Alias supplemento del Manifesto 29.09.2012

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MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 29 SETTEMBRE 2012 ANNO 15 N. 38 IL RITMO TRANSCULTURALE BIENNALE MUSICA LABESS, TUNISI IN POP REPORTAGE DA MYANMAR CLAUDIO TOLCACHIR L’AUTUNNO DELL’ARTE NECROREALISMO INDIPENDENT FEATURE PROJECT

Transcript of Alias supplemento del Manifesto 29.09.2012

MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 29 SETTEMBRE 2012 ANNO 15 N. 38

IL RITMO TRANSCULTURALE

BIENNALE MUSICA LABESS, TUNISI IN POP

REPORTAGE DA MYANMAR CLAUDIO TOLCACHIRL’AUTUNNO DELL’ARTE NECROREALISMOINDIPENDENT FEATURE PROJECT

(2) ALIAS29 SETTEMBRE 2012

FUORI I SITI

Italia 2012,sulle traccedel multipop

Il Mei premia domani a Faenza il nostro insertoper il modo in cui ha saputo trattare l’universo«world» nostrano. Per l’occasione verràpresentata una ricerca sul fenomeno in Italia

di FLAVIANO DE LUCA

Il tunisino Abdel è arrivato su unbarcone e ci ha messo due anni perritrovare la voglia di suonare, lagiapponese Seika è venuta a studiarel’opera lirica e ha deciso di restare, ilbrasiliano Tito non ha mai smesso didanzare, il cingalese Kasan fa l’aiutocuoco in albergo ma regolarmente sidestreggia con altre pentole epercussioni. Sono alcuni dei 200musicisti e cantanti censiti dallaricerca sulle orchestre e bandemultietniche, realizzata da FrancescoFiore per conto del Mei, che verràpresentata a Faenza il 30 settembre(sarà consegnato un premio specialead Alias, supplemento culturale de ilmanifesto, quale miglior periodicocapace di seguire e approfondire inmodo chiaro ed esaustivo le musichemultietniche presenti in Italia, unautentico primato europeo con oltre20 gruppi coinvolti).

«Siamo arrivati a più di venti bandesistenti sul territorio italiano e ognigiorno che passa ricevo telefonate damusicisti stranieri che hanno messosu dei gruppi con amici italiani,alcuni fanno folk mediterraneo, altristili più movimentati - dice FrancescoFiore, leader della Med Free Orkestra,un ensemble di 17 elementi, nato aTestaccio nel 2010, che spazia su tuttii generi, lingue e culture ches’affacciano sul Mare Nostrum -. Ilgruppo ha suonato abbastanza ingiro, anche in Germania e Inghilterra,procurandosi un sacco di problemi.Abbiamo dovuto chiedere deipermessi di soggiorno temporaneiperché altrimenti gli artisti nondell’Unione Europea avrebbero avutoproblemi ad uscire e rientrare percolpa degli accordi di Schengen. Espesso proviamo a dare una manoper trovare lavoretti, occupazioniprovvisorie, maniere per tirareavanti». Faenza sarà solo l’avvio di unlavoro che porterà a un festival delleband multietniche, programmato perl’estate 2012 nella capitale.

Nel paese dei respingimenti, dellalegge Bossi-Fini, dei lager chiamatiCie, l’integrazione dei migranti, dellecomunità straniere, delle persone dietnia diversa viaggia più veloce sullenote della musica e sulle piste deicampi sportivi (alle ultime olimpiadidi Londra gli atleti italiani daicognomi stranieri sono stati il 10%,27 su 276, una cifra storica per ilnostro paese, tra atleti nati in Italia dagenitori stranieri, quelli arrivati danoi da bambini e i naturalizzati permatrimonio). Tuttavia una nazionesempre più multietnica e meticcia, èancora ferma su posizioni arretrate,nelle leggi e nel riconoscimento deidiritti. Così è nata la campagna«L’Italia di chi ci nasce e di chi laama», un’iniziativa (della Provincia diRoma) che vuole promuovere unalegge per il riconoscimento del dirittodi cittadinanza italiana ai bambininati in Italia da genitori immigrati epromuovere un gemellaggio tra dirittie musica nella convinzione chequest’ultima rappresenti unlinguaggio universale capace dipromuovere l’integrazione, lasolidarietà, la convivenza pacifica. Lecartoline della campagna sonoindirizzate al presidente dellaRepubblica, Giorgio Napolitano,perché solleciti il parlamento acambiare l’attuale normativaattraverso l’approvazione di unalegge che riconosca la cittadinanzaper i figli di immigrati nati in Italia.Qualcuno ricorderà anche il disco,Straniero a chi?, antologia realizzatada numerosi gruppi rap e hip hop

sotto l’egida della Rete G2, quelladelle Seconde Generazioni,l’organizzazione nazionale fondatada figli di immigrati e rifugiati nati ocresciuti in Italia, che considerano illoro paese, la loro casa.

Torniamo all’inizio, all’Orchestra diPiazza Vittorio, messa su nel 2002 daMario Tronco e Agostino Ferrente persalvare la sala Apollo e per dare unaiuto alla comunità cosmopolita cheruotava intorno a quel luogo, piazzaVittorio, appunto. «È la prima edunica orchestra nata conl’auto-tassazione di alcuni cittadiniche ha creato posti di lavoro e relativi

permessi di soggiorno per eccellentimusicisti provenienti da tutto ilmondo e ora di fatto nostriconcittadini. Basta guardarli tuttiinsieme, sul palco, per comprenderequanto possano felicementerappresentare un messaggio difratellanza e di pace ben più efficacedi proclami, comizi e dibattititelevisivi - dice Mario Tronco,direttore ed ex tastierista degli AvionTravel -. L’Orchestra promuove laricerca e l’integrazione di repertorimusicali diversi e spesso sconosciutial grande pubblico, costituendoanche un mezzo di recupero e di

riscatto per musicisti stranieri chevivono a Roma a volte in condizionidi emarginazione culturale e sociale.Chi campa suonando e chi lavando ivetri ai semafori. Autodidatti che nonsanno leggere uno spartito ediplomati al conservatorio. Qualcheitaliano e altri che non parlanonemmeno la lingua. Vittime di regimidi destra e di sinistra, c’è chi ha unpassato da dimenticare e chi è pienodi nostalgia. Quest’annofesteggeremo i dieci anni di vita, conun disco dal vivo, registratoall’Auditorium Parco della Musica,che uscirà a novembre. Ma abbiamo

avuto anche un’altra soddisfazione,quella di tenere a battesimo, unprogetto parallelo, l’Orquestra Todos,una band multietnica portoghese,ideata dopo la nostra esibizione alfestival Caminhada de Culturas diLisbona nel 2009. Un progettosostenuto dalla FondazioneGubelkian e dal Comune di Lisbona,che ha portato alla formazione delgruppo, alle esibizioni in vari festival(ad esempio a Rock in Rio) eall’incisione di un disco, Intendente,dove sono presenti 12 brani, alcunioriginali, altri tradizionali (come lanapoletana Jesce sole e l’indianaAnkhon Mein Tum Ho)». Luogo dimescolanze e di contraddizioni, diculture diverse e di fecondaricchezza, dove tutto pare accaderein modo inatteso e insperato. Maanche numerose amministrazionilocali hanno pensato alpentagramma, ai musicistiambulanti,per promuovere unamigliore conoscenza reciproca.

Sotto la direzione di DavideFerrari, strumentista emusicoterapeuta, motoredell’associazione Echoart, cheorganizza il Festival del Mediterraneoa Genova da oltre dieci anni, è nata laBanda di piazza Caricamento (unazona dell’immediato angiporto,abitato da una concentrazione dietnie, il luogo da dove partono ipullman per Marocco e Polonia),un’orchestra in grado di suonare perstrada ma anche su un palcoscenico,formata da una quindicina dielementi tra percussioni, cordofoni estrumenti a fiato. «L’idea del comune- promotore dell’iniziativa - è quelladi puntare sul valore socialedell’esperienza - dice Ferrari -,sull’integrazione possibile per dareuna risposta diversa al problema dei

giovani immigrati, sempre in bilicoverso la devianza. Nella band ci sonotutti ragazzi under 30 che fanno altronella vita ma con la passione per lamusica. La più giovane è una ragazzarussa di 18 anni al violino». Il nomepiù bello l’hanno trovato questiragazzi che vivono in Trentino:l’OrchExtra Terrestre, una miscela disuoni, idiomi e geografie della terra,che ha come sottotitolo Musichedell’Altro Mondo. Nata per iniziativadell’assessorato alla cultura delcapoluogo, con l’idea di farincontrare le diverse comunità esterepresenti sul territorio. Questoensemble raggruppa indiani etunisini, bulgari e messicani, unacantante gitana e unacontrabbassista italiana, tutti già conprecedenti esperienze musicali. Doveil Popolo del Vento incontra ildialetto bantu, i migranti delleregioni meridionali italianescambiano consigli e informazionicon quelli provenienti dal sud delmondo. E spesso, nei loro spettacoli,ospitano percussionisti brasiliani ejazzisti afroamericani, gente che hamolto da insegnareprofessionalmente e dal puntodi vista umano. Con uno sguardoanche rivolto all’insù, oltre il cielo everso nuovi orizzonti. Daextracomunitari a extraterrestri ilpasso è breve.

TACABANDA

Banda Adriatica: adriatik.it/banda/index.htmBrigada Internazionale Daniele Sepe: danielesepe.com/Proposte.htmlLa Banda di Piazza Caricamento: myspace.com/labandadipiazzacaricamento, facebook.com/Banda-di-Piazza

Caricamento/52448161576Med Free Orkestra: medfreeorkestra.comOrchestra Multietnica di Arezzo: orchestramultietnica.netOrchestra Multietnica Furastè: facebook.com/pages/Orchestra-Multietnica/11896758815660Orchestra Multietnica Garbatella: facebook.com/pages/Orchestra-Garbatella-Multietnica/229336583786774Orchestra Multietnica Mediterranea: facebook.com/OrchestraMultietnicaMediterraneaOrchestra Multietnica Ritmo Live: filarmonicalaudamo.it/st_conc11-12/03mag12.htmOrchestra di via Padova: orchestradiviapadova.itOrchestra di Piazza Vittorio: orchestradipiazzavittorio.itOrchestra di Porta Palazzo: orchestradiportapalazzo.itOrchestra 41˚ Parallelo: facebook.com/pages/Orchestra-delle-donne-del-41-Parallelo/159869957399283OrcheXtra Terrestre:orchextratterestre.itPrecharija Roma Orkestar: myspace.com/precharijaromaorkestar, facebook.com/precharija.romaorkestar

In alto La Banda di Piazza Caricamento,Orchestra Multietnica Mediterranea,Precharija Roma Orkestar; al centrol’OrcheXtra Terrestre; qui accantodue foto della Banda Adriatica

LA PENISOLAMETICCIA

NELLA TERRA DEI RESPINGIMENTI, DELLA LEGGE BOSSI-FINI, DEI LAGER CHIAMATI CIE, L’INTEGRAZIONE DEI MIGRANTI, DELLE COMUN

(3)ALIAS29 SETTEMBRE 2012

GERENZA

STORIE ■ DA PIAZZA CARICAMENTO ALLA GARBATELLA

«Incontri stranieri».Ecco il pianetadelle note di strada

SEGUE A PAGINA 4

Sono ormai piùdi venti i gruppimultietnici natie cresciutinel nostro paese.Tutto ebbe inizioa Romacon l’Orchestradi Piazza Vittorio

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Alias a cura diRoberto Silvestri

Francesco Adinolfi(Ultrasuoni),Matteo Patrono(Ultrasport)con Massimo De Feo,Roberto Peciola,Silvana Silvestri

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In copertina un’immaginedella Orchestra MultietnicaMediterranea di Napoli

di LUCIANO DEL SETTE

Tutto comincia «ufficialmente» il 24novembre del 2002. In quella data,l’Orchestra di Piazza Vittoriodebutta sul palco per il concerto dichiusura del Romaeuropa Festival.Una ventina di musicisti dalleAmeriche e dall’Africa, dall’Europa edall’Asia, danno vita a unaperformance senza precedenti.Almeno in questa forma e conquesti significati. La world music siascoltava, ormai da tempo, anche inItalia. Ma arrivava dalle majordiscografiche, dai grandi nomistellati internazionali. Oppurerimaneva confinata nel pianetadelle etichette indipendenti.L’Orchestra di Piazza Vittorio,

piazza simbolo dell’Esquilino,quartiere multietnico della capitale,porta con sé, nei suoi strumenti (ilcavaquinho dal Brasile, la tabladall’India, i flauti dalle Ande, lodjembe e la kora dal Senegal, l’ouddalla Tunisia...) e nelle sue voci, lavolontà di assegnare alla musica uncompito nuovo e importante:contribuire nel quotidiano allacomprensione e all’integrazione trala nostra cultura e le culture altre. Ilcopywright dell’idea, se cosìvogliamo chiamarlo, lo si deve allatesta sognatrice e stralunata diMario Tronco, già Avion Travel. Unfilm altrettanto geniale e stralunato,L’Orchestra di Piazza Vittorio, regiadi Agostino Ferrante, ha narrato, nel2006, come tutto questo sia

divenuto solida realtà. Dieci annisono passati, e da allora, lungobuona parte della Penisola, le bandee le orchestre ad ampio respiroetnico si sono moltiplicate. In molticasi hanno avuto vita brevenonostante le ottime intenzioni. Ingenerale, continuano a doveraffrontare mille problemi: trovare imusicisti e mantenerli con costanzanell’organico, disporre di un luogodove provare, esibirsi in serate chegarantiscano compensi dignitosi edignitosi tempi per riscuoterli. Lamappa della ricerca disegnata dalMei, è fitta di nomi, eppuregiocoforza incompleta. In qualchebar delle periferie urbane, inqualche casa dove la musica è dicasa, in qualche studio di

registrazione, da Torino a Palermo,sicuramente nasce ogni giorno oquasi l’idea di cercare musicisti ingrado di suonare l’esperanto dellenote, di allargare i confini mentali diuna piccola o grande città, diportare il pubblico a battere le maniin una sorta di rito capace dimettere in fuga i fantasmi delrazzismo e dell’intolleranza.Tentiamo, allora, una geografia,seppure parziale, di queste bande edi queste orchestre.

Iniziare il viaggio da Trento non ètanto scelta legata alla mappa dellanostra penisola, quanto allo spiritoche anima l’OrcheXtra Terrestre e ilsuo direttore Corrado Bungaro. NelTrentino Alto Adige, che Bungarodefinisce «luogo extra-terrestre,inspiegabilmente ancora unpo’estraneo al corpo Italia perragioni storiche e geografiche»,l’OrcheXtra ha strutturato dal 2005 ilsuo repertorio, saldando culture elingue musicali di tante minoranzeitaliane a quelle dell’Europa dell’Est,di Tunisia e Mozambico, Brasile eMessico, India e Pakistan. AncoraBungaro: «La dimensione extraterrestre è quel limbo chiamatomusica in cui le persone siincontrano senza bisogno dipermesso di soggiorno». Sedici icomponenti, quattro presenzefemminili, alle prese con le cordedella ghironda e del bouzuki, dellachitarra e della viola; con batteria,percussioni, sax, nyckelharpa, oud,tabla. Progetto futuro prossimo, lacreazione di un laboratorio artistico

per il dialogo tra le culture e le etniepresenti in Trentino Alto Adige.

Vuol essere laboratorio anchel’Orchestra di via Padova, Milano,iscritta all’anagrafe musicale indienel 2006. Nella via, fulcro etnicodella città, lavorano e vivono moltidei musicisti dell’orchestra, cheelabora i suoi brani in modocollettivo e comunitario, creando unlinguaggio comune fatto di scambi ereciproci contributi. Il risultato è ungenere per il quale il direttoreMassimo Latronico ha coniato ladefinizione di «etnico urbano». Isedici musicisti, professionisti e no,provenienti da Ucraina, Serbia,Albania, Marocco, Burkina Faso,

NITÀ STRANIERE, DELLE PERSONE DI ETNIA DIVERSA VIAGGIA SUL FILO DELLA MUSICA

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RICORDANDO PETRUdi F. D. L.In una teca di vetro, alla stazione della Cumana diMontesanto, a Napoli, c’è una fisarmonica rossa. Un foro diproiettile, quasi invisibile, tra la tastiera e il mantice. Lafisarmonica era di Petru, un musicista ambulante romeno, 31anni, che stava passando per i tornelli della metro, incompagnia della moglie, a maggio 2009 quando fu raggiuntodai colpi mortali di un commando camorristico (uccisoquindi sotto gli occhi della moglie e filmato dalle telecamere

di sicurezza della stazione). Sotto lo strumento, un piccoloaltare alla memoria e contro l’indifferenza generale. La targarecita: «Petru Birlandeanu si guadagnava da vivere suonandosui vagoni della metropolitana. Il 26 maggio 2009 venivaucciso da una pallottola vagante, sparata da un commandocamorristico. Soltanto la vigile coscienza dei cittadini puòfermare la barbarie umana. Non dimentichiamo Petru». Lasua vicenda è stata messa in scena, insieme a quella delledue sorelline rom annegate a Torregaveta, in «Sepsa», unospettacolo teatrale di Mimmo Borrelli, che si sviluppava suun vagone della linea ferroviaria Cumana, fermo al binario.

Egitto, Cuba, Perù, miscelano funky,ballate balcaniche, suoni d’Africa,blues, canzone italiana e classica.Due gli album, Tunjà e Stanotte!.

Fermata successiva Torino, dove ilmercato di Porta Palazzo e ilquartiere di San Salvario sono iluoghi simbolo delle nuovemigrazioni. E proprio Porta Palazzoha battezzato l’Orchestra, nata nel2004 all’interno del ProgettoPeriferie voluto dal comune. Nel2007, il brano Sarkha viene inseritonel cofanetto audio e video I viaggiperduti, prodotto da il manifesto;due anni dopo, L’Orchestra di PortaPalazzo è il titolo di un cdpubblicato con FolkclubEthnosuoni. Nel corso del tempo,una trentina di musicisti si sonoalternati all’interno del gruppo, cheattualmente è composto da tredicielementi, italiani e provenienti inprevalenza dall’area africana.Furastè, si traduce dal piemontesecon forestiero. Questo il nome sceltodall’orchestra multietnica nata adAlessandria nel 2008. Percomprendere come la pensinoquelli di Furastè in tema di rapportotra italiani e migranti, basterà lacitazione che compare sul suo sito,tratta da Lettera a una professoressadi don Lorenzo Milani: «Hoimparato che il problema degli altriè uguale al mio. Sortirne insieme èla politica, sortirne da soli èl’avarizia». La direzione artistica diun ensemble che fa della musica unmezzo di integrazione e conoscenza,uno stimolo all’attenzione e allacuriosità, è affidata ad AlbertoSerrapiglio. Con lui, artisti nati inItalia, Egitto, Marocco, Mauritius,Ruanda, Senegal, Sri Lanka, Brasile,Cuba, Romania. Tradizioni locali ebrani d’autore si incontrano, percostruire un repertorio nel quale levoci hanno un ruolo di primo piano.

Etnopunk e bicicletta èl’integratore energetico dellagenovese Banda di piazzaCaricamento, cinque anni di età.All’etnopunk danno vita trediciunder 30 dai cinque continenti, acolpi di congas, darabouka, djembe,kora, voci e suoni dall’Est, India,Italia, Brasile, dal rap metropolitano,con aggiuntive suggestionicoreografiche. Fusione a tuttocampo, che trae corrente elettricagrazie a dieci biciclette azionate dalpubblico di Musicycle, spettacolonato tre anni fa in occasione delWomex di Copenhagen, meetinginternazionale di world music, eportato in tournée europea. Il cdBabel Sound ha ottenuto unriconoscimento da AmnestyInternational. Ad Arezzo, dal 2007, èattiva l’Oma, Orchestra Multietnicadi Arezzo. Venticinque elementi,musica che incrocia e sovrapponePuglia e mondo arabo, est delVecchio Continente e Bangladesh,americhe e meridione d’Italia. Nel2009, l’incontro con Raiz ed EnricoFink, divenuto poi direttore artisticodel gruppo, aggiunge un altrotassello al puzzle: la tradizioneebraica klezmer e yiddish. L’albumAnimameticcia (Maxresearch/Officine della Cultura) è distribuitodall’aretina Materiali Sonori.

Roma è una metropoli fatta dimille paesi, i suoi quartieri. Uno diquesti, Testaccio, è intimamentelegato alla Scuola di MusicaPopolare. Da marzo 2010, aTestaccio, c’è anche la Med FreeOrkestra: diciassette artisti, trecontinenti, cinque nazioni(Argentina, Grecia, Iran, Senegal eUcraina) cui si aggiunge l’Italia. Quisi fa pop rock con radici balcanichee mediterranee, persiane e africane,turche e klezmer. Senza dimenticaredi buttare occhio e ugola sul reggae.Muove democraticamente labacchetta direttoriale Paolo Montin;formidabile il duo di percussioni,Gabriele Gagliardini dal Perù eIsmaila M’Baje dal Senegal. LaScuola di Musica Popolare è stato illuogo di incontro e di progetto, era il2009, anche per la Precharija Roma

Orkestar. Repertorio dal patrimoniobalcanico, klezmer e tzigano,portato sulla ribalta da nove italiani,un cileno e un argentino. Di sé, laPrecharija dice: «Il nome stessointende sottolineare la condizione diincertezza imposta a popoli eindividui dall’attuale periodostorico, ma soprattutto rappresentalo spirito del gruppo che fadell’instabilità uno stile di vitacompensato da musica, incontri,scambi e viaggi». I viaggi hannoportato i paladini del precariato neicentri sociali della capitale e in giroper la penisola, arrivando fino aIstanbul, dove hanno fatto dacolonna sonora per una festa dinozze. Altro quartiere storico diRoma è Garbatella, protagonistadella lotta di Liberazione e«resistente» per vocazione. Danessun’altra parte, quindi, avrebbepotuto vedere luce, nel 2012,l’Orchestra Multietnica Garbatella,sostenuta con entusiasmo dallospazio della Villetta (gran bel posto),in via Francesco Passino 26, che neospita anche le prove. Originale laformula artistica di integrazione/interazione: vecchie e gloriosecanzoni romane, rilette e arricchitecon sonorità e ritmi assai lontanidalle sponde del Tevere. Sonoundici i ragazzi e le ragazzedell’Orchestra, da Ungheria eKurdistan, Svizzera e Argentina,Italia e Libano. Ancora Roma, percitare l’unica orchestra, 41˚Parallelo, composta soltanto dadonne. L’idea si deve ai Têtes deBois in collaborazione conAcustimantico. Sul filo del 41˚Parallelo, che passa attraverso il SudItalia, la Grecia, l’Albania, la Turchia,l’Uzbekistan, per arrivare fino agliStati Uniti, le diciassette musicistepropongono brani originali ispirati aquesti luoghi. Nel loro carnet, scrittiscelti da Amnesty International pertestimoniare la violenza e la lesionedella dignità femminile.

Ormai da lunghi anni, il cuore diNapoli batte in controtempo econtrocanto quando sente risuonareil nome di Daniele Sepe. Artistageniale, che fa della polemicapolitica e non solo il suo spartitoprediletto, Daniele si presentaadesso sulla scena con la BrigadaInternazionale. A lui la parola:«Dodici musicisti che suonanoinsieme perché una società in cui unoggetto per produrre musica siprogetta negli Stati Uniti, si produce(...in condizioni ignobili) in Cina e

poi viaggia per tutto il pianeta senzalimitazioni diventando un oggetto diculto, dovrebbe essere una societàmuta... Ma muti non vogliamo stare,e a cantare e ballare non devonorestare solo questi ‘birichini’. Inattesa della grande rivoluzione, laBrigada Internazionale porta in girola meravigliosa musica della gentepiù povera della terra. E lo fa inallegria. Per dispetto». «IlMediterraneo unisce i continenti chesepara», afferma la OMM, OrchestraMultietnica Mediterranea, nata unanno fa dall’incontro tra leassociazioni Liberi Pensatori eGaribaldi Centouno, e da un’idea delmusicista e sociologo GiovanniGuarrera con Romilda Bocchetti.Linfa vitale ai diciotto artisti checompongono l’insieme viene daitanti rifugiati e richiedenti asiloarrivati a Napoli. Mare Nostrumprotagonista nell’intreccio delle sueculture: arabo-andalusa, klez, turca,balcanica, gitana, del nostro sud. Perpoi sconfinare in Asia e Africa.Musica scritta e musica tramandataoralmente, tradizioni e brani dicomposizione originale, melting potdi dialetti e lingue. Dalla Puglia, laBanda Adriatica di Lecce ha preso illargo, nel 2008, con il progetto Rottaper Otranto: quindici musicisti, unveliero e quattrocento migliapercorse sulle onde. Un’esperienzadiventata racconto cinematograficodi incontri e concerti ad ogni porto.E sempre in Puglia, Sannicandro,Bari, Bandervish è il cd realizzato daiRadiodervish con il ComplessoBandistico Giuseppe Verdi e LivioMinafra. Gli ottoni e i fiatiridisegnano pezzi celebri comeL’immagine di te, L’esigenza, Leslions. Rare volte, la simbiosi tra i Suddel mondo ha raggiunto tantaarmonia. Sicilia, prima di ripiegare lamappa. Sicilia di Messina edell’Orchestra Multietnica RitmoLive, attiva dal 2010 con la direzioneartistica di Maria Grazia Armaleo. Lasua capacità di funzionare dacollante ulteriore delle diversità siesprime attraverso un sistema di«notazione a sillabe», che permettedi leggere la musica senza la minimaconoscenza. Una sorta di ritorno alleorigini dei suoni lontanidall’Occidente. Quei suoni arrivati anoi senza pentagramma, antichi dimillenni, dettati da riti e sentimenti.Riviverli, rivisitarli, renderliprotagonisti del Nuovo Millenniomusicale è un preciso e piacevoledovere.

INTERVISTA ■ L’EX LEADER DEI MAU MAU

Il territorioda esplorare.La «passione»di Barovero

LA MAPPA DEI SUONI «ALTRI». DA TRENTO ALLA SICILIA, DA TORINO A GENOVA, DA AREZZO A NAPOLI E LECCE

di L. D. S.

Sullo schermo televisivo, l’oro deifiati è in bianco e nero. Il suonosfrigola scorrendo lungo lapellicola consumata dal tempo. Lefacce appartengono a un’Italiaormai antica, archiviata, persa, adispetto del conto degli anni: pocopiù di mezzo secolo fa. I paesi, avederli oggi, nella maggior partedei casi non li riconosceresti: vietrafficate di asini e muli, carriagricoli, greggi di pecore, qualcheauto, qualche motoretta, la piazzacon il bar, le donne sedute davantialla porta di casa o curve sotto ilpeso di una fascina. Il silenzio, lalontananza, l’immobilità della vita.Ma poi, nel giorno del venerdìsanto o del santo patrono, ecco labanda: processione musicale chesegue il parroco, il sindaco, inotabili; che si trascina dietro lapreghiera dei fedeli, che la genteapplaude dalle finestre e dai

balconi, che i bambini guardanoincantati, che si ferma sul sagratodella chiesa per riprendere fiato. Epoi riattacca: musiche di Verdi, diRossini, di Puccini, di autoriconosciuti soltanto per via delnome sullo spartito portato aspasso da un clarino, da untrombone, da una grancassa.Immagini così le puoi vedere, oggi,soltanto nei reportage d’epocamandati in onda da Rai Storia.Quanto alla musica delle bande,per decenni è rimasta sepolta,lasciata al confino, sottovalutata,identificata come gruppo divolonterosi musicanti e nulla più.Poi qualcosa, qualcuno, verso lafine degli anni Novanta, si muove.

Non è un nostalgico dei beitempi andati, e neppure unantropologo del suono. Si chiamaFabio Barovero, uno dei MauMau, gruppo torinese di buonacelebrità, tutta un’altra musica.Fabio, nel 1996, si ritrova sull’isola

di Procida, Campania, durante lecelebrazioni della Pasqua. Èvenerdì santo, «Alle sette dimattina vedo arrivare laprocessione e con lei la banda,un’emozione sconvolgente. Latromba che squarcia il silenzio,cinquanta suonatori che tuonanonei vicoli le marce funebri.Ragazzini, giovani, anziani, unitinella funzione religiosa, ma primadi ogni altra cosa un corpomusicale palpitante, dotato di unpotere catartico in grado, credenteo no, di farti piangere per il Cristomorto». Tornato a casa, Baroverosi mette a cercare quella musica.Nessuno l’ha mai messa su vinile,salvo un oscuro e scomparsoeditore palermitano. «Se non fossestato così, probabilmente il miopercorso non sarebbe neanchecominciato. Mi sono detto: ok, senon esiste, allora voglio produrla.Alla fine del ’98 propongo l’idea almio amico trombettista Roy Paci,che aveva suonato in alcunebande siciliane. Insiemeraduniamo una serie di musicistidella provincia di Siracusa e diCatania, li portiamo in studio aRubiera, Reggio Emilia, eregistriamo». Nasce Passione, ilprimo disco firmato Banda Ionica,1998. Barovero convinto assertoreche quei suoni abbiano il poteredella musica contemporanea, vain cerca di un editore. Impresanon facile, perché tutti, di fronteall’aggettivo «funebre», storcono ilnaso. Alla fine, il sì arriva dallatorinese Felmay. Dal ’98 a oggi,Passione continua a vendere, i suoibrani sono stati utilizzati damoltissime compagnie teatrali.

I diritti di sincronizzazione sonostati ceduti a Patrice Leconte per ilfilm La ragazza sul ponte, e poi adaltri registi come FrancescaComencini, Davide Ferrario,Alessandro D’Alatri. Il passaggiosuccessivo, ulterioredimostrazione dellacontemporaneità della musica perbanda, avviene con Matri mia,2002. Ancora Barovero: «Chiamaialcuni artisti e li convinsi ascrivere, o a rivisitare, brani cheavessero affinità con quel mondo.Risposero Vinicio Capossela, Giòdei La Cruz, Cristina Zavalloni, ilfrancese Artur H... Quel disco, inItalia, ha rappresentato ilmomento in cui la banda è uscitaper la prima volta dalla sua divisada parata». Fabio intensifica illavoro componendo brani eseguitidal complesso bandistico del suopaese di nascita, Condove, Val diSusa, che porta al Teatro Stabile diTorino e all’inaugurazione dellapeschiera della Reggia di Venaria.Intanto prosegue la collaborazionecon la siciliana Banda di Avola e ilsuo direttore, Sebastiano Bell’Arte,che nella Banda Ionica suonava ilcorno. Esplorando il territorio diNoto e Pachino, i due fannoriemergere il repertorio dellemarce più allegre, in voga durantetutto il ventennio fascista e finoagli anni Cinquanta, che finiscenel disco ’A banna!, registrato nel2003, durante i festeggiamenti diSanta Venera, patrona di Avola.Sette anni dopo esce E l’italianoride, con la Banda di Avola afianco del cantautore bologneseMirco Menna. La rivista franceseMondo mix colloca l’album tra imigliori dieci dischi di worldmusic usciti nel mondo inquell’anno. Ma c’è una cifra che fariflettere su quanto sia lungoancora il cammino da compiere.Matri mia ha venduto trentamilacopie in Francia. E l’italiano ride,da noi, rimane un disco pressochésconosciuto. Nemo profeta inpatria. Tanto per cambiare.

SEGUE DA PAGINA 3

In questa pagina: in alto la fisarmonica diPetru Birlandeanu, il musicista rom uccisa aNapoli. Qui accanto l’Orchestra MultietnicaGarbatella; sopra la banda di Avola

Anthony Braxton è tra gli artisti più attesicon il suo gruppo 12+1. Sul palco Terry Riley,Morton Feldman e Andrew Zolinsky. Leone d’oroalla carriera a Pierre Boulez. Gli appuntamentidi MARIO GAMBA

Se fosse per la serata conclusiva del13 ottobre la Biennale Musica n. 56avrebbe già vinto. Seduzioni einquietudini, inediti conflitti eperdizioni memorabili. Alle 20,30 alTeatro alle Tese suona l’ensemble12+1 di Anthony Braxton. Alle 23,00nella Sala delle Colonne di Ca’Giustinian, cioè in casa Biennale, ilMorton Feldman più bello che c’è, ForBunita Marcus, viene interpretato dalpianista Andrew Zolinsky. Non so se virendiate conto. I residui parrucconidella «contemporanea», magari ce n’èancora in giro qualcuno, son tipimalvestiti e ghignosi, avranno daridire su un ruolo così prestigioso, emagari sulla stessa presenza, delpolistrumentista compositore eteorico di Chicago.

Il direttore artistico esordiente IvanFedele ha già provveduto arassicurarli un po’: «Non èpropriamente un jazzista». Infatti. Inun certo senso. Ma, vien da dire, seanche lo fosse? Se fosse propriamenteun maestro della modalità di farmusica che ha inebriato il secoloventesimo e non intende smettere,che ha ampliato la conoscenza, ilpensiero, la dissolutezza,l’insurrezionalità nel campo dei

suoni? Conflitti inter-platea, forse.Brontolii soffocati. Intorno,prevedibilmente, il pubblico piùnumeroso e più concentrato che si siamai visto alle Biennali Musica (a partequella mitica del 2003 diretta da UriCaine). In nome di Anthony Braxton.La sua formazione 12+1 - e, occorredirlo, l’1 è lui, presuntuoso no,consapevole della sua parte di

ideatore e regista sì - è la più ampiacon la quale organizza le sue tramesonore. Quattro archi, tre sax (eclarinetti), un fagotto, tre ottoni, unachitarra, un set di percussioni. Ognistrumentista è multiplo, conl’eccezione di Erica Ruth Dicker, chesuona solo il violino. Tra i discepolibraxtoniani il più brillante e pungenteè il cornettista (di base: suona altre sei

strumenti) Taylor Ho Bynum. Per luiWebern e l’idea di suoni isolatiautononi, ma assai aspri dipreferenza, rappresentano un puntoimportante nel sommario del suolessico. Altri punti possono riguardarela street marching music e il be-bop,ma si tratta sempre di scampoli in unmix di radicalità sonora estrema.

Con questo ensemble Braxton, aquanto se ne sa dopo l’ascolto delladocumentazione più cospicua finoradisponibile, le nove composizioniregistrate al club Iridium di New Yorknel marzo 2006 (Firehouse Records,nove cd e un dvd), mette in gioco lasua vena razionalista e costruttivista.Elabora parti d’assieme fortementeatonali che procedono inizialmente inun unisono disarmonico e frastagliatoper lasciare poi la parola a soli semprecontrappuntati e a fluorescenze diblocchi strumentali. Niente o quasiniente episodi iterativi. Un Braxtonmagmatico ma senza alcunatentazione apocalittica, anzi, conun’attitudine alla notazione e allagradualità degli sviluppi che accentual’approccio severo. Notevolissima lavarietà e imprevedibilità timbrica - èovviamente presentel’improvvisazione, per quantoassorbita nel processo compositivo enella cooperazione di gruppo -,eppure non si nota affatto un gustocoloristico. Poco lirismo, pocospettacolo, tante micro e macrocelluledi suoni «concordi nella singolarità»

che si smembrano e si ritrovano ecercano di determinare un’altraforma (stabile, si direbbe) di vitasonora.

Quanto al Feldman pianistico chechiuderà il Festival di musicacontemporanea nella nottesicuramente magica veneziana (aprova di pioggerella fastidiosa emagari di acqua alta), si tratta,intanto, di capire se Andrew Zolinsky,pianista inglese di buona versatilità(ha fatto parte del gruppo Icebreaker,ha suonato in un lavoro da camera diBrian Eno), può reggere il confrontocon la versione che ne ha dato il suoconnazionale John Tilbury il 15ottobre 1990 per un disco suLondon-Hall uscito nel 1993. No,quell’unione di intelligenze amorosenon è eguagliabile.

Ma che importa: For Bunita Marcusè un passaggio di 75 minuti nell’estasipragmatica di trovarsi in uno spaziodi suoni che è uno spazio di piaceretotale, sensi-cuore-cervello, fluttuare,riflettere, riconoscere la possibilità diun modo di essere che sospendesenza alcun artificio illusorio il tempoconosciuto e ne propone un altro, sipuò scegliere, ma scegliete il tempofeldmaniano, vi prego!

Un finale tutto americano è unabella novità per la Biennale. E non c’èsolo il finale quanto a nomi di autoriamericani in cartellone. Finalmenteun tabù si è infranto, finalmente,dopo quattro anni di eurocentrismointegralista (e i quattro precedentinon scherzavano neanche loro, maalmeno tre concerti monografici, suAshley, Cage e Feldman si eranosentiti!), ci si è accorti che nel 1492 unnavigatore con le idee geografichenon chiarissime aveva toccato le costedi un paese sconosciuto. E che neisecoli seguenti da quelle parti si eranocommesse nequizie terrificanti e nellostesso tempo era stata prodotta una

cultura originale, pure in musica. IvanFedele, un compositore che ama laforma ricercata e fugge le amenità (dicui spesso sono accusati, spessoingiustamente, gli autori americanid’oggi), ha rimesso le cose a posto.Feldman, per esempio. Ilmeraviglioso, il fragile, l’aereo, ilrisoluto allestitore di ambienti sonoriminimali infiniti. Si ascolta un’altravolta e in prima esecuzione italiana:l’8 ottobre alle 18,00 nella Sala delleColonne il Quartetto Klimt interpretaPiano, violin, viola and cello, l’ultimaopera, scritta due mesi prima dimorire (accade il 3 settembre 1987). Edal nuovo mondo arrivano a Veneziaaltri autori vecchi e nuovi, classici amodo loro o tutti da scoprire. Nelprimo pacchetto ci sono Alvin Lucier ePhill Niblock, entrambi cultori dibande sonore o suoni unici, o ripetutiossessivamente (Niblock, di cui siascolta Five More Strings Quartets inprima esecuzione italiana il 6 ottobrenella sala delle colonne ad opera delQuartetto Prometeo) o immessi comeraggi di luce nello spazio (Lucier, cheha una quasi-monografia per sé l’8ottobre al teatro Piccolo Arsenale, conla celebre performance I’m Sitting ina Room, con Fidelio trio del 1987, conThree Translations for MaurizioMochetti del 2008 e con un’opera inprima esecuzione assoluta, ancorasenza nome, per violino, violoncello,flauto, clarinetto, pianoforte, a curadell’Alter Ego Ensemble).

Classicissimo, ormai, è il Terry Rileydi In C, che si ascolta il 9 ottobre alPiccolo Arsenale nel concerto cheincrocia gli ensemble Ex Novo e AlterEgo. Tra gli americani meno classiciavvistiamo Elliott Sharp (nelprogramma dei Neue Vocalsolistendell’11 ottobre) e tra quelli da scoprireTristan Perich, Sean Friar, Mario Diazde Leon (nel concerto di Alter Egodell’8 ottobre), Yotam Haber (nelconcerto Ex Novo/Alter Ego). E poi c’èil capitolo John Cage in occasione delcentenario della nascita. È importanteche non si sia fatto ricorso alle soliteopere degli anni ’40, carinissime,argutissime, intelligentissime,avanzatissime, ma spacciate in tutti iluoghi in questi giorni con la scusache sono «di facile ascolto». E alloraalla Biennale 2012 si gode il Cage diOne4 per percussioni (1990) suonatoda Simone Beneventi il 7 ottobre. Èuno dei number pieces dell’ultimamaturità, prosciugati all’estremo,riflessivi, forse dolenti. Fa da preludioal concerto della Fvg MitteleuropaOrchestra durante il quale si gode ilCage di Concert for Piano andOrchestra (1957-’58), gestuale,informale, indeterminato manient’affatto aleatorio. E ancora:Imaginary Landscape 5 e Hpschd(1967-’69) l’8 ottobre, il ciclo deiFreeman Etudes (completati nel 1990)interpretati dal super-violinista IrvingArditti l’11 ottobre, infine la grandenovità il 12 ottobre: Electronic Musicfor Piano (1964) per la prima voltarealizzata con pianoforte e suonisintetici da Ciro Longobardi eAgostino Di Scipio. Il titolo delFestival di quest’anno è Extreme, masi può scrivere, anzi si dovrebbe,anche così: + eXtreMe -. Vuol dire chel’argomento sono le musicheradicalissime che secondo IvanFedele sono riconducibili al binomiomassimalismo-minimalismo. Se nediscute «sul campo» dal 6 ottobre inpoi. La prima sera si consegna ilLeone d’oro alla carriera. A unimmenso. A uno che si aspettava enon si capiva perché non venivainvitato. A Pierre Boulez.Massimalista? Per la complessità delpensiero e della scrittura.Minimalista? Per la felice rarefazionee per l’occasionale adesione al piaceredella sintesi. Lui è l’ultimo rimasto asostenere che la parola «avanguardia»non va demonizzata, perché,semplicemente, c’è sempre qualcunoche vede più in là, intuisce prima.Cerebrale, dicono (o dicevano).Ascoltate la stessa sera dal «suo»Ensemble InterContemporain SurIncises per 3 pianoforti, 3 arpe, 3percussioni, brano matematico evoluttuoso. Poi ne riparliamo.

Sopra Elliott Sharp e AndrewZolinsky. In grande TerryRiley, a sinistra AnthonyBraxton, a destra il barbutoPhill Niblock, Alvin Lucier,Morton Feldman (cappello)e Tristan Perich

EVENTI ■ BIENNALE MUSICA A VENEZIA DAL 6 AL 13 OTTOBRE

La misticadel timbroradicale

(5)ALIAS29 SETTEMBRE 2012

(6) ALIAS29 SETTEMBRE 2012

INCONTRI ■ IN TOUR CON LA BAND TUNISINO-CANADESE

Labess, precipitandoverso la kasbah.Fin qui «tutto bene»

PAGINE ■ IL NUOVO LIBRO DI IAIN CHAMBERS

Memoriemediterraneeper paesaggimutanti

di MARTA BELLINGRERITUNISI

«Sentite l'aria diversa, siamo arrivati alKef». Così Amin, batterista epercussionista tunisino nel gruppoLabess, presenta il Kef, abbassando ilfinestrino dopo tre ore di ariacondizionata dalla capitale Tunisi.L'aria che si respira immediatamentea finestrino abbassato è in effettitotalmente diversa, l'aria di montagnae campagna a 40 chilometridall'Algeria. L'orizzonte dello sguardodall'alto della kasbah (la cittadella dicostruzione ottomana nel centro dellacittà) è sul confine algerino: ed è inquesto sito storico-monumentale checanta per la prima volta NedjimBouizzoul, cantautore e compositoreautodidatta di origine algerina:«L'Algeria l'ho lasciata a 18 anni conla mia famiglia e ci siamo installati inCanada. Suonavo fin da quandoavevo 15 anni e in Canada hocominciato e continuo a farlo neimetrò». Dagli incontri e i contatti conmusicisti e con la scena undergrounddi Montréal, nasce otto anni fa ilgruppo Labess, che ora si ritrova alconfine e a due passi dalle proprieorigini, dove il cielo azzurro grigiorosa si mescola col verde giallomarrone di montagne, un orizzonteche può parlare dalla Tunisia solodell'Algeria.

E non c'è altro luogo di confine inTunisia come il Kef capace diapprezzare maggiormente il mélangemusicale che Nedjim crea: con inmano una chitarra classica, unmandolino, una darbouka o unodjembé, si mescolano rumba gitana,flamenco, musica tradizionale del

Nordafrica e reggae, con la sua vocecalda che in arabo o in francese parladi libertà e identità. «La musica a cuimi ispiro dal Sud America al NordAfrica, all'India viene denominatamusica del mondo. Per me la musicaè l'abbattimento delle frontiere. Icantanti e le canzoni che ascoltavodall'Algeria non sempre mirappresentavano, sono io che volevocreare una musica che mirappresentasse e che rappresentasse ilmio paese. Per farlo ho custodito

dentro me le melodie tradizionali delmio paese, che si sono allargate in ungenere alternativo, amato spessocome “esotico” e classificato comemusique du monde».

Quando Nedjim è arrivato inTunisia per esibirsi al Festivalmusicale nella capitale «Musiqa waSalam» (Musica e pace) è statoindetto nello stesso giorno uncoprifuoco, che il governo avevalanciato in seguito agli scontriprovocati dai salafiti, violentemente

critici nei confronti di unaesposizione d'arte con opereconsiderate immorali. Ma Nedjim,come tanti altri tunisini, è uscito perstrada: «Ho già vissuto tutto questo inAlgeria per anni durante la guerracivile. È qualcosa di estraneo alpopolo. Il cammino per larivoluzione, di cui sono stato fiero, eper costruire una democrazia èancora all'inizio, ma il coprifuoco èsolo propaganda mediatica». Così ilpubblico di Tunisi, qualche giorno

dopo, a coprifuoco finito, ha accoltoNedjim, insieme ai musicisti chesuonano con lui in Tunisia, più Remi,un trombettista francese che lo segueda dieci anni: «La musica è illinguaggio universale ed è la storia digrandi amicizie, come quella mia e diNedjim. Per noi essere militantisignifica essere vivi. Accettare latristezza evidente che c'è nel mondo etrasformarla in gioia come questamusica».

Hanno suonato in Francia, come in

Bosnia e in Palestina. Ed è grazie agliamici del Kef conosciuti via internetche si è creata anche questa nuovafamiglia e collettivo artistico dimusicisti in Tunisia per cantare ilnuovo album di Nedjim dal titoloIdentité: la poesia musicale delcantautore ripercorre il camminodalla terra d'origine alla terra diaccoglienza, e viceversa. Tunisi e ilKef sono l'ennesima terra diaccoglienza per Nedjim, nei giorni incui il dibattito nel paese vede artistisotto minacce di morte, la musicaconsiderata «haram», peccato, da queisalafiti che seminano il terrore nelpaese. Ma dopo le prove con Labess,che in dialetto tunisino e anchealgerino significa «tutto bene», ancheil percussionista e il batterista Amin siritrova a suonare e cantare per strada,sulle scale del teatro municipale, inAvenue Bourghiba. L'ultima volta cheavrebbero dovuto farlo erano staticacciati dai salafiti, rimasti impuniti difronte la polizia inerme. Adesso unpubblico si avvicina: estate, festa dellamusica, sera che rinfresca e musicache scalda. La Tunisia non verràabbattuta dai pochi salafiti estremisti.E dall'alto della kasbah del Kef sispera ugualmente nell'orizzontedell'Algeria, da dove le note prime diLabess si sono originate.

di SIMONA FRASCA

Mediterraneo blues. Musiche,malinconia postcoloniale, pensierimarittimi è l’ultimo bel libro di IainChambers (Bollati Boringhieri, 10euro) che nella traduzione di SaraMarinelli affronta il mondo dei suoniattraverso un obiettivo agile e ricco disuggestioni desunte dal mondo dellafilosofia, dell'antropologia e dellapoesia. Il Mediterraneo e il bluesconiugati insieme diventano la chiavedi accesso per una dimensioneculturale capace di catturare escomporre la molteplicità del presenterivelandone la presunzione di unità.Chambers, studioso inglese docente diStudi Culturali e Postcolonialiall’Università Orientale di Napoli non

è nuovo alle tematiche che riflettonosullo spazio geografico partendo dallepulsioni culturali, e in questo casomusicali, che determinano nella loroazione i contorni di un paesaggio cheper sua stessa natura è sempre inmutazione. Antropologo e sociologoChambers è autore di importanti saggi(tra i quali Ritmi urbani, 1986; Esercizidi potere: Gramsci, Said e ilpostcoloniale, 2006) che insistono suitemi della memoria,dell’urbanizzazione e della culturapopolare.

È proprio il tema del paesaggio ilperno attorno al quale ruota l’idea chei repertori musicali sono capaci diraccontare la realtà del presente, direstituirla con tutte le contraddizionireali del mondo contemporaneo

svuotando di senso l’anticaprospettiva di stampo storicistico diuna cultura che sopravanza esostituisce un’altra come in un campodi battaglia.

L’idea che sembra permeareall’origine le riflessioni di Chambers èche l’incontro e la nascita dei repertoriin ambito musicale avvenganosecondo la logica del sincretismo. Daquesta dimensione dinamica,fluttuante, «liquida» scaturisce che lamusica conserva le tracce dellacomplessità dei processi umani e inquesta veste racchiude un presente

complesso assolutamente lontanodalla logica della linearità e dellaconvergenza «indolore» di opposti.

Il senso di smarrimento che emergedalla consapevolezza di una realtàverso la quale spesso soffriamo di unamancanza di strumenti idonei alladecodifica dei molteplici segnali esimboli che la costituiscono diventauna condizione ontologica. L’uomo èfrastornato, immerso in un dolore«romantico», lo struggimento chegenera malinconia e coscienza.Seguendo lo stimolo di assuntibenjaminiani Chambers scrive che

laddove la malinconia si rivolge a unpassato perduto che continua acondizionare il presente e a occludereil passato in maniera incontrovertibilesi instaura la certezza delle nostreidentità e la malinconia diventa unasorta di modalità di accesso al sapere.In questa dimensione si inserisce ilconcetto di malinconia critica checonduce verso la comprensione di ciòa cui si deve rinunciare per fare postoa un ordine nuovo, sconosciuto, incerca di giustizia storica.

Su tutto si apre l’immensità e lapotenza del mare, il mare nostruminnanzitutto.

Dove sono i vostri monumenti, lebattaglie, i martiri? Dov’è la vostramemoria tribale? Signori miei, inquella volta grigia. Il mare. Il mare liha racchiusi. Il mare è la Storia, scriveDerek Walcott. Chambers e Walcottcondividono un paesaggioemozionale e culturale, i Caraibi comeil Mediterraneo, i sud del mondostabiliscono così un profondoparallelismo che affonda le origini inun passato di schiavitù ecolonialismo, di rivolte e resistenze. Etutto ciò si rivela nell’esistenza dipratiche musicali dal forte valoreepistemologico.

Riannodando le fila del discorsoantiliberale del filosofo tedesco CarlSchmitt che poneva nel contrasto trapotere terrestre e marino laformazione del mondo modernoChambers colloca il mare nelladimensione dell’inafferrabile, laddoveesso stesso, nel pensiero di Schmitt, èil luogo senza legge, sede di forze che

sfuggono al controllo. Nella visionedello studioso inglese la città di mareè sinonimo di insubordinazione, dideviazione rispetto allo ius publicumEuropaeum, perché «l'orizzontespezza i confini dei luoghi a terra conla potenzialità dell'altrove».

Infine la musica. I suoni dicono ciòche la parola tace. Nella culturapopolare è il non detto del testo chegenera il contatto con il pubblico chene intercetta la complessità e la veritàdel presente, scriveva alcuni anni faLawrence Levine. Il suono, materialeevanescente racchiude in sé piùsignificati della parola e per questaragione un paesaggio sonoro raccontapiù della storia stessa intesa comeeredità del passato e costruzione delpresente. Il suono rappresenta così larelazione di eventi, oggetti,esperienze. Ma il suono è anchememoria e in questo senso più di ognialtro linguaggio disegna l’identitàspecifica come nel caso dellepopolazioni migranti. Esso crea ecostituisce una «casa». «I suoni che cigiungono dal passato - scrive ancoraChambers contemporaneamentesondano il momento attuale,profilano una congiuntura, mettonoin gioco e portano in primo piano ildimenticato nell’accadere delpresente mentre dischiudono unaporta sul futuro. Prendere inconsiderazione sia le memoriericonosciute sia quelle respinte vuoldire intuire la natura vitale dellaripetizione e il senso inusitato delritornello musicale». Questo il poteretaumaturgico della musica.

La formazione guidata dal cantantee autore Nedjim Bouizzoul è nata otto annifa dagli incontri e i contatti con artistidella scena underground di Montréal

Due immagini dei Labess sul palcoe un manifesto del concerto al Kef sottoil graffito. Sotto Pasquale Iannarella

RITMI

(7)ALIAS29 SETTEMBRE 2012

EvalineLa rock band californiana per la primavolta nel nostro paese per una data unica.Moncalieri (To) SABATO 6 OTTOBRE(AUDIODROME)

Noel GallagherIl chitarrista e ex co-leader degli Oasiscon la nuova band High Flying Birds.Firenze VENERDI' 5 OTTOBRE (OBIHALL)Bologna SABATO 6 OTTOBRE (PALADOZZA)

Cult of YouthPrima italiana per la «cult» bandnewyorkese, tra psichedelia e folk.Milano MARTEDI' 2 OTTOBRE (ROCKET)Roma MERCOLEDI' 3 OTTOBRE (MUZAK)

Tu FawningL'avant pop è il cuore della musica diquesta band di Portland, Oregon.Varese SABATO 6 OTTOBRE (TWIGGY)

Black DiceIl rock sperimentale della formazione diBrooklyn.Padova SABATO 29 SETTEMBRE (VENUELOOP)

Deep TimeIl duo Jennifer Moore e Adam Jones, trapost punk e pop.Brescia VENERDI' 5 OTTOBRE (LIO)

Spoek MathamboUna sola data per l'artista sudafricano.Bologna SABATO 29 SETTEMBRE

(LOCOMOTIV)

FensterLa band tedesco-americana, tra pop enoise.Pescara DOMENICA 30 SETTEMBRE (MAZEECLECTIC CIRCLE)

The CynicsGarage rock revival per il gruppo diPittsburgh.Torino MERCOLEDI' 3 OTTOBRE (UNITED)Catania GIOVEDI' 4 OTTOBRE (BARBARADISCO LAB)Poggio Berni (Rn) VENERDI' 5 OTTOBRE(NUOVO CENTRO SOCIALE)Pisa SABATO 6 OTTOBRE (BORDERLINE)

Nashville PussyUn mix di psychobilly alternative e metal.Sullo stesso palco anche Bob Wayne.Milano MERCOLEDI' 3 OTTOBRE (TUNNEL)

Jeff MillsUno dei maggiori esponenti dellaelettronica, padre della «real techno».Roma SABATO 6 OTTOBRE (CS BRANCALEONE)

Mr. Alan McGeeIl guru del britpop impegnato in un dj set.Bologna SABATO 6 OTTOBRE (COVO)

Atom in RomeLa suite di Atom Heart Mother dei PinkFloyd riletta da una band elettrica, uncoro di settanta voci e un ensemble difiati. Evento gratuito.

Roma MARTEDI’ 2 OTTOBRE (PIAZZA SANSILVESTRO)

Il Teatro degli OrroriIl tour di presentazione dell'ultimo lavorodella band veneta, Il mondo nuovo.Cesena SABATO 29 SETTEMBRE (ROCCAMALATESTIANA)

Paolo BenvegnùIl cantautore, ex Scisma e leader dellaband che prende il suo nome.Rovereto (Tn) SABATO 29 SETTEMBRE(AUDITORIUM FAUSTO MELOTTI)

Assalti FrontaliDal vivo la hip hop band romana.Roma SABATO 29 SETTEMBRE (PRIMAVALLE)Rovato (Bs) SABATO 6 OTTOBRE(DA DEFINIRE)

Time WarpSeconda edizione italiana per il festival dimusica elettronica e delle tecnologiemultimediali, nato in Germania quasi ventianni fa. La line up della serata propone unlungo elenco di artisti internazionali eanche nostrani, da Sven Vath a RichieHawtin, da Carl Cox a Chris Liebing, daEllen Alline, a Monika Kruse, da LeleSacchi a Giorgio Gigli, da Loco Dice aMatthias Tanzmann, e molti altri ancora.Rho (Mi) SABATO 29 SETTEMBRE (AREAFIERA)

Karel Music ExpoFestival delle culture resistenti nel

capoluogo sardo. La sesta edizione sidipana in tre giornate e in due location, ilTeatro Civico in Castello e la SalaSettecentesca Bibliotecaria Universitaria.In cartellone per il 4 ottobre prevede:Luca Gemma, The Heart & The Void,Guano Padano, BeeSide, Stefano Benni &Fausto Mesolella, MissinCat; per il 5:Sergio Gilles Lacavalla, Paola Donzella,Bologna Violenta, Epic Rain, Wareika, DeGrinpipol, Vincenzo Cirillo/ombradipeter,Adrian Sherwood; il 6: Steve Sylvester,Iori's Eyes, Maya Galattici, Mr. Fogg, Edda,Deko, Egle Sommacal, Stefano Pilla, PaulPiertto e Federico Oppi.Cagliari DA GIOVEDI' 4 A SABATO 6 OTTOBRE(VARIE SEDI)

Silenzio & AccordoCentocageSeconda giornata di omaggio a Cageorganizzato da «Angelica». Si pro-pone Smistamenti generali (Take the Cagetrain bis - Boletus Edulis) di Alvin Curran,eseguita da vrie bande e cori diretti daLuca Troiani e Giovanna Giovannini.Bologna SABATO 29 SETTEMBRE (PIAZZAMAGGIORE E BASILICA DI SAN PETRONIO)

Chieti in JazzAnteprima assoluta per la manifestazioneorganizzata dalla Sidma con The Warrior ofCapestrano, composizione scritta per larassegna cui si aggiungerà G. e il Questore,in prima esecuzione pubblica. Sono operadi Bruno Tommaso, che completerà ilprogramma del recital con brani di Monk

Swallow e Gillespie. Ad eseguirlo Il SidmaJazz Combo.Chieti SABATO 29 SETTEMBRE (AUDITORIUMCIANFARANI)

Orvieto con gustoAll’interno della manifestazioneenogastronomica si terrà il recital Pensierida mangiare di Guido Barlozzetti conEnzo Pietropaoli (contrabbasso), FabioCampoli (invenzioni gastronomiche) eMassimo Achilli (interventi visivi). Per«inserti musicali» è previsto il concertoMusica divina con Michele Ascolese eNatalio Mangalavite.Orvieto (Tr) DOMENICA 30 SETTEMBREE MARTEDI' 2 OTTOBRE (PALAZZO DEL CAPITANODEL POPOLO; RISTORANTE AL SAN FRANCESCO)

Notte dei museiNell’ambito dell’iniziativa capitolinanumerosi gli appuntamenti jazz. Il RoccoZifarelli Trio (con D. Sorrentino e N.Angeucci), Cinzia Tedesco in Like a BobDylan (con S. Sabatini, L. Pirozzi, G.Famulari, P. Iodice), Nerocaffè (L.Concolino, A. Di Pilla, F.S. Capo, M.Rosari), Trascopiraph (con A. Trapani, P.Scozzi, S. Piras, R. Heudron), l’OrchestraMuSa Jazz diretta da Silverio Cortesi,Sudoku Unplugged (G. Ancillotto eC. Palazzi), Orchestra Open LargeEnsemble diretta da Michele Iannaccone.Alla Casa del Jazz, dalle 20 fino a notteinoltrata, concerto-happening Romaracconta il Folkstudio dal 1961 al 1998.Roma SABATO 6 OTTOBRE (VARIE SEDI)

VADEMECUMDI UN MITO

A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI ■ SEGNALAZIONI: [email protected] ■ EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ

ULTRASUONATI DASTEFANO CRIPPALUCIANO DEL SETTEVIOLA DE SOTOGIANLUCA DIANAGUIDO FESTINESEBRIAN MORDENROBERTO PECIOLA

Complice il tour italiano di settembre, eccouscire dalle edizioni Giunti il libro suiRadiohead - La storia le canzoni diJames Doheny (pagine 240, euro 19,90), edè la migliore occasione per approfondire ilpercorso e i brani di uno dei gruppi piùoriginali nel panorama musicale odierno. Illibro è praticamente una sorta di work inprogress essendo l'autore, scrittore estudioso di musica sperimentale, cosìaffezionato alla sua creatura da riscrivereoltre che aggiungere interi pezzi alla primaedizione del 2005. Ed ecco questa edizioneodierna, che non può mancare nello scaffaledegli «aficionados», offrirci un vero eproprio viaggio nella storia della bandguidata da Thom Yorke. Il libro ripercorrele tappe musicali, oltre che di Yorke (voce,chitarra e piano), di Jonny Greenwood(chitarra e tastiere), Ed O'Brien (chitarra evoce), Colin Greenwood (basso), PhilSelway (batteria), dall'inizio underground diOn a Friday al grandissimo successo di OkComputer. Ma il volume, che in fondo colmauna lacuna su uno dei gruppi meno studiatidel rock, ha la vitalità e agilità delvademecum ripercorrendo tutta laproduzione, canzone per canzone, con unintreccio tra storia e racconti, dichiarazionie pensieri che ne rendono la letturapiacevole e accattivante. Con puntiglio dianalisi, ma senza dimenticare il mito (chenon guasta quando è nella dose giusta delpeperoncino sulla pietanza), si esceaffascinati da questo excursus in un mondofatto di ricchezza musicale e di retroterraculturale che abbraccia letteratura e cinema,avanguardie e misticismo. E non vannodimenticate, per la completezza dellaconoscenza, la cronologia delle canzoni, glioggetti discografici, memorabilia e tantissimefoto che rendono questo studio di Dohenyse non punto di arrivo certamente punto dipartenza indispensabile anche per lostudioso e gli approfondimenti futuri.

¶¶¶SEMPRE dalla stessa casa editrice, Giunti, acinquant'anni esatti dalla pubblicazione delprimo disco dei Beatles Love Me Do, esce ilvolume di Franco Zanetti Il libro biancodei Beatles - La storia e le storie ditutte le canzoni (pagine 422, euro 19,90),pieno anch'esso di informazioni nelle sue211 schede dedicate a ognuna delle canzonidel gruppo durante la loro attività dal 1962al 1969. L'autore, a cui si deve, tra l'altro, nel1988 la prima biografia italiana di PaulMcCartney, ci porta con mano, ma senzastrafare e annoiare con minuzie e particolaridavvero superflui che connotano studipretenziosi che sfiorano a volte il ridicolo,dentro il mondo dei Fab Four dandoci lerisposte che cerchiamo. Per esempio, aproposito di Magical Mystery Tour, il film cultdel gruppo, riuscito da poco in una versionedel tutto restaurata, così si esprimeva PaulMcCartney: «Costruimmo il filmsull'equivalente di un viaggio in acido. Anzi,nel primo abbozzo il pullman prendeva ilvolo e portava i maghi tra le nuvole».

Eroi locali e poco più alla ribalta. MaryBridget Davies giunge dall'Ohio:giovane e possente vocalist bianca chepresenta il suo primo disco Wanna FeelSomething. Dieci tracce di west-coastblues pubblicate dalla Mbd Group. Viattendete riff energici e interlocuzionicon una sessione di fiati? C'è tutto. Gettin'Stronger' e Trick Devil i brani degni di nota.Grezza, ma interessante. Dennis Jonesè un muscolare cantante e chitarristaafroamericano che proviene da LosAngeles. Il suo power trio quando noncade nel desueto e scontato apparemolto interessante. Il disco My KindaBlues edito dalla Blue Rock Records hadue gemme: Jesus or the Bottle e SameTrain. Chiusura con Holly Golightlyand The Brokeoffs. Tornano questidue burloni con Sunday Run Me Over. Sel'americana sound e il folk sono unapietra sicura in questo lavoro,l'effervescenza la danno blues sporchi edevocativi: They Say, Tank e Goddam HolyRoll sono di gran pregio. LaTransdreamer pubblica l'ennesimo albumper questi scavezzacollo da strada, e nonsbaglia. Disco estremamenteinteressante. (Gianluca Diana)

Ci ha messo una ventina di anni, passati traband e progetti vari, ma alla fine eccolo, ilprimo disco solista di Xavier Iriondo,chitarrista e sperimentatore già conAfterhours, Six Minute War Madness ealtri. Irrintzi (Wallace-Santeria/Audioglobe)è il titolo di un album che omaggia le sueorigini basche e la sua idea musicale, fatta disonorità fuori dall’ordinario, fatta di ricercae sperimentazione. Un disco difficile ma digrande intensità. Su tutt’altra linea, maugualmente intenso, si pone UmbertoMaria Giardini il quale, abbandonato lopseudonimo Moltheni, si riaffaccia con unnuovo lavoro, La dieta dell’imperatrice (LaTempesta-Woodworm/Venus), senza peròallontanarsi dallo stile che lo hacontraddistinto finora. Il difetto sta forseproprio in questa ripetitività stilistica, mafinché riesce a scrivere brani ispirati eprofondi come pochi in Italia, ben venga.Alla tradizione cantautorale meno«mainstream» italiana si rifà inveceAlessandro Fiori, che con Questo dolcemuseo (Urtovox/Audioglobe) pubblica ilsuo secondo lavoro solista dopo l’uscita daiMariposa. Testi poetici e diretti e brani dalsapore intimo seppur poco canonici nelgenere. Un plauso. (Roberto Peciola)

BLUES

I muscolidel chitarrista

INDIE ROCK

Toy, il passatempodegli anni Ottanta

INDIE ITALIA

L’«urlo» di Xabierterrorizza ancora

TRIBUTI

Meshell canta NinaLa poetica r’n’b

DIVINE FITSA THING CALLED DIVINE FITS (Anti/Self)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Mettete insieme Britt Danieldegli Spoon, Dan Boeckner dei WolfParade, autori di gran parte delmateriale, e un ottimo comprimariocome Sam Brown dei New BombTurks, e avrete questo progettino dielectropop che molto deve a gentecome Suicide o Wire, tanto per dire,davvero molto intrigante. E la vena indiedi cui si sono nutriti i tre fino a oggiregala quel qualcosa in più che fa sì che«la cosa chiamata Divine Fits» non siasolo un «remake» di cosa già sentite erisentite. (r.pe.)

FORGAS BAND PHENOMENAACTE V (Cuneiform/Ird)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Il batterista e compositorefrancese Patrick Forgas è uno dei nomid’oro della scena rock progressivemondiale. Col suo gruppo continua alustrare i gioielli di un jazz rock mobile,obliquo, in perenne trasformazione, consolisti di assoluta eccellenza, e unafreschezza compositiva di tagliozappiano (ma senza i tratti grotteschi esarcastici del baffuto Frank) che nonviene mai meno. Questo è il nuovo cd,arricchito da un dvd che documenta lafrizzante energia di Forgas quando è sulpalco con i suoi Phenomena. (g.fe.)

MARK KNOPFLERPRIVATEERING (Mercury)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ È il suo primo doppio cd in 35anni di carriera dopo averne pubblicati17 in veste di solista. Ma per MarkKnopfler non è incoscienza, bensìtestimonianza di un momento di grandecreatività artistica. Venti pezzi diluiti innovanta minuti di musica che non fannonulla per arruffianarsi i fan ma che simostrano solo per la loro bellezza. Ilfolk che incontra il blues, il country e ilrock è la sua ricetta dai tempi dei DireStraits, e con il tempo è diventatamalinconica toccando vertici, spesso,struggenti. (s.cr.)

IL MARCHESECARNIVORO (Autoproduzione/Venus)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Nati nel 2005, con l'idea didivertire e divertirsi riproponendo unamusica vicina agli anni Novanta,ritornano con un potente disco chebene si inserisce nella scena stoner rockitaliana. Mantenendo la stessa attitudinemusicale caratterizzante il primo album,arricchiscono quest'ultimo di sfumaturerendendo l'impasto sonoro più ricco earticolato; nove tracce che alternanopotenza, energia, ma anche atmosferepiù rilassate. Per chi ama visceralmenteil rock’n’roll. Il titolo del disco èsuggerito dall'opera di Francisco Goya,El buitre carnivoro. (v.d.s.)

MARILLIONSOUNDS THAT CAN’T BE MADE (Ear/ Edel)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ 17, come gli album della bandscozzese, e come i minuti di Gaza, branodi apertura che ci fa immergere subito inquesti «suoni che non possono esserfatti»... Sarà, ma certe sonorità invece cisembrano ampiamente battute, da StevenWilson in poi. Una suite che comunqueriporta in alto, in termini compositivi, iMarillion. Un disco di maniera, che i fanapprezzeranno, pieno com’è di melodierarefatte e momenti più «corposi», e, diaccenni al loro passato... (b.mo.)

MENICRAILROAD BLUES ANTHOLOGY (VoodooRhythm Records)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Uno storyteller statunitense inSvizzera. Maneggia indistintamentechitarra e violino, e una voce da perfettobusker. Uno smodato amore per il bluesacustico, che arricchisce con tematichefolk irish e americana sound. Dodici branidensi di contenuti che portano tutta lapolvere che uno street musician puòcalpestare nel suo peregrinare. Ennesimastoria da strada, che affascina con stralcid’affetti e reminiscenze alla Seeger. (g.di.)

’O ROMVACANZE ROMANES (Terre in Moto)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Già il titolo lascia trasparirecomplicità musicale. E infatti, laformazione degli ’O Rom si compone ditre artisti napoletani e quattro rumeni. Lasarabanda gitana e mediterranea vibra dichitarre, violini, contrabbasso, bouzuki,tamburi, percussioni, ripercorrendo lestrade di pezzi ormai classici anche da noi,Erdelezi e Tutti Frutti ad esempio. Perundici volte si è chiamati al ballo e albattere ritmico delle mani. Il ripetitivoBregovic ha di che impallidire. (l.d.s.)

Tre cd omaggio o tributo: i tributantisono giovani musicisti, gli omaggiati Lee,Simone, Evans, «classici» assai diversi fraloro per stile ed epoca, ma accostabiliper spirito di ricerca, con avvicinamentipiù o meno palesi al rock o al pop. Lasvedese Jessica Pilnäs in NormaDolores Egstrom (Act) dal vero nome diPeggy Lee ne intellettualizza il discorsoswing con un vocalismo rarefatto bensupportato dal trio quasi cameristicovibrafono-tromba- contrabbasso (piùarchi in qualche pezzo). La cantautriceafroamericana Meshell Ndegeocelloin Pour une ame souveraine (NaÏve/Self),fin dalla scelta del nome d’arte(all’anagrafe è Michelle Lynn Johnson),aggiorna la poetica della negritudine diNina Simone, dilatando le song verso iconfini dell’hip hop e del rhythm’n’bluesattuali. Infine il giovane statunitenseRyan Truesdell in Centennial(ArtistShare) con una big bandpoderosa (trentatre musicisti coinvolti)restituisce diverse geniali sfaccettaturedel Gil Evans arrangiatore, puntandosugli aspetti più moderni esperimentali, senza rinunce ai piaceridei suoni. (Guido Michelone)

Come moltissimi loro colleghi della scenaattuale, non stravolgeranno il mondo deisuoni. Ma certo il gusto melodico, leritmiche giuste, la produzione attenta di unmaestro come Jacknife Lee e una buonadose di sfrontatezza fanno sì che anche conquesta seconda prova intitolata Beacon(Kitsuné/Coop Music), i nordirlandesi TwoDoor Cinema Club regalino a chi ascoltapuro divertimento pop. Acclamati dallacritica d’Oltremanica e sulla stessa ondapop, ma con un’anima più dark epsichedelica, arrivano i Toy, all’esordio conl’omonimo album (Heavenly/Coop Music).L’ennesima prova di livello di una giovaneformazione inglese che ci rimanda ai tempidella British Invasion. E il singolo Motoringnegli anni Ottanta sarebbe diventato unclassico. Ben più esperti invece glistatunitensi Bloc Party, che tornano aquattro anni dalla loro ultima release. Ilnuovo disco, Four (French Kiss/CoopMusic) è, per chi scrive, ben al di sopra delleaspettative, e probabilmente il periodo diassenza dalle scene ha fatto bene alla bandche ha riorganizzato le idee e rilascia unalbum intenso e credibile, con più di unepisodio di gran classe, compresa la bonustrack Leaf Skeleton. (Roberto Peciola)

ON THE ROAD

(8) ALIAS29 SETTEMBRE 2012

BIRMANIA

Oltre il murodel suonoyoga e shiatsu

Una visita al centro Balance di Yangon,in Myanmar, e un incontro col suo fondatoree presidente, Alfredo D’Angelo. Una comunitàdi non udenti esperti praticanti di yoga e shiatsu

di LAURA CAMPOYANGON

●●●Zaw San Aung, un giovanebirmano di 27 anni con la verve daesperto attore, racconta ai suoicompagni e colleghi, ilviaggio-avventura appena compiutoinsieme all’amica Zar Li Tun, traBagan, Pyin Oo Lwin e Mandalay.Tutti applaudono, ridono,partecipano. Senza dire una parola.Perché questo gruppo di ventenninon udenti non ha bisogno dellinguaggio verbale né per «sentire»né per farsi ascoltare. È proprioquesta la prima, preziosa cosa che siimpara in mezzo a loro, membri efondatori del centro Balance «forShiatsu and natural Healing» pressol’Istituto Mary Chapman a Yangon.L’occasione per conoscere da vicinoquesta straordinaria comunità è unviaggio di studio e solidarietà,organizzato dalla onlus di RomaShare Human Life Project inMyanmar, con il duplice scopo dioffrire ai giovani del centro unasessione di aggiornamento di yoga eshiatsu con insegnanti e formatoriitaliani (che operano pressol’associazione Il Fiume) e farconoscere il progetto a sostenitori ecollaboratori della piccolaorganizzazione di volontari che dal2001 opera in questo complesso estrategico Paese del Sud-est asiatico.

Un posto e un’iniziativa specialiper diversi motivi: innanzituttoperché la Mary Chapman fondatada una lady inglese nel 1912 èl’unica scuola, non governativa, per350 ragazzi sordi in un Paese comeil Myanmar (60 milioni di persone,grande quanto la Francia) dovel’istruzione non è garantita dalloStato neppure agli studenti«normali», poi perché proprio inquesto istituto dal 2008 si sonorealizzate le condizioni per metterein piedi il primo e per ora unicocentro in tutta l’ex Birmania dipratica shiatsu, rimedi naturali edesercizi per la salute. «Balance ènato prima di tutto per la volontà el’interesse dimostrato da questiragazzi e dalla buona alchimia chesi è sviluppata tra noi e loro - spiegaAlfredo D’Angelo, fondatore epresidente di Share - i primistudenti ci sono stati indirizzatiproprio dalla Mary Chapman: lascuola ha lanciato la propostadicendo “chi vuole seguire i corsi dishiatsu?” noi siamo poi intervenuticon la formazione e nel frattempo i40 volontari iniziali si sono sfoltitifino ad arrivare ai 13-14 di oggi diun’età compresa dai 18 ai 27 anni -continua D’Angelo -.Poi c’è stata lapresenza e l’appoggio di duepersone fondamentali: Mai Nwe Ni,un’insegnante dell’istituto per lalingua dei segni, ma anche quasiuna sorella maggiore per loro conuna grande attenzione per tuttoquello che li riguarda, e di ThannOo, responsabile di Share inMyanmar, importante anello dicongiunzione tra noi e loro». Oggi iragazzi non frequentano più lascuola, hanno completato gli studi evivono quasi tutti con le lorofamiglie a Yangon, ma tornanoall’istituto per lavorare cometerapisti quattro giorni la settimana(dalle 10 alle 16). Qui in un ampio esilenzioso ambiente con pavimentoin parquet e grandi finestreaffacciate nel verde, offrono alpubblico i loro trattamenti: congrande successo vista l’affluenza e lerichieste, circa 350 al mese. Senzaalcuna pubblicità e grazie al solopassaparola dei pazienti piùsoddisfatti. Il costo di una seduta dishiatsu, è attualmente di 3.000 kyats(più o meno 3 euro).

Metà dell'incasso va al terapista,un quarto all'Istituto che ospitaBalance e un quarto a un fondodell'associazione, sia per spesecomuni che per coprire futuriinvestimenti in vista di sviluppidella loro comune attività. Non sitratta certo di grandi cifre, maquesta piccola retribuzione hapermesso comunque ai giovani non

udenti la conquista diun’autonomia sociale ed economicaimportantissima in una società chediscrimina ancora fortemente lepersone con disabilità, e insieme hadato loro la possibilità di unconfronto con il mondo e la cultura

degli udenti.Vederli lavorare è un’emozione e

una gioia: si muovono conscioltezza e sicurezza assumendoanche posizioni difficili eutilizzando per esercitare la giustapressione non solo le mani ma ipiedi, i gomiti, i polsi, sorridonosempre e comunicano grandeserenità.

Non è soltanto tecnica quella cheli rende così abili e così richiesti, maanche le loro capacità diconcentrazione, «ascolto», empatia,fondamentali per entrare incontatto con il «ricevente», e lafacilità ad un approccio più genuinoalle relazioni, senza sovrastrutture esenza maschere. «Questi giovanisono concentrati su quello che loshiatsu può dare loro comeprospettiva di vita, perché sannoperfettamente che questa disciplinaè uno strumento per far arrivare aglialtri la loro cultura, la cultura dellasordità che nel progetto di Balance èmolto forte - aggiunge D’Angelo -l’idea che c’è dietro è chiara: offrirequalcosa agli altri, alla società e nonchiedere qualcosa». Per renderseneconto non c’è modo migliore dipassare del tempo in questacomunità di giovani dovel’accoglienza, l’attenzione perl’altro, ma anche la solidarietà e lacondivisione sono valoriinestimabili. C’è tanto più delleparole nel loro «silenzio», tantaricchezza nella loro diversità, nel

modo di stare insieme e scherzare,nel «fare gruppo» (forza e limitedella loro condizione di sordità)dove c’è sempre posto per qualcunoche arriva. E poi chi non è mai statocon i sordi non può capire quanto igesti, lo sguardo, l’espressività delvolto e l’atteggiamento del corpopossano essere tanto precisi epotenti nel comunicare e nelcapirsi. Abituati a mettere poco indubbio l’efficacia del linguaggioverbale noi udenti restiamospiazzati di fronte alla possibilità diascoltare e essere ascoltati senzausare né alzare la voce, scoprendoallo stesso tempo l’intimità chenasce dal dover guardare negli occhiil proprio interlocutore. Merito dellalingua dei segni che porta con sénon solo la scoperta della sintesi edell’essenzialità, ma permette anchel’incontro con una vera e propriacultura altra che ha codici e regoleproprie. «La lingua dei segnisviluppata in Myanmar, inparticolare a Yangon, è piuttostogiovane e non molto progredita, siaper numero di segni (non più di unmigliaio) sia per grammatica esintassi - spiega Alfredo d’Angelo -Ciò nonostante, praticare questotipo di comunicazione non verbale,indispensabile per i sordi diventaun'esperienza straordinaria per inormo-udenti». Detto fatto. Sicomincia con i saluti e i colori, siprosegue con i giorni dellasettimana, i mesi e le nazioni del

mondo, riuscendo poco alla volta adimparare da zero questa specialelingua straniera che ci permette dientrare meglio in contatto, senzabisogno di interpreti, con gli stessiragazzi che ci fanno lezione,conoscendoli meglio. Zaw San Aunge Zar Li Tun, 27 e 25 anni, sono i piùcapaci e influenti all’interno diBalance. Zaw San, originario dellaregione del Kachin, nel nord delPaese, ha cinque fratelli ed è l’unicosordo della famiglia. Comunicarecon i suoi familiari come con il restodel mondo non è sempre facileperchè gli altri non conoscono illinguaggio dei segni e spessodevono ricorrere alla scrittura. Oggiè il leader indiscusso del gruppo èanche uno dei migliori terapisti,intuitivo e potente: oltre a eseguire itrattamenti ai «pazienti» del centro,insegna ai ragazzi più piccoli.«Quando ho cominciato a studiarequesta disciplina qui alla MaryChapman non ne avevo capitosubito l’importanza, solo dopo horealizzato che era una conoscenzaper la vita - spiega Zaw San - mentreora fare shiatsu per me significa nonsolo aiutare qualcuno a star meglioma anche condividere questaesperienza e questa conoscenza congli altri. E voglio proseguire suquesta strada». Un’opinionecondivisa dall’amica e collega Zar LiTun, originaria del Myanmarcentrale: «Lo shiatsu è diverso daogni altro tipo di terapia checonoscevamo come il massaggioThai o il quello del Myanmar, masoprattutto ci ha permesso di capireche questa pratica ti mette inrelazione con gli altri usando solo lemani, senza bisogno di nient’altro»aggiunge. «All’inizio molti di noinon pensavano di poter lavoraredavvero con gli udenti perchéavevamo paura di non riuscire afarci capire. E all’inizio non è stato

facile. Ma adesso il nostro rapportocon gli udenti è migliorato ancheperché loro si sentono trattati dapersone esperte e si fidano di noi»,conclude la giovane donna,sorridendo.

Quest’anno la formazione deiragazzi è stata arricchita daun’importante novità: l’approcciocon il metodo Tomatis, grazie allapartecipazione di Fabio Romani,medico pediatra, neuropsichiatrainfantile, che lavora presso il Centrodell’Ascolto L’Aurora (tel.0522985230) a Scandiano inprovincia di Reggio Emilia, ed è unodei principali esperti del Tomatis inItalia. «La collaborazione con lui ciha permesso di iniziare un percorsodi studio e pratica di questo metodoper sostenere lo sviluppopsico-fisico dei ragazzi e recuperare,laddove possibile, ogni loroconcreta possibilità uditiva, spiegaAlfredo D’Angelo». Alfred Tomatisera un otorinolaringoiatra franceseche ha approfondito lo studiodell’Audiologia e della Fonologia,dimostrando la stretta relazione trala capacità di ascolto e il vissutopsicoaffettivo delle persone, apartire dalla scoperta che durante lagravidanza il feto può sentire la vocematerna, e altri suoni, attraverso lavibrazione della colonna vertebraledella madre. E che quindi, ricreandoartificialmente una situazione diascolto intrauterino e stimolando lavibrazione ossea fosse possibilerivitalizzare i recettori dell’orecchio.

Così negli anni Sessanta delNovecento Tomatis ha messo apunto un nuovo approcciopedagogico chiamatoAudio-Psico-Fonologia, che lavorasulla comunicazione e sulla capacitàrelazionale degli individui mediantela rieducazione all’ascolto. Ilpercorso sonoro, con lametodologia del medico francese,

I ragazzi del centro Balance mentreeseguono le terapie in diversi momenti dellavita quotidiana.Pag 8 e pag 9: ritratto di una venditrice difiori (foto di Michele de Vito)

(9)ALIAS29 SETTEMBRE 2012

I militari di Myanmar tentanodi ripulire la loro immagine:il Paese si apre al turismoe ai capitali multinazionali

MYANMAR ■ VIAGGIO NEL PAESE D’ORO

La globalizzazioneche avanzatra giungle e pagode

da anni viene utilizzato comesupporto per ritrovare una migliorecomunicazione con se stessi e glialtri e migliorare la propriacreatività. Ma con questo metodo,adatto soprattutto a trattareproblemi di tipo psicologico eneurologico, Fabio Romani haaiutato anche molti bambini sordi.«Grazie all’amicizia e alla stima cheho con Share e il suo presidente, hopensato che valeva la pena di fareun tentativo con i ragazzi di Yangon,anche perché ci sono molterelazioni tra il lavoro di Tomatis, chesi basa sulle vibrazioni ossee e loshiatsu che loro praticano», spiegalo psichiatra. «Questi ragazzi nonpotranno più parlare perchél’apprendimento del linguaggioavviene nei primi anni di vita e lorosono ormai degli adulti. Il mioobiettivo è che possano almenosentire: la musica, il suono di unalingua, o della natura, il proprionome e se qualcuno li chiama dadietro, perché sentire è una libertà euna risorsa in più», continua lopsichiatra. «In base alla miaesperienza so che molte sordità nonsono permanenti e possonocambiare nel tempo: per esempioinfezioni come le otiti possonoguarire e ci sono sorditàtemporanee provocate dacondizioni climatiche comel’eccessiva umidità, o un fortissimorumore. Conseguenze dunque di undisturbo organico pregresso, checrea una memoria persistente nelsistema nervoso e lo spinge a‘difendersi’ dal dolore o dalla paurachiudendo i propri canali».

Per definire un programmad’ascolto personalizzato ci sisottopone ad un test di ascolto, esolo dopo è possibile definire cicli diascolto (prevalentemente di brani diMozart e Canti Gregoriani) effettuaticon cuffie particolari dotate di

vibratore osseo e collegate conl’Orecchio Elettronico, unapparecchio messo a punto daTomatis e in questo caso adattatoda Romani in modo da renderlo «sumisura» per le necessità dei ragazzidi Balance e di facile utilizzo. Tuttala strumentazione induce unaginnastica acustica in grado diriattivare due parti dell’orecchio: lacoclea, responsabile delle funzioniuditive e dell’analisi dei suoni(specialmente quelli acuti moltolegati alla vita di relazione e aisentimenti) e il vestibolo checontrolla l’attività muscolare,l’equilibrio e lo schema corporeoossia la percezione-comunicazioneche abbiamo con il nostro corpo.«Grazie all’orecchio elettronico diTomatis è possibile ricostruire findalla vita prenatale tutte le varie fasidello sviluppo dell’orecchio e ditutto quello che ad esso è collegato.L’orecchio è così importante perchéfa arrivare al sistema nervosoinformazioni e stimoli che vengonotrasformati in significati ed energiaindispensabile al nostro organismoper azioni, movimenti e funzioninecessarie alla vita. Più della metàdi questa energia arriva dall’udito esolo il resto dagli altri sensi: il 25 percento dalla vista, il 15 dal tatto e il 5dall’olfatto e dal gusto», spiegaancora lo psichiatra. Per saperequali saranno i risultati definitivibisognerà aspettare: l’esperimento aBalance continuerà, almeno finoall’anno prossimo anche senza lapresenza dello psichiatra che haregalato al centro alcuni dei suoiapparecchi e ha spiegato ai ragazzicome organizzare le sedute esottoporsi ai diversi cicli ditrattamento. «Già ora posso dire chenon ho mai trovato un gruppo dipersone che, insieme, sappianoascoltare così tanto pur nonudendo, come i giovani di questocentro a Yangon: una capacità chehanno sviluppato per la necessità diuna comunicazione che nonriescono a trovare nel mondo degliudenti. E questo proposito honotato spesso che i sordi sono“scartati” nella società e non solo inMyanmar. Il motivo? Probabilmenteper noi ha molta più importanza illinguaggio dell’ascolto, mentredovrebbe essere il contrario. Invecebasta accendere una tv per rendersiconto che dappertutto ci sono unaquantità di talk-show e programmiinutili dove nessuno ascolta e tuttiparlano. E siccome il 99% dei mutilo è solo perché non sentono, i sordisono esclusi, non hanno scampo»conclude Romani. «Invece io pensoche dai ragazzi non udenti diBalance dovremmo tutti imparareoltre a questa immensa capacità diascolto anche un’altra cosa: lospirito di gruppo che spinge atrovare il senso della propria vita nelrapporto e nel confronto con gli altrie nel benessere collettivo: tutti peruno e uno per tutti. E prima o poi,dovremo anche noi, nella nostrasocietà, tornare verso un modello di

di L.C.

●●●La foto in bianco e nero un po’accartocciata del generale Aung San,padre della patria, è appesa conpuntine dorate alla bacheca di unristorante all’aperto nella zonaarcheologica di Bagan; a fianco c’èquella (a colori) della figlia Aung SanSuu Kyi mentre stringe la mano alsegretario Usa Hillary Clinton,durante la storica visita in Myanmarnel dicembre 2011. Fatti impensabilifino a poco tempo fa nell’ex Birmaniadella giunta militare, proprio comel’inaspettata abolizione della censurasui mezzi d’informazione in vigoreufficialmente dal 20 agosto 2012, o lalegalizzazione delle «pacifichemanifestazioni di piazza» e il vialibera alle organizzazioni sindacali,fino ad ora proibite.

Sono i segnali del rapidissimocambiamento di rotta del Paeseasiatico cominciato con la liberazionedi Suu Kyi nel novembre 2010 eproseguito con l’inizio dell’era delgenerale Thein Sein, il nuovopresidente, promotore dellaliberazione di centinaia di detenutipolitici, e dell’inizio del dialogo con laleader democratica il cui partito, LaLega per la democrazia, da annifuorilegge ha trionfato alle elezionisuppletive del Parlamento nell’aprilescorso.

E se è vero che questa transizionealla democrazia guidata dai militariha tutta l’aria di una perfettaoperazione di facciata per «ripulire» laloro immagine, garantirsi l’impunità eottenere la completa rimozione dellesanzioni economiche occidentali, èaltrettanto vero che viaggiandoattraverso il Paese è facile rendersiconto che molte cose stanno davveroprendendo un’altra direzione rispettoal passato. Il nuovo clima si assaggiagià appena arrivati, nello spazioso edisadorno aeroporto internazionale diMingaladon (Yangon) stile exsovietico anni ‘60, fin tropposilenzioso e ordinato, dove però lapresenza dei militari è molto menoincombente rispetto a qualche tempofa e i controlli per i viaggiatoristranieri in arrivo molto più veloci.Meno burocrazia, meno controlli euna maggiore tolleranza alla libertà diespressione caratterizzano anche lavita quotidiana nella città principaledel Paese, Yangon, dove nei bar e neiluoghi di ritrovo si comincia a parlaredella «rivoluzione» in atto, iconducenti dei taxi possono esporrele foto del padre della patria senzafinire in galera e quasi tutti i sitiinternet sono accessibili. In cittàcircolano più auto nuove e beni «dilusso», come cellulari o macchinefotografiche, sono già accessibili allanuova classe media che sta nascendo.D’altro canto è facile accorgersi chetutto costa di più: sono quasi triplicatirispetto all’anno scorso i prezzi dialberghi, ristoranti e trasporti. Uncappuccino e brioche al bardell’aeroporto costano quanto inItalia, così come una copia delMyanmar Times, uno dei pochiquotidiani in vendita in linguainglese. Impennati i prezzi di acquistodelle case, e sostenuti quelli degliaffitti mentre continuano adaumentare anche la benzina (già uneuro al litro) e i generi alimentari dibase.

L’unica cosa invariata è lostipendio dei birmani, sempre piùinsufficiente per affrontare le spesedella vita quotidiana: un insegnanteguadagna il corrispettivo di circa 60euro al mese, mentre per lavori piùumili lo stipendio si aggira sui 20-30euro. Ed è chiaro che il cambiamentoche sta arrivando sulla pelle di tutti,non prevede certo per tutti, maggiorbenessere. Nessuno del resto sa cosapotrebbe accadere dopo le prossimeelezioni politiche del 2105 e anche trachi auspica il trionfo di Suu Kyi e delsuo partito non c’è la certezza che laLady abbia le competenze necessarieper guidare il Paese in tempi«normali» né per risolvere in un colposolo i tanti, complessi problemi delPaese. A partire dalla questioneesplosiva delle minoranze etniche, cuiè strettamente legato il durissimoconfitto armato tra le truppegovernative del Tatmadaw e le miliziedei diversi eserciti indipendentisti, inlotta anche per il controllo delmercato dell’oppio (Myanmar ne è ilsecondo produttore mondiale dopol’Afghanistan). E poi la miseria,l’ignoranza la corruzione e ilriciclaggio di denaro sporco su cui lostato militare ha prosperato permezzo secolo e ancora il traffico diesseri umani, il lavoro forzato, lasituazione nei campi-profughi lungoil confine con la Thailandia.

L’altra incognita riguarda leconseguenze dell’apertura ai mercatiinternazionali, agli investimenti dellegrandi corporation mondiali per lequali l’ex Birmania rappresentaun’eccezionale opportunità dibusiness a condizioni facilitate, contutte le ricadute anche negative chequesto comporta. Il turismo (con unincremento del 30% tra 2009 e 2011)dopo anni di chiusura e boicottaggio,è sicuramente una delle attività increscita nel nuovo Myanmar pur semolte aree del Nord sono ancora

off-limits agli stranieri. Anche in Italiail «Paese d’oro» è da qualche anno ladestinazione emergente del Sud-estAsiatico, proposta con vari «tagli» dadiversi tour operator. Tra le mete piùscelte e già collaudate non poteva cheesserci Bagan, spettacolare sitoarcheologico Unesco a un’ora di voloda Yangon, nel Myanmar centrale.Tanto che davanti ai templi piùfamosi come l’Ananda e ilThatbynnyu e all’ingresso dellemaestose pagode Shwezigon eDhammayazika molte venditrici distoffe e abiti tradizionali propongonole loro merci usando le poche maefficaci parole che hanno giàimparato dai nostri connazionali:«signora, comprare?», «poco prezzo»,«buoni affari», mentre alcuni ragazziancor più organizzati offrono laversione in italiano del celebre Giorniin Birmania di George Orwell,nell’edizione Oscar Mondadori,difficile da trovare invece nelle nostrelibrerie. Ma anche qui bastaallontanarsi appena un po’ daivenditori di souvenir e daimonumenti più famosi per vederaffiorare un altro aspetto delMyanmar: quello rurale e arcaico deicontadini che a torso nudo e scalzi,coperti da un semplice longyi, arano ilterreno con buoi e aratro come nellascena di un mondo fa. Oppure partireper un giro in barca di qualche ora dalmolo di Old Bagan e scivolare lungole rive del maestoso Ayeyarwady(2170 km.) tra i più leggendari fiumidell’Asia, indispensabile arteriacommerciale al tempo degli inglesiancor oggi essenziale per il trasportodi uomini e merci. Un via vai dichiatte, rimorchiatori, barche e canoea motore su cui viaggiano interefamiglie con donne, bambini, ceste difrutta e verdura, pentole di cibo eanimali domestici ma ancheimbarcazioni più piccole, a remi, cheavanzano sotto costa gettando piccole

reti. La gente che vive sul fiume hacostruito semplici capanne in bambùappoggiate su palafitte a pelo d’acquae le donne lavano nel fiume di tutto: ilbucato, le stoviglie, i figli. I bambinipiù piccoli, accanto alle madri chesciacquano i lunghi capelli neri nelgrande fiume si divertono tra giochi espruzzi, mentre i ragazzi già grandi,arrampicati sugli alberi fanno a garaper tuffarsi dai rami più alti come daun trampolino.

Un altro buon percorso perconoscere stili di vita e tradizioniautentiche è anche quello che portada Mandalay verso Pyin Oo Lwin, exstazione di villeggiatura del periodocoloniale: 67 km. e quasi due ore dipulmino che sono un eccezionaleosservatorio per assistere a tantimomenti di vita quotidiana sullosfondo di un paesaggio rurale d’altritempi.

Per strada poche auto, ma tantemoto e carri che trasportano di tutto,dalle uova al legname, dal fieno allepatate, pulmini collettivi stipati dipasseggeri e un gran numero di canirandagi spesso mutilati che vagano dauna parte all’altra della carreggiata.Più in là, lungo i bordi, uomini eanimali (buoi e bufali) procedonofianco a fianco con la stessa lentaandatura e donne di tutte le etàsedute a terra preparano e vendonofrutta sbucciata e cibi cotti su bracieriimprovvisati. I villaggi sono unaspecie di centro commerciale a cieloaperto: empori di abbigliamento eofficine di ricambi d’auto, chioschi dipannocchie e arachidi al vapore, vivaidi piante e fiori, rivendite di bacinellein plastica e ciabattine infradito. Oltrele cime di palme e banani, acacie etamarindi, spuntano capanne dibambù con tetti in paglia, plasticacolorata o semplici teli di diversicolori, ma anche vecchi edifici inmuratura, trascurati e cadenti chesembrano abbandonati da secolioppure altri più nuovi ma incompleticon pezzi di balconi a metà e scaleche si perdono nel vuoto.

Da Pyin Oo Lwin una strada interra battuta in mezzo alla forestaconduce al villaggio di Shwe MyntThar, dove la comunità di contadiniche lo ha fondato 50 anni fa oggi devefare i conti non solo con leconseguenze dello sviluppo e dellamodernizzazione ma anche con unfenomeno allarmante, di dimensionimondiali, come il «land grabbing», unvero e proprio «scippo» di terrecoltivabili in tutto il sud del mondo,già definito da Onu e Fao, senza tantigiri di parole, come la più pericolosaforma di sfruttamento neocoloniale.Anche qui i terreni, prima benecollettivo della comunità e senzavalore commerciale hannoimprovvisamente subito unospropositato aumento dei prezzi e,inspiegabilmente, sono diventatirichiestissimi nel giro di poco tempo.I compratori sono ricchi privati diYangon o Mandalay probabili«prestanome» di società e impreseinternazionali che investendo especulando su questa risorsa per oraa bassi costi, si assicurano il controllodei prezzi di molti beni alimentari,ma anche la produzione di preziosibiocombustibili, privando i paesi piùpoveri in Asia come in Africa, dellaloro sovranità alimentare e delpatrimonio di biodiversità.

Non solo: qui a Shwe Mynt Thar sicomincia a pagare a caro prezzo ilmaggior benessere materiale ottenutoche, in qualche modo, sta mettendo arischio valori importanti come lasolidarietà e l’aiuto reciproco.

«Se ci vendiamo tutte le terre nonavremo nulla da lasciare ai nostri figliche saranno costretti a smettere difare i contadini e cercare un lavoro incittà», dice U Nyolay, una specie disindaco del villaggio. «Ora le nostrecase sono più belle, in muratura, eabbiamo comprato moto nuove perspostarci, ma fino a qualche anno fase avevo bisogno di fare un lavorotutti erano disposti ad aiutarmi gratis,spontaneamente. Adesso invecechiunque chiede soldi per farequalunque cosa. E non so cosa siameglio».

moderati arabi < 191 192 193 >

Dai sahrawi in carcere a Dakhla: «Ci rivolgiamo alla Minurso, al delegato spe-ciale dell’Onu contro la tortura e agli uomini liberi di ogni paese: denunciatele violenze e le pene che ci vengono inflitte. Chiedete la nostra liberazione».

ATTACK FESTIVAL●●●L’associazione culturale Attack organizza a Foligno (Pg) «Attack Festival»,contemporary nihilism reflection, dal 28 al 30 settembre, festival che si rivolge allaurban art e all'arte video. Gli organizzatori esortano ad osservare in silenzio ecercare di scorgere brandelli di verità nascosti sui grandi muri di vecchie fabbriche efatiscenti strutture Gli artisti: Ericailcane, Hitnes, Ozmo, Lucamaleonte, Sten&Lex,Moneyless, 108, Martina Merlini/Tellas, Achille, Ever, Nanook, Roman Minin, GraffitiBarbecue, Andrea Abbatangelo, Mario Consiglio, David Pompili Kindergarten,Stefano Canto, Alberto di Fabio, Danilo Bucchi, Alice Pasquini, Hogre, CristianoPetrucci, Diamond TTS, JB Rock, Bol 23, Airone, David Eron Salvadei, Ale Senso.

FILMCRITICA 627●●●Speciale dedicato a Raul Ruiz nell’ultimo numero di «Filmcritica» (n. 627) conarticoli di Daniela Turco e Bruno Roberti che organizzarono nel 2007 la rassegnadei suoi film per il Festival di Roma e il ricordo di François Margolin produttore dimolti suoi film. Si pubblicano le note di regia di La noche de Enfrente girato tra marzoe aprile 2011 a Santiago del Cile e presentato alla Quinzaine di Cannes. Nel numeroanche la prima parte di un saggio di Francesco Salina sull’Automa («Muovendo daHugo Cabret di Scorsese»), l’affascinante storia che inizia con Cartesio e Meliès, lebambole, Pinocchio e i congegni meccanici di Fernand Léger. Il numero si apre conalcune note di teoria, «Il luogo ’comune’» di Jacques Rancière.

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(10) ALIAS29 SETTEMBRE 2012

INTERVISTA ■ UGO PAPI

La nuova Birmaniaguarda al futuroe aspettaAung San Suu Kyi

Incontro con UgoPapi, giornalistae scrittore espertodi Asia, che spiegai retroscenadella svoltain sensodemocraticoche sta cambiandola Birmaniadopo 50 annidi dittatura

IN LIBRERIA E IN RETE

BIRMANIA

Sul Myanmar in Italia si sa ancorapoco e i recenti cambiamentifanno inevitabilmente sembrare«vecchia» qualsiasi guida cartaceascritta anche solo un anno fa. Inogni modo per chi vuol prepararsial viaggio, un giro in libreria e sulWeb può dare spunti utili. Initaliano c’è l’ultima Lonely PlanetMyanmar (Edt 2011, euro 23,50),precisa e approfondita comesempre ma un po’ «fredda». Inalternativa la più «vissuta» guida diClaudio Bussolino e Simone Sturla(Myanmar – In Birmania alla scoperta deitesori d’Oriente, Polaris 2010, euro29) con indicazioni pratiche,itinerari e indirizzi, ma ancheapprofondimenti culturali e ottimefoto. Tra i libri di letteratura diviaggio due classici: Giorni in Birmaniadi George Orwell pubblicato per laprima volta nel 1934 (OscarMondadori, 2006, euro 9,50) e ilpiù recente Palazzo degli Specchi diAmitav Gosh (Neri Pozza, 2007,euro 14). Tra i titoli piùconvincenti degli ultimi anni LaSposa Birmana (O barra O, 2009,euro 16) di Ma Ma LayJournal-Gyaw, apprezzatascrittrice, giornalista e attivistapolitica che si è a lungo battuta perl’indipendenza del suo Paese. Ilromanzo racconta la storia di unagiovane birmana che negli anni ’40del ’900 sposa l'agente diun'azienda inglese devoto allamentalità coloniale occidentale. Ilragazzo che parlava col vento (Piemme2009, euro 11) è la vera storiadello stesso autore Pascal KhooThwe dissidente fuggito a Londrache racconta la sua vicenda diribellione e passione.Ambientazione «esotica» di fine’800 per L’Accordatore di piano diDaniel Mason (Ponte alle Grazie2010, euro 18) che racconta leperipezie di un giovanemusicologo arrivato in Birmaniaper accordare un preziosostrumento. Ampia scelta per chivuol dedicarsi ai testi di e su SanSuu Kyi: l’ultimo ritratto-biografiaè il già citato Lady Burma (EditoriRiuniti, 2012, euro 16) di Ugo Papi,mentre tra gli scritti della leaderdemocratica spiccano La miaBirmania (Tea, Milano 2010, euro11) e Liberi dalla paura (Sperling &Kupfer, 2005, euro 10,50).

In Rete: www.irrawaddy.org(politica e cultura), Mizzima(www.mizzima.com) notizie,informazioni da giornalisti in esilio,www.burmavoices.com (storie inprima persona in Birmania)www.networkmyanmar.or.Sempre aggiornatowww.sudestasiatico.com mentreper farsi un’idea più chiara dell’exBirmania ai giorni nostri c’èwww.pescali.blogspot.it, il sito diPiergiorgio Pescali, giornalista efotografo tra i più esperticonoscitori di Asia e Myanmar inparticolare, autore del recenteIndocina (I Libri di Emil, 2011, euro18) su Vietnam, Cambogia e Laos.

(l.c.)

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vita che abbiamo perso, ma che èl’unico davvero umano e che ci puòfar sopravvivere. Quello dellacondivisione e dello scambioreciproco per il bene comune».

Incontro con Alfredo D’AngeloPromuovere la condivisione delle

risorse del Pianeta, valorizzarecapacità e conoscenze, battersi per lagiustizia e la pace in nome del BeneComune. Sono questi i principi aiquali si ispira Share – Human LifeProject (www.sharehlp.org) Onlus,laica e indipendente, nata nel 2001 aRoma che attraverso i suoi progetti disostegno, vuole diffondere una piùampia consapevolezza tra le personee dare vita a una nuova visione delmondo. Oggi l’associazione è attiva in4 difficili Paesi: Marocco, Cambogia,Myanmar e Rwanda con progetti(dall’istruzione alla salute) e iniziativemirate a sviluppare le capacità umaneattraverso attività che possanopromuovere l’autonomia, le capacitàdi gestione e gli strumenti di azionecomune. Per saperne di più abbiamoincontrato il presidente AlfredoD’Angelo, a Yangon in occasione delviaggio-studio organizzato tra luglio eagosto 2012.

●Perché Share ha deciso di lavorarecon i ragazzi sordi del Myanmar?Share ha cominciato a lavorare inquesto Paese nel 2001, incontrotendenza rispetto all’opinionecomune dell’epoca secondo cuisarebbe stato meglio non andare inBirmania per isolare ancora di più ilsuo regime. Noi, invece, abbiamofocalizzato i nostri interessi suibisogni della gente, mantenendocilontani il più possibile da circuitiistituzionali e governativi. Il fatto diessere una piccola associazioneindipendente ci ha facilitato le cose eci ha reso possibile lavoraredirettamente con le persone. Loshiatsu è da sempre una delle nostrecompetenze e abbiamo deciso dicondividerla in questo progetto chenon è l’unico che abbiamo portatoavanti nel Paese. Altrettanto per casosiamo arrivati alla Mary Chapman,una scuola non governativa che avevovisitato anni fa: ho capito che cipoteva essere una collaborazione e hodeciso di provare. E qui, lavorandocon i non udenti ci si è aperto unmondo e l’intuizione iniziale si ètradotta in un incontro straordinariocon questi ragazzi.

●Per i ragazzi di Balance cosarappresenta lo shiatsu?Prima di tutto il contatto con unmondo non solo di udenti ma anchedi persone (noi) che venivano daun’altra cultura, dal mondooccidentale e quindi una scoperta daquesto punto di vista. Più nellospecifico per alcuni di loro starappresentando quello che lo shiatsuè: una strada di scoperta di sé e peraltri ancora un modo diemancipazione. Perché da ragazzicon handicap, sostenuti da donatori,spesso di peso per i loro genitori e avolte emarginati dalle loro stessefamiglie sono diventati terapisti, a cuisi rivolgono più di 300 persone ognimese per farsi curare. Questo significaun’autonomia finanziaria, un lavorocon cui sostenersi, senza aver dovutorinunciare a quella che è la loro forza:progredire insieme in comunità.Finchè possono stare in gruppohanno una socialità che altrimentinon avrebbero e allo stesso tempo lapossibilità di confrontarsi con gli altri.Del resto è proprio questa la stradadell’integrazione: non mettere il nonudente nel mondo degli udenti conl’apparecchio all’orecchio, maintegrare la cultura sorda con lacultura dei normodotati.

●In un’altra città del Myanmar,Mandalay, Share ha avviato unprogetto analogo..A Mandalay c’è tutta un’altrasituazione: siamo agli inizi, in unascuola (School for the Deaf )che ègovernativa (sostenuta dal Ministero

del Welfare più alcune donazioni diassociazioni e Paesi stranieri) e chedue anni fa, visti i risultati ottenuti quia Yangon ci chiesto di portare anche lìil progetto dello shiatsu. Ma almomento non ci sono le condizioniper sviluppare un centro comeBalance. Soprattutto perché i ragazzidi Mandalay non hanno la possibilitàdi dare vita a un gruppo che diventigradualmente autonomo e quindi laloro fantasia e volontà faticano atrovare scintille per accendersi. Perquesto credo sia un progetto daripensare insieme al nostro referentein Myanmar Than Oo e agli stessigiovani di Balance che si sonooccupati della loro formazione.

●Quali saranno le prospettive e ilfuturo di Balance?Proprio in questi giorni abbiamoindividuato come prossimo obiettivol’apertura di un centro culturaleBalance qui a Yangon, probabilmentegià dal 2013. Un luogo indipendente eautosufficiente, gestito dagli stessiragazzi sordi riuniti in una specie dicooperativa, dove saranno praticati loshiatsu e lo yoga, ma ci potrà esserspazio anche per l’arte, l’artigianato,la cucina, e anche un approccio allacultura della comunicazione nonverbale dei non udenti. Del resto,quello di un Centro culturale, capacedi condividere e salvaguardare saperipreziosi, sviluppandoli in unaprospettiva solidale, è proprio ilmodello che Share sta promuovendoanche in altri Paesi dove operiamo,ovviamente nel rispetto della storia edelle caratteristiche locali. Èimprontato alla stessa visione, peresempio, il Centro Tubasange a Kigali,in Rwanda e a queste stesse finalitàaspira il Centro culturale nomade diprossima apertura a Boujhab, nelSahara marocchino. E in questadirezione si muove e produce culturaanche il Centro Il Fiume(www.centroilfiume.it) a Roma, cheda più di 25 anni lavora a fianco dellanostra associazione.

●Lei viaggia in questo paese daoltre 10 anni. Che idea si è fatto delMyanmar?La sorpresa quando sono arrivato(conoscevo già Cambogia, Thailandia)è stato quello di trovare un Paese chedal punto di vista di un progressistasembrava povero e arretrato e daquello di un antropologo o di unetnologo un laboratorio moltointeressante, perché qui si trovanoancora tradizioni che nel restodell’Indocina sono scomparse. Equindi all’inizio mi ha colpito proprioper questa sua ancora fortissimaautenticità: mi sembrava di stare inun film di un secolo fa. Ho fatto faticaa capirci qualcosa perché valutavo ilMyanmar con i nostri parametripolitici, occidentali: per cui i cattividovevano essere i generali e i buoni laguerriglia indipendentista. In realtàmi sono dovuto ricredere: non sullaferocia dei primi, ma sulla «bontà» deisecondi perchè le spinteautonomistiche più che in favoredella giustizia sociale mi sonosembrate motivate dalla volontà dicontrollo delle immense ricchezze delMyanmar, foreste, risorse minerarie,oppio (con coltivazioniimportantissime per il trafficomondiale), petrolio. Per noi lademocrazia è un’insieme di cose chenon sono né scambiabili nérinunciabili ed è chiaro che,nonostante qualche recente apertura,qui ancora non ci sono. D’altra parteho visto da vicino il fallimento diPaesi come Cambogia e Thailandia,apparentemente oggi «democratici».Ma i parametri di valutazione sonosempre più complessi e questo Paesemi ha insegnato a leggere la realtàsociale con molta più umiltà.

●Come valuta il cambiamento inatto, anche dal punto di vistapolitico?Io credo che la politica buona sia, quicome altrove, quella della gestionecomune degli interessi comuni. Apartire dalle piccole comunità. Ilproblema, in Occidente, è che lepiccole comunità sono state distrutte.Se ci può essere un’alternativa alladittatura del mercato e della politica èquella di potersi sentire ancoraappartenenti a una piccola comunità.Un po’ quello che dice VandanaShiva, la scienziata e ambientalistaindiana creare una rete di interessi, diculture, di scambi ricchi e proficui.Questa è l’unica realtà che riesco avedere e che cerco di portare avantianche con Share in questo Paese e inaltri..

di L.C.

●●●Ugo Papi, giornalista escrittore esperto di Asia, conoscebene la ex Birmania e la frequentadagli anni Ottanta. È statoconsigliere del Ministro degli Esterie consigliere politico dell’inviatospeciale nel Paese. È ancheresponsabile Asia-Pacifico nelDipartimento esteri del Pd. Il suoultimo libro Lady Burma (EditoriRiuniti, 2012) racconta la vita, lastoria e le battaglie di Aung San SuuKyi, Nobel per la Pace.

●Quali sono le ragioni di uncambiamento così inaspettato erapido verso la democratizzazionein un Paese che è rimastoimmobile e sotto dittatura per 50anni?Il cambiamento è stato inaspettatoma soprattutto rapido. Anche i piùottimisti tra gli osservatori dellecose birmane, e non erano certo lamaggioranza, sono rimasti sorpresi.Per comprendere quali sono stati ifattori del cambiamento ioindividuo tre livelli differenti che siintrecciano. Il primo è quello deiprotagonisti birmani di questavicenda. Aung San Suu Kyi,naturalmente. Senza la sua lotta e ilsuo coraggio, questi cambiamentinon potevano avere luogo. Ma laseconda figura che ha avutocoraggio e avviato l’apertura è ilPresidente Thein Sein. Quest’uomoè arrivato al potere con le elezionitruccate del 2010. Il passaggio a ungoverno civile dopo 50 anni didittatura militare ha evidentementespinto l’ex generale verso unariforma radicale. Il secondo livello èstato quello nazionale, di un paesevia via più impoverito e chiuso,dove la giunta militare hasicuramente percepito la totalemancanza di consenso dellapopolazione che ha continuato aribellarsi fino alla «rivoluzionezafferano» del 2007. Il paeserischiava di implodere.

●La «rivoluzione» birmana cuistiamo assistendo potrebbe essereconsiderata un modello virtuosodi espansione della democraziadall’interno (grazie all’attività del

partito di Suu Kyi) incontrapposizione al ben piùfallimentare metodo di«esportazione» della democraziaa colpi di armi da fuoco?Nel caso birmano nessuno ha maiventilato un intervento militare. Laprima ragione è che gli interessiamericani e più in generaleoccidentali sono sempre statilimitati. La seconda e piùimportante spiegazione è cheMyanmar confina con Cina e India,due grandi potenze regionali e oraglobali. Un intervento armatonell’area avrebbe provocato unacrisi internazionale gravissima.Piuttosto i governi occidentali e lasocietà civile dei nostri paesiavrebbero dovuto fare di più peraiutare e sostenere il movimentodemocratico.

●Come si colloca oggi il Myanmarnello scenario politico del Sud estasiatico e cosa rappresenta negliequilibri politico-economici traCina, India e Usa?Qui veniamo al terzo fattore che hainnescato il cambiamentorepentino e imprevisto. LaBirmania rischiava di consegnarsimani e piedi al potente vicino

cinese. Questo preoccupava imilitari nazionalisti ma anche lagente comune. Per la stessa ragionegià nel 2009, gli Usa di Obamaavevano già fatto un’apertura dicredito, rendendosi conto che lastrada delle sanzioni economicheavvicinava i cinesi. Nel sud estasiatico si gioca una partitastrategica. La Birmania èl’autostrada che porta in Cina il gase il petrolio del Medio Oriente,senza bisogno di passare per lostretto di Malacca controllato dallaflotta americana. La Cina, l’India ealtri importanti paesi del sud estasiatico, hanno tutto l’interesse diavere buoni rapporti con il Paese,ricco di materie prime. Oggi laBirmania, dopo la svoltademocratica è più libera discegliersi gli interlocutoriinternazionali senza perderel’indipendenza.

●Oltre alla lotta per lademocrazia e i diritti civili qualisono le altre sfide che il Paesedovrà affrontare, anche dal puntodi vista economico?La Birmania di oggi è un paesepoverissimo, con un sistemaeconomico arretrato e inefficiente.Le strutture sociali di base sono alivelli dell’Africa sub sahariana, conun sistema sanitario decrepito equello scolastico fatiscente earretrato. Solo adesso le banchecominciano a ricevere aiuti perinserirsi nel circuito internazionalee pochi giorni fa è stata annunciatauna nuova legge per gliinvestimenti stranieri. Ora è ilmomento di aiutare il paese. Ilmiglioramento economico favoriràanche le riforme politiche.

●I conflitti etnici e lerivendicazioni autonomiste neiconfronti del governo centrale, latensione nei campi profughi alconfine con la Thailandia e lasituazione di minoranze come iRohingya da sempreparticolarmente discriminati,sono i problemi chiave darisolvere per il futuro del Paese. Inmolti pensano che nemmeno laleader della Lnd sarebbe in gradodi gestirli. Secondo lei comestanno le cose?La questione etnica è una matassaassai intricata. Le sue origini sonomolto più antiche della lottademocratica e la sua soluzione puòprescindere dal clima politico diRangoon. Il 40% del paese è di etniediverse da quella birmana. Questepopolazioni hanno una storia diregni indipendenti sia di nome chedi fatto. La lotta armata è iniziatasubito dopo la seconda guerramondiale. Nella democraticaEuropa abbiamo assistito a vere eproprie guerre, come nella exYugoslavia. Per la poveraminoranza mussulmana Rohingya,discriminata e repressa, lasituazione è tragica. I birmani non liriconoscono come cittadini e ilPresidente Thein Sein cavalcal’ondata xenofoba e anche AungSan Suu Kyi fa dichiarazioniambigue per non scontentarel’opinione pubblica interna. Certo,la democrazia è l’unico terreno pertrovare un’intesa, meglio dellaviolenza dei dittatori del passato,ma è solo una precondizione. Lastrada per una soluzionesoddisfacente sarà lunga e tortuosa.

●Suu Kyi gode di popolarità erispetto internazionali benmeritati. Ma in patria, anche trachi la sostiene, ci sono opinionidiverse sul suo operato aproposito di molte questioni. Leiche la conosce bene e gli hadedicato un recente libro, cosapensa ci potremmo aspettare sediventasse il leader del prossimogoverno?Per lei è il momento di smettere ipanni dell’eroina e di fare politica.Questo significa anche prendere avolte decisioni sbagliate, ma questoè il privilegio della democrazia.

in alto e in basso: foto di Ugo Papi con il suo ultimo libro«Lady Burma» (foto di Giuseppe Pantano) a destra: appuntidi yoga in lingua birmana (foto di Michele de Vito)

(11)ALIAS29 SETTEMBRE 2012

Il drammaturgoargentinoha tenutoil laboratorio«Personaggiemergenti»sulla differenzatra obbedienzae scelta

di FABIO BOZZATOVENEZIA

●●●Considerato una delle stelle delnuovo teatro argentino, ClaudioTolcachir è tra i cinque maestri sceltidal direttore della Biennale Teatro diVenezia, lo spagnolo Alex Rigola, atenere una settimana di workshop coni giovani attori usciti dalle residenze didue anni fa. Tolcachir ha condivisol’esperienza con Luca Ronconi,Declan Donnellan, Peeping Tom, NeilLabute. La Biennale sta cambiandopelle e ora ha sempre più i contorni diun cantiere di ricerca e di praticheteatrali. E proprio di questo parliamocon Tolcachir. Il suo workshop siintitolava Personajes emergentes:construcción en movimiento.

●Che idea hai sviluppato nellaboratorio della Biennale?Ho pensato a qualcosa che potesseessere utile ai giovani attori coinvolti.Ho lavorato sulla differenza traobbedienza e scelta. Cioè: uno sempreè fedele all’interpretazione, al testo, alregista, è una cosa «naturale» nelnostro lavoro. Però, chiunque puòvedere la differenza quando invece unattore si appropria di quello che stafacendo e sceglie di generare gesti epensieri propri. L’attore può muoversidunque tra la fedeltà e l’invenzione. Ame interessa come si possatrasformare l’obbedienza in unascelta. Dunque, ho voluto svilupparela curiosità dentro la scena, con glialtri, con se stessi. Mi sonoconcentrato sulla capacità diimmaginare, di creare.

●Per far questo, hai lavorato su untesto?No, è stato un lavoro di puracreazione, a partire dall’osservazionee dagli impulsi, per dar vita a deipersonaggi. Tutti i giorni ho insistitosu come stare in quel gioco. L’ideaera di costruire un personaggio,abitarlo, non interpretarlo. Riuscire acreare un universo interno,un’architettura di psicologie,emozioni, fisicità. Produrre in tutti isensi una trasformazione. Qui sta ilgioco tra obbedire e scegliere: ad uncerto punto sono gli stessipersonaggi che cominciano aprendere decisioni.

●Il gruppo come ha reagito?Ho lavorato con 25 ragazzi. Tanti. Maho avuto fortuna, perché mi è toccatoun gruppo molto curioso e coinvolto.Sono arrivati senza sapere cosaavrebbero fatto, se li avessi messi inscena o di fronte ad un testo. Invece ame piaceva l’idea di lasciarli sospesinel vuoto. Perché il vuoto è parte delmio lavoro. È il panico che si producequando non si sa cosa si farà. Il vuotoè una possibilità per poter poiesprimere delle scelte.

●Questa è una delle tue cordecreative.Sì, così sono nate le mie opere. Unattore funziona in modo più originalee personale quando non sente il pesodi adempiere ad un pre-giudizio, deltipo «Romeo è così e così». Invece èun percorso aperto che si nutre dipensieri, di ciò che io cerco nelmondo e di ciò che mi fa paura delmondo. Io credo che la costruzionedei personaggi dipenda moltodall’idea di insuccesso. Perché lapaura ci genera comportamentispecifici con il fine di proteggerci. Èuna sensazione di intimità su cuiabbiamo lavorato anche qui.

●Cosa ne pensi dell’idea di farvivere una evento molto istituzionale(e tutt’altro che off) come laBiennale, come un Festival dilaboratori?Credo sia l’esperienza più bella che hofinora vissuto. Certo, tutti i festivalhanno la loro magia, ci si incontra, sipresentano le opere. Ma mai hovissuto così profondamente il cruze, loscambio, tra attori, tra prof. È bendiversa l’energia che si vive in unasituazione così aperta. Uno viene perapprendere, non per fare un casting eneanche per sperare che qualcuno sicompri la tua opera. Qui tutti siscambiano impressioni, esperienze, siappropriano anche di cose sentite daaltri laboratori. E questo vale ancheper me, che mi considero inapprendimento permanente. È unaformula con effetto moltiplicatore:ognuno di noi tornerà nelle proprie

città con un bagaglio di idee estrumenti nuovi.

●«Viento en un violin» ha chiuso latua trilogia...In verità non è una trilogia, sono le tresole opere che finora ho scritto...»(ride)

●Certo, però in qualche modocompongono un percorso, unalettura sulle relazioni umane efamiliari, in particolare.Sì, all’inizio non l’ho pensata comeun’opera a tre. Ho seguito quello chemi piaceva indagare di più, cioècapire la teatralità. La domanda cheha guidato la mia scrittura era: daquale luogo intimo scelgo dicomunicare con te? Quello che più miinteressa del teatro è la possibilità difarmi delle domande sul genereumano, i comportamenti, lecontraddizioni delle persone. Perfortuna il teatro mi aiuta come unospecchio, rinviandomi dubbi edomande. Quando scrivo o dirigo untesto di altri, lo faccio solo se ipersonaggi mi danno questa stranamezcla di rifiuto e di pietà. Le due coseassieme. Se mi danno solo rifiuto, nonreggo. Se solo pietà, finirei peraccarezzarli. Mi piacciono i personaggiequivoci, e che ognuno lo interpreticome desidera in quel momento.Senza giustificarli. Nelle tre opere cheho scritto il motore è l’umanità che c’èdentro ogni essere umano. In veritànon ho mai capito perchéd’improvviso è arrivato tantosuccesso... (ride) Quelle storie le hoscritte solo perché micommuovevano. E allo stesso tempo

perché mi sentivo a disagio dentroquelle storie.

●Quale altro lato oscuro dell’umanoti piacerebbe investigare, ora?L’opera su cui sto lavorando ora ha ache vedere con altre domande: esisteun amore assolutamente puro, senzaconvenienza o interesse? cos’è lafedeltà, non solo come abitudine dicoppia? cos’è la pietà che ti fasostenere l’altro, in modo che non ticrolli il mondo? Non dico altro, ma laporterò in scena l’anno prossimo.

●Della nuova scena argentina, sidice che il tuo sia un teatroemozionale e quello di RafaelSpregelburd un teatro di idee. Credisia così?In quello che faccio esce tutta la miacapacità di osservazione e di passione.E questo è ciò che mi innamora delteatro. Mi piace molto il lavoro diSpregelburd, ma io sarei incapace difarlo. A me interessa far sì che sidissolva il meccanismo. Mi piacepensare che a qualcuno la mia storiasembri divertente e ad altri tragica.Succede spesso che, durante lospettacolo, metà platea rida e l’altrametà si arrabbi perché vede svolgersiin scena invece qualcosa di terribile.Mi piace stare su questo bordo.

●E questo rinvia al grottescolatinoamericano.Assolutamente sì. Sono convinto chelo spettacolo lo termini sempre lospettatore. È lui che decide. E quandoprovavo con gli attori, sentivo che ame succedeva lo stesso: ridevo e misentivo male perché ridevo.

di GUILLERMO JORGE ALFONSOBUENOS AIRES

●●●A prima vista ClaudioTolcachir consacra un teatrorealista, così come impera nellacapitale argentina, fino quasi aportarlo verso un realismo magico.Ma non è così. Questa è solo lavertigine causata da una realtàconvulsa, che ha formato unasocietà, quella porteña, con direttediscendenze italiane.

Perché alcune immagini, chedanno vita alle opere di questoregista, sembrano ritratti urbani chesicuramente, una parte di questaidiosincrasia, preferirebberoomettere; ritratti non raggiunti daquella dominante euforiapatriottica, che qui vorrebbe semprefesteggiare collericamente allaprima opportunità.

Tolcachir, dal 2005, ha scritto emesso in scena una trilogia, tuttorain cartellone nel suo Timbre 4, ilteatro creato nella sua casa. Unatrilogia che lo ha consacrato come«teatrista» culto in Argentina e gli hasuggellato un successointernazionale.

La prima, La Omisión de lafamilia Colleman racconta la storiadi una famiglia che non è raroincontrare qui. E mostra, consofisticato grottesco, ladisintegrazione assoluta di unnucleo familiare disfunzionale,radiografa un micro-mondo che

circoscrive una cultura chefrequentemente ricorreall’omissione: tutti sanno che stasuccedendo qualcosa di indebito,ma nessuno fa niente per prendereuna posizione o farsene carico,schivando così il rischio di perderciqualcosa. Questa indifferenza,stretta quasi ecclesiasticamente traciò che non è conveniente e ciò cheè corretto segnalare a voce alta, èquella che ricrea, collateralmentealla possibilità di sovvertirel’ineludibile, un raffinato eappetitoso additivo grottesco chealla fine è difficile sciogliere.

Del 2009 è Tercer Cuerpo, il cuititolo continua in La historia de unintento absurdo. Si tratta di ungruppo di persone che lavora dentroun edificio che appartiene ad unaentità sconosciuta, isolato rispetto alblocco degli altri uffici, un terzocorpo architettonico, quasiabbandonato all’attesa. Tutti gliuffici attorno sono già stati svuotatied è frequentato da persone chenon sembrano neppure averequalcosa di concreto da fare.

Impiegati che, nonostanteconvivano molte ore assieme, nonsanno niente uno dell’altro e allostesso tempo danno l’impressionedi vivere là, quasi squatter, quasiprecipitati sopra il plastico di unedifico d’antan, che già non gliappartiene più. Il titolo provoca unacerta allusione alla mutazione di unnuovo organismo, la procreazionedi un mondo terzo che, separato, èstato in attesa di ordini provenientida un corpo progenitore, altro.

El Viento en un Violín, opera terzae ultima di Claudio Tolcachir, è unritorno alla risorsa familiare comenucleo e micro-rappresentazionedella società. Però non è un discorsosulla disgregazione. Al contrario, è lapossibilità di formare una nuovafamiglia a partire dall’accettazionedi quello che è. Allude allaimpossibilità del «matrimonioegualitario», prima che siapprovasse in Argentina, nel 2010, lalegge che ha aperto anche allecoppie gay l’istituto matrimoniale.Qui, una coppia dello stesso sessocerca, disperatamente, di avere un

TEATRO

Foto del lavoro di Claudio Tolcachir durante il Laboratorio Internazionaledel Teatro della Biennale di Venezia (Courtesy la Biennale di Venezia, fotoG.Zucchiati) che si è svolto presso la Fondazione Giorgio Cini

Buenos Aires,una trilogia

BIENNALE TEATRO

Dal Timbre 4a Venezia:il workshopdel maestroClaudioTolcachir

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WORKSHOP

(12) ALIAS29 SETTEMBRE 2012

La crisi si combattea colpi di maestri

di ARIANNA DI GENOVA

●●●Un autunno da appuntare sultaccuino del flâneur più incallito. Èquello che si prospetta nel tour dellemostre che aprono la stagione e siproiettano fino al 2013, costringendoil visitatore a un vagabondaggio fraantico e moderno, grandi star delcontemporaneo e maestri dellafotografia e architettura, che tornanoin Italia dopo molti anni di assenza.Nonostante la crisi e se rimangonoreali i dati forniti sul consumoculturale (l’incremento riguardasoprattutto l’arte e la suafrequentazione), i musei e le gallerieitaliane si «ripopolano», offrendouno squisito menù per tutti i palati.Si va à rebours verso la genialità delPalladio (un evento la riapertura,dopo cinque anni di restauri, dellasua basilica a Vicenza, il 6 ottobre,con tanto di esposizione-monstre alsuo interno che spazia da Raffaello aPicasso) e si procede verso il futuro,fino a raggiungere le spondedell’Oriente estremo, rivissuto informa di Biennale presso la Reggia diMonza. Qui, dal 20 ottobre al 16dicembre, andrà in scena ilconfronto Italia/Cina attraverso leopere di 60 artisti cinesi e 60 delBelpaese (da Lu Peng a FengZhengjie fino a Plessi e il CrackingGroup). A intrecciare le differentivisioni sarà la natura, indagata condipinti, installazioni, video efotografie. Alza il sipario sullepossibili consonanze la performancedi Lin Jingjing (domenica 21 ottobre)che, accompagnata da un centinaiodi volontari vestiti di bianco, cuciràcon un filo rosso circa duemila roserosa sul tappeto verde del prato.

Il passato viene da DelftSono pochissime le opere diJohannes Vermeer: meno di 40recuperate, tutte disperse per ilmondo. Il genio dell’arte del Seicentoolandese visse perseguitato dalledifficoltà economiche e dipinse, purse con una meticolosità che non glipermetteva di fornire più di due«quadretti» all’anno, soprattutto perpagare i suoi debiti. Scontòl’angoscia di non riuscire più amantenere la sua numerosa famiglia(quindici i figli, undici a luisopravvissuti) con una morteprematura. L’omaggio che gli vienetributato dalle Scuderie del Quirinaledi Roma – fino al 20 gennaio – è danon sottovalutare: non capita spessodi vedere un corpus di suoi lavoriallestiti insieme (otto) e vaconsiderato che in Italia non ci sonoopere autografe in nessunacollezione. In più, solo 26 dei suoicapolavori, conservati in 15 raccoltediverse, possono essere spostati peressere esposti altrove. Fra i dipintiimperdibili, La stradina e La ragazzacon il cappellino rosso. Per la bellaFanciulla con l’orecchino di perlabisognerà accontentarsi del film.

Un tuffo fra le starPartiamo dal nord. L’impatto è

supersonico: Degas a Torino e Picasso a Milano. Il pittorefrancese che più interpretò l’idea di dinamismo impressionistaincarnandolo in celestiali corpi di ballerine sbarca il 18 ottobrealla Promotrice delle Belle Arti - direttamente dal Musée d’Orsay- con ottanta tra dipinti, disegni e sculture (la monografica èfrutto di una coproduzione Skira-Comune di Torino). Prima chevada in onda la Parigi di fine Ottocento con i suoi caffèbrulicanti, s’incontra subito un Autoritratto di Edgar Degas dagiovane e poi quello del nonno, Hilaire de Gas. Ci sarà anche lostraordinario Ritratto di famiglia, quasi mai uscito dal museo acausa delle sue grandi dimensioni. Stacco, direzione Milano,Palazzo Reale. È tornato Picasso e lo ha fatto con 250 opereuscite dal Musée National a lui intitolato. Non è la prima voltache l’artista di Malaga conquista lascena, ma l’antologica promette unitinerario dentro una folta foresta dilinguaggi che si intersecano. Si vadalla Celestine (1904) al Ritratto diOlga (la prima moglie, danzatrice deiBalletti Russi) a quello di Dora Maar(1937), la fotografa che fu suacompagna per sette anni. È stata lei alasciare la documentazionefotografica delle fasi di realizzazione

di Guernica e sempre lei a dire,sconfitta, depressa e malata: «Pablonon è un uomo, è uno strumento dimorte». Scendendo lungo lo Stivaleverso il centro, è la Strozzina diFirenze a carpire l’attenzione:Francis Bacon e la condizioneesistenziale dell’arte contemporanea(5 ottobre - 27 gennaio) è una mostrache parte dal maestro di Dublino edagli stati d’animo proposti nelle suedrammatiche opere - ci sarà anchel’ultima fatica, l’autoritratto trovatosul cavalletto nei giorni finali - per«agganciare» le generazioni piùgiovani, dal rumeno Adrian Ghenieal giapponese Chiharu Shiota finoalla svedese Natalie Djuberg,l’italiano Arcangelo Sassolino, latedesca Annegret Soltau. Il 9 ottobre,sosta a Roma: inaugura alla Gnamuna grande rassegna sul rapporto diPaul Klee con l’Italia. In circa 100opere, sia dell’artista svizzero che di

altri colleghi stranieri e italiani(Kandinsky, Moholy Nagy, Max Bill,Albers, Licini, Soldati, Perilli, Novelliecc.), viene evidenziata l’influenzadella cultura e dei paesaggi delnostro paese su Klee, pedinando levarie fasi di una biografia artisticache va dal Bauhaus fino allasolitudine sperimentata negli ultimianni a Berna.

L’Urlo a New YorkChi avesse nostalgia delle varieperipezie legate all’Urlo di EdvardMunch (sono 4 le versioniconosciute, una delle quali venne«rapita» e poi ritrovata dopo dueanni di assenza) dovrà volare allavolta della Grande Mela. È qui, alMoma, che il dipinto venduto loscorso 2 maggio alla cifra record di120 milioni di dollari da Sotheby’s eacquistato dal miliardarionewyorkese Leon Black, verràproposto per sei mesi, dal 24 ottobreal 29 aprile. L’opera «guest star» è unpastello su tavola del 1985, il solodella serie (gli altri tre sono olii) el’unico esemplare a essere nellemani di un privato. Gli altri tre,realizzati tra il 1983 e il 1910, sitrovano tutti in Norvegia.

Scatti ad alta tensioneFermata Modena. Presso l’exOspedale Sant’Agostino merita unatappa la retrospettiva sul fotografoamericano Edward Weston (1886 –

MOSTRE

I dipinti «iperrealisti» di Vermeer, il piantodi Dora Maar ripreso da Picasso, il drammaesistenziale di Bacon lasciato in eredità,i nudi-oggetto di Weston e i progetti di Le Corbusier

GRAN TOUR LUNGO LO STIVALE PER UN’ABBUFFATA ARTISTICA

Da sinistra: EdwardWeston, «Nude» (1936);

Robert Doisneau«La ballata di Pierrette

d’Orient» (1953);al centro, JohannesVermeer, «Giovane

donna in piedial virginale» (1670-72),

l’«Urlo» di Edvard Munche, a destra, Edgar Degas

«Le pedicure» (1873);sotto Pablo Picasso,

«La suppliante» (1937)

(13)ALIAS29 SETTEMBRE 2012

●●●Se alla galleria Cortese diMilano torna per la terza personalel’americana Kiki Smith (fino anovembre) - un'indagine che partedalle sculture provocatorie deglianni ’80 sino alle figure fiabeschedell’ultima produzione,mescolando le tecniche e imateriali, bronzo, carta, gesso,porcellana - la galleria Peola diTorino presenta gli ultimi lavoridell’artista pachistana AdeelaSuleman. Cortine che pendono dalsoffitto, griglie ottenute dallaripetizione del disegno, attraversocui la luce filtra: il motivo ripetutoè la sagoma di un uccello incisa inuna lamina d’acciaio. È la morte iltema-perno: vi fanno esplicitoriferimento figure come missili egiubbetti di attentatori suicidi alcentro di diversi lavori, finementecesellati secondo la tradizioneislamica della filigrana, da cuiescono rami che si attorcigliano,foglie, fiori, serpenti.

1958), curata da Filippo Maggia evisitabile fino al 9 dicembre (doposarà al Ciac di Foligno). 110 opere franudi, paesaggi, «oggetti» – dai famosipeperoni ai giocattoli – trasformatidall’artista in icone dal saporesurreale o in readymade cheindagano la realtà della naturaattraverso enigmatiche apparizioni.In gran parte, provengono dal Centerfor Creative Photography di Tucsondove è conservato il più grandearchivio dell’autore). Le stampefotografiche di Weston sono unaparte fondamentale del suo lavoro,eseguite sotto la sua supervisione,vietando qualsiasi manipolazionedell’immagine. A Roma, invece, c’è ladolce Parigi di Robert Doisneau: piùdi 200 fotografie originali, scattatenella Ville Lumière tra il 1934 e il ’91e raggruppate tematicamente, sonoesposte nell’antologica allestita aPalaexpo - da oggi al 3 febbraio.

Le Corbusier, l’«italiano»È il Maxxi a ospitare la memoria delgrande architetto (dal 18 ottobre) e lofa indagando la sua «passione»italiana. La mostra lo ricorda a tuttotondo - pittore, architetto e scultore– seguendo un filo cronologico etematico al tempo stesso: si va daglianni della formazione tra il1907 al1923 alla ricerca urbanisticacompoiuta negli anni Trenta fino aicontatti con Adriano Olivetti e la Fiat.Saranno infine presentati i progettiche hanno coinvolto Le Corbusier inItalia nel secondo dopoguerra: quelloper il Nuovo Ospedale di Venezia el’altro per il Centro Calcolo Olivetti aRho, entrambi non realizzati, a causadella scomparsa dell’autore(avvenuta nel 1965). Ancoraarchitettura alla Triennale di Milanocon la rassegna L’Architettura delmondo. Infrastrutture, mobilità,nuovi paesaggi (dal 9 ottobre). Iltitolo fa riferimento esplicito a operecome strade, ferrovie, aeroporti e vada Saarinen a Tami.

di MICHELA BECCHISLIVERPOOL

●●●Si squaderna in trenta puntidiversi della città la Biennale diLiverpool curata da Lorenzo Fusi. Esquadernare non è parola usata a casoperché stretto è il rapporto che haquesta mostra con un libro, con unanarrazione, con una comprensioneche si fa vera e propria lettura. Trentacase diverse per accogliere TheUnexpected Guest, tema principale diquest’anno attorno a cui tutti gli altrieventi ruotano.

Togliere gli artisti, ridotti a sempliceespressione di un mercato, per farparlare l’arte è un’aporia da cui questaBiennale si tiene alla largachiamandone all’appello un grannumero, raggruppati intorno ai varipoli teorici e topografici della mostradi cui si sono appropriati creando unrapporto ospitale e interattivo con iluoghi e con lo spettatore. Non siprescinde infatti dagli spazi espositivi edal ruolo che nella quotidianità dellacittà questi svolgono o hanno svolto. Sipassa così dal Cunard Building, veraarchitettura del potere economicocittadino, che accoglie proprio TheUnexpected Guest, agli storici docks ealle strutture industriali oraabbandonate che hanno visto al lorointerno migliaia di quei lavoratori che,come dicono orgogliosamente in cittàe nel limitrofo Galles, «hanno fattogrande l’Inghilterra». Impossibilecitare tutti gli eventi e gli spazi, maalmeno va detta City States, insieme dipoleis che accolgono in perfettaisonomia gruppi di artisti che fannocapo a una di quelle città stato, ma

non per nascita, a volteprovvisoriamente, di frequenteprovenendo da un fuori che ne hafatto degli espulsi. Spesso, tra le case diCity States, torna alla mente l’ideafortiniana di Paesi allegorici laddovel’allegoria concede la possibilità diavvicinare tempi e spazi diversi percercare di intendere «le formedell’immediato avvenire», non unavvenire consolatorio ma certoesplorato con lucidi eppureappassionati strumenti di misura,come quelli di Approaching Journeydegli artisti di Copenhagen, pacatonarrare di famiglie transfughe da varieparti del mondo o di Topography ofMasculinity del gruppo diMakhachkala (Dagestan) che cerca diricomporre un intricato sovrapporsi diculture agricole, pastorali, suburbanein cui il concetto stesso diglobalizzazione appare come laparodia della tronfia e violentemente

unificante propaganda sovietica.Ma cos’è poi questa ospitalità? Il

significato ostile ha bisogno delladefinizione chiara di un confine al di làdel quale si trovava uno sconosciuto.Gioca bene la lingua italiana alloradove «ospite» è una parola ambigua eche ha identificato quella linead’ombra non poi così sottile tra i duesensi dentro cui ci muoviamo. Unalinea d’ombra così larga e densa che alsuo interno nulla può essere fulmineo,semmai fulminante. Molti gli artistiche costruiscono un tempo narrato eperciò necessariamente diluito neltempo sulla polisemicità della parolaospitalità. La raccontano evocandonell’osservatore quello che RanajitGuha chiama «la prosa del mondo»,quella prosa, quand’anche visiva, cheè fatta di individuazione di passatiplurimi, irriducibili a una solaspecificità, dialogica, in cui la storia diognuno crea la multiformità esattadell’orizzonte storico.

L’ospite, a volte intruso, intesoanche come colui che è dentro sestessi, nel e sul proprio corpo un po’come intendeva Jean Luc Nancy, cheobbliga a essere «il tecnico più terribilee inquietante, colui che snatura e rifàla natura, colui che ricrea la creazione,che la fa uscire dal niente e che, forse,la riconduce a niente. Colui che ècapace dell’origine e della fine». Che èlo stare e al tempo stesso l’uscire,narrandosi, da se stessi e dal propriocambiamento come propone in unassolo Akram Zaatari, (al Fact) cheentra in corpi assai desiderabilifotografati in anni lontani e trasformatiin un instabile limite, o piùsemplicemente in adulti impacciati,

dal passare del tempo sulla cartafotografica, oppure proponendogiovani uomini che, alla vigilia della«primavera araba», escono dalla lorocorporeità per riprendersi su cellulari etremanti video di Youtube alla ricercadi un’eroicità immortalata e al tempointima che li renda «veri». O comeDora Garcia (al Bluecoat) che«scoronando» il genere del talk showin Outside! fa uscire il racconto dellapropria esistenza dal corpo degliabitanti di Liverpool. O Sylvie Blocher(al Cunard) che, rifacendosidirettamente allo spostamento delcorpo nel concetto di Politica inJacques Rancière, in The Series:Speeches espande in megavideo i corpidi musicisti e performers cheinterpretano, secondo la loro arte, ilManifesto del partito comunistapiuttosto che la Convenzione per lostatuto dei rifugiati, trasformando laloro fisicità in utopia e simbolo cheospita, appunto, la pregnanza di quelleparole.

Il corpo è politico e esiste unapolitica che, dietro fittizi concetti distoria e cultura nazionale, i corpiviolenta o nega e negandoli trasformal’ospitalità in una pericolosa liturgia opeggio in una tortura senza tempo.Nadia Kaabi-Linke (al Cunard) ciinchioda alla celebrazione di unanuova Inquisizione che assume leparole del questionario che ilcelebrante dell’Ufficio immigrazione,nello scivoloso ecumenismodell’Occidente, sottopone ai neofitidella religione democratica affinchémostrino un’anima redenta daqualsiasi dannosissimo peccato chepoi altro non è che il legame con lapropria storia, con la propria cultura,col proprio pensare. Sopravviverediventa allora nascondimento dietrol’agiografia che l’accogliente Chiesaprocura alle nuove schiere attraversoriconoscibili e inquietanti modellispesso anche di qualità cosicché il pioosservatore abbia modo di esseredotato di quell’immediata arma dellariconoscibilità che permette di nonconfondersi tra nuovi, acquiescentibeati. Ming Wong fissa cosìl’immagine del Chinese detective,Sabelo Mlangeni la straziante perfettaiconografia dell’Outsider (entrambi aWood Street). Come dire non si vuolconoscere, ma sempre riconoscere.

KIKI SMITH E ADEELA SULEMANBIENNALE DI LIVERPOOL

Girando in città.Se l’ospite inattesoè anche un corpodal peso politico

La rassegna,a cura di LorenzoFusi, si sviluppain più luoghi, fisicie «tematici».In City Statesgruppi di artistisperimentanonuove convivenze

Due opere alla Biennaledi Liverpool, «Lift»di Oded Hirsche «Chinese detective»di Ming Wong;sotto, l’architettoLe Corbusier

(14) ALIAS29 SETTEMBRE 2012

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figlio, scatenando situazioniirreversibili, vero Dna del nuovoessere che vede la luce. El Viento enun Violín si rifà a quel soffio di vitaintangibile che dà vita a quello spaziovolatile e nascosto, incapace divedersi, quasi nascendo dall’occulto,da un’area inesplorata. Un nucleofecondo a partire dall’accettazione diquello che è, dalle potenzialità e dailimiti che ciascuno ha per fondersiall’impulso unico di quello che sidesidera vivere. Come se si riuscissea rendere compatibili informazionisconosciute e si costruisse una realtàsulla naturalità. È la possibilità didare vita dove si ritiene non ci sia, unluogo insospettabile o concepitodirettamente dal vuoto. La regia diClaudio Tolcachir riesce arecuperare, dentro il terreno delrealismo, la risorsa grotowskiana delteatro precipitatonell’interpretazione. Sono gli attori,

con i loro strumenti, che instauranoun nuovo spazio e un nuovo temponarrativo, iniziando con il ricreare ipropri corpi e le proprie voci eridislocandoli in una determinatadimensione immaginaria. Quasifosse la lettura interiore del ricordo.Come se alcuni personaggi dell’operaavessero sovrapposto ritmicamentela loro immagine e per un momentosi fossero trasformati in osservatori,mettendosi là dove sta lo spettatore.Ed è per questo che il pubblico stessosi riposiziona costantemente.

È questo stare al bordo che segna ipersonaggi di questo «teatrista». Ed èciò che provoca una continuafascinazione, alternando quello chepotrebbe essere reale a quello che sipensa sia uno scherzo. Ma questo èanche il mondo fuori dal mondo diTolcachir, con quella certasantificazione alla burla che prendevita a Buenos Aires, dove tutto è realeanche quando sembra uno scherzodel destino.

di CATHERINE PRESSMANN

●●●Il necrorealismo poteva nasceresolo in Russia, paese che ha un sensodell’umorismo nero, con la visionestorica malata rivissuta con sadicocompiacimento. Il necrorealismoinizialmente nasce come correnteartistica all’inizio degli anni 80 aLeningrado, dal gruppo dei ragazziche facevano simulazioni dicombattimenti in diversi punti dellacapitale culturale. Queste azionierano riprese da Yevgeny Yufit, ilpadre del necrorealismo russo, supellicola 8 mm. All’inizio era artedell’inconscio. Alla fine degli anni 80 esoprattutto con il filmInservienti-mannari (1984) ilnecrorealismo spontaneo inizia inqualche modo ad assumere la formaconcettuale. Il necrorealismoappartiene al cinema parallelo, cioèalla produzione che non appartiene aquella ufficiale degli Studi. Ilcortometraggio Inservienti-mannari èil primo film di Yufit dove comparel’estetica e l’umorismo nero delnecrorealismo. Ma cosa è in realtà ilnecrorealismo? La risposta si trova giànel nome stesso: mancanza (necro)presenza (realismo), l`ambivalenzadel rapporto e la continuità della vitae non-vita, ambiguità, ambivalenzatra vita e morte, tra positivo enegativo. Una potenza speculativadella realtà cinematografica morta,irreale e nello stesso momentovivente perché è ricreata nellospazio mentale dello spettatore. Daun lato lo spettatore vede gli oggettidel mondo reale identificandoli conloro stessi ma d’altra parte è solo unarappresentazione degli oggetti delmondo reale. «Nei miei film non c’èun complotto palese. Èimprovvisazione libera, un volo difantasia. Sono manifestazioni dellarealtà sociale con l’influenzadell’espressionismo tedesco e delsurrealismo francese degli anni 20. Ifilm muti di questo periodo sonomolto interessanti e astratti. I mieifilm sono in bianco e nero. Suono ecoloro, secondo me, hanno ridotto lagamma della creatività artistica»diceva Yufit. Gli oggetti estetici delnecrorealismo sono le condizionidell’esistenza dell’umano alla portedella morte e mostra sempre lapatologia delle azioni spostate disenso. Il necrorealismo mostra lanatura controddittoria dell’artificialecontro il naturalismo. Arte è morte(necro) e vita (realismo).L’interpretazione di quello che si vede

è libera e procede per associazioni.Gli elementi dell’umorismonero, dell’assurdo. La priorità dellanatura cinematografica invece dellastoria e del soggetto del film.Aspirazione al cinema puro. Ipersonaggi sono necromorti enecrovivi, la morte realistica e la vitaimmaginaria. Sembrano vivi e morti,non vivi e non morti. Nello stessotempo il racconto immaginario esiste

ed è assente. Esiste perché ci sono inqualche modo i punti di riferimentodell’esistente, la sintassi della vita. Ilracconto immaginario crea lecondizioni per superare i limiti direale e immaginario, sogno e realtà.La vita dopo la morte. I registi delnecrorealismo hanno deciso inqualche modo di scoprire il destinodel corpo abbandonato dall’anima.Non studiavano dai libri scolastici madalle parole morte pronunciatidall’alto delle tribune. L’idiozia eroica,l`arte tragica contaminate conl’umorismo nero.

L’altro elemento specifico dei filmdi necrorealismo è che il desideriosessuale è soddisfatto solodall’omosessualità. Forse perchéqualsiasi contatto etero sarebbecontro il necrorealismo stesso:potrebbe ricordare le funzioni vitali.Contano, più di tutto, i rapportioccasionali, crudeli. Il necromondoesiste (vive) grazie alsadomasochismo. Il corpo mortosente il piacere sessuale. Sente, quindiesiste.

I film più importanti, i «classici»del necrorealismo sono stati realizzatidal «padre» Yevgeny Yufit che, traaltro, era stato studente di AleksandrSokurov negli anni 1988-1989, eproprio in questo perido Yufit hagirato uno dei suoi film più famosi Icavalieri del cielo. Questocortometraggio è la strada maestradell’avant-garde russa dalle idee alleimmagini. In qualche modo questofilm non interagisce con il cinemadegli anni 20, ma è un parodiasfacciata di Stalker di AndreyTarkovsky: con la stessa tipologia deicaratteri, lo stile, la maniera,togliendo la filosofia e il soggetto econ le tipiche «gag» del cinemanecrorealista. La biologia sostituiscel’ideologia. Il suicidio come atto digioia. I cavalieri del cielo è come unbullo, pettinato e ben vestito unavolta tanto per fare qualcosa di moltoimportante. Un gruppo di esploratorimorti compiono un esperimentosegreto. Il senso di questoesperimento rimarrà segreto, anzi, i sensi non sono importanti perchesono morti, già il concettodell’esperimento vale solo per lacoscienza pubblica. Il testo e l’azionesono pieni e banali ma noncontengono nessun significato. Èchiara la somiglianza con queidiscorsi vuoti sulle tribune dei politicidi epoca societica. Quegli eroi- mortisi mettono in viaggio, buttano in unpozzo la donna che ha sentito ilsegreto del loro viaggio. Casualmente.Così com’è il loro stesso viaggio.

I sabotatori pazzi si dimenarano,smaniano nel delirio, sbuffano comemaiali, uno prova a trascinare il suoamico nel rifugio sotterraneo edesplode con esso, l’altro gridadisperatamente nel bosco, un terzopiange per la sua verginità perduta. Laparodia èstata sostituita dal grottesco.I simboli del valore e del coraggioportano all’incubo. Un riferimento aTarkovsky è il polo culturaleintrodotto nello spazio dellavisualizzazione. Questo far tornarealla cultura «complessa», alla libertàdell’arte. Per questo film al festivalnazionale «Molodost» ( «Gioventù»)Yufit ha vinto il premio «per avercontinuato la tradizione umanistica diAndrey Tarkovsky».

AGROPOLI,MEDITERRANEO

Immagini da: «Serebryanie golovi»,`1998,«Papa, umer ded moroz», «Necrorealism»,in basso: ritratto di Yevgeny Yufit

MOVIMENTI ■ IL NECROREALISMO

Come far rivivere ai russiraccapriccianti perdutememorie collettive

LENINGRADO, CINEMA PARALLELO

Agropoli. La scorsa settimana sono statainsieme a Paolo Lapponi ed ElisabettaCaracciolo di Brienza membro della giuriadella XV edizione del Mediterraneo VideoFestival come sempre diretto dall’eroica, lodico davvero visti tempi e tagli alla già magraeconomia, Maria Grazia Caso. Un piccoloed intelligente festival dedicato al tema«dell’incontro tra le culture e le religioni delMediterraneo e del mondo». Ottofilm-documentari in concorso, tre fuoriconcorso, un «Premio speciale» a DonAniello Manganiello parroco di frontiera interra di camorra e a Peppe Lanzetta per lasua poetica di frontiere. La selezione deilungometraggi è stata fatta con sensibilità edattenzione e la buona qualità di tutti i lavoriin concorso ci ha costretto ad appassionantidiscussioni prima di scegliere chi premiare.Alla fine ci siamo accordati sull’ultimo filmproiettato Escapeland di Oren Tirosh , unsolitario e tenace israeliano che ha trovatoforza e costanza di documentare nel corsodi tre anni la difficile storia d’amore tra unagiovane donna cresciuta nel Kibbutz di EinShemer e Adel musulmano fuggito dal suddel Sudan in guerra rifugiato in una spiaggiadel Sinai senza documenti. Un classico, unaGiulietta e Romeo costretti a scontrarsi conun nemico ben più potente e cieco deiCapuleti e Montecchi l’impenetrabile Statod’Israele, un incubo kafkiano attraversatosenza cedimenti dai due protagonisti e dailoro bambini, nati da questa unione proibitanel corso di quasi sei anni, combattutocontro ogni ostacolo burocratico anchedopo la cacciata di Adel perfino dal Sinai. Lacostanza di Tirosh nel non abbandonarequesta coppia lo ha reso a sua volta quasi unmembro dell’impossibile famiglia al punto daessere presente al parto della secondabambina mentre il padre Adel era obbligatoa rimanere distante chilometri di filo spinato,credo sia stata proprio questa suapartecipazione «speciale», non lo si vedemai ma spesso lo si sente parlare con loro, afarci entrare con discrezione e commozionein questo mondo di dolore e amore. Allafine del film sappiamo che il rifugiato Adel èriuscito ad entrare in Israele dopo avercamminato per 18 giorni nel deserto ma ilregista ci ha raccontato che ha tuttoraproblemi di documenti e di assistenzasanitaria e sta aspettando da cinque mesi ilrisultato dell’esame del Dna per poterriconoscere i suoi bambini che gliassomigliano come gocce d’acqua. Oltre aprimo premio abbiamo assegnato duemenzioni speciali a Ub Lama di EgleVertelyte, Lituania, la storia di Galaa,furbissimo e poverissimo ragazzinomongolo orfano di padre che sopravvivevendendo sigarette di contrabbando nelmercato di Ulan Bator e che sua madrevorrebbe «sistemare» facendolo diventareun lama nel monastero buddista. Ma ilragazzo ribelle non ha grandi vocazioni, senon per la break dance con cui si scatenanella steppa, e della sua breve esperienzamistica, rimarrà al monastero solo unasettimana, e degli abiti da lama che la madregli ha faticosamente confezionato,approfitterà per vendere preghiere, inveceche sigarette, alle ingenue e pie donne almercato. La seconda menzione l’abbiamoattribuita a Riding for Jesus di Sabrina Varani,Italia, che ha fotografato con ironia ecompassione la realtà marginale e derelittadi un gruppo di biker ex reduci del Vietnam,ex spacciatori, ex assassini, tatuatissimi excattivissimi, improvvisamente illuminati sullavia dell’inferno da Gesù, un racconto on theroad di una redenzione rock dalla violenzaalla salvezza. Un bel festival, un pubblicopartecipe, spero che resista ancora.

Yevgeny Yufitfotografo, artista,allievo di Sokourovha fondatoil «necrorealismo»a Leningradonegli anni ’80,nerissimaavanguardia

NECROREALISMO

(15)ALIAS29 SETTEMBRE 2012

IL FESTIVAL

LA SCIENZA

I CLOWN

RESIDENT EVIL: RETRIBUTION(3D)DI PAUL W. S. ANDERSON, CON MILLA JOVOVICH,KEVIN DURAND. GERMANIA USA 2012

0Il T-virus mortale della societàfarmaceutica UmbrellaCorporation continua a

devastare la Terra, trasformando lapopolazione in zombie affamati di carneumana. Alice (Milla Jovovich) si risvegliaall'interno della struttura segreta dellaUmbrella e svolgendo indaginiapprofondite, scopre alcuni segreti delsuo misterioso passato. Inizia ad inseguirenei vari continenti i responsabilidell’epidemia.

THE FIVE-YEAR ENGAGEMENTDI NICHOLAS STOLLER, CON JASON SEGEL, EMILYBLUNT. USA 2012

0Un anno dopo il loro primoincontro, Tom propone ilmatrimonio alla sua ragazza, ma

una serie di eventi fanno rimandarecontinuamente il progetto, fino adarrivare ai cinque anni del titolo e adimostrare che rimandare a lungo ilmatrimonio può creare non pochiproblemi ad una coppia. Commediaromantica di Nicholas Stoller, giàsceneggiatore di Yes man.

UN GIORNO SPECIALEDI FRANCESCA COMENCINI; CON FILIPPOSCICCHITANO, GIULIA VALENTINI. ITALIA 2012

0È il primo giorno di lavoro perGina che ha appuntamento conun politico che dovrebbe aiutarla

ad entrare nel mondo dello spettacolo. Èil primo giorno di lavoro anche perMarco, l’autista che l’accompagneràall’incontro. Il politico rimanda incontinuazione e idue ragazzi hanno iltempo tutta la giornata per stare insiemee conoscersi meglio. Liberamente ispiratoal romanzo Il cielo con un dito di ClaudioBigagli (esce il 4 ottobre)

APPARTAMENTO AD ATENEDI RUGGERO DIPAOLA, CON LAURA MORANTE,RICHARD SAMMEL

6Nel Silenzio del mare (1949),l’esordio di J.P.Melville (che fupartigiano gaullista), Von

Ebbrenach, ufficiale tedesco viene accoltocon gelida fredezza nella agiata casa dicampagna di un colto parigino. Il rispettoper la persona umana, in quel film dipotente sensibilità politica, moltiplicava laverve critica del film e ne accentuava latonalità emotiva antifascista. Ma nonsempre si è capaci di tanto. È più facile lastrada, anzi oggi è quasi obbligatoria tra ifanatici dell’anti-ideologia, di un giudizioetico che cancelli ogni contestualizzazionestorica e politica. Ruggero Dipaola èriuscito a trasformare in versione siagreca che italiana il romanzo di GlenwayWescott scritto nel ’45 e pubblicato daAdelphi nel 2003. Anche qui la vita di unafamiglia ateniese è sconvolta dall’ospitalitàobbligatoria del capitano tedesco Kalter,ma sono tutti trasformati in servi(mettendo in scena l’attuale rapporto diforza tra Bonn e Atene). Il romanzo è«privatizzato», si annacqua il quadrostorico dello scontro rendendo il disegnodrammaturgico meccanico e un po’troppo disincantato. (r.s.)

I BAMBINI DI COLD ROCKDI PASCAL LAUGIER. CON JESSICA BIEL, STEPHENMCHATTIE. USA 2012

7La fiaba nera, l’uomo nero, laconfettura nera, forme futuribilidi nazismo. Il thriller del regista di

Martyrs e Saint Ange è da subito uncalamaio d’avanguardia. Si presentaproprio come un fuoco fatuo chescorrazza libero sull’ormai depressacittadina mineraria di Cold Rock. SoloJulia (Jessica Biel) sembra non volertradire tutto ciò che vede, ma il mostrorapisce anche suo figlio ed ecco lecampagne solidali di Julia variare di forma,di rilievo. In nome del progresso, queibambini rapiti potrebbero appartenere auna casta che con rigore seleziona e

scambia le sorti, i palinsesti. Adozionielitarie, famiglie buone, sane, benestanti inlotta continua contro meri avanziminerari, le mele marce che nonmeritano prole. (fi.bru.)

L'ERA GLACIALE 4:CONTINENTI ALLA DERIVA (3D)DI MIKE THURMEIER, STEVE MARTINO.ANIMAZIONE USA 2012

6Dieci anni dopo il primo Ice Age ilregista brasiliano ideatore dellasaga, Carlos Saldanha, non figura

più nei titoli del quarto capitolo prodottoda Blue Sky, Assenza che si fa sentirenella banda formata da Sid il bradipo,Manny il mammut e Diego la tigre daidenti a sciabola, approdata ora inun’avventura che occhieggia un’altraserie, I pirati dei Caraibi. Il film degli esordiaveva squassato il mondo dei cartoon conla sua poetica originale, le linee digitalicristalline e il suo meltin-pot estremo. Ese ormai quasi tutto è cinemad’animazione, il «character» del cartoon èuna creatura venuta dal nulla, esiste solose qualcuno gli dà un’anima. Saldanha erariuscito nell’operazione con la suaimmaginazione multicolore che ha sede aRio de Janeiro, scenario di un altrocapolavoro, Rio (2011). E se resiste lospirito della matrice originale nelle figuredello strano trio a spasso nei millenni, ilfilm perde il gioco dell’assurdo e sinormalizza nel mainstream di un cinemaumano, troppo umano. (m.c.)

ELLESDI MALGORZATA SZUMOWSKA, CON JULIETTEBINOCHE, ANAÏS DEMOUSTIER. FRANCIA POLONIAGERMANIA 2012

6Anne (Juliette Binoche), sposatacon figli sta scrivendo per ilsettimanale femminile ‘Elle’ un

reportage sulla prostituzione giovanileche le cambierà la vita, portandola ariflettere amaramente sugli squallori e leipocrisie degli interni borghesi ‘perbene’.Lo scandalo delle testimonianze, e anchedel film che prescinde totalmente dallasolita ‘sostanza retorica sordida’,obbligatoria quando si affrontano i temidella prostituzione nel cinema finanziatodai ministeri, risiede nel fatto che, comecentinaia di migliaia di loro coetaneegiapponesi, e non solo, queste ragazze delsesso d’era internet, facebook e cellulare,si divertirebbero anche, a volte, nel lorolavoro, non privo di incidenti, pericoli erischi ma anche di sorprendenti detour.Coproduzione tedesca, polacca, francese,porta il marchio della Zentropa di Larsvon Trier, può permettersi così dicalibrare una certa dose di nudo, sesso eamplessi di un romanticismo quasiesplicito, di rasentare ilpornograficamente corretto. (r.s.)

GLI EQUILIBRISTIDI Ivano De Matteo, CON Valerio Mastandrea,Barbora Bobulova. ITALIA 2012

7Presentato in concorso nellasezione Orizzonti della Mostra diVenezia, il film ha vinto il premio

Pasinetti del Sngci per l’interpretazione diValerio Mastandrea che lo ha meritatopienamente per la tensione e latrasformazione che compie su se stesso.L’Italia del posto fisso, dei nuovi povericon questo lavoro non è più soltanto unrefrain, ma si può toccare con manopasso dopo passo. Basta un imprevisto ecrolla tutto il precario equilibrio su cui sibasa la vita di oggi rendendolaimpossibile. Con il suo sapiente sguardoda documentarista De Matteo raccontal’agghiacciante precipitare senza rete. Edè nella rosa dei film italiani per l’Oscar.(s.s.)

È STATO IL FIGLIODI DANIELE CIPRÌ, CON TONI SERVILLO, FABRIZIOFALCO. ITALIA 2012

8Basterebbe già l’incipit del filmper farne un capolavoro: in attesaalle poste, il protagonista aspetta

e racconta. Un andamento affabulatorioche ci riporta a tempi antichi, dalla

tradizione orale dei paladini, aicantastorie, ai riferimenti agghiacciantidell’oggi. Alfredo Castro, l’attore cilenoconosciuto in Italia per i film di PabloLarrain, grandissimo maestro di teatro,capace di mozzare il fiato anche solo avederlo in silenzio seduto senza farniente, racchiude in sé il dramma dellafamiglia Ciraulo, capofamiglia ToniServillo, che nella rete dei raccontiappare come la storia principale, mortedella figlia e resurrezione (una Mercedesnuova fiammante) fino allo svelamentodei legami di sangue su cui si basa unafamiglia in ambiente mafioso, unmatriarcato che lascia credere gli uominidi essere i più forti. Fabrizio Falco haricevuto a Venezia il premio come comemiglior attore emergente. (s.s.)

MONSIEUR LAZHARDI PHILIPPE FALARDEAU, CON MOHAMED FELLAG,SOPHIE NÉLISSE. CANADA 2011

7Invece di entrare in punta di piediin un’aula scolastica, si mettonoin scena vari livelli di tragedia,

nella compostezza dei programmiministeriali canadesi, corpo insegnante disole donne (ma una di queste si impiccain aula con il foulard lasciando nel panicorepresso l’intera classe), uno stileavanzato e per niente autoritario.Quando arriva a sostituire la prof,l’insegnante Bachir Lazhar si vedono infiligrana non solo i due tipi diinsegnamento, ma anche i diversi livelli ditragedia e di compostezza. Film costruitosul filo dell’emotività e dell’eleganzaformale. (s.s.)

MAGIC MIKEDI STEVEN SODERBERGH, CON CHANNING TATUM,MATTHEW MCCONAUGHEY. USA 2012

7Una commedia romanticaSoderbergh, ispirata alla vita delsuo protagonista, Tatum, anche

lui spogliarellista da ragazzino, checapovolge lo spettacolo che si è abituati avedere, quello delle Showgirls davanti aimaschi, senza retorica, e senza calcare lamano. Ciascuno nel gruppo ha il suosogno, Dallas vuole sfondare a Miamiinvestendo soldi in una grossa proprietàimmobiliare, Mike vuole diventareimprenditore progettando mobili e Kid sigode i suoi diciannove anni. Ma è lascrittura del maschile il terreno di sfidadel film: il racconto dell'Xquisite entranelle modalità di un essere «tra maschi»altamente erotizzato. E non siamonemmeno dalle parti degli operai che sispogliavano per reagire alladisoccupazione (Full Monty). Lascommessa è invece la messinscena delsesso, e del desiderio, «maschi cheguardano i maschi» l'uso del corpo senzaalcun moralismo. (c.pi.)

IL ROSSO E IL BLUDI GIUSEPPE PICCIONI, CON MARGHERITA BUY,RICCARDO SCAMARCIO. ITALIA 2012

7La sfida mnemonica in versi tra iprofessori Fiorito (RobertoHerlitzka), il veterano disilluso, e

Prezioso (Riccardo Scamarcio), il giovanesupplente ancora idealista, dà il via allasonata per coro e orchestra di GiuseppePiccioni nel nome di Edmondo DeAmicis, alla ricerca di una «unità d'Italia»che qui si festeggia, 150 anni dopo, moltoamaramente. Il romanzo omonimo diMarco Lodoli, scrittore e insegnante, dacui è tratto il film, ha infatti comesottotitolo «Cuori ed errori nella scuolaitaliana». La scuola di Piccioni, presideMargherita Buy, è il perimetro della vita,un luogo sottratto al cinismo dovel'illusione è l'unico sentimento ammessoalle superiori. È tutto punteggiato disonetti e di ostentati richiami a GiacomoLeopardi, fiori nel fango di ragazzettiignoranti, cuffie in testa, cellulare in manoe totale disinteresse, funzioni o nonfunzioni il proiettore o la lavagnamultimediale. Interludi allucinatori,infiltrati nel reale di un film che la Mostradi Venezia si è lasciato stranamentesfuggire. (m.c.)

A CURA DISILVANA SILVESTRICON MARIUCCIA CIOTTA, GIULIAD’AGNOLO VALLAN, ARIANNA DIGENOVA, MARCO GIUSTI,CRISTINA PICCINO, ROBERTOSILVESTRI

BERGAMOSCIENZABERGAMO 5 - 21 OTTOBRE 2012Dal 5 al 21 ottobre 2012 si svolge la Xedizione della rassegna di divulgazionescientifica BergamoScienza.Conferenze, spettacoli, laboratori,numerosi ospiti internazionali, incontricon premi Nobel e scienziati di famainternazionale, mostre a cominciare daquella dedicata allo Spazio, nell’exconvento San Francesco: «More Spaceto Space», realizzata da AssociazioneBergamoScienza in collaborazione conAsi, Esa e Nasa. E ancora «Tutti iluoghi di Marte», «i lati oscuridell’universo». L’evento si svolge nei luoghi più belli della Città Alta e Città Bassa,dal Teatro Sociale alle dimore e ai palazzi storici, oltre a chiese, chiostri e musei.Tra gli ospiti di questa edizione: tre Premi Nobel per la Medicina e Fisiologia:Bruce Beutler (Premio Nobel 2011), Linda Buck (Premio Nobel 2004) e James D.Watson (Premio Nobel 1962), la giornalista scientifica premio Pulitzer DeborahBlum; la geologa Linda Elkins-Tanton; il biologo Stuart Firestein; l’ingegnereMamoru Kawaguchi; il neurobiologo Simon Laughlin; i genetisti Milan Macek e IanWilmut; i neuroscienziati Alan Sanfey e Semir Zeki; il fisico di medicina nuclearePat Zanzonico. (s.s.c.)

CANDYUK, 2012, 3’22”; musica: Robby Williams; regia:Joseph Kahn; fonte: DeeJay Television

7Williams in abito rosa e aureola èl’angelo custode di unasprezzante e affascinante fanciulla

che cammina distrattamente per le stradedigitando sul suo I-Phone. Il povero e«candido» Robby pur di salvarla da millepericoli, viene schiacciato da autovetture,infrange vetrine, si becca calci e pugni,infine prende fuoco. Girato con grandeeleganza e scioltezza e una marea di effettispeciali, il video del singolo Candy cheannuncia l’uscita del nuovo album dellapopstar inglese è firmato dall’abilissimoKahn, autore - non a caso - di un clipabbastanza simile, Misery, realizzato dueanni fa per i Maroon 5.

STARSHIPUsa, 2012, 4’22”; musica: Nicki Minaj; regia: AnthonyMandler; fonte: DeeJay Television

6L’unico riferimento al titolo dellacanzone è dato dall’astronave chevediamo nell’incipit avvicinarsi ad

un’isola delle Hawaii e su questi sfondinaturali si esibisce la cantante afro-indiananaturalizzatasi statunitense. Ma la partepiù interessante di Starship è la seconda,quando la coreografia della Minaj vienedecostruita in una texture di immaginifluorescenti e caleidoscopiche, dove icorpi si moltiplicano prismaticamente;Mandler lavora sul rovesciamentopositivo/negativo e sulla modificazionedella cromìa (dominano i blu, rossi eviola), con riferimenti un po’ al cinemasperimentale e un po’ al cinema pop deglianni sessanta.

ESHGH E SORATIran, 2007, 5’20”; musica: Kiosk; regia: Kia Sohrabi;fonte: Youtube

1L’idea non è nuova ma fa un certoeffetto vederla applicata in questovideo dei Kiosk, una delle rock

band più popolari in Iran. Le frasi dellacanzone – il cui titolo vuol dire «amoreper la velocità» e dà anche il titoloall’album che lo include –, vengonocantante da decine di persone «catturate»per le strade di Tehran: soldati, tassisti,fruttivendoli, meccanici, uomini, donne,giovani e anziani. Insomma un playbackcondiviso e partecipato che ha la forzadell’autenticità.

E RAFFAELLA È MIAItalia, 2007, 4’; musica: Tiziano Ferro; regia: GaetanoMorbioli; fonte: Youtube

1Tiziano Ferro nei panni delconduttore tv presenta TizianoFerro cantante che si esibisce in

una tipica scenografia anni ’70. Nel salottodi casa – anche questo dominato dalclassico design modernista del decennio edalla carta da parati kitsch – un terzoTiziano Ferro, giovane spettatore e fan diRaffaella Carrà, guarda la trasmissione.L’icona mediatica per eccellenza amata finda piccolo dal cantautore di Larina,ovvero la Carrà (in carne ed ossa), simaterializza nel suo appartamento mancofosse la madonna. Sulla musica dance diFerro, Morbioli si scatena, mescolandonarrazione, coreografia, effetti speciali esaltando da un livello all’altro dellarappresentazione, lavorando con il purovintage visivo.

RAFFAELLAIN SALOTTO

MAGICO

I FILM IL FILMREALITYDI MATTEO GARRONE, CON CLAUDIA GERINI, ARTURO GAMBARDELLA, NUNZIA SCHIANO, CIRO PETRONE,LOREDANA SIMIOLI, ANIELLO ARENA, ANGELICA BORGHESE, NANDO PAONE. ITALIA 2012Farsa tragica (Garrone la definisce fiaba), che fu a Cannes ma esce solo adesso. Da undelirante matrimonio camorrista tra mostri e livree dove sbuca l’idolo catodico localedel momento, arriveremo al rito pop nazionale per eccellenza: il set tv acceso 24 ore su24 del format più glorioso. Al centro la nostalgia di una vita da ballatoio socializzato,dove tutti aiutano tutti, fino al grande sogno di «potere individuale» che conduce allaparanoia, alla deviazione inammissibile: regalare i propri beni ai poveri... Il destino diIrene, la Ingrid Bergman di Europa 51, rivisto 60 anni dopo. Come farsa. Solo che nelcinema che ci avvince, che rivoluziona l’esistente, disgusta il minimo comundenominatore, inventa un altro mondo. Luciano, disadattato, fa solo concessioni, èauditel compatibile. E il film che vediamo è un perfetto «reality show». Non la sua criticamagica. Quando infatti Luciano si situerà fuori dal consesso civile - e si ritroverà propriodentro quella «prigione» - tocca, immagina e gode della «profondità della vita», soffredella sua superficialità. E Garrone con lui. Ironia della sorte, è un ergastolano vero ainterpretare Luciano. È Aniello Arena, attore della compagnia del carcere di Volterra,che agganciare dramma e farsa, lento e veloce, mescolando in maniera stupefacente«tipico», «universale» e «individuale» Eccentrico, comunque, e anacronistico, nel cinemaitaliano avere pietà per i «mostri» senza sensi di colpa, prodotti dal neoliberismo. È ilpopulismo senza sensi di colpa di Garrone a essere criticabile. (r.s.)

JAN SVANKMAJERROMICS, FESTIVAL DEL FUMETTOROMA, NUOVA FIERA DI ROMA, 29-30/9Dal ricco programma di Romics, ilfestival dell’animazione che offre lanuova produzione italiana, i classici, ifilm da vari paesi del mondo, Gavioli eZavattini, Bessoni e Pazienza e le piùsvariate tecniche, da quella tradizionale,alla tecnica della sabbia fino al 3D,ritagliamo lo spazio dedicato al maestrodell’avanguardia cecoslovaccaSvankmajer che nell’88 folgorò ilpubblico (straniero) con Neco z Alenky’(Qualcosa di Alice) il suo primolungometraggio. RaroVideo nel 2009 ha pubblicato il cofanetto «Il mondo di JanSvankmajer» (2Dvd), contenente 14 cortometraggi dell’autore realizzati tra il 1964 el’89 con un testo critico a cura di Bruno Di Marino più saggi, schede dei film e unaconversazione con il regista. Ha poi pubblicato anche il dvd Alice (Neco z Alenky) chesarà presentato da Bruno Di Marino con Gian Luca Curti a Romics in anteprimaitaliana domenica 30 settembre alle ore 12 (sala B L’Officina del fumetto 2Padiglione 12) mentre oggi alle 17 (stessa sala) presentano i quattro corti Byt,(L’appartamento), ’68; Tichý týden v dome (Una tranquilla settimana in casa), ’69;Moznosti dialogu (Possibilità di dialogo), ’82; Tma-svetlo-tma (Buio - luce - buio) ’89.

CLOWN&CLOWN FESTIVALMONTE SAN GIUSTO (MC) 30 SETTEMBRE - 7OTTOBRELa settima edizione del più grande festivalinternazionale di clownerie che si tiene aMonte San Giusto, «Città del sorriso».Con i clown di tutti i tipi, ospiti ancheEnzo Iacchetti, il primo clown dottoreMichael Christensen, Bustric, LeandreRibera. Spettacoli in strada e su palco congli spagnoli Leandre Ribera e Trukitrek,l’argentina Veronica Gonzales, il persianoSaeed Fekri, gli italiani Mo’ Better Band,Mr.David, Lucchettino e con la secondaedizione del Premio Takimiri per artisti distrada, presidente della giuria Lino Banfi. Centinaia di clown-terapeuti rappresentanti didecine di associazioni con la Federazione Nazionale ClownDottori che organizzaconvegni, workshops e la sua assemblea annuale. Workshops, incontri con le scuole,mostre fotografiche, StreetFood, yoga della risata in piazza e 25.000 nasi rossi indistribuzione. Il 30 settembre «Partita del cuore» triangolare a favore della Croce Verdecon la «Nazionale Clown&Clown Festival», gli «Amici della Croce Verde»(amministratori locali e vecchie glorie del calcio) e la «Nazionale Angeli della Tv»,(«Nazionale Italiana Amici»). Gran Gala della risata il 5 ottobre, il 6 concorso per artistidi strada, quindi la notte bianca con spettacoli e il gran concerto di Peppe Voltarelli,domenica 7 premiazioni e «Rimbalzi di gioia» a chiusura della manifestazione. (s.s.c.)

SINTONIE

INDEPENDENT FEATURE PROJECT

L’IndependentFeature Project(Ifp) ha organizzatoal Lincoln Centerdi New York City,la sua 34esimaSettimana dedicataai filmmakers«indie» d’America

CINEMA

La Conventiondegli alternativi

di DONALD RANVAUDNEW YORK

●●●L’Independent Feature Project(Ifp) raccoglie la maggior parte deifilm-makers statunitensi da unaventina d’anni e crea una serie dieventi durante l’anno per trovarefondi o diffondere il proprio lavoro inun paese che aldilà dei vari tax creditsdei singoli stati (New Mexico 35%,Michigan 42%, Louisiana 30% etc)non possiede fondi «culturali»significativi, né trattati dico-produzione con altri paesi chepermettano agli investitori di trovaredegli ammortizzatori consistenti perle proprie scelte. Per questo, neglianni, e grazie anche alla propriarivista (l’eccellente IndependentFilmmaker magazine) questaorganizzazione è diventato il puntofocale di un movimento che continuaa sfornare una quantità gigantesca diprototipi che poi vengono lanciati dalSundence, dal South by Southwest e,più recentemente dal festival diTribeca, diventato un distributorericonosciuto in tempi grami perproduttori e sale cinematografiche.

La 34esima Independent Film Week,che si è appena conclusa è la punta didiamante della IFP ma è solo uno deicinque appuntamenti annuali diquesta associazione «non profit». Glialtri quattro, articolati durante l’anno,sono Envision, occasione che sempredi più coinvolge e attira broadcasterse internet; il fondamentale Labassieme a Script to screen che ricalcal’esperienza di Sundance Lab(laboratori di perfezionamento dellesceneggiature) e i sempre piuimportanti Gotham Awards che congli Independent Spirit Awards diSanta Monica sono diventatil’alternativa agli Oscar ufficiali. Nataal confine con Houston street nellaparte nord di SoHo, dove regnaval’informalità e l’improvvisazione,questa edizione dà l’impressione diavere raggiunto non solo il cuore dellacultura newyorkese in sensogeografico (è infatti ospitenientepopodimeno che del LincolnCentre) ma anche una maturità checorrisponde alla necessità di renderel’incontro un fattore molto praticonell’evoluzione del digitale e nellacaccia a possibili finanziamenti. Inquesto senso ha messo da partel’ansia di mostrare primizie e novitàgià finite che poi squalificherebbero lapossibilita di andare al Sundance e inaltri festival sempre più rigidi nelvolere prime assolute, perconcentrarsi su quelle ancora dafare…..In un altro senso però questopuò anche essere visto come unritorno alle origini, essendo nato nel1979 come una costola del New YorkFilm Festival (da sempre al Lincolncentre) che per sua natura non è unavetrina del cinema indipendenteamericano ma si limita (si fa per dire)ad essere il resoconto ufficiale eannuale dello stato delle cose «arthouse». Per questo la distanzageografica nella città era una specie dilinea di demarcazione e le esigenze di«mercato» dei filmmaker venivanorelegate a una zona franca che in unprimo tempo aveva la velleità diproporre un fitto programma di operaindie all’ Angelica Centre.

Ma come ci dice Joana Vicente,l’affascinante e molto amata, perché

brava e dinamica, direttrice esecutiva(nonche produttrice assieme almarito Jason Kliot): «Nonostante unfitto programma di proiezioni - e cisiamo smarcati dal festival di NewYork anticipando le date - la nostramissione principale è quella di esseresul cutting edge, sul filo del rasoio, ditutti gli aspetti tecnologici, e non solo

nella produzione, e di essere utili ainostril membri in maniera moltoconcreta». Joana è nata a Macao econosce molto bene le colonieportoghesi avendo lavorato anche inMozambico, a Madeira e intelevisione politicizzandosi fino apropiziare, tra l’altro, la campagnaelettorale di Mario Soares nei tempiimmediatamente successivi alla«rivoluzione dei garofani». La suaattività politica l’ha poi portataall’Onu e a New York dove haincontrato il marito Jason Kliot(membro della giuria Orizzonti allaBiennale di Venezia 2012) e dal 2004al 2008 è stata l’anima di Hd Net Filmsdi quel Marc Cuban che poi ha creatoMagnolia e che rimane forse la piùintraprendente tra le distributriciamericane anche se il cuore delmilionario è decisamente più vicinoalla squadra di basket dei Mavericksdi Dallas che ha rilevato e portato allavittoria dopo anni di frustrazione edisappunto. «In quel momentoeravamo sulla cresta dell’onda delcambio prodotto da Internet e

abbiamo avuto le risorse per poteresperimentare e apprezzare anche lequalità che il digitale ha poi portato atutta l’industria - prosegue Joana - maadesso sono molto contenta di potereessere un catalizzatore per gli altri edare a tutti le possibilità di capire afondo tutti gli aspetti del businesscome si sta evolvendo. Sicuramentetornerò alla produzione e mio maritoè molto attivo ancora in questo equindi non sento tanto la mancanzadella guerra sul campo!»

I progetti in cerca di partecipazionesono ben 160 e uno dei quattro giorniè dedicato interamente al MixedMedia, attirando la presenza anche di

direttori di eventi ormai beneaffermati come Power to the pixel diLiz Rosenthal e di quei filmmakersche bazzicano più nelle biennali e legallerie d’arte piuttosto che nelle salecinematografiche. Nella nutriteconferenze invece spiccano lapartecipazione di Slated, uneccellente sito piuttosto evoluto per ilfinanziamento di film al quale peròdevi essere invitato da due membrigià appartenenti in capacità diinvestor o di producer/director con igallon acquisiti in guerra… Questaraffinata Linkedin sta crescendorapidamente e non ha le restrizioni diKickstarter dove tu proponi diraccogliere diciamo 100.000 e la gentecomincia ad appoggiare il progetto inbase a quello che offri comepartecipazione e se entro un meseraggiungi la quota preposta tuttodiventa contrattuale, sennò non c’èvincolo per nessuno….. Su Slated unproduttore può proporre un discorsopiù articolato (e in generale molto piuconsistente a livello di budget) eincontri un sacco di persone,

sicuramente molto interessanti, chepossono investire o trovare il modo difare investire altri e il sito non prendenessuna commissione per ilmomento……Mentre Kickstarter hagià provveduto a trovare e chiudereun volume di investimento di 70milioni in tre anni, Slated ha appenacominciato da 6 mesi e si propone diraggiunge una centinaio di milioni inun solo anno. Tra gli altricrowdfunders spiccano quelli creatiper far sì che lo sforzo produttivo nonsia stato in vano e mettono adisposizione sofisticate operazioni dimarketing o di patrocinio che alla findella fiera va sempre a finire nelpotenziale cimitero dell’internet manel suo percorso ha buone possibilitàdi essere notato da sufficienti personeben disposte che gratificheranno ilrisultato e daranno speranza per ilfuturo. L’evento clou comunque èstata la duplice intervista condiscussion dei due veterani dellaproduzione independente JamesSchamus e Christine Vachon.Abilmente intervistati da JoanaVicente i due hanno rivelato, congrande disponibiltà e sense ofhumour molti segreti del mestiere inuna affascinante carrellata sul cinemache si è affermato nonostante tutto eche ora li mette in condizione di farela differenza. Allo stesso tempo laumiltà e l’interesse sempre vivo per levere idee rendono questi dueimprenditori dei modelli non solonelle scelte artistiche (sempre piùdifficili nel contesto per James cheoltre a essere capo di Focus Featuresinsegna anche alla Columbia) masoprattutto nelle loro qualità umane.Le sezioni parallele offronol’opportunità di fare dei «Pitch»efficaci e ben preparati (grazie ancheal loro Lab e allo Script to screen) e lapossibilità in due intensissimegiornate di incontrare produttori,finanziatori tra il mecenate e ilgiovane avventuriero che ancorasopravvive qui e sopratutto on theEast Coast (benedetti loro) ma anche«key players» dell’industria comeAlain de La Mata di Wild Bunchoppure rappresentanti di MatchFactory e Celluloid nonché tutto ilventaglio delle compagnie Usa.Inoltre nel film maker’s loungespiccano anche la presenza dellaToscana film commission che sidimostra molto attiva e ha stabilitouna testa di ponte in questa città, maanche altre istituzioni governative(colombiana, brasiliana) chepromuovono i loro fondi che sempredi più ospitano film in linguaspagnola ma con talent al nord dellafrontiera. Utile menzionare inchiusura che tra gli sponsor spiccanola Royal bank of Canada e Hbononché le poche organizzazioni comeNational endowment for the arts e idipartimenti culturali della citta diNew York. E uno si chiede ma chec’azzeccano i canadesi in tuttoquesto? Come dice la canzone delfamoso musical….quando non sai chiè il colpevole di qualcosa di stranoblame it on Canada!

Il logo dell’Independent Feature Project (Ifp)e di «Power to the pixel» di Liz Rosenthal.E alcune foto scattate durante la 34esimaSettimana del cinema indipendente

(16) ALIAS29 SETTEMBRE 2012