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1 Akhtamar on line WWW.COMUNITAARMENA.IT Anno 10, Numero 197 15 marzo 2015—XCIX M.Y. Akhtamar on line Dalla scorsa settimana una grande mostra sugli armeni è in corso di svolgimento nel cuore di Roma. Ospitata nel complesso del Vittoriano, fino al 3 maggio (ingresso gratuito), «Armenia, il popolo dell’Arca» è un doveroso omaggio alla storia, glo- riosa e sofferta, di questo popolo nell’anno del centenario del genocidio. I tempi di impaginazione di questo nostro foglio non ci consentono di dedicare la necessaria attenzione all’evento sin da questo numero. Lo faremo nel prossimo con un doveroso approfondimento. Intanto ci piace sottoli- neare come le migliaia di romani e turisti che passeggiano per via dei Fori Imperiali abbiano la possibilità di visitare l’esposizione grazie anche al grande poster che cam- peggia sopra l’accesso del complesso museale del Vittoriano. La mostra ha già avuto adeguata eco in tutti i siti di arte, sui giornali, in radio e tv anche nazionali. Oltre ogni più rosea previsione. E, soprattutto, è indicata come un evento dedicato al genocidio. Giusto. Importante. Grazie agli organizzatori e curatori. Ne riparliamo nel prossimo Akhtamar. Bollettino interno di iniziativa armena Memoria 100 2 L’origine armena degli Etruschi (II) 3 Le allegre comari di Baku 4 Pace e sicurezza 5 La voce dell’Artsakh 6 Qui Armenia 7 Ecco i sei di Genealogy!| 8 Sommario Il popolo dell’Arca Una grande mostra nell’anno del centenario fa parlare di armeni

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W.COMUNITAARMENA.IT

Anno 10, Numero 197

15 marzo 2015—XCIX M.Y. Akhtamar on line

Dalla scorsa settimana una grande mostra sugli armeni è in corso di svolgimento nel cuore di Roma. Ospitata nel complesso del Vittoriano, fino al 3 maggio (ingresso gratuito), «Armenia, il popolo dell’Arca» è un doveroso omaggio alla storia, glo-riosa e sofferta, di questo popolo nell’anno del centenario del genocidio. I tempi di impaginazione di questo nostro foglio non ci consentono di dedicare la necessaria attenzione all’evento sin da questo numero. Lo faremo nel prossimo con un doveroso approfondimento. Intanto ci piace sottoli-neare come le migliaia di romani e turisti che passeggiano per via dei Fori Imperiali abbiano la possibilità di visitare l’esposizione grazie anche al grande poster che cam-peggia sopra l’accesso del complesso museale del Vittoriano. La mostra ha già avuto adeguata eco in tutti i siti di arte, sui giornali, in radio e tv anche nazionali. Oltre ogni più rosea previsione. E, soprattutto, è indicata come un evento dedicato al genocidio. Giusto. Importante. Grazie agli organizzatori e curatori. Ne riparliamo nel prossimo Akhtamar.

Bollettino interno

di

iniziativa armena

Memoria 100 2

L’origine armena degli Etruschi (II) 3

Le allegre comari di Baku 4

Pace e sicurezza 5

La voce dell’Artsakh 6

Qui Armenia 7

Ecco i sei di Genealogy!| 8

Sommario

Il popolo dell’Arca Una grande mostra nell’anno del centenario fa parlare di armeni

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mente perpetrato dall'Impero ottomano e vari regimi di Turchia tra il 1894 e il 1923, l'espropriazione della patria, i massacri e la pulizia etnica volta allo sterminio della po-polazione armena, la distruzione del patri-monio armeno, così come la negazione del genocidio, tutti i tentativi di evitare la re-sponsabilità, a consegnare all'oblio i crimini commessi e le loro conseguenze o giustifica-zioni, come una continuazione di questo crimine e di incoraggiamento a commettere nuovi genocidi. 2. Noi commemoriamo un milione e mezzo di vittime innocenti del genocidio armeno nel 1915 e ci inchiniamo in gratitudine a quelli martirizzati e agli eroi sopravvissuti che hanno lottato per la vita loro e della dignità umana. Inoltre, riconosciamo che il genocidio ha provocato la morte e l'espro-priazione non solo di popolo armeno, ma fu anche esteso ai greci del Ponto e ai popolo Assiri, e commemoriamo pure loro. 3. Ci uniamo e sosteniamo con forza l'impe-gno dell’Armenia e del popolo armeno a continuare la lotta internazionale per la pre-venzione dei genocidi, il ripristino dei diritti delle persone sottoposte a un genocidio e l'istituzione di giustizia storica. 4. Invitiamo la Turchia, giusto l’ottimo e-sempio di integrità e di leadership che veni-va offerto dalla Repubblica Federale di Ger-mania del dopoguerra, ad affrontare la storia e infine a riconoscere la sempre presente realtà del genocidio armeno e la conseguente espropriazione, per cercare una redenzione e dare vita a una restituzione appropriata per un paese europeo, non esclusa la garanzia di riconoscere un diritto al ritorno del popolo armeno e un ricongiungimento sicuro con il suo focolare nazionale, il tutto partendo dall’imperativo fondamentale di raggiungere la riconciliazione attraverso la verità. 5. Chiediamo al governo della Turchia di rispettare e realizzare appieno gli obblighi di legge che ha sottoscritto, comprese le dispo-sizioni relative alla protezione del patrimo-nio culturale e, in particolare, di condurre in buona fede un inventario completo del patri-monio culturale armeno distrutto o rovinato nel corso del secolo scorso, basandosi su di esso per sviluppare una strategia di risana-mento prioritario di antichi e medievali capi-tali, chiese, scuole, fortezze, cimiteri e altri tesori situati nel centro storico di Armenia occidentale, e per rendere il suddetto patri-monio culturale e le istituzioni religiose pienamente efficienti. 6. Facciamo appello agli Stati membri del-l'UE e del Consiglio d'Europa, alle organiz-zazioni internazionali, a tutti gli uomini di

REPRESSIONE DEI GENOCIDI

L’Armenia ha annunciato, per bocca del suo ministro degli Affari Esteri, Edward Nalbandian, che sottoporrà alla 28a sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite una risolu-zione incentrata sulla prevenzione dei genocidi, Nalbandian ha incontrato a Ginevra nei giorni scorsi Joachim Rü-cker, presidente del Consiglio per i diritti umani. IL PARTITO POPOLARE EUROPEO

CONDANNA IL GENOCIDIO ARMENO

L'Assemblea politica del Partito Popolare Europeo (PPE), il più grande gruppo politi-co al Parlamento europeo, il 3 marzo ha adottato una risoluzione di condanna del genocidio armeno e ha contestualmente invitato la Turchia a riconoscere tale crimi-ne. La risoluzione dal titolo 'Il genocidio ar-meno, responsabilità turche e valori eu-

ropei' riafferma «il riconoscimento e la condanna del genocidio e della grande

espropriazione nazionale del popolo arme-

no, alla vigilia del suo 100° anniversario

del 24 aprile 2015». La risoluzione sottoli-nea le prove incontrovertibili documentate negli archivi di diversi stati occidentali, tra cui Germania, Regno Unito, Stati Uniti, la Francia, e che «il genocidio armeno ... è stata perpetuato dal governo dei Giovani

Turchi negli ultimi anni dell'impero otto-

mano.» La risoluzione critica anche la di-struzione di migliaia di monumenti cultura-li armeni in Turchia. Il più grande gruppo politico del Parlamen-to europeo invita la Turchia tra l'altro, «ad affrontare la storia e infine riconoscere la

sempre presente realtà del genocidio arme-

no», e a provvedere a un «indennizzo ap-propriato per un paese europeo, compren-

dente ma non limitato a garantire un diritto

al ritorno del popolo armeno e un ricon-

giungimento sicuro con il suo focolare

nazionale ... ». Questo il testo completo della risoluzione che ha raccolto vivo apprezzamento nelle comunità armene europee: Il Partito Popolare Europeo ribadisce il suo riconoscimento e la condanna del genocidio e della grande espropriazione nazionale del popolo armeno, alla vigilia del suo 100° anniversario il 24 aprile 2015. 1. Condanniamo gli atti di genocidio contro il popolo armeno, progettato e continua-

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buona volontà, indipendentemente dalla loro origine etnica e appartenenza religio-sa, a unire i loro sforzi volti a ripristinare la giustizia storica e rendere omaggio alla me-moria delle vittime del armeno Genocidio. 7. Prendendo in considerazione quanto sopra, il Partito Popolare Europeo invita la Turchia ad adottare le seguenti misure di cui ai suoi impegni internazionali e all'identità europea a cui aspira: riconoscere e condannare il genocidio armeno commesso dall'Impero Ottomano, affrontare la sua propria storia e la memoria attraverso la commemorazione delle vittime di quell’atroce crimine contro l'umanità, fornire una visione e un piano di attuazione di azione degni di una Turchia veramente europea, compresa una soluzione globale delle questioni relative alla libertà di espressione e di riferimento al genocidio, riguardo la società e le istituzioni educative, nonché la riparazione di religioso e altri siti culturali e il loro ritorno alle comunità inte-ressate armene e altre; lanciare la tanto attesa celebrazione dell'eredità nazionale armena sulla base di un totale normalizzazione turco-armeno ancorata nel presupposto della storia, della risoluzione pacifica di tutte le questioni in sospeso, e una completa europeizzazione della loro relazione. 8. invita inoltre l'Unione europea, la sua Commissione, il Consiglio e il Parlamento, e la comunità internazionale nel suo comples-so, nella valutazione del rispetto degli impe-gni e degli obblighi assunti dalla Turchia, ad accordare costante attenzione al riconosci-mento, restauro e restituzione del nostro patrimonio comune e quindi ufficialmente a commemorare il 24 aprile come un giorno da ricordare e a condannare il genocidio armeno e la disumanità dell'uomo verso l'uomo. 9. Esprimiamo la speranza che il riconosci-mento e la condanna del genocidio armeno da parte della Turchia servirà come punto di partenza per la riconciliazione storica dei popoli armeno e turco. CENTO VITE

È stata lanciata lo scorso 10 marzo l’iniziati-va denominata «100 VITE» volta a esprimere gratitudine alle persone e alle istituzioni le cui azioni eroiche hanno contribuito a salvare vite armene durante il genocidio di cento anni fa. Lo scopo dell'iniziativa «100 VITE» è quello di affrontare le questioni del genocidio, delle violazioni dei diritti umani e della forza di azioni positive attraverso tre elementi chiave: -L’insegnamento che viene dal passato, por-tando alla luce le storie non raccontate di sopravvissuti e salvatori del genocidio arme-no; l’attualità del presente, con l’ideazione di un premio (il Premio Aurora) che sarà dato alle persone che si mettono a rischio per consentire ad altri di sopravvivere e prospera-re; e uno sguardo al futuro con la valutazione di progetti di organizzazioni. Più dettagli sul sito https://100lives.com/en/

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I discepoli dissero a Gesù, "Dicci, come

verrà la nostra fine?" Gesù disse, "Avete

dunque trovato il principio, che cercate la

fine? Vedete, la fine sarà dove è il princi-

pio. Beato colui che si situa al principio:

perché conoscerà la fine e non sperimen-

terà la morte."

Nella metà dell’ottocento, Robert Ellis, avendo già avuto un presentimento profeti-co, avvertì l’umanità del grande pericolo che minacciava il popolo armeno. Lui era convinto che durante la classificazione delle lingue Indo-europee “uno si ha volu-to tendenziosamente rappresentare l’arme-

no in tale maniera che si possa ritenerlo

come lingua isolata e conseguentemente

lontana dal gruppo ariano”. Per poter capire meglio quanto è mostruoso il disegno dell’annientamento del popolo armeno, ancora incompiuto e in corso nelle sue intere manifestazioni disumane, dobbia-mo seguire la mente dell’onorabile Robert Ellis. Egli dice che “i frigi e gli armeni appartengono alla stessa famiglia. Conse-

guentemente, l’origine dei primi è armena

e la prova ne è il frigio che rassomiglia più

all’armeno che al greco. Bisogna ricordare

che, anche se il frigio e il greco sono lingue

antiche, l’armeno è la forma più remota, di

cui siamo stati convinti comparandola con

tutte le forme successive. L’armeno non ha

tanta vicinanza con un'altra lingua come il

frigio che si apparenta soddisfacentemente

con la famiglia ariana. La prossima nella

parentela linguistica potrebbe essere il

persiano”. Le analisi linguistiche fatte da Robert Ellis, mostravano che non c’era soltanto una somiglianza nelle parole etrusche e armene, ma anche nell’insieme delle regole gram-maticali, escludendo però il resto dei nume-ri etruschi che hanno più generalità comune con le lingue caucasiche, cioè i loro vicini nordici dell’epoca. Sulla tabella R. Ellis aveva dimostrato la corrispondenza e l’equivalenza delle lettere greche all’alfabeto armeno, anche se non sono sempre foneticamente uguali. Come

vediamo l’alfabeto più completo e più ricco dei suoni necessari evidentemente è l’armeno. Nell’antichità, i valori erano diversi: la vanga o la zappa per rimuovere la terra potevano essere fatti d’oro, ma il vero oro, era la scrittura. I Baschi, gli Etruschi, i Pruski o i Ruski direttamente o indiretta-mente sono tutti portatori di quel “vosc”, “usc” o “osc” come il segno dell’oro. Il popolo che aveva la scrittura, aveva l’oro – il vero oro, voski (ոսկի) in armeno. Ma, la sorgente di quel vero oro era l’Altopia-no Armeno e la lingua armena. Nonostan-te che i Baschi e specialmente gli Etruschi erano effettivamente abili orefici, ritene-vano sempre che la loro vera ricchezza era nella lingua e nella scrittura, e la condizio-ne nobile dipendeva dall’alfabetismo. La lingua basca Euskera significa “oro”, in armeno voski (ոսկի). Però, quanti sono a conoscenza che nel V secolo a.C. dalla fusione del Latino e dell’Etrusco si è crea-to l’osco degli Oschi e dei Sanniti, il quale ha conquistato il territorio che si stendeva dall’Umbria alla Puglia. Dov’è sparito? Infatti, non è sparito per niente, e lo tro-viamo oggi nelle parole italiane:

autore – avetogh

auguri – ayg or

Aurelia – avur yeghia

Bocea – boz(ea)

casa – caz (a) ran

pane - panir

avere – aver, avar

essere – yes yegher

yogurt – yughord

teoria – te vor (ya)

lavoro – lav or

caro – car(q)

forno – phourn

teiera – tey yer

viso – vis

gola – gloukh

capelli – capel

poco – phoqr

baciare – pacel

angelo – angegh

cotone – khotan

teatro - thatron

terra – tegh(a)

sicuro – z’i cur

palazzo – palat

tappeto – tap (dial.), carpet matita – matit

spugna – spung

locale – lok

morto – mortel

elegia – yeghegia

fossa – phos

orso – vors

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borgo – bourg

parco – pharq

pasta - pastar

amore - amour

arrivare – ari var

partito – partel

etera – otar

stomaco – stamocs

psalmo – saghmos

fungo – sunk

tazza – thas

nave – nav

formaggio – phori magi(dial.) botta – botel

tronco – drounq

legna – (e)ghegna

canapa – canep

urlare – vornal

andare – handart

tomba – toumb sole – shogh(e)

cultura – koul tour

mani – manner (dial). certo – sert

gatto – catou

allora – ayl or

alternare – ayl teghn

altruismo – ayl(in) tour

burro – bour

matematica – mate mati ga

orologio – ororoz

tipo – tip (tpel)

arare – aror o ararel

Tevere – tever

Ascanius – azganoun

melodia – meghedi

hotel – otel, otevanel

tauro – tavar

alogeno – aghazin

alzo – hr(arz)an

governo – gavar

bollitura – boghi tour

arte – z’ard

barbugliare – barbagel

Verona - vran

Padova – pat(o)var

centro – kentron carapace – caghapar

uno(a) – unain

L’origine armena degli Etruschi (parte II)

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Riassumendo, R. Ellis nota che “non esiste una rassomiglianza fra l’etrusco e un’altra lingua a parte l’armeno malgrado la grande distanza che li separa. Anche, nelle condi-zioni dell’interruzione della catena di Tra-cia, è simile l’esempio dei latineggianti Valacchia e Portoghesi. Secondo Ellis, la diffusione di una catena di popolazioni di lingua armena dall’Armenia verso l’Italia si rompe soltanto, quando certi popoli siriani o assiri, emersi tra Frigia e Armenia, rom-pendo il loro legame etnico, si stabiliscono nella regione Parvana e la chiamano Cappa-docia, dove nella parte meridionale di nuo-vo si formò l’armeno. Per l’autore la vici-nanza della lingua etrusca all’armeno è cosi sufficiente che se anche non esistesse il frigio, non rimaneva il dubbio da dove sorge l’etrusco. Le ricerche e i risultati degli analisi hanno espanso largamente i limiti degli ipotesi avanzati da R. Ellis incorporando anche l’Illiria, Missia, Caria, Macedonia, Rhaetia, Pannonia, Nuricum, Skifia e anche altri, che dall’inizio esisteva una grande famiglia razziale che parlava una lingua, l’armeno, il che poi si è sparso mano a mano in tutte le parti del mondo. Si sono creati delle nazio-ni, le lingue hanno subito delle trasforma-zioni, ma le tracce della lingua madre non sono sparite, invece si sono fortemente stabilite nelle loro radici e, come testimo-niano autorevoli linguisti, le tracce dell’in-doeuropeo sono state miracolosamente custodite, fino ai nostri giorni, nei dialetti della lingua armena. Le costruzioni etrusche dell’antichità (VI

B.C.) ci ricordano se non tanto i nostri tempi pagani di Garni quanto il cosi detto “Costruzione Colonnata” Arin Berd di Erebuni (VIII a.C.). Per lo stile identico, la forma, nonché il materiale usato, tufo e legno. Oppure, perfino lo stile più primiti-vo e più antico di Garni, rappresentativo di un periodo vivo armeno, sopratutto quello dei reami di Ararat e di Mitani. Così come lo sottolineano il Francese Auguste Choisy(1841-1909), l’Austriaco Josef Strzygowski(1862-1941) e l’Armeno Vahan Kiurktchian (1863-1961), esse testimoniano la fonte dell’architettura Ariana visto che le basi dell’Europa Indo-europea, sia ante cristiana che pro cristia-na, sono stati diffusi dall’Altopiano Arme-no. E più tardi, sono gli stessi tempi che si vedranno più grandi e alti in Grecia e a Roma. Alla fine, con questa collana Etrusca che porta il simbolo di svastica, trovata in Bolsena (700-650 a.C.) e sta in Museo Di Louvre, non rimane il dubbio della sua appartenenza alla famiglia Ariana.

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E concludiamo con le parole di Robert Ellis: Se gli antenati degli Etruschi sono arrivati dall’Armenia, non occorre cercare altre spie-gazioni riguardo il loro carattere nazionale e la loro religione perché, oltre a quello che ci offre la terra della loro origine, ce lo rilevano i loro vestigi. La razza di origine Armena era quella più adatta degli Ariani a portare gli usi e i riti dei paesi del Tigri e dell’Eufrate verso le rive del Tevere e dell’Arno. Non c’è niente d’inverosimile nell’ipotesi che una sola razza abbia occupato una volta i territori tra Nìnive e Roma; è semplicemente ricono-scere ai Traci un territorio tale e quale a quello posseduto ancora oggi dagl’Indiani o i Persiani in Asia, o dai Germanici e i Slavi in Europa. Come anche l’area che sappiamo occupata anticamente dai Celti, il cui lin-guaggio conosce attualmente un confine praticamente uguale a quello Armeno”.

Traduzione di Diane Keuroglian e

Karine Mkrtchyan

La prima parte dell’articolo è stata pubblicata sul

numero 196 del primo febbraio.

Il tempio Etrusco Romano VI a.C. Il tempio di Dio Khaldi, Mussassir

3 - ANTONCIRO COZZI

Chiediamo scusa ai nostri lettori se esigen-ze di spazio ci hanno impedito di dedicarci alla nostra rubrica il

cui titolo, viste le passate polemiche solle-vate ad arte, abbiamo provveduto a modifi-care dall’ironico “Black list” al più serioso “Le allegre comari di Baku”. Come abbia-mo avuto già modo di scrivere non voglia-mo né dar vita a una caccia alle streghe né tanto meno istigare alla persecuzione di poveri giornalisti o sedicenti tali; ognuno è libero, per lo meno in Italia non certo in Turchia o Azerbaigian, di scrivere ciò che vuole. E noi allo stesso momento siamo liberi di segnalare alla nostra comunità articoli dove la riflessione critica e per quanto possibile obiettiva lascia il posto a

faziose riflessioni che sanno tanto di velina ministeriale. Ancora una volta sotto i riflettori finisce il “Nodo di Gordio” ospitato sulle colonne on line de “Il Giornale”. Già sul numero 195 del nostro bollettino vi avevamo dato conto della replica stizzita di questo think-tank che avevamo etichettato come italoturco. Un’accusa “patetica” l’avevano definita i gordiani nonostante i tanti elementi che lasciassero ipotizzare stretti legami con la Turchia. Ora, grazie al cielo, l’articolo del Cozzi spazza via ogni residuo dubbio. Quando, a proposito di Nagorno Karabakh, si esordisce parlando della “invasione armena del Karabakh” vuol dire che o non si conosce la materia oppure si è scelto di stare da una parte ben precisa. Continuiamo a domandare a noi stessi che cosa spinga giornalisti o ricercatori a

Le allegre comari di Baku prendere le difese del regime azero e franca-mente ci sfugge la risposta… Sarà. Certo che Cozzi, come si legge nel suo profilo rete, dovrebbe avere buone conoscenze di politica internazionale avendo conseguito alla Luiss una laurea discutendo proprio sul Nagorno Karabakh (e ci dicono pare richie-dendo anche aiuto e consultazione a “Iniziativa italiana per il Karabakh…”). Evidentemente, le successive frequentazioni e studi in ambito azero devono averlo giu-stamente portato sulla retta via... Ciò non toglie che qualche attenzione in più e qualche analisi critica più riflessiva ad esempio sulla strage di Khojaly avrebbe dovuto indurlo a porsi dei dubbi in luogo delle certezze acquisite con il gruppo di amicizie che su facebook caratterizzano il suo profilo. Ma di queste amicizie parleremo, per mere ragioni di spazio, in un prossimo appunta-mento. Riferimenti: [email protected]

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Il rappresentante permanente dell'Armenia

alle Nazioni Unite, Zohrab Mnatsakanyan,

ha partecipato ad un dibattito aperto sul

tema "Mantenimento Pace e sicurezza: Ri-

flettere sulla storia, riaffermare il forte im-

pegno ai fini e ai principi della Carta delle

Nazioni Unite" tenutosi a febbraio al Consi-

glio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Que-

sto è il testo del suo intervento.

"Signor Presidente, Lei ha proposto un argomento per il presen-te dibattito aperto che potrebbe veramente meritare la convocazione di una conferenza internazionale lunga una intera settimana. Si tratta di un compito arduo per riflettere su un viaggio di settanta anni dalla fine della seconda guerra mondiale e dalla nascita delle Nazioni Unite. La Carta delle Nazioni Unite insiste sul fatto che non ci sono bi-glietti di prima e di seconda classe per que-sto viaggio, giacché tutte le nazioni, grandi o piccole, ricche o povere, sono uguali membri della comunità internazionale. Nelle nostre riflessioni ricordiamo anche che nel 1945 solo 51 paesi erano i Paesi costituenti le Nazioni Unite. L'adesione delle Nazioni Unite è raddoppiata in soli cinque anni suc-cessivi. Nel 1978 si è superata la soglia di 150. Oggi sono 193 le nazioni libere che sono riunite in questo edificio simbolo, non importa se si tratta di Palau, del Lichtenstein o dell’Armenia, del G20 o dei Cinque mem-bri permanenti del Consiglio di Sicurezza; ognuna in pieno esercizio della propria de-terminazione a lavorare insieme su un agen-da globale comune. La crescita incrementale dei membri delle Nazioni Unite fino al suo attuale numero di 193 è fonte di un pensiero profondo sulla dicotomia tra il privilegio di essere una na-zione libera e autodeterminata e di contro l'esercizio della giurisdizione su altri popoli entro i confini di integrità territoriale degli Stati. Questo dilemma è stata la causa di numerosi conflitti, sia ai tempi della decolo-nizzazione o in seguito al crollo dell'Unione Sovietica. Questo dilemma si risolve in modo diverso e in ogni caso a parte. L'at-tuale numero dei membri manifesta il diritto fondamentale conferito a tutte le persone di esprimere liberamente la propria volontà. Si tratta di un principio di diritto internaziona-le. Si tratta di un obiettivo delle Nazioni Unite. Essa non ha necessariamente bisogno di sfidare l'integrità territoriale di uno Stato, come molte nazioni multi-etniche che vivo-no in armonia, la democrazia e la giustizia, o

come il recente esempio della Scozia dimo-strano chiaramente. La Svizzera, per esem-pio, potrebbe anche ricordarci di essere un esempio di un libero arbitrio di sovranità. Invero, la legittimità di una pretesa di go-vernare la gente fuori di ingiustizia storica e in un ambiente persistente di discriminazio-ne e intolleranza è sempre destinato a falli-re. Se prendiamo sul serio la nostra respon-sabilità collettiva verso l'altro, o circa la nostra determinazione contro i crimini atro-ci, dovremmo di non permettere la soppres-sione della libertà in nome dell'integrità territoriale. Il conflitto del Nagorno Karabakh è un esempio che attende risoluzione. Parlo in un momento di accresciute tensioni nella re-gione. Su istruzioni del mio Governo, ho regolarmente informando questo Consiglio e l'Assemblea Generale sulla situazione e sulle nostre preoccupazioni. Oggi, ancora una volta ribadisco la piena convinzione dell’Armenia che non ci può essere un'alter-nativa alla soluzione rigorosamente pacifica e negoziata del conflitto. Parlo in un mo-mento in cui il gruppo dei co-presidenti del Gruppo di Minsk dell'OSCE, che rappre-sentano la Federazione Russa, la Francia e gli Stati Uniti, hanno appena concluso una visita a Baku, Erevan e Stepanakert nei loro continui sforzi per promuovere la pace. Ancora una volta ribadisco il pieno impe-gno dell’Armenia alla soluzione pacifica del conflitto sulla base degli obiettivi, prin-cipi e norme della Carta delle Nazioni Uni-te, dell'Atto finale di Helsinki, e dei principi di base e gli elementi individuati dai copre-sidenti. Attendiamo che l'Azerbaigian ri-sponda alla chiamata dei Co-presidenti e osservi i suoi impegni per una soluzione pacifica del conflitto. Il sostegno inequivo-cabile della comunità internazionale per il formato convenuto dei colloqui di pace e gli sforzi dei Co-presidenti resta strumentale per uno sforzo di pace consolidata. Faccia-mo appello a tutti i membri, sia che si riuni-scono nelle Nazioni Unite o in altri rag-gruppamenti, movimenti o organizzazioni, per rimanere fedele a questo supporto. Sta-bilire misure di fiducia, tra cui il ritiro dei cecchini e l'istituzione di un meccanismo di indagine per le violazioni del cessate il fuoco, resta una priorità immediata per affrontare. Ancora una volta ci siamo appel-lati all’Azerbaigian affinché agisca per stabilire tali misure. Signor Presidente, Per il mio popolo, questi ultimi settanta

anni dal 1945 si sono intrecciati con una tragedia di trent'anni prima. L'esperienza straziante dello sterminio e della sofferenza degli armeni nel 1915 ha indotto un avvo-cato polacco di spicco di origine ebraica Rafael Lemkin a coniare il termine genoci-dio. Successivamente, con l'adozione della Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, la comunità internazionale ha riconosciuto la necessità di uno strumento giuridico per contrastare questo crimine efferato. Tuttavia, oggi non possiamo can-tare vittoria sui colpevoli. Il popolo del Ruanda, per esempio, potrebbe ricordarci il prezzo dell’inazione e del silenzio della comunità internazionale. Cerchiamo di riflettere sul diniego di giustizia, o la nega-zione a milioni di esseri in tutto il mondo del sacro diritto alla vita. La prevenzione rimane un imperativo impellente che mai. Come Armeni, commemoreremo in dignità i cento anni del genocidio armeno. Non saremo soli, poiché molte nazioni di tutto il mondo sono solidali con noi. Noi non siamo tristi. Siamo stati disposti a ricostrui-re i rapporti con il nostro vicino di casa, la Turchia, senza precondizioni. Abbiamo avviato il processo di normalizzazione che culminò con la firma dei protocolli di Zuri-go. La nostra buona volontà, purtroppo, non è stato ricambiata. Mentre rendiamo omaggio alle nostre vitti-me, andremo anche celebrare la vita, a celebrare la rinascita e la fiducia, come milioni di armeni di tutto il mondo hanno fatto attraverso il duro lavoro. Per quanto riguarda i negazionisti del genocidio arme-no, essi continuano solo a fare un favore agli autori di genocidi successivi. Vorrei quindi ancora una volta riflettere sulle pa-role di Hitler prima della invasione della Polonia nel 1939:. "Chi, dopo tutto parla dell'annientamento degli armeni?" Con grande dispiacere dei negazionisti, milioni per fortuna lo fanno, anche in Tur-chia.

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Pace e sicurezza, ma riflettendo sulla storia Intervento dell’ambasciatore armeno all’ONU

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ANNO 10, NUMERO 197

Sono dati interessanti e molto positivi quelli che Artak Grigoryan, capo del Dipartimento turismo della repubblica del Nagorno Karabakh, illustra alla stampa alcuni giorni or sono. Tra il 2007 e il 2013 il numero di visita-tori in Artsakh è cresciuto del 40%; si tratta, ben inteso, di visitatori “stranieri” con esclusione dal conteggio quindi degli armeni dell’Armenia. Le bellezze del paesaggio e un’atmosfe-ra ancora “originale” hanno conquistato migliaia di turisti e hanno garantito alla piccola repubblica sud caucasica il pri-vilegio di finire sulle pagine di riviste specializzate o di importanti giornali nel mondo. Il turismo è e sarà una della principali fonti di ricchezza di questa terra. E i numeri dicono che in questo settore si è investito molto negli ultimi anni. Prima dell’indipendenza l’intero territo-rio poteva contare solo su quattro strut-ture alberghiere.

Pubblichiamo, nella nostra traduzione ital-

iana, l’intervista che il ministro della

Giustizia del Nagorno Karabakh, Ararat

Danielyan, ha rilasciato all’agenzia

“News”. Si parla del processo e della con-

danna ai due sabotatori e assassini azeri.

Il processo ai due cittadini dell'Azerbai-

gian ha avuto la reazione prevista sulla

stampa azera che sta cercando di travisa-

re la situazione. Come interpreta cosa sta

succedendo?

La Corte giurisdizionale di primo grado della repubblica del Nagorno Karabakh ha emesso una sentenza che ha riconosciuto i cittadini azerbaigiani Dilham Askerov e Shahbaz Guliyev colpevoli di aver commes-so reati particolarmente gravi. [Ma] come è tipico per tutti i paesi civili, gli imputati hanno avuto la possibilità di fare ricorso contro questa sentenza; il contenzioso ha avuto una condotta molto trasparente. Quan-do la sentenza entrerà pienamente in vigore, possono presentare una petizione al presi-

dente del Paese, con una richiesta di perdo-no. Avete delle informazioni sulla cittadinan-

za degli imputati?

A mio avviso, la cittadinanza non ha impor-tanza nello svolgimento della giustizia.

Askerov e Guliyev possono presentare

una petizione alla Corte europea dei dirit-

ti dell’uomo?

Lo status di spazio vitale non importa ri-guardo una petizione alla CEDU. Allo stes-so tempo, la cittadinanza di una persona è priva di particolare importanza per l'eserci-zio dei suoi diritti. Le autorità del Nagorno-Karabakh non eludono la responsabilità e sono pronte ad agire come convenuto nella CEDU.

Possono le persone di cui sopra essere

definite come "prigionieri?"

In nessun modo. L’arresto non si è verificato durante operazioni militari; essi non sono stati presi come prigionieri. In questo caso

non si tratta di prigionieri. I membri della squadra di sabotaggio azera hanno illegal-mente attraversato il confine del Nagorno-Karabakh, con un obiettivo speciale. La [successiva] morte delle persone armene è la loro "coscienza". Il filmato il video con-fiscato rivela l'obiettivo della loro visita in Artsakh. [Ma] il Karabakh è pronto ad attuare tutti i diritti dei detenuti previsti

dalla legge.

Il giudizio su Askerov e Guliyev ha avuto

commenti anche da rappresentanti del

Dipartimento di Stato USA, che si è ap-

pellato per un gesto umanitario verso l’

Azerbaigian (restituendoli al loro paese].

Come vuole commentare questo?

Le azioni umanitarie hanno altrettanto biso-gno di essere all'interno del quadro giuridi-co. Sono necessarie garanzie che i detenuti potranno scontare la pena se vengono con-segnati a Baku. L'esempio di Ramil Safarov è però la prova chiara di come saranno le corrispondenti azioni da parte delle autorità azere.

[Da notare che Ramil Safarov, un allora tenente dell'esercito azero, è stato estrada-

to il 31 agosto, 2012 dall’Ungheria, dove

stava scontando una condanna all’ergasto-

lo, e senza alcuna espressione di rimpianto

o rimorso per l'omicidio premeditato a

colpi di ascia nel sonno del tenente armeno

Gurgen Margaryan, avvenuto nel corso di

un partenariato della NATO per il pro-

gramma di pace a Budapest il 19 febbraio,

2004. Safarov aveva programmato di ucci-

dere l'altro militare esercito armeno, che

frequentava il suddetto corso ma non riuscì

nella sua azione. Il ritorno di Ramil Safa-

rov nella capitale azera di Baku è stato

accolto, come era il suo atto di omicidio,

da parte dei funzionari del governo del

presidente Ilham Aliyev e gran parte della

società azera, e il presidente azero imme-

diatamente gli concesse la grazia, è stato

dichiarato eroe nazionale, promosso ad un

grado militare superiore, e gli è stato con-

cesso alloggio e pensione.]

Tutte le questioni devono essere risolte all'interno del quadro giuridico. Come per gli inviti a creare un clima di fiducia, è importante prendere in considerazione il fatto che il lato azerbaigiano vuole sfiducia costruzione [misure] affatto. Questo è il caso in cui il popolo di Artsakh, a differen-za degli azeri, non sentono l'odio verso di loro.

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TURISMO IN CRESCITA

Detenuti, non prigionieri

la voce dell’Artsakh

Oggi l’Artsakh mette a disposizione dei visitatori ben 42 hotel con 1187 posti letto e 25 resort ben equipaggiati. La qualità delle strutture è garantita da controlli costanti e i turisti possono sce-gliere il livello di confort e di spesa più adatto alle loro esigenze. «Va sottolineato che Artsakh ha un grande potenziale turistico. Progetti di

marketing e di sviluppo delle infrastrut-

ture si stanno organizzando per rendere

il suo potenziale più riconoscibile e

competitivo, con il paese sempre più

attraente per i turisti stranieri» ha detto Grigoryan nel corso della sua conferen-za stampa. Nel 2014 i turisti hanno lasciato in Na-gorno Karabakh oltre sei milioni di eu-ro: per la piccola economia del paese è una cifra importante che andrà migliora-ta anno dopo anno. L’indipendenza nasce anche da questi dati. Aspettando l’aeroporto...

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Tenetevi forte. È di poche settimane fa la notizia della polizia turca che fa irruzione in una scuola media e preleva, tra gli sguardi attoniti dei suoi compagni di classe, un ragazzino tredicenne colpevole di aver postato su facebook un post contro il sultano Erdo-gan. Visita psicologica e successivo interroga-torio in procura. Il mese precedente la stessa sorte era toc-cata a un quindicenne. Fra poco le guardie ottomane cominceranno le retate agli asili. Ci sarebbe da ridere a crepapelle se non fosse che la situazione è seria, anzi serissi-ma. Soprattutto perché nel nostro Paese la Turchia continua ad avere tanti “utili idio-ti” (o molto furbi…) che non perdono tempo a sperticarsi in lodi per Ankara. Pecunia olet...

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ANNO 10, NUMERO 197

PREZZI IN CALO

L’Istituto nazionale armeno di statistica ha comunicato che il prezzo dei generi ali-mentari è calato nel mese di febbraio dello 0,7% rispetto al mese precedente. Tale decremento è dovuto principalmente ad un calo (dall’1,1% al 3,4%) dei prezzi di frutta, uova, prodotti della pesca, ortaggi e patate, olio, zucchero, pane e prodotti da forno di cottura. MINISTERO DIASPORA

L’ambasciatore Vahagn Melikyan è stato nominato vice ministro della Diaspora. Melikyan ha ricoperto in passato la carica di ambasciatore negli Emirati Arabi, in Cile, Argentina, Uruguay e Paraguay. VOGLIA DI ARMENIA?

I confini della repubblica armena con la Turchia (330 km) e l’Iran (45 km) sono sorvegliati anche da militari russi facenti parte del Servizio di Sicurezza Federale di Mosca. 4500 uomini per il cui manteni-mento provvede anche Yerevan. Le basi sono a Gyumri, Artashat, Armavir e Me-ghri. Nel corso del 2014 sono state fermate ses-santaquattro persone che cercavano di entrare illegalmente in Armenia. Sequestrati soldi per circa quarantamila euro e quasi una ottantina di armi bianche.

L’istituto londinese “Mercer” ha stilato an-che per il 2014 la classifica sulle città più vivibili al mondo. Questo report viene stilato ogni anno per aiutare le organizzazioni internazionali a determinare i livelli retributivi per i dipen-denti in missione all’estero: insomma, dimmi dove vai e ti dirò quanto ti pago. La capitale armena si colloca al 183° posto su 230 città perdendo anche 3 posizioni ri-spetto all’anno precedente. Non è un bel dato e su questo la municipalità dovrà interrogarsi nonostante gli sforzi degli ultimi anni per abbellire la città e arricchirla

di verde. Se può consolare, Tblisi occupa il 194° posto e Baku addirittura il 197° nonostante il fiume di soldi che scorre sulle rive del Caspio. Insomma la piccola e povera Armenia riesce a far meglio dei ricchi azeri… Se volete vivere bene andata ad abitare a Vienna, Zurigo e Aukland (Nuova Zelan-da); da evitare Baghdad, Bangui (Repubblica Centrafricana), Port-au-Prince (Haiti), Khartoum (Sudan) e N'Dja-mena, la capitale del Chad. La classifica tiene conto una serie di para-metri in alcuni casi non nella disponibilità delle amministrazioni municipali ma di impatto regionale come i dati caucasici dimostrano.

NAZIONALE DI CALCIO

Il prossimo impegno della nazionale contro l’Albania per le qualificazioni a Euro 2016 (29 marzo) potrebbe essere decisivo per il tecnico svizzero Ber-nard Challange alla guida della forma-zione armena da oltre un anno. In caso di mancata vittoria, considerati i risultati deludenti fin qui maturati, il suo licenziamento potrebbe essere inevitabile. GIOCHI EUROPEI A BAKU

La capitale azera ospiterà come noto i primi giochi olimpici europei in pro-gramma dal 12 al 28 giugno. La moglie del dittatore azero si sta spendendo in giro per il mondo per propagandare l’evento. Fioccano co-stosi gala ma anche tanti articoli di giornale sulla repressione in Azerbai-gian. Il presidente del Comitato Olimpico Armeno, Hrachya Rostomyan, è inter-venuto per precisare che al momento «lil Comitato Olimpico armeno non vede alcuna ragione per rifiutare di

partecipare. Tutti i problemi, sia pro-

fessionali che relativi alla sicurezza

sono stati risolti in questa fase». Si tratterà di vedere nelle prossime settimane se l’attività di aggressione

azera si intensificherà o meno in vista dei giochi e se la sicurezza (e la libertà di movimento) della delegazione arme-na potrà essere messa a rischio. Aliyev potrebbe sfruttare l’occasione dei giochi per aumentare la tensione lungo il confine con Armenia e Azerbai-gian; ma è anche vero che proprio que-sta tensione potrebbe far passare in se-condo piano i giochi e appannare l’im-magine del dittatore. Staremo a vedere nelle prossime settimane. AUGURI CENTENARI

«E' un grande onore per me congratu-larmi con voi in occasione del vostro

105° compleanno (...). La vita era piena

di luci, ci sono state perdite di persone

care, ma tu sei una sopravvissuta al

genocidio, la testimonianza della forza e

della volontà del popolo armeno (...). In

una terra straniera hai conservato i

valori nazionali del nostro popolo, la

sua identità religiosa e culturale per

educare i figli con patriottismo, umani-

sta e con lo spirito di rispetto per le

radici del passato».

Questo il testo (parziale) del messaggio di felicitazioni che il presidente armeno Sargsyan ha inviato a Astghik Tetezian-Alemian, una sopravvissuta che vive negli Stati Uniti (Massachusetts) e che spegne proprio alla vigilia del centena-rio del genocidio armeno le sue (prime…) centocinque candeline. Auguri Astghik da tutti noi!!

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Qui Armenia

Erdogan all’asilo YEREVAN DEVE

MIGLIORARE I SUOI

STANDARD DI VITA

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Ad uno ad uno l’Armenia ha svelato i nomi dei sei componenti della band “Genealogy” che la rappresenterà al prossimo Eurovision Song Contest di Vienna a maggio. Come abbiamo già avuto modo di scri-vere, quest’anno l’Armenia si presenta al festival canoro continentale con un’i-dea innovativa. Nell’anno del centenario Yerevan schiera un gruppo formato da armeni provenienti oltre che dall’Arme-nia anche dai cinque continenti. Un ab-braccio simbolico tra Madre patria e Diaspora e dalla forte connotazione politica e morale. Il brano “Don’t Deny” (“Non Negare”) è già tutto un programma nell’anno del centenario; e se qualcuno aveva dubbi, il video li dissipa immediatamente… Non negare un genocidio, non negare la propria identità armena, non negare la propria appartenenza familiare. Ad uno ad uno la televisione armena ha svelato i suoi rappresentanti: il trentaquattrenne Vahe Tilbian prove-niente dall’Etiopia, la ventottenne Ta-mar Kaprelian nata in Arizona (USA), la ventisettenne Stephanie Topalian di Tokyo, il trentaquattrenne parigino Es-sai Altounian, l’australiana (ma texana di nascita) Mary Jean

Bollettino interno a cura di comunitaarmena.it

Ecco i sei di Genealogy!

QUESTA PUBBLICAZIONE E’ EDITA CON IL FAVORE DEL

MINISTERO DELLA DIASPORA

il numero 198 esce il

1 aprile 2015

www.karabakh. i t

Informazione quot idiana

in i tal iano sul l ’Artsakh

Qualcosa di nuovo Qualcosa di nuovo Qualcosa di nuovo Qualcosa di nuovo sta arrivando…sta arrivando…sta arrivando…sta arrivando…

Seguici ! Seguici ! Seguici ! Seguici !

O’Doherty e infine dall’Armenia Inga Arshakyan che aveva già parte-cipato in coppia con la sorella Anush all’edizione 2009 del festival europeo. Il video di “Don’t Deny” in rete da qualche giorno è già cliccatissimo; molto ben fatto, anche commovente. Il gruppo però avrà una concorrenza agguerrita e il maggior pericolo viene proprio dall’Italia con i “Volo”, il ter-zetto melodico che si è aggiudicato l’ultimo festival di Sanremo e che po-trebbe avere buone possibilità di acca-parrarsi la vittoria finale. La musica del brano è di Armen Mar-tirosyan già autore del brano “Apricot Stones” del 2010, i testi sono di Inna Mkrtchyan mentre il video è del regi-sta Aren Bayadyan. La prima semifinale dei Genealogy è in programma il 19 maggio a Vienna e cresce l’attesa per l’evento canoro con-tinentale. I turchi, che mancano in questa edizio-ne di Eurovision, hanno storto il naso sul titolo del brano. Si son fatti sentire di più gli azeri che hanno accusato gli armeni di politicizzare l’evento musi-cale; detto da loro non ce ne po’ frega-re di meno...