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DIPARTIMENTO DI STUDI LINGUISTICO-LETTERALI, STORICO-FILOSOFICI E GIURIDICI Relazione per il Corso di Diritto Penale progredito nel Corso di Laurea in Giurisprudenza, LMG-01 A.A. 2018/2019 28 marzo 2019 I PROCESSI D'INFLUENZA SULLE DECISIONI PUBBLICHE, TRA CONDIZIONAMENTI ILLECITI ED ESERCIZIO DI LIBERTÁ COSTITUZIONALI Emanuele Salvi, Nicola Ottaviani 1

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DIPARTIMENTO DI STUDI LINGUISTICO-LETTERALI, STORICO-FILOSOFICI E GIURIDICI

Relazione per il Corso di Diritto Penale progreditonel Corso di Laurea in Giurisprudenza, LMG-01

A.A. 2018/201928 marzo 2019

I PROCESSI D'INFLUENZA SULLE DECISIONI

PUBBLICHE, TRA CONDIZIONAMENTI ILLECITI ED

ESERCIZIO DI LIBERTÁ COSTITUZIONALI

Emanuele Salvi, Nicola Ottaviani

Relatore: Dott. Nicolò Amore

1

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Indice:

1. La fenomenologia del lobbying

1.1. Caratteristiche generali: il lobbying come conseguenza delle democrazie pluraliste…......... 3

1.2. I gruppi d’interesse come formazione sociale costituzionalmente protetta…………………. 4

1.3. I processi d'influenza tra rappresentanza d'interessi e traffico d' influenze…………………. 5

2. La disciplina del lobbying tra dimensione nazionale e internazionale

2.1. Disciplina internazionale ed europea del fenomeno………………………………………... 6

2.2. Cenni sull'evoluzione normativa della rappresentanza d' interessi…………………………. 9

3. Lecito e illecito nelle attività di lobbying: il problema del traffico d’influenza

3.1. Il nuovo reato di traffico d’influenze illecite tra le misure di lotta alla corruzione…….. 11

3.2. Dal millantato credito al traffico d’influenze illecite: differenze e problematiche relative

all’applicazione………………………………………………………………………………….. 13

3.3. Lobbying e traffico d’influenze: un rapporto controverso………………………………. 15

4. Lobbying e traffico d'influenze: la necessità di fare chiarezza in un fenomeno incerto

BIBLIOGRAFIA

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1. La fenomenologia del lobbying

1.1. Caratteristiche generali: il lobbying come conseguenza delle democrazie pluraliste

I termini lobbying e lobbies sono ormai entrati in pianta stabile nell'uso comune della nostra lingua,

ma molto spesso se ne sente parlare come qualcosa dai contorni poco nitidi.

La parola lobby deriva dalla tradizione anglosassone dove veniva usata per indicare quella zona del

Parlamento adibita alla discussione preliminare di questioni che sarebbero state votate poi nelle

aule1. Per sineddoche, dunque, col termine lobbies si individuano oggi quei gruppi organizzati di

soggetti privati2, che sfruttano il loro prestigio sociale e talvolta l’influenza assicuratagli dalla loro

capacità economica, per esercitare un'attività di pressione sul decisore pubblico, finalizzata a

orientarlo in direzione degli interessi che rappresenta.

L’attività di lobbying, quindi, consiste nell’esercizio di questa attività di informazione e di

esortazione "interessata" del decisore pubblico, anche in funzione d'interessi economico-produttivi;

essenzialmente serve a sollecitare l' attenzione dei decisori pubblici su degli interessi particolari,

motivo per cui il lobbista deve essere uno specialista. Il suo compito è quindi quello di influenzare il

decisore pubblico nella direzione degli interessi che esso rappresenta, così da convincerlo che quelli

sono anche i suoi. Spetterà poi al decisore pubblico operare una sintesi tra questi per compiere una

scelta a effetto generale e vincolante.3

Diverso dai gruppi di pressione, o lobbies, sono i c.d. gruppi d'interesse, che organizzandosi in

forma associativa4 portano avanti determinate pretese verso altri gruppi della società. Queste

formazioni sociali sono delle organizzazioni a carattere privato, "nate dalle iniziative delle categorie

e dei portatori d'interessi per tutelarli nel complessivo contesto sociale e nei confronti dello Stato"5.

Nel momento in cui un gruppo d'interesse non si limita più a operare nella sola sfera sociale,

economica e/o culturale, entrando invece anche in quella politica (ad esempio per ampliare o

assicurare un adeguata protezione per le proprie pretese), allora diventa un vero e proprio “gruppo

di pressione”.

1 Cfr. P.L. PETRILLO, Lobbying e decisione pubblica. Profili costituzionali comparati, in Diritto penale contemporaneo, 3/2018, p.193.2 Si pensi ad esempio a portatori di interessi macroeconomici, associazioni di professionisti, ONG, associazioni religiose, per i diritti civili, ecc… 3 Cfr. P.L. PETRILLO, Lobbying e decisione pubblica. Profili costituzionali comparati, in Diritto penale contemporaneo, 3/2018, p. 194.4 Si veda art. 2, Costituzione Italiana.5 L. DI MAJO, La rappresentanza in declino: partiti politici e gruppi di pressione nelle procedure democratiche, in Forum di quaderni costituzionali, 25 luglio 2016, p. 13.

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In sostanza, dunque, il lobbismo è «la faccia politica dei gruppi d' interesse»6, ed è proprio questa

variante che crea i maggiori problemi dal punto di vista istituzionale e giuridico. Questo avviene

perché il lobbista esercita una pressione sulle istituzioni in favore dell'interesse che rappresenta.

Ora, la questione si pone perché l'influenza sul decisore pubblico può essere manipolata dagli

interessi economicamente più forti, che avendo a disposizione risorse e contatti maggiori, possono

facilmente prevaricare gli altri gruppi in sede politica a discapito degli interessi di quest'ultimi, e

questo può portare a una degenerazione del fenomeno della rappresentanza, inficiando così il

processo democratico.

1.2. I gruppi di pressione come formazione sociale costituzionalmente protetta

I gruppi di pressione possono essere ricondotti nell’alveo dell'art 2 Cost., in quanto rappresentano

delle vere e proprie formazioni sociali composte da privati che intendono tutelare meglio gli

interessi della categoria a cui appartengono. L'operato di queste formazioni trova legittimazione

anche nell' art. 18, che riconosce il diritto di associarsi liberamente, e nell' art. 50, che afferma il

diritto di rivolgere petizioni per "esporre comuni necessità", ed è proprio questa possibilità che

permette in concreto alle lobbies di svolgere la loro specifica attività. Inoltre, ai fini della

partecipazione del cittadino ai processi di decisione pubblica, rilevano l'art. 71, che garantisce

l'iniziativa legislativa mediante la proposta popolare, l'art. 75, che riguarda il referendum per

abrogare totalmente o parzialmente una legge, e il disposto combinato degli art 54, 97 e 98 che

obbligano il decisore pubblico ad assolvere al proprio compito con disciplina e onore7; tutte queste

previsioni assicurano al cittadino, e di conseguenza anche ai portatori d' interessi, la possibilità

d'influenzare direttamente le decisioni pubbliche, che non possono quindi essere intese come

inaccessibili e imperturbabili dai consociati.

Tale quadro, dunque, aiuta a comprende come il fenomeno della rappresentanza d'interessi possa

ben integrarsi nella dinamica fisiologica di un qualsiasi sistema democratico. Del resto, è proprio la

natura democratica di un sistema istituzionale a comportare la presenza e l'azione di interessi

variegati, e di conseguenza, di gruppi che li rappresentano, tanto che «nei sistemi democratici, in

cui il pluralismo è elemento indefettibile, l' attività di lobbying non solo appare legittima ma è essa

stessa indice di democraticità del sistema»8. 6 L. GRAZIANO, Lobbying, pluralismo, democrazia, p.13, citato a sua volta da L. DI MAJO, La rappresentanza in declino: partiti politici e gruppi di pressione nelle procedure democratiche, in Forum di quaderni costituzionali, 25 luglio 2016, p. 15. 7 G. MACRÌ, Lobbies, in Digesto delle discipline pubblicistiche, p. 4808 P.L. PETRILLO, Lobbying e decisione pubblica. Profili costituzionali comparati, in Diritto penale contemporaneo, 3/2018, p. 191. Quando le fondamentali libertà di associazione o di manifestazione del pensiero sono negate, il lobbying

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1.3. I processi d'influenza tra rappresentanza d'interessi e pratiche corruttive

L’attività di lobbying crea un particolare rapporto tra il mediatore e le istituzioni: infatti il lobbista

esercita una pressione sulle istituzioni in favore dell'interesse che rappresenta, creando una

relazione diretta tra i due soggetti. L'influenza sul decisore, però, può facilmente essere manipolata

dagli interessi più forti sul piano economico, ad esempio quelli di una multinazionale, e questo può

portare a una deviazione patologica del fenomeno della rappresentanza, che va a collocarsi

nell'ambito delle pratiche corruttive. Infatti, la struttura della corruzione non conosce più solo lo

schema tipico corruttore-corrotto, bensì è sempre più frequente che entrino in gioco soggetti terzi

che svolgono una funzione di mediazione tra le due parti del patto corruttivo. Quindi, è in questo

frangente che si colloca la rappresentanza d'interessi nella sua variante illecita di traffico

d'influenze, poiché può configurarsi come compimento di atti prodromici all'atto corruttivo vero e

proprio9.

Per prendere coscienza del fenomeno lobbistico in Italia spesso si prende in considerazione la

vicenda di "Mani Pulite", nonostante già dagli anni '70 si fossero creati rapporti stabili e organizzati

tra gruppi d'interesse, partiti politici e apparati burocratici10.

Alla stagione di "Mani pulite" non è seguito però un auspicato sviluppo legislativo in materia di

lobbying, ed è proprio questa carenza di norme che porta a percepire il lobbying non tanto come

sola attività d'influenza e informazione del decisore pubblico, quanto come un vero sviamento di

quest'ultimo nei suoi doveri d'ufficio, confondendolo, traendolo in inganno fino anche a

corromperlo. La necessità di una regolazione deriva però non soltanto da una valutazione

pregiudizialmente patologica del fenomeno, ma anche dal sempre crescente numero dei gruppi di

pressione emergenti e dalla loro eterogeneità, quindi dalla esigenza di chiarezza che richiede questo

quadro che si è delineato.

2. La disciplina del lobbying tra dimensione nazionale e internazionale

2.1. Disciplina internazionale ed europea del fenomeno

A livello internazionale troviamo vari modelli di regolamentazione del lobbying.

è proibito e considerato reato, perché questo trae fondamento proprio da quelle libertà ed è grazie ad esse che può partecipare e incidere sul processo decisionale.9 A. ROMANO, Traffico d'influenze illecite e lobbying: il sottile crinale tra commercio indebito di relazioni e legittima rappresentanza di interessi, in Stato legale sotto assedio, 2015, p. 132 10 Cfr. G. MACRÌ, Lobbies, in Digesto delle discipline pubblicistiche, p. 478.

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Un primo esempio è quello che risponde allo schema della regolamentazione - trasparenza11 che

caratterizza gli ordinamenti di Canada, Francia, Australia, Israele e Gran Bretagna. Tale modello si

contraddistingue per la presenza di norme volte a garantire la trasparenza del processo decisionale;

questo avviene anzitutto con la previsione di un obbligo d'iscrizione in registri pubblici per chi

esercita l'attività di lobbying, seppur con delle differenze tra i vari ordinamenti. Molto sviluppato è

il sistema che troviamo nel Regno Unito, in cui chi fa il lobbista è tenuto a iscriversi in un registro

pubblico12, conservato presso il Registrar of Consultant Lobbyists, un' autorità indipendente che

oltre ai poteri di vigilanza ha anche il potere di comminare sanzioni in caso di violazione degli

obblighi di legge. Un'altra caratteristica di questo modello riguarda gli obblighi del decisore

pubblico, poiché in tutti gli ordinamenti che lo adottano sono presenti delle norme che impongono

ai parlamentari, ai loro assistenti e collaboratori, ai giornalisti parlamentari e ai gruppi parlamentari

di dichiarare periodicamente gli interessi, anche sociali e culturali di cui sono comunque portatori 13;

dovranno quindi dichiarare se hanno incarichi remunerati in società pubbliche o private, se

svolgono altre professioni, se in campagna elettorale hanno ottenuto sponsorizzazioni da privati o se

hanno ricevuto regali o vantaggi economici di una certa rilevanza o se detengono azioni e

obbligazioni o anche possedimenti immobiliari.

Ricapitolando dunque, l'obiettivo di questo tipo di regolamentazione è quello di assicurare la

massima trasparenza del processo decisionale, tramite la conoscibilità di ogni fase di esso e

l'informazione del cittadino, che però non può partecipare attivamente al percorso decisionale .

Quest'ultima caratteristica è quella che contraddistingue invece il secondo modello, detto

regolamentazione - partecipazione14 che viene utilizzato negli Stati Uniti d' America, in Austria, in

Germania e in parte anche nell' Unione Europea.

Tale tipo di regolamentazione si connota, oltre che per la valorizzazione della trasparenza come

quello precedente, soprattutto per una partecipazione attiva dei portatori d' interesse al processo

decisionale. Vi è quindi un vero proprio diritto dei lobbisti a partecipare al processo decisionale e

un corrispondente dovere del decisore pubblico di coinvolgere questi ultimi; la differenza con il

modello precedente sta proprio nella previsione di questo diritto, in base al quale il decisore

11 P.L. PETRILLO, Lobbying e decisione pubblica. Profili costituzionali comparati, in Diritto penale contemporaneo, 3/2018, p.196.12 Vd. Transparency of Lobbying, Non-party campaignin and Trade Union Administration Act del 2014, approvato dal Parlamento britannico il 28 gennaio 2014 ed entrato in vigore il 1 marzo 2014, in particolare l' art.1 troviamo, dove troviamo l' obbligo d'iscrizione, e gli art. 4, 5, e 6.13 Queste regole di condotta le troviamo in Regno Unito nei Codes of Conduct (risalenti al 1996 per la Camera dei Comuni e al 2009 per quella dei Lords) del parlamento britannico, in Francia nella Charte de dèontologie des membres du gouvernement adottata il 17 maggio 2002, e in Australia nel Lobbying Code of Conduct del 2007.14 P.L. PETRILLO, Lobbying e decisione pubblica. Profili costituzionali comparati, in Diritto penale contemporaneo, 3/2018, p.198

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pubblico è tenuto a coinvolgere gli stakeholders15 nel processo decisionale, seppur nel rispetto della

massima trasparenza.

Negli USA tale diritto trova le sue radici nel «right to petition» contenuto nella stessa

Costituzione16. Di conseguenza, nei regolamenti del Congresso è previsto un diretto coinvolgimento

dei gruppi di pressione fin dalla fase istruttoria del procedimento ed inoltre sono presenti

meccanismi di finanziamento privato della politica come ad esempio il Political Action Committee,

costituito da gruppi di cittadini o aziende e società private che raccolgono fondi per sostenere e

finanziare un determinato interesse17.

Molte somiglianze con questo modello si ritrovano nell'approccio sposato dall' Unione Europea,

poiché i Trattati stessi prevedono espressamente la partecipazione dei portatori d' interessi nel

procedimento sia presso il Parlamento sia presso la Commissione. In particolare è previsto il

principio della partecipazione aperta e trasparente dei singoli cittadini e degli interessi organizzati ai

processi decisionali ed il dovere del decisore pubblico di assicurare un dialogo costante con le parti

interessate18. Infine un terzo modello di regolamentazione è quello definito strisciante ad

andamento schizofrenico19, che troviamo in Perù, Argentina, Messico, Spagna e Italia. Tale modello

si contraddistingue per tre caratteristiche : 1) l' assenza di una regolazione organica del fenomeno

lobbistico 2) la vigenza nel corpus normativo di diverse disposizioni che, pur se non espressamente

votate alla disciplina di tale fenomeno prevedono tuttavia obblighi di trasparenza per i lobbisti e per

i decisori pubblici e, in taluni casi, veri e propri diritti di partecipazione al processo decisionale per i

lobbisti 3) la disapplicazione di tali norme da parte delle stesse autorità che le hanno introdotte,

poiché, essendo spesso troppo complesse, mancano di effettività.20

La cifra che connota maggiormente tale modello quindi è la poca chiarezza, la contraddittorietà, l'

oscurità e talvolta la vera e propria mancanza di una normativa specifica sul lobbying21. Questo

terzo tipo di regolamentazione è quindi molto incerto e debole22.

15 Cioè i portatori d'interesse. 16 Vd. Primo Emendamento, secondo cui "Il Congresso non potrà porre in essere leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione o per proibirne il libero culto, o per limitare la libertà di parola o di stampa o il diritto dei cittadini di riunirsi in forma pacifica e d'inoltrare petizioni al governo per la riparazione di ingiustizie."17 Si possono avere PAC per supportare la spesa militare, o in favore di norme, ad esempio, restrittive sull' uso delle armi, o per questioni civili. Tutto ciò avviene in maniera trasparente poiché ogni cittadino può accedere alla documentazione del FEC ( Federal Electoral Commission) , l' autorità indipendente che si occupa di vigilare sulla politica, controllando così i PAC operanti, i loro interessi, i finanziamenti raccolti e i decisori pubblici che hanno accettato di fruirne. 18 Vd. art. 11 TUE nella parte in cui dispone il diritto dei cittadini e delle associazioni rappresentative di instaurare un dialogo con i decisori europei, e art 15 TFUE .19 P.L. PETRILLO, Lobbying e decisione pubblica. Profili costituzionali comparati, in Diritto penale contemporaneo, 3/2018, p.19920 Vd. caso di Perù e Argentina, in P.L. PETRILLO, Lobbying e decisione pubblica. Profili costituzionali comparati, in Diritto penale contemporaneo, 3/2018, p.200.21 P.L. PETRILLO, Lobbying e decisione pubblica. Profili costituzionali comparati, in Diritto penale contemporaneo, 3/2018, p.199.

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In sintesi, dal quadro che si è appena tratteggiato emerge a nostro avviso come il lobbying possa

benissimo configurarsi quale pratica lecita e non distorsiva, a patto di essere regolato in modo

chiaro e con particolare attenzione ai profili della trasparenza delle intermediazioni23. Del resto, è

solo attraverso la sua regolazione che si può distinguere effettivamente l'attività di promozione

d’interessi lecita, posta in essere in attuazione delle garanzie costituzionali di partecipazione ai

processi decisionali che si sono richiamate in precedenza; da una, invece, illecita, orientata allo

sfruttamento dei rapporti intrattenuti per il conseguimento di finalità illecite. Un’attività che

potrebbe sfociare anche in un vero e proprio traffico d'influenze illecite, che rappresenta la

fattispecie stigmatizzata dal legislatore.

2.2. Cenni sull'evoluzione normativa della rappresentanza d' interessi

In Italia, ad oggi, non esiste una normativa nazionale che regoli l'attività di lobbying.

Nondimeno nel tempo vi sono stati numerosi tentativi di disciplinarla. Un primo tentativo di

disciplinare la materia risale al 1976, alla proposta C-953 presentata dall' on. Sanese, nella VII

legislatura e non andata poi a buon fine; a questa seguirono nel tempo una quarantina di disegni di

legge, tutti conclusisi in un nulla di fatto, non avendo mai superato il vaglio della Commissione

Parlamentare competente, soprattutto a causa della scarsa conoscenza del fenomeno rappresentativo

d'interessi24.

Un interessante tentativo di intervento è quello costituito dalle leggi regionali. Troviamo anzitutto la

legge 18 gennaio 2002 n°5 della regione Toscana: all' interno di questa non è presente una

definizione di lobbying, ma troviamo la previsione, presso il Consiglio Regionale, di un Registro

dei gruppi d' interesse accreditati, a cui devono iscriversi i gruppi d' interesse che perseguono

interessi meritevoli di tutela da parte dell' ordinamento e sono stati creati almeno sei mesi prima

dell' entrata in vigore della legge. I gruppi accreditati si vedono riconosciuti importanti diritti di

partecipazione e accesso.25 Anche il Molise ricalca tale schema, con la legge regionale 22 ottobre

2004, n° 24.

Questo modello presenta tuttavia delle lacune come l'assenza di una definizione di lobbying e l'

applicabilità del registro al solo Consiglio Regionale. La Regione Abruzzo ha cercato di migliorarlo

con la legge regionale 22 dicembre 2010 n°61, all' interno della quale è stata formulata una

22 Ad esempio, si vedano i tentativi fatti in materia da Perù e Argentina conclusisi in un nulla di fatto. Cfr. P.L. PETRILLO, Lobbying e decisione pubblica. Profili costituzionali comparati, in Diritto penale contemporaneo, 3/2018, p.200. 23 Soprattutto al fine d’introdurre dei meccanismi che consentano di conoscere anticipatamente quali sono i soggetti che intervengono nei procedimenti di decisione e secondo quali criteri e modalità relazionali.24 D. DAVID, Lobbying, gruppi d' interesse e regolazione amministrativa: alcuni segnali di cambiamento?, in Federalismi.it, rivista di diritto pubblico italiano, comparato, europeo, 20 dicembre 2017.25 Si veda L. R. Toscana 18 gennaio 2002, n°5 art. 3

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definizione di lobbying26 ed è stata estesa l' applicazione del registro anche ai rapporti con la giunta

regionale e gli assessori. Tale norma presenta anch'essa dei problemi, in particolare la natura

meramente facoltativa dell' iscrizione nel registro da parte dei gruppi d' interesse e il fatto che

l'unico vantaggio che comporta tale iscrizione consiste nel solo ascolto delle ragioni dei vari gruppi

in via prioritaria27. Inoltre tali norme non potrebbero comunque fondare una disciplina generale dei

processi d' influenza in quanto il limite derivante dalla loro natura regionale impone l'

inapplicabilità delle relative disposizioni a tutto il territorio nazionale. Uno degli ultimi nonché più

articolati tentativi di disciplinare il fenomeno del lobbying in Italia è quello del Ministero dello

Sviluppo Economico che ha portato all' introduzione di un registro dei portatori d'interesse e di un

agenda pubblica degli incontri del Ministro e dei vertici del ministero, avviato a settembre 2016.

Questo registro è strutturato in sei categorie28 e al suo interno compaiono quasi 940 soggetti; esso

prevede la registrazione di coloro che vogliono manifestarsi come portatori d' interessi e l'obbligo

per i vertici del ministero di rendere pubbliche le agende degli incontri con i soggetti registrati e gli

argomenti che hanno discusso. Tale meccanismo opera un notevole aumento della trasparenza,

infatti i soggetti che vogliono manifestarsi come rappresentanti d'interessi devono dichiarare le

risorse, umane ed economiche, a loro disposizione che vogliono destinare all'attività di

rappresentanza presso il Ministero. Altre novità introdotte dal Mise sono la previsione di un

Responsabile della trasparenza, che si occupa di attività di controllo e monitoraggio sul rispetto del

Piano di prevenzione della corruzione29, e di un Codice di condotta al quale chi si iscrive al registro

deve prestare il proprio consenso accettando così i principi di lealtà, trasparenza e correttezza come

elementi caratterizzanti la propria condotta; la violazione di questi comporta la revoca della propria

iscrizione al registro con conseguente impossibilità di avere incontri ufficiali con i vertici del

Ministero. L' introduzione di questo modello da parte del Mise rappresenta un importante punto di

26 L. R. Abruzzo 22 dicembre 2010, n° 61, art. 2 : . Ai fini della presente legge si intende per:a) attività di rappresentanza di interessi particolari: ogni attività svolta da gruppi di interesse particolare attraverso

proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi, position paper (documento ricognitivo della posizione del gruppo di interesse particolare) e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta, anche per via telematica, intesa a perseguire interessi leciti propri o di terzi, anche di natura non economica, nei confronti dei decisori pubblici al fine di incidere sui processi decisionali pubblici in atto, ovvero di avviare nuovi processi decisionali pubblici;

b) gruppi di interesse particolare: le associazioni, le fondazioni, ancorché non riconosciute, i comitati con finalità temporanee e le società portatori di interessi leciti di rilevanza non generale, anche di natura non economica;

c) rappresentante di interessi particolari: il soggetto che rappresenta presso i decisori pubblici il gruppo di interesse particolare;

d) processi decisionali pubblici: i procedimenti di formazione degli atti normativi e degli atti amministrativi generali;e) decisori pubblici: il presidente della Giunta regionale, gli assessori ed i consiglieri regionali.

27 Si veda L. R. Abruzzo 22 dicembre 2010, n° 61, art. 5.28 1) società di consulenza specializzate/studi legali/consulenti indipendenti 2) imprese e associazioni di categoria, commerciali e professionisti 3) ONG 4) centri di studio, istituti accademici e di ricerca 5) organizzazioni rappresentative di chiese e comunità religiose 6) organizzazioni rappresentative di amministrazioni locali, regionali e comunali, altri enti pubblici o misti.29 Tale piano deve essere adottato da ogni amministrazione in attuazione del Piano nazionale anticorruzione predisposto dall' ANAC.

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partenza nella regolazione del fenomeno di lobbying, in quanto dà una svolta nel senso della

trasparenza, elemento fondamentale nella normativa anticorruzione; tuttavia se da un lato, in questo

modo, risulta disciplinata l' attività di pressione svolta nei confronti della p.a., dall'altro tale attività

nei confronti del decisore e del personale politico rimane tuttora nell’ombra, non sopperendo quindi

alla necessità di una regolamentazione del fenomeno anche a livello politico.

Anche nel loro insieme, perciò, questi primi tentativi di disciplina non hanno portato a una

definizione unitaria del fenomeno della rappresentanza d' interessi, che rimane tuttora

normativamente indefinito, e privo di regolazione con riguardo ai processi d’influenza che

interessano gli organi politici nazionali.

Se, però, da un lato manca una regolazione che legittimi l'attività di lobbying, dall'altro, negli ultimi

anni, si è andata delineando una partecipazione sempre più intensa di questi interessi al processo

decisionale in ambito amministrativo, in particolare per quanto riguarda la collaborazione con le

Autorità Amministrative Indipendenti, tanto che la partecipazione di essi è diventata una condizione

necessaria nel procedimento decisionale di quest'ultime, che per la particolarità dei compiti che

sono tenute a svolgere hanno dovuto sviluppare dei canali di contatto con i rappresentanti d'interessi

nel settore di riferimento.

I rapporti tra i gruppi d'interessi e AAI si possono ricondurre a tre forme di partecipazione: il primo

tipo è la riunione informale, che consiste in un' attività di consultazione; il secondo tipo è

l'audizione pubblica, dove avviene un vero e proprio confronto; il terzo tipo consiste invece in

consultazioni pubbliche svolte on-line.

I rapporti tra decisore e amministrati si fanno sempre più stretti dunque, rafforzando l’esigenza di

un’attente regolazione dell’attività di pressione.

3. Lecito e illecito nelle attività di lobbying: il problema del traffico d’influenza

3.1. Il nuovo reato di traffico d'influenze illecite tra le misure di lotta alla corruzione

Il nostro ordinamento non regola organicamente l’attività di lobbying, ma si limita a prenderla in

considerazione solo nei suoi risvolti patologici, quando cioè la rappresentanza d'interessi degenera

nel c.d. “traffico d'influenze illecite” di cui all'art. 346-bis del c.p. Questa fattispecie è stata

introdotta nel nostro ordinamento dalla L. 6 novembre 2012 n°190, per adeguare la normativa

italiana alle disposizioni contenute in due convenzioni internazionali: la Convenzione penale sulla

corruzione - stipulata a Strasburgo il 27 gennaio 1999, ratificata con la legge 28 giugno 2012 n°110

- e la Convenzione dell' Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione - adottata dall'

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Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata con la legge 3 agosto 2009 n°116. 30

Una serie di problematiche e incertezze, però, stanno alla base dell'esigenza che ha portato il

legislatore ad un intervento chiarificatore con la legge 9 gennaio 2019, n. 3 recante «Misure per il

contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e

movimenti politici», c.d. Spazzacorrotti, che ha portato all'abrogazione dell'art. 346 e alla

riformulazione e all’aumento delle pene per l'art. 346-bis31, in cui è confluita pure la vecchia

fattispecie del millantato credito.

Questo reato punisce chi, al di fuori dei casi di concorso nei reati di corruzione, sfrutti le proprie

relazioni con un soggetto pubblico per farsi dare o promettere indebitamente, per sé o per un terzo,

denaro o un'altra utilità come prezzo della propria mediazione illecita verso quel medesimo soggetto

pubblico, o comunque per remunerare quest' ultimo. Allo stesso modo, inoltre, viene punito chi dà o

promette denaro. La norma, pertanto, ha lo scopo di anticipare la soglia di rilevanza penale ai

comportamenti prodromici al compimento dell'atto corruttivo vero e proprio, affinché quest'ultimo

non possa essere realizzato, e trova quindi applicazione nel rapporto che lo precede, cioè quello che

si instaura tra un soggetto privato e un mediatore. Il bene giuridico messo in pericolo, dunque, è

l'imparzialità ed il buon andamento dei soggetti pubblici.

Per quanto riguarda l'analisi della condotta, il primo elemento che viene in risalto è lo "sfruttamento

o vanto di relazioni esistenti o asserite" con un pubblico ufficiale32 o con un incaricato di un

pubblico servizio33 o agenti pubblici internazionali34. Il legislatore, adottando una così ampia

formulazione, dimostra l’intento di colpire qualsiasi forma di mercanteggiamento di influenze,

siano esse reali o fittizie, sui pubblici funzionari: così strutturato, infatti, il testo dice che tanto le

relazioni esistenti, quanto quelle “asserite” possono essere sia vantate che sfruttate.

Per quanto riguarda la forma del mercimonio delle relazioni esistenti, per sfruttamento sembra che

si intenda un vero impegno del mediatore ad attivarsi presso il pubblico funzionario, mentre per

vanteria sembra intendersi la sola intenzione del mediatore di limitarsi a prospettare all'acquirente la

sua possibile influenza, senza la volontà di attivarsi realmente; in tema di relazioni asserite invece, a 30 Si veda art. 12 Convenzione UE e art. 18 Convenzione ONU. 31 Così il nuovo testo dell'art.346-bis: 1) il primo comma è sostituito dal seguente: «Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319 -ter e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322 -bis , sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 -bis , indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 -bis , ovvero per remunerarlo in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, è punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi»; 2) al secondo e al terzo comma, le parole: «altro vantaggio patrimoniale» sono sostituite dalle seguenti: «altra utilità»; 3) al quarto comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 -bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio».32 Art 357 c.p.33 Art 358 c.p.34 Cioè i membri di cui all'art. 322-bis.

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parere di chi scrive, non sembra esserci molta differenza tra lo sfruttamento e il vanto poiché, a

causa dell'inesistenza delle relazioni, il mediatore non ha comunque intenzione né possibilità di

attivarsi presso il pubblico agente.

La seconda questione da affrontare attiene all'accordo tra acquirente della mediazione e mediatore:

infatti nel testo si legge la formula "fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come

prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l' incaricato di pubblico

servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis, ovvero per remunerarlo". Da questo si

desume che se il denaro o un'altra utilità vengono corrisposti al mediatore come retribuzione per la

sua influenza illecita sul pubblico agente, il traffico d'influenze sarà di tipo "oneroso"; se, invece, il

denaro o un'altra utilità devono essere dati al pubblico agente, costituendo così la remunerazione di

quest' ultimo, tramite il mediatore, si delinea la variante del traffico d'influenze c.d. "gratuito",

perché il rapporto tra l'acquirente della mediazione e il mediatore non è retribuito. La nozione di

"altra utilità" non è estranea all’ambito dei delitti contro la P.A. e la giurisprudenza ha già avuto

occasione per riempirla di significato, ricomprendendo al proprio interno qualsiasi vantaggio

materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale, che abbia valore per il pubblico ufficiale,

come, ad es., la raccomandazione per il conferimento di un incarico o la promessa di una posizione

lavorativa. Quindi, ai fini della sussistenza del dolo, è necessario che il mediatore sappia che quella

dazione è volta all' opera di mediazione illecita che deve svolgere o alla retribuzione del pubblico

ufficiale.

Infine al quarto e quinto comma si trovano due circostanze aggravanti ad effetto comune, che

comportano quindi l'aumento fino ad un terzo della pena prevista per il reato semplice35e si

riferiscono all' ipotesi in cui il soggetto che riceve la dazione o la promessa sia a sua volta pubblico

ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, e per "i fatti commessi in relazione all' esercizio di

attività giudiziarie".

Una questione controversa è quella che riguarda i c.d. requisiti di illiceità speciale consistenti

nell'avverbio "indebitamente", che si riferisce alla condotta del mediatore, e nell'aggettivo "illecita"

in riferimento all'attività di mediazione. In riferimento al primo, non si vede bene quale sia il suo

apporto alla qualificazione dell'atto del "far dare o promettere" poiché, non essendoci alcun

riferimento normativo, non si capisce bene, nonostante vari tentativi d'interpretazione36, quale debba

35 G. MARINUCCI E E. DOLCINI, Manuale di diritto penale, parte generale, Milano, 2015 p.533.36 C. RIZZO, La "spazzafaccendieri" della "spazzacorrotti" le (persistenti e accresciute) aporie del nuovo traffico di influenze illecite, in Archivio penale, n°1, 2019 p.13, secondo cui c'è chi ha visto in questo avverbio una possibilità di depotenziamento dell'efficacia della norma, nel senso che starebbe ad indicare che ci sono ipotesi in cui quella dazione spetti all'intermediario per la sua opera di mediazione e che quindi si rientri nell'ipotesi della fattispecie incriminatrice solo nei casi in cui quel compenso non è dovuto all'intermediario per il compimento di quell'opera, circoscrivendo così i casi di applicazione del 346-bis; sennonché si pone di nuovo il problema di quali siano i casi in cui la dazione spetti all'intermediario, dato che non ci sono previsioni esplicite in materia. Al contrario, altra dottrina ha ritenuto che tale formula sia stata mantenuta più per una questione di coerenza formale con le Convenzioni piuttosto che per la sua

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essere il carattere della dazione al fine di qualificarla come indebita, quindi non dovuta. Per quanto

riguarda il requisito dell'illiceità relativamente alla mediazione c.d. "onerosa", non sono ben chiari i

confini di essa poiché manca una disciplina extrapenale che definisca l'ambito di liceità della

mediazione, mancando così il riferimento fondamentale e dovendo di conseguenza rimettere la

questione alla discrezionalità del giudice.

Quindi la formulazione dell'art. 346-bis apre la strada a delle incertezze: in primo luogo infatti

risulta molto spinosa la questione di queste clausole d'illiceità speciale, dato che, come si vedrà a

breve, rivestono un ruolo decisivo nella descrizione della condotta criminosa ma al momento

risultano vuote di significato. In secondo luogo, nel nuovo art.346-bis verrebbe punita anche l'

intenzione, dato che chi compra l'influenza fittizia manifesta solo una volontà, dato che non c'è

l'effettiva minaccia al bene giuridico, violando così i principi costituzionali di ragionevolezza,

offensività e proporzionalità. L'unica possibile soluzione a quest'ultimo problema sembra essere

quella di intendere l'espressione "vantando relazioni asserite" non necessariamente nel senso di un

inganno ai danni del compratore d'influenze perpetrato dal mediatore, punendo così quei casi in cui

il faccendiere non inganna il cliente ma non c'è certezza che esso possa realmente influenzare il

pubblico agente; quindi, il cliente è a conoscenza di questa capacità solo potenziale, ma ugualmente

conferisce denaro o altra utilità per l'eventuale mediazione illecita37.

3.2. Dal millantato credito al traffico d’influenze illecite: differenze e problematiche relative

all’applicazione

Prima della riforma operata dalla c.d. legge Spazzacorrotti, che ha portato alla riformulazione

dell'art.346-bis in cui è confluito l'art.346, che regolava il millantato credito, era presente una

convivenza tra le due fattispecie a causa della c.d. legge Severino. Questa normativa ha introdotto

l'art. 346-bis poiché i fatti di traffico d'influenze illecite non trovavano copertura legislativa nel

nostro ordinamento. Difatti, la previsione dell'art.346 era incentrata sulla millanteria, ossia sul

vantare un credito fittizio nei confronti del pubblico agente, così da condizionare il consenso del

c.d. "compratore di fumo". In tale ottica, alla tutela dell'interesse della pubblica amministrazione si

aggiungeva anche in via secondaria la protezione della sfera giuridica del soggetto ingannato; così

si spiegava la mancata previsione di una pena per l' acquirente della mediazione, poiché questo

veniva visto come vittima di un inganno.

effettiva capacità tipizzante. Non manca inoltre chi ha inteso l'espressione nel senso che sia da ritenere indebita la dazione nei soli casi in cui essa non risulti spettante alla p.a. in base a fonti legislative, sublegislative o consuetudinarie o al pubblico agente in riferimento all'attività da lui esercitata.37 M. GAMBARDELLA, Il grande assente nella nuova "legge spazzacorrotti": il microsistema delle fattispecie di corruzione, in Cassazione penale n°1, 2019, p.72.

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L’art. 346-bis, quindi, interviene a colmare una lacuna nel controllo penale della devianza dei

pubblici poteri, affiancando a una norma rivolta a punire la sola vendita di relazioni fittizie coi

pubblici soggetti, una fattispecie dedita a reprimere la strumentalizzazione e il mercimonio delle

relazioni realmente esistenti.

Ciò nonostante, la convivenza tra l'art.346 e il 346-bis creava delle aporie: in particolare, la

contraddizione più rilevante riguardava l'edittale di pena, poiché per il millantato credito era

prevista una sanzione maggiore38 rispetto al traffico d'influenze illecite, nonostante quest' ultima

fattispecie punisse una vendita d' influenza reale e non fittizia, come avveniva invece nell' art. 346.

L'unica spiegazione plausibile a ciò sembrava risiedere nel fatto che la vendita di un'influenza

fittizia avesse, nelle intenzioni del legislatore, un disvalore maggiore rispetto allo sfruttamento di

relazioni esistenti, poiché alla lesione del prestigio della p.a. si sarebbe sommata anche una figura di

truffa in atti illeciti39, cosicché si spiegava anche la maggiorazione di pena rispetto alla fattispecie di

truffa semplice ex art. 640 c.p.40 Anche a parere di chi scrive questa sembra l'unica via ermeneutica

per dotare di senso quella previsione, dato che altrimenti non si vede come la sola vendita di

influenze fittizie potesse avere un disvalore maggiore della vendita di influenze reali, poiché

quest'ultime portano a conseguenze ben più gravi quali lo sviamento dei pubblici funzionari dai loro

doveri.

In seguito all'assorbimento dell'art.346 nel nuovo art.346-bis operato dalla legge Spazzacorrotti si

viene a delineare una nuova situazione: infatti nella nuova previsione è confluita anche la condotta

di chi vende influenze fittizie, ma al tempo stesso risulta punito anche il "compratore di fumo", cosa

che non accadeva nel millantato credito, e questo crea un problema poiché si punisce anche il

soggetto raggirato. In altre parole, il problema che sorge è che così facendo viene punita la mera

intenzione illecita di colui che paga la mediazione, e questo è impensabile dato che vìola i principi

base del diritto penale quali il principio di ragionevolezza, il principio di offensività e quello di

proporzionalità41.

In questo caso non si configura la fattispecie del tentativo42 perché il compratore di fumo non

commette atti idonei a compiere il reato dato che non c'è alcuna possibilità di ledere il bene

giuridico visto che il mediatore non ha alcuna capacità d'influenza sul pubblico agente, cioè la

condotta dell' acquirente è totalmente innocua. Non ci troviamo neanche in presenza di un concorso

38 L'art.346 prevede la reclusione da uno a cinque anni, che divengono da due a sei nel caso del comma 2 più la multa; mentre l'art.346-bis prevede la reclusione da uno a tre anni.39 V. MONGILLO, Profili penali della rappresentanza d'interessi, in Dallo Stato all'individuo, 2016, Jovene editore, p.100.40 Ibidem41 M. GAMBARDELLA, Il grande assente nella nuova "legge spazzacorrotti": il microsistema delle fattispecie di corruzione, in Cassazione penale, n°1, 2019, p.2942 Art.56 c.p.

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di persone nel reato perché la norma che disciplina questo43 prevede che si debba aggiungere

almeno un'altra persona a quelle la cui condotta è descritta nella norma incriminatrice44, mentre qui

il compratore di fumo è già considerato in essa. L'intervento della Spazzacorrotti quindi non ha

fatto molta chiarezza in materia.

3.3. Lobbying e traffico d’influenze: un rapporto controverso

Come si è avuto modo di osservare nei paragrafi antecedenti, il lobbying si caratterizza per dar vita

a un rapporto trilaterale: infatti all' inizio della "catena" troviamo gli interessi particolari, che

possono essere società, multinazionali o associazioni di categoria, i quali si rivolgono ad un

professionista, cioè il lobbista, che può essere un membro della società stessa o un soggetto esterno,

come ad esempio una società di consulenza, affinché questi svolga un'attività d' influenza sul

decisore pubblico, che è quindi il terzo anello della catena. È quindi il requisito della professionalità

che viene in risalto: il contratto che si instaura tra la società portatrice d'interesse e il lobbista che

svolge la sua attività di mediazione è un contratto a prestazioni corrispettive, quindi il lobbista viene

remunerato appositamente per svolgere questa attività. A questa questione si lega però la

problematica maggiore: infatti il rapporto, così strutturato, integra tutti gli estremi della condotta del

traffico d'influenze illecite ex art.346-bis, perché l'attività descritta nell'articolo coincide

sostanzialmente con l'attività di lobbying, dato che il lobbista è pagato proprio per esercitare

un'influenza sul pubblico ufficiale in relazione all' esercizio delle sue funzioni.

Il problema sorge soprattutto perché il lobbying in sé non è visto dal legislatore come un fenomeno

illecito a prescindere, tanto che come si è visto è espressione di diritti costituzionali e nella Carta

trova quindi il suo fondamento45. Infatti, attenendosi al dato testuale della norma, una volta esclusi i

casi di concorso che troviamo nella clausola di riserva, viene da chiedersi quali condotte rimangano

all'interno del "contenitore" dell'art.346-bis; in apparenza, ciò che viene sanzionato è proprio il

lobbying, che può assumere moltissime forme46, come si è già avuto modo di osservare. L'intento

punitivo del legislatore, però, non sembra diretto al lobbying in quanto tale. A ben vedere, è qui che

entrano in gioco quelle clausole d'illiceità speciale di cui si è detto precedentemente: sembra infatti

che, almeno nelle intenzioni del legislatore, siano proprio quelle due parole "indebitamente" e

"illecita", a dover creare uno spartiacque tra il lobbying, attività lecita, e le condotte criminose che

43 Art.110 c.p.44 G. MARINUCCI E E. DOLCINI, Manuale di diritto penale, parte generale, Milano, 2015 p.45445 V. Supra… par 1.246 Ad esempio, fanno lobbying anche tutti quegli enti che hanno la funzione di fare da tramite con le istituzioni europee per l'ottenimento di fondi per il finanziamento di progetti di ricerca, star-up o idee innovative da parte dei privati interessati. La loro è un'attività professionale a tutti gli effetti, pienamente accettata e ben vista, dato che facilita il dialogo con le istituzioni, ma rischia di ricadere sotto la previsione del 346-bis perché ne integra tutti i presupposti.

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si vogliono punire, da ricondurre quindi sotto la previsione del 346-bis. Nondimeno queste, da sole,

non riescono ad individuare alcun chiaro discrimine tra le due ipotesi, perché come osservato in

precedenza47, risultano vuote di significato dato che per entrambe manca una disciplina di

riferimento a cui rifarsi; si parla "di mediazione illecita" senza alcuna norma che ci dica quali siano

le forme di mediazione lecita, si legge "indebitamente fa dare o promettere denaro o altra utilità"

senza sapere quali siano i casi in cui la dazione è effettivamente dovuta.

In conclusione, ci si trova dinnanzi ad un quadro piuttosto confuso: esiste un fenomeno accettato dal

legislatore, ma l'unica definizione di esso è dato da una norma penale che ne sanziona le propaggini

illecite. Viene quindi da chiedersi, alla luce anche della recente riforma, come sia possibile

rintracciare il discrimine tra condotta lecita e quella illecita, portatrice del disvalore che il tipo

criminoso cerca di veicolare. Come visto, infatti, l'unica indicazione che si ha a disposizione è una

norma penale che ci dice cosa non si deve fare, ma manca invece una regolazione espressa del

fenomeno che ne definisca i caratteri e i modi con cui si può agire per influenzare lecitamente il

decisore.

4. Lobbying e traffico d'influenze: la necessità di fare chiarezza su un confine che resta

incerto

Alla luce di quanto appena detto, appare chiaro che la situazione che si delinea è piuttosto

problematica in relazione al profilo della tipicità della norma in esame, poiché la sua formulazione

presenta delle incertezze di difficile risoluzione e pone inevitabilmente degli interrogativi.

In particolare non è risolta la questione della liceità del lobbying in sé, poiché manca ancora una

definizione unitaria che ne chiarisca bene i contorni e le finalità. Ad oggi, l'unica norma nazionale

correlata alla fenomenologia del lobbying è proprio quella che troviamo alla norma penale, che

pertanto finisce per accreditare l’idea che la rappresentanza d’interessi rappresenti una situazione

esclusivamente patologica e quindi da eliminare.

In buona sostanza, quindi, tale situazione genera una commistione tra l'impegno rappresentativo

d'interessi degni di tutela e le ambigue pratiche di faccendieri che cercano di condizionare e deviare

in modo occulto le decisioni pubbliche a favore d'interessi criminali e affaristici48. Questo confine

incerto crea inevitabilmente un troppo ampio spazio di manovra per il giudice, il quale vede

accresciuti in maniera eccessiva i suoi poteri in materia ; e proprio questo è il pericolo più grande,

poiché, a causa della sola discrezionalità del giudice, rischiano di essere puniti anche quei fenomeni

di rappresentanza d'interessi accettati informalmente dal legislatore.

47 V. Supra…par 3.148 C. RIZZO, La "spazzafaccendieri" della "spazzacorrotti" le (persistenti e accresciute) aporie del nuovo traffico di influenze illecite, in Archivio penale, n°1, 2019, p.28.

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Viene, perciò, da chiedersi se l'intervento della Spazzacorrotti sia stato davvero utile in relazione a

lobbying e traffico d'influenze illecite, tenuto anche conto del fatto che l'inasprimento di pena

previsto nel nuovo art.346-bis non è tale da permettere, ai sensi dell'art. 266 c.p.p., di ricorrere

durante le indagini alle intercettazioni telefoniche, strumento d'indagine fondamentale nei fatti di

traffico d'influenze illecite; alla luce di ciò e di quanto sopra esposto, sembra che la risposta sia

negativa.

Sembra quindi più opportuno intervenire nel senso di una normativa extrapenale che vada a definire

i contorni dell'attività di lobbying, così che sia possibile individuare bene dove finisce l'attività

lecita e dove inizia la sua deviazione patologica e, di conseguenza, come agire, poiché l'attività di

rappresentanza d'interessi è una componente non solo legittima ma anche necessaria e fondante di

ogni sistema democratico, dato che assicura il pluralismo caratterizzante ogni democrazia moderna,

garantendo la partecipazione di interessi particolari al processo decisionale.

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