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1 Akhtamar on line WWW.COMUNITAARMENA.IT Anno 10, Numero 205 15 luglio 2015 — C M.Y. Akhtamar on line Ha perso il fascino che aveva nel diciannovesimo secolo, capitale del kanato del Kara- bakh, con i suoi ventimila abitanti, una delle città più interessanti del Cucaso meri- dionale. La divisione dei quartieri (quelli orientali ai tartari mu- sulmani, quelli occidentali agli armeni cristiani) provocò una frattura etnica mai più sanata e culminata nella di- strazione della porzione ar- mena, ennesimo pogrom subi- to da questo popolo. I diecimila abitanti armeni vengono uccisi o sono co- stretti alla fuga, tutte le loro case e le loro chiese sono distrutte, la popolazione della città si dimezza. Comincia il declino. Shushi, unico esempio in tutta la regione del Nagorno Kara- bakh, rimane popolata da soli azeri e fino alla sua conquista nel corso della guerra rimane una spina nel fianco ai com- battenti armeni per la libertà. Le macerie di un conflitto sono dure da rimuovere e la ricostruzione è avvenuta con molta fatica. Cinquemila abitanti, ormai solo armeni, l’hanno ripo- polata per farla rinascere e riportarla agli antichi fasti. Shushi è stata eletta capitale culturale della repubblica del Nagorno Karabakh- Artsakh.Qui nel 2012 si è trasferito il ministero della cultura e delle gioventù, qui sono stati avviati e in parte già completati i lavori di restauro di alcuni edifici storici…. (segue pag.2) Bollettino interno di iniziativa armena Scavando nel passato di Shushi 2 In memoria di Arpik Missakian 3 Centouno 4 La voce dell’Artsakh 5 Golden apricot film festival 6 Qui Armenia 6 Addio Omar 7 Sommario Dal suo passato risorge Shushi L’Artsakh investe nella sua capitale culturale

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Anno 10, Numero 205

15 luglio 2015 — C M.Y. Akhtamar on line

Ha perso il fascino che aveva nel diciannovesimo secolo, capitale del kanato del Kara-bakh, con i suoi ventimila abitanti, una delle città più interessanti del Cucaso meri-dionale. La divisione dei quartieri (quelli orientali ai tartari mu-sulmani, quelli occidentali agli armeni cristiani) provocò una frattura etnica mai più sanata e culminata nella di-strazione della porzione ar-mena, ennesimo pogrom subi-to da questo popolo.

I diecimila abitanti armeni vengono uccisi o sono co-stretti alla fuga, tutte le loro case e le loro chiese sono distrutte, la popolazione della città si dimezza. Comincia il declino. Shushi, unico esempio in tutta la regione del Nagorno Kara-bakh, rimane popolata da soli azeri e fino alla sua conquista nel corso della guerra rimane una spina nel fianco ai com-battenti armeni per la libertà. Le macerie di un conflitto sono dure da rimuovere e la

ricostruzione è avvenuta con molta fatica. Cinquemila abitanti, ormai solo armeni, l’hanno ripo-polata per farla rinascere e riportarla agli antichi fasti. Shushi è stata eletta capitale culturale della repubblica del Nagorno Karabakh-Artsakh.Qui nel 2012 si è trasferito il ministero della cultura e delle gioventù, qui sono stati avviati e in parte già completati i lavori di restauro di alcuni edifici storici…. (segue pag.2)

Bollettino interno

di

iniziativa armena

Scavando nel passato di Shushi 2

In memoria di Arpik Missakian 3

Centouno 4

La voce dell’Artsakh 5

Golden apricot film festival 6

Qui Armenia 6

Addio Omar 7

Sommario

Dal suo passato risorge Shushi L’Artsakh investe nella sua capitale culturale

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ANNO 10, NUMERO 205

del cimitero armeno-greco presso il muro orientale di Shushi hanno dimostrano l'esi-stenza di un più antico cimitero armeno datato dodicesimo e tredicesimo secolo, con le sue croci di pietra utilizzate per nuo-ve sepolture nel 19° secolo. Proprio le cin-que croci (khatchkar) qui rinvenute hanno confermato che l’altopiano di Shushi era popolato da armeni nel periodo di prosperi-tà del Principato di Khachen. La scoperta della fortezza di Karkar è

stata il culmine dello scavo: sono stati rin-venuti, tra l’altro, anche punte di freccia mongole e un pezzo di celadon (tipica cera-mica orientale) cinese di particolare inte-resse. Questi ritrovamenti non devono certo sorprendere: l’Artsakh si trovava infatti sulla celeberrima via della seta e il traffico commerciale lasciò inevitabilmente tracce e testimonianze; d’altronde la stessa fortezza venne costruita dai principi di Khachen proprio per proteggere il percorso carova-niero. I nuovi dati raccolti suggeriscono che

Karkar è la fortezza nella gola di Unot citato dagli storici. Nel corso di un movi-mento di liberazione nel tardo 17° secolo, la fortezza fu ricostruita e rinominata in Avani o Signakh Minore. Uno studio particolare sulla fortificazione

di Shushi costruita da Panakh Khan e lette-ratura specializzata hanno rivelato che i frammenti delle sue rovine corrispondono a quelle di una recinzione al cancello di Mkhitarashen.

L’antico insediamento di Shushi risalente al 7° secolo a.C. si sviluppa lungo le mura della vecchia fortezza della città. Gli abitanti che arano il fianco della colli-

na a ridosso del contrafforte murario erano soliti imbattersi nei suoi resti: pietre, armi dell'età del bronzo, scheletri, oggetti per la casa che in seguito sono stati utilizzati per determinare la datazione esatta del sito. Tra giugno e luglio 2005, una spedizione

organizzata dall'Accademia Nazionale Ar-mena dell'Istituto di Scienze di Archeologia e Etnografico ha lavorato a Shushi e nelle zone circostanti. La spedizione è stata gui-data dall’archeologo Hamlet Petrosyan. Gli scavi hanno anche permesso il ritrova-

mento di antiche volte di sepoltura e reli-quie medievali: questi elementi hanno con-sentito di accrescere le informazioni sulla presenza dell’etnia armena nella zona, di-mostrando la presenza di strati culturali armeni sull'altopiano di Shushi prima del-l'arrivo di Panakh Khan. Altri importanti ritrovamenti, soprattutto

nella parte nord e nord-est delle mura della città, hanno riguardato il primo secolo a-vanti Cristo. Tra gli elementi scoperti sono stati catalo-

gati articoli per la casa, ornamenti in bron-zo, armi in ferro, vario materiale in cerami-ca. Gli scavi hanno portato alla luce anche decine di modellini a forma di animale abilmente fatti che riflettono le percezioni di fede dei nostri antenati. I risultati degli scavi nella zona vecchia

comprese le due moschee rimaste intatte dopo la guerra: perché gli armeni, a differen-za degli azeri che distruggono tutto ciò che anche lontanamente si identifica con il “nemico”, hanno a cuore il patrimonio del-l’umanità a prescindere dalla appartenenza “etnica” del bene architettonico. Ecco allora che nel progetto di rinascita

sociale, culturale e architettonica della città rientra anche il restauro degli edifici di culto islamico.

Pagina 2

Akhtamar on line Ma pure la riscoperta di un antico passato

come documentiamo in questa pagina. Cer-to le ferite della guerra sono ancora difficili a rimarginarsi: ancora molti edifici portano chiari i segni dello scontro di venti anni fa; ancora molti palazzi, stile sovietico, fanno brutta mostra nel tessuto urbano di questa cittadina dell’Artsakh. Eppure proprio questa voglia di rinascita

culturale rappresenta la via di accesso a una riqualificazione urbana che passa attraverso

Sebbene la più recente (2014) campagna di scavi archeologici non sia stata ancora completata nella zona, i risultati dimostrano che il territorio fu abitato nel primo secolo avanti Cristo. Circa duemila oggetti trovati nel corso

degli scavi dello scorso anno sono stati portati a Yerevan per essere compiutamente studiati e restaurati. Al termine di tali attivi-tà, i reperti saranno donati al museo della cultura di Shushi che arricchirà così il suo patrimonio espositivo. Oltre al valore didattico, infatti, queste

campagne archeologiche rappresentano una importante attività di promozione della storia e della cultura armena attraverso lo studio e il restauro. E non è un caso che le autorità locali siano fortemente impegnate su questo fronte anche per i risvolti turistici che esso assume non solo per la città di Shushi ma per tutta la nazione. Secondo il direttore del museo Shushi

Ashot Harutyunyan, ci sarebbero circa due-mila volte di sepoltura nelle zone circostan-ti, la maggior parte delle quali purtroppo saccheggiate nel periodo pre-sovietico. Nel 2005, una mappa dei luoghi di sepoltura è stato elaborata dalla spedizione Shushi. Fu proprio durante questi scavi che vennero scoperte due camere di sepoltura risalenti alla cultura Kura-Araks e databili intorno al 10°-13° secolo avanti Cristo. Lame di ossi-diana, ornamenti e altri oggetti scoperti durante la campagna di dieci anni fa sono attualmente in mostra al museo Shushi. Anche gli azeri condussero campagne

archeologiche in Artsakh: in particolare nel 1974-75, l’Accademia delle Scienze avviò scavi in una grotta nei pressi di Shushi che si conclusero con il ritrovamento di oggetti risalenti al periodo prima citato; ma tutti questi elementi sono ora visibili a Baku classificati come esempi di "cultura albana". Anche nell’archeologia gli azeri non perdo-no il vecchio vizio di distorcere la storia e creare un passato a propria immagine e somiglianza. Dopo la distruzione di Julfa possiamo attenderci altro?

Scavando nel passato di Shushi

il restauro, l’inaugurazione di musei, il recupero di edifici storici, la cura dell’arre-do urbano. La cultura, la riscoperta del passato, il

recupero delle tradizioni karabake sono la viva espressione di una volontà di rinascita e al tempo stesso lo strumento per lasciare definitivamente alle spalle gli orrori dell’-aggressione azera. Da Shushi rinasce l’inte-ra nazione.

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Vi sono persone che, avendo vissuto come attenti testimoni o protagonisti di una deter-minata stagione storica, dopo la fine di questa, quando, con il passar del tempo, rimangono gli unici superstiti di essa, ne divengono un po' il simbolo vivente, il portatore della memoria e della temperie di quegli anni. Tanto che alla loro morte si chiude definitivamente l'epoca che essi hanno rappresentato.

Una di queste persone è stata, certamente, Arpik Missakian, per lunghi anni direttrice del quotidiano armeno "Haratch" (Avanti) di Parigi, deceduta nella capitale francese il 19 giugno scorso, all'età di 89 anni.

Suo padre, Shavarsh Missakian, dirigente del partito Dashnagtzutiun e noto giornali-sta già nell'Impero Ottomano, dopo essere sopravvissuto miracolosamente al genoci-dio, si trasferì a Parigi ove nel 1925 fondò il giornale "Haratch" (Avanti) destinato a divenire l'unico quotidiano armeno dell'Eu-ropa occidentale. Attorno a questo giornale si raccolse il fior fiore dell'intellighenzia armena, allora numerosa, residente a Parigi. Infatti la capitale francese, fra le due guerre mondiali, era divenuta il centro pulsante della Diaspora armena, grazie alla presenza di molti dirigenti politici ed intellettuali che, sopravvissuti al genocidio o fuggiti dall'Armenia divenuta sovietica, vi avevano trovato rifugio. Molti di essi si raccolsero attorno a questo nuovo quotidiano; non solo gli scrittori ed i giornalisti più anziani, ma anche le nuove leve, giovani di talento il cui esordio letterario si compì in Francia, ma che, già dotati di una buona preparazio-ne armena, arricchirono la letteratura sia dal punto di vista dei contenuti che dello stile e della lingua. "Haratch" fu la palestra, la guida per molti di loro, ma fu anche la voce genuina dei numerosi profughi armeni che, sopravvissuti al genocidio, si stabilirono in Francia. Fu la casa di questa moltitudine di persone che lì si incontrarono per ricordare la Patria perduta e mantenerne viva la lin-gua e la cultura. Haratch fu tutto questo ed anche di più; fu il paladino della lingua armena, che combatté contro tutti i tentativi di imbastardirla e di sminuirne l'importan-za. Fu il severo custode dei valori, della cultura, della dignità del popolo armeno. Ma la sua non fu mai una battaglia di retro-guardia, ma la lotta di uno che, conscio del proprio valore, non è disposto a rinunciarvi.

Arpik Missakian, nata a Parigi nel 1925, già dai primi anni respirò quest'aria; visse la sua infanzia e la sua adolescenza in que-

sto ambiente di nostalgie e memorie della Patria perduta, di fervore culturale e di battaglie in difesa della cultura armena, fino a che, nel 1957 suo padre morì e lei si trovò, da sola, a dover sostenere l'onerosa eredità di un giornale impegnato ed auto-revole come "Haratch". Per fortuna le giunsero in aiuto i vecchi collaboratori di suo padre, Shavarsh Nartunì, Hrand Sa-muel, Nshan Beshigtashlian e molti altri, che non la lasciarono sola e condivisero con lei la redazione del giornale. Con il passar del tempo si aggiunsero altri colla-boratori che pian piano presero il posto di quelli più anziani, mantenendo ed accre-scendo il prestigio del giornale.

Haratch, sotto la direzione di Arpik Missa-kian progredì nella continuità, rimanendo sempre fedele alla linea editoriale del suo fondatore. Due, fra le altre, furono le ca-ratteristiche salienti di questo giornale: la difesa tenace, intransigente ed orgogliosa della lingua armena e il rifiuto totale del giornalismo pettegolo che forse fa aumen-tare il numero di lettori, ma sminuisce il valore di un giornale. E Haratch rimase sempre un quotidiano serio e prestigioso.

La difesa della lingua armena, in partico-lare, fu quasi una ragione d'essere di Ha-ratch, per cui la sua direttrice si ostinò a pubblicarlo esclusivamente in armeno e si rifiutò sempre di farlo in francese, nono-stante che, con il passar del tempo, fossero diminuiti sempre di più i lettori in armeno, mentre pubblicandolo in francese essi sarebbero aumentati. La sua fu una batta-glia contro corrente, una testimonianza in difesa della lingua e della cultura armene, che condusse contro mille ostacoli ed avversità, sorretta da una volontà ferrea e da una coscienza di compiere una missio-ne.

Ma non si limitò a questo; accanto al quo-tidiano, come sua appendice mensile, pubblicò un supplemento culturale ove si diedero appuntamento i più bei nomi del-l'intellighenzia armena.

E tutto ciò Arpik Missakian lo fece quasi

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da sola, con l'aiuto soltanto di pochi fidati collaboratori, usando una vecchia macchina tipografica, tenacemente pubblicando cinque numeri alla settimana. Ed, anche ad ottanta anni suonati, recandosi in redazione tutti i giorni, con tutti i tempi. Lei non si piegò neanche quando, con il progressivo diminuire dei lettori, il giornale fu pubblicato, per anni, in perdita, ma riuscì a sopravvivere grazie all'aiuto di alcune persone di buona volontà. Fino a che, sceso il numero lettori a settecen-to, non fu più possibile pubblicarlo e il 31 maggio 2009 Haratch cessò le pubblicazioni.

E lì finì un'epoca; crollò un mondo del quale Arpik Missakian era il simbolo, il testimone ed il superstite. Dovette cedere, ma da eroe. Perché fu puro eroismo condurre il giornale per 52 anni, con poche risorse e dovendo affrontare difficoltà sempre più crescenti. E come ad un vero eroe ad Arpik Missakian va tributato l'onore che si merita, oltre che la riconoscenza e l'ammirazione per ciò che fece e rappresentò.

Con lei è finito un mondo, quella Parigi ar-mena che racchiudeva ancora in sé il profumo della terra della Patria ed era tenacemente legata alla sua cultura ed in particolar modo alla sua lingua. Lei fu l'ultimo testimone di quella stagione, il suo vivente simbolo, il combattente che lottò fino all'ultimo sangue per non ammainare la bandiera e salvarne l'onore.

Che la terra sia lieve su di lei.

Esse

In memoria di Arpik Missakian di Esse

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KNESSET Lo speaker della Knesset (il parlamento isra-eliano), Yuli Edelstein, ha pubblicamente invitato i colleghi a riconoscere il genocidio armeno. Durante una riunione della Commis-sione Cultura ed Educazione ha sottolineato come molti governi e assemblee nazionali si sono già espresse in tal senso. Edelstein ha dichiarato che si farà portatore della questione e il presidente della Commis-sione Ya’acov Margi si è dichiarato d’accor-do e ha sollecitato il governo israeliano a compiere il passo del riconoscimento ufficia-le. SOCIALISTI INTERNAZIONALI Il Consiglio dell’Internazionale Socialista, riunito presso le Nazioni Unite, ha votato la scorsa settimana un ordine del giorno nel quale sollecita la Turchia a riconoscere il genocidio armeno. Nel corso della riunione del 6 luglio il Segre-tario Generale Luis Ayala ha informato il Consiglio, che negli ultimi due giorni la Se-greteria ha consultato membri dell’Interna-zionale provenienti dall’Armenia (Federazione Rivoluzionaria Armena -Dashnaktsutyun) e dalla Turchia (CHP, Par-

tito Repubblicano del Popolo) al fine di raggiungere un accordo sul punto all'ordine del giorno, che è stato passato alla penultima sessione del Consiglio di Ginevra: "Il punto di vista socialista sulla questione del genoci-

dio armeno, considerando il suo riconosci-

mento da parte di un certo numero di parla-

menti nazionali e delle istituzioni sovrana-

zionali". Ayala ha poi informato il Consiglio che è stato raggiunto un accordo e ha ringraziato i colleghi armeno (Mario Nalpatian, ARF-D) e turco (Umut Oran, CHP) per il loro contri-buto per raggiungere un accordo, che è stato presentato al Consiglio per l'adozione. Il Segretario Generale ha detto che, in occasio-ne del centenario del genocidio armeno, l'Internazionale Socialista vuole agire e di organizzare una tavola rotonda con la parte-cipazione di partiti membri sia dalla Turchia che dall'Armenia, dal titolo: "potrebbe il riconoscimento turco del genocidio armeno

consentire una vera riconciliazione tra Tur-

chia e Armenia?" UN CRIMINE, NON UNA TRAGEDIA In un discorso pronunciato in occasione dell’apertura della dodicesima sessione della

“Associazione Internazionale degli studiosi di genocidi”, il presidente armeno ha defi-nito il Metz Yeghern non una tragedia ma un crimine. "Vediamo uccisioni di massa, violenze, stermini, discriminazione in base alla na-

zionalità, religione e lingua, tentativi di

parziale o totale sterminio dei gruppi sepa-

rati, il tentativo di colpire il patrimonio

culturale e la vita spirituale", ha detto il presidente secondo il quale tutto questo suppone che la lotta internazionale contro il crimine di genocidio deve acquisire un nuovo slancio, ottenere nuova essenza e utilizzare tutte le piattaforme possibili. Sargsyan ha anche affermato che alcune persone usano spesso la dicitura "tragedia" per quanto riguarda il genocidio, ma secon-do lui è necessario utilizzare sempre l'unica corretta descrizione del termine, vale a dire "crimine". "Considerando la natura multistrato di questo crimine, è piuttosto importante che

il processo della sua caratterizzazione, la

prevenzione, la cessazione, la condanna e

l'applicazione della pena siano ampiamen-

te motivati attraverso prove basate sul

fondamento scientifico" ha aggiunto.

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VENTI ANNI DA SREBRENICA, CENTO DA…

Venti anni dopo (11 luglio) la strage di Srebrenica (ottomila bosniaci trucidati) il filo della Memoria si riannoda in pericolose analogie

storiche.

Parte tutto dal Grande Male all’inizio del Novecento e da quel senso di impunità che accompagna questi orrori. Se è consentito ancora

oggi, un secolo dopo, alla Turchia di negare l’orrore del genocidio armeno, perché altri massacratori dovrebbero vergognarsi di com-

piere una strage, una pulizia etnica? Tic tac, l’orologio della storia scandisce il tempo e segna sul suo calendario altri olocausti e orro-

ri. Ma se la Shoah è per molti versi figlia del Metz Yeghern, Srebrenica è imparentata strettamente con il pogrom anti armeno di Sum-

gait, la madre di tutte le pulizie etniche di fine Novecento.

A Sumgait gli azeri ebbero licenza di uccidere per mero odio etnico, il mondo si voltò ancora una volta dall’altra parte e i nuovi massa-

cratori pochi anni dopo ebbero gioco facile a domandare: “Chi si ricorda più di Sumgait?”

centouno

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Il “Hayastan”, per tramite della sua sezio-ne francese e con il contributo delle auto-rità di governo, ha avviato la costruzione di tre nuovi centri comunitari nei villaggi di Kyuratagh (regione di Hadrut), Geta-

van (Martakert), e Sargsashen (Martuni). Come abbiamo già avuto modo di raccon-tare su queste colonne, questi centri comu-nitari hanno caratteristiche polifunzionali legate all’amministrazione della comunità e alla sua socialità e comprendono l’uffi-cio del sindaco, un ambulatorio medico, la biblioteca una sala eventi e altri spazi comuni. Ognuno dei villaggi conta circa un migliaio si abitanti, quasi tutti contadi-ni e la creazione di questi nuovi centri è destinata a migliorare la qualità della vita di questi insediamenti rurali.

L’intervista rilasciata a “Il Giornale” qual-che giorno fa dal ministro degli Affari Este-ri della repubblica Karen Mirzoyan (il testo completo sul sito www.karabakh.it nella

sezione “rassegna stampa”) è molto im-portante perché fra le righe esprime due concetti di rilievo. In primo luogo Mirzoyan ribadisce che lo sviluppo negoziale non può prescindere dalla partecipazione diretta dello stesso Nagorno Karabakh-Artsakh al tavolo nego-ziale. Fino ad oggi ogni passaggio diplomatico è avvenuto per interposta persona, ossia la repubblica di Armenia, giacché l’Azerbai-gian si rifiuta di riconoscere come interlo-cutore la regione “secessionista”; in realtà lo aveva già fatto quando firmò a Bishkek nel 1994 l’accordo di cessate-il-fuoco: una delle firme apposte fu proprio quella di Babourian, presidente del Soviet del Nagor-no Karabakh. Se Baku si rifiuta di sedere allo stesso tavolo con Stepanakert è quindi solo per una questione di (presunto) princi-pio peraltro sconfessata dalla storia stessa. Mirzoyan ha ribadito a Il Giornale che dif-ficilmente si potrà arrivare a un accordo senza avere il consenso formale della diret-ta parte in causa. Questo concetto era già stato rappresentato altre volte in passato ma ultimamente viene ribadito con più vigore, complice anche lo stallo delle trattative impantanate dalla mancanza di volontà della parte azera.

La seconda questione affrontata da Mirzo-yan nel colloquio con il giornalista italiano è la possibile exit strategy del contenzioso; alla domanda se il NK fosse disponibile a una modifica dei confini in cambio di un riconoscimento internazionale, è chiaro che il ministro degli Affari esteri non poteva certo dare una risposta netta. Ma la sua “non chiusura” di fronte a una possibile transa-zione (da inquadrare rigorosamente nel formato di un accordo nel quale la repubbli-ca di Artsakh sia diretta parte in causa) lascerebbe intendere anche la possibilità che proprio nell’economia di un accordo nego-ziale qualcosa possa anche essere “ceduto” o “scambiato”: ma per arrivare a una tale soluzione serve è fonda-mentale la trattativa diretta del Nagorno Karabakh. È il popolo dell’Artsakh che deve decidere del proprio futuro.

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ALTRI TRE NUOVI CENTRI COMUNITARI IN COSTRUZIONE IN ARTSAKH

Mirzoyan, “trattative dirette con il NK”

la voce dell’Artsakh

AUMENTA LA PRODUZIONE

INDUSTRIALE IN ARTSAKH

La produzione industriale dell’Artsakh è au-mentata nel primo quadrimestre dell’anno in corso del 4,5% rispetto allo stesso periodo del 2014. Lo riferisce il Servizio Nazionale di Stati-stica. L’industria mineraria ha rappresentato il 25,7 per cento della produzione industriale totale; l'industria di trasformazione ha inciso per il 32,8%; la fornitura di energia elettrica, gas e vapore ha rappresentato il 40,4%.

NUOVA CHIESA

A STEPANAKERT

Nella foto sotto il sopralluogo del presidente della repubblica Bako Sahakyan al cantiere della costruenda chiesa dell’Intercessione nella capitale Stepanakert. Nel la visita era accompagnato dall’arcivescovo della diocesi dell’Artsakh Martirossyan.

KARABAKH TELECOM

Karabakh Telecom, il gestore telefonico che opera all’interno della repubblica del Nagor-no Karabakh, ha annunciato l’estensione della copertura telefonica senza soluzione di continuità lungo tutto il tortuoso percorso stradale che congiunge Stepanakert con l’Armenia, via Berdzor. Si tratta di una pia-cevole novità per gli automobilisti che spes-so perdevano il segnale proprio a causa della conformazione della strada. Karabakh Telecom garantisce circa il 95% di copertura telefonica del territorio nazio-nale.

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I BAMBINI E LA GIUSTIZIA

“Migliorare l’accesso alla giustizia per i

bambini” è il titolo di una conferenza tenutasi la scorsa settimana a Yerevan nell’ambito di un programma varato dal Ministero della Giustizia e dall’Unicef. Il programma prevede una analisi del sistema giuridico armeno condotta da esperti internazionali sui profili dei diritti dei bambini e dell'accesso alla giustizia nonché lo sviluppo di un piano d'azione per istituire un sistema informativo inte-grato per la giustizia minorile in aggiunta allo sviluppo delle capacità del personale che si occupa di bambini che hanno pro-blemi con la legge o che sono testimoni e vittime. PYUNIK, BUONA LA PRIMA

Con un doppio 2-1 contro i sammarinesi della Folgore, i campioni d’Armenia del Pyunik hanno passato il primo turno di qualificazione di Champions League. Nel secondo turno se la vedono ora con i nor-vegesi del Molde, formazione di esperien-za anche se non imbattibile. NUOVO CENTRO LOGISTICO

Era presente anche il presidente Sargsyan all’inaugurazione la settimana scorsa del nuovo, grande e moderno centro logistico della ULS (Urban Logistic Service) alla

Ha preso il via il 12 luglio, e si concluderà il prossimo 19, la dodicesima edizione del festival armeno del cinema. Quest’anno la giuria è presieduta dal regista franco armeno Robert Guédiguian il cui ultimo film (Une histoire de fou) apre fuori programma il festival. Tra gli ospiti d’onore si segnala, tra le altre, la presenza di Nastassja Kinski e Ornella Muti. Invariata sostanzialmente la struttura del festival che anno dopo anno si arricchisce di nuove importanti presenze: oltre alla sezione dei film (dodici) e dei documentari (tredici) in gara, ricordiamo la sezione “Panorama armeno”, quella dei cortometraggi (“Apricot stone”), nonché la rassegna “Film attraverso le frontiere” dedicata a cineasti provenienti dall’area del Mar nero e del Caucaso. Nell’ambito della edizione 2015 del festival segnaliamo anche la “Piattaforma cinema

Armenia-Turchia” (ATCP) che vede in lizza dieci lavori di registi turchi e armeni il mi-gliore dei quali sarà premiato con un ricono-scimento economico di diecimila dollari con il contributo del “Fondo per la cooperazione del mar Nero” e dalla “Fondazione Gulbe-kian”. Numerose le pellicole in rassegna (sia quelle in concorso che fuori) con cineasti prove-nienti da Europa, Asia e Sud America. Nato nel 2004 per iniziativa dell’Associazio-ne critici e giornalisti cinematografici d’Ar-menia, il festival si è conquistato anno dopo anno un suo spazio nel panorama mondiale ottenendo ampia copertura mediatica interna-zionale e risultando palcoscenico ambito per molti cineasti. Quest’anno non figurano registi italiani in cartellone ma il regista e produttore Giovanni Donfrancesco è nella giuria per i documenta-ri.

periferia meridionale della capitale ar-mena. (foto a lato) Con una capacità di 45000 postazioni merci, il nuovo centro di stoccaggio è in grado di ricevere trecento autocarri l’an-no con la possibilità a breve di triplicare la ricettività dei mezzi pesanti. È inoltre raggiunto anche dalla ferrovia. L’impianto, che dispone anche di celle frigorifere, è attrezzato per fornire assi-stenza alle catene di supermercati anche in fase di prevendita (stoccaggio ed eti-chettatura). A breve sarà inaugurato anche un magazzino per medicinali. VARDAVAR FESTIVAL

Il tempio pagano di Garni ha ospitato la festa di Vardavar dedicata all’antico culto della dea Astghik, divinità dell’ac-qua, della bellezza e dell’amore. È con-suetudine per i giovani armeni scambiar-si proprio in questo giorno il classico

“gavettone”, rinfrescante sollievo nella calda estate armena. Ma sempre il 12 luglio la chiesa armena ha celebrato an-che la Trasfigurazione del Signore, una delle cinque grandi feste religiose. CAMPO TECNOLOGICO

La terza edizione di “DigiCamp”, orga-nizzato da ArmenTel telecomunicazioni (trading come Beeline) e l'Unione delle imprese di informazione tecnologica, ha riunito decine di giovani di età compresa tra i 14 e i 22 anni dal 6 al 16 luglio nella località turistica di Dilijan. Lo scopo principale di questo evento è di riunire giovani impegnati in tecnologie dell'informazione e creare per loro un ambiente di apprendimento motivante che possono ispirare loro di iniziare un'attività in proprio. MAPPA DI YEREVAN

È stata presentata alla stampa la nuova brochure realizzata dalla Municipalità della capitale armena e dedicata ai turisti stranieri in visita nella città. La mappa, in russo e in inglese, comprende anche le indicazioni dei luoghi più importanti da visitare, così come le più significative informazioni turistiche. ALI DI TATEV

Da questo mese i biglietti per la spettaco-lare funivia che conduce al monastero si possono acquistare anche “on line”. Per info: www.tatever.am (in inglese).

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Qui Armenia

12a edizione del “Golden Apricot” film festival

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Akhtamar on line

Ci ha lasciato nei giorni scorsi Omar Sharif, popolarissimo attore di origine egiziana al quale i media mondiali hanno tributato il giusto riconoscimento ricordando la sua inter-pretazione, fra le altre, in Lawrence d’Arabia. A noi piace ricordarlo con il volto sorri-dente del signor Zakarian nella altrettanto indimenticabile “Mayrig” di Henri Verneuil. È un pezzo della nostra “armenità” che se ne va.

Bollettino interno a cura di comunitaarmena.it

Addio Omar. Se ne va un pezzo di Mayrig

QUESTA PUBBLICAZIONE E’ EDITA CON IL FAVORE DEL

MINISTERO DELLA DIASPORA

il numero 206 esce il

15 settembre 2015

www.karabakh. i t

Informazione quot idiana

in i tal iano sul l ’Artsakh

BUONE VACANZE!

Come ormai decennale consuetudine, con metà luglio Akhtamar on line va in va-

canza. Ritornerà sul vostro computer o smartphone il 15 settembre. A Presto.

HAYclick

Due milioni e duecentomila fiori nelle strade di Yerevan - Il 15 giugno si è conclusa l’opera di piantumazione floreale nella capitale armena. Quest’anno sono stati oltre due milioni i fiori (metà provenienti da vivai municipali) che hanno abbellito parchi e strade. Inoltre terreno fertile è stato portato dalla provincia di Kotayk per creare nuovi prati in città.