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FOLLIES CANNES LA TRILOGIA TEXANA DI MINERVINI, COME È DIFFICILE FARE UN FILM SECONDO TOBACK JASON COLLINS OCCUPY SPORT JOSEFA IDEM PENNE ROCK LA STRAGE DEI KOMBO KOLOMBIA JODOROWSKY JAMES FRANCO SOFIA COPPOLA BERTOLUCCI DICAPRIO CAMPION LAV DIAZ POLANSKI VON MASOCH, UNA BAMBOLA PER MENGELE, IL KAMASUTRA DELLA MACCHINA DA PRESA, PIZZI E PIUME DI VALENTINO LIBERACE

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alias il manifesto 11.05.2013

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FOLLIES

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ESLA TRILOGIA TEXANADI MINERVINI, COME ÈDIFFICILE FARE UN FILMSECONDO TOBACK

JASON COLLINS OCCUPY SPORT JOSEFA IDEM

PENNE ROCK LA STRAGE DEI KOMBO KOLOMBIA

JODOROWSKY JAMES FRANCO SOFIA COPPOLABERTOLUCCI DICAPRIO CAMPION LAV DIAZ

POLANSKI VON MASOCH, UNA BAMBOLAPER MENGELE, IL KAMASUTRA DELLA MACCHINADA PRESA, PIZZI E PIUME DI VALENTINO LIBERACE

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(2) ALIAS11 MAGGIO 2013

IL FESTIVAL 66

Il sistema francesee il resto del mondoUn circuito «chiuso»ad alto rischio

filmdi SILVANA SILVESTRI

●●●Ha vinto lo scorso anno la Quinzainedes Réalisateurs il film cileno «No» di PabloLarrain ed ora è candidato agli Oscar: laselezione di Cannes guarda con occhioparticolare al continente latino, non solo, macon i suoi aiuti allo sviluppo dei film allevada tempo una promettente generazione dicineasti che già si sono affermati, come adesempio gli argentini Lucrecia Martel e PabloTrapero (peraltro scoperto alla Settimanadella critica a Venezia). Ma il nome chespicca quest’anno non è quello di ungiovane cineasta, ma di un decano,Alejandro Jodorovsky che racconta la suainfanzia in La danza de la realidad in unodei luoghi più magici del pianeta, il desertodi Atacama con le sue lagune di sale e i suoicolori violenti. Tocopilla si chiamava ilvillaggio dove i suoi genitori ebrei ucrainiimmigrarono e lì nacque. Suo padre lavoravanel circo prima di diventare commerciante egià si possono sommare parecchi elementi distraordinaria eccentricità, che stannocertamente all’origine della sua creazione, lapsicomagia, il metodo per curare conl’inconscio, la magia, la letteratura, e allabase dei suoi film che sembrano psichedelicima che riflettono in pieno paesaggio epersonaggi del luogo, (El Topo, La montagnasacra o il più recente Santa Sangre). Nel filmricorrono scene da provincia cilena deglianni quaranta, ma anche successivamente sisarebbero potuti incontrare i circhi «demalamuerte» (qui il più dignitoso circoPiripipi), los bomberos, i pompieri completidi autopompa, l’intero villaggio in gramaglie,i cinemini dal nome «Cine Ideal» dipinti acolori pastello. Inoltre Frank Pavich presentaJodorowsky’s Dune, che documenta lavicenda che ci raccontò, la preparazione delsuo Dune negli anni ’70, tratto dal famosoromanzo di fantascienza per cui aveva giàavuto l’accordo per le scenografie diSalvador Dalì. È di un’altra generazione, mail suo film coglie luoghi altrettanto misteriosidel Cile Sebastian Silva, il regista di La nana,classe ’79, che viene dalla capitale Santiago:è a Cannes con Magic Magic un horrorpsicologico di produzione statunitense conattori internazionali ed effetti speciali. Unaragazza (Juno Temple) va a trovare l’amica(Emily Browning) in vacanza nel misteriosoe lussureggiante sud del Cile e lì perderà ilsenso della realtà, aiutata in questo daMichael Cera (il giovane attore canadese diJuno). Esordisce nel lungometraggio ladocumentarista Marcela Said (classe ’72) conEl verano de los peces voladores. Studi dicinema a New York e a Parigi è la regista di Ilove Pinochet, che ha ricevuto una quantitàdi premi, ed è anche stato acquistato dallatelevisione nazionale cilena che non lo hamai programmato. Opus Dei è stato recorddi vendite dvd in Cile. In El Mocito faceva ilritratto di un aiutante degli agenti della Dina,il centro di sterminio e di repressione delladittatura. Anche il suo film è ambientato alsud, a Temuco, dove l’adolescente Manenapassa le vacanze con la sua famiglia, mentreil padre è deciso a sterminare le carpe dellalaguna del suo latifondo con gli epslosivi e leiè l’unica a percepire il conflitto che sta pernascere tra i mapuche della zona.

Altra zona che appartiene ai ricordiletterari è Los dueños (I padroni) di AgustínToscano ed Ezequiel Radusky (entrambiclasse 1981). «Tucumán Tucumán»,sussurrava nel suo delirio il piccoloMarco/Cesare Barbetti di Dagli Appenninialle Ande (di Flavio Calzavara, 1943) inviaggio da Genova in Argentina alla ricercadella mamma. Viene da Tucumán Losdueños, selezionato dalla Semaine de lacritique, il primo film tucumano a Cannes in

una sezione competitiva, prodottadall’Università Nazionale di Tucumán. Ipadroni sono i proprietari della casa dovevivono per tutto l’anno i guardiani, finchénon arrivano i proprietari (protagonista èRosario Bléfari, famosa protagonista di SilviaPrieto), film sulla lotta di classe, «un temache va trattato con cura, dicono i registi,soprattutto in questo momento.

Già famosa regista e scrittrice è un’altraargentina, Lucia Puenzo, (figlia del registaLuis Puenzo) che da un suo romanzo hatratto Wokolda selezionato al Certain Regard:nel 1951 Josef Mengele il medico degliesperimenti nazisti sulla razza arriva inArgentina come tanti altri nazisti inincognito e si trova a vivere a San Carlos deBariloche in Patagonia accanto a unafamiglia di cui non manca di notare peralcune particolarità la giovane figlia Lilith

che porta con sé la bambola Wokolda e chenon sospetta minimamente a cosa siriferiscono le sue attenzioni.

Con Heli il cineasta messicano AmatEscalasnte sarà in competizione per la Palmad’oro con Polanski, i fratelli Cohen,Soderbergh. È stato invitato a Cannes giàaltre volte fin dal suo esordio Sangre. E unaltro film messicano La Jaula de oro (lagabbia d’oro) di Diego Quemada Díez è statoselezionato al Certain Regard, segno digrande vitalità di questa cinematografia.

Danza della realtàlatinoamericana

CANNES2

C.Pi.

●●●La coppia Paul Newman-Joanne Woodwardè l’icona della prossima edizione del Festival diCannes (15-26 maggio), anche se Hollywoodcontinua a disertare la Croisette, e quest’anno piùdel solito (mancano persino eventi tipol’anteprima di Kung Fu Panda). L’unico vero filmdi studio è Il Grande Gatsby, mentre Nebraska diPayne è Paramount ma con distributoreindipendente fuori dagli Usa, e i Coen sonoprodotti con capitali francesi. Sismografo diumori, emozioni, economie, la «bolla» dellaCroisette è lo spazio in cui gli immaginari simettono alla prova, rivelando pensiero, strategieproduttive, e anche il proprio fuoricampo, quelloche non c’è e che però ne costituisce l’energiapropulsiva forse di maggiore deflagrazione.

Che festival sarà questo numero 66? Il dato piùevidente è la straripante presenza francese intutte le sezioni. Non solo i sei titoli in gara - BruniTedeschi, Ozon, Kechiche, Deslpechin, dePallières, Polanski - ma anche nel Certain regard,tra gli esordi della Semaine de la critique e lescoperte della Quinzaine des Realisateurs. Al di làdelle produzioni nazionali, la Francia appare nelfestival come un «sistema», riferimento obbligatoper buona parte della produzione mondiale -pensiamo al nuovo film del regista iranianoAsghar Farhadi, in concorso con Le Passé giratoin francese. Si dice che la fortuna, e la tenitura diThierry Frémaux, il direttore artistico, siano inbuona parte dovute alle relazioni privilegiate conalcune società chiave diproduzione/distribuzione francesi, e però lastessa cosa potrebbe applicarsi alle altre sezioni,in cui la maggior parte dei film rivelano unapresenza francese. Questo sistema, se da unaparte costituisce uno strumento di potere per lacinematografia nazionale, rischia dall’altra dicondizionare gli orientamenti della macchinafestivaliera, che finisce così per ripetere sé stessa,e gli autori nella sua orbita.

Frémeaux per i venti titoli in corsa per laPalma, che sarà assegnata dalla giuria presiedutada Steven Spielberg, sembra aver voluto ciò chepuò essere «il meglio» del cinema mondiale nellesue declinazioni più consolidate, e all’interno diuna politica autoriale senza «rischi»,accantonando anche le polemiche dello scorsoanno sulla mancata presenza di cineaste (ce ne èuna, Valeria Bruni Tedeschi), mentre ildocumentario, e quelle «moving images» dicrossover che attraversano da anni gliimmaginari, sono esclusi ovunque.

Nella selezione ufficiale la ricerca è delegata alCertain Regard - pensiamo a Lav Diaz, a JamesFranco ma anche al bell’esordio di ValeriaGolino, Miele, a Minervini ecc - pure se poi alcunidi questi sono registi già stati «collaudati» (eamati) nel complesso festivaliero globale. Certo ilfestival ha poi il suo controcampo in un mercatovivo, cosa che manca alla Mostra di Venezia, chene scuote l’aspetto «ufficiale». Sarà per questoche almeno un giorno tutti vogliono esserci?

Le sorprese: AlejandroJodorowsky, il maestrodelle immagini Lav Diazin pagina: Alejandro Jodorowsky e i suoi tarocchi, in basso:Anselmo Duarte e Leonora Amar in «Veneno».In alto: Paul Newman e Joanne Woodward nel manifestodi Cannes 2013

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(3)ALIAS11 MAGGIO 2013

Serrata cacciaall’uomo,fino a Tokyo

di MATTEO BOSCAROL

●●●L’Asia estremo orientale sarà benrappresentata nel concorso ufficiale delfestival di Cannes di quest’anno,proveranno ad aggiudicarsi infatti laPalma d’Oro due lavori provenienti dalGiappone ed uno dalla Cina, paesequest’ultimo che vedrà anche un suofilm presentato nella sezione UnCertain Regard, quasi a (ri)stabilire unequilibrio, almeno artistico, che sembramancare del tutto a livello geopoliticoin questo periodo, con entrambi igoverni «impegnati» in proclami epolitiche fondati sul più beceronazionalismo. A questi siaggiungeranno due opere targateFilippine (Un Certain Regard) il cuimovimento cinematografico è ormaiuna realtà più che affermata a livellointernazionale proprio grazie allavetrina offerta dai festival piùprestigiosi.

Se per i film giapponesi si tratta infondo di continuare a scegliere ecredere alla bontà artistica di nomi chein riviera sono spesso passati negliultimi anni, Takashi Miike e HirokazuKore’eda, per le opere cinesi si tratta diun lieto ritorno e di una novità assoluta,e per il filippino Lav Diaz, uno deicineasti contemporanei più importantie originali a nostro modo di vedere,della prima volta a Cannes.

Kore’eda è uno degli autorigiapponesi più conosciuti, il suo

Nobody Knows nel 2004 si portò a casail premio come miglior interpretazionemaschile proprio qui in Francia, mentreil delizioso Still Walking (2008) ciracconta, con un esplicito omaggio alcinema di Yasujiro Ozu, le relazionifamiliari e il loro mutare col passare deltempo. Il penultimo lungometraggio, IWish (2011) con protagonisti duebambini, ci conferma come il registagiapponese sia un maestro a catturarela spontaneità dei piccoli attori, qualitàche probabilmente gli deriva dal suopassato di documentarista. Va ricordatoinoltre che è dell’anno scorso larealizzazione di una serie tv incentratasul rapporto di un anziano padre ormaimorente con suo figlio e la famiglia,lavoro che ha sorpreso in positivo per itocchi surreali e comici che Kore’eda hasaputo inserire in quello che oramairiconosciamo come il suo stile.

Il lavoro presentato qui a Cannes,Like Father, Like Son sembracontinuare su questa linea, Kota è unuomo e un padre realizzato, tuttosembra andare per il verso giustoquando un giorno gli arriva unatelefonata dall’ospedale che glicambierà la vita. Quello che lui e suamoglie considerano il loro figlio infattinon è veramente tale a causa di unerrore, di uno scambio di culle fatto sei

anni prima subito dopo la nascita delbambino. Questa scoperta getterà incrisi Kota e la moglie che siinterrogheranno sul loro ruolo digenitori. Sarà interessante vedere comeMasaharu Fukuyama, famosissimocantante e attore, qui nel ruolo delpadre, saprà interpretare un uomo inprofoda crisi, lui che in Giappone èl’immagine della persona vincente.

Di tutt’altro genere l’altro film inconcorso, Shield of Straw di TakashiMiike, un action movie e grandeproduzione quasi di stampohollywoodiano con il regista nipponicoche partecipa a Cannes per il terzo

anno consecutivo. Dopo averpresentato il primo film in 3D incompetizione nel 2011, Hara-Kiri:Death of a Samurai, e l’anno scorso ladeliziosa parodia musical For Love’sSake, Miike dimostra ancora così la suainesauribile versatilità e la sua passioneper il lavoro di regista, che siano lesperimentazioni di inizio carriera per ilmercato home video, l’ultraviolenza diIchi The Killer, l’insostenibile tensionedi Audition o le grandi produzioni jidaigeki come lo splendido 13 Assassins, ilregista di Osaka riesce sempre asorprendere, regista unico e autoresenza i vezzi negativi dell’autorialità. Lastoria di Shield of Straw, tratta da unromanzo di successo, segue le vicendedell’uccisione della nipote di Ninagawa,un potente uomo politico che metteuna taglia di un miliardo di yen suchiunque uccida il presunto sospetto,Kunihide Kiyomaru. Il film si svolgespazialmente nei 1200 chilometri traFukuoka, dove il ragazzo si consegnaalla polizia per paura della sua vita, eTokyo dove 5 agenti di poliziacercheranno di riportarlo parando gliattacchi della gente, affamata dallamontagna di soldi promessadall’anziano politico.

Grandi distanze sono anche quelleche copre l’ultimo film di Jia Zhangke ATouch of Sin che infatti segue gliintrecci di quattro storie in zonediametralmente diverse della modernaCina, dalla megalopoli Guangzhou allaprovincia più rurale di Shanxi.

Il regista, comunemente associato airegisti cinesi di sesta generazione, nel2006 vinse il Leone d’Oro a Venezia conStill Life, dove raccontava l’impatto perun piccolo villaggio dalla costruzionedella cosiddetta Diga delle Tre Gole sulFiume Azzurro, lo Yangtze e continuavala sua indagine delle trasformazionisociali della modernità cinese nel 2008con 24 City, in competizione a Cannes.

Novità assoluta invece per Flora Laucon Bends (Un Certain Regard), storiadell’amicizia fra una ricca casalinga e ilsuo autista in una Hong Kong chesempre più deve fare i conti e

rapportarsi al resto della Cina. Il filminfatti rappresenta il debutto dietro lamacchina da presa con unlungometraggio per la giovane autrice,laureata alla London Film School, che siavvale però di una grande ed espertodirettore della fotografia comeChristopher Doyle, ricordiamoloalmeno per il capolavoro In the Moodfor Love.

Nella stessa sezione vedremo anche ilfilippino Adolfo Alix Jr presentare il suoDeath March, la storia del trasferimentoforzato di 76.000 prigionieri di guerra,sia americani che filippini, da partedell’esercito imperiale giapponese nel1942. La sorpresa più bella però èvedere (finalmente) quel grande artistadelle immagini che è Lav Diazapprodare a Cannes (Un CertainRegard) con North, The End of History,speriamo che il regista filippino riescaad affascinare con il suo cinema lentoed avvolgente anche il pubblicofrancese, dopo quello veneziano chemolto gli ha dato a livello di popolaritàe prestigio festivalieri.

di CRISTINA PICCINO

●●●Il nome «inedito» in corsa per la66a Palma d’oro è quello di Arnauddes Pallières, almeno per il grandepubblico internazionale visto che ilcinquantenne regista francese è datempo tra i «coup de coeur» dellacritica di tendenza d’oltralpe.Cresciuto cinematograficamente allaFemis, la scuola di cinema che orientala produzione d’autore in Francia, e«discepolo» di Gilles Deleuze - nell’88,quando è ancora studente invita ilfilosofo e filma la sua conferenza inGilles Deleuze: Qu’est-ce que l’acte deCréation ? - de Pallières gira diversicortometraggi, tra cui La Mémoired’un Ange (1989) e Les Choses rouges(1993), e arriva al lungometraggio conDrancy Avenir, una investigazione che

segue le tracce della persecuzionecontro gli ebrei a Parigi e nellaperiferia metropolitana. Lo spaziodella memoria sembra essere uno deiriferimenti privilegiati della sua ricerca,memoria intima, personale, ememoria dell’immaginario, un viaggioche spesso rimbalza spesso tra piùsponde con gli occhi europei«affascinati» da mitologie pop e daorizzonti inafferabili. Lungo questibordi le sue immagini si mettono allaprova, sperimentano a ogni passaggiolo scarto dei generi, «documentario» e«finzione», che si fondono in unaspecie di io collettivo e insiemeassolutamente personale.

L’America di Disneyland mon vieuxpays natal (2000) scoperta tra leistallazioni a tema di Euro Disney, incui il regista a fa di un lavoro «su

commissione» una sorta di ballatapiena di dolce malinconia. Nelvagabondaggio di una giornata aMarne-la-Vallée, in mezzo alla follache oscilla tra Topolino e Paperino, e ibambini che ridono o gridano dispavento, des Pallières ritrova lanostalgia di un’infanzia che non esistepiù, quel sentimento dell’innocenzaperduta - o forse mai esistita - in cui siconsuma la vertigine dell’età adulta.

Poussieres d’Amerique (2001) è unmade in Usa fatto di archivi chemescolano film familiari, pubblicitàfilmati istituzionali in cui apparel’America del capitalismo, delleconquiste spaziali ma anche dellagrandezza di produzioned’immaginario dove il quotidiano sitrasforma in mitologia.

Michael Kohlhaas, il film inconcorso al festival, è perdichiarazione del regista un lavorocompletamente diverso da tuttoquanto ha fatto finora. Il punto dipartenza è l’omonimo racconto cheHeinrich von Kleist scrisse nel 1811(allo scrittore tedesco si è ispiratoanche Eric Rohmer per il sublime LaMarchesa von O), nella scia del traumaper la fine del Sacro Romano imperotedesco sconfitto da Napoleone. Lastoria del mercante di cavalli la cui vitaviene distrutta da una condannaingiusta, è anche tra i romanziprediletti da Kafka, che in Il Processoricreerà lo stesso clima di angoscia, colprotagonista condannato per unacolpa che ignora.

Von Kleist si ispira a un fattorealmente accaduto, Hans Kohlhaase,è un mercante di cavalli che il 1ottobre del 1539, mentre si reca allafiera di Lipsia, al passaggio delladogana nel territorio dello Junker vonZaschnitz non ha un lasciapassare dicui non ha mai sentito parlare né èdisposto a pagare un dazio che giudicaarbitrario. Per questa ragione vieneprima privato di due dei suoi cavalli, epoi accusato di averli rubati. Al primosopruso, infatti, quello dello Junkerribattezzato von Tronka, segue lareazione rabbiosa di Michael dopo chea Lipsia stabilirà che il lasciapassarerichiesto non esiste affatto, masoprattutto quando, al suo ritorno

scoprirà che i suoi due bellissimicavalli sono stati messi al tiro e quasiridotti in punto di morte, e che il suofedele servo è stato picchiato. Gliulteriori tentativi di Michael diottenere ascolto producono altrevessazioni, fino all’uccisionedell’amata moglie Lisbeth. AlloraKohlhaas si trasforma in un brigante,raccoglie un gruppo di uomini, assaltail castello del suo persecutore e uccidetutti i presenti. Dopo aver messo afuoco la città di Lipsia, Kohlhaas ha unincontro con Martin Lutero, che gliconcede un lasciapassare fino aDresda, dove potrà ripresentare la suaistanza al tribunale ...

Il conflitto tra innocenza e colpa, etra legge e giustizia, suddito e autorità,individuo e Stato vengono ripercorsinelle pagine di von Kleist che al tempostesso racconta il passaggio tra duemondi, da una parte il Medioevo edall’altra lo stato assoluto moderno.Des Pallières sposta l’ambientazione inFrancia, a Cèvennes, in Galizia,regione che nel sedicesimo secolo eradivisa tra cattolici e protestanti, permantenere il legame con l’inizio delprotestantesimo che è un altro deiriferimenti kleistiani. In realtà l’idea difare un film da questo libro risale amolti anni fa, alla prima letturaquando il regista aveva venticiqueanni. Un colpo di fulmine: «Allora peròero troppo giovane, non ne sarei statocapace. Avevo in mente deiriferimento come Aguirre di Herzog o Isette samurai di Kurosawa.Invecchiando, ho raggiunto laconoscenza necessaria» dice desPallières che per il ruolo di Kohlhaasha voluto Mads Mikkelsen (ValhallaRising di Winding Refn, Il sospetto diTomas Vinterberg).

Ma non è solo questo che lo haspinto a tornare al suo vecchio amore.Dice des Pallières: «Come è possibileche un uomo rispettato, marito epadre amorevole diventi un fanaticoossesionato da una unica idea?L’interrogativo che pone la storia diKohlhaas contiene molti dei conflittipolitici del nostro tempo. Non vedoperò questa figura come quella di unrivoluzionario. Direi piuttosto che lasua è una vendetta personale».

NEW ENTRY ■ Des Pallières, «Michael Kohlhaas»

Mitologie sognatenel quotidiano

2013

GERENZA

Il manifestodirettoreresponsabile:Norma Rangeri

a cura diSilvana Silvestri(ultravista)Francesco Adinolfi(ultrasuoni)

in redazioneRoberto Peciola

redazione:via A. Bargoni, 800153 - RomaInfo:ULTRAVISTAe ULTRASUONIfax 0668719573tel. 0668719557e [email protected]://www.ilmanifesto.it

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Tutto il programma del festival all’indirizzo www.festival-cannes.fr

In copertina: «Lesdemoiselles de Rochefort»di Jacques Démy (1967)con Françoise Dorleace Catherine Deneuve

«Un chatêau en Italie diBruni Tedeschi, «ATouch of Sin» di JiaZhangke, a sinistra «LaVénus à la fourrure» diPolanski, a destra«Jimmy P.» di ArnaudDesplechin, in alto adestra «Nebraska» diAlexander Payne

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(4) ALIAS11 MAGGIO 2013

CANNCosì ti finanzioil film. Il giocodegli indipendenti

di GIULIA D’AGNOLO VALLAN

●●●Come trovare i soldi per un quasi-remake diUltimo tango a Parigi? I protagonisti diquest’avventura (involontariamente) picaresca,condotta porta dopo porta, yacht dopo yacht,avanti e indietro lungo la Croisette, sono il registaJames Toback e l’attore Alec Baldwin. Il film èSeduced and Abandoned e sarà presentato (in unaproiezione speciale fuori concorso) al festival diCannes, durante il quale è stato girato l’annoscorso. L’espediente narrativo di Toback farebbeimmaginare una commedia sarcastico/crudele. Edi crudeltà nel film ce n’è abbastanza, conBaldwin (una delle star televisive più pagate delmomento, dopo il successo di 30 Rock) che sipresta stoicamente all’esperimento e al giudizioimpietoso dei potenziali finanziatori del film: nonsolo lui non è Marlon Brando, ma –gli dicono imoney men- per un progetto come quello, ogginon c’è proprio più posto. «Forse lo potreiprodurre mettendoti vicino una coppia di giovanistar, e facendo scendere il budget a uno/duemilioni di dollari», concede magnanimo AviLerner, stando al gioco e dimostrando, unico tragli altri, un po’ di senso dell’umorismo..Fortunatamente Toback è troppo raffinato, esoprattutto troppo un insider, per perdere tempoed energia a fare un film sarcastico, sugli orroridell’industria cinematografica e la morte delcinema d’autore. Seduced and Abandoned, con ilsuo titolo che ammicca a Germi, è un raccontopiù sfumato di così. Bertolucci, Scorsese ePolanski (che quest’anno ha un film in concorsoal festival, Venus in Fur) emergono poco a pococome co-protagonisti e parlano di fare cinemacon l’entusiasmo e la passione di quando eranomattatori assoluti del tappeto rosso locale. Soloche, si legge tra le righe dei loro sorrisi (prividell’acidità di tanti autori più giovani), oggilavorare è diventato molto più difficile.

Nel mondo della produzione indipendenteridotto in gran parte anche lui a una grossa,spaventata, burocrazia (cosa che si vedebenissimo nel film di Toback), è diventato moltopiù difficile oggi anche fare un grosso festival chespiazzi, sorprenda, o cambi il modo di vedere ilcinema.

In questo senso, a partire dalla seratad’apertura (The Great Gatsby di Luhrman) che èquasi un remake di quella fortunatissima del 2001(il film era Moulin Rouge), anche la selezione Usaalla Croisette quest’anno, è quasi undocumentario su Cannes. Jim Jarmush, i fratelliCoen, Steven Soderbergh, Alexander Payne, SofiaCoppola e James Grey sono già stati tutti inconcorso al festival. Jarmush torna (chiaramenteper il rotto della cuffia, annunciato all’ultimomomento e programmato in uno slot punitivo achiusura del festival) con Only Lovers Left Alive,una storia a tre di vampiri (Tom Hiddlestonmusicista, Tilda Swinton l’amante, MiaWasikowska la cugina intenibile) che, girato in trecontinenti diversi (nelle città Detroit, Tangeri eAmburgo) e prodotto con capitali tedeschi, sullacarta ha un po’ il sapore di un tardo Wenders.Ambientato nella scena musicale del Villagenewyorkese degli anni sessanta, e liberamenteispirato dal libro di Dave Van Ronk The Mayor of

MacDougal Street (titolo che viene dalsoprannome di Ronk), Inside Llewyn Davis è unanuova collaborazione tra i Coen e il produttoreScott Rudin, ma anche lui è stato in gran partefinanziato in Europa. Oscar Isaac, Carey Mulligan,John Goodman, Garret Hedlund sono nel cast,con Timberlake e Isaacs che collaborano allemusiche insieme a T Bone Burnett, già autore peri Coen della bellissima colonna sonora d’epoca diO’Brother Where Are Thou? (Cannes 2000). Tra ititoli Usa che sembrano più interessanti econtrocorrente è «l’ultimo» film di Soderbergh,Behind the Candelabra, una produzione HBO(nessuno dei produttori di cinema volevatoccarlo, troppo osè e politically incorrect nell’eradei matrimoni gay) e un omaggio allafiammeggiante storia d’amore tra Liberace(Michael Douglas, da premiare già in fotografia) eil suo autista Scott Thorson (Matt Damon).

Insieme a The Great Gatsby, l’unico film «dastudio» (in Usa è Paramount) della selezioneamericana, Nebraska è un ritorno di AlexanderPayne nei luoghi di Election e About Schmidt e nelMidwest in cui è cresciuto (il regista di originegreca è nato a Omaha). La storia è quella delviaggio di un padre e u figlio (Bruce Dern e l’ex diSaturday Night Live Will Forte) dal Montana alNebraska. Considerato il lavoro di dettaglio chePayne fa sugli attori, questo film (inizialmentepensato per Gene Hackman), potrebbe portare alsottovalutato, ex cormaniano, Dern unriconoscimento che si merita da tempo. Ha unalunga storia con Cannes (The Yards, We Own TheNight, Two Lovers) anche l’ultimo autore Usa inconcorso, James Grey, sceneggiatore/regista diThe Immigrant, in cui Marion Cotillard è sedottae fatta prostituire da Joaquin Phoenix. ConJeremy Renner nella parte del mago.

Bad girls in Hollywood per Sofia Coppola cheapre Un Certain Regard con The Bling Ring,ispirato alla storia vera di un gruppo disvaligiatrici di case di trash celebrities come ParisHilton, Lindsay Lohan e Megan Fox. Sempre inun Un Certain Regard, debuttano invece alfestival James Franco (As I Lay Dying) RyanCoogler, con Fruitvale Station, vincitore diSundance 2013. Per la prima volta al festival (euna delle uniche scelte «fuori sistema» delprogramma Usa, qui però con un sales agentfrancese) anche il marchigiano trapiantato aHouston Roberto Minervini, con Stop thePounding Hart, terzo capitolo della sua trilogiatexana, dopo The Passage e Low Tide. RobertRedford è fuori concorso, solo in mezzo al mare,in All Is Lost, di J.C. Chandor (Margin Call).

JAMES FRANCO

L’inesauribileimmaginariodel creatoredi sogni

di G.D.V.

●●●«Tra l’infinito numero diprogetti artistici cha hai intrapresoquello che, più di tutti ha fatto alzaregli occhi al cielo?», chiede ZachGalifianakis a James Franco. Il set èquello di Wack Wednesday, il fintotalk show comico per il sito internetFunny or Die: la satira è implicita.Ma la domanda (a cui Francoreagisce con un assoluto silenzio) èpiù che legittima. Attore, regista,sceneggiatore, produttore,videoartista, poeta, saggista,musicista, insegnante universitario,star di soap opera, documentarista,presentatore degli Oscar,twittermaniaco e promotore di unsito tv che porta il suonome….Franco è una fabbricad’immaginario (culturale)apparentemente inarrestabile, edaltrettanto onnivora.

L’attore degli hit primaverili OzThe Great and the Powerful e SpringBreakers (di cui è anche produttore)sarà a Cannes con un film da regista(il 21esimo, secondo Internet MovieDatabase, ma ci sono parecchicorti), l’adattamento di As I LayDying, uno dei più famosi, e dei piùdifficili, romanzi di WilliamFaulkner, di cui Franco firma lasceneggiatura e in cui interpretaDarl, il secondo dei fratelli Bundren,principale narratore della storia.Non è il primo viaggio nellaletteratura americana delplurilaureato ex James Dean: il suoBroken Tower (bianco e nero,poverissimo e non poco confuso)era una biografia di Hart Crane.Child of God, attualmente inpostproduzione, un adattamentodall’omonimo romanzo di CormacMcCarthy. Bukowski, che stagirando, ripercorre infanzia egioventù dell’autore di Taccuino diun vecchio porco, The Garden of LastDays, in preproduzione, è basato sullibro di Andre Dubus II. E Franconon si ferma ai testi letterari: RebelWithout a Cause (Rebel,un’installazione del 2011), Cruising(Interior. Leather Bar, in primamondiale a Sundance 2013) e MyOwn Private Idaho (My Own PrivateRiver, un’installazione e un film del2012) sono film sui cui materiali, hariffato liberamente, talvolta in modomolto interessante (specialmentenel caso di Van Sant). Il suo Sal erainvece un omaggio biografico a SalMineo.

Le frontiere non fermano JamesFranco attore, che ha filmannunciati con Wim Wenders eWerner Herzog, e sicuramente nonsono una barriera budget o generi:This Is the End diretto da SethRogen, è una delle commediedemenziali più attese dell’estate,Homefront (previsto entro fineanno), di Gary Fleder, un filmd’azione durissimo, da unasceneggiatura di Sylvester Stallone,in cui Franco interpreta la nemesi diJason Statham.

L’incredibile, ossessivo, horrorvacui del trentacinquenne di PaloAlto (che è tra l’altro il titolo di unfilm indipendente che ha appenafinite di produrre e interpretare perla nipote di Francis Coppola, Gia) gliha procurato non poco ridicolo e

qualche clamoroso scivolone (lacerimonia degli Oscar rimane unodegli esempi migliori). Ma,cocciutamente, con il tempo, Franco(che lavora con un gruppo ristrettodi amici/collaboratori e, comeprovano le borse sotto gli occhi nonha replicanti) sembra essere statocapace di trasformare la suatuttologia in un’ipotesi diperformance art totale in cui anchequando le cose non vengono bene orimangono in superficie, le curiositàe l’intelligenza ci sono. E si sentono.

MIGUEL GOMES ●●●Il registaportoghese autore del celebratissimo«Tabou», è il presidente della giuria dei criticiistituita qualche anno fa dalla Semaine de laCritique. «Sono molto fiero di poterpartecipare a questo premio, e anche se hoappena finito di girare un cortometraggio, e stolavorando al mio prossimo lungo, non sonoriuscito a resistere all’invito. Sono un regista, enel ruolo di presidente di una giuria compostada critici di tutto il mondo, sarò moltodemocratico e aperto. La cosa che cerco in unfilm è la capacità del suo autore di proiettarvi ilproprio universo e la propria sensibilità. saràquesto aspetto che privilegerò guardando gliesordi che compongono la selezione.Nel Certain regard c’è anche Rithy Pahn, ilregista cambogiano che vive in Francia da moltianni, presenta «L’image manquante», un nuovocapitolo nella ricostruzione della memoria delsuo paese, a partire dal genocidio compiuto dalregime di Pol Pot. Pahn ha di recentepubblicato un’autobiografia in cui ripercorrequei giorni, la fuga e la prigionia insieme alla suafamiglia, la perdita dolorosa delle personeamate, e insieme delle speranze dicambiamento del paese.

Da Jarmush ai Coen,Coppola e Soderbergh,gli Usa alla Croisette film

Nelle pag 4 e 5 la celebre coppia DeanMartin e Jerry Lewis, a pag 5 in alto: All isLost, l’ultimo imperatore, Grand Central

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NES2013

di LUCA CELADANEW YORK

●●●«Ricordo che la prima voltaebbi l’impressione di esser finito neLa Dolce Vita ed ogni volta che citorno è ancora un po’ così; l’interacittà si trasforma in un gigantesco redcarpet». Leonardo Di Caprio parla delfestival vissuto la prima volta pocopiù che ventenne, come interpretedel Titanic che l’avrebbe catapultatonella alla super-celebrità cheall’epoca rischiò di inghiottirlo.L’anno prima, ancora teenageremergente, aveva giratoRomeo+Juliet, uno degli adattamentipiù azzeccati e originali dellacommedia shakespiriana, per unregista australiano ancora quasisconosicuto fuori dai festival e daicircuiti d’essai. La prossimasettimana Di Caprio e Baz Luhrmannsaranno nuovamente assieme sullaCroisette per presentare un altro filmche rivisita un classico letterario:stavolta è il Grande Gatsby, ilromanzo di F. Scott Fitzgerald sulmisterioso magnate di Long Island(un uomo enigma, in parte affine alKane di Orson Welles) e la sua fataleossessione per Daisy, l’amanteproibita per cui inventa un mondo dirutilante eccesso. Questo Gatsby è ilquarto adattamento cinematograficodel romanzo-capolavoro di Fitzgeralddopo quello del 1974 di Jack Claytoncon Robert Redford (sceneggiata daFrancis Ford Coppola), la versione diElliot Nugent con Alan Ladd nel 1949e quella perduta girata da HerbertBrenon nel 1926 per Adolph Zukor eJesse Lassky (a sua volta basata sullaversione teatrale diretta su Broadwayquello stesso anno da George Cukor).Tutte - anche un telefilm del 2000 -versioni piuttosto prosaiche di unastoria la cui forza evocativa sta, piùche nella trama, nell’invenzioneletteraria e nelle atmosfere resedall’autore.

Quella di Luhrmann è unaversione che lo stesso Di Capriodefinisce «ad alto rischio», per laspregiudicatezza stilistica per cui ènoto il regista ma, aggiunge l’attore,«è un film di cui vado fiero e credoche Cannes sia il luogo ideale perpresentarlo ad un pubblicomondiale». Al di là dell’accoglienzacritica che potrà avere, come sceltaper l’apertura è ineccepibile, per ilglamour che porterà alla prima (conDi Caprio recitano Tobey McGuire,Carey Mulligan, Joel Edgerton e IslaFisher) e per l’obbligatorio quozientepolemico verosimilmenterappresentato dall’adattamento di un«capolavoro letterario» in 3D conabbondanza di effetti digitali. Anchese la reputazione di Luhrmann comeregista innovatore si è un po’appannata dopo il mega feuilleton diAustralia, artisticamente, il regista diBallroom Dancing in qualche modoha comunque il fisique du rôledell’iconoclasta e, secondo Di Caprio,anche un’affinità naturale con ilsoggetto.

«Credo che Baz sia un po’ Gatsby.Non ho mai incontrato nessunocapace di ’manifestare’ la propriaesistenza secondo i propri sogni,come fa Baz Luhrmann. Possiede unentusiasmo contagioso per la vita el’arte ed è impossibile, quando ci

lavori, non essere completamentecoinvolti in questo suo mondo».Nella fattispecie, le megafeste diGatsby con tutto l’eccesso mondanodell’epoca proibizionista e della NewYork anni ’20 sono rese da Luhrmannnello stile pop-barocco già applicatoalla Parigi Belle époque di MoulinRouge: i questo caso, un remix di«roaring twenties» infuso di hip hopcom’è nelle corde «ibridanti» delregista che spiega: «Fitzgerald era unmodernista, il suo romanzo è venatodi jazz. Oggi viviamo in un’era hiphop e quindi avevo l’idea dimescolare jazz e hip hop, soprattuttoquando Di Caprio mi ha presentatoJay-Z (autore delle musiche, ndr).Volevo ricreare la sensazione che si

era avuta leggendo il libro nel 1925quando il jazz, la colonna sonora delromanzo, era non una musica’d’epoca’, ma il furorecontemporaneo».

Malgrado questo e l’identificazionepiù esplicita del personaggio narranteNick Carraway con lo stessoFitzgerald, Luhrmann rivendica unafedeltà al testo del libro maggiore chenei precedenti adattamenti. «Loabbiamo letto e riletto non so quantevolte», conferma Di Caprio, «loabbiamo discusso in gruppo percercare di arrivare all’essenza,all’intento originale di Fitzgerald.Abbiamo consultato i massimiesperti ciritici e anche letto il suoTrimalchio: ci è stato di grande

aiuto». Trimalchio era il titolooriginale dell’opera che dalla Francia(il libro fu terminato nel 1924 a SanRaphael, proprio nei pressi diCannes) Fitzgerald avevainizialmente spedito a Scribner’s, ilsuo editore di New York. Il romanzoera stato impaginato, ma dopo averriguardato le bozze, Fitzgerald avevariscritto intere parti del lavororispedendo alla casa editirice laversione definitiva col nuovo titolo diGreat Gatsby. Quel primo titolo’provvisorio’ era una citazione diTrimalcione, il personaggio delSatyricon, l’ex schiavo che nelracconto di Petronio Arbitro offrel’opulenta e dissoluta cena a nobilicommensali, meno ricchi di lui, ma

che tuttavia lo deridono per il suorango sociale inferiore.

Pur avendone in seguito cambiatoil titolo, anche nel romanzo definitivoFitzgerald conserva la metafora e lavoce narrante si riferisce alprotagonista, appunto, come «a unTrimalcione», per sottolinearel’impossibilità di Gatsby di comprare,assieme alla villa, ai ricevimenti e allusso sfrenato, il posto che vorrebbenella high society di Long Island.Sullo sfondo del misterioso tycoonche alle sue leggendarie feste invitagovernatori e stelle del cinema, c’èl’impietosa demarcazione sociale cheè alla radice dell’ossessione delprotagonista, miliardario venuto dalnulla e destinato a rimanere eternoescluso. Lo «straordinario dono dellasperanza» che Fitzgerald conferisce aGatsby si tinge così di amara ironia eil personaggio diventa simulacroribaltato dell’ottimismo americano edella solare mitologia nazionale delself-made man. Fitzgerald, comel’amico e altro contemporaneoprecursore modernista NathanaelWest (Il Giorno della Locusta) è ancheacuto osservatore e cronista delladisperazione che si nasconde dietroal materialismo e alla violenza«idiomatica» dell’esperienzaamericana.

È Gatsby l’uomo che inizialmenteappare come maestro manipolatoreche finisce per rivelarsi il vero illuso –protagonista di un amore impossibilee di un sogno altrettanto vano diassimilazione sociale, improbabilecome il boom che all’orizzonteavviluppa i grattacieli scintillanti diNew York in una sbornia destinata apostumi dolorosi. «Appareinizialmente come un personaggioassolutamente amorale», affermaLuhrmann, «un affarista che ha fatto isoldi con manipolazioni illecite delmercato, o chissà quali oscuri emisteriosi affari. Poi invece emergeche si tratta di un personaggio che haun singolo obbiettivo; lui è, in uncerto senso, ’ipermorale’. Secondome è ciò che rende Gatsbyl’equivalente americano di unAmleto, un paradosso che può essereinterpretato e adattato con infinitesfumature a diverse epoche, un veroclassico». Naturale, dunque, che ilruolo abbia attratto Di Caprio: loconsidera parte di un trittico sul latooscuro del mito americano assieme alproto-capitalista schiavista Candie dapoco visto in Django e a JordanBelfort, banacarottiere amorale deglianni ’90 che interpreterà nelprossimo Wolf of Wall Street diMartin Scorsese.

«Credo che Gatsby si rivolgaancora a tutti noi. È un romanzouniversale il cui sfondo anticipa ilgrande crollo di Wall Street negli anni’30», spiega l’attore. «Lo prefiguraattraverso il grande eccesso deglianni ’20. Parla di un periodo in cuil’America stava diventando unasuperpotenza attraverso una sorta dianomalia aristocratica che era l’altasocietà di Long Island. E accanto aloro, c’è la valle delle ceneri chedevono attraversare per andare a NewYork, il luogo dove abita la classeoperaia che rende possibile il lussosfrenato. È profetico: parla del crolloinevitabile già qualche anno prima cheavvenisse, e quindi di quel ciclo che siripete da 80 anni, in America e nelmondo. Continuamo a ’progredire’senza alcuna comprensione del prezzoda pagare. Fitzgerald ha perfettamentecolto l’ingenuità e arroganza delprogresso umano».

Quanto a Luhrmann, forse inprevisione di una accoglienza nonuniformemente positiva al suo film,mette le mani avanti. «Verso la finedella sua vita Fitzgerald girava per lelibrerie comprando copie del suostesso romanzo per alzare le quote divendita del libro che era statorapidamente dimenticato. Ora, perl’interesse suscitato dal film, ilGrande Gatsby è tornato al primoposto nelle classifice Amazon. Nelleultime settimane ha venduto piùcopie di tutte quelle vendute durantela vita del suo autore. E per mequesto può già bastare».

LIBERACE

Un alienomolto camp

Gatsby, Amletoamericano

●●●Wladziu Valentino Liberace (1919 –1987) nato nel Wisconsin, padre italiano emadre polacca, non è stato un uomo dicui è facile dare definizioni. Di professioneera un pianista e un vocalist, unoshowman indubbiamente dotato del sensodello spettacolo. Una specie dientertainer con la mania delle ZiegfieldFollies fuori tempo massimo e dal gustodecisamente camp, meglio evidenziato dalsuo (deliberato e consapevole?) uso delkitsch nell'abbigliamento e negliatteggiamenti. In Italia non è una figuramolto conosciuta, forse i cinefili se loricordano perché interpretava unvenditore di bare neIl caro estinto di TonyRichardson, e pochi sanno che i suoi showhanno affascinato gli americani per quasi40 anni, anche quando approdò nei teatridegli hotel di Las Vegas, come tutte leglorie invecchiate dello spettacoloamericano.Molti scopriranno una parte della sua vitae delle sue stravaganze con Behind theCandelabra, il film che Steven Soderberghporta a Cannes, e il pericolo è che il suopersonaggio appaia proprio quello che luiha sempre negato di essere: un artistamolto legato al guadagno, omosessuale inthe closet che denunciava chi lo diceva(nel 1959 il Daily Mirror gli pagò unafortuna per averlo definito «maschile,femminile e neutro» e «dal sapore difrutta», fruit è un sinonimo dispregiato digay).Forse, Liberace era anche così. Anzi,molte biografie sostengono che fosseproprio così. Lo sostiene anche ScottThorson, suo fidanzato per sei anni, dallacui autobiografia è stata tratta lasceneggiatura del film di Soderbergh (pernascondere la loro relazione, Thorsonlavorava come suo valletto, finita la storialo denunciò per sexual harrassment, poi siaccontentò di un accordo monetario). Mala vita di personaggi così complessiandrebbe analizzata con altri parametri.Da un punto di vista di stile, per esempio,è un peccato che la moda non se ne siamai occupata. Certo, quella del suotempo non avrebbe potuto elevarlo aicona di stile, ma oggi gli si potrebbericonoscere almeno la qualifica dianticipatore di tendenze.Forse inconsapevolmente, con il suoabbigliamento Liberace credeva di ridareal maschio dell’uomo il ruolo che ilmaschio degli animali ha in natura: gli abiticome le piume del pappagallo, come laruota del pavone, come la criniera delleone. Liberace indossava camicie di setastampata o con enormi ruches di pizzo,giacche ricamate di oro zecchino e conapplicazioni di pietre preziose, smokingcon bottoni di diamanti; portava un anelloenorme a ogni dito con diamantiincastonati; arrivava sul palco con un’autobianca e ne scendeva trascinandosi il pesodi una pelliccia di sessanta chili, portavamantelli di cincilla anche fuori scena e nonsopportava un pianoforte a coda se sopranon fossero stati sistemati grandicandelabri d’oro. Insomma, un perfettostile camp flamboyant che in annisuccessivi avrebbe goduto di maggiorifortune e di minore riprovevolezza.Come anticipatore di tendenze, quindi,non c’è male. La sua concentrazioneossessiva sull’estetica l’hanno adottata imetrosexual degli Anni 90; pellicce, anellid’oro e orecchini di diamanti sonodiventati i distintivi dei rapperafrican-americans e del loro stile ghettofabulous (Puff Daddy e anche Usher eKanye West); giacche con ricami d’oro sinotano su parecchie passerelle e per lestrade (Dolce&Gabbana in primis), e lecamicie con le ruches di Sangallo sivedranno anche di giorno addosso agliuomini nel prossimo inverno (Prada).Certo, tutto molto più raffinato e senzaombra di camp. Come si addice agliuomini di oggi liberati ma che non fannospettacolo. michele ciavarella

Luhrmann e Di Caprioparlano del celebrepersonaggio tratto dalromanzo «cinematografico»di F. Scott Fitzgerald

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Lo scontro dei sessitra scenari brumosie corpi «primitivi»

CANNES2

di CECILIA ERMINI

●●●Jane Campion è senza ombra didubbio la figlia di Cannes. Scoperta dallaCroisette nel 1986 con Peel, primo premionel concorso cortometraggi, e osannatanel 1993 con la Palma d’oro per Lezioni dipiano, anche se in comproprietà conAddio mia concubina di Chen Kaige, laregista neozelandese torna quest’annonella triplice veste di presidente di giuriadel concorso cortometraggi, presidentedella Cinéfondation e vincitrice dellaCarrozza d’oro, il premio assegnato dairegisti della Société des Réalisateurs deFilms (Srf) che vanta illustri predecessoricome Clint Eastwood, David Cronenberg eJafar Panahi. Ma l’anno magico dellaCampion è già cominciato da un po’,grazie allo straordinario successo ottenutodalla miniserie in sei puntate Top of theLake, prodotta dal Sundance Channel, daun paio di settimane si è conclusa lamessa in onda americana mentre in Italiaal momento non c’è ancora unadistribuzione televisiva, e passata primasul sobrio red carpet di Salt Lake City perpoi migrare sotto zero all’ultima Berlinale.Scritta con il vecchio complice Gerard Lee,collaboratore della regista all’epoca diSweetie, primo lungometraggio del 1989, eco-diretto insieme al giovane Garth Davis,Top of Lake è stata concepita primadell’ultimo, splendido film della regista, inconcorso guarda caso a Cannes nel 2009,Bright Star, con la precisa volontà diambientare una crime story al femminilenei cunicoli delle primitive comunitàneozelandesi, circondate da paradisiaciscenari d'inquietante potenza. JaneCampion dunque si immergenuovamente, dopo vent'anni da Lezioni dipiano, nella natura brumosa della suaNuova Zelanda ma le nere e gotichespiagge, dove un pianoforte in una cassagiaceva al fianco di Holly Hunter e dellapiccola Anna Paquin, hanno lasciato ilposto ai pericoli di un lago leggendario euterino, venerato e temuto, pare che sulfondo dello specchio d'acqua riposi ilcuore di un demone, dai Maori superstiti ecivilizzati. La vicenda è confinata negliimmensi paesaggi dell’immaginariaLaketop, violenta e patriarcale cittadella,dominata da maschi prevaricatori eminacciose montagne e costruita neipressi dell'oscuro bacino. Qui ritornadopo lustri di assenza, per accudire unamadre oramai condannata dal cancro, lagiovane poliziotta Robin Griffin, ElizabethMoss già Peggy Olson in Mad Men, maben presto le forzate cure amorevoli neiconfronti della genitrice, lasceranno il

posto a un’indagine complessa espaventosa.

Robin si imbatte nel caso della piccolaTui Mitcham, dodicenne meticcia figliadel boss locale, un ferino Peter Mullan,incinta di cinque mesi e con nessunaintenzione di rivelare l’autore di talecrimine contro l’infanzia. Nel frattempouna carovana di pittoresche donne, infuga da anni di casalingo predominiomaschile, si trasferisce, con unpesantissimo fardello di ferite psicologichee non, in cerca di utopie matriarcali aParadise, lembo fatato di terra vergine diproprietà del Mitcham. A capo dellaspedizione una santona amorevole,sciamanica e scorbutica, Holly Hunterdalla chioma grigia e fluente che lospettatore attento non può non associarea Jane Campion, che regala perle di crudasaggezza alle smarrite adoratrici. Lapiccola Tui però molto presto sparirà dalviolento ambiente familiare pernascondersi nella foresta, aiutata da uncombattivo drappello di amici, decisa adifendere con le unghie la creatura cheporta in grembo, mentre Robin saràcostretta a fare di nuovo i conti con unatragedia adolescenziale, molto simile aldramma della giovane Mitcham, chesconvolgerà il suo già precario equilibrio,umano e professionale. Superficialmenteparagonato ai brumosi misteri di TwinPeaks, oramai è sufficiente uno specchiod'acqua e una donna scomparsa perrievocare David Lynch, Top of the Lake è ilromanzo cinematografico sognato peranni dalla Campion, in grado finalmentedi trovare un respiro fluviale, circa sei orela durata totale della miniserie divisa in seio sette puntate a seconda del canale ditrasmissione, alla sua riconoscibilissimapoetica, influenzata costantemente danomi tutelari del calibro di Henry James e

delle sorelle Brönte. «Top of the Lake èun’allegoria: bambine innocenti e donneferite nell’animo contro la cattiveriamaschile», ha dichiarato la regista allastampa presente alla Berlinale,rimarcando ancora una volta il piano distudi che accompagna il suo cinema findai primissimi cortometraggi, quandostudentessa di antropologia all’università,si abbandonava, ancora incerta, alcorteggiamento della macchina da presa.Da sempre interessata al conflitto ches’instaura fra uomo e donna in situazioniestreme, Jane Campion prosegue la suaindagine sulle conseguenze dello scontrofisico e mentale fra i sessi, mescolandoaspirazioni primitive a desideri di civiltà,retaggio degli studi antropologici, senzamai perdere di vista le istanze primariedelle sue protagoniste. Le eroine dellaCampion infatti di norma sono creaturesingle, o mal accoppiate, dalle pulsioneambivalenti: scisse fra desiderio easpirazione, ragione e sentimento, sonosempre il motore narrativo primario deifilm, racchiuse al centro del loropersonalissimo microcosmo, ambientefragile minacciato nella sua integrità dafattori esterni, quasi sempre da uomini.Robin Griffin dunque non è altro che unafiglia moderna della Ada McGrath diLezioni di piano e di Isabel Archer diRitratto di signora, donne di inesplosasensualità in attesa di una corporea edefinitiva liberazione, possibilmente conla complicità di Madre Natura. Il corpofemminile è dunque il vero protagonista diTop of the Lake, non solo perché il misterodel whoddunit sul quale poggia l'interavicenda si cela nel ventre della piccola Tui,ma anche per l'apertura panica e paganadel corpo, unico veicolo possibile per laconoscenza di se stessi, di Robin,impegnata in dannunziani accoppiamentinei boschi con l'antico amore di gioventùJohnno Mitcham, unico esemplare dipositiva mascolinità. Ma il corpo èsoprattutto uno spazio interiore daframmentare ed esplorare nella miglioretradizione del cinema femminilecontemporaneo, da Claire Denis a Marinade Van e non a caso, come in tutto ilcinema della Campion, anche gli amplessie le triviali funzioni quotidiane del corpovengono mostrati senza pudori oriverenze. Esemplare una delle taglientimassime pronunciate dalla guru GJ, «nullapuò superare l'incredibile intelligenza delcorpo» e ogni personaggio dellanarrazione sembra obbedire a questasorta di condivisibile filosofia di vita.Niente Twin Peaks, ma nemmeno iprocedurali polizieschi di gran moda oggiriescono ad avvicinarsi per stile eprofondità: le indagini di Robintravalicano la ricerca della piccola e di chiha compiuto il crimine, diventando pianpiano un’inchiesta introspettiva, come perla Meg Ryan del sottovalutato In the Cut,

dove l'oscuro passato e il confusopresente, di Robin e di Laketop, si disvelain tutta la sua drammaticità. «Dirigere unfilm vuol dire essere uno specchio», hadichiarato la regista, ma nel caso di Top ofthe Lake significa guardarsi soprattuttoallo specchio, ripensando alle eroine delpassato e a tutto il suo cinema: non è uncaso che, nelle ultime sequenze dellaminiserie, la guru GJ, trascinando il suopiccolo trolley lontano dalle terre di

Laketop, osservi con amoroso distacco ilsuo bestiario femminile, allontanandosidalle false utopie di Paradise. «Il cinemacontemporaneo è molto conservatorementre oggi la televisione osa di più», diceCampion. E mentre GJ ricomincia il suoperegrinare, non è poi così difficileconfonderla con il nuovo viaggio di JaneCampion, verso Cannes, verso il traguardodei sessant’anni e chissà incontro a qualinuove sfide cinematografiche.

SOCIÉTÉ DES RÉALISATEURS

L’assemblea dei cineastiil 18 e il 21 maggio

Jane Campion,la regista neozelandesetorna in Croisette film

●●●Due importanti appuntamentinell’ambito del festival per la Sociétédes réalisateurs de films, associazioneche riunisce circa 200 registi e chefesteggia quest’anno 45 anni diattività. Il suo scopo è da semprequello di difendere le libertàartistiche, morali professionali edeconomiche del cinema. Perl’occasione ha organizzato il Meetingdei Filmmakers che si terrà in duediverse sessioni: il 18 maggio alle14.30 in un incontro dal titolo «Comefare film da indipendenti oggi?». Il 21maggio - stesso orario - si discuteràsul tema «Fare cinema oggi inEuropa: quali scenari».

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2013

a cura di LORENZO ESPOSITO

GIONA A. NAZZARO

E BRUNO ROBERTI

●●●(pubblichiamo in parte, comeanticipazione, l’intervista sulnumero di Filmcritica n. 634 cheuscirà in occasione del festival diCannes. Sulla Croisette, per CannesClassic, proiezione di «L’ultimoimperatore»)

●Partiamo da ciò che manca, oche è mancato, o che forse è solostato. La questione del 3D e poidel digitale. Averci rinunciato èstata solo una scelta economica,oppure, per usare dei terminirosselliniani, di economia delsegno?Non ho mai detto che è stata unaragione economica. Mi sono resoconto, andando a fare dei provinia Cinecittà con un perfettoequipment 3D, quindi con duemacchine da presa che devonosempre interagire fra loro pergiungere all’immagine unica, cheper cambiare posizione allamacchina avrei dovuto aspettareogni volta due o tre ore, e percambiare obiettivo un’ora emezza o due. Ebbene, quando lamattina arrivo sul set, trovata laprima inquadratura, da quellaviene la seconda, dalla secondaviene la terza, cioè io sono unoche tende a girare il più possibilebasandosi su una specie dipartenogenesi delle inquadratureche si generano una dall’altra.Dunque è proprio il contrario diuna questione economica. Iofaccio fatica anche quando undirettore della fotografia mi faaspettare una o due ore, per mediventa un incubo e mi vienesubito voglia di licenziarlo efarne venire uno più veloce.Invece è come se io rincorressi lemie inquadrature, e il 3D, come èfatto adesso, non me lopermetteva.

Allora mi sono detto: lasciamoche questo sistema si alleggeriscae, nel frattempo, visto che il 3D tipermette questa superdefinizione,proviamo con il digitale. Anchequi ho fatto dei provini, che hoproiettato proprio qui a casa mia.Ecco, col digitale la definizionediventava ossessiva, e avevo comela sensazione che se avessi giratocosì, con quel tipo di fuoco sututto, avrei come cancellato quelloche c’era di impressionistico nellapellicola, o comunque nel sistemaanalogico. Il cinema è semprestato impressionistico, le sfocaturefacevano parte della sua natura,col digitale era come cancellaretutto Monet, tutto Renoir…Insomma, ecco perché horinunciato anche al digitale. Voiavete visto Sedia elettrica, ildocumentario sulla lavorazione diIo e te? Lì si parla di questa trafila.

●Si, lo abbiamo visto, ma te lochiedevamo per un altro motivo.Rivedendo, durante l’ultimaBerlinale, Delitto perfetto diHitchcock in 3D, cioè così comeera stato originariamente

pensato e girato…Io lo vidi in 3D… Di quando eraesattamente?

●Del 1954.Si, lo vidi all’epoca.

●Dunque, benché Hitchcocknella famosa conversazione conTruffaut, ne parli come diun’esperienza fallimentare, efallimentare proprio per quantoriguarda il concetto di rilievo, arivederlo oggi non si può nonpensare a «Io e te…»Ah si?

●Prima di tutto è un film tuttochiuso in una stanza…È vero.

●...Hitchcock fa una cosasemplicissima: mette in primopiano, anzi in rilievo, glioggetti…Mi ricordo un telefono…

●...In «Io e te» il modo in cui tumetti in questione il set, non è in3D, ma fa capire perché voleviinizialmente che lo fosse, e cioèc’è un movimento interno, nonlontano dalla partenogenesi

delle inquadrature che cispiegavi, per cui ogni singolainquadratura non solo è diversadalla precedente, ma proprio neviene trasformata, mutata.L’effetto è quello della lanternamagica…Mi fa piacere sentirlo. Nel 1954,quando ho visto Delitto perfettoavevo tredici anni, andavo alcinema da solo, al cinemaVascello…

●I due film si richiamanotalmente che, scherzando manon troppo, poiché i personaggi

di «Delitto perfetto» sono tre, sipuò dire «Io e tre…»Questo mi piace molto, come tuttii calembour.

●Tu pensi che le immaginipossano generare, che possanoletteralmente figliare? Una voltahai parlato di kamasutra dellamacchina da presa…In «Io e te»ci sono proprio degli esercizierotici con la macchina da presa,che avvengono in una situazionedi apparente totale claustrofobiae costrizione. Non solo nellacantina, per esempio con imovimenti che fai nel cortile delpalazzo sembra di rivedere«Shanghai Gesture» diSternberg. Insomma c’è propriouna capacità totalmente fisicadell’immagine, continuamente ècome se ti mettessi e mettessil’immagine a testa in giù,Lorenzo legge a testa in giù,Olivia dorme a testa in giù, ilsogno del tip tap sulla parete divetro…È a testa in su. Proprio perchéprima si parlava di Hitchcock e del3D, diciamo che allora il 3D venivausato in modo un pochinoclamoroso, e anche pacchiano, percui ti arrivavano addosso dellefrecce, delle sassate, qualunquecosa ti potesse essere scagliatacontro. Poi invece vai a vedereDelitto perfetto, cioè nell’originaleDial M for Murder, dove il 3Dviene usato come una specied’iscrizione, non nella maniera unpo’ banale di tutti i film difantascienza o nei b-movie.

●C’erano anche western come«Hondo» di John Farrow.Non l’ho visto. Mi ricordo quellocon i formiconi giganti…

●«Them!» di Gordon Douglas,che pure è del ’54.Era bello perché in tutti questi ifilm, soprattutto quelli americani abasso costo, c’era un momento incui i protagonisti uscivano nellanotte e guardavano il cielo,sentendo che c’era una speranza,sembrava proprio che dicessero:ecco, ce la possiamo fare. Questoda un lato. Per quanto riguarda iltesta in giù, è vero, c’è forse nelfilm, forse perché è girato quasitutto in cantina, il desiderio diperforare con lo sguardo i piani earrivare a vedere la madre cosa fain casa da sola, se cerca Lorenzo,se lui le manca e così via, ma tuttoquesto, ora ne sono sicuro, viene,soprattutto il sogno in cui lui vededa sotto i piedi della madre edell’analista (che forse è il padrema non si sa), tutto questo vieneda un film di Hitchcock, TheLodger, dove a un certo puntoloro, che hanno affitattol’appartamento a questo stranopersonaggio scuro, coperto da unmantello, che entra e esce inmodo che chiunque loscambierebbe per un assassino,sentono i suoi passi e li vedono dalsotto in su, vedono proprio lesuole di quest’uomo checammina, credo che Hitchcockabbia usato una lastra di vetro.Insomma questo per riprendere ildiscorso di quella che è la tessituradelle citazioni, delle copiature,delle citazioni inconsce, dellecopiature inconsce. Nel cinema siruba, come in tutto. Mi viene inmente il mio papà che ha scrittouno dei suoi ultimi libri che sichiama Ho rubato due versi aBaudelaire… Io credo che nelcinema sia proprio fatale che sirifacciano cose già fatte…

Foto grande: «L’impero dei sensi» e BusterKeaton in una foto di scena. Foto piccolein alto: «The Bling Ring» di Sofia Coppola,«Salt Lake» di Jane Campion,«My Sweet Pepperland» by Hiner Saleem,«Wakolda» di Lucia Puenzo,«As I Lay Dying» di James Franco

FILMCRITICA 634

Numero specialesito rinnovato●●● Il consistente numero 634 di«Filmcritica» si apre con «L’immagine èvirtuale» del direttore Edoardo Bruno,quindi la conversazione con Bertolucci,«In margine a Io e te» (di AlessandroCappabianca), «Cukor o della regia» (diEdoardo Bruno), «Ripensamenti, Il grandee potente Oz» (di Andrea Pastor), «Ilcinema di Don DeLillo» (di AlessandroCappabianca), «Cinema cubano: HelloHemingway (1990)» di Fernando Pérez (diFrancesco Salina), «Sulla fotografia» (diAlessandro Cappabianca), «Persistenzadello sguardo» (di Edoardo Bruno), «Fralimite e illimite. Ancora suRossellini-Spielberg» (di Giovanni Festa),«Film di tendenza» (di Bruno Roberti), Lospettatore critico (di AlessandroCappabianca, Sergio Arecco). Entromaggio il sito di Filmcritica sarà rinnovatoe si potranno acquistare (prezzo politico)i numeri arretrati degli ultimi dieci anni.

Bertolucci,assenzae desiderio

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di NICOLA SELLITTI

●●●Un cestista Nba che siconfessa gay. Primo caso inassoluto nello sportprofessionistico americano. Conuna lettera - copertina sulnumero di Sport Illustrated, sacrascrittura dello sport a stelle estrisce. Un vaso di Pandora che sisvuota, ma non del tutto. Sonopassati alcuni giornidall’intervista di Jason Collins,34enne centro ex Boston Celtics,ora ai Washington Wizards, cheha deciso di rendere pubblica lasua omosessualità. Un raccontolucido e toccante. La scopertadell’omosessualità a Los Angeles,la confessione alla zia magistratodi San Francisco, il rapporto conle donne, il basket come terapia.E la maratona di Boston,

detonatore per la liberazione.Collins, costretto ad alzare lamano perché nessuno avevaavuto il coraggio, prima di lui. El’America, dopo la rincorsa - forsescontata - all’endorsement alcoraggioso di turno, orgoglio diun Paese che crede di accoglieree tutelare le diversità, oras’interroga. Lo sportprofessionistico, le quattro legheprincipali, Mlb, Nba, Nfl, Nhl,microcosmo plastico dellacomposizione sociale del Paese, èpronto per accogliere, viverel’omosessualità negli spogliatoilontano dalla luce rossa delletelecamere e sui divani di casa?

Se lo è chiesto anche Collins,nella lettera, micropolaroid di unatleta che sa giocare duro, che havissuto l’omosessualità comeautocensura, esercizio di

autocontrollo. Uno strumento –filtro tra sé e gli altri, per evitare ilpregiudizio. Per lui, la telefonatadi un orgoglioso presidenteObama. E il tweet immediatodell’ex capo della Casa Bianca BillClinton (sua figlia Chelsea avevastudiato con Collins a StanfordUniversity). Assieme al sostegnodi Kobe Bryant, Lebron James,Shaquille O’Neal. E altri pezzigrossi (o ex) della Lega. «Credoche il Paese sia pronto per avereun giocatore di basketomosessuale», ha spiegato Collinsdopo il coming out. Più ingenerale, sulla stampa americanaJason Collins è stato paragonatoda molti a Jackie Robinson, ilprimo atleta di colore a giocarenel baseball pro’. Evidenziando ilruolo degli sportivi, l’impattosociale e politico dei loro

comportamenti, specie seeducativi. Solo che la tolleranzaverso gli omosessuali, comeCollins, implicherebbe una verarivoluzione copernicana cheriscriverebbe molte leggi nonscritte del cosmo Nba. CheCollins conosce bene. È il suomondo da 12 anni. Lui non è unattore principale ma uncaratterista. Uno di quelli chegioca pochi minuti a sera. Cheusa il fisico per fare falli, ancheduri. Per intimidire, come haammesso nella lettera a SI. Unpesce nell’acqua della Nba, legacon campioni come pochi macinica, verticale, a tinte machiste,con alto tasso di testosteronedentro e fuori al parquet. Che haimpiegato molti anni, peresempio, ad accettare i cestististranieri, specie gli europei.

Universo a predominanzaafroamericana. Con atleti cheprovengono da realtà complicate,violente. E che, finiti nelle primefile dopo un contatto sotto itabelloni, sono aiutati a rialzarsisolo dai compagni di squadra.Mai degli avversari, sarebbe unsegno di debolezza, come dice lalegge dello spogliatoio.

Una Lega darwiniana, vince chisi adatta meglio alleconsuetudini. In cui si mischianoepisodi di omofobia (addiritturaKobe Bryant multato per 100 miladollari due anni fa per aver detto«frocio» a un arbitro durante unapartita tra i suoi Los AngelesLakers e i San Antonio Spurs).Anche perché molti cestistiarrivano da realtà collegiali in cuile matricole sono costrette avagare per il campus con lo

I DIRITTI DEGLI ATLETI

Il cestista Jason Collins durante due incontriNba, la tennista Martina Navratilova, il pugileportoricano Orlando Cruz. A destra, in basso,il calciatore Justin Fashanu

Orgoglio gay nell’NbaEssere diversi da chi

Jason Collins.fa coming out, unvaso di Pandorasi svuota,ma non del tutto.La difficoltàdi dichiararel’omosessualitànello spogliatoio

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zainetto di Hello Kitty sulle spalle.A subire riti iniziatori,discriminatori. E se per Collinsera prevedibile la pioggia di tweetdegli imbecilli di turno, trainsulti, minacce di morte,incitamento all’omicidio, eccol’attacco del talk show man RushLimbaugh, (tutti i giorni, weekend escluso, tiene unatrasmissione di tre ore su Abcradio con un’ audience di uncentinaio di milioni di persone,un terzo degli americani), che haduramente criticato Obama per ilsostegno all’atleta.

Non un caso isolato. Spia del

disagio che Collins dovràaffrontare. E chi verrà dopo di luia vivere liberamente la suasessualità. Prima dell’outing diCollins, il cambiamento era giànell’aria nello sport Usa daqualche mese, prima conl’iniziativa della Nhl per lottarecontro l’omofobia, poi con laconfessione di Brittney Griner, lafuoriclasse del basket femminileche pochi mesi fa avevaaddirittura «rischiato» di passarealla lega maschile grazie alle suedoti agonistiche. E dire che MarkCuban, enigmatico proprietariodei Dallas Mavericks, anche

stavolta ci ha preso, avendopronosticato qualche anno fa chepresto un giocatore Nba avrebbefatto coming out, rivelando la suaomosessualità. Senza contare chepochi giorni prima dell’outing diJason Collins era la volta diBrendon Ayanbadeio, 36enne deiBaltimore Ravens (Nfl) che alquotidiano Baltimore Sunrivelava che quattro suoi colleghistessero riflettendosull’opportunità di rendere notain pubblico la propriaomosessualità. «Succederà primadi quanto si pensi» dicevaAyanbadeio, favorevole in passato

alle unioni gay. «Stiamo parlandocon un gruppo di giocatori chestanno valutando la situazione.Stiamo parlando con 4 giocatori,almeno. Stanno provando aorganizzarsi per fare coming outtutti insieme, nella stessagiornata.

La manovra collettiva «sarebbeun grosso colpo e toglierebbe lapressione dai singoli. Sarebbeuna giornata storica». E la Nfl èprobabilmente anche più duradella Nba. «E’ chiaro che cisarebbero delle ripercussioni, masarebbe meglio se potesserocondividere tutto questo».

E il tema dell’omosessualità nelfootball è stato uno degliargomenti che hannocaratterizzato la vigilia dell’ultimoSuperBowl.

Chris Culliver, il cornerback deiSan Francisco 49ers è incappatoin una serie di infelicidichiarazioni quando è statochiamato a risponderesull’eventuale presenza digiocatori gay nello spogliatoio.Dopo lo scivolone, Culliver si èscusato e, su indicazione dellasua franchigia, ha collaborato conun Gay Support Center. Maitolleranza preventiva, semprepentimento nei titoli di coda.

Ieri pomeriggio, al primo spettacolo in unasala purtroppo semivuota spero solo per viadell'orario, ho visto Miele prima regia diValeria Golino un bel film coraggioso esorprendentemente poco italiano puressendo recitato, scritto e diretto da italianie scrivo questo perchè effettivamentequesto film non rispetta nessuna dellelimitanti e coercitive regole del nostromisero panorama culturale. Cominciandodal tema affrontato che è la morte, o megliola libertà di scegliere di porre finevolontariamente alla vita quando lecondizioni in cui la si vive diventanoinsopportabili, malattie altamente invalidantie dolorose che la rendono un'interminabileagonia, depressione acuta e indomabile cheoffusca e annulla ogni plausibile motivazionea volerla vivere o, e questo è il nocciolo e losnodo del racconto, desiderio «stoico»,filosoficamente parlando, di chiudere ilproprio percorso che si percepisce comeconcluso. Non voglio svelare tutta la tramama ho molto apprezzato l'assenza di«pregiudizio» nell'affrontare l'argomentocon tutte le sue problematiche. Ha avutointuito Valeria Golino a scegliere questastoria, il film è liberamente tratto da unromanzo di Covacich, che l'aveva pubblicatouna prima volta sotto pseudonimo e che laregista ha sceneggiato insieme a ValiaSantella e Francesca Marciano, e le augurosinceramente di venir ripagata da meritatosuccesso non solo perchè il film è ben giratoe ottimamente recitato da Jasmine Trinca eCarlo Cecchi insieme agli altri attori tuttibravi e giusti nei loro ruoli, né perchènonostante il soggetto sia così delicato noncede mai alla tentazione melodrammatica ,pietistica o sentimentale che potevatrasformarlo in una cartolina macabra, masoprattutto perchè questo film mi fasperare che ci sia una parte del paese che èdiversa, più matura e raziocinante, più laica ecivile di quel che l'immarcescibile eapparentemente immutabile poterecostituito politico e religioso ci mostra e cipropina rendendoci la vita, a voler usare untiepido eufemismo, molto faticosa. C' è dasperare di poter uscire apertamentedall'ipocrisia che ci governa, c'è da illudersidi poter cambiare qualcosa? non so, magariuscire dalla contraddizione di uno statolaico che ne contiene uno teocratico che difatto impone le proprie leggi e non rispettaquelle della costituzione del paese ospitante,che teoricamente ci mette tutti sullo stessopiano senza distinzioni di sesso o fede , apartire dalla crociata dei crocefissi appesi inogni dove per finire con la cervelloticaesenzione (che i prelati si autoapplicanobasta avere qualche altarino qua e là perl'appunto) dell'iniqua tassa imu. Di codestobalzello si parla in continuazione eppuremisteriosamente la chiesa, che di questitempi non mi pare proprio risenta di crisieconomica assalita com'è da pellegrini diogni razza e paese e che se pagasse ildovuto forse risanerebbe le casse comunali,non fa cenno di voler assolvere all'impegnoné il governo la sollecita a farlo. Si puòsperare che venga eletto, magari sindaco,visto che col governo è andata come èandata, meglio non commentare, qualcunoche sia veramente laico e che riporti inquesta città un po’ di cultura, un po’ direspiro internazionale com'era tanti decennifa, e che non si occupi soltanto digenuflettersi e prendere ordini oltretevere,che ridia dignità alle istituzioni pubblicheinvece di massacrarle a favore dei privati(che poi da noi sono sempre sinonimo dicattolici). Si può sperare? a volte basta farsisorprendere da una voce diversa, guardarele cose da un'altra angolazione.

PER UN PAESEPIÙ MATURO

DISCRIMINAZIONI

Navratilova,Thomas,quei nomida black list

●●●Jason Collins, ultimo dellablack list. Prima di lui, l’ex cestistainglese, con un passato nella Nba,John Amaechi. Le tenniste MartinaNavratilova, Amelie Mauresmo,Billie Jean King. L’ex giocatoreprofessionista di footballamericano, Esera Tuaolo, l’exrugbista gallese, Gareth Thomas,l’ex giocatore, oggi manager Nba,Rick Welts, l’ex pugile EmileGriffith, il tuffatore MatthewMitcham, l’ex ciclista scozzese,campione del mondo su pista,Graeme Obree, la campionessamondiale svedese specializzata nelsalto in alto Kajsa MargaretaBergqvist, l’ex sciatrice alpina AnjaPaerson. Più recentemente ilpugile portoricano Orlando Cruz.

E qualche anno fa anche l’excalciatore Justin Fashanu, suicidanegli anni ’90. Esempi che nelmondo dello sport l’omosessualitàesposta ai quattro venti nonconviene. Più donne che uomini:nell’immaginario collettivo, ladonna omosessuale è figura piùdebole, fragile, rispetto all’uomo.Tra discriminazioni, di colleghi,tifosi, inni al machismo, allavirilità.

Con danni anche economici(Sports Illustrated, in un sondaggiorivelava che il 65% del campioneselezionato sarebbe stato menopropenso ad acquistare unmarchio sostenuto da un atletagay).

PERFORMING GENDER●●●Si chiama «Performing Gender» per inaugurare, attraversol’arte e la cultura, una riflessione sulle differenze di genere e diorientamento sessuale. Il progetto coinvolge 16 giovanicoreografi di 4 Paesi europei in un percorso biennale di ricerca,formazione e spettacoli sul tema della sessualità e dei ruoli digenere. Il progetto – ideato e promosso dal Comitatoprovinciale Arcigay Il Cassero/Gender Bender Festival (Italia) inpartnership con Dutch Dance Festival (Paesi Bassi), Paso a 2Plataforma Coreográfica (Spagna) e Domino/Queer Zagreb

Festival (Croazia) – è stato selezionato dall’Unione europea sul«Culture Programme 2007-2013 Strand 1.2.1, Cooperationprojects» e sarà fra quelli che riceveranno un sostegnoeconomico pari al 50% dei costi complessivi dell’intero progetto(che ammontano a 400 mila euro). «Performing Gender» è unodei 12 vincitori italiani, risulta al 6˚ posto tra i 114 selezionati suicirca 500 arrivati da tutta Europa ed è l’unico selezionato inEmilia. I partner di Performing Gender hanno, pianificato di farvisita ad altri Paesi (Turchia, Cipro, Finlandia, Gran Bretagna) inoccasione di festival o piattaforme di danza, per condividere icontenuti del progetto e promuoverne la visibilità.

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NOMINE ■ JOSEFA IDEM

Un cambiamentoatletico e salutareal ministerodi P.C.

●●●Josefa Idem è il nuovoministro dello Sport del governoLetta. È passata in pochi mesi dallevogate delle olimpiadi di Londraallo scranno più alto diMontecitorio. È un bene che JosefaIdem sia ministro dello sport diquesto Paese, perché è un'atleta cheha vissuto i problemi del mondosportivo, inoltre è una donna e a unambiente improntato a lungo almachismo mussoliniano non puòche far bene. È stata, all'inizio delloscorso decennio, assessore allosport del comune di Ravenna,esperienza che le ha consentito dicapire meglio i problemi dello sportdi base. Ma tutto questo non ésufficiente. Il suo è un ministero cheè stato compattato con quello delle Pari Opportunità, ilche non sarebbe male, visto che lo sport è terreno fertileper ribadire il diritto all'uguaglianza, ma l'idea diconcentrare due ministeri in uno la dice lunga sul fatto

che occupandosi di tutto poi sifinisce per occuparsi di nulla. Dietrol'angolo ci sono viceministri esottosegretari all'insegna dellaspartizione del potere.

Quello assegnato a Josefa Idem èun ministero dello Sport senzaportafoglio, dunque, privo di risorseeconomiche, indispensabili peragire a favore di nuove politichesportive, perciò abbiamo notevoliperplessità che con il suo mandatopossa incidere su quello che il Cio(Comitato olimpico internazionale)definisce lo sport per tutti. Cipermettiamo di segnalare alministro dello Sport alcune priorità.Innanzitutto il diritto dei migranti edei loro figli nati in Italia a praticarelo sport a qualsiasi livello, da quelloamatoriale all'agonistico, ogginegato perché non sono cittadiniitaliani, mantenendo di fatto unassunto fascista basato sulla purezzadella razza, ribadito dall'articolo 2della legge costitutiva del Coni del1942 e abolito solo nel 1999, maevidentemente i residuipermangono.

L'Italia è il primo Paese in Europaper abbandono dell'attività sportivain età adolescenziale el'associazionismo sportivo presentesul territorio sembra inerme difronte a tale fenomeno. È necessariogarantire un sostegno finanziarioalle associazioni, e in tempi dicrisi promuovere politiche dialleggerimento della spesa perquelle famiglie che consentono ailoro figli di praticare sportorganizzato. L'Italia ha il più altotasso di bambini in età scolare insovrappeso d'Europa, si trattamolto spesso di bambini destinatia diventare obesi da adulti e acontarre malattie dell'apparatocardio-circolatorio, oltre che ildiabete mellito, che graverannosul sistema sanitario nazionale.Sono bambini che appartengonoalle fasce sociali più deboli,lasciati per molte ore al giornodavanti alla Tv a consumare cibipoco salutari e spesso in assenzadei genitori, impegnati in lavorisenza orari fissi, come le pulizie ol'assistenza domiciliare. Vitasedentaria e cattiva alimentazione

imbrigliano questi bambini. Più in generale ibambini italiani, in Europa, risultano essere quelliche giocano di meno all'aperto. Su queste priorità aJosefa Idem auguriamo buon lavoro.

di PASQUALE COCCIA

●●●Occupy sport anche in Italia,sulla scia del movimento OccupyWall Street, che nato negli StatiUniti due anni fa ha messo indiscussione le politiche speculativeeconomiche su scala mondiale,facendo pagare alle fasce sociali piùdeboli la crisi. Palestre popolari epolisportive non ne possono più deicavilli burocratici e delle norme cheimbrigliano e impediscono ai figlidei migranti di fare sport a livelloagonistico, perché non sono disangue italiano (ius sanguinis, recitala legge sulla cittadinanza italianadel 1991/92).

Non ne possono più di un poteredello sport rinchiuso nel Palazzo etutto proteso all'autoconservazionee all'autorappresentazione. Non nepossono più di un Coni pigliatutto,che prende dalla finanziaria 470milioni all'anno, metà dei qualiservono a mantenere se stesso. Nonne possono più dei giochi di poteredel vertice dello sport italiano, cheignora le società sportive di base epensa solo al numero di medaglieda conquistare. Perciò, palestrepopolari, polisportive, atleti estudiosi dello sport si darannoappuntamento a Vicenza per unatre giorni di tornei, dibattiti, film,mostre e presentazioni di libri, tuttoall'insegna dello sport antirazzista esolidale.

Nella città veneta, il 17-18 e 19maggio, Sport alla Rovescia

(www.sportallarovescia.it) vuoledavvero capovolgere la piramidedello sport e portare al vertice losport per tutti, secondo ladefinizione del Cio, quello che inItalia è maggioranza perché conta12 milioni di persone, ma ignoratodal Coni-pigliatutto, che tra lefederazioni sportive e leassociazioni non va oltre i 5 milionidi iscritti. La tre giorni vicentina,promossa in collaborazione conl'assessorato allo Sport del comunedi Vicenza e l'Uisp, va sotto il nomedi Gioco anch'io: « spiega Max

Gallob uno degli organizzatori dellamanifestazione «.

Una condizione che ha spintoSport alla Rovescia a promuovereuna raccolta di firme (la petizionepuò essere sottoscritta on [email protected]) dapresentare alla Federcalcio e allealtre federazioni sportive,altrimenti, avvertono, daranno vitaa Occupy Sport «» affermano gliorganizzatori. Le realtà associativeimpegnate sul fronte dello sport cheaderiscono a Sport alla Rovescia, eche saranno protagoniste a Vicenzala settimana prossima, sono laPolisportiva Assata Shakur diAncona, la Palestra Popolare TPO,HicSuntLeones football antirazzistadi Bologna, la Polisportiva SanPrecario di Padova, la PolisportivaAckapawa di Jesi, la PalestraPopolare Rivolta di Marghera, LaPaz! Antirazzista di Parma, laPolisportiva Indipendiente diVicenza, Autside socialfootball diRimini e Equipo Popular di Napoli,alle quali si assoceranno altrepalestre popolari e realtà sportiveche fanno riferimento ai vari centrisociali presenti in tutta Italia.

Si comincia venerdi 17 maggio alCs Bocciodromo con l'ex campioneAndrea Zorzi, colonna portantedella nazionale italiana di pallavolofino al 1996 e più volte campionemondiale, oggi commentatoretelevisivo, che presenterà il progettoTerre di Sport, poi seguirà ildibattito tra il presidente dellaFedercalcio veneta Giuseppe Ruzzae l'avvocato Saccon, impegnato alfianco delle polisportive dei centrisociali nella battaglia perl'abolizione delle norme cheimpediscono ai migranti di far partedi squadre e partecipare ai

campionati agonistici, perché nonsono cittadini italiani, e con loro cisarà Daniela Conti, dirigentenazionale dell'Uisp e presidentedella squadra Liberi Nantes diRoma (www.liberinantes.org ),organizzazione che tra milledifficoltà consente ai rifugiatipolitici, sia donne che uomini, inattesa di permesso di soggiorno digiocare a calcio o praticare altreattività sportive. Tra tornei edesibizioni degli atleti delle palestrepopolari, sabato 18 maggio sidiscute della riforma dello sport tragiornalisti, dirigenti sportivi eassessori allo sport, in particolareinterverranno Renzo Ulivieri,presidente dell'associazioneallenatori e candidato alle recentipolitiche nelle liste di Sel, ilneoeletto presidente dell'UispVincenzo Manco, che esporrà ilpunto di vista dell'associazionismosportivo rappresentato dagli enti dipromozione, un'altra fettaconsistente di sport socialeignorata sul piano legislativo dalparlamento e sul piano economicoesclusa dai contributi pubblici,costretta ad accontentarsi dellebriciole dispensate dal Coni, pur

consentendo a svariati milioni dipersone, donne, bambini, anzianiadolescenti di praticare l'attivitàsportiva a prezzi davvero popolari epresso impianti sportivi gestitispesso tra mille difficoltà. Aconcludere l'assessore allo sportdel comune di Vicenza UmbertoNicolai e il professor Borgognidell'università di Cassino.

SPORT

Una rovesciataper cambiare

Occupy sport. A Vicenzasi incontrano per tre giornile associazioni sportive controrazzismo e discriminazione

In pagina alcune scene di sport di base, illogo di Occupy Sport e, a destra, JosefaIdem in attività sportiva e in un ritratto

INIZIATIVE

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IL FILM

A LADY IN PARISDI ILMAR RAAG, CON JEANNE MOREAU, LAINEMAGI. FRANCIA 2013

0Frida, una signora estone chevive a Parigi è assistita da Annauna giovane arrivata dall'Estonia

per prendersi cura di lei, ma Frida fa ditutto per renderle la vita difficile.

AMERIQUADI GIOVANNI CONSONNI, MARCO BELLONE,CON BOBBY KENNEDY III, GIANCARLO GIANNINI.ITALIA 2013

0Charlie Edwards neolaureato inpausa di riflessione è messo allestrette dalla famiglia e con gli

ultimi soldi ricevuti compra un bigliettoaereo per l'Italia, è derubato al suoarrivo e incontra Lele chiamato il re diBologna che lo inizia ai piaceri dellacittà.

IL GRANDE GARSBY (3D)DI BAZ LUHRMANN, CON LEONARDO DICAPRIO,CAREY MULLIGAN. USA 2013

0Una nuova versione dalromanzo di F. Scott Fitzgerald(la quarta). Sulla costa

settentrionale di Long Island arriva ilricco James Gatsby che diventa benpresto famoso per le sue feste. Il suoritorno è legato al grande amore che haperduto, Daisy, che ora è sposata. Ilruolo fu a suo tempo rifiuytato daMarlon Brando, e Robert Redford nefece una celebre interpretazione.

POST TENEBRAS LUXDI CARLOS REYGADAS, CON ADOLFO JIMENEZCASTRO, NATHALIA ACEVEDO. MESSICO 2013

0Juan ha lasciato Città delMessico per andare a vivere incampagna con la famiglia, ma il

nuovo tipo di vita risulta assai difficile, laviolenza della città ha preso anche quiforme diverse e forse più pericolose.

BENUR - UN GLADIATORE INAFFITTODI MASSIMO ANDREI, CON NICOLA PISTOIA,PAOLO TRIESTINO. ITALIA 2012

7Le caratteristiche che hannofatto apprezzare Andrei nel suofilm d’esordio Mater Natura alla

Settimana della critica di Venezia, qui cisono tutte, la propensione al popfiammeggiante, l’andamento musicaleimportante, la tenerezza, ilmelodramma. Qui si passagagliardamente dall’ambientazionenapoletana a quella romana, dove, dallapièce teatrale di Gianni Clementi,Sergio, che era uno dei primi cinquestuntman di Cinecittà ora si arrangiafacendo il gladiatore al Colosseo,insieme a Milan (un nome adatto aigiochi di parole). Commedia dal cuoreamaro. (s.s.)

BEKETDI DAVIDE MANULI, CON FABRIZIO GIFUNI,JEROME DURANTEAU. ITALIA xxxx

0Nella rilettura di "AspettandoGodot" di Beckett: Freak e Jajàstanchi di aspettare Godot,

decidono di andarlo a cercarepercorrendo una terra di nessunopopolata di personaggi deliranti esituazioni paradossali.

LA CASADI FEDE ALVAREZ, CON JANE LEVY, SHILOHFERNANDEZ. USA 2013

1Sembra quasi privo dielaborazione o progettazione,remake dello stracult di Sam

Raimi, diretto dall'uruguaiano FedeAlvarez. Compatto, veloce, sprezzante.Alvarez divora tutto, nella calmaimpassibile del (solito) chaletscricchiolante e dei boschi dove il maleè in agguato. Ritorna anche l'impervioNecronomicon, rilegato in pelle umanae scritto col sangue di una vergine.Alvarez elegge Mia a «scream queen»,dissennata,assonnata, nevrotica.Un'anti-Ash dei nostri giorni, drogata econ un fratello come angelo custode.

C'è molto realismo e per chi ha il cuoredebole sarà dura parare la botta. Èanche un progetto schizofrenico: nellaprima parte ci affezioniamo a deicomuni ragazzi, nella seconda entriamoin una specie di zona allucinogena.(fi.bru.)

CONFESSIONSDI TETSUYA NAKASHIMA, CON CON TAKAKOMATSU, YUK NISHII, GIAPPONE 2010

7Nakashima, noto soprattuttoper il coloratissimo KamikazeGirls, film simbolo del genere

kawaii («carino», «colori pastello»), èconsiderato un maestro del genere.Confessions rappresenta un drammaticocambiamento di rotta, annegato inun’atmosfera opprimente e cupamentemonocromatica. Rispetto alledeflagrazioni visive dei suoi filmprecedenti, si muove all’interno di unospettro cromatico teso esclusivamentefra il nero più minaccioso e il grigio piùasfissiante. Come in una variante daincubo del classico schema Rashomon,Confessions mette in scena la vendetta diun’insegnante ai danni della suascolaresca convinta che fra i suoistudenti si celino gli assassini di sua figlia,una bambina di quattro anni. Il mondosurreale di Kamikaze Girls si spalanca suun abisso di malessere inquietante che ilfinale solo in parte riscatta. Si celebracon ogni evidenza la fine del modelloproduttivistico tardo-liberista. (g.a.n.)

EFFETTI COLLATERALIDI STEVEN SODERBERGH, CON JUDE LAW,CHANNING TATUM. USA 2013

6L’elemento oscuro chel’intreccio promette si perdenella commistione consueta di

generi, il genere psichiatrico innestatosulla detective story, più il film didenuncia contro le case farmaceutichegenere tenuto ben sotto controllo pernon far perdere proventi e nellanecessità di confezionare un prodottorassicurante. Infatti, tranquilli non didevastanti effetti collaterali a causa dimedicinali si tratta (non siamo nei pressidi Michael Moore), ma come sempre diquell’inafferrabile mostro senza voltoche è la finanza (condita di misoginia).(s.s.)

HANSEL E GRETELCACCIATORI DI STREGHEDI TOMMY WIRKOLA, CON JEREMY RENNER,GEMMA ATERTON. GERMANIA USA 2013

7Stravagante, forse nontotalmente riuscito, ma moltodivertente Hansel e Gretel

cacciatori di streghe del regista norvegeseTommy Virkola, ricca coproduzionetedesco-americana (50 milioni di dollari,ne ha già incassati 55 in America). È unavera incursione del cinema europeo nelterritorio horror fiabesco in 3D dellanuova Hollywood, che non ha finoraprodotto grossi risultati e ci haammorbato con inutili Biancaneve enani non sempre di prima scelta. (m.gi.)

KIKI CONSEGNE A DOMICILIODI HAYAO MIYAZAKI, ANIMAZIONE. GIAPPONE1989

1Capolavoro di HayaoMiyazaki uscito dallo StudioGhibli nel lontano 1989 (ora

nelle sale italiane, distribuisce LuckyRed), è la magnifica metafora deiturbamenti di un corpo - e unamente - in rapido cambiamento. È unromanzo di formazione tutto alfemminile dove la «crisi», la perditadi potere e la riconquista dellafiducia in se stessi sono le temibiliprove da superare. Nessun effettospeciale sostiene Kiki nella suaimpresa, se si esclude quelprodigioso volo che affascinerà unodei pochi esemplari maschili del film,Tonbo, il simpatico ragazzino chesogna di costruire macchine perattraversare il cielo e che costituiràl’occasione del riscatto. (a.d.g.)

IL MINISTRODI PIERRE SCHOELLER, CON OLIVIER GOURMET,MICHEL BLANC. FRANCIA 2011

7La scommessa del regista esceneggiatore francese èportarci dentro ai rituali del

potere. E al di là degli schieramenti,destra o sinistra, e visto che il film è del2011 è abbastanza facile leggervi ilriferimento alla Francia dell’expresidente Nicolas Sarkozy. Schoellerfotografa lucidamente l’ambiguità attualedella democrazia, e soprattutto quellafrattura che nel caso italiano, ma nonsolo, sta diventando sempre più grandetra «noi», i cittadini, e «loro», gli uominipolitici. Prodotto dai fratelli Dardenne èl’occasione per interrogarsi su undiverso senso di «cinema politico».(c.pi.)

MI RIFACCIO VIVODI SERGIO RUBINI, CON NERI MARCORé, LILLO,EMILIO SOLFRIZZI. ITALIA 2013

7Minnelli? Blake Edwards? Capra?In questo un po' pasticciato, macarinissimo film l'ispirazione

viene applicata al cinema fantastico dellostesso Rubini, che ci aveva dato unpiccolo gioiello come L'anima gemella,dove già c’erano scambi di personalità edi corpi, trova la sua chiave di messa inscena grazie a gran parte dei nostrimigliori attori brillanti, che il registariesce a dirigere alla perfezione. Così,anche se il copione ha qualche pecca, lacommedia è gradevole (m.gi.)

NO I GIORNIDELL’ARCOBALENODI PABLO LARRAIN, CON GAEL GARCIA BERNAL,ALFREDO CASTRO. CILE 2012

8Larrain Chiude la sua trilogiacon la fine della dittatura inquesto film dedicato al

plebiscito che senza colpo ferire, con lasola forza dell’ironia (una risata viseppellirà) costrinse i militari adandarsene. Si chiedeva al popolo sevotare Sì o No a Pinochet e la campagnaper il No sembrava persa perché eraevidente che intimidazioni e brogliavrebbero avuto la meglio. Nei 15minuti concessi in tv a notte fonda passaper la prima volta il pensierodell’opposizione: tutta la lottaclandestina dei cineasti, anche di quelliche durante la dittatura lavoravano inpubblicità oltre che nellacontroinformazione emerge nel film conforza liberatoria e uno stile trascinante.(s.s.)

LE STREGHE DI SALEMDI ROB ZOMBIE, CON SHERI MOON ZOMBIE,BRUCE DAVISON. USA 2013

1I White Zombie diventanoun’icona del metal alternativo epoco dopo Zombie molla la

band e firma La casa dei 100 corpi, il suoesordio. A fronte della riuscita assolutadi Le streghe di Salem si capisce comeabbia faticosamente e con umiltà trattotutte le lezioni necessarie dai suoi filmsuccessivi fino a questo horror adulto ecolto che sarà nelle sale dal 24 aprile.(g.a.n.)

VIAGGIO SOLADI MARIA SOLE TOGNAZZI, CON MARGHERITABUY, STEFANO ACCORSI. ITALIA 2013

7Irene, viaggiatrice di professioneper verificare le stelle degli hoteldi lusso, la sua non è una

solitudine depressa o deprimente, alcontrario appare come una specie disottile resistenza nel rovesciamento,anche meno evidente, del luogo comunefemminile. Il terreno è rischioso, ma laregista riesce con affettuosa complicità atradurre le impercettibili sfumature delsentimento in una narrazionecinematografica. La suspence è altrove,nel corpo corpo tra una sceneggiaturache potrebbe rimanere chiusa e iltalento della regista che ne spiazzacontinuamente gli esiti producendosorprese e grandi piaceri. (c.pi.)

I FILM

A CURA DISILVANA SILVESTRICON FILIPPO BRUNAMONTI,ANTONELLO CATACCHIO, ARIANNADI GENOVA, GIULIA D’AGNOLOVALLAN, MARCO GIUSTI, CRISTINAPICCINO, GIONA A. NAZZARO

MAGICO

FESTIVAL DEL CINEMASPAGNOLOROMA, CINEMA FARNESE PERSOL, 9-15 MAGGIOil Festival del cinema spagnolo sestaedizione, fondato e diretto da IrisMartín-Peralta e Federico Sartori. Film diapertura Blancanieves di Pablo Berger,vincitore di 10 Premi Goya. La Nueva Olapresenta le produzioni spagnole piùrecenti, tra cui Grupo 7, di AlbertoRodríguez (stasera alle 20.30), De tuventana a la mía, opera prima di PaulaOrtiz. Tra gli ospiti, il regista Xavi Puebla,con A puerta fría , interpretato da MaríaValverde e Nick Nolte. L’omaggio alcinema italo-spagnolo è dedicato (lunedì 13 ore 20.30) - al 50˚ anniversario del film Elverdugo (La ballata del boia), di Luis García Berlanga, Premio FIPRESCI a Venezia 1963,sceneggiato da Rafael Azcona ed Ennio Flaiano, interpretato da Nino Manfredi. Novitàassoluta di questa edizione, la sezione La Nueva Ola Latinoamericana - L'immagineassente, con il regista colombiano Ciro Guerra presente al film di chiusura , Los viajes delviento, gli argentini El studiante, di Santiago Mitre e l’anteprima di Infancia clandestina diBanjamín Ávila in uscita a giugno. La sezione latinoamericana è completata da altri titoliquali il cult-movie ecuadoregno Ratas, ratones, rateros (Roditori) di Sebastián Cordero eil messicano El violín di Francisco Vargas. (s.s.)

AXISUK, 2013, 3’50”, musica: Pet Shop Boys, regia:autore ignotofonte: Youtube

7I Pet Shop Boys ritornano conl’album Electric nuovamentesulla scena musicale e –

parlando di videoclip – ritornano allostile anni ’90 di Howard Greenhalgh,quando il regista rivestiva dianimazioni al computer 3-D la loromusica. Stavolta il gioco di astrazionidigitali è anche più hard, così come loè il brano technopop Axis perlopiùstrumentale; i due ragazzi del negoziodi animali, Tennant e Lowe, neppure livediamo, sono sosituiti dalle sagomedi due performer che assumono ditanto in tanto le sembianze di diabolicicaproni trafitti da un reticolo di raggiluminosi, imprigionati dentro unacoloratissima struttura speculare.L’effetto, percettivamente, non èniente male, e non fa rimpiangere ilvisual ironico e pop di quasi 25 anni fa.

THE NEXT DAYUsa/UK, 2013, 5’54”, musica: David Bowie,regia: Floria Sigismondi, fonte: Vevo

1Secondo singolo dell’omonimoalbum e secondo video firmatoda Sigismondi. Già censurato

su youtube e sicuramente votato aduna difficile esistenza, The Next Day cimostra preti lascivi e violenti, cardinalidiabolici e pornosuore martirizzatecon tante di stimmate, tutti avventoridi un pub dove Bowie in sajofrancescano si esibisce con la band. Iltalento visionario della registaitalo-canadese stavolta è piùcontenuto, ma comunque il cliprimane surreale (la Santa Lucia con ibulbi sul piatto d’argento) etotalmente blasfemo. In tempi diriforma come quelli di papa Francescol’eretico Duca Bianco picchia durovisualizzando la Chiesa comeun’accolita di peccatori senza limiti.Guest star Marion Cotillard e GaryOldman.

BLUE TIPUsa, 2011, 3’15”, musica: The Cars, regia: EronOcasek, fonte: Vevo

7Ritorna dopo 25 anni disilenzio con l’album Move LikeThis e per il video di Blue Tip la

band capitanata da Ric Ocasek si affidaal figlio Eron. The cars (che vantano unvideoclip diretto addirittura da AndyWarhol negli anni ’80) appaiono sottoforma di sagome incrostate sui muri dipalazzi e inseriti nella skyline dellaGrande Mela, come fosserovideoproiettate o trasferite convernice spray da uno street artist.Non male questo gioco grafico che,tra l’altro – come tante volte accade –,si ricollega alla stessa copertinadell’album dal titolo omonimo.

BOWIE IN SAJOFRANCESCANO

IL FILMBELLAS MARIPOSASDI SALVATORE MEREU; CON SARA PODDA, MAYA MULAS, MICAELA RAMAZZOTTI. ITALIA 2012La bella farfalla, la bambina dei quartieri poveri di Cagliari riempie lo schermo conuna energia di cinema nuovo, con lo stile deciso di Mereu che dei brani di realismo,dei frammenti di documentario, dei volti presi dalla strada compie metamorfosispettacolari. Li annoda come fiocchi, li stringe al collo dello spettatore. Mereu offreassaggi di cinema classico giusto per accennare alcuni accordi e poi suonare la suamusica. «Hey mambo» come la Mangano nella risaia, come se il filo conduttoreportasse direttamente a Giuseppe De Santis, ma nell’angusta stanza da bagno,sguardo al neorealismo nella casa dove si affollano i figli, ma dove le battute sonoamare, «Glory glory alleluia» strimpellata al piano, a fare da colonna alla procacevicina nella vasca riempita di schiuma, come in un film di Hollywood, manell’assoluta degradazione. Il look in camera di Cate la protagonista, inventivostravolgimento della voce fuori campo costante degli ultimi anni al cinema è più cheuna confessione, una spavalda presenza davanti allo schermo. Ma il raccontodiventa superbamente flaneur, sfida il destino, sorprende. L’elemento stregato dellastoria (dal romanzo di Sergio Atzeni, ed. Sellerio), mediato dalla lingua sarda,dall’ironia della protagonista - la preadolescenza delle bambine è l’età dellastregoneria - si concretizza infine in una vera strega che arriva e predice a tutti ilfuturo immediato e risolve conflitti e problemi irrisolvibili, salva la vita e fa tornareil sorriso. (s.s.)

STA PER PIOVEREDI HAIDER RASHID, CON LORENZO BAGLIONI,MOHAMED HANIFI. ITALIA 2013Pacato il racconto, straziantel’argomento. Tra questi due poli sisviluppa il punto di vista del regista chedirige deciso il film alla sua tesi: perchéun ragazzo nato in Italia deve trovarsinell’assurda situazione di vedersi negatoil permesso di soggiorno? Il motivoraccontato nel film è che il capofamiglia,il padre di origine algerina da trent’anniin Italia, operaio in una piccola industriadi Firenze perde il lavoro a causa dellacrisi dopo il suicidio del padrone dopoundici mesi di cassa integrazione. Perde così anche il permesso di soggiorno e arrival’ordine di espulsione entro quindici giorni. Si dibatte, come ormai radio e televisionefanno incessantemente, ma senza alzare i toni. E si continua ad andare avanti cercandodi districarsi tra avvocati, giudici, burocrazia, leggi, politici e perfino trasmissionitelevisive dove raccontare la storia. Il protagonista Said, il figlio maggiore, nato in Italia,studente di ingegneria, fidanzato con una ragazza italiana, tifoso della nazionale e percui l’Algeria è un luogo esotico, in pubblico racconterà con il suo accento fiorentinocome i permessi di soggiorno siano catene dolorose, e come tutti gli altri simili a lui,siano uniti in un profondo dolore perpetrato da azioni razziste e ingiuste. (s.s.)

FULVIO WETZLCINETECA DI BOLOGNA, CINEMA LUMIÈRE SALAOFFICINA/MASTROIANNI (PIAZZETTA P.P.PASOLINI -VIA AZZO GARDINO,65), 15 MAGGIODopo la personale di Fulvio Wetzl che siè tenuta a Napoli l’8-9 maggio, la Cinetecadi Bologna con la rassegna «4 film perconoscere un autore» dopo aver giàpresentato uno dei suoi film piùemblematici Prima la musica poi le parole,che rappresenta al meglio il sofisticatolavoro del regista sui materiali del cinemae la sua poetica. Esordisce con Rorret(Berlino ’88) con Lou Castel, Quattro figliunici a Venezia ’92, del ’98 è Prima lamusica poi le parole, nel 2000 entra nella onlus «Cinema nel presente» con cui realizza 13documentari autoprodotti di impegno sociale (mercoledì 15 ore 18: Fame di diritti, letteredalla Palestina). Gira anche Non voltarmi le spalle (2006), sulle difficoltà d’integrazione e lasensibilità dei sordi, e Mineurs - minatori, minori (2007), con Franco Nero, un filmsull’emigrazione italiana nelle miniere del Belgio. Dal 2010 prepara Stella e Strisce-Starand Stripes, film sull’artista Giuseppe-Joseph Stella, nato nel sud Italia e diventato negliStati Uniti il più importante pittore futurista americano, oltre a fondare con MarcelDuchamp e Man Ray il Dadaismo newyorkese. In anteprima Prima la trama poi il fondodiretto con Laura Bagnoli con Renata Pfeiffer, ottantaduenne artista milanese di origineaustriaca ancora in attività (mercoledì 15, ore 20.15). (s.s.)

SINTONIE

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IN PAGINA ■ DA «TARANTULA» ALLE «STRATEGIE OBLIQUE»

Penne alla chitarraStorie di rockertra romanzi e poesie

di GUIDO MICHELONE

Benché il pubblico ne vivasoprattutto la dimensioneprettamente musicale, addiritturaipersonica o rumorista, il rockpossiede da sempre unacomponente letteraria assaimarcata che dai testi cantati siriversa sulle complesse actionperformative o nelle intereoperazioni discografiche. Anche lasociologia più ferrea - quella chesostiene la netta prevalenzateatrale/spaziale/musicale nellafruizione quasi corporeadell'evento concertistico(subliminato dall'ascolto riprodottoo liquido) - ammette la naturalepropensione del rock a usare leparole non solo in senso fisico(oralità intonata), ma a cantarle pernarrare, spiegare, affabulare. Ciòspiega la vocazione di molteinsospettabili star - in apparenzatutte sex&drugs&rockandroll - a«raccontare» andando oltre lamusica e la canzone per approdarealla letteratura strictu senso, poesiao romanzo.

Fermo restando che per tutti i«maestri» buoni o cattivi dellapopular music (non solo rock)l'industria dello spettacolopretende da loro la classicaautobiografia a fine carriera o sulpiù bello, affiancando ungiornalista o un romanziere chesappia redigere per benino lememorie talvolta confuse osgrammaticate degli stessi divi, perdiversi rocker, invece, la scritturacreativa è un imperativo kantiano ouna necessità fisiologica, tantoestrema e genuina quantoindifferibile e trascinante, comemostrano i seguenti libri (poesie oromanzi) scelti fra tutti quelli contraduzione italiana.

Non ci sono regole precise osistemi chiusi in tutto questo: sipuò solo constatare che per alcunil'esordio avviene prima con il libroe poi con i dischi, o che per altricarta e penna sostituisconoprogressivamente microfoni echitarre. Si può anche constatarecome alcuni rocker siano «scritturain nuce', ancora inesplosi, macalati a fondo nella letteratura,tanto da citarla espressamentenelle loro song: ad esempio JohnCale musica due liriche del poetagallese Dylan Thomas (che a suavolta ispira il giovane RobertZimmerman al punto dacopiargli il nome). Ilfolksinger inglese PeterBellamy licenzia duegrandi dischi Oak Ashand Thorn (1970) eMerlin's Island OfGramarye (1972)ispirandosi a RudyardKipling. Del resto altri trecantautori britannici(però scozzesi) nonnascondono mai i loro

amori letterari, a partire dal poetaRobert Burns: Eddi Reader loomaggia direttamente con il cdSings the Songs of Robert Burns(2003; Dick Gaughan musica lastruggente Aly Bain and Friends perl'lp Handful of Earth (1980);l'antesignano Donovan guardaspesso alle nursery rhymes o aipoemi medievali dei bardiossianici, così come i gruppi folkrock e prog rock dell'intera GranBretagna nutrono rispetto eammirazione per l'anticaletteratura inglese e con essi ilconcept-album(non-plus-ultra dellaletteraturaapplicata alla

musica ) sarà la prassi quotidiana.Anche i Blue Aeroplanes di Bristol,attivi fin dal 1981 fanno spessoriferimento alle liriche di W. H.Auden e Sylvia Plath: del resto illeader vocalist Gerard Langleyesordisce come poeta negli anniuniversitari. A spulciare fra i testidel macrocosmo rock forseShakespeare, Beaudelaire,Rimbaud, Dickens, Villon,Majakovksij, Ginsberg, Kerouac,Burroughs sono gli autori piùfrequentati, anche se - escludendogli scrittori viventi che talvoltacollaborano con i musicisti allecanzoni - spetta a Poe l'unicotributo letteral-discografico con il

doppio cd Closed on Account ofRabies. Poems And Tales Of

Edgar AllanPoe (1997),ideato e

prodotto dalgeniale Hal

Willner, con lapartecipazione, tra

gli altri, di Marianne Faithfull, Iggy Pop, Gavin Friday, Jeff Buckley, DebbyHarry e Diamanda Galas; quest'ultima già negli anni Ottanta componeuna musica sperimentale (spesso a sfondo rock) con abbondanza diagganci poetici, tra Bibbia, medioevo, romantici e maudits. La storia delrockman che si fa scrittore è recente, ma c'è un importante antecedente:Woody Guthrie, nell'immediato dopoguerra, quando è ancora un temuto

country singer protestatario, è ilprimo a parlare di se stesso,evitando i cliché dell'autobiografia,ma inventando un romanzo dovele rocambolesche avventure sonofatti veri. Negli anni ’60 lasperimentazione che nutre il rockcoevo alimenta pure le ricercheletterarie in testi divenuti miticicome i loro stessi autori. Dagli anni’90 a oggi prevale invece il gustorigoroso per il costrutto naturalista,salvo le dovute eccezioni che,come in musica, fanno dire, conMick Jagger e Keith Richard: «It'sonly rock and roll but I like it!».

Questa terra è la mia terra (Boundfor Glory) 1943Il sottotitolo italiano «Romanzoautobiografico di un intellettualeribelle» spiega cosa succede a ungiovane che ben presto abbandona lacittà natale di Okemah, in Oklahoma,a seguito di tragedie familiari che losegnano per la vita: crac finanziariopaterno, sorella deceduta in unbanale incidente domestico ecc. Ilragazzo intraprende il lungo viaggioattraverso gli Usa, facendo qualsiasilavoro o adattandosi a suonare folk instrada. Reportage dall'America dellagrande crisi, il libro puntualizza conlucidità, gli aspetti degradanti dellapovertà sociale tra sordide periferie ovagoni merci carichi di disperati, mal'America dalla faccia sporca nonperde orgoglio e dignità, nella vogliadi ribellarsi contro un sistema senzascrupoli. Da Marcos y Marcos.

WOODY GUTHRIE

Negli anni ’60gli esperimentirock alimentanola letteratura.Negli anni ’90trionfa l’intentonaturalista

In grande l’opera di BrianEno, «Strategie Oblique».Si tratta di un mazzodi carte contenutein una scatola nera

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Leonard Cohen: Belli e perdenti(Beautiful Losers) 1966Poeta e romanziere che primacantautore e musicista, il quasiottantenne montréalese riesce aeccellere in ogni trovata artistica inuna vicenda professionale lungaoltre mezzo secolo. Difficile peròorientarsi tra le decine di raccolte diversi - Flowers For Hitler (1964) eL'energia degli schiavi (1972), tra leraccolte più rappresentative -mentre nella narrativa Cohen siferma a due romanzi: il primo è Ilgioco favorito («The Favorite Game»,1963); il secondo Belli e perdenti -composto tra il 1964 e il 1965sull'isola greca di Idra, digiunando e facendo uso di anfetamine perconcentrarsi meglio sul testo - narra la storia della santa Mohawk KateriTekakwitha, intrecciata alla vicenda di un triangolo amoroso tra unfolklorista (canadese senza nome), sua moglie Edith (nativa americanamorta suicida) e il suo migliore amico F, (parlamentare, a capo di unmovimento separatista), che finirà in manicomio. Da Rizzoli

PATTI SMITH

Jim entra nel campo di basket(Basketball Diaries), 1978L'esistenza «on the road» di unragazzo straordinariamenteintelligente, campioncino dipallacanestro con il talento per lascrittura: tra i 12 e i 15 anni tieneinfatti un diario che diventa unasorta di «manifesto» per lasopravvivenza nella giunglaurbana newyorchese, fra precoceossessionante uso di stupefacenti,successi scolastici e sportivi, amicie famigliari osservati attraversocon l'insofferenza e la ribellionetipiche di un'intera generazione.

È l'opera di un enfant prodige:vero caso letterario negli StatiUniti degli anni Settanta, conl'autore quale vocalist e leaderrock (The Jim Carroll Band)soltanto nel 1980 per Catholic Boy,disco da ritenuto all'altezza dellamigliore di Patti Smith. DaMinimum Fax

BOB DYLAN

Grapefruit, 1964La scultrice giapponese, dal 1980vedova Lennon, prima di conoscereil beatle (e diventare rock woman) èuna giovane esponente del grupporadicale Fluxus e con esso cerca diesplorare l'arte concettuale trahappening e performance. E unesempio di arte concettuale è anchequesto Pompelmo che comprendeistruzioni dadaiste in stile Zen dacompletare nella mente dei lettori,come «Nascondino: nasconditifinché tutti si dimenticano di te».Nasconditi finché tutti muoiono. Cisono versi assurdi o divertenti, macolti e profondi nella direzione deglihaiku millenari; insomma, «Ilmiglior libro che abbia maibruciato», dichiara all'epocaLennon. Da Mondadori

JIM MORRISON

Tarantula, 1971Se è vero, come scrive Allen Ginsbergche la poesia fece il suo ingresso nei jukebox grazie a Bob Dylan, è altrettantogiusto attribuirgli la paternità (condivisa dallo stesso Lennon) di primo artistarock a tutto tondo, dalla pittura alla narrativa. Tarantula ha una gestione lungae complessa, perché Bob vuole resistere alle pressioni degli editori che sfruttanoil momento positivo di Like a Rolling Stone e Blonde on Blonde, carpendogli gliappunti buttati giù nel convulso biennio '65-'66. Ma il testo è dato alle stampesolo nel 1971, quando Dylan sembra fuggire da alcune influenzeartistico-letterarie che celebranotanto il suo folk rock quanto un librodi culto, fra scrittura automatica,flusso di coscienza, beat generation,psichedelia. Da Feltrinelli

Patti Smith: Poesie (SeventhHeaven), 1972È autrice di libri di poesie già primadello strepitoso esordio discografico(Horses, 1975); il debutto letterariorisale a tre anni prima con questolibriccino figlio dell'undergroundnewyorchese: brevi liriche su eros edroga nell'alienante contesto urbano.Ma il suo capolavoro è forse Complete (1998) raccolta di testi (song, riflessioni,diari) con note autobiografiche, dove sembra voler esprimere la propria arte inriuscito mix di immagini e lettere. È una ricerca del sé che non concede spazi aparole inutili, a frasi lunghe, a discorsi complicati: prevalgono appunti, bozzetti

e fotografie per le canzoni ormaielevate a poesie. Da segnalare tra glialtri quindici libri da lei pubblicati nelcorso di 40 anni Babel (1978), EarlyWork: 1970-1979 (1994), The Coral Sea(1996), Auguries of Innocence (2005),Just Kids (2010), tradotti anche initaliano. Da Newton Compton

ED SANDERS

BRIAN ENO

JIM CARROLL

Fish & Chips e altri racconti(Horse's Neck), 1985Il protagonista si chiama Pete, maprose e versi, a comporre unabislacca raccolta, superano le pure osemplici testimonianzeautobiografiche. La «mente» degliWho - a cui si deve per primo ladrammaturgia del teatro rock conTommy e Quadrophenia - siabbandona al piacere dellascrittura, narrando vicende didonne e amici oppure incontri,luoghi vissuti o sfiorati mediante ilcalore e il ritmo pacato da balladacustica. «Ogni racconto - spiegaPete - tratta di un aspetto della mialotta per scoprire che cosa siaveramente la bellezza». DaMinimum Fax

PETE TOWNSHEND

E l'asina vide l'angelo (And the AssSaw the Angel), 1989Il musicista e sceneggiatoreaustraliano - dopo la raccolta dipoesie e racconti King Ink (1988)seguita da King Ink II (1997) -pubblica un romanzo crudo e brutale,dagli accenti gotici: al centro lavicenda di Euchrid Eucrow, giovaneamericano che vive in uno stato delsud, in una valle abitata dapredicatori e profeti, dominatadall'ignoranza; e la quotidianità delprotagonista muta di colpo quando ilpopolo dei timorati di dio dichiarache una trovatella è prescelta dalSignore. Il successivo romanzo - Lamorte di Bunny Munro (2009) - trattainvece dell'ultimo viaggio di uncommesso viaggiatore alla ricerca diun'anima. Il venditore di prodotti dibellezza alle solitarie casalinghe dellaSouth Coast inglese è alla deriva dopoil suicidio della moglie e in corsa permantenere una presa sulla realtà.Bunny si mette quindi sulla stradacon il figlio Bunny Junior in unaperegrinazione sempre più bizzarra efrenetica fino alla resa dei conti.Incandescente e moderno raccontomorale, il libro è anche un ritratto deirapporti tra padri e figli. Da Arcana

NICK CAVE

AUTORI VARI

JOHN LENNON

YOKO ONO

The Raven, 2003Si tratta dei testi dell'omonimoalbum che sconfina in qualcosa didiverso dalla sequenza di traccemusicali per sfociare, con lo spiritodark che contraddistingue l'exVelvet Underground, nella riletturain chiave postmoderna di racconti epoesie di Edgar Allan Poe (con lacollaborazione di altri grandi nomidella musica e del cinema: DavidBowie, Willem Dafoe, LaurieAnderson, Steve Buscemi, OrnetteColeman). Sulla scia di POEtry,musical progettato nel 2002 conRobert Wilson, il maestro del gotico

del XIX secolo viene quindi riscritto da Reed che non esita a manipolare ead «arrangiare» le parole di Poe, saltando, elidendo e aggiungendo pezzipropri, così da lasciarsi alle spalle gli eventuali anacronismi a favoredell'intenso stupore dell'hic et nunc. Da Einaudi

Jim Morrison: The Lords. Notes onVision 1969Questo librino di poesie come isuccessivi The New Creatures (1969)e An American Prayer (1970)vengono stampati privatamente contiratura limitata di 100 copie (500per il terzo) dalla WesternLithographers di Los Angeles. Poi,dopo la morte, sul cantante deiDoors come poeta si assiste aldiluvio: centinaia di pubblicazioni(anche in Italia) su inediti (opresunti tali) e su manoscritti (didubbia provenienza).Tuttavial'autore/performer del Re Lucertola- più simbolismo francese che beatgeneration - declamata in pubblicoassieme al gruppo, resta ancor oggiil miglior esempio di rock poetry. DaKaos edizioni

Racconti di gloria beatnik (Tales Of Beatnik Glory), 1975Il leader e cantante dei Fugs è da sempre poeta e agitatore culturale:lavorando sul genere «biografia» in modo complementare tra fiction, saggio,memoria, licenzia un testo cult, divenuto ormai un classico della letteraturabeat: un romanzo autobiografico sui primi Sixties, dove il personaggio SamThomas è proprio l'alter ego del futuro leader della newyorchese rock bandtra cabaret e politica, tratteggiando surrealisticamente la Grande Mela

alternativa dei primi anni Sessanta,fra reading poetici, jazzmen balordi,sesso sfrenato. Da ShaKe

JULIAN COPE

SUZANNE VEGA

KURT COBAIN

LEONARD COHEN

LOU REED

Diari (Journals), 2002Durante la breve e tormentataesistenza, il cantante e leader deiNirvana riempie quaderni e blocnotes di poesie, schizzi, bozze,appunti, annotando progetti,riflessioni su fama e notorietà, ipensieri sulla musica e sul sottoboscodi produttori, discografici,aficionados. Appena dopo il suicidio,vengono ritrovati circa venti quaderni(compilati tra il 1990 e il 1994) che,rimasti chiusi in cassaforte fino al2002, vengono pubblicati in unvolume illustrato anche dalle foto deidisegni e delle pagine piùsignificative. Benché a tratti deliranti,questi «diari» regalano l'opportunitàper capire a fondo lo sguardo di unartista poliedrico, interrogativo,sofferente. Da Mondadori

Strategie oblique (ObliqueStrategies, Over One HundredWorthwhile Dilemmas), 1975Si tratta di un mazzo di carte da 7x9centimetri che sono contenute inuna scatola nera, a mo' di scrigno,che il polistrumentista transfuga daiRoxy Music crea assieme a PeterSchmidt; tra libro d'artista econceptual art, ogni carta proponeun aforisma che intende aiutarel'artista, in particolare il musicista, aspezzare i blocchi mentali e aincoraggiare il cosiddetto pensierolaterale. Da Gammalibri

Krautrocksampler, 1996Benché rientri nella saggistica,questo bel libro sulla kosmischemusic tedesca fa dell'ex leader deiTeardrop Explodes un autenticoprofessionista della scrittura,attività alla quale si dedica quasi atempo pieno, tenendo un blog dicultura, redigendo poi nel 2007 ilfondamentale Japrocksampler,sull'evolversi del pop nipponicotra il 1951 e il 1978. AttualmenteCope dà alle stampe testi storicinotevoli come The ModernAntiquarian e The MegalithicEuropean, entrambi suimonumenti preistorici, nonancora tradotti in Italia adifferenza dei primi due. Da Fazi

The Haiku Year, 1998Ecco un'antologia delicata eimpalpabile di nuovi haiku scrittida una serie di musicisti. Tra itanti Michael Stipe, Grant LeePhillips, Douglas Martin, TomGilroy, Anna Grace, Rick Roth, JimMcKay e introdotti da Steve Earle.

Il libro è ancora inedito in Italia,come molti altri testi di rockstar emusicisti vari, dalle due raccolte dipoesie e racconti EarthedNineveh/The Ephemeron di SteveKilbey (leader degli australianiChurch) ai romanzi autobiograficiBookstore, Jrnls80s e Road Moviesdi Lee Ranaldo (chitarrista diSonic Youth) fino a Empty Places(1991) di Laurie Anderson.

The Passionate Eye (SolitudeStanding), 1999Qui sono raccolte pagine di diarioscritte on the road, novelleautobiografiche, poesie chediventeranno canzoni, testi pensatiper song che non hanno ancoravisto la luce: un viaggio dietro lequinte nell'universo creativo di unatra le più raffinate cantautricinewyorchesi. Sorprende, oltre illirismo, il talento narrativo con ilquale descrive o ricorda luoghi,persone, incontri, casi surreali, o laduttilità nel plasmare personaggifemminili al contempo fragili ecomplessi; affascina una sensibilitàpoetica da cui nascono, conapparente semplicità racconti oversi delicati, algidi, sognanti,talvolta ricchi di calore, vitalità,passione. Da Minimum Fax

CANZONI, LA PAROLA «LOVE» È SPARITAdi FRANCESCO ADINOLFI

Non cambiano solo i suoni ma anche le parole nei titoli delle canzoni. Negliultimi anni, ad esempio, il termine «love» è andato lentamente sparendo rispettoa quanto avveniva nel 1980. Da notare che negli ultimi 120 anni la parola «love»è risultata la più ricorrente nei titoli insieme a pronomi personali come «you» o«I» e all’onniprensente articolo determinativo «the». Lo rivelava tempo faun’indagine del Whitburn Project basandosi sui brani delle classifiche della rivistaBillboard. Adesso si cambia. Il linguista Tyler Schnoebelen e i suoi colleghi della

Idibon, azienda di San Francisco specializzata in comunicazione, hanno rilevatoche il punto più basso per la parola «love» è stato il periodo dal 2003 al 2007,ossia anni in cui ha sempre più prevalso la parola «hate», odio. Nel databasedell’azienda compaiono solo 30 canzoni con «hate» nel titolo e undici sonopresenti nel suddetto periodo. La Idibon ha fatto un’ulteriore, illuminantescoperta: la permanenza in classifica dei pezzi con «love» nel titolo è di granlunga minore rispetto a quelle che scelgono di non adottare il termine: le primerestano in vetta 9,4 settimane, le seconde 11.4. Insomma, l’amore ti porta inclassifica ma non ti ci fa restare. Occhio alla tabella, quadriennale, presentatadalla Idibon, qui:http://theweek.com/article/index/243403/pop-song-titles-are-losing-the-love

John Lennon Vivendo Cantando(In His Own Write), 1964Pubblicato all'inizio dellabeatlesmania (Longanesi e Arcana),con disegni dello stesso Lennon, illibrino, fra critiche entusiasmanti,ha un successo incredibile al di làdelle più rosee speranze editoriali. Sitratta di una serie di raccontitalvolta brevi, dai toni comici esurreali tra humour britannico enonsense avanguardista. Ci sono dimezzo l'Alice di Lewis Carroll e ilimericks di Edward Lear, non senzaqualche occhiataccia all'Ulisse diJames Joyce.

Il positivo riscontro fa sì cheLennon ripeta il colpo già nel 1965con un secondo volume, A SpaniardIn The Works, che riprende glispunti felicissimi dell'esordio. Ealcuni elementi di quest'approccioalla scrittura in prosa - rimastiestranei ai testi delle canzoni -emergeranno poi nel canzonierebeatlesiano della fase psichedelica acominciare da Strawberry FieldsForever, A Day in the Life, I Am theWalrus. Da Arcana

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(14) ALIAS11 MAGGIO 2013

STORIE ■ TRUCIDATI DOPO AVER SUONATO IN UN LOCALE DI NUEVO LEON

Canta e muori.La tragica finedei Kombo Kolombia

di GUIDO MARIANI

Si chiamavano Kombo Kolombia e suonavano un misto di due generi musicali,il vallenato e la cumbia. Li avevano soprannominati «i poderosi». Sapevano farballare e divertire la gente. Si esibivano nelle feste di paese e nei locali dellaprovincia messicana. Sono stati eliminati, uno per uno, da un commandoarmato della più sanguinosa organizzazione criminale del pianeta. Solo in unpaese come il Messico dove dall’inizio dell’anno si contano già più di 4milaomicidi, la storia del Kombo Kolombia può essere considerata come unatragedia simile a tante altre e dimenticata in fretta. Solo in un paese come ilMessico i musicisti sono ormai ritenuti come inevitabili effetti collaterali di unconflitto tra cartelli rivali in cui i morti sono più di quelli di una guerra civile.

Il vallenato e la cumbia sono stili musicali che hanno origine nella regionecaraibica colombiana, ma sono ormai amati in tutto il continente Usa. I KomboKolombia nascono nel 2010 con l’ambizione di diventare un punto diriferimento per questo genere moltorichiesto nei locali da ballo e nellefeste del nord del Messico. Siesibiscono a volte con otto, a voltecon tredici elementi sotto la guida delcantante Carlos Alberto Aguirre, 37anni, fisico imponente e sorrisocontagioso.

Lo scorso 24 gennaio il gruppoviene invitato a esibirsi a una festaprivata nel locale La Carreta in unpaese chiamato Hidalgo, nello statodel Nuevo Leon, a circa 40 chilometrida Monterrey. È un piccolo localeangusto, ma simile a tanti altri dellazona. Alla fine del concerto unasquadra di persone armate entra nellocale e preleva, armi in pugno, tutti icomponenti del gruppo e i loroassistenti. Vengono bendati, caricatisu un furgone e su alcuni fuoristradae trascinati via. Sembrano scomparirenel nulla. I parenti li chiamano aitelefoni cellulari, ma nessunorisponde. Nessuno chiede un riscatto.Due giorni dopo si presenta alleautorità un musicista del gruppo. Èstato trovato da un contadino, scalzoe ferito. L’uomo racconta come sonoandate a finire le cose. I musicistisono stati trasportati lungo stradesterrate in un ranch abbandonatochiamato Estacas, nel comune diMina a 90 chilometri da Monterreylungo l’autostrada Monclova. Sonostati allineati e colpiti ripetutamenteal volto e al corpo. Sono statisommariamente interrogati ed è statoloro chiesto se appartenevano aqualche cartello criminale. I rapitorivolevano sapere i loro rapporti con lacriminalità locale. Poi, uno dopol’altro, sono stati uccisi.Un’esecuzione di massa. I loro corpisono stati poi abbandonati in unpozzo.

Lunedì 28 gennaio la polizia si recanel luogo indicato dal testimone etrova ammassati uno sull’altro 17cadaveri. Presentano ferite d’arma dafuoco, segni di tortura. Molti di loroindossano ancora una maglietta rossacon la scritta «Il poderoso KomboKolombia». Vengono uno a unoriconosciuti. Tredici musicisti equattro uomini del loro staff tecnico.

Non si sa come il superstite, la cuiidentità è stata tenuta segreta dalleautorità, sia riuscito a sopravvivere almassacro. Forse è scappato, forse èstato lasciato in vita per poterraccontare cosa è accaduto, maqualcuno all’inizio sospetta che abbiaagito da talpa o abbia tradito icompagni. In Messico nella guerra tracartelli dei narcos, la musica gioca unruolo importante.

I membri delle cosche amano lecanzoni e adorano essere protagonistidelle ballate di un genere che hapreso il nome di Narcocorrido (Alias

si è già occupato di questo fenomenonell’articolo «Narcocorrido: canta emuori» del 27 giugno 2009). Lospensierato ritmo delle polkelatino-americane celebra avventure disicari, spacciatori e boss sanguinari. Èla prosecuzione del mito di PanchoVilla, soltanto che qui la lotta politicaè diventata scontro senza pietà per ilcontrollo del mercato della cocaina.Gli interpreti musicali della scena delNarcocorrido frequentano il mondocriminale, spesso ne sono organici.Suonano a party organizzati da boss osicari (le «narco-fiestas»), talvoltavengono pagati per scrivere sucommissione ballate celebrative per icartelli. Guadagnano bene, sono eroilocali. «In alcuni stati del Messico iragazzi imparano prima le parole deicorridos che quelle dell’innonazionale», ha detto un interprete diquesto genere. Ma il mondo delcrimine non perdona e molti di lorodiventano bersagli di un conflitto chenon conosce limiti. La mattanza di

artisti musicali negli ultimi anni èandata intensificandosi. Secondo loscrittore Edmundo Pérez, autore dellibro Que me entierren connarcocorridos («Possano seppellirmicon i narcocorridos») più di 50musicisti di questo genere musicalesono stati vittima negli ultimi annidelle rappresaglie dei narcos. L’annoscorso Rodolfo Gomez Valenzuela,leader di un gruppo che portavaaddirittura il nome di una fazione, iCartel del Sinaloa, è stato ucciso acasa sua. Cinque membri di unaformazione chiamata La QuintaBanda sono stati massacrati sul palcomentre suonavano in un locale aChihuahua, una delle loro ballate piùfamose era intitolata El corrido de lalinea e celebrava le gesta eroiche delCartello di Juarez. Il cantante dei LosCiclones del Arroyo è stato rapito egambizzato per essersi rifiutato dicantare una canzone che gli era statarichiesta.

Ma è questo l’aspetto forse piùterrorizzante della strage dei KomboKolombia, l’orchestra di vallenatonon faceva parte del mondo delNarcocorrido e non era affiliata con ilmondo criminale. Le loro canzonierano brani popolari da ballo, senzariferimenti alle faide armate. Iltastierista Heider Cuéllar, 24 anni, eral’unico del gruppo di nazionalitàcolombiana. «Non ha mai ricevutominacce, non ha mai avuto timoreper le sue esibizioni», ha detto suopadre dopo la strage. La madre delpercussionista Ricardo VerduzcoSáenz, 27 anni, ha assicurato allastampa messicana: «Mio figlio non èmai stato coinvolto in nessunaattività criminale. Era una personasana». La madre della seconda vocedel Kombo, Saúl Reynoso Sáenz, 30anni, ha però dichiarato che il figliosembrava preoccupato e stavapensando di abbandonare la musica.

Le indagini hanno rivelato che laformazione si esibiva in una zona diguerra, dove ogni locale, ogni festa,ogni serata è controllata da qualcheboss o da qualcuno in affari con uncartello. Lo stato del Nuevo Leon è alcentro di una faida spietata tra ilCartello del Golfo e i loro rivali i LosZetas. I Los Zetas hanno scalato lagerarchia criminale messicana conazioni spietate e tecniche diguerriglia. Il gruppo è stato fondatonel 1999 da alcuni militariappartenenti ai corpi speciali delleforze armate messicane che deciserodi mettersi al servizio dei ricchi epotenti boss della cocaina. Scelserodi diventare il braccio armato delCartello del Golfo. Arricchitisi ediventati potentissimi, i capidell’organizzazione hanno decisoperò che era arrivato il momento dimettersi in proprio e nel febbraio2010 hanno dichiarato guerra ai lorovecchi datori di lavoro del Cartellodel Golfo. Da quel momento sonodiventati la più spietata macchinacriminale del mondo, compiendostragi senza precedenti come ilmassacro di più di 200 abitanti delvillaggio di San Fernando nel 2011.

Le indagini successiveall’assassinio dei membri del KomboKolombia hanno chiarito gli assurdicontorni della vicenda e chiamato incausa questa sanguinosa faida.Alcune settimane dopo la strage, lapolizia dello stato del Nuevo Leonarresta un fiancheggiatore dei LosZetas, Orlando Eruviel Garza Luna. Ilsuo compito è quello di sorvegliare iluoghi dei crimini e le basi da cuipartono le azioni. Sotto torchio parlae rivela i particolari della strage. Havisto i criminali che torturavano euccidevano con un colpo di grazia icomponenti del gruppo. L’unicacolpa del Kombo Kolombia era stata

quella di essersi esibiti in locali che appartenevano al Cartello del Golfo ed aver,a quanto pare, ringraziato gli organizzatori dei concerti che erano affiliati ocollaboratori del clan. Il pentito ha pagato con la vita il suo racconto ed è statoucciso in carcere lo scorso 10 aprile. Ma ora gli investigatori hanno in mano unnome, l’ideatore della strage dei musicisti sarebbe José Isidro Cruz Villarrealdetto El Pichilo, il capo degli Zetas nell’area di Monterrey. Villareal è latitantedal febbraio 2012, quando scappò da un carcere del Nuovo Leon con altri 29detenuti, non prima però di aver scatenato una rivolta e aver ucciso più di 40reclusi vicini al Cartello del Golfo. I 17 membri del Kombo Kolombia sono statiammazzati per una vendetta trasversale, per aver cantato davanti a un pubblicodi nemici. In una zona di guerra dove la violenza è legge, far divertire le personepuò essere una colpa e cantare davanti alle persone sbagliate è un errore fatale.

LA CAPITALE ROCKdi R. PE.Dopo la chiusura in bellezza dell’edizione2012 con il concerto dei Radiohead, gliorganizzatori del festival Postepay Rock inRoma hanno annunciato la line updefinitiva (ma alla quale potrebberoancora aggiungersi altri nomi)dell’edizione 2013, che - a leggere gliartisti che vi participeranno - sembra

essere in assoluto la più prestigiosa disempre. Il festival, che si dipana nell’arcodi due mesi esatti e che si svolgerà comeal solito all’interno dell’ippodromo delleCapannelle, prende il via con una previewall’Orion di Ciampino il 29 maggio conl’atteso ritorno dei My BloodyValentine, e proseguirà poi a giugno coni concerti dei Green Day + All TimeLow (il 5), The Killers +Stereophonics (l’11), Toto (il 21),

Korn + Bullet for My Valentine +Love&Death (il 25), e a luglio con Iggy& The Stooges (per la prima volta aRoma, il 4), Max Gazzè + Il Cile (il 5),Rammstein + Dj Joe Letz (il 9),Arctic Monkeys + The Vaccines +Miles Kane (il 10), Bruce Springsteenand E Street Band (nella foto, l’11),Mark Knopfler (il 13), The SmashingPumpkins (unica data italiana) + MarkLanegan Band (il 14), Atoms for

In grande i Kombo Kolombia; sopragli spartiti del gruppo, il locale La Carretain cui si erano esibiti, la ricerca e il recuperodei corpi, il presunto mandante,un momento dei funerali

RITMIIl gruppo si esibiva nel nord del Messico, zona

di guerra tra cartelli dei narcos che assoldanoanche i musicisti per autocelebrarsi. La band,non legata alle cosche, ha scelto il locale sbagliato

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(15)ALIAS11 MAGGIO 2013

Peace + Owiny Sigoma Band (il 16),Ska-P (il 18), Deep Purple (il 22),Daniele Silvestri (il 25), Neil Young &Crazy Horse + Devendra Banhart (il26), Sigur Rós (il 28) e Blur (il 29). Trale iniziative collaterali da segnalare poi ilPostepay Rock in Roma Factory, una«competition» per band emergenti chedarà la possibilità di esibirsi in uno spazioapposito all’interno della rassegna. Perinformazioni: postepayrockinroma.com.

Esben & The WitchIl trio di Brighton, dalle sonorità darkwave anni Ottanta, torna in Italia.Marina di Ravenna (Ra) SABATO11 MAGGIO (HANA-BI)

LowUnica data, già sold out, per quella che èforse la più lenta delle «slowcore» band.Bologna SABATO 11 MAGGIO (TEATROANTONIANO)

Swim DeepUna giovane band indie pop rock inglese.Con loro anche The 1975.Torino SABATO 11 MAGGIO (ASTORIA)Roma DOMENICA 12 MAGGIO (BLACKOUT)

PulpUna data per la band brit pop.Vimercate (Mb) SABATO 18 MAGGIO(ACROPOLIS)

Two GallantsIl duo di San Francisco ripercorre lastrada degli storyteller americani.Legnano (Mi) VENERDI' 17 MAGGIO(CIRCOLONE)

Ólafur ArnaldsUn nome ormai affermato della prolificascena musicale islandese e di quellaneoclassica internazionale.Ravenna GIOVEDI' 16 MAGGIO (ALMAGIA')Roma VENERDI' 17 MAGGIO (CHIESAMETODISTA EVANGELICA)Padova SABATO 18 MAGGIO (MACELLO)

Danko JonesLa formazione canadese si rifà ai suonidell’hard rock.San Alberto di Zero Branco(Tv) SABATO 11 MAGGIO (MAXIMUM FESTIVAL)

Little Annie& Baby DeeL'incontro musicale tra le due icone delmondo dell'arte alternativa.Catania DOMENICA 12 MAGGIO (PICCOLOTEATRO EFESTIADE)

Marky RamoneL’ex batterista dei Ramones dal vivo con ilsuo gruppo.Cisano Bergamasco (Bg) VENERDI'17 MAGGIO (AREA FESTE)

Uriah HeepIl ritorno di una della band storichedell’hard rock britannico anni Settanta.Trezzo d'Adda (Mi) SABATO11 MAGGIO (LIVE)Padova DOMENICA 12 MAGGIO (GRANTEATRO GEOX)

Dan DeaconL'artista statunitense proponeun'elettronica sperimentale sull'orlo dellafollia...Milano DOMENICA 12 MAGGIO (LA SALUMERIADELLA MUSICA)Roma LUNEDI' 13 MAGGIO (CIRCOLODEGLI ARTISTI)Madonna dell'Albero (Ra)MARTEDI' 14 MAGGIO (BRONSON)

Omar SosaIl pianista e compositore, di originecubana, è in tour in Italia per presentare ilsuo ultimo lavoro, Eggun. The Afri-LectricExperience. Con Sosa suonano Joo Kraus(tromba), Leandro Saint-Hill (sax, flauto),Childo Thomas (basso elettrico) eMarque Gilmore (batteria).Roma LUNEDI' 13 MAGGIO (AUDITORIUMPARCO DELLA MUSICA)Pordenone MARTEDI' 14 MAGGIO (TEATROGIUSEPPE VERDI)Casalmaggiore (Cr) MERCOLEDI'15 MAGGIO (TEATRO COMUNALE)

AfterhoursLa rock band milanese torna ad esibirsinella dimensione dei club.Colle Val d'Elsa (Si) SABATO11 MAGGIO (SONAR)

Sacri CuoriIl post rock catartico del progetto diAntonio Gramentieri.Padova VENERDI' 17 MAGGIO (MACELLO)

Teardo&BargeldIl musicista friulano Teho Teardo el'artista tedesco Blixa Bargeld insieme perpresentare l'album di canzoni Still Smiling.Bologna SABATO 11 MAGGIO (SENZA FILTRO)

Roma Folk FestivalLa prima edizione della rassegna ospitaRiccardo Sinigallia, Discoverland (RobertoAngelini e Pier Cortese), Filippo Gatti,Leo Pari, Mammoth e altri.

Roma SABATO 11 MAGGIO (LANIFICIO 159)

Vicenza Jazz NewConversationsEntra nel vivo la progettuale rassegna chesi intitola West Coast and the Spanish Tinge.Il cartellone prevede il New Gary BurtonQuartet; i Rusconi; Enrico PieranunziTrio; We Three; il duo GianlucaPetrella/Giovanni Guidi; Pharoah SandersQuartet; Abraham Burton Quartet;l’Orchestra del Teatro Olimpico direttada Pedro Javier González e con E.Pieranunzi ospite; Giuseppe Acquaviva;Jim Black & AlasNoAxis; il duo Al DiMeola/Gonzalo Rubalcaba; IstanbulSession; Mike Stern & Bill Evans Band;Ernst Reijseger; Enrico Rava Quintetto;Balanescu Quartet.Vicenza DA DOMENICA 12 A SABATO18 MAGGIO (TEATRO OLIMPICO; JAZZ CAFÉTRIVELLATO; BAR BORSA)

Ravenna JazzIl festival si conclude con l’esibizione deltenorsassofonista Joshua Redman (sarà alBlue Note di Milano il 13) insieme adAaron Goldberg (piano), Reuben Rogers(contrabbasso) e Gregory Hutchinson(batteria).Ravenna DOMENICA 12 MAGGIO (TEATROALIGHIERI)

Roma a tutto jazzNella capitale interessanti concerti inluoghi variegati: il Majarìa Trio conEleonora Bordonaro al Parco della

Musica; il collettivo Franco Fergusonorganizza un «Improring» con i colleghi diMediterraneo Radicale al Forte Fanfulla;gli Ibrido Hot Six di Antonio Apuzzo sonoospiti di «Jazz Standards» curato daGerlando Gatto alla Casa del Jazz; O’-Janà(Alessandra Bossa e Ludovica Manzo) siincontrano con Michele Rabbia perl’Iceberg Festival.Roma MERCOLEDI' 15 E GIOVEDI' 16 MAGGIO(VARIE SEDI)

CrossroadsPer «Correggio Jazz» si esibiscono gliArea International Popular Group(Patrizio Fariselli, Paolo Tofani, AresTavolazzi, Walter Paoli); FrancescoPonticelli Quartet (Dan Kinzelman, EnricoZanisi, F. Ponticelli, Enrico Morello) e iltrio del pianista Zanisi con Joe Rehmer eAlessandro Paternesi.Correggio (Re) DA GIOVEDI' 16 A SABATO18 MAGGIO (TEATRO ASIOLI)

Triennale BflatFestivalLa Triennale di Milano e l’associazioneculturale Fried Bananas organizzano unarassegna in tre serate con doppi concerti.Partecipano Alberto Tafuri Trio, MondayOrchestra con Mauro Negri, ManitouExperience Trio (Furlan, Ricci, Cattaneo),la Monday Orchestra con ospite MichaelBlake e Franco Ambrosetti, AntonioFaraò Trio.Milano DA SABATO 11 A LUNEDI' 13 MAGGIO(TEATRO DELL’ARTE)

Claudio Pacini, chitarrista ecompositore, è uno di quei talenti nascostiche in Italia abbondano, nei piccoli studiche producono grande musica. Lui èattivo presso il Maccaja di Pivio e Aldo DeScalzi, e (anche) lì ha affinato un talentomercuriale e magnificamente ondivago,messo a fuoco in quest'opera d'esordio,Lettere (Creuza). È un disco che sembra, inepitome, una potente colonna sonora:temi che non si dimenticano, ospiti divalore dal jazz e dalle musiche senzaetichette. Coordinate che inquadranoanche Alisachni (Working Bee), delchitarrista e compositore Marocchi,attorniato da eccellenti compagni.Alisachni, il sale che resta sugli scogli, èmetafora per indicare il residuo culturaletutto sostanza lasciato a decantare, dopoaver transitato nel mare che culla le sortiumane. La musica, quindi, come fonte diconnessioni: dal tango obliquo al blues,dagli echi balcanici a quelli morriconiani edella stagione jazz rock. La varietà,l'inventiva, il dono strumentale sulle corde(chitarra classica, battente, flamenca)anche in Errando (Rara) del compositoreGiovanni Seneca: al quinto disco, unasonora riconferma. (Guido Festinese)

JAZZ

Il talento obliquodi Claudio Pacini

PSICHEDELIA

Il sesto sensodei Black Angels

CANTAUTORI

Massimo Schiavon,concetti a colori

UNA VOCEÈ PER SEMPRE

A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI ■ SEGNALAZIONI: [email protected] ■ EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ

ULTRASUONATI DASTEFANO CRIPPAJESSICA DAINESELUCIANO DEL SETTEVIOLA DE SOTOSIMONA FRASCAGUIDO MICHELONEROBERTO PECIOLA

ELECTRIC SARAJEVOMADRIGALS (Autoprod.)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Sarajevo fu uno dei teatri doveandarono in scena gli innumerevoli orroriche, tra il 1991 e il 1995, dissolsero nelsangue l’ex Jugoslavia. Gli Electric Sarajevoerano allora adolescenti inorriditi espaventati dalle immagini tv delle stragi edelle pulizie etniche. Musicisti oggi, hannovoluto dedicare un album a quegli anniferoci. Madrigals si muove tra atmosferescure, dominate da elettronicasuggeritrice e suggestiva e da echi postrock. Afferma il gruppo: «il rifugioantibomba è l’amore». Utopia, ma può farbene crederci con la buona musica (l.d.s.)

THE KNIFESHAKING THE HABITUAL (Rabid/Coop Music)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Di che pasta è fatto il nuovolavoro del duo svedese lo si intuisce giàdall'apertura, A Tooth for an Eye, dovel'elettronica si fonde al tribalismo, maancor più nelle seguenti Full of Fire e ACherry on Top. Brani lunghissimi, stranianti,acidi, che poco hanno di elettropop emolto di sperimentazione. A volte sembradi aver a che fare con i Dead Can Danceche duettano con i Suicide e la Björk piùfolle. L'album fa onore al titolo e smuovetutto ciò che siamo abituati a pensare diun certo genere. E più lo ascolti più scoprifinezze e ne apprezzi il valore! (r.pe.)

LYRESA PROMISE IS A PROMISE (Munster/Goodfellas)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Boston negli Ottanta è un granposto. Band seminali come Dmz, The RealKids e Lyres danno il senso di come sisuonasse nella città culla di un punk rock«britannizzato» con energiche dosi psychgarage. L’album è la terza ristampa dalcatalogo della Ace of Hearts, anno 1988. Ilterzo lp in studio dei Lyres. È un bel mixdi cose varie, brani originali, live (Touch),cover (Jagged Time Lapse di Marc Bolan,The Witch dei Sonics). L’aggiunta qui di trebonus a rimarcare l’attitudine freak beatdella leggendaria garage band. (s.fr.)

LUIGI MARTINALEARIETIS AETAS (Albóre Jazz)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Quarto album con un’etichettagiapponese per il pianista torinese, che inperfetta solitudine negli studios diBricherasio, praticamente sotto casa,registra un album notevole lasciando,dopo i primi due brani a firma propria (latitle track e The Absynth) che siano benotto standard a parlare, mentre sicongeda con un bonus track (Aka Tombo)della tradizione nipponica. E dunqueattraverso Strayhorn, Carmichael, Jobim,Van Heusen, Martinale recupera le qualitàdi improvvisatore che, proprio nelsottolineare talune celebri melodie, riescea liberare un pathos viscerale, dolente,cantabile. (g.mic.)

Molto probabilmente un dio benigno deiwatt ha concesso a uno dei più grandirocker di tutti i tempi uno spicchio diimmortalità terrena: la voce. Chi ascolti oggila voce di Neil Young, più vicino alla settimadecade che alla sesta e si ricordi solo deitempi di Harvest e altre dolci melopeecaliforniane con l'olezzo della cannabis acondire il tutto rimarrà piuttosto sconvolto:Neil Young ha esattamente la stessa vocedei suo vent'anni gloriosi. E dire che ne fattedi tutte i colori per perderla e ridurla a unoscheletro, come quella, diciamo, di un BobDylan. Senonché fa uno strano effettoimmaginare la cadenza lievemente nasale delparlato e cantato del Nostro mentrepestellava sui tasti per scrivere WagingHeavy Peace, la sua autobiografia che danoi esce con tutt'altro, assai più banaletitolo, Il sogno di un Hippy (Feltrinelli).Lo hanno tradotto (splendidamente) MarcoGrompi e Davide Sapienza, due che non silasciano infinocchiare dalle trappole delloslang. È un libro torrenziale, caotico, osticoe accessibile al contempo. Una miniera diinformazioni sparse in una montagna difaccende che lasciano perplessi. Siapprenderà però che il nostro rocker nonbeve e non fuma più erba, che ha una maniacompulsiva per i trenini, le auto d'epocaamericane lunghe come la noia, che èepilettico ed ha avuto un aneurisma, chementre le sue giornate le passa come ungentil signore di campagna, tra una pausa el'altra degli incendi rock sui palchi cerca unsistema per conciliare il gelo del digitalecompresso con il calore sinuoso del vecchioanalogico. Nel mezzo tante belle storie dimusica su un periodo irripetibile, e di cui luiè tutt'altro che svaporata coda.

¶¶¶IL PERIODO è lo stesso di Janis Joplin,che se n'è andata imbottita d'alcol e dichimica cattiva nell'ottobre del 1970.All'inquieta e intemperante signora Sepoltaviva nel blues, come recita l'efficacesottotitolo dedica un libro, il terzo in Italia,(Imprimatur Editore) la romana Clara Baldi,grande appassionata della vocalist texanache sembrava la versione rock di ArethaFranklin. Bel testo, Janis Joplin: asciutto,essenziale, pieno di informazioni, e conpochi errori da correggere (il Minstrel non èun genere dei primi del Novecento, èprecedente). Una vita bruciata e bruciante,quella della Joplin, grande solitudine daesorcizzare - e gli amanti si sono chiamati,anche, Leonard Cohen, Jimi Hendrix, JimMorrison) e troppi parassiti profittatoriintorno, anche e soprattutto negli anni delsogno freak. Un'esistenza che sembra uncalvario acido, riscattata da quanto nessunabisso temporale potrà sporcare: la suamusica intrisa di Kozmic Blues.

Alla seconda prova, il cantautore ligureMassimo Schiavon conferma buonedoti di scrittura, sapendo anche gestire ilflusso di canzoni in una sorta di«concept»: avviene in Piccolo blu (Incipit/Egea), dodici brani legati dal tema delcolore. Ospite il grande chitarristaArmando Corsi, e un regalo finale in coda:I passi di una donna, una delle ultimecanzoni di Enzo Jannacci. Un talentofresco e ironico, con disincanto, e alcontempo una non temuta fragilità, èquello di Carolina Bubbico, in origine«one girl band», e ora alla prima uscitaufficiale dopo aver maturato ancheesperienze da attrice e autrice di colonnesonore. La musica in Controvento (Workin'Label/Goodfellas) è un funk jazzcantautorale aggraziato e ammiccante,occasionalmente intessuto di dream pop,non particolarmente originale, ma semprein equilibrio. È al terzo lavoro invece ilpescarese Giuliano Clerico. In La divadel cinemino (Zimbalam) dieci brani, contesti spesso sorprendenti, e note in bilicofra smooth jazz, country rock e rockclassico, e storicizzate esperienzecantautorali anni Settanta: senza sterilefilologia. (Guido Festinese)

L'apoteosi dello psych rock! Siete disposti alasciarvi trasportare a fine anni Sessanta? Eallora non vi serve altro che affidarvi allamusica dei Black Angels, e, nello specifico,alla loro ultima fatica, Indigo Meadow (BlueHorizon). Non che nei precedenti capitolidella loro carriera il gruppo texano nonabbia già dato prova concreta della loropredilezione per certi suoni saturi e«onirici» (specie in Directions to See a Ghost),ma in questo nuovo lavoro lo ribadisconocon forza, certamente maggiore rispetto alprecedente, splendido peraltro, PhospheneDreams. Qui la lezione Jefferson (Love MeForever) si scontra a ripetizione con riff hardrock che avrebbero potuto creare TonyIommi e Ozzy Osbourne (Evil Things, Don'tPlay with Guns). Per non parlare dei «tributi»pagati ai Floyd barrettiani (The Day, War onHoliday), e via dicendo. Fatto sta che IndigoMeadow è un gran disco! Per rimanere intema, dalla California ecco i FeedingPeople, formazione guidata dallagiovanissima vocalist Jessie Jones e dalchitarrista e autore Louis Filliger. IslandUniverse (Innovative Leisure/Goodfellas) èun album che ha nel rock psichedelico lamatrice principale, con una discretaattitudine post punk. (Roberto Peciola)

ON THE ROAD

ALTERNATIVE

Dalla Svizzeracon Ventura

NORTICANTATRA L'INCUDINE E L'AURORA BOREALE(Seahorse Recordings/Audioglobe)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Le canzoni, in italiano, spazianodal rock con lontani sfondi psichedelicialle ballate rock, sperimentando le piùdisparate sonorità. I testi sono terreniinstabili, in perenne disequilibrio tra letensioni dell’essere umano e i suoidesideri di rivalsa ed emancipazione. Ildisco assume i toni dell’aurora boreale ecome essa nasce nel freddo ma trae esprigiona calore dai suoi colori, dalla suaessenza. (v.d.s.)

ORCHESTRA DI PIAZZAVITTORIOL'ISOLA DI LEGNO (Parco della Musica/Egea)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Per festeggiare i dieci anni diattività, l'orchestra nata nel quartieremultietnico per eccellenza capitolino,l'Esquilino, si regala una raccoltaregistrata in presa diretta all'AuditoriumParco della Musica di Roma.Orchestrato con perizia da LeandroPiccioni, è un concentrato di (belle)canzoni dove si respira creatività evoglia di suonare, declinata in tutte lelingue del mondo. (s.cr.)

ROKIA TRAORÉBEAUTIFUL AFRICA (Ponderosa Music & Art)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Rokia Traoré afferma di usarestrumenti tradizionali africani ma discrivere canzoni moderne, e l'ascolto diBeautiful Africa (prodotto da JohnParish), lo conferma. Uno stilecontemporaneo e personale tra lamusica maliana e il rock blues Usa. Neldisco troviamo brani rockeggianti (latitle-track) e ballate lievi (Sarama), testiautobiografici, ma anche sulla crisipolitica e umanitaria che sta vivendo ilsuo paese. Emozionante. (j.da.)

Strade già percorse che brillano di lucepropria. Solo a tratti illuminante quella deiSurvival che esordiscono con un discoomonimo per Thrill Jockey. Il triocomposto da navigati musicisti si muove trasonorità heavy rock e alternative metal.Tanto volume da sfondo a un cantatocorale continuo, quasi ipnotico. Che peròriesce ad essere evocativo quantol'arrangiamento musicale proposto solo inFreedom 3 e Triumph of the Good. Andràmeglio la prossima. Brillano invece inmaniera convincente e decisa i Ventura,con il loro Ultima Necat per Africantape. Iltrio svizzero che arriva da Losanna,cammina in territori che rimembrano leSpore dei nostrani Marlene, aneliti GodMachine e storie soniche. Il tutto inversione 2.1. Bravi davvero: segnaliamoLittle Wolf e Intrudeer. Luminescente quasiad essere suggestivo il quartetto ingleseWolf People che pubblica il secondodisco Fain (Jagjaguwar/Goodfellas). Centropieno. Sprazzi di Canterbury siinframezzano tra stoner e Groundhogs. Lavoce di J. Sharp, esaltata da una bandvalidissima, vola con tratti leggiadri. Tra leperle di questo disco scegliamo Hesperus eAll Returns. (Gianluca Diana)

DI GUIDO FESTINESE

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(16) ALIAS11 MAGGIO 2013

di NICOLA BERTASI

●●●Cinquant’anni fa nasceva a Ge-nova la Galleria del Deposito: una sto-ria legata alle avanguardie artistichedegli anni sessanta, dove si sono in-crociate le diverse esperienze di pitto-ri, fotografi, grafici ed editori uniti dauna certa idea democratica della frui-zione delle opere d’arte.

La galleria vide la luce il 13 settem-bre del 1963 a Boccadasse, un picco-lo borgo di pescatori dentro la cittàcon le reti da riparare accantonate vi-cino alle barche. Non esistevano an-cora i turisti alla ricerca del buon ge-lato o dello scorcio pittoresco da foto-grafare con il cellulare; il borgo vive-va del mare e con il mare. C’eranogabbiani, mamme che inseguivanobambini capricciosi, biancheria ste-sa alle finestre e affitti poco cari. Nonsembra proprio questa la miglioreposizione dove aprire una galleriad’arte, così lontano dai vialoni bor-ghesi. E invece non sarebbe potutanascere che lì, lontano dal centro.

Eugenio Carmi e sua moglie KikyVices Vinci, insieme a un gruppo diamici riunito in cooperativa - c’era-no Bruno Alfieri, Kurt Blum, FlavioCostantini, Germano Facetti, CarloFedeli, Emanuele Luzzati, Achille Pe-rilli - decisero di riprendere in manoun vecchio magazzino utilizzato co-me deposito di carbone e creare unagalleria. La prima mostra inaugurò il23 settembre del 1963 con il titolo Se-dici quadri blu. Vi sono esposte ope-re di Chagall, Capogrossi, Max Bill,Dorazio, Fontana, Sam Francis, Vasa-rely. Fu questa la «partenza». Dal1963 al 1968 vengono allestite 38 ras-segne e chiunque fosse vicino alleavanguardie artistiche e fosse passa-to da Genova, sicuramente avrebbefatto un salto a Boccadasse.

Eugenio Carmi, oggi 93enne, neparla volentieri; conserva di quegli an-ni un po’ magici il ricordo di un’espe-rienza straordinaria.

●Carmi, come funzionava la galle-ria del Deposito?La nostra attività era frenetica: la gal-leria ogni mese inaugurava una mo-stra personale e inoltre producevaopere multiple e serigrafie, in gene-re di artisti amici italiani e straniericonvinti, come noi, dell’importanzadella nostra iniziativa. Tutti aderiro-no alla richiesta di fornire un origina-le senza ricevere un compenso e in

cambio noi ci impegnavamo a ven-dere a basso prezzo le opere multi-ple ricavate dal loro originale, rispet-tando la regola fondamentale di unacooperativa: reinvestire in nuoveopere, non incassare i guadagni. Gliartisti li conoscevo quasi tutti ed èstata proprio questa amicizia e vici-nanza a offrirci l’opportunità di averli

facilmente alla Galleria del Deposito.

●E il quartiere di Boccadassecome rispondeva alle vostre ini-ziative ?Boccadasse è un vecchio borgo allaperiferia di Genova e, come nei pic-coli paesi, tutti si conoscono. Noi co-noscevamo tutti gli abitanti. Ricor-

do con nostalgia gli amici pescatori,in particolare Nanni. Lui la sera, pri-ma di uscire in mare per la pesca,ruotava il dito indice umido e senti-va la direzione del vento. Se era buo-no, usciva con la sua barca e al matti-no seguente sua moglie veniva a ven-derci il pesce appena pescato. Cosedi altri tempi.

Genova attraversava un periododi grande effervescenza culturale.Nascevano le canzoni di De André,tra i vicoli del centro storico mentreteatri come lo Stabile e la Borsa diArlecchino proponevano una pro-grammazione di alto profilo. La Su-perba si distingueva anche per lasua attività editoriale: la rivista Mar-catré, poi riferimento critico dellaneoavanguardia italiana, è stata cre-ata proprio sotto lo sguardo vigile

della Lanterna.C’era il boom economico e l’Italsi-

der di Gian Lupo Osti svolgeva unruolo trainante, coinvolgendo artistinell’idea di reinvestire soldi nella cul-tura. C’era il porto affacciato sul Me-diterraneo, la punta di quel triango-lo industriale che faceva immagina-re un futuro di crescita infinita, qua-si come se gli anni sessanta fosserosoltanto una premessa a un futurodove tutto sarebbe andato meglio.

●Carmi, come sta l’arte oggi?«Il mondo è cambiato. Oggi tutto que-sto è un ricordo, è finito il tempo del-la speranza, è arrivata la tecnologia atrasformare la nostra vita, con aspet-ti positivi ma anche negativi, soprat-tutto per il grande abbandono delnostro rapporto con la natura. Oggi ibambini escono dal grembo dellamadre col telefonino in mano, nasco-no già invasi di tecnologia. Anchel’arte è in crisi, ha perso l’identitàche l’ha accompagnata nei millenni,non ci consente di riconoscerel’identità dell’autore.

Non so bene cosa dire, ma credoche questo rispecchi la grande crisidel mondo che non è, come tutti cre-dono economica. È una crisi di valorispirituali, solo fra venti o trent’annipotremo giudicare cosa sia accaduto.In particolare, la situazione politica

italiana è fra le peggiori, soprattuttoperché chi ci ha governato negli ulti-mi vent’anni non conosce la bellezzae perciò non conosce l’Italia. Troppiitaliani non hanno ancora capito chela bellezza e la cultura rendono mol-to più del petrolio».

* I «Multipli del deposito» sarannoin mostra nella sede storica del Deposi-to (piazza Nettuno 3R, Genova Bocca-dasse). Le fotografie relative alla galle-ria saranno esposte nella sala dellaPro Loco di Boccadasse, in via Aurora8R. Si potranno vedere da oggi fino al19 maggio (orari venerdì, sabato, do-menica – ore 17,00-22,00).

EugenioCarmi nascea Genova il17 febbraio1920.Adolescente,emigra inSvizzeradopo lapromulgazione delle leggi

razziali, dove studia chimica. Rientrato aGenova dopo la guerra, si sposa con KikyVices Vinci. Nel ’47 è allievo di Casorati aTorino, poi torna a Genova. Carmi è giàorientato verso una dimensione astratta,diversa da quella concreta e pragmaticadella grande industria siderurgica in cui, nel1956, è chiamato da Gianlupo Osti,manager lungimirante. Lì, nellaCornigliano/Italsider, Carmi si rivelabrillante art director e consulente diimmagine. Memorabile la sua cartellonisticaantinfortunistica Nel ’63, con la moglie Kikye 7 amici, fonda il Gruppo Cooperativo diBoccadasse e apre la Galleria del Deposito,coinvolgendo Max Bill, Capogrossi, Alviani,Dorazio, Baj, César, Restany e GilloDorfles. Negli anni 70 è a Milano, lavoraper la Rai, illustra le fiabe di Eco e simoltiplicano le sue personali e collettivefino agli anni Novanta. Sperimentantoreinstancabile, lavora soprattutto con acciaioe ferro e darà luogo a macchinecibernetiche interattive (influenzate da luce,calore, rumori).

INTERVISTA AL GRAFICO E ARTISTA CHE HA ATTRAVERSATO IL ’900

Boccadasse,l’arte tra le retidei pescatori

«La situazione politica? È fra le peggiori,chi ci ha governato negli ultimivent’anni non conosce la bellezzae perciò non ha nessuna idea dell’Italia»

●●●Si terrà oggi a Genoval’incontro «L’esperienza delDeposito» nella sala dellaPolisportiva Vignocchi, via Aurora2 , Genova Boccadasse, alle 16.Intervengono GermanoBeringheli, Eugenio Carmi, GilloDorfles, Carlo Fedeli, GianlucaMartinelli, Paolo Minetti, SandroRicaldone ●●●

BIOGRAFIA

La geniale cartellonisticae l’acciaio cibernetico

CARMIGalleria del Deposito, inaugurazione dellamostra di Miroslav Sutej, febbraio 1964 (fotoUgo Mulas); Eugenio Carmi e Kiky Vices Vincialla Mostra «Latte Litografate», 1964 (byPublifoto), Genova; La Galleria del deposito,Boccadasse (foto Ugo Mulas)