Polizia Penitenziaria - Marzo 2010 - n. 171

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Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. DL n.353/03 conv. in Legge n.46/04 - art 1 comma 1 - Roma aut. n. 30051250-002 Galleggiante, modulare o tradizionale... purchè si costruisca!

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Rivista ufficiale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

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Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. D

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La Copertina

Le diverse tipologie di carcere per risolvere il sovraffollamente degli istituti

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L’EDITORIALE & IL PULPITORiorganizzare la Polizia Penitenziariadi Donato Capece e Giovanni B. De Blasis

IL COMMENTOL’abominevole banalità del male...di Roberto Martinelli

L’OSSERVATORIO POLITICOFunzione riuducativa della penadi Giovanni Battista Durante

PRIMO PIANOCarceri, galleggianti, modulari o tradizionali ...purchè si costruisca

LE FIAMME AZZURRENessun provvedimento per i pensionati! a cura di Lionello Pascone

LO SPORTVancouver e dintornia cura di Lalì

SOCIETà & CULTURAStoria di ordinaria ingiustiziadi Aldo Maturo

Organo Ufficiale Nazionaledel S.A.P.Pe.Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

ANNO XVIINumero 171Marzo 2010Direttore ResponsabileDonato [email protected]

Direttore EditorialeGiovanni Battista De Blasis [email protected]

Direttore OrganizzativoMoraldo Adolini

Capo RedattoreRoberto Martinelli

Comitato di RedazioneNicola Caserta Umberto Vitale

Redazione PoliticaGiovanni Battista Durante

Progetto Grafico e impaginazione © Mario Caputi (art director)

Direzione e Redazione CentraleVia Trionfale, 79/A 00136 Romatel. 06.3975901 r.a. fax 06.39733669

E-mail: [email protected] Sito Web: www.sappe.it

Le Segreterie Regionali del Sappe, sono sede delle Redazioni Regionalidi: “Polizia Penitenziaria - Società Giustizia & Sicurezza”

RegistrazioneTribunale di Roma n. 330 del 18.7.1994

StampaRomana Editrice s.r.l.Via dell’Enopolio, 3700030 S. Cesareo (Roma)

Finito di stampare:Marzo 2010

Questo Periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana

Il S.A.P.Pe. è il sindacato più rappresentativo del Corpo di Polizia Penitenziaria

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PP 171 marzo 2010_Layout 1 25/03/10 11.34 Pagina 3

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Donato CapeceSegretario Generale Sappe

[email protected]

Direttore Responsabile

uando si parla di carcere è sempre molto forte la ten-tazione di sviluppare ragionamenti ispirati a singolieventi o a specifiche questioni che, occasionalmenteed improvvisamente, fanno diventare interessante ildibattito sul mondo penitenziario.

Non bisogna, però, correre il rischio di discutere di questi temisull’onda dell’emozione, trascurando la complessità del car-cere e la sistematicità che dovrebbe caratterizzare eventualiinterventi.

In misura diversa, è ristretto, ma inciascun carcere, un numero di per-sone di molto superiore alla massimacapacità ricettiva degli istituti. Oggi,esiste un eccesso di presenze di circa22.000 detenuti rispetto alla ca-

pienza regolamentare. Questo è quelloche normalmente si dice quando si parla di sovraffollamento.In realtà, non esiste nessuna fonte normativa che dica quantospazio ciascun detenuto debba avere all’interno della cameradetentiva e questo non è un dato poco rilevante.La prima conseguenza derivante da un numero eccessivo didetenuti è, ovviamente, la riduzione significativa degli spazi di-sponibili all’interno della camera detentiva. Questa situazione determina, tanto per dire, l’impossibilità distare in piedi tutti contemporaneamente nello spazio non oc-cupato dalle brande, di scrivere, leggere, di guardare la televi-sione in un luogo diverso che non sia il letto: e tale condizioneè aggravata dal fatto che nelle camere detentive i ristretti tra-scorrono, tranne qualche eccezione, circa venti ore al giorno.

Così, alla riduzione degli spazi conseguono una maggiore pro-miscuità ed una più probabile conflittualità tra gli occupantidella camera detentiva: in sostanza, diminuisce la capacità dirisposta del mondo penitenziario alleistanze dei detenuti come diminuisce lacapacità di assistenza sanitaria.Grandi presenze comportano inevitabil-mente una flessione dei normali mec-canismi di controllo. Con riflessioni sulpiano della sicurezza: crescono così irischi, già molto presenti, di traffici il-legali all’interno del carcere, e quelliconnessi all’uso di stupefacenti.L’aumento dei carichi di lavoro per ilpersonale influisce, inoltre, in mododecisivo sulla indispensabile cono-scenza che la struttura penitenziaria do-vrebbe avere dei detenuti che ospita edincide notevolmente sulla qualità dellaosservazione.Infine, il sovraffollamento peggiora lecapacità dell’amministrazione di teneredistinti i detenuti in base alla loro posi-zione giuridica, anche per il numeromolto alto di detenuti in attesa di giu-dizio e di condannati a pene moltobrevi.Altre caratteristiche uniche del nostropaese sono il flusso e i periodi di per-manenza in carcere. Ogni giorno en-trano ed escono centinaia di personedal carcere, un movimento freneticoche comporta uno stress enorme del si-stema soprattutto in una fase, quelladell’accoglienza, che è la più delicata ela più difficile da gestire. Questo quadro è reso ancora più diffi-cile dalle caratteristiche della popola-zione detenuta in gran parte costituitada stranieri, tossicodipendenti e da per-sone con problemi mentali.Chiunque conosca il carcere sa quantosia consistente la presenza di reclusicon problemi mentali, spesso connessialle dipendenze, che avrebbero bisognodi una assistenza psichiatrica costanteed incisiva.Le conseguenze sulla persona di terapie farmacologiche pro-lungate, prive di altre forme di sostegno o di terapia, dovreb-

Nelle fotoalcuni

momenti del

Convegno

Riorganizzare la Polizia Penitenziaria

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Giovanni Battista De BlasisSegretario Generale Aggiunto [email protected]

Direttore Editoriale

bero costituire argomento di riflessione e di approfondimentoper tutti gli operatori penitenziari e sanitari.

L’osservazione della tipologia dei dete-nuti che fanno ingresso in carcere e deireati di cui sono accusati consente diaffermare come il sistema della repres-sione penale colpisca prevalentementela criminalità organizzata e le fasce de-boli della popolazione: ineffetti, il carcere è lo stru-mento che si usa per af-frontare problemi che lasocietà non è in grado dirisolvere altrimenti. Se ilcarcere è in larga misuradestinato a raccogliere ildisagio sociale, è evidentecome la società dei reclusi non possache essere lo specchio della societàdegli uomini liberi. In altri termini, sembra che lo Statobadi solo ad assicurare il conteni-mento all’interno delle strutture peni-tenziarie.E’ giunta l’ora di ripensare la repres-sione penale, mettendo da un lato i fattiritenuti di un disvalore sociale di talegravità da imporre una reazione delloStato con la misura estrema che è ilcarcere e dall’altro, anche mantenendola rilevanza penale, indicare le condotteper le quali non è necessario il carcere(ipotizzando sanzioni diverse). E’chiaro che una opzione di questo tipodovrebbe ridisegnare il sistema a par-tire dalle norme in mate-ria di immigrazione edalla individuazionedelle risorse per affron-tare il tema delle dipen-denze e dei disturbimentali fuori dal car-cere.Infine, appare utile ri-chiamare il dato già ri-portato in premessacirca la permanenza bre-vissima (inferiore a 11giorni) di quasi il 50%dei detenuti che fannoingresso dalla libertàperché colpiti da custo-dia cautelare. E’ oppor-

tuno ricordare che circa i 2/3 dei detenuti sono in attesa digiudizio e altrettanti rimangono in carcere non più di 48 ore, iltempo della convalida dell’arresto, per poi essere rimessi in li-

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bertà. Si tratta del cosiddetto fenomeno dellaporta girevole che causa soltanto un inutile ag-gravio di lavoro per il personale della polizia pe-nitenziaria.A questi dati bisogna aggiungere quelli riguar-danti i tossicodipendenti in carcere: sono circail 25% del totale della popolazione detenuta, no-nostante l’Italia sia un Paese il cui ordinamento

è caratterizzato da una legisla-zione all’avanguardia, proprio perquanto riguarda la possibilità chei tossicodipendenti possano scon-tare la pena all’esterno. E’ infattiprevisto che i condannati a penefino a sei anni di reclusione, quat-tro anni per coloro che si sono

resi responsabili di reati partico-larmente gravi, possano essereammessi a scontare la pena al-l’esterno, presso strutture pubbli-che o private, attraverso gli istitutidella sospensione della pena edell’affidamento terapeutico,dopo aver superato positivamenteo intrapreso un programma di re-cupero sociale. Nonostante ciò, queste personecontinuano a rimanere in carcere.Rispetto ad una situazione così di-rompente per l’organizzazione pe-nitenziaria è necessario interrogarsisu che cosa fare e quali iniziative in-traprendere. Riteniamo che la poli-

tica debba dare delle risposte certe ed immediate.Il piano carceri è una prima e importante risposta, ma bisognafare ancora di più. �

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Roberto MartinelliSegretario Generale Aggiunto Sappe

[email protected]

Capo Redattore

L’abominevole banalità del male...

ono allibito, anzi indignato, dal fattoche in questo Paese senza ormai al-cuna memoria civile la vita di un in-callito criminale come Renato

Vallanzasca possa essere considerata talmenteimportante e significativa (sic!) da esseremessa al centro di un libro (“Il fiore delmale”) e, prossimamente, di un film nel qualele gesta del pluri-assassino saranno interpre-tate dal pur bravo attore Kim Rossi Stuart, cheha contribuito con Romanzo criminale arendere seducenti, ricche di glamour, tene-brosamente maledette le peripezie della«banda della Magliana». Quale senso ha raccontare la vita di un delin-quente che deve scontare 4 ergastoli e 260 anni di carcere persei omicidi, quattro sequestri di persona, innumerevoli rapine,scontri a fuoco, evasioni, sommosse carcerarie? Posso solo immaginare quanto si sentiranno onorati i familiaridei nostri poliziotti, barbaramente trucidati da questo crimi-nale, qualora dovessero leggere il libro o assistere alla proie-zione del film. Così come si sono sentite ferite ed umiliate le famiglie di quellevittime massacrate dai criminali protagonisti di storie, rivisitatetalvolta anche in chiave romantica, che ultimamente popolanoil piccolo e il grande schermo. Il crimine affascina più dellamediocrità del bene, si sa. Ma oramai il crimine strappato allacronaca nera e consegnato ai colori abbacinanti di un film èdiventato una tendenza irresistibile.

Come ha giustamente scritto Pierluigi Battista sul Corrieredella Sera, il cinema è cinema e il sangue versato dalle vittimecinematografiche di Vallanzasca avrà un sapore di pomodoromolto diverso da quello delle sue vittime «reali».

Al cinema la tragedia perde consistenza e di-venta spettacolo e avventura. Diventa quasi unacosa diversa, la realtà. Il successo folgorante diRomanzo criminale diventa un archetipo: unabanda di spacciatori brutali e sanguinari acqui-sta cinematograficamente e televisivamente ladimensione del mito, gli spettatori giovani go-dono ad imitarne gestualità e modi di dire, ilbello degli attori si trasferisce sul bello dei lorocrimini recitati. Il bellissimo volto di DenzelWashington in American gangster rende belloe seducente anche il grande spacciatore di Har-lem, il campione della mafia nera che comun-que appare infinitamente più attraente deicorrotti, sordidi e bolsi poliziotti di una New

York sempre più degradata. Il bellissimo Johnny Depp rendeincredibilmente affascinante Dillinger. E anche nella versionefrancese del Nemico pubblico il grande criminale appare comeun paladino della giustizia che ripara torti e scandalizza la so-cietà borghese uccidendo un numero incalcolabile di personeanche nei modi più efferati. Ha ragione l’Associazione Vittime del Dovere a denunciare chein una parte del panorama cinematografico e letterario italianoesiste una inquietante tendenza alla riproposizione delle gestadi assassini senza scrupoli. Tutto ciò porta all’inevitabile legit-timazione di eroi negativi. Ed è sconfortante prendere atto dellatotale assenza di sensibilità da parte di uomini di “cultura” che,pur sapendo del dolore dei familiari delle Vittime, cedono alletentazioni del facile “successo” e non considerano che tale po-polarità è costruita sul sangue di tante persone che credevanonello Stato Democratico e si sono battute per il rispetto delleregole e del vivere civile.Ricordiamo che Renato Vallanzasca ha barbaramente e fred-damente ucciso numerose persone, molte delle quali onestiservitori dello Stato, padri, mariti e figli esemplari.E poi, come già qualcuno ha dichiarato, non ci si mascheri die-tro al fatto che questo criminale sta comunque scontando lasua pena, come se questa condizione sia un merito e non undovere verso la società. Quelli come lui, i cui nomi non solonon meritano di essere celebrati, dovrebbero essere dimenticatie destinati al più definitivo degli oblii.Ha scritto ancora Battista che il «Bel René» che vedremo al ci-nema sarà dunque bello per forza, per scelta e per esigenze dicopione, e quindi la banalità del Male apparirà per forza meno

Nelle foto,sopra

la copertinadel libro

sottoMichele Placido,

Kim RossiStuart e Renato

Vallanzasca

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banale. E si chiede: chissà quanti saranno i giovani spettatoriche troveranno irresistibilmente «fico» quel Kim Rossi Stuartche distribuisce violenza e morte ma che sarà redento graziealla gradevolezza dell’ aspetto, alla prestanza del suo fisico, alsogno che si leggerà nello sguardo e nei suoi begli occhi. Chesarà un eroe, anche se nella vita reale eroe non fu. Che sarà ilprodotto di un’ avvincente sceneggiatura, anche se il mondovero non è uno script e chi ci ha rimesso la pelle non si rial-zerà quando le luci di scena saranno spente. Sarà solo cinema.Solo?«... Chi abbia regolato i propri conti con la giustizia ha ildiritto di reinserirsi nella società, ma con discrezione emisura e mai dimenticando le sue responsabilità moralianche se non più penali. Così come non dovrebbero di-menticare le loro responsabilità morali tutti quanti ab-biano contribuito a teorizzazioni aberranti e a campagnedi odio e di violenza da cui sono scaturite le peggiori azioniterroristiche, o abbiano offerto al terrorismo motivazioni,attenuanti, coperture e indulgenze fatali. Queste sono leragioni per cui si doveva e si deve dar voce non a chi hascatenato la violenza terroristica, ma a chi l’ha subita, achi ne ha avuto la vita spezzata, ai familiari delle vittimee anche a quanti sono stati colpiti, feriti, sopravvivendoma restando per sempre invalidati… Solo così, con questorispetto per la memoria e con questa vicinanza alle personeche hanno sofferto, si potrà rendere davvero omaggio alsacrificio di tanti...»Questo parole sono estrapolate dall’autorevole appello che ilPresidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha rivolto il 9maggio 2008 in occasione del Giorno della Memoria dedicatoalle Vittime del Terrorismo. Faccio mio il suggerimento dell’Associazione Vittime del Do-vere agli sceneggiatori e ai produttori cinematografici italianiche sempre più spesso prendono spunto da soggetti che ani-mano la cronaca nera.Ascoltate il Capo dello Stato, date voce alle Vittime, leggete leloro storie e diffondete il loro esempio di coraggio ed abne-gazione.Se la fantasia vi fa difetto, approfondite le testimonianze delleVittime del Dovere, di uomini troppo spesso dimenticati e ca-duti nel silenzio più assoluto, servitori dello Stato, umili, manello stesso tempo grandi per l’esempio di generosità che liha portati all’estremo sacrificio. Storie di persone perbene chea nessuno viene in mente di rappresentare e che vivono solonei ricordi dei loro cari. Celebrate queste vite, ignote ai più. Queste sì.

APPROVATA LA NORMA CHE RICONOSCE LA SPECIFICITA’PER LE FORZE DELL’ORDINE

uella del 3 marzo 2010 resterà una data storicaper la Polizia Penitenziaria e per le Forze dell’Or-dine.�Con l’approvazione definitiva al Senato delddl 1167-B, collegato alla manovra finanziaria

(recante deleghe al Governo in materia di lavori usuranti,di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e per-messi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego,di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupa-zione femminile, nonché misure contro il lavoro som-merso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e dicontroversie di lavoro) diventa legge dello Stato la Speci-ficità delle Forze di Polizia, delle Forze Armate e del CorpoNazionale dei Vigili del Fuoco e si sancisce in primo luogoche noi non siamo lavoratori come gli altri, ma Profes-sionisti della Sicurezza!

L’articolo che sancisce la norma e di cui ci si deve ri-cordare bene è il 19 che recita: �

(Specificità delle Forze Armate, delle Forze di Po-lizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco)

1. Ai fini della definizione degli or-dinamenti, delle carriere e dei con-tenuti del rapporto di impiego edella tutela economica, pensionisticae previdenziale, è riconosciuta laspecificità del ruolo delle Forze Ar-mate, delle Forze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigilidel Fuoco, nonché dello stato giuridico del personale adessi appartenete, in dipendenza della peculiarità dei com-piti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti daleggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzionidemocratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza in-terna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di effi-cienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attivitàusuranti.�2. La disciplina attuativa dei principi e degli indirizzi di cuial comma 1 è definita con successivi provvedimenti legi-slativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occor-renti risorse finanziarie.�3. Il Consiglio centrale di rappresentanza militare (COCER)partecipa, in rappresentanza del personale militare, alleattività negoziali svolte in attuazione delle finalità di cui alcomma 1 e concernenti il trattamento economico del me-desimo personale.

Adesso il nostro prossimo passo è quello di far sostan-ziare questa Specificità con adeguate risorse: un obiet-tivo che risulta essere alla portata grazie a questaprevisione di legge.

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Giovanni Battista DuranteSegretario Generale Aggiunto Sappe

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Responsabile redazione politica

Funzione riuducativadella pena, tuteladella collettività edelle vittime di reati

Intervento al seminario del 19 marzo 2010 al Comune di Bologna - 1ª parte

La funzione rieducativadella pena1.2. La sentenza della Corte Costituzionale n. 204

del 1974.L’articolo 27 della Costituzione, in base alquale la pena deve tendere alla rieduca-zione del condannato, è rimasto sostan-zialmente inattuato, fino all’approvazionedella legge penitenziaria, la n. 354/75, eall’emanazione del relativo regolamento diesecuzione, novellato nel 2000.La Corte Costituzionale, con una innovativasentenza del 1974, la n. 204, essendo statachiamata a giudicare sulla legittimità co-stituzionale dell’attribuzione al Ministrodella Giustizia della facoltà di concedere,con proprio decreto, la liberazione condi-zionale, ha affermato «Il diritto per ilcondannato a che, verificandosi le con-dizioni poste dalla norma di diritto so-stanziale, il protrarsi della realizzazionedella pretesa punitiva venga riesami-nato al fine di accertare se in effetti laquantità di pena espiata abbia o menoassolto positivamente al suo fine riedu-cativo; tale diritto deve trovare nellalegge una valida e ragionevole garanziagiurisdizionale».Istituto, quello della liberazione condizio-nale, che, come sostiene la stessa Corte,con la legge n. 1634 del 1962, tuttora vi-gente, era stato introdotto anche per l’er-gastolo. Proprio in virtù di questaestensione normativa è stato possibilemantenere nel nostro ordinamento la penadell’ergastolo, evitando così che la CorteCostituzionale la dichiarasse illegittima,proprio in relazione al principio affer-mato dalla stessa Corte nella citata sen-tenza n. 204 del 1974. Non si

comprendono, quindi, le argomentazionidi quanti continuano a sostenere che l’er-gastolo sia costituzionalmente illegittimo,atteso che si tratta soltanto di una pena edit-tale che, in virtù del richiamato istituto dellaliberazione condizionale, non trova con-creta applicazione. La sentenza de qua ha sostanzialmente in-trodotto, nel nostro ordinamento, il princi-pio di flessibilità della pena; flessibilità chenon è in antitesi con la certezza della pena,come, invece, vorrebbero far credere co-loro che ritengono che la pena debba es-sere scontata interamente, per come l’hainflitta il giudice in sentenza; una pena,quindi, immutabile, ma non sempre certa.Certezza della pena e flessibilità della pena,invece, non sono per nulla in contrasto traloro, ma esprimono, a mio avviso, concettidiversi. Certezza della pena non vuol direche un soggetto condannato alla pena dellareclusione debba rimanere in carcere pertutto il tempo previsto dalla sentenza. Ciònon sarebbe possibile perchè il nostro or-dinamento non lo prevede, ma credo chenon sarebbe neanche giusto, perché coluiche ha commesso il reato, a distanza dianni, potrebbe essere un soggetto diversoda quello che era prima. E’ del tutto evi-dente che il passaggio cruciale, nell’esecu-zione della pena, è proprio questo: capirese e quando, colui che ha commesso ilreato e sta scontando la pena, a distanza ditempo, è cambiato, è un soggetto diversoda quello che era prima. E’ questa la fase più importante di tuttal’esecuzione penale. La fase in cui entranoin gioco diverse componenti: autorità peni-tenziarie e magistratura di sorveglianza. Ri-spetto a quest’ultima vorrei fare una breveriflessione. Con riferimento sempre alla ci-

tata sentenza n. 204 del 1974, la Corte haaffermato che attraverso l’applicazionedell’istituto della liberazione condizionale«Siamo in presenza di una vera e propriarinuncia, sia pure sottoposta a condi-zioni prestabilite, da parte dello Stato allaulteriore realizzazione della pretesa pu-nitiva nei riguardi di determinati con-dannati, rinuncia che non puòcertamente far capo ad un organo del-l’esecutivo, ma ad un organo giudiziario,con tutte le garanzie sia per lo Stato cheper il condannato stesso. Oltretutto sitratta di interrompere l’esecutorietà diuna sentenza passata in giudicato, legataal principio dell’intangibilità, salvo inter-venti legislativi (art 2, comma secondo,del codice penale) o previsioni costitu-zionali (art. 87, penultimo comma, dellaCostituzione) o provvedimenti giurisdi-zionali (artt. 553 e 554 del codice di pro-cedura penale) fino a determinare laestinzione della pena, una volta adem-piuti gli obblighi imposti».La Consulta ha pertanto affermato un prin-cipio generale in base al quale tutto ciò cheincide sull’intangibilità del giudicato, inter-rompendo l’esecutorietà di una sentenza,trova legittimazione costituzionale soltantoattraverso interventi legislativi, previsionicostituzionali o provvedimenti giurisdizio-nali.Esperienze giuridiche di altri ordinamentici consegnano un quadro diverso dal no-stro. In Germania, realtà che ho avutomodo di conoscere personalmente, nonchéin Inghilterra, sono le autorità amministra-tive a decidere sull’ammissione ai beneficiprevisti dalla legge penitenziaria.Con il mutare delle condizioni sociali edell’organizzazione istituzionale del nostro

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Paese, probabilmente sarebbe giustifica-bile una reinterpretazione di quei principiche impediscono, nel nostro ordinamento,un’organizzazione diversa, nell’ambitodella quale siano le autorità amministra-tive, ma non politiche, ad occuparsi di tuttala fase dell’esecuzione penale, compresol’accesso ai benefici penitenziari.

1.3. Situazione penitenziaria in Italia e comparazione con altri ordinamentiE’ del tutto evidente, comunque, che tuttal’organizzazione amministrativa deve mi-gliorare ed essere più efficiente di quellaattuale. Noi siamo destinatari di un ordi-namento spesso all’avanguardia, ma pur-troppo inattuato e inattuabile per le gravied endemiche carenze amministrative. Percarenze amministrative intendo tutto ciòche attiene all’organizzazione dell’esecu-zione penale: strutture, mezzi e risorse.Strutture inadeguate e fatiscenti, carenzadi figure professionali adeguate, come glieducatori, carenza di uomini e donne dellapolizia penitenziaria, sovraffollamento esa-sperato, promiscuità della popolazione de-tenuta e presenza di gravi disagi, come lepatologie mentali, la tossicodipendenzache riguarda circa il 25% dei detenuti, glistranieri che sono circa il 40%, soprattuttoextracomunitari, rendono davvero difficile,se non impossibile, attuare qualsiasi pro-gramma di recupero sociale e di tratta-mento individualizzato. Si deve poi tenereconto del fatto che più del 60% dei reclusisono in attesa di giudizio, soggetti, quindi,rispetto ai quali non è possibile avviarenessuna opera di rieducazione.A ciò si aggiunga la scarsa possibilità di farlavorare i detenuti. Il lavoro rappresenta ilprimo e più importante elemento del trat-tamento. In Germania il 70% dei detenutilavora e fa attività sportive. Sudare e non sedere è il motto dei tede-schi, i quali ritengono che «I detenuti de-vono dissipare le energie».Lavoro come elemento preponderante deltrattamento, ma anche come elemento dalquale scaturiscono risorse per l’istituzione.Tutte le strutture penitenziarie tedeschehanno un bilancio in attivo, proprio grazieal fatto che la maggioranza dei detenuti la-vorano. Paradigmatica l’esperienza di undetenuto tedesco che era diventato mana-ger di una grande società, quando ancora

era in esecuzione di pena, e guadagnavacirca dodicimila euro al mese. Il confronto con gli altri paesi è utile,anche se non possiamo prendere sempreesempio da tutti. L’esperienza americana,spesso citata da quanti si occupano di car-cere e di esecuzione penale, non può enon deve rappresentare un modello pernoi. Secondo la tesi di Christie, negli USA,vi sarebbe stato un vero e proprio feno-meno di ricarcerizzazione, derivante dal«progressivo e determinante peso poli-tico del settore, tanto pubblico quantoprivato, interessato al business peniten-ziario, comparto economico in forteespansione che non diversamente daquello militare costituisce oggi una dellelobby politiche più influenti nelle poli-tiche nazionali ed internazionali».Quindi, il lavoro penitenziario, in America,rappresenterebbe solo una fonte di guada-gno per le imprese pubbliche e private,senza alcuna finalità rieducativa, al puntoda indurre le istituzioni ad attuare una po-litica di carcerizzazione selvaggia e,spesso, indiscriminata.C’è un altro aspetto della nostra realtà so-ciale e penitenziaria che non ci consentedi poterci assimilare a nessun altro paese.Si tratta del fatto che nelle nostre carceriè presente uno zoccolo duro appartenentealla criminalità organizzata: mafia, ca-morra, ‘ndrangheta e sacra corona unita.Con queste persone non è possibile nes-suna attività trattamentale e di recuperosociale, atteso che si tratta di soggetti chenon potranno mai cambiare regole di vita,proprio per il vincolo che li lega alle con-sorterie criminali cui appartengono.L’unico cambiamento possibile, per questisoggetti, può avvenire attraverso la colla-borazione con le istituzioni. Ipotesi, que-sta, alla quale consegue, come sappiamo,un programma di protezione e un conse-

guente cambio di identità. In questo casonon possiamo, quindi, parlare di recuperosociale, di rieducazione e di trattamento pe-nitenziario. Non si comprendono, quindi, lerichieste di coloro che vorrebbero l’aboli-zione del 41 bis, una disposizione normativaimportante, anzi, fondamentale per la lottaalla criminalità, che non deve essere depo-tenziata, proprio in virtù del fatto che nellecarceri esiste questo zoccolo duro della cri-minalità organizzata, rispetto al quale de-vono necessariamente prevalere le esigenzedi sicurezza rispetto a quelle rieducative e/otrattamentali. Con queste persone non c’ètrattamento che tenga. Devono essere iso-late e tenute in stretto controllo, anche perevitare che attraverso il carcere continuinoa delinquere ed a gestire le organizzazionicriminali cui appartengono e di cui, spesso,sono i capi. L’ultima relazione dei servizi se-greti lancia l’allarme proprio rispetto alfatto che i boss possano continuare a gover-nare le loro organizzazioni attraverso il car-cere. Quindi, le attività di controllo esicurezza all’interno del carcere devono es-sere potenziate e non diminuite, sia con ri-ferimento agli appartenenti alla criminalitàorganizzata, sia per quanto riguarda i ter-roristi. Oggi alcune carceri italiane ospitanoanche terroristi internazionali, appartenentiad Al Quaeda. Chi sostiene il contrario nonha a cuore le esigenze di sicurezza del no-stro Paese, fermo restando la legittimitàdelle rivendicazioni di ognuno. Pertanto, èsempre più cogente la necessità di avereuna Polizia Penitenziaria che svolga un la-voro di vera e propria intelligence nel car-cere, attraverso la raccolta di informazioni,analisi delle stesse e collaborazione con lealtre agenzie che svolgono la stessa attivitànel nostro Paese. Abbiamo appreso con pia-cere, dal Capo del Dipartimento, al recenteconvegno organizzato dal SAPPE a Roma,che tale attività di collaborazione sta diven-tando sempre più intensa, oltre che profi-cua. Un’attività, questa, che dovrebbe essereutilizzata anche dalla magistratura di sorve-glianza, quando si tratta di dover deciderela concessione dei benefici previsti dallalegge penitenziaria. E’una grande anomaliadel sistema chiedere determinate informa-zioni agli organi di polizia che operano soloall’esterno del carcere, per soggetti chesono detenuti da medio e lungo tempo.

(fine prima parte...continua sul prossimo numero)

Polizia Penitenziaria - SG&S n. 171 - marzo 2010

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Carcerigalleggianti, modulari

o tradizionali...purchè si costruisca!

l Sappe ha già dato la sua disponi-bilità a verificare la possibilità dialtri percorsi di edilizia penitenzia-

ria alternativi come le carceri leggere ele carceri galleggianti. Vediamo più da vicino di cosa stiamoparlando con la presentazione dei datiforniti dai produttori delle strutture conle prime immagini e i primi riscontridegli operatori penitenziari.

LE CARCERI LEGGERESul sistema modulare ci siamo giàespressi giorni addietro in maniera po-sitiva in quanto tra le sue caratteristichetroviamo: un edificio in acciaio, congrandi capacità di resistenza agli agentiatmosferici, agli attacchi chimici o adaltri processi deteriorativi, che può es-sere sopraelevato senza particolari mi-sure strutturali e con costi competitivi etempi di esecuzione estremamente ra-pidi. Si tratta di edifici con 600 posti lettocostruibili in quattro mesi, con un costoinferiore ai 20 milioni di euro, e posti in

opera in soli 7 mesi. Le strutture di conte-nimento (le sezionidetentive), in questosenso, hanno assuntoun ruolo fondamen-tale nel trattamentodei detenuti per il rein-serimento sociale, ed èper questo che nella

realizzazione di questo prodotto innova-tivo è stato profuso il massimo impegnoe la competenza specialistica derivantedall’esperienza in materia di edilizia pe-nitenziaria dei soggetti che compongonone sono i produttori. �tra i loro maggiorivantaggi troviamo:�1) Esecuzione in tempi ridotti rispetto aqualsiasi altra tecnologia costruttiva ditipo tradizionale�(cemento armato, pre-fabbricato, muratura tradizionale).�2) Riduzione apprezzabile dei costi di co-struzione ed abbattimento sensibile deicosti di gestione e manutenzione.�

3) Basso impatto ambientale.�I moduli detentivi, dotati dellenecessarie infrastrutture edili,sono composti da sistemi dicamere e servizi di tipo mo-dulare in metallo, progettatiper la detenzione e prodottigià completi di impianti adalto contenuto tecnologico,servizi igienici e compo-

nenti specifici, comeinfissi di sicurezza ditipo penitenziario, ap-parecchi sanitari, ar-redi funzionali equant’altro necessarioper renderli finiti a re-gola d’arte e pronti perl’uso. �I sistemi di cameremodulari integrano glistandard realizzativi e

qualitativi del regolamento edilizio peni-tenziario vigente nel nostro Paese.�I fabbricati detentivi sono basati sui mo-delli piú evoluti oggi conosciuti ed accet-tati in Italia per la costruzione dicomplessi penitenziari, e fondono i se-guenti concetti fondamentali:�• Massima sicurezza attiva e passiva;�• Planimetria efficiente con il minimoimpiego di personale di controllo;�• Standard elevato di “qualità della vitadetentiva;• Innovazione tecnologica per la super-visione e gestione della struttura.

Nelle foto,interni di

carcerimodulari

(per gentile conces-

sione del ConsorzioSVEMARK)

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I COSTI DI GESTIONEE’ stato stimato che il ciclo di vita effettivodi una camera modulare metallica è dialmeno 100 anni.�E’ stato inoltre stimatoper difetto che, nell’arco temporale didieci anni, il risparmio del costo di ge-stione per manutenzione ed interventivari rispetto ad una equivalente camerain calcestruzzo su una struttura peniten-ziaria di 400 unità risulta essere non in-feriore ad 6 milioni di euro.Altri vantaggi della camera modulare inacciaio rispetto ai metodi tradizionalisono:�Velocità costruttiva, pesi e volumidella costruzione modulare�La cameramodulare in acciaio a due posti a paritàdi volume pesa in via approssimativa6.500 Kg contro un peso della equiva-lente cella costruita in calcestruzzo paria oltre 40.000 Kg.�Questo comporta unasemplice ed economica installazione conuna gru o fork lift di modesta portata e

un rapido montaggio sul sito. Un gruppodi 4 operai può montare fino a 5 celle algiorno completamente finite in fabbricae pronte per essere utilizzate.

LE CARCERI GALLEGGIANTIL’idea di affrontare il sovraffollamentodelle carceri anche attraverso la realiz-zazione di strutture galleggianti nascedall’impegno del Governo di favorire lacostruzione di piattaforme galleggiantiquale soluzione flessibile atta a far fronteall’emergenza carceraria, ribadito al ta-volo della cantieristica aperto presso ilMinistero dello sviluppo economico.Sono stati sviluppati dei progetti di mas-sima su richiesta dell’amministrazionepenitenziaria, ipotizzando per questa so-luzione molteplici vantaggi, quali tempidi consegna ridotti e certi (circa 24mesi), l’utilizzo di aree portuali dismesseo banchine inutilizzate, dove le piatta-

forme saranno ormeg-giate, che semplifical’individuazione del sitorispetto a soluzioni tra-dizionali soprattutto inaree con limitata dispo-nibilità di spazi a terra,e un’alta flessibilità ope-rativa, che comprendele possibilità di sposta-mento in aree di emer-genza e di riconversionead altri usi (ad esempio

Nelle foto,nel boxsopra DonatoCapece

nella pagina ancora camere detentivemodulari(ConsorzioSVEMARK)

per operazioni della Protezione Civile).Si tratta di progetti nuovi non la trasfor-mazione o l’adattamento di una strutturapreesistente. Una nuova costruzione, chenon solo faccia tesoro delle esperienzepositive e negative in questo campo diGran Bretagna, Stati uniti e Olanda, mache si ponga l’obiettivo di affrontare e ri-solvere attraverso soluzioni ad hoc, se-condo le più moderne tecnologie, tuttele tematiche di vivibilità che l’ammini-strazione ha evidenziato o vorrà eviden-ziare in futuro.Il progetto prevede 320 celle da 14 mq(più 2 mq di bagno) ciascuna, e alloggiaun totale di 640 detenuti. Ha una lun-ghezza di 126 m, una larghezza di 33 me un’altezza di 34,8 m, dimensioni chepossono essere espanse in virtù della

Donato Capece Segretario Generale Sappe (Polizia Penitenziaria)L'esperienza di altri Paesi ci dimostrache è una cosa fattibile, sicura, contempi certi e costi bassi. Ad oggi sono recluse in Italia 67milapersone, per una capienza che già ai li-velli massimi si ferma a quota 40mila.Inizialmente le chiatte con le insegnedel Ministero della Giustizia potrebberoessere due o tre. Ma superare le resistenze di quanti te-mono che in realtà si tratti di zatteremalsane non sarà facile, anche se a li-vello sperimentale è opportuno realiz-zare qualche istituto galleggiante.Attendere ancora vorrebbe dire per-dere il controllo delle carceri, chestanno scoppiando e nelle quali ognigiorno si rischia la rivolta. co

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Donato

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ce...

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modularità del progetto. Le aree acces-sorie per detenuti (aule didattiche, labo-ratori, officine) si dispongono su unasuperficie di 5.000 mq, ai quali si ag-giungono i 3.900 mq di uffici, aree col-loqui, infermeria, sala polifunzionale edirezione. 2.700 mq sono di areeesterne. La cubatura è di 83.000 mc e lastazza lorda indicativa di 24.800 gt.La piattaforma è progettata per restarepermanentemente ormeggiata a una ban-china in un’area protetta dai flutti, comein aree portuali, industriali, arsenali mi-

Nelle foto,in alto Enrico

Sbriglia

a fiancoalcuni

modellinidi carcerigalleg-gianti

tività della struttura.Il modello a corpo triplo con una rotondacentrale garantisce la sicurezza dei dete-nuti e degli agenti. La presenza di locali comuni per detenuti(medicheria, barbiere, soggiorno, collo-qui con direttore), situati sullo stessopiano di ogni sezione detentiva, consenteuna gestione più economica degli sposta-menti dei detenuti all’interno dell’istituto. Nella configurazione proposta è possibiletracciare percorsi separati per detenuti eagenti, nonché suddividere le aree deten-tive in varie sezioni di piccole dimensioniconsentendo di utilizzare gli stessi spaziin diverse ore della giornata.

Enrico Sbriglia, Segretario Sidipe (Direttori)«Non è certo questa la risposta defi-nitiva al sovraffollamento, ma è sen-z’altro un rimedio». Enrico Sbriglia, segretario nazionaledel Sidipe, il sindacato dei direttoridelle carceri, non si fa illusioni. I penitenziari galleggianti serviranno«a trovare il tempo di realizzarenuovi istituti a terra».Il Sidipe, sindacato che rappresental’80% dei direttori delle carceri, si dicesoddisfatto del piano elaborato su ri-chiesta del governo. «Penso a un’in-tegrazione e non a una sostituzione- spiega Sbriglia - come a un’ambu-lanza che non escluda la necessitàdell’ospedale».Il riferimento è alla necessità di inter-venti su strutture stabili, a cominciaredalla riqualificazione delle casermemilitari dismesse, che «a un punto divista estetico sono senz’altro più ac-cettabili degli orrendi contenitoriche sono i penitenziari recente-mente costruiti».

litari o tratti di costa non sfruttabili com-mercialmente o turisticamente. Il posizionamento a ridosso di una ban-china rende l’accessibilità alla strutturagalleggiante del tutto equivalente a quelladi un carcere a terra.Un cordone ombelicale che collega lapiattaforma alla banchina consente ilfunzionamento della struttura senza lanecessità di installare a bordo impiantiparticolarmente costosi e delicati. La manutenzione e la gestione tecnicadella piattaforma verrebbero quindi adavere gli stessi costi di un carcere a terra.Anzi, le tecnologie collegate all’acciaiopotrebbero addirittura facilitare l’opera-

cosa

ne pen

sa Enrico Sbrig

lia...

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Lionello PasconeCoordinatore Nazionale

Anppe

Associazione NazionalePolizia Penitenziaria

Provvedimenti per i pensionati,

neanche se ne parla!lcune settimane fa è stato an-nunciato l’intendimento daparte del Presidente del Con-siglio dei Ministri di ridurre

a due le aliquote dell’Irpef. La notizia è stata, però, immediatamentesmentita, non ha avuto neppure il tempodi essere ponderata e valutata dal mo-mento che l’epoca attuale non consen-tirebbe interventi del genere. Infatti, è inutile, se non assurdo, soste-nere che la crisi è ormai alle spalle, chegli effetti dell’emergenza internazionalevanno scomparendo o si sono molto at-tenuati; la realtà è ben diversa e non per-mette ancora di nutrire aspettative etanto meno di ipotizzare progetti. Eppure, per il popolo dei pensionatil’iniziativa sarebbe stata l’unica vera-mente positiva perchè, indirettamente,vale a dire, nell’ambito di un provvedi-mento di carattere nazionale, si sareb-bero trovati, comunque, tra i destinataridi un beneficio economico.Certo è che l’indifferenza per la catego-ria dei pensionati è assoluta: ben puòdirsi che non vi è un provvedimento chela interessi. Anzi, nei mesi di febbraio e di marzo,sono stati effettuati conguagli e moltihanno visto la propria pensione letteral-mente decurtata, perchè quando biso-gna operare trattenute, si intervieneimmediatamente, senza il consenso degliinteressati; al contrario, se spetta unemolumento legittimo trascorrono mesiprima che l’importo si concretizzi sottoun profilo monetario.Le diatribe normative e politiche si in-tensificano soprattutto in questi tempielettorali; quando si parla di pensioni,l’argomento riguarda esclusivamente chiè ancora in servizio per eventuali pena-lizzazioni; nessun segnale, spiraglio,

verso i veri pensionati, che continuanoad andare avanti con disponibilità sem-pre più insufficienti e inadeguate e nonin grado di garantire condizioni di vitasoddisfacenti.Basti ricordare che, relativamente agli in-crementi annuali collegati al codice

ISTAT, è stato stabilito che l’aumentoconcreto, per l’anno 2009, era stato ec-cessivo, sicchè, a gennaio, si è provve-duto a recuperare il di più e, per l’anno2010, l’adeguamento dello 0,7% in rela-zione al reddito, è ridicolo, a fronte diuna inflazione reale di circa il 10%.

Polizia Penitenziaria - SG&S n. 167 - novembre 2009

Nella foto,la sede

dell’ISTATIstituto

Nazionaledi Stati-

stica

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Articolo 1Riferimenti normativi

Il presente regolamento viene predispostocon riferimento al R.D. 7 giugno 1943, n.652, concernente il Regolamento per laconsulta araldica, il D.P.R. 7 aprile 2000,n. 121, riguardante il Regolamento delladisciplina dell’uso della bandiera della Re-pubblica Italiana e dell’Unione Europea daparte delle amministrazioni dello Stato edegli enti pubblici, al D.Lgs.267/2000Testo Unico delle leggi sull’ordinamentodegli Enti locali.

Articolo 2Gonfalone e Stemma

Il Gonfalone e lo Stemma dell’AssociazioneNazionale Polizia Penitenziaria (A.N.P.Pe.)sono quelli concessi, per configurazione eper dimensioni, con il D.P.R. 14 luglio2008.Il Gonfalone è l’emblema con il qualel’A.N.P.Pe rappresenta unitariamente l’in-tera Associazione.Come attributo della personalità dell’Asso-ciazione, esso è proprio dell’Associazionemedesima, che ne è titolare.

Articolo 3Custodia del Gonfalone

Presso la Segreteria Nazionale dell’A.N.P.Pevi sono due esemplari del Gonfalone:il primo, stabile, collocato presso l’ufficiodel Presidente o presso quello del Coordi-natore Nazionale ;il secondo, mobile, custodito in un appo-sito armadio.

Articolo 4Uso del Gonfalone

Il Gonfalone rappresenta l’Associazionenelle manifestazioni e nelle cerimonie ci-vili, militari e religiose, di tipo umanitarioe solidaristico.Le manifestazioni promosse dalle Associa-zioni combattentistiche e dalle Forze di Po-lizia e partigiane sono assimilate a quellepubbliche di interesse generale.La Segreteria Nazionale può disporre l’usodel Gonfalone in occasione di manifesta-

Regolamento di disciplina sull’uso del Gonfalone, dello Stemma e dei Labari

dell’Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria

zioni e iniziative di interesse per comunitàlocali, organizzate da Enti, Associazioni emovimenti che perseguono obiettivi di in-teresse sociale, culturale, morale e civiledella collettività.L’invio del Gonfalone è subordinato alla va-lutazione del carattere civile ed etico del-l’iniziativa.

Articolo 5Scorta del Gonfalone

Scortano obbligatoriamente il Gonfalonealmeno due soci dell’A.N.P.Pe .Nelle cerimonie civili e militari il Gonfaloneviene collocato dietro le Bandiere decorateal valor civile e militare.Quando il Gonfalone partecipa ad una ce-rimonia in luogo chiuso, esso si collocaalla destra del tavolo della Presidenza.Se alla riunione è presente la Bandiera na-zionale, il posto d’onore è riservato a que-sta, a destra del Gonfalone.

Articolo 6Labaro

Il Labaro è una insegna che riproduce loStemma dell’Associazione, di dimensioniridotte rispetto a quelle del Gonfalone.E’ un vessillo, generalmente quadrato o ret-tangolare, sospeso ad una barra perpendi-colare all’asta verticale.

Articolo 7Dotazione e uso del Labaro

Ogni sezione dell’A.N.P.Pe. è dotata di La-baro, che riproduce lo stemma e riporta ilnome della sede della sezione.Il Labaro riveste gli stessi colori del Gonfa-lone, per cui viene usato, a livello perife-rico, in ogni circostanza in cui non vieneutilizzato il Gonfalone, nel rispetto dei me-desimi criteri.Il Labaro sarà sempre scortato da almenodue soci dell’A.N.P.Pe., assumendo le stessemodalità di uso del Gonfalone.

Articolo 8Uso dello Stemma

Lo stemma dell’A.N.P.Pe. ha lo scopo dicontraddistinguere l’Associazione in tuttele iniziative culturali, promozionali e di co-

municazione poste in essere dall’Associa-zione; è di proprietà dell’Associazione edè vietato, in via assoluta, a chiunque, difarne uso.Contraddistingue, inoltre, la partecipa-

zione dell’Associazione ad iniziative pro-mosse e attuate, a qualsiasi titolo e forma,da Enti pubblici, Enti locali, Società e As-sociazioni di cittadini, sempre nell’inte-resse della comunità.L’uso dello Stemma deve essere autorizzatodalla Segreteria Nazionale.

Articolo 9Medaglie

Dopo cinque anni dalla costituzione, ognisezione dell’A.N.P.Pe. viene insignita di unamedaglia di bronzo.Dopo dieci anni dalla costituzione, ogni se-zione dell’A.N.P.Pe. viene insignita di unamedaglia d’argento.Dopo quindici anni dalla costituzione, ognisezione dell’A.N.P.Pe. viene insignita di unamedaglia d’oro.Le medaglie porteranno sul dritto loStemma dell’Associazione; sul retro saràimpressa la data dell’anniversario con ladenominazione della sede.

Articolo 10Rinvio

Le norme del presente regolamento si in-tendono modificate per effetto di soprav-venute disposizioni vincolanti, di caratteregerarchicamente superiori.In tali casi, in attesa di formale modifica-zione, si applica la normativa sopraordi-nata.

Articolo 11Casi non previsti

Per quanto non previsto nel presente re-golamento troveranno applicazione lenorme nazionali, regionali e comunali.

Articolo 12Diffusione

Il presente regolamento sarà trasmesso atutte le Sezioni periferiche dell’A.N.P.Pe.per una corretta e puntuale osservanza. �

15Polizia Penitenziaria - SG&S n. 171 - marzo 2010

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Roma: siglata collaborazione tra l’ANPPe e l’ANVUP

Il 24 febbraio 2010 a Roma, presso la sede A.N.P.Pe. di Via Trionfale 79A è statofirmato un documento tra I’A.N.P.Pe. Sezione di Roma con il Consigliere NazionaleVincenzo De Felice e l’A.N.V.U.P. (l’Associazione Nazionale dei Vigili Urbani in pen-sione) Sezione di Roma con il Presidente Cav. Egidio Onori.Le due Associazioni, entrambi non aventi fini di lucro e che vantano una tradizioneprestigiosa nelle rispettive attività istituzionali, considerata l’analogia di scopi sta-tutari quali il rispetto della legalità, la solidarietà tra i soci e l’attaccamento alleIstituzioni nonché lo svolgimento di attività di volontariato in favore della colletti-vità, hanno dichiarato di considerare gemellate le sezioni romane delle rispettiveAssociazioni che potranno, pertanto, svolgere attività in comune nelle seguentimaterie:• Volontariato, che potrà comprendere attività di vigilanza presso Scuole, parchi,ville, monumenti, spiagge, musei;• Attività culturali, come visite a monumenti e partecipazioni ad eventi, spettacoli,manifestazioni.

L’ispettore Superiore Sostituto Commis-sario Antonino Cosentino, dopo 40 annidi servizio (di cui 35 presso la Casa Cir-condariale Nuovo Complesso di RomaRebibbia) è andato in pensione. Nella sua brillante carriera ha svoltocompiti particolarmente delicati sotto ilprofilo della sicurezza, dimostrandosempre grande professionalità e sensodel dovere. La Redazione esprime il più caloroso sa-luto al collega Cosentino, che ancora of-frirà molta della sua esperienzaall’ANPPe.

Paliano: Incontro ANPPe

Campobasso:lutto in

Segreteria

Nel mese di febbraio 2010, è de-ceduto il socio dell’AssociazioneNazionale Polizia PenitenziariaMario Quaranta, di anni 60,della Sezione di Campobasso. Giungano alla famiglia le piùsentite condoglianze.

Nel mese di dicembre 2009, si è svolto presso il ristorante La Pace di San Quirico(FR) l’incontro annuale degli iscritti Anppe della provincia di Frosinone. Hanno partecipato più di 30 soci, alla presenza del Segretario Provinciale ANPPeGiuseppe Rossi; all’ordine del giorno il rinnovo del tesseramento e la relazioneannuale di attività 2009. L’incontro si è concluso con la rituale cena di fine anno.

Polizia Penitenziaria - SG&S n. 167 - novembre 2009

Roma: il personale diRebibbia salutA Antonio Cosentino

Nelle foto: a fianco il segretarioANPPe Giuseppe Rossi,

il segretario SAppe Maria Anto-nietta Bentivoglio e il coordina-tore del Nucleo Traduzioni dellaC.R. Paliano Gianguido Romolo.

Sotto, l’annuale cena sociale

16Polizia Penitenziaria - SG&S n. 171 - marzo 2010

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Nato a Brienza il 22 marzo 1914,trascorse i primi anni in seno alla famiglia.Compiuti gli studi liceali classici, si iscrissealla facoltà di Giurisprudenza dell’Univer-sità degli Studi di Napoli, conseguendo lalaurea nel 1937 con il massimo dei voti.Negli stessi anni frequentava la Scuola Al-lievi Ufficiali di Napoli, prestando poi ser-vizio quale sottotenente di complementonel 31° Reggimento dell’Arma di Fanteriadi stanza a Napoli.Nel 1939, avendo superato brillantementeil concorso, entrava in magistratura. Svol-geva, quindi, prima, il tirocinio come udi-tore giudiziario, presso la Corte di Appellodi Potenza, venendo poi destinato alle fun-zioni di sostituto procuratore della Repub-blica presso il Tribunale di Ravenna.In seguito all’entrata in guerra dell’Italianel secondo conflitto mondiale, fu richia-mato alle armi nel novembre del 1940 edestinato, come tenente, al fronte greco-al-banese, dove rimase dal 1941 al 1943, di-stinguendosi per molte azioni di estremocoraggio, tanto da ricevere la croce al me-rito di guerra.Nel marzo deI 1943, in quanto magistrato,fu assegnato quale sostituto procuratore alTribunale Militare di Guerra delle ForzeArmate per la Grecia, ad Atene, dove l’11settembre 1943, dopo l’armistizio dell’8settembre, venne catturato dai tedeschi econdotto nel campo di concentramento diLuchenvald, in Polonia. Qui rimase fino al-l’aprile del 1945 (quando fu liberato daglialleati), nelle più terribili condizioni di vitasopportando fame, sete, freddo e dovendosvolgere lavori forzati sotto il controllo ar-mato dei tedeschi; in tale situazione rifiutònumerose volte di raccogliere le sollecita-zioni degli ufficiali tedeschi che promette-vano la libertà in cambio della RepubblicaSociale Italiana.Tornato in Italia nel 1945, in debolissimecondizioni fisiche, non volle richiedere al-cuna indennità o pensione per le soffe-renze patite ritenendo di aver fatto solo ilproprio dovere come cittadino italiano.Per questi meriti gli fu anche attribuito ildistintivo della guerra di liberazione comepartigiano.Rientrato in Italia riprese la sua carrieradi magistrato venendo destinato alla Pro-cura della Repubblica di Forli, dove, quale

Giuseppe Altavista

Nelle foto,

in alto nel tondoGiuseppe Altavista

sotto, Altavistapassa in rassegna i plotonischierati

Pubblico Ministero, si di-stinse per le brillanti doterequisitorie. Nel 1950 fu

trasferito a Roma, al Mini-stero di Grazia e Giustizia,

presso la Direzione Generaledegli Istituti di Prevenzione e Pena, dove

fu assegnato a funzioni direttive di sempremaggiore responsabilità, ricoprendo primal’incarico di Direttore di vari Uffici (ediliziacarceraria, personale carcerario, dete-nuti); successivamente venne nominatoCapo della Segreteria della Direzione Ge-nerale degli Istituti di Prevenzione e Pena,ufficio di coordinamento di tutte le attivitàdi tale Direzione.Fu chiamato al Gabinetto del Ministro,prima come vice-capo, poi come capo, convari Ministri succedutisi in quegli anni (Co-lombo, Reale, GoneIIa Zagari, Gava) per laparticolare stima e fiducia che riscuotevaall’interno del Ministero, per la sua totalededizione al lavoro e per la massima atten-zione e competenza per tutte le problema-tiche giuridiche, tecniche e di carattereumanitario. Nel frattempo, avendo rag-giunto nella carriera il grado di Magistratodi Cassazione e poi Presidente di Sezione,fu nominato nel 1973 Direttore Generaledegli Istituti di Prevenzione e Pena, incaricoche mantenne fino alla sua morte improv-visa il 30 dicembre 1979. In questi anni si prodigò per il riordina-mento del personale degli istituti minorili,in particolare di quello del ruolo dei servizisociali minorili e del personale presentenegli istituti minorili; per migliorare la si-tuazione di servizio, giuridica ed econo-mica degli agenti di custodia, da lui ritenutielemento fondamentale per il buon anda-mento dell’amministrazione carceraria.Soprattutto il suo impegno fu massimo peril miglioramento delle condizioni di vitaall’interno degli istituti di pena, giungendoa far approvare dal parlamento la legge 354del 1975, di riforma dell’ordinamento pe-nitenziario, voluta e redatta sotto la sua di-rezione, che rappresenta una svolta storicaper il sistema penitenziario italiano.Per l’opera umanitaria svolta soprattuttonei confronti dei detenuti è stato insignitoanche Medaglia d’oro al Merito della Re-denzione Sociale e di altri riconoscimentida parte di fondazioni e istituti di carattereumanitario che operavano all’interno dellecarceri. Contemporaneamente all’attivitàd’ufficio, ha svolto compiti delicati ed im-portanti in organizzazioni di carattere in-ternazionale.

Nonostante l’attività professionale e cultu-rale lo assorbisse totalmente, portandolospesso anche all’estero, non ha mai dimen-ticato né trascurato la sua Brienza, mante-nendo sempre stretti contatti con i suoiconcittadini.Era a Brienza, infatti, che Giuseppe Altavistaamava e desiderava trascorrere quei pochigiorni di riposo che durante l’anno potevaconcedersi per recuperare le forze e risto-rare lo spirito.Con cura si dedicava sempre ai problemidella comunità di Brienza, adoperandosi inprima persona.

Negli ultimi anni della sua vita e della suaattività lavorativa si trovò ad affrontare ilproblema del terrorismo, che in particolarenelle carceri si manifestò con la massimavirulenza; si sacrificò fino allo stremo delleforze e con estremo coraggio per mante-nere fermi i principi dello stato di dirittoall’interno delle carceri.Per questo entrònel mirino delle Brigate Rosse e fu iscrittonelle liste delle personalità da colpire; no-nostante ciò non venne mai meno all’impe-gno del lavoro fino al termine della sua vita.In questi anni terribili non volle, infatti,chiedere il trasferimento ad altro incarico,per non abbandonare il proprio impegnoper l’Amministrazione Penitenziaria.La morte improvvisa, avvenuta il 30 dicem-bre 1979, in piena attività di servizio, pro-vocò un forte sentimento di dolore erimpianto tra i suoi collaboratori e tra leAutorità del momento, tanto che furono in-titolati alla sua memoria il Centro Studi Pe-nitenziari e il Museo Criminologico consede a Roma via del Gonfalone 29, l’Istitutopenale per minori di Eboli e l’Istituto penaleper minori di Lecce.In conclusione, si può ricordare il giudizioespresso dall’onorevole Guido Gonella, exministro di Grazia e Giustizia nel necrologioapparso sui quotidiani romani la mattinadel 31 dicembre del 1979, che lo definì«vittima generosa di un logorante adem-pimento del dovere». �

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Catanzaro: inaugurazione dell’anno giudiziario

el mese di gennaio 2010 si ècelebrata a Catanzaro l’inaugu-razione dell’anno giudiziario.Qui, diversamente dalle altre

sedi, non è stata attuata la protesta pro-clamata dall’A.N.M. (Associazione Nazio-nale Magistrati). Presenti all’inaugurazione numerose au-torità civili e militari, una rappresentanzadella Polizia penitenziaria e l’Autorità di-rigente del Provveditorato Regionaledell’Amministrazione Penitenziaria.

Il Presidentevicario dellaCorte d’Ap-pello, Dott.Gianfranco Mi-gliaccio, ha vo-luto evidenziarela lotta alla ’ndrangheta capace di pe-netrare negli appalti pubblici, che in unaregione come la Calabria, rappresentanoil fattore principale di sviluppo.

Giuseppe Cosenza

Torino: lutto Il 19 febbraio 2010, è scomparso prematuramente il collegaMichele Signorile, prestava servizio presso la Casa Circon-dariale di Torino. Giungano alla famiglia le più sentite condo-glianze da parte del personale della Casa Circondariale, dellaSegreteria Generale del Sappe e della Rivista.

Si è tenuto a Vibo Valentia, nel mese di marzo 2010, il 1° Corso MGA riservato alpersonale di Polizia Penitenziaria dell’istitutoVibonese. Hanno partecipato al Corso circa15 unità di Polizia Penitenziaria seguiti co-stantemente dai tre istruttori, ottenendo cosìottimi risultati sia sul piano dell’apprendi-mento che quello dei risultati raggiunti.

Franco Denisi

Vibo Valentia: primoCorso delmetodo globale di autodifesa

Napoli: record di presenze di detenuti negliistituti campaniLa Campania è tra le prime tre Regioni italianecon il record di presenze di detenuti, ad unpasso dalle 8mila presenze, numero mai registrato neppure ai tempi del-l’indulto del 2006, considerato che al 31 gen-naio scorso i detenuti presentierano 7.774 rispetto aduna capienza tollerabiledi 5.311 posti letto.Il Segretario GeneraleDonato Capece il Segre-tario Generale AggiuntoUmberto Vitale e il Segre-tario Nazionale EmilioFattorello hanno visitatoben 10 delle 17 strutture penitenziarie regio-nali, constatando come al costante e crescenteaffollamento della popolazione detenuta ri-stretta in Campania non corrisponde purtroppoun adeguamento degli organici della Polizia Pe-nitenziaria, carenti nelle 17 carceri regionalidi ben 200 agenti in meno rispetto a quantoprevisto. Nel ricordare l’apprezzamento giàespresso dal Sappe all’annunciato piano car-ceri del Governo, Capece auspica che se ne ve-dano presto gli effetti anche in Campania: «Ilpiano carceri dovrebbe dare indubbiamenteuna “scossa” salutare al sistema. Speriamoad esempio che per effetto delle annunciatenuove assunzioni (con procedure di ur-genza) di 2.000 unità di Polizia Penitenzia-ria l’Amministrazione penitenziariapredisponga con urgenza un piano di mobi-lità del Personale in servizio nelle sedi delNord che aspira ad essere trasferito nelle Re-gioni meridionali (come la Campania) e chele previste norme di accompagnamento fi-nalizzate ad attenuare il sistema sanziona-torio per chi deve scontare un piccolissimoresiduo di pena, contenute nel piano carceridel Governo, portino ad una effettiva ridu-zione di detenuti nelle carceri campane».

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Ho ricevuto la lettera deI 26 gennaioscorso e desidero innanzitutto ringra-ziare per le cortesi espressioni di sa-luto rivoltemi in occasione della mianomina a Prefetto di questa città. Se pur sia passato poco tempo dal mioinsediamento, mi sono ben note leproblematiche della Casa Circonda-riale di Reggio Calabria, le gravosecondizioni in cui quotidianamenteopera il personale della Polizia Peni-tenziaria e le drammatiche condi-zioni di vita dei detenuti ivi ristretti.

Reggio Calabria: il Prefetto risponde alSAPPe

Una situazione che altro non è se nonla cassa di risonanza del più generaledisagio del sistema penitenziario na-zionale, ormai giunto al collasso, comepiù volte denunciato e da più parti. Questo ufficio, sensibile alle richiestedi attenzione pervenute da codestosindacato e dalle altre sigle di catego-ria, si è fatto portavoce delle criticitàsegnalate presso il Dipartimento del-l’Amministrazione Penitenziaria, daultimo con prefettizia del 9 ottobrescorso. In questa circostanza desidero

dare ulteriore conferma dell’impegnoe della disponibilità di questa Prefet-tura, ed il mio personale, ad adope-rarsi al fine di dare avvio ad ognisoluzione praticabile.Luigi Varratta

Roma: consiglio regionale del LazioSi è svolto lo scorso 2 marzo 2010, presso il Ri-storante Il Maniero di Villa Adriana (Roma), ilConsiglio Regionale del Lazio. All’incontro hanno partecipato i Segretari provin-ciali della Regione, tutti i segretari locali dei 21istituti penitenziari laziali e i componenti della Se-greteria Generale a partire da Donato Capece, Gio-vanni Battista De Blasis, Roberto Martinelli eUmberto Vitale. Ospite d’onore il Capogruppo Pdl alla RegioneLazio Fabio Armeni che ha espresso all’assembleail suo saluto e della compagine che rappresenta. Durante i lavori del Consiglio sono stati oggetto didiscussione molteplici temi sono stati messi in risalto l’en-demica carenza di personale, i carichi di lavoro, l’inden-nità meccanografica, l’edilizia agevolata, la doppiapresenza, le nuove tute di servizio, il benessere del perso-nale etc; tutte argomentazioni che saranno portate all’at-tenzione dei vertici del Ministero della Giustizia, delDipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e delProvveditorato Regionale.Sono state anche analizzate l’azione politica intrapresanegli ultimi anni e le nuove proposte che saranno oggettodi riflessione per il prossimo futuro, oltre alla relazionesull’andamento degli iscritti nella Regione. Un ringraziamento particolare a Lionello Pascone, per la

sua opera di fine verbalizzatore e collaboratore. Ringrazio, altresì, il collega Andrea Arzilli per l’ottimaopera multimediale.

Maurizio Somma

Fiocco Rosa

Il 7 marzo è nata Noemi Caputifiglia dell’Ispettore Mauro e diAnna. Ai neo ge-nitori vanno le fe-licitazioni dellaRedazione ed inparticolare quelladell’AppuntatoCaputo...

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A lato, il logo delle

Paralim-piadi di

Vancouver

sotto, Gianmaria

Dal Maistroe Tommaso

Balassofesteggianola conquista

della medagliaolimpica

Giochi invernali per normodo-tati si sono conclusi per leFiamme Azzurre, con il migliorpiazzamento di Cecilia Maffei al

sesto posto nello short track. Mentre andiamo in stampa però cigiunge un raggio di sole dal freddo diVancouver: Gianmaria Dal Maistro e laguida Tommaso Balasso, rappresentantii nostri colori nella squadra azzurra pa-ralimpica impegnata in Canada dal 12 al21 marzo, sulle nevi di Whistler Creek-side, hanno conquistato nello slalom laprima medaglia per le Fiamme Azzurrenella storia dei Giochi invernali.La medaglia, di bronzo, è arrivata nello Slalom maschile pervisually impaired. Terzi al termine della prima manche concondizioni meteo proibitive a causa della nebbia ed un ritardodi 86 centesimi dagli spagnoli Santacana-Galindo, hanno fer-mato il cronometro, nella seconda manche su 57.58, confer-mando il terzo posto. L’Oro è andato agli slovacchi Krako / Medera, l’Argento aglispagnoli Santacana / Galindo. Nel gigante di sci alpino Gian-maria si è ripetuto conquistando il suo secondo bronzo. Stessocopione dello slalom: l’oro è andato ugualmente alla coppia

slovacca Krako/Medera, l’ar-gento agli spagnoli Santa-cana/Galindo.E dato che non c’è duesenza tre, al penultimogiorno di gare, Gianmaria Dal Maistro, con TommasoBalasso, hanno vinto la terza medaglia di questa edizione con-quistando l’Argento nella Super Combinata Visually Impaired.

Tom e Jerry, dopo il quarto posto nellafrazione di Super G, hanno recuperatodue posizioni nello Slalom chiudendoal secondo posto e conquistando la me-daglia d’Argento. Una olimpiade da incorniciare per i duetalenti delle Fiamme Azzurre e da guar-dare con orgoglio da parte di tutto il Co-mitato Paralimpico guidato da LucaPancalli. I due campioni nostrani, dasoli, hanno contribuito in maniera de-terminante a che l’edizione 2010 deiGiochi parli italiano in almeno tre dellespecialità invernali in gara.

Meravigliosamente abili, Gianmaria e Tommaso ci hanno re-galato una grande gioia dopo le piccole e grandi delusioniolimpiche.Delusioni che non sono da addetti ai lavori che si attendevanouna pioggia di medaglie dalle Fiamme Azzurre in gara, sebbeneintendiamoci, sarebbe stata una pioggia gradita una volta tanto.A noi in fondo il bicchiere risulta mezzo pieno considerandoanche solo la partecipazione a Vancouver di una buona rappre-sentanza del team della Polizia Penitenziaria e pensando in pro-spettiva all’esperienza accumulata da atleti giovanissimi chepotranno dire la loro di qui in poi nelle kermesse a cinque cerchi.

La delusione per lemedaglie mancate èstata di altri nelquadro più in gene-rale della débacleazzurra in fatto dipodi complessiva-mente conquistatialla fine dei Giochida tutti gli atleti pre-senti, e alla prova inombra dell’ele-mento più in vista inazzurro e delleFiamme Azzurre,Carolina Kostner.Riguardo alla provadi Carolina però, laquestione va sepa-rata in due parti: il

Vancouver e dintornii Giochi Paralimpici Invernali

Vancouver : classifica finale dello slalomcat. “Visually impaired”

1. Jakub Krako-Juraj Medera SVK 1’45”822. Jon Santacana-Miguel Galindo ESP 1’46”913. GIANMARIA DAL MAISTRO-TOMMASO BALASSO ITA 1’48”324. Miroslav Haraus-Martin Makovnik SVK 1’48”385. Norbert Holik-Lubos Bosela SVK 1’50”106. Chris Williamson-Nick Brush CAN 1’51”12

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a cura di Lalì

[email protected]

Redazione sportiva

podio mancato e la prova inse per se.Di podio chi è più vicino al-l’ambiente del pattinaggioitaliano ed internazionalenon ha mai parlato alla vigi-lia. Nemmeno dal quartiergenerale delle Fiamme Az-zurre si era mai pensato dicaricare la nostra portacoloridella responsabilità di dovetornare dal Canada con lamedaglia al collo. La spe-ranza era che intanto rientrasse nelle dieci, col beneficio diquelle punte di eccellenza che le sono state congeniali in molteoccasioni passate e che possono anche fare la differenza se leavversarie non sono proprio precisissime. Solo a quel punto la zona podio sarebbe stata più vicina purrestando blindatissima dalla potenza coreano-giapponese chemonopolizza ormai la scena internazionale ed è destinata a con-tinuare a farlo per molto anche in futuro a giudicare dalle gio-vanissime leve che si sono messe in evidenza con un esordioolimpico brillantissimo interra canadese. Tra tutte lanippo-americana, compagnadi allenamento di Carolina eallenata ugualmente da FrankCarrol, Mirai Nagasu, quartaa sedici anni.Di più di un posto nelle dicinon si poteva assolutamentechiedere a Carolina: pureguagliando il punteggio diTallin che le era valso il titolod’Europa appena un meseprima di Vancouver sarebbegiunta nona, lontana dalla terza posizione della canadese Jo-annie Rochette con 202.64 punti, dall’argento della giapponeseMao Asada che ha chiuso a 205.5 e a distanze da Everest dal-l’inarrivabile Yu Na Kim. Proprio la coreana, semplicemente diun altro pianeta, è stata la prima donna a superare il muro dei200 punti. Ha eseguito in aria l’impossibile atterrando con laleggerezza di una piuma, e, misura del suo enorme talento, èstata in grado di far sembrare semplice e naturale uno sportche è forse tra i più complicati al mondo. Con il suo score finalesarebbe entrata anche nei dieci della classifica maschile. La prima terrestre dopo di lei, Mao Asada, ha convinto, l’atletadi casa Joannie Rochette, bronzo finale, ha commosso il mondogareggiando a pochi giorni dalla morte della madre, fulminatada un infarto, ed è stata una prova di nervi ben saldi la sua pre-stazione oltre ai meriti tecnici dimostrati. E Carolina? Non sorride più all’ingresso sul ghiaccio come lesi era visto fare all’europeo, parte l’aria di Bach, è tesa, si vede,dovrebbe iniziare con un salto triplo-doppio-doppio, ma sul

triplo mette le mani a terra equindi i due doppi aborti-scono. Sul successivo triplolutz cade ma pare voler rea-gire. Dopo il primo axel edoppio riusciti il ColiseumPalace la rincuora con un ca-loroso applauso. Triplo flip edi nuovo è a terra. Il pubblico la sostiene ancora.Triplo loop e terza caduta. IlColiseum a questo punto di-venta anch’esso di ghiaccio.

Poi esegue gli angeli e la serie di passi, ma la gara è irrimedia-bilmente andata e la finirà in sedicesima posizione, facendopeggio di Torino 2006 ed era dura riuscirci, uscendone delusaquanto al mondiale di Los Angeles e con le mani sul volto quasia non voler credere a quei quattro minuti da incubo per lei eper chi l’ha guardata.Il giudizio della stampa è spietato. Cominciano ad arrivare titolial limite delle offese personali che la definiscono regina imma-ginaria, cenerentola senza magia, fragile, pesante, confusiona-

ria ed incapace dicomprendere lo scarto chec’è tra quel che è e quel chedice di voler essere, sul webqualcuno la ribattezza Cado-lina, la sua prova è giudicatacome quattro salti in padella,uno strazio, un pianto, un ruz-zolare contro se stessa. Tra lefrasi più demolitorie c’èquella di un noto quotidianonazionale non sportivo che sichiede: «C’è qualcuno ingrado di prenderla per

mano, nella sua sensibilità un po’ autistica, in grado difarle capire che il tempo invecchia in fretta e che i fantasmi(si legga i fantasmi che ha dentro di lei) muoiono appenasi smette di sognarli?»Queste citazioni sono solo una selezione minima del tanto chesi è scritto e del troppo che si è detto.Il Presidente del Coni Petrucci, che adora il carro dei vincitoried in genere si limita ad avere parole solo per quelli che vi sal-gono dopo prestazioni da podio, ha chiosato sulla vicenda af-fermando che Carolina «Non sarà mai una campionessa».Il perché di tanto accanimento contro di lei dopo le altre scon-fitte della spedizione azzurra tutto sommato passate in sordina,è da rintracciarsi nell’enorme campagna mediatica che è statafatta da sempre intorno alla figura del talento gardenese e nelleaspettative tutte giornalistiche di successi sportivi sempre piùalti che ne legittimino fama e attenzioni degli sponsor. La Kostner è stata fatta oggetto di previsioni verticistiche nelleclassifiche internazionali in modo esponenziale rispetto alla

A fianco,Cecilia Maffei con le compagne di staffetta

GianmariaDal Maistroe TommasoBalassoportaban-diera italiani alle Para-limpiadi di Vancouver2010

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crescita della sua popolarità,ma in tutto questo scrivere, at-tendersi molto e caricare diresponsabilità la persona chesul ghiaccio ha finora vintopiù di chiunque altro nellastoria del pattinaggio di figuraazzurro, nessuno o quasi si èsoffermato a guardare l’evolu-zione rapidissima del pattinag-gio che da artistico (qual èquello da sempre praticato daCarolina) è diventato nel girodi pochi anni acrobatico, fu-nambolico e pazzescamentetagliato su misura per le esilie minute coreane e giapponesitanto da precludere il cam-mino di chiunque nella rin-corsa a quelle posizioni divertice. Tutti erano convintidell’idea che Carolina, la Winxsui pattini, avesse dovuto vin-cere come all’europeo di Tal-lin, la gara senza Giappone esenza Korea.Speriamo che da Vancouver inpoi si ritorni alla valutazionedella realtà per quella che è eche il flop innanzitutto delleprevisioni giornalistiche primache della prova dell’atletadelle Fiamme Azzurre suggeri-scano ponderazione nell’in-censare o buttare giù dallatorre i campioni. Speriamo che Carolina stessaritrovi la tranquillità di esseresemplicemente il talento che èmagari tornando a sorridere,e a divertirsi quando pattinaabbandonando per primal’idea, o il terrore, di dovervincere ad ogni costo. Se aimondiali di Torino del pros-simo 27 marzo ci riuscisse,sarebbe già quella una grandevittoria.Storia dei giochi para-limpici e di Tom & JerryLa prima edizione dei Giochi Paralimpici si svolse nel 1976 aOrnskoldsvik, in Svezia, e dalla edizione del 1992 (Albertville)la manifestazione viene ospitata dalla stessa sede alla qualesono stati assegnati i Giochi Olimpici. Fondamentale conquista

per la visibilità di tutto ilmovimento sportivo para-limpico è stata la decisionedi trasmettere da questaedizione tutte le gare ed indiretta. Ci si può augurareche ciò sia solo un primopasso deciso per abbando-nare l’abitudine di parlaredi campioni di tale valoresolo per brevi flash a mar-gine di qualche trasmis-sione sportiva. I Paesipartecipanti a Vancouversono passati dai 39 di To-rino 2006 agli attuali 44 egli atleti iscritti da 474 a507. Quattro anni fa gli az-zurri conquistarono ottomedaglie complessive (2ori, 2 argenti e 4 bronzi),anche per merito di DalMaistro e Balasso.Gianmaria, nato trent’annifa a Schio (4 dicembre1980) è il portabandieraazzurro alla cerimonia diapertura dei Giochi. A soli quattordici anni c’èstata la sua prima convoca-zione in azzurro. Nel 1996esordisce ai campionatimondiali austriaci di Lechgiungendo quarto nelloslalom gigante. Nel 1998 aigiochi Paralimpici di Na-gano 1998 conquista dueargenti ed un bronzo, dueanni dopo fa sua anche laCoppa del Mondo di spe-cialità nello slalom spe-ciale.Alle Paralimpiadi statuni-tensi di Salt Lake City 2002è stato argento nello sla-lom gigante. Nel 2003 vincela Coppa del Mondo di spe-cialità nel super gigante edai mondiali di Wildshonau

(Austria) del 2004 porta a casa due argenti ed un bronzo.Il risultato più importante della sua carriera, sogno di qua-lunque atleta magnificamente dotato come lui, è stato l’oronel Super gigante delle IX Paralimpiadi invernali di Torino2006.

Alcune immagini

di CarolinaKostner

alle Olim-piadi di

Vancouver

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’istituzione delle colone penali agricole e in particolarel’esperienza relativa alle isole dell’Arcipelago Toscano,rappresentano, nella storia delle istituzioni penitenziarie,un esempio significativo di come sia possibile prevedere

soluzioni alternative alla pena detentiva scontata nelle carceri, tra-dizionalmente intese come luoghi chiusi. Per la sua specifica natura è stato necessario trattare l’argomentoda vari punti di vista. Nel primo capitolo è stata ricostruita la genesistorica delle colonie penali con particolare riferimento alla realtàtoscana, partendo dalla istituzione nel 1858 dell’isola-carcere diPianosa. Oltre a ciò, ci sono alcuni riferimenti all’esperienza dellecolonie penali italiane d’oltremare, nonché all’istituto del domiciliocoatto, che, con le colonie agricole ha in comune il sistema dellarelegazione insulare (molte isole, in particolare Capraia nell’arci-pelago toscano, ospitarono entrambi gli istituti).Nel secondo capitolo, invece, sono stati considerati gli aspetti piùpropriamente politici e giuridici che interessano le colonie penali,riportando, per le varie epoche storiche, la normativa, le discussionidottrinali, i commenti che gli studiosi facevano sull’istituto. Partico-larmente significativo è stato lo studio riguardante la contrapposi-zione ideologica tra scuola classica e scuola positiva circa il ruoloche esse dovevano avere nel sistema punitivoi e le conseguenze daciò derivate nella formulazione del codice penale Rocco del 1931.Nel terzo capitolo sono stati esaminati gli aspetti più propriamentesociologici, in particolare il trattamento penitenziario cui erano sot-toposti i reclusi all’interno delle colonie, gli orari che dovevano ri-spettare e il lavoro che dovevano svolgere, soprattutto in relazioneal secondo dopoguerra, indicando quindi i motivi che hanno deter-minato la progressiva chiusura di tale tipologia d’istituto. Inoltre èstato considerato l’utilizzo sul finire degli anni Settanta delle coloniepenali come istituti di massima sicurezza, con particolare attenzioneall’isola dell’Asinara in Sardegna, in quanto si sono rilevate alcuneaffinità tra questo istituto e il regime adottato nella sezione speciale(Agrippa) dell’isola di Pianosa. Concludendo, è stato preso in esame l’attuale esperienza di Gorgonadove lo spazio disponibile nel contesto isolano rappresenta una va-riabile importante per compiere attività che in altre carceri non sonopossibili e che sono un elemento fondamentale nella moderna fun-zione risocializzante del sistema carcerario.Fondamentale è stata l’attività di ricerca, da parte dell’autore, dellefonti reperite nell’Archivio di Stato di Firenze, che ha permesso diaccedere ad antichi regolamenti e carteggi ufficiali del Ministero diGrazia e Giustizia (ora della Giustizia), nonché a testimonianzescritte di funzionari, operatori e detenuti.Dalla trattazione sulle colonie penali agricole è emerso che l’istitutoha avuto diverse finalità e diverse modalità di realizzazione sia in re-lazione alle epoche storiche sia ai luoghi dove è stato concepito eattuato. E’ stato assunto il lavoro, in particolare quello organizzatoall’aria aperta, come l’aspetto distintivo delle colonie penali, che of-

frono ai detenuti la possibilità diespiare la loro pena in un ambitomeno costrittivo, seppur in molti casinon sempre favorevole. Infatti lascelta della insularità, che caratte-rizza la quasi totalità delle colonie,se da una parte ha garantito unamaggiore sicurezza, tenendo contoche i detenuti si possono muovereabbastanza liberamente in uno spa-zio determinato, dall’altro ha pre-

sentato numerosi risvolti negativi,primo tra tutti la lontananza che ha fortemente limitato la socialitàdei detenuti e del personale. Altro aspetto negativo è rappresentatodai costi di gestione che questi istituti dovevano sopportare a causa,soprattutto, dei problemi di trasporto. Si è giunti pertanto alla chiusura di gran parte degli istituti peniten-ziari presenti nelle isole, dopo che essi hanno ricoperto nel corsodel Novecento un ruolo importante in alcune emergenze politiche esociali relative a epoche e a contesti storici diversi. Pertanto le isolehanno subito una sostanziale trasformazione: da luoghi di detenzioneprivilegiata (per il fatto di svolgersi all’aperto), a luoghi punitivi.Pensiamo ad esempio, in epoca fascista, al domicilio coatto chevenne riservato a coloro che non intendevano uniformarsi alle ideepolitiche dominanti o governative, divenendo così strumento di re-pressione e di coercizione ideologica; fino alla istituzione di istitutidi massima sicurezza (Pianosa) che hanno rappresentato la rispostadello Stato di fronte all’emergenza mafiosa e terroristica.Il presente è caratterizzato dall’esperienza di Gorgona, dove si è re-cuperato lo spirito originario delle isole-carcere. Essa è un modellopositivo di organizzazione di lavoro e socialità, che, pur con i pro-blemi inevitabili in un contesto carcerario, può rappresentare un’al-ternativa valida alle tradizionali carceri chiuse con il loro carico didisagio e la mancanza di prospettive motivanti .Il carcere chiuso ha avuto un esito nel complesso positivo soprat-tutto nella realtà attuale (Gorgona), dopo un lungo percorso di espe-rienze che hanno mostrato lo scollamento tra le finalità dichiarate(dare un’occupazione ai condannati, favorire la loro emenda mo-rale, risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri) e leeffettive situazioni di disagio e di precarietà delle condizioni di vitae di lavoro dei detenuti.Le riflessioni espresse riguardo al sistema carcerario hanno comepunto di partenza i problemi attuali della detenzione penitenziaria(sovraffollamento, mancanza di prospettive di lavoro, scarse attivitàrisocializzanti, ecc.) e come punto di arrivo le prospettive future chesi fondano sulla validità dell’esperienza di Gorgona.Gli aspetti rilevanti di tale esperienza consistono nel fatto che il lavoroè considerato l’elemento cruciale del trattamento penitenziario, (ciòlimita gli aspetti demotivanti e apre prospettive future sul piano la-vorativo); inoltre una permanenza in cella limitata alle sole ore not-turne permette ai detenuti di trascorrere gran parte della giornataall’aria aperta con gli evidenti benefici che essa comporta.Tutto ciò non esclude che siano presenti problemi legati soprattuttoalla lontananza dalla terraferma con i conseguenti disagi per i dete-nuti, il personale addetto alla struttura e i loro familiari, tutti elementiche hanno contribuito in modo determinante alla progressiva chiu-sura delle colonie.

Nella foto,la copertinadel libro

Alfredo Gambardella

LE COLONIE PENALI NELL’ARCIPELAGO TOSCANOIBISKOS ULIVIERI Editore

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Il Profeta

l film Il Profeta è un prison movie francese che racconta lametamorfosi di Malik, un 19enne finito in galera, che lenta-mente e progressivamente si trasforma da manovale delladelinquenza al servizio di una banda di corsi in un piccolo

boss perfettamente in grado di badare ai suoi interessi .Nel film ritroviamo tutti gli stereotipi tipici del cinema carcerario,usati tutti con intelligenza, ai quali si vanno via, via aggiungendo tuttele caratteristiche e le dinamiche dei grandi gangster movie della sto-ria recente e meno recente del cinema.Malik El Djebena ha soltanto 19 anni quando viene condannato asei anni di prigione. Entra in galera senza niente, una banconota edei vestiti troppo usurati, che secondo la Polizia Penitenziaria nonvale nemmeno la pena di conservare. Quando esce è a capo di unimpero, con tre macchine che lo scortano in giro per la città.Tra i due Malik c’è il carcere, la protezione offertagli da un mafiosocorso, l’omicidio come rito d’iniziazione, l’acquisizione di cono-scenze e traffici, le incursioni in permesso fuori dal carcere, dovegli affari prendono il via. Certamente, tutto ciò avviene all’interno di una prigione il cinemalo ha già raccontato tante altre volte, così come ci ha già raccontatodella nascita di un padrino.La novità di Malik è nella capacità di apprendere in fretta. Il ragazzoimpara ad uccidere ma, allo stesso tempo, impara anche che nelcarcere c’è una scuola dove possono insegnargli a leggere e a scri-vere. Impara da autodidatta il dialetto franco-italiano della Corsica.Si procura un’arma, che obbligherà il capo a tener conto di lui. Dagliarabi impara a capire cosa vogliono, dai Marsigliesi impara a trat-tare, da un amico, forse, imparerà a voler bene. I compagni di galera prendono a definirlo un profeta, perché lui èquello che parla, con gli uni e con gli altri, quello che porta i mes-saggi dentro e fuori, che conosce la gente che può far comodo negli

affari. Egli fa grandicose, insomma; la suavia è tracciata comequella di chi ha una mis-sione. Alla fine, il regista Au-diard ci racconta l' uni-verso senza speranzadelle carceri francesi,dove si impara solo a es-sere più violenti e piùavidi di quanto non sifosse prima di entrare.

La scheda del Film

In alto, lalocandinadel film

sotto,alcunescene

Regia: Jacques AudiardAltri titoli: A ProphétTratto da un’idea Abdel Raouf DafriSoggetto: Abdel Raouf DafriSceneggiatura: Abdel Raouf Dafri (sceneggiatura originale),Nicolas Peufaillit (sceneggiatura originale), Jacques AudiardThomas BidegainFotografia: Stéphane Fontaine Musiche: Alexandre Desplat Montaggio: Juliette WelflingScenografia: Michel Barthélémy Costumi: Virginie Montel Produzione: Why Not Production, CHIC Films, Page 114,BIM, France 2 Cinéma, UGC, Celluloid DreamsDistribuzione: BIMPersonaggi ed Interpreti:Malik El Djebena: Tahar RahimCésar Luciani: Niels ArestrupRyad: Adel BencherifJordi: Reda KatebVettorri: Jean-Philippe Ricci

Reyeb: Hichem YacoubiProfessore: Gilles CohenPierre LecciaAntoine BaslerJean-Emmanuel PagniFrédéric GrazianiGenere: Drammatico Durata: 153 minuti Origine: Francia, 2009

• Grand Prix al

62° Festival di

Cannes (2009).

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a cura diG. B. De Blasis

Stammheim

l film del regista Reinhard Hauff narra la storia e le vi-cende del famigerato gruppo terroristico tedesco Baa-der-Meinhof, esponenti di spicco dell’organizzazioneRAF. Il 21 maggio 1975 a Stammheim, nei pressi di

Stoccarda sede di un moderno supercarcere, inizia il processoproprio ad Andreas Baader, Ulrike Meinhof, Gudrun Ensslin eJan Carl Raspe, quattro terroristi che volevano cambiare la so-cietà con la forza delle armi, responsabili di numerosi attacchia banche, lanci di bombe, sparatorie con la polizia che com-portarono vittime da entrambe le parti. I quattro terroristi furono arrestati nel 1972 e subirono più ditre anni di detenzione preventiva in completo isolamento trascioperi della fame e proteste per ottenere condizioni miglioridi detenzione. Il processo durò due anni e si concluse con la condanna al-l'ergastolo degli imputati (rimasti in tre dopo che la Meinhofsi suicidò in cella nel maggio del 1976). Nell'ottobre del 1977 si concluse definitivamente la tragica sto-ria della RAF, allorquando i tre terroristi superstiti vengono tro-vati tutti morti nelle loro celle e le Autorità decretaronoufficialmente quale causa della morte, il suicidio di gruppo.

La scheda del FilmRegia: Reinhard Hauff

Soggetto: Tratto dal libro omonimo di Stefan AustSceneggiatura: Stefan AustFotografia: Frank Bruhne Musiche: Marcel Wengler Montaggio: Heidi Handorf Produzione: Bioskop Munchen - Thalia Theater, MamburgDistribuzione: IMC (1987) - CD Videosuono

Personaggi ed Interpreti:Ulrike Meinhof: Therese AffolterPeter DanzeisenHans KremerHolger MahlichHorst MendrochPresidente della Corte: Ulrich PleitgenHans Christian Rudolph

Andreas Baader: Ulrich TukurGudrun Ensslin: Sabine Wegner

Genere: DrammaticoDurata: 104 minuti, Origine: Germania Orientale (DDR), 1986

A fianco,la locandina

sotto, alcunescene del film

• ORSO D'ORO al Festival di

Berlino 1986

• Vietato ai minori di 18 anni

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ome ammazzare la moglie e vi-vere felici. E’ una delle storielleche Bruno Tinti, ProcuratoreAggiunto di Torino, riporta nel

suo libro Toghe rotte, cronaca di ingiu-stizia quotidiana, raccontata da chi lagiustizia la fa tutti i giorni. Il libro, conla presentazione di Marco Travaglio, èscritto da Tinti ed altri colleghi chehanno deciso di condurre per mano illettore nelle aule dei nostri tribunali perfargli toccare con mano la giustizia in-giusta.

Non è un libro per addetti ai lavori. Estato scritto per essere letto da tutti,chiaro, semplice, spietato, divertente. Ritornando alla nostra storiella, diciamosubito che le mogli possono stare tran-quille. La storia è reversibile e può esseredestinata anche ai mariti: la riassumo inmaniera ancora più semplice di quantoha fatto l’autore sfrondandola di tutti gliaspetti tecnici per renderla accessibile alcomune lettore. Forse è al limite dell’as-

surdo, ma non tanto. E’ però indicativadi come, scattando determinati meccani-smi processuali, pur a fronte di un de-litto, si possa uscire dalla portaprincipale del tribunale invece che daquella sotterranea che porta al carcere. Un uomo, all’inizio del 2006, dopo aversperperato tutti i beni della moglie senzafargliene accorgere (in realtà l’ha truf-fata) decide di ucciderla e lo fa anche inmaniera spietata, come solo si può farequando l’amore si trasforma in odio. Commesso il delitto, chiama il suo avvo-cato e si fa accompagnare dai carabinieridove confessa, a verbale, sapendo che lapresenza dell’avvocato darà valenza pro-cessuale al verbale e alla sua confessione.Dichiara di aver ucciso la moglie perché,asserisce, lo tradiva con il suo miglioreamico, descrive le modalità, indica illuogo dove si trova il cadavere, consegnal’arma del delitto e le chiavi dell’appar-tamento per consentire di verificarequanto ha dichiarato.I carabinieri corrono a casa e possonoconstatare che è tutto vero, avvisano ilPubblico Ministero di turno, fanno gli ac-certamenti e i rilievi del caso.Il nostro uomo non viene arrestato per-ché il Pubblico Ministero sa che il Giu-dice delle Indagini Preliminaridifficilmente concederebbe la custodiacautelare mancando uno dei tre requisitiprevisti dall’art.274 del codice di proce-dura penale (quello sul banco degli im-putati anche in questi giorni ogni voltache il magistrato scarcera qualcuno), in-dispensabili per tenere una persona incarcere. In particolare:a) non sussiste pericolo di inquina-mento di prove, perché è stato lostesso marito ad avvertire i carabinieri,ha confessato il delitto, ha offerto spon-

taneamente tutte le prove necessarie equindi non c’è più niente da inquinare;b) non sussiste pericolo di fuga pergli stessi motivi. Se avesse voluto fuggirenon sarebbe andato dai carabinieri ac-compagnato dal suo avvocato;c) non sussiste pericolo di reitera-zione del reato, perché di certo nonse ne andrà in giro ad uccidere mogli.Una ne aveva, l’ha uccisa e ormai bastacosì.D’altra parte il suo comportamento pro-cessuale è stato ineccepibile: si è costi-tuito, ha confessato, si è messo adisposizione degli inquirenti. L’indaginesi conclude e in pochi mesi viene portatodavanti al Giudice con l’accusa di omici-dio aggravato. Pena prevista: ergastolo. Aquesto punto scatta la strategia difensivae tramite i suoi legali chiede di essereprocessato con il rito abbreviato, cheprevede la riduzione di un terzo dellapena. Di fronte alle due circostanze aggravanti- omicidio con sevizie e reato commessoal fine di occultarne un altro (non farscoprire alla moglie la truffa) - chiedele attenuanti avendo scoperto che lei loaveva tradito con il suo amico. Questi,d’accordo con il marito omicida, confer-merà integralmente tale versione, for-nendo eventualmente anche particolariche avvalorano il rapporto, tanto la si-gnora è morta e di certo non potràsmentirlo. L’omicidio quindi è stato commesso inuno stato d’ira dovuto a fatto ingiusto dilei e merita questa forma di attenuante(art.62 comma 2 codice penale). Il nostro protagonista si preoccupaanche di risarcire il danno ai parentidella moglie, per cui merita anche l’atte-nuante del risarcimento danni (Art.62

Aldo Maturo*[email protected]

L’autore del libro

Bruno Tinti

Storia di ordinaria

ingiustizia

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o gli viene data la so-spensione condizionaledella pena (prevista perle pene fino a dueanni) o gli viene datol’affidamento in provaal servizio sociale (pre-visto per le pene fino atre anni).

In realtà il nostro protagonista si è di-menticato che gli sconti hanno un limitee che un altro articolo (il 67 del codicepenale) prevede che quando concorronopiù circostanze attenuanti la iniziale penadell’ergastolo non può ridursi a meno di10 anni di reclusione. Ma lui non si demoralizza. Vanno beneanche 10 anni, però bisogna sempre to-gliere i 3 anni dell’indulto 2006 e siamoa 7, che non sconterà tutti perché perogni anno di carcere con buona condottalo Stato “regala” 90 giorni di sconto chevalgono come pena espiata: si chiama li-berazione anticipata. Maturata la metàpena (tre anni e mezzo di cui ha espiatoveramente solo due anni e mezzo o pocopiù perché l’altro anno è solo virtuale edè il frutto di 315 giorni di sconto per lacitata liberazione anticipata) potrà chie-dere di essere ammesso alla semilibertà(uscirà dal carcere al mattino e ci ritor-nerà la notte solo per dormire) e dopoqualche mese, appena sceso sotto i tre

comma 6 codice penale). Sepoi gli si aggiungono le atte-nuanti generiche (è statosempre un lavoratore, nonha mai preso una contrav-venzione, ha confessato,etc..) avrà messo sul piattodella bilancia una serie dicircostanze attenuanti che ilgiudice dovrà valutare per vedere se “pe-sano” più delle aggravanti, cioè se sonoprevalenti. Se decide in tal senso la penaprevista passa dall’ergastolo alla reclu-sione da 24 a 30 anni : considerata la di-namica dei fatti è altamente probabileche si partirà dai 24 anni. Con una prevedibile contabilità proces-suale, il nostro imputato comincia a sca-lare dai 24 anni iniziali le riduzionidovute per le attenuanti : meno un terzodi pena per lo “stato d’ira”, meno unterzo di pena perché “ha risarcito” i fa-miliari, meno un terzo di pena per le “at-tenuanti generiche” che non si negano anessuno, arriva ad un residuo di setteanni e mezzo. Siccome ha chiesto il ritoabbreviato bisogna decurtare un altroterzo e siamo a cinque anni. Però i fattisono avvenuti prima del 2 maggio 2006- termine previsto per fruire dell’ultimoindulto - ed allora gli spetta anche losconto di questi tre anni di indulto. Nerestano quindi due. A questo punto, dice,

anni residui, potrà chiedere di essereammesso ai servizi sociali, che significastare a casa, lavorare, fare una vita nor-male ed essere controllati di tanto intanto da un’assistente sociale. Da una pena prevista di 24 anni, per unaperversa applicazione di norme tecnicogiuridiche, ne potrebbe scontare solodue e mezzo. Il meccanismo ha funzio-nato e tutto sommato il carcere sarà soloun breve incidente di percorso per libe-rarsi della moglie (o del marito, se laprotagonista è una lei). Quella descritta – liberamente ricostruitada un capitolo del citato libro - non èuna storia del tutto folle e fantasiosa enon vuole di certo istigare qualcuno a li-berarsi del partner, anche perché nes-suno può garantire lo stesso effettodomino di circostanze favorevoli. Forseè surreale ma è il frutto di elaborazioniprocessuali applicabili realmente perchépreviste dal nostro codice di procedurapenale, in un susseguirsi di duelli vissutitutti i giorni nelle aule di giustizia di que-sto Paese dove, sotto il cartello “la giu-stizia è eguale per tutti (e si esercita nelnome del popolo)”, è sempre più diffi-cile assicurare la giustizia vera e, quandoaccade, non sempre è giusta, ancormeno eguale, mai tempestiva.

* Avvocato, già Dirigente dell’Amministrazione Penitenziaria

Foto ricordo scattata nel 1978 a Napoli Poggioreale dopo la celebrazione dell’annuale Festa del Corpo (all’epoca Agenti di Custodia)

La copertinadel librodi BrunoTinti

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Congresso mondiale contro lapena di morte: uccidere costa più dell’ergastoloIl IV Congresso mondiale contro la pena dimorte, tenutosi a Ginevra, vuole sradicarequesti e altri pregiudizi, sensibilizzarel’opinione pubblica al problema e crearecontatti fra persone favorevoli all’aboli-zione della pena capitale. ��«Si tratta di una pena fondamental-mente ingiusta, che colpisce i gruppi so-ciali più emarginati», ha criticatodurante una conferenza stampa di presen-tazione del congresso Edward McCarthy,cittadino statunitense che ha trascorso 21anni della sua vita in prigione, 19 dei qualinel braccio della morte. ��Processato econdannato per tre volte alla pena capitale,McCarthy è stato scagionato grazie a un testdel DNA. La sua testimonianza, insieme aquelle di altri reduci dal braccio dellamorte, sarà uno dei momenti salienti delIV Congresso contro la pena di morte.��«LaSvizzera, che è patrocinatrice del-l’evento, considera che l’applicazionedella pena di morte sia un ostacolo inac-cettabile sul cammino dell’Umanità», haaffermato l’ambasciatore Thomas Gremin-ger, capo della divisione sicurezza umanadel ministero degli esteri elvetico. ��Greminger ha anche ribadito l’impegnodella Svizzera nella campagna internazio-nale per l’abolizione della pena di morte.Per Berna, ha sottolineato l’ambasciatore,si tratta di una priorità di politica estera.Cauto ottimismoRaphaël Chenuil Hazan, direttore dell’’as-sociazione francese Uniti contro la pena dimorte, e Arnaud Gaillard, coordinatore delcongresso a Ginevra, hanno dal canto loromesso in evidenza soprattutto la strada cherimane da fare, nonostante i risultati fin quiottenuti.��Venticinque anni fa, in due terzidei paesi del mondo era ancora in vigorela pena capitale. Oggi il loro numero dimi-nuito a un terzo. «Ciononostante ognianno sono giustiziate 6000 persone; èuna cifra enorme», ha puntualizzatoHazan.��Al IV Congresso contro la pena dimorte sono attese circa mille persone, tracui molti rappresentanti dei media di paesiin cui la pena di morte ancora è ancora ap-plicata. ��Attualmente gli stati che conti-

nuano a giustiziare dei condannati sono 58.Si tratta in maggioranza di paesi asiatici,arabi e caraibici. L’elenco comprendeanche democrazie come gli Stati uniti, l’In-dia e il Giappone.Argomento di governi populistiL’incontro degli abolizionisti a Ginevravuole dare un sostegno al processo di rati-fica della risoluzione dell’ONU per una mo-ratoria delle esecuzioni e del secondoprotocollo opzionale al Patto internazionalesui diritti civili e politici, che impedisce aipaesi che hanno abolito la pena di mortedi fare marcia indietro.��«I governi popu-listi di alcuni paesi non escludono lapossibilità di reintrodurre la pena dimorte per lottare contro il crimine. Studiscientifici hanno però dimostrato che lapena di morte non ha alcun caratteredissuasivo», ha sottolineato Arnaud Gail-lard.��Tra i paesi in cui si è discussa la pos-sibilità di ristabilire la pena capitale ci sonoil Messico e la Giamaica. In alcuni statidegli Stati uniti, le esecuzioni sono invecestate sospese per ragionieconomiche.��Contrariamente a quanto sipotrebbe pensare, infatti, è più costoso giu-stiziare una persona che tenerla in prigioneper tutta la vita. Tra la condanna a morte el’applicazione o la revoca della sentenzapossono passare fino a 20 anni.��«Durantetutto questo tempo bisogna pagare gli av-vocati, far fronte ai costi delle indaginie del processo, sopperire alle spese di la-boratorio e dell’esecuzione», spiega Ra-phaël Chenuil Hazan.��Quello economico èperò solo un degli aspetti del problema.

Condannati potranno scontarepene nei monasteriDal carcere ai monasteri ortodossi: i con-dannati per crimini minori in Georgia po-tranno da oggi scontare le loro pene tramonaci e clero ortodosso, dedicandosi alavori socialmente utili. Lo prevede un accordo tra la chiesa orto-dossa e la giustizia del Paese caucasico, cheha un dichiarato doppio obiettivo: allegge-rire le carceri sovraffollate e aiutare nellaricostruzione dei monasteri distrutti inepoca sovietica. I condannati potranno ri-costruire dove serve, o anche dare unamano nella manutenzione, ha spiegato il

metropolita Theodor.L’accordo segnala anche la crescente vici-nanza tra governo georgiano e chiesa orto-dossa autocefala, erede di una delle primechiese cristiane al mondo e considerata unelemento inalienabile dell’identità della Ge-orgia anche rispetto all’’ortodossia russa.

Evade di prigione scavando untunnel con un cucchiaioHa scavato un tunnel con un cucchiaio edè scappata dal carcere dove scontava la suapena per omicidio: protagonista dell’’eva-sione da film è una detenuta della prigionedi Breda, nel sud dell’Olanda, secondoquanto hanno fatto sapere i portavoce del-l’istituto di detenzione. Attualmente allamacchia, l’evasa, 35 anni, ha lasciato la pri-gione la notte tra sabato e domenica attra-verso il tunnel di due metri circa checollegava la sua cella all’esterno e che si èscavata da sola con un cucchiaio da tavola.

Scontro tra detenuti in carcereYare, 8 morti e 15 feritiScontri a colpi d’arma da fuoco e rudimen-tali coltelli tra bande rivali nel carcere diYare, in Venezuela: morti 8 reclusi, feritialtri 20. Lo ha reso noto la direttrice dellaprigione, Gladys Galope, dopo che l’inter-vento della Guardia Nazionale ha sedato larivolta.�Le carceri venezuelane sono rite-nute tra le più violente dell’area, con un bi-lancio di almeno 300 vittime ogni anno.

Londra, principe saudita resta in carcereResta in carcere il principe saudita accu-sato di aver ucciso fa un suo dipendentenell’albergo dei vip di Londra. Saud Bin Abdulaziz Bin Nasir Bin AbdulazizAl Saud, 33 anni, membro della famigliareale saudita, è comparso per la primavolta in tribunale. Avrebbe picchiato estrangolato il suo inserviente Bandar Ab-dullah Abdulaziz in una stanza al terzopiano del Landmark Hotel di Marylebone,nel centro di Londra.

OLANDA

INGHILTERRA

SVIZZERA

GEORGIA

VENEZUELA

fonte: www.pianetacarcere.it

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Alla Signoria Vostra Illustrissima, la mia faccia sotto i vostri piedi

Nel nostro lavoro le formalità conservano ancora un loro peso.In una complessa macchina burocratica, è indispensabile ricorrereancora al supporto cartaceo che certifichi, mediante l’indicazionedelle proprie generalità e firma in calce, l’esistenza stessa di una ri-chiesta, di una ricevuta, di un qualsiasi scambio di informazioni odocumenti ufficiali tra l’Amministrazione e il dipendente.Tutto questo si traduce in pratica, in una serie vastissima di modulidi domande, di autocertificazioni etc. che sono a garanzia del dipen-dente e obbligatorie per l’Amministrazione senza le quali si navighe-rebbe nell’arbitrio e quindi nell’illegalità. Se le formalità sononecessarie, in certe forme e in certi casi però sono anche dannose.Per esempio non tutte le regole sono state formalizzate e, mentre èchiaro ed evidente che in una domanda di ferie bisogna indicare legeneralità del richiedente e i giorni richiesti, per quanto riguardatutte le regole accessorie, non esistono regole ufficiali e ci si adagiasulla prassi.Proprio ieri ho avuto la necessità di presentare una domanda di con-gedo ordinario (ferie) e ho preso uno dei moduli già pronti disponi-bili in Segreteria. Tra una riga e l’altra, soffermandomi a leggere tuttele parole, ho provato un senso di nausea a leggere formule del tipoalla Signoria Vostra Illustrissima oppure Con Osservanza e ancheil più subdolo: Al Signor Direttore.

In effetti tutti i moduli presenti in tutte le Segreterie delle Direzioni incui ho prestato servizio fino ad ora, sono pieni zeppi di moduli dacompilare che riportano formalità simili a queste che lentamente sisono impossessate di tutta la modulisticagià pronta che abbiamo a disposizione. Misorge il dubbio che in passato, quando lamaggior parte dei nostri colleghi aveva an-cora qualche problema con la lingua ita-liana, ci sia stato un Direttore che conpazienza e metodo abbia compilato personalmente tutti i moduli pre-stampati che abbiamo a diaposizione oggi, riempiendoli di formuledi pura sottomissione che potevano essere giustificate nel tardo me-dioevo, ma che oggi, un appartenente alla Polizia Penitenziaria po-trebbe tranquillamente evitare, per la sua dignità e per quelladell’intero Corpo.Personalmente d’ora in poi perderò un po’ di tempo a riscrivermitutta la modulistica che via via mi sarà necessario utilizzare, purgan-dola di quelle formule bizantine ed inutili. Vi saluto con una formulache ho visto usare da un Ispettore Superiore alla fine di una relazionedi servizio indirizzata al proprio Direttore: Si coglie l’occasione perporgerLe i miei deferenti ossequi. Praticamente una formula di sa-luto degna della lettera che Massimo Troisi e Roberto Benigni scrive-vano a Savonarola nel film Non ci resta che piangere.P.S. Segnalate (attraverso i commenti all’articolo) altre formule me-dioevali in uso presso la vostra modulistica del vostro Istituto.

www.poliziapenitenziaria.net

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rmai da sei mesi, Anita non hacontatti né con Jean-Claude nécon Richard. Sei mesi di solitu-dine e castità, per riflettere e

soprattutto per rimettersi in forze. Segnata sia dal marchio dei vampiri siada quello dei lupi mannari, si è infatti ri-trovata debole e vulnerabile come nonmai; in più, sa che quel malessere pas-serà solo quando uno dei due marchi

prenderà il soprav-vento. Eppure, an-cora una volta,Anita non può per-mettersi il lusso diriposare, perchéun essere miste-rioso ha approfit-tato della suaassenza per ra-pire alcuni inno-centi che leiaveva giurato diproteggere. In-somma deve

intervenire ma, nelle suecondizioni, rischia seriamente di farsiammazzare, quindi, mettendo da partel’orgoglio, si decide a chiedere aiuto: ce-lebrando un rito antico e pericoloso, lacacciatrice di vampiri, Jean-Claude e Ri-chard fondono i loro marchi, creando unlegame indissolubile. Improvvisamente Anita acquisisce l’ener-gia delle due creature dellanotte, percepisce il battitodei loro cuori e sente i loropensieri, le loro paure, iloro desideri. Ma questonuovo potere ha un prezzoaltissimo: in un crescendo ditensione fisica ed emotiva,Anita si troverà coinvolta inuna battaglia che potrebbetrasformarla per sempre, unabattaglia in cui la posta ingioco è la sua stessa naturaumana...

Inghilterra, 1086. Il censimento ordinatoda Guglielmo il Conquistatore è stato fi-nalmente portato a termine. La summa diquel lavoro immane è un volume in cuisono elencate tutte le terre e le proprietàdel regno. Ma ben presto strane voci co-minciano a circolare, e nessuno sa per-ché due luoghi sono indicati conun’unica, enigmatica parola scritta in in-chiostro cremisi: devastato. Circondatada un’aura di mistero, quell’opera mo-numentale passerà alla storia con un ti-tolo inquietante: Il libro del Giorno delGiudizio. �Oggi. Tre omicidi nell’arco dipoche ore. Prima il figlio di un senatoreamericano che svolgeva attività di volon-tariato in una fattoria nel Mali; poi un sa-cerdote, esperto di archeologia estudioso di san Malachia, ucciso daun’esplosione all’interno della basilica diSan Pietro; infine un professore di biolo-gia molecolare, trovato morto nel suo la-boratorio a Princeton. Tre vittimeconnesse da un dettaglio raccapricciante:sui cadaveri è stata impressa a fuoco unacroce celtica. E lo scenario che si pre-senta agli agenti della Sigma si complicaulteriormente quando le indagini del co-mandante Grayson Pierce rivelano ilcoinvolgimento di una multinazionaleimpegnata nella produzione di alimentigeneticamente modificati. Come mai una

ricerca che potrebbealleviare le sofferenzedelle popolazioni afri-cane sembra esserelegata a un oscuroflagello che ha col-pito l’Inghilterra nelXI secolo e alle vi-sioni di un santoche ha profetizzatola fine del mondo?Per rispondere aquesta domanda,Gray dovrà rico-struire le tessere

di un mosaico sconcertante e, insiemealle due donne che hanno segnato il suopassato, trovare la chiave per scongiu-rare un’apocalisse...

Che cosa terribile! Purtroppo alla libreriaIl Papiro si è verificato un triste incidente.Il signor Todorovi�, uno dei clienti più af-fezionati, è morto improvvisamente,mentre stava leggendo un libro seduto suuna poltrona. Vera Gavrilovi�, una delle due libraie, ècosternata, e quando arriva l’ispettoreDejan Luki�, per un semplice controllo,gli comunica a cuore aperto tutto il suosconcerto e la sua preoccupazione. Non è che l’inizio, ahimè, perché alprimo si sussegue un altro decesso, e poiun altro. Le morti sono inspiegabili,l’unica traccia è che tutte le vittime sta-vano leggendo un libro. Per Dejan, poli-ziotto amante dei libri, e Vera, libraiaappassionata, comincia una strana inda-gine, sempre più incalzante, che si allar-gherà e si complicherà fino a coinvolgereaddirittura la polizia segreta. Finché nons’imbatteranno nell’ultimo libro...Mentre la storia si dipana, svolta doposvolta, le pagine di questo romanzo, ni-tide e scorrevoli, inducono con disinvoltamaestria a riflettere sulle questioni chepiù appassionano chi ama i libri: cherapporto c’è tra un autore e i suoi per-sonaggi? Qual è la relazione tra sogno eletteratura? Cosa succede quando si apreun libro? Alla sua prima traduzione inItalia, Zoran Živkovi� si presenta con unromanzo che racchiude l’essenza del suoinconfondibile mondo narrativo: raffi-nato, immaginifico, surreale.

Zoran Zikovic

L’ULTIMO LIBROTEA Edizioni pagg. 240 - euro 10,00

James Rollins

LA CHIAVE DELL’APOCALISSENORD Edizioni pagg. 468 - euro 19,60

Laurell K. Hamilton

NARCISSUSNORD Edizioni pagg. 652 - euro 19,60

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L’uomo dagli occhi glauchi o Ritrattodi giovane inglese è una splendida teladi Tiziano, dipinta intorno alla metà delCinquecento. Ritrae un giovane biondo, bello, sicurodi sé, senz’altro aristocratico. Ma chi sia veramente, nessuno lo sa. Patrizia Debicke, abituale frequentatricedel nostro Rinascimento, ha costruitouna storia appassionante attorno a que-sta figura misteriosa, che sembra identi-ficare nel giovane Lord Templeton,figlioccio del potente duca di Norfolk. Inviato in Italia per conto di quest’ultimo,Templeton rimane folgorato dal pittoreveneziano al punto di chiedere di fargliun ritratto. Ma il ritratto è anche un pretesto per co-prire il vero scopo del suo viaggio, che èquello di proteggere un’eminente perso-nalità inglese, protagonista di spicco delConcilio di Trento, la cui vita è messa inpericolo da una macchinazione orditaalla corte dell’anziano Enrico VIII nelmomento di massima tensione fra catto-lici e protestanti. Fra duelli e veleni, in una Venezia insi-diosa e mascherata e in una Roma cor-rotta e devastata dalla piena del Tevere,il giovane inglese cercherà di portare atermine la sua missione, senza tuttavia ri-nunciare ai piaceri dell’amore e del-l’amicizia…

La chiave di una cassetta di sicurezza cu-stodita in una banca di New York è l’enig-matica eredità che la giovane archeologaAfdera Brooks ha ricevuto dalla nonna,

una collezionista d’arte ben nota per lasua stravaganza. E il contenuto della cassetta è un auten-tico mistero: un manoscritto, compostoda antichissimi fogli di papiro, e un dia-rio, in cui è raccontata la storia di quellostrano reperto.Ciò che Afdera non può immaginare èche, per anni, quella banca è stata tenutacostantemente sotto controllo dal Cir-colo Octagonus, un ordine occulto delVaticano che protegge da secoli le isti-tuzioni ecclesiastiche e che è autorizzatoa far ricorso a qualunque mezzo, lecitoe illecito, per difendere l’integrità dellaChiesa. Infatti quel manoscritto è l’unica copiaesistente del Vangelo di Giuda, un testoche, se correttamente interpretato, di-mostrerebbe l’inganno su cui è statafondata la religione cattolica. Armata dipochi, labili indizi, ma decisa a scoprireil mistero celato in quelle pagine, Afderainizia una ricerca che la porterà da Gi-nevra ad Alessandria d’Egitto, da Antio-chia ad Acri, sempre seguita eminacciata dalla longa manus del Cir-colo Octagonus. Ma sarà soltanto a Venezia, il labirintod’acqua, che la verità riuscirà a emer-gere. E, con essa, il segreto più inquie-tante della Storia...

a cura diErremme

Ha affrontato serial killer, psicopatici,criminali di altissimo livello. Sì è addentrato nelle pieghe piùoscure della psiche umana per sni-dare il male. Eppure c’è una sfida che per AlexCross rimane ancora in sospeso, daanni: l’omicidio della moglie Maria,morta tra le sue braccia in seguito aun colpo di pistola, forse diretto a lui,o forse no...Quando il detective John Sampson,suo amico da una vita, gli chiedeaiuto per il caso di uno stupratore se-riale, le cose si complicano. Perché quel caso sembra avere alcuniagganci con l’omicidio di Maria. E basta questa possibilità per far riaf-fiorare il dolore per quella tragedia el’angoscia per il mistero che ancorala avvolge.�C’è davvero un legame fra l’assassiniodella moglie e il mostro? La rispostaè nella memoria del killer e solo cat-turandolo vivo Cross potrà ottenerla. O, forse, la risposta è nella memoriastessa di Cross, e solo mettendola atacere lui potrà trovare finalmentepace.

Patrizia Debicke Van Der Nott

L’UOMO DAGLIOCCHI GLAUCHICORBACCIO Edizioni pagg. 298 - euro 18,60

Eric Frattini

IL LABIRINTOD’ACQUANORD Edizioni pagg. 360 - euro 18,60

James Patterson

LA MEMORIADEL KILLERLONGANESI Edizioni pagg. 284 - euro 16,60

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Lettera al Direttoredel TG com

entile Dr. Liguori,sono passati sette mesi daquando Le Ho scritto perlamentare il mio disappunto per

come vengono definiti sul Tg com da Leidiretto gli appartenenti al Corpo a cui or-gogliosamente appartengo.Sulla condanna a Fabrizio Corona per lefoto scattate in carcere leggo nell’articoloprincipale: Ha corrotto un secondino.Nonostante la Sua gentile risposta allamia lettera precedente e la consider-azione da Lei espressa verso tutti gli ap-partenenti al Corpo, mi pare di capireche nella Sua redazione ci sia qualchegiornalista che non nutre molta consid-erazione verso la Polizia Penitenziaria,infatti nell’articolo si citano due termi-nologie inesatte, secondino e guardiacarceraria.

Il bravo giornalista che oggi conosce i dif-ficili problemi delle carceri, il gravesovraffollamento, quasi 68.000 detenutie la carenza del personale penitenziario,un emergenza quotidiana che noi gesti-amo con grande fatica tutti i giorni maanche con grande professionalità e dedi-zione, rinunciando ai nostri riposi e ferie,penalizzando anche le nostre famiglie,non oserebbe mai usare questa termi-nologia offensiva che ormai non usa piu’nessuno, ma soprattutto una personacolta e preparata quale dovrebbe essereun giornalista e la categoria che rappre-senta.Anziché avere rispetto verso una classe dilavoratori servitori dello Stato che operain silenzio e senza grande visibilità, , eccoil “bravo” giornalista di turno che tirafuori vecchi vocaboli usati nei film amer-icani per indicare un appartenente alCorpo della Polizia Penitenziaria, unacosa vergognosa anche per chi scrive. De-nota una scarsissima professionalità e ig-

noranza sulla materia, un modo scor-retto e antiquato di fare informazioneche non ha nulla a che vedere con i serigiornalisti, e se io dovessii trovare un vo-cabolo da paragonare userei quello discribacchino.Conoscendo la Sua professionalità sonocerto che Lei concordera’ su quanto dame lamentato, da lunga data seguo il TgCom e mi dispiace dirle che per evitarmialtro disdegno nel leggere articoli doveveniamo offesi ogni qualvolta veniamocitati, da oggi non seguirò piu’ le notiziedel Tg Com, da oggi mi aggiorneròleggendo le notizie Ansa.it e sono certoche non mi dovrò lamentare su termi-nologie primitive usate da qualche suogiornalista.La saluto con grande stima, la ringraziodell’attenzione e le porgo i miei piu’ Cor-diali saluti.

Paolo SpanoPoliziotto penitenziario

Vice Segretario Prov. SAPPe - Cagliari

© 2010 Caputi &

De Blasis

IL MONDO DELL’APPUNTATO CAPUTO

...PURCHÉ SI COSTRUISCA

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