo di risorse importanti: 160 milioni». Consulta, Caramazza candidato al posto di Donato Bruno Si
sblocca l'impasse sulla Consulta. FI e Pd hanno raggiunto l'accordo sui nomi da eleggere alla Corte
costituzionale. La conferma è nel sms inviato ai gruppi di Forza Italia con l'indicazione del nuovo tandem:
Ignazio Francesco Caramazza e Luciano Violante. La seduta comune del Parlamento è prevista per le ore 9.
Dl stadi, poliziotti pagati dai club Nell'ambito della riforma del lavoro una delle sfide è rappresentata
dall'iniziativa del Consiglio nazionale forense di cui si sono fatti portatori alcuni parlamentari Pd ( Laura
Venittelli è la prima fi rmataria della pdl, che potrebbe essere trasformata in un emendamento al Jobs act). Si
tratta dell'abrogazione del procedimento speciale introdotto dalla riforma Fornero che «ha dato luogo ad un
ginepraio processuale». © Riproduzione riservata
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