Akhtamar Numero 171

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1 Akhtamar on line WWW.COMUNITAARMENA.IT Anno 9, Numero 171 1 gennaio 14—XCIX M.Y. Akhtamar on line Le deportazioni degli ar- meni nel 1915 sono state disumane e la Turchia non le hai mai sostenute”. Se voleva gelare i suoi in- terlocutori, nel caso i gior- nalisti del quotidiano turco Hurriyet che lo stavano intervistando, Ahmed Da- vutoglu ci è risucito benis- simo. Vuoi per il freddo pungente di metà dicembre, vuoi perché quelle parole sono state pronunciate niente di meno che a Yerevan, capi- tale della “odiata” Armenia dove il ministro degli Affari Esteri di Turchia si era re- cato per partecipare ad un meeting del Consiglio di Cooperazione Economica del Mar Nero. Vuoi sopratutto perché il termine “deportazione” riferito agli armeni suona sempre strano nella bocca di un turco. Alla vigilia della visita di Davutoglu (tutt’altro che scontata, pare non se ne dovesse fare niente) nulla lasciava presagire possibili novità nelle relazioni fra i due stati. L’Armenia si era affrettata a dire che non vi sarebbe stato alcun incontro con il presidente ... (segue pag.2) Bollettino interno di iniziativa armena Prove tecniche anti tsunami 1-2 L’antologia delle falsità 3-4 La voce dell’Artsakh 5 Qui Armenia 6 Ricciulli nuovo ambasciatore in Armenia 7 Sommario PROVE TECNICHE ANTI TSUNAMI

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Anno 9, Numero 171

1 gennaio 14—XCIX M.Y. Akhtamar on line

“Le deportazioni degli ar-meni nel 1915 sono state

disumane e la Turchia non

le hai mai sostenute”. Se voleva gelare i suoi in-terlocutori, nel caso i gior-nalisti del quotidiano turco Hurriyet che lo stavano intervistando, Ahmed Da-vutoglu ci è risucito benis-simo. Vuoi per il freddo pungente di metà dicembre, vuoi

perché quelle parole sono state pronunciate niente di meno che a Yerevan, capi-tale della “odiata” Armenia dove il ministro degli Affari Esteri di Turchia si era re-cato per partecipare ad un meeting del Consiglio di Cooperazione Economica del Mar Nero. Vuoi sopratutto perché il termine “deportazione” riferito agli armeni suona

sempre strano nella bocca di un turco. Alla vigilia della visita di Davutoglu (tutt’altro che scontata, pare non se ne dovesse fare niente) nulla lasciava presagire possibili novità nelle relazioni fra i due stati. L’Armenia si era affrettata a dire che non vi sarebbe stato alcun incontro con il presidente ... (segue pag.2)

Bollettino interno

di

iniziativa armena

Prove tecniche anti tsunami 1-2

L’antologia delle falsità 3-4

La voce dell’Artsakh 5

Qui Armenia 6

Ricciulli nuovo ambasciatore in Armenia 7

Sommario

PROVE TECNICHE ANTI TSUNAMI

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Sargsyan, la Turchia aveva tenuto fino all’ultimo tutti in sospeso circa la possibi-lità del viaggio del suo ministro degli esteri. Che poi si era effettivamente presentato all’appuntamento armeno ed aveva avuto un colloquio con l’omologo Nalbandian. Sembrava che tutto dovesse finire così, con un colloquio “franco e cordiale” come sono soliti definire questi incontri i comu-nicati stampa diplomatici. E invece le parole pronunciate dal mini-stro turco, e non a caso in tale particolare contesto, danno alla sua visita un signifi-cato completamente diverso giacché non è difficile scorgere dietro quelle frasi il di-sperato bisogno della Turchia di normaliz-zare i rapporti con il vicino di casa. Calmare le acque … Quello che alcuni commentatori turchi hanno definito lo “tsunami armeno” del centenario del genocidio si sta pericolosa-mente avvicinando. Ed aumenta l’esigenza della Turchia di mostrare il suo lato migliore, giocando d’astuzia, di fino, come la vecchia diplo-mazia ottomana ci ha sempre abituato. Che cosa dice, in poche parole, Davuto-glu? Innanzi tutto comincia ad usare termini fino a poco tempo fa impensabili da parte di un uomo di governo turco. Poi traccia una mappa di passaggi politici ben chiara: la normalizzazione dei rapporti tra Turchia ed Armenia, la normalizzazio-ne dei rapporti tra Armenia ed Azerbai-gian, infine la normalizzazione dei rappor-ti tra armeni e turchi. Si noti il sottile distinguo: un conto sono le relazioni fra gli stati, un conto quelle fra i popoli. E Davutoglu sa benissimo che la Diaspora armena non si è mai accontentata né mai si accontenterà di semplici parole di circo-stanza. Come sa pure che il nazionalismo turco non è mai sopito e per farsene un’i-dea basta dare un’occhiata i post di com-mento sul giornale che ha lanciato l’inter-vista. Il festival del più becero negazionismo turco si ritrova in alcuni commenti (per la verità non molti) nei quali gli armeni del 1915 sono dipinti come terroristi che vole-vano rovesciare l’impero ottomano. Ma quando Davutoglu parla di “giusta memoria” vuol chiaramente intendere che sull’argomento, spinoso e delicatissimo, la Turchia è disposta a cedere: qualcosa, certo non tutto. L’operazione anti tsunami è chiaramente partita e si riallaccia ai tentativi che Anka-ra sta attuando per cercare in qualche

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Akhtamar on line modo di recuperare un ruolo di centralità che negli ultimi tempi le è andato sfuggen-do. Il suo bisogno di ristabilire relazioni cor-diali con il vicino è direttamente propor-zionale all’interesse di non affrontare a viso aperto la data del 24 aprile 2015. Ecco perché la Turchia sta provando a convincere l’Azerbaigian a raggiungere un accordo con l’Armenia sulla questione karabakha. Il ministro turco ha detto chiaramente che non avrebbe senso riaprire il confine con l’Armenia se poi un inasprimento del con-tenzioso tra armeni ed azeri dovesse porta-re ad una nuova chiusura con gli stessi. Quindi ritorniamo al solito motivetto: fate pace con gli azeri (soddisfandoli il più possibile …), poi riapriamo il confine turco armeno ed infine vi diamo un con-tentino anche sul Genocidio; il tutto, pos-sibilmente, nel giro di qualche mese per-ché la data del 2015 si avvicina pericolo-samente ed un conto è presentarsi come un Paese che si sta “pentendo” del passato e sta facendo pace con i nemici di un tempo, un conto è apparire al mondo come uno stato negazionista che ancora tiene addirit-tura chiusa la frontiera con l’Armenia. Ora, intendiamoci: siamo, saremo, tutti ben felici che l’atavica questione venga risolta, che tra turchi, armeni ed azeri scoppi finalmente la pace. Ma, come abbiamo più volte ribadito, non siamo disposti ad accettare scomodi accor-di o svendite di fine stagione. Che il compromesso debba infine regolare la soluzione delle controversie lo sappia-mo; che l’Artsakh potrà finalmente defi-nirsi libero, indipendente e interna- indi-pendenteternazionalmente

zionalmente riconosciuto ma in cambio di qualcosa, lo abbiamo sempre immaginato; che i turchi un giorno ammetteranno l’or-rore del Metz Yeghern senza però fusti-garsi la schiena lo presumiamo. Nelle contese internazionali, anche in quelle fondate su valide ragioni storiche e morali, alla fine si corre sempre il rischio di dover ingoiare qualche boccone amaro. Ma potrà essere solo qualche bocconcino e nulla più giacchè, perdonateci il parago-ne, non sarà certo tollerabile oltre al danno la beffa. Se i turchi, dunque, vogliono fare qualche passo in avanti ben vengano: ma non pen-sino di trovare anime candide disposte a sorbirsi tutto quello che viene propinato loro. Siamo e saremo sempre fautori di una politica di pace e di dialogo, ma ci sia consentita una minima diffidenza verso chi ancora oggi non fa mistero di odio verso gli armeni. I prossimi mesi ci diranno se e come i nostri interlocutori saranno animati da buone intenzioni. Altrimenti le frasi da Davutoglu, sotto la neve di Yerevan il tredici dicembre 2013, saranno state null’-altro che folcloristiche dichiarazioni di circostanza. Detto questo, buon 2014 a tutti i nostri lettori, a tutti gli armeni, a tutti gli ita-liani; e pure a loro...

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La propaganda dell’Azerbaigian è conti-nuamente al lavoro per mistificare la storia nel vano tentativo di convincere l’opinione pubblica che, nella disputa con gli armeni a proposito del Karabagh, gli azeri hanno ragione, mentre è arcinoto che essi hanno soltanto torto marcio. Oltre alla politica del caviale ed al supporto che ad essa conferi-scono i petrodollari azeri, generosamente offerti a politici, giornalisti, intellettuali, studiosi ed imprenditori disposti a vendersi per trenta denari, vi è anche la politica della falsificazione storica con la pubblicazione di libri aventi la pretesa di essere scientifici. Uno di questi è “Il Nagorno-Karabakh nella storia dell’Azerbaigian” di Johannes Rau, pubblicato per le Edizioni Nuova Cultura di Roma nel 2011. Sulla copertina campeggia anche il logo dell’università Sapienza di Roma, dato che Antonello Biagini e Daniel Pommier Vin-celli, di questa università, sono gli autori della prefazione di questo libro; mentre in una pagina interna è scritto che esso è stato pubblicato nell’ambito del progetto PRIN 2009 “Imperi e nazioni in Europa dal XVIII al XX secolo”. Da un libro così blasonato uno si attenderebbe una seria ed approfon-dita disamina della materia in questione, ma, nonostante le lodi sperticate che i due curatori italiani fanno dell’autore, chiunque legga questo libro dovrà rimanere deluso. Innanzitutto, contrariamente a quanto solitamente avviene nel caso di pubblica-zioni simili, non vi è nessuna indicazione sull’autore e sul suo eventuale curriculum scientifico. Solo dalla prefazione si viene a

conoscenza che l’autore è tedesco e una nota a pie’ di pagina ci informa che ha pubblicato un libro in tedesco sul conflitto del Karabagh. Il volume “Il Nagorno-Karabakh nella storia dell’Azerbaigian” è stato tradotto in italiano, dato che è citato il nome del traduttore, ma non è indicato da che lingua sia stato tradotto. Né vi è indicazione del suo titolo originale e degli altri elementi bibliografici. Dato il conte-nuto si dovrebbe supporre che sia stato scritto in azero, poiché non si differenzia minimamente dalle pubblicazioni azere che trattano questo argomento. La prima cosa che risalta all’occhio del lettore di questo libro è l’enorme trascura-tezza con la quale è stato scritto ed anche tradotto. Nelle 382 pagine del libro vi sono più di 300 fra errori, falsificazioni e comunque notizie inesatte. Cominciando da queste ultime, nel ripor-tare i nomi di luogo o di persona armeni, non si sa perché, a volte vengono citati in russo, in tedesco o in turco o sono storpia-ti. Mentre sarebbe più logico che i nomi di armeni fossero riportati in armeno o, es-sendo il libro in italiano, fossero tradotti in questa lingua e non in turco, russo o tede-sco. Per citare qualche esempio: la capita-le dell’Armenia, Yerevan, viene citata come Erivan, in turco (pag.29), il toponi-mo Khacen è citato come Khacin (pag. 43), S. Gregorio l’Illuminatore è citato come Gregorio l’Illuminato (pag.62); il patriarca Elia è citato come Ilija, alla russa (pag.63), il patriarca armeno Mikael di Sebaste viene citato alla russa Michail Sewastijskij(pag.66); lo stesso dicasi di un altro armeno, Abgar di Tokat, citato come Abgar Tokatskij (pag. 66). Il nome dell’-Armenia, in armeno Haiastan è divenuto Gajastan (pag. 95), probabilmente perché nella traslitterazione dei nomi dall’armeno al russo la “H” aspirata armena viene tra-slitterata con la “G”. La dinastia imperiale bizantina nota come Isaurica è scritta Isa-wrier, in tedesco(pag. 102); la regina Ta-mara di Georgia è scritta “Tomara”(pag. 105); nella stessa pagina 143 il nome dello stesso principe una volta è scritto Mejlum e quattro righe sotto Meschlum. Il nome dello ieromonaco Malachia, autore di una storia dei mongoli è citato “Moench Ma-gakija” in tedesco (pag. 171). A pagina 200 la nota a pie’ di pagina numero 25 (di otto righe) è completamente in tedesco. E così si potrebbe continuare per molto, ma mi fermo qui per ragioni di spazio. Un altro aspetto “interessante” di questo

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libro è la più crassa ignoranza che l’autore dimostra a proposito della materia trattata. A pagina 65 confonde il termine “catho-licos” (il titolo del patriarca armeno e di altri patriarchi orientali) con il termine “cattolico” (fedele della chiesa di Roma). Un’altra “chicca” è a pagina 62 ove è scritto testualmente “Il battesimo degli armeni ebbe luogo nel 29-30”. Quindi gli armeni, oltre al record di essere la prima nazione cristiana del mondo, ne detengono un secon-do, cioè quello di essere divenuti cristiani prima ancora che Cristo cominciasse a predi-care! Altro errore a pagina 236 ove scrive che le province di Shahumian e Lacin furono annesse alla Regione Autonoma del Kara-bagh Montano nel 1921, mentre nella realtà la provincia di Shahumian fu annessa al Karabagh con la proclamazione dell’indipen-denza della Regione nel 1991. L’autore di-mostra di non conoscere nemmeno la geo-grafia delle regioni di cui parla dato che a pagina 108 afferma che le città di Akhalka-lak e Akhaltzikha sono nel Daghestan, men-tre si trovano nella Georgia meridionale. A pagina 317, poi, confonde l’Armenia con la Mesopotamia, affermando che quella si tro-vava fra il Tigri e l’Eufrate. Altra confusione geografica a pagina 71 dove il patriarca ar-meno viene citato come “patriarca amari-co”; evidentemente l’autore confonde l’Ar-menia con l’Etiopia. A proposito del confine armeno-turco,

chiuso dal 1992, scrive che è chiuso dal 1932 (pag.297). A pagina 205 afferma che la Repubblica Armena fu proclamata il 30 otto-bre 1918, mentre la proclamazione avvenne il 28 maggio dello stesso anno. A pagina 210 cita Talat pascià come ministro degli esteri dell’Impero Ottomano, mentre era ministro dell’interno (poi divenne primo ministro). A pagina 225 cita che il 29 maggio 1918 il ministro dell’interno dell’Armenia si chia-mava Gadschinskij, mentre in realtà era Aram Manughian. Altro errore a pagina 194: Gamsaragan (Costantin) era vice console russo a Van, e non a Vienna come scritto in questo libro. A pagina 195 cita la “Costituzione Nazionale Armena” dell’Im-pero Ottomano dicendo che fu ratificata nel 1863 dal Sultano Abdul Hamid, mentre il sultano era Abdul Aziz, mentre Abdul Ha-mid salì al trono solo nel 1876. Un’altra “chicca” riguarda l’etimologia di Ecmiadzin, la sede patriarcale della Chiesa Armena, per la quale il nostro propone “Üc muezzin” (in turco: tre muezzin). Ma il piatto forte di questa pubblicazione è

costituito dalle mistificazioni storiche, dalla

L’ANTOLOGIA DELLE FALSITÀ di Esse Il nostro amico Esse ha voluto sfidare la sorte. Per nulla preoccupato delle abbuffa-

te natalizie ha deciso di rischiare il mal di

fegato andando a recensire un libro pieno

zeppo di falsità. Lui stesso si è posto il

dubbio se valeva la pena pubblicizzare tale

volume.

Ma abbiamo convenuto che era necessario

giacché non si tratta di un testo qualsiasi

ma di un libro “benedetto”, certificato, da

professori de La Sapienza di Roma.

Ed allora il messaggio che mandiamo re-

censendo questa porcata di libro (ci perdo-

nino i maiali…) è che occorre vigilare con

la massima attenzione giacché i casi sono

due: o la politica del caviale ha raggiunto

anche gli atenei italiani oppure qualche

docente italiano ha bisogno di una bella

ripassata di storia. Fatto questo molto

grave dal momento che è proprio quello il

campo di suo insegnamento...

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falsificazione di sana pianta di fatti ed avvenimenti, dall’invenzione di eventi mai accaduti, evidentemente usufruendo di una grande fantasia, resa ancora più fervida dopo essersi abbeverato agli studi(si fa per dire) dei vari Goebbels azeri. E qui l’autore ha dato libero sfogo alla sua fantasia inventando e falsificando a man bassa. Per esempio a pagina 59 viene cita-to un testo del noto filologo Manug Abe-ghian affermando che, secondo questo autore, gli armeni sarebbero comparsi nel Caucaso solo nel XIX secolo d.C. mentre in realtà, nel testo citato, Abeghian affer-ma che gli armeni erano giunti nella valle del Kura, e cioè in pieno territorio dell’at-tuale Azerbaigian, già nel secondo secolo a.C.! Un altro falso (pag. 58) riguarda l’affermazione che nel 1810 nel Karabagh vi fossero 9500 famiglie azere, mentre in realtà in totale le famiglie erano 4000, e quasi tutte armene. L’autore racconta così tante frottole che se le dimentica e con-traddice ciò che aveva poco prima affer-mato, come quando dopo aver detto, a pagina 175, che nel 1915 si erano trasferiti nel Caucaso 400.000 armeni, tre pagine dopo afferma che fra il 1914 ed il 1916 nel Caucaso si erano trasferiti 350.000 arme-ni! E poi una vera e propria serie di balle come quella (pag. 210) che i soldati arme-ni dell’esercito russo nella prima guerra mondiale erano disertori dell’armata turca; oppure che l’estensione dell’Armenia di oggi è di 298.000 chilometri quadrati (pag.225) mentre in realtà è un decimo di questa cifra; oppure(pag. 237) che gli armeni del Karabagh nel 1921 fecero ri-chiesta di far parte dell’Azerbaigian, quan-do in dieci successive assemblee plenarie la popolazione aveva fermamente rifiutato di essere annessa all’Azerbaigian. Oppure(pag.245) che nel XIX secolo 400.000 armeni furono trasferiti nel Karabagh. E’ evidente che l’autore cerca di “spararne” una più grossa dell’altra poiché pensa che una grossa bugia è più credibile di una piccola, ed allora giù a inventarne sempre di più grosse, come quella secondo la quale (pag.34) i russi avrebbero fornito missili con testate nucleari all’Armenia. Continuando a distorcere i fatti, l’autore afferma (pag. 282) che il Karabagh ha avuto un grande sviluppo durante il perio-do sovietico; dimenticandosi di aggiunge-re che lo sviluppo ci fu solo nei centri abitati da azeri, per favorirne l’immigra-zione a scapito della popolazione autocto-na armena che fu trascurata e discriminata. A pagina 263 parla dei danni culturali che, secondo lui, gli armeni avrebbero recato agli azeri, ma non fa neanche un cenno alla distruzione del cimitero armeno di

Giulfa, avvenuto pochi anni fa. Lo stesso dicasi a proposito del massacro degli ar-meni di Baku (pag. 339) nel 1990 definito come “disordini”; o la completa distorsio-ne dei fatti a proposito del massacro di Khogaly (pag.256) che l’autore ascrive agli armeni, mentre, come confessò lo stesso presidente dell’Azerbaigian, fu opera degli stessi azeri. Procedendo a spararne sempre più grosse l’autore afferma, a pagina 153, che i terri-tori storici azeri giungevano fino all’Asia Minore; oppure (pag. 178) che la Repub-blica Armena è stata fondata su territori che non erano mai appartenuti agli armeni; o (pag. 208) che gli armeni si sono stabiliti nel Karabagh provenendo dal Libano. Lo scopo del libro è quello di mistificare la storia per dimostrare il falso. Per questo motivo l’autore afferma che gli armeni non sono gli abitanti autoctoni dell’Arme-nia, che gli azeri sono i diretti eredi degli albani, che gran parte dell’Armenia era Azerbaigian, che la popolazione del Kara-bagh non è mai stata in maggioranza ar-mena ecc. e perciò continuando a sparar-ne sempre più grosse l’autore assegna all’Azerbaigian non soltanto il Karabagh, ma tutta l’Armenia orientale, affermando (pag. 224) che nel 1918 l’Azerbaigian assegnò la regione di Yerevan all’Arme-nia, tanto che questa città ne divenne la capitale con l’approvazione della governo azero (pag. 225). Evidentemente l’autore si dimentica che non è l’Armenia ad usur-pare territori azeri, ma è l’Azerbaigian che ha usurpato dei territori armeni. Non per nulla la capitale azera, Baku, deriva da un termine armeno . Per avallare le sue affermazioni l’autore(pag.42), in mancanza d’altro, cita due studiosi (si fa per dire) azeri, Ziyad Bu-niatov, e Farida Mammadova noti per essere dei campioni di mistificazioni sto-riche, o il noto negazionista del genocidio armeno Justin McCarthy, il che è tutto dire. Va infine aggiunto che l’autore non dimentica di lodare il presidente dell’A-zerbaigian (pag.320) e la di lui consorte alla quale riserva una buona dose di incen-samenti (pag.263). Gli esempi di errori e mistificazioni qui citati sono soltanto una piccola parte di quelli presenti che per ragioni di spazio non possono essere tutti enumerati, anche perché ciò richiederebbe un grosso volu-me. Concludendo va detto che questo libro non si differenzia per nulla dalle pubblicazioni propagandistico-mistificatorie edite dall’-Azerbaigian; perciò il suo valore scientifi-co è pari a zero. Può, invece, avere valore come libro di barzellette di genere storico.

Gli armeni, comunque, non hanno da pre-occuparsi per questa pubblicazione, poiché le castronerie che esso contiene sono tali e tante che chiunque dovesse leggerlo do-vrebbe concludere che, se sono questi gli argomenti a favore dell’Azerbaigian, ne consegue che sono gli armeni ad avere ragione. Ma piuttosto sono gli italiani, tutti gli italiani, a doversi preoccupare, poiché devono meditare su come sia possibile che un’università blasonata, come “La Sapien-za” di Roma, si sia prestata ad avallare una simile pubblicazione.

ESSE

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PILLOLE DI SAPERE

A prescindere da ogni valutazione sul volume

che il nostro collaboratore Esse ci ha presentato

(ed al quale va il nostro incondizionato ringra-ziamento per essersi sottoposto volontariamente

a tale tortura…) è un dato di fatto che nelle

università italiane, ed in particolare alla Sapien-za di Roma, viene fornito agli studenti un inse-

gnamento distorto, di parte, fortemente influen-

zato da fattori esterni. Il prof. Antonello Biagini è uno dei curatori che

ha messo la firma nella prefazione del libro di

cui sopra; ha tenuto lo scorso anno un corso dal titolo “Storia, cultura e civiltà dell’Azer-

baigian” che peraltro sembra essere stato can-

cellato dal programma di questo anno accade-mico. Lo scorso 22 maggio è stata addirittura

tenuta in rettorato una “Giornata di studi azer-

baigiani” alla presenza del rettore de La Sa-pienza Luigi Frati, peraltro non nuovo a bazzi-

care ambienti azeri dal momento che è stato in

visita anche a Baku. Scambi accademici, si intende.

Ora ci domandiamo come un insigne cattedrati-

co (prorettore della prima università romana) abbia potuto indicare nella prefazione del libro

di Rau che questo è “un importante contributo per la conoscenza della storia del Caucaso e dell’Azerbaigian”; come abbia potuto scrivere che “Rau ha il merito di sistematizzare e costrui-re una narrazione organica di questa importante materia” o ancora definire il libraccio un “poderoso contributo dello storico tedesco”. Chi ha finanziato questo libro edito per i tipi della casa editrice universitaria? E gli altri che

sono usciti dalla penna dello stesso professore

con tanto di presentazione nella capitale azera? Per non parlare del dott. Daniel Pommier Vin-

celli, assegnista presso il medesimo corso non-

ché anche lui curatore del libro di Rau, che nel suo slancio filo azero arriva a scrivere (Affari

Internazionali, 24.07.12) che “l’Azerbaigian gode di una cattivissima stampa, alimentata anche dalla cosiddetta diaspora armena”… (sic) e si spertica in un apologia dello stato azero. Ma

questi chi li paga? Perché agli studenti deve essere insegnata una storia falsa e di parte?

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MONTSERRAT CABALLE’ PRE-SENTA IL SUO NUOVO DISCO

DEDICATO AD ARMENIA E ARTSAKH

A Parigi, il 12 dicembre, il celebre so-prano spagnolo ha presentato il suo nuo-vo album dal significativo titolo: “Armenia ed Artsakh, un’isola di cri-stianità”. All’evento mondano erano presenti au-torità civili e religiose. Fra gli ospiti anche il presidente Saha-kyan che ha voluto congratularsi perso-nalmente con l’artista che nei mesi scor-si aveva visitato sia l’Armenia che il Nagorno Karabakh. Nella foto Sahakyan si congratula con la cantante, sotto lo sguardo compiaciuto di S.S. Karekin II.

Mente l’Azerbaigian urla al mondo intero la cosidetta “occupazione” dei suoi terri-tori da parte delle forze armene, si dimen-tica che vi sono alcune terre che ben di diritto spetterebbero proprio agli armeni. Non parliamo ovviamente della repubblica del Nagorno Karabakh (che è ormai una dato acquisito dal punto di vista storico e legale), quanto piuttosto di alcune regioni che un tempo costituivano il cosidetto Karabakh settentrionale. Con tale espressione, utilizzata anche quella di Artsakh del Nord, si intendono quei distretti che un tempo costituivano parte dell’Armenia storica, in particolare parte dello stesso Artsakh e di Utik, e che ora si trovano sotto amministrazione a-zera. Ma a prescindere dalla storia antica è do-veroso sottolineare come questi distretti fino allo scoppio della guerra potevano vantare una alta percentuale di armeni che allo scoppio del conflitto sono stati costrettia a scappare in Armenia. Il caso più eclatante è quello della regione di Shahumian dove l’operazione “Anello” orchestrata da Gorbaciov e dagli azeri provocò la fuga degli armeni residenti che costituivano la quasi totalità della popo-lazione.

Ma casi analoghi possono essere riportati nei distretti di Khanlar (attuale Goygol), Shamkhor (Shamkir) e Dashkesan sia pure con percentuali di residenti armeni più basse. A sollevare la questione durante la recente visita del ministro turco Davutoglu in Armenia è stato Grigory Ayvazyan, presi-dente del Congresso degli armeni di Azer-baigian, che nel corso di una conferenza stampa si è pubblicamente appellato ad Ankara affinché eserciti la sua influenza sull’Azerbaigian per far sì che venagano restituiti all’Armenia almeno quattro dei sette territori ora sotto controllo di Baku.

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Le terre armene che l’Azerbaigian deve restituire

la voce dell’Artsakh

CENSIMENTO NEL 2015

Nel 2015 la repubblica del Karabakh Mon-tuoso-Artsakh condurrà un censimento gene-rale della popolazione. Lo ha annunciato il mese scorso il primo ministro Ara Harutyun-yan al termine di un colloquio con il respon-sabile del Servizio Nazionale di Statistica dell’Armenia. L’ultimo censimento si tenne nel 2005 e contò 137.737 abitanti (fra i quali sei azeri, 171 russi, ventuno ucraini e 159 di altre nazionalità). Secondo le previsioni nel 2015 la popolazione dovrebbe superare le 150.000 unità.

Il territorio dell’Artsakh del Nord evidenziato in

rosso per il quale si chiede un parziale ritorno.

Stepanakert sotto la neve, 14 dicembre 2013

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VALICHI DOGANALI Si è riunita nelle scorse settimane la Commissione di stato delle Finanze chiamata a valutare i rendiconti di spesa per le opere di miglioramento dei tre più importanti valichi doganali dell’Arme-nia settentrionale, ossia Bagratashen, Bavra e Gogavan e nel contempo a veri-ficare i lavori già fatti. Il progetto di riqualificazione dei varchi, dal costo di oltre sessantamilioni di euro in parte finanziati dall’Unione Europea, è mirato a garantire standard europei nei processi di transito di persone e merci. FRUTTA E VERDURA ARMENA A fine 2013 l’Armenia ha esportato circa sessantamila tonnellate di frutta e verdura, una cifra doppia rispetto a quella fatta registrare nel 2012. il princi-pale mercato di destinazione rimane la Russia. CALCIO FEMMINILE La nazionale femminile armena di cal-cio è salita al 94° posto nella graduato-ria Fifa migliorando di tre posizioni la sua precedente classifica. Ancora lonta-na dai successi di quella maschile anche la rappresentativa in rosa mostra segnali di ripresa ed ottiene

Lo scorso 14 dicembre, al Museo etno-grafico Pigorini di Roma è stata inaugu-rata la mostra “Il respiro del Mediterra-neo, trame e colori dell’accoglienza” nell’ambito della ricorrenza del cinquan-tesimo anniversario della morte di Um-berto Zanotti Bianco. Alla sua opera meritoria è stato dedicato il convegno ospitato nella sala conferen-ze del museo dell’EUR in buona parte incentrato sull’esperienza del villaggio Nor Arax di Bari che Zanotti Bianco contribuì ad edificare nel 1926 anche con l’aiuto del grande poeta Hrand Naza-riantz. La prof. Anna Sirinian ha tenuto una prolusione sugli armeni offrendo al folto uditorio la possibilità di conoscere da vicino la storia e la cultura di questo popolo. Successivamente il dott. Mirko Grasso è

intervenuto illustrando più detta-gliatamente l’esperienza del villaggio barese nel quale confluirono quei profu-ghi armeni che dopo il genocidio erano stati provvisoriamente ricollocati in Gre-cia non avendo più possibilità di ritorna-re alla loro terra natale. La conferenza si è conclusa con l’intere-vento della prof. Filardi che ha illustrato l’attività di laboratorio tessile di una scuola di Reggio Calabria. Proprio sull’attività di assistenza in Cala-bria si è incentrato un breve documenta-rio trasmesso alla chiusura dei lavori. L’evento è stato organizzato dalla sezio-ne romana di Italia Nostra e coordinato dalla professoressa Cipriani, nonché dalla A.N.I.M.I.– Società Magna Grecia.

un risultato migliore rispetto a Georgia ed Azerbaigian. Per la cronaca l’Italia è dodicesima, gli USA primi. LA UE PREMIA L’ARMENIA L’Unione Europea ha destinato venticin-que milioni di dollari a favore dell’Ar-menia come contributo per le riforme che lo stato ha portato avanti negli ulti-mi mesi nel campo dell’energia, del mercato del lavoro e dell’educazione. Un contributo è stato assegnato anche a Moldova e Georgia. VINO ARMENO Nei primi undici mesi dell’anno l’espor-tazione di vino è aumentata di circa il 70% secondo quanto comunicato in una conferenza stampa dal presidente della “Unione delle cantine armene”, Avag Harutyunyan. La produzione di vino è aumentata del 30% e l’export ha interes-sato soprattutto la Russia. In leggero calo, invece, la produzione del brandy che però ha visto una esportazione di maggiore qualità. SORTEGGI PERICOLOSI Dopo che l’urna aveva inserito Armenia ed Azerbaigian nello stesso girone di qualificazione ai prossimi campionati

europei Under 19, la Uefa è corsa ai ripari ed ha modificato il sorteggio sepa-rando i due contendenti. L’Armenia è finita nel girone di Italia, Serbia e san Marino. Gli incontri si disputeranno ad ottobre 2014 in Serbia. UN ALTRO SOLDATO ARMENO UCCISO DA CECCHINI AZERI! Proprio mentre la delegazione dei mediatori Osce si trovava in visita in Azerbaigian, un’altra gravissima vio-lazione azera del cessate il fuoco ha provocato la morte del ventiseienne soldato armeno Hrant Poghosyan. Il tragico fatto è accaduto il 14 dicem-bre; il ministero della Difesa dell’Ar-menia non ha fornito dettagli sulle modalità dell’aggressione. Dura con-danna per l’ennesima violazione aze-ra che contrasta con gli inviti delle organizzazioni internazionali e dei mediatori. Il 22 dicembre due soldati dell’Eserci-to di liberazione dell’Artsakh sono stati leggermente feriti da l’ennesima violazione azera del cessate il fuoco. Fortunatamente le conseguenza sono state lievi ma rimane la gravità dell’-atteggiamento dell’Azerbaigian.

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Qui Armenia

Il villaggio Nor Arax ricordato al museo Pigorini Azerbaggianate

Trecento miliardi di dollari. Sarebbe questa la astronomica cifra che l’Azerbaigian vor-rebbe chiedere all’Armenia a titolo di “compensazione” per i danni conseguenti alla perdita del Nagorno Karabakh. a spara-re tale importo è stato il presidente del Co-mitato per i rifugiati intervistato dalla tele-visione nazionale. Alla somma si sarebbe arrivati con il contri-buti di esperti internazionali non ben identi-ficati. Ali Hasanov ha altresì dichiarato che se l’Armenia si dimostrasse comprensiva e pronta ad un dialogo sulla questione l’im-porto potrebbe essere ridotto. Come il ricco Azerbaigian possa mai pen-sare di ricavare anche solo un centesimo di quanto richiesto è un mistero che lasciamo ai nostri lettori. Con la certezza però di trovarci di fronte ad un’altra azerbaggianata...

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Akhtamar on line

Ha presentato le proprie credenziali lo scorso undici dicembre a Yerevan al presidente della repubblica Sargsyan. Giovanni Ricciulli è il nuovo ambascia-tore dell’Italia in Armenia. Succede a Bruno Scapini che ha terminato il suo mandato poche settimane or sono. Il giorno prima Ricciuli si era presentato al ministro degli Affari esteri Nalbandian che ha sottolineato la storia millenaria nelle relazioni fra i due popoli ed ha espresso l’auspicio che il lavoro dell’am-basciatore rafforzerà i legami e l’intera-zione fra i due stati. A sua volta Ricciulli ha assicurato che farà il possibile per incrementare la cooperazione fra Arme-nia ed Italia. Nalbandian ha colto l’occa-sione per informare l’ambasciatore italia-no sui recenti sviluppi del contenzioso del Nagorno Karabakh e l’impegno del proprio paese per una risoluzione pacifi-ca della controversia. Anche il presidente Sargsyan, dopo es-sersi congratulato con l’ambasciatore per la sua nomina, ha espresso l’augurio

Bollettino interno a cura di comunitaarmena.it

GIOVANNI RICCIULLI E’ IL NUOVO AMBASCIA-TORE ITALIANO IN ARMENIA

QUESTA PUBBLICAZIONE E’ EDITA CON IL FAVORE DEL

MINISTERO DELLA DIASPORA

il numero 172 esce il

15 gennaio 2014

www.karabakh. i t

Informazione quot idiana

in i tal iano sul l ’Artsakh

BUON NATALE E BUON ANNO ARMENIA! Trentadue metri di altezza, seimila rami, 38.000 luci e oltre 500 giocattoli e pupazzi appesi. Questi dati dell’enorme albero di Natale che il 17 dicembre è stato acceso in piazza della Repubblica a Erevan.

di un proficuo lavoro e di un rafforza-mento delle relazioni fra i due paesi. Al riguardo, dopo aver sottolineato l’ottimo attività dell’ambasciatore Scapini, il pre-sidente ha ricordato la prossima presiden-za UE dell’Italia nel 2014 e confidato in un rafforzamento dei legami con l’Arme-nia.

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