Polizia Penitenziaria - Settembre 2012 - n. 198

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Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. DL n.353/03 conv. in Legge n.46/04 - art 1 comma 1 - Roma aut. n. 30051250-002 anno XIX n.198 settembre 2012 www.poliziapenitenziaria.it Olimpiadi di Londra 2012 Record di medaglie per le Fiamme Azzurre: due Argenti e tre Bronzi

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Olimpiadi Londa 2012, Record di medaglie per le Fiamme Azzurre, due Argenti e tre Bronzi - Rivista ufficiale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

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Poste Italiane S.p.A. S

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anno XIX • n.198 • settembre 2012 www.poliziapenitenziaria.it

Olimpiadi di Londra 2012Record di medaglie per

le Fiamme Azzurre:due Argenti e tre Bronzi

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Organo Uf f iciale Nazionale del S.A.P.Pe.Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

ANNO XIX • Numero 198Settembre 2012

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Stampa: Romana Editrice s.r.l.Via dell’Enopolio, 37 - 00030 S. Cesareo (Roma)

Finito di stampare: Settembre 2012

Questo Periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana

Il S.A.P.Pe. è il sindacato più rappresentativo del Corpo di Polizia Penitenziaria

in copertina:

Gli atleti medagliati delle Fiamme Azzure. Da sinistra: Aldo Montano, Elisabetta Mijno, Matteo Betti, Vincenzo Mangiacapre e Clemente Russo

Polizia Penitenziaria • SG&S

IL COMMENTODieci anni dopo si scoprono i pericoli del fondamentalismo islamico segnalati dal Sappedi Roberto Martinelli

L’OSSERVATORIOLa “questione FIAT” e il mercato globale

di Giovanni Battista Durante

CRIMINI & CRIMINALILa mala del Brenta

di Pasquale Salemme

LO SPORTRecord di medaglie per le Fiamme Azzurre: due Argenti e tre Bronzidi Lady Oscar

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n. 198 • settembre • pag. 3

IL PULPITOIl Capo del Dap Giovanni Tamburino

mi ha convintodi Giovanni Battista De Blasis

L’EDITORIALELa spending review al contratriodel DAP

di Donato Capece

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di pochi giorni fa la notizia che inCampania il 90% circa dei mezzi inuso alla Polizia Penitenziaria sono

stati bloccati e non fatti uscire dal carceredi Napoli Secondigliano, con grave rischioper lo svolgimento di processi e udienze,dopo la denuncia del Sindacato AutonomoPolizia Penitenziaria sulla fatiscenza dimolti dei mezzi in uso al Corpo di PoliziaPenitenziaria, destinati al trasporto di agentie detenuti ed in circolazione sulle strade delPaese nonostante il loro cattivo stato d’usoe, per taluni, persino del periodico ta-gliando di controllo ed affidabilità. A testi-moniarlo, clamorosamente, il sequestro diun pullman del Corpo qualche settimana faa Palermo perché, coinvolto in un inci-dente, è risultato privo del rinnovo del ta-gliando di controllo. Quello dei mezzi è unproblema grave e serio: per la incolumitàdei poliziotti e delle persone trasportate, ov-viamente. Ma anche perché c’è il serio efondato rischio che dal prossimo mese diottobre la Polizia Penitenziaria non sia piùin grado di assicurare il servizio istituzio-nale del trasporto dei detenuti (le cosid-dette traduzioni). Già in questi giorni sonosaltate diverse udienze in vari Tribunali,presso Magistrature di Sorveglianza e visiteambulatoriali programmate da tempo. Ab-biamo in tutta Italia centinaia e centinaia diautomezzi del Corpo fermi in attesa di ripa-razioni che non possono essere eseguiteperché mancano i soldi, tanto che è lostesso Dipartimento dell’AmministrazionePenitenziaria a comunicarlo ufficialmentenelle note di risposta alle lettere delle Di-rezioni delle carceri che chiedono, ap-punto, fondi per le riparazioni. Non solo:tanti mezzi hanno oltre 300, 400 e persino500mila chilometri sulle spalle e persinoprocedure obbligatorie di sicurezza comei periodici collaudi non vengono osservataproprio perché non ci sono soldi. E’ unasituazione catastrofica: questo deve fare se-riamente riflettere sui gravi rischi che le

donne e gli uomini della Polizia Penitenzia-ria quotidianamente affrontano nel traspor-tare i detenuti. Denuncio una volta di più lequotidiane difficoltà operative con cui siconfrontano quotidianamente le unità diPolizia Penitenziaria in servizio nei NucleiTraduzioni e Piantonamenti dei peniten-ziari: agenti che sono sotto organico, nonretribuiti degnamente, impiegati in serviziquotidiani ben oltre le 9 ore di servizio, conmezzi di trasporto dei detenuti spessissimoinidonei a circolare per le strade del Paese,fermi nelle officine perché non ci sonosoldi per ripararli o con centinaia di mi-gliaia di chilometri già percorsi. E il DAPche fa? Dopo la vergogna delle Maserati edelle Bmw usate per accompagnare gli altidirigenti del DAP mentre i mezzi dei NucleiTraduzioni sono fermi nelle officine, dopole decine di Land Rover costate centomilaeuro l’una per accompagnare i collabora-tori di giustizia ed invece distolte per por-tare in giro i dirigenti penitenziari, dopo gliuomini ed i mezzi distolti per portare ingiro ex Ministri ed ex Sottosegretari, ab-biamo saputo che il Dipartimento dell’Am-ministrazione Penitenziaria ha pagatoundici mila euro all’anno per acquisto digiornali e periodici nonostante la quoti-diana rassegna stampa realizzata dal Mini-stero della Giustizia. Non solo: decine dimigliaia di euro vengono spese per una Ri-vista del DAP, Le Due Città, che negli Istitutiquasi nessuno legge e che non vede nessunpoliziotto nel Comitato di Redazione. Ed èquasi offensivo il comunicato di presuntegiustificazioni diramato dall’ufficio stampadel Dap in risposta alle nostre richieste dichiarimenti sugli sprechi del dipartimentodell’amministrazione penitenziaria. Apparepretestuoso e strumentale il tentativo di unainverosimile difesa, a prescindere, dell’at-tuale capo del Dap. Non corrisponde alvero, infatti, che il capo Dap Giovanni Tam-burino avrebbe disposto l’interruzione delservizio di acquisto di quotidiani e periodici

Donato CapeceDirettore ResponsabileSegretario Generale del Sappe [email protected]

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per “la necessità di un drastico conteni-mento della spesa pubblica” perché a noirisulta, invece, che il servizio sia stato stop-pato a causa dall’esaurimento dei fondi di-sponibili sul capitolo di spesa del CentroAmministrativo Giuseppe Altavista di Roma.Peraltro, gli acquisti brevi manu di quoti-diani e periodici sono andati avanti fino aqualche giorno fa. La prova di quanto so-stenuto dal SAPPE si evidenzia nel creditodi 10.000 euro che l’Edicola presso laquale ci si è riforniti per anni, vanta an-cora nei confronti dell’amministrazione pe-nitenziaria. Non ci prenda in giro, quindi,l’ufficio stampa del Dap (tanto solerte inqueste improbabili difese d’ufficio quantolatitante quando si tratta di tutelare l’imma-gine e il prestigio della polizia penitenzia-ria) raccontandoci certe favolette sulle“prassi risalenti nel tempo e non dispostedall’attuale amministrazione” quandosappiamo tutti che l’attuale capo del Dap siè insediato da più di sei mesi e non può sot-trarsi, per questo, dalle proprie responsa-bilità (anche in vigilando). Infondata risulta, parimenti, l’affermazionesecondo la quale “le autovetture sonostate dismesse da tempo” giacché sonoancora in dotazione al dap ben 30 LandRover, dal valore di 100.000 euro ciascunae dai costi di gestione stratosferici ed un nu-mero imprecisato di automobili ben oltrela cilindrata massima stabilita dalla spendigreview.Ci dica, infine, il dott. Tamburino le ragioniper le quali avrebbe concesso auto blu eautista al cappellano della scuola di Romaa spese dell’amministrazione penitenziariae, quindi, dei contribuenti. Per onestà in-tellettuale bisognerebbe riconoscere chenella attuale gestione del Dap sono ravvisa-bili gli stessi sprechi di risorse delle prece-denti gestioni. E i mezzi per le traduzioni,con 300/400/500mila chilometri sullespalle, restano fermi perché non ci sonosoldi per ripararli... •

La spending reviewal contrario

del DAP

è

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l 31 luglio scorso, con una convoca-zione estemporanea senza oggettotrasmessa soltanto il giorno prima, il

Presidente Giovanni Tamburino ha tenutouna riunione con le organizzazioni sinda-cali sul tema (ad interpretazione) del di-sagio lavorativo, del burnout e deldrammatico fenomeno dei suicidi dei po-liziotti penitenziari.Ad onor del vero la convocazione non èstata certo “spontanea” da parte del CapoDap, ma indotta dalla pressione di unasconcertante sequela di suicidi del perso-nale del Corpo.Peraltro, nei giorni immediatamente pre-cedenti l’incontro, ci sono stati anche al-cuni gravi episodi di aggressione ai dannidi poliziotti penitenziari, con conseguenzealtrettanto gravi e, soltanto per fortuite cir-costanze, non culminati in tragedia.I tre episodi sono stati, in ordine di gravità:l’aggressione ad un assistente nel carceredi Spoleto che ha riportato gravissime le-sioni al volto con una prognosi di settanta-cinque giorni, l’aggressione di un agente aPisa da parte di un detenuto che era statoautore solo qualche giorno prima di ana-logo episodio senza che alcun provvedi-mento fosse stato adottato nei suoiconfronti, l’aggressione di un agente donnanel carcere di Sassari soccorsa e difesadalle stesse detenute perché in servizio dasola.Proprio sulla spinta di questi gravi episodiil Pres. Tamburino non ha potuto fare ameno di convocare le rappresentanze delpersonale che, insistentemente, manifesta-vano da tempo disagio e nervosismo.Purtroppo però, come spesso accade, lacura è stata peggiore della malattia.Le organizzazioni sindacali, da parte loro,hanno lamentato tutte un diffuso senso diabbandono risentito dal personale nellecarceri dove, spesso e volentieri, nessunoha la sensibilità e l’attenzione per coglierei segnali di disagio che talvolta provengonoda qualche collega in particolare difficoltà.Il Sappe, per bocca mia, ha contestato in-

Giovanni Battista De BlasisDirettore Editoriale

Segretario Generale Aggiunto del Sappe [email protected]

n. 198 • settembre • pag. 5Polizia Penitenziaria • SG&S

I

degli istituti e soprattutto per l’incolumitàdel personale.Il Capo del Dap, dopo aver impassibilmenteascoltato tutti gli interventi sindacali senzafare una piega, ha preso la parola ed haesposto le sue ragioni.Dopo aver praticamente sorvolato ogni sug-gerimento, consiglio o proposta sindacale,il Pres. Tamburino ha ribadito nella so-stanza tutte le sue determinazioni in tema dicentri di ascolto e numeri verdi e, soprat-tutto, in materia di sorveglianza dinamicae patti di responsabilità con i detenuti, suiquali ha fermamente riaffermato tutta lapropria convinzione in termini di efficaciae funzionalità.In buona sostanza l’incontro è stato delu-dente ed inconcludente come abbiamoavuto modo di dichiarare alle agenzie lostesso giorno.Addirittura, due giorni dopo, ancora sulleagenzie di stampa abbiamo dichiarato«Inefficaci le soluzioni Dap su suicidi deibaschi azzurri. La riunione del 31 luglioè servita solo per “scaricarsi la co-scienza”».Da parte mia, ho ascoltato molto attenta-mente la replica del Pres. Tamburino.In relazione al nostro dissenso sulla sorve-glianza dinamica, con una protervia degnadel miglior Marchese del Grillo, Tamburinoha affermato che «... i cambiamenti pas-sano comunque anche “sulla testa” di chinon li vuole, come ha dimostrato la ri-forma del ‘75».A tal riguardo, ammesso e non concessofosse vero quello che ha sostenuto Tambu-rino, forse sarebbe più opportuno usare leparole “ai danni” in luogo di “sulla testa”come ha detto lui.(Piuttosto, sarebbe davvero indispensabileche qualcuno di buona volontà all’internodel Dap ricordasse al dott. Tamburino chel’universo, con una sola irrilevante ecce-zione, è composto di altri).Ad ogni buon conto, mi domando se la“sorveglianza dinamica” piace a Tambu-rino perchè è efficiente e funzionale oppureè efficiente e funzionale perché piace aTamburino ... Comunque alla fine il Capo Dap mi ha con-vinto ...... mi ha convinto che è sempre più urgentela necessità di abbandonare il Ministerodella Giustizia per passare alle dipendenzedel Ministero dell’Interno!

Il Capo del DAP Giovanni Tamburino

mi ha convinto

nanzitutto l’inconsistenza dell’azione del-l’amministrazione nei riguardi nel disagiolavorativo.In tal senso, pur consapevoli di non averetitolo a dare consigli a qualcuno, ci siamopermessi di suggerire a coloro che hannola responsabilità di dirigere la Polizia Pe-nitenziaria di rivolgere la propria atten-zione alle strategie delle grandi aziende(soprattutto negli Stati Uniti) che hannofatto grandi investimenti economici e strut-turali per il benessere del personale (asilinido, palestre, centri sportivi, piscine, be-auty farm ...) con notevoli benefici sulla se-renità e sulla produttività dei dipendenti.Altro che inutili brochure, centri di ascoltoe fantomatici numeri verdi....Stesso invito a rivolgere l’attenzione è statofatto verso il pericoloso sfaldamento tra lefila della Polizia Penitenziaria dove, pur-troppo, nessuno riesce più a cogliere i se-gnali di disagio provenienti da colleghi indifficoltà.Abbiamo cercato di far capire al Pres.Tamburino che è necessario riflettere sullapreoccupante involuzione dello spirito dicorpo nella Polizia Penitenziaria.Lo spirito di corpo, il cameratismo (nellasua accezione positiva), il senso di appar-tenenza e la solidarietà di corpo sono dellecaratteristiche che non si insegnano neicorsi di formazione né si possono imporredall’alto poiché nascono spontaneamentee si consolidano attraverso la condivisionedelle persone. Si tratta di sentimenti ed isentimenti non si impongono ne si indu-cono.A margine del nostro intervento, abbiamovoluto rappresentare al Capo Dap tutto ilnostro dissenso nei confronti della cosid-detta “vigilanza dinamica” e soprattutto neiconfronti del cosiddetto “patto di respon-sabilità” con i detenuti che, a nostro av-viso, portano soltanto al depotenziamentodell’autorità e dell’autorevolezza della Po-lizia Penitenziaria all’interno delle carceri,con tutto quello che ciò comporta in ter-mini di rischio per l’ordine e la disciplina

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ra la fine del 2003 quando gli organidi informazione si occupavano diuna fino ad allora inedita denuncia

del SAPPE: la cella poteva diventareluogo di potenziali conversioni reli-giose favorendo il fondamentalismoislamico. Scrivemmo, riprendendo un arti-colo apparso proprio su questa Ri-vista, che le allora crescenti tensionitra civiltà islamica e cristiana pote-vano avere risvolti inquietanti ancheall’interno delle carceri italiane, conside-rato l’alto numero di detenuti di fede isla-mica (soprattutto – ma non solo –extracomunitari). Da tempo rappresentavamo le nostre pre-occupazioni circa le avvenute diverse con-versioni, in carcere, di detenuti italianiall’Islam. Per molti diseredati, che a causa delle loroazioni sono stati puniti dalla società in cuivivono e sono nati, può risultare atto diemenda abbracciare un nuovo credo e così

stretti in uno spazio caratterizzato da regolee da logiche estranee alla loro cultura diprovenienza e spesso non facilmente me-diabili con la spontaneità del loro compor-tamento. La religione quindi si presenta al musul-mano che vive una condizione di avvili-mento, di sconfitta esistenziale e dimortificazione nell’istituzione totale comeuna possibilità di ricostituzione di un’au-tostima, e come accesso a una ritrovataesperienza d’ordine nell’organizzazionedella vita, oltre che ovviamente ma ancheproblematicamente come affermazioneidentitaria.Scrivemmo, sempre nel 2005 e possiamoconfermarlo anche oggi, che di pochi diquesti detenuti stranieri si conoscevano ireali collegamenti con l’esterno: ma nonsolo, questi soggetti facevano e fanno dellacomune situazione di detenzione un validostrumento di predicazione verso i soggettipiù deboli e diseredati ristretti con loro. Per un musulmano, infatti, è più importantela religione della nazionalità. I musulmani credono di essere legati dallaloro fede comune all’interno di un’unicacomunità - la umma - in cui tutti sono fra-telli l’uno dell’altro. Questo spiega quella solidarietà particolareche l’Islam crea, al di là dei limiti di fron-tiera. Ma i fondamentalisti di tutte le religionihanno caratteristiche comuni: tutti inter-pretano i simboli alla lettera. Sono alta-mente selettivi sui fondamenti chescelgono di rispettare e sulle porzioni dimodernità da tollerare. Tutti fanno riferimento a testi tradizionali eli usano fuori dal loro contesto. Tutti praticano forme di manicheismo, ve-dendo se stessi come parte di una battagliacosmica tra il bene e il male in cui devono

E

n. 198 • settembre • pag. 6Polizia Penitenziaria • SG&S

Nelle foto sopra

DomenicoQuaranta

sottofedeli in

preghiera

Roberto Martinelli Capo RedattoreSegretario Generale Aggiunto del Sappe [email protected]

avviare una facile via per la costruzione diuna nuova identità sociale, favorita dal-l’idealizzazione di cui viene a godere tale

atto: attribuendo al nuovocredo la capacità di rico-noscere un valore a tuttociò che la società di pro-venienza sanzione. Così ogni diseredato benindottrinato può facil-mente autoassolversi per

il proprio essere deviante per il solo fattodi vedersi riconosciuto un ruolo all’internodella nuova società in cui entra abbraccian-done il credo e lottando per Allah. Era già accaduto nel passato: un pregiudi-cato siciliano, convertitosi all’Islam in car-cere dov’era detenuto per reati minori, feceesplodere due bombole di gas nel metrò diMilano (11 maggio 2002) e nei templidella Concordia di Agrigento (5 novembre2001). Allora, come ora, i nostri istituti di penaospitavano ed ospitano una popolazionedetenuta di origine extracomunitaria estre-mamente vasta, variegata, rabbiosa e so-prattutto sconosciuta. Una successiva interessante ricerca di Mo-hammed Khalid Rhazzali, dottore di ricercain Sociologia dei processi comunicativi einterculturali presso l’Università di Padova,ci aiutò ad affrontare (sette anni dopo lanostra denuncia, nel 2010) il tema del-l’esperienza religiosa dei musulmani nelleprigioni italiane, concentrandosi in parti-colar modo sulla ricostruzione dei modi incui la religione opera nella dimensionesoggettiva del detenuto, favorendo una pos-sibilità di ricostituzione di un’autostima euna nuova affermazione identitaria. Lo stu-dio accerterà che nel carcere i musulmanisembrano incontrare la replica esasperatadel loro essere in quanto immigrati co-

Dieci anni dopo si scoprono i pericolidel fondamentalismo islamico

segnalati dal Sappe

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trovare gli oppositori e demo-nizzarli. In tale contesto, de-nunziammo come la cellapoteva diventare il luogo in cui,sempre più spesso, piccoli cri-minali erano tentati da membridi organizzazione terroristichedetenuti. Del resto, già nel nostro recentepassato le Brigate Rosse ave-vano inteso le carceri quali luo-ghi di lotta e proselitismo. Analogo stratagemma veniva messo in attodagli esponenti del terrorismo islamico, iquali cercano così di mimetizzare la pro-pria attività infiltrando propri adepti fedelie non sospetti, in quanto occidentali. Auspicammo, in conclusione, un necessa-rio sforzo formativo dell’Amministrazionepenitenziaria teso a dare gli strumenti tec-nico-cognitivi alla Polizia Penitenziaria perincrementare la propria professionalità,adattando le competenze e i metodi esi-stenti con nuovi standard operativi, inmodo da trattare tali situazioni senza pre-scindere dalla diverse culture che si incon-trano all’interno del carcere, e rivendicanocome le donne e gli uomini della Polizia Pe-nitenziaria potevano giocare un ruolo diprimaria importanza all’interno dell’operadi prevenzione di tali fenomeni dal frontedelle carceri. Quasi dieci anni dopo quelladenuncia, una importantepubblicazione a cura del-l’Issp (Istituto superiore distudi penitenziari) torna adenunciare come dietro lesbarre cresca il proselitismoislamico. A evidenziarlo è lo studio Laradicalizzazione del terro-rismo islamico. Elementiper uno studio del feno-meno di proselitismo in carcere, condottodal magistrato Francesco Cascini, direttoredell’Ufficio per l’attività ispettiva e di con-trollo presso il DAP e da alcuni vice com-missari che hanno partecipato al 2° corsodi formazione dell’Issp. Dalla ricerca,emerge una situazione allarmante - de-scritta dall’Europool e da altri osservatorieuropei - nel Regno Unito dove la radica-

n. 198 • settembre • pag. 7Polizia Penitenziaria • SG&S

Nelle fotosoprapreghiera in carcere

a sinistraRichard Reid

lizzazione avviene grazie al-l’influenza di altri detenuti o icolloqui con familiari e visita-tori autorizzati per l’assistenzareligiosa.Negli istituti di pena londinesirisulta che molti detenuti nonmusulmani siano stati co-stretti, con la violenza fisica,a convertirsi all’Islam, a nonconsumare carne di maiale e

a seguire i dettami della sharia. E proprioin un carcere inglese Richard Reid, citta-dino britannico, si convertì all’islam e iniziòla sua formazione terroristica che lo portòad addestrarsi in Afghanistan e in Pakistane, infine, nel dicembre 2001, a tentare difar esplodere un aereo in rotta verso Miamiimbarcandosi con polvere e detonatore na-scosti nelle scarpe. Ma anche in Italia, evidenzia il rapporto,esistono casi analoghi, sia pure meno ecla-tanti, e si cita il già ricordato caso di Do-menico Quaranta, convertito all’islam nelpenitenziario di Trapani e autore di attentatiincendiari ad Agrigento ed all’interno dellametrò di Milano, oggi riconosciuto imamdai detenuti accusati di terrorismo interna-zionale nel carcere dell’Ucciardone dove sitrova. Il ‘Quaderno’ documenta anche i risultati

di un monitoraggio avviatodall’Ufficio per l’AttivitàIspettiva e del Controlloche, dopo aver individuatotre figure ricorrenti tra gliislamici praticanti (i leadere/o conduttori di preghiera,i promotori della creazionenelle carceri locali di in-contro tra detenuti di fedeislamica; i partecipanti agliincontri), elabora un indicedi attenzionabilità e, dallo

studio delle ordinanze di custodia caute-lare, desume che la maggior parte dei lea-der appartenevano ai gruppi terroristiciGspc (Gruppo salafita per la predicazionee il combattimento), Gicm (Gruppo Isla-mico Combattente Marocchino), Al Quaedae Hamas. L’islamizzazione in senso jihdaista passaprima attraverso la radicalizzazione, il ri-

fiuto integrale dell’Occidente, e trova ter-reno fertile in individui fragili che «cercanonell’Islam una tregua da un passato in-quieto e credono che alcune azioni, comead esempio la partecipazione ad un at-tentato suicida, possano offrire un’op-portunità per la propria salvezza eperdono».Molti detenuti, duqnue, abbracciano l’Islamper essere accettati nella comunità di indi-vidui che sono già musulmani e per acqui-sire/consolidare un’identità. Quasi tutti prima della conversione cono-scono poco o affatto la religione islamica.Prevenire il proselitismo significa dunquein primo luogo riconoscere il fenomenodella radicalizzazione violenta, aspetto chepone un problema di formazione specificadel personale europeo, penalizzato dallabarriera linguistica e dalla profonda diver-sità culturale. Nel ‘Quaderno’ si approfondiscono ancheaspetti specifici riguardanti il trattamento ela sicurezza come l’Islam e il ruolo delladonna operatrice penitenziaria (AurelianaCalandro), il ruolo del ministro di cultoislamico (Nadia Giordano), la gestionedella socialità (Giovanni La Sala), la vigi-lanza della Polizia Penitenziaria sui detenutidi matrice terroristica radical religiosa (Sal-vatore Parisi), gli strumenti della preven-zione (Melania Quattromani), la gestionepenitenziaria e la devianza criminale (Giu-seppe Simone), le azioni di contrasto delfanatismo islamico (Pasquale Spampa-nato). Sarebbe ora auspicabile che la pubblica-zione non resti una letture d’elitè ma vengaquanto più possibile diffusa tra il personaledi Polizia Penitenziaria, favorendo con l’oc-casione momenti di aggiornamenti profes-sionali sulla delicata materia. •

A fiancola copertina

del Quadernodell’ ISSP

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Ancora una volta il governo italianoè costretto ad affrontare la que-stione Fiat, l’azienda torinese che,

ormai, di italiano comincia ad avere benpoco e da tempo non riesce più ad essereleader del mercato automobilistico in Italia.Ma possiamo ancora parlare di italianità,in un mercato ormai globalizzato, dove ilprimo problema è la difficoltà di reggere laconcorrenza di tanti altri paesi, marchi eprodotti? Prendiamo proprio il caso del-l’automobile. Intanto, i dati degli ultimi pe-riodi sono negativi sul mercato europeo elo sono in modo particolare per l’Italia,considerato che la Fiat continua a perderequote di mercato. I dati diffusi nei giorniscorsi dimostrano che ad agosto, nei 27paesi UE, il calo è stato dell’8,5%, men-tre a luglio le vendite sono diminuite del7,5%. Per quanto riguarda l’Italia, in-vece, le immatricolazioni sono calate del21% ad agosto e del 20,2% a luglio. Levendite Fiat, ad agosto, sono calate del17,7%. Sui cali del mercato dell’auto incidenotevolmente la crisi generale che ha inve-stito l’Europa e non solo, ma per quanto ri-guarda la Fiat, sicuramente, ci sono anchealtre cause, considerato che la crisi non èsolo di quest’ultimo periodo, ma ha originipiù antiche. Intanto c’è un’incapacità di es-sere concorrenziali rispetto ad altre caseautomobilistiche, offrendo prodotti che ab-biano la stessa qualità a costi più contenuti.I prodotti Fiat, negli ultimi anni, non sonostati assolutamente concorrenziali rispettoad altre case automobilistiche. Inoltre, i go-verni italiani che si sono succeduti hannoelargito finanziamenti, ma forse avrebbefatto meglio ad imporre alle amministra-zioni dipendenti l’acquisto di macchineFiat, piuttosto che quelle straniere, conl’impegno, da parte della stessa azienda, dimaggiori investimenti in Italia: ogni tantoun po’ di sano nazionalismo, anche intempi di globalizzazione, forse non guaste-rebbe, ma consentirebbe di garantire qual-

sorta di mobilità sociale verso l’alto, chefosse da preferire una laurea qualsiasi aun posto sicuro e ben remunerato nel-l’agricoltura, nel commercio tradizio-nale, nell’agricoltura, nel commerciotradizionale, nell’artigianato. Le famigliehanno generosamente finanziato que-st’illusione e per paradosso stiamo assi-stendo ancora oggi ad esercizicommerciali e piccole imprese che chiu-dono perché la staffetta generazionale sirivela impossibile. Avviene in Brianzanon a Roma ed è tutto dire. I figli rifiu-tano il lavoro dei loro genitori conside-randolo eccessivamente duro esoprattutto socialmente non gratifi-cato».Di Vico ha trascurato di dire che questospazio lasciato vuoto dagli italiani è statoopportunamente occupato, in larga parte,dagli immigrati, i quali si sono pian pianosostituiti agli italiani rinunciatari. Infatti,nelle regioni del nord Italia molte dellepartite iva lasciate dagli italiani per rag-giunti limiti di età sono passate agli im-migrati, i quali ora gestiscono quellepiccole attività commerciali che, inparte, hanno contribuito ad accrescereil Pil ed il benessere del nostro Paese. Lastessa cosa è avvenuta nell’agricoltura e neilavori manuali in genere. Quindi, quello delle attività intellettualisembrerebbe un mito ormai al tramonto,per cui, l’operazione da fare, come sostienelo stesso Di Vico nel suo articolo, sarebbequella di «accompagnare il rilancio dellavoro manuale con il mutamento dellasua immagine». Pertanto, è necessaria anche un’inversionedi tendenza sociale e famigliare, nella qualesi faccia comprendere ai giovani che unmedico, un avvocato e un ingegnere nonsono persone migliori e più stimate di unidraulico, un muratore, un macellaio e cosìvia. Operazione complessa, facile a dirsi edifficile da attuare, in una società in cui lostatus conta più di ogni altra cosa. Almeno questa è l’idea che ci è stata incul-cata negli ultimi quarant’anni; anni in cuile famiglie contadine e operaie hanno,anche giustamente, cercato di migliorare laloro posizione sociale ed economica fa-cendo studiare i propri figli.

che posto di lavoro in più nel nostro Paese. La crisi non riguarda solo l’azienda auto-mobilistica, ma il mondo del lavoro in ge-nerale. I posti di lavoro diminuisconosempre di più, anche se bisogna registrare,negli ultimi anni, la crescita dell’occupa-zione tra gli immigrati che, ormai, sono unmilione coloro che lavorano nel nostroPaese, a fronte dei circa cinque milionipresenti sul territorio, esclusi, ovviamente,i clandestini.

Ciò dimostra un’altra cosa: che molti lavorigli italiani non li vogliono più fare da tantianni, diversamente da ciò che sostengonoin molti, e cioè che gli immigrati togliereb-bero lavoro agli italiani. Anche tra i lavora-tori regolari, in molti settori, non si trovanoitaliani disposti a lavorare: nell’agricoltura,nel piccolo commercio, nei lavori dome-stici e, in buona parte, nel settore manufat-turiero. Tale situazione, ormai evidentenella maggior parte delle regioni italiane,è stata sintetizzata molto bene da Dario DiVico sul Corriere della Sera. Infatti, scrive Di Vico che «In Italia ve-niamo da un lungo periodo in cui il la-voro manuale è stato schivato, messo daparte, considerato utile tutt’al più perimpiegare/stabilizzare i nuovi immi-grati. E’ passata l’idea che rifuggire dallamanualità equivalesse di per sé a una

A

La “questione FIAT “e il mercato globale

Giovanni Battista DuranteRedazione PoliticaSegretario Generale Aggiunto del Sappe [email protected]

n. 198 • settembre • pag. 8Polizia Penitenziaria • SG&S

Al centro il logo della

FIAT

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n. 198 • settembre • pag. 10Polizia Penitenziaria • SG&S

Nelle foto a fianco

AldoMontano

a destraClemente

Russo

a cura di Lady OscarRedazione Sportiva

[email protected]

sima della delegazione italiana, conquistatain una gara molto combattuta al terminedella finale per il bronzo contro la squadrarussa, grande favorita della vigilia e poi su-perata per 45 a 40 dai nostri azzurri. In se-mifinale Aldo Montano, Diego Occhiuzzi,Luigi Tarantino e Luigi Samele, si erano do-vuti inchinare alla compagine della Coreadel sud per 45 a 37 e quella semifinale erastata raggiunta grazie alla personalità e al-l’esperienza di Montano, autore ed inter-prete di un’incredibile rimonta contro laBielorussia nei quarti. L’Italia era infattisotto 40-36 prima dell’ultimo assalto,quando il portacolori delle Fiamme Azzurreè salito in pedana e ha recuperato fino adun pericolosissimo 44-40 per il bielorussoBuikevich, che a quel punto aveva quattromatch-point, ma Montano ha tirato 5 stoc-cate di fila portando la squadra a sfidare laCorea per un posto in finale.Nella sfida per il bronzo il primo assalto èstato quello del nostro sciabolatore livor-nese contro il fortissimo Kovalev campionedel mondo in carica, finito 5-3 per il russo.Nel secondo Occhiuzzi contro il russo Ya-kimenko, con il punteggio finale di 10 a 7per la Russia . A completare il terzo giro ilfoggiano Luigi Samele, all’esordio olimpicocontro Reschetnikov, che ha fatto recupe-rare la squadra portandola 15-14 dopo unottimo assalto. Nel secondo giro pieno di speranze per gliazzurri, Occhiuzzi finisce il suo assalto conl’Italia avanti 20-17, poi di nuovo in pedanaMontano, che chiude 25-24. E’ stata poi lavolta di Samele che ha riportato avanti gliazzurri sul 30-29. Finale giocata sul filo atre assalti dalla fine. Ricomincia Occhiuzzie l’Italia va in vantaggio 35-30. All’ottavoassalto Samele ci tiene davanti 40-36 Ul-timo fatica per il bronzo con Montano checontro Yakimenko è stato autore del mi-

glior assalto della sua finale e soprattuttodella stoccata numero 45 che ha regalatoil bronzo all’Italia.Riguardo alle medaglie di Russo e Mangia-capre c’è una considerazione a margine dafare: tra gli ultimi settori entrati nel noverodelle discipline ospitate dal gruppo sportivoFiamme Azzurre, il pugilato sta dandonegli ultimi anni ampia prova di essere unosport vivo e con prospettive di continua cre-scita nel movimento sportivo nazionale. Seven man for a dream era stato il mottodella presentazione della squadra olimpicadel 4 luglio 2012 ad Assisi, ed effettiva-mente, su sette elementi in gara, un bronzoe due argenti (l’altra piazza d’onore è stataquella del Fiamme Oro Roberto Camma-relle) non sono stati certamente poca cosa.A parità di atleti presenti per disciplina hafatto meglio solo la scherma azzurra ed inassenza di medaglie pesanti dal nuoto, letre del pugilato hanno consentito di chiu-dere in positivo il bilancio finale in terra in-glese. Diciamo insomma che l’investimentonel settore pugilistico per le Fiamme Az-zurre con i due guerrieri campani Tatankae Murzy, è stato più che buono, e chi avevapensato che i margini per far bene fosseromolti è stato già ampiamente ripagato.

Olimpiadi di Londra 2012

Record di medaglie per le Fiamme Azzurre:

due Argenti e tre Bronzisettembre si è chiuso il sipario suigiochi olimpici e paralimpici diLondra 2012 e nel consuntivo delle

valutazioni che si possono fare al terminedei grandi eventi, le Fiamme Azzurrehanno molto di cui poter gioire ed essereorgogliose in termini di partecipazione e dirisultati. Innanzitutto, relativamente alprimo aspetto, il gruppo della Polizia Peni-tenziaria con la trentesima edizione dei gio-chi ha registrato il maggior numero dipresenze di suoi agonisti: sono stati ben 18contro i 16 di Pechino, con una maggio-ranza di quote rosa (11 donne e 7 uomini).Per quanto riguarda i podi conquistati in-vece si è riusciti a superare le due medagliedell’edizione precedente (il bronzo di Ta-tiana Guderzo nel ciclismo e l’argento diGiovanni Pellielo nel tiro a volo), grazie alledue medaglie del pugilato - l’argento diClemente Russo ed il bronzo di VincenzoMangiacapre - e al bronzo nella sciabola asquadre conquistato da Aldo Montano coni compagni di nazionale quando a causa diun infortunio all’adduttore occorsogli duemesi prima della partenza era persino inforse la sua presenza ai giochi. Quella di Aldo è stata la prima medaglia perle Fiamme Azzurre a Londra, la dodice-

A

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Clemente Russo è stato autore di una finalegenerosa, arrivata dopo la vittoria nei quarticontro il cubano Gòmez. Nonostante lasconfitta per 14-11 (3-1, 5-7, 3-6) control’ucraino Oleksandr Usyk, non si può nonriconoscergli che ha dato tutto quello cheaveva contro un avversario venticinquenneostico, che ha fatto valere sul piano fisico isuoi cinque anni in meno oltre adun’enorme fame di vittoria. Dopo un primoround di spessore, col nostro ad attaccaresin dall’inizio e l’ucraino più attendista, ilparziale di 3-1 di ha premiato i tre minutiintensi ed efficaci di Clemente. Nel secondoround è arrivata la rivalsa dell’ucraino chetra l’altro è giunto a Londra da numero unodel ranking mondiale. Russo ha mandato asegno altri tre colpi incassandone sette, perarrivare poi alla totale parità all’ultima cam-panella (8-8).

Quella di Vincenzo Mangiacapre è stata in-vece la 20° medaglia per l’Italia ai Giochi.Il superleggero (64 kg) di Marcianise hasuperato i quarti battendo 16-12 il kazakoYeleussinov scontrandosi poi semifinalecon il cubano Sotolongo con la certezzamatematica di avere già il bronzo in tasca.E’ una boxe agile e imprevedibile quella delcampione di Marcianise: bravissimo nelleschivate (che gli consentono di tenere laguardia leggermente più bassa), negli at-tacchi in controtempo che colgono di sor-presa gli avversari e rapido nei corpo acorpo. Vincenzo a Londra ha dimostratodefinitivamente di essere un talento su cuipoter contare negli appuntamenti impor-tanti dopo aver portato a casa il bronzo aimondiali di Ankara e Baku del 2011.Nella corsa all’oro ha ceduto solo al cu-bano Roniel Iglesias Sotolongo per 15-8 (3-2, 7-4, 5-2) bravo soprattutto nella prima

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Nelle fotoa sinistra VincenzoMangiacapre

a destraElisabettaMijno

sotto ilCommissarioMarcello Tolutra Elisabetta Mijno e Matteo Betti

ripresa a piazzare a chiudere con il van-taggio minimo di 3 a 2. Nella seconda ri-presa Vincenzo torna in sé facendocombattendola da protagonista e por-tando molti colpi. Meriterebbe il vantag-gio ma incredibilmente il parziale è afavore di Sotolongo per 7 a 4, che som-mato al 3 a 2 della prima ripresa pesacomplessivamente un 10 a 6 all’iniziodella terza pressoché irrecuperabile ameno di una prova coraggiosa che potevaessere nelle corde di Mangiacapre. In-vece il cubano incrementa il vantaggioimponendosi per 5 a 2 che dà un com-plessivo di 15 a 8 comunque più bu-giardo rispetto ai valori effettivamenteespressi in campo.Chiusa la parentesi olimpica dal 29 ago-sto al 9 settembre è stata la volta delle pa-ralimpiadi di Londra. Chi è amante di sport si è sorpreso ad ap-passionarsi e commuoversi di fronte aduna seconda spedizione azzurra che cu-riosamente ha portato a casa 28 meda-glie precise come la prima, migliorandodi ben dieci metalli i 18 podi di Pechino2008. Un successo sportivo e di visibilitàinternazionale, grazie anche a stellecome Pistorius o Alex Zanardi, un vin-cente delle corse automobilistiche inter-nazionali a 300km/h e poi campioneparalimpico della handbike (due ori in-dividuali e l’argento in staffetta), orgo-glioso di essere a Londra e di vincere,dichiarando che se tutto quello che gli ècapitato non lo avesse portato alle gareparalimpiche forse tante soddisfazioninon le avrebbe mai conosciute, con il ri-schio di essere un uomo arrabbiato conla vita come oggi invece non si sente diessere. Il presidente del Comitato Italiano Para-limpico Luca Pancalli ha parlato ditrionfo al termine dei giochi: «E’ statoun trionfo: Londra segnerà uno spar-tiacque nella storia delle Paralimpiadi.Si sono affacciati alla ribalta atletimolto giovani, ma abbiamo vistoanche straordinari campioni chehanno fatto la nostra storia. Stiamoraccogliendo i frutti del lavoro iniziatoancora prima di Pechino: quattro annifa le fondamenta erano già state po-

sate, ma eravamo all’inizio«.Ed un anno prima di questo inizio, nel lu-glio 2007, le Fiamme Azzurre, prime tratutti i gruppi sportivi dei corpi in divisa, am-mettevano tra le proprie fila gli atleti para-limpici, grazie alla storica firma delprotocollo siglato con il Cip, ponendo la pie-tra d’angolo per le successive aperture allosport disabile nel nostro Paese e cogliendol’opportunità di includere tra i campionidelle Fiamme Azzurre altri campioni di li-vello assoluto. Tra coloro nei quali si ripo-nevano molte speranze di podio per leparalimpiadi di Londra nelle fila dei porta-colori della Polizia Penitenziaria, c’eranoElisabetta Mijno, argento individuale nel-l’arco in carrozzina nella categoria W 2 eMatteo Betti, medagliato nella scherma conil bronzo individuale nella spada in carroz-zina categoria A.

Elisabetta, impegnata contro la numero unodel mondo, l’iraniana Zahra Nemati, ha ce-duto l’oro con un punteggio finale di 131punti (25, 26, 27, 29, 24) a 137 (25, 28,

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28, 28, 28), per un totale di 3-7.Quello discontrarsi contro una rappresentante ira-niana era un desiderio per nulla celatodalla campionessa di Moncalieri alla vigiliadella gara: la scuola iraniana infatti è notaper le ottime tradizioni sportive nell’arco epoiché è generalmente poco presente agliappuntamenti internazionali per motivi di-plomatici l’occasione per il confronto erada non perdere. Non a caso proprio la rappresentante ira-niana, primatista mondiale e paralimpica

in carica, è stata l’unica a tenere testa allanostra atleta, imponendosi nella finale per7 a 3. Elisabetta aveva eliminato nelle fasiprecedenti la turca Kalay per 6 a 2 e la ci-nese Li Jinzhi per 6 a 4. Nello stesso giorno in cui nell’arco la suacompagna di club e di nazionale esultavaper l’argento, Matteo Betti nel fioretto ma-schile categoria A, la disciplina in cui èprimo al mondo, usciva di gara contro ogniprevisione nella fase a gironi. Scrollatosi didosso la delusione, l’atleta senese in forzaalle Fiamme Azzurre ha però trovato ri-scatto nella competizione di spada indivi-duale, costruendo con intelligenza e calmala sua scalata verso la medaglia di bronzo,la seconda per la spedizione della Polizia

n. 198 • settembre • pag. 12Polizia Penitenziaria • SG&S

Nella foto a destra

Matteo Betti

atleti su circa 300 compo-nenti della delegazione na-zionale che ha partecipato

alle Olimpiadi Londra provengono daiGruppi Sportivi delle Forze di Polizia, delleForze Armate e dei Vigili del Fuoco. La mag-gior parte delle medaglie e dei record con-seguiti durante gli ultimi Giochi è stataottenuta da campioni in divisa. Bastereb-bero questi dati per confer-mare, se mai ve ne fossebisogno, quanto siano rile-vanti per lo Sport con la “S”maiuscola gli atleti che indos-sano i colori della Polizia diStato, della Polizia Penitenzia-ria e degli altri Corpi delloStato. In alcune discipline –come nell’atletica, nel judo, nella lotta, nelpugilato, nella scherma e nel tiro a volo –il livello di presenza dei nostri atleti sfiorail cento per cento. Negli altri sport, siamoin ogni caso su percentuali elevatissime. Da questo discendono successi e vittorieche l’Italia olimpica mai avrebbe conqui-stato senza questi Eroi in divisa. Il merito va anche ai preparatori, agli staff,alle strutture che lavorano tantissimo e congrande dedizione per preparare i campionidei quali si fregiano poi le nazionali di ca-

Penitenziaria, la prima della scherma az-zurra paralimpica.Dopo aver superato l’ungherese Tamas Ju-hasz, 5-0 e lo statunitense Gary Van DerWege, l’unico a fermare la sua corsa versol’oro è stato il francese Romani Noble, per15 a 9, anche se Matteo ha poi avuto mododi rifarsi nella finale per il bronzo controil russo Artur Yusupov, superandolo per 15a 10 e portando a casa una medaglia cheha inseguito in un intero quadriennio fattodi preparazione e duro lavoro, curiosa-mente vincendo in un’arma a lui menocongeniale rispetto al preferito fioretto:nell’edizione precedente di Pechino nellaspada fu solo settimo. Mercoledì 19 settembre c’è stato l’ultimoatto che ha concluso la lunga parentesiolimpica e paralimpica dei campioni az-zurri: al Quirinale tutti i medagliati di Lon-dra sono stati ricevuti in udienza dalPresidente della Repubblica Giorgio Napo-litano per la riconsegna del tricolore e lecongratulazioni di rito. In una delegazione guidata dal capo delDap Giovanni Tamburino ed il responsabiledel gruppo sportivo Marcello Tolu, c’eranoanche tutte le nostre Fiamme Azzurre sor-ridenti, vincenti e disponibili a qualchescatto che in questo numero vi mostriamo.Con l’uniforme del Corpo indossata ed iloro successi sono espressione di quellaparte di Polizia Penitenziaria più visibile efruibile dal grande pubblico e per questocosì preziosa da preservare.

tegoria, ma che restano comunque orgo-gliosamente appartenenti ai Corpi di Po-lizia. Assieme agli amici del SAPPe,abbiamo condotto nelle rispettive Ammi-nistrazioni importanti lotte per i GruppiSportivi, finalizzate soprattutto a difenderequesti fiori all’occhiello da tagli indiscri-minati. Nei mesi che hanno preceduto leOlimpiadi, grazie all’ospitalità di questa ri-

vista, avevo segnalato la de-licata situazione che si eracreata nel Settore Tiro aVolo delle Fiamme Oro,dove una diminuzione delbudget metteva in pericolo ilrifornimento di munizioni,col rischio di compromet-tere le prestazioni sportive

olimpiche. Siamo riusciti a evitare talescempio e i risultati londinesi c’hannodato ragione: un esempio folgorante vienedalla bravissima Jessica Rossi, per altroiscritta SAP, che ha vinto la Medaglia d’Oroe ha battuto il record del mondo nellafossa olimpica. Un’ultima cosa voglio dire e credo di par-lare anche per conto del SAPPe: la batta-glia per la difesa dei Gruppi Sportivi, chenon è nata certo ieri, va avanti e prose-guirà con sempre maggiore forza!

Ernesto MorandiniSegretario Generale Aggiuntodel SAP - Sindacato Autonomo Polizia

Gruppi Sportivi in divisai numeri (e i campioni) che fanno la differenza

Nella foto del boxJessica

Rossi

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l consuntivo dei reati nel 2011, dopotre anni di flessioni, evidenzia un au-mento del 5,4% e il totale dei delitti ha

superato quota 2 milioni 760 mila. È quanto emerge dai dati del ministerodell’Interno e pubblicati recentemente sulquotidiano Il Sole 24 ore, con un’elabora-zione provinciale e per tipologia di reato.

Un ritorno spiegabile in parte con la crisieconomica tanto è vero che sono proprio ireati predatori a manifestare gli incrementimaggiori. Ed a essere più colpite sono learee metropolitane e quelle caratterizzateda una struttura economica più florida,come alcune province tosco-emiliane. Le province in classifica in base all’inci-denza dei reati totali sulla popolazione (intesta Milano, Rimini, Bologna e Torino), inbase alle variazioni 2011/1010 (i maggioriaumenti a Forlì, Livorno, Rimini e Ra-venna), e la classifica dei furti nelle abita-zioni, reato che nel 2011 è cresciuto del21% sfiorando i 205 mila casi. Crescita analoga per le rapine (oltre 40mila) con i negozi che hanno sostituito lebanche come bersaglio. Borseggi (134 mila) e scippi (quasi17.700) sono saliti rispettivamente del 16e del 24%.

dei reati, in controtendenza rispetto ai datidell’ultimo triennio, ciò possa rappresen-tare un ostacolo sulla via delle riforme. Chein parte sono già delineate e, di certo, nonpossono ancora slittare. Se l’allarme sociale, che è reazione giustaoltre che comprensibile, sfocia in allarmi-smo oltranzista, il pericolo di un impassealla ripresa dei lavori parlamentari è assaiconcreto. Anche perché a breve saremoall’inizio della volata elettorale che si con-cluderà in primavera e si sarebbe troppofacili profeti nel ritenere che le forze poli-tiche (tutte) avranno poca o nessuna vogliadi spendersi su temi a elevata sensibilitàcome quelli della criminalità e delle car-ceri.Si tratterebbe però di un errore grave, diceancora Negri. Perché un Governo che haavuto la temerarietà di condurre in portoriforme scomode come quella sulla geogra-fia giudiziaria, ha senz’altro le carte in re-gola per fare approvare anche misurealtrettanto serie come quelle in agendasulla depenalizzazione e le misure alterna-tive al carcere. Provando in questo modo a coniugareobiettivi di civiltà (le condizioni delle nostrecarceri da tempo oltre il limite massimo ditollerabilità, come ben sappiamo e comeda tempo denunciamo anche su queste co-lonne) e risultati di efficienza con una mi-gliore distribuzione e sfruttamento delle(scarse) risorse a disposizione dell’ammi-nistrazione della giustizia.Naturalmente, sulla giustizia penale co-struire maggioranze robuste è manovra piùimpervia che sul processo civile o l’orga-nizzazione giudiziaria. E a fare da cartina al tornasole c’è il dise-gno di legge sull’anticorruzione, oggettoprima di una difficilissima sintesi e orabloccato al Senato.Una sorte che andrebbe evitata alle misureche tagliano una buona parte dei reati oggisanzionati con una pena pecuniaria per tra-

Milano ha la più alta incidenza di reati inrapporto alla popolazione: 7.360 ogni 100mila abitanti, ed è prima per volumi, se-guita da Roma. Napoli è invece al primoposto per le truffe (353 ogni 100 mila abi-tanti) e per le rapine (270 ogni 100 milapersone); negli scippi è invece secondasolo a Catania (quasi 100 ogni 100 milapersone) che svetta anche per furti di au-tovetture. La piaga dei borseggi, infine, colpisce so-prattutto Genova, Bologna, Milano e Riminimentre le abitazioni più visitate dai ladrisono a Lucca, Pisa e Pavia. Milano e Roma, ha rilevato Il Sole 24 orenon riescono a scendere dal podio dei reatineppure nel 2011, confermando la diffi-coltà in cui si trovano da anni sul versantedella sicurezza. La provincia lombarda svetta con un caricototale di reati che sfiora i 295 mila casi euna pressione di 7.360 mila denunce ogni100 mila abitanti. La capitale è invece se-conda per volumi con 258 mila denunce,seguita da Torino e Napoli (rispettivamentesopra quota 155 mila e 133 mila). Per incidenza sulla popolazione Roma èsolo in quinta posizione (6.138 mila delittiogni 100 mila abitanti), preceduta da altrearee metropolitane come Bologna e To-rino. Particolare il caso di Rimini, in secondaposizione, penalizzata dal calcolo matema-tico, visto che i pochi residenti, circa 330mila, devono ripartirsi’23 mila delitti, ingran parte concentrati nei mesi estivi,quando le accresciute presenze determi-nano un aumento delle occasioni per lacriminalità. Molto interessante e condivisibile il com-mento ai dati che ha fatto, sempre sul quo-tidiano economico, Giovanni Negri, il qualeha auspicato che l’allarme sociale non frenile riforme penali. Negri ha giustamente sottolineato il rischioche, alla luce dell’aumento dei

I

Tornano a crescere i reati in Italia:+5,4 per cento, 205mila furti in casa

n. 198 • settembre • pag. 14Polizia Penitenziaria • SG&S

di Erremme [email protected]

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sformarli in illeciti amministrativi. Il disegno di legge esclude alcune materiecome l’ambiente, la sicurezza sul lavoro,l’immigrazione, ma senza dubbio va nelladirezione auspicata sia dai magistrati siadagli avvocati: restringere l’area del penal-mente rilevante per concentrare l’atten-zione, anche a livello di repressione, sullecondotte di maggior allarme sociale.Stesso discorso per quanto riguarda il car-cere dove, dopo che tutto sommato losvuota-carceri per chi aveva ancora unapena ridotta da scontare ha dato buonaprova con bassissimi tassi di recidiva,l’emergenza non si è certo attenuata.Tanto più cruciali allora diventano le mi-sure, contenute nel medesimo provvedi-mento sulla depenalizzazione, che sterzanoin maniera decisa sul versante della messaalla prova e delle sanzioni alternative alcarcere.La prima consiste nella concessione dellasospensione del processo, quando si pro-cede per reati puniti al massimo con quat-tro anni di carcere, per destinare l’imputatoa servizi di pubblica utilità, sulla falsarigadi quanto avviene da tempo nel processo aiminori; le altre nell’introduzione di duenuove pene detentive non carcerarie: la re-

clusione e l’arresto presso l’abitazione oaltro luogo di privata dimora.Queste nuove modalità sono destinate a so-stituire la detenzione in carcere in caso dicondanne per reati puniti con pene non su-periori a 4 anni.

Tutte misure che permetterebbero di desti-nare uomini e mezzi alle situazioni più cri-tiche. Anche a quella criminalità da strada.Senza peraltro pensare subito a interventipiù draconiani come l’obbligo di custodiain carcere per i colpevoli di questi reati ol’inasprimento delle pena.Una risposta di questo tenore non farebbe,al minimo, tesoro di quanto avvenuto inquesti ultimi anni. A succedersi sono state infatti le misure dipiù pacchetti sicurezza (con il primoesordì in questa legislatura l’allora GovernoBerlusconi): che non hanno però influen-zato più di tanto l’andamento della crimi-nalità, quando invece le presunzioni piùsevere di pericolosità sociale sono state, nelcorso dei mesi, bocciate dalla Corte costi-tuzionale.A testimonianza ulteriore, conclude Negri,che la scia dell’emotività è facile da seguire,ma non sempre è quella che produce,anche nel breve, i migliori risultati.Come dar torto al bravo giornalista?

Polizia Penitenziaria • SG&S

arrivato il tempo della meritata pensioneanche per Mario Caputi, che lascia ilCorpo dopo trentacinque anni di ono-

rato servizio.Gli ultimi venti della sua carriera, Caputi li hapassati al mio fianco, intento ad impaginarequasi duecento numeri della nostra Rivista, acreare ed inventare immagini e locandine peri Cinque Congressi del Sappe, per i venticin-que Consigli Nazionali e per le decine di Con-vegni; Li ha passati, con me, ad inventareCalendari, Agendine e decine e decine di pub-blicazioni editate dal Sappe, senza nemmenotralasciare l’Anppe e la sua Rivista.Caputi ha inventato, insieme a me che pure losopporto da tutti questi anni, il personaggiodell’Appuntato Caputo che da sempre vivenella vignetta dell’ultima pagina e che è, unpo’, il nostro alter ego.Ma nessuno si preoccupi, però, perché purlasciando il Corpo, Caputi rimane al suo postonella Redazione della Rivista per continuare ilsuo lavoro, che poi è anche la sua passione.Nella foto sotto lo vediamo con i risultati del-l’unica altra sua passione: il Tai Chi Chuan.Nell’ultimo Campionato Italiano dell’anticaArte Marziale interna, di origine cinese, Caputisi è aggiudicato sei medaglie, sulle sette di-sponibili, nelle gare che ha disputato, conqui-stando il diritto a partecipare ai prossimiCampionati Europei che si terranno a LignanoSabbiadoro (UD) nei primi giorni di dicembre(vi daremo conto anche di quelli).In bocca al lupo a Caputi per la sua carrierasportiva, a condizione, però, che non ci tolganeanche un secondo del suo impegno per lanostra Rivista. GB de Blasis

Mario Caputi va in pensione, ma l’appuntato Caputoresta in servizio

è

n. 198 • settembre • pag. 15

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a cura di Ciro BorrelliCoordinatore Nazionale Sappe Minori per la [email protected]

n. 198 • settembre • pag. 16Polizia Penitenziaria • SG&S

Nella fotol ‘ICF di Roma

distanza di circa due mesi dalla suanomina da parte del Ministro PaolaSeverino, la dott.ssa Caterina Chin-

nici, nuovo Capo Dipartimento della Giusti-zia Minorile, ha convocato il 5 settembrescorso i rappresentanti nazionali delle siglesindacali di Polizia Penitenziaria per unprimo saluto ufficiale.La dott.ssa Caterina Chinnici, affiancata daitre Direttori Generali, nel suo saluto hachiarito definitivamente che il Dipartimentoper la Giustizia Minorile non subirà alcunamodifica o riconfigurazione e che tutte levoci che circolavano tra gli uffici di unapossibile chiusura o accorpamento di dettodipartimento ad altri per il momento nonhanno alcun fondamento.Invero la Giustizia Minorile sembra essereattualmente oggetto di interesse diretto daparte del Ministro della Giustizia, che hanominato la dott.ssa Chinnici al Capo delDGM proprio per valorizzare e restituire il

ruolo che spetta ad un settore, quale èquello minorile, così delicato per la fun-zione di recupero e reinserimento di tuttiquei minori coinvolti nel circuito penale. La dott.ssa Caterina Chinnici durante l’in-contro ha dichiarato di credere ferma-mente nei valori della giustizia e dellatrasparenza amministrativa, valori che l’-hanno spinta a proseguire un impegno as-sunto già dal padre, Consigliere IstruttoreRocco Chinnici, del quale, nella sfera dellefunzioni svolte, ha sempre onorato la pro-fessionalità. Il nuovo Capo Dipartimento per la veritàha già alle sue spalle una lunga esperienzanel settore minorile, avendo ricoperto percirca quattordici anni le funzioni di Pro-curatore della Repubblica in Sicilia,presso il Tribunale per i Minorenni di Cal-tanissetta e in seguito presso quello di Pa-lermo, nonché vari incarichi, quali quellodi componente della Commissione per le

Adozioni Internazionali e componente dellaCommissione di studio sul fenomeno dellarecidiva nei minori autori di reato.I rappresentanti delle sigle sindacali hannoaccolto con piacere le parole del nuovoCapo Dipartimento, non mancando tuttaviadi lamentarsi della bassa qualità delle Rela-zioni Sindacali della Giustizia Minorile. In particolare, all’unanimità, tutte le siglesindacali hanno ancora una volta esternatola carenza di personale esistente negli Isti-tuti Penali Minorili nei Centri di Prima Ac-coglienza e nei Centri Giustizia Minorile enegli uffici del Dipartimento, carenza cheoggi costringe tanti colleghi a lavorare 12ore al giorno, senza un adeguato compensodelle ore di straordinario e senza rispostecerte sull’apertura o chiusura definitiva dialcuni Istituti Penali per Minori attualmentepresidiati da personale di Polizia Peniten-ziaria, ma privi di detenuti.Auguriamo alla dott.ssa Caterina Chinnici diriuscire a dare le risposte giuste a tutte leproblematiche esistenti nel settore minorile,trovando nel Sindacato un alleato per rag-giungere insieme quei nobili obiettivi, delrecupero e reinserimento sociale dei mi-nori, che sono da sempre il fondamentodella Giustizia Minorile. •

A

il Capo del DGM, Caterina Chinnici,incontra i sindacati

della Polizia Penitenziaria

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• assistenza legale nel relativo procedimento amministrativo;•assistenza nella fase giudiziale contro il relativo provvedimento negativo;• compenso professionale convenzionato.

in materia di PENSIONE PRIVILEGIATAper il personale cessato dal servizio e/o i superstitiL’assistenza interessa:• il personale collocato in congedo senza diritto a pensione o con pensioneordinaria che possa ancora chiedere il riconoscimento della dipendenzada causa di servizio di infermità o lesioni riferibili al servizio stesso e laconseguente pensione privilegiata;• il personale collocato in congedo senza diritto a pensione o con pensioneordinaria, al quale sia stata negata la pensione privilegiata per non dipen-denza da causa di servizio di infermità e lesioni o per non ascrivibilità dellestesse;• il personale cessato per inidoneità dal ruolo della Polizia Penitenziaria,già transitato o che debba transitare ai ruoli civili della stessa amministra-zione o di altre amministrazioni, ai fini della concessione della pensioneprivilegiata per il servizio prestato nella polizia Penitenziaria;• il personale deceduto in servizio, ai fini della pensione indiretta privile-giata ai superstiti e di ogni altro beneficio previsto a favore degli stessi;• il personale già titolare di pensione privilegiata deceduto a causa dellemedesime infermità pensionate, ai fini dei conseguimenti spettanti ai su-perstiti.L’assistenza comprende:• esame gratuito, legale e medico legale, del fondamento della domandaper la concessione della pensione privilegiata anche per i transitati al ruolocivile;• valutazione gratuita, legale e medico legale, del fondamento del ricorsocontro il provvedimento negativo della pensione privilegiata;• valutazione gratuita, legale e medico legale, delle pensioni indirette e diriversibilità ai fini del trattamento privilegiato e dell’importo pensionisticoliquidato;• assistenza nella relativa fase amministrativa e nella fase giudiziale controil provvedimento pensionistico negativo;• compenso professionale convenzionato.

PER BENEFICIARE DELLA CONVENZIONE Gli iscritti al Sappe possono:• rivolgersi alla Segreterie Sappe di appartenenza;• rivolgersi agli avvocati Guerra presso le sedi degli studi di Roma (via Ma-gnagrecia n.95, tel. 06.88812297), Palermo (via Marchese di Villabiancan.82, tel.091.8601104), Tolentino - MC (Galleria Europa n.14, tel.0733.968857) e Ancona (Corso Mazzini n.78, tel. 071.54951);• visitare il sito www.avvocatoguerra.it

La convenzione Sappe/Studio Legale GuerraPer rispondere ad una richiesta sempre più pressante dei propri iscritti,il Sappe ha stipulato una convenzione con lo Studio Legale AssociatoGuerra, come partner legale in materia previdenziale.

Lo Studio Legale Associato Guerra è specializzato in materia di diritto pen-sionistico pubblico, civile e militare.

La convenzione tra il Sappe e lo Studio Legale Associato Guerra comprende • la causa di servizio e benefici connessi;• le idoneità al servizio e provvedimenti connessi:• i benefici alle vittime del dovere;• la pensione privilegiata (diretta, indiretta e di riversibilità) e gli assegniaccessori su pensioni direttte e di riversibilità.

La consulenza si avvale di eccellenti medici esperti di settore, collaboratoridell Studio Guerra, in grado di assistere l’interessato anche nel corso dellevisite mediche collegiali in sede amministrativa e giudiziaria.In particolare, attraverso lo Studio Legale Associato Guerra , il Sappe ga-rantisce ai propri iscritti:

in materia di CAUSA DI SERVIZIO• valutazione gratuita, legale e medico legale, del fondamento della do-manda per il riconoscimento della causa di servizio anche ai fini dell’equoindennizzo;• assistenza legale nella fase amministrativa;• valutazione gratuita, legale e medico legale, del fondamento del ricorsocontro il provvedimento negativo di riconoscimento della causa di servizioe del’equo indennizzo;• assistenza legale nella fase giudiziale dinanzi alle competenti Sedi Giu-risdizionali;• compenso professionale convenzionato.

in materia di INIDONEITA’ AL SERVIZIO• valutazione legale e medico legale delle infermità oggetto di accerta-mento della idoneità al servizio, per la scelta strategica delle azioni da pro-muovere secondo gli obiettivi che intende raggiungere l’interessato;• assistenza legale nel relativo procedimento amministrativo;•assistenza nella fase giudiziale contro il provvedimento amministrativo;• assistenza amministrativa e giurisdizionale contro il provvedimento ditrensito;• compenso professionale convenzionato.

in materia di VITTIME DEL DOVERE• valutazione gratuita per l’accertamento della sussistenza delle condizionidi legge richieste per il diritto ai benefici previsti a favore delle vittime deldovere;

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iao Giovanni, sono un collega in servizio presso la casacircondariale di Trieste. Di recente mi sono diplomato al corso serale del liceo ar-

tistico serale Enrico e Umberto Nordio di Trieste.La sessione d’esame di Stato finale(esame di maturità) si è articolata in piùgiornate in quanto la prova d’indirizzo di liceo (secondaprova) dura tre giorni,e non uno come negli altri licei. In queste giornate sono stato costretto a usufruire di congedoordinario e non di straordinario,in quanto l’ufficio servizi miha detto di convertire in seguito i giorni di ordinario in stra-ordinario una volta che avrei portato la documentazione ri-guardante la mia effettiva presenza nelle giornate d’esame. Un collega della segreteria della Polizia Penitenziaria mi hadetto che non mi spettano i giorni di congedo straordinario.Bene i giorni d’esame erano sei in totale. Mi spettano i giorni di congedo straordinario? Tengo a preci-sare che i permessi studio (25 giorni totali) le famose 150 oreli avevo finiti perché, a differenza dell’università, a scuola erocostretto ad andare ogni giorno. La stessa cosa avvenne durante gli esami di qualifica del terzoanno, articolati su dieci giorni perché in ogni giornata era pre-vista la prova di una materia,con in seguito i colloqui orali fi-nali. Lì, dovetti prendere anche congedo ordinario e nonstraordinario per lo stesso motivo che mi dissero che non po-

tevo usufruire di congedostraordinario fatta ecce-zione per i permessi studioche anche lì avevo finito.Infine, posso recuperare ilcongedo straordinario ne-gato degli anni passati?Grazie per la delucidazionespero di essere stato chiaro. Un abbraccio e continuacosì con la tua rubrica sulgiornale del Sappe cheseguo ed è utilissima!!!

Gentilissimo collega,il D.P.R.10 gennaio 1957 n. 3 (testo unico delle disposizioni sullostatuto degli impiegati civili dello Stato), nel disciplinare il congedostraordinario dei pubblici dipendenti, prevedeva, prima della mo-difica di cui si dirà in seguito, che lo stesso potesse essere concessofino a una durata massima di 60 giorni nel corso dell’anno (art.37, III comma) dall’organo competente secondo gli ordinamentiparticolari delle singole amministrazioni (art. 37, IV comma).A tale disciplina faceva riscontro l’art. 19 del D.P.R. 3 maggio 1957n. 686, recante il regolamento di attuazione del testo unico, per il

C

Congedo straordinario per esami

Giovanni [email protected]

n. 198 • settembre • pag. 18Polizia Penitenziaria • SG&S

quale la concessione del primo congedo straordinario non puòsuperare di regola, nell’anno, il periodo di un mese.La disciplina del congedo straordinario dei pubblici dipendenti èstata innovata dall’art. 3 della l. 24 dicembre 1993 n. 537, commi37 e 39. Il comma 37 di tale articolo ha modificato il testo del IIIcomma dell’art.37 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, riducendo iltermine di durata massima, nel corso dell’anno, del congedo inesame da 60 a 45 giorni. All’impiegato, oltre il congedo ordinario, possono essere concessiper gravi motivi congedi straordinari.La necessità di sostenere esami è una delle ipotesi in cui il congedostraordinario deve essere, a norma dell’art. 37, co. 2, d.P.R.3/19571, concesso di diritto. Dà diritto al godimento dei giorni necessari (compresi nel com-puto dei 45 giorni annui) per sostenere gli esami che rientranonell’ambito applicativo dell’art. 78 del dpr 782/85 (diritto allo stu-dio) e successive modificazioni nonché quelli per l’assunzione alledipendenze d’altre pubbliche amministrazioni o per l’accesso adaltri ruoli nell’ambito dell’amministrazione di appartenenza. Inquesto congedo devono rientrare anche i giorni necessari per ilraggiungimento della sede d’esame: l’assenza è consentita per iltempo strettamente necessario per sostenere gli esami, a cui pos-sono aggiungersi due giorni per il viaggio (andata/ritorno); per leisole che hanno difficoltà di comunicazione con il continente, siprendono in considerazione i giorni in cui sono previste le par-tenze dei traghetti immediatamente prima e dopo le proved’esame2.In merito alla possibilità di recuperare i giorni di congedo straor-dinario degli anni precedenti, spettanti e non concessi, purtroppo,il diritto si è affievolito, in quanto il congedo straordinario è riferitoa ciascun anno solare.Infine, mi permetto di consigliare, per eventuali future richieste,di avanzare sempre domande formali (scritte) all’Autorità Diri-gente e non accettare dinieghi verbali degli addetti agli uffici pre-posti. Questo permetterà di difendere i propri interessi attraversoil ricorso amministrativo.Dal punto di vista della tutela amministrativa, la normativa di rife-rimento, è ancora oggi, il DPR 24/11/1971, n. 1199, con il qualeil legislatore ha dettato una disciplina organica dei ricorsi ammi-nistrativi (ricorso gerarchico, ricorso in opposizione e ricorso alPresidente della Repubblica). Cordiali saluti.NOTE1 Il congedo straordinario compete di diritto quando l’impiegatodebba contrarre matrimonio o sostenere esami o, qualora trattasidi mutilato o invalido di guerra o per servizio, debba attenderealle cure richieste dallo stato di invalidità.

2 Rif. Circolare DAP n. 3364/5814 dell’11/06/1993.

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n. 198 • settembre • pag. 19Polizia Penitenziaria • SG&S

Nella fotoun incendio

Aldo Maturo *[email protected]

L’Italia brucia, come sempre, comeogni estate, con un 93% in più d’in-cendi rispetto allo scorso anno (1

gennaio-31 luglio 2012). Le regioni piùesposte sono Sicilia (con un morto), Cam-pania, Calabria, Puglia,Toscana e Lazio. Epensare che il legislatore non è stato indul-gente quando ha previsto, per chi incendiai boschi, selve o foreste, la pena della re-clusione da quattro a dieci anni (art.423bis c.p.). Nel 2000, stanco del dilagare degli incendidolosi, aveva individuato l’incendio bo-schivo come autonoma figura di reato - de-litto contro la pubblica incolumità - e nonpiù come aggravante al reato di incendio.Sembrava una svolta, il segno della spe-ranza verso una particolare evoluzione cul-turale tesa alla protezione dell’ambiente.L’incendio dei boschi passava da una penada tre a sette anni (l’incendio generico) aduna da quattro a dieci anni.Ma evidentemente l’effetto deterrente dellapena è stato irrilevante.Secondo l’Unione Europea il 95% degli in-cendi in Italia è attribuibile all’uomo. Ma lecarceri italiane di certo non sono piene didetenuti incendiari.La severità legislativa è stata quindi virtuale.Ammesso che si riesca ad arrestare uno diquesti personaggi, scattano immediata-mente tutte le norme di procedura penaleche vincolano il magistrato nell’applica-zione della custodia in carcere. Ci rimarràsolo se il magistrato riterrà che il soggettorimesso in libertà possa darsi alla fuga odia fuoco ad altri boschi o che possa in-quinare le prove a suo carico. Troppi “se”e questo significa che il nostro soggettodopo pochi giorni, se non ore, ha grossesperanze di ritornare in libertà.A suo carico resta la pendenza del processoe prima o poi dovrà essergli presentato ilconto. Purtroppo anche stavolta il sistemapenale offre spazio ad altre soluzioni. Il no-

che siano stati percorsi dal fuoco non pos-sono avere una destinazione diversa daquella preesistente all’incendio per almenoquindici anni. È inoltre vietata per dieci anni, sui predettisuoli, la realizzazione di edifici nonché distrutture e infrastrutture finalizzate ad inse-diamenti civili ed attività produttive. Tu midai fuoco a zone panoramiche o paesaggi-stiche con l’intento di poterci poi costruireinsediamenti e ville ma io non ti ci facciocostruire per 15 anni (a meno che la li-cenza non era già stata concessa primadell’incendio).La legge voleva essere un freno contro lespeculazioni edilizie: ottima intenzione, mala cosa ancora una volta non è così scon-tata.Per poter scattare i divieti di costruzionesulle aree incendiate è indispensabile cheil Comune faccia annualmente il censi-mento delle aree percorse dal fuoco, - ilCatasto Incendi - affinché siano rese noteed ufficiali. In realtà questa mappatura nonviene fatta o ne viene iniziato l’iter in pocherealtà urbane. I motivi? Mancanza di per-sonale, omissioni, negligenza e non pochevolte complicità.Intanto l’industria dell’incendio e il suo in-dotto va a gonfie vele e può diventare unvero business per quanti sono chiamati adintervenire e non fanno parte dell’istitu-zione. I costi ricadono su tutti noi. Bastipensare che il volo di un aereo Canadaircosta 14.000 euro all’ora e quello di ungrosso elicottero che porta 10.000 litrid’acqua è di circa 6.000 euro l’ora.E’ stato calcolato che mediamente si spen-dono 500 milioni di euro all’anno pari acirca 968 miliardi di lire. Più di due mi-liardi e seicentocinquanta milioni al giorno.Senza calcolare gli incalcolabili danni am-bientali, la distruzione di milioni di alberie la devastazione di migliaia di ettari diverde.

stro incendiario concorderà con il suo av-vocato una strategia difensiva e potrà ricor-rere ad uno dei riti previsti daiprocedimenti speciali (patteggiamento, ritoabbreviato), godendo della riduzione di unterzo della pena.Si pensa che almeno quello che resta dellapena, già oggetto di sconto, lo porti al car-cere. Non è così. Se non ha potuto godereimmediatamente dei benefici della condi-zionale perché ha avuto ad esempio unapena non superiore a due anni, suppli-scono i benefici dell’ordinamento peniten-ziario e quindi, se è stato condannato aduna pena non superiore a tre anni (ipotesiverosimile) potrà sempre richiedere l’af-fidamento in prova al servizio sociale, chesignifica restare libero, svolgere il propriolavoro, la propria vita sociale con l’unicolimite di avere periodicamente dei colloquicon un’assistente sociale.Se ha più di 60 anni ed è inabile parzial-mente (cosa probabile) potrà sempre ri-chiedere la detenzione domiciliare per lepene fino a 4 anni.Conclusione: il carcere è rimasto solo unospauracchio dissoltosi nel nulla, il nostrosistema giuridico ha dato l’ennesima provadi schizofrenia con un legislatore che ag-grava le pene e un altro che offre il sistemaper eluderle mentre l’Italia continua im-punemente a bruciare dalle Alpi alla Sicilia. Quando gli incendi non sono riconducibilialla prospettiva di creare occupazionenell’ambito delle attività di vigilanza antin-cendio o spegnimento degli stessi, spessoderivano dalla previsione errata che le areeboscate distrutte dal fuoco possano essereutilizzate successivamente a vantaggio di in-teressi specifici, connessi alla speculazioneedilizia, al bracconaggio, all’ampliamentodella superficie agraria. Previsione errata perché la legge353/2000, in materia d’incendi boschivi,prevede all’art.10 che i boschi ed i pascoli

L

Incendiari, roghi e impunità

Page 20: Polizia Penitenziaria - Settembre 2012 - n. 198

orcellum deriva da porcata, ter-mine usato dal ministro Calderoli,estensore della legge, per definire il

sistema elettorale da lui stesso creato.Prima del Porcellum abbiamo avuto il Mat-tarellum, legge elettorale del 1993 (da Ser-gio Mattarella, deputato D.C.) e, per leelezioni regionali, la Tatarellum (da Giu-seppe Tatarella, deputato di AN): la decli-nazione latina era stata inventata da Sartorisul Corriere della Sera ed è diventata poiricorrente denominazione giornalistica perindividuare le varie leggi elettorali.Quello che segue è un viaggio fatto in puntadi piedi nel sistema elettorale più antide-mocratico della nostra storia repubblicana,inventato per assicurare alle segreterie deipartiti il controllo completo del Parla-mento, designando parlamentari-peones-yes man con analogie non molto dissimilidalle parodie elettorali che si svolgono neipaesi dittatoriali. Ed allora turiamoci il naso e cominciamo.Per eleggere i deputati l’Italia è stata sud-divisa in 26 circoscrizioni che devonoesprimere 617 eletti. Altri 12 sono elettinelle circoscrizioni estere e 1 in Val d’Aosta,per un totale di 630.I 315 senatori, invece,sono eletti in 20 cir-coscrizioni, una per ogni regione e 6 pro-vengono dalla circoscrizione estera. Ogniregione deve avere almeno 7 senatori adeccezione del Molise che ne ha 2 e dellaValle d’Aosta 1. Del Senato fanno parte poii senatori a vita e gli ex Presidenti della Re-pubblica.Per trasformare in seggi i voti attribuiti a unpartito/lista i sistemi elettorali più classicierano il proporzionale e il maggioritario. Con il proporzionale i seggi sono attribuitiin proporzione al numero di voti ottenutidal partito e con il maggioritario vince ilpartito/lista/coalizione che ha ottenuto ilmaggior numero di voti. Il Porcellum (L.21.12.2005 n.270) volevaessere una via di mezzo miscelando il si-stema proporzionale con un premio dimaggioranza.In realtà con il Porcellum l’elettore nonesprime preferenze per l’uno o l’altro can-didato ma riceve una scheda per la Cameraed una per il Senato e può esprimere il suo

vello nazionale, spettano X seggi, si proce-derà alla suddivisione di questi seggi, sem-pre in maniera proporzionale ai votiottenuti, nelle varie sedi circoscrizionaliperiferiche. Ogni partito quindi saprà quanti deputatiha eletto nella singola circoscrizione ed èchiaro che gli eletti saranno i nominativiindicati per primi nella lista, secondo lacollocazione progressiva in lista predispo-sta dai partiti, senza che a monte vi sia stataalcuna preferenza da parte degli elettori.E’ il partito che decide perché è il partitoche, nel formare la lista, ha scelto l’ordinedi elencazione dei candidati, che andrannoalla Camera non per le singole preferenzeottenute ma per la semplice collocazionenei primi posti della lista voluta dalla se-greteria del partito.Per il Senato abbiamo detto che i senatorivengono eletti in 20 circoscrizioni, una perogni regione. Mentre alla Camera il Premiodi maggioranza è su base nazionale, al Se-nato è attribuito su base regionale. Si ve-rifica se la lista o la coalizione più votataha conseguito da sola il 55% dei seggi as-segnati alla Regione. Se ciò non è avvenuto,le vengono assegnati tanti ulteriori seggifino a raggiungere il 55% dei seggi dellaregione e i seggi residui vengono ripartitifra le altre coalizioni o liste singole. Anchein questo caso vengono eletti i candidaticompresi nelle liste secondo l’ordine dielencazione e non per i voti individuali ri-cevuti. L’attribuzione del 55% dei seggi,fatta d’ufficio, può falsare quella che èstata la volontà degli elettori. Il Premio di maggioranza non è previstoin Molise, Valle d’Aosta, Trentino-AltoAdige, Circoscrizione Estera. Come si è visto è un meccanismo micidiale,completamente gestito dalle Segreterie deipartiti che sono le sole a decidere chi deveessere designato o, meglio, essere coop-tato nella schiera della casta. Al cittadinoche ancora va a votare non resta che rati-ficare la scelta fatta dal suo partito.La lotta di questi giorni per un nuovo si-stema elettorale fa stare in fibrillazione leSegreterie dei partiti, tutte indistintamente,perché una radicale modifica del Porcel-lum non consentirà più di designare i par-lamentari di loro fiducia. Con un nuovosistema elettorale - se non s’inventanoqualche altro cavillo - potrebbero restarea spasso uomini di partito che fin’ora dor-mivano sogni tranquilli perché blindatiin listini di sicurezza su cui l’elettore nonaveva alcun potere decisionale.

voto su liste bloccate riportate sotto il sim-bolo del partito prescelto, senza possibilitàdi indicare preferenze individuali sul sin-golo candidato. E’ per questo che si diceche con il Porcellum i deputati e i senatorinon sono elettima sono designati dalle Se-greterie dei partiti e all’elettore resta solouna sorta di ratifica. I seggi saranno assegnati ai partiti secondol’ordine di elencazione dei candidati nellesingole liste (viene eletto il primo, poi il se-condo, il terzo e via via a scorrere secondoi voti ottenuti dalla lista)Il Porcellum, voluto dalla coalizione Lega-PDL nel loro periodo di massima espan-sione, ha sbaraccato il Parlamento da tuttii partiti minori prevedendo la soglia disbarramento, meccanismo con il quale siescludono i mini partiti che non hanno rag-giunto un numero di voti minimo predeter-minato (il 4% dei voti validi, se da soli, e il10% se in coalizione, a condizione che al-meno uno dei partiti della coalizione abbiaottenuto il 2% dei voti validi in campo na-zionale).A elezioni ultimate si calcoleranno, per laCamera, tutti i voti ottenuti nelle 26 circo-scrizioni dai singoli partiti e dalle coalizioniche hanno superato la soglia di sbarra-mento e si verificherà a questo punto se unpartito, una coalizione o una lista singolaha ottenuto da sola, per il numero dei votiottenuti, i 340 seggi previsti dal sistema. Senessuno ha conseguito tale risultato, allalista più votata si attribuiranno d’ufficio 340seggi (in applicazione del famoso Premiodi Maggioranza). Le altre coalizioni e glialtri partiti singoli si suddivideranno i ri-manenti 277 seggi in proporzione dei votiottenuti. E’ chiaro che se la coalizione o lalista vincente ha avuto, autonomamente, piùdi 340 seggi, si terrà tutti quelli che haeletto e agli altri andranno non 277 seggima la differenza tra quelli ottenuti dallamaggioranza e i seggi residui. Grazie al Premio di Maggioranza, quindi,basta un solo voto più delle altre liste perportare a casa 340 parlamentari (che pos-sono essere molti di più di quelli che glielettori volevano attribuire a quella lista ocoalizione).Una volta calcolato che a un partito, a li-

P

Viaggio nel Porcellum ...a naso chiuso

n. 198 • settembre • pag. 20Polizia Penitenziaria • SG&S

Aldo [email protected]

Page 21: Polizia Penitenziaria - Settembre 2012 - n. 198

n. 198 • settembre • pag. 21Polizia Penitenziaria • SG&S

on una bella cerimonia tenutasinella città ligure, sede di una delleScuole storiche per la formazione

del Corpo, hanno prestato giuramento gliAllievi del 164° Corso. Alla cerimonia erapresente anche il Segretario Generale delSappe Donato Capece.

l 3 settembre 2012, presso la CasaCircondariale Regina Coeli di Roma,si è svolta l’inaugurazione della

nuova gestione del bar/spaccio internoalla presenza del vice Provveditore delLazio dott.ssa Cristina Di Marzio e delDirettore Dott. Mauro Mariani. L’appaltoè stato affidato alla cooperativa GIAMI,diretta da ex sottufficiali dell’Esercito Ita-liano, che è stata ben accolta dal perso-nale di Polizia Penitenziaria per non averapportato aumenti ai prezzi e offertoprodotti artigianali di ottima qualità. LaSegreteria Provinciale di Roma plaude lascelta operata dall’Amministrazione eporge i migliori auguri ai soci della coo-perativa GIAMI.

Il Segr. Prov.le Giovanni Passaro

I

Cairo Montenotte:giurano gli Allievidel 164° Corso

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elle imma-gini, a sini-stra il

personale della

ella foto vediamo la squadra dicalcio della C.C. di Salerno chetanto stà dando ai vari tornei che

si svolgono nella nostra città. Seri, sinceri,compatti ...sopratutto amici. La vittoria piùgrande resta quella di portare a casa sem-pre il miglior risultato "la coppa disci-plina"...ecco cosa riesce a distinguere unbel gruppo. Giuseppe Gioia

Roma: inaugurata la nuova gestione delBar di Regina Coeli

N

Cuneo,Trento e Ancona : le fotodalle Feste regionali del Corpo

Salerno: soprattutto una squadra di amici

N

CC di Cuneo. Sopra il personale della CasaCircondariale di Trento e a destra il perso-nale della CR di Fermo che ha partecipatoalla Festa Regionale della Polizia Peniten-ziaria di Ancona.

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Luca PasqualoniSegretario Nazionale ANFU [email protected]

n. 198 • settembre • pag. 22Polizia Penitenziaria • SG&S

Intercettazionedella corrispondenzain carcere

ammento che, in qualità di Coman-dante di Reparto, ricevetti dall’Au-torità Giudiziaria la delega ad

intercettare la corrispondenza epistolare diun ristretto.Era la prima volta che venivo investito ditale attività, in quanto fino a quel momentoil controllo sulla corrispondenza dei dete-nuti, in entrata ed in uscita, veniva dispostomediante il consueto istituto del visto dicontrollo, tanto che fui pervaso da unaserie di perplessità giuridiche che tuttaviain quanto Vice Commissario di Polizia Pe-nitenziaria non mi erano date di poteravere, così in qualità di ufficiale di poliziagiudiziaria detti esecuzione a quanto dispo-sto.A distanza di qualche anno quei dubbi sonostati fatti propri dalle Sezioni Unite dellaCassazione che, con la sentenza RG.27131/2011, depositata in cancelleria il 18luglio 2012, con cui è stata dichiarata la il-legittimità di siffatta attività investigativa,sconfessando il diverso e permissivo orien-tamento della V sezione, consacrato con lafamosa sentenza Costa.Nella sentenza Costa, infatti, la V sezione pe-nale della Cassazione ebbe ad osservareche il provvedimento del giudice che auto-rizza il controllo della corrispondenza coneventuale sequestro delle lettere rilevantiper le indagini è parificabile ad un provve-dimento di intercettazione di conversazionio comunicazioni telefoniche, disciplinatodagli artt. 266 e seguenti cod. proc. pen.,costituendo un mezzo di prova non speci-ficamente ed autonomamente disciplinatodalla legge processuale, utilizzabile sia per-ché non oggettivamente vietato sia perchéla prova è formata in modo da garantire idiritti della persona.

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Ferrara: la Polizia Penitenziaria in servizionelle zone terremotate dell’Emilia

iscritti SAPPe, Claudio

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Reggio Calabria: Fiocco celestel 10 agosto2012 è nato Gabriele.Una grande emozione per i nostri due colleghi Claudio Cuz-zola ed Elisabetta Borgese, entrambi iscritti al Sappe.

“La nascita di un figlio è un momento unico e irripetibile.Il primo momento in cui lo tieni tra le braccia e lo stringi,il bene più profondo di un papà e di una mamma come voi.Vi auguriamo di vivere intensamente ogni passo del lungocammino che la vostra famiglia ha appena iniziato”.La segreteria Sappe di Reggio Calabria

Avellino: Fattorello ancora sul podioCampione Regionale specialità fossa universale e 2° posto al campionato Regionale Campania del Double Trap

opo aver conseguito il 20 luglio scorso il titolo di campione italiano individualedella 1° categoria della specialità di fossa universale ed aver ottenuto ancheil titolo di campione italiano a squadra per i Corpi dello Stato della stessa di-

sciplina, Sergio Fattorello, appartenente al Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre delCorpo della Polizia Penitenziaria, il 23 settembre 2012 si è aggiudicato il titolo diCampione Regionale specialità fossa universale, prova culmine delle 4 previste peril conseguimento del titolo di Campione Regionale che ha visto l’atleta irpino aggiu-

dicarsi il 1° posto delle 3 gare su 4. A sorpresa è riuscito anche aconquistare il 2° posto della specialità Double Trop, sfera agonisticaquesta di non propria pertinenza. Sergio Fattorello in forza ammini-strativa presso la Casa Circondariale di Avellino aggiunge al suo cur-riculum altri due prestigiosi titoli conseguiti da tiratore appartenentealle FF.OO., inserito nel Gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre, co-stituisce una speranza del tiro al volo italiano, vanto dello sport irpinoche gode del supporto tecnico di Pietro Aloi da anni direttore tecnicodella sezione tiro al volo delle Fiamme Azzurre.

iceviamo e volentieri pubblichiamo,alcune foto dei nostri colleghi inservizio presso i comuni di Bon-

deno e Cento, nel ferrarese, per il controllodi sicurezza e del territorio nella zonarossa. Ottimo lavoro ragazzi!

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La sezione penale in parola, dunque, nonsolo ritenne possibile il ricorso al procedi-mento analogico della disciplina degli artt.266 e seguenti del c.p.p., ma rilevava anchela non ostatività dell’articolo 18 ter del-l’Ord. Pen. a tale tipo di attività investigativa,per il quale il detenuto deve essere imme-diatamente informato in caso di tratteni-mento della corrispondenza, poiché,avendo questo una finalità diversa, ossia dinatura preventiva, la sua disciplina risultaincompatibile con la fase delle indagini pre-liminari, disciplinate dal codice di proce-dura penale. Nondimeno, in ordine ai poteri di intru-sione dell’Autorità Giudiziaria nella corri-spondenza epistolare del detenuto ed aiprocedimenti utilizzabili, essendosi la giu-risprudenza di legittimità pronunciata condecisioni di diverso tenore, che hannoavuto modo di adombrare soluzioni diverseda quelle adottate nella sentenza Costa, laquestione è stata rimessa alle Sezioni Unitedella Suprema Corte, dal momento che ilricorso all’analogia per superare l’ostacololetterale del disposto dell’articolo 266c.p.c. (che fa riferimento alle sole intercet-tazioni di conversazioni o comunicazioni te-lefoniche), è stato ritenuto stridere conl’espressa riserva assoluta di legge e di giu-risdizione prevista per la compressione ditali diritti dall’articolo 15 Costituzione.Le Sezioni Unite, pertanto, investite dellaquestione, a fronte del contrasto giurispru-denziale in materia determinatosi, hannoavuto modo di affermare preliminarmenteche la natura esclusivamente preventivadel visto di controllo della corrispondenzadisciplinato dall’articolo 18 ter Ord. Pen.non risulta avere riscontro normativo,posto che tale articolo, incentrato sulle li-mitazioni e controlli della corrispon-denza (dei detenuti o internati negli istitutipenitenziari) esordisce, al comma 1, con laespressione “per esigenze attinenti alleindagini o investigative o di prevenzionedei reati ovvero per ragioni di sicurezzao di ordine dell’istituto”, con ciò eviden-temente riferendosi ad ogni finalità chemuova l’autorità pubblica, compresa quelladi ricerca degli elementi indiziari cheorientano l’attività a seguito di una notizia

di reato, che si colloca, appunto, nella fasedelle indagini preliminari, regolate dagliartt. 326 e seguenti del c.p.c..Inoltre, hanno osservato le Sezioni Uniteche in materia presidiata dalla riserva dilegge e di giurisdizione, non è consentitainterpretazione analogica o estensiva di di-scipline specificamente dettate per singolisettori, quale quella di cui agli artt. 266 eseguenti del c.p.p., tanto è vero che, al finedi rendere possibile la intercettazione dicomunicazioni informatiche o telemati-che , non espressamente considerate dalladisciplina codicistica, il legislatore ritennenecessaria una specifica innovazione nor-mativa, sfociata nella Legge 23 dicembre1993, n. 547, introduttiva dell’articolo 266bis del cp.p..Infine, le Sezioni Unite hanno rilevato chenon può ammettersi il ricorso a forme diintercettazioni interessanti la corrispon-denza epistolare, evocandosi la categoriadella prova atipica non vietata dalla legge.E’ al contrario proprio questa la situazioneostativa, quella della prova vietata dallalegge, che caratterizza la fattispecie inesame, poiché l’acquisizione della copiadella corrispondenza deve ritenersi vietataove non preceduta dalle formalità e dal ri-spetto delle competenze stabilite dall’ordi-

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namento penitenziario per l’apposizionedel visto di controllo.Da ultimo, le Sezioni Unite hanno tenuto aprecisare che proprio la particolare con-dizione di detenuto, cui deve essere co-munque assicurato il rispetto dei dirittifondamentali compatibili con tale status,fa sì che i poteri di intrusione dell’autoritàgiudiziaria nella corrispondenza che tran-sita per gli istituti penitenziari debbano ri-cevere apposita regolamentazione, tral’altro con previsione di limiti temporali edella facoltà di reclamo ad opera dell’arti-colo 18 ter Ordinamento Penitenziario.Alla stregua, pertanto, delle suddette con-siderazioni, le Sezioni Unite della Cassa-zione hanno ritenuto di enunciare ilseguente principio di diritto: “la disciplinadelle intercettazioni di conversazioni ocomunicazioni, di cui agli artt. 266 e se-guenti del c.p.p., non è applicabile allacorrispondenza, dovendosi per la sotto-posizione a controllo e la utilizzazioneprobatoria del contenuto epistolare se-guire le forme del sequestro di corrispon-denza di cui agli articolo 254 e 353 delcp.p., e, trattandosi di corrispondenza didetenuti, anche le particolari formalitàstabilite dall’articolo 18 ter dell’Ordina-mento Penitenziario”. •

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n. 198 • settembre • pag. 24Polizia Penitenziaria • SG&S

In alto la locandina

sotto alcunescene

del film

Regia: Vincenzo Marra

Altri titoli: The Triplet

Sceneggiatura: Vincenzo MarraFotografia: Francesca AmitranoMontaggio: Luca BenedettiSuono: Daniele Maraniello

Produzione: Gianluca Arcopinto, Marco Ledda, Vincenzo Marra, Angelo Russo Russelli per AXELOTIL, Settembrini Film

Distribuzione: Zaroff - KimeraFilm

Personaggi ed Interpreti:Il gemello: Raffaele Costagliola Niko: Domenico Manzi

Genere: Documentario Durata: 88 minuti Origine: Italia, 2012

affaele, il protagonista di questo pri-son movie sottoforma di documen-tario, ha 29 anni e due fratelli

gemelli e per questo il suo soprannome è,appunto, il gemello.E’ entrato in carcere per la prima volta a 15anni per una rapina in banca e, dopo unabreve pausa, da 12 anni consecutivi vive inuna cella. La sua cella è nell’istituto penitenziario diSecondigliano, a Napoli, e la condivide conGennaro, suo coetaneo condannato all’er-gastolo. Nello stesso carcere presta servizio l’ispet-tore capo della Polizia Penitenziaria Dome-nico detto Niko che cerca, con discretosuccesso, di instaurare buone relazioni coni detenuti , un rapporto che vada ben oltrelo stereotipo del carceriere/carcerato.Negli ultimi tempi il cinema italiano ha af-frontato più volte la realtà carceraria inter-rogandosi e cercando di rispondersi sucome vivono detenuti e operatori peniten-ziari.

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a cura di Giovanni Battista De Blasis

Il gemello

• GIRATO A NAPOLI NEL CENTRO PENITENZIARIO DISECONDIGLIANO.• PRESENTATO ALLA 9ªEDIZIONE DELLE 'GIORNATEDEGLI AUTORI/VENICEDAYS' (VENEZIA, 2012).

telecamere, si apre a considerazioni su se stessoe sulle sue scelte di vita, tanto da offrire uno scor-cio di modello dell’esecuzione penale rieducativae risocializzante.Ovviamente, non tutti i detenuti hanno la deter-minazione e la sensibilità di Raffaele, così comenon tutti i poliziotti penitenziari hanno la dispo-

nibilità di Domenico, ma fa molto effettosentir parlare il detenuto del bisogno disesso e di questioni emozionanti come la pa-ternità.In definitiva, un film ottimista che lascia in-tendere chiaramente che un altro carcere,più umano e meno afflittivo, è ancora pos-sibile.

Due esempi recenti, premiati dal pubblicoe dalla critica, sono il musical Tutta colpadi Giuda di Davide Ferrario e il teatro sha-kespeariano rivisitato dietro le sbarre diCesare deve morire dei fratelli Taviani.In questo film di Vincenzo Marra, prodottoda Gianluca Arcopinto, non vi aspettate,però, un pamphlet sul sovraffollamentodelle carceri e sulle condizioni inumane divita al loro interno.Il regista, infatti, ha affrontato un aspettodiverso, e forse un po’ sorprendente, dellasituazione carceraria.Marra ci mostra, quasi pedinando il suoprotagonista, un aspetto più umano delcarcere. Un aspetto che lascia scoprire dissaporiquasi coniugali tra due compagni di cellafino al punto che uno dei due chiede di es-sere trasferito altrove.Ma, soprattutto e fondamentalmente, unaspetto che si pone in una dimensione di-versa per osservare il rapporto tra chi de-tiene e chi è detenuto. Proprio nelle dinamiche del rapporto tral’ispettore della Polizia Penitenziaria e Raf-faele, si evolve un legame nel quale il dete-nuto, pur consapevole della presenza delle

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onec sancta Themis scelerum totmonstra catenis victa tenet, statres, stat tibi tuta domus.

Questa è la frase che si può leggere all’in-gresso del casa penale di santo stefano, inessa si racchiude tutta la follia illuministadell’idea di salvaguardia della società.L’arcipelago delle Isole Pontine è compo-sto da due gruppi di isole, disposte pernord-ovest e sud-est, distanti fra loro circa22 miglia. Quello sud-orientale comprendeVentotene e l’isolotto di S. Stefano. l’arcipe-lago si trova nel Lazio, in provincia di La-tina. L’isolotto di santo stefano ha unasuperficie di ha 28,76. Le vicende storiche dell’isola di S. Stefanosono state da sempre,legate a Ventotene:così, dalla probabile frequentazione proto-storica, si arrivò allo stanziamento romanoMa per S. Stefano si dovrebbe parlare, piùgiustamente, di uno stanziamentoromano sui generis riflesso cioè di quellodi Ventotene. Con il crollo della residenzaimperiale di Ventotene, anche le pochestrutture di S. Stefano dovettero cadere ra-pidamente in rovina, la natura dell’isolanon poteva che consentire sporadiche pre-senze, forse, di eremiti e forme monasticheembrionali.Nel 1019, l’isolotto, che da tempo dovevaessere proprietà dei duchi di Gaeta, vieneceduto, al Nobile Campolo, come il nomeDominus Stefanus.L’isolotto è proprietà della Chiesa gaetanafin dal 1071. Probabilmente, con la realiz-zazione di un monastero a Ventotene, ces-sarono le manifestazioni eremitiche a S.Stefano e l’isolotto dovette rimanere in pos-sesso dei monaci come eventuale serbatoio

rono, successivamente, ridotte alla metàper raddoppiarne il numero. Contemporaneamente, dovette essere co-struito un anello esterno, ancora più ribas-sato rispetto al primo piano del corpooriginario, in cui vennero ricavate altrecelle che, per la loro particolare posizione,erano prive della finestra del lato di fondo,per cui aria e luce erano assicurate da uncorridoio antistante munito di finestre chedavano sull’esterno.La superficie racchiusa dal perimetro dellecelle era originariamente occupata solodalla cappella esagonale al centro e da duevere da pozzo; successivamente è stato al-zato un muro che ha formato un ampiocerchio avente per diametri due lunghi dia-frammi in muratura che, correndo affian-cati, creano un corridoio contenente i duepozzi, che in realtà sono le due botti diun’unica cisterna alimentata dall’acquapiovana. Mentre l’accesso al corridoiodall’area delle celle è fisicamente libero, idue semicerchi facenti capo alla cappellasono sbarrati da pesanti cancelli, ma soloai condannati ai ferri che, proprio perchèincatenati, davano sufficiente garanzia dinon tentare la fuga.Inserimenti successivi sono pure le due tor-rette poligonali lungo il corpo delle celle ele garitte delle sentinelle sulla terrazza del-l’ingresso.L’isolamento era qui sottolineato dalla vo-luta compenetrazione della struttura archi-tettonica del carcere con la conformazionenaturale dell’isolotto, che faceva sì che ilmare circostante s’infrangesse material-mente sulle pareti rocciose di S. Stefano epsicologicamente sulla mai doma volontàdi fuga dei carcerati: quant’angoscia questacalcolata sensazione potesse generare neireclusi è facilmente e tristemente immagi-nabile. Nella seconda metà del Settecento,in Inghilterra e in Francia, venne matu-rando una riflessione che, pur investendopiù direttamente il regime carcerario, si ri-volge globalmente a tutte quelle che po-tremo chiamare comunità coatte, nellequali, cioè, molti individui vivono insiemenon per libera scelta, ma perchè costretti

suppletivo per le risorse agrarie. Per i secoli successivi S. Stefano rimase aimargini delle vicende dell’arcipelago dive-nendo rifugio occasionale per i pirati. Si deve aspettare il Settecento, con il suoambiguo procetto illuministico, perchè S.Stefano possa trovare un suo spazio bendefinito nel tessuto socio-economico del-l’arcipelago.L’isola , per le sue peculiarità naturalistichee topografiche, venne chiamato a svolgereil ruolo di palcoscenico per la messa in attodi un esperimento che la storia definirà,giustamente, angosciante.S. Stefano fu scelta per la costruzione di uncarcere che rispondesse agli, allora, impe-ranti dettami della salvaguardia della so-cietà sana, mediante l’isolamento deicolpevoli ai fini dell’espiazione della giustapena. La costruzione dell’ergastolo fu l’ultimoatto della sistemazione urbanistica delleisole pontine, voluta da Ferdinando IV diBorbone, egli infatti aveva deciso di faredelle isole pontine floride colonie. Il pianodei lavori pubblici fu affidato alla direzionedel Maggiore del Genio Antonio Winspeare,che si avvalse della collaborazione dell’ar-chitetto Francesco Carpi. Ma l’artefice ma-teriale della realizzazione del carcere fu ilCarpi, il quale seguì tutte le fasi della co-struzione sia sul piano strettamente archi-tettonico che su quello riguardante lecollaterali questioni amministrative. Il carcere apri il 26 Settembre 1795 conl’invio di un primo contingente di detenuti,circa 200. I lavori furono ultimati nel1797: solo allora, il penitenziario potè al-largare la propria capienza alle 600 per-sone previste dal progetto ma già in pienoXIX secolo si potevano contare quasi 900detenuti.La costruzione si presenta, come una strut-tura a ferro di cavallo, chiusa anterior-mente da un grande avancorpo conpadiglioni quadrilateri alle estremità, torricilindriche mediane e cortile interno. Lungo il perimetro del ferro di cavallo siaprono, su tre ordini sovrapposti, 99 celle,rettangolari di: 4,50 x 4,20 m., le quali fu-

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Viaggio nella casa di correzione di Santo Stefano

Aldo Di GiacomoSegretario Nazionale del Sappe [email protected]

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Nelle foto accanto al titolo

una vedutadell’isola

sottoil carceredall’ alto

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dalla loro comune condizione di sorve-gliati.Così la particolare forma del carcererispondeva alla razionale volontà di chiu-dere e delimitare lo spazio che potesse con-sentire, nel contempo, al carceriere diguardare sempre il recluso e a quest’ultimodi sentirsi visivamente, e quindi anche psi-cologicamente, sempre controllato. L’opera teorica che spiega, illustra e riba-disce con insistenza quasi maniacale questanecessità di sorvegliare, perchè le energieumane non vadano sprecate o non imboc-chino sentieri devianti, è panopticon di Je-remy Bentham, filosofo e giurista inglese.Esso è un vero e proprio trattato in formaepistolare mirante a dimostrare, come siapossibile, avvalendosi di un’idea architetto-nica, «ottenere il dominio della mentesopra un’altra mente...» .

Il panottico è il modello di reclusione che,meglio di qualsiasi altro, segue la trasfor-mazione della prigione da spazio di mortea puro dispositivo disciplinare. Sottolineando la trasformazione di unamentalità punitiva, esso segue il passaggioda una morale di esclusione, di rifiuto, dilutto ad un progetto di recupero socialedegli individui tramite l’ammaestramento,il raddrizzamento: «Una sottomissioneforzata conduce poco a poco ad un’ob-bedienza meccanica».Dunque il potere deve sorvegliare continua-mente perchè nulla avvenga di male; il sor-vegliato, a sua volta, deve esserecontinuamente visibile, e sapere di esserlo,perchè così perderà la possibilità e la vo-lontà stessa di fare il male. Quasi a giustifi-care tanta ansia di controllo, il Carpi feceapporre all’ingresso del carcere questa sin-tomatica frase: Donec sancta Themis sce-lerum tot monstra catenis victa tenet,stat res, stat tibi tuta domus. Vale a dire: fintanto che la santa giustiziatiene in catene tanti esemplari di scellera-tezza, sta salda la tua proprietà, rimane pro-tetta la tua casa. Ma nel panottico non sonotrascurabili anche i riferimenti teologici. La

simbologia del cerchio metaforicamenterappresenta l’occhio divino: Dio è presentema la sua presenza è inverificabile; Eglivede tutto, ma non può essere visto. Ciò ac-quista maggior valore nel caso del carceredi S. Stefano in cui il centro del panotticonon è semplicemente la torre, ma la Chiesache, rappresentando materialmente l’oc-chio di Dio, genera ulteriori suggestioni. In questo senso la cella funziona comeluogo della verità: in essa chi è in preda alpeccato sarà perseguitato dai fantasmi dellacolpa, chi abbraccerà la conversione saràredento e libero.Attraverso il linguaggio asciutto dei di-spacci e delle lettere d’ufficio che Carpiscriveva ai suoi superiori a Napoli, trapelaogni tanto qualche scintilla dei drammi chesi compivano all’interno dell’ergastolo. Ve-niamo così a sapere che il 26 Agosto del1797 c’era stato un tentativo di evasione inmassa, seguito da una violenta battaglia,con due morti e numerosi feriti, con letruppe di rinforzo provenute da Napoli; maNapoli era lontana e il viaggio era duratotre giorni, durante i quali gli evasi avevanoassaporato la loro effimera libertà fuoridalle mura dell’ergastolo. Altri violenti tu-multi si verificarono ancora fra i detenuti,l’anno successivo, e si ha anche notizia diun’altra evasione di massa nel 1860, e que-sta volta le redini dell’operazione eranonelle mani di un gruppo di camorristi na-poletani facenti capo ad un certo FrancescoVenisca. A pochi anni dal termine della sua costru-zione l’ergastolo, che inizialmente dovevaaccogliere solo criminali irriducibili, co-minciò ad ospitare sempre più frequente-mente detenuti politici: la prima ondata dioltre 500 prigionieri vi fu tradotta subitodopo la rivoluzione napoletana del 1799.Da allora la lunga catena si è trascinata finoalla fine del fascismo. Molte oscure trage-die consumatesi a S. Stefano, e che nonavranno mai una chiara spiegazione, hannoavuto come involontari protagonisti dete-nuti politici; Settembrini racconta con pa-role commosse la morte Antonio Prioli,sacerdote, condannato a 7 anni di carcereper reati politici, spentosi a 32 anni. Gae-tano Bresci, l’anarchico che aveva uccisoUmberto I, fu probabilmente impiccato incella dai secondini e seppellito di nascosto,in tutta fretta, forse neppure nel cimiterodell’isola; Rocco Pugliese, della prima levaantifascista detenuta a S. Stefano, fece pro-

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Nelle fotosoprala targa chericorda la detenzione di Sandro Pertini nel penitenziariodell’ isola

a sinistrauna vedutadell’ area centraledel carcere

babilmente la stessa fine, anche se la ver-sione ufficiale della sua morte parlò di sui-cidio. Dal momento dell’ingresso, alleangherie, alle punizioni corporali, sino alpenoso ripetuto spettacolo delle morti piùo meno naturali è tutto un susseguirsi dicupe sensazioni che neppure il chiaroreabbagliante dell’isola riesce astemperare. Inoltre proprio per la struttu-razione a panottico del carcere, i detenutisono costretti a vedere e a vivere le puni-zioni degli infelici compagni disventura. Altra stagione di intensa presenzadi detenuti a S. Stefano fu il periodo fasci-sta, soprattutto negli anni successivi ai pro-cessi dei Tribunali Speciali del 1928 e1929. I nomi appartengono alla storia delnostro tempo: Umberto Terracini, SandroPertini, Mauro Scoccimarro, Athos Lisa,Emilio Hofmaier, Rocco Pugliese ed altriancora. Quasi un secolo separa la genera-zione degli antifascisti da quella di Settem-brini e Spaventa, ma dietro le muradell’ergastolo il tempo è fermo e non ècambiato niente: si possono leggere a que-sto proposito le pagine famose del Se con il tempo si stemperò il duro scena-rio delle angherie fisiche non verrà, vice-versa, meno il tentativo di affidare alpenitenziario di S. Stefano il compito dicercare di soffocare con il confino ogni vel-leità di libera espressione contrapposta aqualsiasi forma di tirannide.Dopo la seconda guerra mondiale, S. Ste-fano riprese la sua normale funzione dicarcere giudiziario per ergastolani finchè,il 2 Febbraio del 1965, fu definitivamentechiuso. Averlo chiuso è stato, comunque,un atto di civiltà indipendentemente daimotivi per cui si lo si è fatto, ma adessol’intero complesso, che pure appartiene aldemanio dello Stato, è ormai prossimo allarovina, esposto com’è alle aggressioni deltempo, del clima e, soprattutto, del ciecovandalismo. Nel 1968 un privato aveva preso in affittol’edificio per un canone annuo si dice, disei milioni da versare allo Stato: pare chel’intenzione fosse di realizzarvi un grandecomplesso alberghiero, pur conservandointegre le strutture settecentesche. Il pro-getto non è mai andato in porto, l’affitto èstato revocato, e il processo di disfaci-mento continua.•

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Pasquale SalemmeSegretario Nazionale del Sappe [email protected]

ruso, Ottavio Andrioli, Sandro Radetich,detto il Guapo, Gianni Barizza, Zeno Bertin,detto Richitina, Stefano Carraro, dettoSauna, Antonio Pandolfo, detto Marietto,e Fausto Donà, diede vita, verso la fine deglianni settanta, al sodalizio criminale piùspietato, violento e temuto del Veneto, Emi-lia Romagna e Friuli-Venezia Giulia, trasfor-mando la gang da ladri di polli in bandaorganizzata. La banda si concentra nelle rapine ai dannidi laboratori orafi, istituti di credito e ufficipostali, nei sequestri di persona, nel con-trollo delle bische clandestine e dei cambi-sti dei Casinò di Venezia, e nel traffico disostanze stupefacenti. La vera specialità del gruppo è però le ra-pine. Famosa fu quella all’Hotel De Bains. L’albergo, si-tuato al Lidodi Venezia, èfrequenta togeneralmenteda miliardarie dai grandigiocatori delCasinò delLido. Le suecassette di sicurezza contengono grandifortune.Alle 3,30 dell’estate del 1982, sei uomini siaffacciarono nella terrazza deserta dell’ho-tel, tutti armati e a viso coperto. L’ordine fuperentorio: aprire tutte le cassette di sicu-rezza ma senza spargere sangue. Il commando composto da Felice Maniero,Sandro Radetich, Massimo Rizzi, StefanoCarraro e altri due malavitosi immobilizzòil centralinista, il barista e il portiere. Mentre uno rimase a fare il palo, il por-tiere, con la canna della pistola sul collocondusse i rapinatori dentro il caveau.Pochi minuti e con un piede di porco fu-

rono aperte 53 cassettedi sicurezza. Solo alcunigiorni dopo si riusciràa sapere l’ammontaredel bottino: 2 miliardie 340 milioni, com-preso un diamante da35 carati e un anello

In quegli anni il Veneto stava iniziando atrasformare i suoi paesaggi rurali in pic-cole fabbriche e la povertà che attanagliavala gente della pianura padana stava, seppurlentamente, scomparendo. Il boom economico stava arrivando e diconseguenza le aspettative di chi la legge lacalpesta per tradizione. Fu proprio lo sviluppo economico di que-ste aree che trasformò dei piccoli malavi-tosi locali da ladri di bestie e salami inun’associazione a delinquere vera e pro-prio, come fu definita dalla Prima sezionedella Corte d’Assise d’Appello di Venezianella Sentenza emessa il 14 dicembre 1996:«Conclusivamente, può dunque ricono-scersi l’esistenza di un’associazione adelinquere finalizzata alla commissionedi una serie indeterminata di delitti con-tro il patrimonio, contro l’incolumità ela libertà individuale, contro le leggisugli stupefacenti ed all’acquisizione di-retta ed indiretta del controllo di attivitàeconomiche, sia lecite che illecite. Lastessa risulta aver agito avvalendosi dellaforza intimidatrice promanante dal vi-colo associativo e dello stato di assogget-tamento e di omertà che ne è derivatoper la popolazione del territorio, ove essaha esercitato il proprio controllo. Appar-tenenti a tale organizzazione, operantedunque con modalità e protocolli opera-tivi di tipo mafioso, sono risultati sog-getti del gruppo cosiddetto della Mafiadel Piovese o Mala del Brenta, molti deiquali deceduti per morte violenta conse-guente a vicende, interne o esterne, co-munque riconducibili alle attività svoltedai medesimi in tale contesto delin-quenziale». L’ideatore e capo indiscusso di que-st’organizzazione criminale sopranno-minata Mala del Brenta o Mafia delPiovese, è Felice Maniero, detto Facciad’angelo o il Giuliano della Valpadanail quale, con Gilberto Sorgato, detto Ca-

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La mala del Brentaisitando più volte, negli ultimi mesi,alcune regioni del nord-est dell’Ita-lia, mi sono domandato come

abbia potuto proliferare un’organizzazionecriminale in queste terre che, a differenzadelle regioni del sud, non hanno avuto tra-dizioni di organizzazione malavitose a ca-rattere mafioso per il controllo delterritorio. La storia delle mafie in Italia: Cosa Nostra,‘Ndrangheta e Camorra, anche se quest’ul-tima non è considerata da taluni magistratiuna mafia in senso proprio, è sempre statacaratterizzata dalla radicalizzazione sul ter-ritorio e dal forte vincolo familiare. L’associazione a delinquere di matrice ma-fiosa, che prese vita sul finire degli anni ses-santa in Veneto e in seguito sviluppatasi intutto il nord-est, nacque dal nulla per operadi un piccolo ladruncolo di animali e for-

maggi, Felice Ma-niero, originariodi CampolongoMaggiore un pae-sino in provinciadi Venezia. A dare impulsoalla nascitade l l ’ assoc ia -

zione a delinquere, consideratada alcuni giornalisti la quinta mafia, con-tribuì anche la presenza di esponenti dellamafia siciliana costretti, dalle leggi deltempo, al soggiorno obbligato nelle regionidel nord-est. Tra gli esponenti di spiccopresenti nelle province di Venezia e Padova,vi erano Totuccio Contorno, Antonio Fidan-zati, Antonino Duca e Rosario Lo Nardo chesul finire degli anni settanta e l’inizio degliottanta, predisposero le basi per la nascitadi un gruppo paramafioso che potesse fareda ponte tra il Nord e il Sud dell’Italia. All’ombra di questi personaggi crebbero etrovarono maturazione le giovani leve localidi una criminalità dai contorni ancora ru-rali, che tentava generalmente di mutuarnele gesta, le caratteristiche e le imprese.

V

Nelle fotosopra

il cartello diingresso di

CampolongoMaggiore

in altoa destra

l’ingressodellHotel De Bains

di Venezia

sottoa destraGilberto Sorgato

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con brillante che Maniero regalò, in segnodi riverenza, alla moglie di un camorrista. Ancora più eclatanti furono le rapine all’ae-roporto Marco Polo e al Casinò del Lido diVenezia. Nella prima rapina la banda fu informata diun grosso carico di lingotti d’oro che do-veva partire per la Fiera di Francoforte suun Boeing 737 della Lufthansa. Nel pomeriggio di dicembre del 1982, uncommando composto da quattro persone,con a capo Maniero, arrivò nei pressi del-l’aeroporto con una macchina e un fur-gone, erano armati di tutto punto: un fucilemitragliatore M16, un M12 e pistole. Il gruppo saltò la recinzione dell’aeroportoe si diresse verso l’edificio che ospitava ilcaveau con l’oro. C’erano una ventina di persone che lavora-vano a quell’ora e che vennero fatte sten-dere per terra: Maniero si dapprima si feceaprire il magazzino blindato e una volta en-trato constatò che non vi erano valigette ocontenitori particolari, ma solo scatoloni.Il colpo sembra andato a vuoto. I componenti della banda iniziarono a in-nervosirsi e il direttore del magazzino perscongiurare che la situazione degenerasserivelò a Maniero che l’oro vicentino eraproprio negli scatoloni.Trasbordati gli scatoli su un furgoncino, lafuga fu rapida e silenziosa. Il furgone peral-tro a metà strada fonde il motore. Totale del bottino 5 miliardi. La rapina al casinò si consuma nell’apriledel 1984, intorno alle 2,45 di notte. Uncommando della banda entrò nella sedeestiva del Casinò del Lido, superò il murettoche divideva il Palazzo del Cinema dal giar-dino, prese in ostaggio due donne che sta-vano aspettando l’arrivo dei mariti, entrònella sala del casinò urlando e mostrandole armi.

Un fattorino, un poliziotto e due controlloridi sala furono fatti distendere a terra. Inun’altra sala, alcuni giocatori furono strat-tonati e gettati a terra, mentre i malavitosiaprirono le casseforti.La rapina frutterà un bottino di due mi-liardi e mezzo in contanti; ma non tutte lerapine finiscono con un successo e senzasangue. La ferocia militare della banda cre-sce assieme alla loro capacità di far lievi-tare il denaro. Il 13 dicembre del 1990, l’ultimo grandecolpo, che però finì male, la rapina da FarWest al treno Bologna - Venezia, dove persela vita una giovane studentessa di 22 annidi Conegliano, Cristina Pavesi, colpevole diviaggiare sul treno che incrociò a Vigonzail convoglio fatto saltare in aria, con unacarica di tritolo, con all’interno un tesoroin titoli di Stato. Il 13 agosto del 1993 Fe-lice Maniero fu arrestato a Capri e rin-chiuso nel carcere dei Due Palazzi aPadova. Il primo Maxi Processo contro laMala del Brenta, soprannominato Rialto,inizia nel 1993. Ci sono 110 imputati tra cui Felice Ma-niero, Gaetano Fidanzati, Nino Duca, Anto-nio Pandolfo e Totuccio Contorno, accusatidi che devono rispondere di omicidio, ra-pine, estorsioni, traffico di droga, armi, ri-ciclaggio di denaro e sequestro di persona.L’1 luglio 1994 la Corte d’Assise di Veneziaemana 79 condanne. A Maniero infliggono 33 anni per associa-zione a delinquere di stampo mafioso più200 milioni di multa e 750 milioni a titolodi risarcimento; ma durante la lettura dellasentenza Maniero non c’è: è evaso pochigiorni prima dal carcere Due Palazzi diPadova. Il 14 Giugno del 1994, sei persone camuf-fate da carabinieri in borghese con petto-rine, palette, una Lancia Thema blu e unaCroma dello stesso colore, ma soprattuttopistole, kalashnikov e una bomba a manoentrano dal block-house del carcere DuePalazzi di Padova. Entra senza sparare colpi e lega tutte gliagenti di polizia penitenziaria che incontradavanti al suo cammino. Entrano nei reparti detentivi e liberano Fe-lice Maniero, Sergio Baron, Antonio Pan-

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Nelle fotosopra l ’ingressodel carcerepadovano Due Palazzi

in alto a sinistral’ arresto di Felice Maniero

dolfo, Carmine di Girolamo (camorristadella Nuova Camorra Organizzata), un er-gastolano pugliese Vincenzo Parisi e NuoBerisa alias Lihan Hepguler, un trafficantedi droga turco. Il 12 novembre del 1994, a Torino, la Cri-minalpol Triveneta diretta dal dott. France-sco Zonno, grazie ai movimenti di carte dicredito, telefoni e all’istinto dell’ispettoredi polizia Michele Festa riesce ad arrestareManiero. E’ la fine della banda perché, di lì a pochigiorni, faccia d’angelo inizierà a pentirsie ha spifferare tutte le malefatte dell’orga-nizzazione. Dopo il 1994, l’organizzazione, a seguitodella collaborazione del Maniero, è andatadisciogliendosi, a questo hanno contribuitoi numerosi arresti e prelievi di beni dei suoimembri. Un tentativo di rinascita era costituito da uncomplotto volto a uccidere l’ex boss e pen-tito Felice Maniero. Per riuscire nell’impresa, i nuovi malavitosiprevedevano di usare un lanciarazzi e altrearmi pesanti per colpire la caserma cheospitava l’ex boss. Al momento dell’arresto, le autorità iden-tificarono come orditori della cospirazione33 persone, tra cui noti rapinatori e delin-quenti di piccola taglia. Non risulta che i gruppi delinquenziali ita-liani operanti attualmente nel Nord-Est ab-biano più le caratteristiche di una veraassociazione a delinquere, ma piuttostoquelle di gruppi disuniti tra loro e deditialle rapine di portavalori e al traffico di so-stanze stupefacenti. Alla prossima... •

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n. 198 • settembre • pag. 30Polizia Penitenziaria • SG&S

a cura diGiovanni Battista De [email protected]

uasi venti anni di pubblicazioni hanno conferito almensile Polizia Penitenziaria la dignità di qualificatafonte storica, oltre quella di autorevole voce di opi-

nione. La consapevolezza di aver acquisito questo ruolo ci ha con-vinto dell’opportunità di introdurre una rubrica - Cosa Scri-vevamo - che contenga una copia anastatica di un articolo diparticolare interesse storico pubblicato quindici e più anniaddietro. A corredo dell’articolo abbiamo ritenuto di riprodurre la co-pertina, l’indice e la vignetta del numero originale della Rivistanel quale fu pubblicato.

Q

c.p.p.). Se è quindi indiscutibile che tale attività sia espletabiledagli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria ed anzi si col-loca fra quelle prioritarie dell’area della sicurezza, ferma restandola tipicità dei propri compiti istituzionali e senza quindi sconfinarein competenze di altre Forze di Polizia, non si capiscono le ragioniperchè essa non possa essere esercitata al meglio mediante l’isti-tuzione di Servizi che abbiano il compito di svolgere, in ambitopenitenziario, in via prioritaria e continuativa, le funzioni indicatedall’art. 55 del codice di procedura penale.La formulazione dell’art. 12 delle norme di attuazione del c.p.p.lascerebbe prevedere una simile possibilità. Tale interpretazione eliminerebbe qualsiasi equivoca interpreta-zione dell’assenza, negli artt.l, 3 e 5 della Legge 395/90, di speci-fici riferimenti ai Servizi di polizia giudiziaria previsti dal codiceed apprezza l’attività medesima svolta all’interno degli Istituti dagliappartenenti al Corpo Polizia Penitenziaria.Preso atto di ciò, ritengo che vi siano margini sufficienti per in-terventi amministrativi utili ad una programmazione su scala na-zionale di tale attività.Le altre motivazioni che, escludendo anche l’eventualità appenaindicata, tengono conto della inopportuna commistione fra or-gano di polizia che indaga ed organo di polizia che custodisce,probabilmente non valutano sufficientemente le altre argomenta-zioni che, invece. renderebbero utile un simile Servizio.

Sopra la copertina

di luglioagosto 1996

La Polizia Penitenziaria e il servizio di Polizia Giudiziariadi Enrico Ragosa, Generale del disciolto Corpo degli Agenti di CustodiaResponsabile del Servizio Coordinamento OperativoPolizia Penitenziaria

attività di polizia giudiziaria degli appartenenti al Corpodi Polizia Penitenziaria ed al ruolo ad esaurimento degliUfficiali del disciolto Corpo degli Agenti di Custodia è un

argomento di costante attualità verso il quale questo mensile hagià espresso il proprio punto di vista per le notevoli attenzioni edaspettative sia da parte del personale appartenente al Corpo di Po-lizia Penitenziaria, sia dalle diverse Autorità giudiziarie dimostra-tesi attente alla istituzione di apposite Sezioni presso le Procure odi Servizi presso gli Istituti penitenziari.Le ragioni ostative sinora espresse sull’istituzione di uffici destinatiallo svolgimento di attività di polizia giudiziaria ad opera della Po-lizia Penitenziaria sono essenzialmente due: la prima, di naturalegislativa, è basata sulle limitazioni che l’attuale normativa pre-vede in tema di composizione delle Sezioni di polizia giudiziariapresso le Procure; l’altra, prettamente ideologica, è attinente alleragioni che consigliano di tenere separato l’organo di polizia cheindaga dall’organo di polizia che custodisce, evitando commistionifra i due.Sul primo punto osservo che, se dalla composizione delle Sezionidi polizia giudiziaria presso le Procure (56 c.p.p., 5 e 12 att.c.p.p.) restano esclusi gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziariaappartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, è comunque previ-sto che tale personale svolga compiti di polizia giudiziaria (55c.p.p.) in virtù della rispettiva qualifica ad esso attribuita (57

L’

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n. 198 • settembre • pag. 31Polizia Penitenziaria • SG&S

Non può infatti ignorarsi quanto numerose siano ormaile richieste e le deleghe che le Autorità giudiziarie fol-mulano sempre più frequentemente ai vari Istituti pe-nitenziari, consistenti in tutte quelle attività espletabilidalla polizia giudiziaria.E’ il caso, ad esempio, delle sommarie informazionie dell’interrogatorio dell’imputato che trovasi dete-nuto non per quella causa, delle perquisizioni e se-questri, delle querele e relative remissioni, delleintercettazioni ambientali e di quant’altro.Alle attività delegate appena enunciate, vanno ad ag-giungersi quelle compiute di iniziativa nell’ambitodel proprio servizio, alcune delle quali, per la lorocomplessità, non possono limitarsi alla sempliceannotazione o rapporto, meritando, al contrarioapprofondimenti, acutezza e professionalità, qua-lità non sempre possedute da tutti gli operatori.I compiti che la Polizia Penitenziaria andrebbe asvolgere nell’ambito dei Servizi di polizia giudiziaria, la cui istitu-zione è stata proposta da alcune Direzioni, consisterebbero quindi,principalmente, in quelli suindicati, fatta salva ovviamente la di-screzionalità delle Autorità giudiziarie.Credo che l’ambito della proposta di costituire Servizi di poliziagiudiziaria presso gli Istituti Penitenziari, debba intendersi inquello delineato dal presente appunto, il che potrebbe solamenteaccrescere il prestigio di questa Amministrazione, soddisfacendo,al contempo, aspettative nutrite da una larga parte del personale.A fronte delle gratificazioni, non andrebbero però trascurati glioneri relativi ad una adeguata e specifica preparazione professio-nale del personale della quale dovrebbero però farsi carico le

Scuole di Formazione ed Aggiornamento.In merito alla incidenza che tali Servizi avrebbero sull’organicodel Corpo, credo che essa sia meramente fittizia; se si considerache le attività anzidette sono attualmente svolte presso i singoliIstituti da personale della Polizia Penitenziaria addetto solitamenteagli Uffici comando o matricola, si deduce che esse non compor-terebbero alcun aggravio aggiuntivo.Riguardo alla opportunità di evitare commistioni fra il personaleaddetto a tali Servizi e la popolazione detenuta, di fatto già ope-rante in quasi tutte le realtà, tale divieto potrebbe essere esplici-tamente e convenientemente previsto in analogia a quanto giàdisposto per il personale addetto ai Nuclei per le traduzioni deidetenuti e degli internati.Convengo sull’assenza dei presupposti normativi che legittimanol’istituzione di Sezioni di polizia giudiziaria, composte da per-sonale appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria, presso leProcure.Tuttavia, se presso ciascun Istituto penitenziario venissero costituitiServizi di polizia giudiziaria competenti, efficienti, composti dapersonale motivato e professionalmente preparato, le esigenzedelle Autorità giudiziarie potrebbero trovare appropriate soluzioniin quelle sedi; dalla riuscita di una simile iniziativa potrebberoinoltre scaturire i presupposti per le modifiche all’attuale impiantonormativo che consentirebbero alla Polizia Penitenziaria di entrarea pieno titolo, senza alcuna subalternità, nelle Sezioni di poliziagiudiziaria delle Procure.Se i vertici dell’Amministrazione penitenziaria o, più autorevol-mente, l’On.le Ministro, ritenessero opportuno affrontare un si-mile impegno, gli obiettivi che si andrebbero a perseguire nonnecessariamente sarebbero in antitesi fra loro, completandosi,al contrario, per una migliore realizzazione dei propri fini isti-tuzionali.•

in questa paginala vignettae il sommario

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cco un libro davvero importante edutile che non dovrebbe mancare nellalibreria di coloro che, a vario titolo,

si occupano di esecuzione penale e car-cere. Questo Codice dell’esecuzione pe-nale si rivela uno strumento utile adorientarsi nella materia dell’esecuzione deiprovvedimenti giurisdizionali in materia pe-nale. Strutturato in due parti, nella prima sifocalizza l’esecuzione delle statuizioni con-tenute nei provvedimenti giurisdizionali.L’altra parte è dedicata al delicato ruolodella magistratura di sorveglianza, delle mi-sure alternative alla detenzione e dei prin-cipali istituti del trattamento e delregime penitenziario. Ogni articolo ècommentato in maniera da offrire unosnello inquadramento dell’istituto econ un vero e proprio archivio dellequestioni esaminate dalla giurispru-denza di legittimità e di merito, espo-ste sotto forma di domande erisposte. Corredato da un ampio erobusto indice analitico, l’operaanalizza le norme contenute nel co-dice penale e di procedura penale,nelle disposizioni sulla competenzapenale del giudice di pace (D.Lgs.

Che significa essere irriducibile? Se-condo il potere significa essere irriduci-bile alla dissociazione, opporsi alpentimento. Per non esserlo, bisognaquindi diventare un dissociato. Una mo-struosità giuridica e storica». In questo libro parla Paolo Maurizio Fer-rari, brigatista del primo nucleo storicocresciuto nella comunità dei cristiani dibase Nomadelfia, che pur in as-senza di reatidi sangue hascontato tren-t'anni di galerasenza mai un per-messo perché aquesto Stato nonsi chiede nulla, losi combatte e unavolta fuori, capeg-gia rivolte e conte-stazioni salendoanche sui tetti perdifendere una casaoccupata. Parla Cesare Di Lenardo, anche lui in ga-lera da trent'anni, condannato per il seque-stro del generale americano Dozier, chedalla cella ha rivendicato l'omicidio diMarco Biagi e in carcere riferisce di averesubito torture che gli hanno impedito qual-siasi pensiero di pacificazione. Parlano Re-nato Curcio, Tonino Loris Parali e ProsperoGallinari, tre del nucleo fondativo del par-tito armato, cui si uniscono (per sceltad'uscita dalla lotta armata seppur con per-corsi diversi) Raffaele Fiore, sua moglieAngela. Poi è la volta della storia di NadiaLioce, una delle ultime terroriste arrestate,di fatto "seppellita" col duro regime del 41bis nel carcere dell'Aquila. Una storia,quella dell'ultima leader delle Br-Partitocomunista Combattente, che inizia sui ban-chi delle scuole medie di Foggia. Pino Casamassima racconta la lotta armataattraverso le storie di chi non si è mai pen-tito né dissociato...

28 agosto 2000, n. 274), nell’ordinamentopenitenziario (26 luglio 1975, n. 354), nelT.U. Stupefacenti (D.P.R. 9 ottobre 1990,n. 309), nonché nel T.U. spese di giustizia(D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115). Attentoesame è dedicato al più recente indulto,concesso con L. 31 luglio 2006, n. 241, ealla sospensione condizionata della partefinale della pena detentiva (c.d. ‘indultino’- L. 1 agosto 2003, n. 207). Contiene, in-fine, il commento alle recentissime leggi26 novembre 2010, n. 199 (c.d. ‘svuota-carceri’), che ha introdotto l’esecuzionedomiciliare delle pene non superiori ai do-dici mesi e 21 aprile 2011, n. 62, recanteModifiche al codice di procedura penalee alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e altredisposizioni a tutela del rapporto tra de-tenute madri e figli minori.

hi può dire di non aver mai avuto undubbio, scrivendo un tema, un arti-colo, o anche solo una mail (o un

mail?), di non essersi mai trovato faccia afaccia (o a faccia a faccia?) con una paroladall'accento incerto? Sbagliare non è que-stione d'ignoranza o della sclèrosi (o scle-ròsi?) delle nostre arterie, ma dipendespesso dalla complessità della nostra bellalingua. Non è dunque il caso che ci vergo-gnamo (o vergogniamo?) quando ci chie-

diamo se sia megliocomprare unananas oun'ananas, con-sultare due chi-rurghi o duechirurgi, partirealle tre e mezzo oalle tre e mezza.Capita a tutti. Egrazie a questolibro, decideresarà questione diun attimo!

n. 198 • settembre • pag. 32Polizia Penitenziaria • SG&S

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suale – e che gli uomini del VII Nuncleonon si siano abbandonati ad alcun pestag-gio indiscriminato, a differenza di altri col-leghi.

urhop è un compagno di viaggio perl’appassionato di cultura brassicolae per il turista curioso ed assetato,

rappresenta anche un piccolo compendioin cui sono raccontate e descritte le birreartigianali d’Europa che potrete trovareanche sotto casa o nel beer-shop di fiducia.Racconta l’Europa attraverso il filo condut-tore della cul-tura birraria,perché si pos-sano coglierele differenzetra i vari paesie le unicitàche ognunodi questi pre-senta. La birra, chesi differenziada una cittàall’altra perlo stile e latecnica di produzione, ha vissuto storie etradizioni che hanno influenzato e ancoracaratterizzano la vita e lo sviluppo della cul-tura europea. La vera novità è che Eurhop! rappresenta,nel mondo delle guide, l’unione del latobirrario del viaggio con quello essenzial-mente turistico, per vivere un’esperienza atutto tondo delle città che un appassionatobeer-hunter andrà a visitare e scoprire, ini-ziando a pianificare il suo viaggio e gustarei primi sapori già sfogliando le pagine diquesta guida. Un Viaggio in Germania, Gran Bretagna,Irlanda, Belgio, Danimarca, Svezia, Re-pubblica Ceca e in Italia accompagnatidall’esperto Lorenzo Dabove in arteKuaska.

agli elementi acquisiti nell’inchiestasull’ammanco da oltre 25 milioni dieuro dalle casse della Margherita

«emerge un diffuso e grave contesto di il-legalità» nel quale il senatore Luigi Lusi «simuove con allarmante spregiudicatezza,del tutto indifferente alle regole e al si-stema di valori su cui si basa la vita de-mocratica del paese». Così hanno affermatonei giorni scorsi i giudici del tribunale delRiesame di Roma che hanno confermato lacustodia cautelare in carcere per l’ex teso-riere della Margherita detenuto dal giugnoscorso. All’attenzione del collegio il proce-dimento è arrivato dopo l’annullamento daparte della Cassazione. Nell’ordinanza i ma-gistrati ricordano le dichiarazioni rese dallostesso Lusi e sottolineano che «nonostantel’apparente collaborazione - l’indagato -nei lunghi interrogatori resi dopo la re-strizione in carcere, non ha inteso fornirealcun effettivo chiarimento in ordine alladestinazione delle rilevanti somme di cuisi è appropriato e non impiegate nell’ac-quisto di immobili in Italia, limitandosiad ammettere solo le circostanze cheerano state accertate ma inserendole inun contesto politico, nel tentativo di le-gittimare in qualche modo il proprio ope-rato». La giornalista Barbara Romano ciracconta tutto dall’inizio nell’istant book ILCASO LUSI. Storia di un untore. Un libro inchiesta che ripercorre con atten-zione i fatti che hanno portato in carcere iltesoriere e si interroga su quanto ci venganascosto di questa truffa colossale ai dannidello Stato e dei cittadini. Il volume contieneun’intervista esclusiva a Lusi dal carcere, eanalizza il caso soffermandosi sul lato in-timo e privato di questa storia, sul rapportotra Lusi e Rutelli e su quello che rimane diun’amicizia durata 18 anni.

’ex comandante della celere diRoma Vincenzo Canterini, firma unlibro sull’irruzione nella scuola del

G8 di Genova, dove accusa gli alti verticidella Polizia di Stato di aver cercato di de-pistare le indagini su quella macelleriascaricando tutte le colpe sui suoi uomini.Vincenzo Canterini, primo dirigente oggi ariposo, all’epoca dei fatti comandante delPrimo reparto mobile di Roma ha decisodi raccontare la sua verità su quell’episo-dio in Diaz, libro scritto con i cronisti delGiornale Gian Marco Chiocci e Simone DiMeo e pubblicato da Imprimatur. Undicianni dopo i fatti del 2001 e, soprattutto,neppure un mese dopo la condanna defi-nitiva in Cassazione dello stesso Canterinie di altri 24 poliziotti, compresi Fourniere diversi capisquadra del VII. In Diaz, ac-cusa apertamente le alte sfere del Viminaledi aver cercato di scaricare sui di lui e suisuoi uomini le responsabilità, anche pe-nali, di quella “macelleria indiscriminata”.Non riuscendoci grazie alla caparbietà deimagistrati genovesi. Che però avrebberocommesso l’errore opposto, cioè di divi-dere la scena della Diaz in buoni e cattivi,dove buoni erano tutti gli occupanti deldormitorio improvvisato e cattivi tutti i po-liziotti intervenuti. La tesi di Canterini, in-vece, è che all’interno della scuola cifurono gravi atti di resistenza – smentitiquasi del tutto nella ricostruzione proces-

n. 198 • settembre • pag. 33Polizia Penitenziaria • SG&S

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inviate le vostre lettere [email protected]

n. 198 • settembre • pag. 34Polizia Penitenziaria • SG&S

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il mondo dell’appuntato Caputo©

UNA PACCA E VIA...

l’appuntato Caputo©

V E N T I A N N I1992•2012

ono un assistente capo in servizio presso la casa circonda-riale di Verona dal 1994. Inutile dire che faccio parte di co-loro i quali (è il caso di dirlo) sperano in un trasferimento

che mi permetta di avvicinarmi a casa.Quest'anno sono stato folgorato dalla celerità con cui il Ministeroha ufficializzato le graduatorie dei trasferimenti. Se, infatti, per l'emanazione della graduatorie provvisorie sonoserviti circa 8 mesi (dal 28/11/2011 al 28/06/2012) di lavoro,per l'emanazione di quella definitiva è bastato stornare i nomi-nativi dei colleghi che, avendo perso ogni speranza (come perchi entra nell'inferno dantesco), hanno deciso di revocare le pro-

prie richieste e fare un copia e incolla degli altri nominativi con-fermando in toto i punteggi in precedenza assegnati e come permagia dopo una settimana (05/07/2012) notificare le graduatoriedefinitive.Trattasi di miracolo? Di sicuro all'ufficio trasferimenti hanno me-ritato un bel FESI visto che in una sola settimana hanno vagliato ipossibili ricorsi di quasi 18000 potenziali nominativi (701 paginepdf della graduatoria per i 25 nomi di ciascuna pagina). Io francamente propongo una verifica utile ad evitare che qualcunoai piani alti del Ministero continui a speculare sulla pelle (espres-sione più che mai adatta) di chi opera ALL'INTERNO DEGLI ISTI-TUTI. Lettera firmata

La nota del collega valga come lettera aperta indirizzata a chipuo’ e vuole...

la lettera

S

ALLORA, COMEE’ ANDATA?

TUTTO BENE... CI HA DATO UNABELLA PACCA DI SCORAGGIAMENTO...

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